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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI

Dipartimento di Scienze Biomediche

Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria

Modulo: Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica


Corso Integrato: PATOLOGIA GENERALE E MICROBIOLOGIA

Prof. Angelo Zinellu

azinellu@uniss.it – tel. 079/213306

Anno accademico 2020-2021


Campione Biologico
Variabilità Biologica
Intervalli di riferimento

Elettroforesi delle sieroproteine

Biomarcatori Enzimatici

Diabete

Fattori di rischio cardiovascolare

Marcatori di danno renale


Testi consigliati

• Diapositive Lezione – come ausilio di studio


• Ciaccio M, Lippi G, Biochimica Clinica e Medicina di Laboratorio, Edises
• Federici G. et al., Medicina di Laboratorio, ed. McGraw-Hill.
• Antonozzi, Gulletta, Medicina di Laboratorio Logica e patologia Clinica
Piccin
• Turini et al. Biochimica Applicata Alla diagnostica di laboratorio Principi e
Metodologie, SEU
Semeiotica: studia i sintomi ed i segni clinici
Studia i processi biochimici associati
con la variabilità dello stato di salute

Elabora metodi per la misura dei


costituenti e dei liquidi fisiologici o dei
tessuti

Effetto di trattamenti terapeutici:


famacologici o dietologici
Le 5 principali funzioni degli esami di laboratorio

• 1. Confermare la diagnosi di una anormalità

• 2. Determinare l’ estensione della malattia

• 3. Trovare la ragione dell’ anormalità

• 4. Guida nella prognosi

• 5. Guida nella terapia


Fasi analitiche nel processo diagnostico
1. Anamnesi: la raccolta dalla voce diretta del paziente e/o dei
suoi familiari (per esempio i genitori nel caso di un bambino), di
tutte quelle informazioni, notizie e sensazioni che possono
aiutare il medico a indirizzarsi verso una diagnosi;

2. Esame obiettivo: l'insieme di manovre diagnostiche


effettuate dal medico per verificare la presenza o assenza, nel
paziente, dei segni (o sintomi obiettivi) indicativi di una
deviazione dalla condizione di normalità fisiologica;

3. Esami strumentali: il medico, dopo aver raccolto sintomi


tramite l'anamnesi, e segni tramite l'esame obiettivo, può
cominciare a sospettare la presenza o assenza di determinate
patologie e quindi orientarsi nel prescrivere gli accertamenti
adeguati per giungere alla diagnosi.
Anamnesi Esame diagnostici
di base

Esame fisico

Esame diagnostici
approfondimenti
Esame d’urgenza

Decisione Clinica

Esami di monitoraggio
RUOLO DEL LABORATORIO

➢ PROCESSO ANALITICO

➢ EPIDEMIOLOGIA
Un esame di laboratorio comprende una
Serie Ordinata di Passaggi

Richiesta dell'esame
Preparazione del paziente
Raccolta del campione

Fase preanalitica
Fase analitica vera e propria
(personale medico e tecnico del
laboratorio)

Fase post-analitica, interpretativa


Controllo di qualità
Referto
Compatibilità dei dati ottenuti
Processo analitico
–Fase preanalitica
(prelievo - conservazione - invio campione,
inserimento anagrafiche /richieste)

–Fase analitica
(esecuzione dell’esame, validazione del dato
analitico)

–Fase postanalitica
(conservazione-smaltimento campioni
processati, trasmissione dati, elaborazione
statistica dati)
FASE PREANALITICA

AMBITI DI COMPETENZA

• ESTERNA

• INTERNA
FASE PRE-
PreANALITICA
COMPETENZA ESTERNA
• Compilazione scheda
• anagrafica
• reparto
• esami
• Raccolta campione
• Conservazione campione
• Invio campione
FASE PREANALITICA
COMPETENZA INTERNA
–Accettazione scheda
valutazione correttezza scheda
–Accettazione campione
valutazione idoneità campione
–Inserimento informatico dati
–Smistamento campioni
–Formazione - Informazione
Frequenza dell’errore in
medicina di laboratorio
preanalitica intra- post-
% % %
_____________________________________________________________________

Chambers (1986) 32 14 54

Ross (1991) 46 17 37

Nutting (1996) 55.6 13.3 27.8

Plebani (1997) 68.2 13.3 18.5


Mario Plebani 2006, RIMeL-IJLaM - Periodico ufficiale
della Società Italiana di Medicina di Laboratorio
FASE PREANALITICA

ERRORI (non conformità)


• Errata identificazione paziente/reparto
• Errata interpretazione della richiesta
• Errata compilazione della richiesta
• Prelievo inappropriato (sterilità, disinfezione)
• Contenitore inappropriato
• Errata conservazione del campione
• Errata modalità d’invio campione
Principali tipologie di Errori ‘gravi’

Batteriologia Sierologia
------------------------------------------------------------------------------------
Fuoriuscita di materiale 199 1
Contenitore danneggiato 21 3
Materiale insufficiente 55 103
Materiale inidoneo 262 37
Campione non pervenuto 56 68
Campione non identificato 6 66
Mancanza richiesta/indagini 12 20
Incongruenza campione/richiesta 12 32
Altro 83 85

totale 706/117.963 campioni 415/101000 provette


(0.6%) (0.4%)
Studio del 2002 Ospedaliriuniti Bergamo
L'unica possibilità di contenere gli
errori che possono derivare da questi
momenti, è quella di cercare di
Standardizzare tutte le Operazioni

Occorre abituarsi all'esecuzione di


interventi preanalitici normalizzati, allo
scopo di sottoporre il paziente al prelievo in
una condizione di base ben definita e di
Raccogliere e Conservare i campioni usando
Procedure Uniformi
La richiesta degli esami di Biochimica Clinica
Il modulo di richiesta, oltre alle notizie anagrafiche (nome, cognome,
provenienza, età, sesso) e nosografiche (struttura clinica di
provenienza, medico richiedente di riferimento), deve riportare sia
notizie relative al paziente che relative al prelievo, quali:
1.il sospetto diagnostico; ciò permette di definire l’urgenza dell’esame
(dato che in alcuni laboratori esistono linee analitiche separate per la
routine e per le analisi urgenti); inoltre, la conoscenza del sospetto
clinico permette anche di prevedere i valori di alcuni analiti, ed
effettuare eventuali diluizioni del campione stesso;

2.l’indicazione dell’eventuale terapia in corso, poiché diversi farmaci


possono creare interferenze analitiche con i metodi usati per il dosaggio,
oppure possono alterare realmente i livelli ematici di un parametro di
laboratorio;

3.la data e l’ora del prelievo; infatti, per numerosi analiti si possono
verificare delle variazioni dei livelli in diverse ore della giornata, in base
alla presenza di ritmi circadiani;

4.il tipo di indagine da eseguire (prelievo basale, prova da carico, prova


funzionale, prova circadiana).
Il campione biologico

Per eseguire le analisi di biochimica clinica in maniera


ottimale e per fruire al meglio del dato analitico è
necessario che al laboratorio venga fornito il campione,
siglato e raccolto in maniera idonea in relazione
all’esame richiesto e il modulo di richiesta dettagliato ed
interamente compilato. Questo assicura che

1.venga eseguito l’esame necessario,


2.che siano puntualizzati i valori di riferimento in base al
sesso ed età del soggetto,
3.che siano valutate eventuali interferenze sul risultato,
4.che il risultato analitico sia prodotto nel minor tempo
possibile
Il campione biologico
Possono essere oggetto degli esami di laboratorio di biochimica
clinica tutti i campioni biologici (fluidi, tessuti, frammenti bioptici)
purchè siano rappresentativi dei sistemi da investigare.

La scelta del campione biologico dipende dalle indagini da eseguire.


I campioni di solito utilizzati sono i campioni di sangue e i campioni
di urine.
Per le indagini ematologiche e biochimico-cliniche di routine si
utilizza preferibilmente il sangue venoso, mentre il sangue arterioso
viene utilizzato per lo studio dei parametri dell’equilibrio acido-
base.

Per alcuni esami può essere richiesto l’uso di specifici campioni


biologici, quali: feci, fluido cerebrospinale (LCS), biopsie di tessuto
o cellule, calcoli, aspirato (fluido della pleura, asciti, fluido sinoviale,
fluido intestinale…), liquido amniotico.
Differenze siero venoso e capillare
• Capillare > Venoso Glucosio (1,4 %)
Potassio (0.9 %)

• Senza Differenze Fosfato , Urea

• Capillare < Venoso Bilirubina (5%), Calcio (5%);


Cloruri (2%); Sodio (2%)
Proteine totali (3 %)
PRELIEVO DEI CAMPIONI DI SANGUE
Attenersi a norme standardizzate per il
prelievo di campioni di sangue è
determinante per assicurare risultati
analitici attendibili

Quando si sottopone un paziente ad un


prelievo è necessario disporre di ambienti,
che assicurino al paziente la possibilità di
riposare e rilassarsi prima del prelievo
Standardizzazione del prelievo venoso

La standardizzazione dei metodi di raccolta e di pre-trattamento


dei campioni biologici è una delle fasi più importanti e delicate
dell’intero processo analitico, in quanto preservare le peculiarità
chimiche, biologiche e morfologiche del campione stesso
contribuisce al buon esito dell’analisi di laboratorio.

Errori di campionamento rientrano nella variabilità pre-analitica


(che comprende la modalità di prelievo, il trasporto, l’accettazione,
trattamenti preliminari e la conservazione).

Al fine di ridurre errori in fase pre-analitica è importante che siano


seguiti alcuni accorgimenti in fase di raccolta del campione, sia da
parte dell’operatore che da parte del paziente che si sottopone al
prelievo.
Standardizzazione del prelievo venoso
In primo luogo, la sede in cui si intende eseguire il prelievo (un
vaso sanguigno facilmente accessibile) deve essere detersa e
disinfettata con alcool al 70%, quindi fin quando la cute non è
lesa ci si trova in condizioni di sterilità, per questo bisogna
utilizzare strumenti sterili (ad es. provette ed aghi monouso) e
chimicamente inerti (ad es. provette di vetro). Le provette sono
chiuse con tappi di vario colore a seconda dei gruppi di esami da
effettuare.

In secondo luogo, è noto che il prelievo va effettuato sul paziente


riposato e a digiuno da almeno 6-8 ore, ma le condizioni che
possono influenzare i risultati analitici sono molte, come ad
esempio l’alimentazione, la postura, l’attività fisica e i ritmi
cronobiologici, oltre che l’azione farmacologica e metabolica di
alcuni medicamenti.
È importante quindi, che il paziente sia ben informato dal medico
su alcune importanti prescrizioni da seguire prima di sottoporsi al
prelievo (preparazione del paziente).
SCOPO: Arrivare alla conoscenza
della reale composizione qualitativa e
quantitativa dei liquidi biologici

OCCORRE: Considerazione prima del


prelievo anche di tutti quei fattori che
potrebbero influenzare o comunque
disturbare l‘esito finale dei risultati
Variazioni indotte dalla stasi venosa
• Dopo tre minuti dalla applicazione del laccio

• Proteine Totali +5%↑


• Ferro +7%↑
• Colesterolo +5%↑
• K+ -6%↓
Digiuno
In fase post-prandiale i livelli di molti analiti nel siero
aumentano, e possono quindi condurre ad errori diagnostici.
Ad esempio, nelle 2-3 ore successive al pasto, la glicemia
aumenta (infatti è possibile valutare la tolleranza al glucosio in
fase post-prandiale), mentre la potassiemia e la fosforemia
diminuiscono (a causa dei processi metabolici di utilizzazione del
glucosio).
Analogamente, dopo un pasto i livelli di trigliceridi ematici
aumentano, e rientrano nei valori di base 4-5 ore dopo il pasto.
Il digiuno è necessario per non alterare la lipemia, in quanto i
sieri lipemici (cioè che contengono elevati livelli di trigliceridi)
possono interferire con alcune metodiche analitiche, ad esempio
con i metodi colorimetrico-spettrofotometrici diretti che non
prevedono una preliminare precipitazione delle proteine.
Digiuno

Comunque, tranne in casi particolari, non è necessario che il digiuno


superi le 8 ore.

Nello stesso tempo, infatti, il digiuno non deve essere troppo


protratto, poiché anche il digiuno troppo protratto causa alterazioni
dei parametri di laboratorio, come ad esempio un aumento dei livelli
ematici di bilirubina, oppure un aumento degli acidi grassi circolanti
(mobilizzati dalle riserve del tessuto adiposo).

Ovviamente vi sono casi in cui il digiuno di 8 ore non può essere


osservato, ad esempio bambini piccoli, oppure pazienti ricoverati in
pronto soccorso cui è necessario effettuare esami d’urgenza. In
questi casi è bene ricordare quali sono i parametri di laboratorio
influenzati dal pasto
Postura

Riposo a letto e postura influenzano la concentrazione di


numerose sostanze nei liquidi biologici: questo è determinante
per la valutazione dei dati di laboratorio dei pazienti
ambulatoriali e degenti.

Ad esempio, in ortostatismo la concentrazione ematica di quasi


tutti i parametri biochimico-clinici è più elevata a causa della
modificazione nella distribuzione dei liquidi biologici; infatti, il
volume plasmatico diminuisce del 10%, mentre il liquido
interstiziale aumenta. Questo è il motivo per cui nei pazienti
ambulatoriali risultano PIU`ELEVATI i valori di emoglobina,
proteine totali e sostanze legate a proteine (es., calcio,
colesterolo, bilirubina).

In gravidanza, a causa delle variazioni nel flusso plasmatico


renale, si riscontra aumento dell’escrezione urinaria degli
estrogeni in clinostatismo e della noradrenalina in ortostatismo.
Attività fisica
Il prelievo deve essere eseguito al mattino, in condizioni di riposo in
quanto l’attività fisica intensa può influenzare alcuni analiti, come gli
enzimi localizzati prevalentemente nella muscolatura scheletrica:
creatinfosfochinasi (CPK), aspartato aminotransferasi (AST), aldolasi,
lattatodeidrogenasi (LDH).

Anche altri parametri biochimico-clinici aumentano nel siero con l’esercizio


fisico, ad esempio l’ ammoniaca, l’acido lattico e l’acido piruvico; inoltre,
dopo esercizio fisico prolungato sono stati riscontrati elevati valori di
catecolamine urinarie.

D’altro canto, l’immobilizzazione completa protratta a lungo, determina un


processo di demineralizzazione del tessuto scheletrico con aumento
dell’escrezione urinaria del calcio, del fosforo e della idrossiprolina.

In occasione del prelievo, è opportuno giungere riposati, senza aver


compiuto intensa attività fisica nelle ore (meglio nelle due-tre settimane)
precedenti il prelievo. Anche in questo caso, è importante segnalare al
laboratorio di aver svolto una attività fisica intensa se non è possibile
rimandare il prelievo.
Attività fisica
Attività fisica

Analita Aumento Conc % Diminuzione Conc %


ACP 11
ALT 40
AST 30
Creatinina 17
Albumina 4
Sideremia 11
Lipidi totali 12
Potassio 8
Ritmi cronobiologici

Molti parametri di laboratorio sono influenzati direttamente o


indirettamente dai ritmi cronobiologici.

Ad esempio, la VES, i livelli di ACTH, del cortisolo, delle


gonadotropine, della sideremia, della cloruremia, della calcemia,
della 5-idrossitriptamina, l’escrezione urinaria di catecolamine,
sodio, potassio e fosfati presentano variazioni cronobiologiche.

Queste variazioni di concentrazione ritmica possono presentarsi


per periodi inferiori alle 24 h (ritmo ultradiano) o per periodi più
lunghi, oltre le 24h (ritmo infradiano). Fra i ritmi infradiani si
possono ricordare quelli di circa 7 giorni, quelli d un mese e quelli
un anno.

Il ritmo più comune è quello circadiano, che ha come


sincronizzatore più comune l’alternanza luce-oscurità, sonno-
veglia, assunzione di cibo, oscillazioni nei livelli di alcuni ormoni
trofici come l’ACTH (corticotropina).
Ritmi cronobiologici
Ad esempio, sono state riscontrate variazioni della sideremia fino al 50%
nelle 24 ore. In particolare, il picco è al mattino fra le 8,00 e le 10,00 e
valori più bassi nel tardo pomeriggio. Inoltre, è stato riscontrato che nei
soggetti che lavorano durante la notte i valori più elevati sono spostati
nelle ore pomeridiane, in fase col ciclo sonno-attività, per cui il ritmo
appare invertito.

Allo stesso modo, i livelli di ACTH variano nelle diverse ore del giorno, e di
conseguenza anche i livelli degli ormoni corticosteroidei (che sono
controllati dall’ACTH) variano nel corso della giornata. Anzi, in alcuni casi
proprio per valutare il funzionamento di questo ritmo, viene richiesto il
dosaggio del cortisolo e dell’ACTH in diverse ore del giorno.

Un tipico esempio di ritmo circamensile è quello mestruale nelle donne;


anche questo ritmo può influenzare alcuni parametri di laboratorio. Ad
esempio, a seguito delle mestruazioni, per qualche giorno i livelli di
emoglobina possono essere più bassi, oppure effettuando l’esame delle
urine è possibile trovare una maggior quantità di emoglobina ed eritrociti
nelle urine. Anche in questo caso, quindi, è buona regola informare il
laboratorio se gli esami vengono effettuati nel periodo mestruale o nei
giorni immediatamente successivi.
Effetti delle Stagioni

• Analita Conc ↑ Conc ↓ Var. High/low


• ALT Inverno Primav/Est 5%
• Albumina Autunno Estate 1%
• AST Primav. Estate 12 %
• LDH Estate Inverno 2%
• Glicemia Autunno Inverno 1%
• TG Primav. Autunno 5%
• Creatinina Estate Inverno 5%
Assunzione di medicamenti

È importante che nelle ore precedenti il prelievo siano interrotti gli


eventuali trattamenti farmacologici a cui il paziente è stato sottoposto,
in quanto alcuni farmaci o loro metaboliti possono interferire sui
risultati delle analisi di laboratorio. In alternativa, l’assunzione di
farmaci deve assolutamente essere comunicata al laboratorio.

L’ interferenza sulla reazione analitica può essere di natura fisica o


chimica ed è dovuta all’azione farmacologica, immunologica o
tossicologica dei medicamenti.

L’interferenza chimica è la causa più diffusa ed anche più critica. Sono


stati riscontrati meccanismi di interazione del farmaco con l’analita (ad
esempio, l’eparina compete con l’albumina con il verde di
bromocresolo, colorante impiegato per la misura dell’albumina), di
interazione con i reagenti (ad esempio, L-dopa, metildopa, isoniazide,
6-mercaptopurina, acido ascorbico interferiscono sul dosaggio dell’acido
urico, mentre l’acido ascorbico interferisce sulla determinazione del
glucosio), e di interazione con la tecnica di misura (ad esempio, lo
spironolattone interferisce nel dosaggio fluorimetrico del cortisolo).
Tipi di campione
Sangue intero, plasma o siero

Per le indagini biochimico cliniche si può utilizzare siero o plasma;


il plasma si ottiene per centrifugazione da un campione di sangue
intero a cui è stato aggiunto un anticoagulante (per esempio,
citrato, eparina) immediatamente dopo il prelievo.

Il siero ha una composizione simile a quella del plasma, ma non


contiene alcuni fattori della coagulazione, poichè si ottiene
lasciando coagulare il campione di sangue prima della
centrifugazione.

Per i test della coagulazione tutti i fattori coinvolti nella


coagulazione devono essere preservati, quindi il siero non può
essere utilizzato.
Bisogna sottolineare che rispetto al siero, il plasma ha minor
rischio di emolisi.

Siero e plasma possono essere congelati per successive analisi


Tipi di campione: sangue intero, plasma o siero

L’impiego del sangue intero al posto del siero (o plasma) per le


determinazioni biochimiche è giustificato solo quando la concentrazione
endoeritrocitaria della sostanza è analoga a quella presente nel plasma
(assenza di fenomeni di membrana)

A) Se si raccoglie il sangue in una provetta che non contiene


anticoagulanti, e si permette la formazione del coagulo, si può
ottenere, dopo centrifugazione, un campione di siero.

B) Se il sangue è raccolto in una provetta contenente un


anticoagulante, ed es. eparina, dopo centrifugazione il
supernatante è costituito da plasma.
IL SANGUE

Tessuto liquido che riempie il sistema


cardiovascolare e vi circola.
SISTEMA DI TRASPORTO DI:

•Acqua
•Cellule (globuli rossi, bianchi e piastrine)
•Molecole disciolte (elettroliti, molecole
organiche, proteine)
•Gas in soluzione (O2, CO2, N2)
•Messaggi chimici
•Calore
SANGUE INTERO:

Elementi cellulari (EMATOCRITO=40-45%).

PLASMA = sangue senza cellule

SIERO = plasma senza fibrinogeno

Circa 5 l in un individuo normale.


SANGUE : SISTEMA BIFASICO

FASE LIQUIDA
• PLASMA
• SOLUZIONE SALI MINERALI E ORGANICI

FASE SOLIDA

• CELLULE NUCLEATE (g. bianchi)


• CELLULE ANUCLEATE (g. rossi)
• FRAMMENTI CITOPLASMATICI (piastrine)
Prelievo
Esecuzione del prelievo da
sangue venoso periferico

laccio emostatico

vena antecubitale con angolo di circa 15°

tipo di provette con sistema vacutainer


Componenti del sangue intero

Plasma
(Parte liquida)

Buffy coat:
leucociti e piastrine
(<1% di sangue intero)
Elementi
corpuscolati
Eritrociti
1 Prelievo del 2 Centrifuga (Parte corpuscolata)
sangue nel tubo
SANGUE VENOSO INTERO
si deve utilizzare obbligatoriamente
quando si eseguono ricerche su sostanze,
come l'emoglobina ed altri analiti, presenti
esclusivamente o prevalentemente negli
eritrociti del sangue periferico

SANGUE ARTERIOSO
generalmente viene esaminato solo
per lo studio dell'emogasanalisi e
dell'equilibrio acido-base
PLASMA O SIERO?

Vantaggi del plasma

Risparmio di tempo:
I campioni per il plasma possono esser centrifugati direttamente dopo la
raccolta del sangue, mentre i campioni per il siero devono attendere il
completamento del processo di coagulazione che avviene non prima di 30
minuti.

Maggior rendimento:
Si può ottenere dal 15% al 20% in più di plasma rispetto al siero dalla stessa
quantità di sangue

Prevenzione dalle interferenze indotte dalla coagulazione:


La raccolta di plasma previene la coagulazione nei contenitori originali e
secondari dopo centrifugazione che può esser fonte di interferenze analitiche
(ad esempio, ostruzione dell’ago campionatore nel sistema di analisi)
PLASMA O SIERO?
Vantaggi del plasma

Prevenzione dalle modificazioni indotte dal processo di


coagulazione:

il processo di coagulazione modifica le concentrazioni di


numerosi analiti nel fluido extracellulare attorno al massimo
valore limite. Ciò è indotto dai seguenti meccanismi:

• Aumento del numero di componenti piastrinici nel siero rispetto al


plasma (ad esempio, potassio, fosfato, magnesio,
aspartatoamminotransferasi, lattato deidrogenasi, serotonina, enolasi
neuronospecifica, zinco).

• Decremento della concentrazione di analiti nel siero determinato dal


processo di coagulazione (proteine totali, piastrine, glucosio.)

• Attivazione della lisi cellulare di eritrociti e leucociti nel sangue non


coagulato (emoglobina libera, citochine, recettori)

A causa di questi fattori, per alcune analisi è indicato solamente l’uso del
plasma (ad esempio, enolasi neuronospecifica, serotonina, ammonio)
PLASMA O SIERO?
Svantaggi del plasma rispetto al siero

L’aggiunta di anticoagulanti può interferire, d’altra parte, in alcuni metodi


analitici o cambiare la concentrazione degli analiti misurati:

• Contaminazione con cationi: ammonio, litio, sodio, potassio

• Interferenza causata da metalli legati a EDTA e citrato (ad esempio,


inibizione dell’attività della fosfatasi alcalina da blocco dello zinco,
inibizione delle metallo proteinasi, inibizione dell’attivazione cellulare
dipendenti da metalli in test funzionali, legame del calcio ionizzato con
l’eparina)

• Interferenza causata dal fibrinogeno in immunodosaggi eterogenei

• Inibizione di reazioni metaboliche o catalitiche da eparina, come Taq


polimerasi nella PCR

• Interferenza nella distribuzione degli ioni tra spazio intra ed extracellulare


(ad esempio, Cl- e NH4+ ) da parte di EDTA e citrato
ANTICOAGULANTI
Sostanze che inibiscono i processi della coagulazione

· la scelta dell’anticoagulante viene fatta in relazione al tipo di


analisi da eseguire
· il rapporto anticoagulante : sangue = 1 : 9
(0.1 ml di anticoagulante + 0.9 ml di sangue)

• Chelanti del calcio


• EDTA
• Fluoruro di sodio
• Ossalato di potassio e ammonio
• Citrato di sodio

• Antitrombinici e antiprotrombinici
• Eparina
SALI DELL'ACIDO ETILENDIAMINOTETRACETICO
(EDTA)
Sono agenti chelanti degli ioni calcio e come tale
costituiscono l'anticoagulante di elezione per l'emocitometria,
in quanto conservano inalterate le componenti cellulari

Per analisi in ematologia, ha ampia applicazione (non per il


calcio, ferro, ALP e CK).
SALI DELL'ACIDO ETILENDIAMINOTETRACETICO
(EDTA)

• Sale bisodico o bipotassico (più solubile)


• Il migliore per studiare la morfologia delle cellule del sangue
(ne conserva più a lungo le caratteristiche)
• Non altera il volume degli eritrociti
• Non provoca emolisi
• Riduce al minimo la lisi dei leucociti
• Limita l’aggregazione piastrinica
• E’ rapidamente solubile nel sangue
• Concentrazione ottimale: 1mg/1ml di sangue
Sodio citrato
Na+ Citrato
Soluzione alla conc. 3.4 – 3.8 g/dL + sangue
nel rapporto di 1:10 (1 parte + 9 parti)

Ha effetti reversibili (si può sottrarre per


aggiunta di Ca++) è anticoagulante

Usato per misura del tempo di protrombina


(tempo di Quick o PT) tempo di
tromboplastina parziale attivata (aPTT) o
PTT); fibrinogeno, aggregazione piastrinica.
OSSALATI DI SODIO, DI POTASSIO E DI LITIO
Esplicano un effetto anticoagulante in quanto, legando
stabilmente gli ioni calcio (azione chelante), essi non sono più
disponibili in quantità sufficiente a consentire la coagulazione

L'anticoagulante più usato è l'ossalato di potassio alla


concentrazione di 2 mg/mL di sangue

Ha ampia applicazione (no per ematocrito) per calcio, ALP,


ACP, AMY, LDH,
EPARINA
Può essere considerata un anticoagulante
naturale del sangue circolante, in quanto è già
contenuta in esso in concentrazioni più basse di quelle
richieste per impedire la coagulazione del sangue
prelevato
E’ un mucopolisaccaride che si trova in
commercio come sali di sodio, di potassio, di ammonio
e di litio

I principali svantaggi sono rappresentati da costo


abbastanza elevato e da un'attività limitata nel tempo
E’ un cofattore dell'antitrombina III plasmatica, in
combinazione con la quale inattiva rapidamente la
protrombina e il fattore X attivato, bloccando la
formazione della trombina e quindi, di
conseguenza, anche la trasformazione del
fibrinogeno in fibrina

Interferisce poco nelle analisi


ematochimiche e può essere utilizzata anche per
indagini ematologiche, escluse quelle di tipo
morfologico

Concentrazioni consigliate comprese tra 15-25


UI/mL di sangue
EMOLISI
Causa di errore nei risultati delle analisi poiché provoca:

• presenza di Hb libera che interferisce nelle letture allo


spettrofotometro

• aumento di enzimi sierici presenti negli eritrociti

• aumento di fosforo

• aumento di potassio
Fenomeni emolitici frequenti

-emostasi al momento del prelievo


-contaminazione dell’ago con alcool o altri disinfettanti
-aspirazione, espulsione e mescolamento troppo energici
-tempo eccessivo prima della separazione del siero
-velocità di centrifugazione eccessiva
-conservazione a temperature
* troppo alte (>30°C)
* troppo basse (congelamento)
-patologie eritrocitarie
L'emolisi ha un triplice effetto:
1- Il rilascio dei componenti dalle cellule sopra descritto cambia la
concentrazione nel siero o nel plasma;
2- La colorazione rossa del campione dovuta all'emoglobina interferisce con le
misurazioni fotometriche.
3- Le reazioni chimiche durante l'analisi possono essere influenzate dalle
sostanze cellulari disperse con l'emolisi.
RACCOLTA E CONSERVAZIONE DEI CAMPIONI

Fase Preanalitica
Al momento del prelievo dei campioni biologici, della
loro raccolta e della loro conservazione, intervengono
numerosi fattori che influenzano, almeno in parte, la qualità
dei risultati di ogni analisi

E' logico che venga dedicata molta attenzione


all'accuratezza delle procedure analitiche, ma altrettanta
attenzione deve essere rivolta a tutti quei momenti che
precedono l'esecuzione analitica
CONSERVAZIONE DEI
CAMPIONI DI SANGUE
I processi che possono determinare variazioni della
concentrazione di uno o più costituenti di un
campione di sangue conservato possono essere
diversi:
✓Assorbimento di analiti sulle pareti delle provette
✓Evaporazione di costituenti volatili in un campione
di plasma o di siero
✓Variazioni di pH
✓Mancanza di asepsi
✓Tempo di conservazione dei campioni di sangue
Quando il dosaggio non può essere eseguito
entro 4 ore dal prelievo
(non eseguito tutti i giorni o campioni
inviati ad altri laboratori)
bisogna attuare idonee tecniche di
conservazione, allo scopo di mantenere
integro il campione biologico

A. Impiego di basse temperature


B. Sostanze conservanti
E’ IMPORTANTE CHE:
✓ La consegna dei campioni di sangue al laboratorio sia
la più rapida possibile
✓Il campione appena prelevato venga lasciato coagulare
spontaneamente a temperatura ambiente per circa 20
min. nella stessa provetta in cui è stato raccolto
✓La separazione del siero dal coagulo avvenga entro
breve tempo (comunque non oltre un'ora dal prelievo)
TRASPORTO DEI CAMPIONI DI SANGUE

Consegna dei campioni di sangue prevista entro 1 ora: è sufficiente che


il materiale da esaminare venga raccolto in contenitori sterili muniti di
tappi a tenuta e trasportati in posizione verticale, a riparo dalla luce e
da qualsiasi possibilità di surriscaldamento e di agitazione.

Tempo per il trasporto di 3 o 4 ore: occorre disporre di un contenitore


refrigerato a 4°C, dove possono essere sistemate in posizione verticale
i campioni da esaminare.

Tempo per il trasporto più di 12 ore: occorre, dopo aver separato il


siero dalla parte corpuscolata, congelare i campioni immergendoli in un
contenitore di polistirolo espanso, contenente ghiaccio secco,
sufficiente a mantenerli congelati per almeno 48-72 ore

LIOFILIZZAZIONE: nella pratica clinica non viene correntemente


utilizzato; richiede l'impiego di una strumentazione dedicata ed un
periodo di tempo abbastanza lungo
Cause della variabilità di una misura

Le condizioni che contribuiscono all’insorgenza di variabilità


comprendono:
– Il modo con cui la misurazione viene effettuata
– Le differenze biologiche esistenti nello stesso individuo
– Le differenze biologiche che rendono diversi gli individui fra loro

Variabilità analitica
Strumento Mezzi e procedure di misurazione
Rilevatore Operatore che effettua la misurazione

Variabilità biologica
INTRA- soggetto Variazioni del soggetto nel tempo e nella disposizione
INTER- soggettio Differenze biologiche tra soggetto e soggetto
VARIABILITÁ TOTALE

VARIABILITÁ TOTALE

VARIABILITÁ ANALITICA VARIABILITÁ BIOLOGICA

PRE-ANALITICA INTRAINDIVIDUALE

ANALITICA INTERINDIVIDUALE

POST-ANALITICA
VARIABILITÁ BIOLOGICA

• VARIABILITÁ INTRA-INDIVIDUALE: a carico


dello stesso individuo

• VARIABILITÁ INTER-INDIVIDUALE: fra diversi


individui
PRINCIPALI FONTI DELLA VARIABILITÁ
INTRA-INDIVIDUALE

• Ritmi circadiani
• Variazioni stagionali
• Dieta
• Periodo mestruale
• Gravidanza
PRINCIPALI FONTI DELLA VARIABILITÁ
INTER-INDIVIDUALE

• Sesso
• Età
• Razza
• Massa corporea
• Fumo
• Alcool
• Farmaci
VARIABILITÁ ANALITICA
Se uno stesso campione biologico viene analizzato ripetutamente
(nello stesso laboratorio o in laboratori differenti) anche utilizzando
lo stesso metodo di analisi e gli stessi strumenti, non si ottengono
gli stessi valori.

La variabilità analitica è uno dei fattori responsabili delle differenze


che si osservano tra i valori analitici ripetuti e dipende dal metodo
analitico utilizzato.

Qualunque metodo di misura, basato su qualunque principio,


mostra una variabilità. La variabilità analitica è legata a due
componenti: l’ACCURATEZZA e la PRECISIONE del metodo di
misura .
VARIABILITÁ ANALITICA
Precisione e imprecisione
La precisione è il grado di concordanza tra misure replicate effettuate sul
medesimo campione.

L’imprecisione è dovuta all’errore casuale (inevitabile, involontario, di piccola


entità).

Per effetto dell’errore casuale, i valori analitici replicati risultano occasionalmente


superiori o inferiori al valore vero. La precisione si misura in termini di
deviazione standard o di coefficiente di variazione

La deviazione standard è la variazione rispetto alla media, ossia di quanto si


discostano dalla media i valori riscontrati nelle ripetute misurazioni dello
stesso campione.
CV%= DS/media X 100

Accuratezza: rappresenta la vicinanza della misura (o


della media di misure, per misure ripetute) al valore
vero
VARIABILITÁ ANALITICA
PRECISIONE ED ACCURATEZZA SONO TRA
LORO INDIPENDENTI.
Infatti, come è mostrato nella figura:
Un risultato inaccurato può essere molto preciso, cioè
andando a ripetere più volte una determinazione
sullo stesso campione con lo stesso metodo,
otteniamo risultati sempre vicini tra loro, ma tutti
lontani dal valore atteso.
Un risultato impreciso può essere molto accurato, cioè
otteniamo sempre risultati vicini a quello atteso,
ma abbastanza diversi tra loro.
Per la maggior parte dei parametri di laboratorio il CV
è inferiore all’1%.
Ovviamente l’accuratezza e la precisione di un
metodo variano al variare della concentrazione
dell’analita. Se la concentrazione è troppo bassa 1) Impreciso e inaccurato
oppure troppo alta, il metodo di misura avrà 2) Preciso ma inaccurato
maggiori difficoltà a fornire risultati accurati e
precisi. 3) Impreciso ma accurato
Il controllo dell’imprecisione e dell’inaccuratezza del 4) Preciso e accurato
metodo deve quindi essere eseguito a diversi
livelli di concentrazione.
PRECISIONE E ACCURATEZZA

 
Risultati di 50 determi-
nazioni analitiche di un

medesimo valore vero θ


  eseguite con 4 differenti
11 2 metodi:
 

1 - preciso ed accurato
2 - preciso ed inaccurato
3 - impreciso ed accurato
4 - impreciso ed inaccurato
 33  4
attendibilità analitica: si indica la qualità
che caratterizza in modo globale un
risultato analitico

Concorrono numerosi fattori:


a. Metodo usato (sensibilità, specificità, accuratezza)

b. Efficienza analitica del laboratorio


(efficienza delle apparecchiature, abilità dell'operatore).
Tutti insieme costituiscono la precisione

c. Condizioni del prelievo e dal modo di conservazione del


campione
Sensibilità e specificità
analitica

Sensibilità analitica: capacità di un metodo di dosare anche piccole


concentrazione di un analita

Specificità analitica: proprietà di un metodo di dosare solo ed


interamente un determinato analita
CASUALE
GROSSOLANO (Imprecisione)
(Vero e proprio sbaglio)

ERRORE
ANALITICO

SISTEMATICO
Proporzionale
Costante
(tutte le determinazioni più
(tutte le determinazioni alte/basse di una
più alte/basse di un percentuale)
tot)
ERRORI DI MISURA
Gli errori grossolani sono quelli che vengono commessi in
seguito ad un'inappropriata applicazione del metodo analitico

Gli errori sistematici rappresentano la tendenza di un dato


metodo a sovrastimare (o sottostimare) il vero valore.
Gli errori sistematici hanno cause ben determinate, inerenti o al
metodo (es.: scarsa selettività del reagente usato per la titolazione
di un certo soluto), o alle condizioni di esecuzione del
procedimento analitico (es.: strumento non calibrato
correttamente).

Gli errori casuali sommano tutte le piccole e imprevedibili


variazioni nell'esecuzione delle varie operazioni analitiche.
Controllo di qualità

• Allo scopo di tenere sotto controllo l’efficienza dei metodi


di misura, ed in particolare la precisione e l’accuratezza, si
utilizzano i sistemi di controllo di qualità. Nei sistemi
“esterni” o “extralaboratorio”, il laboratorio riceve,
periodicamente, campioni di controllo a concetrazione
ignota e li analizza insieme ai campioni da paziente.
• Nei sistemi di controllo “interni” o “intralaboratorio” si
utilizzano invece campioni di controllo a concentrazione
nota, che vengono analizzati insieme ai campioni da
paziente. In genere, il controllo interno è effettuato per
ogni serie analitica, ed è buona norma usare campioni che
hanno concentrazioni diverse, in tutto il range di valori che
si possono ottenere da un paziente.
Controllo di qualità
I risultati ottenuti dai campioni di
controllo interno, vengono
periodicamente inseriti in una carta di
controllo, tipo quella riportata nelle
figure. La figura indica un metodo
“controllato”; come si vede i valori
ottenuti nei vari giorni oscillano
intorno alla media (a causa della
variabilità analitica), ma
l’oscillazione è limitata (entro 2 DS),
ed avviene in modo random al di
sopra e al di sotto della media.
GRAFICO DI LEVEY-JANNINGS
Controllo di qualità
Nella figura sono mostrati alcuni esempi di metodo fuori controllo.
• Nel pannello A è mostrato un caso in cui i risultati del controllo nei diversi giorni
forniscono risultati sempre più alti; nel pannello C è riportato un esempio della situazione
opposta. Ciò indica che è insorto un errore sistematico che determina un risultato anomalo.
Per esempio, una pipetta che gradualmente si sta starando, e quindi fornisce risultati
sempre più alti o sempre più bassi perché la quantità di campione o di reagente inserito
nella provetta di reazione è sempre maggiore o sempre minore.
• Il pannello B mostra un esempio di risultati precisi (sempre vicini tra loro) ma poco
accurati, perché si collocano sempre dallo stesso lato della media. Ciò potrebbe dipendere
da un errore sistematico in cui, per esempio, lo strumento di misura è tarato male.
• Il pannello D, infine, mostra che in una delle determinazioni il risultato è fuori 2 DS;
probabilmente in quella seduta analitica è insorto una anomalia non sistematica ma limitata
a quella seduta.
Come si vede, quindi, l’esecuzione del controllo di qualità può orientare molto
bene il personale del laboratorio alla manutenzione delle strumentazioni e a
mantenere l’efficienza delle procedure analitiche.
Intervalli di riferimento

Quando si effettua una determinazione di laboratorio, per poter interpretare


il risultato è necessario seguire due passaggi:

Se il test è già stato effettuato nell’individuo, per verificare se nel risultato


è presente una variazione significativa (per esempio dovuta all’effetto di
una terapia, oppure di una dieta, o altro) si effettua il calcolo della
differenza critica e si vede se la differenza del risultato, rispetto alla
precedente determinazione, è superiore alla differenza critica. In tal caso
si può affermare che esiste una reale differenza nel valore dell’analita,
dipendente dalle diverse condizioni fisiopatologiche dell’individuo.

Se è la prima volta che si esegue il test in un individuo, occorre valutare se


il risultato è compreso negli intervalli di riferimento per la popolazione
sana, oppure se risulta più elevato o più basso.
Quindi, per ogni determinazione di laboratorio che preveda un risultato
quantitativo, è necessario conoscere gli intervalli di riferimento.

Sarebbe opportuno che ogni laboratorio calcolasse gli intervalli di


riferimento per ciascun analita. Tuttavia, nel nostro laboratorio può
essere sufficiente utilizzare i valori di riferimento calcolati in altri
laboratori, purché:

I soggetti impiegati per il calcolo dei valori di riferimento appartengano allo


stesso gruppo etnico che afferisce al nostro laboratorio (poiché per
alcuni parametri di laboratorio hanno diversi valori di riferimento in base
al gruppo etnico: ad esempio, i valori di riferimento per la creatinkinasi
sierica, enzima rilasciato dai muscoli, saranno più elevati in individui
africani che hanno una massa muscolare più sviluppata).
I valori di riferimento siano stati calcolati con la stessa metodologia
analitica impiegata nel nostro laboratorio.
La popolazione di riferimento

Una popolazione di riferimento per calcolare gli “intervalli di


riferimento” si sceglie in base a criteri di partizione e criteri di
esclusione.

I criteri di partizione sono:

•Numero di soggetti sufficientemente elevato;

•In buono stato di salute (almeno per quanto riguarda i


metabolismi o gli organi valutati dall’analita in questione);

•Età, Sesso, Fattori ambientali;

•Altri fattori biologici: variazioni cronobiologiche.


I criteri di esclusione sono:

Malattie sistemiche e disordini fisiopatologici;

Assunzione di agenti farmacologicamente attivi, quali la terapia


farmacologica, assunzione di contraccettivi, tossicodipendenza,
alcolismo e tabagismo;

Modificazione dello stato fisiologico, ad esempio la gravidanza,


l’esercizio fisico intenso, l’assunzione di cibo prima del prelievo;

Esposizione a fattori di rischio.


Calcolo degli intervalli di riferimento

Per intervallo di riferimento si intende un intervallo che includa una


FRAZIONE PREFISSATA della popolazione di riferimento.

Tra gli individui “normali” ci si aspetta che i valori dei singoli analiti abbiano
variazioni compatibili con la normale variabilità tra un soggetto ed un altro.

Se questa variabilità è veramente casuale questi valori seguiranno una


distribuzione NORMALE o GAUSSIANA.

Considereremo come intervalli di


riferimento quelli compresi
nell’intervallo tra la media e due
deviazioni standard a destra o a
sinistra della media; in questo modo
avremo considerato i valori presenti
nel 95% della popolazione di
riferimento.
Utilizzo degli intervalli di riferimento

Nell’uso degli intervalli di riferimento occorre ricordare alcuni punti


fondamentali:

Per molti analiti, gli intervalli di riferimento possono variare in base


all’età. Se ci accorgiamo di un evento del genere durante la
valutazione dei valori ottenuti nella nostra popolazione, dovremo
ricalcolare gli intervalli di riferimento in un congruo numero di
soggetti appartenenti alle diverse fasce d’età.

Per molti analiti, gli intervalli di riferimento possono variare in base


al sesso. Se ci accorgiamo di un evento del genere durante la
valutazione dei valori ottenuti nella nostra popolazione, dovremo
ricalcolare gli intervalli di riferimento in un congruo numero di
soggetti appartenenti ai due sessi.
Ovviamente per gli analiti i cui intervalli di riferimento variano in
base all’età e al sesso, il laboratorio dovrà riportare sul referto, di
volta in volta, gli intervalli di riferimento corrispondenti all’età e al
sesso del soggetto in esame.

Il CONFRONTO DEL RISULTATO ottenuto CON I VALORI DI RIFERIMENTO


permette di discriminare subito una condizione (normale o patologica),
tuttavia esistono dei limiti dei valori di riferimento:
•Variazioni significative si possono verificare anche nell’ambito di
valori di riferimento considerati normali. Ad esempio, se in un
individuo si verifica un aumento di creatinina in 10 gg da 54 a 108
(Val. Rif: 45-110 mmol/L), pur essendo sempre valori compresi negli
intervalli di riferimento, è probabile che si sia verificato un danno
renale che ha causato un aumento dei valori di creatinina.
(b)
(a)

La definizione del valore di cut-off può variare a seconda del


significato clinico che si intende dare al dosaggio

se si vuole individuare il numero più alto possibile di pazienti affetti da


tumore (PRIVILEGIARE SENSIBILITA’) si deve porre il cut-off a
valori più bassi (a), ma si deve tenere conto che sicuramente si avrà
un’elevata percentuale di falsi positivi (bassa Specificità)

se invece si vuole essere sicuri di avere in ogni caso risultati


“veri positivi” (PRIVILEGIARE SPECIFICITA’) il cut-off andrà
posto a valori più elevati (b), ma in questo caso si “perderanno”
molti casi di tumore (bassa Sensibilità)
si aumentano i FP che
diminuiscono la specificità

si aumentano i FN che
diminuiscono la sensibilità
Sensibilità diagnostica: è la frequenza della positività di un test in
presenza della malattia considerata e si esprime come rapporto
percentuale tra veri positivi e totali (veri positivi + falso negativo)

Specificità diagnostica: è la frequenza della negatività di un test in


assenza della malattia considerata e si esprime come rapporto
percentuale tra veri negativi e totali (veri negativi+ falso positivi)

In un campione di donne valutate con il Pap test, il 49,8% delle donne


con cervice alterata avrà un Pap test patologico: la sensibilità del test
in questo studio è dunque inferiore al 50%, quindi nel caso il Pap test
venga negativo la probabilità che si tratti di un falso negativo è
consistente (oltre il 50%); prima di escludere la presenza di una
lesione cervicale bisogna quindi fare altri test di conferma.

D'altro canto l'88,2% delle donne con cervice normale avrà un Pap test
normale: la specificità del test in questo studio è dunque dell'88.2%,
quindi in caso di Pap test positivo la probabilità che si tratti di un falso
positivo è contenuta (meno del 12%) e si può ragionevolmente ritenere la
donna affetta da un'alterazione a livello della cervice.
Sensibilità diagnostica: è la frequenza della positività di un test in
presenza della malattia considerata e si esprime come rapporto
percentuale tra veri positivi e totali (veri positivi + falso negativo)

Specificità diagnostica: è la frequenza della negatività di un test in


assenza della malattia considerata e si esprime come rapporto
percentuale tra veri negativi e totali (veri negativi+ falso positivi)

Diverso da
Sensibilità analitica: capacità di un metodo di dosare anche piccole
concentrazione di un analita

Specificità analitica: proprietà di un metodo di dosare solo ed


interamente un determinato analita

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