Aids
Quadro clinico
Il virus HIV distrugge delle cellule specifiche del sistema immunitario, indebolendo
così sempre di più il sistema di difesa del corpo. Il decorso di un'infezione da HIV si
suddivide in vari stadi. Si definisce Aids lo stadio di malattia conclamata
caratterizzato da uno stato di forte indebolimento del sistema immunitario e dalla
diagnosi di almeno una delle malattie di tipo infettivo o tumorale che definiscono
l'Aids. Per i pazienti ammalati di Aids sono potenzialmente mortali anche le infezioni
che in persone sane e con un sistema immunitario intatto non porterebbero
all'insorgenza di una malattia.
Diffusione e frequenza
Secondo una stima del Programma delle Nazioni Unite per l'Aids/HIV (UNAIDS), nel
mondo vivono circa 37 (dai 34 ai 41) milioni di persone infette dall'HIV o ammalate
di Aids.
Prevenzione
Per proteggersi è imperativo osservare le regole del Safer-Sex e rinunciare allo
scambio di siringhe e aghi per iniezione.
In ogni caso, è consigliato parlare con un medico della propria vita sessuale e di
come proteggersi dall’HIV e da altre malattie sessualmente trasmissibili.
Diarrea
Dolori addominali
Nauseae vomito
I sintomi iniziali del botulismo sono molto simili a quelli di una gastroenterite, ma in
realtà progrediscono molto rapidamente provocando:
Costipazione
Movimenti lenti dovuti alla debolezza dei muscoli
Difficoltà a controllare i movimenti della testa
Voce soffocata
Irritabilità
Palpebre cadenti
Difficoltà a succhiare
Paralisi
Il periodo di incubazione mediamente è di 5,1 giorni (IC 96% 4,1 - 7,0 giorni) con il
95º percentile di 12,5 giorni. I risultati di studio sulla correlazione tra dati di contact
tracing e casi positivi registrati suggeriscono ulteriori conferme di questi valori [7].
Per questo motivo è stato indicato un periodo di isolamento di 14 giorni dalla
possibile esposizione a un caso sospetto o accertato.[8] Durante il periodo di
incubazione si è contagiosi, successivamente possono comparire i sintomi.[9][10] Il
virus si trasmette per via aerea, molto spesso tramite le goccioline respiratorie. Per
limitarne la trasmissione devono essere prese precauzioni, come mantenere la
distanza interpersonale di almeno 1,5 metri e tenere comportamenti corretti sul
piano dell’igiene personale (lavare e disinfettare periodicamente le mani, starnutire o
tossire in un fazzoletto o nell'incavo del gomito, indossare mascherine e guanti) e
ambientale (rinnovare spesso l'aria negli ambienti chiusi aprendo le finestre e
mantenere gli ambienti molto puliti).[11] I governi e gli enti competenti consigliano a
coloro che ritengono di essere infetti di rimanere in isolamento fiduciario, indossare
una mascherina chirurgica, osservare le regole di igiene e contattare quanto prima
un medico al fine di ricevere ulteriori indicazioni.[12][13]
Nei casi più gravi può verificarsi una polmonite, una sindrome da distress
respiratorio acuto, sepsi e uno shock settico fino ad arrivare al decesso del paziente.
Sono in fase di sperimentazione oltre 76 vaccini specifici per questa malattia, di cui:
I farmaci antiviralisono in fase di studio per COVID-19, sebbene nessuno di essi si sia
ancora dimostrato chiaramente efficace sulla mortalitànegli studi randomizzati
controllatipubblicati.[278]
Nei casi più gravi, l'uso di corticosteroidi può ridurre il rischio di morte.[281]
L'assunzione di farmaci da banco contro il raffreddore,[282]l'assunzione di liquidi e il
riposo possono aiutare ad alleviare i sintomi.[263]A seconda della gravità, possono
essere necessari ossigenoterapia, fluidi per via endovenosa e supporto respiratorio.
[283]La sicurezza e l'efficacia del plasma convalescente come opzione di trattamento
richiede ulteriori ricerche.[284]
Uno studio condotto nei principali ospedali negli Stati Uniti ha rilevato che nella
maggior parte dei pazienti ospedalizzati con COVID-19 si sono verificati esami
epatici anormali che si possono associare a esiti clinici peggiori.[291]Il tocilizumab era
significativamente associato nella relazione tra i farmaci usati per trattare la malattia
e gli esami del fegato anormali, il che ha spinto gli studi per determinare se i risultati
anormali fossero dovuti al coronavirus o al danno epatico indotto dal farmaco,
secondo Michael Nathanson, direttore del Yale Liver Center e coautore dello studio.
COLERA
Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. La sua
tramissione avviene per contatto orale, diretto o indiretto, con feci o alimenti
contaminati e nei casi più gravi può portare a pericolosi fenomeni di disidratazione.
Nel diciannovesimo secolo il colera si è diffuso più volte dalla sua area originaria
attorno al delta del Gange verso il resto del mondo, dando origine a sei pandemie
(per pandemia si intende una manifestazione epidemica di una malattia su
larghissima scala, anche planetaria) che hanno ucciso milioni di persone in tutto il
mondo.
La settima pandemia è ancora in corso: è iniziata nel 1961 in Asia meridionale,
raggiungendo poi l’Africa nel 1971 e l’America nel 1991. Oggi la malattia è
considerata endemica in molti Paesi e il batterio che la provoca non è ancora stato
eliminato dall’ambiente.
I sierogruppi di Vibrio cholerae che possono causare epidemie sono due: il Vibrio
cholerae 01 e il Vibrio cholerae 0139. La principale riserva di questi patogeni sono
rappresentati dall’uomo e dalle acque, soprattutto quelle salmastre presenti negli
estuari, spesso ricchi di alghe e plancton.
Il sierogruppo 01 provoca la maggior parte delle epidemie e, secondo recenti studi,
il cambiamento climatico potrebbe favorire la formazione di ambienti adatti alla sua
diffusione. Il sierogruppo 0139, invece, è stato identificato nel 1992 in Bangladesh e,
per ora, la sua diffusione è stata accertata solo nel Sud-est asiatico. Gli altri gruppi di
Vibrio cholerae possono causare deboli forme di diarrea, che però non si sviluppano
in vere e proprie epidemie.
Trasmissione
Il colera è una malattia a trasmissione oro-fecale: può essere contratta in seguito
all'ingestione di acqua o alimenti contaminati da materiale fecale di individui infetti
(malati o portatori sani o convalescenti). I cibi più a rischio per la trasmissione della
malattia sono quelli crudi o poco cotti e, in particolare, i frutti di mare. Anche altri
alimenti possono comunque fungere da veicolo.
Le scarse condizioni igienico-sanitarie di alcuni Paesi e la cattiva gestione degli
impianti fognari e dell’acqua potabile sono le principali cause di epidemie di colera.
Il batterio può vivere anche in ambienti naturali, come i fiumi salmastri e le zone
costiere: per questo il rischio di contrarre l’infezione per l’ingestione di molluschi è
elevato.
Senza la contaminazione di cibo o acqua, il contagio diretto da persona a persona è
molto raro in condizioni igienico-sanitarie normali. La carica batterica necessaria per
la tramissione dell’infezione è, infatti, superiore al milione: pertanto risulta molto
difficile contagiare altri individui attraverso il semplice contatto.
Sintomi e diagnosi
Il periodo d’incubazione della malattia varia solitamente tra le 24 e le 72 ore (2-3
giorni), ma in casi eccezionali può oscillare tra le 2 ore e i 5 giorni, in funzione del
numero di batteri ingeriti. Nel 75% dei casi le persone infettate non manifestano
alcun sintomo. Al contrario, tra coloro che li manifestano, solo una piccola parte
sviluppa una forma grave della malattia.
Quando presente, il sintomo prevalente è la diarrea, acquosa e marrone all’inizio
chiara e liquida successivamente (tipico è l’aspetto ad “acqua di riso”). In alcuni
soggetti la continua perdita di liquidi può portare alla disidratazione e allo shock,
che nei casi più gravi può essere rapidamente fatale. La febbre non è un sintomo
prevalente della malattia, mentre possono manifestarsi vomito e crampi alle gambe.
Terapia
L’aspetto più importante nel trattamento del colera è la reintegrazione dei liquidi e
dei sali persi con la diarrea e il vomito. La reidratazione orale ha successo nel 90%
dei casi, può avvenire tramite assunzione di soluzioni ricche di zuccheri, elettroliti e
acqua, e deve essere intrapresa immediatamente.
I casi più gravi necessitano, invece, di un ripristino dei fluidi intravenoso che,
soprattutto all’inizio, richiede grandi volumi di liquidi, fino ai 4-6 litri. Con
un’adeguata reidratazione solo l’1% dei pazienti muore e, di solito, in seguito al
ripristino dei fluidi, la malattia si risolve autonomamente.
Gli antibiotici, generalmente tetracicline o ciprofloxacina, possono abbreviare il
decorso della malattia e ridurre l’intensità dei sintomi e sono utilizzati soprattutto
per le forme più gravi o nei pazienti più a rischio, come gli anziani.
Prevenzione
L’approccio prescelto per la lotta al colera è spesso multisettoriale e coinvolge la
gestione dell’acqua, la sanità pubblica, la pesca, l’agricoltura e l’educazione alla
salute. Tuttavia, gli interventi più importanti per la prevenzione delle epidemie di
colera riguardano la depurazione dell’acqua e il funzionamento del sistema fognario.
Garantire la sicurezza del cibo e dell’acqua e migliorare l’igiene sono, infatti, le
condizioni di base per la prevenire le epidemie. Anche l’educazione al rispetto di
accorgimenti igienici durante la preparazione o l’assunzione del cibo, come il lavarsi
le mani con il sapone prima di iniziare a cucinare o mangiare, può contribuire a
ridurre la diffusione delle epidemie. I vibrioni del colera sono, infatti, estremamente
sensibili all'azione dei comuni detergenti e disinfettanti.
Sono disponibili anche dei vaccini: tuttavia la loro efficacia, insieme a quella delle
campagne di vaccinazione, deve ancora essere valutata e approfondita.