Quando si parla di igiene o sanità pubblica si pone come obiettivo la promozione della salute delle persone
e la loro tutela, un igienista si occupa di prevenzione delle malattie e promozione della salute.
Prevenzione primaria: soggetti sani, offrire interventi con l’obbiettivo di mantenimento della salute.
Prevenzione secondaria: diagnosi precoce, interventi con l’obiettivo di identificazione di malattie prima
che si verifichino con sintomi, in modo da limitarne i danni che potrebbero causare se diagnosticate in
tempi successivi.
Prevenzione terziaria: soggetti malati, offrire interventi con l’obiettivo di riabilitare un individuo durante e
dopo la malattia.
Tre grandi aree degli igienisti, tre pilastri della sanità pubblica:
Promozione e prevenzione: attuare interventi e misure atte a potenziare i fattori di benessere negli individui
Organizzazione e programmazione sanitaria: programmare e organizzare i servizi e le attività sanitarie in
funzione dei bisogni della popolazione
Epidemiologia: acquisire le conoscenze sulle condizioni sanitarie delle popolazioni (bisogni sanitari), sui
fattori positivi e negativi per la salute e sui meccanismi che ne facilitano od ostacolano le potenzialità di
azione, valutare l’efficacia di interventi sanitari e/o socio-sanitari offerti alla comunità. Epidemiologia
consiste nello studio della diffusione degli eventi sanitari e dei fattori determinanti di tali eventi nelle
popolazioni e nella successiva applicazione di tale studio per il controllo dei problemi sanitari all’interno di
quella popolazione o comunità.
Metodologia epidemiologica serie di metodi e strumenti standardizzati e testati che permette di:
- Raccogliere informazioni su fenomeni sanitari e sulla loro diffusione.
- Individuare i fattori associati ai fenomeni sanitari.
- Identificare e disegnare interventi volti a migliorare le condizioni di salute delle popolazioni.
- Attuare questi interventi per misurarne l’efficacia in condizioni controllate e durante una normale
pratica clinica.
Epidemiologia descrittiva
Aiuta a capire quali sono le priorità e le maggiori difficoltà sanitarie di una popolazione, cerca di capire i
bisogni sanitari (Quanto è diffuso? Quali sono le caratteristiche dei soggetti colpiti? Quanto è diffusa e
come?)
Epidemiologia analitica
Individuare le cause, i fattori di rischio, il fattore protettivo e i fattori prognostici associati ai fenomeni
salute/malattia.
Epidemiologia sperimentale
Valutare e misurare l’efficacia e la sicurezza di interventi sanitari, di prevenzione, di diagnosi, di terapia, di
assistenza, di riabilitazione.
Metodi di misura dei fenomeni sanitari: misurare la frequenza di un evento rappresenta la prima fase di
ogni indagine e valutazione epidemiologica; i dati si possono esprimere secondo:
- frequenza assoluta: numero di casi totali della condizione che si vuole studiare (per capire quanti
sono i soggetti totali di cui ci si deve fare carico). Permette di quantificare il bisogno sanitario, ma
non permette di fare confronti con altre realtà ovvero se si considerano tutti i casi studiati e non solo
quelli che presentano la condizione di interesse (es. 10 affetti da dsa e 20 non affetti da dsa).
- rapporto odds: è un tipo di rapporto che mette in relazione il numero di soggetti che presenta il
fenomeno sanitario che mi interessa studiare e quelli che non lo presentano (es. 10:20 quindi 1:2) si
possono così confrontare più rapporti.
- proporzione: mette in relazione il numero di soggetti che presentano l’evento col numero totale dei
soggetti esaminati quindi il numeratore è incluso nel denominatore (es. 10:30 quindi 1:3), le
proporzioni sono influenzate dal tempo.
- tassi sono caratterizzati da un numeratore (casi affetti dal fenomeno), un denominatore (numero
totale dei soggetti esaminati), un intervallo di tempo durante il quale viene condotta l’osservazione e
un fattore di conversione o moltiplicativo (utile per riferire la frequenza) [R = (E(t) / P) * K].
Tasso di prevalenza: misura e riporta informazioni su tutti i casi del fenomeno che si vuole studiare che
sono presenti in un determinato momento o periodo di tempo all’interno di una popolazione; permette di
fare una fotografia della situazione sanitaria in una collettività, ci da informazioni sulla probabilità di essere
ammalato in uno specifico periodo di tempo se si appartiene a quella popolazione che si sta studiando. A
seconda del periodo di tempo che si considera si può parlare di:
tasso di prevalenza puntuale (momento preciso), si devono considerare tutti i casi di malattia
esistenti in un istante (giornata) e si rapportano al totale dei soggetti esaminati (n. casi esistenti in
un dato istante/tot. Popolazione esaminata cioè sia i casi sani che malati, poi si può calcolare per
un coefficiente K costante).
tasso di prevalenza periodale: si considerano TUTTI i casi di malattia presenti in un dato periodo di
tempo (sia quelli che erano già presenti all’inizio del periodo, sia i casi nuovi), (numero di casi
esistenti nel periodo di tempo/popolazione totale esaminata>moltiplicato per K), questo permette di
avere un quadro più completo. Spesso viene usato per monitorare patologie a decorso cronico;
documenta le dimensioni di una situazione sanitaria in un periodo di tempo prolungato.
tasso di incidenza: misura solo i nuovi casi di una malattia che si manifestano all’interno di un certo
periodo di tempo (follow-up) in una popolazione che all’inizio del periodo di tempo sono sani; a
differenza del tasso di prevalenza non valuta la probabilità di essere ammalato in un determinato
tempo facendo parte di una determinata popolazione, ma calcola la probabilità e il rischio di
AMMALARSI di una determinata malattia in una popolazione in un determinato periodo di tempo,
quindi si contano solo i nuovi casi di malattia.
Esistono diversi tassi di incidenza tra cui:
l’incidenza cumulativa: si calcolano solo i NUOVI casi di malattia in un dato periodo rapportato alla
POPOLAZONE A RISCHIO di sviluppare la malattia (quindi quelli sani a rischio di ammalarsi e non quelli
già ammalati) (n. di nuovi casi in un tempo t/ popolazione a rischio> moltiplicati per una K).
(confronto tra incidenza e prevalenza: la prevalenza misura la probabilità di AVERE una malattia, il
numeratore include sia nuovi che vecchi casi, non sempre richiede un periodo di osservazione detto follow-
up e dipende da quanto dura la malattia. L’incidenza misura la probabilità di prendere/sviluppare la
malattia, il numeratore include solo i nuovi casi, richiede sempre il follow-up e non dipende dalla durata di
una malattia).
Tasso di mortalità complessivo: tutte le morti che si verificano in una determinata popolazione in un
determinato tempo senza distinzione di causa. Mi da le probabilità di morire per una qualsiasi causa
facendo parte di una determinata popolazione. Questo tasso è influenzato dalle misure preventive
(diffusione) che dalle terapie disponibili (gravità).
Tasso di mortalità generale: bisogna conoscere il numero totale delle morti, la numerosità della
popolazione (italiana) e poi dividere i due valori. Infine, moltiplicare il risultato per k (100000).
Tasso di mortalità specifico per causa: considero tutte le morti per una determinata causa e la rapporto alla
popolazione totale del campione a cui sono interessato.
Tasso di letalità è influenzato dall’intervallo di tempo considerato (quanto tempo è trascorso dalla diagnosi).
Rispetto al tasso di mortalità il numeratore rimane lo stesso, cambia invece il denominatore che non è più il
numero generale, ma solo il numero di pazienti con diagnosi. Solitamente si esprime in percentuale, non
dipende dalle misure preventive ma esclusivamente dalla gravità della malattia e dalla terapia disponibile.
I tassi specifici mi permettono di fare confronti tra quello che osservo in gruppi diversi e mi permettono
anche di evidenziare dei fattori che possono influenzare una patologia o la sua guarigione, le cosiddette
misure di associazione. Le misure di associazione ci permettono di capire e calcolare se esiste una
correlazione tra una caratteristica e una patologia. Quanto quel fattore è in grado di affliggere una
condizione o meno.
Rischio relativo: è la misura migliore di associazione. Il RR si può calcolare solo in presenza del tasso di
incidenza o del tasso di mortalità di una specifica patologia, specifico per chi presenta e chi non presenta
un fattore di interesse. Se conosco le due misure posso fare il rapporto. Si possono avere 3 tipologie di
risultati: RR=1 il fattore non ha influenza sulla malattia, RR>1 il fattore è probabile fattore di rischio per la
malattia, RR<1 il fattore è probabile fattore protettivo per la malattia (es. con un RR=1.5 la probabilità di
ammalarsi/morire di coloro esposti al fattore è superiore del 50% della probabilità di quelli non esposti;
RR=3 probabilità 3 volte superiore di quelli non esposti; RR=0,3 probabilità di ammalarsi ridotta del 70%).
Odds ratio: dato che il RR si può calcolare solo se si ha a disposizione il tasso di incidenza o di mortalità di
una patologia per entrambi i gruppi, se non si dispone di essi si può usare un’altra misura di associazione
che può sempre essere calcolata l’odds ratio o OR. L’odds ratio si costruisce calcolando e confrontando
misure alternative di frequenza di un fenomeno: odds o rapporto di probabilità. In molti casi fornisce
un’ottima stima del RR. Nell’odds il denominatore e numeratore cambiano a seconda di cosa si vuole
confrontare; in generale il rapporto è: numero di soggetti con un evento/ numero di soggetti senza evento.
Per esempio, in una tabellina 2x2 si possono calcolare 4 odds diverse (es. Odds di malattia negli esposti>
esposti malati/ esposti sani; odds di malattia nei non esposti> non esposti malati/ non esposti sani; odds di
esposizione nei malati> malati esposti/ malati non esposti; odds di esposizione nei sani> sani esposti/ san
non esposti). Per confrontare le odds si passa all’odds ratio (es. Odds ratio> odds di malattia negli esposti/
odds di malattia nei non esposti; odds ratio> odds di esposizione nei malati/ odds di esposizione nei sani)>
l’odds ratio calcolata a partire da odds di esposizione e odds ratio calcolata a partire dagli odds di malattia
coincidono. Se OR=1 il fattore non ha influenza sulla malattia, se OR> 1 il fattore è un fattore di rischio per
la malattia, se OR<1 il fattore è un fattore protettivo per la malattia.
Epidemiologia analitica: l’epidemiologia descrittiva permettedi formulare ipotesi sulle cause e i fattori di
rischi che possono diffondere una malattia, ma è grazie a studi di epidemiologia analitica che si individuano
le cause, i fattori di rischio e protettivi, i fattori prognostici e la forza con cui agiscono. L’epidemiologia
analitica risponde a quesiti eziologici o di prognosi (risponde alle domande: perché? che cosa?). Ci sono
moltissimi fattori che possono indurre una malattia e poi influenzarne la prognosi, bisogna quindi
individuare le cause e i fattori di rischio delle diverse malattie o dei fattori che influenzano la prognosi
(fattori comportamentali, genetici, individuali, ambientali, biologici, …). Quando si fa un intervento di
epidemiologia analitica si hanno a disposizione diversi approcci e modelli di studio, solitamente si cerca di
agire seguendo questa logica/flusso: se si vuole vedere se un determinato fattore è collegato ad uno
specifico danno/esito di salute si opera cercando di capre quanto è diffuso il fattore nei soggetti che ci
interessa studiare e quanto è diffuso il danno che ci interessa studiare. Si cerca di capire quanto il fattore e
il danno possano essere associati, per calcolare la forza e la misura dell’associazione tra questi due si
utilizzano le misure di associazione RR o OR, inoltre si utilizzano altri tipi di test statistici. Esistono quindi
diversi modelli di studio, i principali sono: studio di coorte, caso controllo e cross-sectional; hanno approcci
diversi e utilizzano diversi modelli e metodi per dare risposte al quesito, ma comunque operano un
confronto tra gruppi diversi.
- Studio di coorte: è il più completo e attendibile, ma è molto lungo a livello temporale ed il più
complesso e costoso. È l’unico modello di studio di epidemiologia analitica che viene condotto
seguendo quello che è il naturale manifestarsi nel tempo degli eventi e dei fenomeni sanitari. Ha un
approccio longitudinale: si parte prendendo soggetti sani ma che presentano il fattore che si vuole
associare alla malattia. Quindi, rispetta la sequenza temporale che c’è tra la causa e l’effetto (la
malattia); avendo un approccio longitudinale permette di calcolare le misure di rischio e di
associazione che includono il tempo (t) nel loro calcolo. Ci sono diversi passaggi per condurre studi
di coorte:
1. Si selezionano dalla popolazione i soggetti privi della malattia (dell’esito sanitario), questi
soggetti vengono valutati e divisi in gruppi (coorti) in base alla loro esposizione al fattore di
interesse.
2. Una volta divisi in coorti i soggetti devono essere seguiti per un periodo di tempo (follow up)
durante il quale si deve organizzare un adeguato sistema di sorveglianza sanitaria che permetta
di registrare tutti i nuovi esisti (casi di malattia per esempio) che si manifestano nei soggetti delle
coorti.
3. Alla fine del periodo di follow up si va a vedere nei diversi gruppi quanto è diffuso il fenomeno
d’interesse (quindi quanti nuovi casi si sono manifestati) e si confrontano i risultati nelle diverse
coorti e si calcolano le misure di associazione e di impatto. Se il fattore è associato alla malattia
si avrà una differenza nei due gruppi, se invece non c’è differenza il fattore non può essere
analizzato. Se è un fattore di rischio le persone esposte presenteranno più esiti della malattia
rispetto ai non esposti, mentre se è un fattore protettivo o che migliora la prognosi le persone
esposte presenteranno meno casi rispetto a quelle esposte. I dati dello studio di coorte possono
essere raccolti nelle tabelline 2*2.
N.B. Ci sono una serie di punti critici durante lo studio di coorte che possono rendere difficile lo studio o far
commettere errori se non svolti con attenzione. Il primo punto critico è l’identificazione e la selezione delle
coorti (durante questa fase si rischiano di commettere errori di selezione dei soggetti), si possono
selezionare gruppi troppo diversi tra di loro in molti aspetti e non solo per l’esposizione ad un determinato
fattore. Un altro punto critico è la valutazione del carico di malattia cioè la presenza dell’esito sanitario nei
soggetti selezionati (si rischiano di commettere errori di misura di informazioni di interesse), cioè prestare
più attenzione alle condizioni di salute di uno dei gruppi per esempio. L’ultimo punto critico è il follow-up e
le perdite durante il periodo di follow up (il periodo di follow-up è il periodo lungo quale si segue i soggetti
delle diverse coorti. La durata del follow-up è influenzata da quanto è diffusa la malattia tra le persone
quindi dall’incidenza della malattia e anche dalle dimensioni del campione. Spesso bisogna inserire nella
durata del follow-up anche il periodo di latenza; quindi, il fatto che la malattia nelle persone esposte non si
presenta subito dopo l’esposizione ad un potenziale fattore di rischio ma ad anni di distanza. Durante il
follow up può succedere che alcune persone abbandonino lo studio e questo porta ad una diversità nei vari
gruppi di coorte rispetto all’inizio dello studio e ciò può alterare i risultati dello studio).