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In sintesi
Nel mondo attuale, le malattie croniche non trasmissibili hanno soppiantato le
malattie acute infettive quale causa di morte: di fronte a questa emergenza sanitaria
sono ancora più evidenti il ruolo dei determinanti sociali della salute e il peso delle
loro disuguaglianze. Tra i determinanti di salute più importanti vi sono il genere, il
ceto sociale, l’istruzione e la condizione di migrante.
Complessivamente, nell’ultimo mezzo secolo, la speranza di vita nella popolazione dei paesi industriali è au-
mentata dell’ordine di quasi 10 anni (5 anni solo dal 1980). 3
Tuttavia, l’epoca contemporanea è gravata dalla mortalità per malattie non trasmissibili che colpisce in modo
non omogeneo, ma con sostanziali differenze tra i generi, tra le classi di reddito e tra i diversi livelli di scolari -
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La salute globale
tà (vedi anche figura 2). In termini complessivi, il 90% dei 36 milioni di decessi per malattie non trasmissibili
nel 2015 si è verificato nei paesi a basso e medio reddito; le percentuali, tuttavia, cambiano, a seconda del PIL
nazionale.4
Emerge, dunque, il termine “disuguaglianze” che designa differenze che non corrispondono alla naturale va-
riabilità dei fenomeni biologici, ma che sono causate da circostanze di mancata equità sociale riferibili
all’individuo, alla famiglia, al gruppo etnico o all’area geografica. Dove le differenze in salute sarebbero evi-
tabili, esse sono inique.
Più in generale, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i determinanti so -
ciali della salute sono le condizioni in cui la gente nasce, cresce, vive, lavora e invecchia. Queste condizioni in-
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La salute globale
fluenzano le possibilità dell’individuo di essere sano, il rischio di ammalarsi e l’aspettativa di vita. Le disu -
guaglianze sociali della salute, sono il risultato dell’ingiusta ed evitabile variabilità di tali determinanti nei
vari gruppi sociali.5
Questi dati avvertono, quindi, che l’attenzione non dovrebbe essere rivolta solo al genere di per sé, ma anche
al sistema di relazioni tra i maschi e le femmine e al contesto che lo crea e lo alimenta.
Nemmeno le donne che sono riuscite a farsi una carriera, però, sfuggono al pagamento di un pedaggio in ter-
mini di salute, a causa sia dello stress legato al difficile raggiungimento dei risultati lavorativi sia dell’essersi
adeguate ad abitudini voluttuarie un tempo “maschili”, come il fumo di sigaretta e l’uso di alcolici (tabella 1).
14,15
Inoltre, le disuguaglianze colpiscono le donne anche dal punto di vista diagnostico e terapeutico e fino a una
ventina di anni fa esse sono state poco rappresentate negli studi clinici: 16 le prime raccomandazioni
specifiche per il genere femminile riguardanti le malattie cardiovascolari, per esempio, provengono
dall’American Heart Association del 1999 che le inserirà in vere e proprie linee guida solo nel 2011. 17
Ora l’arruolamento delle donne nelle sperimentazioni cliniche sta aumentando, poiché la realtà si impone
con i numeri: secondo le statistiche europee 2012, la mortalità cardiovascolare colpisce il 42% degli uomini,
rispetto al 52% delle donne (http://www.ehnheart.org).18 Lo studio internazionale INTERHEART, condotto
su oltre 27.000 partecipanti di cui 6.787 donne, ha rilevato che l’ipertensione, il diabete, la mancanza di
esercizio fisico e il consumo di alcol hanno un peso maggiore sul rischio cardiovascolare nelle donne. 19,20
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La salute globale
E’ stato ormai verificato in molti studi che le patologie ischemiche cardiache possono avere, nei due generi,
importanti differenze di presentazione: anche se il dolore toracico rimane il sintomo cardinale della malattia
coronarica acuta, le donne manifestano più spesso sintomi atipici, come dolore alla schiena, irradiazione alla
mandibola, nausea e vomito, dispnea, palpitazioni, vertigini e lipotimie.21
Questo fa sì che siano le donne, per prime, a trascurare la potenziale gravità di questi sintomi, specie quando
non possono eludere o delegare ad altri gli impegni familiari.
Dal complesso di queste circostanze deriva una differente gestione della patologia coronarica a svantaggio
delle donne, già riconosciuta in un noto editoriale del New England Journal of Medicine.22
Infine, è necessario mettere l’accento sulla violenza, soprattutto domestica, di cui possono essere vittime le
donne, sia essa sessuale, fisica, psicologica o economica: i dati Istat del 2014 dicono che in Italia il 14,3%
delle donne che abbiano o abbiano avuto un rapporto di coppia ha subito almeno una violenza fisica o
sessuale dal partner.23 Oltre che le immediate lesioni fisiche, hanno un importante impatto sanitario i
disturbi secondari, come depressione, ansia e attacchi di panico, disturbi dell’alimentazione, dipendenze,
disturbi sessuali e ginecologici, malattie sessualmente trasmissibili, disturbi gastrointestinali e
cardiovascolari. Il medico deve porre un’attenzione particolare ai segnali che permettono di individuarli:
talvolta,sintomi cronici privi di cause organiche (colon irritabile, cistiti recidivanti, dolori addominali
aspecifici, disturbi della sessualità) possono essere una conseguenza di violenze subite. 24
Migrazione e salute
In questa epoca di globalizzazione e di migrazioni, al filone delle disuguaglianze di salute all’interno di un
paese sviluppato s’innesta, necessariamente, il filone delle disuguaglianze di salute tra paesi sviluppati e pae-
si in via di sviluppo: ai dati che spiegano le disuguaglianze di salute all’interno di ciascun paese industrializ -
zato vanno, quindi, aggiunti quelli derivanti dall’immissione, nel contesto occidentale, delle difficoltà e degli
svantaggi della popolazione veicolata dai flussi migratori. Va ricordato, però, che tali svantaggi sono soprat -
tutto di tipo sociale e culturale perché, dal punto di vista strettamente clinico, si assiste per lo più al fenome -
no del “migrante sano”: infatti, il rischioso e faticoso progetto di emigrazione è generalmente consentito solo
dalla coesistenza di un’età giovanile e di una salute buona, la quale, semmai, verrà in seguito minata dalle
condizioni di vita nel paese ospitante.
Un epidemiologo tedesco, che ha studiato il fenomeno della minore mortalità degli immigrati rispetto alla
popolazione autoctona a parità di età e di condizioni socio-economiche, aggiunge un’altra spiegazione a que-
sto paradosso, che sintetizza con la metafora del “viaggio nel tempo”. I migranti, cioè, giungerebbero al paese
industrializzato non solo da un altro continente, ma da un’altra epoca, ancora priva dei fattori di rischio per
le malattie cardiovascolari o degenerative e questa mancata esposizione li avvantaggerebbe anche dopo
l’ingresso nel mondo occidentale. In più, essi trarrebbero beneficio dall’accesso ai sistemi sanitari occidentali
per curare le malattie infettive di cui erano eventualmente portatori. 30-33
A lungo andare, il vantaggio di salute degli immigrati tende a ridursi, portando a un’omologazione del loro
profilo epidemiologico con quello dei residenti, soprattutto a causa dell’assimilazione, che influisce sullo sta-
to di salute attraverso il cambio degli stili di vita dell’immigrato (in particolare l’assunzione o meno di com-
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La salute globale
portamenti a rischio). La salute degli immigrati sembra essere inversamente proporzionale al livello di depri-
vazione riguardante il contesto abitativo (disponibilità di spazi e di servizi, accessibilità, igiene, sicurezza),
mentre è ambigua la relazione con il livello di segregazione (maggiore o minore possibilità di vivere insieme
ad appartenenti alla propria comunità): infatti, un alto grado di integrazione tra comunità diverse comporta
da una parte un arricchimento e una spinta all’evoluzione dei costumi ma, dall’altra, la carenza di un tessuto
sociale di appoggio in situazioni di difficoltà.
Anche nei migranti provenienti da paesi in via di sviluppo, i maggiori determinanti dell’esito finale sono la
cultura di base (personale ed etnica), l’area di provenienza e l’età all’arrivo: ciò impedisce di fare rilevazioni
sulla salute degli immigrati come se essi costituissero una coorte omogenea. 34
Gli studi sulla salute degli emigranti, purtroppo, sono stati finora condizionati sia da questa arbitraria omolo-
gazione sia dalla mancata registrazione, tra i dati statistici, di quelli relativi alla perdita del patrimonio inizia -
le di salute che si verifica quando il migrante si arrende al fallimento delle proprie speranze e torna in patria
(“bias del salmone”).
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La salute globale
La Conferenza mondiale sui determinanti sociali della salute, tenutasi a Rio de Janeiro nel 2011, ha ribadito
questi principi nella sua dichiarazione politica finale, che chiede alle nazioni che vi aderiscono di agire in 5
aree:39
migliorare le azioni di governo per lo sviluppo e la salute
promuovere la partecipazione dei cittadini alla definizione e all’attuazione delle politiche
orientare il settore sanitario alla promozione della salute e al superamento delle disuguaglianze di salute
rafforzare la collaborazione tra governi a livello globale
monitorare i progressi e aumentare la trasparenza degli operati.
La Rio Political Declaration è stata avallata dagli stati membri dell’OMS nella sessantacinquesima assemblea
mondiale della sanità che si è svolta a Ginevra nel maggio del 2012.
La UN Platform on Social Determinants of Health, nata come meccanismo informale di supporto ai vari stati
per l’implementazione delle azioni concrete a salvaguardia dei principi ugualitari affermati, ha poi emanato
questi massaggi chiave:40
la salute è la precondizione e il risultato della sostenibilità ambientale, economica e sociopolitica
il miglioramento della salute globale passa per il riconoscimento dei suoi determinanti sociali e per la
protezione dai loro effetti
per essere efficace, un sistema sanitario deve essere accessibile ed equo e non disgiunto dalla
considerazione dalle differenti esposizioni a rischi per la salute e dai differenti livelli di vulnerabilità
come garanzia di equità nella prevenzione e nella cura delle malattie, ai sistemi sanitari che prevedono
ingenti esborsi da parte dell’individuo e delle famiglie per il mantenimento o il raggiungimento di un
appropriato stato di salute vanno preferiti quelli con copertura di tipo universalistico.
La crescita economica, infatti, non è il solo indicatore di miglioramento della salute in un paese: occorre,
come sostiene Amartya Sen, che lo sviluppo sia, innanzitutto e soprattutto, un alleato dei poveri e non dei ric -
chi. Alcuni paesi a basso reddito, in cui si è tentato di applicare questo principio (come Cuba, Costa Rica,
Cina, Sri Lanka e lo stato indiano del Kerala), hanno raggiunto buoni livelli sanitari per tutti i cittadini.
Nell’ultimo decennio, la mortalità infantile si è ridotta drasticamente in Egitto, Grecia e Portogallo; nel 2000,
Cuba ha raggiunto una copertura del 99% dei servizi per l’infanzia; Brasile, Canada, Svezia, Regno Unito,
Kenya, Iran, Mozambico, Cile e Sri Lanka sono diventati “paesi partner” della Commissione, impegnandosi a
far progredire l’equità sanitaria.41
Forse sarà davvero possibile ridurre le disuguaglianze in una sola generazione.
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La salute globale
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La salute globale
In sintesi
Le disuguaglianze di ceto, ambiente e censo si determinano e si accumulano nel
corso della vita: lo svantaggio sociale si ripercuote sull’organismo attraverso
meccanismi di ordine endocrinologico e metabolico. Tuttavia, il riconoscimento
ufficiale dei determinanti sociali della salute risale solo a una trentina di anni fa.
Nella figura 3 la linea continua rappresenta l’andamento ideale del corso della vita in salute. La linea a punti-
ni rappresenta una crescita condizionata pesantemente da fattori socioeconomici che non consentono la rea-
lizzazione delle potenzialità di salute; la linea tratteggiata rappresenta una fase di crescita normale seguita da
una fase di declino condizionato da un’esposizione a circostanze sfavorevoli
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La salute globale
Una buona partenza nella corsa della vita è segnalata, per esempio, dall’aumento dell’altezza media della po -
polazione europea di 10-30 mm per decade avvenuto nell’ultimo secolo: 5 l’aumento di statura, com’è noto, è
andato di pari passo con l’aumentare degli standard di vita, che hanno assicurato un maggior introito protei-
co e calorico ai bambini delle classi povere (i ricchi erano già alti). 6 La novità sta nell’aver verificato che le dif-
ferenze in altezza, lungi da essere un mero attributo estetico, si traducono in differenze nella salute e nella
speranza di vita.7 Poiché, fisiologicamente, la crescita in statura si arresta nell’adolescenza, si può dedurre
che tratti biologici acquisiti per cause ambientali fino alla pubertà sono in grado di influenzare la salute e la
longevità nelle età avanzate.8
Secondo la teoria “dell’accumulazione”, il rischio di sviluppare una malattia è dato dalla somma degli svan-
taggi fisiologici e sociali subiti nel tempo. Una malattia cronica delle basse vie aeree, per esempio, può essere
il risultato di molte bronchiti infantili dovute all’aver vissuto in una casa povera e affollata, dell’essere stati
esposti professionalmente a sostanze tossiche aerodisperse o dell’aver fumato nella prima età adulta. Le due
teorie (della programmazione biologica e dell’accumulo) si sintetizzano nell’ipotesi che le condizioni sociali
della famiglia condizionano la salute infantile e quella successiva dell’adulto. 9
Il concetto della trasmissione intergenerazionale del rischio attiene all’epidemiologia del corso di vita ( life
course epidemiology),10 secondo cui è particolarmente nefasta l’assenza di una mobilità sociale al passaggio
generazionale: le persone che non salgono la scala sociale dalla situazione sperimentata durante la loro infan-
zia a quella che vivono da adulti (migliorando i traguardi educativi, la casa e il quartiere) hanno un maggior
rischio di morte di quelle che lo hanno fatto. Uno studio del progetto Lifepath ha potuto rilevare nel primo
caso un assetto più sfavorevole dei marcatori infiammatori. 11
Si è finora ritenuto che la salute dell’età adulta fosse influenzata solo dai comportamenti personali e dalla di-
sponibilità di cure appropriate. Per fare un esempio, nell’ultimo decennio sono diminuite le cause di morte
cardiovascolari e metaboliche ed è anche aumentata la sopravvivenza nelle patologie oncologiche. Inoltre,
l’incidenza del cancro del polmone, che è il più frequente tra i tumori maligni degli uomini, è aumentata tra le
donne, nelle quali la neoplasia contende il secondo posto (dopo il tumore della mammella) al tumore del co -
lon-retto.12 Una probabile spiegazione sta nel fatto negli ultimi trent’anni l’abitudine al fumo è stabile tra le
donne italiane (le fumatrici sono intorno al 18% circa), mentre si osserva una forte riduzione tra gli uomini
(dal 56% al 30%).13
La riduzione della mortalità per malattie cardiovascolari è sicuramente attribuibile sia al cambiamento degli
stili di vita sia a un buon sistema sanitario, che ha un ruolo sia nella fase diagnostico/terapeutica sia nella
prevenzione, nel momento in cui mette in atto programmi di diagnosi precoce o di vaccinazione di massa.
Tuttavia, il paradigma dei determinanti sociali della salute chiarisce che la fruizione di entrambi i fattori di
miglioramento è strettamente associata a un adeguato livello culturale e sociale.
All’estremo finale della vita, le disuguaglianze sanitarie colpiscono soprattutto gli anziani non autosufficienti,
in bilico tra l’appoggio familiare (quando possibile od offerto) e il ricovero in strutture tra loro fortemente di -
somogenee dal punto di vista assistenziale in base alla situazione geografica, alla sponsorizzazione pubblica o
privata e alla retta richiesta all’ospite.
Un esempio che mette in evidenza la correlazione tra salute negli anziani e la loro possibilità economica e di
protezione sociale è quello relativo agli effetti delle ondate di calore: le alte temperature agiscono sulla salute
sia per il loro effetto diretto sull’organismo quando sono prolungate e senza refrigerio notturno, come avvie-
ne nelle città dove il calore prodotto in sovrappiù dalle emissioni delle automobili e dei condizionatori è ri-
verberato dagli edifici e dall’asfalto stradale e non mitigato dalla presenza di vegetazione, 14 sia con meccani-
smi legati alla concentrazione di gas atmosferici. Gli eccessi di mortalità negli anziani osservati in Europa
nell’estate del 2003 sono stati, infatti, probabilmente dovuti anche agli elevati livelli di ozono prodotti dal
caldo eccezionale.15 Tra gli ultrasettantacinquenni che vivono nelle città dell’Europa mediterranea, ogni au-
mento di 1°C della temperatura ambientale massima mensile protratto per almeno due giorni è associato a
un aumento della mortalità del 12% circa per malattie cardiovascolari e dell’8% per malattie respiratorie. 16 La
presenza di aria condizionata in casa e di un aiuto domestico che supplisca alla necessità di uscire per strada
per fare la spesa o comprare le medicine può essere, in questi casi, un elemento vitale.
Il discrimine dello stato socio-economico pesa, quindi, anche sulla terza età; tuttavia, è stato notato che nelle
fasce più anziane della popolazione le disuguaglianze di salute tendono a ridursi 17 sia perché, dopo l’età del
pensionamento, i principali motivi della fragilità sono biologici e perciò trasversali a tutti gli strati sociali, sia
perché la selezione dei soggetti più svantaggiati è già avvenuta in età più precoce.
Importanti fattori di rischio per la salute mentale sono la perdita di persone care, l’isolamento sociale e la so-
litudine.
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La salute globale
La tutela della salute degli anziani passa, quindi, non solo dall’assistenza sanitaria primaria, ma anche da
condizioni di vita quotidiana sane e favorevoli al benessere, considerate come prioritarie dall’OMS nel suo
piano Salute 2020 per ridurre di almeno due anni, entro tale data, la disabilità che accompagna l’ultima sta-
gione della vita. Nel piano s’inserisce anche il documento Strategia e piano d’azione per l’invecchiamento
sano in Europa 2012-2020.18
L’Italia è al vertice della graduatoria europea per attesa di vita, ma al 15° posto per invecchiamento attivo e in
salute: il Ministero della salute ha perciò promosso la realizzazione da parte del Centro nazionale per la pre -
venzione delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità un sistema di sorveglian-
za epidemiologica su condizioni di salute, abitudini e stili di vita della popolazione italiana ultrasessantacin -
quenne, denominato Passi d’Argento, che affianca quello già esistente di sorveglianza sulla popolazione con
18-69 anni, chiamato Passi.19
Per esplorare la fruibilità dei servizi sanitari (servizi della ASL, medico di famiglia, farmacia) e sociali (servizi
del Comune) e di quelli utili alle necessità della vita quotidiana (negozi di generi alimentari, supermercati o
centri commerciali) e le difficoltà incontrate per raggiungerli, Passi d’Argento ha raccolto in modo randomiz -
zato più di 24.000 interviste in 18 regioni italiane e nella provincia autonoma di Trento, tra il marzo 2012 e il
gennaio 2013.
Un anziano su cinque è risultato a rischio di isolamento sociale e con sintomi di depressione; quelli più fragili
sono donne (26% rispetto al 14% degli uomini) e persone con difficoltà economiche (41% contro il 12% dei
non indigenti). Era considerato a rischio di isolamento sociale chi, nella settimana precedente l’intervista,
non ha frequentato centri sociali, non ha incontrato altre persone né scambiato quattro chiacchiere anche
solo al telefono.
Ciascuno di questi indicatori rimanda svantaggi di tipo economico, di genere e di classe sociale, per cui le
azioni da intraprendere non possono essere isolate, ma devono incidere su questi. 20
La diversa esposizione a inquinanti ambientali veicolati sia dall’aria sia dall’acqua crea differenze dello stato
di salute degli individui, dei gruppi anagrafici e delle popolazioni o (nei casi peggiori) differenze di attesa di
vita.
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La salute globale
Tra gli inquinanti alimentari sono degni di menzione per la loro diffusione e pericolosità gli insetticidi
organofosfati. La letteratura scientifica fornisce numerose prove che i pesticidi provochino svariati e gravi
effetti negativi sulla salute umana, non solo sulle categorie professionalmente esposte (tipicamente i
lavoratori agricoli), ma anche sulla popolazione generale, nell’ambito della quale le donne in gravidanza e
i bambini sono i bersagli più sensibili.
E’ stato documentato che in gravidanza l’esposizione lavorativa e/o residenziale a organofosfati comporta
un aumento del rischio di nascita pretermine e di basso peso alla nascita e di danni al neurosviluppo con
compromissione delle capacità cognitive del nascituro. 1-4 In aggiunta è stata dimostrata una relazione di
dose-dipendenza tra la concentrazione di pesticidi e la probabilità di questi effetti negativi. E’ stato
stimato che a seguito di tale esposizione in utero si perdono ogni anno in Europa 13 milioni di punti di
quoziente intellettivo (QI) e si verificano 59.300 casi di disabilità intellettuale. 5
L’agricoltura biologica rappresenta una valida alternativa per limitare l’assunzione di pesticidi con la dieta.
Un’ampia metanalisi6 (343 studi) ha confrontato i prodotti dell’agricoltura biologica e di quella
convenzionale, giungendo a concludere che negli alimenti biologici si hanno maggiori livelli di polifenoli
(dal 19% al 51%) e antiossidanti, minori residui di pesticidi e minori livelli di metalli pesanti (cadmio).
Un documento del Parlamento Europeo pubblicato nel 2016 attesta che l’alimentazione biologica riduce il
rischio di malattie allergiche e obesità e che, in gravidanza, protegge lo sviluppo cerebrale. L’effetto
favorevole è riconducibile a diversi fattori: minore presenza di metalli pesanti, maggiori concentrazioni di
acidi grassi omega 3 nel latte, non utilizzo di antibiotici nelle carni provenienti da allevamenti biologici
(riduzione del rischio di antibiotico resistenza). 7
Alcuni recenti dati ottenuti da studi di popolazione confermano l’effetto protettivo dell’alimentazione
biologica. Uno studio condotto in Norvegia su 28.192 donne gravide ha evidenziato una riduzione del
rischio di preeclampsia tra le donne che avevano adottato una dieta biologica. 8 Uno studio retrospettivo
caso-controllo su 306 bambini con ipospadia ha suggerito che una dieta biologica in gravidanza (specie
carni e latticini) diminuisca il rischio della malformazione. 9
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La salute globale
L’urbanizzazione può anche favorire l’insorgenza di comportamenti patologici o vere e proprie malattie
psico-sociali (per esempio depressione, abuso di alcol e sostanze psicotrope, violenza e suicidi).
L’ambiente urbano espone i poveri a particolari rischi fisici e chimici, dagli incidenti stradali all’esposizione
all’inquinamento. Si stima che oltre un milione di persone nel mondo viva in ambienti urbani dove i livelli di
inquinamento atmosferico eccedono le soglie di sicurezza per la salute e che proprio le comunità più povere
vivano nelle aree più inquinate e con gli standard abitativi peggiori.
Per questi motivi la povertà dovrebbe essere affrontata in un’ottica multidimensionale che preveda più ap -
procci (figura 4), che coinvolga tutti i portatori di interesse (stakeholder), sia nell’analisi della situazione sia
nella ricerca di soluzioni, e che dia spazio alla partecipazione del cittadino a livello locale.
LOCALE
- Regione, ARPA, ARS,
Provincia, ASL
- Comune (Rete Città
Sane/OMS, Rete delle Città
Sostenibili/Agenda 21)
- Scuola, Università
- ONG
- ...
Integrazione NAZIONALE
INTERPERSONALE tra i vari - Ministeri Salute, Ambiente,
- Insegnanti soggetti coinvolti Pubblica istruzione, Welfare
- Medici di famiglia nella salute dei bambini, ecc.
- Pediatri di libera scelta povertà e degrado - Istituto superiore di sanità,
- ONG ambientale APAT
- ... nelle città - ONG
- ...
INTERNAZIONALE
- Nazioni Unite, OMS, UNESCO,
UNICEF, Unione europea,
Consiglio d’Europa
- ONG
- ...
In particolare, a livello locale le azioni di promozione della riduzione della povertà riguardano:
il rafforzamento delle piccole e medie imprese e delle cooperative, permettendo una maggiore regolarità
del lavoro
la facilitazione ad accedere ai servizi educativi, formativi e socio-sanitari
il miglioramento delle condizioni ambientali e delle infrastrutture tramite l’incentivazione degli
investimenti pubblici e privati
lo sviluppo di strategie di protezione per donne e bambini
la promozione dei servizi sociali
la maturazione dell’efficacia amministrativa della giustizia come garanzia della sicurezza
il potenziamento delle amministrazioni locali, delle ONG, delle università, eccetera
la garanzia di un supporto speciale per emarginati, senzatetto, ragazzi di strada, anziani, eccetera al fine di
raggiungere una loro integrazione sociale.
Una valida proposta è “Città Sane” dell’OMS,25 un progetto a lungo termine che mira a comprendere tra gli
obiettivi amministrativi delle città l’impegno politico verso la salute, lo sviluppo del lavoro intersettoriale,
l’incremento della partecipazione della comunità, l’innovazione e il miglioramento della politica pubblica.
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La salute globale
“Città Sane” punta a migliorare lo stile di vita e di conseguenza il livello di benessere degli abitanti e dei lavo -
ratori delle città europee, raccolte in una rete, in ogni sua sfaccettatura toccando anche l’argomento “pover -
tà”.
Sempre l’OMS ha predisposto il Piano Operativo per la Salute dei bambini (CEHAPE), 26 che individua 4 prio-
rità per la salute dei bambini declinate in più obiettivi.
Le priorità comprendono:
accesso ad adeguate risorse idriche (acqua in quantità sufficiente, sicura e di buona qualità) e
disponibilità di misure igienico-sanitarie associata alla consapevolezza della loro importanza
politiche dei trasporti e della mobilità in grado di garantire livelli di attività fisica adeguati per la salute,
sicurezza stradale con mobilità sicura e autonoma dei bambini
controllo dell’inquinamento all’aperto e nei luoghi chiusi, tutelando in particolare l’esposizione di bambini
e gravidanza, tramite la riduzione delle emissioni dannose per la salute, contrasto al fumo
riduzione dell’esposizione a sostanze chimiche nocive inquinanti.
Il piano si presta a essere contestualizzato anche in ambiente urbano in ordine al rapporto povertà e rischio
ambientale.
I professionisti commercialisti,
ingegneri, medici
I tassi di mortalità cardiovascolare del primo gruppo calavano, con il passare degli anni, da 195 a 81 e quelli
del sesto gruppo da 243 a 235. Si è avuto, quindi, nel lasso di tempo considerato, una diminuzione di mortali -
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La salute globale
tà in entrambi i gruppi sociali, ma modestissima (di 8 punti) nell’ultimo e di 114 punti nel primo: in definiti-
va, la disuguaglianza è aumentata nel tempo, da 48 a 154 punti, a favore dei professionisti.
Acheson ha indagato quali fossero i possibili determinanti dell’aumento di rischio cardiovascolare a mano a
mano che il tipo di impiego diveniva meno qualificato e ha rilevato:
un marcato gradiente sociale dell’obesità, maggiore nelle donne che negli uomini
un evidente gradiente sociale dell’ipertensione nelle donne
una dipendenza da alcol nel 10 % degli uomini di classe IV e V contro il 5% nelle classi I e II e da fumo nel
12% dei maschi professionisti contro il 41% degli operai non qualificati (per le donne le percentuali
corrispondenti sono 11% e 36%)
un minor consumo di frutta e verdura e di cibi ricchi di fibre nella popolazione a minor reddito
una durata dell’allattamento al seno fino a 6 mesi nei tre quarti dei nati da donne di classe I e in meno di
un quarto di quelli da donne in classe V.
Negli stessi anni del rapporto Black (nel 1967), aveva preso il via anche lo studio prospettico Whitehall sugli
impiegati statali, che dimostrava un’associazione inversa tra la classe sociale (definita dal livello gerarchico e
dal prestigio dell’impiego) e la mortalità per un’ampia gamma di malattie. 29
In particolare, la mortalità cardiovascolare aumentava via via che si scendeva la scala gerarchica lavorativa,
tanto che quella di chi stava alla base della scala era quadrupla di quella di chi stava in cima, con una diffe -
renza di vita attesa di una decina di anni. Anche dopo avere corretto i risultati per i fattori di rischio cardiova-
scolare classici (obesità, fumo, diabete, sedentarietà e ipertensione), chi aveva una posizione lavorativa infe -
riore continuava ad avere un rischio di morte precoce doppio rispetto a chi era in posizione lavorativa gerar -
chicamente superiore. Nel caso del rischio d’infarto, esso aumentava di 2,5 volte fra la base e il vertice. Nes-
sun tipo di lavoro era escluso dall’effetto che la gerarchia esercitava sulla salute.
Tra il 1985 e il 1988, una seconda indagine con le stesse caratteristiche (denominata Whitehall II) 30 ha inte-
ressato una nuova coorte di oltre 10.000 funzionari statali (6.900 uomini e 3.414 donne) di età tra i 35 e i 55
anni. A distanza di vent’anni, i due studi hanno dato risultati sovrapponibili (correlazione tra basso grado
lavorativo, stile di vita scorretto e percezione di poca salute; correlazione inversa tra grado lavorativo e preva -
lenza di sintomi e/o segni di ischemia cardiaca o di bronchite cronica; correlazione tra fattori ambientali sfa -
vorevoli nei primi anni di vita e bassa statura).
Da trent’anni, le persone incluse nella coorte vengono seguite ed esaminate dal consorzio di ricerca coordina-
to da Michael Marmot, vero e proprio filo conduttore della sociologia britannica della salute, essendo stato
anche membro del Comitato scientifico dello studio di Acheson.
Whitehall II31 ha raccolto una messe enorme di dati clinici e sociali che ha generato finora più di 500 articoli
scientifici. Lo studio, la cui fine è prevista per il 2030, è una fotografia della qualità della vita dalla mezza età
alla vecchiaia, di cui indaga (oltre che la prevalenza delle malattie cardiovascolari, primo obiettivo) anche la
disparità nel declino fisico e cognitivo e la presenza di obesità, diabete e depressione, in relazione alla posi -
zione lavorativa.
Secondo Marmot, poiché la disuguaglianza sociale uccide su larga scala, se in Gran Bretagna fossero tutti lau-
reati e con un lavoro soddisfacente, la mortalità cardiovascolare prematura sarebbe dimezzata. Non è, quindi,
possibile - avverte Marmot - formulare raccomandazioni indirizzate al solo Servizio sanitario, come era stato
ufficialmente richiesto ad Acheson,32 perché la lotta alle disuguaglianze di salute è di pertinenza soprattutto
economica e politica.33
Si può notare che, ben più di recente, dati simili di correlazione tra fumo, obesità, sedentarietà, diabete melli-
to e classi sociali sono stati prodotti, in Italia, nell’ambito del progetto Passi. 34 La sorveglianza in sanità pub-
blica Passi opera una raccolta continua, attraverso indagini campionarie nella popolazione italiana tra i 18 e i
69 anni, di informazioni sugli stili di vita e i fattori di rischio comportamentali associati all’insorgenza delle
malattie croniche non trasmissibili e sul grado di conoscenza e adesione ai programmi di prevenzione in atto
in Italia. I rischi indagati sono il fumo, l’inattività fisica, l’eccesso ponderale, il consumo di alcol, la dieta po -
vera di frutta e verdura. La sorveglianza copre anche i temi della sicurezza stradale e sui luoghi di lavoro, del -
la copertura vaccinale e dello stato di benessere fisico e psichico.
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La salute globale
dei fattori di rischio modificabili quali il fumo di sigaretta, l’obesità, l’eccessivo introito di zuccheri, di alcol o
di sale.
La stessa OMS, nel suo piano per ridurre del 25% la mortalità per malattie non trasmissibili (in ordine di
prevalenza: cardiovascolari, oncologiche, respiratorie croniche e diabete) entro il 2025 (25x25), si occupa
solo di combattere gli effetti della deprivazione sociale, non considerando questa come un fattore di rischio a
sua volta modificabile.
Un lavoro uscito su Lancet nell’ambito del progetto europeo Lifepath 35 ha recentemente colmato questo gap:
si tratta della metanalisi di 48 ampi studi di coorte condotti in paesi europei ad alto reddito, che confronta tra
loro l’associazione tra mortalità per tutte le cause e per causa specifica e lo stato sociale (posizione lavorativa)
sfavorevole e l’associazione tra mortalità e i fattori di rischio cosiddetti “25x25”.
Un precedente studio36 dello stesso gruppo di ricerca ha analizzato una coorte italiana per esaminare la rela -
zione tra la posizione lavorativa personale e paterna con alcuni geni collegati ai processi infiammatori. Lo
studio ha rilevato che i soggetti che stanno più in basso nella scala sociale hanno maggiori modifiche epigene-
tiche responsabili di un’alterata risposta infiammatoria (che, come noto, sta alla base anche dello sviluppo di
alcuni tumori) e che situazioni di disagio sociale nel corso della vita (ma soprattutto nell’infanzia) sono in
grado di programmare un “fenotipo difensivo” che porta a un alterato metabolismo degli zuccheri e ad accen -
tuate risposte infiammatorie in età adulta.36
Accanto al ruolo dei fattori di rischio tradizionali si sta, quindi, dando rilevanza a quello dello stress prolun -
gato, che è sicuramente più difficile da cogliere nel compilare l’anamnesi di un paziente, ma che ha basi bio -
logiche convincenti, che permettono di stabilire un filo conduttore tra situazioni ambientali che hanno agito
all’inizio della vita ed esiti di salute alla sua fine. Inoltre, questo approccio promuove la ricerca di nuove vie
patogenetiche e di nuove cause, rintracciabili attraverso le molte tecnologie biomolecolari come la genomica
o la proteomica. Per chiarire quali siano i passaggi biologici intermedi tra lo svantaggio sociale e il deteriora-
mento dei parametri organici, si è fatto avanti il concetto di carico allostatico ( allostatic load), certamente
non nuovo, perché descrive, anche nel campo dell’etologia animale, il cumulo di risposte adattative a un am -
biente potenzialmente ostile: allostasi (dal greco allos altro e stasis posizione) significa, in traduzione libera,
mantenere la stabilità verso i cambiamenti esterni ed è complementare all’omeostasi (dal greco omeos,
uguale) che è l’attitudine a mantenere stabili i parametri interni, in quanto concorre a mantenere o a ripristi-
nare quest’ultima.37
Il meccanismo allostatico risponde a minacce esterne o a stress, inducendo l’organismo a modificare i suoi
parametri abituali per fare fronte a un evento che sovverte l’omeostasi (stress). Il carico allostatico episodico
crea una risposta neuroendocrina e immunitaria protettiva, ma se lo stress è cronico, la stessa risposta, elici-
tata in modo ripetitivo, attiva un meccanismo di feedback, che finirà per deprimere il sistema immunitario
(figura 5).
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La salute globale
L’organismo, in sintesi, è fisiologicamente in grado di adattare i suoi parametri interni alle richieste ambien -
tali; se, però, eventi straordinari, come interazioni sociali difficili o la mancanza di controllo sul proprio lavo -
ro e, in definitiva, sulla propria vita, diventano ordinari, il sovraccarico allostatico può portare a logorio e
all’usura mentale e fisica. E’ il “pedaggio” multisistemico che il corpo paga per i ripetuti sforzi di adattarsi alle
esperienze della vita.38 Sembra, quindi, dimostrato il ruolo delle citochine (i mediatori chimici dell’infiam-
mazione) e di altri mediatori endocrini nel trasformare l’insoddisfazione sociale in malattia fisica, con modi-
ficazioni che sarebbero di tipo epigenetico, ossia potenzialmente ereditabili come variazione dell’espressione
genica senza un’alterazione della sequenza del DNA: l’ambiente fisico e sociale possono, cioè, alterare l’epige -
noma mutando l’espressione dei geni (silenziandoli o attivandoli) ma senza modificarli nella loro struttura.
Anche l’assunzione di cibo in eccesso rispetto alla spesa energetica è una risposta ancestrale allo stress che, se
cronicizzata, può portare a sindrome metabolica, a diabete o a obesità.
Sono stati individuati alcuni parametri39 i cui livelli alterati indicano un sovraccarico allostatico:
pressione arteriosa (attività cardiovascolare)
misura del giro vita (deposito lipidico)
colesterolemia (rischio aterosclerotico)
emoglobina glicosilata (metabolismo del glucosio)
deidroepiandrosterone solfato (indice dell’inibitore/antagonista dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene)
escrezione del cortisolo nell’urina nelle 12 ore (indice di attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene)
escrezione di norepinefrina ed epinefrina nell’urina nelle 12 ore (indice dell’attività del sistema nervoso
simpatico).
Oltre che attraverso lo stress prodotto dalla subalternità e dal mancato riconoscimento del proprio ruolo nel -
la società, la percezione di un controllo limitato sul proprio destino agisce sulla salute attraverso una minore
capacità di accesso alle risorse utili per la salute.
Alcuni esperti hanno, però, messo in dubbio questa teoria: il premio Nobel per l’economia 2015 Angus Dea-
ton, per esempio, la ribalta, ipotizzando che a dare un vantaggio di salute utile a sostenere il successo sociale
sia la costituzione genetica (come dire il physique du rôle).40
Marmot, però, ha confutato più volte questo rovesciamento, tacciandolo di ricalcare vecchi assunti sociobio-
logici. Tutti gli studi condotti su gemelli identici e su popolazioni di immigrati costretti a cambiare stili di
vita, alimentazione e organizzazione sociale (come i giapponesi emigrati negli Stati Uniti) mostrano, invece,
come sia la dimensione sociale a modificare il corso della salute che, ovviamente, finisce per retroagire sulla
posizione sociale. Marmot ha definito questo intrico di salute e riconoscimento del ruolo sociale coniando il
termine “status syndrome”.41
Con un’associazione tipo causa-effetto molto più intuitiva, la marginalizzazione, la povertà e la discriminazio -
ne influiscono sulla salute di particolari gruppi di adulti:
i disoccupati
i disabili fisici e mentali
i senzatetto
le famiglie monogenitoriali.
Il disagio sociale ed economico di queste categorie, con le sue conseguenze sulla salute e sull’attesa di vita, si
è fatto ancora più manifesto in questi ultimi anni di crisi economica e di restrizione del welfare, in molti paesi
occidentali.
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La salute globale
Il riconoscimento di interconnessioni tra questi poli stabilisce il passaggio dalla definizione di “sociologia
della medicina” a quella di “sociologia della salute” che meglio la configura, in quanto esprime il tentativo
di analizzare il rapporto tra salute e malattia in senso globale.
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La salute globale
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La salute globale
In sintesi
L’assistenza primaria è la chiave di volta nel contrasto alle disuguaglianze di salute,
in quanto a diretto contatto con l’individuo calato nel suo contesto familiare e
comunitario. Le responsabilità principali restano in capo ai decisori politici ed
economici. In Italia, il Ministero della Salute si muove nell’ottica di potenziare la
prevenzione, individuando tra gli obiettivi la riduzione del carico prevenibile ed
evitabile di morbosità, mortalità e disabilità delle malattie non trasmissibili e delle
esposizioni ambientali potenzialmente dannose per la salute.
nel settore sanitario bisognerebbe orientare l’azione molto più decisamente verso la prevenzione e la
promozione della salute, cui attualmente è destinato solo il 3% circa delle risorse complessive del budget
della sanità (compreso l’ambito veterinario, peraltro importantissimo per i suoi risvolti sul controllo
agroalimentare, degli allevamenti e della macellazione)
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La salute globale
il sistema sanitario italiano, che è stato concepito in forma universalista (che garantisce a tutti l’assistenza
sanitaria essenziale in forma gratuita), dovrebbe essere convertito a una forma di tutele crescenti per chi
ha meno opportunità sociali, professionali, educative ed economiche
l’informazione veicolata dai media è di primaria importanza per diffondere la consapevolezza sulle
disuguaglianze di salute e la conoscenza dei modi per correggerle per quanto è possibile: non solo deve
rendere conto del dibattito che si svolge sul tema, ma anche modificare la prospettiva da una
colpevolizzazione dell’individuo per i suoi stili di vita scorretti alla valutazione del condizionamento
sociale dei comportamenti e delle conseguenze – fisiche e mentali – dello status socio-economico.
Tra i vari modelli messi a punto sui determinanti di salute, quello proposto dalla commissione CSDH (Com-
mission on Social Determinants of Health) dell’OMS 4 propone un tentativo di descrivere (figura 8) come il
contesto sociale, economico e politico generi una gamma di situazioni socio-economiche tali da stratificare la
popolazione in una data posizione sociale sulla base di reddito, livello di educazione, professione, genere, et -
nia. Il contesto e la posizione sociale rappresentano i determinanti strutturali e possono essere considerati i
determinanti sociali delle disuguaglianza di salute.
La posizione sociale nella scala sociale, a sua volta, dà origine a specifici determinanti di salute (determinanti
intermedi). Infatti da essa dipendono l’esposizione e la vulnerabilità delle persone a fattori di rischio per la
salute. La malattia può avere ricadute sia sulla scala sociale individuale (per esempio limitando le possibilità
di impiego o il reddito) sia sulla sanità (per esempio alcune malattie epidemiche possono compromettere le
tutele sociali, l’equilibrio economico e politico).
Il modello CSDH si differenzia da modelli precedenti per il fatto di concepire il sistema sanitario stesso come
un determinante di salute. Il ruolo del sistema sanitario è particolarmente rilevante per quanto riguarda
l’accessibilità e ha un ruolo importante nel mediare le conseguenze delle malattie sulla vita delle persone.
Il sistema di libero mercato che caratterizza il modo economicamente più ricco non lascia, però, molto spazio
alle illusioni: come ha scritto Danny Dorling, professore di geografia sociale in Gran Bretagna, nel suo libro
Inequality and the 1%, l’uno per cento dei super ricchi (con reddito superiore alle 250.000 sterline/anno)
possiede il 15% della ricchezza inglese (il 10% ne possiede il 50%) e, così facendo, toglie al restante 99% della
popolazione le opportunità di avere un reddito adeguato. 5
Anche l’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Co-
operation and Development, OECD) ha dedicato un recente rapporto alle disuguaglianze: 6 fra i molti dati
emerge come la disuguaglianza fra ricchi e poveri (misurata in punti Gini) sia il principale ostacolo alla mobi-
lità sociale all’interno dei vari paesi.
L’Italia è fra i paesi occidentali con la maggiore disuguaglianza e la minore mobilità fra le classi sociali, misu-
rata sulla progressione dei salari.
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La salute globale
Misurare le disuguaglianze
Il coefficiente di Gini, introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini, è una misura della diseguaglianza di
una distribuzione.7 E’ spesso usato per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche
della ricchezza. E’ un numero compreso tra 0 e 1; valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione
abbastanza omogenea, con il valore 0 che corrisponde alla situazione in cui tutti percepiscono
esattamente lo stesso reddito; valori alti del coefficiente indicano una distribuzione più diseguale, con il
valore 1 che corrisponde alla massima concentrazione, ovvero la situazione dove una persona percepisce
tutto il reddito del paese mentre tutti gli altri hanno un reddito zero (vedi figura 9).
L’indice di Gini talvolta viene visualizzato in “punti Gini”, in cui l’indice è moltiplicato per 100 (da 0 a 100).
Un recente contributo metodologico viene da uno studio 8 sullo sviluppo e sull’applicazione di un nuovo
indice di misurazione delle disuguaglianze, in particolare di deprivazione socioeconomica relativa, in
Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Inghilterra. L’European Deprivation Index (EDI) è costruito sulla base
sia dei dati individuali EU-SILC (su reddito, esclusione sociale e condizioni di vita) sia dei dati dei
censimenti di ogni paese e definisce la rinuncia a beni materiali e i servizi, ponderata secondo variabili
internazionali. L’analisi sistematica dei meccanismi di produzione e riproduzione della deprivazione
permetterebbe l’attuazione di politiche europee, anche sanitarie, congiunte e più efficaci. Il progetto EU-
SILC (Statistics on Income and Living Conditions)9 fornisce dati per i rapporti periodici dell’Unione
europea sulla situazione sociale e sulla diffusione della povertà nei paesi membri. Gli indicatori sono
incentrati su reddito, esclusione sociale e deprivazione materiale. L’Italia partecipa al progetto con
l’indagine su un campione di circa 29.000 famiglie (per un totale di quasi 70.000 individui, ciascuno dei
quali intervistato), distribuite in circa 640 comuni di varia popolosità.
Siti web di riferimento
Una risorsa utile per visualizzare efficacemente le differenze di ogni genere fra paesi (economiche,
sociali, demografiche, sanitarie) è il sito Gapminder, fondato dallo statistico svedese Hans Rosling
(http://www.gapminder.org)
Un sito da consultare per avere statistiche globali anche sulle disuguaglianze è l’OCSE
(http://www.oecd.org/ e http://www.oecd.org/italy/)
Sul sito Eurostat, l’agenzia europea di statistica, si trovano molti spunti sulle disuguaglianze
(http://ec.europa.eu/eurostat)
E’ anche interessante una ricognizione delle differenze di finanziamento dei sistemi educativi nell’area
OCSE (http://www.oecd.org/education/reducing-inequalities-and-financing-education-remain- key-
challenges.htm)
Per le statistiche italiane, il sito dell’Istat ha una sezione dedicata alle disuguaglianze, con molti dati
sulla povertà in Italia (http://www.istat.it/it/archivio/disuguaglianza)
Aspetti educazionali
La condizione necessaria, se non sufficiente, perché il medico e l’operatore sanitario non medico provino a
contrastare le disuguaglianze di salute è l’acquisizione di un’informazione analitica e corretta sui loro deter-
minanti socio-economici e culturali.
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La salute globale
Come sostiene anche il Royal College of Physicians britannico, dare tali informazioni (o, per meglio dire, fare
tale formazione) dovrebbe essere un compito dell’Università e delle scuole di specializzazione che preparano i
professionisti della sanità.12
Nel curriculum delle scuole di medicina e chirurgia lo studio della malattia dovrebbe essere esteso al suo
aspetto che coinvolge la popolazione nel suo insieme, invece che limitarlo a quello della sua espressione nel
singolo paziente. L’approfondimento dei determinanti delle disuguaglianze di salute dovrebbe essere intro-
dotto non solo tra gli insegnamenti di sanità pubblica (medici delle cure territoriali e medici competenti), ma
anche come insegnamento trasversale nella carriera universitaria di tutti gli studenti. 10 Anche una specializ-
zazione in apparenza clinicamente “neutrale” come la cardiologia, infatti, è strettamente coinvolta dai deter -
minanti sociali e da quelli di genere sia per quanto riguarda la genesi delle patologie (si pensi alle coronaro -
patie correlate al fumo o alle valvulopatie correlate al reumatismo articolare acuto mal curato) sia per quanto
riguarda le differenze nelle modalità di presentazione, nella consapevolezza di malattia e nelle cure erogate.
Anche dal punto di vista operativo, l’insegnamento dovrebbe essere mirato a obiettivi di riduzione delle di-
suguaglianze: va insegnata l’opportunità di un lavoro di squadra con i servizi sociali locali, della costruzione
di una relazione di fiducia e di rispetto con tutti i pazienti e, soprattutto, con quelli socialmente più svantag -
giati e di una consuetudine di rapporti con le loro comunità di riferimento.
Lo studente di medicina e il neolaureato dovrebbero fare pratica sul territorio per essere esposti all’azione e
agli effetti delle diverse situazioni sociali. Tale obiettivo può essere raggiunto anche facendo fare esperienza
agli studenti in appoggio all’operato di organizzazioni umanitarie non mediche, ma dotate di esperienza e di
solide basi giuridiche. La partnership tra il settore sanitario e le ONG dovrebbe poi essere sempre mantenuta,
quanto meno per quanto riguarda la condivisioni dei dati.
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La salute globale
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La salute globale
A livello degli enti locali, il medico di medicina generale potrebbe farsi portatore delle istanze della parte più
fragile ed economicamente più svantaggiata della sua popolazione di pazienti, che egli avrà avuto modo di co -
noscere attraverso i ripetuti incontri e la raccolta di un’anamnesi completa.
Nel suo rapporto intitolato “Fair Society Healthy Lives” (2012) 19 peraltro, Michael Marmot rileva come la fi-
losofia da lui propugnata dell’“universalismo proporzionale”, per cui l’offerta di cure è di intensità proporzio -
nale al livello di svantaggio del paziente, sia da sempre appannaggio della buona pratica clinica in medicina
generale che, tra gli altri indicatori, è rivelata da:
un tasso basso di pazienti cronici persi al follow-up
un’alta adesione dei pazienti ai programmi di prevenzione
un’ampia gamma di modalità di comunicazione con il medico
un confronto frequente con gli operatori sociali della zona.
Il complesso delle azioni da mettere in atto da parte dei medici nei confronti dei loro pazienti viene dagli an -
glosassoni sintetizzato utilizzando l’acronimo delle tre “E” di engagement, empowerment ed environment
(coinvolgimento, responsabilizzazione e ambiente).
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La salute globale
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La salute globale
mondo. Questo è il compito politico del nostro mestiere: ma non è separato dal singolo atto diagnostico, te-
rapeutico, di sostegno. Ne è parte, ma come by product; ed è conseguenza e supporto della qualità del lavo-
ro.”
I Dipartimenti di Prevenzione, mediante le Unità Operative di Prevenzione della Salute nei Luoghi di Lavoro,
Igiene Pubblica, Igiene degli Alimenti e della Nutrizione e Medicina Ambientale dovranno nella programma-
zione delle attività - in particolare di educazione alla sicurezza, prevenzione degli infortuni domestici, igiene
dell’abitato, promozione della salute - prevedere interventi mirati e specificamente diretti ai settori di popola-
zione svantaggiati. Implementare programmi di promozione a stili di vita favorevoli alla salute e di contrasto
del fumo di tabacco, alcol, tossicodipendenze con particolare attenzione a migranti, disoccupati, anziani e
adolescenti fragili.
In tal senso i Dipartimenti di Prevenzione dovranno supportare il corpo insegnante nell’integrare i program-
mi scolastici con contenuti e azioni di promozione della salute. Il carattere universalistico della scuola per-
mette il raggiungimento delle realtà locali più svantaggiate, dando priorità alle aree di maggiori criticità in
cui l’analisi del contesto evidenzi una maggiore esposizione a fattori di rischio per la salute negli ambienti di
vita e di lavoro e nell’alimentazione.25
Importante è anche il supporto ai Comuni nella costruzione dei Piani di Governo del Territorio (PGT) e nella
formazione dei Regolamenti Edilizi, promuovendo trasformazioni positive del territorio da un lato e delle co-
struzioni dall’altro, con azioni di recupero e di riqualificazione urbana, specie in aree già fortemente degra -
date, per:
ridurre l’esposizione della popolazione a fattori di rischio ambientale 26 (i più fragili e poveri vivono e
lavorano in vicinanza di impianti “critici”, discariche, inceneritori, autostrade e strutture impattanti sulla
salute e sulla qualità della vita per molestie olfattive, rumore, inquinamento atmosferico, vedi anche
Disuguaglianze di salute e ambiente)
migliorare con interventi di riqualificazione urbana l’accessibilità e la fruibilità abitativa da parte di
soggetti fragili e gruppi socialmente svantaggiati 27
rappresentare proposte di miglioramento della qualità della vita (inclusione sociale, benessere fisico e
salute mentale) attraverso zone residenziali ben connesse con percorsi pedonali e ciclabili sicuri, dotate
di spazi verdi, servizi di prossimità e di adeguati trasporti pubblici.
Anche la programmazione centralizzata degli screening oncologici (collo dell’utero, mammella e colon) su
chiamata rappresenta una importante attività di contrasto delle disuguaglianze tra la popolazione nella ac-
cessibilità alla prevenzione secondaria.
Gli ambienti di lavoro andrebbero orientati in senso salutare (Workplace Health Promotion, WHP) 28 miglio-
rando il contesto sociale e partecipativo anche al fine dell’uniformità di tutela della salute e sicurezza dei la -
voratori e delle lavoratrici con azioni prioritarie in base alla graduazione del rischio.
I medici competenti dovrebbero indirizzare la loro attività anche al contrasto delle patologie cronico degene -
rative e neoplastiche per fattori diversi da quelli occupazionali nella comunità dei lavoratori. 29-32 I medici
competenti dovrebbero formulare il giudizio d’idoneità alla mansione nel rispetto, come ogni altro atto me-
dico, del principio di alleanza terapeutica con il paziente lavoratore per evitare che il giudizio di idoneità limi -
tata si traduca, come troppo volte succede, nel licenziamento e quindi finisca per creare una condizione di ri -
schio per la salute ancora più grave.
Va, inoltre, contrastato il lavoro nero che oltre a negare la protezione assicurativa ai quasi 3 milioni di sogget -
ti che, secondo Confartigianato, vi sono impiegati, priva lo Stato dei molti miliardi di euro delle imposte rela -
tive a una cifra pari al 6% del PIL, danneggiando così, indirettamente, il welfare complessivo del paese.33
Se la terra trema
Nel congresso dell’AIE (Associazione italiana di epidemiologia) che si è tenuto all’Aquila il 15 e il 16 aprile
2016, è stato presentato il supplemento speciale della rivista Epidemiologia & Prevenzione con articoli
imperniati sugli esiti e sulle prospettive sanitarie e di ricerca del terremoto dell’Aquila. 34
Una revisione della letteratura sui terremoti nei paesi ad alto reddito ha mostrato che quelli dell’Aquila e
di Kobe e Hanshin-Awaji (Giappone, 17 gennaio 1995) sono i più studiati. Il terremoto dell’Aquila è stato
studiato con un follow-up più lungo rispetto ad altri terremoti, ma con uno sguardo rivolto più alla salute
mentale che alla mortalità, agli effetti cardiovascolari e all’impatto sui sistemi sanitari. 35 A due anni di
distanza dal terremoto e dallo tsunami che colpirono il Giappone nel 2011, gli epidemiologi nipponici
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La salute globale
hanno rilevato un aumento non atteso della mortalità dovuta a cause cardiovascolari (aritmie e sindrome
coronarica) o a cause metaboliche (diabete).36
L’esperienza insegna che si potrebbe intervenire su queste patologie che a lungo termine progrediscono
fino all’exitus, con la creazione di un elenco delle persone sottoposte al disastro e con la stratificazione
del loro rischio cardiovascolare e del rischio cumulativo di fattori di salute, sociali e psichici.
I quasi 600 anziani intervistati all’Aquila sulla loro percezione dello stato di salute post sisma hanno
dimostrato una percezione negativa associata significativamente con la delocalizzazione, con l’essere
donna, con l’età avanzata, con un basso livello d’istruzione e con la convivenza con una persona estranea
al nucleo familiare. Anche la presenza di alcune patologie croniche degenerative contribuiva alla
percezione negativa.37 Appare chiaro che i risultati di una catastrofe altro non sono se non la
magnificazione delle difficoltà già presenti nella popolazione e nel territorio colpiti.
Ne sono la riprova (per converso) i risultati della ricerca “Impatto sulla salute del territorio in provincia di
Modena (ISTMO)”38 disegnata dopo il terremoto del 2012 da esperti dell’Azienda USL di Modena,
dell’Agenzia sanitaria e sociale dell’Emilia-Romagna, dell’Istituto superiore di sanità e da medici di
famiglia. Particolarmente interessante è stato l’utilizzo di un campione di popolazione già oggetto di
indagine, dal 2007, nella sorveglianza di popolazione PASSI. 39 I risultati di ISTMO, presentati a giugno
2016, descrivono una popolazione che ha reagito in maniera resiliente agli eventi traumatici, con pochi
cambiamenti nello stato di salute percepito, anche se con una transitoria maggior diffusione degli stati di
ansia e depressione. I fattori di rischio comportamentali hanno risentito in modo non univoco: si è ridotta
la prevalenza dei fumatori (dal 31 al 27%), ma anche la percentuale di chi pratica attività fisica (dal 35 al
29%) ed è aumentata la percentuale di persone con obesità (dal 10 al 15%). E’ rimasta stabile la
copertura della vaccinazione antinfluenzale nelle persone con patologie croniche e il ricorso agli esami
preventivi per la diagnosi precoce dei tumori.
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La salute globale
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La salute globale
In sintesi
L’ondata migratoria ha portato con sé paure, pregiudizi e discriminazioni che
incidono sullo stato di salute delle persone che si spostano di stato o di continente
per sfuggire alla guerra o alla povertà. A prescindere dalle denominazioni con cui li si
etichetta quando sono migranti, è necessario assicurare a tutti gli individui il diritto
alle cure, come richiesto dall’OMS, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea e dalla Costituzione italiana.
La strategia OMS
Con la risoluzione EUR/RC66/R6 del 13 settembre 2016, 1 il Comitato regionale europeo dell’OMS ha adotta-
to il Piano strategico e di azione per la salute dei rifugiati e dei migranti nella Regione europea dell’OMS, ap -
provato dai ministri della salute e dai rappresentanti dei 53 Stati membri della Regione europea dell’OMS.
Il principale obiettivo del piano strategico è quello di prevenire le malattie e le morti premature delle persone
che intraprendono percorsi migratori, assicurando la disponibilità, l’accessibilità, la sostenibilità e la qualità
dei servizi essenziali negli ambienti di transito e di accoglienza.
Il piano intende includere i bisogni di salute (comprensivi dei programmi di prevenzione e diagnosi precoce
di cui usufruiscono i cittadini dei paesi ospitanti) dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati nei servizi
sanitari pubblici e nelle politiche sanitarie nazionali, sulla base di “Health 2020. Un quadro politico Europeo
e la strategia per il 21° secolo”.2
Il piano si prefigge, inoltre, di migliorare l’informazione e la comunicazione in ambito sanitario.
Nel complesso, il piano rappresenta un orientamento per le eventuali iniziative a livello dei paesi membri,
delle quali, tuttavia, non è in grado di garantire l’adozione né effettiva né concordata, visti i recenti atteggia-
menti di chiusura verso i migranti di alcuni governi nazionali. 3
Michael Marmot, nell’introdurre una serie di articoli recentemente apparsi sullo European Journal of Epi-
demiology, non ha esitato a definire “immorale” la discriminazione sanitaria nei confronti dei migranti, dal
momento che è un principio sbandierato dal mondo occidentale che tutti gli uomini abbiano diritto a essere
trattati con pari dignità.4
Per quanto riguarda la tutela del diritto alle cure dei migranti, la FNOMCeO ha proposto un decalogo di com -
portamento (vedi box).
Migrante è chi decide di spostarsi liberamente, per migliorare le proprie condizioni materiali e sociali o le
prospettive future della sua famiglia. Un migrante è regolare se risiede in un paese con un permesso di
soggiorno; è irregolare se è entrato in un paese evitando i controlli di frontiera, oppure se è entrato
regolarmente (magari con un visto turistico), ma è rimasto dopo la scadenza del visto o se non ha
lasciato il paese dopo un ordine di allontanamento.
Clandestino in Italia si considera chi, avendo ricevuto un ordine di espulsione, rimane nel paese. Dal
2009 in Italia la clandestinità è un reato penale.
Rifugiato nel diritto internazionale indica uno status giuridicamente riconosciuto dalla Convenzione di
Ginevra del 1951 e accolto in Italia con la legge 722 del 1954. Designa una persona che “nel giustificato
timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a
un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la
cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole, domandare la protezione di detto Stato”. In quanto
condizione giuridica e non esistenziale, lo status di rifugiato può decadere: se la persona ha acquistato
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La salute globale
una nuova cittadinanza; se è volontariamente tornata nel paese che aveva lasciato, “cessate le
circostanze in base alle quali è stata riconosciuta come rifugiato”; se, in pratica, la sua situazione nel suo
paese è cambiata in meglio.
Richiedente asilo è una persona nella situazione precedente, ma ancora in attesa di decisione da parte
delle autorità competenti riguardo al riconoscimento dello status di rifugiato.
Profugo è un termine meno precisato che indica chi, per diverse ragioni (guerra, povertà, fame, calamità
naturali, eccetera) ha lasciato il proprio paese ma non è nelle condizioni di chiedere la protezione
internazionale.
Apolide secondo la Convenzione di New York del 1954, l’apolide è una persona che non ha la nazionalità
di alcun paese. La nazionalità è il legame giuridico che garantisce a ogni persona il godimento dei propri
diritti: l’apolide è giuridicamente invisibile e quindi non può accedere all’assistenza sanitaria e sociale e
agli studi, non ha documenti per spostarsi e non può sposarsi. La situazione d’irregolarità lo espone a
periodi di detenzione amministrativa e ordini di espulsione.
Sfollato è una persona che pur avendo abbandonato la propria casa per gli stessi motivi dei rifugiati, o a
causa di eventi eccezionali (carestie, per esempio), non ha attraversato un confine internazionale; perciò
non ha diritto alla protezione o all’assistenza internazionale.
Beneficiario di protezione umanitaria è chi può ottenere una protezione umanitaria ma non è
riconosciuto come rifugiato perché non è vittima di persecuzione individuale nel suo paese, ma ha
comunque bisogno di protezione o assistenza. Si segnala che la protezione umanitaria viene rilasciata
solo in Italia, mentre a livello europeo esiste anche la protezione sussidiaria.
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La salute globale
In tutti i casi citati, l’iscrizione è estesa anche ai familiari a carico, regolarmente soggiornanti. Se il familiare è
un minore studente, al compimento del diciottesimo anno di età potrà ottenere il rilascio di un permesso di
soggiorno per motivi di studio e non dovrà pagare il contributo d’iscrizione all’SSN previsto per l’iscrizione
volontaria.
Per le persone che non ricadono in queste categorie, infatti, l’iscrizione al SSN, in alternativa alla stipula di
un’assicurazione privata, può essere volontaria.
Per l’iscrizione all’SSN è previsto il pagamento di un contributo di qualche centinaio di euro, tranne che per
chi paga le imposte. In questo caso, basta presentare all’ASL (o altra denominazione analoga) di pertinenza,
oltre ai documenti richiesti, una copia del modello della dichiarazione dei redditi.
L’iscrizione all’SSN è gratuita se la persona straniera è:
disoccupata con permesso di soggiorno e iscritta alle liste di collocamento o munita di permesso per
attesa occupazione
rifugiata con regolare certificato attestante lo status di rifugiata e/o richiedente asilo
coniugata con un cittadino italiano e a carico dello stesso
minore con genitore residente in Italia e appartenente a una delle categorie sopraelencate.
L’assistenza sanitaria per i minori figli di immigrati irregolari è prevista tramite iscrizione al Servizio sanita -
rio regionale (SSR); per gli immigrati irregolari maggiori di 18 anni non è prevista la possibilità di iscrizione
al SSR ma l’assistenza è comunque erogabile previa assegnazione di un codice STP (straniero temporanea -
mente presente) o ENI (europeo non iscrivibile), qualora l’immigrato irregolare presenti una “dichiarazione
d’indigenza”, valida 6 mesi (vedi modello 1, allegato alla Circolare Ministeriale 24 marzo 2000, n. 5, pag. 44
GU10 e Accordo Stato Regioni 12 dicembre 2012, n. 255 CSR, 16 modulistica da rilasciare in copia all’immi-
grato).
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La salute globale
Ai fini del rilascio del tesserino STP non è necessario esibire un documento d’identità, ma è sufficiente una
dichiarazione delle proprie generalità.
Potranno così essere erogate, con pagamento di un ticket (a parità di condizioni con il cittadino italiano), le
seguenti prestazioni:
1) cure urgenti (con esonero ticket): che non possono essere differite senza danno per la salute della persona,
come avviene per il cittadino italiano
2) cure essenziali, cioè le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche (ancorché continuative) relative a
patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare mag -
giore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti):
prestazioni sanitarie ambulatoriali di primo livello (ad accesso diretto) e specialistiche, da eseguirsi presso
le strutture della medicina del territorio o dei presidi sanitari pubblici e privati accreditati, strutturati in
forma poliambulatoriale od ospedaliera, eventualmente in collegamento con organismi di volontariato
aventi esperienza specifica (DPR 31 agosto 1999, n. 394, art. 43, comma 8 17 e Circolare Ministeriale 24
marzo 2000, n. 5, pag. 42 GU.10
ricoveri, da eseguirsi su richiesta del medico operante nelle strutture previste dall’art. 43, comma 8 del
DPR 31 agosto 199, n. 394.17 Tutte le prestazioni, le prescrizioni e le pratiche di rendicontazione saranno
effettuate mediante l’utilizzo del codice STP (straniero temporaneamente presente), come da Circolare
Ministeriale 24 marzo 2000, n. 5, pag. 42 10 e da Accordo Stato Regioni 12 dicembre 2012, n. 255 CSR, 16 o
del codice ENI (europeo non iscrivibile) per i comunitari (nota informativa del Ministero della salute
DGRUERI/II/3152-P/I.3.b/1, 19 febbraio 2008 18 e Accordo Stato Regioni 12 dicembre 2012, n. 255
CSR.16 I codici STP e ENI saranno rilasciati dalle ASL, dalle Aziende ospedaliere, dai Policlinici
universitari e dagli IRCCS.
Le prestazioni sanitarie per malattie essenziali saranno fornite in generale con ticket ma, a differenza che per
il cittadino italiano, gratuitamente in caso di ribadita indigenza (serve una seconda dichiarazione di indigen-
za) dello straniero, cui verrà assegnato uno specifico codice X01 (Decreto Ministro Economia e Finanze, 17
marzo 2008)19 e Accordo Stato Regioni 12 dicembre 2012, n. 255 CSR, 16 valido solo per una singola prestazio-
ne. Il codice X01 è valido solo per l’extracomunitario, ma non è previsto per il comunitario; inoltre, il codice è
valido solo per le visite specialistiche e gli esami clinico-strumentali, mentre le prescrizioni farmaceutiche
non sono citate. Tutti gli stranieri nella fascia di età compresa fra 0 e 6 anni, comunque presenti sul territo -
rio, sono esonerati dal ticket sanitario a parità di condizioni con il cittadino italiano (DL 25 luglio 1998, n.
286, art. 35, comma 3, punto b8 e Accordo Stato Regioni 12 dicembre 2012, n. 255 CSR. 16
I titolari di prestazioni erogate a tutela della gravidanza e della maternità (fino a 6 mesi successivi alla nascita
del figlio) sono esonerati dal ticket alle medesime condizioni dei cittadini italiani (Circolare Ministeriale 24
marzo 2000, n. 5, pag. 42 GU10 e Accordo Stato Regioni 12 dicembre 2012, n. 255 CSR).16
L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero irregolare non può comportare alcun tipo di segna-
lazione all’Autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano
(DL 25 luglio 1998, n. 286, art. 35, comma 5).8
Vi è, inoltre, una serie di situazioni particolari nelle quali lo straniero entrato irregolarmente o divenuto irre-
golare ha comunque diritto all’iscrizione all’SSR (Accordo Stato Regioni 12 dicembre 2012, n. 255 CSR, pag.
20):16
richiesta di protezione internazionale/asilo
affidamento (ivi compresi i minori non accompagnati)
attesa di regolarizzazione (iscrizione temporanea per i regolarizzandi o per emersione dal lavoro nero)
donna in stato di gravidanza, sino a sei mesi dopo la nascita del figlio
detenuti negli istituti penitenziari per adulti o minori, internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, in
semilibertà o sottoposti a misure alternative alla pena
vittime soggette alla tratta o riduzione in schiavitù, ammesse a programmi di protezione sociale (DL 25
luglio 1998, n. 286, art, art. 18).8
Anche se, nelle singole Regioni e Province autonome, vi sono differenti modalità di erogazione delle presta -
zioni ambulatoriali (iscrizione al medico di famiglia, ambulatori dedicati, ambulatori del volontariato con-
venzionati), l’assistenza sanitaria all’immigrato irregolare per la medicina essenziale è ovunque garantita in
tutte le Regioni, nel rispetto dei principi dell’art. 43, comma 8 del DPR 31 agosto 199, n. 394. 17
L’assistenza sanitaria per il minore è presente ovunque ma, in un terzo delle Regioni, è limitata all’attività dei
consultori.
Gli ambulatori del volontariato non convenzionati, diffusi su tutto il territorio, possono operare in collabora -
zione con le strutture pubbliche per la gestione del tesserino STP.
- 34 -
La salute globale
Irregolare (nessun permesso: scaduto o mai STP (cure urgenti, essenziali, continuative)
richiesto)
- 35 -
La salute globale
Bibliografia
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10. Circolare del Ministero della Sanità 24 marzo 2000, n. 5. Indicazioni applicative del decreto legislativo 25 luglio
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straniero” - Disposizioni in materia di assistenza sanitaria. Gazzetta Ufficiale n. 126 del 1 giugno 2000.
11. Istituto Superiore di Sanità, Ministero della Salute. L’accesso alle cure della persona straniera: indicazioni operative,
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12. Decreto Legislativo 22 giugno 1999, n. 230. Riordino della medicina penitenziaria a norma dell'articolo 5, della
legge legge 30 novembre 1998, n. 419. Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 1999 - Supplemento Ordinario n. 132.
13. Ministero dell’Interno. Visto e permesso di soggiorno. http://www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-
asilo/modalita-dingresso/visto-e-permesso-soggiorno
14. Decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n. 334. Regolamento recante modifiche ed integrazioni al
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione. Gazzetta Ufficiale n. 33
del 10 febbraio 2005 – Supplemento Ordinario n. 17.
15. Circolare del Ministero della Sanità 17 aprile 2007. Chiarimenti in materia di assistenza sanitaria ai cittadini
extracomunitari a seguito delle recenti Direttive emanate dal Ministero dell’Interno.
16. Accordo Stato Regioni 12 dicembre 2012, n. 255 CSR. Gazzetta Ufficiale n. 32 del 7 febbraio 2013. Supplemento
Ordinario n. 9.
17. Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Gazzetta Ufficiale n. 258 del 3 novembre 1999.
18. Nota informativa del Ministero della salute DG RUERI/II/3152-P/I.3.b/1 19 febbraio 2008. Indicazioni per la
corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle regioni e
province autonome italiane.
19. Ministero dell'Economia e delle Finanze. Decreto 17 marzo 2008. Revisione del decreto ministeriale 18 maggio
2004, attuativo del comma 2 dell’articolo 50 della legge n. 326 del 2003 (Progetto tessera sanitaria), concernente il
modello di ricettario medico a carico del Servizio sanitario nazionale.
20. Rom e sinti: Alcuni dati e qualche riflessione.
http://www.santegidio.org/pageID/854/langID/it/Rom_e_sinti_Alcuni_dati_e_qualche_riflessione.html
21. L’altro diritto. Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità. Capitolo 1. I minori extracomunitari in
Italia. http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/migranti/pratelli/cap1.htm
22. Fundacion Secretariado Gitano. Comunità ROM e Salute in Italia. Madrid, 2007.
http://ec.europa.eu/health/ph_projects/2004/action3/docs/2004_3_01_manuals_it.pdf
23. European Network Sastipen. Reduction of Health Inequalities in the Roma Community. Final Report 2006.
http://ec.europa.eu/health/ph_projects/2004/action3/docs/2004_3_01_frep_en.pdf
- 36 -
La salute globale
In sintesi
Uno tra i principali fattori che contribuiscono a determinare le disuguaglianze di
salute in Europa è la configurazione della protezione socio-sanitaria: sono elementi
di vantaggio per la salute dell’individuo e della comunità l’esistenza di un servizio
sanitario universalistico e l’accessibilità alle cure per tutti i cittadini. Al contempo, la
speranza di vita e il numero degli anni trascorsi senza malattia sono correlati al
miglioramento del livello di istruzione e del reddito, che dovrebbe rientrare tra gli
obiettivi primari delle politiche nazionali.
Dati europei
Base per il programma quadro Health 2020, 1 il documento OMS del 2013 Review of determinants and the
health divide in the WHO European Region 2 è il frutto del lavoro di 13 commissioni e della revisione finale di
esperti dello University College London Institute of Health Equity coordinati da Michael Marmot e dell’OMS.
Il profilo di salute dei 53 Stati membri della Regione europea dell’OMS mostra significativi passi avanti ri-
spetto al precedente rapporto del 2008 delineato dalla Commission on Social Determinants of Health
(CSDH),3 ma anche la persistenza e talvolta l’aumento di situazioni di disuguaglianza entro e tra i paesi.
L’analisi sviluppata dal documento è seguita da una parte che evidenzia le opportunità di implementazione di
scelte strategiche appropriate in grado di ottenere risultati positivi anche nei paesi a reddito basso.
Dal rapporto emerge, rispetto agli indicatori di salute, che l’Italia è in discreta posizione e che gli italiani sono
tra i più sani e longevi cittadini europei. Anche in Italia, tuttavia, esistono notevoli disuguaglianze di salute
tra le persone: dai dati del rapporto, anzi, l’Italia risulta più povera di altri 15 paesi UE e piuttosto carente an -
che come scolarizzazione superiore. Anche in altri paesi in gravissima difficoltà economica e caratterizzati da
profonde e crescenti disuguaglianze come la Grecia, d’altronde, le condizioni di salute sembrano essere mi-
gliori di quelle di paesi con maggior giustizia sociale. Sono evidentemente in gioco altri fattori (come la situa-
zione geografica, il clima, l’alimentazione, la coesione sociale, il tipo di sistema sanitario) che favoriscono un
migliore stato di salute.
Secondo il Rapporto sulle disuguaglianze della salute in Europa e in alcuni paesi limitrofi, stilato da Marmot
nel 2010,4 i fattori che intervengono nel determinare disuguaglianze internazionali nelle cure sono, innanzi
tutto, l’esistenza o meno di un sistema sanitario universalistico e, poi, l’accessibilità dei servizi sanitari in tut-
te le aree geografiche dei singoli paesi e anche per i gruppi più vulnerabili e isolati (come i disabili, gli immi-
grati, i rom e i senza tetto).
Per promuovere l’equità sanitaria in Europa, la Commissione ha messo a fuoco un elenco di passi necessari:
salvaguardare i diritti umani è la base su cui poggia qualsiasi azione mirante all’equità nella salute
gli individui e le comunità vanno resi consapevoli dei loro diritti e dei danni provocati dalle iniquità
sociali
la tutela della salute deve seguire tutto lo svolgersi della vita, dai fondamentali anni dell’infanzia a
quelli dell’età produttiva e riproduttiva fino a quelli fragili della vecchiaia
va promosso il miglioramento educativo, sociale ed economico tra una generazione e la successiva
va posta enfasi sulle azioni politiche che rafforzino la solidarietà e la giustizia sociale
l’universalismo proporzionale è il meccanismo distributivo delle risorse cui fare riferimento in prima
battuta.
Il rapporto Health at a glance: Europe 2016 5 mette in luce molte correlazioni interessanti: la speranza di vita
residua per le persone che hanno, per esempio, 65 anni di età è funzione del loro sesso ma, sia per i maschi
sia per le femmine, è in funzione anche della loro scolarità, le persone con un livello educativo più alto vivono
tendenzialmente più a lungo. La differenza in anni ancora vivibili è dovuta a tassi più alti di mortalità cardio -
vascolare tra gli anziani con bassi livelli educativi.6
In Italia, le disuguaglianze di salute socialmente determinate sono dello stesso tipo di quelle di altri paesi eu-
ropei ad alto reddito ma, in molti casi, di entità minore: per esempio, la differenza tra la speranza di vita a 65
- 37 -
La salute globale
anni tra i più (educazione universitaria) e i meno istruiti (meno della scuola secondaria superiore) è contenu-
ta (0,7 anni per le donne e 1,4 anni per gli uomini), minore rispetto alla media europea (1,2 e 2,7 anni, ri -
spettivamente) e di quella che c’è in Lituania (2,7 e 4,3 anni, rispettivamente) ma anche in Austria (1,7 e 3,3
anni, rispettivamente).5
Dati italiani
I dati Istat del 20157 confermano, comunque, che le differenze di salute in Italia presentano un gradiente geo-
grafico Nord-Sud, a causa della concentrazione di condizioni di povertà nel Mezzogiorno e della minore capa-
cità delle regioni del Sud di moderare con l’assistenza sanitaria l’impatto sulla salute. Anzi, le disuguaglianze
si riproducono anche nell’accessibilità e nell’efficacia dei percorsi assistenziali e negli esiti delle cure.
Inoltre, in generale, le persone di stato sociale più svantaggiato aderiscono meno ai programmi di prevenzio-
ne e fanno un uso meno appropriato delle strutture sanitarie.8
Tra i molti dati che si possono citare, sono interessanti quelli che provengono da strutture ospedaliere, in cui
si suppone che il trattamento tendenzialmente paritario produca risultati simili in tutti gli individui: eppure,
rispetto ai più ricchi, i meno abbienti hanno, oltre a una probabilità di ricovero ospedaliero maggiore per le
patologie croniche, come il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa, l’angina pectoris, lo scompenso cardiaco,
l’asma bronchiale e la broncopneumopatia cronica ostruttiva:
più frequenti complicazioni post operatorie e una più alta mortalità a breve termine in seguito a
interventi cardiovascolari in elezione
un rischio più alto di infezioni sistemiche e di ulcere da decubito nei 90 giorni successivi
all’intervento di sostituzione dell’anca.
Le persone con bassa scolarità hanno una minore probabilità di sopravvivenza per i tumori operabili e che
avrebbero prognosi migliore se diagnosticati tempestivamente.
Sul sito dell’Istat c’è una visualizzazione della deprivazione nelle diverse regioni italiane, 9 che mostra come
essa abbia una forte associazione con il territorio, la struttura familiare, il livello d’istruzione e la partecipa -
zione al mercato del lavoro.
L’Italia non è sfuggita certo alle conseguenze della crisi economica mondiale ma, mentre molti studi europei
mostrano i primi segni di un peggioramento nelle condizioni di salute a partire dal 2007 a oggi, vuoi legato
all’impoverimento da disoccupazione o alla restrizione del welfare da imposta austerità (vedi Grecia), secon-
do i dati Istat 2005-2013 in Italia questo peggioramento della salute da crisi non si è ancora manifestato, se
non per la salute mentale. 10 Una spiegazione di ciò potrebbe essere nella minore diffusione nazionale di feno-
meni frequenti in altre società europee, come quello delle madri single, del fumo nelle donne o del consumo
di cibo-spazzatura da parte dei poveri; l’altra possibile spiegazione vede nel sistema sanitario universalistico
italiano una risorsa diffusa che è riuscita finora a temperare gli effetti delle disuguaglianze e della crisi sulla
salute della popolazione. Preoccupa al riguardo che l’Italia investa in salute ogni anno meno del 7% del PIL e
ogni anno sempre meno (in proporzione) degli altri paesi: se la media dei paesi OCSE infatti ha rallentato la
crescita degli investimenti in sanità, l’Italia è andata sotto zero sia nel 2008 sia nel 2012 e nel 2013 a discapi -
to, soprattutto, della prevenzione.11
Figura 11. Crescita annuale della spesa sanitaria pro capite in termini reali
Italia e media OCSE, 2010- 2014 12
- 38 -
La salute globale
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12. OECD Health Statistics 2015, http://dx.doi.org/10.1787/health-data-en
- 39 -
La salute globale
In sintesi
Il Servizio sanitario nazionale italiano, sulla base dei principi costituzionali e
nell’interesse della collettività, garantisce la tutela della salute tramite l’assistenza
sanitaria universalistica, che prevede l’equità di accesso ai servizi, alle prestazioni e
ai farmaci, per qualsiasi bisogno di salute, sotto copertura finanziaria derivante dalla
fiscalità generale, vale a dire la tassazione parametrata al reddito percepito. Devono
essere rafforzate le azioni di contrasto alle disuguaglianze di salute riferite alla
prevenzione primaria e secondaria, alla tutela dell’ambiente, alla sicurezza sul lavoro
e nella viabilità.
L’assistenza universalistica
Il Servizio sanitario nazionale italiano poggia i suoi principi costitutivi sull’articolo 32 della Carta costituzio-
nale, che avoca allo stato la tutela della salute, definita un diritto fondamentale (come tale, non soggiacente
ad altri diritti) dell’individuo (non specificato come “cittadino”), sottolineando che questa assunzione di re -
sponsabilità è interesse della collettività e che garantisce cure gratuite agli indigenti. 1
L’assistenza sanitaria universalistica prevede:
l’equità dell’accesso ai servizi e alle prestazioni per tutti
la totalità delle prestazioni, per qualsiasi bisogno di salute
il finanziamento dalla fiscalizzazione generale (cioè la tassazione parametrata al reddito percepito).
Secondo i dati forniti dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), nei paesi
aderenti la quota di spesa sanitaria finanziata da risorse pubbliche è mediamente il 73%, con una grande va -
riabilità tra i diversi paesi, anche in funzione del tipo di sistema sanitario. I sistemi a servizio sanitario nazio -
nale tendono a posizionarsi sopra la media (Norvegia 83,6%, Danimarca 84,1%, Regno Unito 87,3%), con
l’eccezione dei paesi dell’Europa mediterranea (Spagna 71,2%, Portogallo 70,6%, Grecia 61,6%). I paesi con
sistemi ad assicurazione sociale obbligatoria hanno una quota di spesa pubblica vicina alla media OCSE (Ca -
nada 70,4%, Austria 76,2%, Germania 76,9%); l’Italia si colloca in una posizione intermedia, con il 77,2%.
Persino nei sistemi sanitari classificabili come privatistici (come gli Stati Uniti) la quota pubblica è comunque
alta (48,8%).2,3
Le aree del mondo prive di servizi sanitari pubblici in qualsiasi forma, nelle quali vige il meccanismo out of
pocket (India) e quelle in cui l’assistenza sanitaria risponde a leggi di mercato, essendo affidata ad assicura-
zioni private, registrano i peggiori indicatori di salute e le più gravi disuguaglianze.
Si sta, però, ora assistendo in molte parti del mondo occidentale a un ripensamento dei sistemi sanitari pub -
blici, laddove esistenti, sulla base dell’assunto, non dimostrato, che essi non siano più sostenibili per i go -
verni: secondo questa visione, la crisi economica dovrebbe imporre il ritiro dello Stato dai classici settori del
welfare, la sanità, l’istruzione e la protezione sociale.4 E’, invece, dimostrato che i costi dei sistemi sanitari
pubblici (in termini di spesa totale sul PIL) sono sistematicamente inferiori a quelli dei sistemi privatistici e
che è possibile produrre buona salute a basso costo.
Proprio la sfavorevole congiuntura economica, anzi, dovrebbe far orientare la politica a ergersi a baluardo di
salute, istruzione e ricerca, che tutelano la capacità produttiva di un paese, la sua coesione sociale e la qualità
della vita dei suoi abitanti. “Tutti gli operatori della salute, a partire dai medici, dovrebbero oggi sentire una
responsabilità diretta, in termini culturali, professionali e civili, nella difesa dei valori cui la loro professione è
ispirata e dei sistemi che meglio ne possono garantire il rispetto”. 5
Essi dovrebbero far sì che non si realizzi la fosca profezia fatta, già negli anni ottanta del secolo scorso, dal
sociologo Achille Ardigò il quale tacciava la legge 833 di patire “le carenze (per non dire i vuoti) di orienta -
menti operativi capaci di tener realmente conto del carattere multifattoriale della salute/malattia, del prima-
to del momento sociale preventivo, della necessità di integrare e coordinare interventi di diversa professiona-
lità e competenza, sanitaria e non. 6 Che queste lacune siano intrinseche e non casuali e contingenti al sistema
di welfare italiano è reso oggi ancor più evidente dall’aperta controriforma sanitaria in atto, ...dal fallimento
- 40 -
La salute globale
cui vanno incontro i principi basilari dell’SSN. Ciò a cui assistiamo oggi, infatti, è il crollo dei principi di soli-
darietà ed eguaglianza che avevano retto le speranze degli anni ‘70; la fine del principio di gratuità; la nascita
di nuove distorsioni e sperequazioni redistributive; la degenerazione del principio partecipativo; la cancella -
zione dei programmi di intervento sociale volti a realizzare un’autentica prevenzione”. 7
In risposta al cresciuto interesse sulla sostenibilità dell’SSN legata in gran parte alla recessione globale e al
conseguente definanziamento, nel 2013 la 12 a Commissione (Igiene e Sanità) del Senato della Repubblica ha
avviato l’“Indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale con particolare riferimento
alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità”. 3 Il tema è stato affrontato in un’ottica multi-
dimensionale. Oltre al punto di vista strettamente economico, che considera la compatibilità della dinamica
della spesa sanitaria pubblica rispetto agli obiettivi di finanza pubblica, definiti anche a livello europeo, si è
tenuto conto di un punto di vista economico “allargato” (il contributo del settore sanitario alla crescita,
all’occupazione, al progresso scientifico, allo sviluppo economico, eccetera), del profilo ambientale (il rappor-
to tra evoluzione del settore sanitario ed ecosistemi nei quali l’uomo vive), culturale e politico (i valori che
sorreggono le scelte degli individui e della collettività rispetto ai temi della salute), sociale (i fattori che con-
tribuiscono a migliorare il benessere complessivo di una collettività) e intergenerazionale (il tipo di tutela
della salute che l’attuale generazione lascerà in eredità alle future generazioni).
Uno degli aspetti più rilevanti dell’indagine riguarda la disponibilità di risorse e la loro destinazione (pro-
grammazione sanitaria) in funzione dei bisogni di salute reali. Per quanto riguarda le risorse è noto che negli
ultimi anni sono stati effettuati tagli consistenti ai fondi per l’SSN (oltre mezzo punto di PIL) e sono stati dra-
sticamente ridotti i fondi statali per il sistema integrato di servizi e prestazioni sociali. La spesa sanitaria è
nettamente inferiore a quella di paesi europei con livello di sviluppo simile e, in aggiunta, con un sistema sa-
nitario non universalistico (nel 2010, 9,3% del PIL rispetto all’11,6% di Francia e Germania).
L’indagine ha inoltre accertato l’impatto sui costi dell’SSN dei diversi modelli organizzativi adottati dalle re-
gioni e dalle diverse aziende sanitarie e le differenze nel finanziamento tra regioni a fronte dell’obbligo di ga -
rantire gli stessi livelli essenziali di assistenza; quanta e quale parte della popolazione è a rischio di non acce-
dere a servizi tempestivi ed efficaci e per quali ragioni; quali servizi sono ridimensionati per effetto del defi-
nanziamento e/o dei piani di rientro; quali costi gravano sulla popolazione per accedere ai servizi e come essi
incidano sui sottogruppi svantaggiati. Infine sono state considerate le buone pratiche in grado di liberare ri-
sorse tramite la riduzione delle inappropriatezze, la riconversione/riqualificazione dei servizi e lo sviluppo di
forme assicurative, alternative o integrative, di finanziamento.
La Commissione è giunta alla conclusione che il finanziamento dell’SSN non è in grado di sopportare ulterio-
ri tagli, pena un ulteriore peggioramento della risposta ai bisogni di salute dei cittadini e un deterioramento
delle condizioni di lavoro degli operatori.
Ha inoltre evidenziato che la spesa sanitaria privata è diventata cospicua per alcuni settori dell’assistenza
(per esempio le cure a lungo termine) e per molte famiglie colpite dalla crisi economica. Ha auspicato la ride -
finizione e il monitoraggio dei LEA secondo principi della medicina basata sulle prove e le logiche dell’Health
Technology Assessment e una governance volta a superare le disuguaglianze.
- 41 -
La salute globale
Gli interventi più importanti riguardano i servizi dedicati all’infanzia, periodo nel quale si forma il capitale di
salute: la scuola può dare un grande contributo alla riduzione delle disuguaglianze, promuovendo il benesse -
re mentale (prevenzione dell’uso delle sostanze da abuso), la corretta alimentazione e l’attività fisica.
Altre misure importanti che riguardano, invece, l’età adulta possono essere:
il reddito minimo garantito, uno dei fondamenti del welfare europeo. Misure preventive come i
sussidi contro la povertà pesano sul sistema economico meno di quelle successive di carattere
sanitario, che diventano necessarie in assenza delle prime
il miglioramento dell’ambiente di lavoro fisico (ergonomia, rumore, temperatura), delle mansioni
(carichi di lavoro, divisione, autonomia, lavoro di gruppo) e delle relazioni sociali (comunicazione
aziendale, supporto sociale)
operazioni di trasformazione urbana volte ad aumentare l’offerta di percorsi pedonali e ciclabili,
l’offerta di servizi pubblici, le aree verdi e i servizi di prossimità – negozi, librerie, scuole influiscono
sul benessere mentale e fisico.
Bibliografia
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della Repubblica il 10 giugno 2013. https://www.senato.it/leg17/3687?indagine=30
4. Karanikolos M, et al. Financial crisis, austerity, and health in Europe. Lancet 2013;381:1323-31.
5. Marceca M. Universalismo, solidarietà ed equità delle cure e crisi dei sistemi sanitari. In La professione.
II. MMXIII.
6. Ardigò A. Società e salute. Lineamenti di sociologia sanitaria. Franco Angeli, Milano, 2010.
7. Donati P. Manuale di sociologia sanitaria. Carocci, Roma, 1987.
8. Marmot M. The Health gap. The challenge of an unequal world. Bloomsbury Publishing, Londra, 2016.
9. Waitzkin H. One and a half centuries of forgetting and rediscovering: Virchow’s lasting contributions to
Social Medicine. Social Medicine 2006;1: 5-10.
10. Legge 16 gennaio 2003, n. 3. Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione. Tutela
della salute dei non fumatori. Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2003. Supplemento Ordinario n. 5.
11. Cesaroni G, et al. Effect of the Italian smoking ban on population rates of acute coronary events.
Circulation 2008;117:1183-8.
12. Barone-Adesi F, et al. Effects of italian smoking regulation on rates of hospital admission for acute
coronary events: a country-wide study. PLoS One 2011;6:e17419.
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La salute globale
Nella III Conferenza della Professione, tenutasi a Rimini nel maggio 2016, 1 un’intera giornata è stata
dedicata a workshop a temi e aree della professione considerati meritevoli di particolare attenzione;
FNOMCeO aveva costituito speciali moduli organizzativi composti da 8-10 colleghi presieduti da un
coordinatore, con il mandato di produrre i documenti che hanno alimentato il dibattito su:
medicina di genere
educazione terapeutica, comunicazione medico-paziente, medicina narrativa
cure palliative
medicine e pratiche non convenzionali
salute globale, sviluppo e cooperazione internazionale
rapporti tra professione medica e altre professioni sanitarie
problematiche emergenti piccoli ordini
certificazione medica
professione, salute, ambiente e sviluppo economico
information, communication technology.
Nel documento finale della III Conferenza, viene dichiarato che, all’interno dei nuovi scenari, il medico è oggi
chiamato, in modo consapevole e proattivo, a:
essere regista del proprio percorso professionale, cogliendo i momenti chiave di ogni fase (per esempio
quando specializzando, leader professionale, mentore per i colleghi più giovani, eccetera)
approfondire le proprie competenze, tecniche e non tecniche, utilizzando al meglio gli strumenti dello
sviluppo professionale continuo
agire come attore competente nella dimensione economica, sociale e politica della propria comunità
adattarsi allo sviluppo e contribuire a determinare i mutamenti delle organizzazioni sanitarie e del loro
governo, cogliendo le opportunità offerte dal cambiamento e valorizzando la centralità del paziente in
ogni attività.
Il dibattito sull’evoluzione della figura del medico deve giovarsi del coinvolgimento del mondo accademico e
di quello professionale e dei contributi dei pazienti stessi e deve mirare alla formazione di un professionista
che sia consapevolmente radicato nella propria storia e nel proprio compito di promuovere e garantire la
salute individuale e collettiva e che intenda partecipare, da protagonista, alle scelte dei sistemi socio-sanitari,
identificando possibili linee di azione per intervenire proattivamente.
Per quanto riguarda, in particolare, il lavoro del modulo sulla salute globale e la cooperazione internazionale,
esso ha lavorato in accordo con il Manifesto sulla tutela della salute globale stilato dalla FNOMCeO a Padova
nel maggio 20082 che, in sintesi, riconoscendo la tutela della salute globale come diritto umano inalienabile,
stigmatizza le disuguaglianze in tema di equità, accessibilità, qualità e adattabilità degli interventi sanitari,
laddove povertà ed esclusione sociale si sommano allo svantaggio della malattia e afferma che l’equità nella
salute va perseguita favorendo l’istruzione, la sicurezza e lo sviluppo sociale ed economico.
In ciò il medico ha un ruolo non secondario, all’interno del proprio paese, come portatore di un’educazione
sanitaria che promuova stili di vita salutari e di una corretta informazione scientifica ai cittadini (vedi anche
box).
FNOMCeO auspica l’applicazione della “valutazione d’impatto sulla salute” (VIS), ormai entrata nella norma -
tiva di diversi paesi occidentali,3 che si concretizza in “una combinazione di procedure, metodi e strumenti
tramite i quali una politica, un programma o un progetto possono essere giudicati sotto il profilo dei loro po-
tenziali effetti sulla salute della popolazione e della loro distribuzione nell’ambito della stessa popolazione”. 4
La valutazione d’impatto sulla salute va riferita a due principi fondamentali:
prerequisito per l’affermazione del diritto alla salute è il diritto dei cittadini a essere informati
correttamente, sulla base delle prove scientifiche
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La salute globale
le politiche dello sviluppo economico devono perseguire il giusto equilibrio tra le esigenze collettive e
individuali di salute, di tutela ambientale e di occupazione, contemperando le esigenze delle generazioni
presenti con quelle delle generazioni future.
La recente vicenda sull’obbligo vaccinale contrapposto all’antivaccinismo ha messo in luce la necessità di
operare una sintesi tra le possibili modalità di intervento:
il modello elitario, secondo il quale le decisioni su materie tecnicamente complesse devono essere prese
da esperti del settore
il modello egualitario, per il quale tutti i soggetti interessati dovrebbero partecipare alla presa di decisioni
il modello libertario, che vuole che a ciascun soggetto debba essere data l’informazione relativa a rischi e
benefici di un atto medico, chirurgico o preventivo, ma sia poi lasciato alla libera scelta in merito.
Il convegno “Immigrazione e salute” tenutosi a Vibo Valentia nel novembre 2016 si è concentrato sulle pro-
blematiche sanitarie legate alle migrazioni e alla tutela della salute.
Per rispondere alla necessità di offrire un servizio sanitario equo ed efficace a fronte delle oggettive difficoltà
generate dai flussi migratori, il Consiglio dell’Ordine locale e la Federazione Nazionale hanno inteso offrire
l’occasione di un’approfondita analisi dei fenomeni in atto per intraprendere azioni positive sul versante so -
ciale e sanitario che superando barriere comunicative, differenze culturali, pregiudizi razziali portino a una
auspicabile integrazione e possano fornire gli strumenti per rispondere alle esigenze di tutta la popolazione.
Successivamente è stato messo a punto il documento “Dieci atteggiamenti e azioni del medico in aiuto al
migrante”.
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La salute globale
Il convegno “La salute disuguale e le risposte dei Servizi Sanitari” è la più recente iniziativa della FNOMCeO
sul tema delle disuguaglianze di salute. Organizzato dall’OMCeO della Provincia di Reggio Emilia il 2
dicembre 2017 ha offerto un panorama aggiornato delle disuguaglianze di salute in Italia e a livello
internazionale, anche alla luce della lunga crisi economica attraversata dal nostro Paese e presentato
riflessioni e proposte sui temi generali dell’organizzazione sanitaria che sono maggiormente connessi con il
raggiungimento dell’obiettivo di equità.
Ha rappresentato l’occasione per l’approvazione del documento “La FNOMCeO per l’equità nella salute”
(vedi Allegato).
Per quanto riguarda gli interventi di cooperazione internazionale in tema di salute, essi devono realizzarsi in
un’ottica d’integrazione con i sistemi sanitari dei paesi interessati: la cooperazione internazionale deve favo-
rire politiche che possano garantire la formazione e il mantenimento nel tempo delle competenze del perso-
nale sanitario dei paesi assistiti, destinando adeguate risorse per condizioni di lavoro degnamente remunera-
te.
L’impegno di FNOMCeO si è concretizzato in progetti di sostegno finanziario destinato sia al soggiorno di
studio in Italia di personale in formazione sia alla copertura delle spese di viaggio, della strumentazione e dei
farmaci e materiale sanitario per medici e odontoiatri con ruolo di docenza e di organizzazione nei paesi in
via di sviluppo.8
Inoltre, la FNOMCeO si muove per il riconoscimento giuridico ed economico dei distacchi di tutti gli operato -
ri sanitari presso i paesi in via di sviluppo.
Bibliografia
1. FNOMCeO. Atti della III Conferenza della professione, maggio 2016.
https://portale.fnomceo.it/fnomceo/showItem.2puntOT?id=157000
https://portale.fnomceo.it/fnomceo/downloadFile.nocache?id=156999
2. FNOMCeO. Manifesto di Padova sulla tutela della salute globale, maggio 2008.
http://www.simmweb.it/fileadmin/documenti/Simm_x_news/manifestoSALUTE_GLOBALE_FNOMCeO.pdf
3. Quigley R, et al. Evaluating health impact assessment. Public Health 2004;118:544-52.
4. EpiCentro. Bianchi F. Martuzzi M. La Valutazione d’Impatto sulla Salute: contesto procedure, applicazioni, maggio
2009. http://www.epicentro.iss.it/focus/aie/15%20maggio%202009/Aie09_Bianchi_Martuzzi.pdf
5. Giustetto G. Il ruolo dei professionisti nel contrasto alle disuguaglianze in sanità. In La professione. II. MMXIII
6. La FNOMCeO per l’equità nella salute. Reggio Emilia, 1-2 dicembre 2017.
7. FNOMCeO. Da Vibo Valentia una nuova sfida alle diseguaglianze.
https://portale.fnomceo.it/fnomceo/showArticolo.2puntOT?id=154912
8. FNOMCeO. Bando aggiudicazione sostegno finanziario FNOMCeO. Iniziative Paesi in via Sviluppo, 2017.
https://portale.fnomceo.it/fnomceo/showItem.2puntOT?id=157270
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La salute globale
I campi su cui agire per ridurre le disuguaglianze di salute: il ruolo dei professionisti
1. Comprendere il problema: educazione e formazione
Un elemento fondamentale per permettere ai professionisti della salute di agire sulle disuguaglianze di salu-
te, incorporando un indirizzo di azione volto all’equità all’interno della pratica quotidiana, è quello dell’edu-
cazione e della formazione. Esse devono essere mirate a sviluppare sia conoscenze sui determinanti sociali di
salute e i meccanismi in cui essi agiscono, sia abilità pratiche, attitudini e competenze specifiche. Queste atti-
vità devono essere parte del percorso d’istruzione universitaria, post laurea e della formazione continua. La
formazione deve naturalmente proseguire nell’informare su tipi di interventi, strategie e buone pratiche che,
secondo la letteratura, si sono dimostrate efficaci nel ridurre le disuguaglianze di salute considerando il con -
testo in cui sono state applicate. Fondamentale è acquisire buone capacità comunicative in grado di aumenta-
re il livello di informazione e consapevolezza dei pazienti, tenendo conto delle possibili barriere, per esempio
linguistiche o legate a pazienti con disabilità, e i metodi per superarle. Un esempio di integrazione dell’offerta
formativa è quello rappresentato dal corso ECM di formazione a distanza sul tema “Salute globale ed equità”
promosso dal gruppo di lavoro FNOMCeO “Salute globale, sviluppo e cooperazione internazionale”.
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La salute globale
Che cosa può fare il medico Ampliare la propria formazione sui meccanismi di azione dei determinanti
sociali di salute e sui metodi per contrastare le disuguaglianze ricercando offerte formative sul tema dell’equi-
tà all’interno del proprio percorso di formazione e di aggiornamento continuo.
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