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Biochimica clinica:
Scienza clinica applicata che studia con metodi chimici, fisici e biologici le alterazioni dell’organismo nello
stato di malattia.
Ottiene da campioni biologici, provenienti dal paziente, dati qualitativi o quantitativi che consentono di
ottenere informazioni utili a scopo diagnostico, prognostico e terapeutico.
È una disciplina che va a studiare per poi applicare i biomarcatori facendo analisi su sangue, urine… per
aiutare nella diagnosi il medico.
Biomarcatore (biomarker):
È un indicatore di processi biologici che ci permettono di capire se si è o meno in uno stato di salute.
Identificato nell’ambito della ricerca in biochimica, fisiologia, genetica, microbiologia.
Parametro biologico misurabile e quantificabile che serva da indicatore di processi biologici normali,
patologici o di risposta ad interventi farmacologici.
Può essere considerato un indicatore di endpoint clinico surrogato: tramite misurazioni si arriva alla
conclusione finale (glicemia diabete; quindi la glicemia è un surrogato del diabete, ci consente di
fare una diagnosi per il diabete, è un’associazione costante). Solo se è sempre associato alla malattia è
un surrogato.
Si sta cercando di passare dai marcatori singoli a marcatori globali, che sono integrati.
Vi sono però problemi nell’approccio globale e non si è ancora in grado in molti casi di tradurre i risultati
ottenuti in qualcosa di utile.
- Approccio del singolo biomarker: Validazione di singoli candidati che mano a mano vengono inseriti nei
pannelli diagnostici
- Approccio globale: Grazie a tecnologie “wide” (GEP, NGS, HPLC, risonanza magnetica nucleare,
spettrometria tandem-massa). Strategie di fingerprinting e profiling
Marcatori proteici:
Il proteoma rappresenta lo stato funzionale di una cellula/tessuto/organismo in quel dato momento
Le proteine sono indicatori del fenotipo attuale:
Variazioni quantitative
Modificazioni qualitative:
- Splicing differenziale
- Mutazioni
- Modificazioni post-traduzionali
Marcatori metabolici:
Dipende dallo stato attuale, dall’aspetto metabolico.
Abbiamo bisogno di una rete bioinformatica che ci permetta di integrarli tra loro e capirli.
Approccio classico
La presenza e la concentrazione dei metaboliti nei tessuti e nel sangue correla direttamente con la
situazione funzionale dell’organismo
Sono almeno 7.000
Conoscenza stato delle reti metaboliche in salute e malattia
Rapporto che intercorre fra metaboloma tissutale e metaboloma plasmatico
La variabilità dovuta alla fisiopatologia, responsabile della distribuzione del valore reale, si somma a quella
relativa alla tecnica di misurazione.
Variabilità vera: è la variabilità biologica, non si può modificare ma si può conoscere sempre di più cause
biologiche.
Variabilità indotta: à dovuta a cause tecniche, come vengono fatte e cose. Si può cercare di ridurre cause
tecniche.
Fattori che possono influenzare i valori di riferimento ed i valori delle singole analisi: VARIABILITA’
“VERA”
Variabilità biologica intraindividuale Si effettuano valutazioni longitudinali, studio dell’individuo nel corso
del tempo.
Genetica
Epigenetica
Fisiologia: età, etnia, gravidanza, ciclo mestruale, peso corporeo
Abitudini di vita: alimentazione, fumo, alcol, farmaci, droghe, esercizio fisico
Localizzazione geografica
Ritmo circadiano
Malattia
Variabilità biologica interindividuale trasversali per lo studio della variabilità vera. La valutazione
trasversale è confronto tra individui (ad esempio chi corre e chi sta sul divano).
Genetica
Epigenetica
Fisiologia: età, etnia, gravidanza, ciclo mestruale, peso corporeo
Abitudini di vita: alimentazione, fumo, alcol, farmaci, droghe, esercizio fisico
Localizzazione geografica
Ritmo circadiano
malattia
Tipi di variabili:
1) Variabile continua: glicemia, colesterolemia, acidi grassi… per tutti i parametri che vengono misurati in
maniera quantitativa. Si può rappresentare con la curva di Gauss.
2) Variabile discreta: infezione virale, mutazione, polimorfismo… la risposta o è si o no. Anche in questo
caso dipende da molti fattori.
Valori di riferimento per le variabili continue : Il dato analitico ha valore solo se confrontato con parametri
(valori) di riferimento calcolati in una popolazione ristretta che abbia caratteristiche genetiche e ambientali
confrontabili e omogenee rispetto a quelle del soggetto cui il dato di laboratorio si riferisce.
Metodo definitivo/migliore: fornisce la migliore approssimazione al valore reale, vede il metodo reale.
Può essere un metodo usato dalle grandi ditte per dare riferimenti assoluti per tutti gli altri.
Metodo di riferimento: metodo inaccurato (sbaglia poco) in maniera trascurabile. Usato da centri di
riferimento.
Metodo a errore noto: metodo del quale si conosce l’errore (sistematico). Strumentazioni meno precise
ma si conosce l’errore.
Metodo a errore ignoto: metodo di cui non si conosce il grado di accuratezza. Non si deve usare.
Classificazione fonti di errore:
- Errore casuale: si manifesta a caso. È la sommatoria di piccole cause (alcune risolvibili altre no). Sono
sempre presenti e distribuiti attorno al valor medio secondo una gaussiana. Un errore grande o la
somma di tanti piccoli errori che portano al risultato sbagliato.
Sono quelli che provocano uno scostamento costante tra valore vero e valore stimato
- Errore sistematico: è sempre lo stesso tipo di errore e sposta il dato sempre nella stessa direzione in
maniera costante. È molto utile se si conosce l’errore (se aumenta sempre del 30% si prende il risultato
e lo si riduce di quel 30%). È un errore noto. Sono quelli che si manifestano con uno scostamento
incostante nel tempo e nel segno.
- Errori grossolani: sono dovuti a negligenza dell’operatore
L’errore totale di un metodo analitico è influenzato da: errore casuale + errore sistematico. Può essere
valutato determinando:
variazione della misura nell’ambito della stessa serie
variazione in giorni diversi su uno stesso campione con il medesimo operatore
variazione della stessa analisi eseguita da operatori diversi sullo stesso campione
variazione fra laboratori
Sensibilità analitica:
- È la capacità di un metodo di discriminare tra piccole differenze di concentrazione di un analita
- È data dal rapporto fra la variazione rilevata dal sensore e la variazione della grandezza misurata
- Per una risposta lineare la sensibilità corrisponde alla pendenza della retta
- Dipende dalla risoluzione dello strumento