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parte 4
La biodisponibilità assoluta è la quantità di farmaco immodificata che si trova nel torrente circolatorio.
la biodisponibilità relativa è il confronto equivalente, quando confrontiamo due farmaci che hanno stessa
attività farmaceutica, hanno stessa concentrazione di principio attivo raggiungono il tempo di picco in tempi
diversi. Differiscono per efficacia e per tossicità.
Questi dati ci interessano per sapere in quanto tempo il farmaco raggiunge la sua concentrazione massima
nel torrente circolatorio.
L’AUC è l’area sottesa dalla curva. Indica la biodisponibilità assoluta e varia in base alla concentrazione.
Quando si hanno questi parametri uguali si parla di farmaci bioequivalenti. Un esempio di farmaci
bioequivalenti sono i farmaci generici perché hanno lo stesso AUC, stesso valore di picco e tempo di picco
ma sono farmaci il cui brevetto è ormai scaduto perché sono passati i 20 anni.
La legge permette che, dopo i 25 anni, il brevetto scade, siano disponibili farmaci che hanno gli stessi
parametri di quelli che siamo abituati ad utilizzare e che hanno la stessa efficacia e la stessa tossicità.
Una volta che scade il brevetto più aziende farmaceutiche possono sintetizzare quel prodotto. Ormai c’è
una concorrenza. Anche su altri farmaci:
- antinfiammatori
- alcune pillole
- antibiotici
- anticoagulanti
Chiaramente tutto questo è un vantaggio. I costi sono ridotti. Per legge il costo dev’essere ridotto. Il fatto
che si investa su questi farmaci è un po’ più difficile perché ormai sono farmaci di cui si sa praticamente
tutto.
La legge permette che ci sia una piccola differenza di concentrazione del farmaco, c’è una piccola
tollerabilità di concentrazione di circa ±20% che non è proprio piccolissima. Ci può essere una tollerabilità
di ±20% di tollerabilità della concentrazione.
Con quale farmaco comincia, con quale farmaco continua e con quale farmaco finisce?
Il medico quando scrive una ricetta di un antibiotico, ad esempio, scrive il nome dell’antibiotico, come ad
esempio Clavulin. In Farmacia possono proporre il farmaco generico.
Prendendo il generico non c’è problema perché si comincia con quello e si finisce con quello.
Se invece si alterna, in una terapia antibiotica, è sempre meglio non alternare ma ovviamente dipende dalla
terapia perché se si sta prendendo un antibiotico al ±20% non cambia granché. Con un antibiotico e con
una anticoagulante cambia se si alterna il farmaco.
Quindi è sempre meglio iniziare con un farmaco e finire con un farmaco. Cambia in quei casi in cui è
necessario mantenere quella concentrazione sempre uguale.
Per quel che riguarda l’antibiotico si possono creare anche fenomeni di resistenze se si alternano i farmaci.
Nel caso di un anticoagulante si possono avere anche delle fasi cambiate, quindi bisogna sempre cercare di
essere costanti anche nei farmaci.
Bisogna sempre controllare bene, per i farmaci generici, dove sono i laboratori perché molto spesso sono
all’estero, molto spesso sono all’Est perché il costo è più basso.
Quindi bisogna sempre controllare tutto e farsi sempre una idea personale anche se la legge prevede
questo.
DISTRIBUZIONE
La finestra terapeutica ci dà l’indice terapeutico che è il rapporto tra la dose letale 50 e la dose efficace 50.
DL 50
Indice terapeutico=
DE 50
L’indice terapeutico indica la maneggevolezza di un farmaco.
L’emivita è il tempo necessario affinché la concentrazione del farmaco si riduca del 50% nel torrente
circolatorio. Ci dà informazioni sugli intervalli di somministrazione del farmaco.
Un farmaco per poter essere eliminato richiede 4 emivite di tempo.
Ci sono farmaci con una lunga emivita, come alcuni antibiotici. Una lunga emivita è di giorni, di ore.
Ad esempio lo Zitromax è un antibiotico con tre compresse. Bastano tre compresse perché hanno una lunga
emivita, rimangono in circolo per più tempo e quindi esplica la sua azione per più tempo. È un ciclo di
antibiotici che dura sempre 7 giorni che è il minimo necessario affinché un antibiotico possa esplicare la sua
azione.
Zitromax, ossia la zitromicina, è un antibiotico che ha una emivita molto lunga. Si prende i primi tre giorni e
dura 7 giorni. Una emivita dura quasi 40 ore, è molto lunga.
La clearance plasmatica è il tempo necessario affinché 1 ml di sangue sia depurato di una determinata
sostanza. Abbiamo anche la clearance renale ed epatica.
Lo staedy-state è un parametro ideale che indica quando il farmaco è distribuito in modo uniforme in tutto
l’organismo, che è una situazione un po’ difficile da realizzare.
Quando si hanno farmaci con una lunga emivita si raggiunge uno staedy-state più lentamente perché deve
mantenere la concentrazione massima più a lungo perché lo steady-state dipende dalla concentrazione nel
torrente circolatorio. È importante conoscere la concentrazione del torrente circolatorio per capire in
quanto tempo arriva allo steady-state.
Lo staedy-state si raggiunge quando la velocità di dosaggio, ossia la velocità attraverso cui il farmaco attivo
arriva nella circolazione sistemica. Quando questa velocità di dosaggio eguaglia la velocità di eliminazione
dello stesso farmaco si ha lo stato dello steady-state.
LEGAME FARAMCO-PROTEICO
Una volta che arriva lì il farmaco potrebbe legarsi alle proteine. Prevalentemente abbiamo albumina, quindi
i farmaci si legano soprattutto alle albumine.
Il farmaco legato non attraversa le membrane perché è complessato e quindi non passa.
La quota di farmaco legata non è attiva, ossia non esplica il suo effetto farmacologico. Per cui non
interagisce con i recettori.
Una volta che il farmaco si lega alle proteine non è attivo. Il farmaco si idrolizza e il farmaco si libera.
Il sito di legame può essere lo stesso per più farmaci, quindi si ha una competizione per lo stesso legame. Si
può avere una competizione fra sostanze endogene e sostanze esogene.
1) Stati fisiopatologici
Come la modificazione del tasso di proteine plasmatiche, quindi come in alcune patologie come
insufficienza renale o epatica; anche semplicemente l’età.
I farmaci si legano alle proteine in maniera diversa e in concentrazioni diverse. Questa viene espressa in
percentuale. Esempio: Fosfomicina, Dicumarolo e Warfarin.
Indipendentemente dall’azione farmacologica di questi farmaci, vediamo la percentuale. 0% vuol dire che
non è legato a nessun proteina e quindi è subito utilizzabile.
Siamo nel sangue. Vediamo che la Fosfomicina è libera. Quindi il farmaco abbandona prima il torrente
circolatorio ed agisce immediatamente. Mentre il Warfarin è legato al 99.9% alle proteine, quindi succede
che rimane più tempo in circolo.
Non stiamo valutando ancora l’azione farmacologica. Siamo nel sangue e abbiamo due farmaci: un
antibiotico qualunque libero e un anticoagulante legato per il 99.9%. Questi due farmaci non competono.
Agiscono in tempi diversi: uno agisce prima e l’altro agisce dopo.
Se una persona prende Fosfomicina e Warfarin, questi arrivano nel sangue. Vuol dire che visto che
utilizzano entrambi la stessa porta per entrare, uno entra subito e l’altro entra dopo. Si possono usare
insieme perché passano nella porta e non si incastrano.
Se si prende una compressa dell’uno e una compressa dell’altra, quella che è legata alle proteine verrà
utilizzata più tardi perché impiega più tempo ad attivarsi. Abbiamo un eccesso, un sovradosaggio, che si
chiama accumulo di farmaco, e che porta alla tossicità. C’è un accumulo di farmaco perché il farmaco è lì e
prima o poi agisce.
Per quel che riguarda il Warfarin, che ha tutto un concetto particolare, ci sono tante cose che possono
variare, anche i cibi. Non è solo che è legata alle proteine plasmatiche. Il fatto che sia legata alle proteine
plasmatiche è legata per il 99.9%. Per cui noi ci rapportiamo al Warfarin per questo legame con le proteine
plasmatiche. Il suo problema è che comunque la sua concentrazione varia a seconda di tanti parametri,
compete con gli enzimi microsomiali epatici con molte sostanze, tra cui anche con l’etanolo.
Una persona che prende l’anticoagulante e assume etanolo, anche in dosi minime, ha i valori sballati.
Questo è un problema perché un po’ condiziona la vita, un po’ crea una situazione di disagio nella
conduzione di vita. Quindi sono molti altri i parametri che vengono considerati per il monitoraggio di questi
anticoagulanti. La ricerca va avanti e cerca delle sostanze che non hanno queste problematiche.
Il farmaco legato alle proteine rimane la fino a quando non verrà idrolizzato, non viene liberato e noi
dobbiamo sapere i tempi per le modalità di somministrazione, per non avere gli eccessi perché il farmaco si
accumula.
I farmaci molto legati alle proteine plasmatiche si legano prevalentemente alle albumine. Tra questi
abbiamo:
- FANS (acido acetilsalicilico – Oki, Ketoprofene)
- Doxiciiclina (antibiotico)
- Diazepam (benzodiazepina - Valium)
Il Prozac è un antidepressivo.
Diazepam è una benzodiazepina. Valium è il nome comune.
Questi parametri li abbiamo già visti nell’assorbimento. I parametri che influenzano la farmacocinetica sono
sempre gli stessi.
Il volume di distribuzione è la capacità del farmaco di distribuirsi più o meno nell’organismo. Ci indica la
quantità del farmaco che rimane nel sangue dopo il suo assorbimento, perché è quello che poi verrà
distribuito nell’organismo. Più farmaco è nel sangue minore è il volume di distribuzione.
Distribuirsi nell’organismo significa che lascia il circolo sanguigno.
Un esempio è il Warfarin. Il Warfarin ha un volume di distribuzione molto basso perché è legato alle
proteine per il 99.9%.
I farmaci lipofili non hanno problemi ed entrano nella cellula. I farmaci ionizzati non entrano nella cellula
perché hanno bisogno dell’aiuto di una proteina. Quindi i farmaci ionizzati non sono liposolubili e non
entrano nella cellula. I farmaci legati alle proteine plasmatiche rimangono più a lungo nel plasma.
Il volume di distribuzione è quel volume apparente nel quale è disciolto il farmaco. Ci dà indicazione della
distribuzione del farmaco nell’organismo ed è la capacità de farmaco di attraversare le membrane
biologiche:
- Grado di ionizzazione
- Liposolubilità
- Peso molecolare
Anche il volume di distribuzione non è un valore reale, ma è un volume apparente. Ci è utile per descrivere
la distribuzione del farmaco.
L’eparina è un farmaco anticoagulante legato fortemente alle proteine plasmatiche. L’eparina ci dà l’idea di
quello che è il volume plasmatico perché per la maggior parte, come il Warfarin, rimane legata alle proteine
plasmatiche.
Un esempio di farmaci che non attraversano le membrane e che non si legano alle proteine sono il
mannitolo. Non attraversa le membrane e non si lega alle proteine e ci dà l’idea del volume extracellulare.
Un farmaco o una sostanza che supera le membrane, non si lega alle proteine e non si accumula in
particolari tessuti ci dà l’idea dell’acqua corporea, cioè quella intracellulare. Un esempio è l’etanolo.
Dalla somministrazione all’equilibrio, il farmaco si è distribuito per diffusione secondo gradiente dal
torrente circolatorio verso l’interno delle cellule.
Con un farmaco idrosolubile, alla somministrazione lo ritroviamo nel plasma e all’equilibrio fuoriesce e
rimane prevalentemente legato alle proteine o nel plasma.
Un farmaco liposolubile, invece, è maggiormente distribuito all’interno della cellula.
BARRIERE FISIOLOGICHE
Anche in questo caso ci sono delle barriere che possono e devono essere superate
BIOTRASFORMAZIONE
Una volta che il farmaco si trova nel torrente circolatorio o si lega alle proteine o si trova libero nel circolo e
poi deve entrare nelle cellule dove esplica il suo effetto farmacologico. Al termine il farmaco viene
metabolizzato per renderlo più eliminabile.
Vengono metabolizzate sia le sostanze endogene e le sostanze esogene. Tra le sostanze endogene vengono
metabolizzati gli ormoni, i neurotrasmettitori.
- Trasmissione sinaptica
Presa una sinapsi. Arriva un impulso nello spazio presinaptico e lì ci sono delle vescicole dove ci sono i
neurotrasmettitori, come l’acetilcolina, che fuoriesce nello spazio sinaptico che interagisce con il recettore
post-sinaptico, esplica la sua azione. Nello spazio post-sinaptico c’è l’acetilcolinesterasi che scinde
l’acetilcolina, ossia la metabolizza.
Questa acetilcolina viene sintetizzata dagli stessi neuroni, viene sintetizzata dal neurone presinaptico e
immagazzinato nelle vescicole.
Quindi viene sintetizzata, metabolizzata e captata.
Quindi tutte le sostanze vengono metabolizzate perché ad un certo punto l’azione deve finire.
Quindi vengono metabolizzate tutte le sostanze, sia quelle endogene che esogene. Quindi anche i farmaci
vengono metabolizzati.
I farmaci agiscono sui recettori delle cellule, sfruttano i sistemi endogeni. Come tutte le sostanze anche i
farmaci devono essere metabolizzati.
Per essere eliminabili, le sostanze devono essere idrosolubili perché se la sostanza è liposolubile può essere
riassorbita mentre se è idrosolubile non la si può riassorbire più.
Se abbiamo avuto tutte quelle difficoltà con le sostanze idrosolubili perché non vengono assorbite dalla
cellula, evidentemente perché non vengano assorbite ma eliminate, la sostanza deve essere idrosolubile.
Quindi, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per ottenere sostanze liposolubili, l’organismo le deve
trasformare in sostanze idrosolubili perché possano essere eliminate.
Quindi per trasformarle in sostanze idrosolubili si può avere una idrolisi.
Ad esempio, il cloruro di sodio (NaCl) messo in acqua si ionizza in Na + e Cl-. Questa è l’idrolisi. Il sale si
scioglie perché si scinde in Na+ e Cl-. Questa sostanza ionizzata è più idrosolubile.
Per renderle idrosolubili si possono aggiungere anche dei gruppi, come ad esempio il gruppo ossidrilico
(OH).
Presa una molecola liposolubile o prevalentemente liposolubile, se aggiungo un gruppo ossidrilico aumenta
la polarità e quindi l’idrosolubilità.
Quindi le caratteristiche lipofile che ci permettono il passaggio dei farmaci attraverso le membrane
biologiche ostacolano la loro eliminazione. Quindi la biotrasformazione dei farmaci perché si abbia la
cessazione dell’attività biologica e si possa trasformare la sostanza (o farmaco) in una sostanza più polare
che si trasformi in metaboliti inattivi.
Metabolita: Il metabolita è una prodotto di una reazione di metabolizzazione a partire da una sostanza
iniziale.
Quando si parla di metaboliti significa che una sostanza, inizialmente, è stata metabolizzata in quel
metabolita. Ad esempio l’acido urico è un metabolita delle proteine.
Si parte da qualcosa che viene metabolizzata in qualcos’altro. Noi stiamo partendo da un farmaco che vien
metabolizzata in una sostanza maggiormente idrosolubile. Però questi metaboliti possono essere attivi
oppure non attivi.
La dopamina somministrata fa danno a livello periferico. A meno che non sia in shock anafilattico a terra e
allora si somministra la dopamina per cercare di far riprendere il cuore.
Quindi la dopamina a livello sistemico e periferico può creare dei problemi molto seri. Quindi
somministrandola per il morbo di Parkinson la maggior parte della dopamina agisce a livello periferico
perché si distribuisce in tutti gli organi, compreso il cuore. Quella che arriva al sistema nervoso centrale è
veramente poca e quindi in quel caso si dovrebbe aumentare la dose ed essere ancora più tossica a livello
periferico.
Somministrando una dose di dopamina normale si avrebbero solo effetti periferici devastanti, per questo
andiamo a dare l’L-dopa.
L’L-dopa è un precursore della sintesi della dopamina.
Questa ì la dimostrazione del fatto che non tutti i metaboliti sono metaboliti inattivi. Nella maggior parte
dei casi si hanno metaboliti inattivi perché altrimenti non si avrebbe mai la fine dell’azione farmacologica,
ma in alcuni casi il metabolismo può essere utilizzato per avere un metabolita attivo.
Quindi in questo caso non ci serve un metabolita più idrosolubile che venga eliminato, ma ci serve un
metabolita attivo successivamente perché viene preservato da altre azioni. Quindi in alcuni casi si possono
avere dei metaboliti attivi.