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Antonella

Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a edizione
Zanichelli editore © 2020

SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DEL LIBRO

CAPITOLO 1

CONOSCENZE

1. C
2. B
3. B
4. A
5. B
6. B
7. D
8. A

ABILITÀ

9.
a. Fenomeno caratterizzato da una riduzione nel tempo della mortalità per malattie
infettive e dall’allungamento dell’aspettativa di vita.
b. Stato di completo benessere fisico, mentale e sociale.
c. Forma di sviluppo globale che salvaguardia l’ambiente e il benessere fisico,
mentale e sociale di tutta la popolazione mondiale.

10. L’Igiene ha come oggetto di interesse la persona sana e ha lo scopo di promuovere la
salute con interventi estesi a tutta la collettività e al suo ambiente fisico, biologico e
sociale.
11. Fino all’inizio del XX secolo, la salute era considerata solo come “assenza di malattia”;
con il progresso della medicina, la salute ha cominciato ad essere vista come uno stato di
“benessere fisico”, per arrivare nel 1948 alla definizione coniata dall’ONU e dall’OMS,
tuttora valida, secondo cui la salute è “uno stato di completo benessere fisico, mentale e
sociale”.
12. Nel grafico della figura 2 sono messe a confronto la mortalità per malattie infettive e
quella per malattie non infettive nei Paesi ad alto reddito nel XX secolo. Si nota come si
sia verificata una netta riduzione della mortalità per malattie infettive grazie al
miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e agli interventi di prevenzione, mentre la
mortalità per malattie non infettive è aumentata, soprattutto a causa dell’allungamento
della vita media e del conseguente aumento delle malattie cronico-degenerative.

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
CAPITOLO 2

CONOSCENZE
1. C
2. D
3. A
4. C
5. C
6. D
7. A
8. B
9. C
10. D
11. A
12. D
13. B
14. a. F; b. F; c. V; d. F

ABILITÀ
15. a. singolo individuo, popolazione; b. endogeni, ambientali, malattia; c. singolarmente,
sinergica, antagonista; d. perdita, malattia
16. cronico-degenerativa, la sorgente, meccanico, diretta (termini da barrare).
17. a. infettività; b. patogenicità, c. stato di immunità; d. virulenza.
18. 1(n); 2(m); 3(l); 4(i); 5(f); 6(a); 7(g)
19. L’epidemiologia studia le malattie a livello di popolazione.
20. La remissione del rischio è il ritorno alla condizione di salute dallo stato di malattia.
21. Per dimostrare una relazione causa-effetto è necessario:
- verificare che esista una relazione statistica fra determinante e malattia;
- escludere che tale associazione sia indiretta o spuria;
- applicare i criteri di causalità.
22. I criteri di causalità sono:
- forza di una associazione, quantificata tramite il rischio relativo
- rapporto dose-effetto o gradiente biologico (all’aumentare della dose deve aumentare
l’effetto)
- consistenza (documentazione in diversi studi dell’associazione fra fattore e malattia)
- specificità di un determinante (applicabile soprattutto alle malattie infettive che hanno
uno specifico agente eziologico)
- temporalità documentata fra esposizione e manifestarsi della malattia
- coerenza o plausibilità biologica da stabilire in vitro o in vivo
23. Il portatore può ospitare i microorganismi patogeni ed eliminarli:
- nel periodo di incubazione della malattia (portatore precoce, come per la varicella)
- per un certo periodo dopo la guarigione (portatore convalescente, come per molte
malattie respiratorie)
- continuamente dopo la guarigione (portatore cronico come nel caso della febbre tifoide)
- senza sviluppare i sintomi della malattia (portatore sano come nel caso delle infezioni da
meningococco).

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COMPETENZE - Verso l’esame di Stato
24.
a. Nella figura 1) i fattori B e C agiscono in modo sinergico perché l’effetto combinato
dei due fattori (17,5) è maggiore della somma degli effetti dei singoli fattori separati
(3,5+5=8,5).
b. Il fattore C in figura 2 è quello con maggiore potenza; l’effetto della contemporanea
presenza dei tre fattori è cumulativo, equivale infatti alla somma degli effetti dei 3
fattori separati (2+3,5+5=10,5).
c. In caso di un’azione antagonista, i fattori A e C in combinazione si
contrasterebbero a vicenda, quindi il valore dell’effetto sarebbe minore della somma
dei due effetti singoli (< 7).

CAPITOLO 3

CONOSCENZE
1. D
2. B
3. C
4. B
5. C
6. C
7. D
8. A
9. C
10. D
11. C
12. D
13. a. F; b. V; c. V

ABILITÀ
14. positivo, larga, della riduzione, una diminuzione, ad altezza (termini da barrare)
15. a. mortalità; b. tasso; c. incidenza; d. prevalenza periodale
16. La mortalità è il numero di morti in un anno rispetto alla popolazione media, mentre la
letalità è il numero di morti per una data malattia rispetto alla popolazione che presenta
tale malattia. Per esempio, in una popolazione di 100.000 individui in un anno ci posso
essere stati 500 casi di morti totali (mortalità=0,5%) e 100 casi di influenza, due dei quali
hanno portato alla morte del malato (letalità dell’influenza=2%).
17. La prevalenza è una fotografia statica della popolazione che indica la proporzione di
casi di malattia in un certo momento. L’incidenza è invece una misura dinamica (tasso)
che indica i nuovi casi di malattia rispetto alla popolazione a rischio in un periodo dato.
18. Le raccolte routinarie sono effettuate regolarmente con metodologia definita e
riproducibile (es. raccolta dei certificati di nascita), mentre quelle ad hoc sono finalizzate
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ad uno scopo preciso e condotte con metodologie specifiche (es. indagine sull’andamento
dell’influenza in Lombardia).
19. La prevalenza è direttamente proporzionale all’incidenza della malattia, mentre è
influenzata negativamente da letalità e guarigione. Nelle malattie inguaribili, il
miglioramento della terapia diminuisce la letalità e fa paradossalmente aumentare la
prevalenza. Nelle malattie guaribili, invece, un farmaco efficace aumenta la guarigione e
quindi riduce la prevalenza.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


20.
a. I grafici in figura sono piramidi dell’età; sono rappresentazioni caratterizzate da
un insieme di istogrammi che mettono in evidenza la struttura di una
popolazione distinguendola per sesso e per fasce d’età.
b. Se si confrontano le tre piramidi dell’età risulta evidente come la composizione
della popolazione italiana sia profondamente mutata dal 1950 ad oggi e quanto
ancora sarà destinata a cambiare secondo le previsioni statistiche.
La piramide dell’età degli anni ’50 rivela una popolazione prevalentemente
giovane, come indicato dal fatto che la piramide presenta una base molto ampia
e si stringe man mano che si avvicina verso l’apice; nel 2000 si osserva già una
significativa riduzione della base con aumento, invece, della parte superiore del
grafico, indice di un progressivo invecchiamento della popolazione. Il trend
suggerito dalla piramide dell’età ipotizzata per il 2050 mette in evidenza
un’ulteriore esasperazione di tale fenomeno; la base risulta molto stretta e la
piramide si allarga nella parte superiore (in corrispondenza delle fasce di età
superiori ai 70 anni).
21. Incidenza ↑ Durata malattia ↑ Letalità ↑ Guarigione

CAPITOLO 4

CONOSCENZE
1. A
2. B
3. C
4. D
5. B
6. D
7. D
8. C
9. A
10. C
11. D
12. A

4
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13. C
14. D
15. D
16. a. F; b. V; c. F; d. V

ABILITÀ
17. a. prospettici, omogeneo, sani, l’incidenza di una malattia, sani non esposti, rischio
relativo, maggiore di 1; b. malati, sani, doppio cieco, randomizzati (termini corretti)
18. 1(f); 2(c); 3(g); 4(n); 5(b); 6(d); 7(a)
19. a. RA; b. trial terapeutici; c. placebo; d. rischio relativo
20.
a. Valore al di sotto e al di sopra del quale cade la metà delle osservazioni
b. Valore che ricorre con maggiore frequenza in una serie di osservazioni
c. Distribuzione simmetrica dei valori dove media, moda e mediana coincidono
21. Per effettuare un campionamento valido è necessario arruolare un campione che sia
rappresentativo della popolazione di origine e sufficientemente numeroso. Si dovrà poi far
ricorso alla statistica per valutare con quale probabilità i dati raccolti nello studio si
discostano dal reale.
22. Le variabili qualitative sono caratteristiche rappresentate da categorie predefinite: se
possono essere disposte secondo un ordine si definiscono ordinali (es. grado di
soddisfazione), altrimenti sono dette nominali (es. età, sesso).
Le variabili quantitative presentano invece valori numerici, che possono essere continui in
un dato intervallo come per peso e altezza (variabili continue) o discreti come per il
numero di figli (variabili discrete).
23. Gli studi sperimentali valutano l’efficacia di interventi sanitari rispondendo alla
domanda: “Funziona?”. Gli studi preventivi sono condotti su persone sane e valutano la
capacità di un trattamento di prevenire l’insorgenza di una malattia. Gli studi terapeutici
sono invece condotti su soggetti malati per esaminare se un nuovo trattamento è in grado
di guarire la malattia, migliorarne i sintomi o prevenire ricadute.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


24.
a. Il grafico si riferisce a uno studio di epidemiologia descrittiva, in quanto descrive
un fenomeno (abitudine al fumo) e risponde alla domanda chi e quando.
b. Si, il grafico mette in evidenza due cose. Il consumo di tabacco è ancora
significativamente superiore nei maschi rispetto alle femmine; nonostante ciò,
l’andamento temporale mette in evidenza che tale consumo nelle femmine si è
mantenuto relativamente costante nel corso dei 15 anni analizzati nel grafico,
mentre nei maschi si è significativamente ridotto.
c. Nel 2004 è entrata in vigore la cosiddetta “legge antifumo”.
d. La legge 16 gennaio 2003 e poi la direttiva europea 40/2014/UE (vedi riferimento
bibliografico).
25. L’aumento dei casi di TBC si registra nel corso dei due conflitti mondiali; potrebbe
quindi essere correlato alle scarse condizioni nutrizionali ed igienico-sanitarie e alle
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difficoltà nel reperire i farmaci che hanno caratterizzato tali periodi. Invece nel 1947 viene
introdotta la vaccinazione.

CAPITOLO 5

CONOSCENZE
1. B
2. D
3. A
4. A
5. C
6. D
7. B
8. C
9. B
10. D
11. a. F; b. V; c. V; d. F

ABILITÀ
12. a. finalità preventiva, l’obiettivo educativo; b. fisico, comportamentale, demografico; c.
risorse, realizzabile
13. unidirezionale, dell’emittente, counseling, le campagne informative di stampa (termini
da barrare)
14. 1. (b); 2 (c); 3 (a); 4 (f)
15.
a. sistemi sociali in cui un soggetto è inserito e che caratterizzano la sua quotidianità.
b. insieme di leggi che garantiscono ai cittadini i servizi ritenuti indispensabili.
16. Per definire il target di un potenziale intervento di educazione alla salute è necessario
raccogliere dei dati che identifichino la popolazione a cui rivolgere il progetto; tali dati
riguardano le caratteristiche fisiche della popolazione (età , sesso, ecc.), gli stili di vita e le
scelte comportamentali dei soggetti che la compongono, le caratteristiche socio/culturali
come titolo di studio o religione e ed infine i dati demografici che descrivono la
popolazione in termini di occupazione lavorativa, reddito, situazione famigliare.
17. Per costruire la propria salute l’individuo attinge quotidianamente ad una serie di
risorse che sono individuali e collettive e che rappresentano il capitale da cui attingere per
fondare la propria salute. Nella teoria dei microsistemi, l’individuo interagisce in modo
dinamico con un insieme di sistemi con cui può o meno partecipare in modo attivo. Questi
sistemi sono caratterizzati dall’ambiente famigliare, scolastico e dall’insieme delle sue
amicizie (mesosistema), dai sistemi sanitari che lavorano per creare una ambiente di
riferimento per la costruzione della salute del singolo (esosistema) e dall’insieme delle
istituzioni sociali e governative che si adoperano a delineare un quadro d’insieme che
regolamenti le politiche volte alla promozione della salute della popolazione
(macrosistema).
Il soggetto, nel processo di costruzione della propria salute, partecipa in modo attivo solo
al primo dei tre sistemi.
18. La Dichiarazione di Shanghai afferma che la salute è un diritto universale e una risorsa
essenziale, e deve essere una priorità politica per tutti i Paesi del mondo. Conferma inoltre
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tutte le strategie sviluppate in seguito alla Carta di Ottawa e si conclude con una chiamata
all’azione per accelerare la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

CAPITOLO 6

CONOSCENZE
1. B
2. B
3. D
4. C
5. C
6. D
7. a. F; b. F; c. V

ABILITÀ
8. sani, l’incidenza, dei nuovi, dell’incidenza, ed eliminabile, dalla vaccinazione (termini
corretti)
9. screening, prevenzione primaria, soggetti apparentemente sani, prevenzione
secondaria
10.
a. Bacino di raccolta di tutti i casi di malattia in una popolazione.
b. Interventi rivolti alle persone sane al fine di ridurre la comparsa di nuovi casi di
malattia nella popolazione.
c. Interventi rivolti ai soggetti con malattia conclamata al fine di ridurre le complicanze
di una malattia e migliorare la qualità di vita dei malati.
d. Dispositivo che sottrae individui ammalati al totale della popolazione.
11. Gli interventi di prevenzione secondaria possono ridurre la prevalenza delle patologie
guaribili (diminuendo il numero di malati); nelle malattie non guaribili, invece, possono
diminuire la mortalità aumentando la vita media dei malati e quindi anche la prevalenza
della malattia.
12. L’eliminazione di una malattia indica l’assenza di nuovi casi, mentre per eradicare una
malattia deve esserne definitivamente rimossa la causa in modo che non si presenteranno
più casi.
13. La diagnosi precoce è un intervento di prevenzione secondaria che si rivolge a
soggetti in una fase clinicamente silente, grazie alla quale si può impedire la progressione
della malattia e, nel caso delle malattie guaribili, diminuirne la prevalenza (es. screening
diagnostici per i tumori).

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


14. Gli interventi di prevenzione primaria, come le attività di promozione di uno stile di vita
più sano (dieta ed esercizio fisico), possono determinare una chiusura della valvola
dell’incidenza e quindi un abbassamento del serbatoio della prevalenza per malattie
croniche come il diabete.

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Gli interventi di prevenzione secondaria, che per i diabetici includono una tempestiva
terapia con insulina, determinano la chiusura della valvola della letalità e l’aumento del
serbatoio della prevalenza nel caso di una malattia non guaribile come il diabete.

CAPITOLO 7

CONOSCENZE
1. D
2. B
3. C
4. D
5. a. V; b. V; c. V

ABILITÀ
6. l’incidenza, vaccinazione, mesotelioma, della vaccinazione contro l’HPV, informare il
paziente su (termini corretti)
7. a. genetico, non infettive, primaria; b. non infettive, 69 anni, 71%
8.
a. Esame ottico del colon effettuato con un tubo flessibile ed utilizzato insieme alla
ricerca del sangue occulto nelle feci nei test di screening per il tumore al colon-
retto.
b. Test di screening citologico in cui sono prelevate alcune cellule della cervice
uterina per rilevare eventuali lesioni pre-cancerose.
c. Procedimento informativo sulle caratteristiche e modalità di trasmissione delle
malattie genetiche fornito ai pazienti affetti da tali malattie e ai loro familiari.
d. Capacità del test di individuare correttamente i soggetti malati.
e. Strategia di supporto con il fine di mantenere la salute e la dinamicità degli
anziani.
9. Per la prevenzione secondaria del tumore della mammella è utilizzata la mammografia
e il programma di screening è rivolto a tutte le donne sane di età compresa fra i 50 e i 69
anni.
10. In uno screening ideale tutti i soggetti sani risultano negativi al test e tutti i malati sono
positivi. Nella realtà questo non succede mai: gli screening reali identificano sempre un
certo numero di soggetti positivi sani (falsi positivi) e negativi malati (falsi negativi).
11. Gli screening neonatali sono utilizzati per identificare nei primi giorni di vita, quindi
molto precocemente, disturbi gravi che in questo modo possono essere curati con ottimi
risultati. Per esempio, la fenilchetonuria causa ritardo mentale, ritardo nell’accrescimento e
morte precoce, ma se diagnosticata nei primi giorni di vita può essere tenuta sotto
controllo con una dieta povera di fenilalanina.
In Italia sono obbligatori gli screening per l’ipotiroidismo congenito, la fenilchetonuria e la
fibrosi cistica.

8
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Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
CAPITOLO 8

CONOSCENZE
1. C
2. D
3. B
4. D
5. B
6. A
7. D
8. D
9. A
10. B
11. a. V; b. V; c. F

ABILITÀ
12. a. prevenzione, insorgenza, controllo, ambiente; b. profilassi, prevenzione
13. 1(b); 2(a); 3(d); 4(c)
14. attiva, lentezza, resistenti, lunga, alla rapida amplificazione (termini da barrare)
15.
a. Tossina batterica inattivata con il calore o con sostanze chimiche, che viene
impiegata come vaccino.
b. Pratica che permette di ottenere una immediata protezione immunitaria verso uno
specifico microrganismo, mediante la somministrazione di anticorpi contro il
microrganismo stesso.
c. Somministrazione simultanea del vaccino e del siero contenente gli anticorpi contro
uno specifico microrganismo.
d. pratica antica che permetteva di immunizzare le persone contro il vaiolo
infettandole con il materiale estratto dalle pustole di persone infette
16. L’immunoprofilassi attiva consiste nella somministrazione di vaccini e nella
stimolazione di una risposta immunitaria nel soggetto; l’immunoprofilassi passiva consiste
nella somministrazione di sieri contenenti gli anticorpi contro un determinato
microrganismo. Si impiega l’immunoprofilassi attiva per garantire una copertura
immunitaria verso i microrganismi patogeni.
17. Il vaccino anti-epatite B (HBV) viene prodotto mediante purificazione di una proteina
virale a partire dal microrganismo ucciso. In Italia il vaccino è obbligatorio dal 2001 e
prevede la somministrazione di 3 dosi entro il primo anno di vita.
18. I vaccini formati da microrganismi vivi sono prodotti utilizzando microrganismi che
vengono resi innocui mediante l’impiego di specifiche sostanze chimiche; nel caso dei
vaccini con microrganismi uccisi, l’agente patogeno viene ucciso in quanto non è possibile
ottenerne l’attenuazione del potere patogeno. Nel secondo caso sono necessari dei
richiami in quanto il potere immunogeno è inferiore al primo tipo di vaccini.
Un esempio di vaccino ottenuto con microrganismi vivi ed attenuati è il vaccino di Sabin

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anti-polio; un esempio di vaccino contenente microrganismi uccisi è il vaccino anti-epatite
A.
19. L’interruzione delle vie di trasmissione delle malattie infettive si può ottenere con la
riduzione/eliminazione della carica microbica nell’ambiente (disinfezione, sterilizzazione e
disinfestazione), la bonifica dell’ambiente tramite misure igienico-sanitarie, l’educazione
sanitaria della popolazione fornendo informazioni su come la malattia si trasmette e come
si può evitare l’infezione.
20. Le vaccinazioni inducono l’immunità attiva nei confronti di determinati agenti patogeni
e hanno l’obiettivo di proteggere l’individuo e la popolazione dalle malattie infettive
21. I vaccini possono essere costituiti da virus/batteri vivi attenuati, virus/batteri uccisi,
anotossine, antigeni purificati o ottenuti mediante tecniche di manipolazione genetica
(vaccini di nuova generazione).

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


22.
a. Il grafico mette in evidenza una serie di picchi corrispondenti ai vari episodi
epidemici in cui il numero dei casi di pertosse è significativamente alto.
b. La pertosse è una malattia batterica causata dal bacillo Bordetella pertussis; è una
malattia infettiva caratteristica dell’infanzia. Essendo l’uomo l’unico serbatoio noto
del batterio, la trasmissione della malattia avviene solo fra esseri umani. La malattia
consiste in una affezione delle vie respiratorie che si manifesta con tosse
persistente e difficoltà respiratorie.
c. In seguito all’introduzione della vaccinazione antipertussica, nel 1950, il numero dei
casi di pertosse, che già stavano evidentemente diminuendo, raggiungono un
plateau. Inoltre, non si sono più presentati picchi di malattia dovuti a episodi
epidemici.
d. Il vaccino antipertosse è disponibile, in commercio, soltanto in formulazioni vaccinali
che comprendono altri vaccini (es: anti difterite, anti tetano, anti poliomielite ecc.).
Attualmente, il vaccino contro la pertosse è soggetto all'obbligo vaccinale sancito
nell'estate del 2017 e prevede un ciclo di base di 3 dosi nel primo anno di vita ed un
richiamo a 6 anni.
L'attuale vaccino anti pertosse (acellulare) contiene, in veste di ingredienti deputati
a creare l'immunizzazione, tre antigeni di Bordetella pertussis in forma purificata.
23. Il morbillo è una malattia infettiva causata da un virus del genere morbillivirus (famiglia
dei Paramixovidae). È una malattia molto contagiosa che colpisce spesso i bambini tra 1 e
3 anni, per cui viene detta infantile, come la rosolia, la varicella, la pertosse e la parotite.
Si trasmette solo nell’uomo. I malati vengono isolati nel periodo di contagio.
Nel grafico è evidente un picco che rivela un aumento significativo del numero dei casi di
malattia nel mese di maggio 2011. Tale picco potrebbe dipendere da una significativa
riduzione delle vaccinazioni. La vaccinazione è una strategia di prevenzione primaria di
fondamentale importanza nel caso delle malattie infettive in quanto permette di proteggere
l’individuo nei confronti di microrganismi patogeni responsabili di malattie anche molto
pericolose. La copertura vaccinale non garantisce la salute solo al singolo ma all’intera
comunità, soprattutto nel caso di malattie in cui l’uomo rappresenti l’unico serbatoio di

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infezione. Questo fenomeno è detta immunità di gregge e permette di proteggere l’intera
collettività nei confronti di malattie infettive e di raggiungere perfino la completa
eradicazione delle stesse, come si è verificato nel caso del vaiolo.

CAPITOLO 9

CONOSCENZE
1. D
2. D
3. A
4. B
5. B
6. B
7. B
8. B
9. C
10. D
11. C
12. D
13. B
14. A
15. a. F; b. V; c. V

ABILITÀ
16. a. polisaccaridica, liberate, autolisi, immunitaria, tossiche; b. microrganismi, patogeni,
eziologici, tumori; c. nuclei, polisaccaridi
17.
a. È un microrganismo che in genere non causa patologia nell’ospite ma che può
determinare l’insorgenza di una malattia nel caso in cui le difese dell’ospite
vengano compromesse.
b. È una malattia che viene trasmessa attraverso il sangue, attraverso strumenti
contaminati (siringhe o strumenti chirurgici); un esempio di malattia a trasmissione
parenterale è l’AIDS causato dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV).
c. È un animale in grado di trasmettere un agente infettivo ad un ospite; un esempio di
vettore è la zanzara Anopheles che trasmette all’uomo il plasmodio della malaria
d. Sono un insieme di malattie che vengono trasmesse mediante rapporti sessuali non
protetti. La sigla MTS è infatti l’acronimo di Malattia a Trasmissione Sessuale. Un
esempio di malattia a trasmissione sessuale è l’AIDS.
18. 1(b); 2(a); 3(d); 4(c); 5(g); 6(e); 7(f)
19. a. opportunisti, simbionti, parassiti; b. persistente, citoplasma (termini da barrare)
20. La trasmissione diretta di malattia causata da un agente patogeno si verifica mediante
il contatto diretto tra sorgente e soggetto suscettibile ed è tipica di microrganismi labili che
non resistono a lungo nell’ambiente; la trasmissione diretta si può realizzare mediante

11
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Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
rapporti sessuali o contatto di fluidi corporei come il sangue (nel caso del virus HIV
responsabile dell’AIDS), mediante contatto con goccioline di saliva prodotte durante
fonazione, tosse o starnuti (virus dell’influenza).
21. I protozoi si dividono in ciliati, flagellati, amebe e sporozoi. L’unico ciliato patogeno per
l’uomo è Balanditium coli che causa ulcera del colon e diarrea. Fra i flagellati i patogeni
per l’uomo sono Giardia lamblia (infezione enterica), Leishmania (leishmaniosi),
Tripanosoma (malattia del sonno) e Trichomonas vaginalis (infezione genito-urinaria). Le
amebe sono in genere protozoi liberi o parassiti dell’intestino dei vertebrati. Gli sporozoi
sono caratterizzati dalla produzione di spore e includono Plasmodium (malaria) e
Toxoplasma gondii (toxoplasmosi).

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


22. I grafici mettono in evidenza le principali cause di morte nel 2016 nei paesi ad alto e
basso reddito. le malattie infettive dell’albero respiratorio e dell’apparato gastro-intestinale
rappresentano le principali cause di morte nei paesi a basso reddito; al contrario, nei paesi
“ricchi” le principali cause di morte sono rappresentate da patologie croniche dell’apparato
cardio-circolatorio e dai tumori. La differenza principale risiede nel fatto che i principali
fattori di rischio per le patologie nei paesi ad alto reddito sono rappresentati dall’eccessivo
consumo di cibo e di alcol e dall’esposizione ad agenti cancerogeni come il fumo; in questi
paesi, grazie alle campagne di prevenzione primaria (educazione alla salute e
vaccinazioni) le malattie infettive rappresentano un problema secondario, anche se non
ancora completamente eliminato. Al contrario, nei paesi a basso reddito, la prevalenza
delle malattie infettive dipende dalle scarse condizioni igienico/sanitarie e dalle inefficienti
campagne di prevenzione vaccinale che dipendono dalla ridotta disponibilità di risorse
finanziarie a supporto di tali iniziative.
23.
Microrganismo Cenni clinici della malattia causata dal microrganismo
(batteri, virus,
protozoi, miceti)
Treponema Batterio Stadio primario: un’ulcera (sifiloma) che può comparire sui genitali,
pallidum sull’ano, in bocca o in gola, e che si presenta come una lesione
nodulare, rotondeggiante, dura al tatto, indolente, di colore rosso scuro.
Stadio secondario: comparsa sulla pelle di macchie rosate di varia
forma, chiamate “roseola sifilitica”, che interessano prima il tronco e
successivamente gli arti, risparmiando il volto. Tipiche sono le
localizzazioni palmo-plantari.
Se la malattia non viene trattata, dopo anni possono manifestarsi gravi
segni clinici a carico dei sistemi cardiovascolare e nervoso.
Herpes Virus Causa infezioni a livello genitale con caratteristiche vesciche a livello
Simplex 2 della mucosa; in alcuni casi può causare tumore della cervice uterina.
Candida Lievito Manifesta sintomi solo in persone debilitate (stress, farmaci ecc.),
albicans (miceti) caratterizzati dalle tipiche striature biancastre, pruriginose a livello della
bocca (il cosiddetto mughetto), della vagina (candidosi vaginale), del
glande (molto raramente) o dell’apparato intestinale.
Trichomonas Protozoo Nella donna si manifesta con una infiammazione pruriginosa a livello
vaginalis della vagina, accompagnata da una secrezione giallastra maleodorante
e dolore durante la minzione ed i rapporti sessuali. Nell’uomo è meno
comune e interessa l’uretra e la prostata, in forma asintomatica o con
modico dolore a livello del pene accentuato durante la minzione.
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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
CAPITOLO 10

CONOSCENZE
1. D
2. A
3. D
4. A
5. A
6. C
7. D
8. B
9. A
10. D
11. A
12. C
13. B
14. D
15. C
16. A
17. C
18. C
19. A
20. C
21. B
22. A
23. B
24. D
25. a. V; b. F; c. F; d. V; e. V; f. F; g. V; h. F

ABILITÀ
26. a. tifoidee, serbatoio, enteriche, malato; b. febbre, mortalità, incidenza, infezione; c.
infezione, ingestione, contatto; d. reti di sorveglianza, denuncia; e. norovirus, RNA,
gastroenteriti acute
27. 1(c); 2(a); 3(d); 4(b)
28. 1(e); 2(g); 3(f); 4(h)
29. a. consigliati, notifica, portatore sano, interruzione, giorni, attiva; b. negativo,
termostabile, infestazione; c. dello stomaco, nausea, aria
30.

a. Un tipo di MTA che insorge a causa dell’ingestione di un alimento contenente


un’esotossina proteica prodotta dal microrganismo nell’alimento che è responsabile
del danno patogenetico.

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
b. ll botulismo è una delle più̀ note e temute malattie a trasmissione alimentare
causata da una potentissima neurotossina prodotta dal batterio Gram-positivo
Clostridium botulinum anaerobio e sporigeno. Per quanto riguarda il botulismo
alimentare gli alimenti maggiormente coinvolti sono le conserve di frutta e verdura
preparate in casa, gli insaccati e, più̀ raramente, conserve di carne o di pesce e cibi
in scatola preparati. Nei lattanti l’alimento responsabile può̀ essere il miele
c. È una malattia sistemica provocata dai batteri Gram-negativi del sierotipo Typhi di
Salmonella enterica. I sintomi sono rappresentati da febbre alta, prostrazione e
dolore addominale.
d. È un ceppo di E. coli, detti enterotossigeni (ETEC), che aderisce alla mucosa
dell’intestino tenue, dove produce due enterotossine che provocano diarrea
acquosa. I ceppi ETEC sono diffusi ovunque, soprattutto nei Paesi in via di
sviluppo, dove sono endemici. La trasmissione si verifica attraverso l’ingestione di
acqua e di cibo contaminati; sono un’importante causa di “diarrea del viaggiatore”.
e. È una parassitosi causata dal protozoo flagellato Giardia lamblia, che si localizza a
livello della porzione superiore dell’intestino tenue. La malattia presenta una tipica
trasmissione fecale-orale (tramite acqua e alimenti, ma anche per contatto diretto).
Spesso è asintomatica, in altri casi dà diarrea, dolori addominali e febbricola.

31. Le gastroenteriti batteriche e virali si manifestano con episodi di diarrea consistente


che possono portare a disidratazione il soggetto malato. Per ridurre i casi di tali malattie si
può agire su due livelli, sull’ambiente e sulla popolazione.
Nel primo caso si può limitare la diffusione dell’agente patogeno mediante bonifica
dell’ambiente (potabilizzazione delle acque, miglioramento delle condizioni
igienico/sanitarie degli ambienti, controllo microbiologico degli alimenti e degli ambienti in
cui vengono prodotti, controllo degli scarichi di industrie di allevamento). Nel secondo caso
si può agire sul singolo e sulla popolazione mediante campagne informative che
sensibilizzino le persone in merito alle corrette prassi igienico/sanitarie e all’importanza
della vaccinazione.
32. Il serbatoio o la sorgente di trasmissione fecale-orale delle malattie infettive può
essere rappresentata dall’uomo o da un animale. Nel primo caso, il soggetto malato o
portatore può diffondere il microrganismo contaminando l’ambiente, in seguito a contatto
con superfici comuni o a manipolazione di alimenti che non subiranno cottura o a
contaminazione dell’ambienti con le feci in cui sono presenti ancora gli agenti microbici
attivi. In quest’ultimo caso, ulteriore mezzo di contaminazione può essere rappresentato
dalle mosche che fungono da vettori meccanici e trasportano il microrganismo sui cibi,
contaminandoli.
Nel caso in cui il serbatoio sia un animale malato o portatore, la trasmissione all’uomo
avviene in seguito alla contaminazione del suolo, dell’acqua e dei prodotti agricoli con le
feci in cui sono presenti i microrganismi ancora attivi.
33. L’HAV è un virus a RNA che penetra nell’organismo per via orale. Raggiunto
l’intestino, supera la mucosa intestinale e attraverso il sangue raggiunge il suo organo
bersaglio, il fegato, dove provoca necrosi degli epatociti. Dal fegato il virus si può

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
diffondere per via ematica a tutto l’organismo. L’HAV è eliminato con la bile e di seguito le
feci.
34. Le epidemie di epatite A sono rare perché molti adulti sono già immuni alla malattia,
essendo venuti a contatto con il virus durante l’infanzia, periodo in cui la malattia è spesso
asintomatica.
35. Il colera può essere contratto per via orale, attraverso cibo o acqua contaminati in
zone in cui le condizioni igienico-sanitarie sono scarse, e si diffonde poi nell’ambiente per
via fecale. Sono avvenute diverse epidemie di colera negli ultimi anni in Africa e in Asia e,
secondo l’OMS, si verificano fino a 4 milioni di casi all’anno. In Italia l’ultima importante
epidemia è avvenuta nel 1973 in Campania e Puglia.
36. Si può avere contaminazione esogena di un alimento nelle varie fasi della
preparazione per:
– manipolazione con le mani sporche da parte di:

• “portatori”, cioè̀ soggetti non malati che ospitano il microrganismo nelle vie aeree o
nell’in- testino e li eliminano attraverso le secrezioni o le feci;
• persone con infezioni delle vie aeree, dell’intesti- no, con ferite alle mani, con
infezioni cutanee;
• persone con scarso livello di igiene;

– ingestione di acqua contaminata;


– contatto dell’alimento con superfici di lavoro, utensili, contenitori non puliti;
– utilizzo di ingredienti contaminati;
– contatto dell’alimento con altri cibi contaminati;
– esposizione dell’alimento a insetti, roditori o altri animali.
37. L’intossicazione stafilococcica è caratterizzata da una sintomatologia gastroenterica
acuta che insorge in seguito al consumo di alimenti contaminati dalle enterotossine
prodotte da Staphylococcus aureus.
38. I cibi maggiormente implicati nell’intossicazione sono quelli sottoposti a successive
manipolazioni (in quanto sono più̀ possibili le contaminazioni), quelli ad alto con- tenuto
proteico, bassa acidità̀ e sottoposti a refrigerazione impropria dopo la cattura, quali carni
poco cotte e consumate fredde, prodotti a base di carne, latte, panna e formaggi non
pastorizzati, derivati di uova manipolati a lungo. La contaminazione dei cibi può̀ avvenire
prima o dopo la cottura.
39. Le forme non tifoidee della salmonellosi sono responsabili di forme a prevalente
manifestazione gastroenterica. I microrganismi non superano la parete intestinale e, di
conseguenza, non si avrà̀ disseminazione batterica. Per questo, la maggior parte di tali
infezioni causa gastroenteriti a rapida risoluzione. I principali serbatoi dell’infezione sono
rappresentati dagli animali e i loro derivati (come carne, uova e latte consumati crudi o non
pastorizzati) e l’ambiente (acque non potabili) rappresentano i veicoli di infezione.
40. In base ai meccanismi patogenetici classifichiamo i ceppi di E. coli in cinque classi:

• ETEC: aderiscono alla mucosa dell’intestino tenue, dove producono due


enterotossine che provocano diarrea acquosa. La trasmissione si verifica attraverso
l’ingestione di acqua e di cibo contaminati; sono un’importante causa di “diarrea del
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Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
viaggiatore”. I sintomi compaiono dopo 3-72 ore dall’ingestione e consistono in
dolori addominali, diarrea, cefalea; di norma non compare febbre.
• EIEC: determinano dissenteria, dopo 1-3 giorni, per invasione e distruzione delle
cellule della mucosa del colon con formazione di ulcere, diarrea, vomito e febbre.
• EPEC: non producono enterotossine né hanno potere invasivo. La loro patogenicità̀
è dovuta a un particolare fattore di adesività̀ localizzata, che determina l’alterazione
dei microvilli delle cellule della mucosa intestinale. La sintomatologia compare dopo
1-4 giorni ed è caratterizzata da diarrea cronica con feci acquose e a volte febbre e
vomito. Si manifesta solamente nei bambini sotto i due anni di età̀, soprattutto
all’interno di comunità̀ (diarrea endemica infantile). La letalità̀ è piuttosto elevata.
• EAEC: rappresentano la principale causa di diarrea persistente (dura più̀ di 14
giorni) infantile nei Paesi in via di sviluppo con una letalità̀ elevata. Questi ceppi
aderiscono alla mucosa intestinale, dove producono tossine responsabili di diarrea
e infiammazione intestinale.
• VTEC: producono verocitotossina causando diarrea emorragica e sindrome
emolitica-uremica (SEU) specialmente nei bambini. La SEU è caratterizzata dalla
comparsa di tre sintomi tipici: anemia emolitica, trombocitopenia e insufficienza
renale, a causa dei quali molto spesso è necessario ricorrere alla dialisi. È
considerata una zoonosi, poiché́ il tratto gastro-intestinale dei ruminanti, in
particolare dei bovini e bufalini, costituisce il serbatoio naturale di questi batteri. La
trasmissione avviene prevalentemente per via alimentare, attraverso l’ingestione di
prodotti di origine animale o vegetale contaminati. Il sierogruppo più conosciuto e
diffuso è E.coli O157.
41. La cisticercosi umana è una parassitosi causata dalla forma larvale di
un Platelminta Cestode del genere Taenia; è una malattia grave, soprattutto quando
colpisce l’occhio e il SNC, e può̀ portare a morte.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato

42. Concentrandoci sulle epidemie avvenute a partire dal secolo scorso; una grande
epidemia si è avuta in Egitto nel 1947, e una pandemia si è verificata intorno al 1970. Nel
1973 in Italia, dove il colera aveva fatto la sua prima comparsa nei primi decenni del 19°
secolo, si sono registrati 277 casi, con 24 decessi.
Casi di colera sono stati registrati durante il 2004 in 56 paesi appartenenti a tutti i
continenti: i casi ufficiali riportati al WHO (World Health Organization) sono stati 101.373,
di cui 95.560 (circa il 94%) da paesi africani, con un tasso di mortalità globale del 2,3%
(2.345 casi). Nel corso del 2005 e nei primi mesi del 2006 epidemie di colera sono state
riportate da 52 paesi. Le più estese epidemie si sono verificate in paesi africani: nel
Senegal (31.719 casi con 458 decessi), in Guinea-Bissau (25.111 casi con 399 decessi),
in Repubblica Democratica del Congo (13430 casi con 244 decessi), in Uganda (4924 casi
con 98 decessi), in Nigeria (4477 casi con 174 decessi). Il tasso di mortalità globale in
Africa è stato dell’1,78%, ma un tasso estremamente più alto si è osservato in un’epidemia
verificatesi in Chad, con 14 decessi su 90 casi (15,56%). In Asia sono stati rilevati 6.824
casi e 40 decessi, con 19 episodi epidemici in 9 differenti paesi: i più estesi sono avvenuti

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Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
in India con 3155 casi e 6 decessi, in Indonesia con 1.338 casi e 19 decessi e in Iran con
1.133 casi e 11 decessi. Il tasso di mortalità relativo al continente asiatico appare
significativamente più basso rispetto a quello riscontrato in Africa (0.62%). In Europa si
sono verificati 10 casi, tutti di importazione (4 in Olanda, 2 in Belgio ed 1 rispettivamente in
Austria, Finlandia, Norvegia, Polonia). Dalle Americhe sono stati notificati 24 casi (5 in
Brasile, 7 in Canada, tutti di importazione, 12 negli Stati Uniti, di cui 7 di importazione e 4
correlati all’uragano Latrina). I casi registrati in Oceania sono stati 3.

Nel 2017 lo Yemen ha registrato la peggiore crisi di colera della storia moderna, con oltre
un milione di casi in soli otto mesi. Un’ulteriore epidemia si è verificata a due anni di
distanza con circa 110 000 casi, quasi un terzo di età̀ inferiore ai 5 anni.
In Italia l’ultima importante epidemia di colera risale al 1973 in Campania e Puglia. Nel
1994 si verificò a Bari un’epidemia di limitate proporzioni, in cui vennero segnalati meno di
10 casi. Da allora, l’unico episodio descritto risale al 2008: si trattò di un caso di
importazione, cioè̀ la persona aveva contratto l’infezione in un altro Paese (Egitto) e,
successivamente, era tornata in Italia.
43.
Microrganismo Caratteristiche Tempo di Sorgente Modalità di Segni clinici
generali incubazio di trasmissione
ne infezione
Salmonella Bacillo Gram 12-72 ore Uomo DIRETTA: Diarrea
enteritidis negativo Animali contatto Vomito
appartenente alla interumano Crampi
famiglia delle INDIRETTA: da Febbre
Enterobacteriaceae acqua e alimenti
contaminati o
mediante vettori
Escherichia coli Bacillo Gram 24-48 ore Uomo DIRETTA: Diarrea
negativo Animali contatto (sanguinolenta
appartenente alla interumano e non)
famiglia delle INDIRETTA: da Vomito
Enterobacteriaceae acqua e alimenti Crampi
contaminati o Febbre
mediante vettori
Giardia Protozoo flagellato 12-19 Animali Contaminazione Diarrea e
intestinalis giorni dell’ambiente disidratazione
con le feci di
animali infetti
Costridium Bacillo Gram 24-48 ore Uomo Contaminazione Diarrea e
difficile positivo sporigeno dell’ambiente vomito e nei
con le spore casi più gravi
colite pseudo
membranosa

44.
a. Lo Staphylococcus aureus che causa l’intossicazione stafilococcica produce nove
tipi di tossine diverse termostabili. La quantità di tossina necessaria a provocare
sintomi è estremamente bassa e questi si manifestano dopo l’ingestione del cibo
contaminato, generalmente entro 2-6 ore, e sono rappresentati da nausea, cefalea,

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Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
forti de frequenti dolori addominali e diarrea. Rari sono gli eventi fatali (soprattutto in
anziani e neonati) e l’unica terapia da adottare è la reidratazione del soggetto.
Le tossinfezioni da Clostridium perfrigens (bacillo Gram-positivo, anaerobio,
sporigeno) e da Bacillus cereus (microrganismo sporigeno, aerobio-anaerobio
facoltativo, Gram-positivo, ubiquitario nell’ambiente) possono produrre
enterotossine sia negli alimenti conservati sia nel tubo digerente per gemmazione
delle spore residue. Le tossine di C. prefringens sono termolabili; per quanto
riguarda B. cereus sono state descritte anche tossine emetiche. I sintomi sono
simili, compaiono dopo 8-24 ore dal consumo dell’alimento contaminato e sono la
diarrea acquosa e il vomito.
Tra i ceppi di E. coli ricordiamo:
- E. coli enterotossigeni (ETEC) che aderiscono alla mucosa dell’intestino tenue,
dove producono due enterotossine che provocano diarrea acquosa. La
trasmissione si verifica attraverso l’ingestione di acqua e di cibo contaminati; sono
un’importante causa di “diarrea del viaggiatore”. I sintomi compaiono dopo 3-72 ore
dall’ingestione e consistono in dolori addominali, diarrea, cefalea; di norma non
compare febbre.
- E. coli enteroaderenti (EAEC) che aderiscono alla mucosa intestinale, dove
producono tossine responsabili di diarrea e infiammazione intestinale.
- E.coli enteroemorragici (VTEC) che producono verocitotossina causando diarrea
emorragica e sindrome emolitica-uremica (SEU) specialmente nei bambini. La SEU
è caratterizzata dalla comparsa di tre sintomi tipici: anemia emolitica,
trombocitopenia e insufficienza renale, a causa dei quali molto spesso è necessario
ricorrere alla dialisi. È considerata una zoonosi, poiché́ il tratto gastro-intestinale dei
ruminanti, in particolare dei bovini e bufalini, costituisce il serbatoio naturale di
questi batteri. La trasmissione avviene prevalentemente per via alimentare,
attraverso l’ingestione di prodotti di origine animale o vegetale contaminati.
b. Le malattie diarroiche uccidono ogni anno circa 500 000 bambini sotto i 5 anni e
costituiscono una delle principali cause di mortalità infantile nel mondo in via di
sviluppo. I bambini che sopravvivono vanno spesso incontro a ripetute infezioni
intestinali nei primi anni della loro vita, con notevoli ripercussioni sulla loro salute
anche in età adulta. Esiste infatti un’evidente associazione tra ripetute infezioni
intestinali e disfunzione intestinale, che può portare a uno scarso assorbimento dei
nutrienti, a una risposta immunitaria più debole, a una crescita stentata e a uno
sviluppo cognitivo alterato. I tassi più elevati si osservano nei bambini che vivono in
aree urbane densamente popolate e povere, con infrastrutture idriche e igieniche
inadeguate.
c. Parlando di prevenzione, l’approccio prescelto per la lotta al colera è, come per
tutte le malattie a trasmissione fecale-orale, multisettoriale. Gli interventi più
importanti riguardano la depurazione dell’acqua e il funzionamento del sistema
fognario, al fine di impedire la contaminazione delle acque potabili con materiale
fecale. Anche l’educazione al rispetto di accorgimenti igienici durante la
preparazione o l’assunzione del cibo può contribuire a ridurne la diffusione.

18
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
Sono poi obbligatori la notifica della malattia e l’isolamento ospedaliero. Sono infine
disponibili vaccini orali (costituiti da vibrioni uccisi o inattivati) raccomandati
soprattutto ai viaggiatori che si recano in zone a rischio.
In seguito ai due episodi di epidemia di colera avvenuti nel 2017 e nel 2019 nello
Yemen, gruppi di lavoro coordinati dall’OMS, dall’ONU e dall’UNICEF si sono
impegnati per rispondere e contrastare la diffusione della malattia. In particolare è
stata implementata l’attività di clorazione per disinfettare l’acqua e sono stati
distribuiti carburante e pezzi di ricambio per continuare a fornire le reti di
approvvigionamento idrico e dei servizi igienico- sanitari. Una campagna di
vaccinazione orale per il colera ha raggiunto oltre 400 000 persone in diversi
distretti. Inoltre, molti operatori hanno raggiunto 600 000 persone casa per casa per
fornire alle famiglie informazioni sulle pratiche igieniche e migliorare la
segnalazione dei sintomi e la ricerca di cure.
45.

a. Si tratta di uno studio analitico che serve, cioè, a quantificare la relazione tra
esposizione (alimento) e malattia. In questo caso in particolare lo studio è “di
coorte” in quanto è coinvolta una popolazione piccola e ben definita in cui sono
identificabili tutti i soggetti esposti e non esposti. È possibile identificare tutti i
partecipanti al banchetto e conoscere di ciascuno lo stato di salute o di malattia e i
vari cibi consumati tra quelli serviti al ricevimento.
b. Il rischio relativo per il gelato alla crema risulta pari a 95/0=95 mentre il rischio
relativo per il pesce crudo è pari a 75/13=5,7. Essendo il rischio relativo riferito al
gelato alla crema molto maggiore rispetto a quello del pesce crudo, possiamo
dedurre che il primo sia il cibo contaminato.
c. Tassi di attacco per: Esposti (hanno consumato gelato alla crema) = 95%

Tassi di attacco per: Non esposti (non hanno consumato gelato alla crema) = 0%

Tassi di attacco per: Esposti (hanno consumato pesce crudo) = 75%

Tassi di attacco per: Non esposti (non hanno consumato pesce crudo) = 13%

CAPITOLO 11

CONOSCENZE
1. C
2. B
3. D
4. B
5. D
6. A
7. A
19
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8. a. V, b. F, c. V, d. V, e. V, f. F

ABILITÀ

9. a. infezioni, morbosità, prevalenza, notifica; b. diretta, mucosa, infiammatorio,


necrotizzante, 3-5, sane; c. virus, proteine, barriera immunitaria, infezioni; d. situazione,
incidenza, rischio, farmaco-resistenti
10. 1(c); 2(a), 3(d), 4(b)
11. degli arti, diarrea, mesi, cronica, feci (termini da barrare)
12.
a. Sigla che si riferisce alla tubercolosi causata da Micobatteri resistenti ad almeno
due antibiotici di prima linea (multidrug resistant-TB).
b. Macchie biancastre che si manifestano sulla lingua e nella mucosa orale e che si
presentano abbastanza precocemente in seguito ad infezione da virus del morbillo
c. Test che permette di stabilire se un soggetto sia venuto a contatto con il
micobatterio della TB; consiste nella somministrazione intradermica di tubercolina: il
test è positivo se, nell’arco di 48-72, si manifesta un rigonfiamento associato ad un
indurimento nella zona in cui è stata effettuata l’iniezione.
d. Infiammazione delle meningi causata da una infezione virale; generalmente non si
presenta in forma grave e si risolve entro 7-10 giorni; non è caratterizzata dalla
diffusione dei microrganismi nel sangue.
13. La comparsa di virus caratterizzati da un nuovo assetto antigenico di superficie e
quindi in grado di eludere la risposta immunitaria causando fenomeni epidemici si può
realizzare in due modi: in seguito alla mutazione dei geni che producono gli antigeni H e N
(antigenic drift), che si realizza sia nei virus influenzali di tipo A che in quelli di tipo B, o in
seguito all’emergenza da un ospite animale (polli o suini) di una variante virale in grado di
infettare l’uomo e caratterizzata da antigeni differenti da quelli esposti sulla superficie nei
virus influenzali che di norma infettano l’uomo (antigenic shift).
14. La sorveglianza dell’influenza è stata fondata dall’OMS nel 1950 ed opera in tutto il
mondo in laboratori specializzati nazionali e regionali. I laboratori raccolgono campioni di
virus influenzali, generalmente nel periodo dell’anno che precede il manifestarsi di
un’ondata epidemica, e li analizzano. L’obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare i
virus e di studiarne le varianti antigeniche in modo da poter preparare i vaccini più idonei a
contrastare una potenziale epidemia o pandemia di sindromi influenzali.
15. Data la via d’ingresso del virus, il morbillo si presenta inizialmente con manifestazioni a
carico dell’apparato respiratorio, tra cui tosse e raffreddore, accompagnati da febbre
elevata. Seguono la comparsa di problemi agli occhi (congiuntivite) e di caratteristiche
macchie biancastre sulla mucosa orale. Compaiono quindi macchie rosse diffuse in tutto il
corpo, che rappresentano l’esantema tipico della malattia. Possono manifestarsi anche
complicanze più gravi a carico della congiuntiva dell’occhio, del cervello e dei polmoni che
possono addirittura portare a morte il paziente.
16. Un soggetto con TB primaria sviluppa una estesa infiammazione a carico del polmone
con formazione di lesioni del parenchima caratterizzate da un essudato necrotico, dette
complesso primario. A causa della depressione del sistema immunitario, il complesso
primario è destinato ad evolvere in una forma clinicamente più grave in cui si verifica la

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Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
distruzione di parte del parenchima polmonare con formazione di cavitazioni che
compromettono la fisiologia dell’organo.
17. Gli pneumococchi sono responsabili di patologie infiammatorie del parenchima
polmonare (polmoniti) anche di grave entità; negli anni ’90 si introdusse un vaccino che
conteneva gli antigeni di 7 sierotipi di Pneumococco. Si osservò un aumento dei casi di
polmoniti pneumococciche causate da altri sierotipi del microrganismo, contro i quali il
vaccino non prevedeva copertura e che spesso manifestavano anche antibiotico-
resistenza. Pertanto, oggi in Italia viene impiegato un vaccino che contiene gli antigeni di
13 sierotipi e che garantisce una allargata copertura immunitaria.
18. Il virus influenzale entra nell’organismo per via aerea diretta e si stabilisce nel tratto
respiratorio dove provoca infiammazione delle mucose; il virus è eliminato per via aerea
dal momento del contagio fino a 3-5 giorni dopo i primi sintomi. In genere, l’infezione è
autolimitante e la malattia si risolve in una settimana, ma in soggetti debilitati o anziani ci
possono essere complicanze come la polmonite che possono portare a morte.
19. La latenza metabolica per un batterio si verifica quando le condizioni ambientali
sfavorevoli non permettono la sua crescita e riproduzione e il microorganismo rimane
quindi in uno stato di “letargo”. Per esempio, dopo che il micobatterio della TB è entrato
nelle vie respiratorie, se il sistema immunitario riesce a controllare l’infezione, si ha la
calcificazione del complesso primario formatosi nelle prime fasi, al cui interno i bacilli
restano appunto in uno stato di latenza metabolica. In condizioni di compromissione del
sistema immunitario, i batteri sopravvissuti nel complesso primario si possono riattivare
dando origine alla cosiddetta tubercolosi post-primaria.
20. L’unica sorgente della meningite da meningococco è l’uomo malato (o il portatore
sano). Mentre la suscettibilità all’infezione è elevata, le forme gravi sono molto meno
frequenti. La malattia è diffusa in tutto il mondo e colpisce soprattutto i bambini sotto i 5
anni e i giovani. La figura 20 mostra la cosiddetta “fascia delle meningite”, un’area
dell’Africa subsahariana dal Senegal all’Etiopia in cui l’incidenza della meningite è molto
elevata. In Italia l’incidenza è minore rispetto al resto dell’Europa (200-300 casi all’anno).

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


21. Il grafico mette in evidenza l’andamento dell’incidenza delle sindromi influenzali in
Italia. Le diverse curve si riferiscono a differenti classi di età. Osservando le curve si nota
che la classe di età più colpita è quella dei bambini di età inferiore ai 4 anni; questo
potrebbe dipendere dal fatto che il bambino a quell’età ha un sistema immunitario ancora
immaturo e quindi più “debole” rispetto a quello dell’adulto. Inoltre, il bambino frequenta
ambienti ad elevata densità di persone, come l’asilo, in cui i virus a trasmissione aerea,
come quello influenzale, si trasmettono molto facilmente da un bambino all’altro.
Il numero maggiore di casi si registra a cavallo tra dicembre 2017 e gennaio 2018, a
conferma del fatto che le sindromi influenzali si manifestano in forma di epidemie (o
pandemie) prevalentemente nei mesi invernali.

21
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22.
Patologia Agente Segni clinici Vaccinazione
eziologico
Influenza Orthomixovirus Sintomi generali tra cui • vaccini split (frammenti di
febbre elevata, brividi, virus inattivato)
dolori ossei e • vaccini a subunità
muscolari, tosse (glicoproteine HA e NA
purificate
• vaccini influenzali
adiuvati
• vaccino influenzale vivo
attenuato
Morbillo Morbillovirus Tosse, raffreddore e MPR (costituito dal virus del
congiuntivite a cui morbillo vivo e attenuato e
seguono i segni più associato al vaccino contro
caratteristici (esantema parotite e rosolia)
e macchie di Koplik)
Meningite Neisseria Nel 50% dei casi di • MenC (vaccino
meningococcica meningitidis persone infettate: polisaccaridico coniugato contro
irrigidimento dei il sierotipo C)
muscoli del collo, • MCV4 (vaccino
febbre elevata, polisaccaridico coniugato contro
emicrania, vomito e 4 sierotipi)
nausea, convulsioni • Men B (vaccino
polisaccaridico coniugato contro
il sierotipo B)

CAPITOLO 12

CONOSCENZE
1. A
2. C
3. B
4. D
5. B
6. C
7. a. V; b. V; c. F

ABILITÀ

8. a. ricevente, omologa, eterologa, autologa; b. fegato, croniche, cirrosi; c.


cronicizzazione, diminuire, contagiati, 9
9. a. generale, anti-HCV, resistenza, breve, consigliata; b. DNA, allungata, conservativo,
coronavirus, RNA polimerasi, DNA (termini da barrare)
10. 1(c); 2(d); 3(b); 4(a)
11.
a. Modalità di infezione virale o batterica in cui il microrganismo viene trasmesso da
un soggetto ad un altro mediante sangue infetto (o suoi derivati); nella

22
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
trasmissione parenterale, il microrganismo viene trasmesso mediante trasfusioni
di sangue e derivati, strumenti medico-chirurgici e dentistici, scambio di siringhe
infette.
b. Malattia conclamata che si manifesta dopo diverso tempo dall’infezione da HIV; è
caratterizzata da una significativa riduzione della risposta immunitaria, dovuta alla
diminuzione di cellule CD4+; il soggetto con AIDS sviluppa malattie da agenti
eziologici opportunisti, batteri, funghi o virus, o alcune forme tumorali, come il
sarcoma di Kaposi.
c. Condizione caratterizzata dalla presenza degli anticorpi anti-HIV in circolo; nella
fase di sieropositività, che segue l’infezione primaria, il soggetto non presenta
alcuna manifestazione clinica
d. Sierotipi di Papillomavirus umano HPV-16 e HPV-18 associati all’insorgenza di
cancro alla cervice uterina.
e. Lesione che compare durante la sifilide primaria e che può interessare i genitali,
l’ano o le mucose della cavità orale; è caratterizzata da un’ulcera indolore di
consistenza piuttosto dura e di colore rosso scuro che generalmente regredisce
spontaneamente entro le 6 settimane.
f. Patologia causata dal batterio Chlamydia trachomatis caratterizzata da una forte
infiammazione della mucosa uretrale, che si manifesta in genere dopo 7-14 giorni
dall’infezione; spesso è associata anche a febbre, congiuntivite e artrite che si
può manifestare in più occasioni fino a portare a deformità.
12. Il danno del parenchima epatico conseguente all’infezione da HBV non è dovuto
direttamente all’azione virale, ma alla risposta immunitaria. In seguito alla penetrazione del
virus negli epatociti, le cellule espongono sulla loro membrana degli antigeni che sono
caratteristici del virus. Tali antigeni, che risultano estranei al sistema immunitario, attivano
la risposta dei linfociti T citotossici che uccidono le cellule del fegato causando la
formazione di ampie aree di necrosi.
13. La diagnosi di epatite virale HBV positiva si basa sulla ricerca di due antigeni di
superficie del virus, HBsAg e HBeAg mediante test ELISA e RIA, e sull’identificazione del
genoma virale mediante PCR; la presenza, nel siero, del genoma virale per più di 3-4
settimane o dell’antigene HBsAg per un periodo superiore a 6 mesi sono indici di una
progressione dell’infezione verso una epatite cronica.
14. L’estrema variabilità genetica del HIV dipende dal fatto che, nel processo di
trascrizione inversa del RNA a doppio filamento in DNA, ad opera dell’enzima trascrittasi
inversa, si verifica una elevata frequenza di errori che porta a codificare proteine diverse;
gli errori compiuti dall’enzima non sono riparabile, in quanto nel virus, a differenza delle
cellule eucariote, mancano i complessi sistemi di riparazione. La principale conseguenza
di tale variabilità è la difficoltà di mettere a punto un vaccino efficace, dato che questo
richiederebbe un panorama antigenico virale stabile da impiegare nella messa a punto di
un vaccino.
15. L’infezione da HIV è caratterizzata da tre fasi: infezione primaria, fase di latenza clinica
e AIDS conclamato. La prima fase si realizza dopo 3-6 settimane di incubazione ed è
caratterizzata da sintomi lievi e tipici di una comune influenza e dalla disseminazione del
virus nel circolo sanguigno (viremia) con conseguente comparsa degli anticorpi anti-HIV

23
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
(sieropositività). La seconda fase è caratterizzata dalla risposta immunitaria a cui
consegue la netta riduzione della viremia. Questa fase può durare anche diversi anni ed è
caratterizzata dalla assenza di sintomi specifici. La terza fase consiste nello sviluppo del
AIDS conclamato, in cui, in seguito alla drammatica riduzione della risposta immunitaria, il
soggetto sviluppa una o più infezioni opportuniste da batteri, protozoi, funghi o virus, oltre
a diverse forme di tumore.
16. La probabilità che un’infezione da Papillomavirus origini un carcinoma della cervice
uterina dipende da fattori legati sia all’ospite che al virus. Nel primo caso, la probabilità è
fortemente correlata all’età (aumentando in persone di giovane età) e ai comportamenti
sessuali a rischio (partner multipli e rapporti sessuali non protetti). D’altra parte, non tutti i
genotipi virali sono associati a carcinomi della cervice uterina; è stato dimostrato che solo i
genotipi HPV-16 e HPV-18 possono causare lesioni cancerose della mucosa uterina.
17. Quando un’infezione da Treponema pallidum non viene trattata può evolvere in uno
stadio che si manifesta, anche dopo diversi anni dall’infezione, con un risentimento
sistemico a carico di diversi organi. In particolare, si possono manifestare danni
significativi a carico del sistema nervoso centrale (sifiloma neurale), che possono portare a
paralisi, confusione mentale, sviluppo di demenza e, in alcuni casi particolarmente gravi,
anche a morte; anche gli occhi possono subire gravi danni fino alla completa perdita della
vista. Altri apparati che possono essere danneggiati dall’infezione batterica sono quello
cardio-circolatorio, scheletrico e digerente (in particolar modo il fegato).
18. La storia naturale dell’infezione da HPV è condizionata dall’equilibrio ospite-virus e
comprende tre possibilità di evoluzione: regressione, persistenza e progressione.
La maggior parte delle infezioni da HPV è transitoria (stadio di regressione) e si risolve
spontaneamente. Nel 10% dei casi, però, l’infezione persiste (stadio di persistenza) e la
malattia può progredire manifestandosi in diverse forme cliniche, dai condilomi alla
comparsa di lesioni pre-cancerose, di solito dopo 5 anni (stadio di progressione); per
l’insorgenza del tumore cervicale possono passare invece anche 20-30 anni.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


19.
a. L’esito degli esami del sangue suggerisce che il ragazzo sia venuto a contatto con il
virus dell’epatite B. Nel siero sono presenti sia gli antigeni virali (HBsAg e HBeAg)
che gli anticorpi contro il virus. La presenza degli antigeni dopo mesi dall’infezione
suggerisce che l’infezione stia evolvendo verso una forma cronica. Il fegato del
paziente mostra uno stato infiammatorio significativo, sia del parenchima epatico
(come indicato dal notevole aumento delle transaminasi, AST e ALT) che del
compartimento biliare (come segnalato dall’aumento di ϒ-GT e fosfatasi-alcalina).
b.
Marker sierologico Valori rilevati nel siero Valori normali
AST 25 UI/L < 30 UI/L
ALT 25 UI/L < 30 UI/L
ϒ-GT 30 UI/L < 30 UI/L
ALP- fosfatasi alcalina 30 UI/L < 30-90 UI/L
HBsAg - Assente
HBeAg - Assente
Anti HBc totali + Assenti
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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
Nel caso in cui il ragazzo avesse sviluppato una forma acuta e asintomatica del
virus, che però si fosse risolta prima degli esami del sangue, osserveremmo un
quadro sierologico come quello nella tabella B; i marcatori sierologici indici di
risentimento epatico rientrerebbero all’interno dei valori normali indicando che il
fegato del soggetto si trova in stato di salute; gli antigeni virali non si ritroverebbero
nel campione di siero, mentre sarebbero rilevabili gli anticorpi anti-HB, indici
dell’avvenuto contatto con il virus HBV.

CAPITOLO 13

CONOSCENZE
1. D
2. D
3. A
4. A
5. C
6. C
7. B
8. D
9. a. V; b. F; c. F

ABILITÀ

10. a. assistenza sanitaria, sanitari, malati, neonati, immunodepressi; b. sorgenti,


microrganismi, ambiente, opportunisti, cutanee, umane, commensali; c. endogene,
microrganismo, malato, sorgenti, ambiente
11. a. veicolo, uomo; b. endogene, simbionti, interne, acqua (termini da barrare)
12.
a. Microrganismi che, in individui il cui sistema immunitario non sia compromesso, non
causano malattia, ma vivono come commensali o saprofiti in superfici o nella cavità
orale dell’uomo.
b. Ceppo di Stafilococco aureo resistente ad un antibiotico, la meticillina.
c. Acronimo di Infezioni Correlate all’Assistenza sanitaria che rappresenta
quell’insieme di infezioni esogene ed endogene di cui l’unico serbatoio è l’uomo e
che si verificano in ambito ospedaliero.
13.
Tipo di procedura Tipo di infezione
Catetere urinario Batteriuria, infezioni sintomatiche delle vie urinarie, sepsi
Cateteri venosi e arteriosi Tromboflebite, sepsi, endocardite
Intervento chirurgico Infezione del sito chirurgico
Emodialisi Epatite, sepsi, infezione locale dello shunt
Pacemaker Endocardite
Shunt ventricolari Meningite

25
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
14. Le infezioni endogene correlate all’assistenza sanitaria sono infezioni nelle quali la
sorgente è rappresentata dal malato stesso. Esse sono causate dalla diffusione del
batterio da regioni del corpo in cui il microrganismo vive come saprofita o commensale a
zone sterili, come cavità del corpo o circolo sanguigno, causando patologie anche gravi.
Tale fenomeno è dovuto all’uso di presidi medico-chirurgici invasivi, come aghi o cateteri
che rappresentano lo strumento di diffusione dei microrganismi.
15. La suscettibilità alle infezioni in ambito ospedaliero è condizionata da diversi fattori, in
primo luogo, le condizioni che riducono l’efficienza del sistema immunitario (età del
soggetto, trattamento farmacologico con farmaci immunosoppressivi o chemioterapici,
patologie che causano uno stato di immunodepressione come l’AIDS). Inoltre, influiscono
sulla probabilità di contrarre una infezione nosocomiale traumi o ustioni che ledano le
normali barriere del corpo all’ingresso dei patogeni e l’esposizione a trattamenti chirurgici
invasivi (uso di cateteri, aghi, ecc.) che potrebbero trasportare meccanicamente
microrganismi normalmente saprofiti sulla pelle e nella mucosa delle prime vie aeree in
cavità sterili del corpo del paziente.
16. La comparsa di nuovi ceppi batterici antibiotico-resistenti è un problema piuttosto
preoccupante. Questo fenomeno dipende principalmente da due fattori: l’eccessivo uso di
antibiotici, che ha portato a selezionare i ceppi resistenti, e la mancanza di un trattamento
efficace che abbia potuto eradicare l’infezione batterica in un soggetto malato. Questo può
essere la conseguenza di un errore nel dosaggio e nella durata del trattamento antibiotico
oppure nella prescrizione di un antibiotico errato.
17. In generale, la prevenzione delle infezioni ospedaliere si basa sulla corretta igiene
degli ambienti e degli strumenti impiegati; in particolare, è fondamentale l’impiego di
strumenti medico-chirurgici sterili sia nel caso di infezioni esogene che endogene. Nel
caso di infezioni esogene, inoltre, è fondamentale ridurre al minimo la possibilità di
diffusione del microrganismo mediante una corretta terapia antibiotica e l’isolamento del
paziente. Anche provvedimenti sul personale infermieristico e medico sono fondamentali,
in particolare, oltre alla corretta igiene delle mani e dei camici, è fondamentale la
vaccinazione, dove possibile, per evitare che proprio il personale possa diventare fonte di
infezione.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


18.
a. Lo Stafilococco aureo isolato da una coltura di urina del paziente è un ceppo
resistente all’antibiotico meticillina ed indicato con la sigla MRSA.
b. L’antibiogramma realizzato con una coltura di Stafilococco isolato dall’urina del
paziente metterebbe in evidenza la resistenza del microrganismo all’antibiotico. In
particolare, non vi sarebbe alcun alone di inibizione della crescita batterica nell’area
circostante il dischetto contenente l’antibiotico.
c. Il paziente è anziano (quindi con un sistema immunitario meno efficiente) ed inoltre
è diabetico (quindi presenta una situazione patologica di base che lo rende più
suscettibile ad un’infezione batterica).

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
CAPITOLO 14

CONOSCENZE
1. C
2. A
3. D
4. C
5. D
6. B
7. C
8. B
9. A
10. a. F; b. V; c. V; d. F

ABILITÀ

11. sconosciuto, adattativa, mutare, genetico


12. a. calo, 10, umani; b. zecche, ospite, obbligatorio (termini da barrare)
13.
a. Malattie che per un determinato periodo di tempo sono sembrate sotto controllo
della medicina ma che sono oggi tornate a rappresentare una vera minaccia per la
salute pubblica.
b. Capacità dei microrganismi di cambiare il proprio assetto antigenico in seguito al
riassortimento dei propri geni.
c. Particolari zoonosi in cui l’agente patogeno di natura virale viene trasmesso
all’uomo da vettori animali appartenenti alla classe degli artropodi.
d. Malattie trasmesse all’uomo dagli animali, che quindi rappresentano i vettori di
infezione.
14. 1(f); 2(a); 3(e); 4(c)
15. La comparsa di nuove malattie causate da agenti microbici può dipendere da due
fattori correlati ai microrganismi stessi. Il primo è relativo al fatto che, nonostante gli studi
sul mondo microbico siano in costante evoluzione, si stima che solo lo 0,5% delle specie
microbiche che popolano il nostro pianeta sia noto alla scienza. Il secondo dipende
dall’estrema variabilità genetica dei microrganismi, che sono in grado di cambiare il proprio
panorama antigenico, potendo quindi dare origine a nuovi ceppi microbici ed eludere con
facilità la risposta immunitaria.
16. In primo luogo, il cambiamento climatico, ovvero l’aumento della temperatura media
del pianeta, può favorire la diffusione di zoonosi, cioè malattie microbiche trasmesse da
animali (artropodi, uccelli, roditori), a causa della diffusione di tali specie in aree
geografiche in cui prima non erano presenti. In secondo luogo, i cambiamenti economico-
sociali che hanno caratterizzato la società moderna possono facilitare la diffusione di
malattie emergenti; in particolare, l’aumento del reddito, accompagnato dal consumo di
alimenti ad alto rischio come la carne, l’urbanizzazione accompagnata da sovraffollamento
e scarse condizioni igieniche, che favorirebbero la diffusione dei patogeni e, infine, la

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
globalizzazione, caratterizzata da una rete veloce ed ampia di scambi di merci tra diverse
regioni del pianeta, e i flussi migratori causati da guerre o calamità naturali.
17. La suscettibilità dell’ospite alle infezioni microbiche è un fattore determinante per la
diffusione di nuove patologie microbiche. Tale suscettibilità è la conseguenza di due
fenomeni marcatamente diversi nei paesi in via di sviluppo ed in quelli ricchi. Nei primi, il
problema principale è la fragilità del sistema immunitario che non riesce a contrastare con
efficacia una potenziale infezione microbica; tale stato di immunodepressione può essere
la conseguenza di stati di denutrizione/malnutrizione e della elevata diffusione delle
infezioni da HIV, virus responsabile di un significativo abbassamento delle difese
immunitarie.
Nei paesi ricchi, d’altro canto, la riduzione dell’efficienza del sistema immunitario
dipenderebbe dall’allungamento della vita e quindi dall’invecchiamento della popolazione,
a cui consegue l’aumento della prevalenza di malattie cronico-degenerative debilitanti
come diabete o tumori.
18. La febbre di West Nile è causata dall’infezione di un virus appartenente alla famiglia
dei Flaviviridae; l’infezione si manifesta velocemente ed è caratterizzata da segni clinici
principalmente a carico del SNC, tra cui cefalea ed affaticabilità, del sistema gastro-
intestinale, con nausea, della pelle, con una eruzione caratterizzata da papule non
pruriginose prevalentemente localizzate nella regione del tronco. Anche i distretti
linfonodali vengono interessati dall’infezione del virus, dal momento che uno dei segni
acuti della malattia è la linfoadenopatia. In alcuni casi, l’invasione del tessuto nervoso può
causare infiammazione delle meningi (meningite) e risentimenti piuttosto gravi come la
paralisi flaccida.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


19.
a. L’agente patogeno responsabile della malattia è un virus della famiglia dei Flaviviridae.
La comparsa dei sintomi si può verificare dopo 2-21 giorni dalla puntura dell’insetto.
Generalmente l’infezione ha un decorso asintomatico o è caratterizzata da sintomi lievi
come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati e sfoghi cutanei. Questi
sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare
molto a seconda dell’età della persona. Negli adulti, rispetto ai bambini, i sintomi sono più
evidenti e consistono in febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e
dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può
essere più grave, essendo caratterizzata da febbre alta, forti mal di testa, debolezza
muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla
paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi
(circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.

28
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
b. Il virus viene trasmesso all’uomo da un vettore, la zanzara Culex, comune anche in
Europa, in seguito ad una puntura.
c. Non esiste un vaccino per la febbre West Nile, pertanto la prevenzione consiste
soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare.
È consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi
facilmente, usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe
quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto, usando delle zanzariere alle
finestre, svuotando di frequente contenitori con acqua stagnante.
d.

29
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
CAPITOLO 15

CONOSCENZE
1. B
2. A
3. B
4. A
5. D
6. B
7. D
8. a. F; b. F; c. V; d. F

ABILITÀ

9. a. mortalità, invalidanti, croniche, priorità, prevenzione, determinanti, integrata; b.


riduzione, rischio, malattie cardiovascolari, tumori, tabacco, fattore di rischio, morte,
passiva, proporzionale; c. cumulativa, ambientali, mortalità, tumori, età-malattia, 40 volte
10. obesità, igienica, coincidenza, fabbisogno, corrispondente, iponutrizione (termini da
barrare)
11.
a. Consumo di una elevata quantità di alcol in un periodo di tempo ridotto; in
particolare, il consumo di 6 UA (circa 6 bicchieri di vino) nell’arco di poche ore.
b. Condizione caratterizzata da valori costantemente elevati della pressione arteriosa;
in particolare, la pressione massima o sistolica è sempre al di sopra di 140 mmHg e
quella minima o diastolica non scende mai sotto i 90 mmHg.
c. Condizione caratterizzata da valori elevati di grassi nel sangue, in particolare di
colesterolo (ipercolesterolemia) e trigliceridi (ipertrigliceridemia).
12. L’insorgenza delle malattie multifattoriali, a differenza di quelle causate da agenti
microbici, dipende dall’azione di più determinanti che agiscono come fattori di rischio. In
particolare, alcune condizioni legate al metabolismo dell’individuo possono predisporlo
maggiormente, come diabete, cancro o disturbi cardiovascolari. Tra questi determinanti,
definiti all’OMS come fattori di rischio intermedi, vi sono l’obesità e quelle condizioni
caratterizzate dall’alterazione di un parametro ematico come la pressione arteriosa
(ipertensione), la glicemia (iperglicemia) e la concentrazione di colesterolo
(ipercolesterolemia).
13. I fattori di rischio di malattie cronico-degenerative possono essere distinti in
modificabili e non modificabili, in relazione al fatto che un cambiamento comportamentale
e nello stile di vita dell’individuo possa incidere in modo significativo nella variazione
(aumento o riduzione) del rischio di sviluppare una di tali malattie. In particolare, possono
essere considerati non modificabili tutti quei determinanti sui quali la persona non può
aver alcun potere e che quindi non può cambiare, quali età, sesso, etnia, predisposizione
genetica e familiarità. Sugli altri fattori, sia ambientali, che socio-economici che metabolici,
l’individuo può agire con un effetto significativo in termini di rischio. Tra questi vi sono i
determinanti metabolici su cui l’individuo può agire cambiando in modo radicale il proprio
stile di vita, in termini di abitudini alimentari e sedentarietà.
30
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
14. Osservando l’immagine risulta evidente che solo parte dei determinanti di malattie
cronico-degenerative sono effettivamente sotto la responsabilità diretta dell’individuo; se si
considera, infatti, che età, sesso, etnia e predisposizione genetica sono fattori sui quali
l’individuo non può aver alcun potere (sono infatti determinanti non modificabili), gli unici
fattori sui cui potrà avere una effettiva responsabilità sono quelli metabolici sui quali può
influire significativamente cambiando il proprio stile di vita. Gli altri fattori, come quelli
ambientali e socio-economici che possono influenzare in modo significativo le condizioni
economiche e sociali degli stati o quelle ambientali (in termini di inquinamento del suolo,
dell’acqua o dell’aria) non dipendono più dalle scelte del singolo, ma da dalle azioni
politiche del Governo e dei soggetti sovranazionali.
15. La sedentarietà rappresenta un fattore di rischio significativamente importante
nell’insorgenza di malattie cronico-degenerative. Questo dipende dal fatto che l’inattività
fisica influisce molto su alcuni parametri ematici che rappresentano importanti determinanti
metabolici di tali patologie. Lo svolgimento di una regolare attività fisica aiuta a mantenere
negli intervalli fisiologici i valori ematici di glucosio e di colesterolo così come la pressione
arteriosa. In tal senso, quindi, l’attività fisica rappresenta un fattore protettivo nei confronti
di patologie come il diabete (nel caso del diabete mellito non insulino-dipendente che è
fortemente legato allo stile di vita), l’arteriosclerosi e diverse forme di tumore.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


16.
a. Le principali cause di morte in Etiopia sono malattie infettive di origine batterica o
virale; in particolare, più di 1/3 dei casi di decesso infantile è imputabile a malattie o
condizioni, come la polmonite e la diarrea, la cui eziologia è esclusivamente
microbica. In Germania, i casi di polmonite o diarrea causate da infezioni
microbiche sono significativamente inferiori, rappresentando solo il 3% delle cause
di mortalità infantile; in questo paese, al contrario, più della metà dei casi di morte
infantile è determinato da complicanze insorte durante gravidanze pre-termine o da
anomalie che si manifestano nel bambino all’atto della nascita (anomalie
congenite). Bisogna, inoltre, evidenziare che il numero dei morti in età infantile in
Germania è solo l’1% di quello che si registra, nello stesso arco di tempo, in Etiopia.
b. Le principali differenze che si osservano nelle cause di mortalità infantile sono da
ricercare nelle condizioni socio-economiche, ambientali ed igienico-sanitarie
estremamente differenti che caratterizzano i due paesi. In particolare, la maggiore
prevalenza di casi legati a infezioni batteriche o virali dipende dalle scarse
condizioni igieniche e dall’inefficace assistenza sanitaria (reparti ospedalieri
attrezzati, possibilità di vaccinare le donne, corretta igiene e sterilizzazione degli
strumenti chirurgici e degli ambienti ospedalieri e sanitari). Queste condizioni
concorrono alla diffusione significativamente maggiore nei paesi poveri come
l’Etiopia di infezioni microbiche, batteriche o virali, anche in ambito ospedaliero.
Bisogna inoltre considerare l’elevato numero di parti che, in paesi meno ricchi,
viene ancora condotto nelle case, senza una adeguata assistenza sanitaria.
17. Il primo grafico mette in evidenza i dati relativi all’indice di vecchiaia in Italia in un
periodo di tempo di 16 anni; in questo intervallo di tempo, il numero delle persone anziane

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
di età superiore a 65 anni (ogni 100 persone di età inferiore a 14 anni) è cresciuto quasi
del 30%, evidenziando un progressivo invecchiamento della società italiana. Dal secondo
grafico risulta evidente che le persone maggiormente esposte a patologie cardiovascolari,
quali infarto miocardico ed ictus, sono proprio le persone considerate nella prima
immagine per il calcolo dell’indice di vecchiaia. Osservando il grafico, infatti, si nota che
l’incidenza delle maggiori patologie cardiovascolari raddoppia passando dai 55 ai 65 anni
per poi raggiungere dimensioni significativamente importanti (l’incidenza aumenta di circa
7 volte) in persone anziane di età superiore agli 80 anni. Questi dati prospettano uno
scenario piuttosto preoccupante nel 2018, anno in cui, come abbiamo già visto, l’indice di
vecchiaia è significativamente aumentato. L’invecchiamento della popolazione e la
maggiore incidenza di patologie cardiovascolari nelle persone anziane prospettano una
società in cui la spesa sostenuta dal Sistema Sanitario Nazionale è decisamente
importante. Oltre a questo, i dati permettono di fare delle previsioni e di ipotizzare che la
situazione che si delinea per il futuro sarà caratterizzata da una sempre crescente
prevalenza di tali patologie, dato che il miglioramento delle tecniche diagnostiche e delle
cure farmacologiche ha significativamente ridotto la mortalità legata a queste patologie.

CAPITOLO 16

CONOSCENZE
1. D
2. C
3. B
4. D
5. D
6. A
7. D
8. B
9. C
10. a. F; b. V; c. F; d. V; e. V; f. V; g. F

ABILITÀ

11. a. aterosclerosi, prevalentemente lipidiche, intima, ateroma; b. ischemica, cuore,


coronarie; c. fibrosa, aterosclerotica, piastrine, trombo, arteria; d. estensione, tempo,
trombolitici, trombi
12. a. lipidica, HDL, linfociti; b. miocardiche, cronici, superiore, ictus emorragico; c.
secondaria, diminuzione, monofattoriale, saltuariamente, minore, 90 (termini da barrare)
13. 1(b); 2(a); 3(d), 4(c)
14.
a. Coagulo di sangue che si deposita sulla parete dei vasi in conseguenza di un
processo degenerativo infiammatorio; spesso, la deposizione del trombo si verifica
in corrispondenza di un ateroma.
b. Placca ricca di lipidi, in particolare di colesterolo, che si forma a livello della tonaca
32
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
intima delle arterie e che, in condizioni particolarmente gravi, può ostruire il lume
del vaso.
c. Condizione patologica caratterizzata da necrosi del tessuto cardiaco conseguente
ad una situazione ischemica dovuta all’occlusione di una coronaria.
d. Condizione patologica caratterizzata da un forte dolore al petto dovuto ad uno
scarso apporto di ossigeno al cuore; questa forma di angina si manifesta in
particolari condizioni come sforzo fisico, stress e basse temperature.
e. Condizione che comporta la morte di un individuo in modo rapido ed improvviso ed
è generalmente la conseguenza di una fibrillazione ventricolare che porta all’arresto
dell’attività cardiaca.
f. Condizione patologica caratterizzata dalla necrosi di un’area del cervello
conseguente ad una situazione di ischemia che si verifica a causa della formazione
di un embolo o di un trombo, che ostruiscono un vaso sanguigno cerebrale.
15. L’arteriosclerosi è un fenomeno in cui si verifica una progressiva “sclerosi”, cioè
irrigidimento delle arterie che, di conseguenza, perdono la loro importantissima elasticità.
Tale fenomeno è la conseguenza di un radicale cambiamento nella composizione della
parete di tali vasi che si ispessisce in seguito all’accumulo di tessuto fibroso.
L’aterosclerosi, invece, rappresenta una condizione caratterizzata dalla riduzione del lume
dei vasi, in seguito all’accumulo di materiale lipidico, in particolare di colesterolo, nella
parete, con formazione di una placca detta ateroma. La conseguenza è la parziale o totale
chiusura del vaso sanguigno.
16. La placca aterosclerotica si forma a livello della tonaca intima della parete delle arterie.
Tale placca può causare un’ostruzione parziale o totale del lume del vaso sanguigno, con
la conseguente riduzione del grado di irrorazione dell’organo o tessuto. La conseguenza è
quindi l’ischemia dell’area interessata con necrosi cellulare e perdita parziale o totale della
funzionalità dell’organo (in base all’estensione dell’area interessata). In alcuni casi, come
nelle coronarie e nelle arterie cerebrali, la placca aterosclerotica può rappresentare un
punto di adesione di piastrine con formazione di un trombo che può ridurre ulteriormente il
calibro del vaso provocando ischemia del tessuto e quindi ictus. In altri casi, spesso a
carico delle coronarie, il cappuccio fibroso che riveste la placca si può rompere e la placca
si può rigonfiare, in seguito all’ingresso di sangue, causando un’ostruzione del vaso.
Infine, in caso di ateromi di particolare gravità, la parete del vaso può subire un
significativo assottigliamento che può provocare lo sfiancamento del vaso con
conseguente formazione di un aneurisma, che in seguito a rottura può causare
un’emorragia (è il caso di arterie di grosso calibro come l’aorta addominale).
17. La placca aterosclerotica è una formazione complessa che si origina nella tonaca
intima delle arterie. Il primo evento alla base della formazione di tale struttura consiste nel
danno dell’endotelio, il sottile strato di cellule epiteliali che riveste i vasi sanguigni. Tale
lesione espone la lamina basale sottostante innescando i fenomeni che portano
all’accumulo lipidico e ai processi infiammatori alla base della formazione dell’ateroma. Il
danno endoteliale può essere la conseguenza di condizioni e stili di vita che l’individuo
può modificare, al fine di prevenire tale fenomeno. In particolare, l’ipertensione arteriosa
rappresenta un fattore di rischio significativo per il danno endoteliale; in primo luogo, in
quanto l’elevata pressione sanguigna espone la parete dei vasi ad uno stress meccanico

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
che può risultare in un danno dell’intima caratterizzato da proliferazione delle cellule
miointimali e accumulo di colesterolo; in secondo luogo, il danno endoteliale può essere la
conseguenza di uno stress ossidativo causato dall’azione dell’angiotensina II, una
sostanza ad azione vasocostrittrice e mitogena sulle cellule muscolari dell’intima. Anche
alcune abitudini, come il fumo di tabacco, possono influire significativamente sulla integrità
endoteliale. In particolare, il monossido di carbonio ed altre sostanze ossidanti contenute
nel fumo di sigaretta possono causare il danno delle cellule endoteliali in seguito a stress
ossidativo.
18. L’ipertensione è una patologia caratterizzata da valori costantemente elevati di
pressione sistolica e diastolica. Nella maggior parte dei casi tale condizione è il risultato di
una predisposizione familiare e di un errato stile di vita (eccessivo consumo di cibi salati,
dieta ipercalorica, sedentarietà, sovrappeso, ecc.); in questo caso si parla di ipertensione
primaria che rappresenta circa il 90% dei casi di tale patologia. In altri casi, il restante
10%, l’ipertensione è la conseguenza di situazioni patologiche preesistenti che causano
l’incremento dei valori pressori; in particolare, patologie a carico del rene o delle ghiandole
surrenali possono determinare l’aumento della pressione arteriosa. Rene e ghiandole
surrenali sono, infatti, implicati nella regolazione del sistema renina-angiotensina-
aldosterone, un complesso meccanismo ormonale alla base del controllo della volemia e
del bilancio idro-salino del sangue. Una alterazione di questo sistema può comportare la
perdita di tale fine regolazione portando ad una condizione di ipertensione arteriosa detta
ipertensione secondaria.
19. L’ipertensione primaria si evidenzia solitamente con l’avanzare dell’età ed è spesso
asintomatica se di grado lieve-moderato: solo misurando la pressione regolarmente è
possibile individuare precocemente la patologia.
20. Lo scompenso o insufficienza cardiaca è uno stato patologico caratterizzato dalla
riduzione dell’efficienza cardiaca; il cuore non riesce a mantenere il corretto flusso ematico
in quanto sono compromesse le sue capacità contrattili. Spesso, tale situazione è la
conseguenza di una cardiopatia ischemia e quindi dell’ischemia di aree più o meno estese
del muscolo cardiaco. Il quadro clinico della patologia può variare, manifestandosi con
sintomi di lieve entità, come nel caso dello scompenso cardiaco di classe I, generalmente
asintomatico, a manifestazioni anche gravi, come nello scompenso di classe IV, in cui il
paziente lamenta una condizione di spossatezza ed affaticabilità anche a riposo e quindi
senza svolgere alcuna attività fisica. Oltre all’affaticamento fisico, altri sintomi che
caratterizzano lo scompenso cardiaco, e che si manifestano con entità diversa a seconda
della classe, sono la dispnea (cioè la “fame di aria” caratterizzata da difficoltà respiratorie
e bisogno di introdurre grandi quantità di aria), il gonfiore degli arti inferiori ed il
versamento pleurico. Nei casi più gravi si può verificare un edema polmonare,
caratterizzato da una marcata dispnea accompagnata dall’escrezione di un espettorato
schiumoso.
21. I trattamenti previsti nel caso di una angina pectoris sono di tipo farmacologico e
chirurgico; nel primo caso consistono nella somministrazione di farmaci che hanno l’effetto
di contrastare i sintomi della patologia o di ridurre i potenziali fattori di rischio. In
particolare, possono essere somministrati farmaci ad azione vasodilatante, per permettere
un aumento del flusso coronarico di sangue (come nel caso degli antagonisti del calcio e

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
della nitroglicerina) o farmaci che riducono il lavoro cardiaco, e quindi il suo bisogno di
ossigeno (come nel caso dei farmaci beta-bloccanti). Altri farmaci hanno un effetto
preventivo, riducendo i fattori di rischio correlati all’angina pectoris; in particolare, le
statine, che hanno l’obiettivo di ridurre i livelli ematici di LDL o l’aspirina, per via della sua
azione antiaggregante e quindi preventiva nei confronti della formazione di trombi
intravasali.
22. L’aterosclerosi delle coronarie può causare manifestazioni acute che includono angina
instabile, infarto miocardico e morte improvvisa.
23. L’ictus più frequente è quello ischemico, dovuto ad una trombo-embolia; l’ictus può
anche essere emorragico, determinato da una emorragia intracerebrale o subaracnoidea;
si può inoltre verificare un attacco ischemico transitorio o TIA in cui si ha la regressione
completa dei sintomi entro 24 ore. L’ictus ischemico ed emorragico porta di frequente ad
invalidità permanenti, che spesso riguardano solo un lato del corpo: perdita di sensibilità,
paralisi, perdita della vista, difficoltà nel linguaggio.
24. Le strategie di prevenzione primaria prevedono programmi di educazione, attuati a
livello comunitario e in maniera diversificata a seconda dei destinatari, in particolare per
promuovere corretti stili di vita e ambienti favorevoli alla salute della popolazione.
La prevenzione secondaria è rivolta agli individui ad alto rischio e prevede screening che
permettono una diagnosi precoce e quindi percorsi terapeutico-assistenziali che
prevengono o ritardano le complicanze più gravi.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


25. Le 3 cartine mettono in evidenza la diffusione delle malattie cardiovascolari e la
distribuzione dei casi di obesità e di stile di vita sedentario negli Stati Uniti. La diversa
colorazione è indice di una differente diffusione del problema; le aree a colorazione più
intensa rappresentano zone critiche in cui i casi di patologie cardiovascolari sono
particolarmente elevati, così come il numero di persone obese o sedentarie è
significativamente alto. Sovrapponendo le tre cartine geografiche appare evidente la forte
correlazione tra prevalenza di malattie cardiovascolari e stile di vita; in particolar modo
l’immagine conferma l’importanza di uno stile di vita salutare nella prevenzione di tali
patologie. Sedentarietà e obesità sono due determinanti importanti per lo sviluppo di
condizioni morbose legate all’apparato cardiocircolatorio. In particolare, entrambi
influiscono in modo significativo sui livelli circolanti di LDL causando iperlipidemia che
predispone allo sviluppo di patologie come l’aterosclerosi, e quindi di tutte quelle
condizioni che dipendono da questa, come infarto miocardico, ictus, angina pectoris fino
alla morte improvvisa.
26. Le patologie cardiovascolari sono malattie multifattoriali; a differenza delle malattie
infettive infatti, il loro sviluppo dipende dall’azione di più determinanti di rischio, tra cui
fattori ambientali, socio-economici, metabolici e genetici. La presenza di uno solo di questi
fattori di rischio spesso non è sufficiente a determinare l’insorgenza della malattia. Nella
figura B questo concetto appare molto chiaro, dal momento che il rischio cardiovascolare
aumenta di 3 volte in soggetti esposti a più di cinque fattori di rischio, rispetto ad un
soggetto di età superiore non esposto.
La figura A rappresenta graficamente la carta del rischio cardiovascolare, che permette il

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Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
calcolo del rischio che ha un individuo di sviluppare una malattia cardiovascolare (CVD),
quando esposto ad uno o più fattori di rischio modificabili (IMC, abitudine al fumo e
pressione arteriosa) e non modificabili (età e sesso). Le aree di colore rosso scuro
corrispondono ad un elevato rischio di CVD, mentre quelle verdi ad un rischio lieve o
addirittura nullo. Osservando l’immagine, coerentemente con quanto suggerito
dall’immagine B, appare chiaro come il rischio di CVD sia particolarmente elevato in
individui in cui coesistono più fattori di rischio.
Ad esempio, un maschio di età compresa tra 55 e 59 anni normopeso (IMC <24) i cui
valori di pressione arteriosa sistolica siano inferiori a 120 mmHg ha un rischio pari quasi al
doppio di sviluppare una malattia cardiovascolare se è anche fumatore.
Allo stesso modo, una donna non fumatrice normopeso ma con ipertensione arteriosa
(pressione sistolica superiore a 160 mmHg) di età compresa tra 55 e 59 anni ha una
probabilità di sviluppare una CVD 3 volte superiore rispetto ad una coetanea con le stesse
caratteristiche ma con valori pressori normali.
27.
a. Il medico fa queste domande per capire se la donna ha più fattori di rischio che la
predispongono a malattie cardiovascolari.
b. Per la diagnosi, dopo aver raccolto i dati della storia medica personale e familiare, il
medico potrà prescrivere esami diagnostici che comprendono ECG, analisi del
sangue per rilevare determinati enzimi rilasciati dal cuore che aumentano in caso di
infarto, angiografia coronarica.
28. La donna potrebbe avere una angina stabile, causata da un ridotto afflusso di sangue
nelle coronarie aterosclerotiche, anche detta angina da sforzo perché si manifesta quando
si sta svolgendo attività fisica.
29. L’uomo può avere avuto un TIA la cui sintomatologia si è risolta in pochi minuti.

CAPITOLO 17

CONOSCENZE
1. B
2. D
3. B
4. C
5. C
6. C
7. a. V; b. V; c. F; d. V; e. V; f. V; g. F; h. V

ABILITÀ

8. a. iniziazione, genotossici, irreversibile, cromosomico, DNA, proliferazione; b. distacco,


giunzione, enzimi, tumorali, linfatico; c. crescita, oncosoppressori, recessive, omozigosi,
retinoblastoma
9. 1(b); 2(c); 3(d); 4(a)
10.
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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
a. Termini errati: 1. terza, 2. genetici, 3. minore, 4. comportamentali, 5. melanomi
Termini corretti: 1. seconda, 2. comportamentali, socio-economici, ambientali ed
individuali, 3. maggiore, 4. ambientali, 5. leucemie
b. Termini errati: 1. tonaca muscolare, 2. anticorpi, 3. fagocitosi, 4. polipi, 5. primario
Termini corretti: 1. parete, 2. fibrina, 3. diapedesi, 4. noduli, 5. secondario
11. maligno, indifferenziato, aumentato, invasiva, costruzione, esterno (termini da barrare)
12.
a. Forma maligna di un tumore che colpisce il parenchima ghiandolare della
mammella.
b. Tumore maligno del connettivo, in particolare delle ossa.
c. Tumore benigno a carico delle meningi, le membrane che avvolgono il cervello e il
midollo spinale.
d. Sostanza chimica per la quale è stato provato l’effetto cancerogeno sull’uomo.
e. Prima fase della trasformazione cellulare in senso neoplastico che consiste nella
mutazione del DNA cellulare per effetto di una radiazione o di una sostanza chimica
mutagena.
f. Condizione caratterizzata da una proliferazione cellulare eccessiva delle cellule del
parenchima prostatico causato da un’eccessiva stimolazione ormonale.
g. Masse di cellule tumorali che si formano in organi e tessuti lontani dalla sede in cui
si è formato il tumore primitivo e che originano dalla migrazione di una cellula
neoplastica attraverso il sangue o la linfa.
h. Rappresenta l’insieme delle caratteristiche cellulari e nucleari che rendono la cellula
neoplastica citologicamente atipica; in particolare, l’aumento del volume del nucleo
e del rapporto nucleo/citoplasma (pleomorfismo nucleare) e la variabilità nella forma
e nella grandezza delle cellule (pleomorfismo cellulare).
i. Approccio terapeutico che consiste nell’impiego di radiazioni ionizzanti mirato alle
cellule che compongono la massa tumorale, al fine di uccidere le cellule che si
trovano in intensa attività mitotica e che pertanto sono più sensibili alle radiazioni.
j. Linfonodo che drena la linfa dall’area in cui si è sviluppato il tumore; l’analisi di tale
linfonodo permette di stabilire se il tumore ha invaso il circolo linfatico e quindi può
aver dato origine a metastasi.
13. Le cellule neoplastiche presentano alcune caratteristiche che le differenziano dalle
cellule normali; in primo luogo, il DNA di queste cellule ha accumulato diverse alterazioni
che sono alla base della trasformazione in senso neoplastico. Tali alterazioni portano la
cellula ad accrescersi in modo autonomo senza più rispondere agli stimoli inibitori delle
cellule adiacenti (inibizione da contatto); le cellule proliferano indipendentemente anche in
assenza di specifici segnali (i fattori di crescita). Infine, le cellule tumorali sono
caratterizzate da un livello di differenziamento inferiore alle corrispondenti cellule di un
tessuto normale; il grado di indifferenziamento delle cellule che compongono una massa
tumorale è anche indice della malignità del tumore stesso.
14. Alcuni agenti biologici, come virus o batteri, sono stati implicati nell’insorgenza dei
tumori. Il virus dell’Herpes e il Papillomavirus sono stati correlati all’insorgenza del cancro
della cervice uterina, e diverse evidenze hanno coinvolto il batterio Helicobacter pylori
nello sviluppo del cancro dello stomaco. Il modello patogenetico alla base dell’effetto
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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
cancerogeno dei microrganismi prevede due effetti, uno diretto ed uno indiretto. Nel primo
caso, il microrganismo agisce direttamente sul DNA causandone l’alterazione; ne è un
esempio il Papillomavirus che produce due proteine il cui effetto è quello di stimolare la
proliferazione cellulare inibendo, contemporaneamente, l’apoptosi. Nel secondo caso,
l’effetto cancerogeno è conseguente ad un forte fenomeno infiammatorio indotto dal virus
(ad esempio il virus dell’epatite C e B).
15. Diversi alimenti contengono sostanze che hanno dimostrato di possedere un effetto
protettivo nei confronti dello sviluppo di tumori. È il caso dei vegetali appartenenti alla
famiglia delle crucifere (cavolfiore, cavoli, cavoletti di Bruxelles, ecc.), il cui consumo
abituale sembra proteggere nei confronti di diverse forme di tumore, come quello della
mammella o della prostata. L’effetto delle molecole contenute in questi alimenti vegetali, i
glucosinati, è molteplice: tali molecole sembrano stimolare l’apoptosi delle cellule tumorali
e possedere un’attività antimicrobica, in particolare sul batterio Helicobacter pylori,
fortemente correlato allo sviluppo del cancro dello stomaco. Anche molecole ad effetto
antiossidante svolgono un importante ruolo, proteggendo le cellule e il loro DNA
dall’azione dei radicali liberi, prodotti, ad esempio, in seguito all’esposizione a radiazioni.
16. Il tumore è rappresentato da una massa di cellule che hanno perso il controllo della
proliferazione, non rispondendo più ai segnali inibitori prodotti dalle cellule circostanti.
Alcune caratteristiche permettono di distinguere i tumori benigni da quelli maligni e sono
relative a particolari comportamenti che la cellula tumorale ha acquisito come risultato
dell’accumulo di mutazioni del proprio DNA. Le cellule del tumore maligno, in particolare,
crescono in modo generalmente molto rapido, a differenza di quelle del tumore benigno
che, di norma, crescono lentamente. La crescita cellulare di un tumore maligno è di tipo
invasivo e infiltrativo, dal momento che la massa tumorale si infiltra nei tessuti circostanti.
Questa caratteristica manca nei tumori benigni che, al contrario, hanno una crescita di tipo
espansivo, cioè aumentano il proprio volume senza infiltrare il tessuto circostante.
Le cellule che caratterizzano una massa tumorale maligna hanno un aspetto morfologico
atipico e sono facilmente distinguibili dalle cellule normali del parenchima dell’organo
intaccato. Infine, le cellule di un tumore maligno possono acquisire la capacità di causare
metastasi, cioè di passare, attraverso il sangue o i vasi linfatici, in organi anche lontani
causando la formazione di tumori secondari.
17. La trasformazione di una cellula in senso neoplastico è il risultato dell’accumulo di una
serie di mutazioni a carico del proprio DNA. Affinché la cellula si trasformi, tali alterazioni
devono verificarsi a livello di specifici geni che nella cellula controllano fenomeni come la
proliferazione cellulare, il differenziamento e la morte cellulare programmata o apoptosi;
l’alterazione di questi geni fa sì che la cellula perda il controllo sulla sua capacità
proliferativa, non si differenzi e non accenda il programma di morte per apoptosi che,
generalmente, è finemente controllato da specifici geni.
I geni che controllano questi fenomeni sono gli oncogeni, che dirigono la cellula verso il
processo di divisione cellulare, e i geni oncosoppressori, che bloccano il ciclo cellulare (nel
caso in cui si siano verificati errori nella duplicazione del DNA nella fase S del ciclo
cellulare). I geni oncosoppressori hanno anche il ruolo di indirizzare la cellula verso il
programma apoptotico e di riparare il DNA danneggiato durante la duplicazione. Una
mutazione a carico di questi geni fa perdere alla cellula sistemi fondamentali di controllo

38
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
della proliferazione e della morte cellulare; la cellula quindi continua a dividersi anche se
dall’esterno non arrivano segnali stimolatori o inibitori che, in condizioni normali, regolano
l’attività cellulare.
18. Dato l’enorme peso dello stile di vita nell’insorgenza dei tumori, uno degli interventi più
importanti consiste nella modificazione dello stile di vita, con particolare riferimento al
tabagismo, al consumo di alcol e alla dieta ipercalorica e ricca di grassi animali. Un
corretto intervento educativo potrebbe significativamente ridurre la prevalenza di quelle
forme tumorali fortemente correlate a tali fattori di rischio. Un altro importante intervento
consiste nella vaccinazione contro microrganismi per i quali è stato dimostrato un chiaro
coinvolgimento nell’eziopatogenesi dei tumori; in particolare la vaccinazione contro il virus
del Papilloma, responsabile del tumore della cervice uterina e del virus HBV, responsabile
dell’insorgenza di epatocarcinoma. Infine, nell’ottica di una prevenzione primaria dei
tumori associati agli ambienti di lavoro, giocherebbero un ruolo chiave gli interventi di
bonifica degli ambienti di lavoro (mediante riduzione dell’esposizione ad agenti
cancerogeni e l’uso dei corretti dispositivi di protezione individuale).
19. Secondo i dati dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM), l’incidenza dei
tumori e la relativa mortalità sono in calo in entrambi i sessi. In particolare, negli uomini si
sta verificando un trend in diminuzione per i tumori del polmone e della prostata; nella
donna, analogamente, si osserva un calo delle neoplasie dell’utero e delle ovaie, mentre
per entrambi i generi aumentano i tumori del pancreas e della tiroide e il melanoma.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, il tasso di incidenza è più basso al Centro
e al Sud/Isole rispetto al Nord, sia per gli uomini sia per le donne.
20. Diverse sostanze chimiche utilizzate negli ambienti lavorativi sono classificate come
cancerogene; esse includono:
- il benzene, utilizzato nell’industria chimica e costituente dei petroli grezzi e delle benzine,
che è in grado di provocare leucemie nei lavoratori esposti;
- l’amianto, usato come isolante termico e ignifugo, che può provocare mesoteliomi
pleurici e polmonari;
- gli idrocarburi policiclici aromatici contenuti nei gas di scarico, il cromo e il nichel che
causano tumori polmonari;
- l’arsenico, responsabile di tumori polmonari, epatici o cutanei nei minatori, fonditori e
addetti alla preparazione di leghe e smalti;
- le ammine aromatiche, impiegate per produrre vernici e gomme, correlate a tumori
vescicali;
- la lavorazione del PVC, correlata a tumore epatici.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


21. I grafici e le tabelle mettono in evidenza alcuni dati epidemiologici riassunti nel registro
dell’Associazione Italiana Registro Tumori. In particolare, nelle tabelle vengono mostrati i
dati relativi all’incidenza e alla mortalità per tipo di tumore e per sesso, espressi come
percentuale su tutti i tipi di tumore e i dati relativi al numero dei nuovi casi di tumore dal
2012 al 2018. Tali dati sulla sopravvivenza relativa a ciascun tipo di tumore in Italia sono
messi in relazione alla situazione in Europa e nei paesi nel Nord Europa. I grafici
mostrano i dati relativi alla sopravvivenza dopo 5 dalla diagnosi di un tumore.

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Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
I tumori più diffusi in Italia sono forme ormono-dipendenti che interessano la prostata,
nell’uomo, e la mammella, nella donna. Al secondo e terzo posto, per entrambi i sessi, si
posizionano rispettivamente il tumore al colon-retto, una forma di tumore
significativamente correlato allo stile di vita, in particolare all’alimentazione, e quello al
polmone, la cui correlazione con l’abitudine al fumo di tabacco è ormai comprovata.
Nonostante queste due forme di tumore occupino solo la seconda e terza posizione in
termini di diffusione percentuale, sul totale dei tumori, essi rappresentano la principale
causa di morte per tumore in Italia. La sopravvivenza percentuale a cinque anni dalla
diagnosi di tali tumori, in Italia, è limitata al 14% dei casi per il tumore al polmone e del
61% per il carcinoma del colon-retto.
Il tumore dell’utero, nonostante rappresenti una delle principali forme di tumore
diagnosticate nella donna, non compare tra le prime cause di morte associate a tumore in
Italia; questo potrebbe dipendere sia dalle efficaci tecniche di diagnosi precoce che
permettono di individuare forme tumorali a stadi precoci più facilmente curabili, che dagli
effetti delle campagne di vaccinazione contro il virus del papilloma. Tali interventi di
diagnosi precoce permettono di limitare la mortalità di un tumore che presenta ancora oggi
una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi non particolarmente alta (è infatti limitata al
68% dei casi). Diverso è il caso del carcinoma della mammella, che occupa la prima
posizione sia come frequenza di diagnosi che come causa di morte. Nonostante le
tecniche di diagnosi precoce previste in Italia e l’efficacia degli interventi terapeutici (la
sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 86% dei casi) questo tumore rappresenta
ancora la principale causa di morte per tumore nelle donne, probabilmente in virtù
dell’elevata diffusione di questa forma di tumore.
La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di un tumore in Italia è ancora del 60%; i
principali successi terapeutici si riscontrano in tumori come quello alla mammella, alla
prostata, al testicolo e nel melanoma cutaneo, ma permangono ancora forme tumorali per
le quali l’esito non è così favorevole: è il caso dei tumori di pancreas, polmone, fegato ed
esofago, in cui la sopravvivenza non supera il 16% dei casi. Nonostante ciò, confrontando
la situazione italiana con quella europea, emerge un dato positivo: nella maggior parte dei
casi di tumore, infatti, la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi risulta maggiore in Italia
rispetto all’Europa, suggerendo l’efficacia delle tecniche di diagnosi precoce e degli
interventi terapeutici (chirurgici e farmacologici) messi a punto nel nostro paese.
22. Per porre una diagnosi è necessario effettuare una mammografia, seguita
eventualmente da ulteriori indagini diagnostiche (ecografia mammaria, biopsia o
agoaspirato, risonanza magnetica).
Il medico controlla se i linfonodi regionali sono ingrossati perché possono costituire un
altro sintomo della possibile presenza di un tumore.

CAPITOLO 18

CONOSCENZE
1. C
2. B

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Amendola et al.
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3. D
4. A
5. B
6. C
7. D
8. D
9. a. V; b. F; c. V; d. F

ABILITÀ

10. a. feedback negativo, stimolo, endocrina, alta, sangue; b. β, insulina, virus,


autoimmune, anticorpi
11. a. insufficienza renale, assorbimento, minore, glicogeno, riduzione; b. dipendente,
glucagone, un agente virale, del pancreas, bassa, veloce (termini da barrare)
12.
a. Aumento della concentrazione dei corpi chetonici (acetone, acetoacetato e β-
idrossibutirrato) nel sangue che si verifica in seguito alla riduzione dei livelli di
glucosio intracellulari.
b. Condizione caratteristica del diabete di tipo 2, in cui i tessuti periferici non
rispondono più correttamente alla stimolazione insulinica; la conseguenza è una
condizione di iperglicemia patologica.
c. Eccessiva frequenza nella minzione dovuta ad accumulo di glucosio nelle urine e
conseguente perdita di acqua.
d. Prodotto della reazione tra l’emoglobina e il glucosio in eccesso circolante nel
sangue; è un indice che permette di stimare la concentrazione media della glicemia
nell’arco di 3 mesi.
e. Concentrazione del glucosio nel sangue; in condizioni fisiologiche è compresa
nell’intervallo 60-110 mg/dl di sangue.
13. Il diabete di tipo 1 è causato da una reazione immunitaria contro le cellule β del
pancreas. Il sistema immunitario produce anticorpi che distruggono tali cellule in seguito a
fattori ambientali scatenanti, come alcune infezioni virali. In seguito alla distruzione di tali
cellule l’organismo non è più in grado di secernere insulina. Il risultato è una condizione di
iperglicemia patologica che può portare, se non trattata adeguatamente, al coma e alla
morte.
14. È una condizione patologica associata all’insulino-resistenza caratteristica del diabete
di tipo 2. I tessuti che normalmente sono deputati a rimuovere l’eccesso di glucosio dal
circolo diventano resistenti all’insulina e non rispondono più al segnale ipoglicemizzante
dell’ormone. Il risultato è un quadro patologico caratterizzato da accumulo di grasso
viscerale, ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia, caratteristici della
sindrome metabolica.
15. Il diabete di tipo 2 è caratterizzato da una condizione di insulino-resistenza dei tessuti
periferici ed è detto insulino-resistente perché non necessita, almeno nella prima fase, di
una terapia con insulina esogena. Oltre ad una predisposizione familiare, caratterizzata
dall’alterazione di uno o più geni coinvolti nella patologia, sono importanti fattori di rischio
l’obesità e l’alimentazione ipercalorica, condizioni in cui le cellule β del pancreas e gli
41
Amendola et al.
Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
adipociti diventano insensibili alla stimolazione, rispettivamente, da parte del glucosio
ematico e dell’insulina. Tale resistenza si traduce in una condizione di iperglicemia cronica
e patologica.
16. L’insulina agisce sui tessuti bersaglio, in particolare su fegato, muscolo e tessuto
adiposo, stimolando l’ingresso del glucosio nelle cellule e innescando le reazioni di glicolisi
che portano alla produzione di molecole energetiche, ATP, a partire dallo zucchero. Nel
muscolo e nel fegato, l’ormone stimola la produzione di glicogeno, una macromolecola
formata da unità di glucosio. Nel tessuto adiposo, infine, induce la conversione di glucosio
in acidi grassi e quindi in trigliceridi, inibendo anche l’attività degli enzimi lipolitici.
17. Subito dopo un pasto, i livelli di glucosio nel sangue (glicemia) aumentano e viene
quindi prodotta insulina, che riduce la glicemia: questo a sua volta rallenta il rilascio
dell’ormone stesso, così che la concentrazione del glucosio nel sangue ritorna a livelli
normali e si mantiene costante.
18. Nel soggetto diabetico obeso gli adipociti diventano sempre meno sensibili all’insulina
e non riescono ad immagazzinare trigliceridi, che si accumulano invece nel muscolo
e nel fegato, dove risultano tossici.
19. Le strategie di prevenzione primaria sono attuabili solo per il diabete di tipo 2 e
consistono in interventi di educazione sanitaria per promuovere uno stile di vita sano
(alimentazione corretta e regolare attività fisica). È possibile inoltre eseguire test di
screening (prevenzione secondaria) per arrivare a diagnosticare precocemente la malattia
e possibilmente prevenire le complicanze. Gli interventi di prevenzione terziaria consistono
nella terapia insulinica e farmacologica nei casi di diabete conclamato.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


20. L’OGTT, o Oral Glucose Tolerance Test, è un test che permette di diagnosticare il
diabete mellito, in base alla risposta dell’individuo alla somministrazione di glucosio. Per
effettuare l’analisi, vengono somministrati 75 g di glucosio per via orale ad un soggetto e
quindi, ad intervalli di tempo regolari, vengono effettuati prelievi di sangue sui quali viene
determinata la concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia). Nel grafico sono
rappresentati gli andamenti temporali della concentrazione ematica di glucosio in un
soggetto sano ed in uno diabetico. Nel primo caso si nota che, dopo circa 3 ore dalla
somministrazione di glucosio, la glicemia torna ai livelli base registrati prima del carico di
glucosio. Dopo tale periodo la glicemia si mantiene sui livelli fisiologici.
In un soggetto diabetico, sono evidenti più fenomeni:
• la concentrazione di glucosio nel sangue al tempo zero, cioè prima della
somministrazione orale dello zucchero, è molto più elevata rispetto al soggetto sano
(raggiungendo valori pari al doppio della glicemia del soggetto sano);
• i valori della glicemia di partenza vengono ripristinati dopo 6 ore dalla
somministrazione dello zucchero (un tempo pari al doppio di quello osservato in un
soggetto sano);
• non viene mai raggiunto un livello fisiologico di glucosio nel sangue, ma esso si
mantiene sempre significativamente al di sopra dei valori normali.
21.
a. Il signore è probabilmente affetto da diabete di tipo 2.

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b. La difficoltà a deambulare può essere dovuta alle complicanze del diabete, che
comprendono principalmente alterazioni della circolazione sanguigna (in questo
caso degli arti inferiori) con riduzione dell’apporto di ossigeno ai tessuti e aumento
dei processi aterosclerotici. I soggetti diabetici presentano inoltre spesso disturbi e
malattie cutanee e una elevata tendenza a sviluppare infezioni che possono colpire
anche la cute.
c. Il medico come prima indicazione terapeutica consiglierà di seguire delle semplici
regole per condurre uno stile di vita più sano, che comprende un miglioramento
dell’alimentazione (seguire una dieta varia ed equilibrata, ridurre il consumo di sale,
eliminare l’alcol, etc.) e una attività fisica regolare.
22. Insulina e glucagone sono due ormoni prodotti dalla porzione endocrina del pancreas;
il primo ha effetto ipoglicemizzante, dal momento che abbassa la concentrazione del
glucosio ematico stimolando il suo assorbimento e la sua utilizzazione da parte di tessuti
come quello epatico e muscolare. Il secondo ha effetto opposto e, agendo sempre sugli
stessi organi bersaglio, determina l’aumento della glicemia. Le variazioni della
concentrazione ematica dei due ormoni si osservano nei periodi pre- e post-prandiali,
quando cioè l’organismo si trova in carenza o in eccesso di glucosio nel sangue.
23. Per diagnosticare il diabete, il medico può fare eseguire al bambino delle analisi del
sangue per valutare la concentrazione di glucosio ed emoglobina glicosilata, la presenza
di corpi chetonici, il dosaggio dell’insulina; il test OGTT (Oral Glucose Tolerance Test)
valuta l’eventuale risposta alterata alla somministrazione di glucosio; anche l’esame delle
urine è utile per valutare la presenza di glucosio. Il diabete del bambino è di tipo 1, che
colpisce prevalentemente in età giovanile.

CAPITOLO 19

CONOSCENZE
1. D
2. A
3. D
4. C
5. B
6. a. F; b. F; c. V; d. F

ABILITÀ

7. a. ostruzione, polmonare, espulso; b. allergeni, RAST, anticorpi, allergica


8. ostruzione, riduzione, fibroso (termini da barrare)
9.
a. Forma di bronchite cronica caratterizzata dalla produzione di un espettorato
mucoso.
b. Aumento del volume delle ghiandole.
c. Test che misura il volume polmonare mediante uno strumento detto spirometro; tale
test permette di diagnosticare una BPCO.
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Igiene e patologia - 2a ed. © Zanichelli 2020
d. Parametro che viene misurato durante una spirometria e che rappresenta il volume
totale di aria espulsa in una espirazione forzata, in seguito ad una inspirazione
massimale.
e. Test che misura la pressione parziale dell’ossigeno nel sangue e permette di
diagnosticare un’insufficienza respiratoria.
f. Occlusione reversibile delle vie aeree che comporta difficoltà respiratoria e può
essere la conseguenza di infezioni virali, allergie o esposizioni professionali a fattori
irritanti.
g. Riduzione del lume dei bronchi in seguito alla contrazione della muscolatura liscia
della loro parete.
h. Test che permette di confermare la presenza di un’allergia mediante il dosaggio
delle immunoglobuline di tipo E.
i. Test che permette di valutare se un soggetto è allergico nei confronti di un dato
allergene, mediante l’inserimento percutaneo dello stesso e l’osservazione di una
eventuale reazione allergica.
10. La bronchite cronica è una patologia delle vie respiratorie caratterizzata da una tosse
persistente che si manifesta per almeno 3 mesi consecutivi in un anno e per un periodo di
almeno 2 anni. La patologia esordisce in una forma lieve caratterizzata dall’espettorazione
di muco (bronchite cronica semplice); segue una fase in cui l’espettorato assume un
carattere purulento che inficia la funzionalità del sistema immunitario locale, favorendo
l’insorgenza di infezioni batteriche e virali (bronchite cronica muco-purulenta). La terza
fase (bronchite cronica ostruttiva) si manifesta con una significativa infiammazione ed
ispessimento della parete delle vie aeree superiori ed inferiori, spesso accompagnata da
lacerazioni che si manifestano con la presenza di sangue nell’espettorato. L’ispessimento
e l’accumulo di muco causano l’ostruzione delle vie aeree, responsabile dei sintomi della
malattia (difficoltà a respirare fino ad insufficienza respiratoria).
11. L’enfisema polmonare è una patologia caratterizzata dalla progressiva riduzione
dell’efficienza polmonare causata dalla dilatazione abnorme degli alveoli. In particolare, il
danno polmonare è causato dall’attività proteolitica di enzimi rilasciati dai macrofagi, come
l’elastasi, che idrolizza l’elastina, una proteina che forma la guaina elastica degli alveoli.
L’attività dell’enzima non viene adeguatamente contrastata dall’azione di un altro enzima,
l’alfa1-antitripsina, per cui il tessuto elastico viene progressivamente distrutto e il
parenchima polmonare perde elasticità, con conseguente dilatazione alveolare e riduzione
significativa della retroazione elastica dell’organo. Il risultato di questo danno è la perdita
di efficienza degli scambi respiratori che si manifesta con dispnea e aumento della
frequenza degli atti respiratori da parte del paziente.
12. L’insufficienza respiratoria è una condizione caratterizzata dalla ridotta concentrazione
di ossigeno nel sangue; in particolare, la pressione parziale di ossigeno in un soggetto
normale varia tra 80 e 100 mmHg, mentre in un soggetto con insufficienza respiratoria
scende sotto i 60 mmHg.
13. Il trattamento farmacologico delle BPCO prevede diverse strategie, che si basano sul
livello di progressione della malattia. In primo luogo, vengono prescritti farmaci mucolitici
che hanno l’obiettivo di ridurre la massa di muco ostruttivo che si forma nelle vie
respiratorie. Tale approccio terapeutico generalmente può essere affiancato dalla
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somministrazione di antibiotici a scopo preventivo, dal momento che le vie respiratorie
compromesse rappresentano una regione facilmente attaccabile da microrganismi
patogeni come Stafilococchi.
Quando il risentimento bronchiale è particolarmente grave e le vie respiratorie sono
ostruite in modo significativo, si procede alla somministrazione di farmaci broncodilatatori,
il cui obiettivo è quello di dilatare le vie aeree facilitando la respirazione. Questi farmaci
possono avere una durata più o meno prolungata a seconda della gravità della condizione
del paziente.
Nei casi più gravi si ricorre all’ossigenoterapia, cioè alla somministrazione di ossigeno,
quando gli scambi respiratori non risultano più sufficientemente efficienti.
14. L’asma è una condizione patologica caratterizzata dall’ostruzione reversibile delle vie
aeree. Può essere causata dall’esposizione ad allergeni (contenuti sia nell’aria, come i
pollini, sia nel cibo), che stimolano una risposta immunitaria con produzione di una classe
di anticorpi detta IgE. Anche l’esposizione a fattori irritanti presenti in alcuni ambienti di
lavoro può essere la causa di questa manifestazione patologica. Nei bambini piccoli, dato
il ridotto calibro delle vie aeree, l’asma può essere la conseguenza di un’infezione virale.
Infine, anche particolari situazioni come l’esposizione
15. Data l’estrema sensibilità dell’apparato respiratorio nei confronti delle infezioni, sono
presenti una serie di meccanismi, specifici e aspecifici, che lo proteggono nei confronti
della penetrazione e dell’azione patogena di eventuali microrganismi. Tra i sistemi
aspecifici ci sono quelli che agiscono come barriere meccaniche, come le ciglia vibratili e il
muco, la cui funzione è quella di ostacolare l’ingresso di batteri, virus e particelle di
polvere nelle vie aeree; un altro tipo di difesa aspecifica è rappresentato dall’azione dei
macrofagi polmonari e mastociti bronchiali, che rimuovono eventuali particelle o organismi
estranei mediante la loro azione fagocitaria. In seguito all’ingresso di un microrganismo,
tali cellule, normalmente presenti in stato quiescente, vengono attivate e, mediante
un’azione diretta (fagocitosi) e indiretta (produzione di citochine), rimuovono le particelle
estranee dall’albero respiratorio.
La difesa delle vie aeree è di tipo specifico quando riguarda l’attivazione di linfociti B e T e
la produzione di anticorpi, in modo particolare di immunoglobuline di tipo A.
16. In seguito al fumo di sigaretta si osserva un aumento del numero di macrofagi negli
alveoli polmonari, con riduzione della capacità fagocitaria e battericida; il fumo provoca
anche iperproduzione di secrezioni da parte dei bronchi e danni all’epitelio di rivestimento,
in particolare alle ciglia. Si osserva, inoltre, un’alterazione del sistema proteasi-antiproteasi
con conseguente distruzione del tessuto elastico del polmone ed enfisema.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


17.
a. Il ragazzo può aver avuto un attacco di asma provocato da allergeni prodotti dal
gatto.
b. Gli allergeni presenti sul pelo del gatto inducono una produzione di IgE, che si
legano ai mastociti della mucosa bronchiale attivandone la degradazione: sono così
liberati diversi mediatori dell’infiammazione (istamina, leucotrieni, prostaglandine)
che determinano broncospasmo, ipersecrezione di muco, edema della mucosa e
richiamo di altre cellule infiammatorie, in particolare eosinofili.
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c. La terapia per l’asma prevede l’uso di farmaci antinfiammatori e broncodilatatori.
18.
a. Per valutare la capacità respiratoria si effettua il test spirometrico.
b. Per valutare la capacità respiratoria si effettua il test spirometrico.
c. Sicuramente il fumo ha predisposto l’uomo allo sviluppo della patologia respiratoria.

CAPITOLO 20

CONOSCENZE
1. C
2. B
3. B
4. C
5. D
6. A
7. B
8. C
9. C
10. a. V; b. V; c. F

ABILITÀ

11. a. traslocazione, duplicazione, numero; b. recessiva, sesso, proteine, coagulazione,


ereditabilità, famiglie
12. 1. (d); 2. (c); 3. (b); 4. (e)
13.
a. Malattia causate da anomalie genetiche che si trasmettono alle generazioni
successive.
b. Soggetto con fenotipo normale ma genotipo eterozigote per una malattia
autosomica recessiva.
c. Presenza di un cromosoma in più oltre alla normale coppia cromosomica.
d. Anomalie congenite che si manifestano per cause estrinseche durante lo sviluppo
del feto.
14. monogeniche, cariogramma, comparsa della, teratogeni, del tubo digerente,
cromosomico (termini da barrare)
15. Le grosse anomalie cromosomiche possono essere individuate con lo studio del
cariotipo, mentre per variazioni più piccole si ricorre alla FISH (ibridazione in situ
fluorescente).
16. I portatori sani (eterozigoti) dell’anemia falciforme hanno una alta frequenza in Africa
perché l’allele mutato li avvantaggia nei confronti della malaria: i globuli rossi a falce,
infatti, dopo essere stati infettati dal plasmodio della malaria che in essi compie il suo ciclo
vitale, vengono distrutti e impediscono al parassita di riprodursi.
17. Una malattia legata al sesso è associata ad anomalie geniche dei cromosomi sessuali,

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quasi sempre mutazioni recessive sul cromosoma X. Le femmine possono essere
portatrici sane grazie alla presenza dell’allele normale sul secondo cromosoma X, mentre i
maschi manifestano la malattia in quanto il cromosoma Y non può bilanciare il gene
anormale sul cromosoma X. Ne è un esempio la distrofia di Duchenne che è causata da
una mutazione nella distrofina, una proteina codificata da un gene che si trova sul
cromosoma X.
18. Sono indagini non invasive l’ecografia morfologica che evidenzia malformazioni fetale,
l’ecocardiografia fetale che studia il funzionamento del cuore fetale, la translucenza nucale
che misura lo spessore del liquido accumulato dietro la nuca del feto e il test combinato,
che unisce translucenza nucale ad esami biochimici del sangue materno.

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


19.
a. L’individuo è una femmina (ha due cromosomi X).
b. Osservando bene il cariotipo si nota che un cromosoma 5 è più corto: l’individuo
potrebbe avere la sindrome cri du chat che è causata proprio da una delezione di
questo cromosoma.
c. I bambini affetti dalla sindrome cri du chat hanno un tipico pianto che ricorda il
miagolio di un gatto (cri du chat significa pianto del gatto in francese) e presentano
ritardo mentale e testa più piccola del normale. La frequenza di questa patologia è
molto bassa.
20.
a. No, essendo lei eterozigote per una malattia recessiva legata al sesso e il marito
sano, al massimo avrebbe potuto avere una figlia portatrice sana, come Alice di
Hesse.
b. Una figlia avrebbe potuto avere genotipo eterozigote per la malattia (portatrice
sana) come la madre, o omozigote normale.
c. La figlia aveva il 50% di possibilità di nascere sana, mentre per i fratelli si è
verificato esattamente quanto atteso dai calcoli mendeliani, cioè il 50% è nato sano
e il 50% malato.
21. Si tratta di una consulenza preconcezionale, eseguita da una coppia a rischio di
malattia genetica per valutare i rischi riproduttivi. L’albinismo non causa infertilità, quindi la
coppia ha le stesse possibilità di aver un figlio di una coppia normale. L’albinismo inoltre è
una malattia recessiva: il marito deve essere omozigote malato (ha due alleli mutati),
mentre la moglie potrebbe essere omozigote sana, oppure sana ma portatrice (eterozigote
per l’allele mutato). Il genetista può proporre una analisi genetica classica con la
ricostruzione dell’albero genealogico della famiglia e un test di genetica molecolare per
valutare lo stato genetico della donna e la possibile presenza dello stesso allele mutato
del marito. Nel caso (più probabile) in cui la donna risulti sana, tutti i figli saranno
eterozigoti sani ma portatori. Nel caso in cui scopra di essere portatrice, la probabilità di
trasmettere la malattia sarà del 50%, mentre il 50% dei figli potrà essere portatore sano.

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CAPITOLO 21

CONOSCENZE
1. B
2. A
3. C
4. C
5. a. F; b. F; c. V

ABILITÀ

6. a. modificabili, stile di vita, stato di salute; b. cannabis, adolescenza, effetti avversi


7. a. indiretti, contaminanti, i contaminanti, A, rotavirus; b. decimo, nelle femmine,
aumentano (termini da barrare)
8.
a. Disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da ossessione patologica del
mangiare sano.
b. Sostanza allucinogena fra le più potenti conosciute che agisce in particolare sui
recettori post-sinaptici per la serotonina.
c. Dipendenza da TV, internet, social network, videogiochi.
d. Assunzione di una dose eccessiva di una sostanza psicotropa.
e. Competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento per far fronte
alle sfide di tutti i giorni.
9. È stato dimostrato che gli interventi più utili oltre ad essere informativi devono stimolare
la discussione e lo sviluppo di maggiore senso critico, trattando i vari problemi
adolescenziali in modo da modificare convinzioni sbagliate e migliorare l’autostima e le
capacità di comunicazione.
10. Le sostanze stimolanti, quali cocaina, anfetamine ed ecstasy, non sempre danno
dipendenza fisica ma possono provocare assuefazione psichica e alterazioni del
comportamento con ansia, irritabilità, paranoie, attacchi di panico, disturbi del sonno, deliri
e allucinazioni.
11. I determinanti dell’uso di sostanze possono essere ambientali/sociali (livello di
istruzione, lavoro, reddito, ecc.) e individuali (capacità di gestione dello stress e delle
emozioni, conoscenze dei rischi).

COMPETENZE - Verso l’esame di Stato


12. Consumare cannabis può avere un effetto rilassante nel breve termine, ma ha anche
diversi effetti indesiderati fra cui la riduzione di riflessi e memoria (quindi non aiuta a
ricordare gli spartiti), e può anche alterare l’umore (forse per questo Michele non si sente
mai soddisfatto). Un consumo continuativo, soprattutto in età giovanile, può danneggiare
la capacità di coordinare i movimenti, l’attenzione, la capacità di apprendimento, la
memoria e il tempo di reazione: tutte competenze che servono ad un giovane pianista
talentuoso se vuole avere una carriera di successo.

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CAPITOLO 22

CONOSCENZE
1. B
2. C
3. A
4. C
5. a. V; b. F; c. V

ABILITÀ

6. alluvioni, aumentare, Italia, inondazioni, morti, 75%


7. a. effetto serra, malati cronici, la metà, alto; b. minima, ecologisti, alla diminuzione,
all’aumento (termini da barrare)
8.
a. Particelle solide o liquide sospese nell’aria (micro-particolato), del diametro < 10
µm.
b. Insieme dei prodotti delle reazioni che avvengono nell’aria fra ossidi di azoto e
idrocarburi in presenza di luce solare.
c. Accumulo all’interno dell’atmosfera di una parte dell’energia termica solare per
effetto della presenza di gas serra.
d. Sviluppo che garantisca i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la
possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.
9. Durante la Conferenza sul clima di Parigi del 2015 (COP21), i 195 governi partecipanti
hanno adottato il primo accordo sul clima, concordando di mantenere l’aumento della
temperatura sotto i 2°C, puntando a limitarlo a 1,5°C, e di fare in modo che le emissioni
globali raggiungano al più presto i livelli massimi per poi procedere a rapide riduzioni.
10. I cambiamenti climatici hanno effetti indiretti associati alla disponibilità di risorse idriche
e alla produzione globale di cibo, in calo nelle regioni che già soffrono la fame; causano
inoltre variazioni stagionali che possono avere conseguenze negative, specialmente su
persone con asma e allergie, e che facilitano il diffondersi di infezioni diarroiche e malattie
infettive emergenti, in particolare quelle trasmesse da vettori.
11. L’ESS è un approccio olistico legato allo sviluppo sostenibile, che non riguarda solo
l’ambiente ma anche l’economia e la società, e in generale tutti gli aspetti della vita e i
valori di equità e rispetto per gli altri, per la diversità, per le generazioni future, per le
risorse della Terra.

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