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Appunti di Igiene generale e applicata - Prof.ssa Gea Marzia


Oliveri Conti
Igiene generale e applicata (Università degli Studi di Catania)

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Igiene e sanità pubblica - Medicina preventiva

L'igiene ha come obiettivo la tutela e la promozione della salute umana, incontrando la


medicina preventiva e le politiche sociali e sanitarie di prevenzione.
L’obiettivo dell’igiene e della medicina preventiva è quello di garantire che ogni persona
nasca sana e mantenga il proprio stato di salute al più alto livello possibile; lo scopo non è
quindi quello di curare, ma di prevenire. La cura spetta ai clinici.
La sanità pubblica ha fatto molti progressi, come ad esempio il miglioramento di aspettativa
di vita, ma ha ancora molto da migliorare.
L’italia, insieme a Spagna e Giappone è uno di quei paesi che riesce a garantire un buono
stato di salute ai suoi cittadini, anche grazie all'apporto della dieta mediterranea, anche se
quest’ultima nasceva in una società prettamente agricola e quindi non sempre si adatta allo
stile di vita più sedentario della società post-industriale.
Per salute l’OMS intende uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, quindi
non riguarda solo l’assenza di malattia o infermità.
La promozione della salute passa quindi attraverso il coinvolgimento consapevole e
responsabile del cittadino; bisogna quindi far sviluppare una consapevolezza del cittadino, in
modo che capisca le conseguenze delle sue scelte puntando alla promozione dell'attività
fisica, al miglioramento della nutrizione e alla prevenzione.
L’aspetto sanitario riguarda anche l’aspetto economico di un paese, in quanto la cura delle
persone malate e le morti premature ovviamente incidono negativamente sul PIL.
L’insorgere delle malattie influisce negativamente anche sull’aspetto sociale di un paese.
La prevenzione passa quindi attraverso, ad esempio, l’attività fisica che migliora vari aspetti
della salute e previene l’insorgere di patologie o le fratture in età adulta.

Fattori determinanti della salute

● Non modificabili
Un altro aspetto importante della medicina riguarda la nutrizione (chi mangia bene si
cura bene) che riguarda il trovare un equilibrio tra i vari elementi nutritivi.
Infine ci sono i numerosi aspetti della prevenzione (potabilizzazione delle acque).
Sulla salute influiscono diversi fattori, come ad esempio la genetica, il sesso (gli
ormoni influiscono sulla salute e le femmine raggiungono la stessa probabilità di
ammalarsi come gli uomini solo con la menopausa).
Un altro fattore che influisce sulla salute è ovviamente l’età, in quanto essa influisce
sull’insorgenza di malattie croniche.

● Modificabili
-Fattori socio economici
La povertà, l’occupazione, e l'esclusione sociale giocano un ruolo importante
nell'insorgere di malattie, in quanto i LEA (livelli essenziali di assistenza) non sono
sufficienti a garantire la salute da tutti i punti di vista alle fasce più povere della
popolazione (ILVA di Taranto).

-Fattori ambientali
Tra questi fattori rientrano la qualità dell’aria (il covid si è diffuso più velocemente
nelle zone più inquinate), l’acqua e gli alimenti (gli alimenti devono essere etichettati

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per garantire la sicurezza degli alimenti), l’abitato (la salubrità degli ambienti
domestici);

-Stili di vita
L’80% delle malattie è dovuta a cattivi stili di vita, per cui è necessario controllare
l’alimentazione, l’attività fisica, la sedentarietà e l’attività sessuale.

-Accesso ai servizi
La medicina è strettamente legata alla facilità di accesso ai servizi, come trasporti,
spazi pubblici, attività ricreative.

La prevenzione deve quindi passare attraverso l’ingegneria, l’architettura, la pedagogia, la


sociologia e tutto ciò che riguarda la società.
I fattori sociali legati alla salute sono legati all’urbanizzazione, all’industrializzazione,
all’istruzione e all'economia generale ed individuale.
Anche i fattori lavorativi influiscono sulla salute delle persone, in quanto ogni lavoro
comporta dei rischi e per questo motivo esiste la medicina del lavoro che tutela i lavoratori e
garantisce la sicurezza sui posti di lavoro affinché il rischio sia eliminato.
I danni legati all’ambiente di lavoro possono essere chimici, fisici, biologici, ma anche
psicologici.

Lo stato di salute di una popolazione

L’epidemiologia ha la funzione di studiare lo stato di salute di una popolazione per capire


quali sono i fattori di rischio e come si evolvono le malattie, per mettere in pratica la
prevenzione necessaria a migliorare le condizioni di vita delle persone.
Lo stato di salute di una popolazione si può misurare tramite la metodologia epidemiologica,
ovvero una metodologia di indagine che indaga sulla frequenza delle malattie di una
popolazione, sulle fonti di infezione delle malattie infettive in caso di epidemia, ma anche
sull’efficacia degli interventi sanitari.
Altri criteri di misurazione si applicano tramite la statistica, la biostatistica, la clinica e l’EBM
(evidence based medicine=Medicina basata sull’evidenza, ovvero su protocolli da seguire in
base alle conoscenze acquisite su un determinato trial clinico).
La metodologia epidemiologica indaga innanzitutto sulla frequenza della comparsa di una
malattia in una determinata popolazione per stabilire se essa sia rara o ricorrente.
Un secondo aspetto di cui si occupa la metodologia epidemiologica è la fonte di infezione
della malattia, per poter mettere in atto misure di contenimento efficaci (se la malattia è una
zoonosi (malattia che passa dagli animali all’uomo), come si sospettava per il covid-19, si
può intervenire, ad esempio, abbattendo gli animali come per le epidemie di mucca pazza o
influenza suina e aviaria).
Questa metodologia si occupa anche di studiare l’efficacia degli interventi sanitari per
migliorarli, se possibile, o sospenderli in caso siano inefficaci.

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Misura della salute

Per misurare la salute si fa capo a diversi indicatori: quelli diretti che danno una visione
immediata della situazione in cui ci troviamo e quelli indiretti che danno informazioni più
implicite.
Tra gli indicatori diretti possiamo distinguere:
● indicatori demografici (mortalità, natalità, fecondità, immigrazione, speranza di vita,
durata media della vita, piramide dell’età, indice di vecchiaia e rapporto di
dipendenza);
● indicatori sanitari (mortalità per causa, morbosità, anni perduti di vita potenziale,
limitazioni funzionali e/o organiche, invalidità permanente, morbilità).

Tra gli indicatori indiretti invece distinguiamo:


● socio-economici (mancanza di beni essenziali, occupazione/disoccupazione, livello
di scolarizzazione);
● socio-sanitari (fattori di rischio di tipo comportamentale, alterazioni genetiche,
degrado e contaminazione ambientale, frequenza di accesso alle strutture
assistenziali socio-sanitarie).

Mortalità in Italia

Da un grafico notiamo che dall’unità d’Italia ai primi anni del ‘900 in Italia la mortalità era
molto alta; dal secondo dopoguerra in poi questo fenomeno si è drasticamente ridotto,
grazie a condizioni di vita migliori e grazie all’apporto di nuovi farmaci, come la penicillina.
Altri cambiamenti importanti sono state le vaccinazioni contro la difterite, poliomielite ed altre
malattie invalidanti.
Nel 1991 sono state introdotte le ecografie per le gestanti, facendo crollare le morti
neonatali, perché grazie a queste si potevano le condizioni di rischio ancor prima che il
bambino nascesse.
A fine ‘800 la speranza di vita si aggirava intorno ai 40 anni, oggi si aggira invece intorno agli
80; le donne hanno speranze di vita superiori rispetto agli uomini, come confermato dai dati
INPS che eroga pensioni di reversibilità più a donne che a uomini (ci sono più vedove che
vedovi).

Aspettativa di vita nel 2040

Da un rapporto che si intitola Health at glance: Europe 2018 è emerso che l’Italia è al sesto
posto nella classifica mondiale sull’aspettativa di vita; in Europa è seconda solo alla Spagna.
Da questi dati emerge che al 2016 l’aspettativa di vita si aggira intorno agli 83 anni, con un
leggero decremento nel 2015, causato dall’incidenza delle influenze stagionali e delle
conseguenti ricadute a livello di patologie cardiovascolari.

Le aspettative di vita

Nel corso della storia la speranza di vita si è via via modificata, sulla base di diversi fattori:
si è passati da un'aspettativa di vita che si aggira intorno ai 30 anni all'inizio del ‘900, mentre
adesso si aggira intorno agli 80 anni.

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Nel 2015 c’è stato un rallentamento nella crescita dell’aspettativa di vita.


Il picco di mortalità aumenta nel periodo invernale tra la popolazione degli anziani, per via
della diffusione delle influenze stagionali e di patologie a carico del sistema cardiocircolatorio
(aggravate dalle influenze, appunto).
Dal 1976 al 2016 c’è stato un netto incremento della speranza di vita attesa che si aggira (al
2016) intorno ad 86 anni, mantenendo sempre un certo divario tra donne e uomini (le donne
sono più longeve).
L’Italia è uno dei paesi in cui si ha la popolazione più longeva, a testimonianza di una qualità
della vita migliore e di politiche socio sanitarie efficaci.
Dalle statistiche si evidenzia che le persone più longeve sono le donne che rappresentano la
maggior parte degli anziani sopra soglie di età molto elevate.
L’organismo femminile è infatti protetto dall’insorgere di patologie grazie agli ormoni
femminili e già a livello fetale il feto femminile si è dimostrato più resistente di quello
maschile.
Anche a livello pediatrico c’è stato un decremento della mortalità infantile nel primo anno di
vita dal 1976 al 2016, grazie alle vaccinazioni di massa.
L’Italia detiene insieme alla Francia il record europeo per numero di ultracentenari, questo è
positivo per la sanità, ma rappresenta un problema per il welfare, anche perché allo stesso
tempo non c’è rinnovamento della popolazione (la bassa natalità pone il problema
economico della sostenibilità dell’assistenza alla popolazione anziana che diventa sempre
più numerosa).
In Italia la popolazione più longeva è concentrata soprattutto nelle regioni di nord-ovest
come la Liguria in cui c’è un clima ottimale (nonostante sia al nord, gode di un clima
prettamente mediterraneo) e grazie alla dieta (uso dell’olio di oliva, pesce e verdure).
La prevenzione e la qualità della vita sono anche strettamente legate al benessere generale
e all’istruzione delle persone, un laureato ha più possibilità di trovare lavoro e capisce meglio
l’importanza della cura e della prevenzione; la deprivazione economica, d’altro canto,
gioca a sfavore dell’accesso alle cure e a uno stile di vita sano, soprattutto se non si
completano gli studi. (Aspettativa di vita più bassa al sud Italia, soprattutto in Campania)
Chi è disoccupato o vive in regioni più disagiate può accedere con più difficoltà
all’assistenza che non rientra tra quelle garantite dai LEA (livelli essenziali di assistenza).
(Es.: un disoccupato con figli non può permettersi di comprare integratori di calcio, vitamina
D e altre sostanze utili alla crescita dei bambini, perché sono completamente a pagamento e
il loro costo è piuttosto elevato.)
A livello infantile si ha una maggiore probabilità di ammalarsi tra i bambini a cui muore un
genitore o comunque tra i bambini che vivono in realtà disagiate.
Anche essere single aumenta la probabilità di ammalarsi; un altro elemento rilevante
nell’aspettativa di vita è la qualità dell’abitazione: vivere in una casa in condizioni disagiate
favorisce l’insorgere di malattie.
L’Italia e la Francia sono tra i paesi in cui si invecchia meglio, seguite dai paesi emergenti
come India e Cina, ma anche dalla Nigeria in cui c’è una forte presenza cinese che sta
cambiando le condizioni del paese incentivandone lo sviluppo industriale e dando quindi una
spinta al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
Tra il 2025-2050 in questi paesi si attende un incremento delle aspettative di vita fino ai 60-
65 anni.
Se facciamo riferimento alla speranza di vita alla nascita, le condizioni migliori si trovano in
Nord America e in Europa, ma uno dei migliori paesi è il Giappone.

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Nel continente africano, in sud America e nella zona ex sovietica le aspettative sono molto
basse.
Uno dei paesi che ha avuto uno sviluppo eccezionale è la Corea del sud, in cui si ha una
grande produzione di alta tecnologia e quindi c’è un innalzamento delle aspettative di vita.

La piramide dell’età

Per rappresentare i tassi di mortalità si può usare la piramide dell’età, un diagramma in cui
vengono riportate le età delle popolazione e il numero di soggetti appartenenti ad essa.
Questa piramide ha forma triangolare nei paesi in via di sviluppo, perché è più larga alla
base (nuovi nati), ma estremamente sottile all’apice (molto anziani), perché si fanno molti
figli, ma si muore in età più precoce.
Questo tipo di grafico è utile per capire già da un primo di sguardo lo stato di salute di una
popolazione.
Nel 1861 la piramide dell’età italiana vedeva ben poche persone raggiungere l’età adulta o
anziana, il nostro paese era piuttosto povero e si moriva in giovane età.
Oggi (2011), invece, in Italia la piramide è più larga nel suo centro, perché la maggior parte
della popolazione rientra nella fascia di mezzo tra infanzia e anzianità (a parità di età sono
sempre le donne le più longeve).
Nel cambiamento demografico italiano ha influito molto anche l’immigrazione che ha fatto
crescere soprattutto la popolazione giovane e quella dei bambini.
Il tasso di mortalità è stato ovviamente alto nel periodo della guerra, ma dal 46 c’è stato un
incremento della natalità chiamato “baby boom”, anche se questa tendenza è poi diminuita e
oggi c’è una natalità bassa anche tra gli immigrati di seconda generazione che hanno
assunto le abitudini degli italiani e quindi fanno pochi figli.

Invecchiamento della popolazione

Per misurare l’invecchiamento della popolazione possiamo riferirci a due indici:


● l’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra popolazione con età sotto i 14 anni e
popolazione con età superiore ai 65 anni;
● l’indice di dipendenza, ovvero il rapporto tra popolazione attiva (tra i 14 e i 65 anni) e
popolazione inattiva (sotto i 14 anni e sopra i 65).
Dal primo indice emerge che la popolazione italiana negli ultimi decenni è sempre più
vecchia; dal secondo indice invece capiamo che la popolazione italiana inattiva è sempre
maggiore e questo grava sul sistema della previdenza sociale, in quanto ci sono più persone
inattive che persone che lavorano contribuendo alla tenuta del sistema pensionistico.

Epidemiologia

L’epidemiologia è la scienza che studia la distribuzione e le cause delle patologie


dell’uomo, cercando di eliminare le cause e migliorando la salute delle persone.

Nel XX secolo c'è stato un cambiamento che ha portato ad avere come maggiori cause di
mortalità non più le malattie infettive, ma quelle cronico-degenerative.
Questo è avvenuto perché ci sono stati miglioramenti dell’alimentazione, campagne
vaccinali, miglioramento della condizioni ambientali (sanare zone paludose), miglioramento
delle condizioni di vita e abitative, maggiore disponibilità di farmaci.

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Differenze tra malattie infettive e malattie cronico-degenerative

Una malattia si definisce acuta quando si manifesta in breve tempo e in tutta la sua violenza
(febbre alta, esantemi, condizione cliniche gravi); le malattie croniche hanno invece un
andamento lentissimo (il tumore si manifesta dopo decenni di sviluppo).
Nell’ambito della malattia cronica gioca un ruolo importante la prevenzione, che va messa in
atto sin dalla più tenera età. (Non fumare, fare attività sportiva, mangiare in modo sano…)

Caratteristiche Malattie infettive Malattie croniche

Fattori causali maggiori Specifici; necessari. Molteplici; perlopiù


(l’agente patogeno o agente aspecifici, non necessari.
eziologico è specifico (non ci sono fattori specifici,
perché può produrre solo un ma si parla più di rischi e
tipo di malattia- se non è probabilità di ammalarsi in
presente non si può determinate condizioni di
incorrere nella patologia) vita)

Durata del periodo di Breve (giorni o settimane) Lungo (anni o decenni).


latenza (intervallo di tempo (esposizione all’amianto o
prima della manifestazione malattie cardiovascolari
della malattia) latenza di decenni)

Esordio Per lo più clamoroso. Spesso subdolo e lento;


manifestazione dei sintomi
graduale o improvvisa.

Decorso (tempo di recupero Rapido (giorni o settimane) Lento (anni o decenni)


della salute)

Esito Guarigione Stabilizzazione o


progressivo peggioramento;
in molti casi decesso a
distanza di anni o decenni.

Effetto dei miglioramenti Abbreviano il decorso; Allungano il decorso;


terapeutici diminuisce la prevalenza. aumenta la prevalenza.
(es: antibiotici)

Per tasso di incidenza si intende il numero di nuovi malati sulla popolazione suscettibile
rispetto a una malattia in un determinato periodo di tempo. (di solito annuale)
Se il tasso di incidenza è alto vuol dire che una determinata malattia si sta diffondendo
velocemente, mentre se è basso vuol dire che le misure di contenimento stanno
funzionando e che la catena di contagio viene ostacolata nel giusto modo. Per evitare i
picchi epidemici si punta sulla vaccinazione per fermare la diffusione della malattia.
Per prevalenza si intende il rapporto tra numero di malati che rimangono tali e numero di
malati totali di quella malattia.

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Il tasso di prevalenza quindi è più alto nelle malattie cronico-degenerative, perché i malati in
quel caso non possono guarire, quindi assume ancora più importanza il ruolo della
prevenzione per evitare appunto che comportamenti rischiosi portino a patologie gravi.
(Es: chi contrae l’epatite C può sviluppare la cirrosi epatica o il cancro al fegato; chi contrae
il papillomavirus, che si trasmette per via sessuale, può sviluppare il cancro al collo dell’utero
o ai testicoli, per cui è fondamentale vaccinare la popolazione sin dall’infanzia, contro queste
malattie.)
La metodologia epidemiologica mette quindi in campo degli studi per verificare l’efficacia di
una terapia farmacologica o di un trattamento chirurgico per una determinata patologia o per
identificare le cause o i fattori di rischio che portano a sviluppare una determinata patologia.
Ci sono diverse tipologie di studi:
● studi trasversali in cui i dati vengono raccolti in un momento specifico allo scopo di
fotografare una situazione (es: studiare chi è affetto da trombosi e controllare se
presenza alterazione di metalli ematici, in quanto l’esposizione ai metalli può causare
trombosi);
● studi di coorte, ovvero gli studi epidemiologici per eccellenza, durano dai 15 ai 25
anni e vengono fatti su un’intera popolazione che viene seguita per capire come chi
si è ammalato, si sia comportato diversamente dagli altri;
● studi di caso-controllo in cui il caso è rappresentato da chi ha una malattia o è
esposto a un determinato fattore di rischio, mentre il controllo è rappresentato dalle
persone sane o non esposte al rischio (differenza tra fumatore e non fumatore);
● campionamento che è un tipo di studio rappresentativo, quindi perché sia efficace
va fatto su più categorie di persone (sia giovani che anziani), le persone prese per lo
studio devono essere selezionate in maniera casuale e il loro numero deve essere
significativo.

La prevenzione

La prevenzione riguarda gli atti finalizzati a eradicare o eliminare le malattie e le


disabilità o a minimizzare il loro impatto.
La prevenzione si articola su più livelli: primaria, secondaria e terziaria.
La prevenzione primaria si occupa del mantenimento della salute in assenza di fattori di
rischio, potenziando e accrescendo lo stato di benessere, eliminando o riducendo la
presenza di fattori nocivi, riparando i possibili danni per evitare l’insorgenza della malattia
(immunoterapia=vaccinazione).
La prevenzione secondaria si applica in presenza di fattori di rischio, sintomi o in caso di
malattia asintomatica; nella prevenzione secondaria si ha ancora la possibilità di ripristinare
lo stato di salute iniziale e riguarda la diagnosi precoce della malattia.
La prevenzione terziaria, invece, riguarda le pratiche che si mettono in atto quando si
presenta un malessere o una malattia che si cronicizza e quindi questo tipo di prevenzione
ha lo scopo di accompagnare il malato e rendergli la vita migliore, anche se non si può
ristabilire la salute di partenza.
L’igiene e la sanità pubblica hanno apportato dei miglioramenti nel 20°secolo che hanno
permesso un miglioramento delle condizioni di vita delle persone:
● miglioramento delle condizioni igieniche;
● miglioramento nel trattamento e conservazione degli alimenti (refrigerazione);
● miglioramento nel trattamento e gestione dell’acqua e dei reflui;

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● diffusione delle vaccinazioni.

Epidemiologia generale delle malattie infettive

Oggi viviamo in un periodo in cui si parla molto di malattie infettive, anche se spesso
l’informazione e la comunicazione sono affidate a mezzi e persone non sempre competenti e
per questo motivo c’è sempre il rischio di avere informazioni sbagliate.
Per infezione si intende la penetrazione di un microrganismo all’interno di un individuo
SENZA causare malattia.
Per malattia infettiva si intende invece la penetrazione di un microrganismo all’interno di un
individuo che causa malattia.
La guarigione dell’individuo si verificherà quando le difese immunitarie e la corretta terapia
farmacologica impediranno al microrganismo di sopravvivere e riprodursi.
Il pericolo è costituito dalla trasmissione da persona infetta a persona sana del patogeno che
è un parassita che si moltiplica velocemente.

Microrganismi

Quando parliamo di microorganismi ci riferiamo a esseri viventi unicellulari e osservabili solo


al microscopio; ne esistono di vari tipi, ma i principali sono:
● i virus, ovvero organismi molto piccoli e osservabili solo al microscopio elettronico,
per vivere e riprodursi hanno bisogno di colonizzare una cellula (l’infezione virale
avviene per contatto molto ravvicinato);
● i batteri, che sono più grandi dei virus, quindi osservabili anche al microscopio ottico,
e sono capaci di vita propria, quindi la loro sopravvivenza e riproduzione avviene
anche senza colonizzare una cellula;
● i miceti o funghi che sono ancora più grandi dei batteri e hanno una struttura più
articolata che ne rende difficile l’eradicazione.
Esistono anche altri tipi di microrganismi, ma le malattie infettive dell’uomo sono causate
perlopiù da virus e batteri.
Alcuni microrganismi sono in grado di aggredire diverse specie (es: salmonella), mentre altri
possono farlo con un’unica specie.

Ospite

L’ospite è rappresentato dall’individuo suscettibile di contrarre l’infezione. Ogni individuo


ovviamente ha probabilità diverse di ammalarsi, in base alla risposta immunitaria.
Per prevenire la trasmissione delle malattie si può immunizzare il soggetto attraverso la
vaccinazione che blocca la catena di contagio.
Alcuni soggetti, come anziani, neonati e trapiantati sono più suscettibili di altre categorie di
persone; anche la malnutrizione o la presenza di determinate patologie può rendere alcuni
soggetti più suscettibili di altri.
Le difese immunitarie possono essere ridotte anche da alcuni farmaci (farmaci prescritti ai
trapiantati, ad esempio) o da patologie autoimmuni.
Per incidenza si intende il rapporto tra numero di nuovi casi di malattia nel tempo e la
popolazione a rischio di ammalarsi in quel periodo di tempo. (es: tasso di incidenza cancro
al seno= nuovi ammalati/popolazione femminile)

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Per prevalenza puntuale invece si intende il rapporto tra numero dei casi di malattia rilevati
in un dato istante e la popolazione totale.
Un altro dato fondamentale è costituito dalla morbilità che riguarda soprattutto la medicina
del lavoro e l’osservazione di rischi lavorativi che possono portare chi svolge un determinato
lavoro ad ammalarsi. L’indice di morbilità si calcola dividendo il numero di giornate di lavoro
perse per malattia per il numero di giornate lavorative totali annuali.
La letalità invece riguarda il rapporto tra numero di morti per una determinata malattia e i
malati totali.
Per questo motivo c’è la necessità di sviluppare modelli etiopatogeneticici tengano conto
di alcuni fattori:
● la via d'ingresso del patogeno (es: vie respiratorie);
● l’organo target dell’infezione;
● la cura;
● il tempo medio di latenza;
● l’esito mediamente atteso;
● l’ospite preferito (alcune malattie sono tipiche dell’uomo, altre si sviluppano
principalmente negli animali).

Il rischio

Un altro fattore determinante nella medicina preventiva è il rischio; esso deve essere
individuato e sottoposto a valutazione, affinché possa divenire possibile prevenirlo e gestirlo
al meglio.
Per rischio si intende qualsiasi elemento che possa aumentare le probabilità di ammalarsi di
una determinata patologia (es: fumo di sigaretta aumenta probabilità di cancro ai polmoni).
L’igiene e l’epidemiologia dovranno quindi affrontare i tre temi del risk individuation
(individuazione del rischio), risk assessment (valutazione del rischio) e risk management
(gestione del rischio), ma questo tema riguarda tutte le discipline mediche.
Ci sono diversi tipi di rischio:
● rischio assoluto, ovvero il rapporto tra persone esposte a un fattore di rischio e le
persone esposte che effettivamente contraggono la patologia;
● rischio relativo, dato dal rapporto di incidenza tra individui esposti e individui non
esposti;
● rischio attribuibile (?);
● rischio attribuibile di popolazione (?).

Le malattie nel tempo

Le malattie si possono definire anche sulla base della loro durata e degli intervalli di tempo
che intercorrono tra un’epidemia e l’altra.
Su questa base distinguiamo:
● malattie decrescenti, ovvero quelle che si presentano sempre meno
frequentemente;
● malattie stazionarie, quelle che non si riesce ad eliminare, ma si possono
semplicemente bloccare (malattie endemiche, ovvero malattie tipiche della
popolazione di un certo luogo> anemia mediterranea presente solo nell’area
mediterranea);

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● malattie recrudescenti, ovvero malattie che si ripresentano dopo tempo anche se


erano quasi scomparse (tubercolosi debellata attraverso l’uso di antibiotici e poi
ricomparsa a causa della perdita di efficacia degli antibiotici per l’uso smodato che se
ne fa anche a livello zootecnico);
● malattie cicliche che si ripetono nel tempo e sono a loro volta distinguibili in:
○ cicli stagionali che riguardano le malattie che si presentano in alcuni periodi
dell’anno (influenza);
○ cicli poliennali che presentano il picco epidemico atteso ogni 3-4 anni
(malattie esantematiche);
○ cicli secolari che possono ripresentarsi anche a distanza di 100 anni o più
(la peste si presentava ogni 150-200 anni, il covid a 60 anni dalla spagnola).

Ospite

Nella catena del contagio l’ospite gioca un ruolo molto importante e permette la
riproduzione degli endoparassiti (parassiti che scelgono un ospite all’interno del quale
produrre una o più fasi vitali) ne possiamo distinguere diverse tipologie:
● ospite definitivo/terminale, ovvero l’ospite in cui si compie la fase riproduttiva del
parassita;
● ospite intermedio, in questo caso l’ospite viene infettato accidentalmente ma il
parassita non si riproduce;
● ospite di trasporto, ovvero l’ospite in cui l’infezione si esaurisce.

Portatori

Per portatore si intende un soggetto che elimina uno specifico agente patogeno in assenza
di segni clinici di malattia (asintomatici).
Nel periodo di latenza i portatori sono tuttavia contagiosi, quindi possono trasmettere la
malattia agli altri pur non avendone i sintomi.
Distinguiamo diverse forme di portatori:
● portatori precoci, ovvero i soggetti che si trovano nel periodo di incubazione di una
malattia e possono diffondere l’agente patogeno ancora prima che la malattia si
manifesti;
● portatori convalescenti, ovvero malati che stanno eliminando l’agente patogeno
anche dopo la guarigione clinica (nella fase finale delle malattie esantematiche i
bambini sviluppano delle pustole che sono sintomo di prossima guarigione, ma
possono ancora infettare perché il liquido presente al loro interno è infettivo);
● portatori cronici, ovvero coloro che non guariscono, ma cronicizzano la malattia e
rimangono sempre infettivi;
● portatori sani, ovvero coloro che si infettano ed eliminano l’agente patogeno senza
sviluppare la malattia.

Le pandemie del ventesimo secolo

Le pandemie del ventesimo secolo non sono state poche, solo che essendosi concentrate
più che altro in oriente, se ne ha avuta una bassa percezione.
● 1918 - Influenza spagnola (H1N1)
● 1947 - Giappone e Corea (H1N1)

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● 1957 - Asiatica (H2N2)


● 1968 - Influenza Hong Kong (H3N2)
● 1977 - Influenza russa - (H1N1)
Tra queste pandemie, la spagnola del 1918 fu una delle più violente e disastrose. Si pensa
che colpì circa ⅓ della popolazione mondiale ed ebbe una mortalità del 2,5%, causando
almeno 50 milioni di morti, anche se i dati non sono precisi (in quel periodo non c’erano i
sistemi anagrafici di adesso e si pensa che molti morti non siano stati mai conteggiati);
secondo alcune stime i decessi potrebbero essere stati anche 100 milioni.
Questi virus sono ancora presenti e circolano ad esempio tra i maiali (febbre suina), ma dal
1995 il virus della spagnola fu analizzato e ne fu ricavata la sequenza genomica per cui il
virus fu considerato come l’antenato di quelli riguardanti le successive pandemie e nel 1918
era completamente nuovo e originatosi in un ospite rimasto sconosciuto.
La curva della mortalità delle pandemie di solito ha una curva a U, in quanto colpisce
maggiormente anziani e bambini; la spagnola ha dato, invece una curva a W, colpendo
anziani, bambini, ma anche adulti tra 25 e 44 anni.
L’asiatica si sviluppò nel 1957 e il virus in questione era già stato isolato nel 1933 nell’uomo.
Solo gli anziani sopra i 70 anni avevano difese contro il virus.
I decessi avvennero soprattutto tra le persone affette da malattie croniche, ma il virus
scomparve dopo solo 11 anni, soppiantato dal sottotipo A/H3N2 che colpì successivamente
Hong Kong.
Nel 2020 è arrivata la pandemia del Covid-19 giunta adesso alla seconda ondata(secondo
alcune stime anche terza).
La trasmissione del covid avviene attraverso la fonazione, ovvero attraverso l'emissione di
goccioline di saliva infetta; queste goccioline vengono emesse tramite la respirazione,
parlando, starnutendo e tossendo. Le goccioline in questione sono piccole se si parla e
diventano più grandi se si tossisce o si starnutisce.
La distanza percorsa dalle goccioline di aerosol infetto va dai 30 cm (se parlo) fino a un
metro (se tossisco), per questa ragione durante questa pandemia è stata adottata la misura
del distanziamento come misura di contenimento.
Le mascherine FFP2 e FFP3 impediscono l’uscita di queste goccioline e proteggono anche
in entrata; le mascherine chirurgiche proteggono soprattutto in uscita, per cui è opportuno
comunque mantenere le distanze; le mascherine di stoffa possono essere utili solo se si sta
all’aperto e a debita distanza da altre persone.
Altri metodi di contenimento del virus riguardano i comportamenti da mettere in atto, come
lavarsi le mani spesso, evitare i contatti ed usare i dispositivi di protezione individuale.

Un’altra componente importante nella diffusione delle malattie infettive è costituita dai
serbatoi o dalle sorgenti di infezione; nel caso del covid potrebbe trattarsi del pangolino o del
pipistrello affetti da questo virus che nell’animale non causava gravi conseguenze, ma
nell’uomo ha conseguenze più gravi.
I microrganismi penetrano nel soggetto sano attraverso diverse vie: per via orale, per
contatto con l’epidermide infetta, per contatto con le mucose, per contatto attraverso gli
occhi…
A livello fetale, le malattie infettive si possono trasferire anche attraverso la placenta e
passare dalla madre al bambino (per questo motivo molte persone fanno il vaccino della
rosolia prima di intraprendere una gravidanza).

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Il rischio infettivo

Il rischio infettivo per un individuo dipende da diversi fattori:


● caratteristiche del microrganismo;
● carica microbica (quantità di batteri che si è replicata nel soggetto ospite);
● capacità di sopravvivenza nell’ambiente esterno (la capacità del patogeno di
sopravvivere su superfici che proprio per questo motivo devono essere disinfettate
per eliminare i patogeni anche nelle loro forme più durevoli);
● capacità di difesa del sistema immunitario (se bassa il rischio aumenta);
● presenza di patologie (se un soggetto ha già diverse patologie la sua risposta
immunitaria sarà più lenta);
● concomitanza di procedure più o meno invasive (l’uso delle procedure chirurgiche
aumenta il rischio).
La sorgente di infezione può quindi essere sia un soggetto malato (sia essere umano che
animale) o un portatore (sano, precoce, convalescente, temporaneo, intermittente, cronico).
Per serbatoio di infezione quindi si intende un elemento che costituisce l’habitat naturale
del microrganismo: l’uomo, gli animali, l’ambiente, gli alimenti, l’acqua o il suolo.
Le vie di eliminazione sono quelle vie attraverso cui l’agente patogeno viene espulso: cute,
mucose, sangue, insetti ematofagi (zanzara della malaria).
La trasmissione può avvenire in maniera diretta se avviene un contatto fisico per rapporto di
estrema vicinanza (covid), mentre parleremo di trasmissione indiretta nei casi in cui il
contagio non avviene per contatto diretto, ma avviene attraverso ospiti intermedi.
Nella trasmissione di un patogeno definiamo veicoli gli oggetti inanimati che trasportano gli
agenti patogeni (aria, acqua, alimenti, oggetti d’uso…), mentre i vettori sono gli esseri
viventi che innescano il contagio e si possono distinguere in: meccanici e passivi (mosca o
zanzara) e attivi o obbligati e di arricchimento.
Tra i veicoli più comuni troviamo ortaggi, frutti di mare e acqua potabile nel caso del tifo e
della poliomielite; carni per quanto riguarda la salmonellosi; latticini in infezioni come tifo,
colera, dissenteria,brucellosi, scarlattina, difterite; i vestiti possono essere veicolo di
scarlattina, vaiolo (si diffondeva perché i vestiti dei morti di vaiolo venivano regalati ad altre
persone) e tubercolosi; le stoviglie possono essere veicolo di difterite, scarlattina e
tubercolosi; i giocattoli e gli oggetti personali possono favorire la trasmissione della difterite;
con ferri chirurgici e siringhe si possono veicolare tetano, sepsi, epatiti e AIDS; l’aria può
essere veicolo di molte malattie come tubercolosi, morbillo, vaiolo, varicella, influenza,
meningite; il suolo, infine, può essere veicolo di tetano, carbonchio e anchilostomiasi.
Nella trasmissione di tipo parenterale (attraverso il sangue) il contagio può avvenire
attraverso il sangue (ad es. nelle trasfusioni), attraverso strumenti chirurgici, siringhe,
strumenti da toilette personali, tatuaggi e piercing.
Tra i principali vettori invece troviamo perlopiù insetti come mosche (dissenteria, tifo, colera)
e zanzare (malaria, febbre gialla), ma anche pidocchi, pulci.

L’immunità (argomento a cui lei tiene)

Per immunità si intende la capacità di un organismo di uscire indenne da una malattia


infettiva rispondendo adeguatamente all’infezione di un patogeno.
Perché ciò avvenga devono avvenire dei processi che bloccano la crescita del
microrganismo nell’ospite sano permettendo di non sviluppare la malattia o di guarire
velocemente.

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Ci sono diversi aspetti che possono rendere una popolazione più suscettibile: nell’epidemia
del covid abbiamo visto che l’epidemia ha avuto effetti più gravi al nord Italia, nonostante i
sistemi sociosanitari siano migliori di quelli del sud Italia.
Questo è dovuto a una diversa qualità dell’aria che al nord è più inquinata per via della
maggiore attività industriale peggiorata anche dalle condizioni climatiche, ma anche alla
diversa concentrazione di popolazione per km2 e a una diversa distribuzione degli spazi.
Le epidemie spesso riguardano solo alcune specie a causa dell’immunità congenita di
specie, per cui i microrganismi si specializzano nel colonizzare una sola specie e le altre
sono per questo immuni; questo non esclude che un patogeno possa fare un salto di specie,
come accaduto per il covid passato dai pipistrelli all’uomo.
L’immunità può essere anche di tipo individuale, come nel caso delle persone che non si
ammalavano nonostante ci fossero epidemie di peste.
L’immunità può essere anche acquisita ovvero prodotta quando avviene un’effettiva
esposizione a un patogeno; può essere naturale se acquisita contraendo la malattia e
sviluppando quindi gli anticorpi (attiva) o se avviene attraverso l’allattamento e quindi la
madre passa al figlio degli anticorpi attraverso il colostro (passiva), mentre è artificiale
quando si acquisisce attraverso la vaccinazione (attiva) o attraverso la somministrazione di
siero immune (sieroprofilassi).
(es: l’antitetanica è una pratica di sieroprofilassi, in quanto se un soggetto contrae il tetano
bisogna agire tempestivamente iniettandogli il siero immune con gli anticorpi)
La risposta immunitaria può produrre anticorpi, ovvero molecole proteiche specifiche che
reagiscono all’antigene (elemento estraneo appartenente a un patogeno).
Questo tipo di risposta può avvenire in due forme:
● risposta anticorpale, in cui avviene una produzione e secrezione di anticorpi capaci
di combinarsi specificamente con l’antigene;
● risposta cellulo-mediata, in cui viene stimolata la proliferazione di linfociti che
riconoscono l’antigene e lo inglobano nelle cellule dove viene digerito tramite i
macrofagi.
In Italia molti vaccini sono stati resi obbligatori da una legge del 2017 per cui tutti i bambini
da 0 a 16 anni devono essere vaccinati contro poliomielite, difterite, tetano, epatite B,
pertosse, morbillo, rosolia, parotite, varicella.
Alcuni di questi vaccini vengono raggruppati perché le malattie hanno origine da un unico
virus che poi si è distinto in diverse varianti.
Una vaccinazione non obbligatoria,ma fortemente consigliata, è quella contro l’HPV
(papillomavirus) che se contratto può portare a cancro al collo dell’utero nelle donne e ai
testicoli negli uomini.
La prevenzione primaria avviene quindi tramite vaccinoprofilassi e sieroprofilassi su soggetti
sani, ma in caso di viaggi all’estero si può richiedere la chemioprofilassi, ovvero una
vaccinazione per cui si rende “inospitale” il sangue del soggetto sano in modo da non fargli
contrarre malattie.
Altre operazioni di prevenzione primaria sono le opere di bonifica (zone paludose ad
esempio), le terapie antibiotiche, l’isolamento o allontanamento da attività lavorative, ma
anche attraverso l'educazione sanitaria.
Un altro elemento importante nella gestione dell’ambiente riguarda le pratiche di
sterilizzazione (distruzione di ogni forma di vita in ambienti e materiali), disinfezione
(distruzione dei germi patogeni in ambienti e materiali), disinfestazione (distruzione di
macroparassiti-vettori).

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Attraverso la bonifica dell’ambiente, delle superfici, degli oggetti con cui siamo a contatto, è
possibile eliminare il rischio di patologie infettive perché con queste pratiche si distrugge il
patogeno correlato a queste ultime.
Il processo di bonifica può essere messo in atto con due diversi procedimenti:
● antisepsi, ovvero creare le condizioni per bloccare lo sviluppo e l’impianto di
microrganismi;
● asepsi. ovvero mantenere la sterilità di un substrato (gli strumenti utilizzati dal
dentista vengono sterilizzati in autoclave dove vengono eliminati i possibili patogeni e
le possibili spore anche grazie alla pressione del vapore, prima dell’utilizzo vengono
posti sotto una lampada UV che li mantiene sterili fino a quando vengono utilizzati).
Altri possibili metodi di bonifica possono essere naturali, come l’ossigeno o la luce
ultravioletta solare, ma anche mezzi artificiali che possono essere fisici (alte temperature,
stufe, autoclavi) e chimici (che hanno la capacità di distruggere le cariche batteriche).
Un’altra componente fondamentale della prevenzione riguarda l’igiene del personale,
soprattutto quello addetto alla manipolazione.
Ci sono precise norme igieniche disciplinate dall’HACCP che stabiliscono, ad esempio che
chi manipola gli alimenti non può avere unghie lunghe o smalto, ma deve rispettare
determinate norme igienico-sanitarie come raccogliere i capelli in cuffie e indossare la
mascherina; inoltre tutto il personale deve essere in buone condizioni di salute e garantire
anche una buona igiene personale.

Malattie infettive e gravidanza


(cose importanti da sapere per esame: eziologia della malattia infettiva; storia clinica
malattia, profilassi, conseguenze sulla gravidanza)

Le possibili infezioni contratte da una donna in stato di gravidanza possono avere


conseguenze anche gravi sul prodotto del concepimento.
Il feto può essere danneggiato dalla madre sia per via diretta, ovvero attraverso la placenta
o il canale del parto, o per via indiretta, ovvero tramite i sintomi generali della madre
(alterazioni della temperatura, alterazioni elettrolitiche nei liquidi biologici).
Per questo motivo possiamo distinguere diverse vie di contagio:
● per via ematica o parenterale;
● per via ascendente o verticale (attraverso il collo dell’utero);
● per via di focolai endometrici dell’amnios (patogeni presenti nel liquido amniotico);
● per via diretta, attraverso le mucose vaginali durante il parto.
Fino al terzo mese, il prodotto del concepimento viene definito embrione, quindi in caso di
infezione si parlerà di embriopatia; se l’infezione avviene dopo il terzo mese, invece,
parleremo di fetopatia.
Le malattie considerate pericolose durante la gravidanza sono le malattie del cosiddetto
complesso TORCH e comprendono: toxoplasma, others (altre infezioni), rubella virus,
cytomegalovirus, herpes simplex virus.

Toxoplasmosi

Per quanto riguarda la toxoplasmosi l’eziologia riporta a un protozoo parassita endocellulare


obbligato, il toxoplasma gondii, che si localizza in tutti i tessuti e va ad attaccare la placenta
e il feto, provocando danni al cervello.

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La toxoplasmosi è un’infezione acquisita, contratta per via alimentare che in genere è


asintomatica e benigna, mentre a livello connatale si trasmette per via transplacentare.
Si può venire a contatto con questo parassita tramite la saliva o le feci di un gatto
(soprattutto se è un gatto che esce e viene a contatto con altri animali potenzialmente infetti)
o mangiando carni infette o verdure infette (per questo non è consigliabile mangiare carni
crude in gravidanza).
Se l’infezione dovesse avvenire in fase embriogenetica (formazione degli organi) la
toxoplasmosi può provocare un aborto; se l’infezione dovesse svilupparsi invece
successivamente si avrebbero dei danni consistenti al sistema nervoso del feto (occhi,
fegato, disabilità importanti).
Se il feto viene colpito intorno al 7°-8° mese di gravidanza si possono avere quattro diverse
conseguenze:
● sindrome neurologica da encefalomielite (molto comune);
● sindrome oculare;
● idrocefalia (accumulo di liquidi nel cervello che porta a macroencefalia, per cui è
necessario far scaricare questi liquidi in eccesso attraverso dei cateteri);
● calcificazioni cerebrali (frequenti se la toxoplasmosi viene contratta nel secondo
trimestre di gravidanza).
Diagnosi
La diagnosi in merito alla toxoplasmosi si effettua attraverso le analisi sierologiche e del
sangue della donna gravida.
Profilassi
La profilassi consiste nel tenere sotto controllo la donna in gravidanza, effettuando controlli
ogni 4 settimane, specialmente se non ha mai avuto la toxoplasmosi.
Inoltre è importante l'osservazione delle norme igieniche di prevenzione: lavarsi bene le
mani prima di mangiare,non mangiare verdure crude, carne cruda o poco cotta ed evitare il
contatto con animali se non si è certi che vengano gestiti in modo da evitare di essere vettori
dell’infezione.
Un altro metodo di prevenzione è l’assunzione di acido folico, che diminuisce la probabilità di
riscontrare malformazioni.

Rosolia

Il virus della rosolia (rubella virus) si trasmette per via aerea, quindi si può trasmettere
tramite le goccioline di aerosol emesse da un soggetto infetto attraverso la tosse, gli starnuti
e la fonazione.
Il virus può superare l’epitelio del villo e arrivare fino alla placenta, arrivando a far sviluppare
l’infezione del feto che in alcuni casi può portare a sviluppare la rosolia congenita, in altri può
causare anche l’aborto.
Questa infezione colpisce gli organi di senso (occhi, orecchie), ma anche il cuore e il
sistema nervoso.
Le malformazioni più frequenti sono a livello degli occhi (cataratta congenita, cecità,
glaucoma) o a livello delle orecchie (sordità, ipoacusia).
Le malformazioni cardiache e cardiovascolari generalmente portano alla persistenza del
dotto di Botallo, il quale, normalmente, si forma nelle prime fasi della gravidanza per irrorare
il muscolo cardiaco, ma poi viene riassorbito, producendo così la divisione dei setti e dei
ventricoli in maniera completa; nei soggetti con malformazioni dovute all’infezione da rubella
virus in gravidanza questo dotto rimane aperto, causando un ricircolo del sangue all'interno

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del cuore con tutta una serie di problemi nel nascituro. Altre malformazioni importanti a
livello cardiovascolare possono essere: la stenosi restringimento) dell’aorta-polmonare o
dell’aorta addominale.
Questo virus può causare anche gravi malformazioni a livello neurologico:
● la microcefalia (mancato sviluppo del cervello);
● le agenesia cerebrali (porzioni di cervello non si sviluppano);
● l’idrocefalia (accumulo di liquidi nel cervello);
● il mielo-meningocele;
● la spina bifida;
● l’ipospadia (canale urinario localizzato in posto diverso da dove dovrebbe essere,
come in prossimità dei testicoli o nel perineo);
● il criptorchidismo (quando le gonadi, quindi il testicolo o le ovaie, non si sviluppano
bene).
Nei mesi successivi al primo trimestre il virus attacca in particolare il fegato, la milza e il
midollo osseo e quindi sarebbe opportuno vaccinare la donna anche durante la gravidanza,
per evitare che sia esposta a questo tipo di rischio.
Il neonato è contagioso per un lungo periodo (circa 6 mesi), in quanto il virus viene eliminato
attraverso la saliva e le secrezioni nasali, per cui bisogna evitare che venga a contatto con
donne in gravidanza e negative al virus.

Diagnosi:
La ricerca sierologica degli anticorpi specifici permette la diagnosi.
La diagnosi precoce va fatta con prelievo dal funicolo o su campioni di liquido amniotico.

Profilassi
La profilassi va fatta attraverso la vaccinazione, che per quanto riguarda il rubella virus, può
essere associata a quella del morbillo e della parotite.
Il vaccino va somministrato almeno tre mesi prima dell'insorgenza di un’eventuale
gravidanza con una terapia che è esclusivamente sintomatica, cioè la febbre, la tosse viene
gestita con dei farmaci adeguati.
Le donne in gravidanza non possono essere vaccinate, ma se negative al virus possono
essere protette tramite le immunoglobuline, quindi applicando la sieroprofilassi.

Herpes simplex (tipo 1 e 2)

L'herpes simplex invece è un virus che raramente si presenta nei neonati, ma può avere
conseguenze gravissime e può essere trasmesso dalla madre al bambino durante il parto
naturale (per via vaginale, quindi si tratta di herpes di tipo 2, mentre il tipo 1 non compare sui
genitali, ma sulla faccia).
La malattia causa aborto, embriofetopatia e mortalità perinatale elevata.
L’embriofetopatia si manifesta con andamento setticemico e lesioni cutanee di tipo
vescicolare su tutta la superficie del corpo.

Diagnosi
In caso di presenza di vescicole a livello genitale il neonato deve essere allontanato dalla
madre per almeno 12 giorni, per evitare il contagio, mentre se le vescicole compaiono prima
del parto bisogna eseguire un parto cesareo a sacco integro (il sacco amniotico deve essere
asportato senza che il bambino possa venire a contatto col sangue infetto della madre).

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Altre malattie erpetiche

● Varicella (varicella ed Herpes zoster che è lo stesso virus che si presenta in due
forme diverse);
● Epstein Barr (mononucleosi infettiva - “malattia del bacio”);
● Cytomegalovirus (malattia citomegalica).

Questi virus hanno la caratteristica comune di essere difficili da gestire, in quanto dopo la
prima comparsa, anche se curati, rimangono latenti nell’organismo e possono ricomparire
anche a distanza di anni.
Queste malattie si trasmettono per via sessuale, quindi si diffondono maggiormente se si
hanno rapporti sessuali non protetti.
Profilassi
Non esistono ancora vaccinazioni, quindi la diffusione dei contagi si può prevenire solo
tramite la prevenzione.

Cytomegalovirus

Il Citomegalovirus è un virus ubiquitario (è presente in tutti gli ambienti e in tutte le


popolazioni) che infetta in maniera sintomatica la maggior parte della popolazione, per cui si
presume che a 30 anni oltre il 50% della popolazione sia già immunizzato.
Il virus è presente nei liquidi organici (il sangue, la saliva, le lacrime, le urine, le secrezioni
cervicovaginali, lo sperma, il latte materno) e si trasmette per contatto diretto, quindi rientra
tra le malattie a trasmissione sessuale.
Se l’infezione viene contratta durante la gravidanza può causare un aborto, mentre
l’infezione a livello neonatale può causare malformazioni cardiovascolari, al sistema nervoso
centrale, atresia delle vie biliari.
Diagnosi
La diagnosi viene fatta andando a cercare o gli anticorpi specifici nel sangue materno o nel
sangue fetale; questo tipo di attività può essere invasiva ma è fondamentale nel caso in cui
una donna in gravidanza presenti i sintomi di una di queste malattie, per evitare le
conseguenze che si potrebbero avere sul feto.
Profilassi
Può essere fatta attraverso l’uso di immunoglobuline (sieroprofilassi) o isolando la donna
gravida da possibili fonti di contagio (es: familiari infetti).

Others (altre infezioni)

Con “others” si fa riferimento a malattie come AIDS, epatite virale, la parotite, il morbillo,
l'influenza, la rabbia e lo zika (è una patologia che produce nel bambino la microcefalia o
l’anencefalia, quindi o l'assenza del cervello o un cervello poco sviluppato che dà una
disabilità al 100%; il vettore è una zanzara che ha causato un’epidemia che tra il 2011 e il
2015 ha imperversato nelle zone tropicali e subtropicali dell'America Latina e del sud degli
Stati Uniti come Messico, Colombia, Brasile,Texas e Florida; l'unica strategia di prevenzione
è evitare l'incontro con il vettore durante la gravidanza e quindi evitare il problema).
Tra le infezioni da attenzionare durante la gravidanza possiamo distinguere:
● infezioni batteriche (causate da streptococchi, listeria monocytogenes, serratia,
pseudomonas, tubercolosi);

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● infezioni protozoarie (come la malaria, la tricomoniasi, gli elminti [vermi], ecc..

L’acqua potabile

L’acqua potabile è l'acqua che si può bere, quindi quella destinata al consumo umano, usata
non solo per bere, ma anche per lavarci, per cucinare, per lavare le stoviglie e pulire la casa,
quindi costituisce un elemento di fondamentale importanza.
L'unica acqua destinata effettivamente al consumo umano, è l'acqua del rubinetto: ovvero
l'acqua clorata, in cui la presenza del cloro garantisce che l’acqua rimanga pura anche a
distanza di tempo, mentre l’acqua minerale, una volta aperta la bottiglia, non ha garanzie
microbiologiche o chimiche.
Sull’acqua del rubinetto si possono avere dei dubbi per la presenza di possibili detriti, ma di
fatto è un’acqua controllata costantemente e per questo motivo sicura, inoltre la presenza
del cloro fa sì che le sostanze organiche sedimentino sul fondo.
L’acqua potabile è un bene prezioso nella prevenzione e nella gestione della vita delle
persone.
Essa rappresenta un diritto a cui tutti dovrebbero poter accedere, anche se di fatto non è
così e ancora oggi non tutti riescono ad accedervi tranquillamente.
L’acqua è la sostanza più diffusa sulla terra (ricopre i 7/10 della sua superficie), ma quella
potabile ne rappresenta una piccola percentuale, infatti segue un ciclo idrogeologico per cui
è facili che si contamini.
Anche l’essere umano è fatto da circa il 55% di acqua, per questo motivo l’acqua è un bene
strettamente necessario per la sopravvivenza e la disidratazione può rappresentare una
causa di morte; in mancanza di cibo si può sopravvivere, ma in mancanza di acqua si hanno
immediatamente conseguenze (disidratazione del 5% rispetto al peso corporeo causa
nausea e sonnolenza; 10% alterazioni psicofisiche; 15-20% morte).
Spesso l'acqua che viene utilizzata non ha le caratteristiche chimico fisiche e
microbiologiche idonee per garantire la salute della popolazione (come nel caso in cui si
usano dei pozzi superficiali), e il legame tra facilità di accesso all’acqua e salute è stretto: nei
paesi in cui si ha maggiore accesso all’acqua si abbassa la mortalità infantile e si alza
l’aspettativa di vita.
Ogni persona ha un fabbisogno di acqua piuttosto grande, si stima che oggi una persona
abbia bisogno di circa 1500 litri di acqua al giorno e per soddisfare questo bisogno si deve
attingere a serbatoi, dissalatori (per utilizzare l’acqua di mare), pozzi profondi, acque
superficiali.
L’acqua è un fattore di benessere, ma per essere tale deve rispondere a quattro
caratteristiche:
● purezza, ovvero assenza di contaminazione;
● innocuità, ovvero assenza di fattori indesiderabili e tossici;
● gradevolezza, ovvero caratteristiche organolettiche;
● usabilità, ovvero possesso caratteristiche tecniche che permettono di utilizzare
l’acqua per gli strumenti tecnologici come caldaie, ferri da stiro, lavatrici, ecc..
Per certificare la qualità dell’acqua si devono fare delle analisi microbiologiche per attestarne
le proprietà positive ed escludere la presenza di elementi patogeni o nocivi per la salute
umana, mentre gli esami chimici servono a controllare l’assenza di agenti di contaminazione
come ammoniaca, ossidi di azoto, IPA, ecc...
Per una buona qualità dell’acqua è importante sia la fonte da cui proviene l’acqua (fiume,
sorgente) sia il terreno sotto cui si sviluppa la falda acquifera.

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Tra i fattori indesiderabili collegati all’acqua bisogna individuare la carica batterica per
determinare se l’acqua esaminata presenta elementi che sforano quelli previsti dalla legge,
per cui l’acqua deve essere trattata prima di essere utilizzata.
Possono esserci anche degli elementi tossici che rendono inutilizzabile l’acqua.
A livello di gradevolezza l’acqua deve presentare alcune caratteristiche: colore, odore,
sapore, limpidezza, temperatura, la quantità di anidride carbonica, il residuo fisso, la
conducibilità.
La presenza di anidride carbonica si riscontra in acque di tipo vulcanico e fa sì che l'acqua
sia frizzante, anche se a volte viene aggiunta artificialmente.
Per quanto riguarda l’usabilità invece bisogna far riferimento alla durezza dell’acqua e alle
caratteristiche che possono renderla inutilizzabile per gli strumenti tecnologici (es: lavatrice,
caldaie, ecc.); anche la conducibilità rappresenta un fattore importante per l’uso dell’acqua
negli elettrodomestici ed è data dalla presenza di ioni disciolti nell’acqua (se in eccesso
possono causare incrostazioni).
L’acqua presenta anche dei microelementi che devono essere controllati affinché non
superino le quantità previste dalla legge, di alcuni di essi abbiamo bisogno per un corretto
funzionamento del nostro organismo.
Spesso si ricorre ad acque minerali evitando l’acqua potabile del rubinetto per non assumere
determinate sostanze ritenute dannose, che invece sarebbero fondamentali per lo
svolgimento di attività metaboliche (es: il sodio o il calcio).
Un altro elemento da tenere sotto controllo nell’acqua è il residuo fisso, ovvero la quantità
di minerali che rimangono se scaldo un contenitore di porcellana e faccio evaporare tutta
l'acqua.
Il residuo fisso è un parametro importante per chi ha problemi renali per i bambini molto
piccoli (al di sotto di 8-9 mesi dove ancora il nefrone non è particolarmente funzionale e
quindi è necessario somministrare acqua con residuo fisso basso per non sovraccaricare i
reni dei neonati).
Esistono delle leggi di tutela e controllo dei bacini imbriferi (bacino di raccolta dell’acqua che
può essere potabilizzata) che garantiscono che l’acqua potabile rispetti degli standard di
qualità e sicurezza.
I parametri microbiologici che si applicano all’acqua servono a controllare che in questa non
vi sia presenza di Escherichia coli, di enterococchi, di pseudomonas aeruginosa; inoltre
viene fatto un conteggio delle colonie di batteri presenti portando l’acqua a 22° e a 37°.
Un altro controllo da fare riguarda le sostanze organiche come pesticidi (circa un centinaio),
IPA (circa 36) e i metalli pesanti.
Queste analisi permettono quindi di capire quali sono gli elementi presenti nell’acqua, così
da poter mettere in atto le adeguate correzioni (per la potabilizzazione).

Patologie connesse all’inquinamento dell’acqua

Esistono diverse patologie che possono essere attribuite all’inquinamento dell’acqua, sia di
tipo infettivo, che di tipo cronico-degenerativo.
Un dato, ad esempio, ci dice che ogni anno ci sono circa un miliardo di nuovi malati per
malattie diarroiche (3 milioni e 300mila muoiono), dovute a una non corretta gestione degli
escrementi animali o umani che vanno a contaminare le acque utilizzate dall’uomo.
Un altro tipo di infezione che può insorgere è quella intestinale, legata agli elminti (vermi),
per cui muoiono 100000 persone all’anno; questa particolare infezione è dovuta anch’essa a
contaminazione, ma anche a scarsa igiene personale e domestica.

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La dracunculiasi, invece, è una malattia derivante da un verme la cui cisti viene assunta per
via acquatica (quindi utilizzando un’acqua non potabile) che usa l'uomo come ospite
definitivo all’interno del quale svolge la riproduzione sessuale; questa era una delle malattie
tipiche ad es. delle mondine, che stavano sempre in acqua con le gambe e le mani, per cui
era facile, toccandosi la bocca o bevendo un’acqua contaminata da larve di questo
piccolissimo crostaceo invisibile a occhio nudo, che tali larve si sviluppassero all'interno del
rene e dell’intestino e si dislocassero nel sistema linfatico, sarebbero poi uscite e avrebbero
continuato il loro ciclo. Tale malattia, era presente nel sud Italia e quindi anche in Sicilia, ma
soprattutto in Emilia-Romagna e Piemonte dove era e importante la coltivazione del riso.

Patologie cronico degenerative correlate all’acqua:


Vi sono anche patologie cronico-degenerative correlate a una associazione tra consumo di
acqua ed effetti tossici, mutageni e cancerogeni per la presenza di alcuni microinquinanti
chimici di natura organica, inorganica (come i metalli o alcuni ioni) e derivanti dalla stessa
clorazione.
ex. in base alla durezza, la carenza di magnesio porta alle patologie cardiovascolari; un
eccesso di alluminio e litio porta le patologie neurologiche; il fluoro invece è borderline
ovvero, se in difetto provoca le malattie dentarie come la carie, se in eccesso porta una
patologia che si chiama fluorosi (= sedimentazione della dentina, quindi nello smalto del
dente del fluoro, che quindi macchia in maniera indelebile e perenne i denti).Vi è una serie di
patologie correlate ad alcuni elementi:

Agenti inquinanti Effetti di danno derivabili alla salute


umana

Batteri, Virus, Protozoi, Elminti Numerose malattie infettive e parassitarie a


prevalente ciclo di diffusione oro-fecale
(perché vengono introdotti attraverso l’uso
di alimenti trattati trasformati con acqua
sporca e/o bevuta direttamente o per via
dermica.
ex. attraverso anche la doccia è possibile
introdurre acqua non adeguata; per cui,
utilizzare i pozzi privati di acqua non clorata
per la doccia, può essere un elemento di
contagio da listeria, la cosiddetta listeriosi, o
la legionella oppure anche la pseudomonas
= malattie che portano a polmoniti
fulminanti).

Metalli (piombo, mercurio, cadmio, Effetti tossici e/o cancerogeni


arsenico, cromo, zinco, antimonio, nichel,
selenio, cobalto, berillio)

Nitrati Metaemoglobinemia

Solventi organici alogenati Effetti tossici e/o cancerogeni

Floruri Lesioni dentarie

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Iodio Gozzo (importante per le malattie tiroidee)

Pesticidi Effetti tossici e/o cancerogeni e mutageni


Vi sono alcuni pesticidi la cui esposizione è
rischiosa soprattutto per la mamma in
gravidanza, questo perché porta ad alcune
malformazioni del nascituro (ex. ipospadia)

Petrolio e fenoli Effetti tossici

Sostanze radioattive Azione cancerogena e danni genetici


(introdotte da circa 5 anni per eliminare il
rischio di esposizione a uranio, a trizio e a
tutte quelle sostanze che potrebbero dare
degli effetti simil da esposizione nucleare)

Acqua di falda:
L’acqua di falda è un’acqua molto profonda che si auto-depura per percolazione attraverso
le rocce: tanto più è spesso lo strato di roccia, tanto più sarà pura l'acqua profonda.
Pertanto, la si utilizza e la si potabilizza solo dopo un'attenta analisi chimica e
microbiologica.

Acqua superficiale:
• Fiumi: autodepurazione legata alla rete trofica
• Laghi e bacini: autodepurazione legata al lento ricambio
• Acque meteoriche: necessari trattamenti di potabilizzazione
• Acque di mare: usabilità strettamente legata al fabbisogno

Quali potrebbero essere le cause di inquinamento delle acque sia profonde che superficiali?
Gli scarichi industriali, le attività agricole pregresse sugli ambienti o sui suoli dilavati dalle
piogge (e quindi quelle acque di percolazione che arrivano nei bacini imbriferi o nelle falde),
dagli scarichi urbani (= fognature), o da alcune situazioni naturali del sito (ex. ci sono alcune
fonti che sono ricche in alcuni elementi perché la geologia del suolo produce il rilascio di
alcuni metalli o di alcune sostanze).

Dopo un'attenta valutazione chimica e microbiologica si devono correggere i caratteri che


esulerebbero dai limiti di legge riportandoli in una condizione di sicurezza garantendo la
potabilità all'utente che si trova a chilometri e chilometri dal potabilizzatore e la purezza
dell’acqua nel momento in cui apre il rubinetto.
Potrebbero intervenire, però, tutta una serie di elementi che potrebbero alterare la qualità
dell'acqua nonostante il trattamento: a questo punto si usano i sistemi di disinfezione che
servono sia ad abbattere gli elementi patogeni di natura microbiologica ma che possono
anche abbattere alcune sostanze organiche. Per cui, si usano l’ozono o il cloro, i quali
presentano pregi e difetti:
• Ozono: generalmente lo si usa in ambito industriale perché ha un potenziale redox
elevato (si distruggendo la molecola di ossigeno fatta da tre ossigeni è una molecola molto
instabile che si rompe generalmente in ossigeno biatomico con un ossigeno singoletto:
questo comincia a produrre la catena di reazione ossidativa). L’ozono, di fatti, distrugge gli

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enzimi dei microrganismi, inattiva il virus, inattiva i protozoi, i miceti e gli elminti, evita sapori
sgradevoli, ossigena l'acqua e soprattutto ha una disinfezione rapidissima.
Generalmente, l’ozono è un gas che viene sparato contro corrente all’acqua e che si
disperde. Successivamente, nel momento in cui incontra l'acqua, questa si disinfetta (seppur
in seguito non si avrà la garanzia che questa non sia nuovamente impura). Dunque, l'ozono
si usa per i trattamenti industriali (ex. le acque fisiologiche che vengono iniettate in corpo,
solo dopo averle sterilizzate tramite l’ozono, perché altrimenti si potrebbe produrre
l’infezione nel soggetto che ha fatto uso del farmaco. In pochissimi secondi, evapora, viene
chiusa la provetta e di conseguenza la disinfezione e la sterilizzazione è garantita fino a
quando non si apre l’ampolla).
Ovviamente, quindi, ha la rapidità di attività e questa alta capacità di sterilizzare; ma ha il
difetto che gli impianti costano moltissimo perché viene prodotta questa molecola tre-
atomica dell'ossigeno (che è fortemente instabile e quindi anche pericolosa dal momento
che gli impianti di produzione possono essere soggetti a esplosioni), manca di azione
residua (cioè non permane nell’acqua, per cui non garantisce nel tempo la disinfezione) e
soprattutto può produrre anche dei sottoprodotti.
• Clororichiesta: se ne fa un maggiore uso a livello potabile. Si parla di clororichiesta
perché si usa tanto cloro quanto serve a distruggere tutto ciò che potrebbe essere stato
identificato con le analisi.
Per cui la clorazione può essere semplice: si mette una quantità di cloro che è sufficiente a
distruggere tutto e che ne rimane un pochettino per poter garantire la disinfezione dell'acqua
a lungo termine (e quindi che abbia un’azione residua). Con la clorazione semplice si tiene il
cloro per un tempo lungo di contatto, si ha una bassa velocità di reazione del cloro, si
possono formare i clorofenoli.
Per la cloro-ammoniazione si usano dei sali di ammonio contenenti cloro. Questa impedisce
la formazione di clorofenoli.
Quindi ogni tipo di colorazione è basata sul tipo di uso che si deve fare di quell’acqua.
La clorazione può essere usata con cloro gassoso che si usa generalmente per le acque
molto profonde (ex. per le acque profonde dei pozzi del massiccio etneo, quindi del vulcano,
essendo molto profondo e molto puro, si usa il cloro gassoso per cui quando viene bevuta
l'acqua ha una bassissima percezione a livello olfattivo e gustativo del cloro); mentre le
acque più superficiali vengono trattate con biossido di cloro ipoclorito e la quantità di cloro
utilizzata è maggiore perché essendo più superficiale l'acqua potrebbe essere
maggiormente esposta a rischio di contaminazione.
La clorazione ha dei pregi: può garantirmi la disinfezione, ha proprietà decoloranti e
deodoranti (quindi anche l'acqua, di per sé, assume quello che è l'aspetto adeguato dal
punto di vista organolettico per poter essere consumata), distrugge i loro clorofenoli (per cui
se anche si formassero dei sottoprodotti di disinfezione, il cloro stesso distrugge, quindi
riducendo il rischio da esposizione a cloro fenoli), ma soprattutto il costo è ridotto rispetto
allo zonizzazione ma il biossido di cloro rispetto agli ipocriti, essendo un gas, ha un
pochettino di problemi soprattutto per quello che riguarda la gestione degli impianti che
possono anch’essi creare dei problemi di esplosione.

Clorazione al break-point:
Noi sappiamo che scegliamo il tipo di colorazione in funzione al tipo di acqua che si deve
disinfettare. È ovvio quindi che se si ha a che fare con acque profonde, che sono
generalmente più pure, si userà il cloro gassoso; nel caso, invece, delle acque di lago o di

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fiume (come può avvenire in Emilia-Romagna e in Piemonte o nel Lazio) si deve utilizzare
un sistema che mi dia una maggiore garanzia di potabilità delle acque perché le sostanze
organiche, gli elementi di disturbo o patogeni che possono arrivare sono maggiori
(soprattutto in quantità ma anche nella varietà).
Per cui, si fa una prima clorazione dove si aggiunge una certa quantità di cloro (che è
calcolato sulla quantità e sul tipo di analisi che sono state fatte sulle acque grezze) per poter
cominciare a distruggere tutto quello che incontra, soprattutto le sostanze organiche e gli
agenti patogeni di tipo microbiologico. A questo punto, una parte si lega alle sostanze
organiche (perché così le fa flocculare, cioè diventano più pesanti e tendono a sedimentare).
Si deve eliminare il cloro residuo combinato a quello che aveva intercettato, dunque si usa
un’ulteriore clorazione che raggiungerà il break-point quando ha distrutto tutto ed il cloro
residuo combinati della precedente clorazione e rimarrà soltanto il cloro residuo libero
ovvero quello che rimarrà libero nelle acque per garantire la disinfezione quando ad ex. si
rompe una tubazione, oppure c'è un'infiltrazione, e quindi nel momento in cui si aprirà il
rubinetto l'acqua sarà comunque pura.

ex. Se si ha una casa (specialmente se di villeggiatura) e per molti mesi l’acqua potabile non
è stata utilizzata, non si può subito riempire l'acqua del bicchiere dal rubinetto, bensì si
apre il rubinetto e si fa scorrere per parecchi minuti l'acqua in maniera tale che si elimino le
stagnazioni; di fatti, passando acqua corrente vi è quella quantità di cloro che va a
disinfettare tutti i rubinetti.
Pertanto, la colorazione è il metodo più utilizzato per poter rendere potabile l'acqua, ma, se
non è fatta con tutti i criteri, potrebbe creare come elemento di disturbo alcune sostanze
dette D-DBP (Disinfection-Disinfection By Products) o dette semplicemente “sostanze
alorganiche” o “sottoprodotti della disinfezione” che sono tossici.
ex. il cloroformio, il triclorometano, il diclorometano, il tribromometano di cloro, il
tribometano, il cloroacetonitrile (come possiamo notare c’è sempre la molecola del cloro).
Questi sono i prodotti di una prima disinfezione che vanno distrutti con la disinfezione al
break-point (per cui si dice breakpoint quando ho raggiunto la rottura di tutte queste
molecole e non ho più sostanze alogenate nell'acqua insieme al cloro libero).

Addirittura, negli Stati Uniti ce n'è uno che è più facile chiamare MX. Tale molecola in acqua
di rubinetto a PH normale esiste a forma aperta. Questa si forma dalla reazione di matrici
organiche complesse come gli acidi umici con sostanze clorurate (è un tipico ex. della
pianura padana perché sono i territori della pianura padana costituiti da torbiere, cioè da
elementi alluvionali ricchi in sostanza organica, il che, se si usano delle acque di
quell’ambiente, si deve necessariamente fare il break-point perché se ci si fermasse alla
prima clorazione si avrebbe una grande quantità di MX che è cancerogeno). Questo è molto
più frequente negli Stati Uniti, tant'è che lo MS nel 2004 ha detto che c'è e potrebbe esserci
una ipotesi tra aumento del cancro nelle età adulte con l'uso di acqua di rubinetto.
Dunque, ci si potrebbe chiedere: ma allora è meglio usare l'acqua minerale? No perché
quella non mi da la garanzia né di essere fisiologica né di essere disinfettata; per cui ho un
rischio microbiologico che può derivare o da un cattivo imbottigliamento o da una cattiva
gestione delle bottiglie, soprattutto se sono messe all'aria aperta esposte al sole. Dobbiamo,
però, ricordare quanti sono i casi di morte accertata nelle giovani età se non hanno acqua
potabile (e perciò clorata), quindi io questo rischio lo assumo come il male minore e,
consapevole di ciò, incremento anche le attività di gestione dell'acqua e di trattamento per
ridurlo.

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Ecco che, se si usa acqua potabile con un alto livello di sottoprodotti di disinfezione, si
potrebbe avere un rischio nell'età adulta (70-80 anni) di cancro alla prostata, all'intestino.
Addirittura, si dice che il 9% di tutti i casi di cancro alla prostata e il 15% di cancro al colon
retto potrebbero essere attribuiti ai sottoprodotti clorurati dell'acqua potabile.

Inoltre, se le acque sono cariche di nitrati (che servono a e concimare i terreni) entrano a
contatto con l'acqua si trasformano in nitriti (che invece hanno e rappresentano un'alta
tossicità per l'uomo). Quando vengono assorbiti, attraverso le verdure o attraverso le carni
(perché molto spesso i nitriti sono dei conservanti utilizzati per conservare carne, salumi e
formaggi per non farli deperire o ammuffire), allora in quel caso si consumano nitrosammine.
Queste ultime, che si formano nel nostro stomaco adatto a basso valore di PH e quindi a
forte acidità, sono un rischio correlato all' arricchimento dei terreni e/o delle produzioni
agricole con i nitrati o dell’uso dei conservanti; per cui quando oggi noi parliamo di carne
rossa che stimola il cancro, non parliamo della carne fresca, bensì di tutti i prodotti proteici
(compresi i formaggi) di lunga scadenza che hanno nella loro formula i nitrati e i nitriti. Per
cui è ovvio che, nel momento in cui si dà un'indicazione di una corretta nutrizione, i cibi
conservati o di lungo tragitto si cerca di limitarli perché lì sicuramente la quantità di
conservanti è maggiore.

Sostanze disciolte in acqua potenzialmente dannose per la salute

IPA

Tra le molecole di cui tener conto nell’analisi dell’acqua a scopo preventivo rivestono un
ruolo importante i sottoprodotti della disinfezione, i nitriti che derivano dal l'ossigenazione e
dall’idratazione dei nitrati, gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) ovvero sostanze organiche
particolarmente grandi di dimensioni e pesanti che non sono sostanze cancerogene di per
sé, ma lo sono alcuni derivati in cui vengono convertiti nel tentativo dell’organismo umano di
renderli idrosolubili (quando assumiamo sostanze non idrosolubili il nostro organismo deve
trasformarle in idrosolubili per poterle eliminare attraverso le feci o le urine; questo avviene
attraverso gli enzimi secreti dal fegato e questi ultimi possono essere a volte dannosi per
l’organismo).
Gli IPA sono una classe molecolare piuttosto vasta (più di 150), quelli nocivi sono
cancerogeni e mutageni (provocano un cambiamento nel dna) e sono circa 16; essi sono
fortemente lipofili (si disciolgono bene in sostanze grasse) e possono essere presenti negli
alimenti, soprattutto se cotti a temperature elevate per molto tempo.
Queste sostanze possono costituire un pericolo anche per le donne in allattamento, in
quanto queste sostanze dannose vanno a depositarsi nell’accumulo di grasso che poi
permette la produzione del latte materno e quindi queste sostanze possono passare al
bambino (in gravidanza viene proibita l’assunzione di sostanze grasse di origine animale,
l’uso del salmone, del tonno o del pesce spada perché possono contenere grandi quantità di
sostanze nocive attraverso la loro alimentazione).
Gli IPA si possono trovare nelle acque superficiali (mare, fiumi, laghi), ma anche nelle falde
acquifere profonde, se inquinate da rifiuti; sono presenti anche nel fumo e nei cibi affumicati
o cotti troppo.
Queste molecole vengono trasformate dagli enzimi e si legano ai grassi per poi essere
confuse dall’organismo come parti di DNA, dando luogo a una mutazione.

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Nelle acque potabili dei sistemi idrici occidentali la presenza di IPA è stata ostacolata
sostituendo i materiali con cui viene a contatto l’acqua negli impianti idrici (nei paesi
sottosviluppati si usa ancora la canapa catramata, come accadeva anche da noi in passato).

Arsenico

Un elemento importante da tenere sotto controllo è la presenza di metalli che possono


essere utili all’organismo se presenti in concentrazioni basse, ma se in eccesso possono
essere tossici.
Uno dei metalli più pericolosi da questo punto di vista è l’arsenico, in quanto in alte dosi è
considerato letale.
L’acido arsinico in particolare forma legami stabili con i gruppi reattivi degli enzimi della pelle
e dei reni e per questo motivo può essere causa di tumori della pelle (il melanoma veniva
attribuito all’esposizione senza protezione ai raggi UV del sole, ma la medicina del lavoro ha
rilevato un’incidenza del melanoma negli agricoltori che sono molto esposti al sole, ma
anche ai metalli presenti nei prodotti fitosanitari).
Questo elemento chimico è spesso presente nei prodotti fitosanitari come insetticidi,
fitofarmaci e altre sostanze che servono ad eliminare parassiti animali o erbe non utili.

Prodotti fitosanitari

I prodotti fitosanitari, detti anche antiparassitari, fitofarmaci o pesticidi sono composti chimici
utilizzati in agricoltura per combattere parassiti e altri organismi dannosi per l’uomo, gli
animali e le piante.
Tra questi prodotti rientrano gli antiparassitari per gli animali, gli insetticidi (anche quelli per
evitare le punture di zanzare) e i prodotti contro i parassiti delle piante.
Un uso eccessivo di questi prodotti può essere dannoso per la salute, in quanto essi hanno
una forte lipofilia (come gli IPA) e per questo motivo vengono acquisiti.
Durante la gravidanza l’esposizione eccessiva a determinati pesticidi può portare a
malformazioni come le ipospadie (malformazioni alla parte finale dell’intestino o ai genitali
del bambino); queste sostanze sono inoltre cancerogene, per cui bisogna attenzionarne
l’uso e la dispersione che se ne fa.

L’acqua pubblica deve essere salvaguardata e tutelata e deve essere percepita come un
diritto, ma soprattutto come un dovere sensibilizzando le persone a un corretto utilizzo
dell’acqua, a un'accurata gestione del territorio, a un adeguato smaltimento dei rifiuti solidi, a
un adeguato smaltimento dei liquami affinché non avvenga la contaminazione delle acque.
Riguardo alla disinfezione delle acque l’OMS ha affermato che anche se questo processo
provoca la presenza di sostanze che possono causare effetti sulla salute dei consumatori a
lungo termine, se questo processo non si facesse i rischi sarebbero ancora più gravi a causa
di agenti patogeni presenti nell’acqua.
La disinfezione può essere resa più blanda, agendo con sostanze meno dannose.

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Fake news sull’acqua

Sull’acqua vengono continuamente diffuse molte notizie fuorvianti che vanno prontamente
smentite:
● un articolo del Times sosteneva che bere acqua da sdraiati sia meglio che berla in
posizione eretta;
● spesso vengono diffuse notizie sulla radioattività dell’acqua potabile (l’acqua potabile
viene continuamente controllata in merito alla presenza di elementi radioattivi,
mentre non viene fatto altrettanto sull’acqua minerale);
● su Meridionews veniva riportata una notizia che sosteneva che l’acqua potabile di
Palermo fosse contaminata, ma il sindaco smentì sostenendo che i controlli sulla rete
idrica avevano dato riscontri positivi;
● su whatsapp circolava una notizia su cui si diceva che l’acqua del rubinetto fosse
contaminata da acqua fognaria.
Tutte queste notizie sono strumentalizzate da chi vuole spingere i consumatori ad acquistare
acqua minerale o ad installare impianti di depurazione.

22/03/2019 ROMA – In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, Culligan (azienda


internazionale per il trattamento delle acque) ha fatto un elenco delle fake news che girano
in materia di acqua potabile.
1) “L’acqua del rubinetto non è sicura”. Secondo una recente ricerca dell’Irsa, l’istituto del
Consiglio Nazionale di Ricerca (CNR) deputato al controllo della qualità dell’acqua, l’Italia si
posiziona ad un ottimo quinto posto in Europa per qualità dell’acqua di acquedotto. Ci
precedono solo Australia, Svezia, Irlanda e Ungheria. Considerando che l’acqua di falda è
sempre migliore di quella superficiale, l’elevata qualità media della nostra acqua è dovuta
all’origine sotterranea dell’85% delle nostre fonti. L’acqua dei nostri acquedotti è
rigorosamente controllata da parte delle Asl
2) “L’acqua in bottiglia è migliore di quella del rubinetto”. L’acqua di acquedotto e le acque
minerali sono regolate da normative differenti. Tale discrepanza normativa fa sì che alcune
acque minerali in commercio contengono elementi (come ad ex. arsenico, manganese o
solfati) in quantità superiori rispetto ai parametri ammessi per l’acqua del rubinetto. Molti
parametri, normati per le acque di rete, non hanno limite per le acque in bottiglia. Le bottiglie
di acqua minerale in commercio poi in plastica PET, che ha la tendenza a deteriorarsi se
esposto a fonti di calore a rilasciare particelle nocive.
3) “L’acqua ad elevato contenuto di sodio fa male alla salute”. In presenza di alcune
patologie è raccomandata un’assunzione ridotta di sodio. Ma la frazione di sodio assorbita
attraverso l’acqua ha un impatto trascurabile rispetto a quella assunta attraverso gli alimenti:
100g di prosciutto contengono 2,578g di Sodio, mentre per assumerne attraverso l’acqua un
solo grammo, dovremmo bere in media circa 20 litri di acqua al giorno.
4) “L’acqua ad elevato contenuto di calcio fa venire i calcoli”. Si tratta di un luogo comune
senza fondamento. Come conferma l’Istituto Superiore di Sanità, non vi è una diretta
correlazione tra la concentrazione di Calcio nell’acqua e l’insorgere di calcoli. È anzi vero il
contrario: una dieta povera di Calcio può semmai aumentare il rischio di sviluppare questa
patologia. In generale, per chi ha predisposizione o soffre di calcolosi, la raccomandazione
medica è quella di bere tanto, perché quel che conta è la quantità totale di liquidi che si
assumono nella giornata.
5) “Il cloro presente nell’acqua del rubinetto non fa bene”. Il cloro è presente per legge
nelle acque potabili, per sanitizzare gli acquedotti ed evitare eventuali contaminazioni

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batteriche. Il Cloro presente nell’acqua del rubinetto può risultare sgradevole al gusto. Un
fastidio facilmente ovviabile con l’applicazione di semplici filtri a carbone attivo, o, meglio
ancora, utilizzare delle caraffe a bocca larga perché il Cloro in eccesso tende ad evaporare.
6) “Le bottiglie d’acqua in plastica sono riciclabili e si smaltiscono senza problemi”. Le
bottiglie di plastica in PET, avendo una vita media stimata intorno ai 1000 anni, non sono
biodegradabili. Sono però molto ricche di particelle all’interno che si accumulano durante la
soffiatura della bottiglia la cui quantità rimane bloccata all’interno della bottiglia perché per
legge l’acqua minerale non può essere disinfettata e, pertanto, nel momento in cui la
bottiglia è calda ed ha scaricato/fratturato la plastica per formarsi, viene immediatamente
riempita con l’acqua minerale. Quindi, ciò che noi siamo soliti bere e pensiamo sia acqua
minerale in realtà è un “brodo di plastica”. Attualmente, solo una parte minoritaria delle
bottiglie in plastica viene correttamente raccolta e avviata al riciclo (infatti, molta della
plastica che noi buttiamo, viene incenerita perché non ha le caratteristiche per essere
riciclata). Di questa, una percentuale ancora minore viene realmente trasformata in nuovi
oggetti, contenitori o imballaggi. In più, la stessa produzione di questo materiale, che
richiede l’utilizzo di grandi quantità d’acqua e petrolio, non è sostenibile.
Alcuni recenti studi hanno confermato che l’acqua minerale non è più sana di altre acque.
L’acqua del rubinetto o il cibo fornisce gli stessi minerali benefici per la salute.

Di fatti, vediamo l’importanza di molti (?):


• Calcio: importante per la salute delle ossa e limitare la possibilità di malattie
cardiovascolari
• Magnesio: altrettanto
• Fluoro: previene le carie dentali
• Sodio: elettrolita importante perché se lo si eccede nel potassio ma non lo equilibro con
il sodio si avrà una perdita di ioni perché si altera il metabolismo e la funzionalità renale
• Rame: elevatissima funzione antiossidante e serve a fissare il ferro per quanto riguarda
le condizioni anemiche (infatti un’acqua troppo povera di Sali e rame non permette di fissare
il ferro: effetti diretti antitumorali e contro le malattie cardiovascolari)
• Selenio: funzione antiossidante e, soprattutto, stimola il sistema immunitario
potenziandolo
• Potassio: ha tutta una serie di effetti biochimici ma, soprattutto, nelle acque ha dei livelli
importanti per cui, se si usa spesso acqua minerale iposodiche o oligominerali, si può
soffrire di crampi notturni agli arti inferiori per la carenza di potassio, magnesio e calcio.
Infatti, lo sportivo non usa implementare l’esercizio con i liquidi delle acque minerali, bensì
utilizza banana e cioccolata fondente.
Uno studio sulle acque in bottiglia nel 2001 in Nord America ha concluso che l’acqua
generalmente contenuta ha la stessa quantità di minerali dell’acqua potabile. Per cui,
quando ad ex. si va a comprare acqua oligominerale, si sta comprando la stessa acqua che
esce dal rubinetto.

Consigli per una corretta idratazione:


a. Cercare di bere almeno un bicchiere d’acqua prima di ogni pasto (colazione, pranzo,
cena, spuntini) e durante ogni pasto.
b. Avere sempre a portata di mano una bottiglietta d’acqua (al lavoro, in borsa, nello
zaino,…)

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c. Consumare frutta e verdura ogni giorno, sono alimenti ricchi di acqua e Sali minerali
fondamentali per mantenere un buon ricambio idrico (non solo l’acqua è importante per
idratare l’organismo).
d. Non ignorare lo stimolo della sete e non aspettare a bere quando lo si percepisce.
e. Limitare il consumo di sale e zucchero che alterano l’equilibrio idrico.
f. L’acqua naturale deve essere la scelta principale per soddisfare la necessità
dell’organismo, ma anche tè o tisane possono essere utili ove non ci siano controindicazioni
mediche.

Condizioni che portano ad un aumentato fabbisogno di liquidi:


- quando si pratica attività fisica (a qualsiasi livello)
- quando in estate la temperatura si alza sensibilmente, facendo attenzione alle attività in
mare e piscina che non fanno percepire correttamente la sudorazione
- durante la gravidanza e l’allattamento le richieste di liquidi aumentano
- quando si ha la febbre alta poiché l’elevata temperatura corporea aumenta la dispersione
dei liquidi per favorire la termoregolazione
- infine, è utile ricordare ai bambini e agli anziani di bere, poiché hanno spesso una
percezione ridotta dello stimolo della sete e possono facilmente andare incontro a
disidratazione. Fanno eccezione i neonati con allattamento materno esclusivo, i quali
ricevono i liquidi di cui hanno bisogno attraverso il latte materno, è possibile che i bambini
nati in una stagione particolarmente calda necessitano infatti di poppate più ravvicinate per
soddisfare oltre che gli aspetti nutrizionali anche quelli idrici.

Rifiuti liquidi e solidi:


Fanno parte della gestione delle acque anche i rifiuti, soprattutto i rifiuti liquidi. Riguardo
questi ultimi sono indicati dalla legge come reflui.
I reflui possono essere distinti in reflui industriali e reflui urbani (o assimilati). I primi hanno
delle caratteristiche che sono particolarmente diverse da quelle chimico-fisiche delle acque
rispetto a quelle prodotte dalle città (ovvero i reflui urbani). Questi ultimi si dividono a loro
volta in acqua bianche (meteoriche che derivano dal lavaggio delle strade o dalle grondaie
dopo la pioggia) e acque nere (acque domestiche o derivate dagli scarti umani che vengono
convogliate nelle fognature).
I reflui urbani comunque presentano dei rischi perché possono arrecare dei danni:
- per il benessere: dovuti al cattivo odore, allo sviluppo di animali (in particolare insetti) se
non vengono mandate al di fuori della città attraverso il sistema fognario
- per la salute: perché possono essere ricettacolo di patogeni che sono alla base della
trasmissione delle malattie infettive o della tossicità nel caso in cui fossero ricche di
sostanze tossiche (ex. se consideriamo ciò che facciamo con le acque all’interno di case o
negozi con l’ausilio dei detergenti)
- per l’ambiente: perché le acque ricche di queste sostanze sono molto più nutrienti per le
alghe rispetto ad un’acqua trattata, per cui i bacini idrici che raccolgono acque di scarico
come mare, fiumi e laghi tendono a atrofizzarsi incrementando l’ipossia delle acque dal
momento che le alghe sottraggono ossigeno alle acque.

La gestione dei rifiuti

Nella gestione dei rifiuti possiamo rilevare 3 tipi di approccio:

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● l’approccio primitivo per cui i rifiuti liquidi venivano scaricati direttamente in strada,
come accadeva nel medioevo (si era fatto un passo indietro perché già in epoca
romana erano stati creati acquedotti e fogne);
● l’approccio consociativo per cui i rifiuti venivano scaricati nel sottosuolo,
aspettando che l’ambiente svolgesse la sua funzione autodepurativa (ciò può
avvenire solo se i reflui sono in piccole quantità, se sono biodegradabili, se esistono
dei microrganismi che si nutrono del refluo);
● l’approccio tecnologico che prevede un trattamento chimico e microbiologico
(sistemi di depurazione delle acque) prima che il rifiuto sia scaricato nell’ambiente.
Lo smaltimento dei rifiuti liquidi segue diverse fasi:
● Prima Fase
○ conferimento - il refluo nel sistema tecnologico di approccio non è lasciato
alla natura ma viene conferito in uno spazio limitato;
○ raccolta - avviene nelle colonne fognarie che sono distribuite per tutto il
territorio in cui il sistema fognario è presente;
○ C) allontanamento dunque dalla dal luogo di produzione fino al luogo di
trattamento.
● Seconda Fase
○ trattamento, ovvero una serie di trattamenti da fare sull’acqua arrivata al
depuratore per abbassarne il carico inquinante permettendone lo
smaltimento;
○ smaltimento, ovvero il conferimento dell’acqua trattata nei bacini idrici.

Sistema Fognario

Attualmente i sistemi fognari sono di tipo doppio misto, ovvero con doppia coibentazione per
evitare che una fratturazione esterna o interna possa produrre la dispersione delle acque
fognarie.
É importante conoscere il carico inquinante del refluo fognario, per cui è necessario fare un
monitoraggio attraverso il prelevamento di campioni rappresentativi che vengono analizzati
per stabilire che sostanze contengano e in che quantità.

Le fasi del trattamento

Quando si fa riferimento al trattamento è importante distinguere:

● il pretrattamento: ovvero il processo messo in atto quando le acque di scarico


arrivano al depuratore dove innanzitutto viene fatta la grigliatura, cioè quest’acqua
cade su delle griglie di dimensioni variabili in maniera da trattenere le sostanze solide
grossolane; dopodiché l'acqua viene centrifugata, in modo da separare
ulteriormente l’acqua dal solido (l’acqua entrerà nuovamente nel refluo mentre il
solido verrà trattato come un rifiuto solido organico); il passaggio successivo è la
dissabbiatura, infatti molte sostanze tendono a sedimentare per cui quest’acqua
dopo la grigliatura entra in una vasca di calma dove sta parecchie ore in modo che
tali sostanze abbiano il tempo di sedimentare; dopodiché si scarica l'acqua in
un’ulteriore vasca e lì si raccoglie il residuo di sabbia e limo (quest’ultimo viene
nuovamente centrifugato, per separare ulteriormente l’acqua che viene conferita nel

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rifiuto liquido, mentre la parte solida viene utilizzata come concime);


successivamente c’è la fase di sgrassatura (le acque di scarico sono ricche di grassi
derivanti sia dai prodotti cosmetici che dai grassi utilizzati in cucina) dove l'acqua
viene sottoposta a un lento movimento che fa sì che i globuli di grasso vadano in
superficie e raccolti tramite una sorta di raschietto (anche il grasso poi viene
centrifugato e viene recuperato e smaltito sotto forma di residuo solido a uso
agricolo); infine c'è l'equalizzazione che è una forma di flocculazione, ovvero la
depurazione dalle sostanze che non sedimentano naturalmente e lasciano l'acqua
torbida, per cui è necessario che queste particelle vengano messe a contatto con dei
sali solidi ferrosi, che si legano a esse e le fanno precipitare sotto forma di flocculanti
(es. piscina e fognature);
● il trattamento primario di sedimentazione - utile per recuperare quello che viene
fuori dall'equalizzazione ovvero i residui delle sostanze colloidali;
● il trattamento secondario chimico fisico - ovvero l’aggiunta di ulteriori sostanze
flocculanti per far precipitare anche ciò che col primo flocculante non è precipitato
(dipende dalla tipologia chimica della sostanza che voglio far precipitare);
● il trattamento terziario biologico ovvero l’aggiunta di colonie batteriche che
utilizzano il fosforo e l'azoto presente in queste acque come fonte di nutrimento (i
batteri mangiano e si riproducono finché è presente la sostanza di cui si nutrono, poi
moriranno e si sedimenteranno); infine dai fanghi si otterrà concime, mentre l'acqua
sarà riutilizzata per irrigare i campi o per sostenere le richieste idriche delle fontane
(si stanno facendo ricerche anche per renderla nuovamente potabile, perché il
fabbisogno di acqua è troppo alto).

Rifiuti Solidi
Se la gestione dei rifiuti liquidi è importante (attraverso di esso si può contaminare
l’ambiente, il cibo degli animali e quindi anche quello degli esseri umani, oltre ad inquinare le
falde acquifere) anche la gestione dei rifiuti solidi non è trascurabile; essi costituiscono,
infatti, un rischio ambientale e per la salute umana.
Sappiamo già che rifiuti solidi possono essere sia industriali che urbani e a loro volta i rifiuti
industriali possono essere distinti in pericolosi ,non pericolosi e inerti; mentre i rifiuti urbani
possono derivare dalla pulizia delle strade, dai materiali di rifiuto, degli uffici e negozi, i rifiuti
ospedalieri e da tutto quello che produciamo nelle attività domestiche.
Come le acque sporche anche rifiuti solidi possono arrecare:
● danni di natura estetica;
● danni all’ambiente (possono inquinare le falde acquifere, l’atmosfera per esalazioni di
sostanze tossiche o il suolo);
● danni di tipo infettivo, diretto o indiretto, in base al tipo di rifiuto solido e a quanto
liquido rilascia nell’ambiente, che ovviamente si carica di sostanze tossiche
diventando un ricettacolo per tutti quegli insetti che hanno necessità di questi
ambienti per riprodursi (mosche, zanzare, ratti, blatte);
● danni in termini di dispendio energetico, per le procedure di smaltimento e i relativi
costi.

Trattamento dei rifiuti solidi

Il trattamento dei rifiuti urbani solidi deve essere efficace (eliminazione danni) ed efficiente
(repentino, poco oneroso, tutela all’ambiente) e quindi si sviluppa in varie fasi:

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● conferimento;
● raccolta (in alcuni casi svolta direttamente dai cittadini attraverso la raccola
differenziata);
● allontanamento;
● smaltimento (di solito avviene attraverso i servizi municipali o le cooperative che
vincono la gara d’appalto per la gestione dei rifiuti), che, a sua volta, comprende
varie fasi:
○ la cernita, ovvero la separazione dei rifiuti che può avvenire o nelle case della
gente (raccolta differenziata) o in appositi centri di cernita dei rifiuti;
○ lo smaltimento che può comprendere il compostaggio (anche se non esiste
ancora una normativa che controlli la presenza di microplastiche nel compost
che in questo caso può essere dannoso per l’ambiente) o l’incenerimento
(soluzione da preferire alle discariche che sono più difficili da gestire, anche
perché gli inceneritori moderni sono tecnologicamente avanzati e quindi più
sicuri, oltre ad avere costi più bassi).
● stoccaggio in discarica controllata ( c’è la slide ma lei non l’ha spiegato);
● riciclaggio, un processo importante come presupposto per lo sviluppo sostenibile, in
quanto permette di avviare il rifiuto al recupero, trasformandolo in nuova materia
senza farlo diventare rifiuto quindi si hanno benefici sia in termini di risparmio di
materie prime, che in termini di inquinamento; per questo motivo oggi si sta cercando
di recuperare tutto il recuperabile per poterlo riutilizzare.

Sino agli anni ‘70 il problema dei rifiuti è stato ampiamente sottovalutato con con grandi
investimenti economici assolutamente inutili e che non ritornavano al cittadino; solo negli
anni ‘90 è cominciata ad esserci una regolamentazione che ha imposto di ridurre la
produzione e incentivare il riuso dei materiali e il recupero e riciclaggio di materia ed energia,
smaltendo soltanto quello che non poteva più essere riutilizzato.
Oggi, invece, si parla di circular economy cercando di non produrre più rifiuti (ad esempio la
dematerializzazione dei documenti che sono sempre più virtuali e quindi non hanno bisogno
di essere stampati).
Alla base di tutte queste politiche c’è l’intento di creare una nuova cultura dello sviluppo
sostenibile, grazie anche all'informazione corretta del cittadino, a campagne di
comunicazione attraverso la scuola, sensibilizzando la popolazione (soprattutto i più
giovani), formando chi governa il territorio ma anche chi governa l'economia del territorio e,
soprattutto, implementando la ricerca scientifica per cui la raccolta differenziata è
sicuramente un elemento ottimo come punto di partenza per ridurre il il volume del rifiuto che
non può essere più utilizzato.

Le biotossine algali: un fattore di rischio emergente nella catena alimentare


Le biotossine algali sono delle sostanze tossiche rilasciate dalle alghe e che si trovano in
mare come anche in acque dolci (per cui laghi e fiumi): problema di difficile gestione perché,
se coinvolge la catena alimentare, coinvolge conseguentemente anche l’acqua potabile.
La prima volta che si sono manifestate le alghe rosse è da contare fra le piaghe d’Egitto
(ricorrenti nello studio della Bibbia da cui si evince che “Tutte le acque del fiume divennero
sangue. I pesci che erano nel fiume morirono, e il fiume ristagnò, e gli Egiziani non poterono
più bere l’acqua del fiume” - Esodo, 7; 20-21). Si tratta, dunque, di una particolare alga la cui
tossicità è importante perché è emolitica (= distrugge i vasi sanguigni) e, siccome i pesci
respirano attraverso le branchie (tessuti fortemente irrorati di sangue e capillarizzati) dove

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avviene lo scambio con l’ossigeno e l’anidride carbonica, la prima parte ad essere intaccata
da cotanta tossicità è proprio la branchia causando la sua morte per mancato atto
respiratorio.

L’igiene ambientale si occupa di monitorare le matrici ambientali al fine di rilevare tutte le


alterazioni che potrebbero causare nocumento alle forme di vita che esso ospita, uomo
compreso.
ex. si può occupare degli allevamenti di pesci in mare o in acque dolci perché con le alghe
rosse si potrebbero creare due problemi: 1) di ordine economico perché muoiono gli animali
e l’allevatore avrebbe un problema economico diretto 2) per la qualità del pesce che non è
igienicamente consumabile.

Harmful algal bloom (HAB):


Fioriture (tossiche) di tutte quelle specie fitoplanctoniche che possono provocare effetti
negativi sull’ambiente, come colorazione della superficie del mare (maree colorate o red
tide), mucillagini, moria di pesci e altri organismi, contaminazione della catena alimentare
tramite produzione di biotossine. Sicuramente possono apparire delle bellissime colorazioni
delle acquee, ma che contengono una tossicità particolarmente acuta. In alcuni casi c’è la
ciguatera, per cui il pesce di quelle acquee è letale una volta ingerito come alimento (come è
accaduto all’Isola di Capo Verde).
Classificazione delle HABs:
• Colorazione dell’acqua (per il fatto di possedere delle caratteristiche che le rendono
evidenti) che possono danneggiare la fauna ittica o bentonica (Dinoflagellati e Diatomee)
• Rilascio di biotossine che si accumulano nella rete trofica e che possono arrivare tramite
l’alimento fino all’ultimo (Alexandrium, Gyrodinium, Dinophysis, Nitzchia e Pseudonitzschia)
• Rilascio di ittiotossine dannose per pesci e invertebrati (Alexandrium tamarense,
Gyrodinium aureolum, etc.)
• Rilascio di biotossine che vengono trasportate nell’aerosol dall’area di fioritura dino alla
costa (Gymnodinium breve e Ostreopsis spp.); più presente nei nostri ambienti.

Diffusione nel Mediterraneo di specie algali alloctone:


l’ingresso nel Mar Mediterraneo in particolare di specie algali alloctone (= estranee al
Mediterraneo) potrebbe essere avvenuta o naturalmente dall’Atlantico attraverso lo stretto di
Gibilterra (delle navi che dai Tropici, come ad ex. dal Golfo del Messico o dall’Oceano
Indiano che arrivano passando per l’Oceano Atlantico o Pacifico), o dal Mar Rosso
attraverso il Canale di Suez [in seguito all’apertura da parte dell’uomo il 17 novembre 1869]
(con navi che incamerano acqua di zavorra, che serve a controbilanciare il peso delle merci
trasportate, che dovrebbe essere poi rilasciato nell’ambito portuale; per obbligo igienico-
sanitario non possono rilasciare in mare aperto o nelle zone limitrofe alle coste queste
acquee altrimenti diventerebbero un rifiuto, per cui vanno scaricate con le autobotti e gestito
come elemento pericoloso ma, dal momento che quest’attività risulta essere molto costosa,
alle volte si ricorre al loro rilascio in mare aperto contribuendo alla diffusione di tali specie
tossiche).
Pertanto è da considerare l’azione contaminante prodotta dall’uomo stesso che può
avvenire:

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- attraverso il trasporto volontario: mediante le attività di maricoltura che si avvalgono


dell’importazione di pesci e molluschi da aree tropicali (per allevarli in zone assai lontane di
quelle da cui provengono), le quali sono endemiche per tali specie algali
- attraverso il trasporto involontario: di specie algali e animali “alloctone”, soprattutto di quelle
più minute o monocellulari, mediante l’acqua di zavorra o “ballast water” delle navi che
transitano da e per il Mediterraneo (come per gli ex. fatti in precedenza).
[L’International Maritime Organisation, che tra l’altro emana le linee guida per il controllo e la
gestione delle acque di zavorra delle navi, ha lanciato nel 2001 il “Global Ballast Water
Management Program”, un programma di assistenza rivolto a sei paesi in via di sviluppo
(Cina, Sud Africa, India, Ucraina, Iran e Brasile) per l’assunzione di misure efficaci contro
l’introduzione di specie estranee in latitudini diverse].
Queste specie sono infatti ormai presenti addirittura nel Mar Bering (quindi mari artici) dove
in estate riescono a fiorire rappresentando un ulteriore problema ambientale ed economico
per chi alleva i salmoni.

A seconda degli effetti tossici prodotti (in base ai sintomi espressi dalle persone che sono
state a contatto), le biotossine algali possono essere classificate in cinque sottogruppi:
1) Paralitiche: le persone pensano cioè di aver avuto una paralisi facciale o emiparesi
(dovuta ad altri problemi di salute) e invece è stato o un pasto con alimenti aventi una certa
concentrazione di queste sostanze o per diretta introduzione inalatoria.
2) Neurotossiche: provocano infiammazioni o problemi importanti al sistema nervoso
centrale o periferico
3) Diarroiche: (le più banali) che provocano dei quadri sintomatologici a carico del sistema
intestinale
4) Amnesiche: alterano la percezione e la capacità di conservare il ricordo nell’ambito del
sistema nervoso centrale
5) Ciguatera: letale per via alimentare

Tante sono le tossine algali con cui possiamo entrare in contatto. È risaputo, inoltre, che le
tossine algali marine possono provocare morie di pesci generalmente molto sensibili già a
basse concentrazioni di esposizione.
alcune di queste (ciguatossine), tuttavia, tendono ad accumularsi lungo la catena trofica fino
a raggiungere elevate concentrazioni nei pesci predatori divenendo tossici per l’uomo. Esse
sono estremamente stabili a tutti i processi di trasformazione e preparazione degli alimenti.
Proprio per questo, in ambito dei mercati ittici, l’Istituto zooprofilattico (parte sanitaria + parte
veterinaria) va a verificare che gli organismi che potrebbero essere suscettibili vengano
controllati a random.

Genere ostreopsis:
Noi, nel Mar Mediterraneo, abbiamo purtroppo sviluppato una certa conoscenza verso la
palitossina che è la tossina rilasciata dal genere ostreopsis: ci troviamo, di fatti, in un
ambiente in cui è diffusa a causa dei ricci di mare che perdono gli aculei e delle stelle marine
che perdono alcune loro braccia. È una tossina estremamente rischiosa, non a caso se si va
in Giappone, bisogna star attenti a mangiare il sushi di pesce palla che deve essere
utilizzato in cucina solo dopo una miscelazione perfetta dove il sacchetto della bile viene
eliminato da una mano esterna dal momento che tale organismo è solito mangiare tali
tossine.

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La palitossina ha anche un’altra caratteristica: riesce attraverso la balneazione a dare degli


effetti diretti sull’uomo tramite ad ex. il rush (= ulcerazioni).

È un tipo di fioritura che si è verificata in moltissime parti del mondo, ma in Italia, soprattutto
la parte meridionale e gran parte del Nord, ne ha segnalata la presenza. Dati che indicano
che ormai il Mar Mediterraneo è stato colonizzato da queste specie.

L’esposizione alla palitossina da O. ovata, può avvenire anche durante attività ricreative,
come ad esempio facendo il bagno in mare: le conseguenze sono rush cutaneo e comparsa
di ulcere sulla pelle (casi del genere si sono verificati sulla costa toscana e su quella ligure).
Quest’alga è presente ormai in tutta Italia e in tutto il Mediterraneo: le fioriture sono state
segnalate in tutte le regioni, compresa la Sicilia che ne vede la presenza in molti comuni
balneari siciliani (Bagheria, Ficarazzi, Erice, Trappeto, ecc…) dove sono stati superati i limiti
di guardia.

Normativa a tutela del consumatore

Esiste tutta una normativa che protegge il consumatore dai rischi di tipo alimentare che
stabilisce che gli alimenti debbano essere trattati con acqua pulita e destinata al consumo
umano.
Gli alimenti possono essere analizzati per ricavarne la presenza di biotossine algali e se
queste superano determinati limiti gli alimenti non sono più edibili e quindi non possono più
essere consumati.
L’analisi delle biotossine presenti negli alimenti permette di individuare quali sono le specie
tossiche e di mettere in atto le procedure dell’HACCP (Hazard analysis and critical control
points) per avere una corretta gestione, conservazione e manipolazione degli alimenti (dalla
raccolta/allevamento del prodotto, alla sua lavorazione, alla vendita).
La tutela della sanità avviene quindi attraverso tutti i processi di controllo e prevenzione del
rischio alimentare legato alla presenza di elementi tossici.
La presenza di tossine algali deve essere controllata anche nei recipienti di raccolta
dell’acqua esposti al sole (es: recipienti posti sulle terrazze).

Igiene e sicurezza degli alimenti


La nutrizione costituisce un fattore determinante nella salute delle persone, in quanto tramite
essa si possono evitare i fattori di rischio che portano all’insorgere di patologie sia a livello di
infezioni alimentari (trattare adeguatamente gli alimenti, lavare le mani, disinfettare le
superfici), sia a livello di patologie croniche.
Nel nostro paese abbiamo un elemento fondamentale nella prevenzione: la dieta
mediterranea, considerata come un presidio medico chirurgico (seguirla è come assumere
un farmaco) e se seguita correttamente può apportare benefici alla salute.
Oggi difficilmente viene seguita, soprattutto perché è un’alimentazione che caratterizzava
una popolazione che svolgeva lavori di sforzo fisico, mentre oggi siamo molto più sedentari.
La dieta mediterranea è una dieta piuttosto povera, basata sull’attività fisica e
sull’assunzione in grande quantità di alimenti come verdure e frutta fresca non importata
(quindi che non ha necessità di essere trattata per permettere grandi spostamenti), legumi e
cereali di tipo integrale; formaggi e uova si trovano all’apice della dieta mediterranea, quindi
è previsto il loro consumo, ma in quantità moderata; c’è un largo consumo di pesce

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(elemento che ci accomuna con la dieta giapponese che garantisce anch’essa


un’aspettativa di vita abbastanza alta).
L’uso di carboidrati integrali dà un buon apporto di fibre e aiuta a controllare il colesterolo, in
quanto i grassi aderiscono alle fibre e vengono così eliminati con le feci, evitando l’accumulo
di questi ultimi e le patologie che ne possono derivare (ipercolesterolemia, diabete, tumori al
colon).

Esistono varie opzioni per controllare e gestire gli alimenti:


-la sorveglianza sanitaria;
-il controllo ambientale che indirettamente consente di gestire l’alimento;
-promozione di alimentazione salutare.

Sicurezza alimentare

Quello della sicurezza alimentare è un campo piuttosto ampio, ma è di fondamentale


importanza per alcune categorie di persone con problemi alimentari o per i bambini che
necessitano di un controllo igienico-sanitario più rigoroso nella gestione degli alimenti.
Negli ultimi anni ci sono stati enormi cambiamenti che hanno interessato il sistema
alimentare, caratterizzato non più da uno stretto rapporto tra produzione e consumo, ma nel
quale giocano un ruolo fondamentale gli scambi commerciali e quindi la conservazione delle
merci in viaggio e dei prodotti esotici provenienti da paesi in cui la legislazione alimentare e
agricola non è necessariamente stringente come quella europea.
Anche la ristorazione di massa e la diffusione di grandi catene di supermercati con
distribuzione dei prodotti su grandi distanze degli alimenti, pongono oggi nuovi problemi e
punti critici da risolvere per garantire la sicurezza alimentare.
Ovviamente l'igiene alimentare riguarda non solo il controllo del campo o dell'ambiente in cui
il cibo viene prodotto, ma anche le catene di trasformazione, quelle industriali, la
distribuzione e la ristorazione, per cui ogni alimento può essere prodotto, trasformato,
distribuito, conservato, e inoltre quando la catena di trasformazione del prodotto ha seguito
tutte le le fasi in maniera perfetta, spesso i consumatori possono alterarne le caratteristiche
attraverso la conservazione o trasformazione errata in casa, in quanto non consapevoli della
corretta gestione dell' alimento.

I rischi alimentari

I rischi legati all’alimentazione possono essere di diversi tipi:


● microbiologici (batteri, virus, muffe lieviti, parassiti, prioni);
● chimici (sostanze indesiderabili o tossiche);
● fisici (corpi estranei come vetro, metallo o plastica).
L’alimentazione rappresenta circa il 50% di tutti i rischi per quanto riguarda le tossinfezioni
alimentari: il 50% di queste è legata al cibo, il 25% all'acqua, il 15% agli animali e al
passaggio da persona a persona, il 10% invece alle zoonosi.
Per questo motivo l’epidemiologia deve occuparsi di fare delle analisi per stabilire se
determinati patogeni si stiano diffondendo.

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In Europa l'EFSA (European food safety Agency) osserva le problematiche inerenti gli
alimenti e quindi stabilisce come gestire i rischi.
In Italia non siamo scevri da questi rischi, abbiamo tutta una serie di problemi tra cui ad
esempio l'epatite di tipo A che viene assunta per via alimentare soprattutto mangiando
prodotti ittici (frutti di mare) o alimenti trasformati con acque non pulite.
Ci sono state, ad esempio, delle epidemie nelle scuole in seguito all'utilizzo di irrigazione
con acque di fogna (ovviamente di frodo) per campi di fragole per cui la fragola che assorbe
parecchio l'acqua ha trasferito ad alcuni bambini l’epatite.
Per questo motivo non bisogna fidarsi di chi vende un prodotto se non c'è dietro un controllo
HACCP.

Tipi di infezioni alimentari

Esistono sia le infezioni batteriche che quelle virali e di solito si distinguono in:
● infezioni alimentari causate dal consumo di alimenti contenenti microrganismi vivi
che hanno azione diretta sull’intestino;
● tossinfezioni alimentari determinate dal consumo di alimenti contenenti sia tossine
che batteri (in questo caso la tossicità ed atassia delle tossine preformate si ha da
quelle prodotte dalle cellule vive ingerite con l'alimento all'interno dell'ospite);
● intossicazioni alimentari, ovvero manifestazioni patologiche che si determinano in
seguito al consumo di alimenti contenenti tossine prodotte da microrganismi che si
sono moltiplicati sull'alimento precedentemente al suo consumo (perché si manifesti
l'intossicazione quindi non obbligatoriamente ci deve essere il micro organismo,
bensì è indispensabile la presenza della sua tossina).

Focolai epidemici di tossinfezioni alimentari


-famiglia
-servizi di ristorazione collettiva
-mense
-esercizi commerciali
-altro

Fattori che condizionano l’insorgenza di tossinfezioni


-carica microbica
-virulenza del ceppo
-età
-lesioni intestinali, deficit proteico, alterato ecosistema intestinale
-malattie concomitanti, deficit immunologici, terapie antibiotiche

Contaminazione
Un elemento che favorisce la contaminazione è l’errata gestione della conservazione degli
alimenti (temperature inadeguate di conservazione, contiguità di alimenti che non
dovrebbero stare vicini nel frigorifero, come carni crude e alimenti cotti) che causano una
serie di patologie (per questo motivo un assistente sociale che lavora in enti pubblici o
sanitari come case famiglia, ospedali, mense scolastiche, deve avere una consapevolezza
della gestione del rischio alimentare).

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Salmonellosi
La salmonella è un elemento capace di contaminare l’alimento in tutte le sue forme.
Ha come sintomi febbre nausea vomito e diarrea a può produrre delle infezioni fecali alle
meningi e può scaturire meningite.

Popolazione sensibile
-anziani e bambini
-chi sta già facendo delle terapie per cui si ha un sistema immunitario più debole
-chi ha una patologia come l' HIV o altre patologie che causano immunodepressione.

Prevenzione e alimentazione

Come già visto la dieta mediterranea può essere considerata come un presidio medico
chirurgico, quindi a livello di prevenzione ha lo stesso valore che avrebbe un farmaco.
Partendo da questo esempio possiamo comprendere quanto sia importante l’educazione
sanitaria anche in campo alimentare costituisca uno dei fondamenti della prevenzione e del
miglioramento di stili di vita e di salute.
I pilastri della dieta mediterranea sono: attività fisica costante, consumo di cereali
(soprattutto integrali), consumo di frutta fresca e verdura, consumo di olio extravergine
d’oliva, consumo di pesce a discapito di uova, latticini e carne, apporto proteico dato dai
legumi.
La dieta mediterranea ha elementi in comune con quella spagnola (la Spagna ricade in parte
nell’area mediterranea) e con quella giapponese: entrambe traggono l’apporto proteico
soprattutto dal pesce.
La dieta mediterranea, quella spagnola e quella giapponese hanno innalzato le statistiche di
aspettativa di vita.
La nutrizione è un elemento fondamentale nella sanità pubblica ed è strettamente connessa
al concetto di salute, per questo motivo bisogna anche affrontare le possibili problematiche
legate all’alimentazione e non che possono essere causa di patologie (abitudini sbagliate,
stili di vita) .
Alcol

Un luogo comune sostiene che bere un bicchiere di vino rosso possa far bene alla salute,
ma in realtà non è proprio così, in quanto gli antiossidanti contenuti nel vino sono in quantità
ridotte, per cui bisognerebbe berne quantità enormi per avere i benefici di cui si parla.
Oltretutto l’alcol contiene delle sostanze che il nostro organismo non è in grado di
metabolizzare, quindi l’introduzione dell’alcol nella nostra dieta può causare più danni che
benefici.
Il cervello si abitua sempre di più all’alcol dando dipendenza e facendo sì che i bevitori
usuali non abbiano più l’ebbrezza, mentre i bevitori occasionali vanno in stato di ebbrezza
anche con una quantità di alcol più modesta.
La dipendenza da alcol può causare problemi a livello neurologico e alterazioni delle
capacità di discernimento.
L’alcol viene classificato come una droga, in quanto appartiene alle sostanze che creano
dipendenza, anche se la sua produzione e vendita sono legali, l’uso viene pubblicizzato,
anche se vengono taciuti gli effetti di un cattivo uso (cosa che non accade più con le
sigarette, in quanto sui pacchetti per legge devono essere presenti dei messaggi di
avvertimento sulle conseguenze nocive del fumo).

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Gli effetti dell’alcol, oltre alla dipendenza, possono essere problemi fisici (inappetenza,
ridotto assorbimento degli alimenti, deperimento, deficit della memoria e delle capacità di
apprendimento, difficoltà a camminare, formicolii agli arti, esofagite, gastrite, emorragie
gastrointestinali, cirrosi epatica, pancreatite acuta, ipertensione, delirium tremens), ma
anche problemi relazionali, in quanto viene a mancare l’inclusione sociale essendoci un
decadimento delle facoltà intellettive e alla perdita del senso etico.
I problemi relazionali sono in generale legati a tutte le conseguenze dell’alcolismo, come i
cambiamenti repentini di umore, gli incidenti stradali, l’aggressività e i frequenti ricoveri
ospedalieri.
Per alcolismo si intende una condizione in cui un individuo si inserisce volontariamente ed
è dovuta all’assunzione eccessiva di alcol etilico. Le cause possono essere psicologiche,
sociali ed ereditarie (i figli di alcolisti spesso diventano alcolisti, soprattutto se la madre ha
bevuto durante la gravidanza).
La categoria più colpita è quella degli adulti di sesso maschile, anche se recentemente
l’alcolismo si sta diffondendo anche tra i giovani (anche minorenni) e tra le donne (il
consumo di alcol crescente tra le donne ha fatto aumentare anche i tumori all’utero, al seno
e allo stomaco).
L’alterazione dei sensi causata dall’alcolismo è spesso causa di incidenti stradali e lavorativi,
per cui il codice della strada vieta di mettersi alla guida se si è in stato di ebbrezza (in caso
di incidente stradale con morti, se in stato di ebbrezza si viene perseguiti penalmente per
omicidio stradale).

Il fumo

Il fumo di sigaretta costituisce un problema non solo per la salute umana, ma anche per
l’inquinamento atmosferico.
Il fumo non è un vizio, né un’abitudine, ma una vera e propria tossicodipendenza; il
tabagismo è quindi una malattia e va trattata come tale.
Attraverso il fumo di tabacco si inala un aerosol micidiale di circa 4000 sostanze nocive e
cancerogene (IPA, nitrosamine, benzopirene, benzoantracene), ma anche irritanti per la
mucosa bronchiale (acido cianidrico, acetaldeide, formaldeide, ammoniaca).
Inoltre si inala monossido di carbonio che si lega all’emoglobina più dell’ossigeno riducendo
lo scambio di ossigeno e anidride carbonica e creando ipossia polmonare.
La dipendenza da nicotina fa sì che il fumatore senta il bisogno di fumare sempre e non
riesca a farne a meno.
Questa sostanza è stata riconosciuta dalla medicina tra le sostanze che creano dipendenza,
al pari di altre droghe pesanti, solo nel 1988, mentre le industrie che producevano tabacco
ne conoscevano gli effetti già prima e continuavano ad affermare che non creasse
dipendenza per continuare a vendere i loro prodotti.
In molti casi, nelle sigarette veniva associata alla nicotina anche la caffeina, in quanto essa
rappresenta un diuretico e in questo modo la nicotina viene smaltita velocemente tramite le
urine, portando il fumatore ad avere bisogno di sempre più nicotina e incentivando quindi il
consumo di sigarette (questo costituisce una frode, infatti la legge vieta di aggiungere
caffeina alle sigarette, anche se si è ripresentata nei liquidi per sigarette elettroniche
aromatizzati al caffè o al cappuccino).
Il fumo di sigarette elettroniche non è privo di rischi, ma può essere un buon metodo per
allontanare il fumatore dal fumo di sigaretta, riducendo gradualmente l’apporto di nicotina,
fino ad arrivare al fumo di liquido con zero nicotina.

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Un’altra possibile modalità per smettere di fumare è costituita da una vera e propria terapia
farmacologica a base di sostituti della nicotina (cerotti, gomme da masticare, compresse)
che ne rilasciano una piccola quantità per superare le crisi d’astinenza.
La terapia farmacologica deve essere consigliata da personale sanitario e deve durare
almeno due mesi a dosaggi pieni, per poi andare a diminuire.
Per migliorare i risultati si può associare alla terapia farmacologica quella psicologica.

Alimentazione e salute

L’uomo ha bisogno di nutrirsi per mantenere il funzionamento corretto dell’organismo.


Un’alimentazione corretta, oltre a soddisfare le necessità nutrizionali del nostro organismo, è
utile anche per mantenere un equilibrio e un benessere psicologico (mens sana in corpore
sano).
Il nostro organismi ha bisogno di diversi elementi nutritivi:
● carboidrati (soprattutto integrali perché ricchi di fibre);
● proteine;
● grassi (necessari, anche se in minore quantità, in quanto essi costituiscono alcuni
nostri enzimi e sono presenti anche nelle nostre cellule);
● vitamine;
● sali minerali (importanti per il nostro equilibrio osmotico);
● acqua.
Gli alimenti possono essere distinti in:
● alimenti plastici, ovvero quelli che contengono proteine (carne, uova, pesce, latte e
derivati, legumi);
● alimenti energetici, ovvero alimenti ricchi di amidi e vitamine (cereali e tuberi), ma
anche i grassi di contenimento (utili a veicolare l’assorbimento delle vitamine
liposolubili);
● alimenti protettivi, ovvero ricchi di vitamina A e vitamina C (come le verdure).
La gestione delle fasi alimentari è un elemento importante di una dieta: l’alimentazione deve
essere distribuita correttamente durante la giornata.
La prima fase molto importante è la prima colazione che attiva il metabolismo e quindi è utile
anche nel caso in cui si deve dimagrire, poi segue un eventuale spuntino a metà mattina e il
pranzo che non deve essere eccessivo.
Nel pomeriggio si può fare un altro spuntino o anche più di uno, soprattutto per i bambini che
hanno bisogno di energia e per le donne in gravidanza che possono arrivare anche a 7 pasti
al giorno (questo non vuol dire che debba mangiare 7 pasti completi o mangiare più del
dovuto, ma piuttosto assumere gli alimenti che servono alla crescita del feto, ovvero alimenti
magri come frutta, verdura, yogurt).
Una corretta dieta giornaliera dovrebbe comprendere 4-5 porzioni di cereali, 3 porzioni di
verdura, 2 porzioni di frutta, 2 porzioni di latticini magri, 2 porzioni di alimenti ricchi di
proteine e una ridotta quantità di grassi e zuccheri.
Esiste una relazione strettissima tra cibo e salute, infatti l’alimentazione influisce
sull'insorgere di alcune patologie: l’aterosclerosi può essere causata da un’alimentazione
troppo ricca di grassi; l’eccessiva assunzione di calorie può portare ad obesità e infarto;
l’abuso di alcol può causare danni epatici, neurologici e anche tumori; l’eccessivo consumo
di zuccheri può causare, oltre all’obesità, carie e diabete; un eccessivo consume di sale può
portare all’ipertensione arteriosa.

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Attraverso l’analisi di alcune mummie o di reperti archeologici si è scoperto che nel passato
l’uomo non soffriva di carie, in quanto non utilizzavano zuccheri raffinati.

Malattie legate all’alimentazione

Malattie del benessere

Esistono delle malattie legate all’alimentazione che possono essere suddivise in malattie del
benessere, dovute a un eccesso ponderale e malattie della povertà, legate alla
malnutrizione.
Per malattie del benessere ci si riferisce solitamente ai disturbi alimentari come anoressia e
bulimia e all’obesità.
L’anoressia e la bulimia sono malattie di origine psicologica: nel primo caso avviene un
rifiuto totale del cibo; nel caso della bulimia, invece, si ricorre a delle grandi abbuffate per poi
provocarsi il vomito.
I primi segnali per riconoscere l’anoressia (principalmente diffusa tra le donne, anche se si
sta diffondendo anche tra gli uomini) possono essere: eccessiva dedizione allo sport
praticato al fine di dimagrire a tutti i costi, avere un regime alimentare ristrettissimo.
L’anoressia può portare ad osteoporosi, infertilità e perdita della capacità di autoregolazione
del fegato.
I segni della bulimia possono manifestarsi nell’arcata dentale, in quanto provocarsi il vomito
danneggia la dentina; il bulimico non è eccessivamente magro, ma il suo peso oscilla.
L’anoressia e la bulimia sono due facce dello stesso disturbo alimentare che spesso si
trasformano in una malattia che solo uno specialista può curare.
L’obesità contraddistingue soprattutto le persone che hanno uno stile di vita sedentario ed è
un disturbo diffuso soprattutto nell’occidente.
Un dato preoccupante riguarda l’obesità infantile, diffusa soprattutto al sud Italia, dove i
bambini sono più sedentari e tendenzialmente mangiano di più, in quanto le madri spesso
non lavorano e cucinano, mentre l’alimentazione dei bambini con entrambi i genitori
lavoratori spesso è affidata alle mense scolastiche, che sono molto controllate dal punto di
vista nutrizionale.
Si definisce sovrappeso un individuo che supera il suo peso forma del 10%, obeso chi lo
supera del 30%, mentre si ha l’obesità grave se il peso viene superato del 60%.
Anche l’obesità può avere cause psicologiche, in cui il disagio viene sfogato attraverso il
cibo.

Malattie della povertà

Le malattie della povertà causano danni ingenti e sono dovute alle condizioni di povertà,
diffuse soprattutto in alcuni paesi, per cui mancano i beni di prima necessità come cibo e
acqua.
A causa della malnutrizione nei paesi poveri sono molto diffuse malattie come la tubercolosi
e la malaria, in quanto un organismo malnutrito ha difese immunitarie più basse e contrae
più facilmente un’infezione.
Anche l’HIV si diffonde nei paesi soprattutto dell'Africa a causa dell’iponutrizione e nei paesi
in cui i farmaci contro l’AIDS sono troppo cari o introvabili, una buona nutrizione può essere
l’unica via di scampo per evitare la diffusione della malattia.

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Salute e sport

Lo sport è un elemento fondamentale nel mantenimento della salute, in quanto esso


rappresenta un elemento fondamentale da associare alla buona alimentazione.
Lo sport è un fenomeno di massa diffusosi soprattutto per ovviare allo stile di vita sedentario
che contraddistingue i paesi dell’occidente.
Nei bambini e nei giovani lo sport aiuta a sviluppare armoniosamente il fisico e favorisce
anche la socializzazione, oltre a favorire l’evoluzione psicologica attraverso l’autovalutazione
e il confronto con gli altri in maniera rispettosa.
Nello sport è importante alimentare la competizione sana che non deve sfociare
nell’assunzione di sostanze che migliorino le performance (doping).

Cibo come linguaggio e cultura

Il cibo può rappresentare un elemento di distinzione tra culture differenti e anche tra classi
sociali diverse: esistono scelte alimentari che escludono alcuni alimenti per scelte etiche
(vegani, vegetariani), ma anche culture in cui non si mangiano determinati cibi per questioni
religiose (musulmani non mangiano maiale perché ritenuto impuro e non bevono alcolici,
mormoni non bevono caffè o té, perché sono eccitanti).
Cucinare si può intendere come sottomettere simbolicamente la natura (gli ingredienti, le
materie prime) e ridurla in cultura (il piatto finito).
Per l’antropologia l’alimentazione fa parte delle pratiche fondamentali del sé, dirette alla cura
del sé attraverso il nutrimento del corpo con cibi considerati culturalmente appropriati.
La condivisione dello stesso cibo può essere pretesto di incontro in occasione di
avvenimenti sociali (feste in cui si riunisce tutta la famiglia a tavola), mette in comunicazione
le persone.
Il dono del cibo può rappresentare un passo importante nelle dinamiche sociali.
Il cibo può essere anche strmentale nel sottolineare le differenze tra gruppi, culture e stati
sociali diversi; può servire a rafforzare l’identità di un gruppo e a sottolineare la differenza tra
“noi” e gli “altri”.
Il cibo può diventare anche strumento di status symbol (mangiare caviale o ostriche dà l’idea
di un certo benessere economico) anche tramite l’uso della pubblicità: nei media il cibo è
sempre più presente.
Nell’alimentazione si possono individuare diversi filoni, in Italia ne sono presenti almeno
quattro:
● genuinità;
● etnico;
● fast food;
● biologico.
Nell’ambito dei servizi sociali un assistente sociale potrebbe trovarsi a valutare se un
bambino, un anziano o un disabile vengono nutriti in modo corretto; in questi casi è utile
osservare come viene preparato il cibo e porre l’attenzione sul tipo di alimento che viene
preparato per chi si trova in stato di fragilità e non può badare a se stesso.
La capacità umana di trasformare gli alimenti ci distingue dagli animali e fa sì che il cibo sia
importante per le varie culture.
Il cibo è anche oggetto di mode: in alcune culture è diffusa la cucina semplice (es: barbecue
americano), mentre in altre è sempre più diffusa un’estrema elaborazione del cibo (cucina
europea).

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Il rapporto tra piacere e salute è inscindibile nella dietistica contemporanea e per questo le
regole della salute passano innanzitutto da una buona alimentazione e una buona cultura
gastronomica.
Il cibo è da sempre strumento di cultura, di condivisione e di evoluzione (introduzione di
nuovi alimenti in culture che prima non li utilizzavano).
La condivisione del cibo è alla base della convivenza civile, infatti la parola “convivio”
rimanda all’etimologia “cum vivere”, ovvero vivere insieme.
Al cibo può essere collegata un’identità economica, nel caso in cui ad esempio si offrano cibi
preziosi per denotare la propria ricchezza; ma anche identità sociale, in quanto la quantità e
la qualità del cibo possono rappresentare l’appartenenza a una determinata classe sociale;
identità religiosa nel caso, ad esempio, del pane simbolo di redenzione per i cristiani; identità
filosofica, come nel caso delle diete legate al rispetto della natura; identità etnica.
Il rispetto della diversità passa anche attraverso la comprensione delle abitudini alimentari
delle altre culture.

Alimentazione e salute

Da una statistica ISTAT possiamo notare come il consumo di beni alimentari cambi in caso
di crisi sociale ed economica.
Tra il 1990 e il 1996 sono crollati il consumo di pane e zucchero, mentre latte e formaggi
sono aumentati e pasta e frutta sono rimasti invariati.
Negli stessi anni saliva il consumo di carne rossa e carne bianca, crollato nel 1996 a causa
della diffusione della malattia della mucca pazza e dell’influenza aviaria (colpiva i polli).
Questa tendenza ha fatto crescere il consumo di pesce che è passato dall’essere
considerato un alimento povero ad essere simbolo di benessere.
Nei paesi sviluppati c’è una grande percentuale di persone con malattie legate a una cattiva
alimentazione, anche se oggi si sta cominciando ad avere una maggiore consapevolezza sul
peso dell’alimentazione nella salute.
Il 40% dei bambini sono obesi e questo sarà un problema in futuro, in quanto il 70-80% di
loro sarà obeso in età adulta.
Per combattere questo fenomeno è necessario applicare la dieta mediterranea, assumere
fibre solubili e proteine della soia (anche l’olio d’oliva va bene), assumere acidi grassi omega
3 (presenti nel pesce e nella frutta secca), assumere carotenoidi (verdure colorate).
L’alimentazione può essere correlata anche al cancro:
● cancro all’esofago può essere causato da alcol, cibi caldi, obesità, fumo, può essere
prevenuto mangiando frutta e verdura;
● cancro allo stomaco può essere causato da cibi conservati (insaccati) e dall’infezione
da Helicobacter pylori, può essere prevenuto attraverso la frutta e la verdura;
● cancro al colon retto, può essere causato dall’obesità, dalla sedentarietà e
dall’assunzione eccessiva di carne rossa, può essere prevenuto attraverso
l’assunzione di frutta, verdura e fibre;
● cancro al fegato può essere causato da alcol, aflatossine (funghi presenti in alcuni
alimenti come vino, aceto, cacao, ecc.. se conservati male), virus epatitici;
● cancro al pancreas, può essere causato dal fumo.
Un’altra patologia molto diffusa è la malattia da reflusso gastroesofageo, che viene spesso
sottovalutato e curato attraverso farmaci di automedicazione come antiacidi che non curano
la malattia, ma attutiscono semplicemente il sintomo.

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La MRGE (malattia da reflusso gastroesofageo) ha un approccio terapeutico che comporta


l’inibizione della secrezione acida, l’assunzione di procinetici (stimolano la digestione), la
terapia di mantenimento, la chirurgia o l’intervento più economico ed efficace: un
cambiamento dello stile di vita.
Lo stile di vita che aiuta a non incorrere in questa malattia comprendono l’eliminazione di
bevande acide (caffè, the, spremute di agrumi), l’abbassamento del peso (se in
sovrappeso), evitare pasti molto abbondanti, evitare di sdraiarsi dopo aver mangiato,
sollevare il materasso a livello della testa, abolire/ridurre il fumo, evitare farmaci che
riducono le malattie autoinfiammatorie.
Un’ulteriore patologia legata a un errato stile di vita può essere la litiasi della colecisti (calcoli
alla colecisti); per evitare questa patologia bisognerebbe fare attività fisica, evitare di essere
sovrappeso, evitare diete dimagranti troppo drastiche, evitare lunghi periodi di digiuno,
effettuare almeno tre pasti al giorno, più uno spuntino e consumare molte fibre e carboidrati
complessi, eliminando zuccheri e grassi saturi.
Nello stile di vita dei bambini è importante concentrare l’assunzione degli alimenti in 4-5
pasti, dando importanza alla prima colazione, prediligendo il consumo di cereali e fibre e
limitando l’apporto di grassi, proteine animali e zuccheri a rapido assorbimento e
promuovendo l’attività fisica.
L'attività fisica in generale accelera la perdita della massa grassa potenziando la massa
magra che è la più attiva metabolicamente.
Inoltre attraverso l’attività fisica si riduce il colesterolo e l’insulina e si mantiene costante la
pressione arteriosa; altri benefici dell’attività fisica riguardano la sua componente ansiolitica
e antidepressiva, l’azione socializzante e nelle persone anziane può favorire l’autonomia e
una migliore qualità della vita, oltre a migliorare l’autostima e il benessere.
Nella prescrizione di un’attività terapeutica per migliorare lo stile di vita di una persona e la
sua alimentazione è importante valutare i gusti della persona e le sue condizioni di salute,
per questo è importante affidarsi a un medico e non a diete fai da te.

Inquinamento atmosferico e salute

Durante la pandemia si è capito che l'inquinamento atmosferico condiziona anche la


diffusione delle malattie.

Le sorgenti di inquinamento possono essere di tipo:


● naturale, come nel caso delle eruzioni vulcaniche, delle movimentazioni di sabbie e
sostanze erose dal vento (l’area del catanese e tutta la Sicilia orientale sono esposte
sia alle ceneri dell’Etna, sia alle sabbie che arrivano dai deserti africani), trasporto di
sali marini, pollini, detriti vegetali, sostanze derivate da processi di combustione di
foreste;
● artificiale, come nel caso degli impianti termici per uso domestico (riscaldamenti),
impianti termoelettrici (produzione energia), impianti di produzione industriale, traffico
autoveicolare, impianti di smaltimento dei rifiuti, agricoltura (soprattutto a livello
intensivo inquinano molto per il rilascio di pesticidi, ma anche per il continuo
movimento del suolo), pavimentazioni stradali (prodotte con gli scarti del petrolio si
sfaldano col continuo sfregamento dei copertoni delle vetture e rilasciano polveri
nell’atmosfera).
Gli inquinanti presenti nell'atmosfera si possono distinguere in inquinanti primari o
secondari.

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Gli inquinanti primari sono emessi direttamente in atmosfera (scarichi delle automobili che
immettono direttamente nell’atmosfera sostanze inquinanti), mentre quelli secondari sono gli
inquinanti primari che si combinano con elementi presenti in atmosfera per dare vita a
sostanze ancora più nocive (es:biossido di azoto).
Gli inquinanti si possono distinguere anche in base alla loro provenienza:
● indoor, se vengono prodotti in ambienti chiusi come (cucine domestiche e
professionali, palestre, condizionamento dell'aria, uffici con fotocopiatrici che
rilasciano metalli, ecc..)
● outdoor, se vengono prodotti direttamente all'esterno (traffico veicolare, scarichi
industriali, impianti energetici, inceneritori).
Un'altra distinzione riguarda gli inquinanti gassosi-particolati, che sono le sostanze distinte
in base alla loro struttura fisica: i gas sono sostanze che a temperatura ambiente sono
aerodispersi; i particolati sono polveri molto sottili che proprio per la loro dimensione molto
ridotta rimangono in sospensione in un’area bassa dell’atmosfera (antroposfera, ovvero la
parte dell’atmosfera con cui veniamo a contatto).
Un’altra categoria di inquinanti sono gli aerosol composti da una parte liquida (vapore) e
una parte gassosa aerodispersa.
Gli aerosol possono essere definiti come dispersioni di sostanze liquide o solide in forma
finemente suddivisa e se ne possono distinguere diverse forme:
● fumi derivanti da processi di combustione incompleta;
● polveri derivanti da processi di frantumazione;
● nebbie formate da particelle liquide finemente suddivise in aria;
● smog formato da associazione tra polveri sospese e nebbia (dall’inglese
smoke+fog).
Un’altra categoria è rappresentata dai gas e dai vapori: i primi sono sostanze naturalmente
allo stato gassoso, i secondi sono sostanze che normalmente si trovano allo stato liquido,
ma in forma di vapore si trovano allo stato gassoso.

Inquinamento dell’aria

L’inquinamento dell’aria è un tema di fondamentale importanza nella gestione urbana,


industriale e anche sanitaria del territorio; esso influisce fortemente sulla qualità di vita della
popolazione.
L’inquinamento dell’aria viene misurato attraverso alcuni parametri che devono rispettare dei
limiti di legge:
● emissione, ovvero la quantità di inquinanti che viene prodotta ed eliminata da una
sorgente di inquinamento (camini delle industrie da cui fuoriescono inquinanti);
● concentrazione, ovvero il rapporto tra la quantità di sostanze e un determinato
volume d’aria;
● immissione, ovvero la concentrazione di inquinanti nel suolo di un perimetro
industriale o vicino a una sorgente di emissione (es: le ceneri dell’Etna che ricadono
sul suolo dopo le eruzioni; le polveri sottili emesse dalle industrie che poi ricadono
sui terreni circostanti).
(la prof. ci tiene particolarmente alla distinzione tra emissione e immissione)

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Gli inquinanti maggiormente riscontrati nell’ambiente

Le sostanze inquinanti che si riscontrano con più frequenza nell’inquinamento atmosferico


sono:
● ossidi di zolfo;
● ossidi di azoto;
● monossido di carbonio (può essere causa di ipossia);
● particolato atmosferico;
● ozono troposferico (presente nella parte bassa dell’atmosfera e più pericoloso di
quello presente nelle zone più alte dell’atmosfera);
● radon (gas esalato dal terreno e presente nella zona di Ragusa e nel Lazio);
● benzene;
● asbesto (amianto);
● IPA;
● cloruro di vinile (elemento presente in molti oggetti che ci circondano, come il
linoleum o la formica, per cui bisogna far arieggiare spesso gli ambienti chiusi).
Una delle conseguenze dell’inquinamento atmosferico è l’effetto serra, causato dai raggi
solari che attraversano l’atmosfera arrivando al suolo e surriscaldandolo; il calore acquisito
durante il giorno viene poi rilasciato durante la notte per raffreddare il suolo, ma
l’inquinamento in forma di gas inquinanti e polveri sottili ostacola la risalita del calore,
bloccandolo all’interno dell’atmosfera.
L’effetto serra fa surriscaldare il pianeta ed è causato soprattutto da un eccesso di metano e
di anidride carbonica (dovuti ad esempio dall’eccesso di allevamenti intensivi).
Per inquinamento atmosferico si intende quindi la modificazione degli elementi naturalmente
presenti nell’atmosfera.
Nelle parti più alte dell’atmosfera è presente uno strato di ozono, che filtra i raggi solari
facendo passare solo le radiazioni utili al pianeta; l’uso di sostanze propellenti (spray, circuiti
dei frigoriferi, diodi a gas dei vecchi televisori) ha danneggiato lo strato di ozono (il
cosiddetto buco dell'ozono) soprattutto in corrispondenza dei poli, soprattutto nella zona
dell’antartide, facendo sì che passino anche i raggi solari dannosi per la salute e per
l’inquinamento ambientale.
La messa al bando di queste sostanze inquinanti sta facendo lentamente ridurre questi
danni all’ozono, anche se sono ancora presenti e si emette ancora troppa CO2 per poter
porre fine al global warming (riscaldamento globale).
Il riscaldamento del globo terrestre sta causando problemi di natura ambientale
(scioglimento ghiacciai, innalzamento dei mari), ma anche di natura sanitaria, in quanto
aumenta anche la mortalità tra i soggetti cardiopatici che a causa di temperature più alte
tendono a perdere molti liquidi, aumentando la concentrazione del sangue e di conseguenza
si hanno maggiori probabilità di avere delle trombosi.

Effetto serra, effetto frigorifero ed effetto uv

L’effetto serra è dato dall’energia solare che oltrepassa l’atmosfera e surriscalda la crosta
terrestre che quindi ha necessità di cedere nuovamente questa energia per riscaldarsi, ma
l’eccesso di anidride carbonica impedisce al calore di risalire generando questo effetto e
facendo aumentare esponenzialmente la temperatura terrestre.

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È stata tuttavia rilevata anche la presenza di un effetto frigorifero dovuto alle polveri (nel
momento in cui i vulcani eruttano, rilasciano una grande quantità di polveri che causano un
raffreddamento del suolo che può raggiungere anche 1-1,5°).
L'effetto UV (la radiazione), infine, ha un ulteriore effetto cioè la modificazione delle sostanze
primarie verso sostanze secondarie tra cui per esempio l’ozono, per cui la quantità di ozono
che viene rilasciata negli ambienti urbani generalmente è prodotta da una serie di sostanze
primordiali o primarie (quello che le marmitte rilasciano nell'ambiente sotto forma di ossidi di
azoto) la cui molecola viene trasformata dall'energia del raggio ultravioletto della luce solare
ambientale trasformando le parti di ossigeno in una molecola molto stabile che è l'ozono
triatomico (cioè molecola dell'ossigeno formato da tre atomi di ossigeno molto instabili ma
anche molto ossidanti).
L'ozono è uno dei fattori scatenanti delle gravi e acute sindromi respiratorie dovute
all'inquinamento atmosferico.
Tutto ciò ha ovviamente degli effetti sulla salute, non a caso si assiste ad un incremento del
rischio di tumore compreso tra il 9% e il 33% negli abitanti di aree urbane. La mortalità è più
elevata nelle categorie a rischio, cioè coloro che sono più esposti giornalmente al traffico
(vigili urbani, tassisti, benzinai) e per questo motivo queste categorie sono anche più
controllate dalla medicina del lavoro sotto questo punto di vista.
I dati non mettono in rilievo attualmente una netta associazione tra tumore al polmone ed
esposizione al traffico veicolare, ma è invece stato verificato nei benzinai l'aumento dei
tumori dell'esofago e del tumore cerebrale dovuto all'esposizione al benzene.

Cosa deve fare il cittadino

Riduzione temperatura ambienti domestici


sia in difetto che in eccesso perché per mantenenere il corpo umano in omeotermia non
dovrebbe esserci una differena maggiore di 6° tra l’ambiente interno e l’ambiente esterno.
Minor utilizzo autoveicoli privati
La scienza conosciuta come urban health che fa capo a ingegneri ed architetti che si
occupano di progettazione urbana orientandola verso scelte più ecosostenibili (giardini
verticali a Milano che mitigano le isole di calore).
Un’altra soluzione può essere l’uso di servizi come il car sharing o il bike sharing, ma anche i
mezzi pubblici a basso impatto (metropolitana, bus elettrici).
Verifiche periodiche scarichi autoveicoli
Evitare attività fisica in aree inquinate
Non è salutare ma bensì diventa pericoloso per la salute perché durante l’attività motoria si
altera la capacità ventilatoria del polmone ampliandola, per cui si assorbe molta più aria e
quindi molti più contaminanti.
In auto azionare impianti di ricircolo dell'aria.
Evitare prese d'aria dei condizionatori ubicate su vie inquinate.

Ossidi di zolfo

Normalmente gli ossidi di zolfo presenti in atmosfera sono l’anidride solforosa (SO2) e
l’anidride solforica (SO3); questi composti vengono anche indicati con il termine comune
SOx.
Le emissioni naturali di zolfo sono generalmente dovute all’attività vulcanica,mentre quelle
antropogeniche sono dovute ai processi di combustione.

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A causa dell'elevata solubilità del biossido di zolfo in acqua, questo viene facilmente
assorbito dalle mucose del naso e del tratto superiore dell’apparato respiratorio (questo
rappresenta una fortuna dato che solo quantità molto ridotte possono raggiungere gli alveoli
polmonari).
L’alta reattività del biossido di zolfo lo rende estremamente irritante, per cui inalare biossido
di zolfo può creare i presupposti per un processo infiammatorio (e questo è il motivo per cui
il covid è molto più facile assumerlo nelle zone inquinate come il nord Italia , in cui zone
come la pianura padana sono altamente inquinate da queste sostanze sulfuree).
E’ stato comunque notato un effetto sinergico con le polveri sospese per la capacità che
queste hanno di veicolare gli inquinanti nelle zone più profonde dell’apparato respiratorio.

Ossidi di azoto
La sigla (NOx) identifica in modo collettivo gli ossidi di azoto che si producono come
sottoprodotti durante una combustione che avviene utilizzando l’aria (camini a legna, motori
delle automobili, centrali termoelettriche, ecc.).
Su di essi incidono fortemente i trasporti stradali e soprattutto la la produzione energetica e
industriale.
L’azione sull’uomo dell’ossido di azoto è inizialmente blanda, ma a causa della rapida
ossidazione (si lega sempre più ossigeno), da NO2 diventa NO3 fino a NO5 e queste due
forme più ossigenate sono più ossidanti e risultano più tossiche della sua forma primaria.

Il biossido di azoto è un gas irritante per le mucose e può contribuire all’insorgere di varie
alterazioni delle funzioni polmonari (bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare).
Lunghe esposizioni anche a basse concentrazioni provocano una drastica diminuzione delle
difese polmonari con conseguente aumento di rischio di affezioni alle vie respiratorie.
Per il biossido di azoto l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) raccomanda il limite
guida orario di 200 µg/mc, il limite per la media annuale è invece 40 µg/mc.

Monossido di carbonio

L’ossido di carbonio (CO) o monossido di carbonio è un gas incolore, inodore, infiammabile,


e molto tossico. Si forma durante le combustioni delle sostanze organiche, quando sono
incomplete per difetto di aria (cioè per mancanza di ossigeno).
È conosciuto per la sua capacità di legarsi all'emoglobina, creando un legame solido per cui
la carbossiemoglobina diventa molto più solida e non consente più lo scambio.
(Alcuni suicidi avvengono attraverso intossicazione da monossido di carbonio perché si
elimina la funzione respiratoria del trasporto del gruppo eme nel sangue.)
Il monossido di carbonio è estremamente diffuso soprattutto nelle aree urbane a causa
dell'inquinamento prodotto dagli scarichi degli autoveicoli.
Il monossido di carbonio è tossico perché legandosi saldamente agli atomi di ferro
nell'emoglobina del sangue forma un complesso molto più stabile di quello formato
dall'ossigeno. La formazione di questo complesso fa sì che l'emoglobina sia stabilizzata
nella forma di carbossiemoglobina (COHb) che rilascia più difficilmente l’ossigeno ai tessuti.
L'intossicazione da monossido di carbonio conduce ad uno stato di incoscienza (il cervello
riceve via via meno ossigeno) e quindi alla morte per asfissia.

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Particolato atmosferico:
È un elemento borderline perché abbiamo:
- Polveri totali sospese (PTS)
- Particulate Matter (PM)
• Le particelle primarie emesse da sorgenti naturali ed antropiche; le secondarie si
originano dalle particelle primarie mediante una serie di reazioni chimiche e fisiche che
avvengono in atmosfera
• Le particelle fini sono quelle che hanno un diametro inferiore a 2,5 µm, le altre sono
dette grossolane.
Le polveri PM10 rappresentano il particolato che ha un diametro inferiore a 10 micron,
mentre le PM2,5 hanno un diametro inferiore a 2,5 µm. (ex. quando si fa la chiusura dei
centri storici o la chiusura per innalzamento delle polveri sottili, è una prevenzione per
prevenire il rischio di malattie consequenziali all’esposizione a lungo termine a queste
concentrazioni elevate di polveri sottili).
Vengono dette polveri inalabili quelle in grado di penetrare nel tratto superiore dell’apparato
respiratorio (dal naso alla laringe). Le polveri toraciche sono quelle in grado di raggiungere i
polmoni. Le polveri respirabili (PM 2,5) possono invece penetrare nel tratto inferiore
dell’apparato respiratorio (dalla trachea fino agli alveoli polmonari). Questa forma è
particolarmente pericolosa per i bambini perché la dose a cui sono esposti è troppo grande
rispetto al peso che hanno e soprattutto perché, a differenza degli adulti e degli anziani,
hanno un metabolismo molto più veloce e ciò comporta degli atti respiratori più frequenti e
un battito cardiaco più veloce (di fatti, i bambini sono sempre più esposti a tali forme di
inquinamento). PM2,5, essendo un elemento più piccolo, riesce ad arrivare al luogo più
profondo del polmone dove va a contatto direttamente col sangue, cioè gli alveoli.

Le polveri si originano sia da fonti naturali che antropogeniche. Le polveri fini derivano
principalmente da processi di combustione (particolato primario cioè prodotto direttamente)
e da prodotti di reazione dei gas (particolato secondario); la frazione grossolana delle polveri
si origina in genere dai processi meccanici (solo primario).
ex. l’Etna che copre di cenere il Mediterraneo; in Giappone il Pinatubo che ha influito
moltissimo sul clima al livello mondiale.

Per cui, in maniera impercettibile, ognuno è esposto a dei rischi, uno di questi è l’Ozono
troposferico.

Ozono troposferico:
L’ozono è un gas tossico di colore bluastro, costituito da molecole instabili formate da tre
atomi di ossigeno (O3); queste molecole si scindono facilmente liberando ossigeno
molecolare (O2) ed un atomo di ossigeno estremamente reattivo (= tutto ciò che incontra lo
distrugge tramite ossidazione, compreso il nostro DNA) (O3 🡪 O2 + O). Per queste sue
caratteristiche l’ozono è quindi un energico ossidante in grado di demolire sia materiali
organici che inorganici.
[Nell’estate del 2003, le zone a maggiore concentrazione di ozono che sono state registrate
sono soprattutto quelle del nord Italia].

La molecola dell’ozono è estremamente reattiva, in grado di ossidare numerosi componenti


cellulari, fra i quali amminoacidi, lipidi e proteine (ma soprattutto il nostro DNA). Si può

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notare che già, a certe concentrazioni (di 0,008-0,02 ppm 15-40 µg/µc), rileviamo l’odore
(detto spartanamente, quell’odore di terra bruciata che si sente soprattutto ad ex. subito
dopo i temporali estivi subito, perché i fulmini ne hanno permesso un’ulteriore creazione).
Alla concentrazione di 0,1 ppm provoca una irritazione agli occhi e alla gola per la sua
azione nei confronti delle mucose. Concentrazioni più elevate causano irritazioni all’apparato
respiratorio, tosse ed un senso di oppressione al torace che rende difficoltosa la
respirazione. I soggetti più sensibili, come gli asmatici e gli anziani, possono essere soggetti
ad attacchi di asma anche a basse concentrazioni. Alla concentrazione di 1 ppm provoca
mal di testa e a 1,7 ppm può produrre edema polmonare.

Benzene:
È un idrocarburo (strutturato ad anello esagonale ed è costituito da 6 atomi di carbonio e 6
atomi di idrogeno, formula C6H6) aromatico perché ha odore di canfora: ex. quando si fa
benzina, l’odore che percepiamo è quello del benzene (di fatti, la maggior parte del benzene
presente nell’aria è un sottoprodotto delle attività umane). Una volta al posto del benzene
nei carburanti si metteva il piombo, ora non più poiché risulta tossico e potrebbe provocare
la leucemia. Un problema generale è che non si verificano prima quali potrebbero essere i
rischi dell’introdurre una determinata sostanza: è stato tolto il piombo che provoca leucemia
sostituendolo con il benzene che provoca anch’esso leucemia; l’unico modo per risolvere il
problema potrebbe essere quello di non utilizzare combustibili fossili).
Le cause di esposizione al benzene sono: il fumo di tabacco, le combustioni incomplete del
carbone e del petrolio (dei quali è un costituente naturale), i gas esausti dei veicoli a motore
e le emissioni industriali (gli usi industriali del benzene, inclusi la produzione di plastiche e
resine sintetiche, causano spesso il rilascio di vapori contenenti questo inquinante). Anche i
vapori liberati dai prodotti che contengono benzene, come colle, vernici, cere per mobili e
detergenti, possono a loro volta essere fonte di esposizione.

L’intossicazione provocata dal benzene o dai suoi derivati (ex. toluene, xileni o fenoli), inalati
o ingeriti, è detta benzolismo.
L’inalazione di un tasso molto elevato di benzene può portare al decesso; un’esposizione da
cinque a dieci minuti ad un tasso di benzene nell’aria al 2% (ovvero 20000 ppm) è sufficiente
a condurre un uomo alla morte.
Dei tassi più bassi possono generare sonnolenza, vertigini, tachicardia, mal di testa, tremori,
stato confusionale o perdita di coscienza.
La dose letale per ingestione è di circa 50500 mg/kg (milligrammo di sostanza ingerita
rispetto al peso dell’individuo espresso in chilogrammi).

Il principale effetto di un’esposizione cronica al benzene è il danneggiamento dei tessuti


ossei e la diminuzione delle cellule del midollo osseo, che può causare una diminuzione del
tasso di globuli rossi nel sangue e un’anemia aplastica o una leucemia. Può anche dare
origine a coaguli, difficoltà di coagulazione ed indebolimenti del sistema immunitario.

Negli ultimi anni, in alcune bibite gassate, per lo più soft drink a base di frutta, sono stati
trovati elevati livelli di benzene, sostanza altamente cancerogena.
Il benzene non viene aggiunto volontariamente alle bibite ma si può sviluppare a seguito di
una reazione spontanea (soprattutto se la bibita è stata per troppo tempo al sole) tra l’acido
ascorbico (Vitamina C, E300) e qualsiasi additivo benzoato, in particolare il benzoato di

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sodio (E211), di potassio (E212) o di calcio (E213), conservanti utilizzati come


antimicrobiotici (in grado di bloccare la crescita di batteri e lieviti) nelle bibite stesse.
Alcune prove hanno suggerito poi che la presenza di acido citrico nella reazione con l’acido
ascorbico e il benzoato accelera la produzione di benzene. Altri fattori che ne favoriscono la
produzione sono il calore e la luce, per ex. durante il trasporto o nell’immagazzinaggio.
I suoi livelli nelle bevande sono regolati a livello nazionale e internazionale. Nella legge
italiana non vi sono limiti imposti per il benzene nelle bibite, e perciò ci si rifà all’OMS che lo
fissa a 10 ppb (parti per bilione – microgrammi per litro) così come indicato nella nota del 10
novembre 2006 n.40557 del Ministero della Salute. L’Unione Europea lo stabilisce a 1 ppb
mentre gli Stati Uniti a 5 ppb: per cui lo stile alimentare italiano che è molto attento, in questo
caso è stato pervasivo per la comunità europea e molto spesso diventa il faro a cui ispirarsi
soprattutto per quanto riguarda gli alimenti.

Idrocarburi Policiclici Aromatici:


Idrocarburi Policiclici Aromatici, una classe numerosa di composti organici tutti caratterizzati
strumentalmente dalla presenza di due o più anelli aromatici condensati fra loro.
Sorgenti molto significative sono anche le attività umane dato che gli IPA si formano in tutti i
processi che vedono una combustione incompleta dei materiali a base di carbonio come il
carbone, il petrolio, il legno, il gas, ma anche i nostri alimenti.
Non sono di per sé agenti cancerogeni, ma lo sono alcuni derivati in cui essi vengono
convertiti dall’organismo nel tentativo di renderli idrosolubili.
Alcuni IPA hanno dimostrato in testi di laboratorio di essere in grado di causare il cancro per
inalazione (ai polmoni), per ingestione (allo stomaco) e per contatto dermico (alla pelle).
Secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC: sezione dedicata al
cancro all’interno dell’OMS) sono probabili cancerogeni pre l’uomo il benzo(a)pirene, il
benz(a)antracene, e il dibenz(a,h)antracene; mentre sono possibili cancerogeni il
benzo(b)fluorantene, il benzo(k)fluorantene e l’indeno(1,2,3,-c,d)pirene.

Negli alimenti non sottoposti a trasformazione la presenza degli IPA è dovuta alla
contaminazione ambientale per deposizione di materiale particolato atmosferico (grano, frutti
e verdure), per assorbimento del suolo contaminato (patate, carote) e per assorbimento di
acque di fiume e di mare contaminate (mitili, pesci e crostacei). Non è estremamente sicuro
il passaggio diretto contadino-consumatore perché si salta quel quality check per verificare
che tutto sia sano e in regola per essere venduto.
Negli alimenti trasformati o lavorati (per quanto riguarda quei trattamenti termici) come quelli
cotti sul carbone (griglia o arrosto), prodotti da forno e industriali, cibi molto affumicati,
alimenti tostati come il caffè.
L’eventuale presenza di IPA nell’acqua potabile è generalmente dovuta alla cessione dai
rivestimenti, in catrame o bitume, delle condutture di distribuzione (WHO, 1998)

Diossine e PCBs (mutagene e cancerogene):


Prodotti sintetizzati dall’uomo, o si formano durante la combustione di rifiuti (soprattutto non
differenziati) domestici ed industriali riversandosi sull’ambiente dai gas di scarico degli
inceneritori.
La popolazione è esposta attraverso gli alimenti al 90%, in particolar modo assumendo quelli
con un maggior contenuto lipidico.

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Pertanto, per una maggiore capacità di assorbimento dagli ambienti acquatici (di IPA,
diossine, PCBs e metalli), alimenti come salmone, pesce spada, carne di foca e balena non
possono essere utilizzati per le donne gravide perché contengono elementi che possono
deviare il normale sviluppo fetale.

Malformazioni e diossine:
Ci sono effetti primari molto più acuti e veloci (rispetto a cancri) per il prodotto del
concepimento.
La donna in gravidanza ha una serie di necessità che servono a porre un distanziamento e
fare prevenzione circa quelle cause che possono essere risolte affinché la donna non abbia
esiti negativi e nemmeno il bambino, che nel primo trimestre è solo 1 cm e ha un peso
irrilevante. La dose letale è calcolata su un adulto di 70 chili, quindi naturalmente risulta
ancora più alto il rischio per un bambino che pesa così poco.
Le diossine ponevano un problema solo quando si sono verificati questi eventi. Le diossine,
soprattutto quelle messe in aria (ex. bruciando i rifiuti), hanno fatto che sì che, una volta che
le polveri ricche di diossine sono state messe per immissione nel suolo, i primi animali che
hanno dato evidenza di quanto fossero nocive, sono stati gli erbivori come agnelli, capre,
bovini, cavalli che hanno manifestato una sindrome malformativa (soprattutto durante la
gravidanza) che si chiama palatoschisi (detta anche labbro leporino) che consiste
nell’apertura del palato molle per cui naso e bocca sono aperti nella stessa cavità e ciò può
avvenire in maniera parziale (se coinvolge una sola mascella o superiore o inferiore) o in
maniera completa (se coinvolge mascella sia superiore che inferiore). La maggior parte dei
bambini coinvolti in tali malformazioni presenteranno difficoltà nel parlare. Molti di essi
derivano da zone sottosviluppate dove le famiglie emarginate, convinte che il bambino non
possa essere curato, lo portano alla morte. Alcune campagne mediche o di associazioni
benefiche vanno proprio a supportare i medici chirughi affinché possano ricucire nella
maniera più naturale le malformazioni di tali bambini (soprattutto nei paesi in via di sviluppo,
perché in occidente col medico-chirurgo molto spesso ci si trova dinanzi a malformazioni
facilmente curabili).
Talvolta accade che le malformazioni non siano solo facciali, bensì che possano colpire
anche gli arti. Ovviamente un bambino che nasce con delle malformazioni è un bambino che
sarà disabile per tutta la vita.
Questi elementi possono essere trasportati sotto forma di grassi, per cui se ci si nutre con il
latte vaccino o bovino (in generale con il latte di animali mammiferi) dove la mammella è
ricca di grasso, tali diossine possono essere trasmesse all’uomo. Ovvio che la mamma,
quando si nutre di alimenti o inala un’aria contenenti queste sostanze, può trasferirle nel suo
latte. Quindi, in alcuni casi è stato addirittura riscontrato, da un monitoraggio svoltosi ad
Augusta e a Gela, che non vi erano diossine o PCBs ma pesticidi nel latte materno (ciò è
dovuto al fatto che, a ridosso di industrie non si possono costruire abitazioni, eppure si può
coltivare); inoltre, una certa quantità di metalli noi già li ingeriamo tramite alimenti ittici o dai
prodotti della terra, dunque avere una gestione dell’ambiente vuol dire anche proteggere noi
stessi e la nostra famiglia.

MERCURIO E METILMERCURIO:
Sono due sostanze tra le più cercate, soprattutto in ambito delle malattie neurodegenerative
(per cui a carico del sistema nervoso) perché hanno la capacità di complessarsi nella
membrana mielitica dei neuroni e creare lì il danno.

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Possono comportare alterazioni nello sviluppo cerebrale dei bambini (dunque durante la
fase fetale nel grembo materno) e, ad un livello più alto, alterazioni neurologiche negli adulti.
La fonte principale di assunzione è il pesce ed i prodotti della pesca.
Il mercurio ha la capacità di biomagnificarsi, cioè l’animale, man mano che si alimenta di altri
organismi che hanno già una quota in mercurio, la somma alla sua senza potersene liberare
(= biomagnificazione): per cui dalla catena alimentare più bassa a quella più alta
(balenottere, delfini, orche, foche e soprattutto negli orsi polari) e noi ci cibiamo di molti pesci
come tonno, polpo, pesce spada (che, di fatti, in gravidanza sono assolutamente vietati).
ex. mentre nel plancton ne troviamo una piccolissima quantità, nei delfini ne troviamo
assolutamente in abbondanza perché i primi sono gli alimenti di cui si sono nutriti i secondi.
Se si dovesse solamente osservare il problema mercurio non sarebbe più stato consigliato
di nutrirsi di pesce e questo è sbagliato perché in realtà si possiedono elementi per
contrastare i tossici (ex. il fegato; il metabolismo che li rende idrosolubili per essere eliminati
tramite feci e urine); per cui, in realtà, si possiedono le caratteristiche per contrastare questo
fenomeno, ma occorre ugualmente limitarne le dosi (massimo 2/3 volte a settimana e
scegliendo quei pesci che si trovano in fondo alla catena alimentare, come il pesce azzurro
che contiene tanti acidi grassi polinsaturi omega3/omega6 per contrastare le malattie
cardiovascolari ma al contempo hanno anche una bassa quantità di tali sostanze).
Dall’inizio dell’era industriale è aumentata nel tempo la concentrazione dei metalli pesanti
nelle matrici ambientali che tendono ad accumularsi nei diversi ecosistemi. Senza dubbio il
mercurio, tra tutti, è l’elemento più tossico perché l’inquinamento da mercurio è da
assumersi collegandolo alla capacità di emettere tali sostanze da parte delle raffinerie (e la
Sicilia ha una grande capacità, in questo senso, per cui è considerata tra i maggiori
responsabili di tali emissioni. ex. Gela, Melilli, Priolo, Augusta / al nord abbiamo La Spezia e
il Golfo dell’Adriatico in prossimità di Venezia). Allo stesso tempo il contributo nel
Mediterraneo è dato anche, in parte, dalla Libia che raffina il petrolio, dalla parte dei paesi
arabi, la Spagna e la Francia: si hanno immissioni che arrivano sia per via aerea (per cui
immissione nel suolo e nelle acquee del mare) sia per diretto scarico delle industrie. È chiaro
dunque che l’inquinamento inizialmente fu, sì, ritenuto un problema acuto ed a carattere
locale, ma oggi è riconosciuto come un problema cronico e purtroppo di diffusione
planetaria.

Il mercurio ha delle caratteristiche molto particolari:


ex. il mercurio con cui si giocava da bambini quando il termometro si rompeva, non era
assolutamente tossico perché elementare. Lo stesso mercurio, se arriva in mare, può essere
utilizzato a vantaggio di una tipologia di batteri, che si trovano soprattutto nei fondali marini,
che è in grado di usarlo come fonte alimentare alternativa. Gli stessi batteri, come difetto, gli
legano un gruppo metile facendolo diventare metilmercurio. Il metilmercurio è diverso dal
mercurio elementare (o organico, cioè che si combina con i Sali) perché il primo diventa
simile ad un grasso nell’assorbimento, per cui, così come i PCBs e gli idrocarburi policiclici
aromatici, questo metallo, insieme all’arsenico e il piombo, ha questa capacità di trasferirsi
nei pannicoli adiposi degli animali e soprattutto dell’uomo (ecco perché quando mangiamo
mercurio lo assimiliamo e blocchiamo negli organi).

Le sorgenti di emissione del mercurio possono essere suddivise in:


• Naturali: degassamento della crosta terrestre attraverso attività vulcanica; evapora dagli
oceani. (Nel mediterraneo, dunque, oltre ad avere un gran contributo industriale, abbiamo
anche quello naturale)

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• Antropiche: processi di combustione del carbon fossile e dell’olio combustibile; impianti


cloro-soda; produzione di vernici; carta e plastica; produzione di termometri; batterie,
lampade, etc.
• Riemissioni: mobilizzazione di massa nell’atmosfera tramite processi biologici o
geologici, che agiscono su un deposito di mercurio accumulato sulla superficie terrestre.

Emissioni di mercurio in Europa:


Secondo European Pollutant Emission Register nel 2001 in Europa sono state immesse 24
tonnellate di mercurio in aria e oltre 2 tonnellate per via diretta o indiretta. Lo stato che ha
emesso più mercurio in atmosfera è la Germania, mentre l’Italia è stato il paese che ha
scaricato più mercurio direttamente in acqua. Le emissioni di mercucio in acqua proveniente
dalle attività industriali sono per il 98% costituite da scarichi diretti e per il 2% da scarichi
indiretti.
Dunque, il metilmercurio arriva per tante vie (via suolo, tramite scavi, attraverso le
precipitazioni atmosferiche, per vie dirette quindi lavaggio dei suoli dalle piogge arrivando al
mare o nei bacini idrici dove avverrà la metilazione a base di questi invertebrati che lo
modificano in un elemento tossico e assorbibile. In atmosfera, invece, il mercurio elementare
(volatile) si trasforma in ione mercurio (non volatile) attraverso l’attività fotochimica del sole.

La massima intensità del processo di metilazione si verifica nei primi 10 cm di sedimento e


nei primi 2 cm tutto il mercurio è presente in forma metilata. Dunque, se si ingeriscono
moltissimi elementi che sono a contatto con i sedimenti e i fondali, si avrà una maggiore
probabilità di assorbirne una quantità più grande rispetto ad ingerire pesci che tendono a
nutrirsi a metà colonna d’acqua.
I fattori che contribuiscono alla metilazione sono le elevate temperature, i valori bassi di PH
e, soprattutto, la grande concentrazione di elementi nutrienti per i batteri. La
meticobolammina, che è un agente attivo derivato dalla vitamina B12 con -CH3 (gruppo
metile), legato al cobalto, si comporta da donatore del gruppo metile formando un legame
covalente con Hg2+, diventando dimetilmercurio Hg(CH3)2. (non la chiede all’esame)

Quando avviene la biomagnificazione degli animali dal metilmercurio (soprattutto in quegli


animali acquatici), si ha una riduzione della fertilità e della crescita, anormalità
comportamentali, epotapatie (= malattie al fegato) e nefropatie (= malattie al rene): effetti
simili anche in mammiferi (quindi anche umani) e uccelli ittiofagi. Dunque, il metilmercurio è
lipofilo (= si scioglie e segue bene la catena dei grassi), si bioaccumula e dà origine alla
biomagnificazione. Il bioaccumulo cresce lungo i gradini della catena alimentare.
[Sostanze tossiche si possono inalare per via aerea anche a causa di stili di vita non
adeguati (come il fumo della sigaretta che contiene mercurio, benzene, etc.; talvolta si pensa
che fumare lo spinello faccia meglio rispetto alla sigaretta, in realtà non è così soprattutto
per l’uso che se ne fa e per il fatto che molte persone lo fumino senza filtro che, sebbene in
parte, raccoglie parte delle tossicità)].
I pesci lo assimilano assorbendolo dalle branchie e con l’alimentazione (ricordando che le
branchie sono irrorate di sangue per cui il contatto fa sì che la sostanza trapassi la
membrana delle branchie e andando a raggiungere il torrente circolatorio). Il metilmercurio,
quindi, viene distribuito in tutte le parti edule del pesce (predatori, squali, pesci spada, tonno
e uomo ne accumulano maggiori concentrazioni). È impossibile asportare le parti
contaminate prima che venga mangiato perché queste sostanze si distribuiscono in tutti i
tessuti.

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Non ce ne occupiamo perché, in realtà, è collegata all’uso del mercurio una serie di
problematiche legate al corpo umano.
ex. Sindrome di Minamata: la strage ebbe inizio nel 1953 quando la Chisso Company
versava notevoli quantità di mercurio nella baia di Minamata. Il metilmercurio che si
biomagnificava nei pesci provocò numerose vittime tra gli abitanti che si nutrivano di pesce
contaminato. I gatti che vivevano in prossimità della baia manifestarono la cosiddetta
sindrome danzante (= alterazione del comportamento, atassia, incoordinazione dei
movimenti); furono i primi a manifestare i sintomi in quanto in Giappone c’è un’altissima
richiesta di pesce, se ne pesca e produce talmente tanto che inevitabilmente non viene
consumato tutto e questi scarti vengono dati agli animali. Poco tempo dopo tali sintomi
comparvero anche tra gli uomini. Altri casi di avvelenamento (a causa della concentrazione
evidentemente troppo alta) sono stati riscontrati in Iraq o in Agano (cioè dove vi è un
altissimo consumo di fonti combustibili come il petrolio per la sua raffinazione).

Circa il 95% del metilmercurio assunto attraverso l’alimentazione viene assorbito dal tratto
gastrointestinale e quindi, una volta arrivato nel sangue, si concentra nei globuli rossi. Dal
sangue si distribuisce nei vari tessuti (in circa 4 giorni). La concentrazione massima nel
cervello è raggiunta dopo 5-6 giorni.
Essendo il mercurio liposolubile, attraversa la barriera ematoencefalica.
Interferisce col metilmercurio la gravidanza e, soprattutto, con lo sviluppo del cervello perché
è capace con la sua liposolubilità di attraversare la barriera ematoencefalica.
Interferisce anche con la sintesi proteica a causa di mutazioni missenso. L’escrezione
avviene attraverso via biliare e feci (90%) e urine (10%).
Il bersaglio principale del metilmercurio sono il sistema nervoso centrale (cervello, cervelletto
e midollo spinale) e il sistema nervoso periferico (tutti i nervi che dalla colonna vertebrale si
irradiano in tutto il corpo), dove causa morte neuronale a livello corticale e cerebellare. La
sintomatologia clinica è caratterizzata da: parestesia, atassia, debolezza muscolare, perdita
di vista e udito, tremore, coma e morte.
Pertanto, il metilmercurio causa: degenerazione e diminuzione delle cellule di Purkinje e dei
granuli costituenti lo strato granulare della corteccia cerebrale; depolimerizzazione dei
microtubuli; modificazione turnover della dopamina e della norapinefrina (= messaggeri che
servono a fare avvenire lo scambio di informazioni tra gli organi e il cervello);
demielinizzazione fibre nervose. Vi sono anche altri effetti, quali: interferire con i recettori
(diminuzione acetilcolina e acetilcolinesterasi); disfunzione cardiovascolare; effetto
teratogeno; blocco della spermatogenesi. Il danno è focale negli adulti, mentre nei bambini è
generalizzato in quanto sono ancora in crescita e formazione i suoi organi.

Il metilmercurio può costituire un pericolo per le donne in gravidanza, in quanto può arrivare
al feto tramite la placenta e causare seri problemi neurologici (ritardo cognitivo, incapacità di
parlare e di camminare, ritardo nell’apprendimento, ecc..) al cervello in via di sviluppo e per
questo molto sensibile.
Inoltre, questa sostanza tossica può raggiungere il latte materno e arrivare così al bambino
in tenera età.
Per questo motivo, alle donne in gravidanza o in allattamento viene consigliato di non
mangiare le specie più ricche di metilmercurio, come tonno e pesce spada, ma anche il
salmone che ha una grande quantità di grassi e quindi è più soggetto all’assorbimento di
questa sostanza che è lipofila.

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Questa sostanza non rappresenta un pericolo solo se assunta in grande quantità (nei casi in
cui si manifesterebbero subito i sintomi), ma anche se assunta in piccole dosi può causare
danni ingenti.
Il contenuto di queste sostanze tossiche nel pesce non deve portare ad escludere questa
fonte di proteine dalla dieta: è importante mangiare pesce, ma orientando la scelta su pesci
che contengano quantità minori di questa sostanza (pesci predatori hanno una
concentrazione maggiore di questa sostanza).
La legge disciplina che la presenza di mercurio non debba superare 0,5 mg/kg nel pesce
fresco, ad eccezione dei pesci correlati a una maggiore biomagnificazione (accumulo di
sostanze tossiche), come il palombo, l’aguglia, lo scorfano, ecc. per cui è previsto un limite
di 1 mg/kg.

Cadmio

Il cadmio è una sostanza che si viene assunta tramite la dieta e si accumula nell’organismo
umano causando danni ai reni, allo scheletro e all’apparato riproduttore; può causare essere
anche cancerogeno, quindi la legge prevede limiti molto bassi per la presenza di questa
sostanza negli alimenti.
La presenza di cadmio, insieme a quella del piombo, viene controllata e la legge ne
stabilisce i limiti massimi che variano a seconda della tipologia di alimento (nei molluschi e
nei crostacei la concentrazione ammessa è più alta, in quanto questi vengono a contatto coi
fondali marini e quindi sono soggetti a una maggiore contaminazione, per cui è impossibile
che abbiano concentrazioni basse di queste sostanze).

Arsenico

L’arsenico è uno tra i metalli pesanti più pericolosi, essendo potenzialmente letale, per cui è
maggiormente attenzionato costituendo un pericolo per la salute delle persone.
La sua tossicità è legata, tuttavia, alla forma chimica in cui si trova:
● l’acido arsenico interagisce con il metabolismo cellulare alterandolo;
● l’acido arsinico forma legami stabili con i gruppi reattivi degli enzimi della pelle e dei
reni, denaturandoli (per questo motivo è considerato cancerogeno e associato ai
tumori della pelle).
Questa sostanza è presente nei prodotti fitosanitari come pesticidi e insetticidi.
L’arsenico è inodore e insapore e per questo motivo è stato utilizzato anche per i “delitti
perfetti” (come ne “Il nome della rosa”, in cui viene usato come veleno), in quanto a bassi
dosaggi provoca una morte uguale alla morte naturale.
A piccolissime dosi può essere utile al nostro organismo, in quanto pare che serva a
migliorare le attività di alcuni neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale.
L’esposizione all’arsenico avviene tramite il cibo, il contatto col terreno o l’acqua e le
persone più a rischio sono quelle che svolgono lavori all’aria aperta come pescatori o
agricoltori; questi ultimi sono maggiormente a rischio per via dell’uso dei pesticidi con cui
vengono a contatto.
L’arsenico può essere rintracciato soprattutto nei nei pesci che assorbono questa sostanza
dall’acqua in cui vivono, ma anche nel vino in cui viene utilizzato nelle botti per mantenerle in
buone condizioni più a lungo.

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Gli effetti dell’arsenico sulla salute sono: irritazione dello stomaco e degli intestini;
produzione ridotta di globuli rossi e bianchi; cambiamenti della pelle e irritazione dei polmoni;
cancro alla pelle, ai polmoni, al fegato e cancro linfatico.
Un altro possibile effetto dell’esposizione all’arsenico può essere la sterilità, le false
gestazioni nella donna (gravidanza isterica), ma anche bassa resistenza alle infezioni,
disturbi al cuore e danni al cervello.
Inoltre l’arsenico inorganico può danneggiare il DNA.

Cadmio, piombo, mercurio nei funghi

I funghi assorbono in modo naturale delle sostanze potenzialmente tossiche per cui vanno
controllati secondo i regolamenti europei che ne stabiliscono i limiti in termini di sostanze
tossiche contenute.
Per questo motivo è importante consumare funghi che provengano da coltivazioni controllate
e non assumere funghi che potrebbero essere dannosi per la salute (ad esempio funghi
raccolti nei boschi che potrebbero essere velenosi o aver assorbito sostanze tossiche).

Igiene del lavoro

Occuparsi di igiene del lavoro è importante in quanto mantenere la salute dei lavoratori e
prevenire i possibili rischi correlati al lavoro, contribuisce a mantenere il sistema di welfare
nazionale, oltre a migliorare le condizioni di salute delle persone.
Il fine dell’igiene del lavoro è quello di salvaguardare, quindi, la salute fisica e mentale del
lavoratore cercando di eliminare le situazioni di pericolo per la salute del lavoratore.
Garantire la salute dei lavoratori anche a livello psicologico significa anche attenzionare
fenomeni come il mobbing che possono arrecare gravi danni alla salute di un lavoratore.
I possibili pericoli per il lavoratore possono essere costituiti da vari fattori come le
caratteristiche dell’immobile in cui svolge il lavoro, le condizioni fisiche dell’ambiente di
lavoro (microclima), gli agenti inquinanti, l’età e lo stato di salute iniziale del lavoratore,
l’organizzazione del lavoro.
La malattia e l’infortunio derivano da negligenza e trascuratezza nei miglioramenti da
apportare agli ambienti di lavoro.
Il datore di lavoro è tenuto a mantenere buone condizioni dell’ambiente di lavoro, ma deve
anche controllare che i lavoratori svolgano il proprio lavoro in sicurezza.
Una prima causa di rischio è costituita dalla fatica che oltre a gravare sull’apparato muscolo
scheletrico, fa aumentare il rischio di infortunarsi.
Lo stress psicologico può causare problemi di diversa natura (nell’attualità si sente spesso
parlare delle aziende di vendite online i cui dipendenti sono tenuti a lavorare molto
velocemente nei magazzini di smistamento della merce e per questo motivo sono sottoposti
a stress psicologico).
Anche l’ambiente può essere causa di incidenti e per questo motivo la sua gestione è molto
importante: bisogna controllare le temperature, l’umidità, il microclima, il tipo di illuminazione,
il rumore, i fattori chimici, la presenza di elementi radioattivi ionizzanti, ma anche i fattori
biologici (allergeni o microorganismi che possono causare infezioni).
Per prevenire il rischio chimico si ricorre all’etichettamento delle sostanze chimiche
potenzialmente dannose per mettere in guardia il lavoratore sui possibili pericoli
(infiammabile, irritante, pericolo di inquinamento, corrosione, ecc..).

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Per prevenire i rischi chimici gli operatori spesso, prima ancora di essere assunti, devono
seguire dei corsi di formazione per essere preparati su come utilizzare in sicurezza le
sostanze chimiche.
I rischi meccanici sono rappresentati dalle cadute dall’alto, le compressioni, le punture, le
abrasioni, gli scivolamenti, le vibrazioni, ecc..
Un’altra categoria di rischio è quello termico che riguarda le ustioni (sia da caldo che da
freddo).
Anche il rumore costituisce un rischio fisico che viene spesso sottovalutato e considerato
come semplice fonte di distrazione, ma in realtà è legato anche all’insorgenza di patologie
croniche.
Il rischio biologico riguarda tutti i microrganismi come virus, batteri, funghi, parassiti, ecc…
con cui il lavoratore può venire a contatto nello svolgimento del lavoro.
Gli agenti biologici sono distinti in quattro gruppi, in base alla loro pericolosità.
(chi produce i vaccini spesso ha a che fare direttamente coi patogeni).
Altri possibili rischi sono legati ad esempio al lavoro da videoterminale (pc), per cui non si
dovrebbe lavorare davanti a uno schermo per più di 4 ore consecutive.

Il rumore

Nella medicina del lavoro è importante affrontare anche i rischi legati al rumore che spesso
viene sottovalutato e non considerato come dannoso per la salute.
Il rumore può creare disturbi con sintomi clinici, anche se non sempre questi vengono
riconosciuti prontamente e collegati al rumore.
Si pensa che il rumore possa causare danni solo all’udito, ma esso può alterare il battito
cardiaco, la respirazione, la fertilità, la pressione del sangue.
Inoltre il rumore, sotto forma di inquinamento acustico, rappresenta uno dei rischi ambientali
più sottostimati.
Al rumore sono correlate tematiche come l’inquinamento dell’aria, l’ipertensione (soprattutto
nei soggetti che hanno una storia familiare in cui sono presenti soggetti con determinate
patologie come problemi cardiovascolari), lo stato di salute, la posizione della camera da
letto, la sensibilità al rumore, la lunghezza di esposizione al rumore (essere esposti per poco
tempo a un rumore intenso non è rischioso come essere esposti a rumore ogni giorno per
diverse ore durante le attività lavorative), l’educazione (una diversa educazione può giocare
un ruolo fondamentale nell'individuare se un rumore dannoso per la salute), l’età, la
depressione (la presenza di rumore costante può influire sulla serenità delle persone
portando a sviluppare disturbi depressivi).
Il rumore è quindi considerato un tema importante anche a livello architettonico e
ingegneristico, infatti in questi campi si è lavorato per sviluppare adeguate insonorizzazioni
degli ambienti di vita o di lavoro.
Tra i possibili effetti sulla salute, legati all’esposizione al rumore troviamo:
● stress psicologico;
● danni all’apparato cardiovascolare;
● riduzione dell’attenzione (aumentano gli incidenti);
● danni a livello emotivo (ansia, aggressività, attacchi di panico, stanchezza,
cambiamenti di umore).
Per valutare il rischio delle persone esposte al rumore bisogna misurare i decibel a cui
queste sono esposte e il tempo dell’esposizione.
Cos’è il rumore?

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Per suono, intendiamo una variazione di pressione dell’aria rispetto alla pressione
atmosferica prodotta dalle vibrazioni dei corpi e rilevata dai timpani che le trasmettono al
cervello, il quale a sua volta le trasforma in sensazioni uditive.
Gli organi di senso rappresentano un prolungamento del cervello, infatti già a livello
embrionale si sviluppano come “foglietti” che poi svilupperanno i vari organi di senso.
L’orecchio si divide in esterno, medio e interno.
L’area esterna è costituita dal padiglione auricolare che intercetta le pressioni dell’aria e le
veicola verso il canale uditivo; il condotto esterno funge da imbuto per portare le vibrazioni al
timpano che si trova nell’orecchio medio che contiene anche i tre ossicini (martello, incudine
e staffa) che a contatto col timpano si muovono e trasmettono il movimento alla membrana
che è elastica, quindi l’energia pressoria viene trasformata in energia meccanica;
nell'orecchio interno troviamo la coclea,una sorta di “chiocciola” al cui interno si trovano delle
cellule ciliate le cui ciglia sono rivolte verso l'interno e si muovono in base al movimento del
liquido che è contenuto nella coclea; lo spostamento delle ciglia della coclea provoca una
scarica elettrica che viene trasmessa al nervo acustico e tramite quest’ultimo al cervello,
quindi l’energia meccanica diventa energia elettrica.
Questo meccanismo è tanto complesso quanto delicato, per cui l’esposizione al rumore
rappresenta un pericolo piuttosto grave.
Le tecnologie a nostra disposizione oggi ci permettono di correggere eventuali problemi
(impianti cocleari elettronici nei bambini nati sordi che permettono il recupero dell’udito;
ricostruzione degli ossicini in caso di danneggiamento).
Gli eventuali danni all’udito possono essere monolaterali se interessano un solo orecchio,
bilaterali se riguardano entrambe le orecchie.
Nell’aria il suono si sposta di 340 metri al secondo, quindi ha una bassa conduzione; in
acqua invece il suono si propaga di 1500 metri al secondo (per questo si utilizzano i sonar,
ovvero dispositivi che sfruttano la propagazione del suono in acqua per segnalare la
presenza di navi, sottomarini, ecc..).
La velocità di propagazione aumenta ancora di più nei solidi (5000 metri/secondo), perché,
essendo più densi dell’aria, le molecole che li compongono sono più vicine e quindi
trasmettono più velocemente la vibrazione.
La pressione atmosferica collegata alla capacità di udito si misura in Pascal, anche se
questa unità di misura è poco conosciuta, mentre la misura più conosciuta è il decibel.
La sensazione uditiva che ci consente di orientarsi e capire cosa avviene intorno a noi è
definita suono, ma è ben diversa dal rumore che invece ha un’accezione negativa, in
quanto rappresenta una sensazione uditiva che non ci dà informazioni, ma piuttosto ci
arreca disturbo (es: a scuola si attendeva il suono della campana tra una lezione e l’altra,
che seppur di molti decibel, per essere sentita in tutta la scuola, non è considerata rumore
ma suono, in quanto dà l’informazione di fine delle lezioni; il martello pneumatico che rompe
l’asfalto non dà alcuna informazione, ma arreca disturbo, pertanto è considerato rumore).
Un’altra caratteristica del rumore è che generalmente è un suono poco equilibrato o
ripetitivo.
Nella valutazione della pericolosità del rumore si è visto che tra 0 e 10 decibel il rischio è
praticamente inesistente (ma si tratta praticamente del silenzio assoluto); tra 10 e 30 decibel
(rumore percepito in una biblioteca) si possono alterare le condizioni uditive di un soggetto;
tra 40 e 65 decibel c’è un impatto intermedio; tra 70 e 100 decibel l’impatto può essere grave
e le lesioni all’orecchio possono essere anche immediate.
Il rumore rappresenta quindi un pericolo per cui è necessario fare azioni di prevenzione dei
rischi legati all’intensità e al tempo di esposizione al rumore.

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Una prima misura preventiva riguarda innanzitutto lo screening neonatale, per intercettare
sin dalla tenera età eventuali problemi di udito; anche in Sicilia negli ultimi 3 anni si sta
procedendo a controllare l’udito dei neonati (mentre prima si aspettavano i 3-4 anni quando
si manifestavano i problemi legati all’udito nella difficoltà dei bambini sordi nel parlare).
L’individuazione di sordità o ipoacusia già nella fase neonatale permette di intervenire
tempestivamente e permettere ai bambini con problemi di udito un recupero dell’udito e uno
sviluppo sociale e psicologico ottimale.
L’esposizione al rumore può essere diretta (questa può causare la perdita dell’udito), o
indiretta (può causare disturbi del sonno, disturbi della comunicazione, disturbi legati allo
stress).
Una possibile conseguenza dello stress da rumore può essere un’alterazione del
funzionamento delle ghiandole endocrine (tiroide, ipofisi, surrene, ecc), in quanto il rumore
altera il segnale nervoso che regola il funzionamento di queste ghiandole; il
malfunzionamento di queste ghiandole può, a sua volta, causare un aumento della
pressione sanguigna, aumento dei lipidi nel sangue e aumento della viscosità del sangue
con conseguente trombosi.
Questi malfunzionamenti possono portare a lungo andare a infarto, ictus o alterazioni del
metabolismo del glucosio con conseguente diabete.
Questi disturbi spesso iniziano senza sintomi, quindi ci si rende conto di averle solo quando
sono già gravi le conseguenze.
La protezione dal rumore è anche legata alla posizione sociale, in quanto non tutti possono
permettersi di vivere in una zona più silenziosa o dove le case sono circondate dal verde
che attenua i rumori.
Prevenire i danni da rumore riguarda anche le raccomandazioni a non ascoltare musica in
cuffia ad alto volume, come anche evitare di suonare il clacson se non è strettamente
necessario.
L’esposizione al rumore riguarda anche i bambini in età scolare che possono sviluppare
disturbi dell’apprendimento a causa del rumore (i bambini che vivono in città hanno
un'attenzione più bassa e un apprendimento più lento rispetto ai bambini che vivono in
periferia.)

Patologie uditive

I danni all’udito possono essere diversi, in base alla loro origine.


Ci possono essere danni costituzionali dovuti ad esempio a malformazioni neonatali
(mancanza di ossicini, rigidità di questi ultimi, timpano non formato, ecc..).
Altri danni possono essere correlati a farmaci ototossici, ovvero farmaci che intaccano
l’udito perché alterano la capacità vibratoria e meccanica dell’orecchio (causano perdita
delle ciglia nel tappeto ciliato della coclea); l’effetto di questi farmaci è normalmente
transitorio, ma può diventare definitivo se si continua ad usarli.

Ci può essere anche una lesione morfo-funzionale che possa portare all'ipoacusia, diversa
dalla sordità. Nel primo caso ci troviamo di fronte a un abbassamento della capacità uditiva
(si sente di meno o si sentono solo particolari timbri più acuti o più gravi e altri no), mentre
nel secondo caso riguarda la completa perdita della capacità uditiva.
Quando al fisiologico processo di invecchiamento dell’organo dell’udito (presbiacusia) si
sovrappone l’esposizione a elevati livelli di rumore dovuti al traffico veicolare, a particolari
mansioni professionali, all’alto volume, si manifesta un ulteriore decadimento della funzione

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uditiva definito socioacusia. Quest’ultimo decadimento è però più raro oggigiorno, addirittura
esiste un corso di laurea in audioprotesi che serve a formare persone specializzate per
creare o fornire al soggetto presbiacutico o sordo dei sistemi tecnologici che lo aiutino,
anche con ottimi risultati, a recuperare la capacità uditiva e a ritornare a vivere in società.
La perdita delle cellule uditive è irreversibile ma cessa con la rimozione dello stimolo che l’ha
provocata, se questa non è ancora cronicizzata. L’insorgenza dell’ipocusia non è però
rapida, infatti questo evento viene sempre preceduto dalla cosiddetta “fatica uditiva”. Oggi la
patogenesi dell’ipocusia può essere dovuta all’esposizione ad un rumore piuttosto elevato
ma non tanto da determinare lesioni timpaniche.
Mentre, invece, il rumore estremamente intenso (ex. colpi violenti o le turbine degli aerei)
possono condurre alla perdita uditiva dovuta alla rottura della membrana o alla grave
riduzione della vibratilità delle cellule dell’organo.

Effetti uditivi (all'interno dell'orecchio):


Gli effetti uditivi hanno uno scemare di salute verso una condizione patologica, per cui ci
troviamo dinanzi:
• 1° fase – sensazione di “orecchio pieno”, senso di stordimento: Di solito per esposizione a
rumore di lieve durata e di non elevata intensità manifestandosi solitamente con acufeni
(ronzii e fischi auricolari). All’esame audiometrico si può evidenziare in questa fase un deficit
uditivo temporaneo lieve e solo ad alcune frequenze. L’allontanamento dall’esposizione
permette solitamente un rapido recupero della normale soglia uditiva. È possibile il riscontro
all’esame audiometrico, anche in fase iniziale, di un deficit uditivo irreversibile lieve solo ad
alcune frequenze che può o meno essere accompagnato dalla sintomatologia sopra
descritta.
• 2° fase – deficit uditivo irreversibile pur in assenza di sintomi: si può verificare sia nei primi
mesi di esposizione a rumore sia dopo anni, in funzione dell’intensità del rumore, del tempo
di esposizione e della sensibilità individuale.
• 3° fase – deficit uditivo conclamato: si può verificare dopo anni dall’inizio della fase
precedente; il soggetto, cosciente del proprio disturbo, comincia ad avere difficoltà nella
percezione della voce bisbigliata e necessità di aumentare il volume per ascoltare la radio e
la tv. All’esame audiometrico si può evidenziare un deficit uditivo grave che riguarda un
maggior numero di frequenze.
• 4° fase – deficit uditivo generalizzato: caratterizzato dalla grave compromissione degli
scambi verbali; all’esame audiometrico si può evidenziare un deficit uditivo generalizzato su
tutte le frequenze.

Stima danno patologie uditive:


L’esposizione al rumore ha un effetto cumulativo e il danno uditivo è influenzato dall’intensità
del suono, dal pattern temporale, dal pattern spettrale, dalla durata dell’esposizione e dalla
suscettibilità individuale.
L’ipocusia da rumore è di tipo percettivo, è dovuta principalmente a interessamento della
cloclea a seguito di stimoli prolungati nel tempo ed è generalmente bilaterale e simmetrica
(= entrambe le orecchie). La sordità si manifesta dapprima con difficoltà a percepire le alte
frequenze (4000 Hz); il deficit uditivo si estende progressivamente alle frequenze più basse,
fino ad interessare quelle del parlato (100-1000Hz).

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In alcuni casi, nei soggetti in acuto ad elevati livelli di rumore, si può manifestare anche un
danno di tipo transitivo, caratterizzato da un deficit uditivo per le basse frequenze e
prevalentemente unilaterale.

L’essere umano appartiene alla specie animale, infatti, egli è partito da una capacità di
muoversi nello spazio e di avere le sensazioni uditive, visive ed olfattive in modo da
percepire in anticipo il pericolo e allontanarsi nel tempo per poi evolversi, sebbene vi sia
rimasto il sistema di risposta atavico subliminale (= proteggersi e fuggire, scaricando
adrenalina). Pertanto, in casi di esposizione a rumori che possano causare un danno alla
salute, avviene automaticamente (non voluta dal soggetto) una risposta biologica, detta
anche sindrome generale di adattamento. Questa si compone di tre fasi:
1) Fase di allarme: durante la quale si mobilitano le energie (ex. risveglio improvviso nella
notte per un allarme che suona. Per fare ciò, è stato necessario l’utilizzo di glucosio per dare
la spinta energetica al corpo e permettergli di svegliarsi di soprassalto).
2) Fase di resistenza: quando l’organismo tenta di adattarsi alla situazione e gli indici
fisiologici tendono a normalizzarsi anche se lo sforzo per raggiungere l’equilibrio è intenso
(ex. l’allarme continua a suonare, si percepisce che è un allarme partito accidentalmente e
che prima o poi finirà. Si cerca di riaddormentarsi, ma per fare ciò, bisogna adattarsi al
rumore di fondo: ecco perché gli abitanti delle grandi città che vivono in una via molto
trafficata, sono abituati e riescono a dormire nonostante i rumori continui; una persona che
invece non ha mai abitato in un centro urbano, ha delle difficoltà enormi ad addormentarsi
quando si trova in contesti simili).
Compaiono i “disturbi dell’adattamento” i cui sintomi più comuni sono disturbi del sonno,
disturbi dell’attenzione, attacchi di panico e ansia, depressione, stanchezza, mal di testa,
disturbi gastrointestinali (perché lo stomaco è una ghiandola che secerne acido cloridrico, e
nel momento in cui si avvertono allarmi, la ghiandola tende a lavorare anche quando non ve
ne è bisogno), aumentata intolleranza, disturbi sessuali (perché sia il testicolo che l’ovaio
sono fortemente collegati al cervello, per cui se l’impulso elettrico cerebrale non è adeguato
o fuori dalla normale attività della gonade, si hanno dei disturbi), disturbi del comportamento
con aumento delle abitudini al fumo, alcol, droghe, psicofarmaci, disturbi alimentari, reazioni
auto e eteroaggressive.
3) Fase di esaurimento: se la condizione stressante continua, oppure risulta troppo
intensa, si entra in una fase di esaurimento in cui l’organismo non riesce più a difendersi e la
naturale capacità di adattarsi viene a mancare.
È in atto una stretta collaborazione tra la Commissione Europea e gli organi ad essa
afferenti (l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita), l’AEA (Agenzia Epidemiologia) e gli
Stati Membri dell’UE per incrementare la direttiva europea attualmente vigente in termini di
inquinamento acustico). ex. oggi non si può più pensare di costruire un ospedale presso il
centro urbano (motivo per cui a Catania l’ospedale nuovo è stato dislocato al di fuori del
centro urbano. Effettivamente si è coscienti del fatto che l’essere umano, particolarmente
fragile, in un ambiente rumoroso si innescano dei sistemi che non aiutano la sua cura,
piuttosto la ritardano o addirittura possono arrecare danni al soggetto).

Effetti extra-uditivi (al di fuori dell’orecchio):


• A carico dell’apparato cardiovascolare: aumento della pressione arteriosa, aumento
della frequenza e conseguente diminuzione della gittata cardiaca, alterazioni del tracciato
elettrocardiografico;

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• A carico del sistema endocrino: aumentata attività della tiroide, ipofisi (importanza
strategica per quanto riguarda la fertilità) e surrene (comporta complicanze per la gestione di
altri organi);
• A carico dell’apparato riproduttivo: riduzione della libido e della fertilità e possibile
influenza sullo sviluppo fetale;
• A carico dell’apparato respiratorio: aumento della frequenza respiratoria e della
profondità degli atti respiratori;
• A carico del sistema immunitario: riduzione dei linfociti etc.;
• A carico dell’apparato gastro-intestinale: aumento della secrezione salivare e gastrica
con conseguente aumento dell’insorgenza di ulcere peptiche e duodenali, alterazione della
motilità gastrica, etc.;
• A livello psicologico: depressione, ansia, aumento dell’aggressività, disturbi del sonno,
senso di fastidio (annoyance), stress e modificazioni in senso peggiorativo delle capacità
cognitive;
• A carico del Sistema Nervoso Centrale: aumento dell’eccitabilità, mal di testa, fatica
mentale, etc.

Patologie extrauditive:
Viene aumentata la produzione di ormoni, soprattutto adrenalina e noradrenalina che
aumentano nelle popolazioni lavoratrici esposti ad alti livelli di rumore e che alterano sia la
capacità di respingere e di supportare bene dal punto di vista metabolico il lavoro stesso, sia
di essere più suscettibili.
Gli effetti psicologici del rumore sono strettamente connessi alle modificazioni
neuroendocrine e ne costituiscono una delle conseguenze più evidenti. Gli effetti psichici,
invece, consistono prevalentemente in modificazioni del comportamento nel senso
dell’aggressività, dell’ansia e, meno frequentemente, della depressione.
Chi soffre di queste patologie, ne soffre, in particolar modo, in estate in quanto con le alte
temperature aumenta la sintomatologia (aumenta la vivibilità negli spazi aperti, perciò
aumenta il rumore urbano).
I problemi cardiovascolari sono collegati al rumore ambientale. Si è visto, da uno studio
tenutosi in Austria, che sono tre i fattori che aumentano la probabilità di avere l’ipertensione,
vale a dire l’età (all’aumentare dell’età aumenta il rischio, in genere dai 55 anni in poi fino al
massimo registrato ai 70 anni), la storia familiare (se in famiglia ci sono stati più casi di
ipertensione, è ovvio che il soggetto in questione sia particolarmente suscettibile) ed, infine,
lo stato di salute (se si parte da uno stato di salute già compromesso, è ancora più facile che
l’ipertensione possa manifestarsi). Questo studio ha valutato i vari disturbi in una
popolazione abbastanza numerosa che si trova nel Sudtirol (città austriaca al confine con lo
Stato italiano) dove passa una linea ferroviaria per scambio di merci (per lo più nelle ore
notturne) parte traduzione giulia
Un altro studio, in Olanda, ha messo invece in evidenza come il rumore possa disturbare il
sonno, non solo dalle persone che dormono, ma anche in quelle che vanno da un sonno
profondo a un sonno leggero. Dormire in un ambiente rumoroso non ha lo stesso effetto
rispetto al dormire in un ambiente silenzioso. Le evidenze suggeriscono, poi, che il traffico
aereo influisce meno sui disturbi del sonno rispetto alla continuità del traffico urbano.
Quest’ultimo è infatti più problematico e meno prevedibile, perciò meno gestibile.
Per quanto riguarda invece il feto che si porta in grembo, possiamo dire che la gravidanza
trascorsa in un ambiente molto rumoroso dà problemi come l’ipocusia fetale (grave
soprattutto per il bambino che è in via di sviluppo).

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Se si è in interazione sia con l’air pollution che con il rumore, i sintomi vengono amplificati.
L’inquinamento legato al rumore è una grande problematica emergente che sta
sensibilizzando l’Europa. Molti studi scientifici dimostrano come l’esposizione simultanea al
rumore e all’inquinamento atmosferico amplifichino i danni alla salute dell’uomo. In questo
caso, quindi, il fatto di vivere in centro urbano ci espone maggiormente ai rischi essendo
coinvolti nel sistema dell’inquinamento atmosferico e acustico.

Lezione 14/04/2021

Vaccinazioni:
Molti genitori non vaccino i propri figli a seguito di una serie di fake news circa le
complicazioni che “sarebbero avvenute” in seguito.

Cos’è un vaccino?
È un prodotto costituito da una piccolissima quantità di microrganismi (virus e batteri) uccisi
o attenuati o da una parte di essi, progettato in modo da stimolare nel corpo la naturale
reazione immunitaria. Fa sviluppare una specifica resistenza alle Infezioni.

Prevenzione immunitaria:
La prevenzione immunitaria si dice attiva nel caso del vaccino-profilassi, passiva nel caso di
sieroprofilassi (passiva perché il sistema immunitario del soggetto vaccinato non si attiva,
piuttosto vive di quello che già sta dando come protezione l’anticorpo inoculato). I sieri, a
loro volta, possono essere eterologhi (= vengono da animali e successivamente inoculati
nell’uomo) o omologhi (= se le immunoglobuline sono di origine umana).
Vi è anche la chemioprofilassi vale a dire la somministrazione di farmaci a scopo preventivo
(ex. la malaria: l’unica forma di profilassi che può utilizzare un uomo che deve partire e che
abbia il rischio di contrarre tale malattia; egli dovrà, in questo caso, continuare a prendere i
farmaci prescritti per tutta la durata del viaggio in modo da rendere non idoneo il torrente
sanguigno del paziente rispetto al plasmodio).

Requisiti dei vaccini:


Vi sono delle caratteristiche per essere messo in vendita un determinato tipo di vaccino.
Sicuramente, l’efficacia (ex. un vaccino che protegge solo una piccola parte della
popolazione non è efficace), la durata della protezione (tanto più è lunga la sua durata, tanto
più è valido il vaccino), l’innocuità (quando si fa il vaccino, una persona sana deve rimanere
sana), la praticità di impiego (tanto più è facile l’uso dei vaccini, tanto più le persone
percepiranno un’attrazione maggiore nei confronti di questi).

Controindicazioni:
Nonostante tutto, esistono delle controindicazioni temporanee di ordine generale valide per
tutti i vaccini, quali la malattia acuta febbrile (> 38°C) e le turbe generali giudicate
clinicamente importanti (ex. bambini immunocompromessi, soggetti che hanno avuto un
trapianto d’organo non possono essere vaccinati finché le loro condizioni non saranno
migliorate).
Vi sono anche delle controindicazioni relative a situazioni particolari come: gli stati di
immunodepressione primitiva (immunodeficienze congenite), secondaria a patologie (HIV,
leucemie, linfomi, tumori), e in seguito a trattamenti farmacologici; l’allergia a costituenti di

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vaccini con possibili reazioni locali o sistematiche da componenti del vaccino (antigeni
proteici), antibiotici aggiunti o residuati dalle culture cellulari e conservanti o stabilizzanti (che
non hanno il mercurio a differenza di ciò che dicono alcuni del movimento Novax).

Le false controindicazioni alle vaccinazioni:


Sono tutte quelle controindicazioni impropriamente ritenute valide motivazioni per rifiutare
l’offerta vaccinale. Esempi di false controindicazioni:
- si pensa che se una donna è nel periodo dell’allattamento non possa essere vaccinata. Ciò
non è vero in quanto non può trasmettere nessuna malattia al bambino e, anzi, se vi è una
risposta immunitaria può, attraverso il latte, trasmettergli l’anticorpo e ampliare la sua
protezione dalle infezioni fin quando lo allatta.
- febbre o reazioni locali lievi dopo la prima dose di vaccino. In realtà la febbre è la
dimostrazione che sta avvenendo correttamente l’immunizzazione dal momento che si
innesca quando un qualcosa estraneo invade il corpo. Anche in questo caso, soprattutto per
i bambini che vengono addirittura osservati circa per 20 min dopo aver somministrato il
vaccino per valutare se possano esserci delle controindicazioni gravi (ex. allergie) e,
superata questa fase, viene data ai genitori una serie di indicazioni per assistere
correttamente al figlio (ex. generalmente consigliate delle semplici pomate all’arnica, quindi
naturali, che hanno un effetto antiprurito per la punta dove è avvenuta l’inoculazione)
- convalescenza dopo la malattia
- convulsioni febbrili: si manifestano delle convulsioni in bambini dai 6 mesi ai 5 anni, nel
caso in cui la febbre sia particolarmente alta, comportando problemi al sistema
cardiovascolare e polmonare. Nel momento in cui i bambini assumono l’infezione
esantematica, o la poliomielite, scatenano febbri anche superiori al 41°C mettendo a grave
rischio la loro salute e, di conseguenza, piuttosto il vaccino dovrebbe ulteriormente
proteggerli.
- diabete tipo 1 e 2: vanno assolutamente vaccinati perché determinate malattie comportano
ancora più danni a soggetti portatori di diabete aggravando il loro quadro patologico.
- terapia antibiotica in corso.
- sindrome di Down: nel loro quadro clinico malformativo è inserito il fatto che abbiano una
scarsa performance cardiaca, per cui generalmente questi ragazzi vanno anche operati al
cuore e possiedono altrettanti problemi respiratori. Ecco perché è necessario che si
vaccinino.
- patologie croniche o malattia acuta lieve con o senza febbre
- malnutrizione, e così via…

Alcuni tipi di vaccino disponibili in commercio:


• vaccini costituiti da microrganismi viventi e attenuati (antimorbillo, antipolio tipo Sabin)
• vaccini costituiti da microrganismi inattivi (anticolerico, antipolio tipo Salk)
• vaccini costituiti da componenti antigenici purificati (antinfluenzale)
• vaccini costituiti da anatossine (antidifterico, antitetanico)
La difterite e la tetanica non sono delle infezioni ma delle intossicazioni quindi vengono
utilizzate le anatossine (la tossina purificata) per farla riconoscere come elemento esterno
problematico al sistema immunitario e perciò richiedono un anticorpo specifico per bloccare
l’organismo che produce questa tossina. Come già valutato in precedenza, le donne gravide
possono effettuare il vaccino, a eccezione di quello per le malattie esantematiche. Ciò
avviene perché queste ultime, a differenze delle altre malattie, necessitano di un vaccino
fatto di un organismo vivo ma solo depotenziato rispetto a quello naturale o selvatico. Per

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tale motivo, per la futura madre si consiglia una serie di escamotage per poter prevenire tali
malattie (ex. le si consiglia di non frequentare luoghi affollati e con bambini piccoli (in quanto
serbatoio di tali malattie) e utilizzando la sieroprofilassi che la mantenga protetta dal
prenderle grazie all’inoculazione diretta degli anticorpi; una volta partorito, la donna potrà
fare il vaccino che diventa molto più duraturo nel tempo.
Lo stesso problema, si pone per la poliomielite. Le due formulazioni dell’antipolio (tipo Sabin
o Salk) sono differenti, in quanto il primo è fatto di microrganismi vivi attenuati e il secondo di
microrganismi morti (perciò molto più debole rispetto al Sabin). La poliomielite è devastante
per la salute in quanto lascia delle gravi disabilità, sebbene sia altalenante con i casi di
incidenza: in Italia siamo riusciti a eliminare completamente tale malattia, non è avvenuto lo
stesso in altri Stati in cui sono presenti ancora dei focolai in cui questa riaffiora; ciò è stato
possibile grazie al fatto che nel nostro Paese è stato utilizzato l’antipolio Salk (questo però
produce in alcuni soggetti meno suscettibili ad avere una reazione immunitaria forte, a non
produrre completamente l’efficacia del vaccino, pertanto sarà necessario un continuo
monitoraggio per quanto riguarda la preminenza di questa malattia a livello mondiale). Per
quei Paesi in cui invece sono ancora presenti i focolai, sarà più opportuno sospendere la
vaccinazione di massa con il tipo Salk per ripassare al tipo Sabin. Perché allora non si usa
direttamente il tipo Sabin? Perché 1 caso su 10000000 contrae la malattia (?).

Con le vaccinazioni vengono evitati nel mondo, ogni anno, non meno di tre milioni di decessi
nei bambini di età inferiore a 5 anni, ed almeno 400000 casi di polio paralitica, malattia di cui
è prossima la totale eliminazione in tutto il mondo, al pari di quanto già avvenuto per il
vaiolo. Questi traguardi sono stati raggiunti grazie al “Programma Esteso di Immunizzazione
(EPI), promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a cui anche l’Italia ha
aderito.
In Italia sono raccomandabili nell’infanzia vaccinazioni per prevenire le seguenti malattie:
morbillo, parotite e rosolia (MMR), infezioni da Haemophilus inluenzae b (Hib), pertosse
(DTP).
Con l’approvazione, da parte della Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato, Regioni
e provincie Autonome di Trento e Bolzano, del Piano Nazionale per l’eliminazione del
morbillo e della rosolia congenita (13 novembre 2003), l’Italia si è impegnata per realizzare
finalmente, attraverso la vaccinazione MPR, un efficace controllo del morbillo, ancora
presente in forma epidemica nel nostro Paese, in vista dell’obiettivo dell’eliminazione della
malattia entro il 2008 dall’intera Regione Europea.
Le vaccinazioni antidifterica-tetanica (DT), antipolio (OPV-IPV) antiepatite B (HB) sono
obbligatorie per legge nel nostro Paese.

Tutte le vaccinazioni iniziano dal terzo mese del bambino in poi perché è da qui fino al
15esimo mese che molte patologie hanno molta più probabilità di esplicarsi.
Nei bambini nati da madri positive per HB5Ag da somministrare entro 12-24 ore,
contemporaneamente alle immunoglobuline specifiche antiepatite B; il ciclo va completato
da una seconda dose a distanza di 4 settimane dalla prima, da una terza dose dopo il
compimento della ottava settimana e da una quarta dose in un periodo compreso tra
l’undicesimo ed il dodicesimo mese di vita. Qualora non sia stato possibile somministrare
una dose di vaccino MPR entro i 24 mesi di vita, è necessario utilizzare ogni seduta
vaccinale successiva per il recupero dei soggetti non vaccinati.
L’offerta attiva della seconda dose di routine della vaccinazione antimorbillo-paraotite-rosolia
è epidemiologicamente importante soltanto dopo il raggiungimento di coperture vaccinali

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apro o superiori all’80% della popolazione bersaglio (bambini di età inferiore a 24 mesi di
vita).

Obiettivi del calendario vaccinale

Il calendario di vaccinazioni di uno stato varia in base ai risultati di indagini epidemiologiche,


ad esempio in Italia di recente sono stati implementati i vaccini antipneumococco,
antimeningococco, antivaricella e il vaccino contro L'HPV (Papilloma virus).
Il calendario vaccinale deve tener conto di alcuni fattori:
● epidemiologici
○ la vaccinazione deve avvenire prima che una certa popolazione venga a
contatto col patogeno (per questo alcuni vaccini vanno fatti ai bambini piccoli
e non oltre una certa età);
○ l'efficacia protettiva del vaccino dev'essere provata;
○ la copertura vaccinale deve essere tale da raggiungere l'obiettivo prefissato
(almeno il 95%);
○ l'immunizzazione deve ridurre la circolazione del patogeno;
● immunologici
○ maturità del sistema immunitario (per questo si attende il 3° mese di vita);
○ interferenza con altri anticorpi (si aspetta fino al 3° mese anche perché fino a
quel momento il bambino ha ancora gli anticorpi materni);
○ bisogna fare un certo numero di dosi rispettando i dovuti intervalli affinché il
soggetto sia effettivamente coperto;
○ la vaccinazione deve essere anche pratica per cui si deve valutare la
compatibilità di vaccini contro patogeni diversi per poterli combinare e
somministrare in una sola volta (vaccini trivalenti, esavalenti, ecc..).
(Il fatto di unire più vaccini in uno può far credere che si stia iniettando al bambino una
bomba di virus, ma così non è, in quanto non vengono iniettato direttamente i virus, ma solo
i segnali che servono a produrre la risposta immunitaria, infatti gli MPR che contengono i
virus vivi attenuati non possono essere iniettati insieme ad altri vaccini, ma vanno fatti a
distanza di mesi dagli altri.)

Vaccinazioni e gravidanza

Prima di procedere a una vaccinazione è necessario accertarsi che il soggetto non sia una
donna in stato di gravidanza, in quel caso è sconsigliabile fare vaccini che contengano
microrganismi vivi attenuati; è consigliabile fare l'antitetanica (se non ha fatto il vaccino
contro il tetano) tra il quarto e l'ottavo mese di gestazione.
Durante la gravidanza bisogna porre l'attenzione su teratogenesi ed embriofetopatia,
ovvero malformazioni dovute non a cause genetiche ma a cause esterne.
Queste malformazioni possono avvenire a livello embrionale (tra la quinta e la decima
settimana), durante l'organogenesi o anche in momenti successivi.
Le anomalie malformative possono essere di tipo anatomico, funzionale o anatomo-
funzionale (ovvero anomalie anatomiche che hanno ripercussioni anche funzionali, come nel
caso di malformazioni cardiache).
Le cause possono essere biologiche (virus, batteri, funghi, protozoi, parassiti), chimiche o
fisiche (sostanze tossiche o radiazioni assunte durante la gravidanza), metaboliche
nutrizionali (nel caso in cui la madre abbia già delle condizioni patologiche esistenti).

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Le alterazioni di tipo biologico sono quelle più conosciute a livello clinico e fisiopatologico, in
quanto è risaputo che i virus causano malformazioni, ritardo cognitivo e in casi gravi anche
aborto.
I virus più pericolosi, come già detto, sono quelli del complesso TORCH (Toxoplasmosi,
others, Rosolia, citomegalovirus, herpes).
Tra i virus compresi nel complesso TORCH (others) uno da menzionare è lo zika, presente
in Sud America e negli stati a sud degli USA in cui è presente un flebotomo (zanzare) che è
vettore di questo virus che causa anencefalia se contratto da una donna in stato di
gravidanza (l’epidemia di zika è stata nota proprio per l’incidenza di bambini nati con questo
tipo di malformazione).
Altri patogeni dannosi durante la gravidanza sono il morbillo, la tubercolosi, la salmonella, lo
stafilococco e la listeria (batterio che vive bene a basse temperature, al contrario di molti che
grazie alla refrigerazione muoiono; può essere presente in alimenti che vengono consumati
crudi e che sono refrigerati, come ad esempio gelati, yogurt, frutti di bosco congelati e
mangiati senza cottura.)
Anche l’influenza può danneggiare il feto attraverso l’aumento della temperatura corporea
nella madre e le complicanze bronco-polmonari possono portare a ipossia del feto (perché si
abbassa l’ossigenazione del sangue).
Infine, se la madre è sieropositiva il bambino può nascere già con l’infezione dell’AIDS con
conseguente malfunzionamente del sistema immunitario.
I periodi sensibili della gravidanza sono tutti, ma in particolar modo le prime 2-3 settimane
(quando la morula inizia a sviluppare i foglietti embrionali), quindi in questo periodo bisogna
prestare particolare attenzione a sostanze tossiche, agenti patogeni, farmaci (in gravidanza
si può assumere solo paracetamolo).
Nelle prime settimane un eventuale rischio può causare un aborto; nei mesi successivi
invece si possono sviluppare malformazioni focali, ovvero che riguardano parti specifiche del
corpo.

Cause di mortalità perinatale o fetale (prima della nascita), postnatale (entro una
settimana dalla nascita) o infantile (entro un anno dalla nascita)

Le cause di mortalità possono essere di tipo esogeno, come nel caso di agenti teratogeni o
di incidenti, ma anche cause legate al parto (parto distocico, ovvero con complicanze come
nel caso del parto podalico o del parto con madre infetta per cui si rende necessario
praticare un parto cesareo in modo che il bambino non venga a contatto con le mucose
infette della madre), infine si parla di cause endogene nel caso in cui il bambino contragga
malattie della madre, malattie ereditarie (es: emofilia), le anomalie della meiosi, la
isoimmunizzazione Rh.
In Italia, negli ultimi 20 anni, il tasso di parti con anencefalia è crollato, in quanto la
tecnologia diagnostica permette di verificare sin dalle prime fasi della gravidanza che il feto
si sviluppi correttamente e di praticare l’aborto se ci sono malformazioni (la legge italiana
permette l’aborto fino all’ottavo mese, in questi casi; alcuni genitori scelgono di far nascere
comunque il bambino, anche se spesso quest'ultimo sopravvive solo poche ore).
Tra le cause di mortalità perinatale ci sono quindi le malattie della madre, le infezioni
materne, sostanze chimiche voluttuarie (alcool, droghe), i farmaci o le radiazioni.
Anche gli agenti ambientali possono essere rischiosi per la salute del feto (di recente si sta
evidenziando che le sostanze plastiche che utilizziamo quotidianamente incidono

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nell’incidenza di tumori virilizzanti, in quanto alterano il funzionamento delle ghiandole


endocrine che le percepiscono come ormoni).
Risulta quindi necessario informare le donne sui rischi che corre nel caso in cui intraprenda
una gravidanza, in modo che possano attuarsi le misure preventive per la tutela della salute
sia della donna che del feto.
Un altro pericolo per la donna in gravidanza è costituito dalle radiazioni che possono essere
distinte in: ionizzanti (riescono a penetrare nell’organismo e possono causare modificazioni
del DNA) e non ionizzanti (con rischio più basso, ma comunque da evitare).
L’assunzione di alcol durante la gravidanza può causare malformazioni o può portare a
sviluppare la sindrome feto-alcolica per cui il bambino nasce già con la dipendenza da alcol
e per questo mostra delle crisi d’astinenza con spasmi cardiaci e problemi polmonari; anche
il fumo può portare ad ipossia o può causare una malformazioni delle dita (possono avere
più dita del normale, meno del normale o in alcuni casi le dita possono essere attaccate tra
loro), possono nascere con un peso basso (di solito i bambini che nascono con un peso
basso hanno problemi ai polmoni o al cuore e hanno bisogno di essere ricoverati in terapia
intensiva neonatale).

Malattie sessualmente trasmissibili (MST):

Caratteristiche generali delle MST:


• Causate da diversi organismi
• Trasmesse attraverso rapporti sessuali
• Colpiscono l’apparato riproduttivo
• Diffusione ad altri organi
Sono 333.000.000 i nuovi casi all’anno nel mondo. Colpiscono prevalentemente i giovani,
inatti circa i 2/3 dei casi riguardano persone con età inferiore ai 25 anni (per cui attivi
sessualmente). Inoltre, l’infezione da HIV è favorita dalla presenza di MST.
È necessario, quindi, fare una diagnosi precoce di tali malattie per permettere al soggetto
malato di attivarsi nel contenimento della malattia, evitare la cronicizzazione e avere la
consapevolezza di essere malati.

Nel tempo, è cambiato lo scenario: i tassi di incidenza cosiddetta classica hanno lasciato
posto a quelle più legate a quelle del XXI sec. Questo non perché prima non vi fossero tali
malattie, ma non vi erano tecnologie di indagine che potevano determinare lo stato
patologico di un soggetto, in base a ciò risulta chiaro che prima non erano riconosciute o
disponibili (ex. il papilloma virus è sempre esistito, ma non si aveva la possibilità da un punto
di vista sierologico di identificarlo attraverso lo screening).
Pertanto, ci si trova di fronte ad una conversione epidemiologica per cui è possibile scovare
delle differenze tra le malattie veneree del XIX sec. e le MST di seconda generazione del
XXI sec. Le prime di questa lista erano per lo più la sifilide, la gonorrea, il linfogranuloma
venereo, l’ulcera molle; oggi, invece, abbiamo anche malattie come la trichomonas vaginalis,
la chlamydia trachomatis, la mycoplasma, l’HIV, l’Herpes virus, l’HPV (e tante altre). Sono
così tante le malattie sessualmente trasmissibili, talvolta che si manifestano con sintomi
tanto lievi da non essere presi in considerazione, che appare doveroso dover informare le
persone di rischi legati alla propria vita sessuale e come -non soltanto prevenire ma anche-
riconoscerne i sintomi (ex. molto spesso viene scambiato il papilloma virus per un semplice
raffreddore). Chi si occupa di verificare i sintomi di tali malattie è il dermatologo, per cui

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l’indirizzo di specializzazione in dermatologia copre anche il settore della cura e prevenzione


delle MST.

L’approfondimento delle conoscenze in campo microbiologico e clinico ha condotto


all’emergenza e all’individuazione delle MST di seconda generazione (Trichomonas
vaginalis, Chlamydia trachomatis, Mycoplasma spp, Herpesvirus (HSV)1/2, una notevole
varietà di tipi di Papillomavirus umani (HPV) [una di quelle malattie che stiamo attualmente
gestendo con la prevenzione primaria: vaccinare ed immunizzare tutti i ragazzi, sia maschi
che femmine, al di sotto dei 12 anni perché la semplice MST potrebbe dare degli esiti molto
più gravi anche a distanza di anni; l’HPV ad ex. è una delle cause certe del carcinoma
cervice uterina] e il virus dell’epatite B (HBV) [trasmissione simile all’HIV, cioè attraverso il
sangue, dunque anche lo scambio di oggetti che siano stati a contatto col sangue di un
soggetto (ex. aghi delle siringhe per i tossicodipendenti, oggetti da toeletta come i rasoi,
lamette, spazzolini)].
A completare lo scenario, a partire dal 1980 è comparsa l’epidemia da HIV, responsabile
dell’attuale pandemia di AIDS, che riconosce una via di trasmissione sessuale, etero o
omosessuale, inoltre l’80% dei casi. Le malattie sessualmente trasmissibili sono tornate
recentemente all’ordine del giorno dei sistemi europei, per l’elevata incidenza rilevata nei
nuovi paesi membri, in particolare quelli appartenenti all’ex blocco sovietico.
L’incidenza media della MST nei paesi dell’est europeo è in media 100 volte più alta che non
nei paesi europei occidentali. Non a caso, in Russia c’è stata un’epidemia di sifilide nel 1990
che ha iniziato a declinare solo verso il 1998, mentre è in aumento la sifilide congenita,
trasmessa da madri infette ai feti.
Oggi si riconoscono più di 30 malattie classificate come MST e la lista è in costante
espansione (in quanto con i metodi molecolari è possibile vedere anche le diverse
inclinazioni dei virus, i quali sono in grado di tramutare in virus differenti rispetto a quelle del
ceppo originale e aventi caratteristiche quindi del tutto diverse). Secondo l’OMS, la stima
della incidenza annuale delle MST curabili è di 340 milioni di nuovi casi in adulti di età
compresa tra 15-49 anni. Di questi, 69 milioni si concentrano nell’Africa Sub-sahariana e 151
milioni nel Sud e Sud-Est asiatico. Dunque, i paesi in via di sviluppo (come è stato il
continente russo al momento dell’ex blocco sovietico), dove cioè non vi è informazione né
conoscenza, né tantomeno prevenzione.

Come si manifestano le MST?


Non sempre le MST si presentano con un sintomo od un segno specifico. Ex. si stima che
10-20% della popolazione maschile ed il 75% di quella femminile con infezione da
Chlamydia trachomatis rimanga asintomatico.
Tale caratteristica comporta la facile trasmissibilità dell’infezione durante i rapporti sessuali,
se questi ovviamente non risultano protetti (ex. il diaframma, che viene utilizzato come
metodo anti contraccettivo al posto del preservativo, non ha la possibilità di lenire o ridurre il
rischio perché il sistema di barriera con cui agisce non ha la divisione netta tra il membro
sessuale maschile e quello femminile. L’apparenza sana del proprio partner sessuale, così
come l’apparente normalità delle sue aree genitali, non costituiscono una garanzia di non
poter acquisire una MST.

MST MST virali MST MST MST con MST senza

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batteriche micotiche parassitarie lesioni lesioni


organiche evidenti

• sifilide • herpes candidosi • scabbia • sifilide • vaginosi


• ulcera simplex genitale (Saracoptes • ulcera batterica
venerea anogenitale Scabiei) venerea • infezione
• • mollusco • infezione • da Clamydia
linfogranulo contagioso da linfogranulo trachomatis
ma venereo • infezioni da Trichomonas ma venereo • Infezione
• vaginosi Human Vaginalis • gonorrea da
batterica Papilloma • pediculosi • donovanosi Mycoplasmi
• infezione Virus del Pube (o granuloma genitalis
da Clamydia • infezioni da (Phthirius inguinale) • infezione
trachomatis HIV pubis) • mollusco da
• infezione contagioso Trichomonas
da • HSV genitalis
micoplasmi • HPV • candidosi
genitali • scabbia vaginale
• donovanosi • pediculosi
(o granuloma del pube
inguinale)

Le MST rilevanti per la fertilità di coppia sono la sifilide, la gonorrea, l’infezione da Clamydia
Trachomatis, Herpes simplex genitale, infezione da Trichomanas vaginalis, infezioni da HPV
e infezioni da HIV. Sono specialmente le giovani coppie che devono fare attenzione circa i
rischi della fertilità poiché le condizioni predisponenti biologiche sono proprio la giovane età
e il sesso femminile. Invece, le condizioni predisponenti comportamentali sono la
tossicodipendenza, l’alcolismo, la promiscuità sessuale, turismo globale (“turismo sessuale”)
e l’immigrazione (perché anche lasciare dei retaggi culturali molto restrittivi permettono in
altre zone di godere al contrario della libertà dal punto di vista religioso, sessuale e
soddisfare tali bisogni).

Fattori di rischio:
I fattori di rischio sono chiaramente l’elevato numero di parthners sessuali (in particolar
modo quelli occasionali), la coinfezione da HIV, la precedente storia di MST (= se si è già
avuta in passato, è possibile una riacutizzazione della malattia o si è maggiormente esposti
a contrarre malattie simili), la scarsa istruzione (che pone anche un’incapacità nel correre il
rischio) e il mancato utilizzo di metodi protettivi di barriera.

Sintomi principali:
• Nella donna: perdite vaginali, bruciore, dolore, ulcere genitali e dolori addominali.
• Nell’uomo: dolore all’inguine, bruciore, perdite uretrali, ulcere genitali.

Complicanze delle MST:


- sterilità
- gravidanze extrauterine
- aborto (soprattutto nelle fasi acute della malattia)
- infezione neonatale

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- coinvolgimento pluriviscerale
- insorgenza di tumori

Prevenzione delle MST:


• Primaria: prevenzione della malattia
1) Corsi sull’educazione sanitaria/sessuale
2) Consulenza specialistica periodica con screening (= pap test, tamponi, sierologia)
3) Terapia vaccinale
• Secondaria: interventi diretti ad arrestare la progressione o le recidive della malattia
1. Controlli sanitari ciclici
2. Terapia medica
3. Screening sierologici
• Terziaria: adozione di misure atte a minimizzare le conseguenze della malattia (terapia
assistenziale)
L'assistente sociale svolge un ruolo importante anche a livello sanitario, in quanto si occupa
di fare da “ponte” tra il medico e il tribunale, essendo colui che redige la relazione da
presentare al giudice, per cui deve essere in grado di individuare se nel quadro clinico della
persona aiutata si manifesti una patologia che potrebbe essere collegata a qualche disagio
di tipo sociale (abusi, ambienti domestici non consoni, ecc..).
(Es.: la gonorrea si manifesta con delle pustole sulla pelle, simile all’acne in forma molto
grave, quindi se un assistito presenta pustole è necessario accertarsi che sia acne ed
escludere eventuali malattie sessualmente trasmissibili.)

Ambienti indoor

L’esposizione ad inquinamento ambientale non riguarda solo le emissioni industriali,


artificiali o naturali dell’ambiente esterno (outdoor), ma a scopo preventivo è fondamentale
anche tenere sotto controllo l’esposizione a possibili inquinanti anche negli ambienti indoor
(ambienti domestici, di lavoro, di svago).
Spesso si è portati ad avere diffidenza solo verso l’aria che si respira in ambienti esterni, non
applicando la stessa diffidenza all’aria che si respira nella propria abitazione, ma in realtà
bisognerebbe prestare attenzione soprattutto a quest’ultima, in quanto è l’ambiente in cui
trascorriamo più tempo.
Negli ambienti di lavoro la qualità dell’aria deve essere gestita, per evitare l’alterazione dei
prodotti o per garantire condizioni di salute ottimali ai lavoratori.
Nelle scuole gli insegnanti hanno l'abitudine di far aprire le finestre alla fine dell’ora, per
bonificare l’aria presente in quella stanza con tante persone.
L’assistente sociale deve quindi valutare le condizioni ambientali a cui i soggetti sono
esposti (se ci sono sufficienti ricambi d’aria, se c’è abbastanza luce, se c’è umidità, se la
temperatura è adeguata).

L’inquinamento indoor

Fino agli anni ‘50 non si è avuto un vero e proprio studio dell’inquinamento indoor, ci si
concentrava solo sull’inquinamento prodotto dalle attività industriali nell’ambiente esterno.
La normativa riguardante la qualità dell’aria negli ambienti interni arrivò solo negli anni ‘70 a
causa di alcune gravi infezioni polmonari (alcune letali) dovute a impianti di condizionamento

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(per questo i filtri dei condizionatori devono essere puliti e disinfettati in quanto lì si possono
sviluppare batteri come la legionella).
Gli esseri umani che non fanno lavori in spazi esterni, trascorrono il 90% del loro tempo in
ambienti chiusi (casa, lavoro, palestra, ecc..), quindi è probabile che ci siano maggiori rischi
per l’inquinamento indoor piuttosto che per quello outdoor.
Nella medicina del lavoro, il medico del lavoro è tenuto a controllare la qualità dell’aria per
evitare l’insorgere di patologia nei lavoratori, infatti il 40% delle assenze da lavoro per
malattia probabilmente è dovuto a problemi di qualità dell’aria interna nei luoghi di lavoro
(es: nelle scuole, prima della pandemia, se un bambino si ammalava si ammalava tutta la
classe e spesso anche gli insegnanti).
Per inquinamento interno si intende quindi qualsiasi alterazione chimica, fisica e biologica
dell’aria, determinata sia da variazioni di concentrazione dei suoi normali costituenti, sia
dalla presenza di sostanze estranee alla sua composizione normale, in grado di determinare
effetti di danno all’uomo.

Le fonti di inquinamento degli ambienti confinati (chiusi)

Le fonti di inquinamento indoor possono essere molteplici:


● il suolo (es: il radon, un gas radioattivo presente nella zona di Ragusa e in alcune
zone del Lazio), in questi casi traggono svantaggio le abitazioni più vicine al suolo,
come quelle a pianterreno;
● le attività umane che generano inquinamento (attività metaboliche, respirazione);
● presenza di animali domestici con possibile rilascio di sostanze (allergeni);
● il fumo di tabacco;
● cottura dei cibi;
● uso di detersivi e detergenti;
● emissioni da parte dei materiali da costruzione e degli arredi (a Biancavilla molte
persone si ammalavano di mesotelioma pleurico [soprattutto casalinghe], a causa
degli edifici costruiti con pietra lavica che contiene amianto) (i mobili di legno non
producono tarli perché sono trattati con pesticidi che a lungo termine vengono
rilasciati nell’aria interna);
● emissioni dovute a impianti di condizionamento, a combustioni, alle diverse
apparecchiature sia domestiche che per il lavoro;
● polvere;
● materiali isolanti;
● superfici umide.

INQUINANTI FONTI

Asbesto e fibre minerali Materiali da costruzione

Anidride carbonica (CO2) Respirazione e combustioni (soprattutto nei


luoghi con molte persone, come le aule
scolastiche)

Antiparassitari Legno

Composti organici volatili Arredamento, fumo, prodotti per la pulizia,

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isolanti

Formaldeide Arredamenti

Fumo di tabacco Abitudine al fumo da parte degli occupanti

Ossido di carbonio (CO) Sistemi di riscaldamento e fumi di tabacco

Ozono (O3) Aria esterna, strumenti elettrici ad alto


voltaggio

Particolato inalabile Fumo di tabacco

Inquinanti microbiologici Impianti di condizionamento

Radon Suolo, acque e materiali di costruzione

Principali effetti sull’uomo:


• Effetti irritativi su cute e mucose (laringiti, congiuntiviti, eritemi): ex. dopo una giornata fuori
ritorno a casa e, non appena entro, mi viene la tosse secca, la lacrimazione, prurito; questo
può essere un campanello d’allarme che non è sempre correlato alle allergie, ma può essere
correlato anche alla qualità dell’aria dell’ambiente (avendo lasciato la casa chiusa per molto
tempo) che non è stata ricambiata e quelle sostanze tossiche vengono rilasciate, soprattutto
la sera, dai mobili della casa.
• Effetti sul sistema nervoso (emicranie)
• Effetti sensoriali (bruciore alla gola, lacrimazione, effetti neuropsichici come difficoltà a
dormire): ex. l’azione di sbadigliare molte volte non è legata al sonno ma al bisogno dei
polmoni di acquisire una maggiore capacità ventilatoria perché l’aria che si sta inalando non
è delle migliori
• Effetti sul sistema riproduttivo cardiovascolare (aritmia), gastrointestinale (reflusso,
incapacità digestiva)
• Effetti genotossici (alterazione delle cellule, cancro)
• Effetti respiratori (asma, allegrie, bronchiti, infezioni)

Inquinamento Malattia Impatto sanitario Costi diretti

Allergeni (acari, Asma bronchiale >160.000 casi >85 milioni


muffe, forfore (bambini/adolescenti prevalenti/anno
animali)

Radon Tumore del polmone 1500-6000 28-105 milioni


decessi/anno

Fumo di tabacco Asma bronchiale >30.000 casi >15 milioni


ambientale (bambini/adolescenti prevalenti/anno
)

Infezioni acute delle >50.000 nuovi Non valutabile


vie aeree superiori casi/anno
ed inferiori

Tumore del polmone >500 decessi/anno >9 milioni

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Infarto del miocardio >900 decessi/anno >8 milioni

Benzene Leucemia 36/190 casi/anno 0,5-4 milioni

Monossido di Intossicazione acuta 200 decessi/anno 0.5 milioni


carbonio (CO) da CO

Totale 150-230 milioni

Valutazione quantitativa dell’impatto sulla salute della popolazione e dei costi diretti (€) per
l’assistenza sanitaria attribuibili ogni anno agli inquinanti indoor in Italia:
*prevalenti: cioè che rimangono tali ( incidenti)

Se si acquisiscono queste informazioni, si è pronti ad intervenire non soltanto sul luogo di


lavoro ma anche a casa. È necessario perciò interpretare quali siano gli elementi di disturbo
ad ex. sui bambini. Tante volte, infatti, le maestre o gli psicologi indicano la DSA (disturbo
dell’attenzione) come un elemento di disturbo nella crescita cognitiva o scolastica di un
bambino, sarebbe in realtà dapprima necessario comprendere la qualità dell’aria all’interno
del luogo scolastico affinché le condizioni ambientali non influiscano sull’apprendimento del
minore.

Le principali sorgenti degli inquinanti negli ambienti confinati:


• Il radon (radioattivo) è la seconda causa del tumore al polmone, dopo il fumo, sebbene
di origine naturale. Dalle carte geologiche, si sa che la maggior parte delle regioni esposte al
radon sono il Lazio e la Lombardia (a seguire la Campania).
Il radon tende a salire, per cui è chiaro che sono maggiormente coinvolti i piani bassi (motivo
per cui vanno ventilati molto di più rispetto ai piani alti).
ex. se si ha un piano cantinato (come è solito esserci nelle villette di oggi), di solito viene
messa una scala che mette in comunicazione tutti i piani sovrastanti; in questi casi la
continuità che sovviene con le scale, fa sì che il radon si disperda anche nei piani superiori e
per tale motivo è necessario arieggiare tutti i piani.
Durante il periodo della guerra, arieggiare le case era una pratica diffusa soprattutto la
mattina e la sera perché era ancora presente la percezione della gravità dell’infezione di
tubercolosi che spesso era correlata alla qualità della casa. Per cui, certamente possiamo
definire l’arieggiare come una forma di prevenzione.
• Materiali di costruzione
• Materiali di rivestimento
• I rivestimenti in legno
• I mobili stessi
• I materiali isolanti
• Le apparecchiature per combustione
• I prodotti per la pulizia
• Gli impianti per il condizionamento e climatizzatori
• Se vi sono all’interno della casa altre persone, animali o piante
• Il fumo di sigaretta
• L’acqua (quindi cloro, radon che può dissolversi nell’acqua)
• L’aria (perché l’aria esterna può entrare all’interno della casa e quindi causare l’aumento
della concentrazione di tossicità)

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Controllo ambientale:
È necessario, pertanto, un controllo ambientale. Nel caso di abitazione con residenza, il
diretto interessato è lo stesso proprietario o colui che vive in prima persona in
quell’abitazione a cui spetta il compito di valutare la qualità dell’aria (motivo per cui si rifa
spesso al solo ricambio dell’aria); invece per ottimizzare i ricambi d’aria in ambito lavorativo
e/o sanitario, si fanno delle rilevazioni che consentono di migliorare le prestazioni nel luogo
in cui i dipendenti sono costretti a stare per l’attività lavorativa o perché degenti. Per questo
motivo, in tal modo, si migliora non soltanto il benessere ma anche la salute.
Si fa in primo luogo un controllo dell’inquinamento, monitorando la qualità dell’aria, che può
essere biologico, chimico, fisico (con conseguente controllo del radon perché ha un effetto
radioattivo); in secondo luogo è necessario comprendere se quel determinato ambiente è
efficace per il mantenimento del benessere, soprattutto da un punto di vista
termico/termoclimatico.

Inquinanti dell’aria indoor:


• Di natura chimica: biossido e monossido di carbonio (CO2 – CO), biossido di azoto e di
zolfo (NO2 – SO2), ozono (O3), composti organici volatili (VOC), fumo di tabacco (ETS),
pesticidi per persone (come nel caso delle sostanze che ci spalmiamo addosso per
contrastare le zanzare, perdendo di vista la dose prevista; o come nel caso in cui si
comprano le candele apposite per allontanare le zanzare e ci si chiude in stanza per far sì
che agisca prontamente; soprattutto i bambini dovrebbero stare lontani da tali sostanze
perché potrebbero contrarre la leucemia), per ambienti e in particolare i cosiddetti mobili in
legno, perché aggredibili, …
• Di natura fisica: radiazioni ionizzanti (= radiazioni penetranti; ex. radon che riesce ad
attraversare corpi e liquidi, quindi anche l’uomo), radiazioni non ionizzanti (ex. wifi, telefonini,
microonde), fibre minerali artificiali (ex. lana di vetro e roccia), fibre minerali naturali (ex.
amianto; può provocare patologie polmonari), polveri, …
• Di natura microbiologica: virus e batteri, funghi e muffe, pollini, acari, …

Ambienti termici:
Quanto è vivibile dal punto di vista termico l’ambiente sia se si tratta di attività lavorativa o di
degenza?
In questi casi gli ambienti termici saranno moderati: non determinano, cioè, variazioni
significative della temperatura corporea.
Sono invece severi quegli ambienti molto caldi (che sollecitano incremento della temperatura
corporea, è richiesto un notevole intervento del sistema di termoregolazione umano al fine di
diminuire il potenziale accumulo di calore nel corpo; ex. bambini lasciati per molte ore in
macchina sotto il sole hanno riscontrato molti squilibri che potrebbero condurre ad un
arresto) e quelli molto freddi (caratterizzati da condizioni che richiedono un sensibile
intervento del sistema di termoregolazione umano per limitare la potenziale eccessiva
diminuzione della temperatura caratteristica dei diversi distretti ed in particolare del nucleo
corporeo).
Pertanto, nel caso degli ambienti moderati e severi, si ha nel contesto lavorativo la tutela
della salute di chi lavora rispetto al rischio di iper o ipotemia.

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La qualità dell’aria indoor (abbreviato in IAQ) negli ultimi anni ha visto un aumento di
sostanze inquinanti aerodisperse sia in numero che in concentrazione, causando degli effetti
negativi sulla salute.
Questo è dovuto sia a come viviamo negli ambienti, che anche a come li arrediamo.
La qualità dell’aria è considerata accettabile, quando in essa non sono presenti
contaminanti in concentrazioni dannose, secondo quanto stabilito dalle autorità competenti e
rispetto alla quale una notevole quantità di persone, almeno l’80%, non esprime
insoddisfazione (quindi bisogna che la qualità dell’aria soddisfi certi standard, ma bisogna
anche tener conto del parere delle persone che vivono in un determinato ambiente).

Inquinamento biologico

Uno dei primi fattori da attenzionare è l’inquinamento biologico, di cui si parla sempre di più
(soprattutto durante la pandemia).
Nell’aria sono presenti diversi microrganismi che vengono trasportati dall’aria e diffusi
attraverso polvere o particelle sospese nell’aria.
Questi microrganismi provengono principalmente dall’uomo (fonazione, tosse, starnuti) e
rimangono in sospensione nell’aria sotto forma di goccioline (aerosol).
Le particelle che trasportano i microrganismi misurano circa 15 micron e possono essere
frammenti dell’epidermide, frammenti di peli o goccioline di Flugge (si legge flag).
Per questo motivo è opportuno fare un controllo microbiologico dell’aria per verificare la
presenza di microrganismi e apportare le dovute bonifiche, se necessario.

Luoghi e circostanze di possibile esposizione ad agenti biologici per i lavoratori


Agente biologico Luogo/circostanza

Acari della polvere e loro particelle fecali Archivi, locali polverosi

Batteri coliformi fecali Utilizzo servizi igienici e attività di pulizia


degli stessi; impianti di depurazione
dell’acqua; contatto con acqua
contaminata

Microrganismi vari (patogeni e non) Discariche, raccolta e trasporto rifiuti


urbani, rifiuti delle mense

Microrganismi patogeni (batteri, virus, Locali con impianti di condizionamento non


muffe, funghi, acari, pollini) sottoposto a manutenzione periodica,
locali con filtri dei condizionatori non
periodicamente sostituiti, contatto
ravvicinato con persone, vetture con filtri
non periodicamente sostituiti o senza filtri
antipolline, presenza nei locali di piante
con pollini allergizzanti

Microrganismi patogeni (es. salmonella) Utilizzo a scopo potabile di acqua


presenti in impianti idrici inquinata e/o che transita in tubazioni non
sottoposte a periodica manutenzione e
disinfezione

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Microrganismi vari (patogeni e non), altri Locali con moquette, tappeti e tendaggi
agenti biologici non regolarmente puliti, contatto con
acqua contaminata

Microrganismi vari, patogeni e non e altri Contatto con animali


agenti biologici

Tossine Contatto con insetti (punture)

Microrganismi vari Utilizzo o contatto di sostanze contaminate


(acqua tecnologica, olio, saliva, ecc..)

Indici di confort

Questi indici sono piuttosto recenti (legge 626/2008) e costituiscono i riferimenti legislativi
fondamentali per la valutazione degli ambienti termici moderati. Essi contengono una serie
di disposizioni qualitative con riferimenti a molte quantità (temperatura, umidità, velocità
dell’aria, attività, soleggiamento), ma nessun indicatore semplice sulla base del quale
formulare un giudizio di qualità, né alcun criterio quantitativo di accettabilità.

Indici sintetici di confort globale


Il documento per la valutazione del confort microclimatico è la norma UNI EN ISO
7730/2006 che descrive la relazione tra il bilancio energetico del corpo umano e la
sensazione termica con associato confort o disconfort.
(Se un assistente sociale deve fare una consulenza sulle condizioni di vita delle persone in
case-famiglia o strutture sanitarie simili, può chiedere una valutazione della qualità dell’aria
sulla base di queste norme, per individuare le migliori condizioni utili a mantenere in salute le
persone che vivono lì).

Indici di disconfort locale

Sono legati alla presenza di disomogeneità nel riscaldamento o raffreddamento del corpo
umano dovute a:
● correnti d’aria;
● gradiente verticale di temperatura (l’aria fredda va verso il basso, più in alto c’è più
caldo);
● pavimenti con temperatura eccessivamente alta o bassa;
● asimmetria radiante;
In generale la più comune causa di disconfort locale sono le correnti d’aria.
Ci sono diversi indici che misurano il benessere negli ambienti chiusi (Pettenkofer, Brown,
D’arsonval), ma in generale sappiamo che due parametri fondamentali sono l’ossigeno che
deve essere presente almeno per il 17%, mentre l’anidride carbonica non deve superare
l’1% (concentrazione per metro3).

Microclima:
È dunque importante la qualità dell’aria all’interno di un ambiente chiuso, fondamentale se si
pensa ad ex. a particolari capannoni adibiti a determinate attività per le quali l’inalazione di
alcune sostanze potrebbe comportare problemi per la salute del lavoratore. Se si pensa ad

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una scuola, soprattutto ora in tempi di covid, è importantissimo arieggiare le aule per diluire
gli elementi microbiologici che potrebbero compromettere la salute degli studenti.
Sia la quantità di ossigeno disponibile che la quantità di anidride carbonica possono essere
individuati con degli indici detti pettenkofer (se l’ossigeno è inferiore a 17% e la anidride
carbonica aumenta dell’1%, ci troveremo di fronte ad un malessere nel soggetto che si trova
in tale ambiente chiuso in quanto il polmone inizierebbe a chiedere più ventilazioni).
ex. Molto spesso, quando si è tanto affaticati durante una lezione piuttosto lunga svolta in un
ambiente molto affollato, la prima cosa che generalmente si fa è sbadigliare: lo sbadiglio non
è solo indice di sonno, ma è il cervello che spinge ad attuare questo gesto involontario
perché il primo fa sì che la respirazione diventi profonda per compensare nel caso in cui ci
fosse una minor quantità di aria da respirare. In seguito, oltre a sbadigliare, arriverà la
sonnolenza, la stanchezza e l’incapacità di concentrarsi.
Ci sono altri indici (come il brown o il d’arsonval) che permettono di individuare la quantità di
sostanze organico-volatili (ex. la cucina dove avvengono molte combustioni) che influiscono
sulle condizioni dell’ambiente in cui ci troviamo.

Vi sono anche delle caratteristiche microclimatiche che possono alterare il soggiorno in un


ambiente confinato, per cui si pensa al microclima (dovuto alla temperatura, umidità, velocità
dell’aria all’interno dell’ambiente e calore radiante).
La temperatura che si percepisce è vincolata e correlata al tasso di umidità, tant’è che in
estate quando si percepiscono 30°, con una percentuale di umidità bassa, quella percezione
è molto simile alla temperatura oggettiva; al contrario, se cioè la temperatura aumenta, il
calore si discosta di molto a differenza del valore che realmente è (ex. temperatura di 35°
con un’umidità all’80%, la temperatura viene percepita quasi sui 40°/45°). Per cui, l’umidità
gioca un ruolo emblematico.
È anche importante la velocità dell’aria in quanto, se si hanno ricambi d’aria costanti, sia la
qualità in termini chimici che le temperature vengono a modificarsi.
Fondamentale è anche il calore radiante che può modificare il clima dell’ambiente chiuso dal
momento che le pareti assorbono il calore e lo emanano durante la giornata mantenendo un
calore maggiore (ex. le case esposte al sole a mezzogiorno hanno più valore rispetto alle
case esposte al tramonto perché queste ultime usufruirebbero di meno ore di luce a
differenza delle prime che si manterrebbero meno fredde e meno umide).

Bisogna però valutare anche se il clima consente a chi soggiorna volontariamente o


obbligatoriamente in quell’ambiente di stare bene.
Pertanto, ci sono ambienti cosiddetti:
- severi: ex. se si lavora in un forno dove si fa metallurgia, il personale è esposto a
temperature molto più elevate rispetto ad un ufficio; al contrario, se si lavorasse all’interno di
un macello dove si trattano gli alimenti (dove un clima più rigido consente di proteggere
l’alimento dal deterioramento) è invece esposto ad un clima molto più freddo.
- moderati, dove la temperatura è generalmente molto prossima a quella esterna (ex. uffici,
negozi, palestre, le proprie case) che si aggira attorno ai 6°C. In realtà, però, da quando è
stato inventato il condizionatore, molte persone non conoscono le problematiche legate alla
differenza di temperatura potenziale tra l’interno e l’esterno. Non a caso, spesso, nei negozi,
tra l’ambiente esterno e quello interno, vi è un’anticamera perché serve a moderare l’impatto
dello scambio termico; nonostante ciò, i condizionatori sono comunque posti a temperature
esageratamente basse e questo crea non poco scompenso nel nostro organismo, il quale
cerca autonomamente di trovare delle risposte per resistere a quell’ambiente. Questa

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considerazione andrebbe fatta specialmente in quei luoghi dove ad ex. alloggiano i disabili la
cui incapacità nel muoversi fa sentire loro ancora più freddo. Anche per i bambini molto
piccoli accade questo dal momento che non possiedono la capacità di termoregolazione
(soprattutto perché essi non sudano a quell’età ed il sudore è un campanello d’allarme in
molte situazioni in cui il corpo si trova in difficoltà per le alte temperature).
La definizione di benessere termico, quindi, da un punto di vista giuridico, è l’assenza di
disagio termico o stato di completa soddisfazione del soggetto verso l’ambiente.

La termoregolazione:
Un fattore importante in questo ambito è l’equilibrio termico che si raggiunge fra il soggetto e
l’ambiente circostante. L’essere umano tende, mediante una serie di processi metabolici, ad
abituarsi alle temperature e al clima in cui si trova e cerca di mantenere questo equilibrio
termico al fine di non incorrere in un disagio.
La termoregolazione è l’insieme di quei processi metabolici e la serie di risposte involontarie
ed innate che il nostro sistema nervoso mette in atto al fine di termoregolarci con l’ambiente.
Se ci troviamo in un ambiente caldo, la prima cosa che accade è la vasodilatazione che fa sì
che si ampli il diametro dei capillari che consente al sangue, durante il suo passaggio, di
entrare a contatto con più tessuti e riesce a disperdere più calore. Altra azione è la
sudorazione: si attivano sotto segnale ormonale le ghiandole sudoripare che rilasciano
goccioline di acqua sulla pelle al fine di refrigerarla). Chiaramente però, un eccesso di caldo
provoca delle lesioni al sistema nervoso centrale, produce la coagulazione delle proteine e
la distruzione della ghiandola cerebrale più importante che va a regolare proprio queste
dinamiche, vale a dire l’ipotalamo. Quest’ultimo nel bambino non funziona fino ad una certa
età, per questo ha bisogno di essere tutelato maggiormente da parte dei genitori (ex. se per
uscire mi vesto con pantaloncini e maglietta, non posso mettere una tuta al bambino “per
coprirlo dal sole”; è necessario vestirlo quindi a strato di cipolla). Naturalmente, l’ipertermia
porta alla morte.
Col freddo invece, accade l’effetto contrario. Si ha una vasocostrizione (ecco perché
l’inverno pensiamo di essere dimagriti), quindi i capillari per contrastare le perdite di calore si
stringono e si cede quindi meno calore, soprattutto nelle zone vitali: cervello, cuore e
polmoni. Non a caso, in casi di ipotermia, tendono ad andare in cancrena specialmente gli
arti (partendo dalle dita dei piedi) in quanto, non considerandoli elementi così utili per la
sopravvivenza, la gran parte del calore della circolazione viene mantenuta negli organi vitali.
Pertanto, l’ipotermia è un esempio chiaro di come l’organismo inneschi questi sistemi di
autoprotezione. Un altro elemento che consente di mantenere calore è sbattere i denti e il
tremore (o anche detta pelle d’oca) in quanto alla base di questi meccanismi vi sono delle
contrazioni muscolari dei muscoli lisci involontari che rilasciano calore per attrito. L’ipotermia
può portare alla depressione nervosa, alla perdita di coscienza, all’aritmia, alla fibrillazione
cardiaca e alla morte.

Criteri di valutazione del benessere termico:


Come si fa a misurare la temperatura ambientale? Sì, si conoscono i sistemi della misura
tramite i termometri verticali con il mercurio, ma si può mettere in pratica anche:
- il pettenkofer (= cubo d’aria), dal punto di vista chimico
- la temperatura cutanea
- la valutazione katatermometrica dell’ambiente
- la temperatura (T°) effettiva
- la temperatura (T°) effettiva corretta

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- PPD/PMV (=voto medio previsto)


- Olf
- Decipol

Riguardo l’aspetto climatico, possiamo fare un ex. per controllare l’ambiente: nel caso di
degenza in ospedale, sappiamo che il degente presenta, generalmente, non più di un
pigiama. Addirittura, in terapia intensiva, egli possiede un abbigliamento piuttosto particolare
(nudo con un lenzuolino) affinché il dottore, nel caso di un’operazione urgente o di un
intervento complicato, non debba mettersi a spogliarlo e perdere tempo che possa essere
fondamentale per salvare la vita del paziente.
La valutazione del benessere termico, quindi, ha necessità di un sistema di misurazione
pratico dove si può identificare quella variazione climatica con un numero. Avendo degli
indici numerici si riesce a trasferire la sensazione percepita, o la registrazione da parte degli
strumenti, di un dato che diventa oggettivo (oggettivo perché ad ex. se uno stesso ambiente
è vissuto da tre persone aventi fasce d’età differente si avrebbe tre percezioni differenti della
temperatura); il massimo che si possa fare è ampliare la precisione del dato oggettivo
attraverso i giudizi delle persone all’interno di quell’ambiente.
Se si parla di degenza, di diagnostica, di terapie, bisogna svolgerle in ambito sanitario in
luoghi dove non solo il paziente è cautelato da un punto di vista chimico e microbiologico,
ma anche da quello microclimatico. Un tempo veniva usato il katatermometro, poi si è visto
che questo donava una misurazione troppo scadente e dunque si è passati alla temperatura
effettiva (approccio migliore ma non completo).

Sotto il profilo termico gli ambienti confinati si distinguono in:


● moderati (abitazioni, uffici…);
● severi (ambienti di lavoro particolari).

Katatermometro di Hill

Si tratta di un termometro a colonnina di mercurio, formato da un bulbo che consente di


rilevare lo scambio termico tra la superficie del termometro stesso e l’ambiente. (la
temperatura media del termometro è di 36,3°C)
Il fattore H è dato dal rapporto tra le millicalorie cedute da 1cm3 del kata (F) e il tempo che
intercorre tra i 38 e i 35°C (T). (H=F/T)
Questo strumento dà solo un’indicazione oggettiva della temperatura, ma non dà altre
informazioni (come si muove l’aria, il calore radiante, l’umidità), inoltre dà informazioni sugli
scambi di potenza termica in modo statico e non dinamico (la temperatura viene rilevata solo
se il bulbo viene appoggiato a una superficie, quindi non permette di misurare la
temperatura mentre si cammina, per cui non dà una visione completa di quale possa essere
la temperatura percepita dagli occupanti mentre si muovono).

Temperatura effettiva

Per ovviare ai limiti del katatermometro si è passati alla misurazione della temperatura
effettiva, ovvero la temperatura dell’aria quieta e satura di umidità a cui è associata una
sensazione termica percepita in generico ambiente con parametri microclimatici propri.

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Quindi fu inserita anche la registrazione dell’umidità che altera la percezione della


temperatura; in questo tipo di misurazione si tiene conto della temperatura percepita al
100% di umidità.
Anche questo rappresenta un limite, in quanto il 100% di umidità è un tasso che si registra
raramente e solo in determinati ambienti (es: in una foresta come la foresta amazzonica
anche nel periodo di maggiore umidità non si arriva al 100%, quindi è una misurazione per
assurdo).

Criterio di Fanger

Entrambi questi metodi quindi non erano sufficienti per una misurazione oggettiva della
temperatura percepita.
Per questo motivo il criterio di Fanger tiene conto di una molteplicità di fattori per valutare il
benessere termico.
In realtà il corpo mette in atto degli adattamenti per contrastare il caldo o il freddo, quindi per
percepire un benessere nell’ambiente in cui ci si trova bisogna essere in equilibrio con esso.
Per avere un equilibrio ottimale bisogna tenere conto di alcuni fattori:
● potenza termica associata al metabolismo (M);
● potenza termica associata alla convezione (Cv) (l’aria calda sale verso l’alto, poi si
raffredda e riscende);
● potenza termica associata all’irraggiamento (R);
● potenza termica associata all'evaporazione/condensazione (E);
● potenza termica associata all'entalpia dell’aria respirata/espirata (Cr);
● potenza termica associata al lavoro meccanico (N) (se ci si muove in una stanza
facendo ad es. palestra si crea potenza termica);
● potenza termica associata al mantenimento dell’omeotermia (S);
● potenza termica associata alla variazione di energia attraverso l’introduzione di
cibi a T° diversa (K);
● potenza termica associata alla conduzione (Cd),
Se la somma di questi fattori sarà uguale a 0, l’uomo sarà in equilibrio omeotermico con
l’ambiente.
Quindi il mantenimento del benessere termico si può attuare attraverso l’alimentazione, il
vestiario (in terapia intensiva i pazienti sono nudi, coperti solo da un lenzuolo, quindi la
temperatura in questi ambienti deve essere tenuta abbastanza alta da garantirgli benessere
termico e per questo motivo i camici del personale sanitario che lavora in questi reparti è
diverso da quello di chi lavora in altri reparti come le sale operatorie che al contrario devono
essere mantenute fredde per evitare la disidratazione dei pazienti e per mantenere
l’ambiente asettico [il freddo evita che si sviluppino colonie batteriche]), l’uso di bevande
calde/fredde, l’attività fisica (in ambito sanitario i fisioterapisti portano le maniche corte,
perché dovendosi muovere molto se avesse il camice a manica lunga sarebbe impedito nei
movimenti),
Nella valutazione del benessere termico bisogna anche tener conto della potenza termica
intrinseca individuale (un anziano perde la capacità di autoregolarsi, mentre i bambini
devono ancora svilupparla, per cui bambini e anziani sono le categorie più sensibili agli
sbalzi di temperatura.)
Gli ambienti moderati sono caratterizzati da attività fisica non intensa, da una resistenza
termica e un vestiario standard (non ho idea di cosa voglia dire, ma ha detto così).

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L’indice di benessere termico si determina combinando i parametri microclimatici in modo da


soddisfare la sensazione termica della persona che vive in un determinato ambiente.
Per raggiungere il benessere termico si può intervenire su uno dei fattori in questione (ad es.
per agire sul calore radiante bisogna schermare gli ambienti).
La misurazione del benessere termico però deve tenere conto anche della percezione
soggettiva in merito ai possibili miglioramenti e bisogna tener conto anche delle possibili
insoddisfazioni delle persone che vivono in un determinato ambiente.
Per questa valutazione soggettiva si fanno dei questionari agli occupanti di un ambiente in
cui viene chiesto loro di esprimere un voto sul benessere termico che va da -3 a +3; in base
ai risultati (voto medio previsto) del questionario si possono apportare ulteriori
miglioramenti fino ad arrivare ad avere almeno l’80% della soddisfazione (i risultati devono
essere compresi tra -0,5 e +0,5 per essere ottimali, tra -0,85 e +0,85 si considerano
accettabili.

Sbalzi termici

Gli sbalzi termici elevati sono possibili sia in inverno che in estate.
Le situazioni più critiche si presentano in condizioni estive estreme nelle quali si possono
creare differenziali di 10 o 15°C tra interno ed esterno, che possono causare danni per la
salute (raffreddore, mal di testa, polmonite, surriscaldamento, sudorazione eccessiva).
Per questo motivo è importante predisporre un’area di transizione non condizionata tra
interno ed esterno, in modo da permettere un acclimatamento prima di entrare/uscire da un
ambiente.

Viziatura dell’aria

Un altro importante parametro da misurare riguarda la viziatura dell’aria che assume


importanza per due fondamentali motivi: il primo motivo riguarda le leggi che per motivi di
risparmio energetico inducono a ridurre gli scambi termici interno/esterno, riducendo quindi i
ricambi d’aria; il secondo motivo invece riguarda l’utilizzo di nuovi materiali per l’edilizia e per
gli arredi.
La viziatura dell’aria può essere valutata tramite tre indici:
● indice olf, che rappresenta il tasso di emissione di bioeffluenti di una persona a
riposo che richiede un’adeguata ventilazione, infatti se la velocità dell’aria fosse
inferiore a 0 si avrebbe un’insoddisfazione massima, in quanto non ci sarebbe un
sufficiente ricambio d’aria;
● indice decipol, ovvero la corruzione dell’aria causata da 1 olf he richiede un ricambio
d’aria di 10 l/s;
● cubo d’aria, ovvero la quantità oraria di aria di cui necessita ogni individuo per
soggiornare in un ambiente chiuso senza che l’anidride carbonica superi l’1‰ (tetto
del malessere).
Queste valutazioni vengono quindi fatte calcolando quanti m3 di aria ci sono in un ambiente
per gestire al meglio l’inquinamento intramurario nelle abitazioni, nelle scuole, nelle palestre,
negli ambienti di lavoro, nei mezzi di trasporto, ecc...
Gli inquinanti, come già visto possono essere di diversa natura (chimica, fisica, biologica) e
possono provenire dall’esterno (suolo, traffico, scarichi industriali, ecc..) o dall’interno
(arredamenti, attività lavorative, processi metabolici, ecc…).

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Questo tipo di valutazioni, inoltre hanno permesso di individuare alcune malattie correlate
all’inquinamento indoor:
● Building related illness (BRI), o Malattia correlata all’edificio, che può portare ad
alveoliti allergiche estrinseche, infezioni da virus e funghi, asma bronchiale, febbre
da umidificatori, febbre di Pontiac e legionellosi (chi ha questo problema fuori casa
sta bene, quando torna a casa sta male);
● Sick Building Syndrome (SBS) o Sindrome dell’edificio malato, ovvero un
quadro patologico caratterizzato da disturbi plurisintomatici, aspecifici, di tipo
prevalentemente irritativo a carico delle mucose, delle congiuntive e delle prime vie
aeree e da manifestazioni riguardanti l’apparato respiratorio, digerente,
cardiovascolare, osteomuscolare, nervoso e cutaneo; può essere correlato con il
ricambio d’aria, ma anche dalla suscettibilità personale e da come è arredato
l’ambiente;
● Multiple chemical Sensitivity (MCS) o Sindrome da sensibilità chimica multipla
che non è stata ancora indicata dall’OMS come malattia, ma il suo tasso di incidenza
sta aumentando; l’origine è incerta e si ipotizza sia legata a reazioni negative ad
agenti chimici e ambientali presenti a concentrazioni che di solito vengono tollerate
dalla maggioranza dei soggetti; i sintomi sono numerosi e più o meno intensi
(insonnia, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, stanchezza eccessiva,
depressione, ansia, a volte eritemi e problemi cardiocircolatori).

Sick Building Syndrome

Tra i sintomi troviamo quelli nasali (naso chiuso), quelli oculari (secchezza e bruciore), quelli
oro-faringei (secchezza della gola), quelli cutanei (secchezza cutanea), quelli respiratori
(sensazione di torace chiuso) e altri sintomi come cefalea o eccessivo affaticamento.
La prevenzione si può fare innanzitutto attraverso l’esame del progetto architettonico, poi
attraverso l’ispezione dei locali e degli impianti, la distribuzione di un questionario agli
occupanti, la misura dei parametri microclimatici e le indagini cliniche sui soggetti colpiti.

Lezione 28/04/2021

FUMO DI TABACCO

Il tabacco è un prodotto che contiene nicotina e per questo motivo genera dipendenza
facendone aumentare gradualmente il consumo.
Il suo uso è stato introdotto in Europa nel XV secolo, quando si iniziò a importare
dall’America.
Dalla metà del XVIII secolo si diffuse il consumo di sigarette, il cui fumo è composto da una
parte gassosa (gas e vapori) e una parte solida (piccole particelle di particolato atmosferico).
Il fumo negli ambienti chiusi disperde quindi particelle di particolato che contribuiscono
all’inquinamento indoor (per questo sono stati introdotti i divieti di fumo nei locali pubblici al
chiuso).
Quindi il fumo è un fattore di rischio sia per il fumatore, che per i fumatori passivi o per il feto
in caso di gravidanza.

Sostanze dannose nel fumo

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Nel fumo sono contenute diverse sostanze dannose, in parte contenute nel tabacco stesso
(e anche in altre sostanze che vengono fumate), in parte dovute alla combustione.
Ne esistono di diversi tipi:
● tossiche come la nicotina (alcaloide psicoattivo) che fa rientrare il tabacco tra le
droghe per via della dipendenza che provoca o il monossido di carbonio che riduce il
trasporto di ossigeno nel sangue (sono presenti anche arsenico, cadmio, piombo,
alluminio, zinco e cromo);
● irritanti che irritano l'apparato respiratorio, soprattutto le alte e basse vie aeree e si
tratta di ossidi di azoto, formaldeide e altre sostanze che danneggiano la funzione dei
bronchi;
● cancerogene sono presenti in gran numero (oltre 50 tipi) e aumentano il rischio di
cancro ai polmoni, al cavo orale, alla laringe, all’esofago, ai reni, alla vescica, al seno
e al colon retto.

Il fumo ha quindi degli effetti negativi sulla salute e porta al cosiddetto craving, ovvero
l’irrefrenabile desiderio di fumare dovuto alla dipendenza psichica da nicotina che si instaura
nel fumatore.
Dal 1996 il tabagismo è stato classificato dall’OMS come malattia da dipendenza sia fisica
che psicologica (causa crisi d’astinenza con ansia, irritabilità, incapacità di concentrarsi).

Come si forma una dipendenza?

Il processo che porta a sviluppare una dipendenza si sviluppa in diverse fasi:


● avvicinamento che avviene quando si prova un’esperienza in grado di soddisfare
dei bisogni rilevanti (si comincia ad osservare un fumatore, si trovano delle
similitudini, ci si avvicina al fumo per sentirsi inclusi in un gruppo o per darsi un tono);
● contatto in cui si giudicano gli effetti si valuta se sono positivi;
● stabilizzazione che avviene quando l’uso diventa un’abitudine.
Il fumo di tabacco, come già visto ha effetti anche a livello psicologico, per questo motivo,
quando si smette di fumare bisogna attivare sia una terapia medica e farmacologica
(sostituzione del tabacco con sigarette elettroniche, gomme da masticare alla nicotina,
ecc..), che una terapia psicologica.

Epidemiologia del tabacco

Secondo l’OMS ⅓ della popolazione mondiale fuma:


● nei paesi sottosviluppati fuma il 48% degli uomini e il 7% delle donne;
● nei paesi industrializzati fuma il 42% degli uomini e il 24% delle donne;
● in Italia nell’età superiore ai 14 anni il 32% dei fumatori è costituito da uomini, mentre
le donne fumatrici costituiscono il 17% della popolazione (dal 1999 c’è un calo).
Queste percentuali differiscono da una parte all’altra del mondo per questioni culturali, infatti
nei paesi sottosviluppati il fumo è ancora considerato come qualcosa di sbagliato, come
avveniva anche in Occidente nel passato in cui il fumo, soprattutto per le donne, non era
visto di buon occhio.
Il fatto che le donne abbiano preso l’abitudine del fumo, ha fatto emergere delle patologie
come il cancro al colon retto o ai polmoni, che prima si riscontravano prevalentemente negli
uomini.

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I fumatori che sono più a rischio nell’insorgere di patologie cronico-degenerative sono quelli
che iniziano a fumare in età molto precoce, per questo motivo si fanno delle campagne di
sensibilizzazione per evitare il tabagismo tra gli adolescenti.
Nella fascia tra 15 e 24 anni la percentuale di fumatori è simile a quella degli adulti, anche se
c’è una tendenza in calo dei giovani fumatori (2001-34%, 2002-29%, 2003-26%), soprattutto
di sesso femminile.

Fumo passivo

Il fumo di tabacco danneggia anche chi non ne fa uso diretto, ma si trova a stretto contatto
con dei fumatori.
Tra i danni del fumo passivo possiamo avere basso peso alla nascita, morte in culla (SIDS),
malattie respiratorie nei bambini (asma, broncopatie persistenti), tumori e cardiopatie negli
adulti.

ALCOOL ETILICO

L’uso dell’alcol è spesso associato all’uso di altre sostanze ed è una delle droghe più diffuse
a livello mondiale.
La sua diffusione viene spesso sottovalutata perché se assunto con moderazione non ha
effetti negativi.
Nel passato l’alcol veniva utilizzato quotidianamente anche come fonte di energia e veniva
assunto in accompagnamento ai pasti, oggi invece l’alcol viene consumato per socializzare
e la dinamica dell assunzione dell’alcol sta sfuggendo di mano, soprattutto tra i più giovani
che iniziano a usare alcool in età sempre più precoce e ne fanno un largo consumo
soprattutto nei fine settimana.
Questo sta facendo aumentare i problemi di salute e problemi psicologici anche nei più
giovani.
La molecola dell’alcol viene assorbita senza digestione e viene metabolizzata al 90% dal
fegato che viene quindi danneggiato (si può avere la cirrosi epatica che poi sfocia in cancro
al fegato), in quanto vengono danneggiati gli epatociti.
Gli organi compromessi dall’uso di alcol sono diversi, anche perché viene indebolito il
sistema immunitario: aumenta il rischio di tubercolosi e infezione ai polmoni; aumenta la
debolezza e perdita di tessuto muscolare (chi beve mangia meno e quindi l’organismo è
debilitato); aumenta il rischio di gastriti, ulcere, carcinoma allo stomaco, per via della
continua sollecitazione; ci possono essere anche danni all’intestino; può causare anche
impotenza e infertilità; può causare pancreatiti che possono sfociare in tumori al pancreas;
può dare problemi cardiaci come aritmie; infine può alterare la pelle, il sangue.
Ovviamente l’alcol causa problemi al cervello con amnesie, confusione, difficoltà di
concentrazione (che può causare anche incidenti).
La FAO ha quindi stabilito un limite massimo di assunzione di alcol che non deve superare il
10% del fabbisogno calorico giornaliero; l’OMS invece ha stabilito come limite 30 grammi al
giorno (questo parametro varia in base all’età e al sesso: sotto i 30 anni 43 grammi per gli
uomini e 30 per le donne; tra i 30 e i 60 anni la quantità diminuisce; dopo i 60 anni la
quantità è sempre più bassa).
Nei bambini, ovviamente, si deve evitare l’assunzione di alcol, in quanto potrebbe portare al
coma etilico (gli organi non sono in grado di metabolizzare l’alcol e quindi arriva al cervello)
e anche alla morte.

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Alcune popolazioni come cinesi o giapponesi sono più a rischio per quanto riguarda il coma
etilico e per questo motivo utilizzano alcolici prodotti in modi differenti rispetto a quelli
occidentali.
Per avere un’idea dell’alcol ingerito basti pensare che 10 grammi di alcol si ritrovano in 10 cl
di vino, in 25 cl di birra, 8 cl di aperitivo o 3 cl di whisky.

Danni da alcol etilico


● Mortalità dovuta a cirrosi epatica, tumori (fegato, bocca, laringe, esofago), suicidi,
incidenti stradali, infortuni sul lavoro.
● Morbosità (numero di malati suscettibili in una determinata popolazione) può dare
malattia da intossicazione, disturbi neurologici, deficit nutrizionali, epatiti croniche,
tumori gastrointestinali, ipertensione, anemia, cardiopatia ischemica.
In gravidanza, inoltre, se la donna gravida assume alcolici può causare la sindrome feto
alcolica con conseguenti malformazioni (si mostra soprattutto con dei tratti facciali
caratteristici di questa malformazione), oltre a causare crisi di astinenza nel neonato.

Fasi dell’alcolismo

L'alcolismo, come le altre dipendenze, si manifesta spesso come sfogo di problematiche


sociali e psicologiche più profonde e anch’esso è caratterizzato da più fasi:
● fase pre-tossicomanica in cui aumenta la tolleranza e quindi non ci si ubriaca subito
(si assume una dose crescente);
● fase prodromica in cui si manifestano le amnesie da alcol;
● fase cruciale, in cui avviene una perdita del controllo sul bere e sull’adattabilità
sociale (un alcolista avrà problemi di socializzazione e sarà emarginato, perde il
lavoro, diventa irritabile);
● fase cronica in cui avviene una riduzione della tolleranza e insorgono le prime
complicanze mediche.
Per questo motivo è importante sensibilizzare sui problemi legati all’alcolismo e fare
prevenzione, per poter intervenire tempestivamente sui soggetti a rischio.

La funzione dell’assistente sociale nell’assistenza alle famiglie

Uno degli elementi fondamentali nel servizio sociale è la famiglia, ovvero il nucleo primario
in cui l’individuo trova risorse materiali ed affettive per crescere in modo sano ed equilibrato,
quindi ha un ruolo fondamentale ed attivo nella presa in carico dei bisogni poiché si dedica
alla cura dei soggetti più deboli (minori, anziani, disabili, ecc…).
I servizi sono chiamati a collaborare intensamente con la famiglia, nella definizione e
nell’attivazione del processo di aiuto.
Per l’attività di assistenza alla famiglia, il legislatore ha emesso alcune leggi.
Una di queste prime leggi è la legge n.194/1978 contenente le “norme per la tutela della
maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”.
Questa legge legalizzò per la prima volta l’aborto in Italia, anche se ancora oggi è molto
discussa e in alcuni stati (es: la Polonia) si sta parlando di tornare a rendere illegale l’aborto.
Il servizio sociale deve accompagnare la donna nelle procedure riguardanti l’interruzione
della gravidanza, aiutandola con i documenti, con i consulti medici, ecc..
L’intervento può essere svolto sia nelle strutture pubbliche, che in quelle private
convenzionate.

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La legge n. 34/1996, invece, prevede la presenza di un Consultorio Familiare, ogni


ventimila abitanti e la norma richiamata nei LEA garantisce alla donna e la partner le
prestazioni erogate gratuitamente dal Sistema sanitario nazionale nel percorso della
gravidanza.
La legge n.405/1975 disciplina la presenza nei consultori familiari di operatori sanitari
(ginecologi, psicologi) e di operatori previsti dalla legge 42/1999 (ostetrici, infermieri,
assistenti sociali), oltre ai consulenti legali, andrologici e di mediazione culturale; queste
figure si occupano dell’assistenza territoriale e domiciliare.
Durante la gravidanza, le strutture territoriali si occupano dell’assistenza e mettono in
contatto la donna col centro nascita (unità operativa ostetrico-anestesiologica-
neonatologica).
In questi centri viene fornita l’assistenza materna-neonatale durante il travaglio, durante il
parto e durante il puerperio (prima fase dopo la nascita durante la degenza).
La fase successiva riguarda il collegamento con le strutture territoriali e le dimissioni protette
che mirano a tutelare la salute del neonato e della puerpera, attenzionando l’allattamento e
istruendo sulla sicurezza dell’ambiente per il bambino e per la madre e di valutare gli
eventuali rischi socio-sanitari.
Le strutture territoriali come gli ambulatori, inoltre, si devono occupare delle attività di
screening neonatale e di prevenzione secondaria, per verificare l’esistenza di eventuali
patologie congenite nel neonato (es: ipotiroidismo, sordità o ipoacusia, favismo, ecc…).
Quest’attvità di screening permette un intervento tempestivo sulle eventuali problematiche
presenti ed evita l’insorgenza di patologie più gravi (es: l’ipotiroidismo se non diagnosticato
subito può dare problemi gravi, in quanto la tiroide dà indicazioni metaboliche che
consentono al cervello di svilupparsi e continuare a crescere, quindi un bambino con
ipotiroidismo congenito potrebbe riscontrare dei deficit cognitivi, se non curato in tempo con
una terapia farmacologica).
Gli operatori che si occupano di assistenza domiciliare (assistenti sociali, psicologi, ostetrici
presenti nei consultori) dovranno segnalare eventuali problemi socio-sanitari, economici o
psicologici (nel caso i problemi riguardassero la madre va fatta una segnalazione ai servizi
territoriali; nel caso i problemi riguardino invece il bambino, la presa in carico spetta al
pediatra e ai servizi sociali competenti).

PROCEDURE ASSISTENZIALI RIVOLTE AI GENITORI

Queste procedure sono molto importanti, in quanto aiutano i genitori a fronteggiare al meglio
la crescita dei figli.

Articolo 30 della Costituzione


Secondo questo articolo è un dovere e un diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare
i figli (anche se nati fuori dal matrimonio). Nei casi di incapacità dei genitori, la legge
provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio
ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

Articolo 31 della Costituzione


La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della
famiglia e l’adempimento dei compiti relativi con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità e l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

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(Si danno aiuti alle famiglie con difficoltà economiche, soprattutto se numerose, evitando la
dispersione del nucleo familiare.)

Legge n. 53/2000
“Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla
formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”

LA TUTELA DEI MINORI

I soggetti che devono essere tutelati di più sono i minori, considerati dall'ordinamento
giuridico come soggetti di diritto incapaci di intendere e volere (fino ai 18 anni) e per questo
deve essere tutelato sia da chi ne ha la potestà (genitori o tutori), sia dai servizi sociali.
La tutela dei minori passa attraverso interventi di natura economica, scolastica e sanitaria.

Legge-quadro n.104/1992
“nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e
l’obbligatorietà del controllo per l’individuazione e il tempestivo trattamento dell’ipotiroidismo
congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica.”
Da questa legge sono scaturite delle attività di screening apposite per la prevenzione delle
suddette patologie. (Le prime regioni a predisporre lo screening uditivo neonatale sono state
Emilia Romagna, Lombardia e Lazio, mentre in Sicilia è stato introdotto solo nel 2016)

Per la prevenzione di infezioni durante l’infanzia sono previste delle vaccinazioni gratuite che
vengono effettuate presso gli ambulatori della Pediatria di comunità e i centri di
vaccinazione: antidifterite, antitetano, antipoliomielite, antiepatite virale B, antipertosse,
antiemofilo, antimorbillo-parotite-rosolia, antipneumococco, antimeningococco C e anti-HPV.

Legge 285/1997
“Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”

Legge 328/2000
“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”

LA TUTELA DEI DISABILI

La condizione di disabilità tocca vari aspetti della vita di una persona: fisico, psichico,
relazionale, culturale, sociale, giuridico.
I bisogni vengono colti dalle istituzioni, soprattutto le necessità della famiglia su cui grava il
carico assistenziale e la cura del proprio caro.
Ai servizi specialistici sono demandati interventi per l’inserimento scolastico, lavorativo e la
socializzazione, oltre alle tradizionali attività di prevenzione, cura e riabilitazione.

Procedure assistenziali rivolte ai disabili

Legge n.104/1992
“Legge quadro per l'assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”

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LA TUTELA DEGLI ANZIANI

La popolazione italiana sta subendo un forte processo di invecchiamento e ciò comporta un


aumento degli oneri sociali a sostegno dei bisogni degli anziani non autosufficienti.
La vecchiaia non è solo un dato biologico, ma anche un progressivo venir meno delle difese
rispetto ai cambiamenti dell’ambiente che porta una graduale perdita delle capacità
funzionali, per cui gli anziani man mano perdono la capacità di gestire la propria vita
autonomamente.
La vecchiaia è influenzata anche da fattori socio-culturali che dipingono l’anziano esaltando i
tratti somatici, la conclusione del ciclo lavorativo con il pensionamento e la malattia con la
conseguente perdita di autonomia.
Alcuni degli obiettivi degli operatori sociali sono quelli di trasmettere immagini positive della
terza età, valorizzare le risorse residue di ogni persona e favorire il mantenimento
dell’anziano all’interno del proprio ambiente di vita e familiare. (es: la famiglia deve essere
aiutata attraverso sostegni anche di natura economica per cercare di tenere l’anziano a
casa, piuttosto che portarlo in qualche struttura.)

Procedure assistenziali rivolte agli anziani

I servizi sociali di assistenza devono aiutare gli anziani ad affrontare situazioni di difficoltà, in
combinazione coi servizi socio-sanitari che sono diretti a chi ha problemi di salute, oltre che
di natura sociale; questi ultimi vengono gestiti dagli enti locali, ovvero i comuni che
organizzano ed erogano le varie prestazioni in base ai bisogni particolari della città e alle
risorse disponibili.

MALATTIE INFETTIVE

Poliomielite
La poliomielite è una malattia che può dare complicanze anche gravi essendo invalidante.
L’OMS ha valutato la pericolosità di questa infezione e per questo motivo ha puntato sulla
vaccinazione di massa per l’eradicazione totale della malattia.

Eziologia
La malattia è causata dal virus polio, che ha più tipi sierologici (1,2,3) e quindi più varianti.
Patogenesi
Penetrazione nell’organismo per via orale e localizzazione del virus nei nervi spinali (in
particolare nelle placche del Peyer) e successiva diffusione per via ematica.
Gli organi bersaglio sono i motoneuroni delle corna anteriori del midollo con conseguente
compromissione dei movimenti, della deambulazione e delle capacità ventilatorie.
Trasmissione
Il contagio può avvenire in maniera diretta (per via aerea attraverso starnuti, goccioline di
saliva) o in maniera indiretta (contaminazione ambientale, latte infetto, acqua infetta).
Cenni clinici (manifestazione della malattia)
● Progressione dell’infezione che si manifesta inizialmente nella mucosa orale, poi a
livello linfatico, meningeo e nervoso;
● L’infezione inizialmente è inapparente, quindi non manifesta sintomi evidenti;

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● In una seconda fase si manifesta una malattia febbrile non differenziata che sfocia in
meningite asettica e anche in malattia paralitica (la compromissione del sistema
nervoso arriva fino alle meningi che ricoprono il midollo e l’encefalo e causano i
danni correlati a questa malattia.)
Diagnosi
La diagnosi viene fatta isolando il virus dal liquor (viene prelevato dalla nuca) per cercare il
virus o, nel caso di infezione pregressa, gli anticorpi specifici.
Epidemiologia
Da un punto di vista epidemiologico, la circolazione del virus in epoca pre-vaccinale era
molto legata alla stagione (soprattutto quella invernale), alle condizioni socio-economiche
(per quanto fosse scadente l’ambiente e la qualità degli alimenti della famiglia che ospitava il
malato) e la latitudine.
L’incidenza della malattia paralitica era maggiore nei Paesi a livello igienico-sanitario
elevato, soprattutto negli adolescenti e negli adulti.
Nel periodo 1949-63, in Italia, furono registrati 3.000 casi di poliomielite paralitica. Dal 1964,
si iniziò a registrare una riduzione notevole del numero di casi, dovuta all’introduzione della
vaccinazione con virus attenuati. Negli anni 1981-90, sono stati registrati soltanto 15 casi di
sospetta poliomielite (l’ultimo caso accertato in Italia risale al 1983).
[A Genova vi è uno degli istituti pediatrici migliori al mondo (= l’istituto Gaslini). Quest’ultimo,
non è un ospedale pubblico, ma è nato come ospedale privato grazie alla donazione che
fecero i genitori Gaslini sotto forma di opera pia beneficienza quando la propria figlia ebbe la
poliomielite e morì].
Prevenzione:
Si previene con la prevenzione primaria:
- SALK (1954): preparazione trivalente inattivata, somministrata per via sottocutanea o
intramuscolare (3 dosi ad intervalli di 1 mese ed 1 richiamo dopo un anno). In Italia, la
vaccinazione divenne obbligatoria nel 1958.
- SABIN (1964): virus attenuati vivi somministrati per via orale. Inizialmente tipi separati
(1,2,3) e poi, nel 1972, tipi associati. Prima dose al 3° mese di vita, seconda dose dopo 6-8
settimane, terza dose al 10°-11° mese e quarta dose al 3° anno di vita. Questo per rendere
infinitesimamente protetto il bambino.

Tetano:
Eziologia:
Malattia infettiva causata da un’esotossina (quindi si tratta di una tossinfezione) prodotta dal
Clostridium tetani:
• gram-positivo
• ha forma bastoncellare a mazza di tamburo
• sporigeno
• mobile
• anaerobio obbligato (= ha bisogno di rimanere all’interno dei tessuti per sviluppare la sua
tossicità)

Le spore resistono sia ad agenti chimici e fisici (sono distrutte solo a 150°C in 5-25 min con
calore umido e in 1h con calore secco dall’ox di etilene e dagli ioduri) nel terreno conservano
la loro vitalità per mesi. Motivo per cui quando arriva una persona al pronto soccorso con
abrasioni, ferite, fratture scomposte, bisogna immediatamente fare il siero per proteggerlo
dalla possibilità che avessero la vaccinazione scaduta e successivamente riproporre la

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vaccinazione se il richiamo non è stato fatto per oltre 10 anni. Le spore quindi rappresentano
il tallone d’achille, di fatti è difficile gestirle se non con la sterilizzazione (e qui entra in gioco il
tetano come causa di morte durante il parto, quando cioè questo viene coadiuvato con
strumenti e bende che possano essere non correttamente sterilizzati).
Produce più tipi di esotossine ma è la tetanospasmina in patologia umana ad essere
altamente virulenta, neurotropa (= va a incidere sul sistema nervoso) e termolabile.

Il Clostridium tetani è saprofita nell’intestino dell’uomo e di alcuni animali, le scorie eliminate


con gli escrementi contaminano il suolo, le acque ed il pulviscolo atmosferico.
È una malattia tossinfettiva acuta non contagiosa (= perché non permette di passare da un
soggetto malato ad uno sano, ma è l’ambiente a fare da tramite) dovuta a penetrazione del
bacillo attraverso le ferite legata alla produzione della esotossina con tropismo elettivo s.n.c.
Ha potere invasivo limitato e l’infezione è limitata al punto di ingresso; nelle lesioni
superficiali le condizioni di aerobiosi favoriscono la fagocitosi impedendone la germinazione.
Nelle ferite profonde le condizioni di anaerobiosi favoriscono: la germinazione delle spore, la
moltiplicazione dei bacilli, l’elaborazione della esotossina, il raggiungimento S.N.C. e il
blocco sinapsi inibitorie, crisi e spasmi muscolari, infine morte.

L’incidenza e la prevalenza dell’infezione dipendono dai parametri socio-economici delle


diverse popolazioni e dal grado di meccanizzazione del lavoro agricolo. Nel mondo ci sono
da 300.000 a 500.000 casi di tetano all’anno, con una mortalità del 45% circa. L’incidenza è
più alta in India, Africa ed America Latina con una mortalità di circa il 50-60%.

Distribuzione geografica: Cosmopolita, maggiore incidenza dai poli all’equatore, quindi il III
mondo è particolarmente coinvolto da questa patologia.

Distribuzione sesso, età, attività lavorativa: Le donne sono meno sensibili alle esotossine
senza distinzione di età; maggiore rischio per persone addette ai lavori agricoli.

In Italia la linea dei decessi è scesa notevolmente in seguito alla vaccinazione e alla
sieroprofilassi.

Andamento stagionale: estate, autunno per maggior rischio all’esposizione

Riserve infezione: diffuso nell’ambiente, spore presenti nella polvere di strade, abitazioni,
ospedali etc.

Trasmissione: l’infezione si acquisisce in seguito a lesioni traumatiche, con ferite


contaminate di terra, interventi chirurgici, parti, aborti etc.

Diagnosi:
La diagnosi è essenzialmente clinica. È facilmente riconoscibile nei casi conclamati mentre è
molto più difficile riconoscerla nella fase iniziale.
Nelle fasi iniziali della malattia, la febbre e la rigidità nucale, associate o meno a turbe del
sensorio pongono problemi di diagnosi differenziale nei confronti di una meningo-encefalite.
Da tali malattie il tetano si differenzia per la compromissione tardiva del sensorio e per la
negatività del liquor cefalo-rachidiano.

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Profilassi:
la profilassi del tetano si attua con la vaccinazione preventiva della popolazione. In Italia la
vaccinazione antitetanica è obbligatoria per:
• tutti i nuovi nati (al terzo mese di vita)
• i lavoratori dei due sessi più esposti al rischio di contrarre l’infezione tetanica (lavoratori,
agricoli, pastori, allevatori, stallieri, fantini, asfaltisti, operai, etc.)
• i militari
• gli sportivi CONI (perché potrebbero farsi male)
- la vaccinazione è consigliata alle gestanti

La vaccinazione viene attuata somministrando tossoide tetanico (anatossina – tossina


detossicata con formaldeide – adsorbita su fosfato o idrossido di alluminio).
La vaccinazione si esegue con due iniezioni intramuscolari distanziate di 4-6 settimane,
seguite da una terza dose dopo 6-12 mesi.
Livelli protettivi di anatossina compaiono in circolo dopo la II somministrazione di anatossina
e persistono fino a 8-10 anni dopo il completamento del ciclo di base.

La profilassi specifica del paziente traumatizzato può essere eseguita con il vaccino
antitetanico da solo o in associazione con immunoglobuline umane specifiche nel modo
seguente:
• Vaccinati regolarmente
a) Dal 1° al 5° anno dopo l’ultima inoculazione, nessun trattamento
b) Dal 6° al 10° anno l’ultima inoculazione, 1 dose di richiamo
c) Oltre il 10° anno dall’ultima inoculazione, immunoglobuline umane specifiche e una
dose di richiamo di vaccino.
• Non vaccinati o vaccinati in maniera incompleta o se non se ne conosce lo stato di
protezione
• Somministrazione di Ig umane specifiche e con il ciclo completo di vaccinazione.

Difterite:
Le notifiche dei casi di difterite in Italia dal 1976 al 1998 sono pressocché scomparsi.
Al livello globale dal 1980 al 2005 i casi sono scesi, sebbene però bisogna continuare su
questo percorso.
L’immunizzazione sta procedendo in ambito globale, ma ci sono ancora dei paesi
abbastanza scoperti.
I maschi sono i più portati ad ammalarsi rispetto alle femmine.

Eziologia:
È una malattia tossi-infettiva, acuta e contagiosa.
• Corynebacterium diphteriae
• lunghezza 2-5 µm
• immobile
• asporigeno
• Gram positivo
• disposizione a palizzata (= tendono ad essere uno accanto all’altro)
• produzione di una esotossina ad azione patogena con attività inibitrice della sintesi
proteica

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Patogenesi:
• Sede d’infezione: prime vie aeree (cavità nasali, faringe, laringe)
• Sulla mucosa, flogosi di tipo fibrinoso necrotico, con essudato costituito da fibrina,
emazie e leucociti
• Angina difterica: localizzazione su tonsille e mucosa pretonsillare
• Laringite difterica
• Rinite difterica

Sintomatologia:
• Periodo di incubazione da 2 a 8 giorni.
• Febbre poco elevata, cefalea, vomito modico dolore di gola, mucosa arrossata
• Sintomatologia generale (alterazioni cardiocircolatorie e renali)

Diagnosi:
L’identificazione di C. diphteriae, in base alla morfologia delle colonie, al tipico aspetto
microscopico e alle reazioni fermentative dei microrganismi isolati in terreno di Loeffler o
agar-tellurito.
Il tampone faringeo o un frammento di pseudomembrana rappresentano i materiali patologici
più idonei.
Prove di identificazione rapida mediante immunofluorescenza.

Epidemiologia:
La malattia è in fortissima diminuzione in molti Paesi, in altri è scomparsa ormai da anni;
resta endemica in diverse aree dell’Asia e dell’Africa.
L’uomo è l’unico serbatoio naturale dell’infezione (discusso e trascurabile il ruolo di alcuni
animali).
Il contagio può essere sia diretto per via aerea che indiretto (quindi con mani sporche o
sudate, o utilizzando gli stessi oggetti con cui è stato a contatto il malato).
Prima della vaccinazione obbligatoria (in Italia dal 1939) l’età più colpita era tra i 2 e i 5 anni,
attualmente nei Paesi in cui il vaccino è estesamente praticato i pochi casi che si
manifestano riguardano soggetti di età superiore ai 20 anni.

Prevenzione:
• vaccinazione, la cui efficacia è dimostrata dalla rarefazione della malattia fino alla sua
scomparsa
• isolamento ospedaliero del malato: deve continuare fino alla negatività di tre esami
batteriologici del secreto rino-faringeo.
[Il vaccino antidifterico è costituito dalla anatossina. La vaccinazione antidifterica viene
associata a quella antitetanica entro il primo anno di vita, con la somministrazione i.m. di tre
dosi (3°-6°-11° mese di vita). Una dose di richiamo viene praticata nell’età scolare].

Pertosse:
Eziologia:
Malattia a decorso acuto altamente contagiosa.
• Bordatella pertussis:
- tossina pertossica (esotossina)
- emoagglutinina filamentosa
- agglutinigeni vari (6 specie specifici)

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- proteine della membrana esterna, endotossina, tossina dermonecrotica, adenilato-ciclasi,


citotossina endotracheale, emolisina
• coccobacilli ovidali
• dimensioni di un µm
• immobili
• non sporigeni
• spesso capsulati
• Gram negativi

Patogenesi:
• Penetrazione per via aerea
• Localizzazione sulla mucosa tracheo-bronchiale tra le ciglia delle cellule epiteliali
• Flogosi catarrale dell’epitelio e necrosi
• Periodo d’incubazione 10-16 giorni (periodo catarrale 1-4 settimane; periodo di maggiore
contagiosità)
• Esordio con manifestazioni catarrali a carico delle prime vie aeree
• Rino-faringite
• Tosse
• Catarro bronchiale (periodo accessuale, fino a 3-4 settimane)
• Accessi più o meno frequenti (da 5 a 40) con tosse ed espettorazione
• Brevi colpi spasmodici di tosse seguiti da inspirazione profonda rumorosa e sibilante
• All’accesso segue emissione di muco denso e filante

I tassi di incidenza schizzano in maniera epidemica ogni due-tre anni (quindi come per il
morbillo, la varicella o la rosolia, ha questo andamento poliennale). Noi oggi, con
l’obbligatorietà della vaccinazione, abbiamo fatto sparire tali picchi epidemici.
Vi è una distinzione di sesso: la distribuzione è meno spostata sul maschio, ma dipende
molto anche dagli anni.

Epidemiologia:
La pertosse è diffusa in ogni Paese e clima, ha carattere endemico con epidemie ogni 3-5
anni (dovuto all’accumulo di soggetti recettivi), l’uomo è l’unica fonte di contagio.
Oltre al malato, sono importanti il portatore precoce ed il malato non diagnosticato (non
esistono più portatori sani). La malattia è più frequente nelle femmine.

Prevenzione:
L’isolamento del malato (in ospedale o nella propria abitazione) sarebbe utile per limitare i
contagi, ma è difficile non trattandosi di soggetti non costretti a letto.
In Italia l’isolamento dura 7 giorni a partire dall’inizio della terapia ai conviventi e ai contatti
non si impone nessuna restrizione.

Diagnosi:
• Essenzialmente clinica
• Le indagini batteriologiche riescono di scarso aiuto, poiché nella fase di maggior
contagiosità (stadio catarrale) il sospetto clinico non viene abitualmente posto, e nello stadio
convulsivo il microgranismo è raramente isolabile.
• Metodi rapidi di identificazione delle bordetelle nelle secrezioni rinofaringee mediante
immunofluorescenza diretta, ma la specificità dei test non è assoluta.

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• Le tecniche basate sull’impiego di sonde di DNA e la reazione a catena della polimerasi


(PCR) consentono risultati più sicuro, ma non sono ancora utilizzati routinariamente.
• Si dispone anche di prove sierologiche, tali metodi però sono più utili ai fini
epidemiologici che per la diagnosi di malattia acuta.

Vaccinazione:
Resta la sola concreta possibilità di prevenzione:
- I vaccini attualmente in uso, sono allestiti con sospensione di batteri uccisi. Ha subito varie
modificazioni fino a giungere alle moderne formulazioni sotto forma di vaccino “acellulare”
(DTaP), contenente cioè soltanto alcuni componenti del batterio il quale, rispetto al
preparato originario ottenuto con cellule batteriche intere, provoca un minor numero di
reazioni nei vaccinati pur conservando elevata efficacia protettiva.
- Lo schema di vaccinazione, che è opportuno iniziare al 3° mese di vita, prevede tre dosi
iniziali ad intervalli di 1-2 mesi, seguite da una dose di rinforzo dopo 6-12 mesi ed una di
richiamo al 3°-6° anno.
- In Italia la vaccinazione antipertossica non è obbligatoria, ma viene di solito associata a
quella antidifterica e antitetanica (DTP).
- Si osservano percentuali di vaccinazione dei vaccinati oscillanti tra il 50% e il 95%.

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