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Incidenza e prevalenza
Criteri che studiano la distribuzione di un evento allinterno della popolazione, che collocano
diversamente nel tempo il processo osservazionale.
Incidenza: (Numero di nuovi casi di malattia nel tempo t / popolazione a rischio di ammalare in quel
periodo) x 100
Prevalenza: (Numero di casi di malattia rilevati in un determinato istante t / popolazione totale) x 100
Prevalenza puntuale o periodale
Per le malattie inguaribili (nelle quali i casi prevalenti rimangono tali per tutta la vita) si pu stabilire
una relazione tra incidenza (I) e prevalenza (P) (dove I e durata d della malattia siano costanti nel
tempo): P = I x d
La prevalenza influenzata dallo sviluppo e dalla durata dellevento. Tassi grezzi: numeri di eventi
verificatisi allinterno di una determinata popolazione.
Tassi specifici.
Standardizzazione dei tassi: metodologia con la quale si procede allaggiustamento dei tassi grezzi,
con la quale possibile pesare le diverse componenti.
Valutazione del rischio
I fattori di rischio possono essere attribuiti alla persona stessa, o essere elementi a cui la persona
esposta che aumentano la probabilit che una malattia o una condizione si verifichino.
Possono comprendere componenti genetiche (intrinseche allindividuo); ambientali (inquinamenti di
varia natura); comportamentali (errati stili di vita). I fattori di rischio pur aumentando le probabilit
che una determinata malattia si verifichi, no ne determina necessariamente lo sviluppo.
Rischio relativo : esprime di quanto maggiore il rischio dei soggetti esposti ad un determinato
fattore rispetto ai non esposti RR = Incidenza exp / Incidenza non exp
Studi epidemiologici
Epidemiologia di osservazione ed epidemiologia di intervento
Epidemiologia di osservazione si divide in:
1. epidemiologia ecologica o descrittiva (studi ecologici)
2. epidemiologia analitica (studi trasversali, studi a coorte, studi casocontrollo)
Studi ecologici: forniscono informazioni generali sulla diffusione(frequenza e distribuzione) delle
malattie e dei fattori di rischio. Inoltre, forniscono indicazioni generali sullassociazione di una
malattia con determinate caratteristiche di base dellindividuo. Tra le fonti da cui attingere troviamo:
schede di morte, notifiche delle malattie infettive, registri di patologia, registri ospedalieri,
censimenti, indagini ad hoc ecc. Analisi per coorti: riferite ad un gruppo di soggetti nati in un
determinato periodo.
Epidemiologia analitica: ha lo scopo di individuare la causa di una malattia o i fattori che la
favoriscono o la ostacolano. Le indagini analitiche consistono in studi progettati per verificare le
ipotesi causali suggerite dallepidemiologia descrittiva.
Studi di prevalenza o trasversali: sono quelli in cui una popolazione definita viene esaminata in un
determinato istante al fine di valutare lo stato di malattia o allesposizione ad un particolare fattore di
rischio. In realt si tratta di uno studio descrittivo, ma si differenzia da questo perch non utilizza fonti
gi esistenti, ma si ricorre a rilevamenti diretti su un campione della popolazione. Fotografia
istantanea della popolazione (difficile indagare sul rapporto temporale causa-effetto). Screening
Studi a coorte: si definisce coorte un gruppo di soggetti che hanno in comune una o pi
caratteristiche. Gli studi a coorte osservano dei soggetti appartenenti alla coorte selezionata per un
determinato periodo di tempo; esse includono il tempo come variabile essenziale. La coorte va scelta
in rapporto allipotesi che si vuole verificare. Quando si vuole verificare se un determinato fattore sia
responsabile dellinsorgenza di una malattia, la coorte sar costituita da tutti i soggetti esposti a quel
fattore; fra di essi si rilever la prevalenza allinizio dellindagine e la sua incidenza negli anni
successivi, in paragone con la prevalenza e lincidenza del resto della popolazione o con unaltra
coorte ma non esposta a quel fattore, nello stesso periodo di tempo. importante determinare la
durata del tempo di osservazione e levento terminale.
Studi caso-controllo: indagini retrospettive effettuate su due gruppi, uno costituito da soggetti affetti
da una determinata patologia (i casi) ed uno da individui con le stesse caratteristiche ma non affetti da
quella patologia (i controlli). Ad ogni caso si appaia un controllo. Confronto quantitativo o qualitativo
(esposizione o non esposizione a un determinato fattore di rischio). Studi poco costosi perch non
bisogna aspettare il verificarsi della
malattia. Stima sufficientemente approssimata del rischio relativo.
Epidemiologia sperimentale si divide in:
1. studi terapeutici
2. studi preventivi: interventi che consistono nella rimozione di uno o pi fattori di rischio o
nellimposizione di misure preventive che si ritengono efficaci. Sperimentazioni di intervento
sul campo (interventi presi su unintera comunit o su un ben preciso territorio);
sperimentazioni sul campo (interventi condotti su individui non malti, ma semplicemente a
rischio di ammalare).
EPIDEMIOLOGIA GENERALE DELLE MALATTIE INFETTIVE
Eziologia delle malattie infettive :
Malattia infettiva
Causa microbica
Spettro dospite
-Uomo o animali o entrambi
-Ubiquitari o ristrette localizzazioni geografiche
Rapporti ospite-parassita
Non sempre la penetrazione di un microrganismo patogeno seguita dal suo impianto e dalla sua
moltiplicazione nellorganismo ospite. Solo in questultimo caso (quando le barriere di difesa
dellorganismo non hanno impedito limpianto e la moltiplicazione) si realizza linfezione. Infezione
asintomatica e malattia sintomatica.
Infezione Risposta immunitaria da parte dellorganismo (in entrambi i casi)
Periodo di incubazione (PI): periodo intercorrente tra la
penetrazione dellagente patogeno e linizio della
sintomatologia clinica (dipende dal microrganismo patogeno e
dalle difese dellospite).
PI breve nelle infezioni superficiali e con lesioni localizzate
PI pi lungo quando lagente patogeno deve penetrare, moltiplicarsi,
diffondersi e raggiungere un organo bersaglio.
Barriere di difesa dellorganismo ospite
Cute e mucose (struttura, secrezioni, microrganismi commensali)
Intervento di fagociti
Produzione di anticorpi. Stato di immunit attiva (naturale o artificiale) o passiva (naturale o
artificiale)
Refrattariet: dovuta a fattori intrinseci dellospite, geneticamente determinati, che
impediscono la penetrazione, lattecchimento e la moltiplicazione del microrganismo
patogeno.
Fattori aspecifici
Il rapporto ospite-parassita un rapporto temporaneo che si conclude con il sopravvento dellospite
sul microrganismo prima che esso penetri (subito dopo il contagio), oppure dopo che penetrato e si
moltiplicato ma prima che abbia causato un danno evidente (infezione in apparente) o dopo che si
manifestata la malattia (guarigione).
Nellinfezione latente si arriva ad uno stato di equilibrio tra lospite e il
parassita, questultimo persiste nei tessuti dellospite dove si moltiplica ma
da segno della sua presenza solo occasionalmente.
Nel portatore cronico la malattia si conclusa con la guarigione, tuttavia il
microrganismo patogeno ha potuto localizzarsi in un particolare sito
anatomico dove si moltiplica e raggiunge lambiente esterno con gli
escreti.
elimina allesterno.
-Portatori convalescenti
-Portatori cronici
-Portatori di incubazione
-Portatori sani (infezione inapparente)
Serbatoi di infezione: specie animale o vegetale o substrato inanimato in cui il microrganismo
patogeno trova il suo habitat naturale e da cui pu essere trasmesso ad organismi recettivi.
Antropozoonosi
Zooantroponosi
Vie di penetrazione e modalit di trasmissione
Mucose dellapparato digerente, dellapparato respiratorio, delle vie genito-urinarie, della
congiuntiva.
Cute, barriera che pu essere superata con la puntura di alcuni insetti o con la morsicatura di alcuni
animali. Solo le larve di alcuni elminti possono attraversare la cute sana.
Modalit di trasmissione dipendono dalle vie di ingresso obbligate o preferenziali del
microrganismo patogeno e dalla resistenza che essi hanno nellambiente.
Trasmissione diretta
- per contatto
- mediante inoculazione
- per via aerea
in genere questa modalit di trasmissione tipica di microrganismi che vengono inattivati
rapidamente nellambiente.
Trasmissione indiretta
-veicoli: substrati inerti: acqua, aria, alimenti e oggetti -vettori: organismi animati. Gli antropodi
fungono da vettori di virus, batteri, protozoi che si moltiplicano allinterno del vettore e sono
trasmessi gli ospiti recettivi mediante puntura o deposizione delle feci su lesioni della pelle. Vettori
obbligati e vettori meccanici o passivi.
Catene di contagio
-catena di trasmissione omogenea omonima (tra individui appartenenti alla stessa specie)
-catena di trasmissione omogenea eteronima (tra individui appartenenti a specie diverse)
-catena di trasmissione eterogenea omonima (tra individui della stessa specie tramite un vettore
obbligato)
- catena di trasmissione eterogenea eteronima (tra individui di specie diverse con lintervento di un
vettore)
Conoscere le catene di trasmissione sono importanti per lelaborazione di strategie di intervento
Fattori favorenti le infezioni
-Fattori individuali: fattori biologici e fattori comportamentali
-Fattori ambientali: condizioni socio-economiche, affollamento, scarsit di acqua potabile, cattivo
smaltimento di rifiuti
Prevenzione terziaria. Obiettivo della prevenzione terziaria impedire linvalidit in persone gi ammalate
di malattie croniche.
OBIETTIVI STRATEGICI DELLA PREVENZIONE
A. notificazione obbligatoria primo atto per la scoperta delle sorgenti di infezione e successiva inchiesta
epidemiologica.
Isolamento e contumacia. Disinfezione e sterilizzazione. Disinfestazione.
Scoperta e inattivazione dei portatori. Eradicazione dei serbatoi naturali.
B. Intervento sui fattori ambientali che ne favoriscono la diffusione
attraverso la bonifica dellambiente (riduzione dei casi di malattia agendo sui vettori e sui veicoli) ed
educazione sanitaria (modifica dei comportamenti).
C. Resistenze aspecifiche: barriere fisiologiche (cute e mucose).
Importanti per evitare lingresso di microrganismi saprofiti e commensali. Immunoprofilassi attiva (vaccini)
e/o passiva (immunoglobuline umane e sieri eterologhi).
Chemioprofilassi primaria (per impedire lattecchimento e il moltiplicarsi del microrganismo patogeno una
volta penetrato in soggetti esposti ad un rischio di contagio).
La prevenzione secondaria ha lo scopo di impedire che linfezione evolva in malattia conclamata.
Teoricamente si deve impedire, una volta che avvenuto il contagio e dopo che il microrganismo ha dato
inizio al processo infettivo, che questultimo dia segni clinicamente manifesti. In pratica non sempre questo
possibile a causa di periodi di incubazione piuttosto brevi.
Gli interventi consistono essenzialmente nella diagnosi precoce mediante screening e nel trattamento della
malattia in fase preclinica.
Chemioprofilassi secondaria: somministrazione di chemioterapici e farmaci a persone in cui gi in atto il
processo infettivo.
OBIETTIVI DELLA PREVENZIONE
- Protezione individuale;
- Controllo delle infezioni (processo dinamico che, per mezzo di un opportuno programma di prevenzione,
porta ad unasignificativa e progressiva riduzione dellincidenza della malattia, ad esempio tramite
vaccinazioni di massa;
- Eliminazione delle infezioni (assenza di casi di malattia pur
essendo ancora presenti i serbatoi di infezione
- Eradicazione delle infezioni (scomparsa del microrganismo
patogeno).
MODALITA E MEZZI PER LA STERILIZZAZIONE, LA
DISINFEZIONE E LA DISINFESTAZIONE
Sterilizzazione
Distruzione totale delle forme vegetative e delle forme sporali di microrganismi patogeni e non.
Sterilizzazione con il calore
Il calore agisce alterando le sostanze che costituiscono le strutture dei microrganismi; particolarmente sensibili
allazione del calore sono le proteine con funzioni enzimatiche. Diversa sensibilit dei microrganismi al
calore.
Calore umido (vapore saturo e tindalizzazione) e calore secco (incenerimento, flambaggio di superfici e
oggetti, aria calda e radiazioni infrarosse).
1. Aria calda
Stufe o armadietti con temperatura tra 180C-200C per 30-60 minuti. (vetreria di laboratorio, siringhe, altro
materiale di vetro o di metallo. Alcuni materiali possono subire alterazioni.
2. Raggi infrarossi
Notevole capacit di penetrazione
3. Vapore saturo sotto pressione
I microrganismi sono pi sensibili quando si trovano in ambiente umido.
Questo dovuto alla minore stabilit delle proteine ed alla maggiore conducibilit termica dellacqua e del
vapore rispetto allaria.
Raggi ultravioletti I raggi UV nella lunghezza donda di 2.500 possiedono la maggiore attivit microbicida.
Agiscono alterando il DNA.
Raggi gamma
Radiazioni ionizzanti prodotti dal cobalto 60
Sterilizzazione con ossido di etilene
Si utilizza per tutti quei materiali che possono subire alterazioni se sottoposte a calore umido o secco. Lossido
di etilene un etere ciclico, che passa allo stato gassoso alla tem
FEBBRE TIFOIDE
Agente eziologico: Salmonella typhi.
PATOGENESI
Le metodiche batteriologiche di accertamento diagnostico devono tenere conto delle fasi patogenetiche della
malattia:
emocoltura
Periodo di incubazione: 1-7 giorni
sieroagglutinazione
Periodo di invasione
coprocoltura
Periodo di stato
Periodo di defervescenza
SORGENTI DI INFEZIONI
Luomo malato o portatore, elimina il batterio attraverso le feci nelle fasi avanzate della malattia, o attraverso
le urine durante la fase di batteremia. I portatori sono per la maggior parte convalescenti o cronici.
Trasmissione diretta interumana (attraverso le mani) o indiretto.
Veicoli: acqua, latte, molluschi, ortaggi.
Vettori: mosche.
PREVENZIONE
Adeguato smaltimento dei liquami; clorazione delle acque della rete idrica pubblica; lotta contro le mosche;
scrupolosa adozione di misure igieniche nella manipolazione dei cibi; bollitura e pastorizzazione del
latte; controllo della commercializzazione dei frutti di mare; protezione delle acque, suolo e alimenti
dallinquinamento fecale
Periodo di incubazione: 1-7 giorni
Periodo di invasione
Periodo di stato
Periodo di defervescenza Identificazione, isolamento e bonifica dei portatori, dei contatti e dei
malati
INTERVENTI DI PREVENZIONE SPECIFICA
Vaccino inattivato: costituito da sospensioni di S.typhi e S. paratyphi inattivate con formolo o con acetone.
80-90% dei soggetti si ha una protezione immunitaria di 3-4 anni.
Vaccino vivo attenuato: preparato da un mutante di S. typhi incapace di metabolizzare il galattosio, pertanto
va inconytro ad autolisi.
Obbligo di vaccinazione:
Personale addetto ai servizi di cucina, disinfezione, pulizia degli ospedali e degli istituti e case di cura;
Personale addetto ai servizi di approvvigionamento idrico, raccolta del
latte;
Personale addetto alla manipolazione, produzione e preparazione di alimenti.
SALMONELLOSI
Il genere Salmonella comprende due specie: S. enterica, che divisa in 6 sottospecie (divise a loro volta in
serovar sulla base degli antigeni somatici O, di superficie Vi e flagellari H) e S. bongori.
Sono distrutte alla temperatura di 60C per tempi d i 15-20 minuti (processi di
pastorizzazione).
Adeguata cottura degli alimenti
Refrigerazione degli alimenti
Possibile ricontaminazione dopo la cottura o prima della refrigerazione
Si distinguono:
1. Sierotipi adattati alluomo (S. typhi, S. paratyphi A e C);
2. Sierotipi adattati a particolari ospiti animali (S. abortus-equi, S. gallinarum, S. abortus-ovis, S. typhi-suis);
3. Sierotipi non aventi un ospite preferenziale.
Degli oltre 1600 sierotipi che si conoscono solo 50 ricorrono comunemente.
Serbatoi naturali: rettili.
Negli ultimi anni si assistito ad un aumento della diffusione di sierotipi negli animali da allevamento.
PATOGENESI
Maggiore il numero di microrganismi introdotti per via orale, maggiori sono le probabilit che un certo
numero giunga nellintestino. Una volta giunte nellintestino, se riescono ad aderire allepitelio
dellintestino tenue, penetrano nella mucosa intestinale fino a raggiungere la lamina propria dove si
motiplicano e provocano diversi gradi di risposta infiammatoria.
Linfezione (che in alcuni inapparente) si manifesta dopo un periodo di 12-24 ore ( in alcuni casi anche dopo
72 ore). Sintomi: diarrea, vomito, dolori addominali, febbre (di varia intensit a seconda di diversi fattori). In
alcunu casi si possono avere anche forme setticemiche con localizzazioni diverse (S. cholerae suis e S. wien).
EPIDEMIOLOGIA
Le salmonelle sono veicolate in larga misura dagli alimenti. Meno frequenti sono i portatori cronici di
salmonelle rispetto a quelli di S. typhi. Gli animali portatori sani e quelli ammalati contribuiscono alla
trasmissione diretta tra gli animali stessi e alla trasmissione indiretta alluomo attraverso i prodotti animali.
Obbligo della notificazione dal 1975. Aumento della diffusione dei sierotipi introdotti nelle diverse regioni,
ascrivibile a diversi fattori concomitanti ( importazione di carni e bestiame, diffusione degli allevamenti
intensivi, impiego di mangimi a base di farine animali, abitudine di consumare i pasti fuori casa, aumento
del consumo di carne).
Nonostante il diffondersi di diversi sierotipi, la maggiorparte delle infezioni da salmonelle sono dovute a S.
typhimurium.
Aumento del numero delle infezioni
Aumento del numero dei sierotipi
Aumento della resistenza tra le salmonelle agli antibiotici
EPATITE VIRALE A
Al genere Campylobacter appartengono batteri Gram negativi, di forma bastoncellare, incurvati a spirale,
con un unico flagello polare (richiama la morfologia del genere Vibrio). Si conoscono diverse specie:
innocui saprofiti degli animali (C. bubulus) o della cavit orale delluomo (C. sputorum). C. fetus causa
infezioni degli annessi fetali. C. jejuni causa enterite acuta in seguito allinvasione da parte del
microrganismo dellintestino tenue e crasso. particolarmente diffusa nei paesi in via di sviluppo, legata alle
condizioni igienico-sanitarie.
Lagente eziologico (HAV) un piccolo virus a RNA, privo di rivestimento, a simmetria icosaedrica,
appartenente alla famiglia Picornaviridae.
Resiste alla temperatura di 60C per unora, a concentrazioni di 1 ppm di etere e cloro per 30 minuti,
inattivato dal calore umido a 100C per 5 minuti.
Possiede un solo determinante antigenico.
Linfezione induce la produzione di anticorpi IgM e IgG. Il virus penetra per via orale e giunge nell intestino,e
per via portale il fegato, dove si moltiplica attivamente negli epatociti, provocando lesioni di tipo
degenerativo-necrotico. Dal fegato il virus passa nel sangue, diffondendosi ad altri organi e attraverso la bile
ritorna nellintestino. Periodo di incubazione: 10-50 giorni
Periodo preitterico: 1 settimana con astenia, anoressia, nausea, dolore allipocondrio di destra e febbre che si
manifesta prima della comparsa dellittero e che in genere non supera i 38-38.5C.
Periodo itterico: 2-4 settimane, scomparsa della febbre, emissione di urine del tipico color marsala,
colorazione giallastra delle sclere. Aumento notevole delle transamminasi, della bilirubinemia e dei pigmenti
biliari nelle urine e alterazione del tracciato elettroforetico.
Non esiste lo stato di portatore cronico.
Forme atipiche di epatite virale A
# Fulminanti (encefalopatia epatica)
# Gravi o subacute
# A decorso protratto
# Recidivanti
La diagnosi clinica effettuata rilevando le modificazioni dei parametri biochimici (transamminasi).
La diagnosi eziologia effettuata con la ricerca delle IgM anti HAV nel siero di pazienti in fase acuta o
convalescenti.
E possibile effettuare la ricerca diretta del virus nelle feci e nel sangue mediante PCR.
EPIDEMIOLOGIA
La malattia diffusa in tutto il mondo, con maggiore frequenza nelle zone tropicali e subtropicali. La
diffusione del virus HAV dipende da diversi fattori:
# Densit della popolazione
# Condizioni socio-economiche
# Abitudini alimentari ecc.
In Italia il 40 % delle epatiti di tipo A (soprattutto nelle regioni meridionali).
SORGENTI DI INFEZIONE
PREVENZIONE
BRUCELLOSI
La brucellosi una tipica zoonosi (che riguarda ovini, bovini, caprini, cani, renne): luomo un ospite
accidentale. Linfezione meglio conosciuta come febbre ondulante, si contrae o per contatto diretto
(professionale) o per consumo di carne infettata (alimentare) con Brucella melitensis, microrganismo tipico
del bestiame (che ha la patogenicit massima per luomo, mentre Brucella suis e Brucella abortus presentano
patogenicit decrescente).
Le brucelle sono Gram negativi di forma cocco-bacillare, immobili. Sono esigenti da un punto di vista
nutritivo, sono aerobi, ma spesso lo sviluppo favorito dalla presenza di CO2. Il genere Brucella comprende 6
specie e diversi biotipi. La malattia, che non una gastroenterite, non presenta sintomi specifici e ben definiti,
bens febbre intermittente, brividi, dolori diffusi e cefalea. Non si tratta di una infezione mortale, ma
comunque una malattia estremamente debilitante: il microrganismo infatti di difficile eliminazione poich la
sua localizzazione a livello intracellulare tale che rimane protetto dai trattamenti con antibiotici.
Possiedono due antigeni M e A localizzati alla superficie della cellula batterica ( entrambi presenti nelle tre
specie patogene).
Produzione di una endotossina, costituita da una frazione fosfolipidica e da un polisaccaride azotato.
Le brucelle sono tra le forme vegetative le pi resistenti nellambiente.
Il batterio si moltiplica nel bovino nell'utero e nelle ghiandole mammarie provocando aborti . Infettano luomo
per via alimentare o per via cutanea. Una volta penetrato nellorganismo si diffonde per via linfatica e
attraverso il circolo ematico in tutto lorganismo, localizzandosi nelle cellule del sistema reticoloendoteliale,
in particolare nei linfonodi, milza , fegato, rene e midollo osseo
f
La sintomatologia si manifesta, dopo un periodo di incubazione estremamente variabile (da pochi giorni a 4/6
settimane), con astenia, malessere generale, cefalea, algie, brividi, febbre che generalmente segue una curva
ondulante (alta al pomeriggio, bassa la notte) ma non la regola. Poi appaiono le tumefazione dei linfonodi di
milza e fegato. Possono anche comparire problemi al sistema nervoso sia centrale che periferico.
La Forma subacuta colpisce lapparato motore, complicata da meningite, meningo encefalite a liquor
limpido.
La forma cronica d uno stato di abbattimento mentale e psichico. I gangli linfatici sono il primo focus
infettivo.
La risposta immunologica consiste da un iniziale rialzo del titolo delle immunoglobuline IgM seguita dopo
qualche settimana dalle IgG. Quando si comincia il trattamento, il declino del titolo anticorpale un segno di
buona risposta terapeutica agli antibiotici.
Nella fase cronica non vi di solito batteremia, che si verifica invece nelle prime fasi della malattia.
Epidemiologia
La brucellosi endemica in tutto il mondo, in alcuni paesi sembra scomparsa e in altri sembra in declino. In
Italia i casi pur essendo diminuiti, rimangono sempre in numero elevato.
Sorgenti di infezione
Il serbatoio naturale di infezione rappresentato dagli animali malati o portatori. Il contagio interumano
eccezionale. Gli animali selvatici infettano luomo solo indirettamente attraverso il contagio di animali
domestici.
Leliminazione delle brucelle pu durare per mesi o anni, avviene attraverso le urine, il latte, le secrezioni
vaginali e i prodotti abortivi.
Tra gli alimenti i pi a rischio sono latte crudo e prodotti lattiero caseari non pastorizzati; in essi, bench il
batterio non si riproduca, in grado di tollerare:
pH< 5 per almeno due settimane a temperatura di 11-14C
Concentrazione di NaCl del 10%
Sopravvive in fase latente da 1uno a sei mesi.
I rischi di disseminare Brucella nellambiente sono molti:
Viene eliminata a lungo
Si diffonde tra gli animali con estrema rapidit
Non sempre gli animali colpiti manifestano con evidenza la malattia
Persiste a lungo nellambiente
Per luomo pu infettarsi anche per ingestione di alimenti contaminati, soprattutto latte non trattato e suoi
derivati (ma anche la carne cruda...), oppure per via aerea inalando escrementi o secrezioni varie, o ancora per
inoculazione, ovviamente accidentale, a carico soprattutto di addetti a laboratori e veterinari. Linfezione per
contatto quella che riveste maggiore importanza.
Accertamenti diagnostici
Data la disseminazione per via ematica bisogna fare lemocoltura che va tenuta per almeno 10 giorni. Questi
batteri liberano endotossine, responsabili dei picchi febbrili, che provocano una ipersensibilit cellulo
mediata di tipo ritardato. I sintomi della infezione possono aumentare o diminuire durante un lungo arco di
tempo , in rapporto al rilascio in circolo dei batteri (o dei prodotti di essi, quali il lipopolisaccaride). I
macrofagi fagocitano ma non lisano le brucelle che si moltiplicano dentro le cellule. Nelle fasi acute va
ricercato nel sangue, mentre nelle fasi croniche nel midollo osseo. Nel 10-15% di questi pazienti si hanno
complicazioni quali losteomielite. Le colture di midollo osseo sono positive in pazienti con
brucellosi acuta, sub acuta e cronica, le emocolture sono positive solo in pazienti in fase acuta. Cresce a pH tra
6.6-7.4. Non molto stringente riguardo la temperatura di crescita. E un aerobio stretto. Solo B. abortus
microaerofilo e richiede CO2 al 5-10%. In anaerobiosi non crescono. Hanno bisogno di un terreno ricco in
aminoacidi e di fattori di accrescimento quali Mg, tiamina (vit B), niacina, biotina. Altre specie richiedono
pantotenato di calcio. La base sempre un tripticase soy agar TSA (che va bene per le Brucelle meno
esigenti), con aggiunta di siero di cavallo al 5%, con aggiunta di antibiotici e/o coloranti batteriostatici.
Si puo fare il test di agglutinazione delle colonie isolate con lo stesso siero del paziente.
Lalta positivit dei campioni di midollo osseo dovuta allaccumulo di batteri nel sistema reticolo
endoteliale. Una buona crescita ottenibile utilizzando il terreno per Legionella al carbone attivo e estratto di
lievito.
Nel test di agglutinazione su vetrino, i microrganismi vengono prima sospesi in fenolo e soluzione fisiologica
e scaldati a 60 C (gli antigeni sono termostabili) per circa una ora. Si aggiunge una goccia di sospensione
e una goccia di siero monospecifico. Lagglutinazione deve avvenire entro
1 minuto.
Come si preparano i sieri monospecifici: lantisiero ricavato da animali mmunizzati da parte del ceppo liscio
e agglutinano le tre principali specie di Brucella. A e M sono gli epitopi che cross reagiscono. A il
determinante maggiore in B. abortus e B. suis ed un determinante minore in B. melitensis. Mentre M
predomina in B. melitensis . Classificazione di Huddleson
Permette di distinguere le differenti specie e i differenti biotipi.La versione
qui sotto molto semplificata .
Vi sono 6 biovar e 15 biotipi che costituiscono il genere Brucella spp..
Nella siero diagnosi di Wright si titolano sia le le IgM che le IgG. nza
di diagnosi.
Prevenzione della brucellosi nelluomo
Notificazione obbligatoria
Misure di protezione e prevenzione individuale e collettiva:
Educazione igienica del personale addetto ai lavori agricoli
Bonifica del latte
Vaccinoprofilassi (vaccini vivi ed attenuati, vaccini inattivi, vaccini preparati con frazioni antigeniche di B.
melitensis e B. abortus di ultimo impiego).
Prevenzione della brucellosi negli animali
Ricerca e individuazione degli animali infetti (ricerca di anticorpi anti-brucella nel latte);
Abbattimento degli animali che risultano infetti;
Vaccinazione deDefinizione
Le micotossine sono sostanze tossiche prodotte dal metabolismo di funghi (o muffe) che si sviluppano in
particolari condizioni su foraggi insilati, cereali e mangimi aziendali od industriali.
Effetti sulla salute d'uomo ed animali
Le micotossine posseggono azione cancerogena, mutagena e teratogena sulla salute umana, come risulta dalla
Tra gli alimenti d'origine animale, e quindi d'interesse per l'alimentazione umana, il latte e i suoi derivati sono
i prodotti pi frequentemente contaminati dalla presenza di micotossine, a causa del trasferimento di
questi metaboliti dai mangimi contaminati di cui si nutrono le bovine.
I bovini sono in grado di operare una bioconversione ruminale delle micotossine in prodotti meno dannosi,
tuttavia sono comunque suscettibili all'azione nociva di queste sostanze, cosa intuibile da alcuni sintomi di tipo
generale o specifico:
L'ingestione di sostanza secca pu aumentare o diminuire in modo incoerente con la produzione della bovina;
in genere se c' calo d'assunzione si pu pensare ad una presenza d'aflatossine, mentre aumenti d'ingestione
stanno ad indicare presenza di DON o zearalenone.
Si verificano facilmente disordini digestivi, come diarrea (anche emorragica), mancanza d'appetito e rifiuto
del cibo, stasi ruminale, chetosi, dislocazione dell'abomaso, anomale quantit di muco nelle feci.
Un'alta incidenza d'aborti, riassorbimento embrionale, ridotto grado di fertilit e concepimento sono indice di
presenza di micotossine, cos come vulva e capezzoli ingrossati, prolassi rettali o vaginali, manifestazioni
estrali in animali gravidi, calori silenti ecc..
Le forti lattifere sono particolarmente sensibili alla presenza di tossine, cosa evidenziata anche
dall'immediato calo produttivo e dall'aspetto arruffato del pelame.
Condizioni predisponenti lo sviluppo
Umidit ambientale o acqua libera (aw)
Il parametro maggiormente utile nello stimare le probabilit di sviluppo fungino l'aw, definito come il
rapporto tra la pressione di vapore di un substrato rispetto all'acqua pura. In base al diverso comportamento in
funzione della disponibilit d'acqua, le muffe sono state suddivise in:gli animali.
Pi in generale, se un substrato presenta un valore basso d'aw c' una
minor disponibilit d'acqua per lo sviluppo fungino.
Temperatura
Le temperature ideali per lo sviluppo dei funghi sono comprese tra 15 e 30C, con un optimum di 20-25C. In
effetti, alcune tossine come le ocratossine ed i tricoteceni possono ritrovarsi gi a T di + 4-6 C
(ottimale sui 18 C), mentre le aflatossine vengono prodotte preferibilmente in condizioni di caldo-umido
(ottimale sui 25 C). Climi pi temperati e secchi sono ideali per le muffe produttrici di fumonisina e
zearalenone (temperatura di sviluppo intorno ai 14 C) pH e ossigeno
Lo sviluppo delle muffe si verifica generalmente con valori di pH compresi tra 4 e 8; alcune di esse tuttavia
sono in grado di comparire anche a valori pi bassi o pi elevati. Le muffe sono generalmente organismi
aerobi, cio hanno bisogno d'aria per vivere, si sviluppano perci sulla superficie dei substrati. Diverse
specietuttavia possono crescere anche in profondit o su substrati liquidi, con bassa disponibilit d'ossigeno.
ACQUA POTABILE
Approvvigionamento idrico
Acque profonde
1) Terreni rocciosi. Attraversato da un sistema di fessurazioni nelle quali lacqua si infiltra e si approfonda. Rocce
silicee (fessure di limitata ampiezza e di numero limitato)- Acqua poco mineralizzata, non abbondante e di buona
qualit. Rocce calcaree: notevole solubilit soprattutto in presenza di acque acidule(ad esempio quelle contenenti
disciolta una elevata concentrazione di anidride carbonica). Volume e pressione elevati dellacqua danno luogo a
fenomeni carsici e in questo caso i fenomeni di autodepurazione risultano limitati. Fessurazioni limitate,
invece, possonoessere ostruite da sabbia e detriti staccatisi dalle pareti per erosione e trasportati dalle acque,
costituendo dei sistemi di filtrazione piuttosto efficaci
2) Terreni sciolti. Sono caratterizzati da unalternanza di strati permeabili (humus in superficie, ghiaie e sabbie) ed
impermeabili allacqua (argille, costituite da particelle finissime di silicati di alluminio e potassio idrati). Lacqua
percolando attraverso gli strati permeabili forma delle falde sugli strati impermeabili. Falda freatica, la prima falda
superficiale e falde profonde. Le acque di falda possono avere anche una pressione idrostatica positiva (rispetto
al livello del suolo) dando luogo a fenomeni artesiani. Nel processo di percolazione attraverso gli strati permeabili si
realizzano fenomeni di autodepurazione per filtrazione e assorbimento dei microrganismi. Tuttavia
molte acque di falde freatiche sono contaminate (spessore dello strato permeabile modesto, granulometria dei
terreni rilevante, contaminazione del suolo). Contaminazione delle falde profonde in seguito a contaminazioni
massicce in superficie allapice di conoidi alluvionali dove prendono origine le diverse falde o per perforazioni
di pozzi.
Acque superficiali
Fiumi, laghi e bacini artificiali.
a) Fiumi. La composizione dellacqua dei fiumi variabile in funzione della portata, dei fenomeni
metereologici e alla eventuale discontinuit degli scarichi. Si verificano fenomeni di autodepurazione per:
- sedimentazione;
- reazioni chimiche: ossidazione chimica e complessazione dei metalli pesanti;
- azioni biochimiche: nei sedimenti le sostanze organiche vengono demolite con meccanismi anaerobici
piuttosto lenti, man mano che si sale negli strati superficiali prevalgono meccanismi aerobi messi in atto da
una flora microbica;
- concorrenza vitale: la flora microbica autoctona assai pi adatta a sfruttare il substrato colturale nel quale si
selezionata
b) Laghi e bacini.
Acque meteoriche
Possono essere raccolte su superfici limitate o in bacini artificiali pi o meno vasti. Il passaggio attraverso
latmosfera, il dilavamento di superfici di raccolta, la conservazione in cisterne o in bacini fa si che queste
acque contengano gas e sostanze organiche ed inorganiche piuttosto variabili. Si rendono necessari trattamenti
di potabilizzazione.
Acque di mare
Inquinamenti delle acque
CRITERI DI POTABILITA
Criteri idrogeologici
Lesatta delimitazione del bacino imbrifero, lo studio del tipo di alimentazione delle falde, della composizione
e della struttura dei terreni e delle rocce attraversate, danno un primo e fondamentale ragguaglio sul grado di
protezione delle acque sotterranee. Allo studio idrogeologico si affianca uno studio sulle possibili cause di
inquinamento e studio della popolazione che insiste sul bacino, sul tipo delle attivit industriali e
agricole che comportano scarichi liquidi.
Criteri organolettici
Acqua priva di odore, colore e sapore. Torbidit transitorie (presenza di gas o di aria, presenza di particelle di
silice) e torbidit pi stabili (sostanze di origine vegetale o presenza di metalli che si ossidano in presenza di
aria).
Criteri fisici
Conducibilit elettrica, pH e temperatura.
Criteri chimici
Facies naturale di unacqua e tipo ed entit di inquinanti.
Di regola anioni e cationi non hanno un effetto negativo sulla salute e costituiscono un importante quota
dellapporto giornaliero di minerali.
Solfati e cloruri: limite 250 mg/L. Superiore a tale limite si hanno acque di gusto variabile.
Calcio e magnesio che costituiscono la durezza delle acque. Durezza temporanea (bicarbonato di calcio e
magnesio) e durezza permanente (solfati, cloruri e nitrati di calcio e magnesio). Valori superiori a 500 mg/L
comportano acqua di sapore poco gradevole e valori superiori sono causa di incrostazioni, neutralizzano
lazione di detergenti anionici e ostacolano la regolare cottura degli alimenti. Non stato fissato alcun limite di
legge.
Ferro e manganese. Sotto forma di bicarbonato ferroso e manganoso si ossidano
rapidamente a contatto con laria, dando origine a colorazioni, intorbidamenti e precipitati. In seguito ad
evaporazione possono dare depositi rossastri o brunastri.
Limite per il ferro: 200 mg/L. Limite per il manganese: 50 mg/L.
Nitrati: limite di legge 50 mg/L. Valori superiori comportano metaemoglobinemia infantile.
Fluoro: limite minimo 0,7 mg/L (prevenzione della carie dentale); limite massimo: 1,5 mg/L (prevenzione
della fluorosi dei denti).
Sodio: 200 mg/L.
Oltre alle componenti inorganiche, nellacqua sono presenti sostanze organiche.
COD o Chemical Oxygen Demand. In ecologia, parametro che esprime la quantit di composto necessaria per
ossidare attraverso un reagente chimico, le sostanze inquinanti presenti in un corpo dacqua, ad esempio un
lago.
Uno dei composti comunemente usati per la determinazione del COD il bicromato di potassio,
K2Cr2O7; la reazione tra il bicromato e le sostanze inquinanti viene fatta decorrere in una soluzione
contenente acido solforico. Il rilevamento del COD risulta indicato nel caso di acque il cui carico inquinante
costituito da sostanze non biodegradabili o comunque poco attaccabili dallazione dei batteri, caso in cui non
possibile applicare il metodo del BOD (Biological Oxygen Demand).
MISURAZIONE DEL COD
La misurazione del COD si esegue mettendo a reagire in una soluzione di acido solforico, un campione
dellacqua da esaminare con una quantit conosciuta di bicromato di potassio; avvenuta la reazione, si misura
con una reazione di titolazione il quantitativo di bicromato rimanente, da cui si pu calcolare quello
consumato nel corso della reazione. La quantit di bicromato di potassio consumato direttamente
proporzionale alla quantit di sostanza ossidabile (cio di inquinante) che era presente nella soluzione.
BOD o Biological Oxygen Demand In ecologia, parametro che esprime la quantit di ossigeno necessaria
perch possano essere ossidate e, quindi, demolite, a opera di microrganismi, le sostanze inquinanti presenti
in un corpo dacqua (ad esempio, un lago). La misurazione del BOD permette di valutare, sia pure
indirettamente, il carico inquinante presente nelle acque: infatti, valori di BOD alti indicano che nelle acque
esaminate vi stato un elevato consumo di ossigeno; ci signifca che i microrganismi ne hanno richiesto
grandi quantit per degradare forti quantitativi di inquinanti.
di alluminio che sedimentando, trascina al fondo una buona parte dei solidi sospesi. Le particelle pi fini di
idrossido di alluminio sfuggite alla sedimentazione vengono filtrate attraverso granuli di sabbia con
interstizi dal diametro maggiore rispetto a quelli inglesi, di pi facile colmatura e quindi di pi rapida
maturazione. Durata breve del filtro. Semplice lavaggio in controcorrente. Si ha una riduzione microbica del
95-99%.
Correzione dei caratteri chimici
Durezza
1) Metodo alla calce soda. Aggiunta di idrossido di calcio che precipita i bicarbonato alcalino terrosi.
2) Metodo di scambio ionico. Zeoliti sodiche. Naturali ed artificiali. Resine organiche contenti gruppi
scambiabili. Sistema di filtri di resine che comportano una completa demineralizzazione.
Deferizzazione e demanganizazione. In solo eccesso di ferro, aerazione abbondante, con ossidazione del
Fe++ a Fe+++ che precipita come idrossido ferrico e successiva filtrazione del precipitato. Se il ferro presente
come solfato ferroso e in presenza di manganese necessario utilizzare speciali permutiti. Se eccessi di
ferro e manganese si ritrovano in presenza di un COD piuttosto elevato si ricorre ad una clorazione al break
point od ozonizzazione e successiva separazione del precipitato su filtro.
Dissalazione di acque marine e salmastre
1) distillazione a pressione inferiore a quella atmosferica;
2) congelamento, con separazione e lavaggio del ghiaccio formatosi, povero in
Sali;
3) eletroosmosi; 4) osmosi inversa, basata su membrane semipermeabili con lapplicazione di una
forte pressione su acqua a contatto con una membrana.
Correzione delle caratteristiche microbiologiche
Mezzi fisici
Calore. Inconvenienti quali: elevati costi energetici, necessit di raffreddare lacqua, alterazione delle
caratteristiche organolettiche per perdita ddi gas, precipitazione di Sali ecc.
Raggi ultravioletti. Fattori importanti sono lintensit di emissione, profondit e velocit dellacqua,
limpidezza e contenuto di sostanze organiche ed inorganiche disciolte. Svantaggi: costi elevati di impianto e di
gestione, necessit di controlli e scarsa elasticit di fronte a portate variabili.
Mezzi chimici
- efficacia contro i microrganismi patogeni;
- innocuit nei confronti del consumatore.
Cloro gassoso. Azione ossidante
Cl2 + H2O HClO + H + Cl
H+ ClO HClO
In rapporto ai valori di pH.
Lacido ipocloroso pu dare origine, in presenza di sostanze organiche ed inorganiche, a composti intermedi
dotati ancora di potere ossidante. Ad esempio, con lammoniaca forma monocloroamine, dicloroamine e
tricloroamine. Con composti contenenti gruppi amminici pu dare le stesse reazioni ed in presenza di fenoli a
cloro fenoli, responsabili di sapori e odori sgradevoli. Composti clororganici privi di potere ossidante
(trialometani).
Metodi di clorazione.
Cloro residuo attivo: l quantit di cloro che in grado di spoatere lo iodio dallo ioduro di potassio; lo iodio
viene poi titolato in presenza di un indicatore. Si definisce anche come cloro attivo, la quantit di cloro che
in grado di reagire colorimetricamente con lortotolidina. Cloro residuo attivo libero (acido ipocloroso) e
combinato (cloroamine, clorofenoli, ecc.).
Cloro richiesta: quantit minima di cloro che necessaria aggiungere allacqua per avere un clororesiduo
attivo.
1) clorazione semplice o marginale. Sistema tradizionale. A volumi uguali di acqua si aggiungono dosi scalari
di cloro, si lascia agire per 15-30 minuti, poi si aggiunge ortotolidina. Il primo campione in cui si il viraggio
d la clororichiesta e quindi la concentrazione minima di cloro da aggiungere allacqua. Un clororesiduo
combinato molto pi stabile e meno capace di ossidare rapidamente.
2) Clorazione al break point. Aggiungendo progressivamente cloro ad acque contenenti composti capaci di dar
luogo a cloro residuo attivo combinato, la concentrazione di questultimo prima aumenta, poi diminuisce,
poich le ulteriori aggiunte di cloro ossidano anche i composti costituenti il cloro residuo combinato. Questo
punto prende il nome di break point; continuando si ha un aumento lineare del cloro residuo attivo libero.
3) Il cloro inattivo sulle oocisti di Cryptosporidium parvum.
Biossido di cloro. Ossidante pi energico del cloro. Vantaggi:
- attivo anche a pH alcalini;
- non d origine a clororesiduo combinato;
- non d origine a trialometani;
- attivo anche contro le forme cistiche dei protozoi.
Limiti allapplicabilit:
formazione di cloriti.
Ozono.
Stato allotropico dellossigeno, ottenuto sottopendo laria secca ricca di ossigeno a differenze di potenziale di
7.000 15.000 volts. Si tratta di un ossidante energico, attivo contro virus e batteri, che non impartisce odori e
sapori sgradevoli allacqua. Velocit di azione maggiore del biossido di cloro parit di concentrazione. Oocisti
di Cryptosporidium sono inattivate al 99% ad una concentrazione di 0,3 mg/L in 2
minuti.
PREVENZIONE PRIMARIA:
Comprende tutti gli interventi destinati ad ostacolare linsorgenza della malattia nella popolazione,
combattendo le cause e i fattori predisponenti.
Si attua attraverso:
- progetti mirati di ed. alla salute;
- profilassi immunitaria;
- interventi sullambiente per eliminare o correggere le possibili cause delle malattie;
- interventi sulluomo per rilevare e correggere errate abitudini di vita (es. fumo);
- individuazione e correzione delle situazioni che predispongono alla malattia (es. obesit).
PREVENZIONE SECONDARIA:
Comprende tutte le misure destinate ad ostacolare laumento del numero di casi di una malattia nella
popolazione, riducendone la durata e la gravit.
Ha come obbiettivo lindividuazione precoce dei soggetti ammalati o ad alto rischio per poter ottenere la
guarigione o impedirne levoluzione. Lo strumento essenziale la diagnosi precoce rivolta a persone ritenute a
rischio. Gli interventi di prevenzione secondaria rivolti a gruppi di popolazioni sono definiti screening.
Lesempio pi significativo costituito dagli screening condotti per la diagnosi precoce dei tumori alla
mammella tra la popolazione femminile fra i 40 ed i 70 anni.
La diagnosi precoce fondamentale perch rende ancora attuabili interventi terapeutici in grado di condurre
alla guarigione. Screening: es. mammografia.
PREVENZIONE TERZIARIA:
Comprende tutte le misure che hanno lo scopo di controllare landamento di malattie croniche per evitare o
limitare la comparsa di complicazioni e di esiti invalidanti. Viene applicata quando la patologia gi in atto
per evitare complicazioni e la cronicizzazione della malattia. Richiede un insieme di interventi e strutture
molto diversi. Gli strumenti fondamentali della prevenzione terziaria sono la terapia e soprattutto il recupero e
la riabilitazione negli aspetti medico, psicologico, sociale e professionale. Es. somministrazione di cure e
farmaci, attivit riabilitative fisioterapiche con lo scopo di:
- ottimizzare le capacit residue dellanziano;
- migliorare la qualit di vita del paziente;
- prevenire ulteriori complicazioni.
GLI SCREENING:
Sono una serie di controlli e accertamenti su cui si basano i programmi della sanit pubblica nel campo della
prevenzione secondaria. Con screening si intende una ricerca ,mirata di una patologia in una popolazione.
sempre unoperazione di massa che deve essere condotta con razionalit e precisi obbiettivi. Un programma di
screening giustificato solo se:
- deve interessare un numero elevato di persone e deve provocare dei danni molto gravi;
- la patologia deve essere preceduta da uno stadio precoce;
- il test utilizzato deve essere applicabile in questo periodo di reversibilit;
- deve esistere la possibilit di un efficace intervento terapeutico praticabile sui malati;
- il test deve essere ad elevata specificit, alta attendibilit, di facile e rapida esecuzione e di costo
ragionevole.
A volte con lo screening si vuole invece mettere in evidenza solo una disposizione ad ammalare o un carattere
ereditario importante da conoscere per la prevenzione. Ad es. individuare le donne portatrici di emofilia. In
molti paesi lo screening di massa stato applicato per svelare casi di diabete iniziale attraverso la ricerca e la
quantit di glucosio.
- profilassi specifica: comprende linsieme delle attivit volte a potenziare le difese dei soggetti sani per
renderli resistenti alle infezioni.
- Profilassi indiretta: insieme delle operazioni di carattere generale destinate a risanare lambiente e a
irrobustire i singoli individui.
LA PROFILASSI DIRETTA:
Comprende sia la profilassi immediata che specifica e si divide nei provvedimenti relativi alle sorgenti, ai
veicoli, ai vettori di infezione e alluomo sano.
ACCERTAMENTO DIAGNOSTICO:
Ha lo scopo di confermare la diagnosi clinica attraverso indagini di laboratorio condotte sul siero del paziente,
o attraverso lisolamento dal sangue, dalle feci, dalle urine ecc. dellagente infettivo responsabile della
malattia. Le analisi saranno applicate gratuitamente presso i laboratori provinciali digiene e profilassi. La
denuncia deve essere fatta anche per casi sospetti ed preferibile isolare subito il paziente in attesa dei risultati
delle analisi che richiedono alcuni giorni.
INCHIESTA EPIDEMIOLOGICA:
Ha lo scopo di individuare le fonti dinfezione, il meccanismo attraverso il quale linfezione si propagata e
tutte le situazioni che hanno favorito levento infettivo. importante per riconoscere per es. un episodio di una
tossinfezioni alimentare che colpisce i partecipanti ad un pranzo a cui sono stati serviti cibi contaminati.
ISOLAMENTO:
Misura di profilassi decisa dallautorit sanitaria come conseguenza della denuncia ed ha lo scopo di
circoscrivere il focolaio infettivo, isolando il malato o il portatore. compito dellautorit sanitaria utilizzarla
solo in casi di reale pericolo. Lisolamento pu essere sia domiciliare (scelta utilizzata maggiormente) che
ospedaliero. Quest ultimo offre una serie di garanzie per evitare la propagazione dellinfezione soprattutto
quelle molto diffuse e molto gravi. Unaltra forma di sorveglianza il piantonamento che una sorveglianza
stretta al domicilio del malato affidato a persone dellautorit sanitaria con la presenza della forza pubblica. Si
ricorre raramente a questo ma solo con persone venute a contatto con un ammalato od un portatore di una
malattia infettiva molto grave o fortemente diffusiva come le malattie esotiche.
DISINFEZIONE:
E la procedura per eliminare i microrganismi patogeni. Si distinguono una disinfezione artificiale (operata
dalluomo) e naturale (costituita dal complesso di fattori naturali che influiscono negativamente sulla vita dei
germi). La disinfezione artificiale pu essere effettuata con mezzi chimici e fisici ed continua (se uccide i
germi man mano che vengono eliminati dal paziente), terminale (se attuata alla fine del processo infettivo. La
sostanza utilizzata prende il nome di disinfettante. Un buon disinfettante deve essere efficace nelleliminare,
non tossico, facile da utilizzare e deve costare poco. La sterilizzazione si propone di uccidere, in un
determinato materiale, tutti i microrganismi presenti, quindi non solo i patogeni ma anche batteri e funghi. Il
risultato finale ottenuto varia in base al tempo di esposizione, alla quantit, alla concentrazione di disinfettante
utilizzato.
MEZZI NATURALI:
- Luce solare grazie ai raggi uva;
- Temperatura, 100 battericida mentre il freddo batteriostatico;
- Essiccamento allesterno dellorganismo ospite perdono acqua e muoiono;
- Competizione con altri microrganismi.
La disinfezione naturale non comunque molto efficace perch i germi sporigeni riescono a sopravvivere a
questi tipi di interventi.
MEZZI ARTIFICIALI:
Si dividono in fisici e chimici.
MEZZI FISICI:
- Calore: fondamentale e pu avvenire attraverso incenerimento, calore secco e calore umido. Incenerimento
utilizzato per distruggere bende, siringhe e materiale duso medico. Nel calore secco si utilizzano speciali
apparecchiature dove si espongono allaria calda gli oggetti di laboratorio. Il calore umido il mezzo pi
efficace e si ottiene sotto forma di vapore o acqua a temperatura di ebollizione. Gli oggetti non vengono
alterati e la disinfezione pi energica.
- Le radiazioni.
- La filtrazione: consiste nel far passare liquidi contenenti microrganismi attraverso speciali filtri sottilissimi in
modo che le parti microbiche sono trattenute sul filtro e la soluzione (filtrato) passi al recipiente sottostante.
Questo usato per sterilizzare sieri, soluzioni ecc.
MEZZI CHIMICI:
Sono tra i pi usati per lestrema praticit e lelevato potere battericida. Alcuni sono dannosi per luomo ma
generalmente vengono venduti in forma diluita per ridurre il rischio. Ricordiamo:
- Cloro e i suoi derivati: utilizzato per rendere potabile lacqua o aggiunto alle piscine per la sua azione
antibattericida. Tra i derivati troviamo le candeggine per la disinfezione della biancheria e lamuchina per la
disinfezione di posate, bicchieri ecc.;
- Alcool etilico: antisettico disidratante in grado di denaturare le proteine del germe ma attualmente poco
usato per la sua scarsa attivit antimicrobica e perch sulle ferite ne ritarda la guarigione;
- Acqua ossigenata: utilizzata per la disinfezione delle ferite grazie alla sua azione sporicida;
- Composti del mercurio: il pi importante il mercurocromo, soluzione rossa utilizzata per disinfettare le
ferite, ha un intensa attivit antibatterica;
- Lisoformio: soluzione saponosa usata come disinfettante delle mani, dei pavimenti ecc.
LA STERILIZZAZIONE:
Mezzi chimici e mezzi fisici.
Mezzi fisici: la sterilizzazione ha il compito di uccidere, in un determinato materiale, tutti i microrganismi
presenti, non solo i patogeni ma anche i saprofiti. Sterile diverso da disinfezione perch un oggetto
sterilizzato saranno tali solo se presentano unassenza di microrganismi patogeni e non patogeni.
DISINFESTAZIONE:
E linsieme delle pratiche con lobbiettivo di eliminare o ridurre tutti i macroparassiti, possibili vettori o
serbatoi di malattie. I pi dannosi e invadenti che possono parassitare luomo o lambiente sono: le mosche, i
pidocchi, le pulci, le zanzare, le cimici, gli acari, gli scarafaggi, i ratti ecc. Quando questi sono presenti in un
edificio o in una zona si ha un intervento di disinfestazione realizzati dalla ASL che ha il compito di informare
gli abitanti sul motivo, sulla data e sulle cautele da prendere. I prodotti utilizzati per la disinfestazione si
dividono in fisici e chimici. Tra i fisici ricordiamo il calore, le trappole per topi, li ultrasuoni le lampade che
attraggono gli insetti e poi trasmettono delle scariche elettriche. I disinfestanti chimici sono pi numerosi e
rappresentano una guerra chimica con tutti i macroparassiti. Agiscono per inalazione, ingestione o per
contatto.
Un buon disinfettante deve essere: efficace, innocuo per luomo e gli animali domestici, economicamente
vantaggioso e deve uccidere le larve e le uova e non solo le forme adulte.
INTERVENTI RELATIVI ALLUOMO SANO:
Profilassi specifica: mira a rendere luomo sano pi resistente verso i parassiti. I tipi di misure che vengono
adottati sono:
1- vaccinoprofilassi,
2- sieroprofilassi e
3- chemioprofilassi.
VACCINOPROFILASSI:
Lo scopo quello di indurre una risposta immunitaria per prevenire la moltiplicazione di un agente patogeno o
virale introdotto nel nostro organismo. uno strumento di prevenzione applicato nei soggetti sani per renderli
immuni ad una specifica malattia. Lobbiettivo viene raggiunto tramite la somministrazione di un preparato, il
vaccino, efficace ed innocuo contenente lagente specifico.
Il vaccino un preparato di materiale infettivo, ottenuto con batteri, virus o con tossine prodotte dagli stessi
trattato in modo da perdere il potere tossico ma non la propriet antigene ed somministrato allindividuo per
provocare unimmunizzazione artificiale attiva. I vaccini sono dei preparati diversi tra di loro ma che
contengono sempre lantigene per la malattia da prevenire.
I tipi di vaccini pi diffusi sono:
1- V. costituiti da microrganismi viventi usati prevalentemente contro i virus che stimolano i linfociti T. questi
preparati determinano unimmunit solida e duratura. Sono di questo tipo per es. il vaccino di Sabin contro la
poliomielite.
2- V. costituiti da microrganismi uccisi col calore o altre sostanze chimiche prodotti quando non si ha la
sicurezza di dare la malattia. Es. vaccino per la pertosse o quello antinfluenzale.
3- V. costituiti da anatossine cio da tossine, perdono il loro potere tossico ma conservano il loro antigene.
Utilizzate soprattutto nelle vaccinazioni antitetanica e antidifterica.
4- V. costituiti da componenti batteriche purificate con metodiche moderne che consentono la separazione dei
diversi costituenti di una cellula batterica;
5- Attualmente vengono utilizzate alcuni vaccini ottenute attraverso la tecnica del DNA ricombinante (di
ingegneria genetica).
Le caratteristiche di un buon vaccino:
Devono essere efficaci, durevoli, innocui, di facile impiego e economicamente vantaggiosi.
Efficace: in grado di evitare il presentarsi della malattia.
Durevole: varia tra i diversi vaccini; alcuni vaccini proteggono per in anni altri invece per pochi mesi. I
richiami consentono di prolungare leffetto.
Innocuo: non deve dare reazioni collaterali e deve essere pratico dimpiego (somministrato senza personale
specializzato).
Vie dintroduzione e di somministrazione:
Via intramuscolare e sottocutanea: vie pi importanti perch in grado di assorbire completamente quantit
considerevoli di antigene. Attraverso queste vie vengono somministrati vaccini ottenuti da microrganismi
uccisi, tossine, componenti batteriche purificate.
1 Via intradermica: iniezione nel derma con ago sottile vista la piccola quantit di vaccino iniettabile
impiegata per vaccini viventi.
2 Via percutanea: deposizione del vaccino con una piccola ferita, oggi si preferisce il metodo delle punture
multiple.
3 Via orale: utilizzata per la vaccinazione antipoliomielitica, il luogo dazione lintestino. vantaggioso
anche perch non richiede attrezzature particolari.
4 Via intranasale: per la vaccinazione antirosolia, poco utilizzata per ora in Italia.
Per le vaccinazioni di massa utilizzato il jet-injector, una siringa senza ago che inserisce la dose di vaccino
nel derma.
COSTITUENTI DEI VACCINI:
Un vaccino una sospensione orale di microrganismi o di anatossine in un mezzo che ne permette la
diffusione allinterno dellorganismo.
I vaccini posso trovarsi:
- idrovaccini; sospesi in soluzione fisiologica,
- lipovaccini; sospesi in soluzione oleosa,
- Legati a sali di alluminio;
- Associati in combinazione di anatossine e vaccini batterici.
Idrovaccini: costituiti da microrganismi vivi ed attenuati, capaci di riprodursi nellorganismo e vengono
assorbiti rapidamente. Lo stimolo che provocano non per sufficientemente prolungato nel tempo e si deve
ricorrere a dei richiami.
Lipovaccini: validi in quanto diffondono con maggior lentezza ma provocano un buon grado di immunit con
una sola somministrazione. Periodo di larga utilizzazione.
I vaccini legati a sali di alluminio: immunit pi elevata e duratura, e provocano risposte anticorpali. La
presenza del sale di alluminio determina una liberazione del vaccino lenta e graduale che stimola unimmunit
di maggior durata.
Vaccini ottenuti dalla combinazione di anatossine con batteri uccisi: es. vaccino associato DTP che richiede
per tre dosi successive per limmunizzazione del soggetto.
Definizione Malattie infettive
per malattia infettiva si intende una malattia determinata dallazione di,un microrganismo
Fattori determinanti per la diffusione
delle malattie infettive
agente
ambiente
ospite
agente
ambiente
ospite
patogenicit
virulenza
carica infettante
agente
ambiente
ospite
possibilit di incontro
fra ospite e parassita
difese aspecifiche
immunit
agente
ambiente
ospite
Patogenicit
per patogenicit si intende la capacit d i un microrganismo di determinare malattia
invasivit: capacit di diffondersi e aggredire direttamente tessuti ed organi
tossigenicit: capacit di produrre tossine
NB: per virulenza si intende il differente grado d ipatogenicit che possono presentare ceppi
differenti della stessa specie di microrganismo
Non tutte le specie
microbiche sono patogene
Saprofiti: specie non patogene che hanno come habitat abituale lambiente esterno
Commensali: specie non patogene che hanno come habitat abituale cute e mucose
Saprofiti e commensali, in particolari condizioni possono assumere il ruolo di patogeni: si parla in
questo caso di patogeni opportunisti
Meccanismi di difesa
Aspecifici
Cute
Meccanismi mucosali
sostanze antibatteriche contenute in lacrime e saliva
movimenti ciliari della mucosa respiratoria
acidit gastrica
flora commensale (intestino, app. genitale, ecc.)
Specifici
Immunit attiva e passiva (naturale o acquisita)
sorgente o fonte
dellinfezione
soggetto recettivo
Zoonosi (antropozoonosi)
Socio economici
Ambientali
Stili di vita
Accesso ai Servizi
Reddito
Aria
Alimentazione
Istruzione
Occupazione
Acqua e alimenti Attivit fisica
Servizi Sanitari
Esclusione sociale
Abitato
Fumo
Servizi Sociali
Disuguaglianze
Ambiente sociale
Alcool
Trasporti
socio-economiche
e culturale
Attivit sessuale
Attivit
Farmaci
produttive
Fattori predisponenti
# conoscenze
# credenze
# percezioni
# attitudini
# auto-efficacia
# conoscenze
# credenze
Comportamento
individuale
Fattori abilitanti
# disponibilit e accessibilit
alle risorse
# leggi e altre forme di
impegno delle istituzioni
# capacit correlate alla salute
# disponibilit e accessibilit
alle risorse
# leggi e altre forme di
impegno delle istituzioni
# capacit correlate alla salute
Fattori rinforzanti
# famiglia
# gruppo dei pari
# insegnanti
# datori di lavoro
# operatori sanitari
# famiglia
# gruppo dei pari
# insegnanti
# datori di lavoro
# operatori sanitari
Salute
Ambiente
( condizioni del vivere)
Fattori salutogeni
Area
fisica
Area
Libert e indipendenza, autostima, convinzioni personali, spirituali, religiose, emozioni
psicologica positive, controllo stress, relazioni interpersonali positive
Area
sociale
Fattori Patogeni
Area
Fattori comportamentali: alimentazione scorretta, sedentariet, dipendenze da
personale alcool, fumo, droghe, affaticamento, non adozione di misure di sicurezza, non
rispetto di igiene
Area
Fattori ambientali: inquinamento aria, acqua, suolo, non controllo agenti
psicologica patogeni.
Dipendenza, scarsa autostima, disimpegno personale, stress,
relazioni interpersonali conflittuali
Area
sociale
Educazione
sanitaria
Acquisizione delle
conoscenze
Adozione di
comportamenti
Salute
EDUCAZIONE SANITARIA
Strategia finalizzata a fornire Conoscenze, Comportamenti e Motivazioni per la
Promozione della salute e la Prevenzione delle malattie
Motivi Etici
Motivi Culturali
Motivi Sanitari
Motivi Economici
METODI1
STRUMENTI
Informazioni :
1. Conoscenza dei comportamenti positivi per la salute
2. Comprensione dei propri fattori di rischio e/o della malattia
3. Comprensione degli interventi da attuare per ridurre il rischio di
malattia o laggravamento-ricadute della stessa (strategie per la
interruzione abitudini voluttuarie, dieta ipocalorica per ridurre il
sovrappeso, modalit di pratica motoria)
4. Adesione ai programmi di diagnosi precoce
5. Conoscenza dei servizi di supporto
Empowerment
Attribuzione di potere al Paziente e alla Famiglia
1.Stesura del piano assistenziale con il paziente e la famiglia
Educazione al self-car
Sviluppo della autonomia di cura, con dimostrazione di:
1. Attuazione di pratiche (es. preparazione cibi, rilevazione di FC
allenante, esecuzione di tratatmenti riabilitativi)
2. Sollecitazione alla adesione a gruppi di auto-aiuto
che ne caratterizzano
la fase iniziale
il decorso
inizio
levoluzione
malattia
Storia naturale di una patologia
Eventi che precedono la
comparsa di una patologia
che ne caratterizzano
la fase iniziale
fase di
latenza
assenza di
malattie
Fase sintomatica
fattori di
rischio
Risoluzione
il decorso
levoluzione
inizio sintomi
e segni visibili
Ritorno all'assenza di
malattia
O
morte
stato cronico
Quindi ci che conta distinguere tra categorie complesse e ben individuate, che inevitabilmente
devono essere tenute in considerazione, e situazioni particolari che non possono intervenire a definire
il concetto di salute: si pensi ad un soggetto allergico che pu rischiare la morte per shock
anafilattico se si ciba di alimenti quale il pane aromatizzato
al sesamo: nessuno potrebbe ritenere integrato il reato di cui allarticolo 444 del Codice Penale da
parte del commerciante che pone in vendita tale tipo di pane, solo perch una percentuale irrilevante
di persone allergica a questa sostanza. In altri termini, la pericolosit va definita escludendo le
situazioni eccezionali o anormale, e tenendo conto invece di ampie categorie di soggetti, avuto
riguardo delle particolari condizioni di ognuna di esse, tralasciando parimenti le situazioni troppo
generalizzate.
Conseguentemente, pericolosa per la salute pubblica la sostanza che pu creare un perturbamento
nello stato di 15 benessere psico-fisico anche di soggetti non medi, ma
appartenenti a categorie generali di cittadini. Per quanto riguarda sostanze alimentari e bevande che
pur essendo legalizzate, possono risultare dannose per particolari categorie di persone, (anziani,
malati etc), sar il soggetto a dover difendersi da tale pericolosit evitandone lassunzione.
Nel caso di contraffazioni o adulterazioni alimentari, invece la sostanza pericolosa introdotta
surrettiziamente, e il soggetto a rischio si trova nellimpossibilit di difendersi,
proprio perch consuma il prodotto per apportare al proprio organismo un certo contributo calorico,
ed invece, senza saperlo, turba il proprio delicatissimo equilibrio ormonale.
La tutela penale pertanto, giustificata a favore di quei soggetti che si trovano in una particolare
situazione di debolezza, tale da ritenere del tutto ingiustificata ed inaccettabile unesposizione al
pericolo derivante dallassunzione di sostanze nocive. Il principio che compito dello Stato sia anche
quello di rimuovere le condizioni che determinano il venir meno dell effettiva uguaglianza tra i
cittadini, non pu non far ritenere necessario un atteggiarsi dellintervento repressivo penale 16 che
tenga conto delle situazioni particolari di debolezza e di maggior esposizione a rischi; sembra dunque
inevitabile che il nostro legislatore penale sia chiamato a proteggere con maggior efficacia proprio
quelle situazioni che pi sono
esposte ad aggressioni o lesioni. In questo modo possibile realizzare leffettivo stato di benessere
fisico, psichico e sociale che permette lo sviluppo armonico di tutte le
funzioni dei cittadini, avuto particolare riguardo delle categorie di soggetti che versano in situazioni
meritevoli di tutela, a prescindere da situazioni di anormalit oeccezzionalit.
Ospite:
stato immunitario
difese locali
B
soggetto a drift antigenico
serbatoio: uomo
epidemie diffuse
C
associato a casi sporadici o
eventi epidemici minori
influenzia aviaria
influenza umana
Vaccinazione
I vaccini antinfluenzali
A cellule intere, split e a subunit
Disponibili vaccini con adiuvanti
Indicazione alla vaccinazione
tutti i soggetti >64 anni
portatori di patologie croniche importanti
lavoratori addetti a settori di pubblica utilit
Vaccinazione da ripetere ogni anno con una sola dose di vaccino (salvo diversa indicazione
da parte delle autorit sanitarie)
EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE DELLE MALATTIE A TRASMISSIONE RESPIRATORIA
Via principale di eliminazione degli agenti infettanti l'apparato respiratorio. La sorgente esclusivamente
umana e il serbatoio costituito quasi esclusivamente dall'uomo ammalato o portatore sano.
E' possibile la diffusione per contatto diretto con le secrezioni naso - faringee, tracheali, bronchiali ecc.
TBC: tubercolosi
Agente eziologico = Micobacterium tuberculosis
Incubazione = 4 - 12 settimane
Cenni Clinici = la sintomatologia all'esordio caratterizzata da febbre,tosse produttiva con sudorazione
notturna e perdita di peso. La prima infezione, o tbc primaria , presenta un ingrossamento dei linfonodi latero cervicali, in base alla risposta immunitaria si passa dalla febbricola ed astenia a forte interessamento
polmonare con febbre e difficolt respiratorie. La tbc post prima si presenta con infezione d'organo o
disseminazioni (rene, meningi, ossa)
Contagiosit = altamente contagiosa; inoltre, la contagiosit dipende dalla presenza e dalla carica di bacilli
nell'escretato; pu persistere per anni
Epidemiologia = malattia diffusa in tutto il mondo, ma soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove colpisce
in tutte le et ed anche nell'infanzia (prima infezione). La contagiosit elevata deriva dall'alta carica delle
secrezioni polmonari e dal contatto prolungato con i soggetti malati. Le fonti di infezione sono l'uomo. Il
malato elimina i bacilli per via aerea, e di rado, attraverso le feci (tubercolosi intestinale), le urine (tubercolosi
renale) ed eccezionalmente per altre vie. Le vie di penetrazione sono: inalatoria, che si realizza in oltre il 95%
dei casi. Le altre sono la via orale (con latte e derivati) e quella cutaneo - mucosa (lesioni cutanee, mucosa
congiuntivale ecc).
Prevenzione = denuncia obbligatoria. L'isolamento obbligatorio sino alla negativizzazione dell'espettorato
Vaccinazione = Il vaccino non obbligatorio. La vaccinazione viene effettuata su gruppi a rischio quali il
personale sanitario e gli studenti delle facolt sanitarie
Difterite
La difterite una malattia infettiva acuta provocata dal batterio Corynebacterium diphtheriae, che, una volta
entrato nel nostro organismo, rilascia una tossina in grado di danneggiare/distruggere organi e tessuti. Gli
organi coinvolti variano a seconda del tipo di batterio: il pi diffuso colpisce la gola, il naso e talvolta le
tonsille, mentre un altro tipo, presente soprattutto nelle zone tropicali, provoca ulcere della pelle. Pi
raramente, linfezione coinvolge la vagina o la congiuntiva. La diagnosi differenziale va effettuata con le
seguenti patologie: faringiti batteriche e virali, mononucleosi infettiva, sifilide orale, candidosi, angina di
Vincent. La diagnosi viene confermata dallesame batteriologico delle lesioni.
L'ultimo caso di difterite in et pediatrica in Italia (peraltro in una bambina non vaccinata) risale al 1991.
Come si trasmette
La difterite si trasmette per contatto diretto con una persona infetta o, pi raramente, con oggetti contaminati
da secrezioni delle lesioni di un paziente. In passato, anche il latte non pastorizzato ha rappresentato un
veicolo di infezione.
Chi a rischio
Per quanto la difterite possa colpire a qualsiasi et, la difterite riguarda essenzialmente i bambini non
vaccinati. Nei Paesi con clima temperato, si diffonde durante i mesi invernali.
La sintomatologia
Il periodo di incubazione dura da due a cinque giorni. Quando linfezione riguarda lapparato orofaringeo, i
primi sintomi sono mal di gola, perdita dellappetito e febbre leggera. Entro due o tre giorni, sulla superficie
delle tonsille e della gola si forma una caratteristica membrana grigiastra, dai margini infiammati. Talvolta
queste lesioni possono sanguinare e assumere un colore verdastro o nero. Altri sintomi associati allinfezione
possono essere gonfiore del collo e ostruzione delle vie respiratorie.
Le complicanze
Generalmente la malattia ha un decorso benigno, ma in alcuni casi possono insorgere complicanze gravi a
livello cardiaco: aritmie, con rischio di arresto cardiaco, miocardite, insufficienza cardiaca progressiva.
La terapia
Gli individui che sviluppano la malattia vanno trattati immediatamente con lantitossina e antibiotici, quindi
messi in isolamento per evitare che contagino altre persone. In genere, gi dopo due giorni di terapia non sono
pi contagiosi.
Meningite
La meningite uninfiammazione delle membrane (le meningi) che avvolgono il cervello e il midollo spinale.
La malattia generalmente di origine infettiva e pu essere virale, batterica o causata da funghi.
La forma virale, detta anche meningite asettica, quella pi comune: di solito non ha conseguenze gravi e si
risolve nellarco di 7-10 giorni
La forma batterica pi rara ma estremamente pi seria, e pu avere conseguenze fatali.
Il periodo di incubazione della malattia pu variare a seconda del microorganismo causale.
Nel caso della meningite virale va dai 3 ai 6 giorni, per la forma batterica dai 2 ai 10 giorni.
La malattia contagiosa solo durante la fase acuta dei sintomi e nei giorni immediatamente precedenti
lesordio.
I batteri pi frequentemente in causa sono tre:
Neisseria meningitidis (meningococco) un ospite frequente delle prime vie respiratorie. Dal 2 al 30%
della popolazione sana alberga meningococchi nel naso e nella gola senza presentare alcun sintomo, e
questa presenza non correlata a un aumento del rischio di meningite o di altre malattie gravi. La
trasmissione avviene per via respiratoria, e il rischio di sviluppare la malattia sembra maggiore in
persone che hanno acquisito linfezione da poco, rispetto a chi portatore da pi tempo. Esistono 13
diversi sierogruppi di meningococco, ma solo 5 (denominati A, B, C, W 135 e Y) causano meningite e
altre malattie gravi. In Italia e in Europa i sierogruppi B e C sono i pi frequenti.
I sintomi non sono diversi da quelli delle altre meningiti batteriche, ma nel 10-20% dei casi la malattia
rapida e acuta, con un decorso fulminante che pu portare al decesso in poche ore, anche in presenza
di una terapia adeguata.
I malati sono considerati contagiosi per circa 24 ore dallinizio della terapia antibiotica specifica. La
contagiosit comunque bassa, e i casi secondari sono rari. Il meningococco pu tuttavia dare origine a
focolai epidemici.
Disponibile un vaccino contro il meningococco C.
Streptococcus pneumoniae (pneumococco) , dopo il meningococco, uno degli agenti pi comuni della
meningite. Oltre alla meningite, pu causare polmonite o infezioni delle prime vie respiratorie, come
lotite. Come il meningococco, si trasmette per via aerea e pu trovarsi nelle prime vie respiratorie,
senza causare alcuna malattia. Esistono molti tipi di pneumococco. Le meningiti da pneumococco si
presentano in forma sporadica; non indicata la profilassi antibiotica di chi stato in contatto con un
caso.
Haemophilus influenzae tipo b (emofilo o Hib) era fino alla fine degli anni novanta la causa pi
comune di meningite nei bambini fino a 5 anni. Con lintroduzione della vaccinazione i casi di
meningite causati da questo batterio si sono ridotti moltissimo. In caso di meningite da Hib indicata
la profilassi antibiotica dei contatti stretti.
Per quanto riguarda la meningite virale, gli agenti pi frequenti sono herpes virus ed enterovirus.
La meningite di origine fungina si manifesta invece soprattutto in persone con deficit della risposta
immunitaria e pu rappresentare un pericolo per la vita.
La sintomatologia
I sintomi della meningite sono indipendenti dal germe che causa la malattia.
All'inizio i sintomi possono essere aspecifici: sonnolenza, cefalea, inappetenza. In genere, per, dopo 2-3
giorni peggiorano e compaiono nausea e vomito, febbre, pallore, fotosensibilit; tipiche la rigidit della nuca e
quella all'estensione della gamba.
Nei neonati alcuni di questi sintomi non sono molto evidenti, mentre pu esserci un pianto continuo,
irritabilit e sonnolenza al di sopra della norma, e scarso appetito. A volte si nota l'ingrossamento della testa,
soprattutto nei punti non ancora saldati completamente (le fontanelle), che pu essere palpato facilmente.
Le complicanze
La malattia pu avere complicazioni anche gravi, con danni neurologici permanenti, come la perdita
delludito, della vista, della capacit di comunicare o di apprendere, problemi comportamentali e danni
cerebrali, fino alla paralisi.
Tra le complicazioni di natura non neurologica, possibili i danni renali e alle ghiandole surrenali, con
conseguenti squilibri ormonali.
La terapia
Il trattamento deve essere tempestivo. La meningite batterica viene trattata con antibiotici; la cura pi
efficace se il ceppo agente dell'infezione viene caratterizzato e identificato. Nel caso di meningiti virali, non
c' cura antibiotica, ma la malattia meno grave e i sintomi si risolvono di solito nel corso di una settimana,
senza necessit di alcuna terapia specifica.
Le misure di profilassi
Occorre identificare i contatti stretti da sottoporre a chemioprofilassi o a sorveglianza sanitaria. Quindi,
individuare i conviventi e coloro che hanno avuto contatti stretti con lammalato nei 10 giorni precedenti la
data della diagnosi.I 10 giorni sono il tempo massimo previsto per la sorveglianza sanitaria, tenuto conto del
massimo periodo di incubazione della malattia. Qualora al momento dellidentificazione fossero gi trascorsi
10 giorni dallultimo contatto, i soggetti esposti non sono pi considerati a rischio (vedi Circolare min. n. 4
del 13 marzo 1998)
Morbillo
E una malattia infettiva causata da un virus del genere Morbillivirus, della Famiglia Paramyxovirus, che si
localizza in vari organi e tessuti.
La recettivit (possibilit di essere infettati da un agente patogeno) universale e il morbillo una delle
malattie pi contagiose che si conoscano.
Prima dellintroduzione dei vaccini antimorbillosi, quasi tutti i bambini si ammalavano di morbillo prima del
15 anno di vita.
Il morbillo una malattia endemo-epidemica, vale a dire che sempre presente nelle collettivit, presentando
picchi epidemici ogni 3-4 anni, legati al fatto che i nuovi nati vengono a formare gradualmente una massa
cospicua di soggetti suscettibili allinfezione.
Il morbillo lascia unimmunit che dura per tutta la vita; anche limmunit indotta dal vaccino di durata
lunghissima.
Come si trasmette
Il morbillo una delle malattie pi contagiose che si conoscano; si trasmette per via aerea, attraverso le
goccioline di saliva emesse con tosse, starnuti o semplicemente parlando.
Il periodo di contagiosit va da poco prima del periodo prodromico a 4 giorni dopo la comparsa dellesantema.
Nelle persone con alterazioni del sistema immunitario il morbillo pu assumere un decorso particolarmente
grave e prolungato, con persistenza delleliminazione del virus per molte settimane dopo la fase acuta.
Chi a rischio
Praticamente tutti, se non hanno avuto la malattia naturale o se non sono stati vaccinati, sono a rischio di
contrarre il morbillo.
La sintomatologia
Dopo un periodo di incubazione (periodo che intercorre tra lesposizione ad un contatto infettante e la
comparsa dei primi sintomi) che pu variare da un minimo di 7 ad un massimo di 18 giorni (solitamente per
di una decina di giorni), si ha comparsa di febbre, raffreddore, tosse secca, congiuntivite, chiazze rossastre
sulla mucosa della bocca e della faringe e macchioline bianche sulle gengive, allaltezza dei molari (macchie
di Koplik): questo il periodo prodromico della malattia, che dura 4-5 giorni, al termine del quale compare
un'eruzione cutanea maculo-papulosa che dal collo e dal capo si estende ad interessare tutto il corpo (esantema
discendente).
Linizio dellesantema solitamente accompagnato da un innalzamento della febbre che diminuisce poi
piuttosto rapidamente.
Lesantema persiste per 5-6 giorni e, cos come era iniziato, scompare a cominciare dal collo.
Per qualche giorno rimane una desquamazione della pelle (fase di convalescenza). Il decorso del morbillo pu
essere mite nei lattanti, se ancora in parte protetti da anticorpi di origine materna ma, solitamente, la malattia
pi grave nei bambini molto piccoli e negli adulti.
Le complicanze
Le pi frequenti sono laringiti e laringotracheiti, polmoniti e broncopolmoniti, anche dovute a superinfezione
batterica, otiti medie, encefaliti ed encefalomieliti. Queste ultime si manifestano con frequenza di circa un
caso su 1000.
La mortalit dellencefalite morbillosa arriva al 15% e si stima che il 20-40% delle persone sopravvissute ad
una encefalite morbillosa subiscano conseguenze permanenti a livello neurologico.
Una complicanza del morbillo, rarissima, ma dagli effetti devastanti, la panencefalite sclerosante subacuta
(PESS).
Si tratta di una encefalite a lenta evoluzione, che pu manifestarsi in un caso su 100.000 a distanza di molti
anni dallinfezione con virus morbilloso, per lo pi in persone che avevano avuto il morbillo nei primi due
anni di vita.
La terapia
Riposo a letto in un ambiente confortevole, ben riscaldato ed arieggiato, ma non eccessivamente illuminato,
insieme con una dieta leggera, ricca di zuccheri e liquidi, costituiscono la base per il trattamento del morbillo.
Possono essere impiegati rimedi ad azione sintomatica per la febbre e la tosse ma la terapia antibiotica, sempre
su prescrizione medica, dovrebbe essere attuata solo in caso di complicazioni di natura batterica
(broncopolmoniti).
Rosolia
E una malattia infettiva, molto contagiosa, causata da un virus, appartenente al genere Rubivirus, famiglia
Togaviridae, che si localizza in vari organi e tessuti. Precedentemente alla introduzione dei vaccini antirosolia,
almeno l80% delle persone venivano infettate dal virus della rosolia prima dei 20 anni.
Molto spesso la rosolia non si presenta con segni clinici evidenti e con una sintomatologia ben definita, per cui
le infezioni possono passare del tutto inosservate; questo pu essere particolarmente rischioso nel caso di
uninfezione contratta durante la gravidanza. La rosolia , come il morbillo, una malattia endemo-epidemica:
essa cio sempre presente nelle collettivit con picchi epidemici ogni 7 anni e pi.
La rosolia, sia in forma clinicamente evidente che di infezione inapparente, lascia unimmunit (protezione nei
confronti di successive infezioni) che dura per tutta la vita. Anche limmunit indotta dal vaccino di lunga
durata.
Come si trasmette
La rosolia una malattia molto contagiosa, anche se non raggiunge i livelli di diffusivit del morbillo.
Il virus della rosolia viene trasmesso per via aerea, attraverso le goccioline di saliva emesse con la tosse, gli
starnuti o anche semplicemente parlando.
Il virus della rosolia passa attraverso la placenta e, per questa via, infetta il prodotto del concepimento.
Il periodo di contagiosit, in cui la malattia pu essere trasmessa dalle persone infette (con o senza sintomi
manifesti) a quelle suscettibili, va da una settimana prima a 4 giorni dopo la comparsa dellesantema, che pu
mancare del tutto.
I bambini affetti da sindrome da rosolia congenita possono eliminare il virus e quindi, rimanere infettanti per
molti mesi dopo la nascita.
Chi a rischio
Praticamente tutti, tranne i vaccinati o coloro che sono immuni per avere gi contratto la malattia.
Nel caso delle donne in gravidanza, il rischio si estende, con conseguenze che possono essere drammatiche, al
prodotto del concepimento.
La sintomatologia
Dopo un periodo di incubazione, che pu variare da un minimo di 12 ad un massimo di 23 giorni (solitamente
per di 16-18 giorni), si ha comparsa di febbre, mal di testa, dolori alle articolazioni, raffreddore e gonfiore
dei linfonodi posti ai lati delle orecchie e dietro la nuca.
Sul viso e sul collo compaiono macchioline leggermente sollevate, di colore roseo o rosso pallido, molto meno
fitte di quelle del morbillo e senza alcuna tendenza a confluire tra loro.
Tale eruzione cutanea, sotto forma di esantema, si estende successivamente al resto del corpo e scompare nel
giro di due o tre giorni.
Un bagno o una doccia caldi rendono pi evidente lesantema, che non compare affatto in circa il 40% dei
casi, mentre nel 20-25% dei casi compaiono soltanto la febbre e la tumefazione dei linfonodi. La rosolia,
quindi, si manifesta in modo conclamato soltanto nel 50% circa dei casi.
Le complicanze
La rosolia considerata una malattia ad evoluzione benigna, tuttavia complicazioni come artriti acute e
artralgie sono frequenti, soprattutto nel caso di rosolia contratta in et adulta.
Complicazioni meno frequenti della rosolia sono la trombocitopenia (diminuzione del numero delle piastrine,
elementi del sangue fondamentali per il processo della coagulazione) e lencefalite, che si manifesta in circa
un caso su 6.000. Lencefalite da rosolia pu essere mortale.
Se la rosolia viene contratta da una donna durante la gravidanza, tutti gli organi ed i tessuti fetali sono
coinvolti e gli effetti sul prodotto del concepimento possono essere molto gravi: aborto spontaneo; morte
intrauterina del feto; malformazioni e lesioni di tipo infiammatorio, principalmente a carico del sistema
nervoso, dellapparato cardiocircolatorio, degli organi di senso, con ritardato sviluppo fisico e psichico
(Sindrome da rosolia congenita).
Il rischio di avere gravi malformazioni nel feto quando la rosolia viene contratta in gravidanza massimo nel
primo trimestre (85% nelle prime 8 settimane, 52% dalla nona alla dodicesima settimana di gestazione),
mentre le infezioni contratte dopo la ventesima settimana raramente provocano malformazioni congenite.
Le donne che intendano intraprendere una gravidanza, non vaccinate o non immuni in seguito alla malattia,
dovrebbero sottoporsi, prima del concepimento, ad una ricerca degli anticorpi antirosolia ed eventualmente
alla vaccinazione (il test offerto gratuitamente secondo il Decreto ministeriale 10 settembre 1998 per la tutela
della maternit).
La terapia
Il riposo a letto, insieme con una dieta leggera ma ricca di zuccheri e liquidi, costituiscono la base per il
trattamento della rosolia.
Per alleviare i sintomi dellartrite il medico curante potr prescrivere la terapia sintomatica pi adatta.
Per le donne in gravidanza
Se si ha il sospetto che una donna in gravidanza possa avere contratto linfezione, opportuno eseguire
immediatamente la ricerca degli anticorpi antirosolia su un campione di sangue conservando una parte del
campione utilizzato per lesame, in modo da poterlo confrontare con campioni prelevati successivamente.
La presenza di anticorpi della classe IgG nel campioni segno di uninfezione avvenuta nel passato e, quindi,
di immunit nei confronti di infezioni successive, mentre la presenza di anticorpi della classe IgM indica
infezioni in atto.
Se nel campione non si riscontrano anticorpi, necessario ripetere lesame a distanza di circa un mese.
La positivit nel secondo campione segno di infezione recente o in atto; se anche il secondo campione risulta
negativo, il test deve essere nuovamente ripetuto dopo 6 settimane dallesposizione al contagio. La persistenza
della negativit indica che linfezione non avvenuta.
Epatite virale B
E una malattia infettiva causata da un virus, costituito da pi componenti, che colpisce il fegato.
La sintomatologia
Lepatite virale B, dopo un periodo di incubazione di 2-6 mesi dallinfezione, si manifesta con la comparsa di
inappetenza, malessere generale, febbre e nausea, particolarmente nei confronti del fumo.
Dopo qualche giorno compare littero, cio la presenza di colorito giallognolo della pelle, dovuto alla
aumentata concentrazione di bilirubina nel sangue a causa della diminuita funzionalit del fegato.
Anche le sclere (la parte bianca dellocchio) possono tendere al colore giallo. Un altro segno caratteristico
della malattia in atto il colore delle urine che si presentano scure come marsala, sempre per la presenza della
bilirubina.
Nella maggior parte dei casi la malattia guarisce e nel sangue rimane la presenza di anticorpi anti-virus
dellepatite B (anti-HBc, anti-HBs, anti-HBe) che testimoniano lavvenuta infezione. In un certo numero di
casi, per, per fattori non ancora chiariti, il virus continua a replicarsi e a produrre particelle infettanti
chiamate antigeni (HBsAg, HBeAg), gli anticorpi protettivi non si formano, ed in tale situazione il soggetto
pu trasmettere linfezione ad altre persone, la sua malattia pu cronicizzare ed evolvere verso quadri clinici di
grave compromissione epatica. In questi casi importante eseguire periodicamente, sotto controllo medico,
esami della funzionalit epatica. A volte capita che, facendo delle analisi del sangue per controllo, un soggetto
scopra di essere positivo per gli anticorpi anti-HBV (indice di guarigione) o per gli antigeni (indice di
replicazione virale e di potenziale infettivit), ma non ricordi di aver mai avuto lepatite virale B. Ci
possibile perch, per fattori non ancora chiariti, lepatite virale B non sempre si manifesta con i classici
sintomi che sono stati suddescritti e decorre in modo inapparente.
Come si trasmette
E una malattia che si trasmette venendo a contatto con liquidi biologici, quali sangue e suoi derivati, sperma e
liquidi vaginali infetti; la trasmissione pu avvenire anche da madre infetta al bambino durante la gravidanza.
Cosa fare quando ci si ammala
E importante ricorrere tempestivamente al proprio medico curante il quale prescriver delle analisi che
confermino la diagnosi di epatite B (presenza di antigeni o di anticorpi per HBV) e per valutare la funzionalit
del fegato (cio il valore degli enzimi transaminasi - GOT o AST e GPT o ALT - e delle gammaGT). La rapida
guarigione favorita dallo stare a riposo a letto, seguendo una dieta leggera e ricca in zuccheri e proteine,
BATTERI
AMBIENTE: ATTREZZATURE,
FUNGHI
VIRUS
STRUMENTARIO,
PARASSITI
DISPOSITIVI MEDICI,
SOLUZIONI,
ACQUA, ARIA, SUPERFICI
PORTE DINGRESSO:
VIE DI TRASMISSIONE
OSPITI
Mucose (congiuntive)
SUSCETTIBILI
Cute lesa
per droplet
Tratto gastrointestinale
Tratto respiratorio
tramite veicoli
tramite vettori
Trasmissione da contatto
Si tratta del pi importante e frequente modo di trasmissione delle infezioni in ambito sanitario
contatto diretto contatto fisico diretto (da superficie corporea a
superficie corporea) tra un soggetto colonizzato o infetto e un soggetto suscettibile
Contatto indiretto
Trasferimento passivo dei microrganismi a un ospite suscettibile tramite oggetti intermedi inanimati, come
strumenti, aghi, attrezzature, superfici circostanti il paziente, abiti, mani contaminate non lavate, guanti non
cambiati, ecc.
Trasmissione da contatto
Rosolia congenita
Scabbia
Pediculosi
Varicella
Herpes simplex neonatale o mucocutaneo
Herpes Zoster
Infezioni cutanee da Stafilococchi
Diarrea da: Salmonella, Shigella
Virus dellepatite A
SARS
Trasmissione da droplet (goccioline)
E una forma di trasmissione da contatto. Non deve essere confusa con la trasmissione per via aerea.
I droplets sono goccioline di dimensione 5 micron (large droplets)
Sono generate dal paziente fonte con la tosse, gli starnuti e durante particolari procedure come
aspirazione e broncoscopia.
Vengono espulse nellaria a breve distanza e possono depositarsi sulla congiuntiva o sulle mucose nasali e
orali del nuovo ospite.
Malattie trasmissione da droplet
1 metro
ALIMENTI
salmonellosi
epatite B
shigellosi
epatite C
campilobatteriosi
epatite D
tifo
AIDS
epatite A
legionellosi...
isteriosi
Trasmissione attraverso vettori
la trasmissione mediata da vettori animati (insetti, roditori)
malaria
encefalite giapponese
malattia di Lyme
dengue
leishmanios
febbre gialla
encefalite da zecche
peste, tripanosomiasi
MORBILLO
Malattia tra le pi contagiose, trasmessa per via .
E endemica, in quanto sempre presente nella popolazione, con PICCHI EPIDEMICI (20-30 mila casi/anno) ogni 3-4 anni
MALATTIA in GRAVIDANZA: non conseguenze per il feto
Liquidi
amniotico,peritoneale,pericardico,sinoviale
corporei
* Basso rischio
VIE DI TRASMISSIONE
Parenterale (trasfusione)
Esposizione
Mucose
Cute non integra
Percutanea
TETANO
Il Tetano una malattia che colpisce i muscoli ed i nervi del nostro organismo: grave, ma pu essere
prevenuta con successo. Di solito ha origine quando una ferita della pelle viene contaminata da un batterio di
nome Clostridium tetani, che spesso si trova nel terreno.Dopo essere penetrati nellorganismo, il batteri
producono una neurotossina (una proteina che agisce come un veleno sul sistema nervoso), di
nome tetanospasmina, in grado di provocare spasmi muscolari. La tossina pu diffondersi in tutto il corpo
mediante il flusso sanguigno ed il sistema linfatico, in questo modo va ad interferire con la normale attivit dei
nervi in tutto lorganismo, causando spasmi muscolari generalizzati.
In realt il tetano ormai molto raro negli Stati Uniti e negli altri paesi che hanno reso obbligatorie le
vaccinazioni antitetaniche, almeno per le categorie a rischio come in Italia: ogni anno nel nostro Paese
vengono diagnosticati circa 100 morti di tetano. In molti paesi sviluppati che hanno programmi di prevenzione
e di vaccinazione meno efficaci la malattia invece molto pi frequente, situazione ancora pi grave si registra
nei Paesi del Terzo Mondo.
Se non viene curato, il tetano pu essere letale; questa malattia in grado di provocare la morte per collasso
cardio-respiratorio, causando la contrazione con paralisi della muscolatura, perch si localizza a livello dei
nervi. In un caso su dieci porta a morte per limpossibilit di respirare.
CauseI
In Italia la maggior parte dei casi di tetano causata da un taglio o da una lesione profonda, come ad esempio
ununghia schiacciata: a volte la lesione talmente lieve che il paziente non va nemmeno dal dottore.Le
lesioni che comportano la morte della pelle (come ad esempio le scottature, il congelamento, la cancrena o le
lesioni da schiacciamento) hanno maggiori probabilit di provocare il tetano. Anche le ferite contaminate da
terra, saliva o feci, soprattutto se non vengono disinfettate con attenzione, e le punture effettuate con aghi non
sterili (come ad esempio quando ci si droga o si fa un tatuaggio od un piercing casalingo) presentano un
rischio maggiore.Esiste anche un altro tipo di tetano, il tetano neonatale, che si verifica nei neonati partoriti
in condizioni igieniche precarie, soprattutto se il cordone ombelicale si infetta dopo essere stato reciso. Negli
Stati Uniti, prima dellintroduzione dei vaccini, il tetano neonatale era molto pi frequente. Al giorno doggi le
vaccinazioni antitetaniche obbligatorie producono gli anticorpi che le madri trasmettono ai figli durante la
gravidanza. Questi anticorpi materni ed il miglioramento delle tecniche di recisione del cordone ombelicale
hanno diminuito drasticamente la frequenza del tetano neonatale nei paesi sviluppati.
Sintomi
Il primo sintomo del tetano spesso sono gli spasmi muscolari della mascella (trisma), che possono essere
accompagnati da difficolt di deglutizione. Seguono quindi altri muscoli del capo che danno luogo al Riso
Sardonico (aspetto tipo iena), poi si rileva la discesa degli effetti del tetano che provoca rigidit e dolore dei
muscoli del collo, delle spalle, della schiena e degli arti, fino ad arrivare alla posizione cane di fucile (tutto
rannicchiato).
I sintomi possono verificarsi in un periodo variabile da alcuni giorni ad alcuni mesi dopo che si venuti in
contatto con i batteri; in genere il periodo di incubazione varia da 2 giorni a mesi, anche se la maggior parte
dei casi si manifesta entro 14 giorni. Ferite pi gravi sono in genere legate a periodi di incubazione minore.
Cura e terapia
I medici hanno un ruolo importante nella prevenzione del tetano, perch si devono accertare che le
vaccinazioni dei bambini siano valide e perch si occupano della profilassi post-esposizione se il paziente ha
una ferita che a rischio tetano.
Il bambino che si
ammala di tetano dovr essere ricoverato in ospedale, di solito nel reparto di terapia intensiva. Qui, di norma,
gli verranno somministrati degli antibiotici per eliminare i batteri ed il siero per neutralizzare la tossina gi
rilasciata dai batteri. Al bambino verranno anche somministrati farmaci in grado di tenere sotto controllo gli
spasmi muscolari e altre terapie a supporto delle funzioni vitali dellorganismo.
Prevenzione
Esistono due modi importanti per prevenire il tetano: fare le vaccinazioni antitetaniche, insieme a tutte le altre
vaccinazioni obbligatorie, oppure dopo una lesione che potrebbe provocare il tetano, ricevere una dose di
vaccino (profilassi antitetanica post-esposizione). Per i bambini, il vaccino antitetanico fa parte delle
vaccinazioni DtaP (contro la difterite, il tetano e la pertosse). I bambini di solito ricevono una serie di 3 dosi di
vaccino prima dei due anni, e poi una dose di richiamo tra i 5 e i 6 anni. In seguito consigliata unulteriore
dose di richiamo tra gli 11 e i 12 anni e, in et adulta, un richiamo del vaccino contro il tetano e la difterite
ogni 10 anni. Non lasciate che i vostri bambini saltino questi appuntamenti importanti e fateli vaccinare al
momento giusto. Come per qualsiasi calendario di vaccinazione, ci sono dei casi particolari e delle eccezioni
da tenere presenti. Il medico vi fornir tutte le informazioni aggiornate. La vaccinazione degli adulti si esegue
somministrando due dosi di vaccino per via intramuscolare ad una distanza di 4 settimane, seguita da una terza
dose dopo 6-12 mesi. La protezione non permanente, per restare protetti occorre una dose di richiamo ogni
dieci anni.
Anche nella profilassi antitetanica post-esposizione, ossia dopo
linfortunio, vengono somministrate dosi di vaccino antitetanico, ma solo dopo che si verificata la ferita o la
lesione. Il numero di dosi dipende da quanti anni sono trascorsi dallultimo richiamo, dal totale di vaccinazioni
antitetaniche effettuate fino a quel momento e dalla natura della ferita. Il medico pu consigliarvi un richiamo
di vaccino antitetanico e/o uniniezione di immunoglobulina tetanica (siero) per neutralizzare tutte le tossine
prodotte dai batteri.
Tutte le
ferite della pelle, soprattutto le lesioni profonde o le ferite che potrebbero essere contaminate da feci, terra o
saliva, dovrebbero essere disinfettate e medicate immediatamente.
La medicazione delle ferite
fondamentale, ma non rappresenta unalternativa in grado di sostituire la vaccinazione. Il tetano neonatale pu
essere prevenuto se tutte le
LA SCABBIA
Aspetti epidemiologici
CASI SPORADICI e piccoli cluster familiari
CASI SOMMERSI legati al turismo sessuale
FOCOLAI EPIDEMICI frequenti nelle strutture assistenziali
SINTOMI: PRURITO INTENSO SPECIE NOTTURNO, TRONCO e/o ARTI
SCABBIA: controllo della trasmissione
Trattare adeguatamente gli effetti letterecci e la biancheria personale
a) Cambio lenzuola
b) Confezionamento lenzuola e oggetti in sacchetti per alcuni giorni
Organizzare un programma continuativo di sorveglianza
Terapia della SCABBIA
terapia topica con permetrina 5%
terapia topica con benzoato di benzile 25%
Terapia della PEDICULOSI
terapia tipica con permetrina (NIX crema)
shampoo con : piretrina (MOM)
encefalite giapponese
malattia di Lyme
dengue
leishmanios
febbre gialla
encefalite da zecche
peste, tripanosomiasi
La malaria
3 novembre 2011 - La Mal aria cos definita in seguito alla credenza che venisse contratta dai miasmi
malsani emanati dalle acque stagnanti delle paludi una grave malattia causata da protozoi parassiti trasmessi
alluomo da zanzare ad attivit crepuscolare-notturna del genere Anopheles.
Oggi la malaria endemica in vaste zone dellAsia, Africa, America latina e centrale, isole caraibiche e
Oceania, con circa 500 milioni di malati ogni anno e oltre un milione di morti, minacciando nel complesso
oltre il 40% della popolazione mondiale, soprattutto quella residente in Paesi poveri. Assieme alla tubercolosi
e allAids, la malaria oggi una delle principali emergenze sanitarie del pianeta. Oltre a essere endemica in
molte zone del pianeta, la malaria viene sempre pi frequentemente importata anche in zone dove stata
eliminata, grazie ai movimenti migratori, risultando in assoluto la prima malattia dimportazione, trasmessa da
vettori, in Europa e negli Usa.
Gli agenti patogeni e i loro vettori
I protozoi agenti eziologici della malaria umana sono 4, tutti appartenenti al genere Plasmodim: Plasmodium
falciparum, agente della cosiddetta terzana maligna, la forma pi grave che pu portare al decesso, P. vivax e
P. ovale, agenti di due forme di tersi a benigna, e P. malariae, agente della quartana. Un quinto plasmodio, P.
knowlesy, che ha come serbatoi alcuni primati, pu pi raramente causare anche una forma di quartana
benigna anche nelluomo.
La malaria si contrae in seguito alla puntura della femmina di una delle circa 60 specie diverse di zanzare
appartenenti al solo genere Anopheles, dopo che questa si a sua volta infettata suggendo il sangue da un
soggetto malarico. Prima che lAnofele diventi infettante, il plasmodio deve compiere un ciclo di sviluppo
allinterno della zanzara stessa, che pu durare da qualche giorno a qualche settimana, a seconda della specie
plasmodiale e soprattutto della temperatura ambiente.
Allinterno dellospite umano, il parassita (endocellulare) si modifica passando attraverso diversi stadi di
sviluppo e riuscendo a eludere le difese del sistema immunitario, localizzandosi prima nel fegato, dove invade
gli epatociti e si amplifica per schizogonia, quindi invadendo i globuli rossi, dove si riproduce nuovamente per
schizogonia, dando luogo a nuove generazioni di parassiti ogni 3 (terzana) o 4 (quartana) giorni. Dopo alcuni
cicli di sviluppo, il Plasmodio produce le forme sessuate (gametociti), il Plasmodio nuovamente pronto a
infettare una nuova zanzara.
Comparsa dei sintomi della malattia
La comparsa dei sintomi dipende da fattori diversi, i cui pi importanti sono la specie plasmodiale e la carica
infettante. In linea di massima, i sintomi della malaria da P. falciparum appaiono da 7 a 14 giorni dopo la
puntura da parte della zanzara infetta e sono di varia natura, (mal di testa, vomito, diarrea (sudorazioni e
tremori, ecc), comuni, almeno inizialmente, a quelli un influenza o ad altre infezioni, ma comunque sempre
accompagnati da febbre elevata. La malaria da P. falciparum arriva a essere letale distruggendo i globuli rossi
e quindi causando una forte anemia ma soprattutto ostruendo i capillari che irrorano il cervello (in questo caso
si tratta di malaria cerebrale) o altri organi vitali (in genere, ma non sempre, gli accessi febbrili si presentano
ciclicamente seguendo il ciclo stesso di riproduzione e moltiplicazione del parassita).
Le forme di malaria dovute agli altri parassiti sono decisamente meno gravi. I sintomi possono presentarsi
anche con qualche giorno di ritardo rispetto a P. falciparum, ma soprattutto P. viva e P. ovale possono dare
recidive a distanza di qualche mese dallattacco primario, per via di alcune forme che rimangono silenti nel
fegato (ipnozoiti) per periodi dipendenti dalla specie (soprattutto P. ovale pu riapparire dopo molti mesi) e dal
ceppo plasmodiale. P. malariae pu invece dare recrudescenze anche a distanza di anni, per via di forme che
rimangono vitali nel circolo ematico, evadendo le difese immunitarie e causando un nuovo accesso malarico
quando queste si abbassano per motivi diversi.
Dove si contrae la malaria
P. falciparum presente in tutte le aree a endemia malarica situate nella fascia tropicale e subtropicale, di 4
continenti, ma il rischio maggiore di contrarre questo plasmodio si corre nei Paesi dellAfrica sub-Sahariana,
in Papua-Nuova Guinea e in alcune isole del Pacifico orientale. La malaria da P. vivax predominante in
America Latina, e in molti Paesi Asiatici. Soprattutto P. vivax la sola specie presente in quelle aree a clima
temperato dove ancora persiste lendemia malarica (Medio oriente, Turchia, Nord Africa). P. ovale molto
comune in Africa occidentale, raro o assente negli altri continenti. La distribuzione di P. malariae si
sovrappone pi o meno a quella di P. falciparum, dove per presente come specie minoritaria.
Prevenzione
Ceppi di P. falciparum, e pi recentemente anche di P. vivax, resistenti ai pi comuni farmaci antimalarici si
sono selezionati in molte zone di endemia, soprattutto nel Sud-Est asiatico e in Africa Orientale. Sebbene
farmaci ancora pienamente efficaci siano disponibili sul mercato, non esiste un unico schema profilattico
applicabile dovunque; pertanto la profilassi idonea per chi si rechi in zona di endemia, va studiata caso per
caso, in base al Paese visitato, al tipo di viaggio e al tempo di permanenza. Sul fronte vaccini, la ricerca non ha
ancora prodotto un vaccino effettivo anche se esistono diversi possibili candidati su cui gli scienziati stanno
lavorando, soprattutto grazie al completamento della sequenza gnomica di Plasmodium spp.
Profilassi
Esistono per numerose misure di prevenzione e di profilassi a basso costo, che vengono promosse soprattutto
nei Paesi africani dalla Global Partnership Roll Back Malaria coordinata dallOrganizzazione mondiale della
sanit. Luso di zanzariere trattate con insetticidi e di trattamenti preventivi a intermittenza con farmaci
antimalarici pu significativamente ridurre lincidenza della malattia nelle zone endemiche, sia tra i bambini
che tra le donne in gravidanza, soggetti particolarmente vulnerabili.
Le donne incinte sono una categoria particolarmente a rischio. Quelle non immuni rischiano malattie cliniche
sia acute che gravi, con conseguenze che possono arrivare fino al 60% delle perdite del feto e oltre il 10%
delle morti materne. Le donne incinte semi-immuni che contraggono la malaria rischiano anemie gravi e
crescite fetali compromesse, anche se non mostrano sintomi di malattie severe. Circa 10 mila di queste donne
e 200 mila dei loro neonati muoiono ogni anno in seguito a infezione da malaria durante la gravidanza.
Una diagnosi accurata e precoce una delle chiavi per gestire in modo efficace la malattia. Attualmente la
pratica diagnostica si basa su due approcci: quello clinico che identifica i sintomi della malattia, e quello volto
a isolare e riconoscere lagente causale, utilizzando test immunocromatografici o, molto pi comunemente,
con osservazioni al microscopio. Una rapida risposta allinsorgenza, con trattamento farmacologico con i
farmaci pi recentemente sviluppati e dati in combinazione, in alternativa alle monoterapie tradizionali, pu
ridurre significativamente il numero di morti. Luso esteso e poco controllato di terapie a base di chinolina e di
antifolati ha contribuito ad aumentare lo sviluppo delle resistenze. Nellultima decade, un nuovo gruppo di
antimalarici, diversi composti combinati dellartemisinina (ATCs), stanno dando ottimi risultati terapeutici
anche nellarco di una settimana, con riduzione della presenza di plasmodio e quindi della sua capacit di
trasmissione e miglioramento dei sintomi.
Lo sforzo messo in atto dalla Global Partnership quello di adottare una strategia globale coordinata in tutte le
zone in cui la malattia endemica e in quelle a rischio, e di monitorare in modo efficace e continuo levolversi
della resistenza manifestata dal plasmodio, e le sue aree di diffusione. Gli effetti pi disastrosi della malaria si
hanno infatti nellevento epidemico in zone dove la popolazione non affatto immunizzata alla presenza
stabile del plasmodio e dove le strutture di risposta sono pi carenti.
I fattori che possono favorire lo sviluppo di una epidemia sono sia naturali, come una variazione climatica o
uninondazione, che antropici, come una guerra o lo sviluppo di opere agricole, di dighe, di miniere o
lincapacit di esercitare un controllo sulla zanzara, il vettore del plasmodio. Grandi movimenti migratori
interni a un continente favoriscono ancor pi lesposizione di popolazione vulnerabile al parassita. La
combinazione di fattori meteorologici, socioeconomici ed epidemiologici, sia a livello locale che globale, pu
permettere una previsione del rischio di epidemie, soprattutto se dovute a fattori antropici. Lo studio accurato
dei fenomeni epidemici del passato e la costruzione di una rete di monitoraggio e di un database per registrare
loccorrenza e la prevalenza della malaria nelle diverse zone diventano quindi importanti strumenti di
prevenzione.
anemia,
fegato o milza ingrossata,
Alcuni bambini con toxoplasmosi congenita presentano poi disturbi al cervello e al sistema nervoso causa di
attacchi epilettici, problemi nel tono muscolare, difficolt di alimentazione, perdita di udito e ritardo mentale.
C infine un alto rischio di danni agli occhi, in particolare alla retina (il rivestimento dietro allocchio
sensibile alla luce, responsabile della vista) che si manifesta con gravi problemi alla vista. Se un bambino
nasce con la toxoplasmopsi congenita e non viene curato durante linfanzia, manifester sempre qualche segno
di infezione (spesso danni agli occhi) dalla prima infanzia alladolescenza.
Toxoplasmosi in pazienti sani
Un soggetto sano che viene infettato dalla toxoplasmosi pu non manifestare sintomi o solo ghiandole gonfie
nel collo, senza particolari conseguenze.
Toxoplasmosi in pazienti
immunocompromessi
I soggetti il cui sistema
immunitario indebolito (ad esempio malati di AIDS, cancro, o sotto terapia di farmaci assunti dopo trapianti
di organo) sono invece in una condizione di forte rischio se infettati dal protozoo.
Soprattutto per i malati di AIDS, la toxoplasmosi potrebbe casusare encefalite toxoplasmica (un
infiammazione al cervello) con sintomi quali:
febbre,
attacchi,
emicrania,
psicosi,
problemi alla vista, al linguaggio, ai movimenti, alla capacit di pensiero.
Trasmissione
Si pu contrarre la toxoplasmosi:
toccando o venendo a contatto con le feci infette del gatto (i gatti prendono linfezione mangiando
roditori infetti, uccelli e altri piccoli animali),
mangiando carne cruda o non cotta bene che contaminata,
mangiando cibi crudi, frutta non lavata o verdure che sono state contaminate dal concime
Sebbene linfezione normalmente non si diffonda da persona a persona, ad eccezione della
gravidanza,in rari casi la toxoplasmosi pu essere trasmessa attraverso trasfusioni di sangue e organi
donati per trapianto.
Pericoli
I pericoli maggiori sono legati alla toxoplasmosi congenita ed in tutti casi di forte immunodepressione.
Durata
Nonostante i parassiti siano in grado di moltiplicarsi nel giro di una settimana nellorganismo ospite, i sintomi
possono manifestarsi fino a settimane o mesi dopo il contatto con il protozoo. Una volta contratta la
toxoplasmosi il microrganismo responsabile stazioner a vita nellorganismo, seppure in forma latente
(inattiva) non pi in grado di manifestare alcun tipo di sintomo. Solo in caso di episodi di immunodepressione
linfezione pu nuovamente ricomparire. In un bambino con sistema immunitario indebolito, la toxoplasmosi
congenita pu essere fatale.
Cura e terapia
A meno di sistema immunitario indebolito o gravidanza, non c bisogno di curare un infezione da
toxoplasmosi. I sintomi (principalmente le ghiandole gonfie) regrediscono in poche settimane o mesi. I
bambini dovrebbero comunque essere sempre visitati da un dottore, perch le ghiandole gonfie potrebbero
essere anche segno di unaltra malattia.
Se una donna
incinta manifesta uninfezione da toxoplasmosi, nel consulto con il medico e uno specialista di malattie
infettive si decider il piano di cure. Le ricerche hanno mostrato che curando la madre si pu aiutare a ridurre
la gravit della malattia nel bambino, ma non necessariamente prevenirla.
I bambini nati con una toxoplasmosi congenita vengono curati con una variet di farmaci anti-toxoplasmosi, di
solito per il primo anno successivo alla nascita.
In un
bambino pi grande, sano, che sviluppa una seria infezione da toxoplasmosi, la cura di norma dura dalle 4 alle
6 settimane (o almeno 2 settimane dopo che i sintomi sono scomparsi).
I bambini con
un sistema immunitario indebolito spesso hanno bisogno di essere ricoverati quando contraggono la
toxoplasmosi e quelli che hanno lAIDS possono aver bisogno di assumere farmaci anti-toxoplasmosi a vita.
Prevenzione
Se il gatto di casa vive sempre allinterno e non mai stato cibato con carne cruda o non cotta bene,
probabilmente ha un basso di rischio di contrarre o diffondere la toxoplasmosi. Tuttavia esiste la possibilit di
contrarla mangiando carne cruda o non cotta bene, o prodotti contaminati.
Per prevenire la
toxoplasmosi:
cuoci bene la carne,
lava le mani con sapone e acqua dopo aver toccato cibi crudi o verdure non lavate,
lava tutta la frutta e le verdure prima di servirla, sbucciarla unulteriore garanzia,
congela la carne per qualche giorno prima di cucinarla, perch aiuta a ridurre la probabilit di
toxoplasmosi,
lava bene i taglieri, gli altri utensili e le superfici della cucina (soprattutto quelle che vengono a
contatto con la carne cruda) con acqua calda saponata dopo ogni uso,
fai cuocere bene la carne,
se sei incinta fai cambiare la lettiera del tuo gatto a qualcunaltro. E chiedi a lui o lei di usare
detergente o acqua calda per pulirla e lavarsi bene le mani dopo averlo fatto. Se nessun altro pu
cambiare la lettiera, indossa dei guanti quando lo fai e lava bene le mani subito dopo,
tieni il tuo gatto sempre in casa per evitare che prenda la toxoplasmosi con gli escrementi,e/o piccoli
animali infetti che cerchi di prendere o mangiare,
tieni la sabbiera allaperto e coperta, per evitare che gatti vagabondi la usino come lettiera,
non dar da mangiare al tuo gatto carne cruda,
tieniti alla larga dai gatti randagi,
non prendere un nuovo gatto se sei incinta,
metti i guanti quando pratichi giardinaggio e lava le mani subito dopo,
usa delle zanzariere per evitare che entrino in casa gli insetti (le feci dei gatti sono il covo preferito di
mosche e blatte, e le zanzare potrebbero diffondere le feci, e di conseguenza la toxoplasmosi, sul cibo),
non bere acqua non depurata,soprattutto se stai viaggiando verso paesi sottosviluppati.
altre figure possono, per, contrarre, anche se meno frequentemente, una infezione in ospedale:
personale ospedaliero, personale volontario di assistenza, studenti, tirocinanti.
Per le infezioni nei neonati sono stati adottati criteri particolari: vengono, infatti, definite
comunitarie le infezioni acquisite per via transplacentare (es. Herpes simplex, rosolia,
toxoplasmosi, CMV e sifilide) ed insorte entro 48 ore dal parto. Vengono, invece, considerate
ospedaliere le infezioni acquisite durante il passaggio attraverso il canale del parto e le infezioni
che insorgono dopo 48 ore dalla nascita.
EPIDEMIOLOGIA
Aspetti di base
L'insorgenza di una infezione conseguenza della interazione tra un agente infettivo ed un ospite
suscettibile. Tale interazione pu verificarsi anche senza necessariamente dar luogo a malattia:
l'infezione insorge solo se si rompe l'equilibrio esistente per particolari caratteristiche del
microrganismo (patogenicit, virulenza, invasivit, dose infettante, variante antigenica, resistenza
al trattamento), per una condizione di maggiore suscettibilit dell'ospite oppure per particolari
modalit di trasmissione che fanno s che i microrganismi abbiano accesso diretto ad aree del
corpo normalmente sterili.
Si intende per serbatoio di infezione il luogo ove un determinato microrganismo riesce a
sopravvivere e in alcuni casi anche a moltiplicarsi.
Un ruolo centrale nella trasmissione delle infezioni svolto dalle mani del personale ospedaliero:
moltissimi microrganismi sia gram-positivi (S. aureus, S. epidermidis) che gram-negativi (E. coli,
Serratia, Enterobacter, Acinetobacter spp., Pseudomonas spp) sono in grado di colonizzare
temporaneamente o stabilmente le mani. Anche tutti i liquidi (farmaci, apparecchiature
contenenti liquidi ecc.) rappresentano un buon serbatoio per i microrganismi ed, in particolare,
per le Enterobacteriaceae, che per questo motivo sono molto frequentemente causa di infezioni
ospedaliere. Nel caso di gram-positivi, al contrario dei gram-negativi, il serbatoio e la fonte di
infezione sono in genere rappresentati dall'uomo (soggetti colonizzati o infetti).
L'ambiente ospedaliero (inteso come sistemi idrici, sistemi di ventilazione, superfici ambientali in
prossimit dei pazienti) gioca, al contrario di quanto si credesse alcuni anni fa, un ruolo nella
trasmissione solo di alcune ben determinate infezioni: alcune infezioni di origine comunitaria
(tubercolosi, varicella, morbillo che si trasmettono per via aerea), lo stafilococco aureo e lo
streptococco di gruppo A in sala operatoria, gli Aspergillus spp. (trasmessi per via aerea), la
Legionella (trasmessa attraverso i sistemi idrici e gli impianti di condizionamento dell'aria), il
Clostridium difficile, il virus dell'epatite B e il virus respiratorio sinciziale (per i quali stata
dimostrata una contaminazione ambientale in caso di epidemia).
I reparti nei quali si osserva una frequenza pi elevata di infezioni ospedaliere sono quelli che
ricoverano pazienti gravi e nei quali si effettuano interventi assistenziali invasivi: in particolare, i
reparti di terapia intensiva e i reparti chirurgici. Le infezioni segnalate a tale sistema di
sorveglianza rappresentano secondo alcune stime i due terzi di quelle realmente insorte: tali dati,
sono per utili per avere una idea di quali siano i reparti a maggior rischio di infezione
L'esposizione a procedure invasive rappresenta uno dei fattori di rischio pi forti per l'insorgenza
di complicanze infettive. Ci dovuto a: 1) accesso diretto dei microrganismi ad aree del corpo
normalmente sterili; 2) moltiplicazione dei microrganismi per le condizioni favorevoli che si
determinano (presenza di materiali plastici, di liquidi, creazione di nicchie ove i microrganismi
possono crescere); 3) contaminazione dei presidi stessi durante la produzione o al momento
dell'uso (mani del personale).
MICRORGANISMI RESPONSABILI DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE E ANTIBIOTICO-RESISTENZA
Uno dei fenomeni pi preoccupanti dell'epidemiologia delle infezioni ospedaliere a livello mondiale
rappresentato dall'emergenza e rapida disseminazione di microrganismi con resistenze
antibiotiche. I microrganismi pi problematici da questo punto di vista sono gli enterococchi, gli
stafilococchi meticillino-resistenti, i gram-negativi, la Candida e i micobatteri tubercolari
multiresistenti.
Enterococchi. Gli enterococchi sono noti per la rapida emergenza di resistenze a molti antibiotici,
quali gli aminoglicosidi, le penicilline e, pi recentemente, i glicopeptidi.
Stafilococchi meticillino-resistenti (MRSA). Introdotti in una struttura sanitaria da un paziente o un operatore
colonizzati (soprattutto a livello delle narici) o infetti.
Bacilli gram-negativi. - Candida. - Micobatterio tubercolare multiresistente.
EPIDEMOLOGIA E PROFILASSI DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE
quindici anni si sta assistendo a un calo di questo tipo di infezioni (insieme a quelle della ferita chirurgica) e a
un aumento delle batteriemie e delle polmoniti.
Laumento delle infezioni sistemiche la conseguenza di un graduale aumento dei fattori di rischio specifici,
in particolare luso abbondante di antibiotici e di cateterismi vascolari.
Per quanto riguarda i microrganismi coinvolti, variano nel tempo. Fino allinizio degli anni Ottanta, le
infezioni ospedaliere erano dovute principalmente a batteri gram-negativi (per esempio, E. coli e Klebsiella
pneumoniae). Poi, per effetto della pressione antibiotica e del maggiore utilizzo di presidi sanitari di materiale
plastico, sono aumentate le infezioni sostenute da gram-positivi (soprattutto Enterococchi e Stafilococcus
epidermidis) e quelle da miceti (soprattutto Candida), mentre sono diminuite quelle sostenute da gramnegativi.
La resistenza agli antibiotici
Tra i batteri gram-positivi, quelli con maggiore resistenza agli antibiotici sono Staphylococcus
aureus resistente alla meticillina (-oxacillina), gli pneumococchi resistenti ai beta-lattamici e multiresistenti,
gli enterococchi vancomicina-resistenti. Tra i gram-negativi, le resistenze principali sono le beta-lattamasi a
spettro allargato in Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli, Proteus mirabilis, la resistenza ad alto livello
alle cefalosporine di terza generazione tra le specie di Enterobacter e Citrobacter freundii, le multiresistenze
osservate in Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter eStenotrophomonas maltophilia.
Inoltre, a partire dal 1988 sono state segnalate negli Stati Uniti numerose epidemie di tubercolosi
multiresistente in ospedale fra pazienti sieropositivi. Negli anni Novanta segnalazioni simili sono state
riportate anche in Europa (Italia, Gran Bretagna, Francia, Spagna), tutte accomunate da una letalit
elevatissima (72-90%), da un intervallo breve tra esposizione e sviluppo della malattia e tra diagnosi e
decesso. La tubercolosi multiresistente rappresenta un rischio consistente per gli operatori sanitari.
Prevenzione
Non tutte le infezioni correlate allassistenza sono prevenibili: , quindi, opportuno sorvegliare selettivamente
quelle che sono attribuibili a problemi nella qualit dellassistenza. In genere, si possono prevenire le
infezioni associate a determinate procedure, attraverso una riduzione delle procedure non necessarie, la scelta
di presidi pi sicuri, ladozione di misure di assistenza al paziente che garantiscano condizioni asettiche.
Le Ica hanno un costo sia in termini di salute che economici, sia per il paziente che per la struttura. Da qui la
necessit di adottare pratiche assistenziali sicure, in grado di prevenire o controllare la trasmissione di
infezioni sia in ospedale che in tutte le strutture sanitarie non ospedaliere. Occorre cio pianificare e attuare
programmi di controllo a diversi livelli (nazionale, regionale, locale), per garantire la messa in opera di quelle
misure che si sono dimostrate efficaci nel ridurre al minimo il rischio di complicanze infettive.
IGIENE: si occupa dei problemi inerenti la difesa e la promozione della salute individuale e collettiva. Essa
studia i fattori condizionanti lo stato di salute (FATTORI DI RISCHIO e FATTORI PROTETTIVI) e concorre
con altre discipline ad individuare gli strumenti per
Modificare opportunamente lambiente
Aumentare le capacit di resistenza dellorganismo allazione delle cause offensive esterne
Prevenzione PRIMARIA
Informare, formare ed educare
Se necessario: obbligare, proibire
Contrastare lazione dellambiente di vita e di lavoro degli agenti eziologici e dei fattori di rischio
Favorire la realizzazione di favorevoli condizioni ambientali, culturali, sociali ed economiche
Identificare i soggetti con comportamenti a rischio
PREVENZIONE
PREVENZIONE
PRIMARIA
SECONDARIA
Malati asintomatici
Diagnosi
TERAPIA
PATOLOGIA CRONICA-DEGENERATIVA
Ambientali,comportamentali,
multipli,aspecifici,
in genere ad azione lenta
Per lo pi lunga(anni o decenni)
Spesso subdolo e lento
Cronico
Sfavorevole (in genere)
Allunga il decorso (pi malati)
Le malattie cardiovascolari
Sono responsabili di un terzo delle morti a livello mondiale e rappresentano la principale causa di morte
nei Paesi sviluppati.
In Italia nel 1990 le malattie cardiovascolari sono state responsabili di oltre il 43% della mortalit
generale. Tuttavia, nel corso degli ultimi decenni, la mortalit notevolmente diminuita
Dal punto di vista epidemiologico, attualmente, rivestono grande importanza:
la cardiopatia ischemica,
lipertensione arteriosa
le malattie circolatorie dellencefalo (ictus cerebrale).
Nonostante landamento in discesa della mortalit quindi, la patologia cardiovascolare tuttora un
rilevante problema sanitario e sociale, sia in termini di spesa sanitaria che in termini di disabilit e
bisogno di assistenza.
Cardiopatia ischemica (C.I.)
E linsufficienza cardiaca, acuta o cronica, derivante dalla riduzione o arresto dellapporto
di sangue al miocardio, in associazione con processi patologici nel sistema delle arterie
coronariche.
La riduzione dellapporto ematico , nella maggior parte dei casi, conseguenza delle lesioni
aterosclerotiche insorte nel corso degli anni per il depositarsi dei grassi e il restringimento progressivo del
lume vasale.
La presenza dellateroma, la formazione di un trombo a livello della placca ateromasica calcificata o
ulcerata, oppure uno spasmo, potrebbero dar luogo allocclusione repentina del vaso, con stato ischemico
e conseguente infarto del miocardio.
Epidemiologia delle C.I.
Le manifestazioni cliniche pi tipiche delle C.I. sono:
Angina pectoris;
Infarto del miocardio;
Morte improvvisa (da pochi minuti fino a 24 ore
dallinsorgenza della sintomatologia acuta);
Scompenso cardiaco e aritmie non mortali (pi
frequenti nelle persone anziane)
Nei paesi in
via di sviluppo
Numerosi studi epidemiologici negli anni hanno portato a delineare linsieme dei fattori di rischio, capaci
di mettere in relazione la prevalenza della C.I. in varie popolazioni e il loro
ambiente di vita.
I fattori di rischio
let
il sesso
la storia familiare positiva per la malattia coronarica
la predisposizione genetica
lobesit
lipertensione
lipercolesterolemia
Sono distinti in:
Prevenzione
primaria
Prevenzione
Secondaria
Ipertensione arteriosa
Gli studi epidemiologici sullipertensione presentano notevoli difficolt perch i valori di pressione arteriosa
non sono costanti ma variano in rapporto a molteplici fattori:
la posizione in corso di determinazione,
lattivit fisica,
le condizioni psicologiche e fisiche,
lorario della determinazione (bioritmo)
latteggiamento di chi effettua il rilevamento
Ipertensione arteriosa In condizioni standard le uniche variabili sono rappresentate dallet e dal sesso. In
tutte le popolazioni, con lavanzare dellet, aumenta la prevalenza dellipertensione.
In Italia lipertensione responsabile del 6,3% della mortalit per malattie cardiovascolari.
Prevenzione:
PREVENZIONE PRIMARIA : Si
principalmente nel contenere il consumo di NaCl, nel mantenere il peso forma e nel limitare il consumodi
alcool.
PREVENZIONE SECONDARIA: Si
a tutti i soggetti con valori maggiori di quelli soglia. Ci realizzabile negli individui con ipertensione grave
(piccola quota di ipertesi) ma leffetto epidemiologico minimo. prioritaria, pertanto, lidentificazione degli
individui asintomatici.
Ictus cerebrale
la manifestazione clinica fondamentale della malattia cerebrovascolare e si manifesta con segni clinici, a
rapido sviluppo, di turbe delle funzioni cerebrali di tipo focale o globale, della durata di oltre 24 ore o che
portano a morte.
Si distingue in due tipi:
su base emorragica (15%)
su base ischemica (85%) (tromboembolica)
Le cause delle lesioni vascolari, in rapporto alla sede, sono rappresentate:
dallemorragia subaracnoidea (deriva da anomalie vascolari
o da aneurismi congeniti),
dallemorragia cerebrale (consegue a microaneurismi
acquisiti)
dallinfarto cerebrale (la cui causa una una
tromboembolia originata da placche ateromatose delle grosse e
medie arterie)
Lictus rappresenta in Italia, come in gran parte dei paesi industrializzati, la terza causa di morte dopo i tumori
e le cardiopatie ischemiche, rappresentando l11-13% delle morti totali. Esso inoltre la pi importante causa
di invalidit nelle comunit occidentali.
La mortalit pi elevata nei maschi in tutti i gruppi di et ma lincidenza dellictus aumenta in modo
esponenziale in entrambi i sessi, con laumentare dellet, tanto che 3 episodi di ictus su 4 colpiscono persone
di et maggiore di 65 anni.
I fattori di rischio
LIPERTENSIONE ritenuta il principale fattore di rischio dellictus cerebrale.
Altri fattori importanti sono:
il fumo di sigaretta;
il diabete;
lalcool;
liperomocistinemia.
PREVENZIONE PRIMARIA: Si realizza con la scelta di uno stile di vita che eviti laumento dei
DIABETE
lobesit,
la sedentariet,
il genotipo.
3) Associato ad altra patologia- In queste forme cliniche lintolleranza al glucosio sempre secondaria ad
altre cause ben accertate.
4) Diabete gestazionale- Si manifesta nelle donne con insorgenza del diabete o della ridotta tolleranza al
glucosio limitatamente al periodo della gravidanza
La prevenzione
Diabete non insulino-dipendente
La prevenzione della malattia diabetica pu essere effettuata efficacemente dal momento che il
fattore ereditario non viene attivato alla nascita, ma solo dopo lintervento degli altri fattori
di rischio, che abitualmente fanno sentire i loro effetti nellet adulta.
Diabete insulino-dipendente
La prevenzione allo stato attuale fuori dalle nostre possibilit.
TUMORI
Con il termine TUMORE (o CANCRO) sono indicate malattie che, che, pur pur avendo avendo in
in comune comune alcune alcune caratteristiche caratteristiche biologiche, biologiche, che sono
diversissime tra loro per cause determinanti sintomatologia sintomatologia e e per per i i mezzi
mezzi di di diagnosi diagnosi e e di di cura. cura.
Nella maggior parte dei casi si presenta :
*Insorgenza non improvvisa, si presenta in modo subdolo con decorso lento
*Non compare senza cause
*Pu guarire e questo avviene tanto pi facilmente quando la diagnosi precoce
*Pu portare a volte alla morte.
NEI PAESI SVILUPPATI I
TUMORI RAPPRESENTANO
OGGI
TASSI DI MORTALITA'
1. Sesso
2. Razza
3. Ereditariet
4. Progressi stati morbosi
ESTERNI
A. comportamentali
1. Fumo di tabacco
2. Alcool
3. Regimi dietetici (alimentazione e dieta)
4. Comportamenti sessuali
B. ambiente di vita
1. Inquinamento atmosferico(radiazioni naturali)
2. Inquinamento delle acque, del suolo, degli alimenti
3. Fattori iatrogeni
C. ambiente di lavoro
1.
2.
Radiazioni diagnostiche
PREVENZIONE PRIMARIA
PREVENZIONE SECONDARIA
Presenza di tosse e catarro per almeno 3 mesi allanno o per almeno 2 anni consecutivi;
Assenza di altre particolari malattie suppurative croniche in siti circoscritti dei bronchi (bronchiectasie);
Ostruzione bronchiale che caratterizza, per, altre B.P.C.O
Si distinguono almeno tre forme di bronchite cronica:
Bronchite cronica semplice
Caratterizzata da
periodico e cronico
aumento delle secrezioni e
produzione di espettorato
Bronchite cronica
mucopurulenta
Caratterizzata da escreato
mucopurulento, senza una
particolare alterazione
broncopolmonare
Prevenzione
Prevenzione primaria
Inquinamento
dell'aria
Si considera inquinata un'aria che abbia una composizione chimica diversa da quella media determinata su campioni
prelevati in zone lontane da ogni fonte di inquinamento (v. tab. I). I principali agenti inquinanti presenti nell'aria sono le
polveri (o materiali particellati) e alcuni gas quali il diossido di zolfo, il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto e
alcuni idrocarburi. Le polveri di origine artificiale (da combustioni, da lavorazioni meccaniche nell'industria e
nell'agricoltura, ecc.) si aggiungono a quelle gi presenti naturalmente (ceneri prodotte da eruzioni di vulcani o da
incendi di foreste, spruzzi vaporizzati di acqua marina, ecc.). Le particelle con diametro minore sono trattenute in aria
per molto tempo e in parte trascinate da correnti ascensionali fino alla stratosfera. Tra queste polveri ve ne sono anche di
quelle contenenti nuclidi radioattivi prodotti nelle esplosioni nucleari eseguite nell'atmosfera.
L'atmosfera depurata dalle particelle in sospensione per sedimentazione, nel caso delle pi grosse, per azione della
pioggia, nel caso di quelle minori; le particelle, infatti, funzionano, ad alta quota, come centri di cristallizzazione per il
vapor acqueo e sono poi trascinate gi dalla pioggia. A bassa quota le polveri sottili in sospensione nell'aria, come i fumi
(smoke), funzionando da centri di condensazione, danno luogo a goccioline d'acqua in sospensione formanti nebbia
(fog); ne risultano delle nebbie scure e contaminanti indicate con il termine smog (formato per fusione delle due
predette
parole).
Sia queste nebbie sia quelle comuni divengono pi nocive quando disciolgono gas inquinanti, perch ne aumentano la
concentrazione e la tossicit; il caso pi frequente si ha con il diossido di zolfo, che inoltre, in tali condizioni, si ossida
facilmente a triossido di zolfo (anidride solforica), formando quindi acido solforico, sostanza particolarmente corrosiva.
Viceversa, anche brezze locali deboli consentono efficaci diluizioni delle sostanze inquinanti. Pertanto, per prevedere
l'inquinamento che risulter dall'immissione nell'aria di una data quantit di gas o di fumo, occorre conoscere i dati
meteorologici locali. Essi si debbono per determinare a bassa quota e considerando anche l'influenza di ostacoli ai moti
dell'aria; tale micrometeorologia si differenzia dalla meteorologia comune che, per la previsione del tempo, si interessa
di venti in quota e del moto di grandi masse d'aria.
Un primo problema nell'esame dell'inquinamento dell'aria l'individuazione delle principali fonti di inquinamento e di
quelle
sostanze
che
possono
essere
prese
come
indici
per
la
loro
valutazione.
Attualmente si considerano tre tipi di fonti: gli impianti per il riscaldamento domestico e le centrali termiche, gli
autoveicoli
con
motore
a
scoppio
e
Diesel
e
le
industrie.
Per gli impianti termici generalmente si considerano come indici le concentrazioni del diossido di zolfo, delle ceneri e
della fuliggine (polveri); per gli autoveicoli quelle del monossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti; per le
industrie, pur essendo gli agenti inquinanti i pi vari, poich tra questi il diossido di zolfo e le polveri sono
quantitativamente prevalenti, le loro concentrazioni possono essere usate come indici nel caso di grandi zone industriali
l grande apporto che gli impianti per il riscaldamento domestico recano all'inquinamento urbano dimostrato dalle
maggiori concentrazioni di fuliggini e soprattutto di diossido di zolfo che si riscontrano nell'aria urbana nei mesi in cui
si effettua il riscaldamento.
L'inquinamento dovuto agli autoveicoli nelle citt notevole e particolarmente dannoso alla popolazione, perch esso
prodotto nelle vie a livello del suolo, dove il ricambio dell'aria generalmente lento, e soprattutto perch, per i frequenti
e improvvisi ingorghi del traffico, si possono raggiungere forti concentrazioni locali di monossido di carbonio e di
prodotti vari derivati dall'incompleta combustione del carburante.
Quanto infine agli inquinamenti di origine industriale, essi sono costituiti da un gruppo assai eterogeneo di sostanze che
devono essere trattate caso per caso ai fini del controllo e dell'abbattimento, ma che debbono essere esaminate assieme
quando si affronta il problema dell'ubicazione delle nuove zone industriali o residenziali.
Valutazione delle conseguenze dell'inquinamento atmosferico
Danni alla salute. - In passato furono gli effetti tossici acuti sull'uomo che richiamarono l'attenzione delle autorit e
dell'opinione pubblica sui problemi dell'inquinamento atmosferico; attualmente, invece, i lontani episodi della valle
della Mosa (1-5 dicembre del 1930, con 20 morti), di Donora (Pennsylvania, 26-30 ottobre del 1948, con 20 morti), ecc.
rappresentano dei casi limite che ormai potrebbero difficilmente ripetersi, essendo le zone industrializzate sotto
controllo, almeno preventivo, specie quelle in localit meteorologicamente sfavorite. Ripetibili, sia pure in scala ridotta,
sono invece quei periodi di inquinamento con effetti subacuti, come quello di Londra del 1952, in cui i disturbi, pur
essendo meno vistosi, furono considerati la causa di un eccesso di mortalit di circa 3.500 persone, prevalentemente
malati cronici alle vie respiratorie o di cuore.
Attualmente sono i portatori di malattie come la bronchite cronica, l'enfisema e altre affezioni delle vie respiratorie che
subiscono il danno maggiore dell'inquinamento atmosferico urbano, specie se congiunto a condizioni meteorologiche
sfavorevoli. ancora difficile dimostrare la correlazione tra inquinamenti e malattie del tipo suddetto in quelle citt
dove le condizioni di inquinamento sono meno gravi, soprattutto perch prevalgono in molti individui i danni similari
conseguenti al fumo del tabacco; stato dimostrato che vi sinergismo tra le cause, cio l'effetto complessivo
maggiore della somma delle due. Pi semplici, e quindi pi numerose, sono le indagini sperimentali su animali, per
studiare le concentrazioni massime consentibili e anche per comprendere il meccanismo d'azione biochimico dei vari
inquinanti.
Danni ai materiali. - Occorre distinguere tra danni specifici prodotti da una sostanza che inquina l'aria nelle vicinanze
di un dato tipo di industria e danni generici causati in vaste zone dall'inquinamento complessivo prodotto da centri
industriali e urbani. Nel primo caso il problema di solito pi facilmente risolvibile con la prevenzione
dell'inquinamento, in quanto questo ha dimensioni limitate, e comunque anche i danni sono piccoli nel complesso
dell'economia. Nel secondo caso, invece, che quello generale, i danni sono assai pi vasti e la loro riduzione
necessariamente lenta; infatti, si tratta in prevalenza dell'azione del diossido di zolfo, di polvere e di fuliggine,
inquinanti che, come gi detto, non possono ancora essere completamente abbattuti in tutte le loro fonti.
Tali danni si manifestano come corrosione di molti materiali, specialmente metallici; l'azione corrosiva del diossido di
zolfo e dell'acido solforico che da esso deriva maggiore in presenza di materiale particellato che accelera questa
trasformazione. Ma anche la polvere e la fuliggine, da sole, insudiciando i materiali, portano a un loro deprezzamento e
rendono necessarie ripuliture pi frequenti che spesso ne accelerano l'usura, come nel caso dei tessuti.
e) Risultati acquisiti e previsioni nella lotta contro l'inquinamento atmosferico
Per valutare l'incidenza dei risultati acquisiti e fare qualche previsione per il futuro, occorre esaminare la situazione di
paesi nei quali l'intervento attivo nella lotta contro l'inquinamento atmosferico operante da oltre un decennio, come il
caso della Gran Bretagna. Qui infatti il primo Clean air act divenne legge nel 1956 e inoltre vi sono ampi dati sulle
emissioni e sufficienti misure dell'inquinamento, fin da prima dell'applicazione di tale legge. Dal raffronto risulta, dopo
la predetta data, una costante diminuzione dell'inquinamento da fumi e da diossido di zolfo nonostante che la
popolazione sia aumentata nel frattempo del 10% e la produzione di energia abbia avuto un incremento annuo del 17%;
a tali miglioramenti medi contribuiscono successi locali maggiori o minori, su cui influiscono molte cause. La
conclusione fondamentale che l'aumento dei consumi ancora compatibile con una riduzione dell'inquinamento
atmosferico, purch vengano presi efficaci provvedimenti amministrativi e tecnici. Come gi vi sono state le
trasformazioni profonde di alcune attivit, quale il passaggio, nelle ferrovie, dalla trazione a vapore a quelle Diesel ed
elettrica, anche per il futuro sono prevedibili cambiamenti profondi, come il prevalere, nella costruzione delle nuove
centrali termoelettriche, del tipo a energia nucleare su quello a combustibile convenzionale. Quest'ultima sostituzione
consentir anche di contenere l'aumento annuale dell'emissione di diossido di carbonio che, essendo solo lentamente
assorbito dagli oceani o fissato nel suolo come carbonato e non potendo essere assorbito dalle piante verdi, attraverso la
fotosintesi clorofilliana, in misura maggiore dell'attuale, va annualmente aumentando di concentrazione nell'atmosfera
(dal 1945 al 1970 di circa il 5%, raggiungendo le 320 ppm). Anche se ci non si ritiene possa per ora provocare danni,
un ulteriore aumento porterebbe a un corrispondente innalzamento della temperatura media terrestre. Tale effetto
globale sembra tuttavia destinato a essere pi che neutralizzato da un effetto inverso prodotto dall'aumento del
contenuto in polveri dell'atmosfera, che, diminuendo la trasparenza di questa, riduce l'irradiazione solare della Terra.
4.Inquinamento del suolo da rifiuti solidi
In passato i rifiuti solidi connessi con i consumi urbani erano in prevalenza biodegradabili e il loro utilizzo come
fertilizzanti era facilitato dalla vicinanza dei terreni agricoli. Attualmente invece, con l'aumento dell'uso di prodotti
industriali (carta, plastica, vetro, ecc.), la composizione chimica dei rifiuti assai variata ed essi non sono pi utilizzabili
come concimi senza una cernita. In generale, per, si trova ora pi conveniente bruciarli in impianti inceneritori, che si
autoalimentano come sorgente di calore e che anzi in alcuni modelli forniscono energia termica da utilizzare. Essi sono
forniti di adeguati sistemi di depurazione dei fumi, in modo da non provocare inquinamenti atmosferici; un particolare
problema rappresentato dalla combustione del cloruro di polivinile (tipo di plastica ora molto diffuso), che bruciando
d luogo ad acido cloridrico gassoso.
Una soluzione intermedia che forma oggetto di studio il cosiddetto compostaggio, costituito da parziale degradazione,
per combustione, dei residui solidi e loro utilizzazione come fertilizzante in agricoltura.
5.Altri inquinamenti
a) Inquinamento termico delle acque
Un aspetto particolare della contaminazione ambientale l'inquinamento termico, causato dall'impiego dell'acqua dei
fiumi e dei laghi per il raffreddamento di condensatori in centrali termiche e nucleari. In queste condizioni, infatti, si
provoca un innalzamento, sia pure lieve, della temperatura del fiume o del lago.
Tale variazione di temperatura pu indurre, in un corso d'acqua, un'alterazione degli equilibri ecologici, di cui non
spesso possibile valutare a priori le conseguenze; queste sono ancora pi gravi nei laghi, dove il prendere l'acqua pi
fredda negli strati pi bassi, restituendola quindi alla superficie del lago a una temperatura pi alta, pu provocare un
aumento della velocit di ricambio degli strati inferiori dell'acqua, che, insieme alla contaminazione termica, pu
causare un profondo rivolgimento degli equilibri limnici
Particolari sistemi di osservazione e di rilevamento a raggi infrarossi consentono di stabilire con esattezza, anche
operando a bordo di un aereo, i limiti e l'intensit dell'inquinamento termico.
Attualmente la necessit di limitare la contaminazione termica delle acque sta creando ulteriori difficolt alla
pianificazione degli insediamenti di centrali elettriche, sia termiche sia nucleari, specie in zone altamente popolate e
industrializzate, come per esempio nel bacino del Reno.
b) Inquinamento sonoro dell'ambiente
La produzione catena alimentare - come il cibo viene contaminato
Produzione
Produzione significa crescere le piante che raccolgono o alzando gli animali che usiamo per il cibo. Maggior parte degli
alimenti proviene da animali domestici e piante, e la loro produzione avviene in aziende agricole o ranch. Alcuni
alimenti vengono catturati o raccolti in natura, come alcuni pesci, funghi e selvaggina.
Molti inquinanti si accumulano lungo la catena alimentare
Esempi di contaminazione in produzione
Se gli organi riproduttivi di gallina sono infetti, il tuorlo di un uovo possono essere contaminati nella gallina
prima ancora di averla prevista.
Se i campi vengono irrorati con acqua contaminata per l'irrigazione, frutta e verdura possono essere contaminati
prima del raccolto.
Fish in alcune barriere tropicali pu acquisire una tossina da parte delle creature marine pi piccole che
mangiano.
Elaborazione
Elaborazione significa cambiare piante o animali in ci che noi riconosciamo e acquistare il cibo.Trattamento comporta
fasi diverse per diversi tipi di alimenti. Per la produzione, il trattamento pu essere semplice come pulizia e la cernita, o
pu coinvolgere rifilatura, affettatura, o triturazione e insaccamento. Il latte viene di solito trattati con pastorizzazione
che, a volte viene trasformato in formaggio. Frutta a guscio pu essere arrostito, tagliato, o terra (ad esempio con burro
di arachidi). Per gli animali, il primo passo del trattamento la macellazione. Carne e pollame possono poi essere
tagliato in pezzi o di terra. Essi possono inoltre essere affumicati, cotti o congelati e possono essere combinati con altri
ingredienti per fare una salsiccia o antipasto, come un potpie.
Interferenti endocrini
Gli studi tossicologici indicano che l'esposizione a livelli bassi di diossine durante i periodi cruciali dello sviluppo pu
indurre danni permanenti alla salute. Finora tuttavia, erano noti solo i meccanismi d'azione anti estrogenica delle
diossine, che determinano gli effetti - osservati sperimentalmente e sospettati clinicamente sul ciclo riproduttivo
femminile (in particolare,disturbi dell'ovulazione e infertilit).
Restavano per inspiegati, a livello molecolare, gli effetti a carico dell'apparato riproduttivo maschile, come il calo
della fertilit, o le malformazioni. Soprattutto, restava da chiarire l'origine delle manifestazioni pi fortemente associate
all'esposizione a diossine, come i disturbi della funzione immunitaria, alcuni tumori.
Per tutelare la salute pubblica pi importante controllare la quantit di diossine emesse giornalmente da un
Ambiente e salute
Fonti di inquinamento atmosferico
Lavorazioni industriali
Impianti termici
Traffico veicolare
Contaminanti atmosferici
Ossidi di zolfo (SO2 SO3)
Prodotto legato alla presenza di zolfo nei combustibili
Azione irritante sulle mucose
Ossidi di azoto (NO, NO2)
Traffico veicolare
Azione irritante sulle mucose
Contaminanti atmosferici
Monossido di carbonio (CO)
Prodotto della incompleta combustione
Intossicazione acuta (coma, morte)
Intossicazione cronica (cefalea, astenia,vertigini)
Ozono (O)
Prodotto della ossidazione fotochimica
Azione irritante sulle mucose
Polveri
Fognature
Fognatura dinamica
Sistema unitario (insieme acque nere e
bianche)
Separato (per acque nere e bianche)
Misto (scaricatori di piena)
Fognatura statica (pozzo nero)
Approvvigionamento idrico
Requisiti di potabilit
Sistemi di potabilizzazione
colore
odore
sapore
torbidit
Caratteri fisici
temperatura
conducibilit elettrica
pHRequisiti di potabilit (2)
Caratteri chimici
Valutazione del grado di mineralizzazione
Alcalinit totale
Residuo fisso (<1500 mg/l a 180)
Durezza temporanea (bicarbonati di Ca e Mg) e permanente (cloruri, nitrati, solfati, ecc. di Ca e Mg)
Solfati, Cloruri, Na e K, Fe
Indici di inquinamento organico
COD (Chemical Oxygen Demand, sostanze organiche ossidabili)
Prodotti della degradazione di sostanze organiche: ammoniaca, nitriti, nitrati, fosfati, H2 S, detergenti
Parametri chimici tossici
piombo, mercurio, arsenico, pesticidi, IPARequisiti di potabilit (3)
Caratteri batteriologici
Carica batterica totale (a 36 C e 22 C, rispettivamente <10 e <100 colonie per ml di acqua)
Indicatori di contaminazione fecale
Coliformi totali e fecali
Streptococchi fecali (inquinamento recente)
Clostridi solfito-riduttori (inquinamento remoto)
Sistemi di potabilizzazione
Correzione dei caratteri fisico-organolettici
Correzione dei caratteri chimici (durezza)
Correzione dei caratteri batteriologici
Filtrazione, UV, (calore)
Ozono, cloro
Clorazione
Clorazione semplice
clororichiesta: quantit minima di cloro richiesta dallacqua per realizzare lazione microbicida e la formazione di
clororesiduo attivo
si misura aggiungendo a campioni di acqua di egual volume dosi scalari di cloro (0,2 - 0,4 0,6 - 0,8 - 1,0 mg/l) e valutando il clororesiduo attivo con la colorazione allortotolidina
Leccessivo calore prodotto viene smaltito quasi esclusivamente per via cutanea
attraverso vari meccanismi fisiologici:
Conduzione-Convenzione
Il corpo cede calore a tutto ci cui strettamente a contatto: vestiti, aria che ci circonda; questultima a sua volta
riscaldandosi va verso lalto richiamando altra aria pi fresca che a sua volta viene riscaldata e cos via. evidente che
se la temperatura dellaria elevata questo meccanismo si annulla, potendo cos diventare negativo e indurre un
riscaldamento nella cute (superando i 30-32 C di T ambientale). Con questo meccanismo il corpo cede dal 25 al 30%
del calore.
Irraggiamento
Il corpo umano in grado di emanare calore mediante onde elettromagnetiche trasferendo cos energia termica verso
corpi pi freddi (pareti, mobili, etc). Con questo meccanismo si riesce ad eliminare il 45-50% di tutto il calore prodotto.
Anche questo meccanismo risente per dello stato termico degli oggetti circostanti: in presenza di forti
fonti di calore (caldaie, forni di fonderie, etc), lirraggiamento pu diventare negativo, cio il corpo pu surriscaldarsi
per lelevato calore proveniente da queste fonti.
Evaporazione
Consiste nel passaggio dellacqua dallo stato liquido a quello gassoso (1 gr. dacqua evaporato a 30 C sottrae al corpo
0,58 Kcal.)
Levaporazione interviene quando la temperatura ambiente raggiunge i 35 C, quando cio viene a cessare la
termodispersione con le modalit della conduzione-convezione e dellirragiamento.
un meccanismo che avviene attraverso queste tre modalit fisiologiche: lespirazione, la perspiratio insensibilis (in
riposo ed a temperatura bassa), la sudorazione (nel lavoro muscolare e a temperatura elevata).
- Espirazione: si verifica durante la normale respirazione quando laria inspirata di temperatura inferiore a quella
corporea, mentre laria espirata abbandona i polmoni con una temperatura di 33-34 C ed una saturazione in vapore
dacqua al 100%.
- Perspiratio Insensibilis: consiste nella evaporazione costante ed autonoma dalla pelle e dalle mucose che si svolge
indipendentemente dalla funzione delle ghiandole sudoripare. Questo meccanismo comporta una scarsa ma persistente
evaporazione dalla superficie cutanea: essa fa perdere in media nel corso di unora 25 gr di acqua, con una sottrazione di
14,5 Kcal/ora.
- Sudorazione: con la sudorazione invece si pu avere facilmente la perdita di 1 litro
di sudore per ora. Essa entra in gioco nel momento in cui la produzione calorica (lavoro fisico in ambiente caldo),
supera la perdita delle precedenti modalit di termodispersione.
Quanto pi laria ambiente satura di umidit tanto minore levaporazione; tanto pi
elevata la velocit dellaria tanto pi essa favorita.
Levaporazione interviene nella misura del 20-30% della quota globale di calore che
lorganismo pu disperde
La situazione termica di un organismo pu quindi essere rappresentata mediante la
sua equazione di bilancio termico (BT) che, nella sua forma semplificata, viene espressa nel seguente modo:
BT=M C R E (*)
(*) dove:
M= calore metabolico prodotto dallorganismo. Pu essere distinto nelle due componenti: metabolismo basale e
dispendio energetico associato alla specifica attivit lavorativa.
C= quantit di calore scambiata per CONVEZIONE-CONDUZIONE
R= quantit di calore scambiata per IRRAGGIAMENTO.
E= quantit di calore dissipata attraverso lEVAPORAZIONE del sudore.
Il calore metabolico M sempre e soltanto positivo, quello di evaporazione sempre negativo, mentre il calore di
convezione C e quello di irraggiamento R possono
essere alternativamente di segno + o a seconda che gli scambi termici siano rispettivamente diretti dallambiente
alluomo o viceversa. Trascurabile la quantit di calore
scambiate per conduzione.
Quando il bilancio termico uguale a zero (BT=0) si ha la condizione ideale di omeotermia, cio la stabilit
dellequilibrio termico.
Se il bilancio termico supera lo zero (BT>0) la temperatura corporea aumenta; se il bilancio termico inferiore a zero
essere segnalato.
Se sono utilizzati impianti di condizionamento dellaria o di ventilazione meccanica,
essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti daria
fastidiose e/o dirette.
Gli impianti di condizionamento devono garantire:
un effettivo ricambio di aria in termini di volume;
limmisione di aria pura nellambiente di lavoro;
una disposizione delle bocche di immissione dellaria esterna e di quelle di
ripresa, tale da evitare qualsiasi contaminazione.
Per quanto riguarda un effettivo ricambio di aria nei posti di lavoro necessario
disporre di molte bocche di immissione ad esempio mediante controsoffittature forate. Le bocchette di ripresa devono
essere dotate di un sistema aspirante e disposte in
modo tale da garantire un effettivo ricambio dellaria ambientale (per es. in basso in
prossimit del pavimento). Infine, le prese daria esterne devono essere localizzate lontano da possibili fonti di
inquinamento (per es. lontano dalla superficie stradale) e dotate di un sistema filtrante.
La manutenzione sugli impianti deve essere tale da poterne garantire la conservazione di questi nelle migliori condizioni
di pulizia ed efficienza. In ambienti tipo ufficio
i filtri vanno puliti ogni sei mesi.
Misura delle caratteristiche fisiche del microclima
abbastanza facile al giorno doggi poter misurare le variabili del microclima sia singolarmente che in modo integrato.
La temperatura si misura mediante comuni termometri ad alcool o a mercurio.
La ventilazione mediante anemometri a filo caldo.
Per lumidit comune luso di igrometri o di un sistema a doppio termometro, il bulbo
di uno tenuto umido.
Per il calore radiante viene utilizzato il globo termometro ( costituito da un termometro a mercurio che incorporato in
una sfera di rame annerita).
Sistemi elettronici pi moderni e completi (centraline microclimatiche) consentono il
rilievo contemporaneo dei vari parametri e lintegrazione dei vari valori anche nel tempo.
In molti articoli di varie leggi e decreti sono comunque date delle indicazioni generiche circa le caratteristiche del
microclima negli ambienti di lavoro
Art. 2087 cod.civ. Obbligo per il datore di lavoro di adottare le misure che, secondo la particolarit del lavoro,
lesperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare lintegrit fisica e la personalit morale dei lavoratori
Art. 10 Legge 864/70 Nei locali utilizzati dai lavoratori deve essere mantenuta la temperatura pi confortevole e pi
stabile possibile in relazione alle circostanze
Allegato I, punto 7.1direttiva CEE 89/654 La temperatura dei locali di lavoro deve essere adeguata allorganismo
umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori
Allegato, punto 16.6.1 direttiva CEE 92/104 Nei luoghi di lavoro chiusi occorre provvedere affinch, in relazione ai
metodi di lavoro in uso ed allentit delle sollecitazioni fisiche a carico dei lavoratori,
questi ultimi dispongano di sufficiente aria fresca
Art.7 comma 1 DPR 303/56 modificato dal D.Lgs 626/94 A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessit
della lavorazione, vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi che non abbiano le seguenti caratteristiche:
buona difesa contro gli agenti atmosferici
isolamento termico sufficiente
aperture sufficienti per un rapido ricambio daria
ben asciutti e ben difesi contro lumidit
Art. 9 DPR 303/56 modificato dal D.Lgs 626/94 Nei luoghi di lavoro chiusi i lavoratori devono disporre
di aria salubre in quantit sufficiente, leventuale impianto di aerazione deve essere sempre mantenuto
efficiente e si devono evitare correnti daria fastidiose
Art 11 DPR 303/56 modificato dal D.Lgs 626/94 Quando non conveniente modificare la temperatura di tutto
lambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante
misure tecniche localizzate o mezzi di protezione individuali
Ambienti termici
Convenzionalmente gli ambienti termici vengono distinti in:
1) AMBIENTI MODERATI
2) AMBIENTI CALDI
3) AMBIENTI FREDDI
Gli ambienti moderati sono principalmente caratterizzati da un moderato
grado dintervento alla termoregolazione corporea e in cui risulta facilmente realizzata la condizione di omeotermia
(mantenimento costante della T interna) del soggetto.
In concreto tali ambienti sono caratterizzati da:
condizioni ambientali piuttosto omogenee e con ridotta variabilit nel tempo;
assenza di scambi termici localizzati fra soggetto ed ambiente che abbiano
effetti rilevanti sul bilancio termico complessivo;
attivit fisica modesta e sostanzialmente analoga per i diversi soggetti;
uniformit del vestiario indossato dai diversi operatori
Gli ambienti caldi sono caratterizzati da un notevole intervento del sistema di termoregolazione umano al fine di
diminuire laccumulo di calore nel corpo.
Lazione termoregolatrice si esplica, come gi accennato, primariamente sul piano fisiologico mediante i meccanismi di
vasodilatazione dei vasi sanguigni cutanei (con aumento della temperatura della cute) e di sudorazione
Le caratteristiche degli ambienti caldi sono:
valori elevati di temperatura in relazione alle caratteristiche dellattivit svolta e del vestiario indossato dagli operatori;
possibili alti valori di umidit relativa dellaria e richiedenti un considerevole scambio termico per sudorazione al fine
di conservare lomeotermia;
variabilit della temperatura e dellumidit da postazione a postazione di lavoro;
disuniformit del livello di impegno fisico richiesto e del vestiario indossatodagli operatori.
Gli ambienti freddi sono caratterizzati da condizioni che richiedono un sensibile intervento del sistema di
termoregolazione umano per limitare la potenziale
eccessiva diminuzione della temperatura caratteristica dei diversi distretti ed in particolare del nucleo corporeo. Lazione
termoregolatrice si traduce sul piano fisiologico
nella vasocostrizione dei capillari cutanei, che comporta una diminuzione della temperatura della cute e nellincremento
della produzione di calore per via metabolica (di cui
i brividi e lorripilazione ne sono segni evidenti).
In concreto e con specifico riferimento alle attivit lavorative, gli ambienti freddi
presentano i seguenti aspetti fondamentali:
valori di temperatura bassi (indicativamente compresi fra 0 e 10C per ambienti moderatamente freddi e inferiori a 0C
per ambienti freddi severi);
contenuta variabilit spaziale e temporale delle condizioni;
attivit fisica e tipologia del vestiario indossato abbastanza uniformi.
Indici microclimatici
La sensazione soggettiva di benessere non dipende da uno solo dei relativi fattori
ambientali (temperatura, umidit, velocit dellaria, ecc.), bens dalla loro combinazione.
Per esprimere questo concetto, sono stati quindi studiati vari indici microclimatici che
sono lespressione della correlazione tra parametri ambientali e sensazioni soggettive
di benessere o disagio termico, ricavate da un gran numero di esperienze sperimentali in camere climatiche.
Tra i numerosi indici proposti gli Indici di Fanger, attualmente, sono tra i pi utilizzati per la determinazione di un
ambiente accettabile per lavori sedentari; essi consentono di poter valutare le condizioni microclimatiche di un ambiente
di lavoro in funzione del giudizio (caldo, freddo, confortevole) espresso dai soggetti in esame e del
loro eventuale disagio termico.
Se il complesso di fattori:
- resistenza termica del vestiario
- attivit fisica svolta
- parametri ambientali oggettivi
Igiene nell'ambiente
L'igiene ambientale riguarda quell'aspetto dell'igiene che mira e si interessa di tutela della salute negli ambienti di vita,
ovvero nei diversi contesti in cui le persone trascorrono la loro vita non lavorativa, intesi sia come spazi aperti:
l'ambiente outdoor, che confinati: l'ambiente indoor (l'ambiente urbano, quello domestico, i luoghi pubblici e anche i
mezzi di trasporto collettivo). Tutti gli ambienti sono soggetti a inquinamento, anche se di diverso tipo (gas di scarico di
automobili, emissioni industriali che ricadono su aree abitative ma anche le emissioni date a livello domestico da
mobili, arredi e prodotti per la pulizia, tutti fattori che causano un deterioramento della qualit dell'aria nell'ambiente).
La buona qualit dell'ambiente strettamente legata al mantenimento dello stato di salute dell'uomo, ma non solo, anche
delle altre specie animali che abitano in quel contesto; in quanto l'esposizione a contaminanti presenti in acqua,
aria, cibo, suolo e derivanti dai rifiuti possono avere molti effetti nocivi sul benessere e salute delle specie viventi. Per
mantenere una buona qualit ambientale sono quindi necessari provvedimenti di salvaguardia di essa in grado di ridurre
fattori di rischio per la salute. L'organismo che, a livello nazionale, si occupa di protezione e igiene ambientale
l'ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, istituito con la Legge 133/2008, con
modificazioni, del D.Legge 25 giugno 2008, n.112, che opera sotto la tutela del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare. A livello regionale, le competenze in materia di igiene e controllo ambientale ricadano sulle ARPA,
agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, istituite nella maggior parte delle regioni italiane a seguito del
Referendum popolare della primavera del 1993 che ha tolto la potest in materia ambientale alle ASL. Esse operano per
la prevenzione e la promozione della salute collettiva, indirizzando le loro risorse al conseguimento della massima
efficacia nell'individuazione e nella rimozione dei fattori di rischio per l'uomo e l'ambiente; in particolare, si occupano
di tutela della collettivit dai rischi sanitari connessi all'inquinamentoambientale attraverso azioni di monitoraggio
dell'inquinamento atmosferico ed acustico, da impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani, dalla detenzione e
smaltimento dei rifiuti speciali tossici e nocivi, delle qualit delle acque destinate al consumo umano, delle piscine
pubbliche o di uso pubblico, della qualit delle acque di balneazione, di scarichi civili, produttivi e sanitari; esse, inoltre,
si occupano della produzione di mappe di rischio ambientale e di valutazione dell'impatto ambientale-sanitario,
perseguendo gli obiettivi di protezione, attraverso i controlli ambientali che tutelano la salute della popolazione e la
sicurezza del territorio e la prevenzione, attraverso la ricerca, la formazione, l'informazione e l'educazioneambientale.
Igiene negli alimenti
L'igiene degli alimenti e dei prodotti alimentari in genere riguarda quella branca dell'igiene che comprende l'insieme
delle norme e delle misure applicative atte a garantire la salubrit e lasicurezza degli alimenti, intesa come
consapevolezza della qualit igienico-sanitaria, nutrizionale e organolettica degli alimenti, e della qualit ambientale dei
processi di produzione, trasformazione, preparazione e consumo dei cibi. La qualit e la sicurezza degli alimenti
dipendono dagli sforzi di tutte le persone coinvolte nella complessa catena della produzioneagricola, della lavorazione,
del trasporto, della preparazione, della conservazione e del consumo; proprio per questo, l'Organizzazione Mondiale
della Sanit intende la sicurezza alimentare come una responsabilit condivisa dal campo alla tavola. Per mantenere e
preservare la qualit e la sicurezza degli alimenti lungo l'intera filiera sono importanti procedure per garantire la
salubrit dei cibi e sistemi di monitoraggio per una garanzia che le operazioni vengano effettuate in maniera corretta;
tutto ci possibile grazie all'applicazione del quadro giuridico del settore alimentare incentrato sulla politica dai campi
alla tavola andando a coprire l'intera filiera alimentare, all'attribuzione al mondo della produzione della responsabilit
primaria di una produzione alimentare sicura, all'esecuzione di appropriati controlli ufficiali, alla capacit di attuare
efficaci e rapide misure di salvaguardia e correzione di fronte a emergenze sanitarie manifestate in qualsiasi punto della
filiera. Per quanto riguarda la normativa sono da citare il Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare (Bruxelles- 12
gennaio 2000) e soprattutto il Regolamento CE n.178/2002,dove si trovano i principi generali sui quali dovrebbe vertere
la politica europea in materia di sicurezza alimentare:
una strategia globale, integrata, applicata a tutta la alimentare (dai campi alla tavola),
una definizione chiara dei ruoli di tutte le parti coinvolte, per individuare le responsabilit di tutti gli operatori
della filiera,
la rintracciabilit degli alimenti destinati agli esseri umani e agli animali e dei loro ingredienti, al fine di
identificare ogni singolo prodotto finale,
la coerenza, l'efficacia e il dinamismo della politica alimentare, che deve confrontarsi con un sistema globale e
in continuo cambiamento, caratterizzato da innovazioni nei sistemi di produzione e che deve far fronte spesso a
episodi destabilizzanti in grado di arrecarne gravi danni all'immagine,
l'analisi dei rischi articolato in valutazione, gestione e comunicazione dei rischi, sia tra produttore, che verso il
consumatore,
l'indipendenza, l'eccellenza e la trasparenza dei pareri scientifici, in quanto gli esperti devono garantire
indipendenza da pressioni esterne, devono essere in grado di risolvere le controversie in materia di scientifica
con l'adeguato grado di autorevolezza e devono anche garantire l'accesso dei cittadini a risultati e
raccomandazioni scientifiche,
l'applicazione del principio di precauzione nella gestione dei rischi, che stabilisce la possibilit di adottare
misure di protezione restrittive anche in assenza di dati certi in materia,
la necessit di instaurare un dialogo continuo con i consumatori e garantire informazione, educazione e ascolto,
seguendo anche criteri legati ad altri fattori pertinenti, come considerazioni ambientali, benessere degli animali,
agricoltura sostenibile, aspettative dei consumatori quanto alla qualit dei prodotti, adeguata informazione e
definizione delle caratteristiche essenziali dei prodotti, nonch dei loro metodi di lavorazione e produzione.
Il regolamento ha, inoltre, istituito l'AESA (Autorit Europea per la Sicurezza Alimentare), che ha compiti fondamentali
che vanno dal parere scientifico indipendente su tutti gli aspetti relativi alla sicurezza alimentare, alla gestione di sistemi
di allarme rapido, alla comunicazione e al dialogo con i consumatori in materia di sicurezza alimentare e di questioni
sanitarie e la realizzazione di reti con le Agenzie nazionali e gli organismi specifici. Innovazione fondamentale
introdotta in Italia con il D.Lgs 155/97, in recepimento delle Direttive 93/43/CEE e 96/3/CE stato il sistema di
autocontrollo dell'igiene degli alimenti, l'HACCP (Hazard Analisis Critical Control Point), secondo cui tutte le aziende
sono tenute ad adottare tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza igienica e la salubrit dei prodotti alimentari
e quindi l'idoneit degli alimenti al consumo attraverso:
analisi del pericolo
identificazione dei punti di controllo critici
definizione di limiti critici
applicazione di procedure di sorveglianza
definizione di azioni correttive
procedure per la registrazione dei dati
procedure atte a verificare il funzionamento
I punti di controllo, definiti Critical Control Point devono essere individuati in azienda e devono rispondere a criteri ben
precisi per essere considerati tali: devono essere associati al pericolo individuato, interni al processo, misurabili e
standardizzabili e deve essere possibile l'applicazione di misure di contenimento del problema. In Italia, a livello locale,
la competenza per quanto riguarda l'igiene degli alimenti di completenza prevalentemente delle Unit Sanitarie Locali,
pi precisamente dei Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione Sian, facenti parte dei Dipartimenti di
Prevenzione delle Ulss, con compiti di controllo direttamente sugli alimenti, sui requisiti strutturali e funzionali delle
imprese alimentari, verifica preliminare alla realizzazione e/o attivazione di imprese alimentari, tutela delle acque
destinate al consumo umano e altri compiti inerenti alla sicurezza alimentare
La raccolta differenziata come la raccolta idonea a raggruppare rifiuti urbani in
frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida, destinate al
riutilizzo, al riciclaggio ed al recupero di materia prima.
Mentre tale decreto non prescrive in maniera vincolante alcuna tipologia specifica di
raccolta differenziata, esso prevede buoni obiettivi di raccolta differenziata.
Tali obiettivi sono riportati nellart. 24, comma 1 che prevede che in ogni Ambito
Territoriale Ottimale (ATO) previsto nellart. 23 (di solito corrispondente ai confini
provinciali) sia:
assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali
minime di rifiuti prodotti:
a) 15% entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
b) 25% entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
c) 35% a partire dal sesto anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto
Il coinvolgimento dei cittadini nel sistema di gestione dei rifiuti favorisce la loro sensibilizzazione alle problematiche
connesse con la gestione dei rifiuti e lo sviluppo di una coscienza ecologica e pu giocare un ruolo favorevole nella
promozione della riduzione alla fonte dei rifiuti.
Lintegrazione del progetto di raccolta differenziata nel pi generale piano di gestione
dei rifiuti urbani di fondamentale importanza tenuto conto che:
- la sola raccolta differenziata non in grado di risolvere tutti i problemi di gestione
dei rifiuti;
- il miglior piano di gestione quello che integra opportunamente una vasta
diversificazione di tecnologie di recupero (di materiali ed energia) e di
smaltimento;
- la raccolta differenziata pu contribuire a ridurre lincompatibilit di alcuni tipi di
rifiuto con i sistemi di recupero e di smaltimento previsti ovvero rendere possibili
modalit di recupero altrimenti impossibili (ad esempio compostaggio per la
produzione di compost di qualit)
- Tecnologie e gestione della raccolta differenziata
Tre modelli in uso per attuare la raccolta differenziata sono:
raccolta mediante contenitori stradali,
raccolta presso lutenza (sistema porta a porta),
conferimento a piattaforme di raccolta,
classificabili ulteriormente in base al tipo di utenza in raccolte a utenza generica e a
utenza specifica.
c)
Ideazione e messa in commercio di prodotti che non contribuiscano o diano un contributo minimo alla
produzione di rifiuti ed all'inquinamento
Miglioramenti tecnologici per eliminare la presenza di sostanze pericolose nei rifiuti
Ruolo attivo delle amministrazioni pubbliche nel riciclaggio dei rifiuti e loro utilizzo come fonte di
energia
Prevenzione della produzione di rifiuti (Art. 180)
Corretta valutazione dell'impatto ambientale di ogni prodotto durante il suo intero ciclo vitale
Capitolati di appalto che considerino l'abilit nella prevenzione della produzione
Promuovere accordi e programmi sperimentali per prevenire e ridurre la quantit e pericolosit dei rifiuti
Attuare il DL 18 febbraio 2005 n. 59 e la direttiva 96/61/CE specifica per la riduzione e prevenzione
integrate dell'inquinamento
Recupero dei rifiuti (Art 181)
il riutilizzo, il reimpiego ed il riciclaggio
Produzione di materia prima secondaria trattando i rifiuti stessi
Favorire tramite misure economiche e capitolati nelle gare d'appalto il mercato dei prodotti reimpiegati
Uso dei rifiuti per produrre energia (recupero energetico (ossidazione biologica a freddo,
gassificazione, incenerimento)
Pertanto, se il primo livello di attenzione rivolto alla necessit di prevenire la formazione dei rifiuti e di ridurne la
pericolosit, il passaggio successivo riguarda l'esigenza di riutilizzare i prodotti (es. bottiglie, con il vuoto a rendere) e,
se non possibile il riuso, riciclare i materiali (es. riciclaggio della carta). Infine, solo per quanto riguarda il materiale
che non stato possibile riutilizzare e poi riciclare (come ad esempio i tovaglioli di carta) e il sottovaglio (ovvero la
frazione in piccoli pezzi indistinguibili e quindi non riciclabili di rifiuti, che rappresenta circa il 15% del totale), si
pongono le due soluzioni del recupero energetico tramite sistemi a freddo o a caldo, come la bio-ossidazione
(aerobica o anaerobica), la gassificazione, la pirolisi e l'incenerimento oppure l'avvio allo smaltimento in discarica.
Dunque anche in una situazione ideale di completo riciclo e recupero vi sar una percentuale di rifiuti residui da smaltire
in discarica o da ossidare per eliminarli e recuperare l'energia. Da un punto di vista ideale il ricorso all'incenerimento ed
alle discariche indifferenziate dovrebbe essere limitato al minimo indispensabile. La carenza di efficaci politiche
integrate di riduzione, riciclo e riuso fanno dello smaltimento in discarica ancora la prima soluzione applicata in Italia
ed in altri paesi europei [4]. Per quanto riguarda il recupero, esistono progetti ed associazioni che si occupano dello
scambio di beni e prodotti usati (per esempio Freecycle).
La prevenzione dei rifiuti
La prevenzione dei rifiuti consiste in un insieme di politiche volte a disincentivare, penalizzare economicamente o
addirittura vietare la produzione di materiali e manufatti a ciclo di vita molto breve e destinati a diventare rifiuti senza
possibilit di riuso. Soggetti interessati possono quindi essere tanto le imprese quanto i comuni cittadini, incentivati a
ridurre a monte la produzione dei rifiuti, ad effettuare la raccolta differenziata. Oltre ad uno stimolo "etico", tali soggetti
possono anche essere incentivati da una riduzione della TARSU, ad esempio quando ricorrano al compostaggio
domestico (si consideri che la frazione organica comunque una parte molto significativa dei rifiuti delle famiglie).
Il trattamento dei rifiuti
Il trattamento dei rifiuti consiste nell'insieme di tecniche volte ad assicurare che i rifiuti, qualunque sia la loro sorte,
abbiano il minimo impatto sull'ambiente.
Pu riguardare sostanze solide, liquide o gassose, con metodi e campi di ricerca diversi per ciascuno.
Le pratiche di trattamento dei rifiuti sono diverse tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, tra citt e campagna e a
seconda che i produttori siano residenziali, industriali o commerciali. Il trattamento dei rifiuti per gli utenti residenti e
istituzionali nelle aree metropolitane solitamente responsabilit delle autorit di governo locale, mentre il suo
trattamento per utenti commerciali e industriali solitamente responsabilit di colui che ha prodotto i rifiuti.
Lo schema seguente riassume le modalit e le filiere per il trattamento dei rifiuti solidi urbani secondo le attuali
politiche di gestione in Italia.
Naturalmente, si tratta di uno schema teorico che non sempre, non completamente e non dappertutto, attuato allo
stesso modo e soprattutto solo una delle possibili modalit di gestione dei rifiuti. Evoluzioni tecniche e/o differenti
indirizzi e priorit di gestione dei rifiuti possono comportare modifiche sostanziali allo schema, ma esso fornisce
comunque uno schema di massima e le corrette terminologie riguardanti l'argomento. [5]
La filiera della raccolta differenziata
I rifiuti raccolti in maniera differenziata possono sostanzialmente essere trattati, a seconda del tipo, mediante due
procedure:
1. riciclaggio, per le frazioni secche;
2. compostaggio, per la frazione umida.
Riciclaggio dei rifiuti
Il riciclaggio comprende tutte le strategie organizzative e tecnologiche per riutilizzare come materie prime materiali di
scarto altrimenti destinati allo smaltimento in discarica o distruttivo.
In Italia, il tasso di raccolta differenziata sta gradualmente crescendo ( oggi intorno al 22,7% per merito, soprattutto,
delle regioni del Nord, dove supera il 35%), ma ancora inferiore alle potenzialit. Soluzioni particolarmente efficienti
come la raccolta differenziata porta a porta, ove adottate, permettono di incrementare notevolmente la percentuale di
rifiuti riciclati.
A titolo di confronto, si consideri che in Germania il tasso di raccolta differenziata raggiungeva nel 2004 ben il 56% a
livello nazionale.
Numerosi sono i materiali che possono essere riciclati: metalli, carta, vetro e plastiche sono alcuni esempi; vi sono
tuttavia complessit associate ai materiali cosiddetti "poliaccoppiati" (cio costituiti da pi materiali differenti) come ad
esempio flaconi di succhi di frutta o latte, nonch per oggetti complessi (per esempio automobili, elettrodomestici ecc):
non sono tuttavia problemi insormontabili e possono essere risolti con tecnologie particolari, in parte gi adottate anche
in Italia.
Particolare il caso della plastica, che come noto esiste in molte tipologie differenti e pu essere costituita da molti
materiali differenti (PET, PVC, polietilene ecc.). Tali diversi materiali vanno gestiti separatamente e quindi separati fra
loro: questa maggior complicazione in passato ha reso l'incenerimento economicamente pi vantaggioso del riciclo.
Oggi tuttavia appositi macchinari possono automaticamente e velocemente separare i diversi tipi di plastica anche se
raccolti con un unico cassonetto, pertanto l'adozione di queste tecnologie avanzate permette un vantaggioso riciclo.
Purtroppo in alcuni casi la plastica (in genere quella di qualit inferiore) viene comunque avviata all'incenerimento
anche se dal punto di vista energetico e ambientale non certo la scelta ottimale.
Compostaggio della frazione umida
Il compostaggio una tecnologia biologica usata per trattare la frazione organica dei rifiuti raccolta differenziatamente
(anche detta umido) sfruttando un processo di bio-ossidazione, trasformandola in ammendante agricolo di qualit da
utilizzare quale concime naturale: da 100 kg di frazione organica si ricava una resa in compost compresa nell'intervallo
di 30-40 kg. Tramite digestione anaerobica viene ottenuto anche del biogas che pu essere bruciato per produrre energia
elettrica e calore; in tal modo possibile diminuire il livello di emissioni inquinanti della discarica e migliorarne la
gestione approfittando anche della conseguente diminuzione dei volumi legata al riciclo dell'umido.
Il compostaggio, come si vede dal grafico, si differenzia dal TMB per il fatto di trattare esclusivamente l'umido e non il
rifiuto indifferenziato, anche se il TMB pu comprendere un processo simile al compostaggio (si veda sotto).
confrontarsi con quella necessaria al riciclaggio, che a sua volta si compone di vari fattori: la separazione, il trasporto
alle rispettive fonderie o industrie di base, la fusione o trattamento fino alla produzione del materiale base, uguale a
quello vergine.
Pirolisi e gassificazione
La pirolisi e la gassificazione sono dei trattamenti termici dei rifiuti che implicano la trasformazione della materia
organica tramite riscaldamento a temperature variabili (a seconda del processo da 400 a 1200 C), rispettivamente in
condizioni di assenza di ossigeno o in presenza di una limitata quantit di questo elemento. Gli impianti che sfruttano
tali tecnologie in pratica, piuttosto che fondarsi sulla combustione, attuano la dissociazione molecolare ottenendo in tal
modo molecole in forma gassosa pi piccole rispetto alla originarie (syngas) e scorie solide o liquide. In confronto agli
odierni inceneritori i rendimenti energetici possono essere maggiori se il syngas ottenuto viene bruciato in impianti ad
alto rendimento e/o ciclo combinato (dopo opportuni trattamenti per eliminare eventuali vari residui, fra cui polveri,
catrami e metalli pesanti a seconda del rifiuto trattato), mentre l'impatto delle emissioni gassose risulta sensibilmente
ridotto.[8] In particolare il rendimento in produzione elettrica pu arrivare, a detta di alcuni produttori, a oltre il doppio
del pi moderno inceneritore (si vedagassificatore).
Nonostante la tipologia di rifiuti trattabili sia (per alcuni tipi di impianto) la stessa degli inceneritori, tuttavia sono pochi
gli impianti di questo genere che trattano rifiuti urbani tal quali: molto spesso infatti riguardano frazioni merceologiche
ben definite quali plastiche, pneumatici, scarti di cartiera, scarti legnosi o agricoli oppure biomasse in genere. Questi
impianti pi specifici sono maggiormente diffusi. Ci nonostante vi chi ritiene che gli impianti di pirolisi e di
gassificazione siano destinati a sostituire in futuro gli attuali inceneritori anche per i rifiuti urbani, diffondendosi
ulteriormente e divenendo i principali trattamenti termici di riferimento.
Va anche osservato che in genere gli impianti di pirolisi e/o gassificazione sono pi piccoli degli inceneritori, cio
ciascun impianto tratta un minor quantitativo di rifiuti. Questo comporta alcuni vantaggi: anzitutto si evita il trasporto
dei rifiuti per lunghe tratte, responsabilizzando ciascuna comunit locale in merito ai propri rifiuti (smaltiti in loco e non
"scaricati" a qualcun altro). In secondo luogo la flessibilit e le minor taglia degli impianti permette facilmente di
aumentare la raccolta differenziata e ridurre il quantitativo di rifiuti totali, politiche difficilmente attuabili con
inceneritori da centinaia di migliaia di tonnellate annue che necessitano di alimentazione continua. Infine anche i costi
di realizzazione ed i tempi di ammortamento dovrebbero essere inferiori.
Discarica
Il principale problema delle discariche la produzione di percolato e l'emissione di gas spesso maleodoranti, dovuti alla
decomposizione della frazione organica. Entrambi i problemi possono essere risolti rimuovendo la frazione organica
mediante raccolta differenziata o pretrattando i rifiuti con il trattamento meccanico-biologico a freddo esposto in
precedenza, riducendo fra l'altro anche i volumi da smaltire. La discarica pu essere cos usata per smaltire tutti i residui
del sistema integrato di gestione dei rifiuti con un impatto ambientale minimo.
Conclusioni, costi e ruoli nel sistema integrato
La combustione dei rifiuti non di per s contrapposta o alternativa alla pratica della raccolta differenziata finalizzata al
riciclo, ma dovrebbe essere solo un eventuale anello finale della catena di smaltimento. Inoltre ovvio che, se un
inceneritore viene dimensionato per bruciare un certo quantitativo di rifiuti, dovr essere alimentato per forza con quel
quantitativo, richiedendo di fatto l'ulteriore apporto di massa di rifiuti in caso di un quantitativo inadeguato.
Per ragioni tecnico-economiche la tendenza oggi quella di realizzare inceneritori sempre pi grandi, con la
conseguenza di alimentare il "turismo dei rifiuti" (cio il trasporto di rifiuti anche da altre province se non da altre
nazioni). In Italia questo fenomeno stato accentuato dai forti incentivi statali che hanno favorito l'incenerimento a
scapito di altre modalit di smaltimento pi rispettose dell'ambiente.
Nei fatti, tuttavia, l'incenerimento pu generare logiche speculative alternative alla raccolta differenziata: lo dimostrano
pressioni politiche e tangenti scoperte a settembre 2010 in Abruzzo mediante intercettazioni telefoniche. Qui si deciso
di abbassare gli obblighi di raccolta differenziata per favorire l'incenerimento, come "richiesto" da imprenditori
interessati alla costruzione di impianti di incenerimento e che non "gradivano" che la raccolta differenziata raggiungesse
anche solo il 40%.
In Italia si sono inceneriti nel 2004 circa 3,5 milioni di t/anno su un totale di circa 32 milioni di tonnellate di RSU totale
prodotto, cio circa il 12% (per un confronto con altri paesi europei si veda Inceneritore); tale pratica specie al Nord in
aumento, e in Lombardia ad esempio raggiunge il 34%.[7]Ci che balza all'occhio il grande ricorso allo smaltimento
indiscarica, che in diminuzione (dal 2001 al 2004, al Nord -21%, al Sud -4% e al Centro -3%) [7] ma che interessa
attualmente in tutto circa il 56,9% dei rifiuti urbani prodotti (45% al Nord, 69,5% al Centro, 73,2% al Sud; si stima che
sul totale nazionale il 76% sia rifiuto da raccolta indifferenziata e il 24% siano residui dai diversi processi di
trattamento: biostabilizzazione, CDR, incenerimento, residui da selezione delle R.D.), con conseguenze ambientali che
si vanno aggravando soprattutto nel Sud, dove i pochi impianti di trattamento finale sono ormai saturi e la raccolta
differenziata stenta a decollare: gli inceneritori sarebbero perci, secondo alcuni, da aumentare (soprattutto al Sud).
Tuttavia, se si considera che nei comuni pi virtuosi la raccolta differenziata supera gi adesso l'80%, si deduce che
persino al Nord essa ancora molto meno sviluppata di quanto potrebbe e che in alcune aree del Nord gli impianti di
incenerimento sarebbero perfino sovradimensionati. Pertanto, il timore di alcuni che non si potr sviluppare appieno la
raccolta differenziata e il riciclo per consentire agli inceneritori di funzionare senza lavorare in perdita, oppure si
dovranno importare rifiuti da altre regioni.
Una considerazione importante infatti che gli investimenti necessari per realizzare i termovalorizzatori sono molto
elevati (il costo di un impianto in grado di trattare 421.000 t/anno di rifiuti valutabile in circa 375 milioni di euro, cio
circa 850-900 per tonnellata di capacit trattatabile[11]), e il loro ammortamento richiede, tenendo anche conto del
significativo recupero energetico, circa 20 anni; perci costruire un impianto significa avere l'obbligo (sancito da veri
e propri contratti) di incenerire una certa quantit minima di rifiuti per un tempo piuttosto lungo.
emblematico a questo proposito il caso dell'inceneritore costruito recentemente dall'Amsa a Milano, Silla 2:
inizialmente aveva avuto l'autorizzazione per bruciare 900 t/giorno di rifiuti, poi si passati a 1250 e infine a 1450t/g.
Se si guarda alla gestione dei rifiuti a Milano, ci si accorge che la raccolta differenziata raggiunge il 30% circa [12] (dato
sostanzialmente invariato da anni), e gran parte del rimanente viene incenerito da Silla 2. Si consideri che la media di
riciclo della provincia di Milano , escludendo il capoluogo, del 51,26% in costante miglioramento, e in particolare del
59,24% per i comuni con meno di 5 000 abitanti e del 55% per quelli fra i 5 e i 30 000,[ e che a Milano la raccolta dei
rifiuti organici non mai andata oltre la sperimentazione in piccole aree della citt, nonostante il pi che collaudato
sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta e la notevole sensibilizzazione della popolazione, che permetterebbero
sicuramente di fare molto di pi.
interessante confrontare i costi dello smaltimento dei rifiuti di una citt come Milano che fa ampio ricorso
all'incenerimento con quelli di citt che puntano sulla differenziata: a Milano nel 2005 si sono spesi 135,42 /abitante
contro una media provinciale di 110,16 e contro gli 83,67 di Aicurzio, paese pi virtuoso di Lombardia nel 2005 col
70,52% di raccolta differenziata.[12] Il sindaco di Novara inoltre nel 2007 ha dichiarato che portando in due anni la
raccolta differenziata nella citt dal 35 al 68% si sono risparmiati due milioni di euro, mentre ad esempio il sindaco di
Torino per sostenere la necessit dell'inceneritore del Gerbido ha dichiarato che in qualsiasi centro urbano superare il
50% un miracolo, perch la gestione di questo tipo di raccolta ha dei costi non sostenibili per i cittadini; eppure a San
Francisco oltre il 50% gi dal 2001.[13]
Europa valorizzazione/incenerimento, in 18 nazioni. In alcune situazioni, impianti di questo genere sono da tempo
inseriti in contesti urbani, ad esempio a Vienna, Parigi, Londra, Copenaghen. Paesi quali Svezia (circa il 45% del
rifiuto viene incenerito), Svizzera (~100%), Danimarca (~50%) e Germania (~35%) ne fanno largo uso;
inOlanda (in particolare ad Avr e Amsterdam) sorgono alcuni fra i pi grandi inceneritori d'Europa, che permettono
di smaltire fino a un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti all'anno (~33% del totale). In Olanda comunque la politica
oltre a porsi l'obiettivo di ridurre il conferimento in discarica di rifiuti recuperabili quella di bruciare sempre meno
rifiuti a favore di prevenzione, riciclo e riuso (ad esempio mediante incentivi, come cauzioni e riconsegna presso i centri
commerciali sul riutilizzo delle bottiglie di vetro e di plastica).
Tecnologie di incenerimento
Gli inceneritori pi diffusi in Europa sono del tipo "a griglie". Trattandosi sostanzialmente di impianti che sfruttano il
calore sviluppato dalla combustione, non importante solo il tonnellaggio di combustibile (i rifiuti), ma anche il suo
potere calorifico, ovvero il calore sviluppato durante la combustione (in genere pari a circa 9000-13000 MJ/t). In altre
parole, un inceneritore progettato (ed autorizzato) per bruciare 100000 t di rifiuti con potere calorifico di 13000 MJ/t,
pu arrivare a bruciare anche il 45% in pi se i rifiuti hanno potere calorifico di 9000 MJ/t.[18]
Il funzionamento di un "termovalorizzatore" a griglie pu essere suddiviso in sei fasi fondamentali:
1.Arrivo dei rifiuti Provenienti dagli impianti di selezione dislocati sul territorio (ma anche direttamente dalla
raccolta del rifiuto), i rifiuti sono conservati in un'area dell'impianto dotato di sistema di aspirazione, per evitare
il disperdersi di cattivi odori. Con un carroponte i materiali sono depositati nel forno attraverso una tramoggia.
La tecnologia di produzione della frazione combustibile (CDR) ed il suo incenerimento sfrutta la preventiva
disidratazione biologica dei rifiuti seguita dalla separazione degli inerti (metalli, minerali, ecc.) dalla frazione
combustibile, che pu essere "termovalorizzata" producendo energia elettrica con resa nettamente migliore
rispetto all'incenerimento classico e con una diminuzione di impatto ambientale.[19]
2.Combustione Il forno solitamente dotato di una o pi griglie mobili (forno "a griglie") per permettere il
continuo movimento dei rifiuti durante la combustione. Una corrente d'aria forzata viene inserita nel forno per
apportare la necessaria quantit di ossigeno che permetta la migliore combustione, mantenendo alta la
temperatura (fino a 1000 C e pi). Per mantenere tali temperature, qualora il potere calorifico del combustibile
sia troppo basso, talvolta viene immesso del gas metano in una quantit variabile fra i 4 e 19 m per tonnellata di
rifiuti. Accanto a una camera di combustione primaria viene associata una camera di combustione secondaria
(camera di post-combustione), con lo scopo di completare la combustione dei fumi nel miglior rispetto della
normativa vigente.
3.Produzione del vapore surriscaldato La forte emissione di calore prodotta dalla combustione di metano e
rifiuti porta a vaporizzare l'acqua in circolazione nella caldaia posta a valle, per la produzione di vapore
surriscaldato ad alto contenuto entalpico.
4.Produzione di energia elettrica Il vapore generato mette in movimento una turbina che, accoppiata a un
motoriduttore e a un alternatore, trasforma l'energia termica in energia elettrica producendo corrente alternata per
espansione del vapore surriscaldato.
5.Estrazione delle ceneri Le componenti dei rifiuti non combustibili vengono raccolte in una vasca piena
d'acqua posta a valle dell'ultima griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono quindi estratte e smaltite in
discariche speciali. Ovviamente, separando preventivamente gli inerti dalla frazione combustibile si ottiene una
riduzione delle scorie. L'acqua di raffreddamento (circa 2.5 m3/t) deve essere depurata prima di essere scaricata
in ambiente. Le ceneri sono classificate come rifiuti speciali non pericolosi, mentre le polveri fini (circa il 4% del
peso del rifiuto in ingresso) intercettate dai sistemi di filtrazione sono classificate come rifiuti speciali pericolosi.
Entrambe sono smaltite in discariche per rifiuti speciali. Vi sono state esperienze di riuso delle ceneri pesanti.
6.Trattamento dei fumi Dopo la combustione i fumi caldi (circa il 140-150% in peso del rifiuto in
ingresso[20]) passano in un sistema multi-stadio di filtraggio, per l'abbattimento del contenuto di agenti
inquinanti sia chimici che solidi. Dopo il trattamento e il raffreddamento i fumi vengono rilasciati in atmosfera a
circa 140 C.[21]
Tipologie di inceneritore
Il joule l'unit di misura dell'energia, del lavoro e del calore
MJ=Megajaule
In funzione della specifica tecnologia adoperata nella camera di combustione primaria, possibile distinguere le
seguenti tipologie di inceneritore.
Inceneritore a griglie
Questi inceneritori possiedono un grosso focolare, con griglie metalliche normalmente a gradini formate da barre o rulli
paralleli. La griglia pu essere mobile o fissa e in diverse zone vengono raggiunte differenti temperature che permettono
un pi graduale riscaldamento. presente anche un sistema di raffreddamento. Oltre alla normale combustione
primaria, viene effettuata anche una combustione secondaria, ottenuta con un'ulteriore insufflazione d'aria che genera
una notevole turbolenza, permettendo di migliorare il miscelamento aria-combustibile. Le ceneri prodotte vengono
raccolte e raffreddate in vasche piene d'acqua.
Gli inceneritori pi vecchi e impiantisticamente pi semplici consistevano in una camera di mattoni con una griglia
posta rispettivamente sopra e sotto la raccolta delle ceneri. Mentre quella posta superiormente, e avente una apertura in
cima o lateralmente, veniva utilizzata per caricare il materiale da bruciare, quella inferiore permetteva la rimozione del
residuo solido incombusto tramite l'apertura laterale.
In confronto con le altre tipologie di inceneritori, gli impianti con griglie mobili sono quelli maggiormente sfruttati per i
rifiuti urbani e permettono, grazie al movimento dei rifiuti all'interno della camera di combustione, una ottimizzazione
della combustione stessa. Una singola griglia in grado di trattare pi di 35 t/h di rifiuti e pu lavorare 8.000 ore l'anno
con una sola sospensione dell'attivit, per la durata di un mese, legata alla manutenzione e controlli programmati.
[22] Una parte dell'aria necessaria alla combustione primaria viene fornita dal basso della griglia e questo flusso viene
anche sfruttato per raffreddare la griglia stessa. Il raffreddamento importante per il mantenimento delle caratteristiche
meccaniche della griglia, e molte griglie mobili sfruttano anche il raffreddamento tramite un flusso interno di acqua.
L'aria necessaria alla combustione secondaria viene immessa ad alta velocit superiormente alla griglia e ha lo scopo di
portare a completamento la reazione di combustione, realizzando una condizione di eccesso di ossigeno e una
turbolenza che assicura un mescolamento ottimale di combustibile e comburente.
da notare per che alle griglie legato un certo insieme di problematiche tecniche tra le quali spicca il deposito di
polveri, con la necessit di un certo livello di manutenzione periodica programmata.
Inceneritore a letto fluido
Rappresentazione schematica di un letto fluido
La combustione a letto fluido ottenuta inviando dal basso un forte getto di aria attraverso un letto di sabbia. Il letto
quindi si solleva, mentre le particelle si mescolano e sono sotto continua agitazione. A questo punto vengono introdotti i
rifiuti e il combustibile. Il sistema sabbia/rifiuto/combustibile viene mantenuto in sospensione sul flusso di aria pompata
e sotto violento mescolamento e agitazione, assumendo in tale modo caratteristiche simil-fluide (da cui il letto fluido).
Questo processo, detto fluidizzazione, ha l'effetto di diminuire la densit del sistema in oggetto pur senza alterarne la
natura originaria. Tutta la massa di rifiuti, combustibile e sabbia circola completamente all'interno della fornace. La
tecnologia a letto fluido di comune utilizzo nell'ambito dell'ingegneria chimica, e viene utilizzata ad esempio anche in
reattori per attuare la sintesi chimica e nell'ambito della petrolchimica.
Una camera di combustione a letto fluido permette di ridurre le emissioni di ossidi di zolfo SOx) mescolando calcare o
dolomite in polvere alla sabbia: in tal modo infatti lo zolfo non viene ossidato formando gas, bens precipita sotto forma
di solfato. Tra l'altro, tale precipitato caldo permette di migliorare lo scambio termico per la produzione di vapor acqueo.
Dato che il letto fluido consente anche di operare a temperature inferiori (800 C), operando a tali temperature
possibile ridurre le emissioni di ossidi di azoto (NOx).[23]
Uno studio comparativo ha confrontato le emissioni di polveri sottili, caratterizzandone dimensione, composizione e
concentrazione, e di elementi traccia relativamente all'utilizzo di una camera a griglie e di una camera a letto fluido
(FBC) a monte dei sistemi di filtraggio. emerso che le emissioni di particelle con diametro inferiore a 1 m (PM1)
sono approssimativamente quattro volte maggiori nel caso delle griglie, con valori di 1-1,4 g/Nm3 (grammi al
normalmetrocubo) mcontro i 0,25-0,31 g/Nm3 del letto fluido. stata misurata anche la quantit totale media di ceneri
prodotte, che risultata essere di 4,6 g/Nm3 nel caso del letto fluido e di 1,4 g/Nm3 nel caso delle griglie.[25]
Il letto fluido ha il vantaggio di richiedere poca manutenzione e ovviamente, data la particolare costituzione, non
necessita di componenti in movimento. Possiede anche un rendimento leggermente superiore rispetto ai forni a griglia,
ma richiede combustibile a granulometria piuttosto omogenea.
Le tipologie di letto fluido pi sfruttate rientrano principalmente in due categorie: sistemi a pressione atmosferica
(fluidized bed combustion, FBC) e sistemi pressurizzati (pressurized fluidized bed combustion, PFBC). Questi ultimi
sono in grado di generare un flusso gassoso ad alta pressione e temperatura in grado di alimentare una turbina a gas che
pu realizzare un ciclo combinato ad alta efficienza.[26]
Inceneritore a forno rotativo
Gli impianti a forno rotativo[27] hanno utilizzo di elezione nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti industriali e speciali,
ma possono anche essere utilizzati per i RSU. Si hanno due camere di combustione: la camera di combustione primaria
consiste in un tubo cilindrico costruito in materiale refrattario e inclinato di 5-15, il cui movimento attorno al proprio
asse dirotazione viene trasmesso ai rifiuti. La rotazione fa accumulare all'estremit del cilindro le ceneri e il resto della
frazione non combusta solida, che viene infine raccolta all'esterno. I gas passano invece in una seconda camera di
combustione stavolta fissa. La camera di combustione secondaria necessaria per portare a completamento le reazioni
di ossidazione in fase gassosa.
In relazione alla pericolosit del rifiuto trattato, le emissioni gassose possono richiedere un pi accurato sistema di
pretrattamento prima dell'immissione in atmosfera. Molte particelle tendono a essere trasportate insieme con i gas caldi,
per questo motivo viene utilizzato un "post-bruciatore" dopo la camera di combustione secondaria per attuare una
ulteriore combustione.[28] Un semplice diagramma schematico di un forno rotativo questo.
Inceneritore a focolare multi-step
Il nome di questa tecnologia legato al passaggio su pi focolari del materiale da trattare. I rifiuti vengono trasportati
attraverso la fornace muovendo una dentatura meccanica che fa parte di braccia agitanti montate su un asse centrale
rotante che si estende a una certa altezza dal focolare. I rifiuti in entrata vengono caricati da una estremit, mentre i
residui della combustione vengono asportati dall'altra estremit. Il carico/scarico dei rifiuti viene ripetuto
automaticamente secondo il numero di focolari presenti. Un modello specifico il forno di pirolisi a piani, studiato in
origine per l'incenerimento di fanghi di varia natura (inclusi i fanghi biologici inattivati) ed occasionalmente usato
nell'incenerimento di RSU che abbiano buone caratteristiche di trasporto.
Con questo metodo, oltre ai rifiuti industriali e solidi urbani, possibile trattare anche fanghi di varia origine.
Recupero energetico
Tubature per teleriscaldamento a Tubinga, in Germania
Negli impianti pi moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per
produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il
teleriscaldamento). Il rendimento di tali impianti per molto minore di quello di una normale centrale elettrica, poich
i rifiuti non sono un buon combustibile per via del loro basso potere calorifico, e le temperature raggiunte in camera di
combustione sono inferiori rispetto alle centrali tradizionali. Talvolta per aumentare l'efficienza della combustione
insieme ai rifiuti viene bruciato anche del gasmetano.
L'indice di sfruttamento del combustibile i inceneritori e centrali elettriche pu essere aumentato notevolmente
abbinando alla generazione di energia elettrica il teleriscaldamento, che permette il recupero del calore prodotto che
verr poi utilizzato per fornire acqua calda. Tuttavia non sempre il calore recuperato pu essere effettivamente utilizzato
per via delle variazioni stagionali dei consumi energetici; ad esempio, in estate lo sfruttamento del calore pu calare
notevolmente, a meno che non siano presenti attrezzature che permettano di sfruttarlo per il raffreddamento.
Oggi gran parte degli inceneritori sono dotati di qualche forma di recupero energetico[30] ma va rilevato che solo una
piccola minoranza di impianti collegata a sistemi di teleriscaldamento e pertanto viene recuperata solo l'elettricit.
L'efficienza energetica di un termovalorizzatore variabile tra il 19 e il 27% se si recupera solo l'energia elettrica [ ma
aumenta molto col recupero del calore (cogenerazione). Ad esempio, nel caso dell'inceneritore di Brescia si ha un
rendimento del 26% in produzione elettrica e del 58% in calore per teleriscaldamento, con un indice di sfruttamento del
combustibile dell'84%.[32] A titolo di confronto una moderna centrale termoelettrica a ciclo combinato, il cui scopo
primario ovviamente quello di produrre elettricit, ha una resa del 57% per la produzione elettrica, e se abbinata al
teleriscaldamento raggiunge l'87%.[33] Tipicamente per ogni tonnellata di rifiuti trattata possono essere prodotti circa
0,67 MWh di elettricit e 2 MWh di calore per teleriscaldamento.[34]
Volendo invece confrontare il rendimento energetico delle varie tecnologie di trattamento termico dei rifiuti, il discorso
molto pi complesso, meno documentato e fortemente influenzato dal tipo di impianto. In linea di massima le
differenze sono dovute al fatto che, mentre in un inceneritore i rifiuti vengono direttamente bruciati ed il calore viene
usato per produrre vapore, negli impianti di gassificazione/pirolisi i rifiuti vengono invece convertiti parzialmente in gas
(syngas) che pu essere poi utilizzato in cicli termodinamici pi efficienti, come ad esempio un ciclo combinato sopra
richiamato. La possibilit di utilizzare diversi cicli termodinamici permette a tali impianti maggiore flessibilit nella
regolazione dei rapporti fra produzione di calore e di elettricit, rendendoli meno sensibili alle variazioni stagionali dei
consumi energetici (in altre parole d'inverno si pu produrre pi calore e d'estate pi elettricit).
Scorie
L'incenerimento dei rifiuti produce scorie solide pari circa al 10-12% in volume e 15-20% in peso dei rifiuti introdotti, e
in pi ceneri per il 5%.[35] Gran parte della massa immessa nei forni viene infatti combusta ottenendo dei fumi che
verranno opportunamente pretrattati prima di essere emessi dal camino.
Le ceneri volanti e le polveri intercettate dall'impianto di depurazione dei fumi sono rifiuti speciali altamente
tossici (in quanto concentrano molti degli inquinanti pi nocivi), che come tali sono soggetti alle apposite
disposizioni di legge e sono poi conferiti in discariche speciali.
Le scorie pesanti, formate dal rifiuto incombusto acciaio, alluminio, vetro e altri materiali ferrosi, inerti o altro
, sono raccolte sotto le