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Si può distinguere la diagnostica diretta, che individua il microrganismo o un suo componente (acido nucleico, proteine…), e indiretta,
che ricerca gli anticorpi e, quindi, la risposta immunitaria (sieroconversione, IgM…) o che ricerca citochine (ELISPOT e Quantiferon).
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Sono stati sviluppati sistemi per rilevare antigeni, in cui il campione è direttamente analizzato in tempi
molto brevi; è molto utile anche se non si hanno tutte le info del percorso classico ma uno dei problemi
principali è che spesso hanno una minore sensibilità rispetto ai metodi più tradizionali. Si è cercato di
migliorare la tecniche per aumentare questa sensibilità, mantenendo la specificità per evitare falsi positivi.
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Uno dei vantaggi è dato dalla biologia molecolare, basta sul rilevamento degli acidi nucleici, con sistemi
come la PCR (rileva anche pochissime copie di campione ed è molto veloce). È possibile avere i risultati nel giro di poche ore, con
indicazione del microrganismo presente (vari metodi: PCR, multiplex, nested).
—> prime identificazioni del microrganismo
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Per analisi ulteriori, bisogna abbinare i metodi molecolari con quelli tradizionali, soprattutto per studiare le farmaco-resistenze, con
analisi principalmente fenotipiche. La biologia molecolare potrebbe aiutare, ma non è ancora sviluppata e usata in modo ordinario, per
individuare mutazioni o geni che danno resistenza (fatto più in ricerca, forse in futuro anche in diagnostica).
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Nella diagnosi indiretta, ci sono varie metodologie, che verranno approfondite in seguito.
Fasi della diagnosi diretta: esame microscopico, analisi colturale (isolamento), identificazione, test di sensibilità agli antibiotici e prove
biologiche (tossicità e/o tossinogenesi)
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Ci sono vari tipi di esame microscopico, che dipende dal campione e dal tipo di microrganismo.
È importante poi visualizzarli con colorazioni (Gram, Ziehl-Neelsen…), sonde o anticorpi marcati.
Questo esame può avere diverse valenze per quanto riguarda il suo risultato:
• valore assoluto: quando il patogeno non può essere isolato in esame colturale (lebbra, sifilide…). È bene abbinarlo ad altre tecniche;
• valore relativo: quando il solo dato morfologico non è sufficiente;
• valore nullo: quando il campione contiene molti microrganismi diversi, anche appartenenti alla flora normale.
Il costo della microscopia è molto più basso rispetto a tutte le altre tecniche molecolari ed è un parametro da tenere in considerazione,
soprattutto quando si ha tempo per l’analisi.
Permette anche di fare delle stime più ampie, come nel caso dei campioni di liquor, in cui si possono vedere non solo microrganismi ma
anche ad esempio infiltrati linfocitari, dando risultati più approfonditi.
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Se associata a colorazioni, permette di avere prime informazioni utili, come su G+ o G-, su infiltrazioni immunitarie e, associato a
fluorescenza e Ab, permette di avere un’identificazione del patogeno dal campione (non serve isolamento e identificazione biochimica).
Nei batteri, è fondamentale la colorazione di Gram, perché dà info sul tipo di batteri per la scelta della terapia, per l’uso di determinati
terreni nella fase di isolamento… ed è fondamentale per casi letali (permette di salvare la vita al paziente)!
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LIMITI: in campioni con molto batteri, per batteri non rilevabili a causa di pareti particolari o che non ce l’hanno, per batteri
intracellulari (Clamydie e Rickettsie).
Presupposti del corretto prelievo del campione:
• usare un campione rappresentativo che sia idoneo (per il tipo di analisi che si vuole fare, perché ci sono vari sistemi di prelievo con
materiali e liquidi di conservazione diversi); ad es. prelievo del sangue con tubi contenenti eparina, non si può effettuare PCR perché
l’eparina interferisce con l’analisi molecolare
• prelevare nel sito di infezione
• non contaminare il materiale con microrganismi della flora residente
• Interrompere il trattamento antibiotico prima de prelievo, se necessario
L’isolamento del microrganismo consente anche di allestire dei test di sensibilità ai farmaci antimicrobici, che permettono di stabilire
la sensibilità o resistenza sia con metodi fenotipici sia con metodi genotipici —> antibiogramma.
—> Valutazione quantitativa: l’urina non è un liquido sterile, quindi la presenza di microrganismi non è un problema, ma lo diventa se
sono presenti in quantità molto elevate (indice di infezione): un numero di UFC > 10^5/mL è indicativo di infezione urinaria,
indipendente dalla specie microbica (se sotto questo valore non ci sono problemi).
Il campione viene, quindi, diluito e seminato in terreni adeguati, in base a campione e microrganismo.
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Questo test ha anche un controllo che è il PAR test, fatto soprattutto per pazienti ospedalizzati che prendono
antibiotici: si verifica l’attivazione di spore di Bacillus, che vengono trattate con il campione di urina. Se il
campione contiene antibiotici, questi vanno ad inibire la crescita del Bacillus, quindi si sa che c’è un farmaco
che altera il risultato del campione.
Una parte del campione viene diluita e seminata, mentre un’altra parte viene sedimentata e i microrganismi che sedimentano vengono
analizzati con diverse colorazioni, per vedere morfologie o caratteristiche diverse che possono essere utili. Vengono utilizzati diversi
tipi di terreno di coltura, come Agar sangue o terreni per funghi, per vedere l’eventuale presenza di candide (possono sempre dare
problemi di tipo urinario). Eventualmente si possono fare antibiogramma, per consigliare la corretta terapia.
Dal momento in cui il campione viene prelevato alla diagnosi finale, passano sicuramente 2-3 giorni per avere una risposta.
• EMOCOLTURE: importante nei casi di sepsi e setticemie, che possono essere mortali.
È una coltura fatta a partire dal sangue del paziente, che si sospetta presentare batteri derivanti da diversi tipi di infezione.
È un esame frequente che presenta dei passaggi delicati: sarebbe opportuno fare prelievo prima di inizio di trattamenti antibiotici (ma
non sempre è possibile), disinfettare la cute prima di fare il prelievo per evitare la contaminazione soprattutto da S.epidermidis e
sarebbe opportuno fare 3 prelievi consecutivi a intervalli di 15min, perché non è detto siano presenti microrganismi nel tratto di sangue
prelevato in quel momento (si aumenta la sensibile e la probabilità di aver un risultato positivo).
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Per il prelievo vengono usati flaconi sigillati, contenenti 100mL di terreno al 10% di CO2 per la crescita del mo,
con sostanze che hanno attività anticoagulante e che inattivano alcuni antibiotici e fattori del complemento,
che potrebbero interferire con la crescita dei mo.
Vengono prelevati 10ml di sangue e nell’adulto vengono fatte due bottiglie, una per la crescita in aerobiosi e
una in anaerobiosi (per i bambini sono per aerobiosi). Si fa incubare a 35-37°C per 2 o + settimane (richiesto
tempo relativamente lungo per avere un risultato diagnostico). È un esame importate ma richiede tempi lunghi per mettere in evidenza
la crescita del mo.
Dopo l’incubazione, si seminano in vari tipi di terreno e analisi al microscopio, per vedere eventuali differenze morfologiche. Si possono
avere anche funghi, in particolare candide, che reagiscono come Gram +. Per alcune specie microbiche vengono fatti anche
antibiogramma.
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Per veder la crescita nelle emocolture vengono utilizzati degli strumenti particolari, che usano dei flaconcini che vengono inoculati e
caricati negli strumenti. Avviene un’incubazione alla T stabilita e i terreni contengono sostanze che possono mettere segnali correlabili
con le attività metaboliche di crescita dei mo, quindi, in tempo reale, i flaconi vengono monitorati; quando viene rilevato un segnale, il
strumento dà un’allerta, si identifica il flacone dal quale è derivato il segnale e si fanno dei test per verificare che non sia un falso
positivo.
• LIQUOR COLTURA: diagnosi di infezioni a livello del sistema nervoso centrale, in caso di sospetto di meningiti per le quali è
importante un referto il più veloce possibile (urgenza).
Nel caso delle meningiti il campione è liquido cefalo-rachidiano o liquor, prelevato con puntura lombare da aliquotare in 3 provette
consecutive, che in condizioni normali è incolore come l’acqua (detto ad acqua di roccia).
Nel caso di meningiti batteriche di solito c’è torbidità (1a analisi optometria), mentre con alcuni batteri e virus può risultare ancora
limpido. Si fanno vari prelevi, per fare diverse analisi.
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Anche in questione caso, il prelievo deve avvenire prima di terapie, per non avere interferenze con l’analisi ma non sempre è possibile,
e il campione deve esser trasportato ed analizzato il prima possibile (no refrigerare prima dell’esame colturale).
Prima si fa un’esame macroscopico, vedendo la torbidità o colorazione del liquor, con successiva conta di proteine o altri marker; si
procede poi con la sedimentazione e colorazione (Gram) per vedere se si mettono in evidenza batteri e di che tipo (indirizza terapia). Si
associa spesso anche esame colturale, perché parte del liquor viene inoculato in flaconi per emocoltura, e altre indagini molecolari.
Esistono anche sistemi per evidenziare presenza di batteri e permettono il riconoscimento —> sistemi di agglutinazione.
Es. N. meningitidis: classica forma a chicco di caffè che può essere osservato nell’analisi microscopica.
I sedimenti vengono utilizzati per fare i vetrini ma anche per la coltura, usando diversi tipi di terreno, per mettere in evidenza il mo.
È un esame importante, che parte da microscopia, isolamento in coltura per veder se cresce qualcosa e caratterizzazione; ma può
portare anche una diagnosi virologica di tipo principalmente molecolare.
DIAGNOSTICA SIEROLOGICA
Messa in evidenza di anticorpi, in risposta a infezioni (diagnosi indiretta) - definizioni rigorosa. Ci sono anche test che sfruttano la
specificità anticorpale, alcuni di sierologica vera e prova per la ricerca di Ab, ma anche di tipo diretto per la ricerca di antigeni.
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Quella classica indiretta ha vantaggi: importante per malattie che hanno superato la fase acuta (non c’è più il mo), per soggetti sotto
trattamento antibiotico (il mo non è rilevabile, ma ci sono Ab) e per i batteri non coltivabili (se non si può evidenziare in modo diretto,
si può fare una conferma sierologica). Ma la condizione necessaria per usarla è avere un sospetto, non usata per screeening.
Non sempre le situazioni sono facili da analizzare, quando non ci sono livelli anticorpali elevati, quindi bisogna capire se la risposta è
specifica per quello che si sta analizzando. Infatti, la sola presenza di un Ab è poco informativa e per avere un dato forte che la
presenza di Ab è un reale marcatore di infezione, si deve usare la sieroconversione, ovvero il calcolo del titolo anticorpali in due
momenti (fase acuta e post, con distanza di 2 settimane circa). La cinetica di sviluppo di Ab spesso è tale per cui si vede un aumento
del titolo di almeno 4 volte. È, quindi, un tst sicuro di diagnosi.
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Un altro parametro interessante è un’altro tipo di sieroconversione, ovvero il cambio di classe da IgM a IgG, importante perché
esistono situazioni in cui si ha positività per le IgM, che però non sono specifiche per il mo di interesse, ma dovute a cross-reattività
delle IgM. Per cui se si ripete l’esame, in alcuni casi, non si vede mai il cambio da IgM a IgG, perché era una positività dovuta ad altri
problemi che non portano a conversione in IgG.
Si basa sulla reazione antigene - anticorpo, che determina formazione di un complesso che può essere messo in evidenza con diversi
metodi: diretti (immunoprecipitazione con AB marcati) o indiretti (misurando reazioni Ab-Ag dipendenti) - fissazione complemento o neutralizzazione tossine.
Alcuni test sono di tipo qualitativo, ma altri possono dare informazioni anche quantitative sul titolo anticorpale.
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Il fatto che si ottiene una precipitazione visibile è legata alla teoria del reticolo. L’antigene viene legato da un
anticorpo, presente in quantità eccessiva, senza formare strutture a ponte reticolare, con formazione di
complessi solubili, che non danno segnali. Se aumenta la quantità di antigene, maggiore la probabilità che si
verifichi il legame di un Ag con due antigeni diversi (gli Ab hanno due siti di legame); la condizione in cui si
verifica il ponte di equivalenza è quella in cui gli anticorpi e gli antigeni sono in concentrazione ottimale per
formare dei ponti reticolari, che precipitano e sono visibili. Se si aumenta l’antigene, si otterrà una condizione in
cui non si formano i reticolati e non si evidenziano i complessi che possono precipitare, come nella caso di eccesso di anticorpo.
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Si può lavorare in provetta, su vetrino ma anche su micropiastra, ad esempio per mettere in evidenza anticorpi prodotti contro batteri.
Si possono anche fare distinzioni di agglutinazione di diverso tipo, dovuti ad antigeni batterici diversi; è importante per avere info sul
titolo di anticorpi e avere un’indicazione dell’evoluzione della malattia, per alcuni batteri. Se c’è agglutinazione si il forma reticolo, le
particelle sono distribuite e colorano il fondo del pozzetto in modo omogeneo. Se non c’è agglutinazione, le particelle con l’antigene
precipitano e possono essere colorate.
Ad esempio, se si ha sospetto di infezione da Salmonella typhi, viene messo in evidenza l’antigene O e l’antigene flagellare H. Vengono
fatte diluizioni del siero e per O si vede agglutinazione in alcune diluizioni (titolo molto elevato), mentre per H si vede agglutinazione
solo nella prima diluizione (titolo molto basso). Da questa reazione, si capisce che le IgM anti-O sono prodotte precocemente e
rimangono per poco tempo, mentre le IgG anti-H sono prodotte più tardi e permangono più a lungo —> si può capire che infezione c’è e
in che fase dell’infezione ci si trova.
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• Fissazione del complemento: usato solo in alcuni contesti. In caso di siero con anticorpi contro un certo mo, se viene aggiunto
l’antigene, gli anticorpi si legano agli antigeni e si attiva il complemento, con consumazione di questo. Per verificare l’avventura
reazione del complemento, si aggiungono globuli rossi di pecora sensibilizzati con anticorpi anti-globuli rossi. Non succederà nulla
perché il complemento è stato consumato, quindi i globuli rossi si accumulano formando un bottoncino. Se il siero non ha anticorpi,
invece, il complemento non viene consumato, quindi aggiungendo i globuli rossi e i suoi Ab, il complemento presente li riconosco e
si attiva, lisando i globuli rossi e ottenendo un liquido rosso dovuto al rilascio di emoglobina.
• Neutralizzazione: si vede un effetto biologico, legato alla tossicità. Se il siero viene diluito si può anche fare una titolazione
anticorpale. In presenza di Ab specifici per una tossina, questi andranno a legarsi, bloccando il danneggiamento delle cellule e,
quindi, l’effetto citotossico. In assenza degli Ab, invece, le tossine sono libere di attaccare la cellula, danneggiandola.
• Immunofluorescenza: il siero può essere testato in vetrini contenenti cellule infettate con vari virus di interesse o chip con antigeni
immobilizzati. Se gli anticorpi specifici si legano, dopo lavaggio, si usa un altro anticorpo 2° anti-Ig umane, che emette poi
fluorescenza. Usato per virus ma anche per batteri (es. Borrelie, Rickettsie…)
• Immunoblot: usando delle striscioline di carta depositate con antigeni del mo di interesse (es. di varie Borrelie), si pone il siero a
contatto e se c’è reazione Ag-Ab, usando un anticorpo 2° legato a un enzima, si osserveranno le bande marcate (viene fornito un
substrato solubile che reagisce con l’enzima e dà un precipitato, che rende quindi la banda visibile).
Solitamente è preceduto da test ELISA, che se positivi devono essere confermati con Immunoblot.
Un approccio alternativo è quello dei Dot-blot, dove si usano delle membrana rettangolari con depositati antigeni sintetici.
• Test rapidi, basati sempre su reazione antigene - anticorpo: sistema che va bene per rilevare anticorpi o antigeni, a seconda di come
è disegnato il saggio.
• ELISA: disegnato per cercare antigeni/anticopri, usa un anticorpo 1° e 2°. In base alla quantità di substrato, si ottiene una reazione
colorimetrica che permette di quantificare. Si possono usare anticopri 2° legati a fluorescenza o a enzimi.
Esistono diversi tipi di questo test: c’è quella classico, di tipo indiretto, in cui c’è l’antigene fissato e si cerca un anticorpo (messo in
evidenza con un anticorpo 2°); c’è quello diretto, che usa anticorpi 1° già legati in piastra e può essere utile per rilevare antigeni; c’è il
metodo a sandwich, in cui nel pozzetto ci sono uno o più anticorpi, usati per ricerca di antigeni, che si differenzia dalla quello classico
perchè è l’anticorpo ad immobilizzare l’antigene e poi si procede come con quello indiretto; c’è quello competitivo, in cui si usano
antigeni bloccati sulla piastra e si va competere il siero del paziente (che forse ha anticorpi) e altri anticorpi marcati che legano già
l’antigene, permette di capire l’efficacia del legame dell’anticorpo con l’antigene. Ci sono anche sistemi combo che sono multiplex, in
cui una parte serve a rilevare gli anticorpi del paziente e una che rileva gli antigeni, entrambi ricercati nel siero (sistemi automatizzati,
che aumentano la sensibilità analitica dei sistemi).
Quello classico è ancora molto usato per patogeni minori, per i quali non sono state messe a punto le tecniche più avanzate.
Il problema è che è legato all’immunità, per cui se ci sono difetti di questa, per farmaci, patologie o cause genetiche, si avranno risposte
negative perchè non c’è risposta anticorpale.
Poco utile è nelle situazioni in cui ci sono infezioni cronico-persistenti, perche non si può avere info dal punto di vista del quadro di
salute di un preciso momento; si può solo dire che è infetto o meno.
In alcuni momenti è usato in integrazione con altri metodi, per avere maggiori informazioni o conferme.
Anche nella micologia si sta avendo uno sviluppo a riguardo, come nella parassitologia.
DIAGNOSTICA VIROLOGICA
È importate perche consente di monitorare la patologia e la terapia, di analizzare mo non coltivabili e presenta metodi rapidi.
La diagnostica consente di identificare l’agente patogeno, altrimenti impossibile senza un supporto di laboratorio.
L’identificazione permette di identificare la terapia migliore, quando esiste (HIV, HBV, HVC); permette anche di stabilire le azioni
conseguenti al’infezione, come nel caso di infezioni da virus con potere teratogeno (es. Rosolia, HCMV) - può infettare l’embrione dando
problemi a livello neurologico, sordità (prendere in considerazione l’aborto), o per virus particolarmente letali (es. rabbia) - analisi degli
animali che si sospetta essere infetti. Permette anche di gestire la sicurezza nella popolazione, per escludere altre cause per una
manifestazione clinica o per fini epidemiologici (capire che virus circolano).
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Varie caratteristiche del virus vengono sfruttate per metterlo in evidenza: possono essere individuati con ME, possono essere considerati
‘vivi’ perché replicano e danno effetti visibili o misurabili (es. antigeni prodotti); possono avere anche altre caratteriche sfruttabili per la
messa in evidenza, come attività enzimatiche o antigeni di superficie specifici (neuroaminidasi, retrotrascrittasi…).
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Si articola su 3 principi: rilevamento diretto (di particelle, di antigeni o di acidi nucleici) o indiretto, con misura degli effetti citopatici.
—> indagine diretta: indagini microscopiche (MO, ME e fluorescenza), colturali, di antigeni o di acidi nucleici (molto usate queste ultime)
—> indagine indiretta: ricerca sierologica
Importante è l’aspetto di diagnosi molecolare, che è l’approccio principale sia per virus che per batteri (complementare ad altri metodi
di indagine classici per mo non coltivabili e per diagnostiche rapide, usate in determinati contesti di screening di molti patogeni
associabili a una sindrome). Tende a ridurre molto i tempi di analisi e una rapida refertazione è importante.
• È importante per l’info quantitativa che si ottiene, per capire l’evoluzione dell’infezione. Se il mo è presente a bassi livelli, indica una
fase post-acuta ed può essere importate per i soggetti post-trapianto, per monitorare la riattivazione di virus latenti, come quelli
herpetici.
Infatti esistono protocolli per monitorare la presenza o quantificazione di questi vrius, che consente, se si superano alcuni livelli di
carica virale, di modulare la terapia immunosoprressiva per far si che l’organismo reagisca all’infezione. In questo modo, si possono
ridurre le patologie associate a inalazione di virus, con sviluppo di infezione e morte del trapiantato.
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• È utile anche per valutare la suscettibilità (resistenza) all’infezione, senza dover ricorrere a metodi colturali. Per la coltura, il virus
deve essere isolato e non sempre è possibile, oltre a dover essere prodotto in grande quantità per poter poi titolare, diluire e poi
seminare —> complesso e costo, per cui si è cercato di trovare un altro modo per caratterizzare le mutazioni di resistenza e fare
screening solo di queste mutazioni descritte (approccio di fenotipizzazione).