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La Biochimica Clinica è una disciplina fatta di “segni” o indicatori e rappresenta il linguaggio della vita, ossia

il linguaggio delle cellule.


Ciò che dà vita alle cellule è proprio una serie di reazioni che prendono il nome di “processi metabolici”.
Quindi i “segni” che la biochimica clinica rileva attraverso le tecniche di medicina di laboratorio ha a che
vedere con i processi metabolici e con le reazioni chimiche che avvengono all’interno delle cellule.
La Biochimica clinica è il settore della medicina di laboratorio in cui i metodi della chimica e della biochimica
vengono utilizzati per lo studio delle malattie.
La biochimica clinica non solo monitora i metaboliti di un processo metabolico, ma può anche interessarsi agli
enzimi che sono coinvolti in queste reazioni o che regolano queste reazioni.
La biochimica clinica è parte fondamentale della medicina di laboratorio.
La medicina di laboratorio è quella disciplina che studia in campioni biologici provenienti dall’uomo (anche da
colture cellulari- in vitro, o in vivo sull’uomo- per esempio spettroscopia a risonanza magnetica nucleare, in
silico- biosensori) quei parametri fisico-chimici che possono fornire informazioni su processi fisiologici e/o
patologici che avvengono a vari livelli d’organizzazione strutturale, e quindi di sistemi, d’organi, di tessuti, di
cellule, ed anche di singole molecole(vedi DNA, proteine, ecc.- biologia molecolare clinica).
Quindi la biochimica clinica analizza fluidi corporei,(plasma, urina, liquido pleurico e peritoneale, fluido
cerebro-spinale, saliva e altri), misura le eventuali alterazioni riscontrabili in questi materiali biologici per
studiare, in modo individualizzato, l’effetto della malattia o dei farmaci sui processi biochimici degli organi, dei
tessuti e dei fluidi biologici, raccogliendo dati a favore o contrari, all’ipotesi formulata dal clinico, riuscendo a
valutare numerose e diverse sostanze nel siero e nei liquidi organici.
Inizialmente le finalità della biochimica clinica e della biologia molecolare erano:
 diagnosticare la presenza di malattie
 confermare o escludere un sospetto diagnostico
 lo screening di popolazione

Nel corso del tempo le Principali finalità della Biochimica e Biologia molecolare clinica sono cambiate.
Infatti, si è visto che questa disciplina viene applicata
• Per monitorare la terapia (anche la dietoterapia) o il decorso di una malattia
• Per fornire informazioni prognostiche/statistiche/epidemiologiche
• Per la ricerca delle basi molecolari delle malattie (genetica ed epigenetica)
• Per test di paternità, comunque in ambito forense
• Per identificare eventuali predisposizioni a patologie
•Ruolo nel controllo della posologia dei farmaci
•Rischio lavorativo e tossicologia
•Analisi presenza virus- batteri-microrganismi

I principali processi metabolici di interesse chimico-clinico sono:


 il bilancio idroelettrico e la pressione osmotica
 equilibri acido-base e gas del sangue
 Metabolismo del calcio, dei fosfati e del magnesio
 Metabolismo del ferro e degli elementi oligominerali
 Metabolismo dei carboidrati
 Metabolismo dei lipidi e delle lipoproteine
 Metabolismo delle proteine del plasma
 Metabolismo degli enzimi
 Aminoacidopatie
 Metabolismo dell’acido urico e delle purine
 Sintesi del gruppo eme e porfine
 Catabolismo del gruppo eme e bilirubina

Le funzioni di organi o sistemi di interesse chimico-clinico sono:


 Funzioni del fegato
 Urine e funzioni del rene
 Funzione gastrica
 Funzione pancreatica
 Funzione dell’unità feto-placentare
 Funzione endocrina (tiroide, paratiroide, ipotalamo, ipofisi, corteccia surrenale, gonadi, ecc…)

La Biochimica clinica si occupa di: Chimica clinica, Immunometria, Endocrinologia, Marcatori tumorali,
Determinazione attività anticoagulante, Elettroforesi, Allergologia, Urine etc.
La Biologia molecolare clinica si occupa di:
Analisi del DNA
-PCR qualitativa per ricerca micoplasmi
- Real time PCR per determinazione contaminanti virali
-Real time PCR per determinazione
DNA residuo
Analisi epigenetiche globali e su singoli geni
Analisi di frammentazione e ossidazione del DNA
• Sequenziamento genico
• Identificazione microorganismi (batteri, lieviti e muffe) con sistema MicroSeq
• Test ELISA e Western blotting
• Determinazione contaminanti tromboplastici
• Bioassay

Nel processo logico “di base” gli eventi sono collegati in maniera “deterministica”.
Quando si manifesta un malessere quello che si va a ricercare è l’eziologia della malattia.
L'eziologia, o etiologia, consiste nello studio e nella ricerca delle cause di un determinato fenomeno.
In campo medico, in particolare, l'eziologia indaga i fattori che possono intervenire nell'origine delle malattie,
studiandone l'importanza ed i possibili rapporti di interdipendenza.
Poiché l’eziologia è responsabile dell’alterazione patologica, e quindi della patogenesi, ovvero della genesi o
inizio della malattia.
La malattia può essere evidenziata da dei sintomi e dei segnali che il nostro corpo ci manda oppure può essere
latente, come diverse forme tumorali o malattie virali come quelle date dal virus dell’HIV.
I Segni possono essere di tipo macroscopico come infiammazioni della cute o ulcere esterne o ancora
microscopici come un’alterazione dei valori.
Ogni malattia ha una manifestazione diversa, infatti i segni e i sintomi sono strettamente correlati alla
patogenesi della malattia.
Dunque, se io conosco l’eziologia della malattia potrò fare una diagnosi e di conseguenza associare una terapia
per eliminare o limitare la patologia non eradicando la causa ma allevia i sintomi della malattia.
Ogni molecola presente nel nostro circolo ematico ci dà delle informazioni. Queste informazioni possono essere
categorizzate nella causa della sua presenza che può essere dovuta a tre occasioni:
Transito: scambio della molecola tra differenti “distretti” tramite il sangue
Attività/Funzione: la molecola esercita le sue attività e/o funzioni in circolo
Perdita cellulare: la molecola “nasce” e “muore” dentro una cellula (od un suo organulo, per es. mitocondrio);
ma una piccola parte è tuttavia “perduta” e si ritrova in circolo.
Della molecola che andiamo ad evidenziare possiamo aspettarci delle eventuali modificazioni date
dell’aumento o ad una diminuzione per il suo transito e funzione o un aumento per quanto riguarda la perdita
cellulare.
Per esempio, ci può essere l’aumento o la diminuzione del trasporto di un ormone o di alcuni metaboliti, o
ancora potrebbe esserci in caso di emorragia l’aumento dell’attività dei fattori di coagulazione.

Un efficace “servizio di laboratorio di Bioch. e Biol. molec clinica” deve rispondere ad alcune esigenze, quali:
-informazioni clinicamente utili per la diagnosi, la terapia, il monitoraggio e la promozione della salute
-risultati corretti, esenti da qualsiasi tipo di errore
-referti tempestivi, in tempi utili alla gestione appropriata del paziente
-risultati con modalità che favoriscono la loro corretta interpretazione ed il loro corretto utilizzo nel processo
diagnostico-terapeutico
-Invasività contenuta e proporzionata al problema clinico sia per evitare dei disagi al paziente sia per agevolare
la sorveglianza (“monitoraggio”) di una malattia tramite esami ripetuti nel tempo
-Agevole accessibilità alle diverse tipologie e per i differenti pazienti tramite mezzi come sangue, urina o saliva
per massimizzare l’utilizzazione di materiali facilmente ottenibili.
-Un servizio efficiente oltre che efficace economicamente.
Le autoanalisi in farmacia rispondono anch’esse a quanto appena detto.

Il processo della medicina di laboratorio è costituito da tre fasi:


 una FASE PREANALITICA comprende tutte quelle fasi del processo che avvengono sia al di fuori
del laboratorio in un ulteriore fase detta pre-preclinica come, per esempio, la richiesta dell’esame nel
processo di accettazione, la preparazione del paziente, il prelievo dei campioni e la conservazione, il
trasporto e la consegna del campione.
Ma comprende anche quelle fasi che avvengono all’interno del laboratorio dove si andrà a verificare
l’appropriatezza del campione, si fa un check-in, una centrifugazione, e avviene anche lo smistamento
nei vasi settori di competenza.
 una FASE ANALITICA  comprende tutte quelle fasi in cui il campione viene processato producendo
un dato analitico. Quindi ci sarà una manutenzione preventiva periodica, una manutenzione giornaliera,
la formazione del personale competente, la calibrazione degli strumenti analitici, ed in fine il controllo
di qualità interno ed esterno.
 una FASE POST ANALITICA  comprende tutte quelle fasi che sono la validazione del referto,
interpretazione e valutazione, trasmissione del referto in reparto richiedente o al paziente esterno, che
diventa così parte integrante della documentazione clinica del paziente.
La “total testing process”, ossia il processo del test totale, è rappresentato dalle fasi appena chiarite.

Il referto valido è un referto che evita gli errori e che descrive correttamente le proprietà misurate, le assegna
correttamente al livello biologico appropriatamente alla malattia, cioè un risultato che risponde correttamente
alla richiesta del clinico.
La validazione è il processo di verifica della validità del risultato prodotto in riferimento all’obiettivo clinico,
esplicito o implicito.
Il processo di significazione avviene in tre stadi:
 il livello tecnico è quello tipico della valutazione di ogni esperimento per la produzione di un risultato
analitico (analitical result) scevro da errori analitici
 il livello biologico attraverso l’immersione biologica trasversale (valori popolazione) e longitudinali
(valori precedenti) del dato, il risultato analitico si trasforma in referto (finding)
 il livello nosologico  è il referto applicativo all’obiettivo clinico diagnostico, prognostico o di
monitoraggio della terapia nel singolo paziente diviene referto interpretativo (interpreted finding)

 la validazione a livello tecnico (technical authorization) è una verifica del dato ottenuto con i metodi del
controllo di qualità, delle performances analitiche e delle interferenze analitiche conosciute (accuratezza,
precisione, sensibilità e specificità del metodo)
 la validazione a livello biologico è la valutazione del dato alla luce della variabilità intra ed interindividuale e
delle interferenze biologiche, in valutazioni trasversali contro intervalli di riferimento o limiti decisionali che
definiscono il “patologico” e longitudinali per la scoperta di “differenze critiche” e con un controllo di
plausibilità tra i risultati di esami diversi.
 La validazione a livello nosologico è la validazione che consiste nell’assegnare il referto ad una malattia,
tenendo conto dell’incertezza della nosologia, della intensità e variabilità nel tempo dei segni, della diagnosi
differenziale e dell’interpretazione fisiopatologica.
I “PUNTI DI ATTENZIONE” ED ERRORE PER UN EFFICACE SERVIZIO DI LABORATORIO DI
BIOCHIMICA CLINICA, SONO TALI ANCHE PER IL PUNTO DI AUTOANALISI IN FARMACIA.
Gli errori possono divenire da tre cause
1. Problemi organizzativi esterni al Laboratorio  Può essere successo che nella fase preanalitica siano
avvenuti degli errori come l’identificazione non corretta del paziente, lo scambio di provette durante il
prelievo eseguito dal personale medico o ancora la procedura non corretta per la raccolta dei campioni o
ancora nel caso in cui l’esame venga effettuato all’esterno del laboratorio di analisi può accadere che ci sia
un errore durante il trasporto del campione nel laboratorio di analisi.
La corrispondenza paziente/campione al momento del prelievo e/o dell’approccio all’autoanalisi in
farmacia potrebbe condurre ad un errore nella determinazione.
Per evitare questi tipi di errori è necessario che il materiale biologico, conservato i delle provette o
comunque in dei contenitori appositi per il trasporto, deve essere etichettato con un pennarello indelebile o
con bar code.
Inoltre, è bene verificare l’idoneità del campione, la corretta compilazione della richiesta e la
corrispondenza tra il campione e la richiesta.
2. Eventi interni al Laboratorio  In questo caso l'errore può essere dovuto nella fase preanalitica a:
accettazione dei campioni non corretti o scambio durante l'analisi o ancora controllo dell' idoneità dei
campioni; Ad un errore nella fase analitica come un guasto del sistema diagnostico, interferenza analitica,
procedura non rispettata, mancata rilevazione di errori nel controllo di qualità; ad un errore nella fase post
analitica come la validazione non corretta del dato analitico e l'errore nella refertazione.
3. Eventi all’interfaccia Laboratorio/Utenza in questo caso l’errore può essere legato o alla fase
preanalitica con l’errata appropriazione nella richiesta dell’esame o l’errore può avvenire nella fase post-
analitica dove può avvenire un errata interpretazione dell’uso dell’esame.

I “Punti di Attenzione” della fase preanalitica sono legati o al paziente o alla conservazione del campione.
Per la corretta preparazione al paziente è necessario l’Ottenimento e pretrattamento del campione, tenere sotto
controllo il trasporto e conservazione e considerare l’organizzazione (e la automazione) della fase preanalitica
in relazione al contesto organizzativo del laboratorio.
La preparazione del paziente è importante anche per le Autoanalisi in Farmacia.
I Principali punti di attenzione sono il Ciclo sonno/veglia, l’Assunzione di cibi e bevande, l’esercizio fisico e
l’assunzione di farmaci
La normalizzazione minima è dare una fascia oraria in cui fare le analisi, essere a digiuno dalla mezzanotte
precedente ed essere stato a riposo almeno 5 minuti prima del prelievo.
Questo perché il prelievo deve essere eseguito al mattino, in condizioni di riposo in quanto l’attività fisica
intensa può influenzare alcuni analiti, come gli enzimi localizzati prevalentemente nella muscolatura
scheletrica.
Alcuni esempi:
• CPK, aspartato aminotransferasi, aldolasi, lattatodeidrogenasi
• Ammoniaca, ac lattico, ac piruvico
• Catecolamine urinarie (esercizio fisico prolungato)
Si deve fare a digiuno poiché nella fase post-prandiale la glicemia e la lipemia aumentano e la potassiemia e la
fosforemia diminuiscono.
Inoltre, alcuni degli analiti o degli enzimi che si vanno a ricercare come La VES, i livelli di ACTH, del
cortisolo, delle gonadotropine, della sideremia, della cloruremia, della calcemia, della 5-idrossitriptamina,
l’escrezione urinaria di catecolamine, sodio, potassio e fosfati presentano variazioni cronobiologiche.
Ovviamente, come ben sappiamo, tramite la biochimica classica è possibile prelevare come campioni da
analizzare sangue e urine.
Con la biologia molecolare clinica è possibile effettuare ulteriori analisi con diversi mezzi come, per esempio, il
tampone per un prelievo della mucosa o il prelievo di liquido amniotico viene effettuato per via
transaddominale tramite il metodo della Amniocentesi.

OTTENIMENTO DEL CAMPIONE: SANGUE


Nell’effettuare le manovre di ottenimento del sangue(prelievo), anche in caso di puntura del dito, si deve tener
presente che il sangue è una sospensione di cellule “delicata” è quindi necessario evitare azioni
“traumatizzanti”
Al contatto con superfici esterne inizia assai rapidamente il fenomeno della coagulazione e se necessario il
sangue deve entrare in contatto con l’anticoagulante del tipo adatto, nella quantità adatta, nel più breve tempo
possibile
Nei normali Laboratori di analisi, si raggiungono al meglio questi scopi con i sistemi di prelievo sottovuoto.
Se si raccoglie il sangue in una provetta che non contiene anticoagulanti, e si permette la formazione del
coagulo, si può ottenere, dopo centrifugazione, un campione di siero.
Se il sangue è raccolto in una provetta contenente un anticoagulante, ed es. eparina, dopo centrifugazione il
supernatante è costituito da plasma.
Il supernatante è la porzione di liquido chiarificato che si stratifica nella parte superiore di una sospensione per
effetto della sedimentazione, ottenuta per gravità o, più comunemente per centrifugazione, delle particelle
sospese.

Il plasma rappresenta la
componente liquida del sangue,
grazie alla quale le cellule
sanguigne possono circolare.
Il plasma è costituito
prevalentemente da acqua (oltre
il 90%), nella quale sono
disciolte e veicolate molte
sostanze quali proteine,
zuccheri, grassi, sali minerali,
ormoni, vitamine, anticorpi e
fattori della coagulazione.
Il siero è semplicemente plasma
privo di fibrinogeno, fattore
VIII, fattore V e protrombina.

È possibile che ci siano dei


fattori causali di alterazioni durante la conservazione del liquido ematico.
Questi fattori possono essere:
-fisici come evaporazione, solubilità, adsorbimento, desorbimento, diffusione e fotolisi;
-fattori chimico fisici come la denaturazione, polimerizzazione e aggregazione;
-fattori metabolici come l’alterazione dei sistemi energetici, alterazione dei gradienti di concentrazione,
alterazione della permeabilità cellulare e l’alterazione della concentrazione dei metaboliti.
I provvedimenti adottabili per garantire una conservazione ottimale dei campioni consistono sostanzialmente
nella scelta di opportune condizioni quali: Temperatura di conservazione, conservazione al buio, liofilizzazione,
modificazione del PH per esempio acidificazione o alcalinizzazione per aumentare la stabilità di determinati
enzimi, aggiunta di sostanze come anticoagulanti.
Se è indispensabile aggiungere una sostanza stabilizzante al momento del prelievo, è necessario scegliere lo
stabilizzante in relazione ai meccanismi (noti o supposti) che provocano la instabilità dell’analita misurando
(per es.: monoiodoacetato o fluoruro per il lattato e glucosio)
Bisogna verificare l’efficacia stabilizzante e l’assenza di interferenza con i metodi di analisi.
Questo potrebbe essere il caso di una Farmacia dei servizi che collabora l’utente per una autoanalisi da
sviluppare in esterno, ad un esame Comet (studio dello stato di frammentazione/ossidazione del DNA).

TAPPI DI PROVETTE DIFFERENTI PER ANALISI DIFFERENTI


TAPPO ROSSO/GIALLO – NO ANTICOAGULANTE: le provette con questo tappo sono destinate ad essere
utilizzate per esami sierologici. Su questo tipo di campione possiamo dosare una vastità di analiti: enzimi
epatici, ormoni tiroidei, titolo anticorpale. Non può essere utilizzato per i test di coagulazione, dal momento
che il sangue ha già formato un coagulo e quindi i fattori di coagulazione sono già stati “consumati”.

TAPPO VIOLA – EDTA (acido etilendiaminotetracetico): l’EDTA è in grado di sequestrare gli ioni Calcio,
formando con esso dei sali insolubili: l’impossibilità di utilizzare gli ioni Calcio blocca la cascata coagulativa.
Questa provetta può essere usata direttamente sugli analizzatori automatici per eseguire l’esame
emocromocitometrico (conta dei globuli bianchi, globuli rossi, piastrine). L’EDTA, infatti, non altera la
morfologia delle cellule del sangue ed entro 3 ore dal prelievo si può usare il campione anche per effettuare
degli strisci di sangue da osservare al microscopio ottico.

TAPPO AZZURRO – SODIO CITRATO: anche questo anticoagulante, come l’EDTA, sequestra gli ioni
Calcio. Il sangue trattato con sodio citrato viene utilizzato per la determinazione della VES (esame che misura
la velocità con cui i globuli rossi si depositano sul fondo, separandosi dal plasma), per lo studio dei fattori di
coagulazione (fibrinogeno, PT, APTT) e per la determinazione della funzionalità piastrinica. È anche
l’anticoagulante che viene utilizzato per il sangue delle trasfusioni.

TAPPO GRIGIO – FLUORURO DI SODIO: questo anticoagulante, oltre a sequestrare gli ioni Calcio, è una
sostanza che stabilizza la concentrazione di glucosio nel sangue, inibendo la glicolisi. Per questo motivo usato
nel momento in cui è necessario determinare la glicemia sul campione.

TAPPO VERDE – EPARINA: l’eparina, al contrario degli altri anticoagulanti, non agisce sugli ioni Calcio ma
impedisce la formazione di trombina e fibrina. È un anticoagulante “naturale” dal momento che è presente a
bassi livelli sia nel sangue che nei tessuti. L’eparina viene utilizzata per le determinazioni plasmatiche nel
laboratorio di biochimica clinica. Non può essere però usato per l’esame emocromocitometrico dal momento
che altera la morfologia delle cellule del sangue e provoca aggregazione piastrinica.
VARIABILITA’ DEI RISULTATI
Le misure biochimiche sono influenzate da due tipi di variabili:
 VARIABILITA’ ANALITICA: la quale si divide in Pre-analitica, Analitica e Post-analitica
 VARIABILITA’ BIOLOGICA: la quale si divide in Intra-individuale e Interindividuale

VARIABILITA’ ANALITICA
Se uno stesso campione biologico viene analizzato ripetutamente (nello stesso laboratorio o in laboratori
differenti) anche utilizzando lo stesso metodo di analisi e gli stessi strumenti, non si ottengono gli stessi valori.
La variabilità analitica è uno dei fattori responsabili delle differenze che si osservano tra i valori analitici
ripetuti e dipende dal metodo analitico utilizzato.
Qualunque metodo di misura, basato su qualunque principio, mostra una variabilità.
La variabilità analitica è legata a due componenti: l’ACCURATEZZA (o INACCURATEZZA) e la
PRECISIONE del metodo di misura.

ATTENDIBILITA’ ANALITICA
L’attendibilità analitica di una misura è rappresentata dal grado di concordanza tra il valore “vero” oggetto della
misura e la stima che se ne ottiene.
Nelle operazioni di stima, il procedimento impiegato (metodo) è il fattore principale delle possibili discordanze
tra il valore vero e la sua stima.
Per “metodo”, in Biochimica clinica, s’intendono tutte le operazioni che, partendo dal campione in esame,
conducono alla disponibilità del valore numerico della grandezza oggetto della misura.
La differenza tra il valore misurato (x) e quello vero è detta errore totale. (sistematico e casuale)
L’attendibilità caratterizza un risultato (o un metodo) analitico.
I fattori che determinano l’attendibilità sono:
• PRECISIONE Somiglianza tra i risultati di una serie di misure distinte effettuate, con lo stesso metodo,
sullo stesso campione, che rimane stabile ed omogeneo nel tempo.
È Soggetta ad errori CASUALI (inevitabile, involontario, di piccola entità)
• ACCURATEZZA In una serie di misure, fatte sullo stesso campione nell’ambito di una stessa analisi, è la
misura della vicinanza del valore medio al valore vero (o più probabile).
È Soggetta ad errori sistematici.
• SENSIBILITA’ (da non confondere con la sensibilità diagnostica) è data dalla minima quantità di un
analita rilevabile in un campione biologico.
Il metodo deve essere molto sensibile quando:
- Si misurano analiti presenti in piccolissime concentrazioni (nano-moli, pico-moli), e ciò riguarda soprattutto
analisi di ormoni o farmaci;
- Piccole variazioni delle concentrazioni di analita sono significative da un punto di vista clinico, ad esempio
determinazioni degli elettroliti, oppure determinazioni collegate all’equilibrio acido-base.
La linearità è l’intervallo di concentrazioni o di attività in cui il valore finale prodotto da un sistema è
proporzionale alla quantità da misurare, entro una certa tollerabilità.
• SPECIFICITA’ (da non confondere con la specificità diagnostica) indica la capacità del metodo di
determinare un dato analita senza subire interferenze, ossia la capacità del metodo di distinguere tra una
sostanza e possibili sostanze interferenti.

Gli errori grossolani sono accidentali e dovuti generalmente all’operatore (es. scambio di reagenti, uso di
pipette sbagliate, errori di calcolo, ecc.).
Sono veri e propri sbagli, eliminabili, e possono essere prevenuti ed eliminati solo attraverso provvedimenti
organizzativi facenti parte della buona pratica di laboratorio. (SOP_Standard Operating Procedure)
Ovviamente l’accuratezza e la precisione di un metodo variano al variare della concentrazione dell’analita.
Se la concentrazione è troppo bassa oppure troppo alta, il metodo di misura avrà maggiori difficoltà a fornire
risultati accurati e precisi.
Gli errori che portano ad una sovrastima o sottostima del valore vero vengono definiti errori sistematici ed
influiscono sull’accuratezza della misura.
L'accuratezza di una misura e la capacità di dare una risposta vicino al valore vero.
Gli errori che portano a stime in parte superiori o in parte inferiore al valore vero vengono definiti errori
casuali ed influiscono sulla precisione della misura.
La precisione della misura e la ripetibilità nello stesso esperimento e la riproducibilità in esperimenti diversi
punto
Gli errori sistematici e casuali possono verificarsi indipendentemente ed essere associati a diversi stadi
dell’esperimento.
Al concetto di precisione sono legati quelli di:
• Ripetibilità: in una serie di misure effettuate sullo stesso campione e con lo stesso metodo, misura della
deviazione dei risultati dal valore medio (precisione entro la serie)
• Riproducibilità: misura della deviazione dei risultati dal valor medio, ma ottenuti in tempi diversi, da
operatori diversi, anche usando reagenti diversi.

Interpretazione di un risultato numerico: premesse e criteri generali


La “variabilità analitica” è un fattore più tecnologico che medico.
I risultati del medesimo laboratorio sono tra loro meglio confrontabili che non di quelli di laboratori differenti.
La concentrazione di ciascun componente nello stato di “normalità” o di “salute, è detta “punto omeostatico”
Se si hanno scostamenti dalla normalità o dalla salute, il valore può risultare:
-Aumentato: per aumentato ingresso o per diminuita uscita.
-Diminuito: per diminuito ingresso o per aumentata uscita.
Il primo importante criterio generale per l’interpretazione è l’equilibrio dinamico.
La massima parte dei risultati di laboratorio sono forniti in forma numerica (per esempio, valore di
concentrazione di un componente nel siero); tale valore esprime, per lo più, un equilibrio “dinamico: tanto ne
entra tanto ne esce. In altri termini, esistono meccanismi che regolano l’ingresso e l’uscita (o degradazione) del
componente dal compartimento (per es. sangue) studiato.
Il secondo importante criterio generale per la interpretazione è la cinetica.
Il risultato di una misura non è sempre indicativo di una “diagnosi”, anche perché nel corso di una malattia le
concentrazioni di differenti componenti possono variare velocemente ed in maniera indipendente l’una
dall’altra.
Ne consegue che, in differenti momenti di una medesima malattia, i risultati di differenti misure assumono
significato differente.
Anche il valore del punto omeostatico è comprensibilmente differente da individuo a individuo.
Tale variabilità viene infatti puntualmente dimostrata sperimentalmente e prende il nome di “variabilità
biologica inter-individuale”
I differenti componenti misurati nel sangue a scopo diagnostico hanno differente variabilità biologica
interindividuale.
Alla variabilità biologica si somma la “variabilità analitica”.
È facile comprendere come l’aggiustamento di ciascun valore al punto omeostatico, per quanto rigidamente
controllato, consente una qualche oscillazione casuale del valore.
Tale oscillazione viene infatti puntualmente dimostrata sperimentalmente e prende il nome di “variabilità
biologica intra-individuale” ed è molto variabile a seconda del componente misurato per il medesimo
componente misurato, abbastanza variabile da individuo a individuo (in genere si considera il valore medio di
più individui).
Intra-individuale vuol dire che è dovuta alla fisiologia dell’individuo non è controllabile, responsabile di
fluttuazioni casuali del punto omeostatico.
Le più importanti cause di variabilità biologica preanalitica sono: i ritmi circadiani, le variazioni stagionali, il
ciclo mestruale, la dieta, la gravidanza, il sesso, l’etnia, la massa corporea, l’ età, il tipo di attività lavorativa e la
classe sociale, la localizzazione geografica, il fumo di tabacco, l’ingestione recente di cibo, la postura, i
disturbi del sonno, gli stati di ansia, l’affaticamento fisico, l’immobilizzazione forzata.
Nel trasformare un “dato numerico” in una “informazione” clinicamente utile la prima operazione è il suo
confronto con opportuni termini, quali
-il valore precedente eventualmente osservato nell’individuo
- i valori di riferimento
-il o i valori decisionali.

 Il Valore precedente: è ottenuto con lo stesso metodo, meglio se nel medesimo laboratorio, su prelievo
ottenuto nelle medesime condizioni etc.
 I Valori di riferimento: detti anche valori normali. Coppia di valori delimitanti il 95% centrale della
distribuzione dei valori misurabili (stesso metodo, ecc.) nella popolazione di riferimento
 I Valori decisionali: valori ai quali si assume una decisione medica, per una specifica situazione clinica (per
es.: valutazione di rischio; idoneità ad un intervento; diagnosi e terapia; eccetera)

Le Modalità del confronto di un valore osservato con i differenti termini sono:


 Confronto con il valore precedente: si deve verificare se la differenza è statisticamente significativa,
verificando se è superiore alla “differenza critica”, massima differenza imputabile alle variabilità biologica
ed analitica
 Confronto con i valori di riferimento: I valori devono essere definiti per una popolazione omogenea rispetto
all’individuo (per es. medesima etnia, sesso, fascia di età, ecc.)
 Confronto con i valori decisionali: Specifici per la situazione clinica in esame (per es.: valutazione di
rischio).

LIVELLI DECISIONALI
Definiamo valori soglia o livelli decisionali i valori sopra o sotto i quali è raccomandabile seguire un
determinato comportamento clinico: instaurare o modificare il regime terapeutico o dietetico, richiedere
ulteriori indagini diagnostiche di approfondimento, emettere un giudizio prognostico.
I livelli decisionali dipendono da scelte o quesiti oggi e sono definiti in relazione e ad evidenze cliniche
strettamente documentate e attraverso il consenso di esperti quali per esempio il medico.
Questi livelli identificano una soglia di rischio oppure una soglia di classificazione per una data patologia in
linea di massima sono indipendenti dai VR.
Si possono individuare alcuni valori soglia, universalmente definiti, che il medico può usare per operare
determinate scelte cliniche (donde il nome di livelli decisionali) ogni volta che il risultato di un test si collochi
sopra o sotto il valore soglia.
I livelli decisionali corrispondono a valori limite (universalmente accettati) utilizzati per confermare o meno la
appartenenza di un determinato paziente ad una definita categoria clinica.
Un esempio è dato dalle relazioni esistenti tra livelli decisionali nel caso del calcio sierico e categorie cliniche.
L’intervallo di riferimento per il calcio sierico è 9,0- 10,6 (mg/dl).
I valori di calcemia nei soggetti con tetano ipocalcemico variano da 7 a 3 (mg/dl).
Al valore 7 è posto il primo livello decisionale.
Nei soggetti con para-paroitidismo primario il valore di calcemia va da 11 a 19 mg/dl); al valore 11 è posto il
secondo livello decisionale.
Nei soggetti con coma ipercalcemico il valore di calcemia va da 13,5 a 20 (mg/dl); al valore di 13,5 è posto il
terzo livello decisionale.

PRESTAZIONI DI UN TEST DIAGNOSTICO


Non si può affermare a priori che un valore all’interno dell’intervallo di riferimento appartenga ad un individuo
senz’altro sano ed uno all’esterno ad un individuo senz’altro ammalato.
Alcuni pazienti sani possono presentare dei valori non inclusi nei valori di riferimento (falsi positivi).
D’altronde può accadere anche il contrario e cioè che persone ammalate presentino valori che cadono
all’interno dei valori di riferimento (falsi negativi).
La produzione di falsi negativi e di falsi positivi è legata alla distribuzione dei valori nelle due popolazioni.
Il dato di laboratorio serve per poter decidere un comportamento verso un paziente.
Bisogna quindi avere il mezzo per confrontare il dato ottenuto con quello della popolazione da cui il paziente
stesso è tratto.
Si dovranno stabilire dei valori al di fuori dei quali si presume vi sia un’anormalità con un limite di errore
accettabile.
Occorre osservare che il termine “normale” ha diversi significati:
• in senso statistico definisce un tipo di distribuzione;
• in senso epidemiologico può essere confuso con il valore tipico di una popolazione;
• in senso clinico la parola normale spesso indica un’assenza di una certa malattia.
Si preferisce quindi parlare di “VALORI DI RIFERIMENTO”. E si considerano le medie+/- E. S.
Si possono avere 3 situazioni:
1) Le medie sono molto lontane e l’E.S (ERRORE STANDARD)è molto piccolo: è il caso ideale.
Le probabilità che si possa far confusione tra il sano ed il malato sono minime.
2) Le medie sono identiche e la distribuzione intorno alle medie simile.
In questo caso il test non è utile per la patologia che si vuol indagare.
3) Le medie sono abbastanza lontane, ma si ha anche una discreta sovrapposizione dei valori.
È evidente che i casi 1 e 2 sono teorici. Infatti, il primo presuppone che non vi sia sovrapposizione tra i sani ed i
malati ed il secondo che la sovrapposizione sia completa (inutile prospettare l’uso del test).
Nel caso intermedio il test sarà più o meno utile in dipendenza della minore o maggiore sovrapposizione tra i
valori ottenuti in una popolazione sana ed in una popolazione malata.

SENSIBILITÀ E SPECIFICITÀ (DIAGNOSTICHE) DI UN TEST.


La sensibilità e la specificità (diagnostiche) di un test sono due caratteristiche che vengono prese in
considerazione per valutare la capacità del test di individuare, fra gli individui di una popolazione, quelli
provvisti del «carattere» ricercato e quelli che invece ne sono privi. In pratica, per il nostro scopo, il «carattere»
è rappresentato dalla malattia.
Sensibilità (diagnostica) La sensibilità è la capacità di identificare correttamente gli individui ammalati.
In termini di probabilità, la sensibilità è la probabilità che un individuo ammalato risulti positivo al test;
Più sensibile è il test minori saranno i falsi negativi.
Specificità (diagnostica) La specificità è la capacità di identificare correttamente gli individui sani.
In termini di probabilità, la specificità è la probabilità che un individuo sano risulti negativo al test; si può anche
dire che essa è la proporzione degli individui sani che risultano negativi al test.
Più specifico è il test minori saranno i falsi positivi.

Queste due grandezze si costruiscono attraverso un’analisi dei dati di una


popolazione presa in esame e la curva che viene fuori prende il nome di
curva ROC.
Questa curva viene costruita con la specificità sull’asse delle x e la
sensibilità sull’asse delle y e si ottiene un ramo di iperbole. Tanto più
grande è l’area sotto la curva maggiore sensibilità e specificità acquista
quel determinato test; tanto più piccola è l’area sotto la curva tanto ridotta è
sensibilità e specificità del test. (la curva inizia a scendere).
Le curve ROC passano per i punti (0,0) e (1,1)

Il primo importante criterio generale per l’interpretazione di un analita in un dato compartimento è l’equilibrio
dinamico.
La massima parte dei risultati di laboratorio sono forniti in forma numerica (per esempio, valore di
concentrazione di un componente nel siero).
Tale valore esprime, per lo più, un equilibrio “dinamico”: tanto ne entra tanto ne esce
In altri termini, esistono meccanismi che regolano l’ingresso e l’uscita (o degradazione) del componente dal
compartimento (per es. sangue) studiato.
Quindi c’è una sorte di equilibrio che intercorre tra la quantità della molecola che entra e quella che esce dal
compartimento studiato.
Quindi per un’analisi si deve anche tenere conto del tempo in cui io vado a fare l’analisi.
Ovviamente per fare questo devo sapere qual è l’emivita dell’analita che vado a cercare, come viene escreto.
Il secondo importante criterio generale per la interpretazione: la cinetica
Come accennato, il risultato di una misura non è sempre indicativo di una “diagnosi”, anche perché nel corso di
una malattia le concentrazioni di differenti componenti possono variare velocemente ed in maniera
indipendente l’una dall’altra.
Ne consegue che, in differenti momenti di una medesima malattia, i risultati di differenti misure assumono
significato differente.
Da sottolineare che durante l'esecuzione di una malattia i diversi analiti tendono a variare velocemente le loro
concentrazioni nei diversi distretti.
Quindi ricercando la cinetica andiamo anche a considerare che un determinato marcatore può essere presente
per un lasso di tempo per poi essere sostituito da un nuovo marcatore.
Questo significa che quella data patologia o malattia in questione per la quale io faccio la mia analisi si è
verificata, dunque devo conoscere La patologia e diversi marcatori che la identificano.

“Marcatori” di epatite virale B


Un esempio pratico nell’evoluzione del cambiamento di un marcatore proprio perché nel tempo cambia la
patologia e quello riguardante l’epatite B.
Abbiamo diversi tipi di marcatori che possono essere utilizzati nell'individuazione di questa infezione virale tra
cui l’anticorpo contro l’antigene di superficie dell'epatite B siglato con Anti-HBs.
A livello clinico il riscontro di questo marcatore all'interno dell'organismo individua un’immunità, quindi il
soggetto in questione ha già preso il virus ed ha sviluppato gli anticorpi.
L’Anti-HBc Indica che il soggetto è stato esposto al virus e può indicare o una vecchia infezione o una più
recente.
Se invece è individuato un antigene, per esempio, HbsAg questo indica un’infezione in atto, poiché l’antigene è
la proteina del virus.
se invece si deve andare a ricercare la replicazione in atto del virus si fanno a cercare gli Antigeni HBV-DNA /
HBeAg, che è il materiale genetico virale.
Un altro indicatore di andare a ricercare sono le IgM anti-HBc, Queste ci indicano la malattia nella finestra
sierologica di una patologia stessa.

“Marcatori” cardiaci
Anche nel caso delle patologie cardiache possiamo andare incontro a l'individuazione di diversi marcatori che
indicano diversi utilizzi clinici.
se consideriamo la troponina, la quale è una proteina a localizzazione muscolare, quando la concentrazione è
incrementata la possiamo considerare un marcatore di danno a livello dei miociti, come, per esempio, la necrosi
degli stessi.
Infatti, buona parte della massa cardiaca è costituita da un tessuto muscolare striato, chiamato miocardio, a
sua volta formato da cellule dette miociti cardiaci.
I peptidi natriuretici rappresentano sì o marcatore cardiaco ma a livello clinico indicano stress emodinamico,
quindi a livello renale e vengono considerati nei soggetti che hanno subito danno cardiaco e che soffrono di
diabete o ipertenzione
Abbiamo anche Microalbumina e la Clear.Creatina individuano danno vascolare.
La proteina C-reattiva andrà ad individuare la flogosi infiammazione che colpisce spesso l’intestino ma può
interessare anche le cellule del miocardio. La risposta a tali manifestazioni, è dovuta alle cellule che sono
sopravvissute alle stesse infiammazioni, e generalmente è una reazione localizzata nel nostro corpo.
La GlicoHb/Glucosio è un marcatore di aterosclerica accelerata.

“marcatori” del bilancio del ferro


esistono una serie di enzimi e molecole o trasportatori che io posso valutare lo stato di sideremia la quale
consente di stabilire lo stato delle riserve di ferro nel nostro corpo.
Se io andassi a valutare la saturazione della transferrina, ricordando che la transferrina satura è quella parte
di transferrina che si trova nella circolazione sanguigna e che è legata al ferro, è intuibile, quindi, che
la saturazione della transferrina non è altro che un esame che viene fatto quando si sospettano delle anomalie
che riguardano il ferro. La saturazione della transferrina è indipendente dai livelli di sideremia.
Stessa cosa vale per la Ferritina dove posso immaginare che il ferro che si trova dentro i compartimenti
cellulari che serve nella funzione di molti enzimi, sta ad indicare un’entità dei depositi
Il Recettore solubile della transferrina indica una richiesta di ferro da parte delle cellule, mi sta indicando che
arriva poco ferro alle cellule che lo devono accogliere per poi legarlo alla ferritina.
La Proto-porfirina libera eritrocitaria indica una carenza di ferro negli eritrociti e precursori e si dice che
quella linea cellulare risulta carente e non potrà legare il Ferro e questo si ripercuote su una minore
ossigenazione dei tessuti.

se considero un soggetto messo a dieta in 12 mesi per far


scendere il colesterolo posso aspettarmi un tipo di grafico
(retta) poiché riducendo l’ingestione di colesterolo tramite
la dieta diminuirò quello ematico.
Sei in realtà io il colesterolo lo vado a misurare ogni mese
o comunque ad intervalli durante 12 mesi mi accorgo che
non ci sarà un effetto decrescente ideale del valore di
colesterolo del soggetto messo a dieta, ma ci saranno dei
picchi di crescita e delle depressioni di crescita che poi mi
porteranno ad ottenere un valore di colesterolo associabile
ai valori normali. Questo perché c’è un equilibrio
dinamico ed ovviamente dobbiamo considerare che il
colesterolo può anche essere sintetizzato e rilasciato dalle
nostre cellule.

se invece io volessi considerare come il mio marcatore la


proteina c reattiva che sta ad indicare uno stato infiammatorio
questo lo devo andare a considerare nella prima settimana di
infiammazione altrimenti il valore della proteina c reattiva nel
corso dei giorni inizierà a scendere e quindi non mi potrà più dare
l'informazione a me necessaria per il tipo di analisi che sto
conducendo.
Quindi per andare a riscontrare un’infezione o
un’infiammazione potrei andare a riscontrare valori VES
ossia di velocità di eritrosedimentazione e e andare quindi ad
individuare il mio stato infiammatorio.

Dunque, abbiamo dimostrato come


diversi marcatori gli andranno a
determinare diversi stadi e diversi stati
di infiammazione o infezione di un
dato tessuto o di un dato organo.

Questo grafico ci indica sull'asse delle X


giorni dell'inizio dell’infarto del miocardio
mentre sull'asse delle y la concentrazione
relativa dei diversi marcatori.
anche qui possiamo notare come a
seconda del periodo che intercorre tra i
diversi giorni dall'inizio della
patologia o comunque del malessere
fino alla successiva decorrenza vanno
a variare i marcatori a me disponibili
per individuare tale patologia.

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