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Edwin

Edwin, soprannominato Ed, è un mezzelfo ranger / membro congrega di Ehlonna.


Nato a …, lui e suo fratello gemello Hawen sono stati cresciuti lì dalla madre Elaina
fino a quando non sono stati portati a vivere nella città elfica di … sotto la direzione
del padre, Syldor Rietveld. Lui e Hawen erano infelici e se ne andarono nella loro
prima età adulta per stare da soli. Durante i loro viaggi, Edwin ha salvato un cucciolo
d'orso, Miscia, guadagnandosi un fedele compagno animale.

Introduzione
"Come tanti mezzelfi, Edwin ha passato la maggior parte della sua vita a subire la
fredda accoglienza di un popolo che non la accetta completamente.

Nati da una madre umana e un padre elfo, che solo più tardi nella vita si interessò
alla loro esistenza, Edwin e suo fratello gemello Hawen si resero presto conto che le
uniche persone su cui potevano veramente fare affidamento in questo mondo erano
l'un l'altro.

Era all'età di dieci anni quando i due furono presi dalla madre e portati a vivere a …,
l'isolata città elfica di cui il padre era ambasciatore. Li accolse tranquillamente, ma si
mantenne sempre a una distanza glaciale, e dopo troppi anni di sguardi sprezzanti, i
due decisero di lasciarsi alle spalle la sua indifferenza e di mettersi in proprio.

Hawen si recò nelle città, rubando piccoli ninnoli e imparando le usanze del ladro,
mentre Edwin si tenne nei boschi. Preferiva l'isolamento. Da sempre acuta
osservatore, imparò a cacciare e a seguire le tracce, a spiare e a tirare. E attraverso
una serie di eventi fatali, si è guadagnata un compagno sotto forma di un orso - il
suo gingillo rubato - per combattere al suo fianco e proteggerla ferocemente. Inoltre,
è adorabile e fa massaggi."

Aspetto
Edwin, come suo fratello gemello, è un mezzelfo di ventotto anni con occhi nocciola
scuro. È identico nell'aspetto a Hawen, anche se due pollici più alto di lui. Porta i
suoi lunghi capelli blu scuro, disordinati, che tiene legati in una coda di cavallo
bassa. Ha una striscia bianca vicino al lato sinistro dei suoi capelli (colore dei capelli
della madre). Secondo la sua amata, i suoi occhi sono del colore del caffè amaro o
del tè forte alla luce del sole. Ha una mascella affilata, un viso stretto e una
corporatura magra e muscolosa. Sul braccio destro, Edwin ha due tatuaggi: il
simbolo di Ehlonna (un unicorno), è la divinità delle Foreste, delle Terre Boschive,
della Flora, della Fauna e della Fertilità minore. E’ nota agli elfi con il nome di
“Ehlenestra”, sull’avambraccio e sul bicipite una R nera per “Rietveld”, il suo
cognome originale. La sua voce è descritta come una “raspa di salgemma”.
Indossa un cappotto blu chiaro foderato di pelliccia bianca, una camicia grigia a
maniche lunghe, pantaloni blu scuro, stivali neri e una sciarpa colorata intorno alla
vita.

Personalità
Rispetto a Hawen, Edwin è il più pragmatico dei gemelli. È molto ingannevole e di
solito può bluffare attraverso vari incontri sociali. Il suo carisma l'ha reso anche bravo
a contrattare.

La sua tendenza a contrattare deriva dalla sua frugalità. La sua natura frugale è il
risultato del fatto che Hawen e lui stessa hanno dovuto badare a se stesse durante
la loro adolescenza.

Ma sotto il suo atteggiamento civettuolo, la fiducia in se stesso e l'aspetto estroverso


c'è una ragazzo che si sente distrutto e indesiderato. Questo potrebbe essere un
sintomo della sua educazione a …, dove lui e Hawen erano stati giudicati non solo
per il loro status di mezzelfi, ma anche perché erano figli bastardi del loro padre
ambasciatore. Rispetto a suo fratello, è stata molto più colpito dal trattamento
riservato dagli elfi. In quanto tale, ha sviluppato una mentalità in cui cercava
costantemente di sembrare come se provenisse dal denaro in modo che le persone
la rispettassero. Prenderà a cuore tutti gli insulti che le persone con ricchezza e
status fanno nei suoi confronti e ha la tendenza a non amare qualcuno se sembra
che la stiano giudicando. Tale comportamento ha portato le persone a presumere
che fosse ossessionata dalla ricchezza. Solo una manciata di persone, come
Ehlonna, ha mai veramente conosciuto il tipo di persona che era.

Una delle sfide personali di Edwin era concentrarsi meno sul risentimento e sulla
vendetta, e più sul perdono e sulla crescita, ma spesso trova difficile ricordare in
quel momento, motivo per cui scrisse "sinaeth", la parola elfica per " perdona", sul
suo arco, dove lo vedeva ogni volta che sparava.

Background
A 13 anni fummo attaccati da un gruppo di goblin, per poco non persi mia fratello.
Uccisi due di quelle verdi creature…credo che fosse stata l’unica volta in cui mio
padre mi guardò, mi dette una pacca sulla spalla dicendo fieramente “ah…figliolo,
hai superato il tuo battesimo di sangue”. Ultimo dei tanti, che mi fece fare mio padre
fu a 16 anni: “il battesimo del destino”. Eravamo a caccia da giorni, lui era ubriaco,
stavamo rientrando a casa, un rifugio posticcio, con un magro bottino (un cerbiatto
talmente magro che nemmeno con le interiora avremmo potuto mangiare per più di
due pasti). Sentimmo dei rumori, mio padre divenne lucido in un attimo e
acquattandosi si portò il dito sulle labbra per farmi capire di far silenzio. In
lontananza un bianco manto passò tra due alberi, non dimenticherò mai quella
maestosa creatura, ignara della nostra presenza, brucare l’erba per poi grattare il
suo lungo corno contro la corteccia di un albero. Quell’essere immondo di mio padre
estrasse l’arco ed una freccia, si passò il piumaggio tra le labbra e incoccò il dardo
sul budello dell’arma. Fu un istante di lunga attesa e poi scoccò. Lo strale sibilò tra i
cespugli conficcandosi nel ventre dell’animale, a pochi centimetri dal cuore. Un
nitrito, quasi un urlo, squarciò l’aria come se il suono fosse stato lui stesso vivo.
Guardai mio padre esultare e scattare in avanti e cadere subito dopo: una tagliola lo
agganciò su un piede; la tagliola che aveva messo lui stesso mezza mattinata
addietro. Dopo mille imprecazioni mi guardò come se fosse stata colpa mia e
indicando il folto della boscaglia mi urlò “vai…vai e prendi quel corno…vale
molto…se non ritorni a casa con quel corno: non tornare affatto…corri e non
guardarmi così…io mi arrangerò” io scattai in avanti e appena mi volsi indietro mio
padre si era già liberato, zoppicando appena mi fulminò con lo sguardo “muoviti… o
la prossima sarà per te.” Camminai per tutta la notte, cercando le tracce di quel
bellissimo animale, notai che il sangue era meno copioso, notai che il sangue era
argenteo e non rosso. Trovai l’unicorno a mezzodì del giorno seguente. Stremato mi
avvicinai col coltello in mano, ma appena posai lo sguardo sui suoi grandi occhi neri
capii. Capii che non era quella la via. Tolsi la freccia e tamponai la ferita con delle
erbe che si trovavano li vicine. Passai una paio d’ore a cercare di tamponare il suo
candido manto sporco di argenteo sangue. Non mi accorsi nemmeno che una figura
mi stava osservando da diverso tempo. Un’elfa di immane bellezza, vestita di foglie
e corteccia, con un copricapo a forma di corna di cervo. Appena mi alzai, lei si voltò
parlando in una lingua a me sconosciuta, l’unicorno nitri, si alzò togliendosi
l’impiastro con un tremito: era completamente guarito; fuggì in un batter d’occhio. Lei
non mi fece capire di andarmene, ma nemmeno di seguirla. Io la seguii fino ad un
vecchi, grosso e nodoso albero. Ad un suo comando la corteccia si aprì, rivelando
una scala. Alla fine della scala c’era la sua dimora. Attesi che fosse lei a rivolgermi la
parola. Attesi fino a quando non si tolse l’elmo, riponendo la sua scimitarra in una
fessura tra il legno, e sedendosi su un ceppo ( tutto all’interno dell’albero). “Ehlonna
ti ha scelto. Obad-Hai è contento. E tu hai fatto la cosa più giusta” rimasi li con lei
per diverso tempo, parlammo molto e seppi che ella era una druida. Una druida che
proteggeva… protegge… qulla porzione di foresta. Passai con lei quasi un anno, la
conobbi in maniera molto personale. Mi insegnò a leggere e scrivere, a vivere la
natura in maniera selvaggia, a conoscere il vero amore, per lei e per tutte le
creature. Mi istruì sul culto di Obad-hai e quello di Ehlonna. Di tanto in tanto riceveva
dei messaggi, portati da gufi, furetti, addirittura un lupo una volta. Partiva per una
paio di giorni, al massimo due settimane, dicendomi “devo andare al mio circolo, la
mia gente ha bisogno di me e delle mie indicazioni” credo fosse un personaggio di
rilievo ma non seppi mai quanto. Non mi parlava mai dei suoi obblighi. L’ultima volta
che la vidi fu un paio di mesi addietro. Non capii che fosse un addio, ma dovevo
immaginarlo. Lei si avvicinò a me e ì mi baciò appassionatamente, la sua bocca
sapeva da sottobosco, i suoi capelli da muschio selvatico e la sua candida pelle da
menta, si portò una mano sul ventre prominente, ma questa volta disse: “tornerò,
come sempre…addio” si avvicinò all’albero e dopo aver pronunciato una frase di
potere attraversò il tronco come se non esistesse. Una lacrima cadde dalla guancia
bagnando il terreno prima che lei potesse attraversare del tutto il druidico portale.
Una viola ora nasce ai piedi di quella quercia. Lei si chiamava. si chiama…non lo so
proprio, nulla ha più importanza, tranne che servire Ehlonna…credo che dovrei
andarmene, ma non trovo il coraggio: e se ritorna?

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