Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
● Non modificabili
Un altro aspetto importante della medicina riguarda la nutrizione (chi mangia bene si
cura bene) che riguarda il trovare un equilibrio tra i vari elementi nutritivi.
Infine ci sono i numerosi aspetti della prevenzione (potabilizzazione delle acque).
Sulla salute influiscono diversi fattori, come ad esempio la genetica, il sesso (gli
ormoni influiscono sulla salute e le femmine raggiungono la stessa probabilità di
ammalarsi come gli uomini solo con la menopausa).
Un altro fattore che influisce sulla salute è ovviamente l’età, in quanto essa influisce
sull’insorgenza di malattie croniche.
● Modificabili
-Fattori socio economici
La povertà, l’occupazione, e l'esclusione sociale giocano un ruolo importante
nell'insorgere di malattie, in quanto i LEA (livelli essenziali di assistenza) non sono
sufficienti a garantire la salute da tutti i punti di vista alle fasce più povere della
popolazione (ILVA di Taranto).
-Fattori ambientali
Tra questi fattori rientrano la qualità dell’aria (il covid si è diffuso più velocemente
nelle zone più inquinate), l’acqua e gli alimenti (gli alimenti devono essere etichettati
per garantire la sicurezza degli alimenti), l’abitato (la salubrità degli ambienti
domestici);
-Stili di vita
L’80% delle malattie è dovuta a cattivi stili di vita, per cui è necessario controllare
l’alimentazione, l’attività fisica, la sedentarietà e l’attività sessuale.
-Accesso ai servizi
La medicina è strettamente legata alla facilità di accesso ai servizi, come trasporti,
spazi pubblici, attività ricreative.
Per misurare la salute si fa capo a diversi indicatori: quelli diretti che danno una visione
immediata della situazione in cui ci troviamo e quelli indiretti che danno informazioni più
implicite.
Tra gli indicatori diretti possiamo distinguere:
● indicatori demografici (mortalità, natalità, fecondità, immigrazione, speranza di vita,
durata media della vita, piramide dell’età, indice di vecchiaia e rapporto di
dipendenza);
● indicatori sanitari (mortalità per causa, morbosità, anni perduti di vita potenziale,
limitazioni funzionali e/o organiche, invalidità permanente, morbilità).
Mortalità in Italia
Da un grafico notiamo che dall’unità d’Italia ai primi anni del ‘900 in Italia la mortalità era
molto alta; dal secondo dopoguerra in poi questo fenomeno si è drasticamente ridotto,
grazie a condizioni di vita migliori e grazie all’apporto di nuovi farmaci, come la penicillina.
Altri cambiamenti importanti sono state le vaccinazioni contro la difterite, poliomielite ed altre
malattie invalidanti.
Nel 1991 sono state introdotte le ecografie per le gestanti, facendo crollare le morti
neonatali, perché grazie a queste si potevano le condizioni di rischio ancor prima che il
bambino nascesse.
A fine ‘800 la speranza di vita si aggirava intorno ai 40 anni, oggi si aggira invece intorno agli
80; le donne hanno speranze di vita superiori rispetto agli uomini, come confermato dai dati
INPS che eroga pensioni di reversibilità più a donne che a uomini (ci sono più vedove che
vedovi).
Da un rapporto che si intitola Health at glance: Europe 2018 è emerso che l’Italia è al sesto
posto nella classifica mondiale sull’aspettativa di vita; in Europa è seconda solo alla Spagna.
Da questi dati emerge che al 2016 l’aspettativa di vita si aggira intorno agli 83 anni, con un
leggero decremento nel 2015, causato dall’incidenza delle influenze stagionali e delle
conseguenti ricadute a livello di patologie cardiovascolari.
Le aspettative di vita
Nel corso della storia la speranza di vita si è via via modificata, sulla base di diversi fattori:
si è passati da un'aspettativa di vita che si aggira intorno ai 30 anni all'inizio del ‘900, mentre
adesso si aggira intorno agli 80 anni.
Nel continente africano, in sud America e nella zona ex sovietica le aspettative sono molto
basse.
Uno dei paesi che ha avuto uno sviluppo eccezionale è la Corea del sud, in cui si ha una
grande produzione di alta tecnologia e quindi c’è un innalzamento delle aspettative di vita.
La piramide dell’età
Per rappresentare i tassi di mortalità si può usare la piramide dell’età, un diagramma in cui
vengono riportate le età delle popolazione e il numero di soggetti appartenenti ad essa.
Questa piramide ha forma triangolare nei paesi in via di sviluppo, perché è più larga alla
base (nuovi nati), ma estremamente sottile all’apice (molto anziani), perché si fanno molti
figli, ma si muore in età più precoce.
Questo tipo di grafico è utile per capire già da un primo di sguardo lo stato di salute di una
popolazione.
Nel 1861 la piramide dell’età italiana vedeva ben poche persone raggiungere l’età adulta o
anziana, il nostro paese era piuttosto povero e si moriva in giovane età.
Oggi (2011), invece, in Italia la piramide è più larga nel suo centro, perché la maggior parte
della popolazione rientra nella fascia di mezzo tra infanzia e anzianità (a parità di età sono
sempre le donne le più longeve).
Nel cambiamento demografico italiano ha influito molto anche l’immigrazione che ha fatto
crescere soprattutto la popolazione giovane e quella dei bambini.
Il tasso di mortalità è stato ovviamente alto nel periodo della guerra, ma dal 46 c’è stato un
incremento della natalità chiamato “baby boom”, anche se questa tendenza è poi diminuita e
oggi c’è una natalità bassa anche tra gli immigrati di seconda generazione che hanno
assunto le abitudini degli italiani e quindi fanno pochi figli.
Epidemiologia
Nel XX secolo c'è stato un cambiamento che ha portato ad avere come maggiori cause di
mortalità non più le malattie infettive, ma quelle cronico-degenerative.
Questo è avvenuto perché ci sono stati miglioramenti dell’alimentazione, campagne
vaccinali, miglioramento della condizioni ambientali (sanare zone paludose), miglioramento
delle condizioni di vita e abitative, maggiore disponibilità di farmaci.
Una malattia si definisce acuta quando si manifesta in breve tempo e in tutta la sua violenza
(febbre alta, esantemi, condizione cliniche gravi); le malattie croniche hanno invece un
andamento lentissimo (il tumore si manifesta dopo decenni di sviluppo).
Nell’ambito della malattia cronica gioca un ruolo importante la prevenzione, che va messa in
atto sin dalla più tenera età. (Non fumare, fare attività sportiva, mangiare in modo sano…)
Per tasso di incidenza si intende il numero di nuovi malati sulla popolazione suscettibile
rispetto a una malattia in un determinato periodo di tempo. (di solito annuale)
Se il tasso di incidenza è alto vuol dire che una determinata malattia si sta diffondendo
velocemente, mentre se è basso vuol dire che le misure di contenimento stanno
funzionando e che la catena di contagio viene ostacolata nel giusto modo. Per evitare i
picchi epidemici si punta sulla vaccinazione per fermare la diffusione della malattia.
Per prevalenza si intende il rapporto tra numero di malati che rimangono tali e numero di
malati totali di quella malattia.
Il tasso di prevalenza quindi è più alto nelle malattie cronico-degenerative, perché i malati in
quel caso non possono guarire, quindi assume ancora più importanza il ruolo della
prevenzione per evitare appunto che comportamenti rischiosi portino a patologie gravi.
(Es: chi contrae l’epatite C può sviluppare la cirrosi epatica o il cancro al fegato; chi contrae
il papillomavirus, che si trasmette per via sessuale, può sviluppare il cancro al collo dell’utero
o ai testicoli, per cui è fondamentale vaccinare la popolazione sin dall’infanzia, contro queste
malattie.)
La metodologia epidemiologica mette quindi in campo degli studi per verificare l’efficacia di
una terapia farmacologica o di un trattamento chirurgico per una determinata patologia o per
identificare le cause o i fattori di rischio che portano a sviluppare una determinata patologia.
Ci sono diverse tipologie di studi:
● studi trasversali in cui i dati vengono raccolti in un momento specifico allo scopo di
fotografare una situazione (es: studiare chi è affetto da trombosi e controllare se
presenza alterazione di metalli ematici, in quanto l’esposizione ai metalli può causare
trombosi);
● studi di coorte, ovvero gli studi epidemiologici per eccellenza, durano dai 15 ai 25
anni e vengono fatti su un’intera popolazione che viene seguita per capire come chi
si è ammalato, si sia comportato diversamente dagli altri;
● studi di caso-controllo in cui il caso è rappresentato da chi ha una malattia o è
esposto a un determinato fattore di rischio, mentre il controllo è rappresentato dalle
persone sane o non esposte al rischio (differenza tra fumatore e non fumatore);
● campionamento che è un tipo di studio rappresentativo, quindi perché sia efficace
va fatto su più categorie di persone (sia giovani che anziani), le persone prese per lo
studio devono essere selezionate in maniera casuale e il loro numero deve essere
significativo.
La prevenzione
Oggi viviamo in un periodo in cui si parla molto di malattie infettive, anche se spesso
l’informazione e la comunicazione sono affidate a mezzi e persone non sempre competenti e
per questo motivo c’è sempre il rischio di avere informazioni sbagliate.
Per infezione si intende la penetrazione di un microrganismo all’interno di un individuo
SENZA causare malattia.
Per malattia infettiva si intende invece la penetrazione di un microrganismo all’interno di un
individuo che causa malattia.
La guarigione dell’individuo si verificherà quando le difese immunitarie e la corretta terapia
farmacologica impediranno al microrganismo di sopravvivere e riprodursi.
Il pericolo è costituito dalla trasmissione da persona infetta a persona sana del patogeno che
è un parassita che si moltiplica velocemente.
Microrganismi
Ospite
Per prevalenza puntuale invece si intende il rapporto tra numero dei casi di malattia rilevati
in un dato istante e la popolazione totale.
Un altro dato fondamentale è costituito dalla morbilità che riguarda soprattutto la medicina
del lavoro e l’osservazione di rischi lavorativi che possono portare chi svolge un determinato
lavoro ad ammalarsi. L’indice di morbilità si calcola dividendo il numero di giornate di lavoro
perse per malattia per il numero di giornate lavorative totali annuali.
La letalità invece riguarda il rapporto tra numero di morti per una determinata malattia e i
malati totali.
Per questo motivo c’è la necessità di sviluppare modelli etiopatogeneticici tengano conto
di alcuni fattori:
● la via d'ingresso del patogeno (es: vie respiratorie);
● l’organo target dell’infezione;
● la cura;
● il tempo medio di latenza;
● l’esito mediamente atteso;
● l’ospite preferito (alcune malattie sono tipiche dell’uomo, altre si sviluppano
principalmente negli animali).
Il rischio
Un altro fattore determinante nella medicina preventiva è il rischio; esso deve essere
individuato e sottoposto a valutazione, affinché possa divenire possibile prevenirlo e gestirlo
al meglio.
Per rischio si intende qualsiasi elemento che possa aumentare le probabilità di ammalarsi di
una determinata patologia (es: fumo di sigaretta aumenta probabilità di cancro ai polmoni).
L’igiene e l’epidemiologia dovranno quindi affrontare i tre temi del risk individuation
(individuazione del rischio), risk assessment (valutazione del rischio) e risk management
(gestione del rischio), ma questo tema riguarda tutte le discipline mediche.
Ci sono diversi tipi di rischio:
● rischio assoluto, ovvero il rapporto tra persone esposte a un fattore di rischio e le
persone esposte che effettivamente contraggono la patologia;
● rischio relativo, dato dal rapporto di incidenza tra individui esposti e individui non
esposti;
● rischio attribuibile (?);
● rischio attribuibile di popolazione (?).
Le malattie si possono definire anche sulla base della loro durata e degli intervalli di tempo
che intercorrono tra un’epidemia e l’altra.
Su questa base distinguiamo:
● malattie decrescenti, ovvero quelle che si presentano sempre meno
frequentemente;
● malattie stazionarie, quelle che non si riesce ad eliminare, ma si possono
semplicemente bloccare (malattie endemiche, ovvero malattie tipiche della
popolazione di un certo luogo> anemia mediterranea presente solo nell’area
mediterranea);
Ospite
Nella catena del contagio l’ospite gioca un ruolo molto importante e permette la
riproduzione degli endoparassiti (parassiti che scelgono un ospite all’interno del quale
produrre una o più fasi vitali) ne possiamo distinguere diverse tipologie:
● ospite definitivo/terminale, ovvero l’ospite in cui si compie la fase riproduttiva del
parassita;
● ospite intermedio, in questo caso l’ospite viene infettato accidentalmente ma il
parassita non si riproduce;
● ospite di trasporto, ovvero l’ospite in cui l’infezione si esaurisce.
Portatori
Per portatore si intende un soggetto che elimina uno specifico agente patogeno in assenza
di segni clinici di malattia (asintomatici).
Nel periodo di latenza i portatori sono tuttavia contagiosi, quindi possono trasmettere la
malattia agli altri pur non avendone i sintomi.
Distinguiamo diverse forme di portatori:
● portatori precoci, ovvero i soggetti che si trovano nel periodo di incubazione di una
malattia e possono diffondere l’agente patogeno ancora prima che la malattia si
manifesti;
● portatori convalescenti, ovvero malati che stanno eliminando l’agente patogeno
anche dopo la guarigione clinica (nella fase finale delle malattie esantematiche i
bambini sviluppano delle pustole che sono sintomo di prossima guarigione, ma
possono ancora infettare perché il liquido presente al loro interno è infettivo);
● portatori cronici, ovvero coloro che non guariscono, ma cronicizzano la malattia e
rimangono sempre infettivi;
● portatori sani, ovvero coloro che si infettano ed eliminano l’agente patogeno senza
sviluppare la malattia.
Le pandemie del ventesimo secolo non sono state poche, solo che essendosi concentrate
più che altro in oriente, se ne ha avuta una bassa percezione.
● 1918 - Influenza spagnola (H1N1)
● 1947 - Giappone e Corea (H1N1)
Un’altra componente importante nella diffusione delle malattie infettive è costituita dai
serbatoi o dalle sorgenti di infezione; nel caso del covid potrebbe trattarsi del pangolino o del
pipistrello affetti da questo virus che nell’animale non causava gravi conseguenze, ma
nell’uomo ha conseguenze più gravi.
I microrganismi penetrano nel soggetto sano attraverso diverse vie: per via orale, per
contatto con l’epidermide infetta, per contatto con le mucose, per contatto attraverso gli
occhi…
A livello fetale, le malattie infettive si possono trasferire anche attraverso la placenta e
passare dalla madre al bambino (per questo motivo molte persone fanno il vaccino della
rosolia prima di intraprendere una gravidanza).
Il rischio infettivo
Ci sono diversi aspetti che possono rendere una popolazione più suscettibile: nell’epidemia
del covid abbiamo visto che l’epidemia ha avuto effetti più gravi al nord Italia, nonostante i
sistemi sociosanitari siano migliori di quelli del sud Italia.
Questo è dovuto a una diversa qualità dell’aria che al nord è più inquinata per via della
maggiore attività industriale peggiorata anche dalle condizioni climatiche, ma anche alla
diversa concentrazione di popolazione per km2 e a una diversa distribuzione degli spazi.
Le epidemie spesso riguardano solo alcune specie a causa dell’immunità congenita di
specie, per cui i microrganismi si specializzano nel colonizzare una sola specie e le altre
sono per questo immuni; questo non esclude che un patogeno possa fare un salto di specie,
come accaduto per il covid passato dai pipistrelli all’uomo.
L’immunità può essere anche di tipo individuale, come nel caso delle persone che non si
ammalavano nonostante ci fossero epidemie di peste.
L’immunità può essere anche acquisita ovvero prodotta quando avviene un’effettiva
esposizione a un patogeno; può essere naturale se acquisita contraendo la malattia e
sviluppando quindi gli anticorpi (attiva) o se avviene attraverso l’allattamento e quindi la
madre passa al figlio degli anticorpi attraverso il colostro (passiva), mentre è artificiale
quando si acquisisce attraverso la vaccinazione (attiva) o attraverso la somministrazione di
siero immune (sieroprofilassi).
(es: l’antitetanica è una pratica di sieroprofilassi, in quanto se un soggetto contrae il tetano
bisogna agire tempestivamente iniettandogli il siero immune con gli anticorpi)
La risposta immunitaria può produrre anticorpi, ovvero molecole proteiche specifiche che
reagiscono all’antigene (elemento estraneo appartenente a un patogeno).
Questo tipo di risposta può avvenire in due forme:
● risposta anticorpale, in cui avviene una produzione e secrezione di anticorpi capaci
di combinarsi specificamente con l’antigene;
● risposta cellulo-mediata, in cui viene stimolata la proliferazione di linfociti che
riconoscono l’antigene e lo inglobano nelle cellule dove viene digerito tramite i
macrofagi.
In Italia molti vaccini sono stati resi obbligatori da una legge del 2017 per cui tutti i bambini
da 0 a 16 anni devono essere vaccinati contro poliomielite, difterite, tetano, epatite B,
pertosse, morbillo, rosolia, parotite, varicella.
Alcuni di questi vaccini vengono raggruppati perché le malattie hanno origine da un unico
virus che poi si è distinto in diverse varianti.
Una vaccinazione non obbligatoria,ma fortemente consigliata, è quella contro l’HPV
(papillomavirus) che se contratto può portare a cancro al collo dell’utero nelle donne e ai
testicoli negli uomini.
La prevenzione primaria avviene quindi tramite vaccinoprofilassi e sieroprofilassi su soggetti
sani, ma in caso di viaggi all’estero si può richiedere la chemioprofilassi, ovvero una
vaccinazione per cui si rende “inospitale” il sangue del soggetto sano in modo da non fargli
contrarre malattie.
Altre operazioni di prevenzione primaria sono le opere di bonifica (zone paludose ad
esempio), le terapie antibiotiche, l’isolamento o allontanamento da attività lavorative, ma
anche attraverso l'educazione sanitaria.
Un altro elemento importante nella gestione dell’ambiente riguarda le pratiche di
sterilizzazione (distruzione di ogni forma di vita in ambienti e materiali), disinfezione
(distruzione dei germi patogeni in ambienti e materiali), disinfestazione (distruzione di
macroparassiti-vettori).
Attraverso la bonifica dell’ambiente, delle superfici, degli oggetti con cui siamo a contatto, è
possibile eliminare il rischio di patologie infettive perché con queste pratiche si distrugge il
patogeno correlato a queste ultime.
Il processo di bonifica può essere messo in atto con due diversi procedimenti:
● antisepsi, ovvero creare le condizioni per bloccare lo sviluppo e l’impianto di
microrganismi;
● asepsi. ovvero mantenere la sterilità di un substrato (gli strumenti utilizzati dal
dentista vengono sterilizzati in autoclave dove vengono eliminati i possibili patogeni e
le possibili spore anche grazie alla pressione del vapore, prima dell’utilizzo vengono
posti sotto una lampada UV che li mantiene sterili fino a quando vengono utilizzati).
Altri possibili metodi di bonifica possono essere naturali, come l’ossigeno o la luce
ultravioletta solare, ma anche mezzi artificiali che possono essere fisici (alte temperature,
stufe, autoclavi) e chimici (che hanno la capacità di distruggere le cariche batteriche).
Un’altra componente fondamentale della prevenzione riguarda l’igiene del personale,
soprattutto quello addetto alla manipolazione.
Ci sono precise norme igieniche disciplinate dall’HACCP che stabiliscono, ad esempio che
chi manipola gli alimenti non può avere unghie lunghe o smalto, ma deve rispettare
determinate norme igienico-sanitarie come raccogliere i capelli in cuffie e indossare la
mascherina; inoltre tutto il personale deve essere in buone condizioni di salute e garantire
anche una buona igiene personale.
Toxoplasmosi
Rosolia
Il virus della rosolia (rubella virus) si trasmette per via aerea, quindi si può trasmettere
tramite le goccioline di aerosol emesse da un soggetto infetto attraverso la tosse, gli starnuti
e la fonazione.
Il virus può superare l’epitelio del villo e arrivare fino alla placenta, arrivando a far sviluppare
l’infezione del feto che in alcuni casi può portare a sviluppare la rosolia congenita, in altri può
causare anche l’aborto.
Questa infezione colpisce gli organi di senso (occhi, orecchie), ma anche il cuore e il
sistema nervoso.
Le malformazioni più frequenti sono a livello degli occhi (cataratta congenita, cecità,
glaucoma) o a livello delle orecchie (sordità, ipoacusia).
Le malformazioni cardiache e cardiovascolari generalmente portano alla persistenza del
dotto di Botallo, il quale, normalmente, si forma nelle prime fasi della gravidanza per irrorare
il muscolo cardiaco, ma poi viene riassorbito, producendo così la divisione dei setti e dei
ventricoli in maniera completa; nei soggetti con malformazioni dovute all’infezione da rubella
virus in gravidanza questo dotto rimane aperto, causando un ricircolo del sangue all'interno
del cuore con tutta una serie di problemi nel nascituro. Altre malformazioni importanti a
livello cardiovascolare possono essere: la stenosi restringimento) dell’aorta-polmonare o
dell’aorta addominale.
Questo virus può causare anche gravi malformazioni a livello neurologico:
● la microcefalia (mancato sviluppo del cervello);
● le agenesia cerebrali (porzioni di cervello non si sviluppano);
● l’idrocefalia (accumulo di liquidi nel cervello);
● il mielo-meningocele;
● la spina bifida;
● l’ipospadia (canale urinario localizzato in posto diverso da dove dovrebbe essere,
come in prossimità dei testicoli o nel perineo);
● il criptorchidismo (quando le gonadi, quindi il testicolo o le ovaie, non si sviluppano
bene).
Nei mesi successivi al primo trimestre il virus attacca in particolare il fegato, la milza e il
midollo osseo e quindi sarebbe opportuno vaccinare la donna anche durante la gravidanza,
per evitare che sia esposta a questo tipo di rischio.
Il neonato è contagioso per un lungo periodo (circa 6 mesi), in quanto il virus viene eliminato
attraverso la saliva e le secrezioni nasali, per cui bisogna evitare che venga a contatto con
donne in gravidanza e negative al virus.
Diagnosi:
La ricerca sierologica degli anticorpi specifici permette la diagnosi.
La diagnosi precoce va fatta con prelievo dal funicolo o su campioni di liquido amniotico.
Profilassi
La profilassi va fatta attraverso la vaccinazione, che per quanto riguarda il rubella virus, può
essere associata a quella del morbillo e della parotite.
Il vaccino va somministrato almeno tre mesi prima dell'insorgenza di un’eventuale
gravidanza con una terapia che è esclusivamente sintomatica, cioè la febbre, la tosse viene
gestita con dei farmaci adeguati.
Le donne in gravidanza non possono essere vaccinate, ma se negative al virus possono
essere protette tramite le immunoglobuline, quindi applicando la sieroprofilassi.
L'herpes simplex invece è un virus che raramente si presenta nei neonati, ma può avere
conseguenze gravissime e può essere trasmesso dalla madre al bambino durante il parto
naturale (per via vaginale, quindi si tratta di herpes di tipo 2, mentre il tipo 1 non compare sui
genitali, ma sulla faccia).
La malattia causa aborto, embriofetopatia e mortalità perinatale elevata.
L’embriofetopatia si manifesta con andamento setticemico e lesioni cutanee di tipo
vescicolare su tutta la superficie del corpo.
Diagnosi
In caso di presenza di vescicole a livello genitale il neonato deve essere allontanato dalla
madre per almeno 12 giorni, per evitare il contagio, mentre se le vescicole compaiono prima
del parto bisogna eseguire un parto cesareo a sacco integro (il sacco amniotico deve essere
asportato senza che il bambino possa venire a contatto col sangue infetto della madre).
● Varicella (varicella ed Herpes zoster che è lo stesso virus che si presenta in due
forme diverse);
● Epstein Barr (mononucleosi infettiva - “malattia del bacio”);
● Cytomegalovirus (malattia citomegalica).
Questi virus hanno la caratteristica comune di essere difficili da gestire, in quanto dopo la
prima comparsa, anche se curati, rimangono latenti nell’organismo e possono ricomparire
anche a distanza di anni.
Queste malattie si trasmettono per via sessuale, quindi si diffondono maggiormente se si
hanno rapporti sessuali non protetti.
Profilassi
Non esistono ancora vaccinazioni, quindi la diffusione dei contagi si può prevenire solo
tramite la prevenzione.
Cytomegalovirus
Con “others” si fa riferimento a malattie come AIDS, epatite virale, la parotite, il morbillo,
l'influenza, la rabbia e lo zika (è una patologia che produce nel bambino la microcefalia o
l’anencefalia, quindi o l'assenza del cervello o un cervello poco sviluppato che dà una
disabilità al 100%; il vettore è una zanzara che ha causato un’epidemia che tra il 2011 e il
2015 ha imperversato nelle zone tropicali e subtropicali dell'America Latina e del sud degli
Stati Uniti come Messico, Colombia, Brasile,Texas e Florida; l'unica strategia di prevenzione
è evitare l'incontro con il vettore durante la gravidanza e quindi evitare il problema).
Tra le infezioni da attenzionare durante la gravidanza possiamo distinguere:
● infezioni batteriche (causate da streptococchi, listeria monocytogenes, serratia,
pseudomonas, tubercolosi);
L’acqua potabile
L’acqua potabile è l'acqua che si può bere, quindi quella destinata al consumo umano, usata
non solo per bere, ma anche per lavarci, per cucinare, per lavare le stoviglie e pulire la casa,
quindi costituisce un elemento di fondamentale importanza.
L'unica acqua destinata effettivamente al consumo umano, è l'acqua del rubinetto: ovvero
l'acqua clorata, in cui la presenza del cloro garantisce che l’acqua rimanga pura anche a
distanza di tempo, mentre l’acqua minerale, una volta aperta la bottiglia, non ha garanzie
microbiologiche o chimiche.
Sull’acqua del rubinetto si possono avere dei dubbi per la presenza di possibili detriti, ma di
fatto è un’acqua controllata costantemente e per questo motivo sicura, inoltre la presenza
del cloro fa sì che le sostanze organiche sedimentino sul fondo.
L’acqua potabile è un bene prezioso nella prevenzione e nella gestione della vita delle
persone.
Essa rappresenta un diritto a cui tutti dovrebbero poter accedere, anche se di fatto non è
così e ancora oggi non tutti riescono ad accedervi tranquillamente.
L’acqua è la sostanza più diffusa sulla terra (ricopre i 7/10 della sua superficie), ma quella
potabile ne rappresenta una piccola percentuale, infatti segue un ciclo idrogeologico per cui
è facili che si contamini.
Anche l’essere umano è fatto da circa il 55% di acqua, per questo motivo l’acqua è un bene
strettamente necessario per la sopravvivenza e la disidratazione può rappresentare una
causa di morte; in mancanza di cibo si può sopravvivere, ma in mancanza di acqua si hanno
immediatamente conseguenze (disidratazione del 5% rispetto al peso corporeo causa
nausea e sonnolenza; 10% alterazioni psicofisiche; 15-20% morte).
Spesso l'acqua che viene utilizzata non ha le caratteristiche chimico fisiche e
microbiologiche idonee per garantire la salute della popolazione (come nel caso in cui si
usano dei pozzi superficiali), e il legame tra facilità di accesso all’acqua e salute è stretto: nei
paesi in cui si ha maggiore accesso all’acqua si abbassa la mortalità infantile e si alza
l’aspettativa di vita.
Ogni persona ha un fabbisogno di acqua piuttosto grande, si stima che oggi una persona
abbia bisogno di circa 1500 litri di acqua al giorno e per soddisfare questo bisogno si deve
attingere a serbatoi, dissalatori (per utilizzare l’acqua di mare), pozzi profondi, acque
superficiali.
L’acqua è un fattore di benessere, ma per essere tale deve rispondere a quattro
caratteristiche:
● purezza, ovvero assenza di contaminazione;
● innocuità, ovvero assenza di fattori indesiderabili e tossici;
● gradevolezza, ovvero caratteristiche organolettiche;
● usabilità, ovvero possesso caratteristiche tecniche che permettono di utilizzare
l’acqua per gli strumenti tecnologici come caldaie, ferri da stiro, lavatrici, ecc..
Per certificare la qualità dell’acqua si devono fare delle analisi microbiologiche per attestarne
le proprietà positive ed escludere la presenza di elementi patogeni o nocivi per la salute
umana, mentre gli esami chimici servono a controllare l’assenza di agenti di contaminazione
come ammoniaca, ossidi di azoto, IPA, ecc...
Per una buona qualità dell’acqua è importante sia la fonte da cui proviene l’acqua (fiume,
sorgente) sia il terreno sotto cui si sviluppa la falda acquifera.
Tra i fattori indesiderabili collegati all’acqua bisogna individuare la carica batterica per
determinare se l’acqua esaminata presenta elementi che sforano quelli previsti dalla legge,
per cui l’acqua deve essere trattata prima di essere utilizzata.
Possono esserci anche degli elementi tossici che rendono inutilizzabile l’acqua.
A livello di gradevolezza l’acqua deve presentare alcune caratteristiche: colore, odore,
sapore, limpidezza, temperatura, la quantità di anidride carbonica, il residuo fisso, la
conducibilità.
La presenza di anidride carbonica si riscontra in acque di tipo vulcanico e fa sì che l'acqua
sia frizzante, anche se a volte viene aggiunta artificialmente.
Per quanto riguarda l’usabilità invece bisogna far riferimento alla durezza dell’acqua e alle
caratteristiche che possono renderla inutilizzabile per gli strumenti tecnologici (es: lavatrice,
caldaie, ecc.); anche la conducibilità rappresenta un fattore importante per l’uso dell’acqua
negli elettrodomestici ed è data dalla presenza di ioni disciolti nell’acqua (se in eccesso
possono causare incrostazioni).
L’acqua presenta anche dei microelementi che devono essere controllati affinché non
superino le quantità previste dalla legge, di alcuni di essi abbiamo bisogno per un corretto
funzionamento del nostro organismo.
Spesso si ricorre ad acque minerali evitando l’acqua potabile del rubinetto per non assumere
determinate sostanze ritenute dannose, che invece sarebbero fondamentali per lo
svolgimento di attività metaboliche (es: il sodio o il calcio).
Un altro elemento da tenere sotto controllo nell’acqua è il residuo fisso, ovvero la quantità
di minerali che rimangono se scaldo un contenitore di porcellana e faccio evaporare tutta
l'acqua.
Il residuo fisso è un parametro importante per chi ha problemi renali per i bambini molto
piccoli (al di sotto di 8-9 mesi dove ancora il nefrone non è particolarmente funzionale e
quindi è necessario somministrare acqua con residuo fisso basso per non sovraccaricare i
reni dei neonati).
Esistono delle leggi di tutela e controllo dei bacini imbriferi (bacino di raccolta dell’acqua che
può essere potabilizzata) che garantiscono che l’acqua potabile rispetti degli standard di
qualità e sicurezza.
I parametri microbiologici che si applicano all’acqua servono a controllare che in questa non
vi sia presenza di Escherichia coli, di enterococchi, di pseudomonas aeruginosa; inoltre
viene fatto un conteggio delle colonie di batteri presenti portando l’acqua a 22° e a 37°.
Un altro controllo da fare riguarda le sostanze organiche come pesticidi (circa un centinaio),
IPA (circa 36) e i metalli pesanti.
Queste analisi permettono quindi di capire quali sono gli elementi presenti nell’acqua, così
da poter mettere in atto le adeguate correzioni (per la potabilizzazione).
Esistono diverse patologie che possono essere attribuite all’inquinamento dell’acqua, sia di
tipo infettivo, che di tipo cronico-degenerativo.
Un dato, ad esempio, ci dice che ogni anno ci sono circa un miliardo di nuovi malati per
malattie diarroiche (3 milioni e 300mila muoiono), dovute a una non corretta gestione degli
escrementi animali o umani che vanno a contaminare le acque utilizzate dall’uomo.
Un altro tipo di infezione che può insorgere è quella intestinale, legata agli elminti (vermi),
per cui muoiono 100000 persone all’anno; questa particolare infezione è dovuta anch’essa a
contaminazione, ma anche a scarsa igiene personale e domestica.
La dracunculiasi, invece, è una malattia derivante da un verme la cui cisti viene assunta per
via acquatica (quindi utilizzando un’acqua non potabile) che usa l'uomo come ospite
definitivo all’interno del quale svolge la riproduzione sessuale; questa era una delle malattie
tipiche ad es. delle mondine, che stavano sempre in acqua con le gambe e le mani, per cui
era facile, toccandosi la bocca o bevendo un’acqua contaminata da larve di questo
piccolissimo crostaceo invisibile a occhio nudo, che tali larve si sviluppassero all'interno del
rene e dell’intestino e si dislocassero nel sistema linfatico, sarebbero poi uscite e avrebbero
continuato il loro ciclo. Tale malattia, era presente nel sud Italia e quindi anche in Sicilia, ma
soprattutto in Emilia-Romagna e Piemonte dove era e importante la coltivazione del riso.
Nitrati Metaemoglobinemia
Acqua di falda:
L’acqua di falda è un’acqua molto profonda che si auto-depura per percolazione attraverso
le rocce: tanto più è spesso lo strato di roccia, tanto più sarà pura l'acqua profonda.
Pertanto, la si utilizza e la si potabilizza solo dopo un'attenta analisi chimica e
microbiologica.
Acqua superficiale:
• Fiumi: autodepurazione legata alla rete trofica
• Laghi e bacini: autodepurazione legata al lento ricambio
• Acque meteoriche: necessari trattamenti di potabilizzazione
• Acque di mare: usabilità strettamente legata al fabbisogno
Quali potrebbero essere le cause di inquinamento delle acque sia profonde che superficiali?
Gli scarichi industriali, le attività agricole pregresse sugli ambienti o sui suoli dilavati dalle
piogge (e quindi quelle acque di percolazione che arrivano nei bacini imbriferi o nelle falde),
dagli scarichi urbani (= fognature), o da alcune situazioni naturali del sito (ex. ci sono alcune
fonti che sono ricche in alcuni elementi perché la geologia del suolo produce il rilascio di
alcuni metalli o di alcune sostanze).
enzimi dei microrganismi, inattiva il virus, inattiva i protozoi, i miceti e gli elminti, evita sapori
sgradevoli, ossigena l'acqua e soprattutto ha una disinfezione rapidissima.
Generalmente, l’ozono è un gas che viene sparato contro corrente all’acqua e che si
disperde. Successivamente, nel momento in cui incontra l'acqua, questa si disinfetta (seppur
in seguito non si avrà la garanzia che questa non sia nuovamente impura). Dunque, l'ozono
si usa per i trattamenti industriali (ex. le acque fisiologiche che vengono iniettate in corpo,
solo dopo averle sterilizzate tramite l’ozono, perché altrimenti si potrebbe produrre
l’infezione nel soggetto che ha fatto uso del farmaco. In pochissimi secondi, evapora, viene
chiusa la provetta e di conseguenza la disinfezione e la sterilizzazione è garantita fino a
quando non si apre l’ampolla).
Ovviamente, quindi, ha la rapidità di attività e questa alta capacità di sterilizzare; ma ha il
difetto che gli impianti costano moltissimo perché viene prodotta questa molecola tre-
atomica dell'ossigeno (che è fortemente instabile e quindi anche pericolosa dal momento
che gli impianti di produzione possono essere soggetti a esplosioni), manca di azione
residua (cioè non permane nell’acqua, per cui non garantisce nel tempo la disinfezione) e
soprattutto può produrre anche dei sottoprodotti.
• Clororichiesta: se ne fa un maggiore uso a livello potabile. Si parla di clororichiesta
perché si usa tanto cloro quanto serve a distruggere tutto ciò che potrebbe essere stato
identificato con le analisi.
Per cui la clorazione può essere semplice: si mette una quantità di cloro che è sufficiente a
distruggere tutto e che ne rimane un pochettino per poter garantire la disinfezione dell'acqua
a lungo termine (e quindi che abbia un’azione residua). Con la clorazione semplice si tiene il
cloro per un tempo lungo di contatto, si ha una bassa velocità di reazione del cloro, si
possono formare i clorofenoli.
Per la cloro-ammoniazione si usano dei sali di ammonio contenenti cloro. Questa impedisce
la formazione di clorofenoli.
Quindi ogni tipo di colorazione è basata sul tipo di uso che si deve fare di quell’acqua.
La clorazione può essere usata con cloro gassoso che si usa generalmente per le acque
molto profonde (ex. per le acque profonde dei pozzi del massiccio etneo, quindi del vulcano,
essendo molto profondo e molto puro, si usa il cloro gassoso per cui quando viene bevuta
l'acqua ha una bassissima percezione a livello olfattivo e gustativo del cloro); mentre le
acque più superficiali vengono trattate con biossido di cloro ipoclorito e la quantità di cloro
utilizzata è maggiore perché essendo più superficiale l'acqua potrebbe essere
maggiormente esposta a rischio di contaminazione.
La clorazione ha dei pregi: può garantirmi la disinfezione, ha proprietà decoloranti e
deodoranti (quindi anche l'acqua, di per sé, assume quello che è l'aspetto adeguato dal
punto di vista organolettico per poter essere consumata), distrugge i loro clorofenoli (per cui
se anche si formassero dei sottoprodotti di disinfezione, il cloro stesso distrugge, quindi
riducendo il rischio da esposizione a cloro fenoli), ma soprattutto il costo è ridotto rispetto
allo zonizzazione ma il biossido di cloro rispetto agli ipocriti, essendo un gas, ha un
pochettino di problemi soprattutto per quello che riguarda la gestione degli impianti che
possono anch’essi creare dei problemi di esplosione.
Clorazione al break-point:
Noi sappiamo che scegliamo il tipo di colorazione in funzione al tipo di acqua che si deve
disinfettare. È ovvio quindi che se si ha a che fare con acque profonde, che sono
generalmente più pure, si userà il cloro gassoso; nel caso, invece, delle acque di lago o di
fiume (come può avvenire in Emilia-Romagna e in Piemonte o nel Lazio) si deve utilizzare
un sistema che mi dia una maggiore garanzia di potabilità delle acque perché le sostanze
organiche, gli elementi di disturbo o patogeni che possono arrivare sono maggiori
(soprattutto in quantità ma anche nella varietà).
Per cui, si fa una prima clorazione dove si aggiunge una certa quantità di cloro (che è
calcolato sulla quantità e sul tipo di analisi che sono state fatte sulle acque grezze) per poter
cominciare a distruggere tutto quello che incontra, soprattutto le sostanze organiche e gli
agenti patogeni di tipo microbiologico. A questo punto, una parte si lega alle sostanze
organiche (perché così le fa flocculare, cioè diventano più pesanti e tendono a sedimentare).
Si deve eliminare il cloro residuo combinato a quello che aveva intercettato, dunque si usa
un’ulteriore clorazione che raggiungerà il break-point quando ha distrutto tutto ed il cloro
residuo combinati della precedente clorazione e rimarrà soltanto il cloro residuo libero
ovvero quello che rimarrà libero nelle acque per garantire la disinfezione quando ad ex. si
rompe una tubazione, oppure c'è un'infiltrazione, e quindi nel momento in cui si aprirà il
rubinetto l'acqua sarà comunque pura.
ex. Se si ha una casa (specialmente se di villeggiatura) e per molti mesi l’acqua potabile non
è stata utilizzata, non si può subito riempire l'acqua del bicchiere dal rubinetto, bensì si
apre il rubinetto e si fa scorrere per parecchi minuti l'acqua in maniera tale che si elimino le
stagnazioni; di fatti, passando acqua corrente vi è quella quantità di cloro che va a
disinfettare tutti i rubinetti.
Pertanto, la colorazione è il metodo più utilizzato per poter rendere potabile l'acqua, ma, se
non è fatta con tutti i criteri, potrebbe creare come elemento di disturbo alcune sostanze
dette D-DBP (Disinfection-Disinfection By Products) o dette semplicemente “sostanze
alorganiche” o “sottoprodotti della disinfezione” che sono tossici.
ex. il cloroformio, il triclorometano, il diclorometano, il tribromometano di cloro, il
tribometano, il cloroacetonitrile (come possiamo notare c’è sempre la molecola del cloro).
Questi sono i prodotti di una prima disinfezione che vanno distrutti con la disinfezione al
break-point (per cui si dice breakpoint quando ho raggiunto la rottura di tutte queste
molecole e non ho più sostanze alogenate nell'acqua insieme al cloro libero).
Addirittura, negli Stati Uniti ce n'è uno che è più facile chiamare MX. Tale molecola in acqua
di rubinetto a PH normale esiste a forma aperta. Questa si forma dalla reazione di matrici
organiche complesse come gli acidi umici con sostanze clorurate (è un tipico ex. della
pianura padana perché sono i territori della pianura padana costituiti da torbiere, cioè da
elementi alluvionali ricchi in sostanza organica, il che, se si usano delle acque di
quell’ambiente, si deve necessariamente fare il break-point perché se ci si fermasse alla
prima clorazione si avrebbe una grande quantità di MX che è cancerogeno). Questo è molto
più frequente negli Stati Uniti, tant'è che lo MS nel 2004 ha detto che c'è e potrebbe esserci
una ipotesi tra aumento del cancro nelle età adulte con l'uso di acqua di rubinetto.
Dunque, ci si potrebbe chiedere: ma allora è meglio usare l'acqua minerale? No perché
quella non mi da la garanzia né di essere fisiologica né di essere disinfettata; per cui ho un
rischio microbiologico che può derivare o da un cattivo imbottigliamento o da una cattiva
gestione delle bottiglie, soprattutto se sono messe all'aria aperta esposte al sole. Dobbiamo,
però, ricordare quanti sono i casi di morte accertata nelle giovani età se non hanno acqua
potabile (e perciò clorata), quindi io questo rischio lo assumo come il male minore e,
consapevole di ciò, incremento anche le attività di gestione dell'acqua e di trattamento per
ridurlo.
Ecco che, se si usa acqua potabile con un alto livello di sottoprodotti di disinfezione, si
potrebbe avere un rischio nell'età adulta (70-80 anni) di cancro alla prostata, all'intestino.
Addirittura, si dice che il 9% di tutti i casi di cancro alla prostata e il 15% di cancro al colon
retto potrebbero essere attribuiti ai sottoprodotti clorurati dell'acqua potabile.
Inoltre, se le acque sono cariche di nitrati (che servono a e concimare i terreni) entrano a
contatto con l'acqua si trasformano in nitriti (che invece hanno e rappresentano un'alta
tossicità per l'uomo). Quando vengono assorbiti, attraverso le verdure o attraverso le carni
(perché molto spesso i nitriti sono dei conservanti utilizzati per conservare carne, salumi e
formaggi per non farli deperire o ammuffire), allora in quel caso si consumano nitrosammine.
Queste ultime, che si formano nel nostro stomaco adatto a basso valore di PH e quindi a
forte acidità, sono un rischio correlato all' arricchimento dei terreni e/o delle produzioni
agricole con i nitrati o dell’uso dei conservanti; per cui quando oggi noi parliamo di carne
rossa che stimola il cancro, non parliamo della carne fresca, bensì di tutti i prodotti proteici
(compresi i formaggi) di lunga scadenza che hanno nella loro formula i nitrati e i nitriti. Per
cui è ovvio che, nel momento in cui si dà un'indicazione di una corretta nutrizione, i cibi
conservati o di lungo tragitto si cerca di limitarli perché lì sicuramente la quantità di
conservanti è maggiore.
IPA
Tra le molecole di cui tener conto nell’analisi dell’acqua a scopo preventivo rivestono un
ruolo importante i sottoprodotti della disinfezione, i nitriti che derivano dal l'ossigenazione e
dall’idratazione dei nitrati, gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) ovvero sostanze organiche
particolarmente grandi di dimensioni e pesanti che non sono sostanze cancerogene di per
sé, ma lo sono alcuni derivati in cui vengono convertiti nel tentativo dell’organismo umano di
renderli idrosolubili (quando assumiamo sostanze non idrosolubili il nostro organismo deve
trasformarle in idrosolubili per poterle eliminare attraverso le feci o le urine; questo avviene
attraverso gli enzimi secreti dal fegato e questi ultimi possono essere a volte dannosi per
l’organismo).
Gli IPA sono una classe molecolare piuttosto vasta (più di 150), quelli nocivi sono
cancerogeni e mutageni (provocano un cambiamento nel dna) e sono circa 16; essi sono
fortemente lipofili (si disciolgono bene in sostanze grasse) e possono essere presenti negli
alimenti, soprattutto se cotti a temperature elevate per molto tempo.
Queste sostanze possono costituire un pericolo anche per le donne in allattamento, in
quanto queste sostanze dannose vanno a depositarsi nell’accumulo di grasso che poi
permette la produzione del latte materno e quindi queste sostanze possono passare al
bambino (in gravidanza viene proibita l’assunzione di sostanze grasse di origine animale,
l’uso del salmone, del tonno o del pesce spada perché possono contenere grandi quantità di
sostanze nocive attraverso la loro alimentazione).
Gli IPA si possono trovare nelle acque superficiali (mare, fiumi, laghi), ma anche nelle falde
acquifere profonde, se inquinate da rifiuti; sono presenti anche nel fumo e nei cibi affumicati
o cotti troppo.
Queste molecole vengono trasformate dagli enzimi e si legano ai grassi per poi essere
confuse dall’organismo come parti di DNA, dando luogo a una mutazione.
Nelle acque potabili dei sistemi idrici occidentali la presenza di IPA è stata ostacolata
sostituendo i materiali con cui viene a contatto l’acqua negli impianti idrici (nei paesi
sottosviluppati si usa ancora la canapa catramata, come accadeva anche da noi in passato).
Arsenico
Prodotti fitosanitari
I prodotti fitosanitari, detti anche antiparassitari, fitofarmaci o pesticidi sono composti chimici
utilizzati in agricoltura per combattere parassiti e altri organismi dannosi per l’uomo, gli
animali e le piante.
Tra questi prodotti rientrano gli antiparassitari per gli animali, gli insetticidi (anche quelli per
evitare le punture di zanzare) e i prodotti contro i parassiti delle piante.
Un uso eccessivo di questi prodotti può essere dannoso per la salute, in quanto essi hanno
una forte lipofilia (come gli IPA) e per questo motivo vengono acquisiti.
Durante la gravidanza l’esposizione eccessiva a determinati pesticidi può portare a
malformazioni come le ipospadie (malformazioni alla parte finale dell’intestino o ai genitali
del bambino); queste sostanze sono inoltre cancerogene, per cui bisogna attenzionarne
l’uso e la dispersione che se ne fa.
L’acqua pubblica deve essere salvaguardata e tutelata e deve essere percepita come un
diritto, ma soprattutto come un dovere sensibilizzando le persone a un corretto utilizzo
dell’acqua, a un'accurata gestione del territorio, a un adeguato smaltimento dei rifiuti solidi, a
un adeguato smaltimento dei liquami affinché non avvenga la contaminazione delle acque.
Riguardo alla disinfezione delle acque l’OMS ha affermato che anche se questo processo
provoca la presenza di sostanze che possono causare effetti sulla salute dei consumatori a
lungo termine, se questo processo non si facesse i rischi sarebbero ancora più gravi a causa
di agenti patogeni presenti nell’acqua.
La disinfezione può essere resa più blanda, agendo con sostanze meno dannose.
Sull’acqua vengono continuamente diffuse molte notizie fuorvianti che vanno prontamente
smentite:
● un articolo del Times sosteneva che bere acqua da sdraiati sia meglio che berla in
posizione eretta;
● spesso vengono diffuse notizie sulla radioattività dell’acqua potabile (l’acqua potabile
viene continuamente controllata in merito alla presenza di elementi radioattivi,
mentre non viene fatto altrettanto sull’acqua minerale);
● su Meridionews veniva riportata una notizia che sosteneva che l’acqua potabile di
Palermo fosse contaminata, ma il sindaco smentì sostenendo che i controlli sulla rete
idrica avevano dato riscontri positivi;
● su whatsapp circolava una notizia su cui si diceva che l’acqua del rubinetto fosse
contaminata da acqua fognaria.
Tutte queste notizie sono strumentalizzate da chi vuole spingere i consumatori ad acquistare
acqua minerale o ad installare impianti di depurazione.
batteriche. Il Cloro presente nell’acqua del rubinetto può risultare sgradevole al gusto. Un
fastidio facilmente ovviabile con l’applicazione di semplici filtri a carbone attivo, o, meglio
ancora, utilizzare delle caraffe a bocca larga perché il Cloro in eccesso tende ad evaporare.
6) “Le bottiglie d’acqua in plastica sono riciclabili e si smaltiscono senza problemi”. Le
bottiglie di plastica in PET, avendo una vita media stimata intorno ai 1000 anni, non sono
biodegradabili. Sono però molto ricche di particelle all’interno che si accumulano durante la
soffiatura della bottiglia la cui quantità rimane bloccata all’interno della bottiglia perché per
legge l’acqua minerale non può essere disinfettata e, pertanto, nel momento in cui la
bottiglia è calda ed ha scaricato/fratturato la plastica per formarsi, viene immediatamente
riempita con l’acqua minerale. Quindi, ciò che noi siamo soliti bere e pensiamo sia acqua
minerale in realtà è un “brodo di plastica”. Attualmente, solo una parte minoritaria delle
bottiglie in plastica viene correttamente raccolta e avviata al riciclo (infatti, molta della
plastica che noi buttiamo, viene incenerita perché non ha le caratteristiche per essere
riciclata). Di questa, una percentuale ancora minore viene realmente trasformata in nuovi
oggetti, contenitori o imballaggi. In più, la stessa produzione di questo materiale, che
richiede l’utilizzo di grandi quantità d’acqua e petrolio, non è sostenibile.
Alcuni recenti studi hanno confermato che l’acqua minerale non è più sana di altre acque.
L’acqua del rubinetto o il cibo fornisce gli stessi minerali benefici per la salute.
c. Consumare frutta e verdura ogni giorno, sono alimenti ricchi di acqua e Sali minerali
fondamentali per mantenere un buon ricambio idrico (non solo l’acqua è importante per
idratare l’organismo).
d. Non ignorare lo stimolo della sete e non aspettare a bere quando lo si percepisce.
e. Limitare il consumo di sale e zucchero che alterano l’equilibrio idrico.
f. L’acqua naturale deve essere la scelta principale per soddisfare la necessità
dell’organismo, ma anche tè o tisane possono essere utili ove non ci siano controindicazioni
mediche.
● l’approccio primitivo per cui i rifiuti liquidi venivano scaricati direttamente in strada,
come accadeva nel medioevo (si era fatto un passo indietro perché già in epoca
romana erano stati creati acquedotti e fogne);
● l’approccio consociativo per cui i rifiuti venivano scaricati nel sottosuolo,
aspettando che l’ambiente svolgesse la sua funzione autodepurativa (ciò può
avvenire solo se i reflui sono in piccole quantità, se sono biodegradabili, se esistono
dei microrganismi che si nutrono del refluo);
● l’approccio tecnologico che prevede un trattamento chimico e microbiologico
(sistemi di depurazione delle acque) prima che il rifiuto sia scaricato nell’ambiente.
Lo smaltimento dei rifiuti liquidi segue diverse fasi:
● Prima Fase
○ conferimento - il refluo nel sistema tecnologico di approccio non è lasciato
alla natura ma viene conferito in uno spazio limitato;
○ raccolta - avviene nelle colonne fognarie che sono distribuite per tutto il
territorio in cui il sistema fognario è presente;
○ C) allontanamento dunque dalla dal luogo di produzione fino al luogo di
trattamento.
● Seconda Fase
○ trattamento, ovvero una serie di trattamenti da fare sull’acqua arrivata al
depuratore per abbassarne il carico inquinante permettendone lo
smaltimento;
○ smaltimento, ovvero il conferimento dell’acqua trattata nei bacini idrici.
Sistema Fognario
Attualmente i sistemi fognari sono di tipo doppio misto, ovvero con doppia coibentazione per
evitare che una fratturazione esterna o interna possa produrre la dispersione delle acque
fognarie.
É importante conoscere il carico inquinante del refluo fognario, per cui è necessario fare un
monitoraggio attraverso il prelevamento di campioni rappresentativi che vengono analizzati
per stabilire che sostanze contengano e in che quantità.
Rifiuti Solidi
Se la gestione dei rifiuti liquidi è importante (attraverso di esso si può contaminare
l’ambiente, il cibo degli animali e quindi anche quello degli esseri umani, oltre ad inquinare le
falde acquifere) anche la gestione dei rifiuti solidi non è trascurabile; essi costituiscono,
infatti, un rischio ambientale e per la salute umana.
Sappiamo già che rifiuti solidi possono essere sia industriali che urbani e a loro volta i rifiuti
industriali possono essere distinti in pericolosi ,non pericolosi e inerti; mentre i rifiuti urbani
possono derivare dalla pulizia delle strade, dai materiali di rifiuto, degli uffici e negozi, i rifiuti
ospedalieri e da tutto quello che produciamo nelle attività domestiche.
Come le acque sporche anche rifiuti solidi possono arrecare:
● danni di natura estetica;
● danni all’ambiente (possono inquinare le falde acquifere, l’atmosfera per esalazioni di
sostanze tossiche o il suolo);
● danni di tipo infettivo, diretto o indiretto, in base al tipo di rifiuto solido e a quanto
liquido rilascia nell’ambiente, che ovviamente si carica di sostanze tossiche
diventando un ricettacolo per tutti quegli insetti che hanno necessità di questi
ambienti per riprodursi (mosche, zanzare, ratti, blatte);
● danni in termini di dispendio energetico, per le procedure di smaltimento e i relativi
costi.
Il trattamento dei rifiuti urbani solidi deve essere efficace (eliminazione danni) ed efficiente
(repentino, poco oneroso, tutela all’ambiente) e quindi si sviluppa in varie fasi:
● conferimento;
● raccolta (in alcuni casi svolta direttamente dai cittadini attraverso la raccola
differenziata);
● allontanamento;
● smaltimento (di solito avviene attraverso i servizi municipali o le cooperative che
vincono la gara d’appalto per la gestione dei rifiuti), che, a sua volta, comprende
varie fasi:
○ la cernita, ovvero la separazione dei rifiuti che può avvenire o nelle case della
gente (raccolta differenziata) o in appositi centri di cernita dei rifiuti;
○ lo smaltimento che può comprendere il compostaggio (anche se non esiste
ancora una normativa che controlli la presenza di microplastiche nel compost
che in questo caso può essere dannoso per l’ambiente) o l’incenerimento
(soluzione da preferire alle discariche che sono più difficili da gestire, anche
perché gli inceneritori moderni sono tecnologicamente avanzati e quindi più
sicuri, oltre ad avere costi più bassi).
● stoccaggio in discarica controllata ( c’è la slide ma lei non l’ha spiegato);
● riciclaggio, un processo importante come presupposto per lo sviluppo sostenibile, in
quanto permette di avviare il rifiuto al recupero, trasformandolo in nuova materia
senza farlo diventare rifiuto quindi si hanno benefici sia in termini di risparmio di
materie prime, che in termini di inquinamento; per questo motivo oggi si sta cercando
di recuperare tutto il recuperabile per poterlo riutilizzare.
Sino agli anni ‘70 il problema dei rifiuti è stato ampiamente sottovalutato con con grandi
investimenti economici assolutamente inutili e che non ritornavano al cittadino; solo negli
anni ‘90 è cominciata ad esserci una regolamentazione che ha imposto di ridurre la
produzione e incentivare il riuso dei materiali e il recupero e riciclaggio di materia ed energia,
smaltendo soltanto quello che non poteva più essere riutilizzato.
Oggi, invece, si parla di circular economy cercando di non produrre più rifiuti (ad esempio la
dematerializzazione dei documenti che sono sempre più virtuali e quindi non hanno bisogno
di essere stampati).
Alla base di tutte queste politiche c’è l’intento di creare una nuova cultura dello sviluppo
sostenibile, grazie anche all'informazione corretta del cittadino, a campagne di
comunicazione attraverso la scuola, sensibilizzando la popolazione (soprattutto i più
giovani), formando chi governa il territorio ma anche chi governa l'economia del territorio e,
soprattutto, implementando la ricerca scientifica per cui la raccolta differenziata è
sicuramente un elemento ottimo come punto di partenza per ridurre il il volume del rifiuto che
non può essere più utilizzato.
avviene lo scambio con l’ossigeno e l’anidride carbonica, la prima parte ad essere intaccata
da cotanta tossicità è proprio la branchia causando la sua morte per mancato atto
respiratorio.
A seconda degli effetti tossici prodotti (in base ai sintomi espressi dalle persone che sono
state a contatto), le biotossine algali possono essere classificate in cinque sottogruppi:
1) Paralitiche: le persone pensano cioè di aver avuto una paralisi facciale o emiparesi
(dovuta ad altri problemi di salute) e invece è stato o un pasto con alimenti aventi una certa
concentrazione di queste sostanze o per diretta introduzione inalatoria.
2) Neurotossiche: provocano infiammazioni o problemi importanti al sistema nervoso
centrale o periferico
3) Diarroiche: (le più banali) che provocano dei quadri sintomatologici a carico del sistema
intestinale
4) Amnesiche: alterano la percezione e la capacità di conservare il ricordo nell’ambito del
sistema nervoso centrale
5) Ciguatera: letale per via alimentare
Tante sono le tossine algali con cui possiamo entrare in contatto. È risaputo, inoltre, che le
tossine algali marine possono provocare morie di pesci generalmente molto sensibili già a
basse concentrazioni di esposizione.
alcune di queste (ciguatossine), tuttavia, tendono ad accumularsi lungo la catena trofica fino
a raggiungere elevate concentrazioni nei pesci predatori divenendo tossici per l’uomo. Esse
sono estremamente stabili a tutti i processi di trasformazione e preparazione degli alimenti.
Proprio per questo, in ambito dei mercati ittici, l’Istituto zooprofilattico (parte sanitaria + parte
veterinaria) va a verificare che gli organismi che potrebbero essere suscettibili vengano
controllati a random.
Genere ostreopsis:
Noi, nel Mar Mediterraneo, abbiamo purtroppo sviluppato una certa conoscenza verso la
palitossina che è la tossina rilasciata dal genere ostreopsis: ci troviamo, di fatti, in un
ambiente in cui è diffusa a causa dei ricci di mare che perdono gli aculei e delle stelle marine
che perdono alcune loro braccia. È una tossina estremamente rischiosa, non a caso se si va
in Giappone, bisogna star attenti a mangiare il sushi di pesce palla che deve essere
utilizzato in cucina solo dopo una miscelazione perfetta dove il sacchetto della bile viene
eliminato da una mano esterna dal momento che tale organismo è solito mangiare tali
tossine.
È un tipo di fioritura che si è verificata in moltissime parti del mondo, ma in Italia, soprattutto
la parte meridionale e gran parte del Nord, ne ha segnalata la presenza. Dati che indicano
che ormai il Mar Mediterraneo è stato colonizzato da queste specie.
L’esposizione alla palitossina da O. ovata, può avvenire anche durante attività ricreative,
come ad esempio facendo il bagno in mare: le conseguenze sono rush cutaneo e comparsa
di ulcere sulla pelle (casi del genere si sono verificati sulla costa toscana e su quella ligure).
Quest’alga è presente ormai in tutta Italia e in tutto il Mediterraneo: le fioriture sono state
segnalate in tutte le regioni, compresa la Sicilia che ne vede la presenza in molti comuni
balneari siciliani (Bagheria, Ficarazzi, Erice, Trappeto, ecc…) dove sono stati superati i limiti
di guardia.
Esiste tutta una normativa che protegge il consumatore dai rischi di tipo alimentare che
stabilisce che gli alimenti debbano essere trattati con acqua pulita e destinata al consumo
umano.
Gli alimenti possono essere analizzati per ricavarne la presenza di biotossine algali e se
queste superano determinati limiti gli alimenti non sono più edibili e quindi non possono più
essere consumati.
L’analisi delle biotossine presenti negli alimenti permette di individuare quali sono le specie
tossiche e di mettere in atto le procedure dell’HACCP (Hazard analysis and critical control
points) per avere una corretta gestione, conservazione e manipolazione degli alimenti (dalla
raccolta/allevamento del prodotto, alla sua lavorazione, alla vendita).
La tutela della sanità avviene quindi attraverso tutti i processi di controllo e prevenzione del
rischio alimentare legato alla presenza di elementi tossici.
La presenza di tossine algali deve essere controllata anche nei recipienti di raccolta
dell’acqua esposti al sole (es: recipienti posti sulle terrazze).
Sicurezza alimentare
I rischi alimentari
In Europa l'EFSA (European food safety Agency) osserva le problematiche inerenti gli
alimenti e quindi stabilisce come gestire i rischi.
In Italia non siamo scevri da questi rischi, abbiamo tutta una serie di problemi tra cui ad
esempio l'epatite di tipo A che viene assunta per via alimentare soprattutto mangiando
prodotti ittici (frutti di mare) o alimenti trasformati con acque non pulite.
Ci sono state, ad esempio, delle epidemie nelle scuole in seguito all'utilizzo di irrigazione
con acque di fogna (ovviamente di frodo) per campi di fragole per cui la fragola che assorbe
parecchio l'acqua ha trasferito ad alcuni bambini l’epatite.
Per questo motivo non bisogna fidarsi di chi vende un prodotto se non c'è dietro un controllo
HACCP.
Esistono sia le infezioni batteriche che quelle virali e di solito si distinguono in:
● infezioni alimentari causate dal consumo di alimenti contenenti microrganismi vivi
che hanno azione diretta sull’intestino;
● tossinfezioni alimentari determinate dal consumo di alimenti contenenti sia tossine
che batteri (in questo caso la tossicità ed atassia delle tossine preformate si ha da
quelle prodotte dalle cellule vive ingerite con l'alimento all'interno dell'ospite);
● intossicazioni alimentari, ovvero manifestazioni patologiche che si determinano in
seguito al consumo di alimenti contenenti tossine prodotte da microrganismi che si
sono moltiplicati sull'alimento precedentemente al suo consumo (perché si manifesti
l'intossicazione quindi non obbligatoriamente ci deve essere il micro organismo,
bensì è indispensabile la presenza della sua tossina).
Contaminazione
Un elemento che favorisce la contaminazione è l’errata gestione della conservazione degli
alimenti (temperature inadeguate di conservazione, contiguità di alimenti che non
dovrebbero stare vicini nel frigorifero, come carni crude e alimenti cotti) che causano una
serie di patologie (per questo motivo un assistente sociale che lavora in enti pubblici o
sanitari come case famiglia, ospedali, mense scolastiche, deve avere una consapevolezza
della gestione del rischio alimentare).
Salmonellosi
La salmonella è un elemento capace di contaminare l’alimento in tutte le sue forme.
Ha come sintomi febbre nausea vomito e diarrea a può produrre delle infezioni fecali alle
meningi e può scaturire meningite.
Popolazione sensibile
-anziani e bambini
-chi sta già facendo delle terapie per cui si ha un sistema immunitario più debole
-chi ha una patologia come l' HIV o altre patologie che causano immunodepressione.
Prevenzione e alimentazione
Come già visto la dieta mediterranea può essere considerata come un presidio medico
chirurgico, quindi a livello di prevenzione ha lo stesso valore che avrebbe un farmaco.
Partendo da questo esempio possiamo comprendere quanto sia importante l’educazione
sanitaria anche in campo alimentare costituisca uno dei fondamenti della prevenzione e del
miglioramento di stili di vita e di salute.
I pilastri della dieta mediterranea sono: attività fisica costante, consumo di cereali
(soprattutto integrali), consumo di frutta fresca e verdura, consumo di olio extravergine
d’oliva, consumo di pesce a discapito di uova, latticini e carne, apporto proteico dato dai
legumi.
La dieta mediterranea ha elementi in comune con quella spagnola (la Spagna ricade in parte
nell’area mediterranea) e con quella giapponese: entrambe traggono l’apporto proteico
soprattutto dal pesce.
La dieta mediterranea, quella spagnola e quella giapponese hanno innalzato le statistiche di
aspettativa di vita.
La nutrizione è un elemento fondamentale nella sanità pubblica ed è strettamente connessa
al concetto di salute, per questo motivo bisogna anche affrontare le possibili problematiche
legate all’alimentazione e non che possono essere causa di patologie (abitudini sbagliate,
stili di vita) .
Alcol
Un luogo comune sostiene che bere un bicchiere di vino rosso possa far bene alla salute,
ma in realtà non è proprio così, in quanto gli antiossidanti contenuti nel vino sono in quantità
ridotte, per cui bisognerebbe berne quantità enormi per avere i benefici di cui si parla.
Oltretutto l’alcol contiene delle sostanze che il nostro organismo non è in grado di
metabolizzare, quindi l’introduzione dell’alcol nella nostra dieta può causare più danni che
benefici.
Il cervello si abitua sempre di più all’alcol dando dipendenza e facendo sì che i bevitori
usuali non abbiano più l’ebbrezza, mentre i bevitori occasionali vanno in stato di ebbrezza
anche con una quantità di alcol più modesta.
La dipendenza da alcol può causare problemi a livello neurologico e alterazioni delle
capacità di discernimento.
L’alcol viene classificato come una droga, in quanto appartiene alle sostanze che creano
dipendenza, anche se la sua produzione e vendita sono legali, l’uso viene pubblicizzato,
anche se vengono taciuti gli effetti di un cattivo uso (cosa che non accade più con le
sigarette, in quanto sui pacchetti per legge devono essere presenti dei messaggi di
avvertimento sulle conseguenze nocive del fumo).
Gli effetti dell’alcol, oltre alla dipendenza, possono essere problemi fisici (inappetenza,
ridotto assorbimento degli alimenti, deperimento, deficit della memoria e delle capacità di
apprendimento, difficoltà a camminare, formicolii agli arti, esofagite, gastrite, emorragie
gastrointestinali, cirrosi epatica, pancreatite acuta, ipertensione, delirium tremens), ma
anche problemi relazionali, in quanto viene a mancare l’inclusione sociale essendoci un
decadimento delle facoltà intellettive e alla perdita del senso etico.
I problemi relazionali sono in generale legati a tutte le conseguenze dell’alcolismo, come i
cambiamenti repentini di umore, gli incidenti stradali, l’aggressività e i frequenti ricoveri
ospedalieri.
Per alcolismo si intende una condizione in cui un individuo si inserisce volontariamente ed
è dovuta all’assunzione eccessiva di alcol etilico. Le cause possono essere psicologiche,
sociali ed ereditarie (i figli di alcolisti spesso diventano alcolisti, soprattutto se la madre ha
bevuto durante la gravidanza).
La categoria più colpita è quella degli adulti di sesso maschile, anche se recentemente
l’alcolismo si sta diffondendo anche tra i giovani (anche minorenni) e tra le donne (il
consumo di alcol crescente tra le donne ha fatto aumentare anche i tumori all’utero, al seno
e allo stomaco).
L’alterazione dei sensi causata dall’alcolismo è spesso causa di incidenti stradali e lavorativi,
per cui il codice della strada vieta di mettersi alla guida se si è in stato di ebbrezza (in caso
di incidente stradale con morti, se in stato di ebbrezza si viene perseguiti penalmente per
omicidio stradale).
Il fumo
Il fumo di sigaretta costituisce un problema non solo per la salute umana, ma anche per
l’inquinamento atmosferico.
Il fumo non è un vizio, né un’abitudine, ma una vera e propria tossicodipendenza; il
tabagismo è quindi una malattia e va trattata come tale.
Attraverso il fumo di tabacco si inala un aerosol micidiale di circa 4000 sostanze nocive e
cancerogene (IPA, nitrosamine, benzopirene, benzoantracene), ma anche irritanti per la
mucosa bronchiale (acido cianidrico, acetaldeide, formaldeide, ammoniaca).
Inoltre si inala monossido di carbonio che si lega all’emoglobina più dell’ossigeno riducendo
lo scambio di ossigeno e anidride carbonica e creando ipossia polmonare.
La dipendenza da nicotina fa sì che il fumatore senta il bisogno di fumare sempre e non
riesca a farne a meno.
Questa sostanza è stata riconosciuta dalla medicina tra le sostanze che creano dipendenza,
al pari di altre droghe pesanti, solo nel 1988, mentre le industrie che producevano tabacco
ne conoscevano gli effetti già prima e continuavano ad affermare che non creasse
dipendenza per continuare a vendere i loro prodotti.
In molti casi, nelle sigarette veniva associata alla nicotina anche la caffeina, in quanto essa
rappresenta un diuretico e in questo modo la nicotina viene smaltita velocemente tramite le
urine, portando il fumatore ad avere bisogno di sempre più nicotina e incentivando quindi il
consumo di sigarette (questo costituisce una frode, infatti la legge vieta di aggiungere
caffeina alle sigarette, anche se si è ripresentata nei liquidi per sigarette elettroniche
aromatizzati al caffè o al cappuccino).
Il fumo di sigarette elettroniche non è privo di rischi, ma può essere un buon metodo per
allontanare il fumatore dal fumo di sigaretta, riducendo gradualmente l’apporto di nicotina,
fino ad arrivare al fumo di liquido con zero nicotina.
Un’altra possibile modalità per smettere di fumare è costituita da una vera e propria terapia
farmacologica a base di sostituti della nicotina (cerotti, gomme da masticare, compresse)
che ne rilasciano una piccola quantità per superare le crisi d’astinenza.
La terapia farmacologica deve essere consigliata da personale sanitario e deve durare
almeno due mesi a dosaggi pieni, per poi andare a diminuire.
Per migliorare i risultati si può associare alla terapia farmacologica quella psicologica.
Alimentazione e salute
Attraverso l’analisi di alcune mummie o di reperti archeologici si è scoperto che nel passato
l’uomo non soffriva di carie, in quanto non utilizzavano zuccheri raffinati.
Esistono delle malattie legate all’alimentazione che possono essere suddivise in malattie del
benessere, dovute a un eccesso ponderale e malattie della povertà, legate alla
malnutrizione.
Per malattie del benessere ci si riferisce solitamente ai disturbi alimentari come anoressia e
bulimia e all’obesità.
L’anoressia e la bulimia sono malattie di origine psicologica: nel primo caso avviene un
rifiuto totale del cibo; nel caso della bulimia, invece, si ricorre a delle grandi abbuffate per poi
provocarsi il vomito.
I primi segnali per riconoscere l’anoressia (principalmente diffusa tra le donne, anche se si
sta diffondendo anche tra gli uomini) possono essere: eccessiva dedizione allo sport
praticato al fine di dimagrire a tutti i costi, avere un regime alimentare ristrettissimo.
L’anoressia può portare ad osteoporosi, infertilità e perdita della capacità di autoregolazione
del fegato.
I segni della bulimia possono manifestarsi nell’arcata dentale, in quanto provocarsi il vomito
danneggia la dentina; il bulimico non è eccessivamente magro, ma il suo peso oscilla.
L’anoressia e la bulimia sono due facce dello stesso disturbo alimentare che spesso si
trasformano in una malattia che solo uno specialista può curare.
L’obesità contraddistingue soprattutto le persone che hanno uno stile di vita sedentario ed è
un disturbo diffuso soprattutto nell’occidente.
Un dato preoccupante riguarda l’obesità infantile, diffusa soprattutto al sud Italia, dove i
bambini sono più sedentari e tendenzialmente mangiano di più, in quanto le madri spesso
non lavorano e cucinano, mentre l’alimentazione dei bambini con entrambi i genitori
lavoratori spesso è affidata alle mense scolastiche, che sono molto controllate dal punto di
vista nutrizionale.
Si definisce sovrappeso un individuo che supera il suo peso forma del 10%, obeso chi lo
supera del 30%, mentre si ha l’obesità grave se il peso viene superato del 60%.
Anche l’obesità può avere cause psicologiche, in cui il disagio viene sfogato attraverso il
cibo.
Le malattie della povertà causano danni ingenti e sono dovute alle condizioni di povertà,
diffuse soprattutto in alcuni paesi, per cui mancano i beni di prima necessità come cibo e
acqua.
A causa della malnutrizione nei paesi poveri sono molto diffuse malattie come la tubercolosi
e la malaria, in quanto un organismo malnutrito ha difese immunitarie più basse e contrae
più facilmente un’infezione.
Anche l’HIV si diffonde nei paesi soprattutto dell'Africa a causa dell’iponutrizione e nei paesi
in cui i farmaci contro l’AIDS sono troppo cari o introvabili, una buona nutrizione può essere
l’unica via di scampo per evitare la diffusione della malattia.
Salute e sport
Il cibo può rappresentare un elemento di distinzione tra culture differenti e anche tra classi
sociali diverse: esistono scelte alimentari che escludono alcuni alimenti per scelte etiche
(vegani, vegetariani), ma anche culture in cui non si mangiano determinati cibi per questioni
religiose (musulmani non mangiano maiale perché ritenuto impuro e non bevono alcolici,
mormoni non bevono caffè o té, perché sono eccitanti).
Cucinare si può intendere come sottomettere simbolicamente la natura (gli ingredienti, le
materie prime) e ridurla in cultura (il piatto finito).
Per l’antropologia l’alimentazione fa parte delle pratiche fondamentali del sé, dirette alla cura
del sé attraverso il nutrimento del corpo con cibi considerati culturalmente appropriati.
La condivisione dello stesso cibo può essere pretesto di incontro in occasione di
avvenimenti sociali (feste in cui si riunisce tutta la famiglia a tavola), mette in comunicazione
le persone.
Il dono del cibo può rappresentare un passo importante nelle dinamiche sociali.
Il cibo può essere anche strmentale nel sottolineare le differenze tra gruppi, culture e stati
sociali diversi; può servire a rafforzare l’identità di un gruppo e a sottolineare la differenza tra
“noi” e gli “altri”.
Il cibo può diventare anche strumento di status symbol (mangiare caviale o ostriche dà l’idea
di un certo benessere economico) anche tramite l’uso della pubblicità: nei media il cibo è
sempre più presente.
Nell’alimentazione si possono individuare diversi filoni, in Italia ne sono presenti almeno
quattro:
● genuinità;
● etnico;
● fast food;
● biologico.
Nell’ambito dei servizi sociali un assistente sociale potrebbe trovarsi a valutare se un
bambino, un anziano o un disabile vengono nutriti in modo corretto; in questi casi è utile
osservare come viene preparato il cibo e porre l’attenzione sul tipo di alimento che viene
preparato per chi si trova in stato di fragilità e non può badare a se stesso.
La capacità umana di trasformare gli alimenti ci distingue dagli animali e fa sì che il cibo sia
importante per le varie culture.
Il cibo è anche oggetto di mode: in alcune culture è diffusa la cucina semplice (es: barbecue
americano), mentre in altre è sempre più diffusa un’estrema elaborazione del cibo (cucina
europea).
Il rapporto tra piacere e salute è inscindibile nella dietistica contemporanea e per questo le
regole della salute passano innanzitutto da una buona alimentazione e una buona cultura
gastronomica.
Il cibo è da sempre strumento di cultura, di condivisione e di evoluzione (introduzione di
nuovi alimenti in culture che prima non li utilizzavano).
La condivisione del cibo è alla base della convivenza civile, infatti la parola “convivio”
rimanda all’etimologia “cum vivere”, ovvero vivere insieme.
Al cibo può essere collegata un’identità economica, nel caso in cui ad esempio si offrano cibi
preziosi per denotare la propria ricchezza; ma anche identità sociale, in quanto la quantità e
la qualità del cibo possono rappresentare l’appartenenza a una determinata classe sociale;
identità religiosa nel caso, ad esempio, del pane simbolo di redenzione per i cristiani; identità
filosofica, come nel caso delle diete legate al rispetto della natura; identità etnica.
Il rispetto della diversità passa anche attraverso la comprensione delle abitudini alimentari
delle altre culture.
Alimentazione e salute
Da una statistica ISTAT possiamo notare come il consumo di beni alimentari cambi in caso
di crisi sociale ed economica.
Tra il 1990 e il 1996 sono crollati il consumo di pane e zucchero, mentre latte e formaggi
sono aumentati e pasta e frutta sono rimasti invariati.
Negli stessi anni saliva il consumo di carne rossa e carne bianca, crollato nel 1996 a causa
della diffusione della malattia della mucca pazza e dell’influenza aviaria (colpiva i polli).
Questa tendenza ha fatto crescere il consumo di pesce che è passato dall’essere
considerato un alimento povero ad essere simbolo di benessere.
Nei paesi sviluppati c’è una grande percentuale di persone con malattie legate a una cattiva
alimentazione, anche se oggi si sta cominciando ad avere una maggiore consapevolezza sul
peso dell’alimentazione nella salute.
Il 40% dei bambini sono obesi e questo sarà un problema in futuro, in quanto il 70-80% di
loro sarà obeso in età adulta.
Per combattere questo fenomeno è necessario applicare la dieta mediterranea, assumere
fibre solubili e proteine della soia (anche l’olio d’oliva va bene), assumere acidi grassi omega
3 (presenti nel pesce e nella frutta secca), assumere carotenoidi (verdure colorate).
L’alimentazione può essere correlata anche al cancro:
● cancro all’esofago può essere causato da alcol, cibi caldi, obesità, fumo, può essere
prevenuto mangiando frutta e verdura;
● cancro allo stomaco può essere causato da cibi conservati (insaccati) e dall’infezione
da Helicobacter pylori, può essere prevenuto attraverso la frutta e la verdura;
● cancro al colon retto, può essere causato dall’obesità, dalla sedentarietà e
dall’assunzione eccessiva di carne rossa, può essere prevenuto attraverso
l’assunzione di frutta, verdura e fibre;
● cancro al fegato può essere causato da alcol, aflatossine (funghi presenti in alcuni
alimenti come vino, aceto, cacao, ecc.. se conservati male), virus epatitici;
● cancro al pancreas, può essere causato dal fumo.
Un’altra patologia molto diffusa è la malattia da reflusso gastroesofageo, che viene spesso
sottovalutato e curato attraverso farmaci di automedicazione come antiacidi che non curano
la malattia, ma attutiscono semplicemente il sintomo.
Gli inquinanti primari sono emessi direttamente in atmosfera (scarichi delle automobili che
immettono direttamente nell’atmosfera sostanze inquinanti), mentre quelli secondari sono gli
inquinanti primari che si combinano con elementi presenti in atmosfera per dare vita a
sostanze ancora più nocive (es:biossido di azoto).
Gli inquinanti si possono distinguere anche in base alla loro provenienza:
● indoor, se vengono prodotti in ambienti chiusi come (cucine domestiche e
professionali, palestre, condizionamento dell'aria, uffici con fotocopiatrici che
rilasciano metalli, ecc..)
● outdoor, se vengono prodotti direttamente all'esterno (traffico veicolare, scarichi
industriali, impianti energetici, inceneritori).
Un'altra distinzione riguarda gli inquinanti gassosi-particolati, che sono le sostanze distinte
in base alla loro struttura fisica: i gas sono sostanze che a temperatura ambiente sono
aerodispersi; i particolati sono polveri molto sottili che proprio per la loro dimensione molto
ridotta rimangono in sospensione in un’area bassa dell’atmosfera (antroposfera, ovvero la
parte dell’atmosfera con cui veniamo a contatto).
Un’altra categoria di inquinanti sono gli aerosol composti da una parte liquida (vapore) e
una parte gassosa aerodispersa.
Gli aerosol possono essere definiti come dispersioni di sostanze liquide o solide in forma
finemente suddivisa e se ne possono distinguere diverse forme:
● fumi derivanti da processi di combustione incompleta;
● polveri derivanti da processi di frantumazione;
● nebbie formate da particelle liquide finemente suddivise in aria;
● smog formato da associazione tra polveri sospese e nebbia (dall’inglese
smoke+fog).
Un’altra categoria è rappresentata dai gas e dai vapori: i primi sono sostanze naturalmente
allo stato gassoso, i secondi sono sostanze che normalmente si trovano allo stato liquido,
ma in forma di vapore si trovano allo stato gassoso.
Inquinamento dell’aria
L’effetto serra è dato dall’energia solare che oltrepassa l’atmosfera e surriscalda la crosta
terrestre che quindi ha necessità di cedere nuovamente questa energia per riscaldarsi, ma
l’eccesso di anidride carbonica impedisce al calore di risalire generando questo effetto e
facendo aumentare esponenzialmente la temperatura terrestre.
È stata tuttavia rilevata anche la presenza di un effetto frigorifero dovuto alle polveri (nel
momento in cui i vulcani eruttano, rilasciano una grande quantità di polveri che causano un
raffreddamento del suolo che può raggiungere anche 1-1,5°).
L'effetto UV (la radiazione), infine, ha un ulteriore effetto cioè la modificazione delle sostanze
primarie verso sostanze secondarie tra cui per esempio l’ozono, per cui la quantità di ozono
che viene rilasciata negli ambienti urbani generalmente è prodotta da una serie di sostanze
primordiali o primarie (quello che le marmitte rilasciano nell'ambiente sotto forma di ossidi di
azoto) la cui molecola viene trasformata dall'energia del raggio ultravioletto della luce solare
ambientale trasformando le parti di ossigeno in una molecola molto stabile che è l'ozono
triatomico (cioè molecola dell'ossigeno formato da tre atomi di ossigeno molto instabili ma
anche molto ossidanti).
L'ozono è uno dei fattori scatenanti delle gravi e acute sindromi respiratorie dovute
all'inquinamento atmosferico.
Tutto ciò ha ovviamente degli effetti sulla salute, non a caso si assiste ad un incremento del
rischio di tumore compreso tra il 9% e il 33% negli abitanti di aree urbane. La mortalità è più
elevata nelle categorie a rischio, cioè coloro che sono più esposti giornalmente al traffico
(vigili urbani, tassisti, benzinai) e per questo motivo queste categorie sono anche più
controllate dalla medicina del lavoro sotto questo punto di vista.
I dati non mettono in rilievo attualmente una netta associazione tra tumore al polmone ed
esposizione al traffico veicolare, ma è invece stato verificato nei benzinai l'aumento dei
tumori dell'esofago e del tumore cerebrale dovuto all'esposizione al benzene.
Ossidi di zolfo
Normalmente gli ossidi di zolfo presenti in atmosfera sono l’anidride solforosa (SO2) e
l’anidride solforica (SO3); questi composti vengono anche indicati con il termine comune
SOx.
Le emissioni naturali di zolfo sono generalmente dovute all’attività vulcanica,mentre quelle
antropogeniche sono dovute ai processi di combustione.
A causa dell'elevata solubilità del biossido di zolfo in acqua, questo viene facilmente
assorbito dalle mucose del naso e del tratto superiore dell’apparato respiratorio (questo
rappresenta una fortuna dato che solo quantità molto ridotte possono raggiungere gli alveoli
polmonari).
L’alta reattività del biossido di zolfo lo rende estremamente irritante, per cui inalare biossido
di zolfo può creare i presupposti per un processo infiammatorio (e questo è il motivo per cui
il covid è molto più facile assumerlo nelle zone inquinate come il nord Italia , in cui zone
come la pianura padana sono altamente inquinate da queste sostanze sulfuree).
E’ stato comunque notato un effetto sinergico con le polveri sospese per la capacità che
queste hanno di veicolare gli inquinanti nelle zone più profonde dell’apparato respiratorio.
Ossidi di azoto
La sigla (NOx) identifica in modo collettivo gli ossidi di azoto che si producono come
sottoprodotti durante una combustione che avviene utilizzando l’aria (camini a legna, motori
delle automobili, centrali termoelettriche, ecc.).
Su di essi incidono fortemente i trasporti stradali e soprattutto la la produzione energetica e
industriale.
L’azione sull’uomo dell’ossido di azoto è inizialmente blanda, ma a causa della rapida
ossidazione (si lega sempre più ossigeno), da NO2 diventa NO3 fino a NO5 e queste due
forme più ossigenate sono più ossidanti e risultano più tossiche della sua forma primaria.
Il biossido di azoto è un gas irritante per le mucose e può contribuire all’insorgere di varie
alterazioni delle funzioni polmonari (bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare).
Lunghe esposizioni anche a basse concentrazioni provocano una drastica diminuzione delle
difese polmonari con conseguente aumento di rischio di affezioni alle vie respiratorie.
Per il biossido di azoto l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) raccomanda il limite
guida orario di 200 µg/mc, il limite per la media annuale è invece 40 µg/mc.
Monossido di carbonio
Particolato atmosferico:
È un elemento borderline perché abbiamo:
- Polveri totali sospese (PTS)
- Particulate Matter (PM)
• Le particelle primarie emesse da sorgenti naturali ed antropiche; le secondarie si
originano dalle particelle primarie mediante una serie di reazioni chimiche e fisiche che
avvengono in atmosfera
• Le particelle fini sono quelle che hanno un diametro inferiore a 2,5 µm, le altre sono
dette grossolane.
Le polveri PM10 rappresentano il particolato che ha un diametro inferiore a 10 micron,
mentre le PM2,5 hanno un diametro inferiore a 2,5 µm. (ex. quando si fa la chiusura dei
centri storici o la chiusura per innalzamento delle polveri sottili, è una prevenzione per
prevenire il rischio di malattie consequenziali all’esposizione a lungo termine a queste
concentrazioni elevate di polveri sottili).
Vengono dette polveri inalabili quelle in grado di penetrare nel tratto superiore dell’apparato
respiratorio (dal naso alla laringe). Le polveri toraciche sono quelle in grado di raggiungere i
polmoni. Le polveri respirabili (PM 2,5) possono invece penetrare nel tratto inferiore
dell’apparato respiratorio (dalla trachea fino agli alveoli polmonari). Questa forma è
particolarmente pericolosa per i bambini perché la dose a cui sono esposti è troppo grande
rispetto al peso che hanno e soprattutto perché, a differenza degli adulti e degli anziani,
hanno un metabolismo molto più veloce e ciò comporta degli atti respiratori più frequenti e
un battito cardiaco più veloce (di fatti, i bambini sono sempre più esposti a tali forme di
inquinamento). PM2,5, essendo un elemento più piccolo, riesce ad arrivare al luogo più
profondo del polmone dove va a contatto direttamente col sangue, cioè gli alveoli.
Le polveri si originano sia da fonti naturali che antropogeniche. Le polveri fini derivano
principalmente da processi di combustione (particolato primario cioè prodotto direttamente)
e da prodotti di reazione dei gas (particolato secondario); la frazione grossolana delle polveri
si origina in genere dai processi meccanici (solo primario).
ex. l’Etna che copre di cenere il Mediterraneo; in Giappone il Pinatubo che ha influito
moltissimo sul clima al livello mondiale.
Per cui, in maniera impercettibile, ognuno è esposto a dei rischi, uno di questi è l’Ozono
troposferico.
Ozono troposferico:
L’ozono è un gas tossico di colore bluastro, costituito da molecole instabili formate da tre
atomi di ossigeno (O3); queste molecole si scindono facilmente liberando ossigeno
molecolare (O2) ed un atomo di ossigeno estremamente reattivo (= tutto ciò che incontra lo
distrugge tramite ossidazione, compreso il nostro DNA) (O3 🡪 O2 + O). Per queste sue
caratteristiche l’ozono è quindi un energico ossidante in grado di demolire sia materiali
organici che inorganici.
[Nell’estate del 2003, le zone a maggiore concentrazione di ozono che sono state registrate
sono soprattutto quelle del nord Italia].
notare che già, a certe concentrazioni (di 0,008-0,02 ppm 15-40 µg/µc), rileviamo l’odore
(detto spartanamente, quell’odore di terra bruciata che si sente soprattutto ad ex. subito
dopo i temporali estivi subito, perché i fulmini ne hanno permesso un’ulteriore creazione).
Alla concentrazione di 0,1 ppm provoca una irritazione agli occhi e alla gola per la sua
azione nei confronti delle mucose. Concentrazioni più elevate causano irritazioni all’apparato
respiratorio, tosse ed un senso di oppressione al torace che rende difficoltosa la
respirazione. I soggetti più sensibili, come gli asmatici e gli anziani, possono essere soggetti
ad attacchi di asma anche a basse concentrazioni. Alla concentrazione di 1 ppm provoca
mal di testa e a 1,7 ppm può produrre edema polmonare.
Benzene:
È un idrocarburo (strutturato ad anello esagonale ed è costituito da 6 atomi di carbonio e 6
atomi di idrogeno, formula C6H6) aromatico perché ha odore di canfora: ex. quando si fa
benzina, l’odore che percepiamo è quello del benzene (di fatti, la maggior parte del benzene
presente nell’aria è un sottoprodotto delle attività umane). Una volta al posto del benzene
nei carburanti si metteva il piombo, ora non più poiché risulta tossico e potrebbe provocare
la leucemia. Un problema generale è che non si verificano prima quali potrebbero essere i
rischi dell’introdurre una determinata sostanza: è stato tolto il piombo che provoca leucemia
sostituendolo con il benzene che provoca anch’esso leucemia; l’unico modo per risolvere il
problema potrebbe essere quello di non utilizzare combustibili fossili).
Le cause di esposizione al benzene sono: il fumo di tabacco, le combustioni incomplete del
carbone e del petrolio (dei quali è un costituente naturale), i gas esausti dei veicoli a motore
e le emissioni industriali (gli usi industriali del benzene, inclusi la produzione di plastiche e
resine sintetiche, causano spesso il rilascio di vapori contenenti questo inquinante). Anche i
vapori liberati dai prodotti che contengono benzene, come colle, vernici, cere per mobili e
detergenti, possono a loro volta essere fonte di esposizione.
L’intossicazione provocata dal benzene o dai suoi derivati (ex. toluene, xileni o fenoli), inalati
o ingeriti, è detta benzolismo.
L’inalazione di un tasso molto elevato di benzene può portare al decesso; un’esposizione da
cinque a dieci minuti ad un tasso di benzene nell’aria al 2% (ovvero 20000 ppm) è sufficiente
a condurre un uomo alla morte.
Dei tassi più bassi possono generare sonnolenza, vertigini, tachicardia, mal di testa, tremori,
stato confusionale o perdita di coscienza.
La dose letale per ingestione è di circa 50500 mg/kg (milligrammo di sostanza ingerita
rispetto al peso dell’individuo espresso in chilogrammi).
Negli ultimi anni, in alcune bibite gassate, per lo più soft drink a base di frutta, sono stati
trovati elevati livelli di benzene, sostanza altamente cancerogena.
Il benzene non viene aggiunto volontariamente alle bibite ma si può sviluppare a seguito di
una reazione spontanea (soprattutto se la bibita è stata per troppo tempo al sole) tra l’acido
ascorbico (Vitamina C, E300) e qualsiasi additivo benzoato, in particolare il benzoato di
Negli alimenti non sottoposti a trasformazione la presenza degli IPA è dovuta alla
contaminazione ambientale per deposizione di materiale particolato atmosferico (grano, frutti
e verdure), per assorbimento del suolo contaminato (patate, carote) e per assorbimento di
acque di fiume e di mare contaminate (mitili, pesci e crostacei). Non è estremamente sicuro
il passaggio diretto contadino-consumatore perché si salta quel quality check per verificare
che tutto sia sano e in regola per essere venduto.
Negli alimenti trasformati o lavorati (per quanto riguarda quei trattamenti termici) come quelli
cotti sul carbone (griglia o arrosto), prodotti da forno e industriali, cibi molto affumicati,
alimenti tostati come il caffè.
L’eventuale presenza di IPA nell’acqua potabile è generalmente dovuta alla cessione dai
rivestimenti, in catrame o bitume, delle condutture di distribuzione (WHO, 1998)
Pertanto, per una maggiore capacità di assorbimento dagli ambienti acquatici (di IPA,
diossine, PCBs e metalli), alimenti come salmone, pesce spada, carne di foca e balena non
possono essere utilizzati per le donne gravide perché contengono elementi che possono
deviare il normale sviluppo fetale.
Malformazioni e diossine:
Ci sono effetti primari molto più acuti e veloci (rispetto a cancri) per il prodotto del
concepimento.
La donna in gravidanza ha una serie di necessità che servono a porre un distanziamento e
fare prevenzione circa quelle cause che possono essere risolte affinché la donna non abbia
esiti negativi e nemmeno il bambino, che nel primo trimestre è solo 1 cm e ha un peso
irrilevante. La dose letale è calcolata su un adulto di 70 chili, quindi naturalmente risulta
ancora più alto il rischio per un bambino che pesa così poco.
Le diossine ponevano un problema solo quando si sono verificati questi eventi. Le diossine,
soprattutto quelle messe in aria (ex. bruciando i rifiuti), hanno fatto che sì che, una volta che
le polveri ricche di diossine sono state messe per immissione nel suolo, i primi animali che
hanno dato evidenza di quanto fossero nocive, sono stati gli erbivori come agnelli, capre,
bovini, cavalli che hanno manifestato una sindrome malformativa (soprattutto durante la
gravidanza) che si chiama palatoschisi (detta anche labbro leporino) che consiste
nell’apertura del palato molle per cui naso e bocca sono aperti nella stessa cavità e ciò può
avvenire in maniera parziale (se coinvolge una sola mascella o superiore o inferiore) o in
maniera completa (se coinvolge mascella sia superiore che inferiore). La maggior parte dei
bambini coinvolti in tali malformazioni presenteranno difficoltà nel parlare. Molti di essi
derivano da zone sottosviluppate dove le famiglie emarginate, convinte che il bambino non
possa essere curato, lo portano alla morte. Alcune campagne mediche o di associazioni
benefiche vanno proprio a supportare i medici chirughi affinché possano ricucire nella
maniera più naturale le malformazioni di tali bambini (soprattutto nei paesi in via di sviluppo,
perché in occidente col medico-chirurgo molto spesso ci si trova dinanzi a malformazioni
facilmente curabili).
Talvolta accade che le malformazioni non siano solo facciali, bensì che possano colpire
anche gli arti. Ovviamente un bambino che nasce con delle malformazioni è un bambino che
sarà disabile per tutta la vita.
Questi elementi possono essere trasportati sotto forma di grassi, per cui se ci si nutre con il
latte vaccino o bovino (in generale con il latte di animali mammiferi) dove la mammella è
ricca di grasso, tali diossine possono essere trasmesse all’uomo. Ovvio che la mamma,
quando si nutre di alimenti o inala un’aria contenenti queste sostanze, può trasferirle nel suo
latte. Quindi, in alcuni casi è stato addirittura riscontrato, da un monitoraggio svoltosi ad
Augusta e a Gela, che non vi erano diossine o PCBs ma pesticidi nel latte materno (ciò è
dovuto al fatto che, a ridosso di industrie non si possono costruire abitazioni, eppure si può
coltivare); inoltre, una certa quantità di metalli noi già li ingeriamo tramite alimenti ittici o dai
prodotti della terra, dunque avere una gestione dell’ambiente vuol dire anche proteggere noi
stessi e la nostra famiglia.
MERCURIO E METILMERCURIO:
Sono due sostanze tra le più cercate, soprattutto in ambito delle malattie neurodegenerative
(per cui a carico del sistema nervoso) perché hanno la capacità di complessarsi nella
membrana mielitica dei neuroni e creare lì il danno.
Possono comportare alterazioni nello sviluppo cerebrale dei bambini (dunque durante la
fase fetale nel grembo materno) e, ad un livello più alto, alterazioni neurologiche negli adulti.
La fonte principale di assunzione è il pesce ed i prodotti della pesca.
Il mercurio ha la capacità di biomagnificarsi, cioè l’animale, man mano che si alimenta di altri
organismi che hanno già una quota in mercurio, la somma alla sua senza potersene liberare
(= biomagnificazione): per cui dalla catena alimentare più bassa a quella più alta
(balenottere, delfini, orche, foche e soprattutto negli orsi polari) e noi ci cibiamo di molti pesci
come tonno, polpo, pesce spada (che, di fatti, in gravidanza sono assolutamente vietati).
ex. mentre nel plancton ne troviamo una piccolissima quantità, nei delfini ne troviamo
assolutamente in abbondanza perché i primi sono gli alimenti di cui si sono nutriti i secondi.
Se si dovesse solamente osservare il problema mercurio non sarebbe più stato consigliato
di nutrirsi di pesce e questo è sbagliato perché in realtà si possiedono elementi per
contrastare i tossici (ex. il fegato; il metabolismo che li rende idrosolubili per essere eliminati
tramite feci e urine); per cui, in realtà, si possiedono le caratteristiche per contrastare questo
fenomeno, ma occorre ugualmente limitarne le dosi (massimo 2/3 volte a settimana e
scegliendo quei pesci che si trovano in fondo alla catena alimentare, come il pesce azzurro
che contiene tanti acidi grassi polinsaturi omega3/omega6 per contrastare le malattie
cardiovascolari ma al contempo hanno anche una bassa quantità di tali sostanze).
Dall’inizio dell’era industriale è aumentata nel tempo la concentrazione dei metalli pesanti
nelle matrici ambientali che tendono ad accumularsi nei diversi ecosistemi. Senza dubbio il
mercurio, tra tutti, è l’elemento più tossico perché l’inquinamento da mercurio è da
assumersi collegandolo alla capacità di emettere tali sostanze da parte delle raffinerie (e la
Sicilia ha una grande capacità, in questo senso, per cui è considerata tra i maggiori
responsabili di tali emissioni. ex. Gela, Melilli, Priolo, Augusta / al nord abbiamo La Spezia e
il Golfo dell’Adriatico in prossimità di Venezia). Allo stesso tempo il contributo nel
Mediterraneo è dato anche, in parte, dalla Libia che raffina il petrolio, dalla parte dei paesi
arabi, la Spagna e la Francia: si hanno immissioni che arrivano sia per via aerea (per cui
immissione nel suolo e nelle acquee del mare) sia per diretto scarico delle industrie. È chiaro
dunque che l’inquinamento inizialmente fu, sì, ritenuto un problema acuto ed a carattere
locale, ma oggi è riconosciuto come un problema cronico e purtroppo di diffusione
planetaria.
Non ce ne occupiamo perché, in realtà, è collegata all’uso del mercurio una serie di
problematiche legate al corpo umano.
ex. Sindrome di Minamata: la strage ebbe inizio nel 1953 quando la Chisso Company
versava notevoli quantità di mercurio nella baia di Minamata. Il metilmercurio che si
biomagnificava nei pesci provocò numerose vittime tra gli abitanti che si nutrivano di pesce
contaminato. I gatti che vivevano in prossimità della baia manifestarono la cosiddetta
sindrome danzante (= alterazione del comportamento, atassia, incoordinazione dei
movimenti); furono i primi a manifestare i sintomi in quanto in Giappone c’è un’altissima
richiesta di pesce, se ne pesca e produce talmente tanto che inevitabilmente non viene
consumato tutto e questi scarti vengono dati agli animali. Poco tempo dopo tali sintomi
comparvero anche tra gli uomini. Altri casi di avvelenamento (a causa della concentrazione
evidentemente troppo alta) sono stati riscontrati in Iraq o in Agano (cioè dove vi è un
altissimo consumo di fonti combustibili come il petrolio per la sua raffinazione).
Circa il 95% del metilmercurio assunto attraverso l’alimentazione viene assorbito dal tratto
gastrointestinale e quindi, una volta arrivato nel sangue, si concentra nei globuli rossi. Dal
sangue si distribuisce nei vari tessuti (in circa 4 giorni). La concentrazione massima nel
cervello è raggiunta dopo 5-6 giorni.
Essendo il mercurio liposolubile, attraversa la barriera ematoencefalica.
Interferisce col metilmercurio la gravidanza e, soprattutto, con lo sviluppo del cervello perché
è capace con la sua liposolubilità di attraversare la barriera ematoencefalica.
Interferisce anche con la sintesi proteica a causa di mutazioni missenso. L’escrezione
avviene attraverso via biliare e feci (90%) e urine (10%).
Il bersaglio principale del metilmercurio sono il sistema nervoso centrale (cervello, cervelletto
e midollo spinale) e il sistema nervoso periferico (tutti i nervi che dalla colonna vertebrale si
irradiano in tutto il corpo), dove causa morte neuronale a livello corticale e cerebellare. La
sintomatologia clinica è caratterizzata da: parestesia, atassia, debolezza muscolare, perdita
di vista e udito, tremore, coma e morte.
Pertanto, il metilmercurio causa: degenerazione e diminuzione delle cellule di Purkinje e dei
granuli costituenti lo strato granulare della corteccia cerebrale; depolimerizzazione dei
microtubuli; modificazione turnover della dopamina e della norapinefrina (= messaggeri che
servono a fare avvenire lo scambio di informazioni tra gli organi e il cervello);
demielinizzazione fibre nervose. Vi sono anche altri effetti, quali: interferire con i recettori
(diminuzione acetilcolina e acetilcolinesterasi); disfunzione cardiovascolare; effetto
teratogeno; blocco della spermatogenesi. Il danno è focale negli adulti, mentre nei bambini è
generalizzato in quanto sono ancora in crescita e formazione i suoi organi.
Il metilmercurio può costituire un pericolo per le donne in gravidanza, in quanto può arrivare
al feto tramite la placenta e causare seri problemi neurologici (ritardo cognitivo, incapacità di
parlare e di camminare, ritardo nell’apprendimento, ecc..) al cervello in via di sviluppo e per
questo molto sensibile.
Inoltre, questa sostanza tossica può raggiungere il latte materno e arrivare così al bambino
in tenera età.
Per questo motivo, alle donne in gravidanza o in allattamento viene consigliato di non
mangiare le specie più ricche di metilmercurio, come tonno e pesce spada, ma anche il
salmone che ha una grande quantità di grassi e quindi è più soggetto all’assorbimento di
questa sostanza che è lipofila.
Questa sostanza non rappresenta un pericolo solo se assunta in grande quantità (nei casi in
cui si manifesterebbero subito i sintomi), ma anche se assunta in piccole dosi può causare
danni ingenti.
Il contenuto di queste sostanze tossiche nel pesce non deve portare ad escludere questa
fonte di proteine dalla dieta: è importante mangiare pesce, ma orientando la scelta su pesci
che contengano quantità minori di questa sostanza (pesci predatori hanno una
concentrazione maggiore di questa sostanza).
La legge disciplina che la presenza di mercurio non debba superare 0,5 mg/kg nel pesce
fresco, ad eccezione dei pesci correlati a una maggiore biomagnificazione (accumulo di
sostanze tossiche), come il palombo, l’aguglia, lo scorfano, ecc. per cui è previsto un limite
di 1 mg/kg.
Cadmio
Il cadmio è una sostanza che si viene assunta tramite la dieta e si accumula nell’organismo
umano causando danni ai reni, allo scheletro e all’apparato riproduttore; può causare essere
anche cancerogeno, quindi la legge prevede limiti molto bassi per la presenza di questa
sostanza negli alimenti.
La presenza di cadmio, insieme a quella del piombo, viene controllata e la legge ne
stabilisce i limiti massimi che variano a seconda della tipologia di alimento (nei molluschi e
nei crostacei la concentrazione ammessa è più alta, in quanto questi vengono a contatto coi
fondali marini e quindi sono soggetti a una maggiore contaminazione, per cui è impossibile
che abbiano concentrazioni basse di queste sostanze).
Arsenico
L’arsenico è uno tra i metalli pesanti più pericolosi, essendo potenzialmente letale, per cui è
maggiormente attenzionato costituendo un pericolo per la salute delle persone.
La sua tossicità è legata, tuttavia, alla forma chimica in cui si trova:
● l’acido arsenico interagisce con il metabolismo cellulare alterandolo;
● l’acido arsinico forma legami stabili con i gruppi reattivi degli enzimi della pelle e dei
reni, denaturandoli (per questo motivo è considerato cancerogeno e associato ai
tumori della pelle).
Questa sostanza è presente nei prodotti fitosanitari come pesticidi e insetticidi.
L’arsenico è inodore e insapore e per questo motivo è stato utilizzato anche per i “delitti
perfetti” (come ne “Il nome della rosa”, in cui viene usato come veleno), in quanto a bassi
dosaggi provoca una morte uguale alla morte naturale.
A piccolissime dosi può essere utile al nostro organismo, in quanto pare che serva a
migliorare le attività di alcuni neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale.
L’esposizione all’arsenico avviene tramite il cibo, il contatto col terreno o l’acqua e le
persone più a rischio sono quelle che svolgono lavori all’aria aperta come pescatori o
agricoltori; questi ultimi sono maggiormente a rischio per via dell’uso dei pesticidi con cui
vengono a contatto.
L’arsenico può essere rintracciato soprattutto nei nei pesci che assorbono questa sostanza
dall’acqua in cui vivono, ma anche nel vino in cui viene utilizzato nelle botti per mantenerle in
buone condizioni più a lungo.
Gli effetti dell’arsenico sulla salute sono: irritazione dello stomaco e degli intestini;
produzione ridotta di globuli rossi e bianchi; cambiamenti della pelle e irritazione dei polmoni;
cancro alla pelle, ai polmoni, al fegato e cancro linfatico.
Un altro possibile effetto dell’esposizione all’arsenico può essere la sterilità, le false
gestazioni nella donna (gravidanza isterica), ma anche bassa resistenza alle infezioni,
disturbi al cuore e danni al cervello.
Inoltre l’arsenico inorganico può danneggiare il DNA.
I funghi assorbono in modo naturale delle sostanze potenzialmente tossiche per cui vanno
controllati secondo i regolamenti europei che ne stabiliscono i limiti in termini di sostanze
tossiche contenute.
Per questo motivo è importante consumare funghi che provengano da coltivazioni controllate
e non assumere funghi che potrebbero essere dannosi per la salute (ad esempio funghi
raccolti nei boschi che potrebbero essere velenosi o aver assorbito sostanze tossiche).
Occuparsi di igiene del lavoro è importante in quanto mantenere la salute dei lavoratori e
prevenire i possibili rischi correlati al lavoro, contribuisce a mantenere il sistema di welfare
nazionale, oltre a migliorare le condizioni di salute delle persone.
Il fine dell’igiene del lavoro è quello di salvaguardare, quindi, la salute fisica e mentale del
lavoratore cercando di eliminare le situazioni di pericolo per la salute del lavoratore.
Garantire la salute dei lavoratori anche a livello psicologico significa anche attenzionare
fenomeni come il mobbing che possono arrecare gravi danni alla salute di un lavoratore.
I possibili pericoli per il lavoratore possono essere costituiti da vari fattori come le
caratteristiche dell’immobile in cui svolge il lavoro, le condizioni fisiche dell’ambiente di
lavoro (microclima), gli agenti inquinanti, l’età e lo stato di salute iniziale del lavoratore,
l’organizzazione del lavoro.
La malattia e l’infortunio derivano da negligenza e trascuratezza nei miglioramenti da
apportare agli ambienti di lavoro.
Il datore di lavoro è tenuto a mantenere buone condizioni dell’ambiente di lavoro, ma deve
anche controllare che i lavoratori svolgano il proprio lavoro in sicurezza.
Una prima causa di rischio è costituita dalla fatica che oltre a gravare sull’apparato muscolo
scheletrico, fa aumentare il rischio di infortunarsi.
Lo stress psicologico può causare problemi di diversa natura (nell’attualità si sente spesso
parlare delle aziende di vendite online i cui dipendenti sono tenuti a lavorare molto
velocemente nei magazzini di smistamento della merce e per questo motivo sono sottoposti
a stress psicologico).
Anche l’ambiente può essere causa di incidenti e per questo motivo la sua gestione è molto
importante: bisogna controllare le temperature, l’umidità, il microclima, il tipo di illuminazione,
il rumore, i fattori chimici, la presenza di elementi radioattivi ionizzanti, ma anche i fattori
biologici (allergeni o microorganismi che possono causare infezioni).
Per prevenire il rischio chimico si ricorre all’etichettamento delle sostanze chimiche
potenzialmente dannose per mettere in guardia il lavoratore sui possibili pericoli
(infiammabile, irritante, pericolo di inquinamento, corrosione, ecc..).
Per prevenire i rischi chimici gli operatori spesso, prima ancora di essere assunti, devono
seguire dei corsi di formazione per essere preparati su come utilizzare in sicurezza le
sostanze chimiche.
I rischi meccanici sono rappresentati dalle cadute dall’alto, le compressioni, le punture, le
abrasioni, gli scivolamenti, le vibrazioni, ecc..
Un’altra categoria di rischio è quello termico che riguarda le ustioni (sia da caldo che da
freddo).
Anche il rumore costituisce un rischio fisico che viene spesso sottovalutato e considerato
come semplice fonte di distrazione, ma in realtà è legato anche all’insorgenza di patologie
croniche.
Il rischio biologico riguarda tutti i microrganismi come virus, batteri, funghi, parassiti, ecc…
con cui il lavoratore può venire a contatto nello svolgimento del lavoro.
Gli agenti biologici sono distinti in quattro gruppi, in base alla loro pericolosità.
(chi produce i vaccini spesso ha a che fare direttamente coi patogeni).
Altri possibili rischi sono legati ad esempio al lavoro da videoterminale (pc), per cui non si
dovrebbe lavorare davanti a uno schermo per più di 4 ore consecutive.
Il rumore
Nella medicina del lavoro è importante affrontare anche i rischi legati al rumore che spesso
viene sottovalutato e non considerato come dannoso per la salute.
Il rumore può creare disturbi con sintomi clinici, anche se non sempre questi vengono
riconosciuti prontamente e collegati al rumore.
Si pensa che il rumore possa causare danni solo all’udito, ma esso può alterare il battito
cardiaco, la respirazione, la fertilità, la pressione del sangue.
Inoltre il rumore, sotto forma di inquinamento acustico, rappresenta uno dei rischi ambientali
più sottostimati.
Al rumore sono correlate tematiche come l’inquinamento dell’aria, l’ipertensione (soprattutto
nei soggetti che hanno una storia familiare in cui sono presenti soggetti con determinate
patologie come problemi cardiovascolari), lo stato di salute, la posizione della camera da
letto, la sensibilità al rumore, la lunghezza di esposizione al rumore (essere esposti per poco
tempo a un rumore intenso non è rischioso come essere esposti a rumore ogni giorno per
diverse ore durante le attività lavorative), l’educazione (una diversa educazione può giocare
un ruolo fondamentale nell'individuare se un rumore dannoso per la salute), l’età, la
depressione (la presenza di rumore costante può influire sulla serenità delle persone
portando a sviluppare disturbi depressivi).
Il rumore è quindi considerato un tema importante anche a livello architettonico e
ingegneristico, infatti in questi campi si è lavorato per sviluppare adeguate insonorizzazioni
degli ambienti di vita o di lavoro.
Tra i possibili effetti sulla salute, legati all’esposizione al rumore troviamo:
● stress psicologico;
● danni all’apparato cardiovascolare;
● riduzione dell’attenzione (aumentano gli incidenti);
● danni a livello emotivo (ansia, aggressività, attacchi di panico, stanchezza,
cambiamenti di umore).
Per valutare il rischio delle persone esposte al rumore bisogna misurare i decibel a cui
queste sono esposte e il tempo dell’esposizione.
Cos’è il rumore?
Per suono, intendiamo una variazione di pressione dell’aria rispetto alla pressione
atmosferica prodotta dalle vibrazioni dei corpi e rilevata dai timpani che le trasmettono al
cervello, il quale a sua volta le trasforma in sensazioni uditive.
Gli organi di senso rappresentano un prolungamento del cervello, infatti già a livello
embrionale si sviluppano come “foglietti” che poi svilupperanno i vari organi di senso.
L’orecchio si divide in esterno, medio e interno.
L’area esterna è costituita dal padiglione auricolare che intercetta le pressioni dell’aria e le
veicola verso il canale uditivo; il condotto esterno funge da imbuto per portare le vibrazioni al
timpano che si trova nell’orecchio medio che contiene anche i tre ossicini (martello, incudine
e staffa) che a contatto col timpano si muovono e trasmettono il movimento alla membrana
che è elastica, quindi l’energia pressoria viene trasformata in energia meccanica;
nell'orecchio interno troviamo la coclea,una sorta di “chiocciola” al cui interno si trovano delle
cellule ciliate le cui ciglia sono rivolte verso l'interno e si muovono in base al movimento del
liquido che è contenuto nella coclea; lo spostamento delle ciglia della coclea provoca una
scarica elettrica che viene trasmessa al nervo acustico e tramite quest’ultimo al cervello,
quindi l’energia meccanica diventa energia elettrica.
Questo meccanismo è tanto complesso quanto delicato, per cui l’esposizione al rumore
rappresenta un pericolo piuttosto grave.
Le tecnologie a nostra disposizione oggi ci permettono di correggere eventuali problemi
(impianti cocleari elettronici nei bambini nati sordi che permettono il recupero dell’udito;
ricostruzione degli ossicini in caso di danneggiamento).
Gli eventuali danni all’udito possono essere monolaterali se interessano un solo orecchio,
bilaterali se riguardano entrambe le orecchie.
Nell’aria il suono si sposta di 340 metri al secondo, quindi ha una bassa conduzione; in
acqua invece il suono si propaga di 1500 metri al secondo (per questo si utilizzano i sonar,
ovvero dispositivi che sfruttano la propagazione del suono in acqua per segnalare la
presenza di navi, sottomarini, ecc..).
La velocità di propagazione aumenta ancora di più nei solidi (5000 metri/secondo), perché,
essendo più densi dell’aria, le molecole che li compongono sono più vicine e quindi
trasmettono più velocemente la vibrazione.
La pressione atmosferica collegata alla capacità di udito si misura in Pascal, anche se
questa unità di misura è poco conosciuta, mentre la misura più conosciuta è il decibel.
La sensazione uditiva che ci consente di orientarsi e capire cosa avviene intorno a noi è
definita suono, ma è ben diversa dal rumore che invece ha un’accezione negativa, in
quanto rappresenta una sensazione uditiva che non ci dà informazioni, ma piuttosto ci
arreca disturbo (es: a scuola si attendeva il suono della campana tra una lezione e l’altra,
che seppur di molti decibel, per essere sentita in tutta la scuola, non è considerata rumore
ma suono, in quanto dà l’informazione di fine delle lezioni; il martello pneumatico che rompe
l’asfalto non dà alcuna informazione, ma arreca disturbo, pertanto è considerato rumore).
Un’altra caratteristica del rumore è che generalmente è un suono poco equilibrato o
ripetitivo.
Nella valutazione della pericolosità del rumore si è visto che tra 0 e 10 decibel il rischio è
praticamente inesistente (ma si tratta praticamente del silenzio assoluto); tra 10 e 30 decibel
(rumore percepito in una biblioteca) si possono alterare le condizioni uditive di un soggetto;
tra 40 e 65 decibel c’è un impatto intermedio; tra 70 e 100 decibel l’impatto può essere grave
e le lesioni all’orecchio possono essere anche immediate.
Il rumore rappresenta quindi un pericolo per cui è necessario fare azioni di prevenzione dei
rischi legati all’intensità e al tempo di esposizione al rumore.
Una prima misura preventiva riguarda innanzitutto lo screening neonatale, per intercettare
sin dalla tenera età eventuali problemi di udito; anche in Sicilia negli ultimi 3 anni si sta
procedendo a controllare l’udito dei neonati (mentre prima si aspettavano i 3-4 anni quando
si manifestavano i problemi legati all’udito nella difficoltà dei bambini sordi nel parlare).
L’individuazione di sordità o ipoacusia già nella fase neonatale permette di intervenire
tempestivamente e permettere ai bambini con problemi di udito un recupero dell’udito e uno
sviluppo sociale e psicologico ottimale.
L’esposizione al rumore può essere diretta (questa può causare la perdita dell’udito), o
indiretta (può causare disturbi del sonno, disturbi della comunicazione, disturbi legati allo
stress).
Una possibile conseguenza dello stress da rumore può essere un’alterazione del
funzionamento delle ghiandole endocrine (tiroide, ipofisi, surrene, ecc), in quanto il rumore
altera il segnale nervoso che regola il funzionamento di queste ghiandole; il
malfunzionamento di queste ghiandole può, a sua volta, causare un aumento della
pressione sanguigna, aumento dei lipidi nel sangue e aumento della viscosità del sangue
con conseguente trombosi.
Questi malfunzionamenti possono portare a lungo andare a infarto, ictus o alterazioni del
metabolismo del glucosio con conseguente diabete.
Questi disturbi spesso iniziano senza sintomi, quindi ci si rende conto di averle solo quando
sono già gravi le conseguenze.
La protezione dal rumore è anche legata alla posizione sociale, in quanto non tutti possono
permettersi di vivere in una zona più silenziosa o dove le case sono circondate dal verde
che attenua i rumori.
Prevenire i danni da rumore riguarda anche le raccomandazioni a non ascoltare musica in
cuffia ad alto volume, come anche evitare di suonare il clacson se non è strettamente
necessario.
L’esposizione al rumore riguarda anche i bambini in età scolare che possono sviluppare
disturbi dell’apprendimento a causa del rumore (i bambini che vivono in città hanno
un'attenzione più bassa e un apprendimento più lento rispetto ai bambini che vivono in
periferia.)
Patologie uditive
Ci può essere anche una lesione morfo-funzionale che possa portare all'ipoacusia, diversa
dalla sordità. Nel primo caso ci troviamo di fronte a un abbassamento della capacità uditiva
(si sente di meno o si sentono solo particolari timbri più acuti o più gravi e altri no), mentre
nel secondo caso riguarda la completa perdita della capacità uditiva.
Quando al fisiologico processo di invecchiamento dell’organo dell’udito (presbiacusia) si
sovrappone l’esposizione a elevati livelli di rumore dovuti al traffico veicolare, a particolari
mansioni professionali, all’alto volume, si manifesta un ulteriore decadimento della funzione
uditiva definito socioacusia. Quest’ultimo decadimento è però più raro oggigiorno, addirittura
esiste un corso di laurea in audioprotesi che serve a formare persone specializzate per
creare o fornire al soggetto presbiacutico o sordo dei sistemi tecnologici che lo aiutino,
anche con ottimi risultati, a recuperare la capacità uditiva e a ritornare a vivere in società.
La perdita delle cellule uditive è irreversibile ma cessa con la rimozione dello stimolo che l’ha
provocata, se questa non è ancora cronicizzata. L’insorgenza dell’ipocusia non è però
rapida, infatti questo evento viene sempre preceduto dalla cosiddetta “fatica uditiva”. Oggi la
patogenesi dell’ipocusia può essere dovuta all’esposizione ad un rumore piuttosto elevato
ma non tanto da determinare lesioni timpaniche.
Mentre, invece, il rumore estremamente intenso (ex. colpi violenti o le turbine degli aerei)
possono condurre alla perdita uditiva dovuta alla rottura della membrana o alla grave
riduzione della vibratilità delle cellule dell’organo.
In alcuni casi, nei soggetti in acuto ad elevati livelli di rumore, si può manifestare anche un
danno di tipo transitivo, caratterizzato da un deficit uditivo per le basse frequenze e
prevalentemente unilaterale.
L’essere umano appartiene alla specie animale, infatti, egli è partito da una capacità di
muoversi nello spazio e di avere le sensazioni uditive, visive ed olfattive in modo da
percepire in anticipo il pericolo e allontanarsi nel tempo per poi evolversi, sebbene vi sia
rimasto il sistema di risposta atavico subliminale (= proteggersi e fuggire, scaricando
adrenalina). Pertanto, in casi di esposizione a rumori che possano causare un danno alla
salute, avviene automaticamente (non voluta dal soggetto) una risposta biologica, detta
anche sindrome generale di adattamento. Questa si compone di tre fasi:
1) Fase di allarme: durante la quale si mobilitano le energie (ex. risveglio improvviso nella
notte per un allarme che suona. Per fare ciò, è stato necessario l’utilizzo di glucosio per dare
la spinta energetica al corpo e permettergli di svegliarsi di soprassalto).
2) Fase di resistenza: quando l’organismo tenta di adattarsi alla situazione e gli indici
fisiologici tendono a normalizzarsi anche se lo sforzo per raggiungere l’equilibrio è intenso
(ex. l’allarme continua a suonare, si percepisce che è un allarme partito accidentalmente e
che prima o poi finirà. Si cerca di riaddormentarsi, ma per fare ciò, bisogna adattarsi al
rumore di fondo: ecco perché gli abitanti delle grandi città che vivono in una via molto
trafficata, sono abituati e riescono a dormire nonostante i rumori continui; una persona che
invece non ha mai abitato in un centro urbano, ha delle difficoltà enormi ad addormentarsi
quando si trova in contesti simili).
Compaiono i “disturbi dell’adattamento” i cui sintomi più comuni sono disturbi del sonno,
disturbi dell’attenzione, attacchi di panico e ansia, depressione, stanchezza, mal di testa,
disturbi gastrointestinali (perché lo stomaco è una ghiandola che secerne acido cloridrico, e
nel momento in cui si avvertono allarmi, la ghiandola tende a lavorare anche quando non ve
ne è bisogno), aumentata intolleranza, disturbi sessuali (perché sia il testicolo che l’ovaio
sono fortemente collegati al cervello, per cui se l’impulso elettrico cerebrale non è adeguato
o fuori dalla normale attività della gonade, si hanno dei disturbi), disturbi del comportamento
con aumento delle abitudini al fumo, alcol, droghe, psicofarmaci, disturbi alimentari, reazioni
auto e eteroaggressive.
3) Fase di esaurimento: se la condizione stressante continua, oppure risulta troppo
intensa, si entra in una fase di esaurimento in cui l’organismo non riesce più a difendersi e la
naturale capacità di adattarsi viene a mancare.
È in atto una stretta collaborazione tra la Commissione Europea e gli organi ad essa
afferenti (l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita), l’AEA (Agenzia Epidemiologia) e gli
Stati Membri dell’UE per incrementare la direttiva europea attualmente vigente in termini di
inquinamento acustico). ex. oggi non si può più pensare di costruire un ospedale presso il
centro urbano (motivo per cui a Catania l’ospedale nuovo è stato dislocato al di fuori del
centro urbano. Effettivamente si è coscienti del fatto che l’essere umano, particolarmente
fragile, in un ambiente rumoroso si innescano dei sistemi che non aiutano la sua cura,
piuttosto la ritardano o addirittura possono arrecare danni al soggetto).
• A carico del sistema endocrino: aumentata attività della tiroide, ipofisi (importanza
strategica per quanto riguarda la fertilità) e surrene (comporta complicanze per la gestione di
altri organi);
• A carico dell’apparato riproduttivo: riduzione della libido e della fertilità e possibile
influenza sullo sviluppo fetale;
• A carico dell’apparato respiratorio: aumento della frequenza respiratoria e della
profondità degli atti respiratori;
• A carico del sistema immunitario: riduzione dei linfociti etc.;
• A carico dell’apparato gastro-intestinale: aumento della secrezione salivare e gastrica
con conseguente aumento dell’insorgenza di ulcere peptiche e duodenali, alterazione della
motilità gastrica, etc.;
• A livello psicologico: depressione, ansia, aumento dell’aggressività, disturbi del sonno,
senso di fastidio (annoyance), stress e modificazioni in senso peggiorativo delle capacità
cognitive;
• A carico del Sistema Nervoso Centrale: aumento dell’eccitabilità, mal di testa, fatica
mentale, etc.
Patologie extrauditive:
Viene aumentata la produzione di ormoni, soprattutto adrenalina e noradrenalina che
aumentano nelle popolazioni lavoratrici esposti ad alti livelli di rumore e che alterano sia la
capacità di respingere e di supportare bene dal punto di vista metabolico il lavoro stesso, sia
di essere più suscettibili.
Gli effetti psicologici del rumore sono strettamente connessi alle modificazioni
neuroendocrine e ne costituiscono una delle conseguenze più evidenti. Gli effetti psichici,
invece, consistono prevalentemente in modificazioni del comportamento nel senso
dell’aggressività, dell’ansia e, meno frequentemente, della depressione.
Chi soffre di queste patologie, ne soffre, in particolar modo, in estate in quanto con le alte
temperature aumenta la sintomatologia (aumenta la vivibilità negli spazi aperti, perciò
aumenta il rumore urbano).
I problemi cardiovascolari sono collegati al rumore ambientale. Si è visto, da uno studio
tenutosi in Austria, che sono tre i fattori che aumentano la probabilità di avere l’ipertensione,
vale a dire l’età (all’aumentare dell’età aumenta il rischio, in genere dai 55 anni in poi fino al
massimo registrato ai 70 anni), la storia familiare (se in famiglia ci sono stati più casi di
ipertensione, è ovvio che il soggetto in questione sia particolarmente suscettibile) ed, infine,
lo stato di salute (se si parte da uno stato di salute già compromesso, è ancora più facile che
l’ipertensione possa manifestarsi). Questo studio ha valutato i vari disturbi in una
popolazione abbastanza numerosa che si trova nel Sudtirol (città austriaca al confine con lo
Stato italiano) dove passa una linea ferroviaria per scambio di merci (per lo più nelle ore
notturne) parte traduzione giulia
Un altro studio, in Olanda, ha messo invece in evidenza come il rumore possa disturbare il
sonno, non solo dalle persone che dormono, ma anche in quelle che vanno da un sonno
profondo a un sonno leggero. Dormire in un ambiente rumoroso non ha lo stesso effetto
rispetto al dormire in un ambiente silenzioso. Le evidenze suggeriscono, poi, che il traffico
aereo influisce meno sui disturbi del sonno rispetto alla continuità del traffico urbano.
Quest’ultimo è infatti più problematico e meno prevedibile, perciò meno gestibile.
Per quanto riguarda invece il feto che si porta in grembo, possiamo dire che la gravidanza
trascorsa in un ambiente molto rumoroso dà problemi come l’ipocusia fetale (grave
soprattutto per il bambino che è in via di sviluppo).
Se si è in interazione sia con l’air pollution che con il rumore, i sintomi vengono amplificati.
L’inquinamento legato al rumore è una grande problematica emergente che sta
sensibilizzando l’Europa. Molti studi scientifici dimostrano come l’esposizione simultanea al
rumore e all’inquinamento atmosferico amplifichino i danni alla salute dell’uomo. In questo
caso, quindi, il fatto di vivere in centro urbano ci espone maggiormente ai rischi essendo
coinvolti nel sistema dell’inquinamento atmosferico e acustico.
Lezione 14/04/2021
Vaccinazioni:
Molti genitori non vaccino i propri figli a seguito di una serie di fake news circa le
complicazioni che “sarebbero avvenute” in seguito.
Cos’è un vaccino?
È un prodotto costituito da una piccolissima quantità di microrganismi (virus e batteri) uccisi
o attenuati o da una parte di essi, progettato in modo da stimolare nel corpo la naturale
reazione immunitaria. Fa sviluppare una specifica resistenza alle Infezioni.
Prevenzione immunitaria:
La prevenzione immunitaria si dice attiva nel caso del vaccino-profilassi, passiva nel caso di
sieroprofilassi (passiva perché il sistema immunitario del soggetto vaccinato non si attiva,
piuttosto vive di quello che già sta dando come protezione l’anticorpo inoculato). I sieri, a
loro volta, possono essere eterologhi (= vengono da animali e successivamente inoculati
nell’uomo) o omologhi (= se le immunoglobuline sono di origine umana).
Vi è anche la chemioprofilassi vale a dire la somministrazione di farmaci a scopo preventivo
(ex. la malaria: l’unica forma di profilassi che può utilizzare un uomo che deve partire e che
abbia il rischio di contrarre tale malattia; egli dovrà, in questo caso, continuare a prendere i
farmaci prescritti per tutta la durata del viaggio in modo da rendere non idoneo il torrente
sanguigno del paziente rispetto al plasmodio).
Controindicazioni:
Nonostante tutto, esistono delle controindicazioni temporanee di ordine generale valide per
tutti i vaccini, quali la malattia acuta febbrile (> 38°C) e le turbe generali giudicate
clinicamente importanti (ex. bambini immunocompromessi, soggetti che hanno avuto un
trapianto d’organo non possono essere vaccinati finché le loro condizioni non saranno
migliorate).
Vi sono anche delle controindicazioni relative a situazioni particolari come: gli stati di
immunodepressione primitiva (immunodeficienze congenite), secondaria a patologie (HIV,
leucemie, linfomi, tumori), e in seguito a trattamenti farmacologici; l’allergia a costituenti di
vaccini con possibili reazioni locali o sistematiche da componenti del vaccino (antigeni
proteici), antibiotici aggiunti o residuati dalle culture cellulari e conservanti o stabilizzanti (che
non hanno il mercurio a differenza di ciò che dicono alcuni del movimento Novax).
tale motivo, per la futura madre si consiglia una serie di escamotage per poter prevenire tali
malattie (ex. le si consiglia di non frequentare luoghi affollati e con bambini piccoli (in quanto
serbatoio di tali malattie) e utilizzando la sieroprofilassi che la mantenga protetta dal
prenderle grazie all’inoculazione diretta degli anticorpi; una volta partorito, la donna potrà
fare il vaccino che diventa molto più duraturo nel tempo.
Lo stesso problema, si pone per la poliomielite. Le due formulazioni dell’antipolio (tipo Sabin
o Salk) sono differenti, in quanto il primo è fatto di microrganismi vivi attenuati e il secondo di
microrganismi morti (perciò molto più debole rispetto al Sabin). La poliomielite è devastante
per la salute in quanto lascia delle gravi disabilità, sebbene sia altalenante con i casi di
incidenza: in Italia siamo riusciti a eliminare completamente tale malattia, non è avvenuto lo
stesso in altri Stati in cui sono presenti ancora dei focolai in cui questa riaffiora; ciò è stato
possibile grazie al fatto che nel nostro Paese è stato utilizzato l’antipolio Salk (questo però
produce in alcuni soggetti meno suscettibili ad avere una reazione immunitaria forte, a non
produrre completamente l’efficacia del vaccino, pertanto sarà necessario un continuo
monitoraggio per quanto riguarda la preminenza di questa malattia a livello mondiale). Per
quei Paesi in cui invece sono ancora presenti i focolai, sarà più opportuno sospendere la
vaccinazione di massa con il tipo Salk per ripassare al tipo Sabin. Perché allora non si usa
direttamente il tipo Sabin? Perché 1 caso su 10000000 contrae la malattia (?).
Con le vaccinazioni vengono evitati nel mondo, ogni anno, non meno di tre milioni di decessi
nei bambini di età inferiore a 5 anni, ed almeno 400000 casi di polio paralitica, malattia di cui
è prossima la totale eliminazione in tutto il mondo, al pari di quanto già avvenuto per il
vaiolo. Questi traguardi sono stati raggiunti grazie al “Programma Esteso di Immunizzazione
(EPI), promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a cui anche l’Italia ha
aderito.
In Italia sono raccomandabili nell’infanzia vaccinazioni per prevenire le seguenti malattie:
morbillo, parotite e rosolia (MMR), infezioni da Haemophilus inluenzae b (Hib), pertosse
(DTP).
Con l’approvazione, da parte della Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato, Regioni
e provincie Autonome di Trento e Bolzano, del Piano Nazionale per l’eliminazione del
morbillo e della rosolia congenita (13 novembre 2003), l’Italia si è impegnata per realizzare
finalmente, attraverso la vaccinazione MPR, un efficace controllo del morbillo, ancora
presente in forma epidemica nel nostro Paese, in vista dell’obiettivo dell’eliminazione della
malattia entro il 2008 dall’intera Regione Europea.
Le vaccinazioni antidifterica-tetanica (DT), antipolio (OPV-IPV) antiepatite B (HB) sono
obbligatorie per legge nel nostro Paese.
Tutte le vaccinazioni iniziano dal terzo mese del bambino in poi perché è da qui fino al
15esimo mese che molte patologie hanno molta più probabilità di esplicarsi.
Nei bambini nati da madri positive per HB5Ag da somministrare entro 12-24 ore,
contemporaneamente alle immunoglobuline specifiche antiepatite B; il ciclo va completato
da una seconda dose a distanza di 4 settimane dalla prima, da una terza dose dopo il
compimento della ottava settimana e da una quarta dose in un periodo compreso tra
l’undicesimo ed il dodicesimo mese di vita. Qualora non sia stato possibile somministrare
una dose di vaccino MPR entro i 24 mesi di vita, è necessario utilizzare ogni seduta
vaccinale successiva per il recupero dei soggetti non vaccinati.
L’offerta attiva della seconda dose di routine della vaccinazione antimorbillo-paraotite-rosolia
è epidemiologicamente importante soltanto dopo il raggiungimento di coperture vaccinali
apro o superiori all’80% della popolazione bersaglio (bambini di età inferiore a 24 mesi di
vita).
Vaccinazioni e gravidanza
Prima di procedere a una vaccinazione è necessario accertarsi che il soggetto non sia una
donna in stato di gravidanza, in quel caso è sconsigliabile fare vaccini che contengano
microrganismi vivi attenuati; è consigliabile fare l'antitetanica (se non ha fatto il vaccino
contro il tetano) tra il quarto e l'ottavo mese di gestazione.
Durante la gravidanza bisogna porre l'attenzione su teratogenesi ed embriofetopatia,
ovvero malformazioni dovute non a cause genetiche ma a cause esterne.
Queste malformazioni possono avvenire a livello embrionale (tra la quinta e la decima
settimana), durante l'organogenesi o anche in momenti successivi.
Le anomalie malformative possono essere di tipo anatomico, funzionale o anatomo-
funzionale (ovvero anomalie anatomiche che hanno ripercussioni anche funzionali, come nel
caso di malformazioni cardiache).
Le cause possono essere biologiche (virus, batteri, funghi, protozoi, parassiti), chimiche o
fisiche (sostanze tossiche o radiazioni assunte durante la gravidanza), metaboliche
nutrizionali (nel caso in cui la madre abbia già delle condizioni patologiche esistenti).
Le alterazioni di tipo biologico sono quelle più conosciute a livello clinico e fisiopatologico, in
quanto è risaputo che i virus causano malformazioni, ritardo cognitivo e in casi gravi anche
aborto.
I virus più pericolosi, come già detto, sono quelli del complesso TORCH (Toxoplasmosi,
others, Rosolia, citomegalovirus, herpes).
Tra i virus compresi nel complesso TORCH (others) uno da menzionare è lo zika, presente
in Sud America e negli stati a sud degli USA in cui è presente un flebotomo (zanzare) che è
vettore di questo virus che causa anencefalia se contratto da una donna in stato di
gravidanza (l’epidemia di zika è stata nota proprio per l’incidenza di bambini nati con questo
tipo di malformazione).
Altri patogeni dannosi durante la gravidanza sono il morbillo, la tubercolosi, la salmonella, lo
stafilococco e la listeria (batterio che vive bene a basse temperature, al contrario di molti che
grazie alla refrigerazione muoiono; può essere presente in alimenti che vengono consumati
crudi e che sono refrigerati, come ad esempio gelati, yogurt, frutti di bosco congelati e
mangiati senza cottura.)
Anche l’influenza può danneggiare il feto attraverso l’aumento della temperatura corporea
nella madre e le complicanze bronco-polmonari possono portare a ipossia del feto (perché si
abbassa l’ossigenazione del sangue).
Infine, se la madre è sieropositiva il bambino può nascere già con l’infezione dell’AIDS con
conseguente malfunzionamente del sistema immunitario.
I periodi sensibili della gravidanza sono tutti, ma in particolar modo le prime 2-3 settimane
(quando la morula inizia a sviluppare i foglietti embrionali), quindi in questo periodo bisogna
prestare particolare attenzione a sostanze tossiche, agenti patogeni, farmaci (in gravidanza
si può assumere solo paracetamolo).
Nelle prime settimane un eventuale rischio può causare un aborto; nei mesi successivi
invece si possono sviluppare malformazioni focali, ovvero che riguardano parti specifiche del
corpo.
Cause di mortalità perinatale o fetale (prima della nascita), postnatale (entro una
settimana dalla nascita) o infantile (entro un anno dalla nascita)
Le cause di mortalità possono essere di tipo esogeno, come nel caso di agenti teratogeni o
di incidenti, ma anche cause legate al parto (parto distocico, ovvero con complicanze come
nel caso del parto podalico o del parto con madre infetta per cui si rende necessario
praticare un parto cesareo in modo che il bambino non venga a contatto con le mucose
infette della madre), infine si parla di cause endogene nel caso in cui il bambino contragga
malattie della madre, malattie ereditarie (es: emofilia), le anomalie della meiosi, la
isoimmunizzazione Rh.
In Italia, negli ultimi 20 anni, il tasso di parti con anencefalia è crollato, in quanto la
tecnologia diagnostica permette di verificare sin dalle prime fasi della gravidanza che il feto
si sviluppi correttamente e di praticare l’aborto se ci sono malformazioni (la legge italiana
permette l’aborto fino all’ottavo mese, in questi casi; alcuni genitori scelgono di far nascere
comunque il bambino, anche se spesso quest'ultimo sopravvive solo poche ore).
Tra le cause di mortalità perinatale ci sono quindi le malattie della madre, le infezioni
materne, sostanze chimiche voluttuarie (alcool, droghe), i farmaci o le radiazioni.
Anche gli agenti ambientali possono essere rischiosi per la salute del feto (di recente si sta
evidenziando che le sostanze plastiche che utilizziamo quotidianamente incidono
Nel tempo, è cambiato lo scenario: i tassi di incidenza cosiddetta classica hanno lasciato
posto a quelle più legate a quelle del XXI sec. Questo non perché prima non vi fossero tali
malattie, ma non vi erano tecnologie di indagine che potevano determinare lo stato
patologico di un soggetto, in base a ciò risulta chiaro che prima non erano riconosciute o
disponibili (ex. il papilloma virus è sempre esistito, ma non si aveva la possibilità da un punto
di vista sierologico di identificarlo attraverso lo screening).
Pertanto, ci si trova di fronte ad una conversione epidemiologica per cui è possibile scovare
delle differenze tra le malattie veneree del XIX sec. e le MST di seconda generazione del
XXI sec. Le prime di questa lista erano per lo più la sifilide, la gonorrea, il linfogranuloma
venereo, l’ulcera molle; oggi, invece, abbiamo anche malattie come la trichomonas vaginalis,
la chlamydia trachomatis, la mycoplasma, l’HIV, l’Herpes virus, l’HPV (e tante altre). Sono
così tante le malattie sessualmente trasmissibili, talvolta che si manifestano con sintomi
tanto lievi da non essere presi in considerazione, che appare doveroso dover informare le
persone di rischi legati alla propria vita sessuale e come -non soltanto prevenire ma anche-
riconoscerne i sintomi (ex. molto spesso viene scambiato il papilloma virus per un semplice
raffreddore). Chi si occupa di verificare i sintomi di tali malattie è il dermatologo, per cui
Le MST rilevanti per la fertilità di coppia sono la sifilide, la gonorrea, l’infezione da Clamydia
Trachomatis, Herpes simplex genitale, infezione da Trichomanas vaginalis, infezioni da HPV
e infezioni da HIV. Sono specialmente le giovani coppie che devono fare attenzione circa i
rischi della fertilità poiché le condizioni predisponenti biologiche sono proprio la giovane età
e il sesso femminile. Invece, le condizioni predisponenti comportamentali sono la
tossicodipendenza, l’alcolismo, la promiscuità sessuale, turismo globale (“turismo sessuale”)
e l’immigrazione (perché anche lasciare dei retaggi culturali molto restrittivi permettono in
altre zone di godere al contrario della libertà dal punto di vista religioso, sessuale e
soddisfare tali bisogni).
Fattori di rischio:
I fattori di rischio sono chiaramente l’elevato numero di parthners sessuali (in particolar
modo quelli occasionali), la coinfezione da HIV, la precedente storia di MST (= se si è già
avuta in passato, è possibile una riacutizzazione della malattia o si è maggiormente esposti
a contrarre malattie simili), la scarsa istruzione (che pone anche un’incapacità nel correre il
rischio) e il mancato utilizzo di metodi protettivi di barriera.
Sintomi principali:
• Nella donna: perdite vaginali, bruciore, dolore, ulcere genitali e dolori addominali.
• Nell’uomo: dolore all’inguine, bruciore, perdite uretrali, ulcere genitali.
- coinvolgimento pluriviscerale
- insorgenza di tumori
Ambienti indoor
L’inquinamento indoor
Fino agli anni ‘50 non si è avuto un vero e proprio studio dell’inquinamento indoor, ci si
concentrava solo sull’inquinamento prodotto dalle attività industriali nell’ambiente esterno.
La normativa riguardante la qualità dell’aria negli ambienti interni arrivò solo negli anni ‘70 a
causa di alcune gravi infezioni polmonari (alcune letali) dovute a impianti di condizionamento
(per questo i filtri dei condizionatori devono essere puliti e disinfettati in quanto lì si possono
sviluppare batteri come la legionella).
Gli esseri umani che non fanno lavori in spazi esterni, trascorrono il 90% del loro tempo in
ambienti chiusi (casa, lavoro, palestra, ecc..), quindi è probabile che ci siano maggiori rischi
per l’inquinamento indoor piuttosto che per quello outdoor.
Nella medicina del lavoro, il medico del lavoro è tenuto a controllare la qualità dell’aria per
evitare l’insorgere di patologia nei lavoratori, infatti il 40% delle assenze da lavoro per
malattia probabilmente è dovuto a problemi di qualità dell’aria interna nei luoghi di lavoro
(es: nelle scuole, prima della pandemia, se un bambino si ammalava si ammalava tutta la
classe e spesso anche gli insegnanti).
Per inquinamento interno si intende quindi qualsiasi alterazione chimica, fisica e biologica
dell’aria, determinata sia da variazioni di concentrazione dei suoi normali costituenti, sia
dalla presenza di sostanze estranee alla sua composizione normale, in grado di determinare
effetti di danno all’uomo.
INQUINANTI FONTI
Antiparassitari Legno
isolanti
Formaldeide Arredamenti
Valutazione quantitativa dell’impatto sulla salute della popolazione e dei costi diretti (€) per
l’assistenza sanitaria attribuibili ogni anno agli inquinanti indoor in Italia:
*prevalenti: cioè che rimangono tali ( incidenti)
Controllo ambientale:
È necessario, pertanto, un controllo ambientale. Nel caso di abitazione con residenza, il
diretto interessato è lo stesso proprietario o colui che vive in prima persona in
quell’abitazione a cui spetta il compito di valutare la qualità dell’aria (motivo per cui si rifa
spesso al solo ricambio dell’aria); invece per ottimizzare i ricambi d’aria in ambito lavorativo
e/o sanitario, si fanno delle rilevazioni che consentono di migliorare le prestazioni nel luogo
in cui i dipendenti sono costretti a stare per l’attività lavorativa o perché degenti. Per questo
motivo, in tal modo, si migliora non soltanto il benessere ma anche la salute.
Si fa in primo luogo un controllo dell’inquinamento, monitorando la qualità dell’aria, che può
essere biologico, chimico, fisico (con conseguente controllo del radon perché ha un effetto
radioattivo); in secondo luogo è necessario comprendere se quel determinato ambiente è
efficace per il mantenimento del benessere, soprattutto da un punto di vista
termico/termoclimatico.
Ambienti termici:
Quanto è vivibile dal punto di vista termico l’ambiente sia se si tratta di attività lavorativa o di
degenza?
In questi casi gli ambienti termici saranno moderati: non determinano, cioè, variazioni
significative della temperatura corporea.
Sono invece severi quegli ambienti molto caldi (che sollecitano incremento della temperatura
corporea, è richiesto un notevole intervento del sistema di termoregolazione umano al fine di
diminuire il potenziale accumulo di calore nel corpo; ex. bambini lasciati per molte ore in
macchina sotto il sole hanno riscontrato molti squilibri che potrebbero condurre ad un
arresto) e quelli molto freddi (caratterizzati da condizioni che richiedono un sensibile
intervento del sistema di termoregolazione umano per limitare la potenziale eccessiva
diminuzione della temperatura caratteristica dei diversi distretti ed in particolare del nucleo
corporeo).
Pertanto, nel caso degli ambienti moderati e severi, si ha nel contesto lavorativo la tutela
della salute di chi lavora rispetto al rischio di iper o ipotemia.
La qualità dell’aria indoor (abbreviato in IAQ) negli ultimi anni ha visto un aumento di
sostanze inquinanti aerodisperse sia in numero che in concentrazione, causando degli effetti
negativi sulla salute.
Questo è dovuto sia a come viviamo negli ambienti, che anche a come li arrediamo.
La qualità dell’aria è considerata accettabile, quando in essa non sono presenti
contaminanti in concentrazioni dannose, secondo quanto stabilito dalle autorità competenti e
rispetto alla quale una notevole quantità di persone, almeno l’80%, non esprime
insoddisfazione (quindi bisogna che la qualità dell’aria soddisfi certi standard, ma bisogna
anche tener conto del parere delle persone che vivono in un determinato ambiente).
Inquinamento biologico
Uno dei primi fattori da attenzionare è l’inquinamento biologico, di cui si parla sempre di più
(soprattutto durante la pandemia).
Nell’aria sono presenti diversi microrganismi che vengono trasportati dall’aria e diffusi
attraverso polvere o particelle sospese nell’aria.
Questi microrganismi provengono principalmente dall’uomo (fonazione, tosse, starnuti) e
rimangono in sospensione nell’aria sotto forma di goccioline (aerosol).
Le particelle che trasportano i microrganismi misurano circa 15 micron e possono essere
frammenti dell’epidermide, frammenti di peli o goccioline di Flugge (si legge flag).
Per questo motivo è opportuno fare un controllo microbiologico dell’aria per verificare la
presenza di microrganismi e apportare le dovute bonifiche, se necessario.
Microrganismi vari (patogeni e non), altri Locali con moquette, tappeti e tendaggi
agenti biologici non regolarmente puliti, contatto con
acqua contaminata
Indici di confort
Questi indici sono piuttosto recenti (legge 626/2008) e costituiscono i riferimenti legislativi
fondamentali per la valutazione degli ambienti termici moderati. Essi contengono una serie
di disposizioni qualitative con riferimenti a molte quantità (temperatura, umidità, velocità
dell’aria, attività, soleggiamento), ma nessun indicatore semplice sulla base del quale
formulare un giudizio di qualità, né alcun criterio quantitativo di accettabilità.
Sono legati alla presenza di disomogeneità nel riscaldamento o raffreddamento del corpo
umano dovute a:
● correnti d’aria;
● gradiente verticale di temperatura (l’aria fredda va verso il basso, più in alto c’è più
caldo);
● pavimenti con temperatura eccessivamente alta o bassa;
● asimmetria radiante;
In generale la più comune causa di disconfort locale sono le correnti d’aria.
Ci sono diversi indici che misurano il benessere negli ambienti chiusi (Pettenkofer, Brown,
D’arsonval), ma in generale sappiamo che due parametri fondamentali sono l’ossigeno che
deve essere presente almeno per il 17%, mentre l’anidride carbonica non deve superare
l’1% (concentrazione per metro3).
Microclima:
È dunque importante la qualità dell’aria all’interno di un ambiente chiuso, fondamentale se si
pensa ad ex. a particolari capannoni adibiti a determinate attività per le quali l’inalazione di
alcune sostanze potrebbe comportare problemi per la salute del lavoratore. Se si pensa ad
una scuola, soprattutto ora in tempi di covid, è importantissimo arieggiare le aule per diluire
gli elementi microbiologici che potrebbero compromettere la salute degli studenti.
Sia la quantità di ossigeno disponibile che la quantità di anidride carbonica possono essere
individuati con degli indici detti pettenkofer (se l’ossigeno è inferiore a 17% e la anidride
carbonica aumenta dell’1%, ci troveremo di fronte ad un malessere nel soggetto che si trova
in tale ambiente chiuso in quanto il polmone inizierebbe a chiedere più ventilazioni).
ex. Molto spesso, quando si è tanto affaticati durante una lezione piuttosto lunga svolta in un
ambiente molto affollato, la prima cosa che generalmente si fa è sbadigliare: lo sbadiglio non
è solo indice di sonno, ma è il cervello che spinge ad attuare questo gesto involontario
perché il primo fa sì che la respirazione diventi profonda per compensare nel caso in cui ci
fosse una minor quantità di aria da respirare. In seguito, oltre a sbadigliare, arriverà la
sonnolenza, la stanchezza e l’incapacità di concentrarsi.
Ci sono altri indici (come il brown o il d’arsonval) che permettono di individuare la quantità di
sostanze organico-volatili (ex. la cucina dove avvengono molte combustioni) che influiscono
sulle condizioni dell’ambiente in cui ci troviamo.
considerazione andrebbe fatta specialmente in quei luoghi dove ad ex. alloggiano i disabili la
cui incapacità nel muoversi fa sentire loro ancora più freddo. Anche per i bambini molto
piccoli accade questo dal momento che non possiedono la capacità di termoregolazione
(soprattutto perché essi non sudano a quell’età ed il sudore è un campanello d’allarme in
molte situazioni in cui il corpo si trova in difficoltà per le alte temperature).
La definizione di benessere termico, quindi, da un punto di vista giuridico, è l’assenza di
disagio termico o stato di completa soddisfazione del soggetto verso l’ambiente.
La termoregolazione:
Un fattore importante in questo ambito è l’equilibrio termico che si raggiunge fra il soggetto e
l’ambiente circostante. L’essere umano tende, mediante una serie di processi metabolici, ad
abituarsi alle temperature e al clima in cui si trova e cerca di mantenere questo equilibrio
termico al fine di non incorrere in un disagio.
La termoregolazione è l’insieme di quei processi metabolici e la serie di risposte involontarie
ed innate che il nostro sistema nervoso mette in atto al fine di termoregolarci con l’ambiente.
Se ci troviamo in un ambiente caldo, la prima cosa che accade è la vasodilatazione che fa sì
che si ampli il diametro dei capillari che consente al sangue, durante il suo passaggio, di
entrare a contatto con più tessuti e riesce a disperdere più calore. Altra azione è la
sudorazione: si attivano sotto segnale ormonale le ghiandole sudoripare che rilasciano
goccioline di acqua sulla pelle al fine di refrigerarla). Chiaramente però, un eccesso di caldo
provoca delle lesioni al sistema nervoso centrale, produce la coagulazione delle proteine e
la distruzione della ghiandola cerebrale più importante che va a regolare proprio queste
dinamiche, vale a dire l’ipotalamo. Quest’ultimo nel bambino non funziona fino ad una certa
età, per questo ha bisogno di essere tutelato maggiormente da parte dei genitori (ex. se per
uscire mi vesto con pantaloncini e maglietta, non posso mettere una tuta al bambino “per
coprirlo dal sole”; è necessario vestirlo quindi a strato di cipolla). Naturalmente, l’ipertermia
porta alla morte.
Col freddo invece, accade l’effetto contrario. Si ha una vasocostrizione (ecco perché
l’inverno pensiamo di essere dimagriti), quindi i capillari per contrastare le perdite di calore si
stringono e si cede quindi meno calore, soprattutto nelle zone vitali: cervello, cuore e
polmoni. Non a caso, in casi di ipotermia, tendono ad andare in cancrena specialmente gli
arti (partendo dalle dita dei piedi) in quanto, non considerandoli elementi così utili per la
sopravvivenza, la gran parte del calore della circolazione viene mantenuta negli organi vitali.
Pertanto, l’ipotermia è un esempio chiaro di come l’organismo inneschi questi sistemi di
autoprotezione. Un altro elemento che consente di mantenere calore è sbattere i denti e il
tremore (o anche detta pelle d’oca) in quanto alla base di questi meccanismi vi sono delle
contrazioni muscolari dei muscoli lisci involontari che rilasciano calore per attrito. L’ipotermia
può portare alla depressione nervosa, alla perdita di coscienza, all’aritmia, alla fibrillazione
cardiaca e alla morte.
Riguardo l’aspetto climatico, possiamo fare un ex. per controllare l’ambiente: nel caso di
degenza in ospedale, sappiamo che il degente presenta, generalmente, non più di un
pigiama. Addirittura, in terapia intensiva, egli possiede un abbigliamento piuttosto particolare
(nudo con un lenzuolino) affinché il dottore, nel caso di un’operazione urgente o di un
intervento complicato, non debba mettersi a spogliarlo e perdere tempo che possa essere
fondamentale per salvare la vita del paziente.
La valutazione del benessere termico, quindi, ha necessità di un sistema di misurazione
pratico dove si può identificare quella variazione climatica con un numero. Avendo degli
indici numerici si riesce a trasferire la sensazione percepita, o la registrazione da parte degli
strumenti, di un dato che diventa oggettivo (oggettivo perché ad ex. se uno stesso ambiente
è vissuto da tre persone aventi fasce d’età differente si avrebbe tre percezioni differenti della
temperatura); il massimo che si possa fare è ampliare la precisione del dato oggettivo
attraverso i giudizi delle persone all’interno di quell’ambiente.
Se si parla di degenza, di diagnostica, di terapie, bisogna svolgerle in ambito sanitario in
luoghi dove non solo il paziente è cautelato da un punto di vista chimico e microbiologico,
ma anche da quello microclimatico. Un tempo veniva usato il katatermometro, poi si è visto
che questo donava una misurazione troppo scadente e dunque si è passati alla temperatura
effettiva (approccio migliore ma non completo).
Katatermometro di Hill
Temperatura effettiva
Per ovviare ai limiti del katatermometro si è passati alla misurazione della temperatura
effettiva, ovvero la temperatura dell’aria quieta e satura di umidità a cui è associata una
sensazione termica percepita in generico ambiente con parametri microclimatici propri.
Criterio di Fanger
Entrambi questi metodi quindi non erano sufficienti per una misurazione oggettiva della
temperatura percepita.
Per questo motivo il criterio di Fanger tiene conto di una molteplicità di fattori per valutare il
benessere termico.
In realtà il corpo mette in atto degli adattamenti per contrastare il caldo o il freddo, quindi per
percepire un benessere nell’ambiente in cui ci si trova bisogna essere in equilibrio con esso.
Per avere un equilibrio ottimale bisogna tenere conto di alcuni fattori:
● potenza termica associata al metabolismo (M);
● potenza termica associata alla convezione (Cv) (l’aria calda sale verso l’alto, poi si
raffredda e riscende);
● potenza termica associata all’irraggiamento (R);
● potenza termica associata all'evaporazione/condensazione (E);
● potenza termica associata all'entalpia dell’aria respirata/espirata (Cr);
● potenza termica associata al lavoro meccanico (N) (se ci si muove in una stanza
facendo ad es. palestra si crea potenza termica);
● potenza termica associata al mantenimento dell’omeotermia (S);
● potenza termica associata alla variazione di energia attraverso l’introduzione di
cibi a T° diversa (K);
● potenza termica associata alla conduzione (Cd),
Se la somma di questi fattori sarà uguale a 0, l’uomo sarà in equilibrio omeotermico con
l’ambiente.
Quindi il mantenimento del benessere termico si può attuare attraverso l’alimentazione, il
vestiario (in terapia intensiva i pazienti sono nudi, coperti solo da un lenzuolo, quindi la
temperatura in questi ambienti deve essere tenuta abbastanza alta da garantirgli benessere
termico e per questo motivo i camici del personale sanitario che lavora in questi reparti è
diverso da quello di chi lavora in altri reparti come le sale operatorie che al contrario devono
essere mantenute fredde per evitare la disidratazione dei pazienti e per mantenere
l’ambiente asettico [il freddo evita che si sviluppino colonie batteriche]), l’uso di bevande
calde/fredde, l’attività fisica (in ambito sanitario i fisioterapisti portano le maniche corte,
perché dovendosi muovere molto se avesse il camice a manica lunga sarebbe impedito nei
movimenti),
Nella valutazione del benessere termico bisogna anche tener conto della potenza termica
intrinseca individuale (un anziano perde la capacità di autoregolarsi, mentre i bambini
devono ancora svilupparla, per cui bambini e anziani sono le categorie più sensibili agli
sbalzi di temperatura.)
Gli ambienti moderati sono caratterizzati da attività fisica non intensa, da una resistenza
termica e un vestiario standard (non ho idea di cosa voglia dire, ma ha detto così).
Sbalzi termici
Gli sbalzi termici elevati sono possibili sia in inverno che in estate.
Le situazioni più critiche si presentano in condizioni estive estreme nelle quali si possono
creare differenziali di 10 o 15°C tra interno ed esterno, che possono causare danni per la
salute (raffreddore, mal di testa, polmonite, surriscaldamento, sudorazione eccessiva).
Per questo motivo è importante predisporre un’area di transizione non condizionata tra
interno ed esterno, in modo da permettere un acclimatamento prima di entrare/uscire da un
ambiente.
Viziatura dell’aria
Questo tipo di valutazioni, inoltre hanno permesso di individuare alcune malattie correlate
all’inquinamento indoor:
● Building related illness (BRI), o Malattia correlata all’edificio, che può portare ad
alveoliti allergiche estrinseche, infezioni da virus e funghi, asma bronchiale, febbre
da umidificatori, febbre di Pontiac e legionellosi (chi ha questo problema fuori casa
sta bene, quando torna a casa sta male);
● Sick Building Syndrome (SBS) o Sindrome dell’edificio malato, ovvero un
quadro patologico caratterizzato da disturbi plurisintomatici, aspecifici, di tipo
prevalentemente irritativo a carico delle mucose, delle congiuntive e delle prime vie
aeree e da manifestazioni riguardanti l’apparato respiratorio, digerente,
cardiovascolare, osteomuscolare, nervoso e cutaneo; può essere correlato con il
ricambio d’aria, ma anche dalla suscettibilità personale e da come è arredato
l’ambiente;
● Multiple chemical Sensitivity (MCS) o Sindrome da sensibilità chimica multipla
che non è stata ancora indicata dall’OMS come malattia, ma il suo tasso di incidenza
sta aumentando; l’origine è incerta e si ipotizza sia legata a reazioni negative ad
agenti chimici e ambientali presenti a concentrazioni che di solito vengono tollerate
dalla maggioranza dei soggetti; i sintomi sono numerosi e più o meno intensi
(insonnia, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, stanchezza eccessiva,
depressione, ansia, a volte eritemi e problemi cardiocircolatori).
Tra i sintomi troviamo quelli nasali (naso chiuso), quelli oculari (secchezza e bruciore), quelli
oro-faringei (secchezza della gola), quelli cutanei (secchezza cutanea), quelli respiratori
(sensazione di torace chiuso) e altri sintomi come cefalea o eccessivo affaticamento.
La prevenzione si può fare innanzitutto attraverso l’esame del progetto architettonico, poi
attraverso l’ispezione dei locali e degli impianti, la distribuzione di un questionario agli
occupanti, la misura dei parametri microclimatici e le indagini cliniche sui soggetti colpiti.
Lezione 28/04/2021
FUMO DI TABACCO
Il tabacco è un prodotto che contiene nicotina e per questo motivo genera dipendenza
facendone aumentare gradualmente il consumo.
Il suo uso è stato introdotto in Europa nel XV secolo, quando si iniziò a importare
dall’America.
Dalla metà del XVIII secolo si diffuse il consumo di sigarette, il cui fumo è composto da una
parte gassosa (gas e vapori) e una parte solida (piccole particelle di particolato atmosferico).
Il fumo negli ambienti chiusi disperde quindi particelle di particolato che contribuiscono
all’inquinamento indoor (per questo sono stati introdotti i divieti di fumo nei locali pubblici al
chiuso).
Quindi il fumo è un fattore di rischio sia per il fumatore, che per i fumatori passivi o per il feto
in caso di gravidanza.
Nel fumo sono contenute diverse sostanze dannose, in parte contenute nel tabacco stesso
(e anche in altre sostanze che vengono fumate), in parte dovute alla combustione.
Ne esistono di diversi tipi:
● tossiche come la nicotina (alcaloide psicoattivo) che fa rientrare il tabacco tra le
droghe per via della dipendenza che provoca o il monossido di carbonio che riduce il
trasporto di ossigeno nel sangue (sono presenti anche arsenico, cadmio, piombo,
alluminio, zinco e cromo);
● irritanti che irritano l'apparato respiratorio, soprattutto le alte e basse vie aeree e si
tratta di ossidi di azoto, formaldeide e altre sostanze che danneggiano la funzione dei
bronchi;
● cancerogene sono presenti in gran numero (oltre 50 tipi) e aumentano il rischio di
cancro ai polmoni, al cavo orale, alla laringe, all’esofago, ai reni, alla vescica, al seno
e al colon retto.
Il fumo ha quindi degli effetti negativi sulla salute e porta al cosiddetto craving, ovvero
l’irrefrenabile desiderio di fumare dovuto alla dipendenza psichica da nicotina che si instaura
nel fumatore.
Dal 1996 il tabagismo è stato classificato dall’OMS come malattia da dipendenza sia fisica
che psicologica (causa crisi d’astinenza con ansia, irritabilità, incapacità di concentrarsi).
I fumatori che sono più a rischio nell’insorgere di patologie cronico-degenerative sono quelli
che iniziano a fumare in età molto precoce, per questo motivo si fanno delle campagne di
sensibilizzazione per evitare il tabagismo tra gli adolescenti.
Nella fascia tra 15 e 24 anni la percentuale di fumatori è simile a quella degli adulti, anche se
c’è una tendenza in calo dei giovani fumatori (2001-34%, 2002-29%, 2003-26%), soprattutto
di sesso femminile.
Fumo passivo
Il fumo di tabacco danneggia anche chi non ne fa uso diretto, ma si trova a stretto contatto
con dei fumatori.
Tra i danni del fumo passivo possiamo avere basso peso alla nascita, morte in culla (SIDS),
malattie respiratorie nei bambini (asma, broncopatie persistenti), tumori e cardiopatie negli
adulti.
ALCOOL ETILICO
L’uso dell’alcol è spesso associato all’uso di altre sostanze ed è una delle droghe più diffuse
a livello mondiale.
La sua diffusione viene spesso sottovalutata perché se assunto con moderazione non ha
effetti negativi.
Nel passato l’alcol veniva utilizzato quotidianamente anche come fonte di energia e veniva
assunto in accompagnamento ai pasti, oggi invece l’alcol viene consumato per socializzare
e la dinamica dell assunzione dell’alcol sta sfuggendo di mano, soprattutto tra i più giovani
che iniziano a usare alcool in età sempre più precoce e ne fanno un largo consumo
soprattutto nei fine settimana.
Questo sta facendo aumentare i problemi di salute e problemi psicologici anche nei più
giovani.
La molecola dell’alcol viene assorbita senza digestione e viene metabolizzata al 90% dal
fegato che viene quindi danneggiato (si può avere la cirrosi epatica che poi sfocia in cancro
al fegato), in quanto vengono danneggiati gli epatociti.
Gli organi compromessi dall’uso di alcol sono diversi, anche perché viene indebolito il
sistema immunitario: aumenta il rischio di tubercolosi e infezione ai polmoni; aumenta la
debolezza e perdita di tessuto muscolare (chi beve mangia meno e quindi l’organismo è
debilitato); aumenta il rischio di gastriti, ulcere, carcinoma allo stomaco, per via della
continua sollecitazione; ci possono essere anche danni all’intestino; può causare anche
impotenza e infertilità; può causare pancreatiti che possono sfociare in tumori al pancreas;
può dare problemi cardiaci come aritmie; infine può alterare la pelle, il sangue.
Ovviamente l’alcol causa problemi al cervello con amnesie, confusione, difficoltà di
concentrazione (che può causare anche incidenti).
La FAO ha quindi stabilito un limite massimo di assunzione di alcol che non deve superare il
10% del fabbisogno calorico giornaliero; l’OMS invece ha stabilito come limite 30 grammi al
giorno (questo parametro varia in base all’età e al sesso: sotto i 30 anni 43 grammi per gli
uomini e 30 per le donne; tra i 30 e i 60 anni la quantità diminuisce; dopo i 60 anni la
quantità è sempre più bassa).
Nei bambini, ovviamente, si deve evitare l’assunzione di alcol, in quanto potrebbe portare al
coma etilico (gli organi non sono in grado di metabolizzare l’alcol e quindi arriva al cervello)
e anche alla morte.
Alcune popolazioni come cinesi o giapponesi sono più a rischio per quanto riguarda il coma
etilico e per questo motivo utilizzano alcolici prodotti in modi differenti rispetto a quelli
occidentali.
Per avere un’idea dell’alcol ingerito basti pensare che 10 grammi di alcol si ritrovano in 10 cl
di vino, in 25 cl di birra, 8 cl di aperitivo o 3 cl di whisky.
Fasi dell’alcolismo
Uno degli elementi fondamentali nel servizio sociale è la famiglia, ovvero il nucleo primario
in cui l’individuo trova risorse materiali ed affettive per crescere in modo sano ed equilibrato,
quindi ha un ruolo fondamentale ed attivo nella presa in carico dei bisogni poiché si dedica
alla cura dei soggetti più deboli (minori, anziani, disabili, ecc…).
I servizi sono chiamati a collaborare intensamente con la famiglia, nella definizione e
nell’attivazione del processo di aiuto.
Per l’attività di assistenza alla famiglia, il legislatore ha emesso alcune leggi.
Una di queste prime leggi è la legge n.194/1978 contenente le “norme per la tutela della
maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”.
Questa legge legalizzò per la prima volta l’aborto in Italia, anche se ancora oggi è molto
discussa e in alcuni stati (es: la Polonia) si sta parlando di tornare a rendere illegale l’aborto.
Il servizio sociale deve accompagnare la donna nelle procedure riguardanti l’interruzione
della gravidanza, aiutandola con i documenti, con i consulti medici, ecc..
L’intervento può essere svolto sia nelle strutture pubbliche, che in quelle private
convenzionate.
Queste procedure sono molto importanti, in quanto aiutano i genitori a fronteggiare al meglio
la crescita dei figli.
(Si danno aiuti alle famiglie con difficoltà economiche, soprattutto se numerose, evitando la
dispersione del nucleo familiare.)
Legge n. 53/2000
“Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla
formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”
I soggetti che devono essere tutelati di più sono i minori, considerati dall'ordinamento
giuridico come soggetti di diritto incapaci di intendere e volere (fino ai 18 anni) e per questo
deve essere tutelato sia da chi ne ha la potestà (genitori o tutori), sia dai servizi sociali.
La tutela dei minori passa attraverso interventi di natura economica, scolastica e sanitaria.
Legge-quadro n.104/1992
“nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e
l’obbligatorietà del controllo per l’individuazione e il tempestivo trattamento dell’ipotiroidismo
congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica.”
Da questa legge sono scaturite delle attività di screening apposite per la prevenzione delle
suddette patologie. (Le prime regioni a predisporre lo screening uditivo neonatale sono state
Emilia Romagna, Lombardia e Lazio, mentre in Sicilia è stato introdotto solo nel 2016)
Per la prevenzione di infezioni durante l’infanzia sono previste delle vaccinazioni gratuite che
vengono effettuate presso gli ambulatori della Pediatria di comunità e i centri di
vaccinazione: antidifterite, antitetano, antipoliomielite, antiepatite virale B, antipertosse,
antiemofilo, antimorbillo-parotite-rosolia, antipneumococco, antimeningococco C e anti-HPV.
Legge 285/1997
“Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”
Legge 328/2000
“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”
La condizione di disabilità tocca vari aspetti della vita di una persona: fisico, psichico,
relazionale, culturale, sociale, giuridico.
I bisogni vengono colti dalle istituzioni, soprattutto le necessità della famiglia su cui grava il
carico assistenziale e la cura del proprio caro.
Ai servizi specialistici sono demandati interventi per l’inserimento scolastico, lavorativo e la
socializzazione, oltre alle tradizionali attività di prevenzione, cura e riabilitazione.
Legge n.104/1992
“Legge quadro per l'assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”
I servizi sociali di assistenza devono aiutare gli anziani ad affrontare situazioni di difficoltà, in
combinazione coi servizi socio-sanitari che sono diretti a chi ha problemi di salute, oltre che
di natura sociale; questi ultimi vengono gestiti dagli enti locali, ovvero i comuni che
organizzano ed erogano le varie prestazioni in base ai bisogni particolari della città e alle
risorse disponibili.
MALATTIE INFETTIVE
Poliomielite
La poliomielite è una malattia che può dare complicanze anche gravi essendo invalidante.
L’OMS ha valutato la pericolosità di questa infezione e per questo motivo ha puntato sulla
vaccinazione di massa per l’eradicazione totale della malattia.
Eziologia
La malattia è causata dal virus polio, che ha più tipi sierologici (1,2,3) e quindi più varianti.
Patogenesi
Penetrazione nell’organismo per via orale e localizzazione del virus nei nervi spinali (in
particolare nelle placche del Peyer) e successiva diffusione per via ematica.
Gli organi bersaglio sono i motoneuroni delle corna anteriori del midollo con conseguente
compromissione dei movimenti, della deambulazione e delle capacità ventilatorie.
Trasmissione
Il contagio può avvenire in maniera diretta (per via aerea attraverso starnuti, goccioline di
saliva) o in maniera indiretta (contaminazione ambientale, latte infetto, acqua infetta).
Cenni clinici (manifestazione della malattia)
● Progressione dell’infezione che si manifesta inizialmente nella mucosa orale, poi a
livello linfatico, meningeo e nervoso;
● L’infezione inizialmente è inapparente, quindi non manifesta sintomi evidenti;
● In una seconda fase si manifesta una malattia febbrile non differenziata che sfocia in
meningite asettica e anche in malattia paralitica (la compromissione del sistema
nervoso arriva fino alle meningi che ricoprono il midollo e l’encefalo e causano i
danni correlati a questa malattia.)
Diagnosi
La diagnosi viene fatta isolando il virus dal liquor (viene prelevato dalla nuca) per cercare il
virus o, nel caso di infezione pregressa, gli anticorpi specifici.
Epidemiologia
Da un punto di vista epidemiologico, la circolazione del virus in epoca pre-vaccinale era
molto legata alla stagione (soprattutto quella invernale), alle condizioni socio-economiche
(per quanto fosse scadente l’ambiente e la qualità degli alimenti della famiglia che ospitava il
malato) e la latitudine.
L’incidenza della malattia paralitica era maggiore nei Paesi a livello igienico-sanitario
elevato, soprattutto negli adolescenti e negli adulti.
Nel periodo 1949-63, in Italia, furono registrati 3.000 casi di poliomielite paralitica. Dal 1964,
si iniziò a registrare una riduzione notevole del numero di casi, dovuta all’introduzione della
vaccinazione con virus attenuati. Negli anni 1981-90, sono stati registrati soltanto 15 casi di
sospetta poliomielite (l’ultimo caso accertato in Italia risale al 1983).
[A Genova vi è uno degli istituti pediatrici migliori al mondo (= l’istituto Gaslini). Quest’ultimo,
non è un ospedale pubblico, ma è nato come ospedale privato grazie alla donazione che
fecero i genitori Gaslini sotto forma di opera pia beneficienza quando la propria figlia ebbe la
poliomielite e morì].
Prevenzione:
Si previene con la prevenzione primaria:
- SALK (1954): preparazione trivalente inattivata, somministrata per via sottocutanea o
intramuscolare (3 dosi ad intervalli di 1 mese ed 1 richiamo dopo un anno). In Italia, la
vaccinazione divenne obbligatoria nel 1958.
- SABIN (1964): virus attenuati vivi somministrati per via orale. Inizialmente tipi separati
(1,2,3) e poi, nel 1972, tipi associati. Prima dose al 3° mese di vita, seconda dose dopo 6-8
settimane, terza dose al 10°-11° mese e quarta dose al 3° anno di vita. Questo per rendere
infinitesimamente protetto il bambino.
Tetano:
Eziologia:
Malattia infettiva causata da un’esotossina (quindi si tratta di una tossinfezione) prodotta dal
Clostridium tetani:
• gram-positivo
• ha forma bastoncellare a mazza di tamburo
• sporigeno
• mobile
• anaerobio obbligato (= ha bisogno di rimanere all’interno dei tessuti per sviluppare la sua
tossicità)
Le spore resistono sia ad agenti chimici e fisici (sono distrutte solo a 150°C in 5-25 min con
calore umido e in 1h con calore secco dall’ox di etilene e dagli ioduri) nel terreno conservano
la loro vitalità per mesi. Motivo per cui quando arriva una persona al pronto soccorso con
abrasioni, ferite, fratture scomposte, bisogna immediatamente fare il siero per proteggerlo
dalla possibilità che avessero la vaccinazione scaduta e successivamente riproporre la
vaccinazione se il richiamo non è stato fatto per oltre 10 anni. Le spore quindi rappresentano
il tallone d’achille, di fatti è difficile gestirle se non con la sterilizzazione (e qui entra in gioco il
tetano come causa di morte durante il parto, quando cioè questo viene coadiuvato con
strumenti e bende che possano essere non correttamente sterilizzati).
Produce più tipi di esotossine ma è la tetanospasmina in patologia umana ad essere
altamente virulenta, neurotropa (= va a incidere sul sistema nervoso) e termolabile.
Distribuzione geografica: Cosmopolita, maggiore incidenza dai poli all’equatore, quindi il III
mondo è particolarmente coinvolto da questa patologia.
Distribuzione sesso, età, attività lavorativa: Le donne sono meno sensibili alle esotossine
senza distinzione di età; maggiore rischio per persone addette ai lavori agricoli.
In Italia la linea dei decessi è scesa notevolmente in seguito alla vaccinazione e alla
sieroprofilassi.
Riserve infezione: diffuso nell’ambiente, spore presenti nella polvere di strade, abitazioni,
ospedali etc.
Diagnosi:
La diagnosi è essenzialmente clinica. È facilmente riconoscibile nei casi conclamati mentre è
molto più difficile riconoscerla nella fase iniziale.
Nelle fasi iniziali della malattia, la febbre e la rigidità nucale, associate o meno a turbe del
sensorio pongono problemi di diagnosi differenziale nei confronti di una meningo-encefalite.
Da tali malattie il tetano si differenzia per la compromissione tardiva del sensorio e per la
negatività del liquor cefalo-rachidiano.
Profilassi:
la profilassi del tetano si attua con la vaccinazione preventiva della popolazione. In Italia la
vaccinazione antitetanica è obbligatoria per:
• tutti i nuovi nati (al terzo mese di vita)
• i lavoratori dei due sessi più esposti al rischio di contrarre l’infezione tetanica (lavoratori,
agricoli, pastori, allevatori, stallieri, fantini, asfaltisti, operai, etc.)
• i militari
• gli sportivi CONI (perché potrebbero farsi male)
- la vaccinazione è consigliata alle gestanti
La profilassi specifica del paziente traumatizzato può essere eseguita con il vaccino
antitetanico da solo o in associazione con immunoglobuline umane specifiche nel modo
seguente:
• Vaccinati regolarmente
a) Dal 1° al 5° anno dopo l’ultima inoculazione, nessun trattamento
b) Dal 6° al 10° anno l’ultima inoculazione, 1 dose di richiamo
c) Oltre il 10° anno dall’ultima inoculazione, immunoglobuline umane specifiche e una
dose di richiamo di vaccino.
• Non vaccinati o vaccinati in maniera incompleta o se non se ne conosce lo stato di
protezione
• Somministrazione di Ig umane specifiche e con il ciclo completo di vaccinazione.
Difterite:
Le notifiche dei casi di difterite in Italia dal 1976 al 1998 sono pressocché scomparsi.
Al livello globale dal 1980 al 2005 i casi sono scesi, sebbene però bisogna continuare su
questo percorso.
L’immunizzazione sta procedendo in ambito globale, ma ci sono ancora dei paesi
abbastanza scoperti.
I maschi sono i più portati ad ammalarsi rispetto alle femmine.
Eziologia:
È una malattia tossi-infettiva, acuta e contagiosa.
• Corynebacterium diphteriae
• lunghezza 2-5 µm
• immobile
• asporigeno
• Gram positivo
• disposizione a palizzata (= tendono ad essere uno accanto all’altro)
• produzione di una esotossina ad azione patogena con attività inibitrice della sintesi
proteica
Patogenesi:
• Sede d’infezione: prime vie aeree (cavità nasali, faringe, laringe)
• Sulla mucosa, flogosi di tipo fibrinoso necrotico, con essudato costituito da fibrina,
emazie e leucociti
• Angina difterica: localizzazione su tonsille e mucosa pretonsillare
• Laringite difterica
• Rinite difterica
Sintomatologia:
• Periodo di incubazione da 2 a 8 giorni.
• Febbre poco elevata, cefalea, vomito modico dolore di gola, mucosa arrossata
• Sintomatologia generale (alterazioni cardiocircolatorie e renali)
Diagnosi:
L’identificazione di C. diphteriae, in base alla morfologia delle colonie, al tipico aspetto
microscopico e alle reazioni fermentative dei microrganismi isolati in terreno di Loeffler o
agar-tellurito.
Il tampone faringeo o un frammento di pseudomembrana rappresentano i materiali patologici
più idonei.
Prove di identificazione rapida mediante immunofluorescenza.
Epidemiologia:
La malattia è in fortissima diminuzione in molti Paesi, in altri è scomparsa ormai da anni;
resta endemica in diverse aree dell’Asia e dell’Africa.
L’uomo è l’unico serbatoio naturale dell’infezione (discusso e trascurabile il ruolo di alcuni
animali).
Il contagio può essere sia diretto per via aerea che indiretto (quindi con mani sporche o
sudate, o utilizzando gli stessi oggetti con cui è stato a contatto il malato).
Prima della vaccinazione obbligatoria (in Italia dal 1939) l’età più colpita era tra i 2 e i 5 anni,
attualmente nei Paesi in cui il vaccino è estesamente praticato i pochi casi che si
manifestano riguardano soggetti di età superiore ai 20 anni.
Prevenzione:
• vaccinazione, la cui efficacia è dimostrata dalla rarefazione della malattia fino alla sua
scomparsa
• isolamento ospedaliero del malato: deve continuare fino alla negatività di tre esami
batteriologici del secreto rino-faringeo.
[Il vaccino antidifterico è costituito dalla anatossina. La vaccinazione antidifterica viene
associata a quella antitetanica entro il primo anno di vita, con la somministrazione i.m. di tre
dosi (3°-6°-11° mese di vita). Una dose di richiamo viene praticata nell’età scolare].
Pertosse:
Eziologia:
Malattia a decorso acuto altamente contagiosa.
• Bordatella pertussis:
- tossina pertossica (esotossina)
- emoagglutinina filamentosa
- agglutinigeni vari (6 specie specifici)
Patogenesi:
• Penetrazione per via aerea
• Localizzazione sulla mucosa tracheo-bronchiale tra le ciglia delle cellule epiteliali
• Flogosi catarrale dell’epitelio e necrosi
• Periodo d’incubazione 10-16 giorni (periodo catarrale 1-4 settimane; periodo di maggiore
contagiosità)
• Esordio con manifestazioni catarrali a carico delle prime vie aeree
• Rino-faringite
• Tosse
• Catarro bronchiale (periodo accessuale, fino a 3-4 settimane)
• Accessi più o meno frequenti (da 5 a 40) con tosse ed espettorazione
• Brevi colpi spasmodici di tosse seguiti da inspirazione profonda rumorosa e sibilante
• All’accesso segue emissione di muco denso e filante
I tassi di incidenza schizzano in maniera epidemica ogni due-tre anni (quindi come per il
morbillo, la varicella o la rosolia, ha questo andamento poliennale). Noi oggi, con
l’obbligatorietà della vaccinazione, abbiamo fatto sparire tali picchi epidemici.
Vi è una distinzione di sesso: la distribuzione è meno spostata sul maschio, ma dipende
molto anche dagli anni.
Epidemiologia:
La pertosse è diffusa in ogni Paese e clima, ha carattere endemico con epidemie ogni 3-5
anni (dovuto all’accumulo di soggetti recettivi), l’uomo è l’unica fonte di contagio.
Oltre al malato, sono importanti il portatore precoce ed il malato non diagnosticato (non
esistono più portatori sani). La malattia è più frequente nelle femmine.
Prevenzione:
L’isolamento del malato (in ospedale o nella propria abitazione) sarebbe utile per limitare i
contagi, ma è difficile non trattandosi di soggetti non costretti a letto.
In Italia l’isolamento dura 7 giorni a partire dall’inizio della terapia ai conviventi e ai contatti
non si impone nessuna restrizione.
Diagnosi:
• Essenzialmente clinica
• Le indagini batteriologiche riescono di scarso aiuto, poiché nella fase di maggior
contagiosità (stadio catarrale) il sospetto clinico non viene abitualmente posto, e nello stadio
convulsivo il microgranismo è raramente isolabile.
• Metodi rapidi di identificazione delle bordetelle nelle secrezioni rinofaringee mediante
immunofluorescenza diretta, ma la specificità dei test non è assoluta.
Vaccinazione:
Resta la sola concreta possibilità di prevenzione:
- I vaccini attualmente in uso, sono allestiti con sospensione di batteri uccisi. Ha subito varie
modificazioni fino a giungere alle moderne formulazioni sotto forma di vaccino “acellulare”
(DTaP), contenente cioè soltanto alcuni componenti del batterio il quale, rispetto al
preparato originario ottenuto con cellule batteriche intere, provoca un minor numero di
reazioni nei vaccinati pur conservando elevata efficacia protettiva.
- Lo schema di vaccinazione, che è opportuno iniziare al 3° mese di vita, prevede tre dosi
iniziali ad intervalli di 1-2 mesi, seguite da una dose di rinforzo dopo 6-12 mesi ed una di
richiamo al 3°-6° anno.
- In Italia la vaccinazione antipertossica non è obbligatoria, ma viene di solito associata a
quella antidifterica e antitetanica (DTP).
- Si osservano percentuali di vaccinazione dei vaccinati oscillanti tra il 50% e il 95%.