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DIABETE MELLITO

Comprende un gruppo di disturbi metabolici caratterizzati da


un aumento patologico dei livelli plasmatici di glicemia
(iperglicemia).

Esistono diversi e distinti tipi di Diabete mellito causati da una


complessa interazione di fattori genetici, ambientali e
comportamentali (stili di vita).

A seconda dell’eziologia, i fattori che contribuiscono


all’iperglicemia comprendono:

➢ una ridotta secrezione di insulina


➢ una ridotta utilizzazione periferica del glucosio
➢ una aumentata produzione di glucosio.
SINTOMI DEL DIABETE
MELLITO

✓ Principali: sete, poliuria, dimagrimento,


astenia
✓ Secondari: crampi, stipsi, visione
offuscata, candidiasi, infezioni cutanee
✓ Segni di chetoacidosi: nausea, vomito,
sonnolenza, dolori addominali
COMPLICANZE ACUTE
Ipoglicemia
Molto comune, potenzialmente letale

Chetoacidosi diabetica
DMt 1 per traumi, infezioni, infarto miocardico
(mortalità 1 – 4 %)

Stato iperosmolare non chetotico


DMt 2, anziani, sviluppo lento (mortalità 10 – 40 %)

Acidosi lattica
DMt1, per ipossia
DMt2, inibizione metabolismo epatico del lattato
Mortalità > 50 %
RISCHI ASSOCIATI AL
DIABETE MELLITO

Malattia Rischio rispetto ai non


diabetici

Cecità 20 volte

Insufficienza renale 25 volte

Amputazione 40 volte

Infarto del miocardio 2-5 volte

Ictus 2-3 volte

Nathan, N Engl J Med 1993


PRINCIPALI
ORMONI COINVOLTI
NELL’OMEOSTASI GLICEMICA

 Glucagone I
 Catecolamine P I  Insulina
 Cortisolo E P
 GH R O
INSULINA
Principale fattore di controllo glicemico

• Ormone ipoglicemizzante
• Cellule β delle isole
di Langerhans
• Azione antagonista col
glucagone
- Preproinsulina (taglio sequenza segnale24
aa) Catena A: 21 aa + ponte s-s
- Proinsulina (taglio peptide C) Catena B: 30 aa
- Insulina + peptide C
Rilasciati dalla cellula in quantità equimolari
L’insulina induce lo stato anabolico spostando il metabolismo verso l’accumulo di
carboidrati e lipidi e verso la sintesi proteica

➢ stimola la glicolisi e la glicogenosintesi


la sintesi di acidi grassi a lunga catena
 Fegato
 Tessuto adiposo ➢ inibisce la lipolisi e la gluconeogenesi

 Muscolo scheletrico ➢ trasporto dei lipidi dal fegato alle cellule


periferiche
EFFETTI DELL'INSULINA SUL METABOLISMO
✓Promuove l'accumulo di glicogeno (zucchero di riserva con glicogenosintesi) nel fegato
e muscoli

✓Deprime il consumo di grassi e proteine in favore dei carboidrati, ovvero spinge le


cellule a bruciare carboidrati piuttosto che proteine e grassi

✓Promuove la formazione di trigliceridi (grassi) a partire da carboidrati e proteine

✓Promuove l'immagazzinamento di grassi nel tessuto adiposo

✓Aumenta l’assorbimento cellulare degli aa e stimola la sintesi proteica

➢ Il glucosio plasmatico entra nella


cellula attraverso GLUT-2

➢ GLUT-4 controlla l’assorbimento


del glucosio a livello del muscolo
scheletrico e degli adipociti
GLUCAGONE
Promuove la liberazione del glicogeno dal fegato (glicogenolisi), che viene
riversato sottoforma di glucosio nel sangue

Promuove il consumo di grassi (lipolisi) e proteine a sfavore dei


carboidrati, ovvero spinge le cellule a bruciare le proteine e i grassi
piuttosto che i carboidrati

Promuove la mobilizzazione dei grassi dai tessuti adiposi, che vengono


resi disponibili ai tessuti per essere bruciati

Grazie a questo meccanismo, possiamo introdurre il glucosio


(sotto forma di carboidrati) durante i pasti: a mantenere
costante la sua presenza nel sangue ci pensa l'asse ormonale
insulina-glucagone, che utilizza come "magazzino" per il
glucosio il fegato.
Se la glicemia scende, come durante il digiuno, il pancreas secerne
glucagone che induce il fegato a prelevare glucosio dalle sue scorte
e immetterlo nel sangue.

Il glucagone, inoltre, spinge le cellule all'utilizzo di grassi e proteine


come fonte energetica: in questo modo si predispone tutto
l'organismo al risparmio del glucosio.

Se invece la glicemia sale, come dopo un pasto, il pancreas secerne


insulina che induce il fegato a prelevare il glucosio dal sangue e
d'immagazzinarlo.

La capacità del fegato di immagazzinare glucosio è piuttosto limitata


(circa 70 grammi): i carboidrati in eccesso vengono convertiti in
grassi e depositati nei tessuti adiposi.

L'insulina, al contrario del glucagone, spinge le cellule a


utilizzare i carboidrati come fonte energetica
DIABETE
TIPO I : detto anche “giovanile”

IDDM: Insulin Dependent Diabetes Mellitus

➢Carenza o insensibilità assoluta all’insulina


TIPO II : detto anche “dell’adulto”
NIDDM : Non Insulin Dependent Diabetes Mellitus
➢Carenza relativa di insulina

TERAPIA DEL DIABETE MELLITO


TIPO I TIPO II
Dieta – Controllo peso corporeo Dieta – Controllo peso corporeo
Insulina Antidiabetici orali
Attività fisica Insulina
Attività fisica
DIABETE MELLITO: CLASSIFICAZIONE
Forme principali di diabete mellito: tipo 1 e tipo 2

DIABETE MELLITO TIPO 1


è una condizione tipica, anche se non esclusiva, dell’età infantile ed adolescenziale.

Fattori genetici, ambientali (virus?), immunologici (autoimmunità)


distruzione delle cellule ß pancreatiche

insufficienza insulinica assoluta

Le manifestazioni cliniche del diabete non si manifestano fino a che la maggioranza


delle cellule ß (circa 80%) non venga distrutta.
Le cellule ß residue funzionanti sono in numero insufficiente per mantenere la
tolleranza glucidica.

Passaggio dalla ridotta tolleranza glucidica al diabete: eventi associati ad un


aumento delle richieste di insulina: infezioni, pubertà.

Terapia: insulina esogena


DIABETE MELLITO TIPO 2
colpisce per lo più soggetti di età superiore a 30 anni.
Fattori genetici e ambientali (stile di vita - obesità)

INSULINORESISTENZA

Resistenza all’insulina
ridotta capacità dell’insulina di agire efficacemente sui tessuti bersaglio
periferici (muscoli scheletrici e fegato).
Fasi precoci: tolleranza glucidica nella norma, nonostante la resistenza
insulinica, poiché le cellule ß pancreatiche compensano aumentando il rilascio
di insulina.
La resistenza insulinica stimola la produzione epatica di glucosio.

 utilizzo periferico di glucosio  produzione epatica di glucosio

IPERGLICEMIA

Terapia: dieta ipoglucidica, attività fisica (riduzione del peso corporeo);


farmaci ipoglicemizzanti orali; insulina esogena.
IPOGLICEMIZZANTI ORALI
Gli ipoglicemizzanti orali sono farmaci di prima scelta per il
trattamento del diabete di tipo 2, ma del tutto inefficaci in caso di
completa deficienza delle cellule β del pancreas (situazione tipica del
diabete di tipo 1).

Gli ipoglicemizzanti orali, così detti perché somministrati per via


orale, agiscono sensibilizzando i tessuti periferici alla captazione
di insulina.

Alcuni ipoglicemizzanti agiscono riducendo l'assorbimento intestinale


di tutti i carboidrati, bloccandone l'enzima specifico α-glucosidasi,
così da decrementare i livelli di glicemia.

Metformina.
DIABETE: CARATTERISTICHE
TIPO I TIPO II

Età sviluppo < 30 anni, giovanile Adulti

Caratteristiche corpo Magro o normale Obeso

Storia familiare Comune Più frequente

Rapidità manifestazione Repentina Lento


clinica

Patogenesi Autoimmune. Distruzione Resistenza insulina,


cellule beta aumentata secrezione,
aumentata produzione
glucosio dal fegato

Produzione insulina endogena Nessuna Diminuita, aumentata, normale

Suscettibilità chetoacidosi Alta Bassa

Consigli per il trattamento Dieta, esercizio fisico, Dieta esercizio fisico insulina
insulina farmaci orali
DOSAGGIO DEL GLUCOSIO

La glicemia va misurata subito dopo il prelievo oppure è


necessario impedire alterazioni dei valori con l'aggiunta di
anticoagulanti glicostatici tipo fluoruro di sodio.

Il metodo di ricerca più utilizzato per la glicemia prevede


l'ossidazione del glucosio con glucosio ossidasi.
L'acqua ossigenata che si forma reagisce con un accettore
di elettroni in presenza di perossidasi per dare acqua ed un
cromogeno bruno la cui assorbanza a 450 - 500 nm ci fa
risalire alla concentrazione ematica di glucosio.

20
RIFLETTANZA

S sorgente luminosa
C campione in esame
FC fotocella, fotomoltiplicatore
Criteri diagnostici
Organizzazione Mondiale della Sanità, 1999
GLICEMIA A DIGIUNO

Concentrazione del
glucosio (mg/dl)

Normale 70-99
Alterata glicemia a
100-125
digiuno
Diabete 
Da WHO. WHO report WHO/NCD/99.2, 1999.
Criteri diagnostici
Organizzazione Mondiale della Sanità, 1999

GLICEMIA POST-PRANDIALE
(2 ORE DOPO IL PASTO)

Concentrazione del
glucosio (mg/dl)


Da WHO. WHO report WHO/NCD/99.2, 1999.
DIABETE MELLITO: DEFINIZIONE
“Disordine metabolico ad eziologia multipla caratterizzato
da una iperglicemia cronica con disturbi del metabolismo
dei carboidrati, lipidi e proteine, conseguente ad una
alterazione della secrezione o dell’azione della insulina”.

◼ normale
◼ diabete
400 120
100

Insulin (mU/ml)
Glucose (mg/dL)

300
80

200 60
40
100
20

0600 1000 1400 1800 2200 0200 0600 0600 1000 1400 1800 2200 0200 0600
EPIDEMIOLOGIA
Prevalenza in Italia: circa 2 milioni (3,5 %)

Tipo 1: circa 5 %

Tipo 2: circa 90 %

Incidenza Nord-Italia: 5-6/100.000 nuovi casi/anno

Prevalenza nel mondo

2001: circa 140.000.000

2025: circa 300.000.000


FREQUENZA DEL DIABETE E
DELL’INTOLLERANZA AL GLUCOSIO IN
FUNZIONE DELL’ETÀ

DIABETE
DIABETE INTOLLERANZA
NON
ETÀ DIAGNOSTICATO AL
DIAGNOSTICAT GLUCOSIO
O

45-54 3,8 1,3 4,4


55-64 9,5 1,8 6,4
65-74 10,0 5,0 10,0
Oltre i 75 11,3 5,0 19,4

Garancini et al, 1995


DISTRIBUZIONE DI FREQUENZA PER ETA’ ALLA
DIAGNOSI DI DIABETE
160

120 Diabete tipo 2


80
n° pazienti

40

0
30

20 Diabete tipo 1

10

0
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 anni
DIABETE GESTAZIONALE
“Sindrome il cui esordio, o primo riconoscimento, di alterata
tolleranza al glucosio avviene durante la gravidanza”

✓ Caratterizzata in parte da insulino-resistenza e


iperinsulinemia

✓ Secrezione placentare di ormoni ad attività controinsulare tra


cui l’ormone della crescita, progesterone, aumento della massa
adiposa materna, riduzione dell’attività fisica e aumento
dell’introito calorico

✓ Abbondante riserva continuativa di nutrienti per il feto

✓ La funzione pancreatica non è più in grado di controbilanciare


l’insulino-resistenza causata dai cambiamenti nel livello degli
ormoni diabetogeni durante la gravidanza
DIABETE CONCLAMATO
Glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl
HbA1C ≥ 6,5%
Glicemia estemporanea ≥ 200 mg/dl

Identificazione e trattamento precoce possono ridurre il rischio di


generare bambini con anomalie congenite e di andare incontro a
complicazioni del diabete

DIAGNOSI DI DIABETE GESTAZIONALE (nel caso in cui venga


rilevato anche un solo valore superiore a quelli soglia)
Glicemia a digiuno:
≥92 ma ≤126 alla prima visita
Test da carico (75g e test dopo 2h):
ad 1 ora uguale o superiore a 180 mg/dl
a 2 ore uguale o superiore a 153 mg/dl

. - Traumi alla nascita


COMPLICANZE - Parto chirurgico
- Mortalità prenatale
RISCHIO DI DIABETE GESTAZIONALE

- Storia familiare di diabete (spt parenti di II grado)


- peso antecedente la gravidanza moto elevato
- età >25 anni
- glicosuria alla prima visita

Screening tra la 24 e la 28 settimana


In occasione della prima visita in presenza di un ragionevole
sospetto di presenza di diabete tipo II non diagnosticato
(obesità o marcato sovrappeso, storia di diabete).
I bambini nati da madri diabetiche sottoposte ad un trattamento
idoneo hanno una frequenza di complicanze perinatali
significativamente più ridotta

La maggior parte delle donne dopo la gravidanza ritorna alla normalità, ma rimane il
rischio (dal 30 al 60%) che sviluppino diabete mellito nei successivi 10-20 anni.
Biochimica clinica Esami:
◼ Diagnosi
◼ glicemia a digiuno/occasionale
◼ glicemia postprandiale/da carico

◼ Sorveglianza (del compenso metabolico)


◼ glicemia
◼ proteine (emoglobina) glicate

◼ Complicanze
◼ Microangiopatia: microalbuminuria
◼ Aterosclerosi: lipidi e lipoproteine
◼ Cheto-acidosi: chetonuria; emogasanalisi
Valori di concentrazione del glucosio
del plasma (glicemia) a digiuno e
diagnosi di diabete

alterata
glicemia a
“normale” digiuno diabete

100 mg/dL 125 mg/dL


Valori di concentrazione del glucosio del
plasma (glicemia) 2 ore dopo un carico
orale di glucosio (OGTT) (100 g) e
diagnosi di diabete

alterata
tolleranza
“normale” glucidica diabete

140 mg/dL 200 mg/dL


CURVA GLICEMICA

Esame di tolleranza al glucosio che


permette una sicura diagnosi del
diabete. Viene eseguita facendo
prelievi del sangue a digiuno e dopo
l’introduzione di 100 grammi di
glucosio.
Oscillazioni della concentrazione plasmatica di glucosio in un
soggetto diabetico.
IL Glucosio è eliminato con le urine (glicosuria) quando la
concentrazione plasmatica sorpassa la soglia di
riassorbimento tubulare (soglia renale).

La sorveglianza del diabetico


mira a verificare lo stato del
controllo glicometabolico,
mentre la terapia tende a
ricondurlo alla norma. La
glicemia è l’indicatore del
Soglia controllo glico-metabolico, ma i
renale valori sono soggetti a variazioni
giornaliere marcate, rapide ed
imprevedibili.

180 mg/dL
Misura delle proteine glicate per la sorveglianza
del compenso glico-metabolico nel diabetico

 Principio: in un ambiente contenente


glucosio, questo si lega stabilmente alle
proteine, che risultano “glicate”.
 L’entità della glicazione è proporzionale
all’integrale della concentrazione di
glucosio per il tempo di contatto
 La glicazione è un processo lento: l’entità
è limitata dalla vita media della proteina
La formazione di glicoHb (assai
bA-NH2 stabile) avviene attraverso un
intermedio instabile (o labile)
+
HC = O HC = N -bA CH2-NH2-bA
HCOH HCOH C=O
HOCH HOCH HOCH
HCOH HCOH HCOH
HCOH HCOH HCOH
CH2OH CH2OH CH2OH

Glucosio Aldimmina Chetoammina


(labile) (stabile)
Oltre alla Hb, altre proteine si “glicano” : la loro
misura può fornire indicazioni sul controllo glicemico

 In un dato momento, l’entità della


glicazione misurabile è una misura
retrospettiva dell’integrale “concentrazione
di glucosio su tempo”, per un intervallo di
tempo dipendente dalla vita media della
proteina
 Per le proteine più utilizzate l’intervallo di
tempo è dell’ordine di:
 emoglobina del sangue 6-12 settimane;
 proteine (albumina) del siero 3-5 settimane
MISURA DELLE PROTEINE GLICATE:
ESPRESSIONE DEI RISULTATI

 La glicazione della emoglobina viene


stimata misurando la percentuale glicata,
ed espressa come come percentuale della
Hb totale (%Hb)
 La glicazione delle sieroproteine (albumina)
viene misurata come “fruttosammina”, ed
espressa in mmol/L
MISURA DELLA GLICO-HB: DENOMINAZIONE
DEL COMPONENTE MISURATO

 La glicazione della emoglobina è il


migliore marcatore di controllo glicemico:
è stabile e non risente di improvvise
variazioni del livello glicemico.
 Vengono utilizzate denominazioni,
differenti ma clinicamente equivalenti,
comprendenti:
 emoglobina glicata;
 emoglobina glicosilata;
 glico-emoglobina (GlicoHb);
 HB HbA1c
CORRELAZIONE TRA GLICEMIA MEDIA (MPG) E
CONCENTRAZIONE DI EMOGLOBINA GLICATA
(DA ROHLFING ET AL. DIABETES CARE 2002)

Risultati ottenuti da 1441


soggetti.
La glicemia media è stata
calcolata con adatto
algoritmo da 7 misure
giornaliere nell’arco di 24
ore
Normale

Patologico

VALORI DI RIFERIMENTO
Femmine: 4.5 – 5.7 % Hb 26 – 39 mmol/mmol Hb
Maschi: 4.5 – 5.7% Hb 26 – 39 mmol/mmol Hb
Valori compresi tra 5.8 e 6.4% cono compatibili con un aumentato rischio di sviluppare
diabete e pertanto si consiglia di verificare la tolleranza al glucosio sottoponendosi al test
curva da carico.
Misura delle proteine glicate:
emoglobina glicata o fruttosammina ?

 La misura della HbA1c è maggiormente


standardizzata analiticamente e validata
clinicamente: è largamente usata in tutto il
mondo
 Si può utilizzare in sostituzione o in
aggiunta la fruttosammina quando:
 E’ necessaria una informazione relativa ad un
periodo precedente più breve (per es.
valutazione degli effetti di variazione
terapeutica)
 Esistono ragioni biologiche (es. anemia emolitica)
o analitiche (es. presenza di varianti
emoglobiniche) che rendono inaffidabile la
misura della Hb glicata
FRUTTOSAMINA
L’interazione non enzimatica del glucosio plasmatico con gruppi aminici di proteine
diverse dall’emoglobina può formare chetoamine.

La fruttosamina è il nome generico delle chetoamine plasmatiche. La glicosilazione


non enzimatica interessa soprattutto i gruppi aminici di residui lisinici
dell’albumina.
Tra le fruttosamine, pertanto, l’albumina è quella più abbondante.
Le percentuali della fruttosamina sono essenzialmente condizionate dai livelli di
glucosio plasmatico e dalla concentrazione plasmatica dell’albumina.

Indicazioni all’analisi
La determinazione della fruttosamina consente di valutare il grado di
compenso glico-metabolico raggiunto dal paziente diabetico nelle tre/quattro
settimane antecedenti al controllo.
La fruttosamina fornisce una valutazione “a breve termine” del compenso glico-
metabolico, laddove l’emoglobina glicosilata (HbA1c) ne permette la valutazione ”a
lungo termine” (6-12 settimane precedenti).
INDICAZIONI

La determinazione della fruttosamina trova indicazione in pazienti


diabetici con anemia o emoglobinopatie nei quali i livelli percentuali di
emoglobina glicosilata risulterebbero sottostimati.

Metodiche e strumenti
La determinazione della fruttosamina avviene su un campione di sangue
venoso. Si sfrutta la capacità delle chetoamine di ridurre il
tetrazolium nitroblue in mezzo alcalino.

Valori di Femmine: 2.00-2.80 mmol/L


Maschi: 2.00-2.80 mmol/L
riferimento
Diabete Esami “addizionali”

Chetonemia e b-idrossibutirrato
Insulina e C-Peptide
Marcatori di auto-immunità
Esami addizionali: chetonemia

– Quando l’organismo ossida prevalentemente acidi grassi si


formano chetoacidi (ac. acetoacetico e β-idrossibutirrico) in
eccesso.

– L’evenienza è legata alla gravità dell’errore metabolico: è


assai più frequente nel diabete di tipo 1 che non in quello di
tipo 2

– L’eccesso di tali acidi (acidi fissi) nel plasma può spostare il


pH del sangue a valori bassi (acidosi) sfociando nel coma

– Per evidenziare il fenomeno si può utilizzare:

▪ Ricerca della chetonuria

▪ Emogasanalisi

▪ Determinazione del β-idrossibutirrato del sangue


Dosaggio corpi chetonici
Una delle complicanze del diabete mellito è la comparsa nel sangue di
alcune sostanze tossiche dette corpi chetonici. Per l'incapacità di
utilizzare il glucosio per il fabbisogno energetico, l'organismo del
diabetico si adatta in qualche modo sfruttando altre fonti di energia
(lipidi e proteine).

Di conseguenza l'ossidazione dei trigliceridi a livello del tessuto


adiposo aumenta e produce acidi grassi liberi che sono metabolizzati
per formare acetil-coenzimaA. Da quest'ultima sostanza non dannosa si
produce acetoacetato nel fegato da cui deriva l'acido beta-
idrossibutirrico ed, inoltre, acetone.

Quindi l'acido acetacetico, l'acido beta-idrossibutirrico e l'acetone


costituiscono i cosiddetti corpi chetonici. L'organismo tende ad
eliminare questi prodotti tossici attraverso le urine, mentre in
particolare, tende ad eliminare l'acetone attraverso i polmoni con il
classico "alito acetonico" tecnicamente noto come respiro di Kussmaul.
Dosaggio corpi chetonici
Dosaggio corpi chetonici

Dosaggio nelle urine mediante strisce reattive a base di nitroprussiato e glicina


a pH 9 (metodo di Legal). In caso di positività le strisce si colorano in viola con
un'intensità che varia a seconda della concentrazione dei corpi chetonici.
Esami addizionali: insulina e peptide-C

L’insulina ed il peptide-C possono essere misurati nel


plasma (metodi immunochimici non-radioattivi
automatizzati)
La valutazione del peptide C è particolarmente utile:
–pervalutare la capacità residua delle cellule β di
produrre insulina endogena
–a seguito di stimolazione con glucagone nei rari casi in
cui sia difficile differenziare diabete di tipo 1 e
diabete di tipo 2
–pervalutare una possibile ipoglicemia autoprocurata
dovuta ad assunzione di insulina non a scopi terapeutici
- Preproinsulina (taglio sequenza segnale24
aa) Catena A: 21 aa + ponte s-s
- Proinsulina (taglio peptide C) Catena B: 30 aa
- Insulina + peptide C
Rilasciati dalla cellula in quantità equimolari
Meccanismi patogenetici DM1
 Il DM1 si caratterizza per la distruzione progressiva
delle cellule beta mediata da autoanticorpi

 Il primo evento patogenetico è l’insorgenza di


un’insulite immunologica in soggetti geneticamente
predisposti

 Gli anticorpi responsabili di questo processo


autoimmune possono essere:
 Ab anti cellula insulare (ICA)
 Ab anti insulina (IAA)
 Ab anti glutamato-decarbossilasi (anti GAD)
Esami addizionali:
marcatori di auto-immunità
▪ Nella maggior parte dei casi di diabete di tipo 1, la
distruzione delle cellule β del pancreas è mediata da cellule
T.

▪ Tali forme di diabete appartengono alla categoria 1A (anche


denominata IMD, diabete immuno-mediato).

▪ Nell’85-90 % degli individui con IMD alla prima osservazione


è possibile dimostrare la presenza di marcatori di auto-
immunità.

▪ Una parte minore dei diabetici di tipo 1 (tipo 1B, idiopatico)


sono di eziologia ignota e non hanno evidenza di auto-
immunità.

▪ Circa il 10-15 % degli adulti con diabete di tipo 2 sono


positivi per marcatori di autoimmunità, in particolare GADA
Marcatori di autoimmunità di utilità clinica

Frequenza
Auto-anticorpo
(diabete Tipo 1)
Anti-citoplasma delle cellule
70 – 80 %
insulari (ICA)
Anti-glutammato
70 – 80 %
decarbossilasi (GADA)
Anti-antigeni associati
all’insulinoma (IA-2A e IA- ~ 60 %
2bA)
adulti: < 10%
Anti-insulina (IAA)
bambini: ~ 50%
Riduzione dell’insulina + aumento degli ormoni contro-regolatori

 lipolisi  proteolisi  produzione epatica


del glucosio
 NEFA (sangue)  aminoacidi (sangue)  utilizzazione
periferica del glucosio
 NEFA (epatocita)  aminoacidi (epatocita)

 gluconeogenesi
iperglicemia

 chetogenesi glicosuria

diuresi osmotica
chetosi
perdita degli elettroliti
 riserva alcalina disidratazione cellulare
ipovolemia
acidosi Insufficienza renale
COMPLICANZE TARDIVE DEL DIABETE
La microangiopatia diabetica consiste nell'ispessimento generalizzato della
membrana basale dei capillari di tutto l'organismo.

Alterazioni circolatorie
L'aterosclerosi si verifica nei diabetici in modo più esteso e precoce
rispetto a quanto accade nella popolazione generale.

Non si conosce la causa di questa aterosclerosi accelerata, sebbene possa


essere importante la glicosilazione non enzimatica delle lipoproteine.

I fattori di rischio universalmente riconosciuti (iperglicemia - fumo -


ipercolesterolemia - ipertrigliceridemia - obesità - ipertensione) sono più
frequenti e numerosi nei soggetti diabetici.

Ad esempio nel diabetico vi è spesso una compromissione del metabolismo


lipidico che si estrinseca abitualmente con un incremento delle LDL ed una
diminuzione delle HDL con un alterato rapporto tra di loro.

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