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Medicina Interna

Florence Nightingale
– 1820-1910

Ligia J Dominguez – Malattie infettive


Facoltà di Infermieristica
DEFINIZIONE
• Un'infezione acquisibile in ospedale come in comunità ma
correlata al processo assistenziale attuato
◼ Infezione nosocomiale è un’infezione contratta durante il
ricovero in ospedale, che non era manifesta clinicamente né in
incubazione al momento dell’ammissione, ma che compare
durante o dopo il ricovero e da questo è determinata.

• Le infezioni acquisite in ospedale comprendono anche le


infezioni che il personale ospedaliero può contrarre
nell’assistenza ai malati.

• L’infezione va distinta dalla "colonizzazione", definita come la


moltiplicazione a livello locale di microrganismi senza apparenti
reazioni tessutali o sintomi clinici.
Cenni Storici
Nella metà del 1800 I. Semmelweiss e J. Simpson furono i pionieri
di una raccolta sistematica dei tassi di infezione ospedaliera:

◼ Semmelweiss dimostrò efficacemente che l’ospedale poteva


rappresentare un rischio per i pazienti (le donne che non
partorivano in ospedale avevano un rischio di sepsi puerperale ed
una mortalità molto più bassa rispetto a quelle che partorivano in
ospedale), che tale rischio era di origine infettiva (i patogeni erano
trasmessi dai medici e dagli studenti che, prima di assistere le
partorienti, effettuavano riscontri autoptici), che tale evento era
prevenibile (lavando le mani con cloruro di calcio).
… ma il loro lavoro non fu
ben accetto dai colleghi del
tempo e la sorveglianza
epidemiologica e lo sviluppo
di una epidemiologia
ospedaliera come disciplina
si affermò solo negli anni ‘50
L’impulso decisivo fu anche una pandemia da S. Aureus resistente alla
penicillina in Europa e USA in quel periodo.
◼ 1955: Colebrook propose rilevazioni di infezioni in ogni grande
ospedale.
◼ 1959: Moore istituì la figura professionale dell’infermiera addetta al
controllo delle infezioni nel suo ospedale, esempio seguito da altri
◼ 1970: si delinea una popolazione di pz a ↑ rischio di IO:

Pz sottoposti a pratiche invasive durante la degenza.

Negli USA: istituirono i CDC (Center for Disease Control and


Prevention) e la Divisione Infezioni Ospedaliere e ne svilupparono le
definizioni standard con l’avvio di un sistema di sorveglianza attiva
National Nosocomial Infections Survillance System (NNIS)
◼ 1980
✓ In Italia: l’ISS elabora il programma italiano di controllo delle IO.
(SIPIO/1984)
Emanazione delle circolari del Ministero
della Sanità N°52/1985 e N°8/1988
▪ 1990:
✓In Italia vengono emanati i decreti legislativi 502/92 e 517/93 per

la riorganizzazione delle strutture ospedaliere.

✓ Negli USA vengono pubblicati i documenti contenenti linee guida


tra cui quelle del Hospital Infection Control Practice Advisory
Committee (HICPAC) dei CDC
▪2005:
• Nell’era del controllo delle infezioni, l’obiettivo da raggiungere è il
cambiamento migliorativo dell’intero processo e non della singola
attività.

• Solo le aziende capaci di differenziarsi in termini di conoscenza di


livelli di rischio al loro interno, di bassa incidenza delle IO e di
attuazione di misure di sicurezza, potranno raggiungere elevati livelli
di qualità
Localizzazioni più frequenti di
infezioni ospedaliere
L’80% di tutte le infezioni associate all’assistenza si
localizza in quattro siti:
◼ IVU
◼ Ferite chirurgiche
◼ Polmoni
◼ Sepsi
- prevalenza: 5-8% dei ricoverati
- 400.000-700.000 infezioni
……di cui 30% prevenibile: 135.000-210.000

Le epidemie di I.O. sono per lo più attribuibili ad errori


nelle pratiche assistenziali e, pertanto, EVITABILI!!
◼ Agenti patogeni tradizionali: p.e. il virus influenzale, i virus
dell’epatite, le Salmonelle, etc… che, oltre ai pazienti, possono
colpire anche il personale di assistenza.

◼ Agenti opportunisti: tutti quei microrganismi che aggrediscono


l’ospite solo quando si determinano condizioni tali da consentire il
loro impianto in distretti normalmente sterili e/o quando si verifica
una diminuzione a vario livello delle difese dell’ospite.
Modalità di trasmissione
Il serbatoio di questi microrganismi (habitat naturale e sede di
moltiplicazione) è costituito dall’uomo (pz infetti/colonizzati e/o
portatori) e dall’ambiente.

Affinché avvenga la trasmissione è necessario che vi sia un veicolo.

Un veicolo di importanza determinante è costituito dalle MANI degli


operatori sanitari sulle quali colonizzano un numero e una varietà
non indifferente di potenziali patogeni.

Le misure di controllo più efficaci della maggior parte delle I.O. si


basano sul lavaggio frequente delle mani.
Classificazione
1. Endogene: infezioni sostenute da un agente già da tempo presente
nell’organismo della persona affetta, in veste di ospite abituale non
patogeno, ma che ha acquistato patogenicità e virulenza in seguito a
una grave compromissione delle difese dell’organismo.
2. Esogene: infezioni in cui il germe arriva al pz trasmesso da un altro
pz (infezione crociata) o dall’ambiente ospedaliero, secondo due
principali modalità:
• Contatto diretto: il pz viene a diretto contatto con la fonte di infezione
(p.e. goccioline di saliva);
• Contatto indiretto: il microrganismo è trasportato dalla fonte di
infezione all’ospite recettivo da un veicolo animato o inanimato (p.e.
endoscopi, strumenti chirurgici, mani etc…).
fattori intriseci fattori estrinseci
(associati alle condizioni del - associati a procedure
paziente) invasive e assistenziali

- associati alla mancata


adozione delle misure
generali di prevenzione

- associati a caratteristiche
organizzative dell’ospedale
I microrganismi patogeni
responsabili di I.O. sono nel 70%
dei casi resistenti a uno o più
antibiotici
SORVEGLIANZA
◼ Descrivere la frequenza delle infezioni ospedaliere
◼ Formulare ipotesi sui fattori di rischio
◼ Valutare le misure di controllo adottate
◼ Sensibilizzare/coinvolgere gli operatori sanitari
◼ Generare ipotesi per specifici progetti di ricerca
◼ …
Infezioni correlate all’assistenza
Il controllo delle infezioni ospedaliere si può attuare attraverso:

◼ Corrette procedure assistenziali


◼ Disinfezione/sterilizzazione
◼ Buon uso degli antibiotici
◼ «Isolamenti» … Precauzioni aggiuntive
◼ Educazione sanitaria
Chi è l’ Infection Control Link Nurse (ICLN)
Sono figure nate alla fine degli anni ‘80 nel UK successivamente
sviluppatesi prevalentemente in ambiente anglosassone. Olanda,
Germania e Portogallo impiegano tali figure seppur in maniera meno
diffusa (Dawson, 2003; Dekker et al., 2019; Peter et al., 2018).

Gli ICLN sono infermieri clinici esperti che hanno un interesse specifico
verso tematiche specialistiche, nel nostro caso per le ICA. Essi dopo
un’adeguata formazione, diventano un collegamento formale tra la realtà
operativa in cui lavorano quotidianamente e il team di controllo del
rischio infettivo (Dawson, 2003; Dekker et al., 2019; MacArthur, 1998).
Chi è l’ Infection Control Link Nurse (ICLN)
La figura di ICLN ha anche mostrato una riduzione di contenziosi e
denunce, inoltre dichiara che il 50% delle strutture sanitarie del UK che lo
hanno adottato lo ritiene un sistema positivo e quasi l’altra metà molto
positivo, ma non supporta queste valutazioni fornendo dati (Dawson,
2003).
Harrison’s Principles of Internal Medicine
Harrison’s Principles of Internal Medicine
Harrison’s Principles of Internal Medicine
Harrison’s Principles of Internal Medicine
Brucellosi
Febbre ondulante; Febbre maltese; Febbre mediterranea; Febbre di Gibilterra

• Causata dai Brucella spp, batteri Gram-negativi.


• I sintomi iniziali sono quelli di una malattia acuta febbrile con scarsi
o nulli segni localizzati e possono progredire verso uno stadio
cronico con febbre ricorrente, debolezza, sudorazione e vaghi
dolori diffusi.
• La diagnosi si basa sull'esame colturale, di solito mediante
emocoltura, oppure midollo osseo o liquido cerebrospinale e test
sierologici.
• Il trattamento ottimale in genere richiede 2 antibiotici, doxiciclina o
trimetoprim/sulfametossazolo più gentamicina, streptomicina o
rifampicina.
Brucellosi
• Si contrae per contatto diretto con secrezioni ed escrezioni di
animali infetti o dall'ingestione di cibo o prodotti caseari contaminati.
• L'infezione provoca in genere febbre e sintomi organici però alcuni
organi specifici (p. es., il cervello, le meningi, il cuore, il fegato, le
ossa) sono raramente colpiti.
• La maggior parte dei pazienti guarisce di regola in 2-3 settimane,
anche in assenza di trattamento, ma alcuni sviluppano una forma
subacuta, intermittente o cronica.
• Diagnosticare usando colture di sangue, midollo osseo o liquido
cerebrospinale e test sierologici in fase acuta e di convalescenza.
• Monitorare i pazienti fino a 1 anno per le recidive.
Salmonellosi
• Il genere Salmonella può essere diviso in 3 gruppi in base
all'adattamento del batterio all'ospite umano:

• Quelli che non hanno altri ospiti se non l'uomo: S.Typhi


e S. Paratyphi tipi A, B, e C, che sono patogeni solo negli esseri
umani e causano comunemente febbre enterica (tifoidea).

• Quelli adattati a ospiti non umani o che causano malattia quasi


esclusivamente negli animali: S. Dublin (bestiame), S. Arizonae
(rettile) e S. Choleraesuis (suino), possono causare anche malattie
negli esseri umani.
Salmonellosi
• Quelli con un ampio range di ospite: questo gruppo
comprende > 2000 sierotipi (p. es., S. enteritidis, S. typhimurium) che
sono causa di gastroenteriti da salmonella e sono responsabili
dell'85% di tutte le infezioni da Salmonella negli USA.
Salmonellosi
• La febbre tifoide è una malattia sistemica provocata dai batteri
Gram-negativi del sierotipo Typhi di Salmonella enterica (S. Typhi).

• I sintomi sono rappresentati da febbre alta, prostrazione, dolore


addominale e un rash rosato.

• La diagnosi è clinica e confermata dagli esami colturali. La terapia è


costituita da ceftriaxone, ciprofloxacina o azitromicina.
Salmonellosi
• Le salmonelle non tifoidi sono batteri Gram-negativi che provocano
soprattutto gastroenterite, batteriemia e infezione focale.

• La sintomatologia può essere costituita da diarrea, da febbre alta


con prostrazione, oppure da sintomi di infezione focale.

• La diagnosi si basa sulle colture di campioni di sangue, di feci o


delle sedi interessate.

• La terapia, quando indicata, prevede trimetoprim/sulfametossazolo,


ciprofloxacina, azitromicina o ceftriaxone con il trattamento chirurgico
per gli ascessi, le lesioni vascolari e le infezioni di ossa e articolazioni.
Rickettsiosi
• Le infezioni da rickettsia e le infezioni correlate (come anaplasmosi,
ehrlichiosi e febbre Q) sono causate da un tipo insolito di batteri, che
possono vivere soltanto all’interno delle cellule di un altro organismo.

• La maggior parte di queste infezioni si diffonde attraverso zecche,


acari, pulci o pidocchi.

• Si sviluppano febbre, grave cefalea e solitamente eruzione cutanea, e


i soggetti colpiti si sentono poco bene.
Rickettsiosi
• La diagnosi si basa sui sintomi e, per confermarla, i medici effettuano
esami speciali che utilizzano un campione della pelle colpita da
eruzione o di sangue.

• Gli antibiotici si somministrano appena i medici sospettano una di


queste infezioni.

• Rispondono prontamente a un trattamento antibiotico tempestivo con


antibiotici (preferibilmente con doxiciclina) per via orale, a meno che i
pazienti non siano gravi. In tal caso, gli antibiotici vengono
somministrati per via endovenosa.
Mononucleosi
• La mononucleosi infettiva è causata dal virus di Epstein-Barr (EBV,
herpes virus umano tipo 4, HHV-4) e si manifesta con astenia,
febbre, faringite, e linfoadenopatia.

• L'astenia può persistere per settimane o mesi.

• Occasionalmente si verificano gravi complicanze, fra cui ostruzione


delle vie aeree, rottura di milza e sindromi neurologiche.

• La diagnosi è clinica o mediante test sierologici per virus di Epstein-


Barr. Il trattamento è di supporto.
Mononucleosi
• Il contagio può verificarsi per trasfusione di emoderivati ma molto più
frequentemente si verifica attraverso il bacio tra una persona non
infetta e un portatore sano di virus di Epstein-Barr che elimina il virus
in maniera asintomatica.

• Soltanto il 5% dei pazienti contrae il virus di Epstein-Barr da soggetti


con infezione acuta.

• Durante la prima infanzia il contagio si verifica più frequentemente


nei ceti socioeconomici più bassi e in condizioni di sovraffollamento.
Leishmaniosi
• Causata da specie di Leishmania.

• Le manifestazioni comprendono sindromi cutanee, mucosali e


viscerali. La leishmaniosi cutanea provoca lesioni cutanee croniche
indolori che variano da noduli ad ampie ulcere che possono
persistere per mesi o anni e che possono lasciare esiti cicatriziali.
Leishmaniosi
• La leishmaniosi mucosa interessa i tessuti nasofaringei e può
comportare estese mutilazioni del naso e del palato.
Leishmaniosi

• La leishmaniosi viscerale causa febbre irregolare,


epatosplenomegalia, pancitopenia e ipergammaglobulinemia
policlonale con alta mortalità in pazienti non trattati.

• La diagnosi viene eseguita dimostrando la presenza dei parassiti


negli strisci o nelle colture e sempre più diffusa è la diagnosi tramite
PCR (Polymerase Chain Reaction) in centri di riferimento.

• I test sierologici possono essere utili nel diagnosticare la


leishmaniosi viscerale ma non cutanea.
Leishmaniosi
• Il trattamento della leishmaniosi viscerale si basa sull'amfotericina
B liposomiale o sulla miltefosina, a seconda della specie infettiva
della Leishmania e dell'area geografica di acquisizione.

• Alternative includono l'amfotericina B desossicolato e i composti di


antimonio pentavalente (stibogluconato di sodio o antimoniato di
meglumina), se la malattia è stata acquisita in aree in cui è
probabile che le specie di Leishmania siano suscettibili.

• Una varietà di trattamenti topici e sistemici è disponibile per la


leishmaniosi cutanea a seconda della specie causali e delle
manifestazioni cliniche.

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