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La peste a Milano

La peste fu portata in Italia dai lanzichenecchi, ma entrò a Milano i primi di ottobre del 1629
attraverso un soldato italiano che era al servizio degli spagnoli, e che aveva acquistato i
vestiti di un soldato tedesco. Morì alla fine di ottobre, e poco dopo seguirono altri casi.
La malattia si presentava con bubboni, febbri violente ed improvvise e delirio.
La popolazione, inizialmente, preferì non dare peso all’allarme, per timore che le autorità
ordinassero di bruciare letti, vestiti, lenzuola, mobili ecc. Anche quando, nel marzo del 1630,
l’epidemia si diffuse, molti chiusero gli occhi di fronte alla realtà. Medici e scienziati non la
chimarono con il proprio nome, ma le diedero altri appellativi come: “febbri maligne o
pestilenti”. Coloro che cercavano di curare e avvertire la popolazione venivano insultati e
aggrediti per le strade.
Quando fu impossibile negare la peste, perchè anche le persone più facoltose ne venivano
colpite, allora si cominciò a credere che la causa non fosse il contagio attraverso il contatto,
bensì qualche sostanza venefica sparsa da individui ignoti, chiamati poi “untori”. Questa
convinzione venne alimentata da un episodio che accadde una mattina, quando porte e
facciate delle case furono trovate imbrattate da una sostanza biancastra. Nacque così una
psicosi che portò la popolazione a sospettare di tutti gli stranieri, catturandone alcuni e
consegnandoli alla giustizia. La psicosi aumentò a tal punto che si arrivò a linciare un
vecchio di ottant’anni che in chiesa aveva spolverato la panca con la cappa prima di sedersi.
Inizialmente le autorità furono indifferenti riguardo al contagio. Nel novembre del 1629 venne
inviato un medico per accertarsi della situazione nei paesi fuori Milano. Riferite al
governatore le sue preoccupazioni, questo non avvertì subito la gravità del pericolo perchè
la sua preoccupazione maggiore era la guerra. Addirittura, in quel periodo, aveva indetto
pubblici festeggiamenti per la nascita del figlio del re Filippo IV, favorendo il contatto ed il
possibile contagio tra le persone. Anche il Tribunale della Sanità andava a rilento
nell’occuparsi della situazione, e si attivò quando la peste era ormai entrata in città.
Alla fine del Marzo del 1630, con l’aumentare delle morti, il Tribunale della Sanità, chiese dei
finanziamenti ai magistrati della città per far fronte all’epidemia. Inoltre la situazione al
lazzaretto stava diventando sempre più ingovernabile, così, il Tribunale della Sanità e i
Magistrati, decisero di affidarne la gestione ai frati Cappuccini.
I magistrati di Milano continuavano a chiedere provvedimenti fiscali al governatore, e
chiesero anche al cardinale Borromeo di organizzare una solenne processione portando per
la città le reliquie di San Carlo per fermare la peste. La processione ovviamente non fece
passare l’epidemia, ma anzi, ne favorì il contagio, infatti il numero di morti giornalieri si
moltiplicò, facendo anche aumentare la psicosi della popolazione riguardo agli untori.
Il tribunale della sanità non si oppose alla processione, ma impose delle regole più
restrittive: vietò l’ingresso alla città, e fece inchiodare le porte dei malati di peste, così che
non si mescolassero alla folla.
I magistrati inoltre, con il diffondersi e l’aumentare dei contagiati, al posto di prendere
provvedimenti più seri ed efficaci, cominciarono a dare la caccia ai presunti untori, ed
addirittura si fecero dei processi, pensando di averne riconosciuti alcuni.
Un’altra figura che compare in questo periodo particolare è quella del monatto.
I monatti erano incaricati del trasporto dei cadaveri al cimitero, e dei malati gravi al
lazzaretto, si facevano riconoscere portando un campanellino attaccato al piede. Erano di
solito individui tra i peggiori, che accettavano questo lavoro vedendoci opportunità di
saccheggiare e derubare i malati. Quando la situazione divenne insostenibile le autorità non
riuscirono più a controllarli, ed in breve diventarono i padroni della città, ricattando e
terrorizzando anche i malati leggeri, con la minaccia di portarli al lazzaretto se questi non
avessero pagato un riscatto. Erano addirittura sospettati di lasciar cadere apposta stracci
infetti per spargere la peste e prolungare quell’occasione di guadagno.

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