Adriano Salani Editore, Firenze, 1995 pp. 5-28 Centinaia di anni fa, quando gli uomini credevano ancora negli angeli e nei demoni, viveva in mezzo al bosco di una selvaggia vallata di montagna un pio eremita. Una volta, da giovane, si era innamorato follemente di una nobile fanciulla, ritenuta da tutti emblema di virt e bellezza. Si erano giurati amore eterno e fedelt, eppure il giorno prima delle nozze lei aveva infranto le loro sacre promesse ed era scappata con un altro. Ci era dipeso forse dal fatto che il padre dello sposo, sino a quel momento un commerciante ricco e rispettabile, aveva perduto tutte le sue navi in una tempesta, diventando da un giorno allaltro un mendicante. Furono comunque questi due eventi a rafforzare nel giovane la convinzione che tutte le cose terrene non sono altro che apparenza e inganno. Si ritir dal mondo per dedicarsi completamente allo studio dei libri sacri. Trascorse molti anni a leggere e a rimuginare sugli scritti di SantAgostino e San Gerolamo, di Dionigi e Alberto Magno. E quando infine aveva studiato addirittura lintera opera di San Tommaso dAquino (chi la conosce ammirer limpegno del giovane), fu scosso profondamente dalle parole proferite dal santo in punto di morte, e cio che tutti i suoi libri in verit non contenevano altro che inutili chiacchiere. Il giovane fu colto da un brivido. Ebbe la sensazione che la terra si aprisse sotto di lui e che dalla voragine spirasse un vento glaciale da fargli gelare il sangue. In quello stesso istante, nel cuore della notte, se ne and via, abbandonando per sempre il suo studio e i suoi libri. Vag a lungo per il mondo senza meta, finch non giunse in quella sperduta vallata di montagna e scopr in mezzo al bosco una caverna scavata nella roccia. Si distese l dentro a dormire e sogn un mulinello infuocato, dal quale una voce gli disse: Resta qui, perch voglio incontrarti! Cos era rimasto in attesa. Neppure lui sapeva quanto tempo fosse trascorso da allora, perch il suo spirito era ormai rivolto completamente alleternit. il suo corpo, divenuto nel frattempo vecchio e consunto, percepiva appena i giorni e le notti che trascorrevano in un continuo gioco di luce e di tenebra dinanzi a lui. I capelli e la barba erano cos lunghi da avvolgerlo come un mantello. Solo di rado andava in giro per il bosco a raccogliere bacche e altri frutti selvatici, erbe e radici che gli servivano da nutrimento. Il pi delle volte sedeva davanti alla sua caverna con gli occhi chiusi, completamente assorto, senza fare il minimo movimento. Gli orsi venivano a sdraiarsi vicino a lui, serpenti velenosi si arrotolavano sul suo grembo, gli uccelli facevano nidi nei suoi capelli e i ragni tessevano con arte le loro reti tra le sue gambe: non notava nulla. Il suo spirito si librava in altri mondi, cos elevati rispetto al nostro da non poter essere paragonati con niente che conosciamo, neppure i sogni. La pioggia cadeva su di lui, i raggi del sole lo bruciavano, tempeste di vento frustavano la sua pelle: niente riusciva a distoglierlo da suo dialogo con leternit. la pace nella sua anima era cos profonda che persino gli animali feroci del bosco avvertivano qualcosa e, quando si trovavano intorno a quella caverna, non si facevano del male, ma giocavano insieme tranquillamente, come una volta in Paradiso. Ma leremita non aveva dimenticato la promessa ricevuta in sogno la prima notte e attendeva il suo adempimento. Ora il destino volle che proprio in quella valle desolata un giorno arrivasse un altro uomo, il quale conduceva una vita non meno solitaria di quella del pio eremita, anche se per motivi completamente diversi. Si trattava di un tale che era stato bandito dalla societ, un tipo selvaggio; i capelli rossi, forte come un toro e testardo come un asino. Niente gli incuteva timore, cos come nessuna cosa riusciva a infondergli rispetto. Da giovane aveva ucciso in uno scatto di rabbia un altro ragazzo che aveva disonorato la sua amata. Siccome costui proveniva da famiglia nobile, mentre lassassino e la sua ragazza erano di origini senzaltro pi umili, i giudici non gli avevano concesso lattenuante del delitto donore. Doveva essere legato alla ruota. La sera prima della sua esecuzione riusc a scappare nei boschi. L si era unito dapprima a una banda di briganti, formata da fuorilegge simili a lui. Insieme a loro trafug calici doro e incensieri dargento dalle chiese, derub mercanti in viaggio, appicc fuoco ai conventi e si prese tutte le donne che gli piacevano senza preoccuparsi se fossero nobili oppure giovani contadine, suore o zingare. Impar a bestemmiare, a bere e a vivere proprio come un senza Dio. A rapina ultimata, era duso giocarsi a dadi la parte che spettava a ognuno di loro. Il nostro eroe aveva sempre perduto tutto perch, non essendo falso, non notava la falsit degli altri, che lo ingannavano ben bene. Quando finalmente se ne accorse, mont di nuovo su tutte le furie e, mentre il baro gli rideva in faccia, lui gli diede un tale schiaffone da fargli vedere tutte le stelle del firmamento. Per sua sfortuna si trattava proprio del capobanda, il quale non apprezz affatto lo spettacolo celeste. Ordin di legare subito il malfattore allalbero pi vicino, perch la disciplina deve essere mantenuta, anche in una banda di avanzi di galera. Lintera brigata si scagli sul condannato, ma questi riusc unaltra volta a fuggire, non prima per di aver rotto un braccio a un compagno e aver rivoltato la testa sulle spalle a un altro. Da allora rimase da solo ed evit la vicinanza degli uomini, perch ormai li aveva tutti alle calcagna, quelli che stavano dalla parte della giustizia e dellordine e quelli che erano contro di loro. Ora rubava di propria iniziativa e siccome non aveva pi alcun interesse ad accumulare ricchezze che a niente potevano servirgli in quel luogo selvaggio, prendeva solo ci di cui aveva bisogno per vivere. Costrinse un giovane artigiano ambulante a togliersi gli stivali, prese i pantaloni di pelle a un carrettiere e il cappello a un prete. Ogni tanto irrompeva di notte nellosteria di un villaggio, per procurarsi una bottiglia di grappa o n boccale di birra. Quindi si coricava per un giorno intero tra le radici degli alberi abbattuti dal vento e si sentiva meglio, cantava e rideva da solo. Pian piano infatti aveva disimparato a parlare, ma ora capiva i versi degli uccelli e degli altri animali e sapeva imitarli in modo sorprendente. Le uniche armi che possedeva erano un coltello, un arco di frassino da lui stesso intagliato e un paio di frecce. Con questo cacciava ci di cui aveva bisogno per nutrirsi. Seduto a carponi come un animale, beveva lacqua dai ruscelli di montagna e di solito divorava la carne della cacciagione cruda. Solo raramente si soffermava ad accendere un fuoco, sfregando due pezzi di legno secchi. Volveva evitare di lasciare tracce di un fal, perch non sapeva se lo stessero ancora inseguendo. Uninquietudine interiore lo spingeva a cambiare sempre il suo rifugio. Nessuno gli aveva mai detto che anchegli possedeva unanima immortale, della quale un giorno avrebbe dovuto rendere conto al Creatore, e la sua testa selvaggia non avrebbe mai partorito da sola simili pensieri. Ma il destino aveva deciso che le cose dovevano cambiare e cos accadde che il bandito giunse in quella sperduta vallata di montagna dove si trovava la caverna delleremita. Era verso sera, lora in cui gli animali escono dalla boscaglia per procacciarsi il cibo. Il bandito aveva scovato un giovane capriolo e lo stava inseguendo. Essendo un corridore veloce e infaticabile, si stava avvicinando sempre pi alla sua preda. Allimprovviso lanimale si ferm e lo guard. Il bandito incocc una freccia e si accost di soppiatto per riuscire a mirare meglio. Fu colpito solo dal fatto che lanimale non tremava n respirava affannosamente. Non sembrava impaurito e neppure stanco, lo guardava fisso, con gli occhi spalancati, e lui non ebbe il coraggio di scagliare la freccia. Si rialz e, grattandosi quella sterpaglia arruffata di capelli che aveva sulla testa, borbott: Che Dio mi maledica! Quindi tir fuori il coltello e and verso il capriolo. Ma questultimo non scapp neppure quando il bandito gli stava ormai davanti, stendendo la mano verso di lui. Invece di indietreggiare impaurito, si lasci accarezzare il collo. Da quanto tempo non accarezzava il collo a qualcuno, neppure a un animale! Si guard intorno perplesso e scorse lingresso della caverna, davanti alla quale si stagliava la figura delleremita seduto, ormai pelle e ossa, avvolto dai bianchi capelli, gli occhi chiusi e sulle labbra un sorriso che non era di questo mondo. il bandito si avvicin e lo guard a lungo, senza comprendere minimamente con chi avesse a che fare. Si inchin verso dli lui e disse con voce roca: Ehi, tu! Sei un essere umano o no? Ma leremita, che non lo ascoltava, continuava a sorridere. Il bandito lo urt con il piede e grid: Senti un po, spaventapasseri! Rispondi! Ma neppure allora il vecchio si mosse. Malgrado ci il suo respiro era profondo e tranquillo, quindi non era morto. Il bandito alz la mano per svegliarlo con un bel pugno, ma dopo un po la abbass di nuovo. Improvvisamente gli manc il coraggio di prendere a pugni qualcuno e gli sembrava di non capire pi il mondo. Ancora incredulo sent venir meno quella spina nel suo cuore che da tanto tempo lo pungolava; e veniva meno cos repentinamente che il bandito si sent pervadere da uninsostenibile, pacifica stanchezza. Quando alcune ore dopo leremita fece ritorno da quei mondi sublimi nel suo pover, fragile corpo e apr gli occhi vide, disteso davanti a s, illuminato dalla bianca luce della luna, un uomo con i capelli rossi, dallaspetto selvaggio, che dormiva come un bambino. Il vecchio prov benevolenza nei confronti dello strano fuggiasco mandatogli da Dio e decise di farne il suo discepolo per erudirlo sulle questioni metafisiche. Chiss come mai, al bandito piacque veramente leremita e ci che ascoltava. Ritornava sempre alla caverna, a volte dopo giorni, a volte dopo settimane, ma non rimaneva mai lontano troppo a lungo. E leremita gli raccontava dei cori delle schiere celesti, dellimpenetrabile mistero di Dio, dellinizio della Creazione, del suo svolgimento e della sua fine gloriosa e terribile, del Verbo divino che, incarnatosi, fu ucciso e risorse, infrangendo per sempre le porte dellinferno. Gli parl anche del diavolo e delle sue schiere, del fuoco degli abissi, nel quale le anime dei peccatori che non si erano pentiti dovevano patire pene eterne. Infine il maestro non dimenticava mai di esortare il suo discepolo a espiare la sua vita peccaminosa, incitandolo a implorare la grazia di Dio con fervide preghiere. Il bandito ascoltava incantato annuendo pi volte con la testa come se avesse capito. In realt per non capiva nulla. E ammirava tanto il suo maestro proprio perch non riusciva a pensare e a ricordare tutte quelle cose. Non dubitava minimamente delle sue parole, solo che per lui era tutto troppo santo e sublime. Non si meravigliava mai abbastanza del fatto che un uomo tanto saggio e maturo si desse cos da fare con lui, ma gliene era comunque grato perch non gli era mai capitata una cosa simile. Perci rispettava la pace che regnava intorno alla caverna, cos come facevano gli animali. Anche lui provava unincredibile sicurezza, l. Mai prima di allora si era sentito a casa da qualche parte. Ora sapeva cosa significasse. A modo suo cercava di dimostrarsi riconoscente al maestro portandogli, ad esempio, un paio di bottiglie di vino per la messa rubate, il libro di preghiere di un monaco itinerante oppure una torta nuziale. Ma ogni volta leremita lo riprendeva dolcemente e diceva: Cos non va, caro figliolo! Non cercare di cambiare la mia vita. Sei tu piuttosto che devi cambiare la tua, altrimenti diventerai una preda di Satana. Se vuoi veramente procurarmi una gioia fallo convertendoti alla dottrina del Redentore e pentendoti dei tuoi trascorsi peccaminosi. Dedicati completamente alla preghiera, mortifica la tua carne ed esercitati nella contemplazione spirituale. Forse un giorno potr portarti con me in quei mondi sublimi di cui ti ho parlato. Ma prima devi espiare.