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PROF. SQUERI
INTRODUZIONE
L’igiene è una branca delle scienze mediche che ha per oggetto lo studio dello stato di
salute e di malattie delle popolazioni umane in rapporto a fattori genetici, l’ambiente e le
abitudini di vita, con il fine di individuare:
- Fattori positivi di benessere;
- Fattori casuali delle malattie;
- Le modalità d’intervento;
- Le condizioni che ne favoriscono ed ostacolano l’azione.
L’obiettivo primario sarà dunque quello di dare la possibilità ad un individuo nato sano
di mantenere inalterato il suo stato di salute fino al compimento naturale del proprio
ciclo di vita.
La sanità pubblica è un’organizzazione che si occupa di andare a mobilitare risorse
scientifiche, tecniche, professionali ed economiche per andare a rilevare quello che è lo
stato di salute della popolazione, non del singolo ma bensì di quella che è la collettività e
far fronte a eventuali problemi sanitari di quest’ultima per garantire loro il miglior stato
di salute. L’Evoluzione del concetto di salute nel tempo ha portato da una visione statica
della salute (la salute era concepita come una mera assenza di malattia) ad una visione
dinamica. All’inizio l’individuo era un soggetto che veniva visto in maniera passiva, per
cui le scelte venivano impartite dall’alto. Oggigiorno, invece, l’individuo viene messo al
centro delle proprie scelte di salute di un processo che viene definito “empowerment”.
Proprio l’OMS nel 1948 andò a definire lo stato di salute come un completo benessere
fisco, psichico e sociale. Appunto perché non è solo il corpo del soggetto ad essere
essenziale ma è anche la propria mente e ovviamente il tessuto sociale in cui il soggetto è
inserito. Fondamentalmente, nel 1966, Alessandro Seppilli andò a definire, per la prima
volta, la salute come un concetto dinamico, andando a definirla come “una condizione di
armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico dell’individuo dinamicamente integrato
nel suo ambiente naturale e sociale”.
Questa definizione fu allargata nella carta di Ottawa per la promozione della salute. Andò
ad evidenziare come la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del
settore sanitario ma va al di là degli stili di vita e punta al benessere.
Nella carta di Ottawa venivano posti i principi basilari per quelle che dovevano essere le
scelte di salute del soggetto.
Con la Carta di Ottawa per la promozione della salute (OMS, 1986) la salute viene
considerata non tanto una condizione astratta, obiettivo del vivere, ma una risorsa per la
vita quotidiana, una condizione che l’individuo, o una collettività, raggiunge quando è
capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni e
tener testa con successo alle situazioni ambientali; la salute diventa, quindi, la capacità
di realizzare, giorno per giorno, il potenziale della singola persona e di rispondere
positivamente alla sfida dell’ambiente.
Oggigiorno siamo arrivati a quello che è l’Health 2020. È un’evoluzione della carta di
Ottawa che mira al supporto di quelli che sono i governi e la società a migliorare lo stato
di salute e benessere delle popolazioni, riducendo quelle che sono le disuguaglianze
sociali, rafforzando la sanità pubblica e mettendo al centro l’individuo all’interno dei
sistemi sanitari, che devono essere universali, sostenibili e di alta qualità.
Lo stato di malattia viene definito come quello in cui uno stimolo esterno può perturbare
quello che è l’equilibrio fisico e psichico dell’individuo, conducendo a un’alterazione di
quello che era lo stato precedente.
Per cui, ovviamente, le malattie possono essere distinte in malattie infettive e malattie
cronico-degenerative e nel computo di entrambe lo stato di salute può dipendere da
variabili che possono essere sia individuali che collettive.
In particolar modo i determinanti della salute possono essere distinti in determinanti
personali, caratterizzati dal benessere psico-fisico (es. il peso corporeo, la pressione,
parametri ematologici, ecc…) che ovviamente sono non modificabili e gli stili di vita (es.
alimentazione, fumo, attività fisica, alcool, ecc…) che sono fattori modificabili su cui
possiamo agire e a cui le campagne di promozione della salute e di prevenzione mirano.
Ovviamente c’è tutta una serie di condizioni socio-economiche, come:
Il reddito, differenze tra paesi a basso ed alto reddito, e quindi incidenza di
malattie infettive, malattie cronico degenerative che differisce, ovviamente da noi
prevalgono le seconde, mentre nei paesi a basso reddito le prime;
La famiglia e l’educazione;
Il livello di istruzione, il soggetto istruito potrebbe fare delle scelte sullo stile di vita
più attinenti, più salutari;
Il tipo di occupazione, e da qui il rischio correlato di andare incontro ad una serie
di malattie, le malattie professionali,
L’ambiente sociale e culturale in cui il soggetto è inserito, differenze dell’incidenza
delle malattie in base alle esigenze che il soggetto ha, pensate ai soggetti asiatici
dove l’elevato consumo di bevande calde comporta un incremento del carcinoma
esofageo, carcinoma squamoso.
L’indice di affollamento, perché nel momento in cui in un certo locale saranno
presenti più abitanti la promiscuità può portare ad un incremento di quelle che
sono le malattie infettive.
Il numero e la qualità dei servizi sanitari e sociali, perché dove i servizi sanitari e
sociali sono abbastanza estesi e offrono delle cure ai propri cittadini, sicuramente
lo stato di salute sarà più elevato e le disuguaglianze saranno meno evidenti (es.
differenza tra l’America, il modello americano e l’Italia).
Ci sono una serie di indicatori che il soggetto che lavora dentro la sanità pubblica, può
utilizzare per andare a stimare quello che è lo stato di salute della popolazione. Questi
sono gli indicatori che sono suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per il
raggiungimento della “salute per tutti nell’anno 2000”. Tra questi indicatori abbiamo:
- gli indicatori di sopravvivenza,
- gli indicatori dello stile di vita,
- gli indicatori di “qualità di vita”
- gli indicatori socioeconomici.
Ovviamente ognuno di questi avrà un’importanza differente in base a quelle che sono le
malattie che consideriamo.
In Italia, uno dei livelli essenziali di assistenza, è il livello della prevenzione collettiva e
sanità pubblica, che prevede le attività e le prestazioni volte a tutelare la salute e la
sicurezza della comunità da rischi infettivi, ambientali, legati alle condizioni di lavoro e
correlati agli stili di vita.
Il livello si articola in 7 aree di intervento che includono programmi e attività volti a
perseguire specifici obiettivi di salute. Queste aree sono:
1. La sorveglianza, prevenzione e il controllo delle malattie infettive e parassitarie;
inclusi i programmi vaccinali;
2. La tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati;
3. La sorveglianza, prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
4. La salute animale e igiene urbana veterinaria;
5. La sicurezza alimentare e tutto quello che va nel controllo delle filiere alimentari e
quindi parliamo di Hazard Analysis and Critical Control Points, HACCP;
6. La sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, inclusi la promozione di stili
di vita sani ed i programmi organizzati di screening, sorveglianza e prevenzione
nutrizionale;
7. Le attività medico legali per finalità pubbliche;
Alcune prestazioni sono fornite gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e
sono quelle prestazioni che sono incluse nei LEA e che sono indicate, ad oggi,
nell’allegato 1 al DPCM 12 Gennaio 2017.
Sono esclusi quegli interventi di prevenzione individuale, fatta eccezione per le
vaccinazioni, organizzate in programmi che hanno lo scopo di aumentare le difese
immunitarie della popolazione e per gli screening oncologici, quando sono organizzati in
programmi di popolazione e per la promozione degli stili di vita salutari da parte dei
medici del SSN;
Sono escluse e sono erogate tramite tariffa le prestazioni che, pur essendo un compito
istituzionale delle strutture sanitarie, rispondono a un interesse privato del cittadino, ad
esempio i certificati medico-legali necessari al rilascio della patente o altre idoneità,
verifiche igienico-sanitarie e controlli su richiesta individuale su impianti, acque, ecc…
Sono incluse le prestazioni poste solo parzialmente a carico del richiedente in base a
disposizioni nazionali o comunitarie ed alle relative norme regionali attuative. Si tratta di
prestazioni per le quali può essere richiesto un contributo forfettario, che non copre per
intero il costo della prestazione stessa.
L’igiene è quella disciplina che si occupa di promuovere e conservare/potenziare la salute
individuale e collettiva.
Quindi il nostro oggetto di intervento non è solo l’uomo bensì tutta quanta la comunità e
gli interventi sono svolti a più livelli, sia sull’uomo ma anche su quello che è l’ambiente
fisico, il monitoraggio biologico e ovviamente alla valutazione di quello che è lo stato
sociale della popolazione, con i programmi che vengono implementati dal Ministero della
Salute e vengono attuati dalle varie ASP competenti.
CARATTERISTICHE DELL’IGIENE
L’ oggetto di interesse: uomo sano – potenziamento – conservazione e difesa della
salute;
Ambito di intervento: esteso anche all’intera comunità;
Tipologia di interventi: uomo ambiente fisico, biologico e sociale.
Questi sono gli obiettivi:
1. Proteggere il singolo individuo dalle malattie
2. Raggiungere il controllo delle malattie nella popolazione
3. Eradicare le malattie
Nel tempo l’igiene ha avuto un cambiamento, da materia correlata per lo più alla
microbiologia e alla virologia (grazie alle grandi scoperte che sono state fatte nel passato)
è passata a quella che era il risanamento ambientale anche in conseguenza delle varie
catastrofi derivanti dall’industrializzazione, al controllo dello stato di salute a causa
dell’incremento delle malattie cronico-degenerative (malattie cardiovascolari, diabete,
broncopatie croniche, tumori maligni), oggigiorno correlate sia agli stili di vita che
all’industrializzazione.
MEDICINA CLINICA: compito di curare e possibilmente guarire il singolo individuo.
MEDICINA PREVENTIVA: compito di promuovere la salute e prevenire le malattie
intervenendo sull’intera comunità. Il fine ideale cui tendono l’igiene e la medicina
preventiva è che ogni persona nasca sana e mantenga il proprio stato di salute al più alto
livello fino al naturale compimento della vita.
indica quante persone muoiono ogni anno per tutte le cause di morte per ogni 1000
abitanti
N° casi esistenti
Popolazione totale
Malattie Infettive
La conoscenza della epidemiologia delle singole malattia è indispensabile per attuare un
efficace prevenzione. Lo studio epidemiologico degli eventi effettivi deve essere rivolto non
solo alla “malattia conclamata” ma anche “infezione inapparente”. Le malattie infettive
sono determinate da cause microbiche e da uno specifico microbico.
L’infezione implica l’attiva moltiplicazione e l’impianto del microrganismo. Se questa
eventualità non provoca danno si parla di colonizzazione, se alla colonizzazione si
aggiungono alterazioni anatomo – patologiche, biochimiche, metaboliche, immunologiche
e fisiopatologiche si parla di malattia infettiva.
Le malattie infettive si verificano quando un germe entra nel nostro organismo e si
riproduce a spese della nostra salute, ovviamente i vari germi si propagano con diverse
modalità: per via respiratoria, per contatto, per via sessuale e parenterale e per via oro-
fecale e alimentare. I germi che causano le malattie infettive possono appartenere a
diverse categorie biologiche: batteri, virus, protozoi, microplasmi, lieviti e muffe. Il
periodo di incubazione delle malattie infettive è in media 7 – 15 giorni. I vantaggi di un
germe che provoca malattia sono le dimensioni e la velocità con la quale i germi si
riproducono. Si adattano facilmente e rapidamente alle condizioni in cui si trovano.
Infine, per i germi c’è sempre la possibilità di spostarsi su un altro ospite. Nella
popolazione esiste un gran numero di soggetti suscettibili, la trasmissione da un primo
caso infetto e contagioso può passare a molte altre persone, soprattutto se ci sono molti
contatti tra suscettibili. Per questo motivo da un singolo caso infetto si possono generare,
come conseguenza, numerosi casi che a loro volta ne contageranno altri. Quando un
soggetto infetto contagia solo un altro soggetto la malattia circola in modo endemico,
mentre quando un soggetto ammalato contagia più di un soggetto suscettibile, il numero
dei casi di malattia aumenta molto rapidamente e il momento in cui la malattia si
manifesta in modo istantaneo, in un arco di tempo ristretto, viene chiamato outbreak e
quindi parleremo di focolaio epidemico (es. covid-19).
Sorgenti di infezione
La sorgente o fonte di infezione è un organismo che ospita il patogeno o che è in grado di
trasmettere l’infezione ad un altro soggetto recettivo della stessa specie o di specie
diversa. È rappresentata dall’organismo (uomo o animale) infetto che diffonde attraverso
le vie di eliminazione agenti patogeni nell’ambiente. Può essere:
- un soggetto malato che elimina all’esterno il microrganismo
- un soggetto malato che lo trasmette attraverso un vettore
- un portatore: soggetto non malato (o la cui infezione inizia e guarisce spontaneamente
senza manifestarsi) che ospita il microrganismo e lo elimina all’esterno. Esso può essere
un portatore precoce (soggetto infetto che comincia ad eliminare il microrganismo già
alcuni giorni prima di manifestare i sintomi), un portatore convalescente (dopo la
guarigione continua ad espellere il microrganismo ancora per alcuni giorni), e il portatore
cronico (dopo la guarigione continua ad espellere il microrganismo per mesi, anni o per
tutta la vita)
Serbatoi d’infezione
Il Serbatoio di infezione è l’habitat naturale dell’agente patogeno, vale a dire il luogo o
l’organismo nel quale esso gli consente di sopravvivere e moltiplicarsi. È costituito dalla
specie animale o dal substrato inerte ove è presente determinata specie microbica.
Es. brucelle, salmonelle: il serbatoio di infezione è rappresentato dall rispettive specie
animali che infettano.
Es: i microrganismi patogeni esclusivi per l’uomo hanno come serbatoio l’uomo stesso
(virus: morbillo, rosolia, parotite, varicella, epatite A-B-C-D-E; bacillo difterico, pertosse,
febbre tifoide ecc)
Es: legionelle e yersinie hanno il proprio habita naturale nell’ambiente (acque o ambiente
umido) da cui occasionalmente possono venire a contatto con l’uomo.
Le malattie infettive possono essere trasmesse da una sorgente di infezione ad un ospite
recettivo direttamente, per contatto fisico, o indirettamente, mediante veicoli o vettori.
Le malattie infettive posso essere suddise in :
Contagiose: causate da agenti patogeni che eliminati per vie diverse dall’ospite
giungono in modo diretto o indiretto ad altri soggetti recettivi;
Non contagiose: gli agenti responsabili non vengono eliminati nell’ambiente e la
loro trasmissione richiede l’intervento di appositi vettori (es. malaria, leishmaniosi).
Apparente: quando si manifestano con segni e sintomi;
Latente: quando si istaura un equilibrio per cui un organismo può persistere nei
tessuti dell’ospite e moltiplicarsi, dando segno della sua presenza solo occasionalmente
per fattori intercorrenti (es. herpes virus 1).
Affinchè l’infezione possa evolvere in malattia è necessario che si realizzino una serie di
condizioni legate:
- All’agente patogeno;
- All’individuo infettato;
- All’ambiente;
- Alle modalità di trasmissione.
Le vie di eliminazione degli agenti infettivi sono spesso in rapporto con la localizzazione
del processo morboso, infatti dipende dalla sede in cui si svolge l’infezione per mezzo di
secrezioni e prodotti di desquamazione cutanea, secrezioni nasali, con feci e urine,
secrezioni vaginali, in particolare distinguiamo:
- Via cutanea: la cute integra non rappresenta una via di eliminazione microbica,
ma lo diviene se è sede di lesioni di continuo (es. vaiolo, varicella, sifilide).
- Via orale e nasale: vengono emessi i microorganismi localizzati nelle prime vie
respiratorie (es. streptococchi, stafilococchi, micobatteri della tubercolosi) come
pur gli agenti di malattie generalizzate (influenza). Tali microrganismi sono in
genere veicolati dalle goccioline che si eliminano con la fonazione, con la tosse,
con lo starnuto.
- Via ematica: vengono eliminati microrganismi soltanto attraverso lo strumentario
infetto, traumi.
- Via rettale: con le deiezioni vengono emessi numerosi microrganismi a
localizzazione intestinale (salmonelle, shigelle, vibrioni del colera, virus dell’epatite
A.
- Via urinaria: l’urina può contenere sia microrganismi patogeni responsabili di
malattie localizzate alle vie urinarie, sia microrganismi presenti nel sangue
(brucellosi, tifo addominale);
- Via genitale: attraverso le mucose delle vie genitali si eliminavano gli agenti della
sifilide, della gonorrea, dell’AIDS, dell’epatite virale di tipo B e C i citomegalovirus.
Le modalità di trasmissione
La modalità di trasmissione delle malattie infettive è condizionata in parte dalle vie di
eliminazione, ma prevalentemente dalla capacità di sopravvivenza dei microrganismi
nell’ambiente. In rapporto alla fragilità dei patogeni nell’ambiente, si individuano 3
modalità di trasmissione: diretta, semidiretta e indiretta.
- La via diretta rappresenta la via obbligata per quei microrganismi che
sopravvivono nell’ambiente per pochi minuti e necessitano quindi di un contatto
diretto fra sorgente e individuo suscettibile (es. treponema pallidum, neisseria
gonorrhoeae), essa è per contatto o per via aerea, da uomo malato/portatore a
uomo sano. Quindi il microrganismo è trasferito da una sorgente di infezione ad
un ospite recettivo senza alcuna mediazione. La trasmissione diretta può
realizzarsi anche attraverso la placenta dalla madre al feto ed è chiamata verticale
(es. AIDS, toxoplasmosi, rosolia). Altre modalità diretta è costituita
dall’inoculazione con il morso o il graffio di un animale infetto (es. rabbia)
- La via semidiretta rappresenta la via preferenziale dei microrganismi che resistono
per breve tempo nell’ambiente (30 minuti – 1 ora) è mediata da droplets> 5 µm
(Virus influenzali, Rhinovirus, Rosolia) e richiedono quindi un contatto ravvicinato
fra sorgente e suscettibile (1-2 metri). L’aria rappresenta il veicolo più importante
di queste modalità di trasmissione. Questa avviene mediante le particelle Flugge
infette prodotte parlando, tossendo o starnutendo.
- La via indiretta può avvenire tramite l’ambiente, anche a distanza di tempo e di
luogo tra la sorgente di infezione ed i soggetti recettivi. Rappresenta la via scelta
dei microrganismi in grado di sopravvivere per tempi discreti o lunghi
nell’ambiente e che possono essere trasportati a distanza dal luogo di emissione
tramite veicoli (oggetti inanimati) (es. Mycobacteriumtubercolosis) o vettori
(artropodi, es. Protozoi).
PREVENZIONE PRIMARIA
E’ un metodo di prevenzione utilizzato per impedire l’insorgenza di nuovi casi di malattia
in soggetti sani. Produce, quindi, una riduzione del tasso di incidenza della malattia che
è tanto maggiore quanto più efficace è l’intervento stesso (es. vaccinazione per le malattie
infettive, chemioprofilassi con Rifampicina in caso di contatto a rischio con soggetti con
Neisseria meningitidis).
Le strategie per la prevenzione primaria mirano a rimuovere le cause delle malattie o i
fattori che ne facilitano l’insorgenza. Esse sono:
- Scoprire e rendere inattive le sorgenti di microorganismi patogeni (interventi sugli
animali, ricerca di capi infetti);
- Interrompere la catena di trasmissione, modificando i fattori ambientali ed i
comportamenti che favoriscono la persistenza e la diffusione dei microorganismi
patogeni (disinfestazione zanzare anopheles);
- Aumentare le resistenze alle infezioni (vaccinoprofilassi, immunoprofilassi,
chemioprofilassi);
Ciascuna delle strategie menzionate comprende diversi tipi di interventi:
- Competenza del medico (ad esempio isolamento dei malati contagiosi in ospedale,
vaccinazione);
- Attuabili nell’ambito di programmi di risanamento ambientale e di promozione
della qualità della vita (approviggionamento idrico, disinquinamento, risanamento
edilizio, ecc.)
Per la riduzione del rischio individuale si deve:
- Rimuovere la causa di malattia: nel caso della brucellosi, l’individuazione ed
eliminazione di animali infetti eliminerà del tutto il rischio di infezione in una
popolazione.
- Impedire che la malattia continui ad agire sulla popolazione: vaccinazione, che
comporta benefici non solo per effetto diretto sui soggetti vaccinati ma anche in
modo indiretto inducendo protezione ai soggetti non vaccinati (herdimmunity).
Quando la causa della malattia è sconosciuta o non è eliminabile si cerca di agire sui
fattori di rischio per arrivare ad ottenere riduzioni dell’incidenza. Per poter eliminare o
ridurre le cause e i fattori di rischio possono essere messi in atto i seguenti metodi di
intervento:
- Potenziamento delle capacità di difesa dell’organismo;
- Rimozione di comportamenti nocivi;
- Adozione di comportamenti positivi;
- Interventi sugli ambienti di vita e di lavoro.
Per alcune malattie è sufficiente l’applicazione di un solo metodo, mentre per altre è
necessario far ricorso a diversi metodi contemporaneamente.
Che cosa possiamo fare per eliminare o ridurre le cause?” esempio: nel caso di patologie
cronico – degenerative, come il tumore al polmone la riduzione dell’incidenza della
malattia può essere ottenuta solo agendo sui fattori di rischio(fumo).
Per quanto concerne il primo punto, le difese possono essere aumentate in modo
Aspecifico: la cute e le mucose, che rappresentano le barriere che si oppongono alla
penetrazione degli organismi, che quindi devono essere integre;
Specifico: immunoprofilassi attiva cioè la vaccinazione, immunoprofilassi passiva cioè la
siero profilassi;
PREVENZIONE SECONDARIA
Ha lo scopo di identificare un soggetto ammalato precocemente, cioè prima che manifesti
clinicamente la malattia, e quando, dunque, la malattia o la sua progressione può essere
fermata (es. gli screening neonatali e screening malattie cronico-degenerative). Ha quindi
l’obiettivo di curare le malattie prima che esse abbiamo raggiunto uno stato evolutivo tale
da non poter essere più guarite.
È volta a ridurre la prevalenza (frequenza dei casi esistenti) della malattia e non
l’incidenza, in quanto senza la prevenzione secondaria, la malattia si sarebbe comunque
manifestata. Questa fase determinerà una riduzione della mortalità che sarà più o meno
consistente a seconda dell’efficacia dell’intervento stesso. La prevenzione secondaria ha
l’obiettivo di curare le malattie prima che esse abbiano uno stadio evolutivo tale da non
poter essere più guarite. A tal fine, la malattia oggetto dell’intervento di prevenzione
secondaria deve poter essere scoperta prima che si manifesti con sintomi e con segni
clinici, cioè quando la persona malata è ancor apparentemente sana. Se la diagnosi
precoce, in fase preclinica, sarà estesa a buona parte della popolazione a rischio di
malattia e se si disporrà di efficaci terapie, si potrà ottenere la riduzione della mortalità
per quella determinata malattia. Non si avrà invece, alcuna riduzione dell’incidenza della
malattia stessa. Infatti a differenza della prevenzione primaria, la prevenzione secondaria
non rimuove le cause e, per conseguenza, non impedisce l’insorgenza di nuovi casi.
La prevenzione secondaria non si presta bene alle malattie infettive poiché esse sono
caratterizzate da un periodo di incubazione breve e un decorso acuto, mentre si presta
bene alle malattie non infettive poiché hanno spesso un periodo di incubazione (o periodo
di latenza) lungo e decorso cronico.
È necessaria la disponibilità di terapie più efficaci possibili poiché, individuata la
malattia, si possa avere la possibilità di portare il soggetto alla guarigione (es. screening
neonatale per ipotiroidismo congenito e terapia con ormoni tiroidei che evita che il
soggetto vada incontro a una condizione che in passato gravava sia sul soggetto che sul
costo sanitario).
Il metodo d’esame da impiegare deve essere:
- Sensibile: è in grado di rivelare i soggetti ammalati (positivi). Un test poco
sensibile rischierebbe di identificare come negativi soggetti in realtà ammalati
(falsi negativi);
- Specifico: è un test in grado di rilevare i soggetti sani (negativi). Un test poco
specifico rischierebbe di fare identificare come ammalati soggetti in realtà sani
(falsi positivi):
Ogni intervento, basato sull’inizio della terapia in fase preclinica richiede l’esame di una
massa di persone apparentemente sane per effettuare lo screening cioè la selezione di
coloro che sono già ammalati pur non presentando ancora i sintomi della malattia.
Lo screening deve essere:
- Accettabile, per cui deve essere un esame non invasivo, né fastidioso
- Rapido, affinché il personale sanitario addetto alla sua esecuzione possa
esaminare molte persone in poco tempo
- Sicuro, non deve dar luogo a nessun effetto secondario pericoloso o fastidioso.
- Poco costoso, altrimenti sarebbe insostenibile somministrarlo a grandi masse di
popolazione
- Sensibile e specifico, deve individuare i malati evitando di produrre dei falsi
negativi (cioè soggetti ammalati riportati come sani) e allo stesso tempo deve
evitare dei falsi positivi (cioè soggetti sani come ammalati). Deve rilevare il maggior
numero possibile di ammalati (sensibile) e non deve indicare come malati le
persone sane (specifico)
- Selettivo: la ricerca è operata fra individui apparentemente sani ma appartenenti
ad una categoria con rischio di ammalare particolarmente elevata;
- Di massa: riguarda l’intera popolazione esposta al rischio e va effettuata solo
quando l’incidenza di una patologia è elevata (es. carcinoma della mammella)
oppure quando, pur trattandosi di malattia rara la diagnosi tardiva implica un
danno irreversibile mentre la diagnosi precoce può essere fatta agevolmente e
consente un efficace trattamento (fenilchetonuria, ipotiroidismo congenito).
PREVENZIONE TERZIARIA
La prevenzione terziaria differisce concettualmente e praticamente dalla prevenzione
primaria e secondaria, ha infatti obiettivi e metodologia di intervento del tutto diversi. A
differenza della altre due, è rivolta a persone ammalate e si prefigge di impedire che esse
vadano incontro ad uno stato di invalidità. Il precoce ripristino delle diverse funzioni
dell’organismo, deve mirare quindi a prevenire l’invalidità fisica provocata dalla
progressione delle malattie croniche o conseguente ad interventi chirurgici demolitivi. La
prevenzione terziaria in base a quanto già detto si può identificare con quella che è la
riabilitazione.
Essa, infatti non è rivolta a persone sane o apparentemente sane ma a persone ammalate
(anche patologia cronico-degenerative) e gli interventi di prevenzione terziaria riguardano
dunque, persone con malattie croniche e persone portatrici di handicap e consistono in
procedure e tecniche di riabilitazione.
Le tecniche di riabilitazione devono essere messe in atto precocemente per evitare
complicanze della malattia principale durante il suo decorso e per ottenere il massimo di
recupero funzionale dopo che la malattia è guarita o si è stabilizzata. Nelle persone affette
da un infarto, un’artropatia invalidante, nei soggetti paraplegici, nell’ictus, dopo un
intervento di protesi al ginocchio o all’anca, ha particolare importanza la riabilitazione
fisica e l’assistenza psicologica.
Per quanto riguarda la predittività, solo sull’età materna è del 30% e sale di circa 10-100
volte in base all’incremento di età al di sopra dei 30 anni, se sommiamo il bitest e il
tritest la predittività sarà del 65% con un 5% di falsi positivi, se ancora aggiungiamo la
translucenza nucale sale al 90% con una percentuale di falsi negativi del 10% e di falsi
positivi invariata.
Tutti questi dati vengono inseriti in un software che fa un calcolo statistico; Se il valore
(MOM, multipli del valore medio mediana//Multipli della Mediana) è maggiore di 4 è un
valore alto.
Ovviamente, anche la prevenzione dell’utilizzo dei farmaci e delle malattie infettive è
fondamentale, attraverso gli esami per gli agenti TORCH, che sono sempre esami offerti
dal piano nazionale prevenzione, e la vaccinazione.
Le vaccinazioni indicate in gravidanza sono:
- La difterite-tetano-pertosse, tra la 28esima e la 32esima settimana di gestazione,
anche se adesso è stato esteso il periodo per vaccinarsi ed è stata aggiunta la
vaccinazione polio (Sul sito del ministero della salute non si parla di un’estensione
del periodo e si consiglia sempre intorno alla 28°).
- La vaccinazione dell’influenza, che prima veniva indicata tra secondo e terzo
trimestre mentre ora va bene sempre.
Ci sono una serie di vaccinazioni non consigliate in gravidanze che, se la donna ne ha la
necessità, devono essere valutati con cautela ed eventualmente effettuati.
Non devono essere effettuati il vaccino contro la febbre gialla e anti-hpv.
Controindicati: virus vivi attenuati con parti di cellule batteriche e quindi BCG (anti-
tubercolare), l’orale per il tifo, herpes zoster, morbillo-parotite-rosolia e varicella, mentre
il rotavirus non è stato studiato in età adulta.
Per la prevenzione del neonato: screening punto nascita e una serie di misure preventive
come la prevenzione della morte in culla.
Gli screening neonatali più importanti sono quelli delle malattie metaboliche, in
particolar modo la Legge 167/2016 ha esteso gli screening per malattie metaboliche a
circa 40 malattie che sono:
- Malattie del metabolismo e trasporto aminoacidi
- Alterazioni congenite del trasporto delle lipoproteine
- Disturbi del ciclo dell’urea
Un altro screening introdotto tra i LEA è lo screening visivo neonatale, il test del riflesso
rosso che è anche fatto dai pediatri, ed è sostanzialmente il riflesso che vediamo nelle
fotografie e ci aiuta a capire se vi sono problemi in quello che è uno dei principali organi
che ci aiuta nella vita sociale (gli occhi; il test utilizza la trasmissione della luce da un
oftalmoscopio).
IMMUNOPROFILASSI
IMMUNITA’ ACQUISITA
NATURALE ARTIFICIALE
Le vaccinazioni obbligatorie oggi sono 10. Per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni
sono obbligatorie e gratuite – in base alle specifiche indicazioni del calendario vaccinale
nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita.
1. La vaccinazione anti-poliomielitica;
2. La vaccinazione anti – difterica;
3. La vaccinazione anti – tetanica;
4. La vaccinazione anti – epatite B;
5. La vaccinazione anti – pertosse;
6. La vaccinazione anti – haemophilus influenzae tipo B;
7. La vaccinazione anti – morbillo;
8. La vaccinazione anti rosolia;
9. La vaccinazione anti – parotite;
10. La vaccinazione anti – varicella
RICORDA: Le prime 6 vaccinazioni sono: vaccinazioni obbligatorie per via permanente. Le
successive 4 sono vaccinazioni obbligatorie sino a diversa e successiva valutazione.
Il primo calendario vaccinale aveva poche vaccinazioni indicate, oltre alla classica
esavalente, avevamo la trivalente MPR (morbillo, parotite e rosolia), lo pneumococco che
ai tempi era PCV 7 (adesso abbiamo PCV 13 e 23 sierotipi), la varicella e l’influenza.
A poco a poco sono aumentate con l’aggiunta della vaccinazione anti-HPV e
antimeningococcica.
Nel nuovo piano vaccinale 2017-2019 il soggetto al 3°, 5° e tra 11°/13° mese di vita deve
effettuare la vaccinazione con esavalente che risulta essere obbligatoria.
Eventualmente alla nascita, se la madre è HBsAg positiva, deve effettuare la vaccinazione
per Epatite B.
La vaccinazione MPR (o MPRV vaccino combinato) tra il 13° e il 15° mese di vita e
al 5°/6° anno di vita con il richiamo. Si tende a separare MPR e V soltanto se il
soggetto ha una storia di convulsioni febbrili in famiglia.
Poi la vaccinazione del Meningococco B da effettuare in 4 dosi, nei bambini <1
anno perché negli adulti varia il calendario, dove la vaccinazione va effettuata in
tre dosi a distanza di un mese. La prima dose parte dal 61° giorno di vita, cioè dal
terzo mese di vita del bambino, possiamo vaccinarlo con l’esavalente, dopo 15
giorni dall’esavalente di può effettuare la prima vaccinazione con il meningococco
B, la seconda deve essere distanziata di 30 giorni dalla prima.Quindi il calendario
vaccinale è fatto in modo tale che entro il secondo anno di vita vengono coperte
esavalente, meningococco B, meningococco C che in realtà è ACWY perché è
diventato gratuito anche il meningococco tetravalente che poi deve essere
richiamato in età adolescenziale tra il 12° e il 18° anno, ma in Sicilia è gratuito
fino ai 30 anni.
Per quanto riguarda a vaccinazione per HPV è fortemente raccomandata ma non
obbligatoria, raccomandata a maschi e femmine a partire dagli 11 anni e 1 giorno
e si può fare fino a 26 anni. Vi è una risposta diversa tra l’età adolescenziale e l’età
adulta, la gratuità rimane fino a 26 anni, dai 26 ai 45 anni in co-payment, a meno
che avete, secondo il decreto regionale, una prescrizione dal ginecologo o dal
vostro medico curante (ma lo accettano solo alcuni) o dal dermatologo, cioè se
siete soggetti a rischio, ad esempio se avete contratto un altro ceppo di HPV ad
alto rischio.
La vaccinazione per il rotavirus si può fare soltanto in età pediatrica, e si può fare
per via orale o intramuscolare, nel calendario vaccinale regionale si fa per via orale
così nella stessa seduta delle due intramuscolari. Viene effettuata la prima dose
entro il 105° giorno di vita e la seconda dose entro e non oltre il 168° giorno di
vita, quindi entro 24 settimane di vita.
Lo pneumococco si fa in età pediatrica con la forma 13valente e nei soggetti >64
anni nella forma 23valente, si effettua a tutti i soggetti che hanno delle condizioni
di rischio.
Le vaccinazioni morbillo-parotite-rosolia sono obbligatorie ma è da ricordare che
devono essere somministrate al 13°/15° mese di vita e poi verso i 5/6 anni di età.
Tutte le vaccinazioni sono gratuite e attivamente offerte dalle Regioni e dalle
province autonome, in base alle indicazioni del calendario vaccinale relativo
all’anno di nascita. Quindi:
- Ai nati dal 2012 al 2016: sono offerte gratuitamente le vaccinazioni anti –
meningococcica Ce anti – pneumococcica;
- Ai nati dal 2017 ad oggi: sono offerte gratuitamente le vaccinazioni anti –
meningococcica B, anti – meningococcia C, anti – pneumococcica e anti –
rotavirus.
Ai nati dal 2001 al 2016 devono essere somministrate le vaccinazioni contenute nel
calendario vaccinale nazionale relativo a ciascun anno di nascita. Precisamente:
- I nati dal 2001 al 2004: devono effettuare (ove non abbiano già provveduto) le
quattro vaccinazioni già imposte per legge (anti epatite B; Anti tetano; anti
poliomielite; anti difterite) e l’anti morbillo, l’anti parotite; l’anti rosolia; l’anti
pertosse e l’anti haemophilus influenzae tipo b. Raccomandate dal piano nazionale
vaccini 1999-2000;
- I nati dal 2005 al 2011: devono effettuare, oltre alle 4 vaccinazioni già imposte per
legge, anche l’anti morbillo, l’anti parotite, l’anti rosolia, l’anti pertosse e l’anti
haemophilus influenzae tipo b, previsti dal calendario vaccinale incluso nel piano
nazionale vaccini 2005 – 2007.
Prendendo in considerazione però, la popolazione adulta, alcune vaccinazioni sono
obbligatorie per determinate categorie di persone e di lavoratori:
- La vaccinazione antitetanica è obbligatoria, oltre che per tutti gli sportivi affiliati al
CONI, per i lavoratori agricoli, i metalmeccanici, gli operatori ecologici, gli stradini,
i minatori, gli sterratori etc.
- La vaccinazione anti-meningococcica, anti – tifica, anti difto-tetanica, anti morbillo
– parotite –rosolia sono obbligatorie per tutte le reclute all’atto dell’arruolamento.
- La vaccinazione dell’epatite B (obbligatoria), l’influenza, morbillo-parotite-rosolia,
la varicella, difterite-tetano-pertosse e la meningococcica (fortemente
raccomandate). La vaccinazione anti tubercolare è stata limitata dal decreto del
2001 a solo coloro che lavorano con ceppi multi-resistenti e in ambienti ad alto
rischio. Sono obbligatorie per gli operatori sanitari.
Le vaccinazioni consigliate sono:
- Haemophillus influenzae;
- Influenza A,B,C;
- Morbillo;
- Parotite;
- Rosolia.
POLIO: Esistono due vaccini anti – poliomielite:
1. Salk: virus ucciso somministrazione intramuscolo;
2. Sabin: virus vivo ed attenuato somministrazione orale. La possibile insorgenza di
poliomielite paralitica da vaccino, ha generato un cambiamento nella strategia di
vaccinazione (1 caso su un milione di vaccinati).
Oggi si fa il vaccino Salk. Fino al 1999 il ciclo vaccinale per la polio era così suddiviso
1°/2°/3°/4° dose orale; dal 1999 fino a Giugno 2002 1°/2° dose intramuscolo 3°/4° dose
orale; oggi 1°/2°/3°/4° dose intramuscolo. Questo vaccino consente di ridurre la paralisi
flaccida e di continuare i vantaggi del vaccino Sabin che viene somministrato per le dosi
successive di richiamo.
VAIOLO: in Europa è stato dichiarato debellato nel 2000, è ancora endemico in
Afghanistan, Nigeria, Pakistan. In Italia l’ultimo caso è avvenuto nel 1982.
È fondamentale la vaccinazione obbligatoria in quanto:
- È un intervento collettivo creando un’immunità di massa;
- Uniformità di azione nel territorio;
- Parità di trattamento per tutti i cittadini;
- Assunzione responsabilità statale in caso di danni irreversibili.
ANTI – PAPILLOMAVIRUS: Dal gennaio del 2008 le bambine nate nel 1997 potranno
sottoporsi alla vaccinazione contro il papillomavirus (HPV). La vaccinazione anti – HPV
sarà consigliata, prima dell’inizio dei rapporti sessuali, ma non obbligatoria, per tutte le
donne di età compresa tra i 12 ed i 25 anni, ma in questa prima campagna la gratuità
del vaccino sarà garantita soltanto alle bambine di 11-12 anni. Le donne che hanno
un’età compresa tra i 13 ed i 25 anni, potranno ricorrere alla vaccinazione individuale (il
vaccino può essere acquistato in farmacia a proprie spese). La risposta immunitaria nella
fascia di età compresa tra 9-13 anni (target primario secondo l’OMS), risulta maggiore di
quella osservata nelle donne tra i 16 e 26 anni. Le patologie causate dal papilloma virus
di tipo 6,11,16,18,31,45,52,58 includono lesioni precancerose dei genitali femminili (collo
dell’utero, vagina e vulva); lesioni precancerose dell’ano e condilomi genitali in maschi e
femmine; cancro del collo dell’utero e dell’ano. L’HPV 16 e 18 sono responsabili di circa:
- Il 70% dei casi di cancro del collo dell’utero;
- Il 75-80% dei casi di cancro dell’ano;
- Il 70% delle lesioni precancerose correlate a HPV della vulva e della vagina;
- Il 75% delle lesioni precancerose correlate a HPV dell’ano.
Attualmente sono presenti sul mercato:
- Vaccino bivalente: ormai in disuso, HPV 16-18 (CERVARIX);
- Vaccino quadrivalente: HPV 16-18-6-11 (GARDASIL) che include anche i tipi
maggiormente responsabili di condilomi ano – genitali (6-11);
- Vaccino nonavalente: HPV 6-11-16-18-31-33-45-52-58 (GARDASIL 9)
L’obbligatorietà vaccinale è scaturita dalla riduzione della copertura vaccinale per i
vaccini facoltativi questo legato a varie condizioni:
- Scarsa consapevolezza degli effetti benefici per la salute, individuale e collettiva,
derivanti dalla somministrazione dei vaccini;
- Ridotta percezione dei rischi legati alle malattie infettive, proprio grazie al successo
dei programmi vaccinali;
- Diffondersi di teorie del tutto prive di fondamento scientifico che mirano ad
enfatizzare la gravità e la frequenza degli eventi avversi da vaccinazione;
- Falsa correlazione tra i vaccini e l’insorgere di alcune patologie (ad es. l’autismo) e
conseguente timore dei genitori di sottoporre i propri figli a vaccinazione;
- Diffondersi di movimenti di opposizione alle vaccinazioni per motivi ideologici o per
altri interessi (no- vax).
- Aumento dei casi di malattie infettive in fasce di età diverse da quelle classiche
(per es. negli adulti) e quadri clinici più gravi, con maggiore ricorso
all’ospedalizzazione;
- Verificarsi di casi di infezione da virus della rosolia in donne in gravidanza con
rischio di infezioni del feto (tra le possibili conseguenze: sindrome della rosolia
congenita, parto – pre termine, aborto spontaneo o terapeutico);
- Ricomparsa di malattie infettive che erano sotto controllo, spesso accompagnata
da ritardi nella diagnosi proprio per la difficoltà di riconoscere agevolmente quadri
clinici raramente o mai incontrati nella pratica clinica;
- Aumento dei costi sanitari e sociali legali al diffondersi delle malattie,
all’incremento dell’ospedalizzazione e degli eventuali esiti invalidanti.
Alcuni vaccini possono provocare reazioni locali o reazioni generali come: gonfiore,
arrossamento, dolore, febbre, reazioni allergiche (non ai vaccini, ma alle proteine
estranee, antibiotici o sostanze stabilizzanti).
A poco a poco venne introdotto l’obbligo di testare HCV negli emoderivati, che fu significativo per
evitare la trasmissione tramite gli emoderivati per cui si ottenne l’abbattimento di circa il 50%
della diffusione.
Tutti questi virus infettano elettivamente l’epatocita causando nel fegato alterazioni necrotiche.
Alcuni di questi agenti sono in grado di determinare una condizione di epatite cronica. C’è una
percentuale di circa il 10-20% in cui l’epatite non ha ancora un riconoscimento (di recente sono
stati scoperti altri virus epatotropi, quali il virus G (HGV) e il virus TT (HTT), il cui ruolo come agenti
causali di epatite è tuttora in fase di studi).
PRINCIPALI MANIFESTAZIONI CLINICHE: febbre, ittero, incremento transaminasi.
I tempi di incubazione, trasmissione e decorso differenziano le varie forme di epatite.
Il periodo di incubazione è molto più breve per i virus a trasmissione propriamente oro-fecale
(HAV, HEV), mentre è più lungo per HBV e HCV. La trasmissione del virus dell’epatite D avviene
solo in condizione di co-infezione con HBV, altrimenti da solo non è in grado di dare infezione, i
tempi di incubazione si allungano molto fino ad arrivare anche a 3 anni.
C’è la possibilità di cronicizzazione, e quindi di favorire la condizione di portatore cronico
dell’infezione, propriamente per i virus B e C (e per quanto riguarda la co-infezione con il D).
La via di trasmissione parenterale è più tipica di HBV, HCV, HDV ed è stata descritta pure per HAV
(quest’ultima è trasmissibile sessualmente, “negli omosessuali nei rapporti anali”, più bassa la
possibilità di trasmissione rispetto alla via oro-fecale, ma è stata descritta. Questi soggetti hanno
elevata indicazione per la vaccinazione per l’epatite A. Ad avere maggiore possibilità d’infezione è
il soggetto recettivo, rispetto all’insertivo).
Le famiglie virali sono differenti:
• HAV appartiene alla famiglia dei Picornavirus,
• HBV è un “viroide” (è un virione) appartenente alla famiglia degli hepadnaviridae,
• un calicevirus HEV.
Come già accennato inizialmente, ci sono altri virus capaci di determinare epatite:
• Citomegalovirus
• Epstein Barr virus
• Virus della Rosolia
• Adenovirus
• Herpes Simplex
• Virus della Varicella Zoster
• Virus della Parotite
• Virus delle febbri emorragiche
• Enterovirus (cox e echo)
Sono forme epatiche minori.
VIRUS DELL’EPATITE B
Il virus dell’epatite B (HBV), è uno dei virus più conosciuti. I primi studi risalgono agli anni 60’.
È un virus a DNA, il genoma è circolare parzialmente a doppia elica., appartenente agli
Epadnavirus.
Da un punto di vista microscopico, il virus appare come una particella di 42 nanometri di diametro.
Internamente c’è una struttura a simmetria icosaedrica (forma sferica), dove nel nucleocapside (o
core) è possibile osservare:
• una DNA-Polimerasi che è virus-specifica
• due antigeni, HBcAg e HBeAg.
Esternamente, nel pericapside c’è l’HbsAg, fondamentale in quanto non solo sulla base della
produzione degli anticorpi è possibile stabilire “se il soggetto è guarito”, prendendo in
considerazione tutto il pannello anticorpale, ma anche per avere informazioni sulla vaccinazione.
Il virus quando si ingloba all’interno dell’epatocita, nella sua patogenesi produce in eccesso questo
antigene, che si può ritrovare in microscopia elettronica.
Oltre le particelle virali, microscopicamente è possibile osservare dei filamenti di HbsAg che sono
delle strutture tubulari e delle particelle di HbsAg di dimensioni di circa 20 nm di diametro, prive di
acido nucleico e risultato di un’eccessiva sintesi della proteina.
Il virus appare dunque come una particella sferica a doppia parete, costituita esternamente da un
involucro di natura lipoproteica e internamente, il core ha una struttura a simmetria icosaedrica.
Per quanto riguarda le particelle HbsAg, ciascuna contiene un antigene gruppo specifico che viene
denominato “A determinante A” che può essere con due sub-determinanti che sono il VY e il WR.
Questo è un virus, in cui nel 90% dei casi l’infezione evolve in guarigione, nel 10% evolve in
cronicizzazione. Nello 0,1-1% circa, il soggetto può andare in contro ad un’epatite fulminante.
La guarigione può essere con o senza immunizzazione, lo distingueremo sulla base della
produzione degli HBsAb.
La cronicizzazione è più frequente nel neonato, dove cronicizza circa nel 90% dei casi, negli adulti
la percentuale di cronicizzazione è nel 10-20%, c’è pure un’altra condizione che è quella di
portatore sano (virus permane nell’organismo ma in modo asintomatico).
Può evolvere per circa il 20-25% dei casi in 10-20 anni, in una condizione cirrotica, nella quale in
circa il 20% dei casi evolve in epatocarcinoma.
Ogni antigene è importante per la produzione di anticorpi e nella fattispecie abbiamo:
• Per HBsAg -> anti-HBs;
• Per HBcAg -> anti-HBc di tipo IgG e igM
• Per HBeAg -> anti-HBe
CENNI CLINICI
L’infezione come abbiamo visto resta spesso asintomatica, specialmente nei bambini e può essere
rivelata anche a distanza di tempo solo per la presenza di anticorpi specifici. In una minoranza di
casi, l’infezione acuta si manifesta con i segni ed i sintomi tipici del danno epatico ( ittero, nausea,
inappetenza, feci acoliche, stanchezza, ecc). si distinguono varie forme cliniche:
- Forme subacute con manifestazioni aspecifiche: inappetenza, nausea, malessere
- Forme acute con sintomi extraepatici: dolori articolari, artriti, eruzione cutanea
maculare, trombocitopenia, ecc, che possono precedere la comparsa dell’ittero
- Forme itteriche tipiche, non distinguibili dalle altre epatiti virali
- Forme fulminanti, seguite rapidamente dalla morte
A differenza dell’epatite A la B tende a persistere come infezione cronica con frequenza diversa in
base all’etàà in sui si contrae. Il 90% in bambini infettati dalla madre con trasmissione perinatale,
nel 25/50% dei bambini infettati tra 1 e 5 anni, nel 6 % dei casi dei bambini più grandi e negli adulti
DECORSO CRONICO:
Il soggetto con infezione cronica, viene definito tale se l’infezione persiste più di 6 mesi. Diversa è
la condizione di portatore asintomatico sano. Il periodo di incubazione varia da 60 ai 180 giorni. Le
sorgenti d’infezione sono i portatori cronici, ma anche i soggetti infetti.
Dunque, una volta che il virus è penetrato nell’organismo del soggetto sano, attraverso il sangue
arriva nel fegato dove avviene la replicazione virale e da qui diffonde nel sangue e negli altri
organi, tra cui il rene (ecco perché il virus può essere riscontrato nell’urina). Si riversa inoltre dal
fegato alla bile, giunge nel lume intestinale dove viene inattivato dall’inibitore intestinale (ecco
perché non si trova a livello delle feci). E questo è il motivo per cui non può essere trasmesso per
via oro-fecale.
Una serie di comportamenti a rischio come la tossicodipendenza, prostituzione, possono
incrementare la trasmissione, infatti, sono questi i soggetti, come per l’epatite C, che sono a più
elevata probabilità di infezione e sono anche fonti d’infezione, perché sono gruppi più difficili da
studiare. Negli eterosessuali è possibile l’infezione, ma soprattutto tra tossico dipendenti, per
quanto riguarda il meccanismo insertivo-ricettivo, ne abbiamo già parlato, è raro tra donna
infettata e maschio sano, più frequente tra maschio infettato e donna sana.
Per quanto riguarda altri motivi sociali, i conviventi dei soggetti portatori cronici (o soggetti con
epatite cronica) sono a rischio, sia per contagio sessuale che per contagio tramite veicoli; per
quanto riguarda i detenuti può essere presente omosessualità o scambio di oggetti personali. Sono
a rischio anche i soggetti dializzati e i politrasfusi. Per quanto riguarda il personale sanitario, la
vaccinazione è obbligatoria per legge dal ’91.
La trasmissione per via placentare è molto frequente ed è quella che tende a cronicizzare
maggiormente. Essa è possibile:
• intorno al 3° trimestre di gravidanza con possibile infezione del neonato dopo i 70-90 giorni
dalla nascita.
• Attraverso il canale del parto
• Nel post-partum: infezione trasmesso nel 16° mese di vita. Ciò avviene in seguito
all’allattamento materno (anche se gli studi epidemiologici sono discordanti, tra soggetti allattati
al seno e soggetti allattati artificialmente, è stato osservato che la prevalenza non è poi tanto
elevata, diverso è il caso dell’HIV, dove l’allattamento al seno è controindicato, tranne nei paesi in
via di sviluppo.)
Quando la madre è HBV positiva è fondamentale e necessaria l’immunoprofilassi del neonato con
immunoglobuline e vaccinazione alla nascita entro le 12-24 h con un cadenziario di 0-1, 2 e una
quarta dose di richiamo tra i 6 e i 12 mesi.
CI sono alcuni paesi in cui i portatori sani sono molto frequenti, come nelle zone “iper-endemiche”
(Cina, Sud-Est asiatico, Africa tropicale) mentre alcune zone sono ad endemia scarsa come Europa
del Nord, Australia e Nord America. Gli eventi successivi all’infezione possono essere quelli
descritti come l’epatite fulminante, nello 0,1% dei casi, l’infezione può essere sintomatica, ma può
passare misconosciuta anche per lungo tempo, il soggetto può comunque andare incontro a
guarigione circa nel 10-20%. Il portatore cronico è un’altra possibilità, da qui il soggetto può
andare in contro a guarigione, ad un’epatite cronica attiva o persistente e da qui cirrosi e poi
epatocarcinoma.
Il soggetto deve essere ricoverato e la patologia è soggetta a notifica di classe seconda entro 48
ore, il paziente ospedalizzato deve essere isolato e deve essere dimesso quando clinicamente
guarito.
Se il soggetto è HBeAg positivo, ha un’elevata contagiosità, se è HBeAg negativo ed ha gli anticorpi
la contagiosità è scarsa. Il soggetto può guarire con o senza sieroconversione per HBs dunque con
o senza immunizzazione.
Per quanto riguarda la diagnosi, l’atteggiamento nei confronti dei portatori cronici è più mirato,
nel momento in cui il soggetto è portatore cronico, dovrà seguire delle misure di profilassi ci sono
metodiche che permettono la disinfezione, le abbiamo già accennate, come l’ebollizione per 100
C° per 15 minuti, anche il trattamento in autoclave 121°C ad 1 atm per 30 minuti, a casa la
soluzione di sodio ipoclorito allo 0,5-1% per 30 minuti.
PREVENZIONE:
La prevenzione delle’epatite B si basa su misure di carattere generale volte a limitare la
trasmissione del virus e, principalmente, su misure di immunoprofilassi.
Un ruolo fondamentale è rivestito dall’educazione sanitaria, rivolta sia ai portatori del virus
tramite la consapevolezza delle modalità di trasmissione, sia alle persone che sono a rischio per
l’acquisizione dell’infezione, per motivi professionali (operatori sanitari) o per fattori
comportamentali (tossicodipendenza, promiscuità sessuale). Notevole importanza assume anche
l’adeguato controllo dei donatori di sangue, per la prevenzione della diffusione del virus mediante
trasfusioni di sangue.
Notevole attenzione è rivolta anche allo screening dei donatori e alla preparazione degli
emoderivati con procedure che eliminano l’HBV, queste attenzioni hanno azzerato i casi di
contagio da trasfusione e quelli conseguenti alla somministrazione di plasma, immunoglobuline e
fattori della coagulazione.
PREVENZIONE PRIMARIA. La prevenzione primaria si attua attraverso diverse tecniche:
1. Informare l’individuo sulle modalità di trasmissione, sulle conseguenze e sulle complicanze
dell’infezione e quindi:
• Il pericolo di trasmissione durante i rapporti sessuali;
• La necessità di un uso singolo e personale di siringhe, aghi, oggetti vari.
2. Limitatamente ai dodici anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, la
vaccinazione e' obbligatoria anche per tutti i soggetti nel corso del dodicesimo anno di età”
ART.2
“1. E' fatto obbligo ai presidi delle unità sanitarie locali e ai presidi del Servizio sanitario nazionale
di effettuare i cicli vaccinali primari e di richiamo ai soggetti di cui all'art. 1 secondo le condizioni e
le modalità previste con decreto del Ministro della sanità, da emanare entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
5. L'autocertificazione contiene l'indicazione della unità sanitaria locale o del presidio del
Servizio sanitario nazionale che ha effettuato la vaccinazione.”
ART.3
“1. Permane invariato il diritto alla vaccinazione contro l'epatite virale B dei soggetti appartenenti
alle categorie a rischio, individuate con decreto del Ministro della sanità, da emanare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.”
ART.4
1. E' fatto obbligo ai presidi delle unità sanitarie locali e ai presidi del Servizio sanitario nazionale di
vaccinare gratuitamente, su richiesta, i soggetti di cui all'art. 3, rilasciandone la relativa
attestazione.
ART.5
1. Le gestanti devono sottoporsi ad un esame di sangue per la ricerca dello HBsAg al terzo trimestre
di gravidanza.
2. I responsabili delle strutture sanitarie pubbliche e private ove viene effettuato il parto hanno
l'obbligo di disporre l'esecuzione dell'esame di cui al comma 1 qualora esso non sia stato già
effettuato.
3. Le spese per l'adempimento degli obblighi di cui al presente articolo sono a totale carico del
Fondo sanitario nazionale.
4. La vaccinazione dei nati da madre HBsAg positiva è effettuata secondo le modalità previste dal
decreto del Ministro della sanità di cui all'art. 2, comma 1.
ART. 6
1. Presso ogni unità sanitaria locale è tenuto un archivio delle vaccinazioni effettuate.
ART. 7
1. Coloro che esercitano la potestà parentale o la tutela sul minore, il direttore dell'istituto di
assistenza pubblico o privato in cui il minore è ricoverato o la persona cui il minore sia stato
affidato ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, sono responsabili dell'ottemperanza all'obbligo
delle vaccinazioni di cui alla presente legge.
2. [Il contravventore all'obbligo di cui al comma 1 è punito con la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da lire centomila a lire cinquecentomila] [1].
3. All'accertamento delle violazioni e alla irrogazione delle sanzioni amministrative provvedono gli
organi competenti in base alla normativa regionale.
ART. 8
1. La somministrazione del vaccino ai soggetti di cui all'art. 1 ed alle categorie dei cittadini a rischio
di cui all'art. 3 è esente da ogni forma di partecipazione economica dei cittadini.
2. Nei casi di cui al comma 1 gli oneri relativi all'approvvigionamento del vaccino, alle prestazioni
del personale sanitario e parasanitario, agli esami di laboratorio e qualsiasi altra spesa necessaria
per la somministrazione del vaccino sono a totale carico del Fondo sanitario nazionale e sono
compensati dalle minori spese conseguenti all'introduzione della vaccinazione obbligatoria.
ART. 9
1. La presente legge si applica anche a tutti i cittadini stranieri residenti o, comunque, con stabile
dimora nel territorio nazionale.
La vaccinazione è gratuita nelle categorie a rischio già citate del decreto del Ministero della -Sanità
del 1988, ma sono ribadite nel piano sanitario nazionale prevenzione vaccinale del 2017-2019 e
quindi ai tossicodipendenti, prostitute, omosessuali, soggetti con HIV, vittime di punture
accidentali, soggetti nati da HBsAg positive e tutti i neonati.
Art. 3.
La spesa per l'attuazione della vaccinazione contro l'epatite B,gratuita per le categorie di cui
all'art. 1, graverà, come per le campagne vaccinali già attuate, sui fondi del Servizio sanitario
nazionale. La spesa per l'attuazione della vaccinazione al personale sanitario dipendente da enti
privati sarà sostenuta da detti enti.
Roma, addì 22 dicembre 1988
VIRUS DELL’EPATITE C
Comprende l’80% delle epatiti nA-nB post trasfusionale ed il 50%-70% di quelle sporadiche
• L’agente eziologico è un virus a RNA (HCV) 30-6 nm provvisto di involucro lipidico, appartenente al
genere HEPACIVIRUS
• Notevole grado di variabilità che costituisce probabilmente un meccanismo attraverso cui il virus
elude la risposta immune dell’ospite favorendo la persistenza dell’infezione.
• HCV penetra per via parenterale e si localizza negli epatociti
• Periodo di incubazione da: 2 dettimane a oltre 6 mesi
• Anitterica (non provoca ittero)
• Rapida progressione verso la cronicizzazione :
40% dei pz va a cirrosi entro 2 -12 anni
• Laboratorio ELISA PCR (HCV-RNA).
QUADRO CLINICO DECORSO:
1. FORMA SUBCLINICA E ANITTERICA 75%
2. FORMA CLINICA ACUTA: 25%
3. CRONICIZZAZIONE: 50%
4. CIRROSI: 10-20%
5. 25% CIRROTICI- EPATOCARCINOMA DOPO 20 ANNI.
SEGNI BIOCHIMICI SONO: aumento delle transaminasi 2-5 volte ; bilirubinemia: 1-16 volte la norma
EPIDEMIOLOGIA
MODALITÀ DI TRASMISSIONE 50% DEI CASI:
- Trasfusione sangue infetto
- Emoderivati infetti
- Trapianto di organo
- aghi contaminati
RISCHIO in FUNZIONE :
- grado di viremia
- durata di esposizione
- modalità ed entità inoculo
- via di trasmissione
- stato immunitario soggetto esposto.
EPIDEMIOLOGIA
- Periodo di incubazione : 2 sett. a sei mesi
- Post trasfusionale : 6 sett. 3 mesi
- Riceventi fatt. coagulazione: 6 sett.
MODELLI DI TRASMISSIONE
Contatto diretto con il sangue umano:
- Tramite siringhe infette: T.D. diminuita dal 1989
Trasfusione e Trapianti:
- Periodo 1985-90 diminuzione del 50% x screening esclusione HIV epatiti non A,non B
Prodotti Ematici:
- Prima del processo di inattivazione tassi prevalenza >90%
Personale sanitario
- trasmissione nosocomiale possibile per procedure disinfezione inadeguate- materiale
contaminato condiviso fra pazienti.
Procedure mediche o dentali
- bassa frequenza
- casi fra emodializzati
Infezione verticale: madre figlio
- perinatale: passaggio canale del parto, evento non frequente ma possibile per
immunodepressione materna e viremia elevata.
- Trasmissione passiva anticorpi permanenza per 4- 6 mesi.
Via sessuale:
Prostitute:
- Prevalenza: 9%
- Donatori: 0,5%
- Leutiche: 12,5%
Etero sessuali:
- Popolazione non T.D.
- Trasmissione possibile per comportamento a rischio:
• N° dei parteners: > 10%
• Frequenza rapporti sessuali : 5%
• Contemporanea infezione HIV
• Trasmissione donna ---- uomo
• Omosessuali scarsa importanza
- Contatti familiari: non spesso, solo per esposizione di sangue.
L’INFEZIONE è diffusa in tutto il mondo con una distribuzione geografica variabile, è rara nell’infanzia,
prevale tra i 20-30 anni. È molto alta nei gruppi a rischio: Tossicodipendenti, emofilici, politrasfusi.
È un piccolo virus, appartenente alla famiglia dei Flaviviridae, genere Hepacivirus, identificato nell‘
89’, quando le forme di epatite “non A non B” furono ascritte al virus dell’Epatite C.
Da un punto di vista microscopico, il virus è costituito da una particella sferica provvista di un
rivestimento esterno di circa 50 nanometri di diametro. Il genoma è formato da una molecola di
RNA lineare, a singola elica con polarità positiva che codifica per proteine strutturali e non
strutturali. Le proteine strutturali sono quelle del nucleocapside e del rivestimento esterno,
mentre quelle non strutturali sono gli enzimi e la RNA-Polimerasi RNA dipendente. Suddetta
particella è scarsamente resistente all’esterno, ha una diffusione che è molto più frequente in
quelle che sono le aree dell’Africa. Ci sono alcune regioni che presentano prevalenze pure al di
sotto dell’1%, in alcune aree potrebbe essere una sottostima che potrebbe derivare da quelle
categorie poco raggiungibili come i tossicodipendenti.
Il virus dell’epatite C ha una elevata variabilità genomica. Infatti sono distinguibili 6 genotipi, dall’1
al 6, con una prevalenza differente. In Italia prevale l’1B, che assieme all’1A e il 4 sono i meno
responsivi alle terapie con interferone, pertanto sono i più aggressivi. All’interno dello stesso
soggetto il virus ha la capacità di mutare tanto da andare a determinare delle sottopopolazioni
virali (dette quasi specie) attraverso la risposta immunitaria del soggetto.
I 6 genotipi differiscono per il 30% delle sequenze nucleotidiche, i sottotipi per il 15-20%, le quasi
specie per il 3%. Questo dà problemi per la risposta alla terapia del soggetto e per la creazione di
un vaccino, oltre che la possibilità di dare infezione.
La fascia di età più esposta è quella mediana (i giovani adulti). L’infezione si trova spesso associata
ad infezione da HIV: infatti il 90% dei soggetti con AIDS è infettato da HCV.
La via di trasmissione è sempre la stessa ovvero quella parenterale. Oggi c’è un caso ogni 100.000
unità di sangue trasfuso, ma prima del 92’ c’erano problematiche derivanti dalla trasfusione di
sacche di sangue non controllate.
Per via parenterale il virus si introduce nel fegato, dove all’interno degli epatociti si replica, c’è un
legame del dimero E1-E2 al recettore “CD8”, che espresso anche in cellule non epatiche permette
di mantenere fuori dagli epatociti il virus. Questo comporta la possibilità di cronicizzazione.
Pertanto l’aspetto principale responsabile del danno è la risposta immunopatologica cellulo-
mediata.
La seconda modalità di trasmissione più frequente è la tossicodipendenza, seguono la
trasmissione professionale, sessuale la cui frequenza aumenta con i numeri di partner (se
maggiori di 10) e il numero di rapporti sessuali (se maggiori di 5 a settimana) verticale. Per la
trasmissione parenterale inapparente, in passato aveva un ruolo più importante.
Ovviamente il rischio di infezione è correlato non solo alla modalità di trasmissione dal virus, ma
soprattutto al grado di viremia, alla durata dell’esposizione alo stato immunitario del soggetto
esposto.
Dal punto di vista clinico il soggetto può andare incontro:
1. A cronicizzazione nell’85% dei casi sviluppando nel 20% dei casi cirrosi epatica o nell’80%
può andare incontro a stabilizzazione. In caso di cirrosi la mortalità arriva addirittura al 50%
in 5 anni.
2. A risoluzione nel 15% dei casi “con epatite acuta”. Ma l’infezione in una buona percentuale
dei casi può essere del tutto asintomatica.
Il periodo d’incubazione è variabile dalle 2 settimane a 6 mesi, ma nel post-trasfusionale il periodo
è tra le 6 settimane e 3 mesi. Per quanto riguarda la trasfusione, oggi si è ridotto tramite lo
screening, del 50%, così anche per quanto riguarda i prodotti ematici grazie al processo
d’inattivazione.
L'infezione acuta in genere si risolve entro i 6 mesi (solo una piccola parte di pazienti guarisce
completamente), mentre le forme croniche sono caratterizzate da lesioni istologiche ed incremento
delle transaminasi e non si risolvono entro i 6 mesi.
Le forme di epatite CRONICA C sono caratterizzate dalle GOT e GPT e da uno spettro di lesioni
istologiche che variano da forme leggere a forme severe di infiammazione . la progressione a cirrosi
avviene lentamente.
L’epatite C è una malattia insidiosa che colpisce il 3% della popolazione italiana; circa 1,8 milioni di
persone che molto spesso non sanno di essere affetti e che solo nel 2003 ha provocato 14 mila morti. È
più presente nel sud del paese.
PREVENZIONE
La notifica del soggetto infetto è obbligatoria, in classe seconda, entro le 48 ore.
Le misure di prevenzione riguardano quelle relative all’evitamento dell’uso di oggetti taglienti, di
body piercing o tatuaggi con strumenti non sterilizzati e all’effettuazione di un adeguato controllo
dei donatori di sangue.
Per quanto riguarda la profilassi post-esposizione, ad oggi, non ci sarebbero evidenze che
certifichino l’efficacia di tale metodica. Una delle possibili profilassi in seguito all’esposizione al
virus è la terapia antivirale, anche per i soggetti che si pungono accidentalmente con aghi
potenzialmente infetti.
le misure di prevenzione sono quelle già prese per l’epatite B nei soggetti più a rischio nati da madri
con epatite cronica può essere utile anche periodica somministrazione di gammaglobuline umane
“normali”.
EPATITE DELTA (non ne ha parlato)
• L’infezione da virus D è sostenuta dal virus dell’epatite D (HBV), un virus “ difettivo”cioè che richiede
la contemporanea presenza dell’infezione del virus B per permetterne la produzione.
• L’infezione da virus D si presenta solo in soggetti HBsAg positivi
• Confezione: infettati contemporaneamente da HBV-HDV
• Sovra infezione: in paz gia portatori del Virus B
• Modalità di trasmissione e quadro clinico ricalcano HBV
• Fonte di infezione : portatore virus B e D
• Presente ; stessi fluidi di HBV
il personale sanitario non dovrebbe attualmente essere esposto al rischio di infezione Delta durante
l’attività lavorativa, poiché, per lo più, è vaccinato contro l’epatite B.
la vaccinazione protegge sia nei confronti dell’epatite b che con la confezione B-Delta
il personale sanitario di HbsAg può sovra infettarsi durante l’assistenza ad un paziente HDV positivo(
sono colpiti in modo particolare dalla duplice infezione e tossicodipendenti e gli omosessuali).
Nel caso di un operatore sanitario portatore di HBsAg debba assistere un pz HbsAG positivo,
quest’ultimo dovrà essere immediatamente sottoposto a determinazione dei Marker delta.
Nel caso in cui tali marker risultano positivi, dovrà essere considerata la possibilità di sostituire con
colleghi immunizzati contro il virus B ( e quindi anche contro il Delta), comunque gia al primo approccio
con un soggetto HbsAG positivo è bene che l’operatore sanitario lo consideri come probabile portatore
anche di virus delta, se appartenente alle categorie a rischio.
EPATITE A
Tra le infezioni da virus epatici è certamente la più comune, è diffusa in tutto il mondo ed in particolare
nei Paesi in via di sviluppo. In Italia l’Epatite A ha fatto registrare una diminuzione dei casi ed uno
spostamento dell’età infantile verso l’età più alta - migliori condizioni ambientali.
Si tratta di un piccolo virus a RNA di 27 nm incluso nel genere HEPATOVIRUS della famiglia. Cresce in
colture cellulari di rene di scimmia fetale. Resiste alla temperatura di 60°C per 1 ora. Periodo di
incubazione varia da 10 a 50 giorni. Periodo prodomico o preitterico dura 1 settimana (astenia,
nausea, anoressia, febbre). Periodo itterico dura da 2 a 4 settimane (scomparsa febbre, urine color
marsala, subittero)
E’ una malattia diffusa in tutto il mondo (zona tropicale - subtropicale).In Italia costituiscono il 40% di
tutte le forme di Epatite A L’uomo costituisce l’unica sorgente di infezione. Il malato elimina il virus con
le feci qualche settimana prima della comparsa dell’ittero fino ad alcuni giorni dopo. Le modalità di
contagio sono quelle tipiche delle malattie a trasmissione fecale-orale. L’infezione avviene per via orale
e può essere diretta o indiretta attraverso l’acqua ed alimenti (frutti di mare, verdure crude). Il
contagio può avvenire per via parenterale mediante sangue, ma è da considerarsi eccezionale per la
breve viremia.
PREVENZIONE:
L’isolamento dura 7 giorni a partire dalla diagnosi o dall’ittero. Per i conviventi non è prevista alcuna
restrizione. È opportuno sottoporli ad indagini chimico-cliniche, è utile la ricerca di anti-HAV . bisogna
procedere alla disinfezione delle feci e degli effetti del malato (indumenti, stoviglie).
Interventi di bonifica ambientale:
- corretto smaltimento dei rifiuti liquidi;
- potabilizzazione dell’acqua;
- vigilanza sanitaria impianti di stabulazione dei mitili - terreni adibiti ad ortaggi;
PROFILASSI
Attualmente è disponibile un vaccino costituito da virus inattivato con formalina e adsorbito su
allume. Questo è capace di indurre la risposta anticorpale 100% dei soggetti. È ben tollerato e privo di
effetti collaterali. Dona una protezione di 10 anni. La scheda vaccinale prevede la somministrazione di
tre dosi per via parenterale: tempo 0 - 1 - 6 mesi. È consigliata la vaccinazione per i gruppi a rischio: ai
viaggiatori in aree endemiche, settore alimentare, personale di assistenza pediatria-nonatologia. Nei
soggetti esposti a rischio sono disponibili le Gammaglobuline normali.
EZIOLOGIA
GENERE: HEPATOVIRUS
HAV: RNA 25 - 28 nm
SIMMETRIA CUBICA
DETERMINANTE ANTIGENICO: 1
ANTICORPI: IgM IgG
RESISTENZA: il virus resiste a
- 60°C x 1 ora
- CLORO: 1 ppm x 30 min.
- SOLUZIONI ACIDE A pH 3
INATTIVAZIONE: viene inattivato a:
- 100°C x 5 min.
- FORMALINA: 1:4.000 dopo 3gg. A 37°C
PATOGENESI
VIA ORALE - INTESTINO - VIA PORTALE - EPATOCITI (lesioni degenerative necrotiche - necrosi a spruzzo
- corpi acidofili) - VIREMIA - ALTRI ORGANI – BILE – INTESTINO - FECI (10° - 12° g.)
EPIDEMIOLOGIA
- MODALITA’ DI TRASMISSIONE: fecale - orale (acqua - alimenti);
ematica (emotrasf. - eroinomani).
- DIFFUSIONE: intrafamiliare;
comunità chiuse.
- GRUPPI A RISCHIO: vaggiatori internaz.;
omosessuali;
soggetti con epatite cronica per
mal. Fulminante.
DIAGNOSI DI LABORATORIO
➢ Accertamento indiretto: ricerca anticorpi IgM ed IgG
- Anti-HAV IgM
svelabili 5-10 gg. da esposizione
persistenza per 6 mesi
- Anti-HAV IgG
compaiono in corso di infezione
rimangono per tutta la vita
conferiscono immunità permanente
Sarcoma di Kaposi:
Affezione cronica relativamente benigna, limitata alle persone anziane, di sesso maschile
(9 su 10) o appartenenti a gruppi etnici particolari:
Ebrei vecchi abitanti dell’Europa centrale
Alcune tribù negre africane quali i Bantù
Nessuno dei casi segnalati a New York aveva alcuna delle caratteristiche descritte.
Patologia da P. Carinii
Dal 1980 assistiamo ad un aumento dei casi messo in evidenza dall’ accresciuta richiesta
ai servizi federali di Atlanta alla Pentamidina :
Distribuita in 12 anni, dal 1967 al 1979 solo due volte
Nel giro di pochi mesi, dal febbraio 1981, noce richieste provenienti da New York.
Indagini retrospettive fanno ritenere che HIV sia inizialmente comparso in africa negli
anni 50, diffondendosi poi nei Caraibi e successivamente negli USA e in Europa.
Attualmente si calcola che gli individui colpiti dall’infezione siano oltre 30 milioni; nelle
zone endemiche dell’africa e dei caraibi il numero dei contagiati sarebbe molto elevato.
Cos’é l’HIV?
Human (infecting human beings)
Immunodeficiency: decrease ore weakness in the body’s ability to fight off infections and
illness
Virus: a pathogen having the ability to replicate only inside a living cell
FASI MALATTIA
16
14
12
10
0
COND. NORMALE INFEZIONE PER. LATENZA AIDS CONCLAMATA
CD4 INFEZIONE
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Il primo apparato bersaglio è quello gastrenterico e il primo sintomo è quello della diarrea
acuta. Si parla di compartimentalizzazione in quanto una volta annidato in uno di questi
organi: linfonodi, midollo, fegato, encefalo, apparato gastro- enterico è impossibile da
eliminare.
Infezione acuta da HIV: la prima fase viene definita “sindrome simili-mono-nucleosica,
la diagnosi differenziale è da farsi con infezioni da Citomegalovirus, Epstein Barr virus;
Stato di infezione asintomatica da HIV: alla prima fase segue uno stato asintomatico,
in cui il soggetto è in stato di benessere clinico, (intensa risposta immune-scarsa
replicazione virale);
Segue la fase di linfadenopatia sistemica (LAS). È uno stadio di linfoadenomegalia
bilaterale,(<1cm) in 2. Ovviamente il linfonodo per essere considerato incrementato, deve
superare 1-2 cm nelle stazioni linfonodali laterocervicali, non deve essere palpabile a
livello occipitale, piuttosto che ascellare, inguinale, in due o più stazioni extra-inguinali
per oltre 3 mesi. Poi c’è la splenomegalia, la febbre intermittente, segue anche il calo
ponderale superiore al 10%, la sudorazione profusa, diarrea e astenia. Da qui la diagnosi
differenziale con altre patologie sia infettive che neoplastiche (es. leucemia).
Arriviamo alla fase complesso AID- correlato (ARC): in questa fase vi è un
peggioramento della sintomatologia. Febbre persistenze, sudorazioni notturne, calo peso
corporeo< 10%, diarrea cronica, linfoadenopaia generalizzata, deficit immunità cellula-
mediata (CD4+ < 100 ul)
Infine l’ultima fase è la fase conclamata di AIDS: vi è una compromissione seria delle
difese immunitarie. Questo calo delle difese espone il soggetto a quelle che vengono
definite infezioni opportunistiche: virus, batteri, miceti, protozoi. Tipica inoltre
l’insorgenza di Sarcoma di Kaposi e Linfomi.
ACCERTAMENTO DIAGNOSTICO:
La diagnosi di AIDS in una persona infetta da HIV si basa sulla presenza di segni e
sintomi e su alcuni esami di laboratorio.
Il test HIV viene solitamente effettuato su sangue venoso e cerca nel sangue gli anticorpi
diretti contro gli antigeni gp41 e gp120 per l’HIV1 o gp36 e gp105 per l’HIV2. Quando il
virus penetra nell’organismo, gli anticorpi anti – HIV non si formano subito, si parla
infatti di un “periodo finestra”. Il periodo finestra è il tempo che comprende la fase in cui
si è contagiati, si diventa contagiosi ma nell’organismo non è ancora avvenuta la
sieroconversione cioè non si sono ancora formati gli anticorpi specifici anti –HIV. Dura
mediamente 4-6 mesi. Dopo il periodo finestra si ha la comparsa degli antigeni, a cui
segue la comparsa di anticorpi IgM. Il periodo finestra costituiva un problema nella
diagnostica, ma oggigiorno vi sono diversi test che rilevano l’antigene p24 precocemente.
IL test diagnostico di screening consiste nell’identificazione degli anticorpi anti HIV con:
- Tecnica EIA o ELISA: si effettuata un primo test dopo un mese- un mese e mezzo
dal rapporto a rischio, al fine di superare la durata media del periodo finestra, ed
uno dopo tre mesi. Se il test è negativo, dopo 3 mesi dall’ultimo evento a rischio,
significa che il contagio non è avvenuto. Se il test è positivo, necessita di un
ulteriore test di Conferma WESTERN BLOT che indica che il contagio è avvenuto.
Il test ELISA (si pronuncia ELAISA) può dare due risultati: positivo, negativo o
indeterminato. Quando è indeterminato si fa il test di conferma WESTERN BLOT
se è positivo, il contagio è avvenuto; se è negativo il contagio non è avvenuto (
anche se il test elisa risulta positivo – falso negativo).
- Antigene circolante P24: rileva se vi sono gli anticorpi anti – HIV.
- Genoma virale RNA o PCR: il rilevamento del virus mediante reazione a catena
della polimerasi (PCR) durante il periodo finestra è possibile e consente una
diagnosi più precoce.
PREVENZIONE
Tranne che per rare eccezioni, l’infezione da HIV evolve fatalmente in AIDS. Oggi non
esistono vaccini o cure contro l’AIDS ma alcuni trattamenti possono rallentare il decorso
della malattia. Dopo la diagnosi di AIDS, se il trattamento non è disponibile, la
sopravvivenza varia tra i 6 e i 19 mesi. La disponibilità di farmaci anti-retrovirali, che
mirano a inibire la replicazione e l’aggancio di nuovi bersagli agendo sulle proteine e sugli
enzimi del virus, non eliminano il virus, ma prevengono le infezioni opportunistiche
riducendo il tasso di mortalità dell’80% e aumentando la speranza di vita a 20 – 50 anni.
L’unica prevenzione attuabile riguarda la prevenzione primaria, attuando una serie di
interventi il cui scopo è quello di interrompere la trasmissione del virus per via sessuale,
la trasmissione attraverso il sangue e la trasmissione perinatale.
La prevenzione della trasmissione per via sessuale deve mirare a promuovere
comportamenti responsabili e cauti, specialmente negli adolescenti. I programmi di
educazione sanitaria dovrebbero essere svolti in ambito scolastico mirando non solo a
informare sui rischi ma anche ad indurre dei comportamenti responsabili per la
salvaguardia della propria e dell’altri salute.
Altra trasmissione molto diffusa è attraverso sangue infetto, soprattutto tra i
tossicodipendenti che usano scambiarsi le siringhe. Effetti positivi immediati si hanno
mettendo a disposizione gratuitamente siringhe sterili non riutilizzabili (autobloccanti) e
con l’educazione tra pari per indurre a non scambiarsi siringhe o altri oggetti contaminati
con i sangue.
Nella pratica medico-chirurgica vanno adottate tutte le precauzioni per evitare la
contaminazione con il sangue sia del personale d’assistenza sia delle persone assistite.
Va usato strumentario sterile, possibilmente monouso, e vanno eliminati aghi e altri
taglienti in appositi contenitori con pareti non perforabili, al fine di evitare punture
accidentali.
Per la prevenzione della trasmissione perinatale è raccomandato di offrire a tutte le
donne in gravidanza test di screening e, in caso di positività anche al test di conferma,
proporre il parto cesareo; per evitare la trasmissione con il latte si deve consigliare di non
allattare al seno. Per consentire a chiunque abbia avuto delle occasioni di rischio di
infezione di conoscere il proprio stato di salute, sono attive delle apposite strutture in cui
è possibile ottenere in modo anonimo e gratuito l’esecuzione del test per l’HIV, in
counselling e l’eventuale assistenza clinica e terapeutica. Le persone sieropositive, oltre
ad avere diritto alla riservatezza, non devono in alcun modo essere sottoposte a
restrizioni o discriminazioni nella vita sociale e nelle attività lavorative. Vanno informate
sulle modalità di trasmissione dell’infezione ed educate ad evitare di contagiare altre
persone, è importante che in caso di sieropositività il partner venga informato. La
persona infetta è soggetta a denuncia obbligatoria e dunque a notifica, è fondamentale
l’educazione sanitaria. Non ci sono vaccini, però stanno facendo probabilmente un
vaccino terapeutico. Per quanto riguarda le modalità di chemioprofilassi, qui si fa la
terapia antiretrovirale. In Italia ci sono 4000 nuovi casi all’anno. Uno ogni due ore.
Attualmente l’infezione interessa tutte le fasce di età dai ragazzi alle persone di 60-70
anni. Fra i nuovi infetti uno su 20 è ultrasessantenne. Oggi è in aumento la percentuale
delle donne.
In Italia attualmente il 65% dei maschi contrae il virus tramite rapporti sessuali
occasionali con amiche- prostitute mentre il 70% delle donne si infetta attraverso il
partner fisso.
HIV A 360°: Nel mondo 35,3milioni di persone sono sieropositive. L’africa Sub- Sahariana
ad essere la regione più colpita con 25 milioni di persone che convivono con il virus, di
cui 2,9 milioni di bambini. Solo nel 2012 il numero delle nuove infezioni è di 1,6 milioni
di cui 230.000 minori.
L’Italia nel 2012 ha conquistato un triste primato. Quello di paese europeo con piu morti
1700. Nel 2001 i morti erano 1400. Tra le principali cause che emergono: scarsa
prevenzione, ignoranza, abbassamento della guardia per quanto riguarda i test del
sangue che individuano la presenza del virus.
L’istituto superiore della sanità per il 2012 registra 3800 nuovi casi di persone infette.
Complessivamente il numero di italiani sieropositivi tocca i 140 MILA. Con un pericoloso
aumento dei casi fra i giovanissimi e il picco di infezioni del 36,1% dei casi totali. Nel
2012,la maggioranza delle nuove diagnosi di infezioni da HIV è attribuibile a rapporti
sessuali non protetti, che costituiscono l’80,7% di tutte le nuove diagnosi. Cresce anche
il numero di donne italiane siero positive 3000 nuovi casi dal 2001.
IGIENE
PROF. SQUERI
Modello di Reason: descrive in quale modo può manifestarsi un evento avverso. Tale
modello è un cosiddetto system failure ovvero un modo per rappresentare come nei
sistemi complessi (e non solo in quelli sanitari) si possano verificare situazioni tali da
determinare eventi anche
catastrofici.
In tutte le attività che si
susseguono per
raggiungere un
determinato outcome (che
sia in relazione ad una
attività produttiva,
petrolchimica, nucleare,
bancaria, sanitaria,
aerospaziale ecc.) ogni
procedura può essere
esposta ad un rischio di
non essere completata
adeguatamente.
Le “fette” rappresentano le
difese del sistema. I
“buchi” sono invece i difetti
del sistema, l’assenza di meccanismi di controllo che possono determinare, insieme ad
altre carenze, ad un evento avverso. L’allineamento dei buchi, come nella figura porta al
decesso del paziente:
• Mancata anamnesi su allergia ad un farmaco
• Il medico prescrive il farmaco
• Il farmacista non verifica se sia stata accertata l’idiosincrasia al preparato
• L’infermiera somministra il farmaco
• Il paziente muore
Ad ogni livello, se una delle difese è messa in atto, l’evento avverso non avviene. Se
invece, le fette consentono un allineamento dei “buchi” si può verificare un evento
avverso.
È fondamentale quindi una corretta applicazione delle misure di prevenzione, ossia dei
bundle, “pacchetti assistenziali”. Ovviamente gli operatori sanitari che circolano con
divise operatorie in bar e mense e la quantità di monili indossati non sono la causa
principale, ma contribuiscono. Sarebbe anche da evitare l’utilizzo di smalto.
Le ICA quindi sono un problema sia individuale che sociale.
Sociale: perché la gestione del sistema sanitario nazionale è fatta sui fondi che metto i
cittadini. Aumento costi di degenza.
Individuale: Perché il soggetto potrà andare incontro a complicanze, allungare la durata
della degenza, mettere in pericolo la vita e pregiudicare il buon esisto di una terapia.
- Può rendere difficile la diagnosi;
- Pregiudica il buon esito delle cure;
- Mette in pericolo la vita.
Ovviamente, quindi, sono una conseguenza dell’intervento medico e del personale
sanitario, delle procedure assistenziali che a volte sono necessarie per il paziente (es.
cateterismo per un paziente che deve subire un trapianto, non possiamo evitare la
procedura assistenziale, ma è necessaria una sua corretta manipolazione e gestione) e
della durata della degenza in ospedale.
PREVENZIONE:
- Formazione personale;
- Lavaggio delle mani;
- Effettuare un corretto lavaggio antisettico delle mani prima di rimuovere il
catetere;
- Usare i guanti;
- Applicare il catetere solo in presenza di precise indicazioni cliniche;
- Rimuovere il catetere appena l’indicazione cessa di esistere;
- Corretta detersione dei genitali;
- Evitare la torsione del catetere;
- Utilizzare sempre sacche di drenaggio a circuito chiuso e non scollegare mai la
sacca;
- Riporre la sacca al di sotto della vescica;
- Utilizzare il catetere di calibro il più piccolo possibile.
Disinfettanti naturali:
Invecchiamento, per il ciclo naturale che l’organismo ha ad eccezione delle spore;
Essiccamento, per alcuni patogeni agisce meglio per sottrazione di molecole d’acqua,
soprattutto su virus influenzali e morbillo;
Temperatura
Luce solare: essiccamento, calore, raggi infrarossi e raggi ultra-violetti;
Sedimentazione
Diluizione, con i movimenti dell’aria e dell’acqua, pensate ad esempio alla carica batterica,
sono elementi che possono portare ad una riduzione della possibilità di andare incontro a
infezione;
Concorrenza vitale, perché vari germi concorrono tra di loro per nutrienti e ambiente;
Batteriofagia, alcuni virus fungono da batteriofagi;
SANIFICAZIONE: Insieme di processi atti a rendere gli ambienti igienicamente idonei alle persone
che dovranno utilizzarli, senza alterare le caratteristiche fondamentali del loro stato, utilizzando
sostanze detergenti.
STERILIZZAZIONE: È quel procedimento che, utilizzando mezzi fisici o sostanze biocide, mira a
distruggere in un materiale, tutti i micorganismi patogeni e non patogeni, comprese le spore.
Secondo la definizione dell’UNI EN 556 (tale normativa stabilisce che la probabilità di trovare,
all’interno di un lotto di sterilizzazione, un microrganismo sopravvivente, deve essere inferiore o
uguale ad 1 su un milione S.A.L. – sterility assurance level- ) della direttiva 93/42 recepita in Italia
con il D. Lgs 46/1997 con sterilizzazione intendiamo: un livello di sicurezza di sterilità che deve
corrispondere alla probabilità inferiore a uno su un milione (la possibilità di 1 su 10-6) di trovare un
microrganismo sopravvivente all’interno del lotto di sterilizzazione.
La differenza tra disinfezione e sterilizzazione sta nella presenza delle spore che solo la
sterilizzazione elimina.
DETERSIONE: è un processo meccanico atto alla rimozione del materiale estraneo dai dispositivi
medici, da oggetti e superfici per ridurre la carica microbica, tant’è che un buon processo di
detersione, effettuato con acqua, detergenti e/o prodotti enzimatici può ridurre la
contaminazione anche dell’80%.
DISINFESTAZIONE: si intende l’adozione di tutti quei provvedimenti che mirano alla distruzione dei
macroparassiti. Riveste grande importanza nella profilassi delle malattie infettive sia la lotta
contro i vettori che contro i ratti. Vengono utilizzate sostanze quali (disinfestanti, ratticidi,
rodenticidi) capaci di uccidere insetti ed altri animali fastidiosi, nocivi o vettori di infezione.
Per quanto riguarda la scelta dell’agente disinfettante deve essere fatta ad hoc in base al tipo di
microrganismo e in base anche a un insieme di altre caratteristiche, in particolare in base alla
classificazione di Spaulding che si basa sul tipo di strumento.
Non critico (entra Stetoscopi, padelle, Basso livello di Disinfettante per uso ospedaliero
in contatto solo ecc. disinfezione senza indicazione d’attività
cute integra) Tubercolicida d’attività
Ovviamente dobbiamo considerare che il livello di disinfezione richiesto sarà aumentato se il soggetto
che abbiamo di fronte è immunocompromesso e dovremo considerare un rischio di impiego
superiore a quello generalmente assegnato per quello strumento.
La STERILIZZAZIONE deve essere effettuata con mezzi certificati e con procedure standardizzate, la
cui efficienza deve essere documentata, deve essere garantita l’efficacia nell’uccisione di ogni
microrganismo vivente, in forma vegetativa o di spora. Essa avviene tramite:
CALORE UMIDO
La sterilizzazione a vapore è la più diffusa all’interno
degli ospedali perché risulta:
- Meno costosa
- Più efficace e sicura di altre forme
- Rapida (il vapore distrugge in tempi brevi la
maggior parte delle spore batteriche termoR e
cede rapidamente, per condensazione, grandi
quantità di calore)
Ha però un limite: non è applicabile per quegli articoli sanitari alterabili dal calore o dall’umidità.
Questo tipo di sterilizzazione avviene mediante l’uso di un’autoclave,
costituita da un recipiente cilindrico o rettangolare con pareti metalliche a
chiusura ermetica, dentro cui si pone dell’acqua che viene riscaldata con la
resistenza elettrica, fino alla produzione di vapore; questo, rimanendo
imprigionato al suo interno, determina un progressivo incremento della
pressione con conseguente aumento della temperatura di ebollizione
dell’acqua che passa nella camera di sterilizzazione (attraverso dei fori) dove
viene deposto il materiale da sterilizzare. Si crea quindi del vapore che fa
innalzare la pressione. Si chiude la valvola e si attente che il manometro raggiunga l’atmosfera
desiderata, principalmente : 121°C alla pressione di 1 bar per 20 minuti, poi si spegne e si aspetta
che scenda la temperatura.
Sterilizzazione Lenta: 121°C per 20 minuti e 1 atm, per strumenti in gomma o plastica;
134°C per 4-7 minuti e 2 atm, per strumenti metallici e vetreria;
Sterilizzazione Rapida: 134°C per 4 minuti 2 atm, utilizzata in emergenza per materiali
puliti e non confezionati. La rapidità del processo riduce i margini di sicurezza ed aumenta
la possibilità di formare bolle d’aria (aumento dei tempi e compromissione efficacia
sterilizzante)
FILTRAZIONE soprattutto per l’acqua (es. Legionella, ma soprattutto per abbattimento della carica
microbica), i filtri sono di materiale composito (es. polimeri) che hanno granulometria di circa 0,2
µ, riuscendo a schermare così i microrganismi.
STERILIZZAZIONE CON MEZZI CHIMICI
La sterilizzazione chimica fa ricorso a speciali autoclavi che operano a T < 100°C ad ossido di
etilene. Questa tipologia di sterilizzazione viene utilizzata per materiali termosensibili come ad
esempio gli endoscopi
OSSIDO DI ETILENE
L’ossido di etilene (ETO) è un etere ciclico con formula C2H40, che passa allo stato gassoso alla
temperatura di 10,73 °C ed è fornito sotto forma liquida in bombole di acciaio. Questo gas agisce
mediante alchilazione del DNA delle cellule, ossidazione e blocco delle attività enzimatiche. Va
usato con molta cautela, è molto attivo contro tutti i microrganismi comprese le spore. L’efficacia
è dovuta alla sua notevole capacità di penetrazione. Il materiale da sterilizzare deve essere chiuso
in confezioni che consentano la penetrazione del gas, che è favorita dalle adatte condizioni della
temperatura (30-60°) e umidità. Il gas esplica una notevole azione, molto tossica, ed è
cancerogeno: per favorire la liberazione e l’allontanamento del gas residuo dal materiale
sterilizzato si deve lasciare areare, in adeguate camere di decompressione, per 24-48 ore. Si
possono usare gli strumenti dopo 1 giorno fino a 15 giorni. Si usa per strumenti medici e chirurgici
e per tutti i quei materiali termolabili come plastica, gomma, PVC, fibre ottiche, cavi elettrici.
ACIDO PERACETICO
L’acido peracetico agisce sulla membrana citoplasmatica lipoproteica dei microbi
interrompendone le funzioni di intermediazione con l’ambiente. Esso è attivo a basse
concnetrazioni (0,2%) a ph neutro ed a temperatura di 50/59°C, in soli 12 minuti di esposizione.
Può essere usato per la sterilizzazione di strumentario come gli endoscopi, ma il materiale
sterilizzato deve essere usato immediatamente perché esce dalla sterilizzazione non confezionato.
RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE
Vengono impiegate delle radiazioni emesse nella lunghezza d’onda compresa tra 328 e 210 nm da
lampade a vapori di mercurio (radiazioni UV). Esse hanno uno scarso potere di penetrazione e
agiscono solo sulle superfici direttamente esposte. Egiscono rompendo i legami idrogeno del DNA
e generando dimeri di timina. La sterilizzazione con UV è un procedimento adatto al trattamento
dell’aria di ambienti confinati (laboratori biomedici, zone filtro) o per l’uccisione di microrganismi
presenti su superfici o in sospensione innn liquidi.
STERILIZZAZIONE A FREDDO
Diverse sostanze come la gluteraldeide, l’acido peracetico ed il perossido di idrogeno, possono
consentire la sterilizzazione di oggetti immersi, puerchè siano fatte agire ad alte concnetrazioni e
con tempii lunghi di immersione (10-12 ore). Il processo non è standardizzabile né verificabile con
indicatori e il materiale deve essere estratto sterilmente dalla soluzione, sciacquato e asciugato
sterilmente e utilizzato immediatamente. Nel caso di immersione per 30-90 minuti si preferisce
parlare di “alto livello di disinfezione”.
CONTROLLI E INDICATORI
La convalida del processo comprende il rispetto di una serie di parametri (temperatura, umidità,
pressione, vuoto) che sono controllati all’installazione, dopo interventi di manutenzione,
giornalmente e ad ogni ciclo di sterilizzazione. La verifica dell’avvenuta sterilizzazione
dell’autoclave viene effettuata mediante l’uso di indicatore fisici e chimici di processo e l’uso
periodico di indicatori biologici di esito:
- Controllo biologico
- Controllo di tenuta della camera di sterilizzazione
- Controllo strumentale
- Controllo cromatico
Controlli chimici
Controlli fisici
Controlli biologici
Per quanto concerne i controlli biologici, ciò che ha più rilevanza, a cadenza periodica di 15 giorni,
è la prova biologica, si posiziona la fiala contenente le spore del Bacillus Stearothermophilus, per
le autoclavi a vapore, che ha un colorito violaceo, viene inserita in un punto poco accessibile
dell’autoclave e viene avviato il ciclo di sterilizzazione. Se quando rimuoviamo la fiala essa ha
assunto un colore giallastro significa che la sterilizzazione non è ben avvenuta e si incuba la
provetta con thermoblock (porta provette) a 56+/- 2°C per 48h e poi valutare la colorazione. Fino
ad avvenuta consegna dell’esito dell’incubazione tutti i materiali sterilizzati non possono essere
utilizzati.
- Classe 1 – indicatori di processo: si applicano ad ogni confezione. Il loro viraggio indica che
la confezione è stata esposta al processo di sterilizzazione. Sono indicatori posti
normalmente all’esterno delle confezioni ( cartamedical grade, etichette identificative per
container, nastri indicatori etc) e sono specifici per tipologia di sterilizzazione come vapore
saturo, gas plasma di perossido di idrogeno, ossido di etilene. Etc. l’utilizzo di tali indicatori
è necessario per distinguere i DM sottoposti al processo da quelli da processare.
- Classe 2 – indicatori per specifici test: Sono sotto forma di fogli o pacchi pronti contenenti
fogli indicatori, hanno la funzione di effettuare i test per la verifica della penetrazione del
vapore.
- Classe 3 – indicatori a singolo parametro: Devono reagire a un parametro critico del
processo.
- Classe 4 – indicatori multiparametro: devono reagire a 2 o più parametri critici del
processo, indicando l’avvenuta esposizione al processo di sterilizzazione caratterizzato da
determinati valori dei parametri scelti. Sono utilizzati per i pacchi test.
- Classe 5 – integratori: devono reagire a tutti i parametri critici del processo. Sono
generalmente usati per i pacchi test.
- Classe 6 – emulatori: Sono indicatori di verifica del ciclo che devono reagire a tutti i
parametri critici del processo, con capacità di valutazione della qualità del vapore e con
risposte alle varie fasi di uno specifico ciclo di sterilizzazione. Sono usati per i pacchi test.
Indicatori biologici: sono dispositivi che possono essere forniti sia in forma di striscia che in forma
di fiale. Essi contengono spore definite per tipologia e quantità dalla farmacopea ufficiale. La
valutazione di un processo di sterilizzazione a calore umido si può effettuare con 3 metodi:
In particolare avviene tramite sostanze ad azione disinfettante come: Alogeni, Alcoli, Aldeidi,
Fenoli, Saponi e Clorexidina
Le caratteristiche di questo tipo di disinfezione sono:
- Non deteriorante
- Non tossico o irritante per l’uomo
- Azione rapida e ampio spettro d’azione
- Economico
In teoria non sono deterioranti ma sappiamo che in alcuni casi per alcuni materiali possono
comportare un’alterazione del materiale stesso.
Vi sono dei fattori che influenzano l’azione dei disinfettanti quali:
- La natura del disinfettante - Il tempo di contatto
- La specie microbica - La temperatura - pH
- La concentrazione - Il numero di microrganismi
- La stabilità della preparazione - La composizione del mezzo
LA FORMALDEIDE è stata dichiarata cancerogena in classe 2 e quindi non viene per lo più
utilizzata.
ALOGENI (Cloro e Iodio): hanno azione microbicida a dosi molto basse. Il cloro gassoso è usato per
la disinfezione delle acque.
Gli IODOFORI hanno sostituito le soluzioni di iodio in alcool. Derivano dall’unione dello iodio (2 –
5%) con tensioattivi non ionici che rilasciano gradualmente lo iodio, riducendo gli effetti
indesiderati: irritazione, colorazione e corrosione. A livello ospedaliero vengono impiegati nel
trattamento antisettico della cute integra e lese e nell’antisepsi delle mucose, lavaggio antisettico
e chirurgico delle mani.
CLOREXIDINA
è un ottimo disinfettante attivo contro i batteri GRAM NEGATIVI E GRAM POSITIVI, ma non contro
le spore. Agisce contro la membrana citoplasmatica inattivandone le funzione. A diverse
concentrazioni viene usata per la disinfezione della pelle, mucose, oggetti, pavimenti e superfici
varie. Come soluzione detergente è usata per la decontaminazione delle mani del chirurgo e per la
pulizia delle ferite. In soluzione alcolica è usata per la decontaminazione pre-operatoria della pelle
e del paziente. È inclusa in pomate ed in polvere.
Le soluzioni acquose dei Sali di clorexidina sono incolore, inodore e dotate di modeste detergente.
- Ampio spettro d’azione su gram positivi e gram negativi;
- Semplice attività batteriostatica contro i batteri acidoresistenti;
- Non è sporicida;
le soluzioni preparate con acqua distillata o alcoliche sono indicate per:
- Disinfezione di mani e cute;
- Disinfezione di superficie e arredi.
- Si aggiunge, dove sono state emesse, disinfettante (CREOSOLO al 5%) per due ore.
- Sedili, gabinetti, lavabi, docce, con soluzioni ipocloriti o creosolo.
AMBIENTI E SUPERFICI
CRITICO:
- classificazione: gli articoli critici penetrano in tessuti normalmente sterili o nel sistema
vascolare:
- obiettivo: sterilità:
- livello biocida: eliminazione di tutti i microrganismi, comprese le spore batteriche;
- esempi: strumenti chirurgici, cateteri cardiaci, dispositivi impintabili;
- metodo: vapore, gas plasma o sterilizzatori chimici; STERILIZZANTI: gluteraldeide> 2%
perossido di idrogeno 7,5 % acido peracetico 0.2%
SEMICRITICI:
- Classificazione: gli articoli semicritici entrano in contatto con le mucose o con la cute
non integra;
- Obiettivo: provarli di tutti i microrganismi ad eccezione di un certo numero di spore;
- Livello biocida: uccisione di tutti i microrganismi ad eccezione di un certo numero di
spore batteriche;
- Esempi: dispositivi per anestesia e terapia respiratoria, gastroscopi ad altri endoscopi
etc;
- Metodo: disinfezione di alto livello. I DISINFETTANTI: gluteraldeide>2% perossido di
idrogeno 0,55% perossido di idrogeno più acido peracetico ipoclorito.
NON CRITICI:
- Classificazione: entrano in contatto con la cute integra del paziente;
- Obiettivo: elimina gli eventuali microrganismi patogeni contaminati;
- Livello biocida: uccisione dei batteri in forma vegetativa, funghi e virus lipidici;
- Esempi: padelle, grucce, letto, comodino; DISINFETTANTI: alcool etilico o isopropilico
70/90% - cloro – fenoli – iodofori – ammoni quaternari.
PREPARAZIONE DEL MATERIALE
La premessa fondamentale per il raggiungimento della sterilità dei dispositivi medici consiste nella
giusta sequenza ed esecuzione di operazione che si sintetizzano:
1) Raccolta
2) Decontaminazione
3) Lavaggio o pulizia manuale-automatico
4) Risciacquo
5) Asciugatura
6) Controllo
7) Manutenzione
8) Selezione
Una corretta suddivisione del materiale e seconda del metodo di sterilizzazione da utilizzare:
- Confezionamento
- Caricamento
- Sterilizzazione
- la scelta del principio attivo delle formulazioni o azione disinfettante deve tener conto
dell’obiettivo primario, rappresentato dall’efficacia nei confronti degli agenti che si
identificano come sorgente di rischio biologico e dalla compatibilità con i materiali da
trattare;
- nella soluzione disinfettante allestita all’interno di idoneo recipiente, viene immerso il
contenitore con i materiali da trattare;
- la durata della fase di immersione dipende dalle caratteristiche della soluzione impiegata
ed è opportuno seguire le indizioni fornite dal produttore;
- al termine del periodo di immersione il contenitore, con materiali trattati, viene estratto e
avviato alla fase successiva di lavaggio;
- la soluzione di contaminazione deve essere smaltita secondo le indizioni della vigente
normativa.
La decontaminazione automatica il contenitore, con il materiale da trattare, viene collocato
all’inteno della lavastrumenti e viene avviato il programma di disinfezione secondo le istruzioni del
produttore. Al termine del processo il contenitore, con i materiali trattati, viene inviato alla
successiva fase di confezionamento. È preferibile effettuarla in modalità automatica,
opportunamente certificata e attestabile. I DMR devono essere contenuti in griglia estraibili
completamente immerse nella soluzione preparata che deve essere a bassa tossicità non
schiumogena, non aggressiva verso lo strumentario chirurgico, stabile in presenza di materiale
organico, facilmente asportabile durante le fasi successiva di pulizia.
- a base di tensioattivi;
- enzimatico;
- plurienzimatico;
vengano rispettate rigorosamente le indicazioni del fabbricante relative a: concentrazione,
temperatura e tempo di azione. Il materiale va posto su una griglia che deve essere sospesa nella
soluzione, allo scopo di prevenire eventuali incidenti che si possono verificare durante il prelievo
degli strumenti adagiati sul fondo della vaschetta. Il materiale va immerso nella soluzione
disassemblatoaffinchè il detergente venga a contatto con tutte le parti. È importante che la
soluzione detergente venga sostituita di frequente e/o tutte le volte che si presenta visibilmente
sporca. Dopo la fase di immersione gli strumenti vanno spazzolati, utilizzando spazzole dedicate,
per rimuovere i residui organici che non sono stati eliminati dall’azione detergente. Vanno
sottoposti a questo trattamento specialmente quegli strumenti che presentano cavità o lumi
ristretti di difficile detersione è indispensabile utilizzo di scovolini, spazzole con setole morbide,
pistole ad acqua/aria. Il lavaggio ad ultrasuoni è impiegato come trattamento di sostegno a quello
manuale, specie quando le sostanze organiche sono solidificate sui materiali. Il lavaggio si basa su
un principio fisico chiamato cavitazione ultrasonica, che consiste nella formazione di cavità o bolle
di gas, create da onde ultrasoniche che implodono enorme rilascio di energia d’urto. Questa
energia colpisce la superficie dell’oggetto da pulire interagendo sia fisicamente che chimicamente.
I risultati sono un fenomeno fisico di microspazzolatura e un effetto detergente prodotto dalle
sostanze chimiche presenti nel bagno ad ultrasuoni è particolarmente indicata per tutti quei
dispositivi medici delicati (microchirurgia) o che presentano articolazioni e zigrinature, dove
facilmente si deposita materiale organico difficile da rimuovere con altri sistemi. L’impianto ad
ultrasuoni è dotato di un produttore di ultrasuoni e di una vasca che viene riempita da una
soluzione detergente o proteolitica mantenuta a temperatura costante. Nella soluzione viene
posizionato un cestello forato con il materiale da sottoporre al trattamento. Un buon risultato si
ottiene mediante il rigoroso rispetto delle seguenti indicazioni:
5) Asciugatura: si effettua con panni di carta o di tela che non rilasciano fibre e per gli strumenti
cavi, con aria compressa.
8) Selezione:
Invio: è necessario prevedere un trasporto protetto con contenitori chiusi ( casse con
coperchio o carrelli) che dopo l’utilizzo dovranno essere detersi.
ANTISEPSI
Pratica finalizzata alla inattivazione dei microrganismi presenti sulla pelle, sulle mucose o su altri
tessuti viventi (ferite).
Attività alta, disinfettanti che usati per un tempo adeguato sono attivi su tutti i
microrganismi eccetto e spore batteriche
Attività intermedia, disinfettanti caratterizzati da differenti profilidi attività, per cui
bisogna valutare singolarmente il tipo di disinfettante, sono comunque efficaci contro i
miceti (su internet dice tutti i batteri e la maggior parte di virus e funghi);
Attività bassa, disinfettanti attivi contro la maggior parte dei batteri, alcuni virus e funghi;
Tra i disinfettanti di basso livello Tra i disinfettantidi livello intermedio ci Disinfettantidi alto livello sono la
troviamo i composti dell’ammonio sono alcoli (alcol etilico e isopropilico al gluteraldeide al 2%, perossido
quaternario e i fenoli in soluzione 70-90%) e derivati fenolici. d’idrogeno al 6%, gli ipocloriti e l’acido
detergente. peracetico allo 0,2%.
Antisettici di livello intermediosono il
Tra gli antisettici di basso livello clorossidante elettrolitico (soluzione al
abbiamo la clorexidina e gli iodofori in 0.05%, 550 ppm di Cl2), gli iodofori con
soluzione detergente. almeno 50mg/l di iodio libero oltre
10000 mg/l di iodio disponibile.
Tempo di contatto sufficiente: 10
minuti Tempo sufficiente di contatto: da 5 a 10 Tempo contatto:tra 20 e 45 min
minuti
La soluzione disinfettante deve essere utilizzata entro 7-10 giorni dalla: diluizione, dalla
preparazione e dall’apertura
Bisogna utilizzare flaconi piccoli provvisti, se possibile, di dosatori e con tappi in vetro/plastica. Le
richieste devono essere adeguate al fabbisogno settimanale e va razionalizzata la gestione dello
stoccaggio (prima usare i vecchi, poi i nuovi). È essenziale curare l’etichettatura dei prodotti con
indicazioni chiare ed evidenti e bisogna istruire tutti gli utilizzatori di un prodotto sul suo campo
d’impiego.
NB: I DISINFETTANTI ANTISETTICI NON SONO POZIONI MIRACOLOSE, MA PRODOTTI TANTO PIU’
UTILI QUANTO PIU’ CORRETTAMENTE SCELTI
DISINFETTANTI CONTAMINATI
Anche il più potente disinfettante può subire contaminazione e divenire veicolo di infezione. La
possibilità di contaminazione riguarda soprattutto le soluzioni acquose, ma anche le soluzioni
alcooliche non ne sono esenti.