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Metodi epidemiologici

TPALL
Modulo - Epidemiologia
Parma 24 ottobre 2018
Licia Veronesi (in sostituzione Prof.ssa Cesira Pasquarella)
Dipartimento di Medicina e Chirurgia
Università di Parma
Via Volturno 39, 43100 PR
Tel. +39 0521 033794
licia.veronesi@unipr.it

30/10/2018 LV
Concetto di rischio

Gli studi epidemiologici

30/10/2018 LV
La misura della relazione tra fattori che determinano eventi di salute in una
popolazione è uno dei principali obiettivi dell’epidemiologia.

Si realizza attraverso:

• DESCRIZIONE della distribuzione della salute e della malattia


per età, sesso, area geografica, periodo storico ecc.
(epidemiologia descrittiva)

• SPIEGAZIONE della distribuzione della salute e della malattia


in termini di fattori di rischio (determinanti) studiando episodi
di massa
(epidemiologia analitica)

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Le relazioni tra i fattori in studio
• La misura della relazione fra i fattori che
determinano eventi di salute/malattia in una
popolazione è il principale obiettivo
dell’epidemiologia.

• La realtà biologica è per sua natura complessa e per


la maggior parte delle malattie le cause riconosciute
sono multiple, si parla cioè di:

RETI CAUSALI

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….parlando di ipertensione (Esempio I)

• in base all’obiettivo è possibile classificare


diversamente i fattori di rischio:
– In una prospettiva di popolazione, si possono:
• studiare i determinanti sociali e ambientali (classe sociale, attività
professionale) oppure
• indagare i comportamenti alimentari (consumo di sale)
– In una prospettiva individuale si può studiare la
predisposizione genetica (polimorfismi genetici)

Entrambi sono fattori di rischio in senso epidemiologico, ma sul piano


pratico, mentre si può agire in senso preventivo ed educativo sul
consumo di sale, individuare un polimorfismo genetico, per il momento,
significa solo aumentare la capacità di predizione della rete causale.

30/10/2018 LV
Le reti causali sono probabilistiche (I)

• L’esposizione a un determinato fattore di


rischio non causa necessariamente la malattia,
ma comporta un aumento della probabilità di
contrarla, così come l’assenza di esposizione
ad un fattore causale noto non implica
necessariamente l’assenza della malattia
(esempio fumo e ca. del polmone).

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Le reti causali sono probabilistiche (II)

• Abbiamo una conoscenza solo parziale dei


determinanti e dei meccanismi patogenetici
delle malattie
• La maggior parte dei fenomeni biologici sono
il frutto di interazioni complesse tra fattori
ambientali e fattori genetici. La variabilità
interessa:
– l’individuo e
– l’interazione individuo – ambiente

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Le reti causali sono probabilistiche (III)
• Trovare le cause delle malattie comporta districarsi entro le
reti causali
• Sia la clinica (a livello individuale) sia la sanità pubblica (a
livello di popolazione) hanno l’obiettivo di semplificare le
relazioni causali, isolando singoli elementi su cui sia possibile
intervenire.
• Esistono 2 problemi principali:
– È difficile indagare l’interazione tra i componenti della rete
– Un singolo elemento, può confondersi all’interno della rete causale,
mascherando quella che è la vera causa.
• I metodi epidemiologici e statistici, consentono di eliminare
parte dell’incertezza.

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Misure epidemiologiche di rischio e
rapporti causa-effetto

Uno degli obiettivi fondamentali dell’epidemiologia è


indagare i possibili fattori che provocano o facilitano
l’instaurarsi della malattia.

Cioè indagare il nesso di causalità

Le malattie cronico-degenerative possono essere favorite


da uno o più fattori (es: obesità e diabete, ipertensione e
rischio di malattie cardiovascolari) che sono da considerarsi
associate ad esse

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L’associazione
L’associazione è il grado di dipendenza statistica tra due o più
eventi variabili: tali eventi sono associati quando si verificano
insieme più frequentemente di quanto ci si possa attendere per
effetto del caso

Attenzione !!!
L’associazione non implica che vi sia una relazione causale
di tipo causa  effetto

L’associazione può essere di tre tipi:

1. Secondaria o indiretta
2. Non causale o spuria o artificiale
3. Causale

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1. Associazione secondaria o indiretta

Due o più eventi sono in relazione tra di loro perché esiste


un fattore causale comune

Es: bronchite cronica e ca. del polmone


Bronchite cronica
fumo
Carcinoma del polmone

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2. Associazione spuria
Tale associazione è determinata da una circostanza esterna o da un fattore
di confondimento o da qualche distorsione della metodologia adottata

Es: consumo di caffè e rischio di malattia cardiovascolare


 Unostudio caso-controllo sembra avere evidenziato associazione tra forte
consumo di caffè e malattia cardiovascolare

Principale fattore di ESITO


esposizione: caffè Malattia cardiovascolare

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Domanda: la malattia cardiovascolare
è associata con il consumo di caffè?

Principale fattore di ESITO


esposizione: caffè Malattia cardiovascolare

POTENZIALE CONFONDENTE
Fumo di Sigaretta

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Lucia Pastore Celentano, CNESPS
• Indagando le caratteristiche dei forti consumatori di
caffè, si nota che sono molto spesso anche forti
fumatori e il fumo è una causa conosciuta di malattia
cardiovascolare
• Separando (STRATIFICANDO) i fumatori dai non
fumatori scompare la relazione tra MCV e consumo
di caffè.

N.B.
Il fumo è un fattore di rischio per l’infarto del miocardio, quindi
Il fumo agisce da fattore di confondimento in questa associazione

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Definizione generale di confondente o fattore di
confondimento
(malattia
(caffè) cardiovascolare)
Relazione studiata
Evento
determinante
in studio

(FUMO)

confondente

Confondente è una causa dell’evento in studio, associata statisticamente


sia con il fattore di rischio in studio che con la malattia in studio

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3. Associazione causale (diretta)

Si ha quando una ben definita esposizione provoca o


aumenta il rischio di un determinato effetto.
Deve essere presente cioè un rapporto causa / effetto.

Es: Fumo carcinoma del polmone

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Un fattore di rischio può considerarsi un fattore causale?

Esistono 3 tipi fondamentali di relazioni causali che in ordine


decrescente di forza sono:

1. Causa sufficiente

2. Causa necessaria

3. Fattore di rischio

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1. SUFFICIENTI (e necessari)
Sono quei fattori causali che producono inevitabilmente un
particolare effetto (es: alcune malattie cromosomiche-trisomia 21,
Corea di Hungtington). Cioè se il fattore è presente la malattia
si svilupperà sempre.

2. NECESSARI (agenti eziologici di malattie infettive) ma non


sufficienti. (bisogna considerare virulenza, patogenicità,
condizioni ospite etc.)
Quando un particolare effetto deve sempre essere
preceduto da una particolare causa (es: TBC,morbillo, etc).
Cioè se la causa è assente, la malattia non può verificarsi

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NE’ NECESSARI NE’ SUFFICIENTI
Soprattutto nelle malattie cronico-degenerative, i singoli
fattori causali aumentano la probabilità di sviluppare la
malattia e per questo sono detti FATTORI di RISCHIO
(il carcinoma del polmone può manifestarsi anche in chi
non ha mai fumato in tutta la vita)

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Un fattore di rischio è una variabile che se presente,
incrementa la probabilità che una particolare malattia
si sviluppi in un gruppo di persone “esposte” a questo
fattore rispetto ad un altro gruppo con caratteristiche
analoghe ma non esposte

Il fattore di rischio aumenta la probabilità che


l’evento si verifichi

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Es: fumo di sigaretta

Il fumo non è una causa sufficiente di carcinoma del polmone


perché molte persone che fumano muoiono per altri motivi

Il fumo non è una causa necessaria, visto che il carcinoma del


polmone può verificarsi anche in assenza di fumo

Il fumo è un fattore di rischio di carcinoma del polmone,


perché aumenta la probabilità di sviluppare il carcinoma

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Associazioni causa – effetto. Una premessa.

• L’approccio sperimentale, che è quello su cui si basa la


moderna ricerca, è proponibile solo per interventi preventivi e
curativi e sotto precise condizioni di eticità
• Non è possibile applicarlo allo studio dei fattori di rischio (in
campo animale sì ….)
• Bradford Hill nel 1965* ha proposto una serie di criteri per il
riconoscimento dei nessi causali entro gli studi osservazionali,
cioè non sperimentali
• Derivano in parte dai classici criteri di causalità già elaborati
da Bacone e Stuart Mill:
– riproducibilità delle osservazioni in contesti differenti,
– coerenza interna delle osservazioni
– presenza di una proporzionalità fra causa ed effetto.

* Environment and disease: Association or causation” in Proceeding of the Royal Society of Medicine, 1965 pp 295-300
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Nell'ambito della sua imponente costruzione di logica deduttiva e induttiva, J.S. Mill elaborò, attorno alla metà
del XIX secolo, una serie di regole su cui basare la dimostrazione della causalità. Nell'opera originale di
Mill le regole, dette canoni, sono princìpi di ragionamento induttivo che si applicano agli eventi sperimentali
in genere.

Da: Quaderni di epidemiologia, Bottarelli, Parma

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Per le malattie infettive

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30/10/2018 LV
How do we determine what are physical, chemical and psychological
hazards of occupation, and in particular those that are rare and not
easily recognized?
In what circumstances can we pass from
this observed association to a verdict of
causation?
Upon what basis should we proceed to do
so?

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Criteri di causalità di Bradford Hill (1965)

1. Forza o grado dell’associazione (Strength)


2. Consistenza (Consistency)
3. Specificità dell’associazione (Specificity)
4. Sequenza temporale (Temporality)
5. Relazione dose/risposta (Biological gradient)
6. Plausibilità biologica (Plausibility)
7. Coerenza (Coherence) ….(+experiment and analogy)
8. Reversibilità
9. Assenza di fattori di confondimento
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1. Forza o grado dell’associazione
Rappresenta la maggior incidenza della malattia in studio nel gruppo
degli esposti al fattore di rischio considerato rispetto ai non esposti.
Corrisponde al valore del Rischio Relativo (RR)

In linea di principio,
associazioni molto forti
(rischi relativi superiori a
3–5) sono in genere
causali, poiché è poco
verosimile che tali
associazioni derivino
soltanto da distorsioni o da
errori sistematici. D’altra
parte, è difficile definire
una relazione di causalità
attraverso studi
RR 8.1 19.9 32.4 epidemiologici
osservazionali in presenza
di rischi relativi
dell’ordine di 1.2–1.5, o,
più in generale, inferiori a
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2.
2. Misure di effetto
1 Forza o grado dell’associazione

Possibili valori del rischio relativo

RR = 1 il numeratore (incidenza negli esposti) è uguale al


denominatore (incidenza nei non esposti). Non c’e alcuna
differenza tra esposti e non esposti. Il fattore non ha influenza
nello sviluppo della malattia.

RR > 1 Il numeratore è più grande del denominatore, cioè


l’incidenza è maggiore negli esposti. Il fattore è associato alla
malattia (o evento).
(Es: RR = 2 significa che gli esposti hanno un rischio doppio
di sviluppare la malattia rispetto ai non esposti)

RR < 1 Il fattore è un fattore protettivo

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2. Consistenza
Si verifica quando l’ipotesi in studio (associazione tra fattore di rischio e
malattia) viene evidenziata in diversi studi epidemiologici, condotti in realtà
geografiche diverse, da ricercatori diversi.
Concordanza tra studi indipendenti

Un singolo studio epidemiologico raramente può provare in modo definitivo la causalità di


un’associazione; occorrerà in ogni caso disporre sia di evidenze da altri studi epidemiologici
possibilmente su popolazioni diverse, sia di informazioni da altre discipline per poter giungere a un
giudizio definito di causalità. Si tratta ancora una volta di sottolineare l’interdisciplinarietà
dell’inferenza e del processo conoscitivo medico e biologico

Discende da questo concetto il moderno utilizzo della tecnica della


Meta-analisi

La meta-analisi è una tecnica clinico-statistica, che consente di assemblare i


risultati di più trial (meglio se sperimentazioni cliniche controllate) di uno stesso
trattamento in un unico risultato cumulativo.

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3. Specificità dell’associazione

Questo assunto è valido nel campo delle malattie infettive


dove generalmente gli agenti eziologici manifestano gli effetti su un organo
bersaglio.
Nell’ambito delle malattie cronico-degenerative è rara la specificità,
ma, se è presente, rende più “forte” l’associazione.

In linea di massima è più plausibile che sia causale un’associazione che lega un
fattore di rischio (anche raro) con una condizione patologica molto specifica
(Es: esposizione a cloruro di vinile angiosarcoma epatico;
amianto mesotelioma pleurico)

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4. Sequenza temporale
Il presunto fattore di rischio deve sempre precedere temporalmente
l’insorgenza della malattia.
Il tempo passato dall’inizio dell’esposizione deve essere compatibile con i
meccanismi biologici noti.

La causa deve sempre precedere l’effetto

Considerazioni (Carlo La Vecchia) Nonostante ciò possa apparire


ovvio, vi sono situazioni in cui stabilire se sia avvenuta prima l’esposizione o la malattia è
estremamente complesso.

Esempio: L’agranulocitosi può essere stata indotta dagli stessi farmaci che vengono
utilizzati per curarne i sintomi (angina, febbre), per cui stabilire se sia avvenuto prima il
sintomo o la malattia è evidentemente cruciale per definire la sequenza temporale e
conseguentemente la relazione causale.
(International Agranulocytosis Aplastic Anemia Study, 1986)

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5. Relazione dose/risposta
Prevede un aumento dell’effetto all’aumentare dell’esposizione.
E’ strettamente correlata alla Forza dell’associazione

N.B.
Quando il fattore di rischio è una variabile non quantitativa (es: razza, sesso, familiarità) non è
applicabile.

La presenza di gradienti dose-


rischio e durata-rischio
rappresenta una forte
evidenza a favore della causalità
di un’associazione.

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Occorre ricordare d’altra parte, che è sempre necessario
tenere separati i due fattori, dose e durata, perché il loro
effetto biologico è spesso quantitativamente molto diverso.

Dose e durata – esempio fumo e ca. del polmone

l’effetto della durata è di gran lunga più importante di quello della dose
nella relazione tra fumo di sigarette e cancro del polmone: un medio
fumatore per una durata di 45 anni ha infatti un rischio più che doppio
rispetto a quello di un forte fumatore per 30 anni, nonostante il numero
totale di sigarette fumate durante la vita sia analogo.

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6. Plausibilità biologica
E’ la possibilità logica, secondo le conoscenze scientifiche, culturali, tecniche
del momento, che l’esposizione in studio possa causare la malattia

Si basa comunque sulla formulazione di ipotesi che devono essere


supportate dalla ricerca scientifica

Talvolta può precedere, ma spesso seguire, l’evidenza epidemiologica. Ad esempio,


evidenze certe da sperimentazioni animali che il fumo di sigarette fosse cancerogeno
sono state ottenute diversi anni dopo la pubblicazione di dati epidemiologici. Infatti solo
alla fine degli anni ’50 è stato possibile estrarre l’insieme delle sostanze cancerogene dalle
sigarette (il cosiddetto catrame o condensato), (Cornfield et al., 1959; Wynder, 1961; U.S. Department
of Health and Human Services, 1982).

30/10/2018 LV
7. Coerenza

L’esistenza di una coerenza interna è uno degli argomenti di base per stabilire
la causalità di un’associazione. Quando non vi sia associazione significativa
nella globalità della popolazione, ma soltanto in alcuni sottogruppi
(mentre, evidentemente, altri sottogruppi mostrano associazioni in senso
inverso) occorre sempre essere scettici nell’interpretare (e leggere) i risultati
di uno studio. In linea generale, soltanto in presenza di un’associazione
globale, sarà consentito passare alle analisi di sottogruppi, e sempre
sulla base di ipotesi biologiche a priori. Le associazioni casualmente emerse
a posteriori in uno studio devono invece restare nel campo delle formulazioni
di ipotesi, piuttosto che in quello delle inferenze di causalità (per essere confermate
necessitano quindi di studi ad hoc).

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8. Reversibilità

Gli interventi volti alla rimozione della causa, dovrebbero in un certo periodo
di tempo portare alla riduzione dell’incidenza della malattia

9. Assenza di fattori di confondimento


Non devono essere presenti fattori di rischio della malattia associati anche
all’ esposizione in studio

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Forza dell’associazione Fumo – ca. del polmone

- Più anni di abitudine al fumo di sigaretta

- Più alto è consumo giornaliero di sigarette


maggiore è la frequenza con cui si sviluppa il tumore

- Il tumore è nettamente più frequente negli esposti

- Diversi studi in diverse parti del mondo, identici risultati

- Plausibilità biologica.

- Rimozione del fattore di rischio, dopo lunga fase di latenza,


riduce l’incidenza
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Gli studi epidemiologici

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FASI DI UNO STUDIO
EPIDEMIOLOGICO

 Disegno dello studio


• Conduzione
• Analisi dei risultati
• Conclusioni
• Comunicazione dei risultati

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DISEGNO DI UNO STUDIO
EPIDEMIOLOGICO

 Revisione della letteratura

• Obiettivi
• Metodi
• Campionamento
• Raccolta dei dati
• Eventuale studio pilota

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(da Signorelli, 2011)
30/10/2018 LV
(da Signorelli, 2011)

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Campionamento

Selezionare un campione rappresentativo


della popolazione bersaglio

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Validità interna ed esterna di uno studio

Popolazione esterna Tutte le donne malate


(Universo) di tumore al seno

Donne con tumore


Popolazione di riferimento al seno ricoverate in 5
(Popolazione target) Aziende ospedaliere italiane

Campione
Campione di 500
donne
Validità Validità ricoverate Validità Validità
interna esterna nelle 5 AO interna esterna

Validità interna: corretta selezione,


Numero sufficiente del campione

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Validità esterna:
LV
considerazioni di tipo
(Signorelli, 2011) demografico, sociale, culturale
Campione randomizzato

• Semplice
• Stratificato
• A cluster

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20 ospedali

Ogni ospedale 4 cliniche


Ogni clinica 3 reparti
Ogni reparto 20 operatori

Ogni ospedale 240 operatori

Totale 4.800 operatori

Campione = 20% = 960 operatori

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Esemplificazione dei principali tipi di campionamento

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Campionamento semplice: numeri casuali

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Campionamento stratificato

Reparto 1: 1600 operatori 320 operatori


Reparto 2: 1600 operatori 320 operatori
Reparto 3: 1600 operatori 320 operatori

20% = 960 operatori

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Esemplificazione dei principali tipi di campionamento

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Campionamento a cluster

Vengono randomizzati 4 ospedali tra i 20 e


vengono esaminati tutti gli operatori

240 x 4 = 960 operatori

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Esemplificazione dei principali tipi di campionamento

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Raccolta dei dati
epidemiologici

• Documenti già esistenti

• Misurazioni individuali
• Interviste tramite questionario
• Compilazione di diari
• Osservazione diretta
• Misurazioni ambientali

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Obiettivi di un questionario

• Misurare le variabili essenziali per gli obiettivi


• Minimizzare l'errore di queste misure
• Creare uno strumento d'uso per intervistatore
e intervistato

(Bruce et al, 1995)

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Disegno di un questionario

• Decidere quali dati sono necessari


• Scegliere le singole domande
• Usare un linguaggio adeguato
• Scegliere un'idonea forma grafica
• Predisporre bozza
• Studio pilota con valutazione
• Stesura versione finale
• Conduzione dello studio

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Tipi di questionario
• Con intervista
– “faccia a faccia”
– telefonico
• Autosomministrato
– Per posta
– Via e-mail
– Via web

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Tipi di domande (I)
• Aperte
– Non prevedono risposte preformulate
– Sono usate principalmente nella ricerca qualitativa, nei
focus groups, all’inizio di un’indagine epidemiologica
– Dovrebbero essere usate quando non esiste un range finito
(e ragionevole) di risposte alternative
– Sono molto soggette all’influenza dell’intervistatore
– Difficilissime da analizzare soprattutto quando si vogliono
confrontare 2 o più gruppi

LV 30/10/2018
Tipi di domande (II)

• Chiuse
– Le risposte sono semplici e veloci
– Semplici da codificare e da analizzare
– Permettono confronti multipli
– Se costruite male possono portare ad una perdita
di informazione

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I 10 PASSAGGI PER COSTRUIRE UN
QUESTIONARIO (I)
1. Scrivere il protocollo di studio
1. Revisione della letteratura
2. Definizione delle ipotesi e degli obiettivi
3. Definizione delle informazioni necessarie
2. Definire il piano di analisi
1. Identificare le misure di associazione ed i test statistici
che si intendono usare
2. Se possibile impostare le tabelle dei risultati
3. Scrivere la lista delle informazioni necessarie specificando il
tipo e il formato delle variabili
4. Disegnare le diverse parti del questionario
LV 30/10/2018
I 10 PASSAGGI PER COSTRUIRE UN
QUESTIONARIO (II)
5. Scrivere le domande, tenendo conto del livello culturale, della
popolazione target, a cui va in ogni caso adattato
1. Domandare un’informazione alla volta
2. Fare domande precise
3. Non fare domande in cui sia sottointeso un giudizio negativo da parte
dello sperimentatore
4. Evitare di suggerire le risposte
5. Essere il più semplici possibili
6. Evitare abbreviazioni
7. Fornire la possibilità di risposte esclusive ed esaustive
6. Definire l’ordine delle domande
1. In generale partire da quelle più semplici
2. Posizionare i quesiti fondamentali nella seconda parte del
questionario, ma mai come ultima domanda
LV 30/10/2018
I 10 PASSAGGI PER COSTRUIRE UN
QUESTIONARIO (III)

7. Completare il questionario
1. Aggiungere le istruzioni di compilazione
2. Inserire chiaramente gli eventuali salti tra le domande
8. Verificare il contenuto e lo stile delle domande
1. Ogni possibile risposta che il questionario vuole indagare deve
avere la domanda opportuna
2. Le domande non devono essere ambigue, devono essere
semplici e corte
9. Condurre uno studio pilota
10. In base ai risultati dello studio pilota, apportare le eventuali
modifiche

LV 30/10/2018
• Nota bene
Soprattutto se inviato per posta/autosomministrato,
il questionario deve essere accompagnato da una
lettera di introduzione che deve contenere informazioni su:

• Sperimentatore e nome dell’istituzione che raccoglie i dati


• Motivo dell’indagine
• Come e perché è stato ottenuto il nominativo in indirizzo
• Dove e quando è possibile contattare lo sperimentatore

LV 30/10/2018
Caratteristiche delle diverse metodiche di indagini tramite questionario

Tipi di Vantaggi Svantaggi Applicabilità


somministrazione

Interviste “faccia a - Rispondenza migliore - Variabilità intervistatori - Questionari lunghi


faccia” - Maggiore - Difficoltà a reperire i e complessi
collaborazione soggetti selezionati
dell’intervistato - Imbarazzo e diffidenza
- Facilità di porre le al contatto diretto
domande complesse - Costi degli intervistatori

Indagini telefoniche - Esecuzione rapida - Costi delle telefonate - Questionari


- Minor imbarazzo per - Variabilità intervistatori semplici e brevi
l’intervistato - Campionamento
difficile
Questionari - Migliore garanzia di - Rispondenza inferiore - Questionari
autosomministrati anonimato - Ridotto controllo semplici e brevi
-.Modalità di condizioni ambientali - Domande
somministrazione - Possibile inversione imbarazzanti
standard ordine domande
- Bassi costi - Difficile dare
spiegazioni agli
intervistati
30/10/2018 LV (da Signorelli, 2011)
Esempi di domande

Domanda aperta Domanda chiusa


Dove è nato? Ha vissuto in Italia
............……. negli ultimi 5 anni?
• SI
• NO
Domanda semiaperta
Qual è il suo stato civile?
 Celibe/Nubile

 Coniugato/a

 Altro....................
30/10/2018 LV
Esempi di domande

Tutte le possibili risposte


Pensa che l’HIV possa essere
trasmesso donando il sangue?
 Si

 No

 Non so

 Non capisco la domanda

30/10/2018 LV
Esempi di domande
• Qual è l’intensità del dolore
– Fortissimo
– Forte
– Medio
– Scarso
– Assente
X
Assente Insopportabile

30/10/2018 LV
Esempi di domande: attenzione!
Domanda ambigua

Ha mai effettuato il test HIV?


 Si
 No

Qual è stato il risultato del test?


 Positivo

 Negativo

30/10/2018 LV
GLI STUDI EPIDEMIOLOGICI
(classificazione)

30/10/2018 LV
• EPIDEMIOLOGIA DESCRITTIVA:
– DESCRIZIONE DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SALUTE E
DELLA MALATTIA PER ETA’, SESSO, AREA GEOGRAFICA,
ETNIA, PERIODO STORICO ECC.
• EPIDEMIOLOGIA ANALITICA
– SPIEGAZIONE DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SALUTE E
DELLA MALATTIA IN TERMINI DI FATTORI DI RISCHIO
(DETERMINANTI) STUDIANDO INDIVIDUI COINVOLTI IN
EPISODI DI MASSA

30/10/2018 LV
Le 2 tipologie principali di studio epidemiologico sono:

1) STUDI OSSERVAZIONALI, dove non è previsto


l’intervento da parte del ricercatore; si basano
sull’osservazione di quanto accade nella realtà, senza
modificare gli eventi oggetto di studio;

2) STUDI SPERIMENTALI, dove si vuole valutare l’effetto


di un qualche mutamento introdotto dal ricercatore
per modificare l’andamento di un fenomeno o il
suo impatto sulla popolazione.
30/10/2018 LV
Gli studi epidemiologici sono classificabili, in base alla metodologia applicata in:

METODI
• STUDI DESCRITTIVI BASATI SU
DATI CORRENTI CHI, DOVE, QUANDO

• STUDI ANALITICI BASATI SU DATI AD


HOC FINALIZZATI A SAGGIARE
PREDEFINITE IPOTESI EZIOLOGICHE PERCHE’

CONFRONTANDO
– MALATI E NON MALATI
– ESPOSTI E NON ESPOSTI
30/10/2018 LV
CLASSIFICAZIONE
• STUDI OSSERVAZIONALI
– STUDI DESCRITTIVI
• A. CASE-REPORT
• B. ANALISI DI STATISTICHE CORRENTI
• C. ECOLOGICI DI CORRELAZIONE
• D. TRASVERSALI (DI PREVALENZA)
– STUDI ANALITICI
• CASO-CONTROLLO
• di COORTE

• STUDI SPERIMENTALI
– SPERIMENTAZIONI CLINICHE (RCT)
– SPERIMENTAZIONI SUL CAMPO
– SPERIMENTAZIONI DI COMUNITA’
30/10/2018 LV
Studi descrittivi
• Rappresentano il modello di studio più semplice e
rappresentano di norma il primo passaggio nella
ricerca di relazioni causa-effetto. Pur con i loro
limiti, sono importanti per:
– Rilevare frequenza e distribuzione nello spazio di
eventi sanitari in popolazioni o gruppi di individui;
– Pongono l’attenzione sulle caratteristiche degli
individui (o gruppi di individui) a maggior rischio di
contrarre una malattia;
– Forniscono informazioni utili alla programmazione
delle strutture e dei servizi sanitari;
– Sono generatori di ipotesi da testare con successivi
studi analitici o sperimentali

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A. Case Report – Descrizione di casi o
serie di casi
La descrizione di un caso o di una
serie di casi, pur trattandosi di
osservazioni non sistematiche, sono
spesso le informazioni sanitarie che
possono dare lo spunto investigativo
su possibili nuove epidemie, effetti
collaterali di farmaci e vaccini etc. (Es:
AIDS, SARS). Le ipotesi che emergono
dalla segnalazione non sistematiche di
casi, talvolta anche pubblicate su
autorevoli riviste scientifiche nelle
rubriche case report, possono, quindi,
suggerire ipotesi per studi
epidemiologici sistematici.

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B. Analisi di statistiche correnti

• Raccolta, elaborazione ed analisi di dati


desunti da statistiche disponibili su mortalità,
morbosità e fenomeni sanitari connessi. Si
tratta di dati quasi sempre aggregati:
– Schede di morte,
– Notifiche delle malattie infettive,
– Registri di patologia (es. registro tumori),
– Di frequenza delle prestazioni sanitarie fornite

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C. Studi ecologici (di correlazione)

Aggiungono alla semplice raccolta di statistiche sanitarie correnti


elementi che consentono di correlare dati sanitari e altre variabili
spaziali, temporali e socioeconomiche per poter ipotizzare eventuali
associazioni causali (ma quasi mai sono conclusivi).

Es. associazione tra mortalità giornaliera e livelli di inquinamento


atmosferico, tra vendite di alcolici e patologie epatiche, etc

Rappresentano quindi un primo approccio nell’analisi tra fattori


di rischio e patologie.
Le unità di analisi sono sempre popolazioni e sottogruppi.

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C. Studi ecologici (II)
• Vantaggi
– Dati già raccolti, accessibili
– Attendibili in paesi con validi sistemi di raccolta
– Classificazioni standard facilitano i confronti
• Svantaggi
– Difficile conoscere i denominatori adeguati
– Lunghi tempi di latenza tra raccolta ed elaborazione
– Dati troppo aggregati
– Sottostima dei fenomeni per omissione delle segnalazioni

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Esempio di studio ecologico: analisi di serie temporali per valutare l’associazione tra
Concentrazione di NO2 e ricoveri urgenti per patologie respiratorie presso AOSP Parma.

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D. Studi trasversali ( o di prevalenza)
In inglese: prevalence studies, survey, cross-sectional studies
Si utilizzano per misurare la prevalenza di una malattia o altra condizione in
una popolazione o in un campione rappresentativo di essa. Rappresenta una
fotografia del gruppo di persone esaminate.
Sono spesso utilizzate per una valutazione iniziale. Ma non permettono di
stabilire un nesso di causalità essendo privi della dimensione tempo.
Es: malattia mentale e classe sociale. Molti studi di prevalenza evidenziano
l’associazione tra bassa classe sociale (determinante, fattore di rischio) e
malattia mentale. Ma non potrebbe essere vero che soggetti con disturbi
mentali tendono a scendere nella scala sociale dove vengono individuati al
momento dell’indagine?
Non utilizzabile per condizioni rare o per malattie di breve durata (es alcune
malattie infettive)
Molto utile nelle malattie croniche, per studiare la distribuzione di condizioni
frequenti e di lunga durata, ma mal rappresentate dalle statistiche sanitarie
correnti (es. ipertensione, bronchite cronica ecc.)
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Un esempio di indagine di prevalenza

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Passi a colpo d'occhio
Avviato nel 2005 come sperimentazione di metodi utili per la sorveglianza
dei fattori comportamentali di rischio e per il monitoraggio dei programmi di
prevenzione delle malattie croniche, Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie
per la Salute in Italia) è un progetto del ministero della Salute e delle
Regioni/P.A. che ha l’obiettivo di mettere a disposizione di tutte le Regioni e
Aziende sanitarie locali (Asl) del Paese una sorveglianza dell’evoluzione di
questi fenomeni nella popolazione adulta. Con una peculiarità unica: tarare
questo strumento soprattutto per un utilizzo dei dati a livello locale,
direttamente da parte di Asl e Regioni.

La sorveglianza Passi si caratterizza come una sorveglianza in sanità pubblica che


raccoglie, in continuo e attraverso indagini campionarie, informazioni dalla
popolazione italiana adulta (18-69 anni) sugli stili di vita e fattori di rischio
comportamentali connessi all’insorgenza delle malattie croniche non
trasmissibili (non solo) e sul grado di conoscenza e adesione ai programmi di
intervento che il Paese sta realizzando per la loro prevenzione
http://www.epicentro.iss.it/passi/
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Numero Percentuale

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Utile in programmi di “monitoraggio” e intervento per:
 Valutare la situazione iniziale
 Valutare l’impatto di un programma di intervento (es: Infezioni ospedaliere)

Es,.Indagini di sieroprevalenza
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D. Studi trasversali ( o di prevalenza)

• Obiettivi
– Descrivere la prevalenza di un fenomeno in una popolazione
– Ottenere informazioni sui bisogni della popolazione in studio
• Vantaggi
• Libera scelta della popolazione da cui selezionare il
campione
• Scelta dei metodi di indagine (es: questionari, accertamenti
clinici)
• Breve durata, relativamente poco costosa
• Svantaggi
• Non si addice a malattie molto rare o di breve durata
• Non fornisce indicazioni sull’incidenza
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CLASSIFICAZIONE
• STUDI OSSERVAZIONALI
– STUDI DESCRITTIVI
• A. CASE-REPORT
• B. ANALISI DI STATISTICHE CORRENTI
• C. ECOLOGICI DI CORRELAZIONE
• D. TRASVERSALI -DI PREVALENZA (Per alcuni, questi vanno inseriti
tra gli studi analitici)

– STUDI ANALITICI
• CASO-CONTROLLO
• di COORTE

• STUDI SPERIMENTALI
– SPERIMENTAZIONI CLINICHE (RCT)
– SPERIMENTAZIONI SUL CAMPO
– SPERIMENTAZIONI DI COMUNITA’
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Studi analitici (schema generale)

• Studi caso-controllo
– 1 patologia o gruppo di patologie
• Diversi tipi di esposizioni

• Studi di coorte
– 1 esposizione o gruppo di esposizioni
• Diverse patologie/reazioni avverse

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STUDI CASO-CONTROLLO

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Studi caso - controllo
Insieme agli studi di coorte, consentono di indagare il ruolo
eziopatogenetico di eventuali fattori di rischio

Valutazione dell’esposizione a uno o più fattori di rischio in


due gruppi: quelli malati (i casi) e quelli non malati (i
controlli).
La misura è l’Odds ratio (OR)

ORDINE: EXP MALATTIA

NON SI CALCOLA L’INCIDENZA


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Un po’ di storia – alcune considerazioni

• Il processo di indagine negli studi caso-controllo


ricorda molto da vicino il processo anamnestico
alla base della formulazione di ipotesi
diagnostiche e strategie terapeutiche.
• L’obiettivo dello studio è la ricostruzione della
storia dell’esposizione a particolari fattori di
rischio presenti nel gruppo dei casi ma non in
quello dei controlli
• Le notizie raccolte (di solito attraverso un
questionario) portano in ultima analisi alla
conferma o meno di ipotesi eziologiche.

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• Numerose indagini cliniche e diversi studi sociologici
nella prima metà del 1900, possono essere ricondotti
alla metodologia degli studi caso-controllo (Es.
indagini su tossinfezioni)
• Il primo studio metodologicamente corretto fu
pubblicato nel 1926 e riguardava il carcinoma della
mammella.
• Nel 1950* vengono pubblicati 4 studi “retrospettivi”
sul carcinoma del polmone e il fumo di sigaretta, 3 in
US e 1 in UK (Doll e Hill).

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• “A further report on cancer of the breast:
reports on public health and medical subjects”
Janet Lane Claypon, 1926.

• Furono intervistate 1000 donne, 500 casi (cioè donne con ca.
della mammella) e 500 controlli a Londra e Glasgow, simili per
età e classe sociale.

• Tra i casi fu riscontrata un’elevata prevalenza di donne non


coniugate e, tra le coniugate, una bassa fertilità.

• Fu messo in evidenza per la prima volta il recall bias “It is


evident that a woman who has sufferred from a trouble so
serious as to require the removal of the breast and the
surrounding tissues will be likely to search in her memory for
some antecedent causative agent, or event”.

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• Doll R, Hill AB. Smoking and carcinoma of the lung. BMJ
1950; 221(ii): 1271-1986.

• “Smoking is an important factor in the cause of carcinoma of


the lung” pp 491.

• Casi incidenti di tumori del polmone, stomaco, colon-retto


provenienti da 20 ospedali di Londra tra aprile 1948 e ottobre
1949.
• Controlli ospedalieri appaiati per sesso ed età.

• Esposizione: fumo di sigaretta e/o pipa come “soggetto che ha


fumato almeno una sigaretta al giorno per un anno” declinato in:
• Fumato/mai fumato
• Età di inizio / età di fine
• Quantità prima di essere ricoverati in ospedale
• Variazioni più importanti
• Proporzione di fumo di pipa e sigaretta
• Inalazione fumo si/no

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Obiettivi
• Tenendo conto che i risultati della ricerca
epidemiologica, rispetto a quelli sperimentali si
applicano direttamente agli esseri umani….

1 Stimare in modo valido e ragionevolmente preciso la


forza di almeno una delle relazioni causa-effetto
ipotizzate.
2 Identificare l’eventuale interazione tra più fattori di
rischio
3 La generalizzazione dei risultati dipende dalla validità
riscontrata in più studi

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• Il vantaggio di uno studio caso-controllo
rispetto ad altri studi epidemiologici è la
quantità di informazioni che si possono
acquisire.
• Possono essere infatti valutate
contemporaneamente diverse ipotesi causali
sia vecchie che nuove.
• Inoltre permette di indagare sia l’interazione
che il confondimento .

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• Alla base della quantità delle informazioni raccolte,
sta il numero generalmente elevato di soggetti
malati che sono arruolati in uno studio caso-
controllo
• Questa “concentrazione di malattia” generata
dall’arruolamento di casi incidenti permette inoltre
di aprire una “finestra temporale” sulle
caratteristiche della malattia in studio nella
popolazione.

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Nel disegno dello studio ci sono sempre 2 gruppi di soggetti:

ESPOSTO
PERSONE CON
TEMPO  I malati (o affetti dalla
EVENTO (CASI)
NON condizione in studio) = CASI
ESPOSTO

POPOLA
ZIONE

ESPOSTO PERSONE  I non malati (differiscono dai


TEMPO SENZA EVENTO casi solo perché NON hanno
NON (CONTROLLI) la malattia) = CONTROLLI
ESPOSTO

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1) La definizione di caso deve essere ben specificata nel
protocollo d’indagine
Di solito si preferiscono i nuovi casi

2) I controlli, che devono avere le stesse caratteristiche dei casi,


possono essere scelti in 2 modi:
- Tecnica dell’appaiamento
- Scelta di un gruppo di controllo che globalmente abbia le
stesse caratteristiche del gruppo dei casi

Il fine dell’analisi statistica è stabilire se, in passato, i casi siano


stati esposti in modo diverso rispetto ai controlli ad uno o più
fattori di rischio
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Partendo dai casi (malati) e dai controlli (non malati),
si costruisce una tabella 2 x 2 per verificare l’associazione
tra la malattia e il presunto fattore di rischio

Malati Non malati L’associazione tra malattia e


Totale fattore di rischio è presente
(M+) (M-)
quando la percentuale degli
Esposti
a b esposti tra i casi (a/a+c)
(Exp +) è significativamente maggiore
Non esposti
della percentuale degli esposti
(Exp -)
c d nel gruppo di controllo (b/b+d)

Totale a+c b+d N


E quindi l’OR è > 1
ODDS RATIO (OR)
Rapporto crociato; E’ una stima del RR per malattie rare
OR = a x d / b x c

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Spiegazione matematica
Gli odds sono rappresentati dal rapporto fra il numero di volte in cui l'evento si verifica (o
si è verificato) ed il numero di volte in cui l'evento non si verifica ( o si è verificato).

Calcoliamo gli odds (odds = p a favore / p contro) di esposizione nel gruppo dei casi e gli
odds di esposizione nel gruppo dei controlli, e poi ne facciamo il rapporto Odds Ratio.

Odds di esposizione nei casi (a+c)


[a/(a+c)]/[c/(a+c)] = a/c

Odds di esposizione nei controlli (b+d)


[b/(b+d]/[d/(b+d)]= b/d

Odds di esposizione nei casi


Odds ratio = Odds di esposizione nei controlli

Odds ratio = (a/c)/(b/d) = ad/bc


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Esempio: calcolo dell’OR da uno studio caso-controllo sull’associazione
tra fumo e malattie cardiovascolari

Malati Non malati Totale


casi controlli
Esposti 112(a) 176(b)
Al fumo
Non esposti 88(c) 224(d)
Al fumo
Totale 200 400 N
(a+c) (b+d)

Proporzione (percentuale) di fumatori tra i casi : 112/200 = 56%


Proporzione (percentuale) di fumatori tra i controlli: 176/400 = 44%

ad 112 x 224
ODDS RATIO = = = 1,62 (IC95% 1,15 – 2,28)
bc 176 x 88

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• Obiettivi
– Valutare il ruolo di uno o più fattori di rischio nell’eziopatogenesi di una
malattia
• Vantaggi
– Stimare il rischio relativo attraverso l’OR
– E’ organizzativamente più semplice e rapido di uno studio di coorte
– Può essere utilizzato per malattie rare
– Consente di indagare contemporaneamente più fattori di rischio
Svantaggi
– Non permette di calcolare incidenza e/o prevalenza
– Non è adatto se il fattore di rischio è poco frequente nella popolazione
studiata
– E’ difficile quantificare l’esposizione pregressa
• Bias (errori) più comuni
– Difficile selezione di casi e controlli
– Atteggiamenti psicologici e ricordi diversi di casi e controlli (recall bias)
– Atteggiamenti diversi degli intervistatori
– Se si utilizzano casi prevalenti, questi potrebbero avere caratteristiche
diverse x maggiore sopravvivenza

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STUDI DI COORTE

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Studi di coorte
Gruppi di esposti e non esposti a uno o più fattori
di rischio vengono seguiti nel tempo per valutare
l’incidenza o mortalità di una o più malattie

misura = RISCHIO RELATIVO RR

ORDINE: EXP MALATTIA

Permettono di calcolare tutte le misure epidemiologiche che


includono il tempo come elemento essenziale (INCIDENZA)
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• A partire dagli anni ’50 gli studi di coorte hanno
preso in considerazione gruppi di individui selezionati
in base a qualche variabile di interesse (o con
qualche caratteristica in comune, luogo di residenza,
occupazione, stili di vita, esposizione) e seguiti nel
tempo per vedere se incidenza e mortalità variano in
associazione alla variabile di interesse (studi
prospettici).

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J. Last: A Dictionary of Epidemiology, 2 ^ ed. (26)

COHORT STUDY: metodo di studio epidemiologico in cui


vengono identificati sottogruppi di una definita popolazione
che sono stati, sono, o saranno esposti, o non esposti, o
esposti in modo differente, ad uno o più fattori che possono
influenzare la probabilità di occorrenza di una determinata
malattia (o altro evento)

Termini alternativi: studio di follow-up, studio longitudinale,


studio di incidenza, studio prospettico, ...

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Elementi che caratterizzano lo studio di coorte in
epidemiologia

1. viene identificato un gruppo di soggetti dei quali è nota (o in


qualche modo ricostruibile) l'esposizione (o la condizione che è
considerata, o ipotizzata, causa di un determinato effetto)
2. il gruppo è seguito nel tempo (da T0 a Tx) e vengono registrati gli
eventi sanitari di interesse (mortalità, incidenza, ...)

3. si cerca di evidenziare un eventuale legame tra l'esposizione e


l'insorgenza della malattia (o della condizione allo studio)

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Lo studio di coorte è uno studio che si muove nella direzione che
va dalla causa all'effetto,

CAUSA EFFETTO

pertanto pur essendo uno studio di tipo osservazionale è quello


che più si avvicina ad una strategia di tipo sperimentale (cioè:
somministrazione di un agente "tossico" ad un gruppo di
individui privi di malattia, follow-up nel tempo degli individui,
registrazione degli eventuali effetti "nocivi", confronto con
individui senza agente tossico).

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• In generale una coorte è un gruppo di soggetti
definiti da una comune caratteristica che li vincola al
gruppo per sempre.

• Gli esempi più tipici sono:


– soggetti nati nello stesso anno (o periodo)
– lavoratori assunti presso una certa ditta
– Persone presenti nell'area dove si è verificato un incidente
chimico o nucleare
– pazienti che hanno sperimentato una determinata
condizione o malattia

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In tutti i casi lo studio di coorte fornisce misure di incidenza sotto
forma di tassi (di incidenza o mortalità, ad es.), a meno che la
mancanza di informazioni individuali permetta solo il calcolo
di misure proporzionali.

In casi particolari possono essere ottenute anche misure di


incidenza cumulativa sotto forma di probabilità.

I tassi sono gli elementi di base per la valutazione del rischio


associato a una esposizione.

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PERSONE
CON EVENTO
ESPOSTO
PERSONE
SENZA
POPOLA EVENTO
ZIONE IN
STUDIO

PERSONE
CON EVENTO
NON
ESPOSTO PERSONE
SENZA
EVENTO

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A partire dagli anni ’50 gli studi di coorte sono divenuti lo strumento
più importante nello studio dei fattori di rischio per le malattie cronico
degenerative:

• Framingham Heart Study (1949) [studio dei fattori di rischio per


malattia cardiovascolare coorte prospettica (Dawber et al]
• British Doctor Study (1951) [relazione tra fumo di tabacco e
insorgenza di tumore polmonare): coorte prospettica (Doll & Hill]
• American Cancer Society Study [relazione tra fumo di tabacco e
insorgenza di tumore polmonare): coorte prospettica (Hammond e Horn ]
• Dye workers Study [industria chimica inglese. Relazione tra anilina,
benzidina, ..., e tumore della vescica: coorte storica (Case et al.) ]

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https://www.youtube.com/watch?v=VBWGM630zG0
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British Doctor Study

• Sulla base di quanto emerso dagli studi caso-controllo, nel


1950 B. Hill suggerisce uno studio prospettico sui medici
inglesi (coorte).
• Circa 60000 medici
• Più attenti e interessati a rispondere alle domande, facilmente
tracciabili al follow up. “Intento educativo” già presente
• Viene inviato un questionario postale di sole 7 domande
sull’abitudine al fumo. Rispondono in poco meno di 40.000.
• Stesso questionario inviato dopo 10, 20 e 40 anni
• Dopo 5 anni sono già disponibili i primi risultati che
confermano l’associazione fumo-carcinoma ed in particolare
la dose-risposta

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• Nel corso degli anni lo studio continua a fornire dati
(emergono altre associazioni) e si affinano le misure:

• Rischio relativo (Incidenza negli esposti/Incidenza nei non


esposti): corrisponde alla forza dell’associazione e quindi ha
valore in prospettiva eziologica, ma è poco utile per la sanità
pubblica.
• Rischio attribuibile (Incidenza negli esposti – incidenza nei
non esposti): è il numero di casi attribuibile a
quell’esposizione, permette cioè di quantificare il rischio
attribuibile e ad uno specifico fattore

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Fumo-ca. polmone
RR= 355/14=25,36
RA=355-14=341

Fumo-cardiopatie ischemiche
RR=1025/572=1,8
RA=1025-572=453

Il RA dipende dall’incidenza
nella popolazione, cioè, anche
in presenza di RR relativamente bassi,
se la malattia è molto frequente
il numero assoluto di casi attribuibili
sarà elevato

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Framingham Heart Study

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1948 Inizia l’arruolamento
della prima coorte

1971 Inizia l’arruolamento


della seconda coorte

2002 Inizia l’arruolamento


della terza coorte

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Studi di coorte

I problemi principali degli studi di coorte sono 2:

1. Come quantificare l’esposizione (es: questionari sull’abitudine al


fumo, anni lavorati in un’azienda a rischio)

2. Come raccogliere i dati riguardanti gli eventi sanitari in studio


di solito malattia o morte es: schede di mortalità,
registri di patologia

Il vantaggio è comunque quello di poter stimare con


esattezza il rischio

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Malati Non malati Totale
(M+) (M-)
Esposti
(Exp +)
a b a+b
Non esposti
(Exp -)
c d c+d
Totale N

RISCHIO RELATIVO (RR)


Rapporto tra incidenza negli esposti e incidenza nei non esposti
RR = a/(a+b) / c(c+d) = Iexp+ / Iexp -

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Esempio: popolazione di 500 individui seguiti per un periodo di tempo di 10 anni,
al termine del periodo si rilevano 100 casi di malattia. Incidenza 100/500 = 0,2
dividendo la popolazione in esposti e non esposti, si costruisce la tabella 2 x 2
e appare evidente che i 100 casi non sono distribuiti proporzionalmente in esposti
e non esposti:

Malati Non malati Totale


(M+) (M-)
Esposti 70(a) b 200 I exp+ = 70/200 = 0,35
(Exp +) (a+b) I exp- = 30/300 = 0,1
Non esposti 30(c) d 300
(Exp -) 0,35
(c+d) RR = 0,1 = 3,5
Totale N

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Studi di coorte

• Obiettivi
– Calcolare tassi di incidenza e di mortalità delle malattie
– Calcolare il RR e RA attraverso l’analisi delle esposizioni
– Analisi differenziata per livelli e durata delle esposizioni
• Vantaggi
– Calcolo diretto dei tassi di incidenza
– La rilevazione dei fattori di rischio non può essere influenzata
dalla presenza della malattia
• Svantaggi
– Spesso di lunga durata costoso e difficile
– È difficile mantenere costanti nel tempo le modalità di
rilevazione
• Bias più comuni
– Perdite al follow-up

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30/10/2018 LV
Ecologici Trasversali Caso- A coorte
controllo
Malattie rare
++++ - +++++ -
Cause rare
++ - - +++++
Effetti multipli
di un fattore di + ++ - +++++
rischio
Esposizioni
multiple ++ ++ ++++ +++
Relazione
temporale ++ - + ++++++
Misura
dellÕ
incidenza - - + +++++
Lungo periodo
di latenza - - +++ -
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