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LEZIONE 1 – 02 MARZO 2017 (lezione di Patrizio Blandina)

Divisions Nervous System


Central Nervous Peripheral Nervous
System System
(brain and spinal (cranial and spinal
Brain cord) nerves)
Cranial
nerves

Sensory division Sensory receptors


Spinal
cord Spinal
nerves

Motor division

Somatic
Nervous Skeletal muscle
System
Autonomic Smooth muscle
Nervous Cardiac muscle
System Glands

4
(a) (b)

SISTEMA NERVOSO. Si divide in due componenti:


 Sistema Nervoso Centrale = formato dal cervello e dal midollo spinale;
 Sistema Nervoso Periferico = costituito dalle componenti della divisione motoria e della divisione
sensoriale.

La divisione sensoriale rappresenta quel sistema di nervi che porta e veicola le informazioni che
derivano dal mondo esterno verso il cervello dove assumono quegli aspetti che conosciamo come la
visione, l’udito, l’odorato e il tatto.
La divisione motoria, invece, rappresenta la risposta, da parte del corpo, alle informazioni che
vengono dal mondo esterno con un sistema di informazioni che comporta poi i movimenti, i quali
possono essere volontari (indirizzati soprattutto ai muscoli scheletrici) o involontari (che avvengono
normalmente con il sistema neuro-vegetativo: il battito del cuore, i vasi che si dilatano e si
restringono in relazione ad informazioni che esulano dalla nostra volontà e respiro il quale può
essere in parte controllato e in parte automatico).

Gli psicofarmaci agiscono sopra il cervello, ma anche sul midollo spinale: l’attenzione di questo corso è però
rivolta ai farmaci che agiscono su quelle che sono le funzioni superiori (memoria, pensiero, emozioni . .), che
si trovano essenzialmente nel cervello.
Il cervello serva a governare e regolare quelle che sono le funzioni superiori, quali ad esempio la memoria, il
pensiero, le capacità decisionali che derivano da attività nelle varie aree del cervello integrate tra loro.

Il cervello, così come funziona ora, lo conosciamo da circa un centinaio di anni (fine Ottocento/inizi
Novecento), in quanto prima l’attenzione era posta su altre parti dell’organismo e mancava la medicina che
viene definita “medicina ufficiale”: la definizione corretta potrebbe essere “medicina scientifica”, cioè con
l’affermarsi del metodo scientifico e lo studio della biologia sulla base di esperimenti di tipo empirico, è
cominciata quella conoscenza che sottostà alle nostre nozioni attuali, sia per quanto riguarda la biologia sia
per quanto riguarda la medicina.
Con le figure di Golgi e Cajal è iniziata la conoscenza del cervello: prima di loro era rimasta ferma al
Medioevo in cui si poneva attenzione soprattutto sui liquidi e non sulla parte tissutale (che oggi sappiamo
essere i neuroni) e si attribuiva ai liquidi, e quindi ai ventricoli, la capacità di sviluppare funzioni del cervello
stesso  la considerazione era soprattutto nei riguardi del ventricolo anteriore, dei due laterali e di quello
posteriore:
 Nel ventricolo anteriore, si ponevano le varie attività del cervello con la rappresentazione delle
visioni, soprattutto nel ventricolo anteriore-frontale;
 I due ventricoli laterali erano considerati il luogo in cui avveniva l’integrazione cogitativa ed
estimativa e dunque, dove nasceva il pensiero;
 Il ventricolo posteriore-occipitale era là dove si pensava che avvenisse l’immagazzinamento della
memoria.

Questa visione, che era una continuazione della visione aristotelica del corpo umano, ha sopravvissuto per
molti anni: mentre l’anatomia del resto del corpo aveva delle strutture che potevano anche essere distinte ad
occhio nudo, il cervello non poteva essere visto nelle sue parti senza il microscopio e le tecniche di
colorazione.

CERVELLO. Oggi rappresenta:


 Centro fondamentale motorio di tutto l’organismo;
 Parte abbastanza piccola, circa il 2% del peso del nostro peso: nonostante ciò, consuma il 20%
dell’ossigeno del nostro organismo.
Può essere distinto in varie porzioni. In questa
rappresentazione vi è quello che osserviamo
quando tiriamo fuori il cervello dalla scatola
cranica e dunque, il mantello corticale = parte più
superficiale e moderna in senso evoluzionistico.
La corteccia si sviluppa maggiormente man mano
che l’organismo si è evoluto: nell’uomo è
particolarmente importante e sviluppata in senso di
superficie, aumentata dalle varie circonvoluzioni.
Man mano che si scende nella scala evolutiva, gli
animali meno sviluppati (da un punto di vista
evolutivo) hanno una quantità minore di
circonvoluzioni mentre le parti più interne sono più o meno simili in tutti.  La corteccia è meno sviluppata
e di conseguenza, le funzioni superiori che sono ad essa collegate sono maggiormente sviluppate al salire
progressivamente nella scala evolutiva.
Ad esempio, il dolore: si sente dire che il coniglio, nella scala evolutiva più bassa, non sente il dolore, il
quale è una rappresentazione e non solo una risposta ad uno stimolo nocivo o potenzialmente nocivo: si parla
di nocicezione del dolore.  È una percezione e dunque, una sensazione che abbiamo perché la riportiamo
all’ambiente in cui avviene (in alcune situazioni il dolore può essere più importante o più grave) o in una
situazione di pericolo oppure può essere collegato a esperienze precedenti: il dolore può essere modulato
nella sua sensazione, così da avere un intervento da parte di tutte le cortecce.

La risposta nocicettiva è la risposta ad uno stimolo doloroso: se manca la corteccia, si dice che non c’è
dolore, in quanto manca il sistema che riceve e trasforma “quello è uno stimolo nocicettivo” in quello che noi
pensiamo come dolore. Non è che però un animale senza corteccia non risponde ad uno stimolo nocicettivo:
se prendiamo una lumaca e la tocchiamo con un bastoncino appuntito, questa si ritrae  le manca però la
struttura per definire quello che noi intendiamo con “dolore”.

Le cortecce sono suddivise in varie porzioni:


 Corteccia Frontale
 Corteccia Parietale
 Corteccia Occipitale
 Corteccia Temporale
 A ciascuna di queste sono attribuite funzioni particolari.

Nel complesso, pian piano, quasi tutte le parti del cervello vanno a partecipare alla formazione di una
funzione: una funzione specifica è semplicemente il fatto che quella porzione di corteccia può essere cruciale
per una serie di sensazioni, ma poi tutte quante vengono influenzate anche dalle altre. C’è una partecipazione
e un’associazione di tutto il cervello: alcune sono complementari mentre altre sono cruciali.  Questo lo
abbiamo come esempio quando abbiamo dei danni del cervello: anche con danni molto vasti, si può avere il
recupero di gran parte delle funzioni, perché il cervello è dotato di una plasticità notevole (capacità di
adattarsi e di rimodularsi); con una distorsione specifica di alcune parti precise, però, certe funzioni non
possono più essere recuperate (esempio, distorsione nell’Area di Broca).

Da un punto di vista strettamente anatomico, il cervello lo possiamo dividere in tre parti:


 CEREBRUM;
 CERVELLETTO (CEREBELLUM);
 TRONCO CEREBRALE.

 Cerebrum = è rappresentato dalle cortecce e in maniera più grossolana, si divide in:


 Emisfero destro = è collegato all’analisi delle informazioni sensoriali e dunque, nell’identificazione
degli oggetti, del tatto, dell’odorato, del gusto;
 Emisfero sinistro = qui viene controllata la capacità del linguaggio, di risolvere problemi matematici
e generalmente definito emisfero dominante.
La parte motoria o anche la parte sensoriale derivano poi dall’incrocio delle fibre: l’emisfero destro controlla
la parte sinistra del corpo mentre l’emisfero sinistro controlla la parte destra, in quanto a livello del midollo
spinale gran parte delle fibre si incrociano e questo comporta che, per esempio, un danno importante
dell’emisfero destro provochi, se andiamo a guardare la capacità motoria, una paralisi del lato sinistro del
corpo e viceversa.

Il concetto importante è che non sono esattamente l’uno il corrispondente dell’altro: alcune funzioni si
trovano solamente in uno dei due emisferi e altre funzioni si trovano solamente nell’altro. Questo ce lo
spiega sia l’azione di alcuni farmaci sia il risultato di lesioni che possono esserci e che danneggiano alcune
funzioni a seconda del fatto che queste stesse lesioni siano avvenute nella parte sinistra o nella parte destra.

Questa è una rappresentazione del cerebrum con un’identificazione non solo della suddivisione anatomica
delle quattro cortecce (o lobi) ma anche con l’identificazione di alcune funzioni principali:
 Lobo temporale = qui arrivano le informazioni che conosciamo come sensi, quali l’udito e
l’odorato; la parte visiva trova la sua collocazione soprattutto nella corteccia occipitale.
 Importanti sono i due cingoli ascendenti del lobo parietale nella corteccia frontale, che
corrispondono alla corteccia motoria e alla corteccia sensoriale, che rappresentano là dove
arrivano tutte le informazioni che sono mediate dagli organi di senso e la nostra capacità di attivare i
muscoli motori collegati al cingolo ascendente, sul quale troviamo il cosiddetto homunculus, la cui
superficie è direttamente proporzionale, come estensione, a quella che è la capacità funzionale delle
varie parti del corpo umano.

Ad esempio, la faccia è ricca di terminazioni sensoriali, come la mano e il pollice, parti con cui
riusciamo a realizzare movimenti più fini: nella faccia abbiamo maggior sensibilità e per questo occupa
una porzione maggiore della corteccia sia come parte sensoriale (che riceve) sia come parte motoria
(capace di esprimersi).
Questa porzione è importante per determinare la localizzazione da dove viene lo stimolo: poiché il nostro
organismo è fatto a metameri, sulla stessa porzione, arrivano informazioni sensoriali sia dalla superficie
cutanea sia dagli organi interni corrispondenti, per cui poi riportiamo la stimolazione che viene da organi
interni sopra la porzione esterna della nostra cute.  Questo può essere importante in medicina per
capire il dolore o interpretare alcune malattie collegate con quello che chiamiamo “dolore riferito”: il più
comune è il dolore urente (riferito a sensazione dolorosa di bruciore).
Ad esempio la parte della cute su cui si proietta il dolore al cuore (dolore riferito), in quanto si riconosce
a livello di questa parte della corteccia come localizzato in quella porzione del corpo. Tutti i dolori che
provengono dai nostri visceri hanno una rappresentazione e ciò è collegato al fatto che i nervi sensoriali,
che provengono dal cuore e da questa porzione della cute entrano nello stesso punto del midollo spinale
e attivano gli stessi neuroni che proiettano nella stessa zona del cervello.

Da internet:
L’homunculus corticale è una
rappresentazione della
suddivisione anatomica dell’area
somestesica primaria, dove
prende il nome di homunculus
sensitivo e dell'area motoria
primaria, dove prende il nome
di homunculus motorio.
Il termine homunculus è dovuto
al fatto che la rappresentazione
del corpo umano appare grottesca
e sproporzionata. In quello
sensitivo alcune regioni,
soprattutto la mano, il piede e
la bocca, sono ingrandite, perché la grandezza di una regione è proporzionale al numero di recettori cutanei
in essa presenti; allo stesso modo in quello motorio mano e volto sono ingranditi proporzionalmente al
numero di placche motorie, che permettono un movimento più fino.

 Cervelletto = rappresenta la porzione più grossa del cervello dopo il cerebrum.


Ha numerose funzioni: non è solo importante per l’equilibrio in cui intervengono anche altre porzioni, ma
interviene anche in funzioni superiori come l’apprendimento e la memoria.
La malattia più nota che colpisce l’equilibrio è il Morbo di Parkinson, in cui il danno non coinvolge il
cervelletto.

L’idea che questa porzione del cervello sia importante per il solo
equilibrio è una semplificazione.

Sotto il mantello corticale esistono tutta una serie di nuclei, nuclei sottocorticali, che sono importanti nel
regolare una serie di funzioni:
 Talamo = importante come stazione di organizzazione degli stimoli che provengono dalla periferia e
che vengono inviati a varie strutture della corteccia che sono più specializzate nel ricevere certe
informazioni;
 Ipotalamo = importante per quanto riguarda tutta una serie di regolazioni, tra cui la temperatura
corporea, ma non solo. Lavorando con altre parti del cervello, per esempio, è una porzione
importante per quanto riguarda:
 La regolazione dell’introduzione di cibo e liquidi e dunque, è un sito di azione importante per
trattamenti che utilizziamo per modificare comportamenti di tipo patologico, come anoressia e
bulimia;
 La regolazione del ritmo sonno – veglia e dunque, rappresenta il sito in cui interveniamo quando
vogliamo modificare queste funzioni in alcune malattie e tipi di insonnia.
 Ipofisi = regola la secrezione di gran parte dei nostri ormoni.

I nuclei sottocorticali sono molto importanti, in quanto regolano una serie di funzioni.

 Tronco cerebrale = rappresentato da:


 Ponte, il quale controlla la frequenza cardiaca, frequenza respiratoria e il flusso di sangue attraverso
i vasi sanguigni;
 Midollo allungato.
Rappresenta il collegamento tra il cervello e il midollo spinale.
Il tronco cerebrale è ben protetto all’interno del cranio, poiché rappresenta una porzione essenziale per la
nostra sopravvivenza in quanto vi sono i centri che regolano tutte le nostre funzioni neuro-vegetative
indispensabili per la vita: vi è il centro che regola la frequenza cardiaca, il tono muscolare dei vasi, il
respiro, la temperatura.  Zona del cervello dove esiste il cervello neuro-vegetativo e che quindi è
indispensabile per qualsiasi forma di vita.

TIPI DI CELLULE. All’interno di queste strutture abbiamo due tipi di cellule:


 NEURONI = sono cellule che pensiamo essere alla base di tutte le funzioni del cervello, ma le
funzioni devono essere viste come collegate ad una rete neuronale;
 CELLULE GLIALI = in maniera semplice sono considerate cellule di supporto, perché magari
hanno un’attività di pulizia dove i neuroni stanno, ma più modernamente si è visto che partecipano
anche loro all’esecuzione di funzioni superiori.

Le funzioni superiori non sono il risultato della sola attività neuronale, in quanto vi è anche una porzione
dell’attività delle cellule gliali. Si è capito questo nei primi del Novecento, grazie a due studiosi: Camillo
Golgi e Santiago Ramon y Cajal.

Golgi ha rappresentato un caposaldo nello studio del Sistema Nervoso Centrale, in quanto ha inventato
l’impregnazione argentica (un metodo di colorazione con cui è stato possibile evidenziare i neuroni): anche
se da un punto di vista strettamente intellettuale si pensa che le metodologie rappresentino una scoperta
meno importante, esse stesse sono essenziali per arrivare alla scoperta concettuale.  Golgi ha contribuito
con la scoperta metodologica.

Cajal, invece, grazie a questa metodologia ha messo a punto una struttura, quale il cervello.

Relativamente alla visione del funzionamento del cervello, Golgi lo pensava come un sincizio, cioè come
un’unica struttura con un citoplasma diffuso all’interno del quale poi si trovavano dei nuclei; Cajal invece
aveva identificato come struttura alla base di tutte le funzioni del cervello delle singole cellule, definite poi
neuroni, i quali sono staccati tra loro.
In questa cellula del Purkinje, ci sono delle
frecce che evidenziano come, secondo Cajal,
correva l’impulso e come quindi si sviluppava
l’informazione attraverso il cervello.

Visione reticolare versus Dottrina neuronale

Sulla base dell’osservazione anatomica, Cajal aveva ipotizzato anche il funzionamento.

Entrambe furono insignite nello stesso anno del Premio Nobel: il tempo ha dato ragione a Cajal, il quale
rappresenta il padre di quelli che sono gli studi sul cervello.
Partendo dai suoi studi, il neurone rappresenta la struttura fondamentale delle funzioni del cervello.
 Neurone come cellula, formato da un
corpo cellulare che rappresenta la fabbrica
di tutte le strutture che sono necessarie in
un neurone, una parte ricevente o sensoriale
dove si hanno dei dendriti (organi di
ricezione) che rappresentano la parte in cui
il neurone riceve le informazioni dalle altre
cellule e l’assone, un
processo/prolungamento che si sviluppa da
un corpo cellulare attraverso cui il neurone
connette o manda il suo messaggio.
Cosa distingue il neurone dalle altre cellule? Il comunicare direttamente con una cellula, eventualmente
lontana, tramite un processo anatomico ben preciso.  Il neurone fa una sinapsi precisa e fa contatto
esattamente con quella cellula.
 Le altre cellule dell’organismo comunicano tra loro o perché collegate l’una all’altra (come ad
esempio, le cellule del cuore che si contraggono tutte nello stesso momento) o perché secernono
sostanze, quali gli ormoni, che viaggiano con il sangue e che influenzano gran parte dell’organismo,
così da propagare l’informazione.
 I neuroni vanno ad influenzare direttamente una cellula distanze, grazie all’assone che può essere
lungo o corto. Il neurone riesce ad influenzare una cellula lontana, in funzione delle modifiche del
potenziale di membrana: quando eccitata, fa uno spike il quale si propaga; esistono poi delle strutture
che possono aiutarne la propagazione.

Alcuni neuroni hanno un assone mielinizzato (ci sono cellule che formano una guaina intorno all’assone,
così da permettere una conduzione più rapida, che è di tipo saltatori) mentre altri non ce l’hanno (quelli
sensoriale e soprattutto quelli del dolore non specifico non sono mielinizzati e conducono più lentamente).

Alla morfologia, si associa una certa funzione.  Quelli che hanno l’assone mielinizzato sono neuroni
utilizzati in funzioni che richiedono una risposta più rapida.

I neuroni si differenziano tra di loro per:


 Dimensioni;
 Struttura morfologica;
E dunque, a seconda del numero dei processi che partono dal corpo cellulare, si distinguono:

Neuroni multipolari Neuroni bipolari Neuroni unipolari


Hanno molteplici processi Hanno due processi che partono dal Hanno un solo processo che esce
corpo cellulare dal corpo cellulare
Hanno una struttura ricevente di Sono più plastici e dunque, possono Hanno una struttura ricevente
informazioni estremamente essere associati a molteplici unica e di propagazione del
sviluppata: a livello dendritico funzioni. messaggio: rappresentano i
hanno un’arborizzazione dendritica neuroni più specializzati e
importante collegati ad una sola funzione
Rappresentano la maggioranza, il Ne sono un esempio i neuroni Ne sono un esempio tutti i
99% dei neuroni che si trovano dell’occhio: neuroni sensoriali, collegati sia
soprattutto nel cervello ed hanno al tatto sia al dolore che hanno
una funzione associativa tra le varie un processo periferico che riceve
aree le informazioni e un assone che
porta le informazioni all’interno
del midollo spinale in
connessione con altri neuroni di
proiezione.
Il concetto è che alla morfologia si associano, molto spesso, anche caratteristiche funzionali.

Classification of Neurons:
Functional Differences
• Sensory Neurons
• Afferent
• Carry impulse to CNS
• Most are unipolar
• Some are bipolar
• Interneurons
• Link neurons
• Aka association
neurons or
internuncial neurons • Motor Neurons
• Multipolar • Multipolar
• Located in CNS • Carry impulses away from CNS
• Carry impulses to effectors

25

Come i neuroni si collegano tra loro:


 Processo di convergenza = più neuroni convergono sullo stesso neurone;
 Processo di divergenza = un neurone manda un messaggio a più neuroni: si ramifica e influenza
una serie di neuroni più grandi.
Un elemento fondamentale per quanto riguarda gli psicofarmaci è rappresentato dalla sinapsi: è lì dove
avviene il contatto tra due neuroni o tra un neurone e la struttura post-sinaptica che possiamo intervenire e
modificare la risposta al neurone stesso  l’azione della maggior parte degli psicofarmaci avviene a livello
delle sinapsi.

SINAPSI.  gap o intervallo tra un neurone e l’altro.


Sono delle giunzioni specializzate tra due neuroni o tra un neurone e una cellula post-sinaptica (ad
esempio, nella placca neuromuscolare abbiamo una sinapsi che si forma tra un moto-neurone e una fibra
muscolare striata).

A livello delle sinapsi, ci fu un’ulteriore diatriba: la controversia era legata a come queste cellule
comunicavano tra loro o con altre strutture.
Ciò avveniva mediante sinapsi, ma il messaggio che vi passava era di tipo elettrico (cioè carica) o di tipo
chimico (cioè neurotrasmettitore)? Il sostenitore del primo era un neurofisiologo mentre il sostenitore del
secondo era un farmacologo.  Avevano in parte ragione entrambi.

La controversia fu risolta prima con una dimostrazione del fatto che la trasmissione tra un neurone e l’altro
era di tipo neurochimico, ma poi abbiamo scoperto che ci sono strutture che possono far funzionare i neuroni
come se la trasmissione tra loro fosse di tipo elettrico.
La controversia fu risolta nel 1936 da parte di Otto Loewi, il quale scoprì l’acetilcolina, il primo
neurotrasmettitore ad essere identificato.

Realizzò questo esperimento: prese due cuori di rana


isolati in un bagnetto diverso.
Con il cuore di sinistra è stato isolato anche il nervo
vago (portatore delle fibre parasimpatiche che liberano
acetilcolina e che sul cuore hanno un’azione di tipo
inibitorio che diminuiscono per esempio la frequenza
cardiaca): stimolando il nervo vago aveva una risposta
caratteristica e la frequenza era notevolmente diminuita;
quando non era stimolato, c’era una frequenza relativamente alta.
Tramite una pompa portava il liquido di perfusione del primo cuore nella vaschetta del secondo cuore dove il
vago non era stato isolato: in questo modo vide che, corrispondentemente alla diminuzione della frequenza
nel cuore in cui stimolava il vago, vi era una diminuzione di frequenza anche nel cuore che si trovava nella
vaschetta accanto.  La stimolazione del vago liberava qualcosa, una sostanza che se si trovava anche
disciolta nel liquido di perfusione, per cui trasferendo questo liquido di perfusione all’altro cuore si avevano
gli stessi effetti. La sostanza è stata successivamente identificata come acetilcolina.
 Dimostrazione che fece pendere l’orientamento della scienza nei riguardi di una comunicazione mediante
sistema neurochimico: le sinapsi funzionavano liberando un neurotrasmettitore.

Più recentemente sono state scoperte delle strutture denominate Gap-Junction, che sono strutture formate da
sei sub-unità proteiche che si trovano sulla superficie di alcune cellule, che in seguito a situazioni particolari
collegate all’ambiente o all’interno della cellula possono entrare in rapporto di contatto con strutture
analoghe di una cellula a carico, aprirsi (srotolarsi così da permettere il formarsi di un canale) e permettere il
passaggio da una cellula all’altra di una serie di composti che si trovano più contrati in una rispetto all’altra
 si aprono dei veri e propri canali tra le cellule.
= Specie di cilindri che normalmente possono essere chiusi, ma che ruotando tra di loro possono creare
un canale di comunicazione tra le due cellule e mettere in rapporto contiguo il citoplasma delle stesse;
poiché si tratta di canali, passano tutta una serie di sostanze, tra cui gli ioni.
Le leggi che regolano questo passaggio sono soprattutto legate alla concentrazione (i composti passano da
una cellula in cui sono più concentrati ad una cellula in cui sono meno concentrati) e alle dimensioni
(essendo canali, fanno passare solo quei composti
che potranno passare attraverso il canale stesso).

Gap – Junction

Esistono tutti e due i tipi di sinapsi: quella elettrica e quella neurochimica. Da un punto di vista
strettamente pratico, l’attenzione è stata sempre o molto più spesso orientata verso la sinapsi neurochimica
ed è quella che rappresenta il bersaglio del 99% dei farmaci che utilizziamo sia in periferia che soprattutto a
livello del sistema nervoso centrale.

Non possiamo precludere il fatto che esiste anche


una sinapsi di tipo elettrico.

Una volta che questi gap-junction si aprono a


contatto con la cellula a valle, il sodio che è
estremamente più concentrato, migrerà attraverso i
gap-junction nella cellula accanto, producendo
anche in essa una depolarizzazione (alta
concentrazione di sodio).

 Questa funzione è importante soprattutto


quando è necessaria una sincronia molto rapida tra le cellule di un tessuto: infatti, i gap-junction
sono estremamente rappresentati nel cuore, in cui è necessario che tutte le cellule si contraggano
nello stesso momento; sono diffusi anche nel Sistema Nervoso Centrale, anche se i meccanismi che
li regolano sono meno conosciuti.

Rispetto alla trasmissione di tipo neurochimico, la sinapsi elettrica ha caratteristiche diverse:


 Estrema velocità: la trasmissione è estremamente rapida.
 Qui si perde il concetto di pre- e post-sinaptico, in quanto il canale è una struttura di tipo fisico.
Nella sinapsi elettrica, non c’è più la direzionalità rispetto a due cellule tra le quali esiste una
trasmissione neurochimica, in cui il neurotrasmettitore viene liberato dalla cellula pre-sinaptica che
va ad influenzare la cellula post-sinaptica, così da avere una direzionalità dell’impulso.  Non si ha
direzionalità, poiché la comunicazione avviene in funzione del gradiente di concentrazione.
 Possono passare composti anche un pochino più grandi, e non semplicemente degli ioni.

Per quanto riguarda le sinapsi neurochimiche, seppur più lente dei gap-junction, anche tra queste
distinguiamo:
 sinapsi cosiddette rapide (si tratta di 1 o 2 millisecondi);
 sinapsi cosiddette lente (si tratta di 100 millisecondi).

 Lento e rapido sono collegati ad una struttura nella cellula ricevente, cioè nel recettore = struttura
specializzata della cellula a cui si lega il neurotrasmettitore, attraverso il cui legame modifica la cellula post-
sinaptica; si tratta di una modifica del potenziale di membrana da riposo ad attivato.
 Se si tratta di recettori – canale, si ha una risposta rapida;
 Se si tratta di recettori collegati ad un secondo messaggero, cioè metabotropi e dunque collegati
ad una proteina G, si ha una risposta lenta.

La distinzione tra sinapsi rapida e sinapsi lenta è collegata alla presenza di recettori canale o di recettori
metabotropi. È comunque improprio parlare di sinapsi rapida e sinapsi lenta, in quanto è la risposta ad essere
rispettivamente rapida e lenta: nella stessa sinapsi, nella membrana post-sinaptica si possono trovare sia
recettori – canale sia recettori metabotropi e dunque, tali aggettivi
sono correttamente riferiti alla risposta.

La sinapsi rappresenta una struttura morfologica ben definita,


anche se poi nell’organismo abbiamo le cosiddette sinapsi en
passant, che non sono distinguibili morfologicamente da altre
strutture ma che però rappresentano funzionalmente un sito di
contatto tra due cellule.
Non è indispensabile avere una struttura morfologicamente
definita, in cui vediamo una membrana post-sinaptica e una
membrana pre-sinaptica.
È importante conoscere quelli che sono i processi che portano alla trasmissione noradrenergica, in quanto il
99% dei farmaci agisce interferendo con qualcuno di questi processi.

Normalmente abbiamo un neurone pre-sinaptico e una struttura post-sinaptica. Sulla struttura post-sinaptica
vi è tutta una serie di recettori (in questo caso rappresentati come canali) e nel neurone pre-sinaptico abbiamo
il terminale in cui ritroviamo per lo più delle vescicole che contengono il neurotrasmettitore, il quale in
seguito all’attivazione del neurone e dunque alla sua modificazione del potenziale di membrana (al
progredire di depolarizzazione del neurone), comporta delle modificazioni come l’ingresso dello ione calcio
dall’esterno  la disponibilità dello ione calcio comporta una serie di processi che terminano con la fusione
della membrana della vescicola con la membrana del neurone stesso, l’apertura della vescicola nello spazio
sinaptico e la liberazione del neurotrasmettitore, ora in grado di viaggiare e a seconda della concentrazione
che raggiunge, legarsi a strutture specializzate, chiamate recettori.

Nel caso dei recettori – canale, si tratta sia di recettori che di effettori, cioè  quando il neurotrasmettitore si
lega al canale, che normalmente ha una conformazione chiusa, ne determina l’apertura e attraverso di esso
permette il passaggio degli ioni.

I canali recettoriali non sono proprio come i gap-junction, in quanto hanno una serie di filtri:
 Di tipo dimensionale (i canali sono estremamente piccoli e dunque, fanno passare solo dei composti
piccoli e per lo più ioni)
 Relativo ad una selettività di carica, in quanto hanno al loro interno degli anelli amminacidici che la
determinano: ci sono canali che permettono unicamente il passaggio di cariche positive collegate a
ioni di piccole dimensioni (esempio, passaggio del sodio), canali un po’ più grandi ma sempre con
una permeabilità verso le cariche positive (esempio, passaggio del sodio e del calcio) e canali che
hanno una selettività per le cariche negative (esempio, passaggio del cloro).  Questo tipo di
processo determinerà una risposta opposta nella cellula in cui sono presenti i canali: sarà eccitata nel
caso di canali positivi e inibita nel caso di canali negativi.

I canali negativi, che sono soprattutto collegati al neurotrasmettitore GABA, rappresentano un bersaglio
farmacologico di una delle famiglie di psicofarmaci più utilizzati, quali le benzodiazepine, utilizzati per
la loro attività ansiolitica. Le benzodiazepine mimano l’attività del GABA sopra i recettori GABA-a che
sono recettori canale per il cloro: l’ingresso di cariche negative all’interno della cellula sposta il
potenziale di membrana a riposo (calcolato quando il potassio è all’equilibrio tra la parte interna ed
esterna) verso valori più negativi e ciò rende la cellula meno eccitabile, la cui eccitabilità è collegata al
raggiungimento di un valore soglia: quando il potenziale raggiunge -55 mV parte lo spike.

In questo processo avvengono una serie di eventi che possono rappresentare il bersaglio di una terapia
farmacologica. Una volta liberato il neurotrasmettitore, questo deve provocare la sua azione, che deve
poi essere anche terminata.

Esistono due processi che terminano l’azione del neurotrasmettitore:


- METABOLISMO = il neurotrasmettitore viene metabolizzato in composti che hanno un’efficacia
minore;
- POMPE DI RICAPTAZIONE = il neurotrasmettitore viene ricaptato, in genere a livello del
neurone che l’ha liberato. Le pompe sono selettive e attive, che agiscono anche quando le
concentrazioni sono basse  richiamano il neurotrasmettitore nella cellula che l’ha liberato,
all’interno della quale viene metabolizzato o reinserito nel ciclo in cui il neurotrasmettitore è
nuovamente disponibile per essere liberato nelle vescicole.

Queste pompe di ricaptazione rappresentano un bersaglio molto importante per molti farmaci.
Almeno due classi importanti di antidepressivi hanno la loro azione interferendo con questo di ricaptazione:
sia gli antidepressivi di prima scelta, antidepressivi inibitori selettivi del reuptake (ricaptazione) della
serotonina sia gli antidepressivi triciclici che agiscono bloccando queste pompe in maniera selettiva.
 Noradrenalina e serotonina sono due neurotrasmettitori la cui azione viene terminata da questi
processi di reuptake.

Un altro neurotrasmettitore è l’acetilcolina, per il quale non esiste un processo di reuptake ma la sua azione
viene terminata per il fatto che, insieme all’acetilcolina, vengo liberate le colinesterasi che promuovo la
scissione dell’acetilcolina rendendola inattiva.
Gli inibitori delle colinesterasi sono utilizzati come farmaci in malattie ben precise o in disturbi ben precisi,
come la miastenia gravis in cui c’è una diminuzione della disponibilità di acetilcolina.  Il campo più vasto
in cui sono utilizzati gli inibitori delle colinesterasi è quello della tossicologia: anche i tossici più gravi, i gas
nervini, sono essenzialmente agenti sull’acetilcolina che viene distrutta  fenomeni incompatibili con la
vita.

La sinapsi rappresenta quello che è un bersaglio molto importante per gran parte dei farmaci.
Sono molti altri i bersagli che possono essere sfruttati per le terapie farmacologiche, considerando i
processi a livello del terminale.

Affinché la sinapsi funzioni correttamente, devono accadere sei eventi di base:


- Produzione dei neurotrasmettitori  vescicole sinaptiche (VS)
- Accumulazione dei neurotrasmettitori  VS
- Rilascio dei neurotrasmettitori
- Attacco dei neurotrasmettitori
- Generazione di un nuovo potenziale d'azione
- La rimozione di neurotrasmettitori dalla sinapsi  ricaptazione

I neurotrasmettitori vengono sintetizzati all’interno del neurone: anche quelli che sono presenti perché
introdotti con la dieta o perché hanno altre funzioni come l’acido glutammico, l’acido gamma mina e
butirrico  sono sintetizzati in maniera selettiva, cioè esiste all’interno del neurone una catena di enzimi o
un enzima come nel caso dell’istamina che possono permettere a partire da un substrato la formazione del
neurotrasmettitore stesso. Possiamo intervenire quantomeno modificando la disponibilità (generalmente
aumentandola) del substrato, così da modificare la disponibilità del neurotrasmettitore.
Ciò è molto usato nella terapia del Parkinson, dove il farmaco più efficace è rappresentato dal l-dopa che è
un precursore della dopamina: la sintomatologia di tale malattia è collegata ad una scarsità della dopamina
disponibile.

Il neurotrasmettitore viene formato a livello citoplasmico e viene poi, nella maggior parte dei casi,
immagazzinato all’interno della vescicola: la risposta è collegata alla densità di neurotrasmettitori presenti
nella vescicola.
Il processo di esocitosi comporta il fondersi della membrana della vescicola con la membrana della cellula e
da un punto di vista statistico, la probabilità che questo processo coinvolga le vescicole più vicine alla
membrana è elevata e tale processo è attivato dall’innalzarsi del calcio libero disponibile. Se la vescicola è
povera di neurotrasmettitore, la stimolazione sarà povera.

 Ci sono però sostanze che interferiscono con l’accumulo di neurotrasmettitore all’interno della
vescicola.  Una sostanza caratteristica è la reserpina, la quale veniva utilizzata circa trent’anni fa
per il trattamento dell’ipertensione = veniva utilizzata, perché provocava una depauperazione delle
vescicole del Sistema Simpatico, che conducevano ammine pressorie, ma aveva anche influenze più
vaste, in quanto il suo uso si associava a stati depressivi molto gravi probabilmente collegato alla
depauperazione anche a livello del Sistema Nervoso Centrale di serotonina e noradrenalina.

 Ci sono poi dei farmaci che possono provocare una liberazione massiccia di neurotrasmettitori.
 Si tratta di farmaci collegati soprattutto ad un uso ricreazionale di certe sostanze, cioè le
cosiddette “droghe da club” come l’ecstasi, tutte derivate delle anfetamine  provocano uno stato
di eccitazione in quanto determinano una liberazione massiccia del neurotrasmettitore, sia perché
promuovono un’esocitosi sia perché promuovono la liberazione del neurotrasmettitore anche presso i
depositi citoplasmatici.

 Esistono poi dei farmaci che inibiscono la fine dell’azione del neurotrasmettitore, perché
inibiscono i sistemi in cui il neurotrasmettitore viene inattivato, cioè bloccano i siti di reuptake
ovvero gli enzimi che possono provocare la degradazione del neurotrasmettitore stesso.

Sappiamo che esistono dei recettori che mediano l’azione del neurotrasmettitore. In questo modo,
possiamo interferire con l’azione del neurotrasmettitore:
- O mimandola, e quindi utilizzando dei farmaci agonisti che attivano il recettore invece del
neurotrasmettitore. E questi farmaci possono avere anche una funzione più selettiva in quanto il
neurotrasmettitore attiva tutti i tipi di recettori ad esso collegato: sappiamo che molto spesso questi
recettori si suddividono in numerosi sottotipi.
Possiamo bloccare l’azione del neurotrasmettitore utilizzando degli agonisti, cioè delle molecole che
si legano ai recettori ma che non producono alcun effetto e impediscono al neurotrasmettitore di
legarsi al recettore stesso, il quale è occupato da una sostanza che non lo attiva ma che impedisce ad
esso di legarsi.

A seconda della collocazione del recettore possiamo modulare poi il neurotrasmettitore endogeno. Vi
sono gli auto-recettori che inibiscono il rilascio dello stesso neurotrasmettitore che li ha attivati.
Psicofarmacologia

Blandina 2° lezione - 7 marzo 2017


La scorsa volta abbiamo terminato parlando delle sinapsi, definendo vari tipi di sinapsi, arrivando a
vedere che possono essere di tipo elettrico o di tipo neurochimico e poi vi ho raccontato che in
effetti essendo state studiate per un tempo più lungo le sinapsi di tipo neurochimico,
rappresentano il bersaglio principale dei farmaci utilizzati in terapia. La maggior parte dei farmaci
agisce interagendo con sinapsi di tipo neurochimico e fra i vari meccanismi che ritroviamo nelle
sinapsi (che rappresentano il bersaglio importante dei farmaci) agiscono i recettori, i quali sono
strutture specializzate che si legano ai neurotrasmettitori e da questo legame producono
un’attivazione del recettore che si trasforma poi in un effetto (?) all’attivazione del recettore.

La similitudine che più si avvicina al complesso neurotrasmettitore-recettore è rappresentato dalla


chiave e dalla serratura, nel senso che la chiave può essere avvicinata al neurotrasmettitore e la
serratura al recettore stesso, quando noi incrociamo la chiave e poi la giriamo provochiamo una
modificazione della serratura, così quando il neurotrasmettitore si lega al recettore provoca una
modificazione, quella che poi in biologia definiamo l’attivazione.

L’attivazione di un recettore può causare essenzialmente l’effetto finale che dal punto di vista
strettamente cellulare viene definito inibizione o eccitazione (?). Esse sono, in sintesi, la modifica
del potenziale di membrana; cioè, la cellula risponde modificando il potenziale di membrana che a
riposo è negativo, quando la membrana è attivata è positivo, però può diventare ulteriormente
Psicofarmacologia
Blandina 2° lezione - 7 marzo 2017
La scorsa volta abbiamo terminato parlando delle sinapsi, definendo vari tipi di sinapsi, arrivando a vedere
che possono essere di tipo elettrico o di tipo neurochimico e poi vi ho raccontato che in effetti essendo state
studiate per un tempo più lungo le sinapsi di tipo neurochimico, rappresentano il bersaglio principale dei
farmaci utilizzati in terapia. La maggior parte dei farmaci agisce interagendo con sinapsi di tipo
neurochimico e fra i vari meccanismi che ritroviamo nelle sinapsi (che rappresentano il bersaglio importante
dei farmaci) agiscono i recettori, i quali sono strutture specializzate che si legano ai neurotrasmettitori e da
questo legame producono un’attivazione del recettore che si trasforma poi in un effetto (?) all’attivazione del
recettore.

La similitudine che più si avvicina al complesso neurotrasmettitore-recettore è rappresentato dalla chiave e


dalla serratura, nel senso che la chiave può essere avvicinata al neurotrasmettitore e la serratura al recettore
stesso, quando noi incrociamo la chiave e poi la giriamo provochiamo una modificazione della serratura, così
quando il neurotrasmettitore si lega al recettore provoca una modificazione, quella che poi in biologia
definiamo l’attivazione.

L’attivazione di un recettore può causare essenzialmente l’effetto finale che dal punto di vista strettamente
cellulare viene definito inibizione o eccitazione (?). Esse sono, in sintesi, la modifica del potenziale di
membrana; cioè, la cellula risponde modificando il potenziale di membrana che a riposo è negativo, quando
la membrana è attivata è positivo, però può diventare ulteriormente negativo. Quindi possiamo avere come
risposta al recettore un’eccitazione oppure un’inibizione e questo dipende non dal neurotrasmettitore ma dal
recettore stesso, infatti lo stesso neurotrasmettitore può provocare una risposta eccitatoria oppure una
risposta inibitoria, questo perché il risultato deriva dalla natura del recettore e non del neurotrasmettitore. Voi
sapete benissimo che i recettori alfa del sistema adrenergico sono di tipo eccitatorio e alcuni recettori alfa2
sono di tipo inibitorio, a seconda della proteina G con cui sono accoppiati.
Quindi esistono diversi sottotipi recettoriali che possono caratterizzare la risposta come eccitatoria o
inibitoria. Famiglie più vaste dei recettori comprendono vari tipi di recettori incluso recettori intracellulari e
recettori accoppati a chinasi di cui però io non vi parlerò perché rappresentano recettori per meccanismi
interni per l’attivazione di parti di molecole endogene piuttosto che bersaglio per i farmaci. Io mi soffermerò
sui recettori canale o ionici o ionotropici e recettori accoppiati a proteine G o GPCR o recettori
metabotropici.

Tra i recettori accoppiati a canale, quindi ionotropici, troviamo il recettore nicotinico per l’acetilcolina
(nella placca neuromuscolare), il recettore per l’acido glutammico di tipo NMDA (coinvolto in molti
processi eccitatori, essendo permeabile al calcio, tra cui nell’evento della apoptosi, cioè della morte
programmata delle cellule).
Troviamo, inoltre, il recettore della glicina e il recettore Gabaa per l’acido Gaba amino-butirrico, entrambi
recettori canali permeabili allo ione Cloro quindi recettori di tipo inibitorio. Il Gabaa è importante perché
bersaglio di una classe di psicofarmaci, le benzodiazepine, utilizzati per varie applicazioni (nel caso
dell’ansia  gli ansiolitici, nel caso dell’insonnia o nei (?) per rilassare la muscolatura e come anti-
convulsionante negli attacchi epilettici o nelle situazioni che possono provocare convulsioni).
Il recettore 3 per la serotonina 5-HT3 è importante per la classe di farmaci antiemetici, è particolarmente
importante perché è efficace nel contrastare le emesi chemioterapiche e da radioterapie e quindi per ridurre
gli effetti collaterali delle terapie anti-tumorali. Le emesi rappresentano la principale causa di abbandono
della terapia, a causa del fatto che sono poco tollerate dai pazienti, quindi avere dei farmaci che possono
contrastare questo effetto vuol dire aumentare la possibilità di successo delle terapie anti-tumorali.
Fra i recettori più diffusi accoppiati a proteine G, trovate tutti i recettori per l’acetilcolina che non siano
nicotinici, cioè i muscarinici, trovate i recettori per le catecolamine, i recettori per l’istamina (H1, H2, H3,
H4), i recettori per la serotonina che non siano il 5-HT3, quindi 5-HT1, 5-HT2, 5-HT4 ecc.., i recettori
GABA-B sono metabotropici rispetto ai GABA-A nella famiglia dei recettori per l’acido Gamma amino
glutimmico, i recettori metabotropici dell’acido glutamico, i recettori per numerosi peptidi di cui vi
parleranno in questo corso, per esempio tutte le endorfine, le enchefaline e le minorfine, cioè mediatori
endogeni della via del dolore, recettori tramite cui producono i loro effetti sull’organismo gli oppioidi e
farmaci simili agli oppioidi stessi.

Recettori ionotropici
Che differenza c’è tra recettori ionotropici e recettori metabotropici?
C’è una differenza strutturale importante nel senso che nel recettore ionotropico, nella stessa struttura,
abbiamo sia il sito di riconoscimento del neurotrasmettitore, eventualmente del farmaco, sia l’effettore cioè
quello che produce l’effetto conseguente l’attivazione del recettore. Tutti e due sono all’interno della stessa
struttura. Qui vediamo un recettore ionotropico rappresentato da un canale che è nella sua forma chiusa
quando il sito di legame per il neurotrasmettitore è vuoto, ed è nella sua forma aperta quando si lega il
neurotrasmettitore al suo sito di legame e permette il passaggio di ioni i quali transitano da una parte all’altra
della membrana cellulare in virtù della loro carica elettrica e della loro concentrazione, quindi passano da un
ambiente dove sono più concentrati a un ambiente dove lo sono meno e in seguito anche all’attrazione
elettrica, vengono attirati dal segno opposto, se fuori c’è un potenziale più alto, le cariche positive
passeranno da fuori a dentro la cellula per bilanciare anche da un punto di vista elettrico.
Esistono anche dei meccanismi di filtro che attribuiscono a questi recettori canale una certa selettività. Qua
vediamo i principali ioni che attraversano i recettori canale una volta che sono aperti, sono ioni relativamente
piccoli, con cariche positive come sodio e calcio che vanno dall’esterno all’interno della cellula perché sono
più concentrate fuori che dentro e il sodio produce un influsso di cariche positive quindi contrasta la
negatività a riposo che c’è all’interno della cellula e quindi produce un effetto depolarizzante, cioè produce
un EPSP (excitatory postsynaptic potential), cioè un potenziale post-sinaptico di tipo eccitatorio. Tanti EPSP
fanno arrivare il potenziale di membrana al livello della soglia e fanno partire lo spight (?) che è un
potenziale d’azione che ha un effetto tutto o nulla. Il calcio quando entra porta le cariche positive e può
produrre effetti simili però si muove in piccole quantità, il calcio libero intracellulare ha concentrazioni
basse, che producono grosse modificazione nelle concentrazioni di calcio intracellulare libero e, oltre a
produrre un effetto di tipo elettrico, possono interagire con numerosi enzimi e attivarli. Diventa essenziale
per l’esocitosi e, quindi, per la trasmissione del segnale da una cellula all’altra. La maggior parte degli
autorecettori di tipo inibitorio hanno l’effetto di inibire la liberazione del neurotrasmettitore interagendo col
meccanismo di esocitosi, agiscono tramite una proteina G che blocca l’ingresso del calcio in quella cellula.
Esistono poi altri tipi di canali che possono essere permeabili al potassio, che va dall’interno all’esterno,
producendo una fuga/una diminuzione di cariche positive dentro una cellula. Questo comporta un’ulteriore
negatività del potenziale d’azione che, quindi, ha un effetto iperpolarizzante e porta alla cessazione dello
spight. La fuoriuscita di potassio è un modo per la cellula di riacquistare il suo potenziale di membrana
negativo che ha in fase di riposo e ancora più importanti sono i canali permeabili al Cloro. Il Cloro è una
carica negativa che passa dall’esterno all’interno. Permeabili al cloro sono per esempio i recettori Gaba A e
l’ingresso di cariche negative provoca un’iperpolarizzazione e quello che noi chiamiamo un IPSP, inibitory
post-synaptic potential, quindi un potenziale post-sinaptico di tipo inibitorio, che ulteriormente abbassa il
valore del potenziale di membrana e rende la cellula meno eccitabile perché allontana il potenziale soglia e
quello in cui stacca il potenziale d’azione stesso.

Abbiamo detto che questi canali non sono solamente dei tubi di connessione tra l’esterno e l’interno vuoti,
ma come abbiamo visto, fanno passare o il sodio, o il calcio, o il potassio ecc. Alcuni ne fanno passare più di
uno, come i canali NMDA che fanno passare sodio e calcio, 5-HT3 passa il potassio e il sodio ecc, esistono
però dei filtri che rendono ciascuno di questi canali selettivi o negativamente selettivi ad alcuni di questi ioni.
Sicuramente per quanto riguarda gli ioni, a differenza delle gap-junction, i recettori canali hanno una
selettività per le cariche negative o positive o fanno passare quelle negative o quelle positive, non fanno
passare il cloro e il sodio, o passa il cloro (-) o passa il sodio (+), questo perché come vedete nel punto 3
della slide, esiste all’interno di questo canale un anello di aminoacidi che si trovano in quella posizione
quando si apre il canale, che ha un residuo di carica negativa o positiva e rappresenta un filtro selettivo nei
riguardi della carica che passa attraverso il canale, negativo respinge le cariche positive e viceversa e
formano questo anello che rappresenta un filtro di selezione o di selettività. L’altro filtro importante è
rappresentato dalle dimensioni; infatti i recettori canali sono estremamente piccoli e permettono di far
passare gli ioni e non cose più grandi, e anche fra gli ioni a seconda di quanto sono grandi permettono il
passaggio solo di alcuni ioni o oppure anche di altri. Quindi almeno due filtri di selettività, dimensione e
carica.

Il passaggio di cariche positive comporta la genesi di un EPSP mentre quello di cariche negative o la
fuoriuscita di cariche positive dall’interno della cellula comporta un IPSP, quindi di tipo inibitorio. Alla fine
quando si raggiunge un potenziale soglia, là dove la membrana è più sensibile a questi tipi di cambiamenti,
cioè alla congiunzione tra l’assone e il corpo cellulare si ha la partenza dello spight, quale può essere
collegato agli effetti di più EPSP che arrivano insieme. Questi possono essere conseguenti o da un treno di
stimolazione molto ravvicinate tra di loro e trovano la membrana della cellula non ancora recuperata rispetto
a quello prima, oppure da tanti stimoli che arrivano contemporaneamente e quindi si ha un effetto
sommatorio del numero degli stimoli.
Quali altre caratteristiche hanno i recettori ionotropici? sono estremamente rapidi, perché non c’è un lasso
di tempo tra l’attivazione del recettore e le conseguenze del suo effetto. Il recettore viene aperto, la carica
passa e c’è una latenza minima tra l’incontro del neurotrasmettitore con il recettore stesso e l’evento EPSP o
IPSP che è conseguente all’ingresso delle correnti ioniche che avvengono più o meno immediatamente. Il
recettore comporta l’apertura del canale e attraverso il canale passano questi ioni in un tempo rapidissimo,
questo perché l’effettore è parte costitutiva del recettore stesso, per cui la risposta è misurabile in
millisecondi ed è un evento importante per l’attivazione molto rapida di una rete neuronale. Questo è un
esempio, in genere i recettori canale sono formati da 5 sotto-unità che vengono a collegarsi insieme
racchiudendo un canale, che assume una certa struttura quando è chiuso, si modifica questa struttura in modo
tale da aprire un canale quando viene attivato, ciascuno di queste sotto-unità è formata da una catena
polipeptidica che attraversa 4 volte la membrana, quindi è una struttura complessa: abbiamo delle subunità
che poi appartengono a famiglie diverse (α,β,γ,δ, ecc.) che si assemblano in 5, formando un recettore e a
seconda della loro combinazione formano i vari tipi di recettori canali, per esempio i GABA-A sono formati
da due α, due gamma e un delta. Queste strutture ruotano su di loro in modo da assumere una conformazione
chiusa o aperta, e quando è aperta il canale è attivato e permette il passaggio dello ione stesso.

Questo è il primo recettore canale che è stato identificato e clonato, anche il più conosciuto, quello per
l’acido nicotinico cioè il recettore nicotinico per l’acetilcolina e al suo tempo fu facile studiarlo perché in
alcune strutture dell’organismo si presentava in densità elevate, soprattutto al di fuori del SNC , nella placca
neuromuscolare, nel punto di congiunzione tra il motoneurone e il muscolo striato, e a causa della sua densità
elevate è stato facile isolarlo e studiarlo con maggiore attenzione.
Vedete qui ci sono le caratteristiche sulle due subunità alfa in cui si trova il sito legante per il
neurotrasmettitore, schematizzato da questa struttura a linea spezzata, 2 molecole di acetilcolina comportano
l’apertura e l’attivazione del canale e si legano sui due siti alfa. In genere i canali per aprirsi necessitano di
due molecole che hanno un sito legante caratteristico su due subunità, in genere sono le alfa che hanno il sito
legante per il neurotrasmettitore, questo avviene anche nei recettori per il GABA.
Recettori metabotropici (GPCRs) recettori accoppiati a proteina G
sono accoppiati a PROTEINE G e rappresentano una famiglia ancora più vasta, infatti sono la famiglia più
grande di geni nel genoma umano (circa 950 geni).
Inoltre, da un punto di vista pratico, rappresentano il bersaglio (all’incirca) della metà dei farmaci più
utilizzati.
Rappresentano, infatti, da un punto di vista PSICOFARMACOLOGICO il target bersaglio più importante
perché è tramite l’interazione con questi tipi di recettori che noi possiamo interferire, attraverso i farmaci,
con le funzioni dell’organismo in generale e nello specifico con il SNC.
Alcuni ESEMPI di questa tipologia di PSICOFARMACI:

 ZYPREXA (OLANZAPINA) antipsicotico, utilizzato sia nel trattamento delle PSICOSI


(schizofrenia), sia nel DISTURBO BIPOLARE, sia nel trattamento delle fasi aggressive che si
registrano con frequenza negli stadi avanzati del MORBO DI ALZHEIMER (malattia psichiatrica
neurodegenerativa più diffusa attualmente).
 CLARINEX antistaminico di tipo H1 antagonista, non è utilizzato direttamente come
psicofarmaco però ha degli effetti importanti sul SNC. Nonostante
gli antistaminici di seconda generazione non passino la barriera encefalica però la SEDAZIONE o la
SONNOLENZA rappresenta sempre l’effetto collaterale più importante che era particolarmente
evidente negli antistaminici di prima generazione che infatti passavano il SNC.
Questo effetto sedativo è direttamente collegato con il blocco dei recettori dell’istamina di tipo
H1 nel SNC. Quindi
i recettori metabotropici sicuramente interferiscono con il ciclo di sonno.
G Protein - Coupled
Receptors (GPCRs)

RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DI UN RECETTORE METABOTROPICICO:

1) Una delle differenze maggiori rispetto ai RECETTORI IONOTROPICI è che abbiamo una
separazione tra il RECETTORE, inteso come struttura che riconosce il neurotrasmettitore o il
farmaco e L’EFFETTORE cioè quella struttura che media l’effetto una volta che il recettore viene
attivato.

Abbiamo infatti una struttura, una porzione del recettore che contiene solamente il sito di riconoscimento del
neurotrasmettitore.
L’effetto conseguente all’attivazione di questo recettore, cioè al fatto che il neurotrasmettitore si lega al
recettore (visto che lo riconosce) e lo attiva è determinato dall’intervento di una proteina generica, ovvero la
PROTEINA G. (GENERICA perché composta da 3 sub-unità: alfa, beta e gamma)

 La PROTEINA G sarà attivata nel caso del recettore attivato e comporterà poi un’ulteriore
attivazione per lo più di un’ENZIMA (ADENILATO CICLASI)
 L’ ENZIMA (ADENILATO CICLASI) con la sua attivazione provocherà la formazione di
una serie di composti che collettivamente possiamo identificare e chiamare SECONDI
MESSAGGERI
 I SECONDI MESSAGGERI andranno poi ad attivare degli enzimi (enchinasi A o
enchinasi C ecc..) che comporterà poi alla fine l’apertura o la chiusura di un canale, quindi il
passaggio del calcio.

 Quindi ciò che comporta questo effetto non è nel recettore stesso ma ad esempio a livello
dell’enzima come l’adenilato ciclasi.
Quindi l’effettore è staccato dal recettore stesso.

2) Un’altra differenza rispetto ai RECETTORI IONOTROPICI è che questi richiedono un periodo più
lungo (millisecondi massimo secondi) in quanto ci sono tutta una serie di passaggi che noi dobbiamo
avere prima che si verifichi l’effetto, mentre per i recettori ionotropici l’effetto è semplicemente
conseguenza del passaggio di uno Ione. Quindi
intuitivamente nel primo caso (quello dei RECETTORI IONOTROPICI) è più rapido rispetto ai
RECETTORI METABOTROPICI che necessita invece di più passaggi.
3) Per quanto riguarda i RECETTORI METABOTROPICI abbiamo un RECETTORE
SOPRAMOLECOLARE, perché per avere un recettore con il suo effetto finale noi dobbiamo avere
anche almeno la PROTEINA G, mentre i recettori IONOTROPICI abbiamo un recettore
SOTTOMOLECOLARE.

Struttura dei recettori metabotropici:


Nel recettore noi identifichiamo solo questa struttura che attraversa la membrana e che rappresenta il sito di
riconoscimento per il neurotrasmettitore.
Una struttura che è formata da una CATENA DI AMMINOACIDI che caratteristicamente, nel caso di
TUTTI i recettori metabotropici attraversa 7 volte la membrana cellulare.
Infatti un altro modo di identificare questi recettori è chiamarli RECETTORI A 7 DOMINI TRANS
MEMBRANA perché tutti quanti sono caratterizzati da una catena specifica che attraversa per 7 volte la
membrana cellulare che ha:

 un terminale NH2 verso l’ambiente extracellulare (extracellulare) è sopra alla membrana


 un terminale carbossilico (COH) verso l’interno (intracellulare) è sotto alla membrana

Quindi TUTTI QUESTI RECETTORI hanno questa struttura, ovviamente cambiano gli amminoacidi. La
differenza è data dal numero e dal tipo di amminoacidi che cambiano nella catena. Differenziamo, infatti, i
recettori serotonergici dai recettori adrenergici perché avranno una sequenza diversa.
Esistono poi dei punti focali che caratterizzano in particolare i recettori, ad esempio il passaggio di
riconoscimento da alfa a beta è collegato semplicemente dalla modifica di un amminoacido su una catena di
circa 400 amminoacidi in determinata posizione 140 che è quella che poi determina la caratteristica
farmacologica. La
catena di amminoacidi varia in numero da 300 a 450 a seconda del tipo di recettore poi però ci sono dei siti
importanti che caratterizzano di più il recettore, nel senso che non è necessario che siano diversi tutti e 400 i
recettori, tanti possono essere uguali però ci sono dei pezzi di catena, addirittura dei singoli amminoacidi che
sono di per sé unicamente già caratterizzati, diversi.
Indipendentemente dal punto in cui il neurotrasmettitore si lega al recettore ogni volta che il recettore (cioè
questi domini trans membrana) si presentano legati al neurotrasmettitore promuovono una serie di eventi che
comportano l’attivazione di una cellula. L’evento è:

 il passaggio di una PROTEINA G (che si trova nelle vicinanze sulla parte interna della membrana),
che si attacca al recettore attivato. Al passaggio
della proteina G è normalmente allegato sulla sub-unità alfa una molecola di GDP che viene invece
sostituita da un GTP TRIFOSFATO.
Quando si collega al TRIFOSFATO, la sub-unità alfa e la sub-unità beta gamma si staccano e la
SUB-UNITA’ ALFA va ad attivare (o a inibire) una struttura, ad es. un enzima come
l’ADENILATO CICLASI che comporta l’aumento del ciclo
SLIDE:

(From: Bockaert & Pin


(1999) EMBO J. 18, 1723-
1729)

La slide è utile per vedere quanti e quali sono gli stimoli che possono portare all’attivazione.
Sono NEUROTRAMETTITORI CLASSICI, raccolti sotto la dicitura principale di piccole molecole, tra cui
troviamo:

 gli amminoacidi,
 le amine (noradrenalina, dopamina, istamina, serotonina),
 prostaglandine,
 peptidi (endorfine).

Cioè i neurotrasmettitori classici attivano questo tipo di recettore però questo recettore accoppiato a una
proteina G può essere attivato anche da stimoli collegati ai sensi, infatti viene attivato ad es. dalla luce
(vista), dall’odore (olfatto), dai ferormoni (quindi il senso del gusto).
 I recettori accoppiati a proteine G (metabotropici) rispondono a una varietà di stimoli
estremamente larghi.

TUTTO PARTE DALLO STATO BASALE:


Il recettore è a riposo, quindi non è ancora legato a nulla.
Esistono sulla membrana cellulare un effettore e una proteina G (formata da 3 sub-unità: alfa, beta e gamma),
la quale in fase di riposo è associata ad un GDP. Quando il recettore
viene attivato, cioè quando al recettore si lega un neurotrasmettitore, o c’è uno stimolo della luce, o c’è una
molecola collegata all’odore o al ferormone ecc…) succede che al recettore attivato si lega la proteina G che
passa da forma inattiva a forma attiva, ovvero quando è legata ha un’attività maggiore per GTP invece
che per GDP per cui una molecola di GTP TRIFOSFATO prende il posto di una molecola di GDP.
Quando è collegata al GTP, la proteina G si dissocia in 2 punti:
1. alfa va ad attivare l’effettore ADENILATO CICLASI
2. beta gamma va a attivare un altro effettore, molto spesso sono CANALI POTASSIO che
vengono aperti alla sub-unità beta gamma

Pian piano esiste una GTP–asi intrinseca che comporta con il tempo la sostituzione di nuovo del GTP con il
GDP e si ricompone la struttura di base di partenza. Quindi, il
recettore non è più collegato con il neurotrasmettitore, la proteina G torna in fase di riposo, quindi si
ricompatta con le altre sub-unità beta gamma, l’effettore smette di essere stimolato e torna allo stato basale.

SLIDE:

Il recettore è rappresentato dalla struttura rosso scura, arriva la molecola che provoca la sua attivazione, si
lega al recettore. Il recettore
legato forma una attrazione della proteina G che quindi si attiva. La molecola
GDP viene sostituita da una molecola GTP e si divide nella sub-unità alfa e beta gamma.
La sub-unità alfa va a collegarsi (in questo caso con l’enzima ADENILATO CICLASI), attivando quindi
questo enzima che promuove la formazione del ciclo.

SLIDE:
Il lato a destra e a sinistra sono differenti. Si differenziano perché quando si parla di ADENILATO CICLASI
(cioè quando l’effettore è rappresentato da questo enzima) possiamo avere 1 doppio effetto:

 sia stimolatorio
 sia inibitorio

Questo effetto è collegato alla natura della proteina G:


PROTEINA G S stimolatoria
PROTEINA G I inibitoria
Il processo è praticamente simile:

 Nel caso di PROTEINA G S (STIMOLATORIA) abbiamo il recettore (in questo caso il


recettore beta) che viene attivato.
L’attivazione comporta le modificazioni a carico della proteina G che si lega ad una molecola GTP
invece che GDP, si scinde nelle 2 sub-unità alfa e beta gamma. Alfa in
questo caso è uno stimolatorio che va a stimolare ADENILATO CICLASI che provoca il
passaggio da ATP a cAMP che promuove una serie di attività intracellulari quali l’attivazione di
enzimi che favoriscono i processi intracellulari.
 Nel caso di PROTEINA G I (INIBITORIA) si attiva la proteina G di tipo inibitorio, la proteina
GTP prende il posto della proteina GDP, si scinde nelle 2 sub-unità alfa e beta gamma.
Alfa in questo caso invece di stimolare l’attivazione dell’ADENILATO CICLASI lo blocca e
quindi riduce la formazione di cAMP .
Quindi si avrà tutta una serie di eventi diversi da quelli che si avevano nel caso in cui la proteina G
era stimolatoria. Ad es.
questi sono recettori che agiscono inibendo l’endocitosi.

In natura si attivano ad esempio circuiti che comportano l’attivazione solo degli alfa o dei beta, noi
dall’esterno, con i farmaci possiamo avere un’attivazione selettiva, quindi attivare (o inibire) solo gli alfa o
solo i beta e lasciare agire gli altri. Quindi in
natura il neurotrasmettitore ad es. noradrenalina agisce su entrambi, mentre con i farmaci noi possiamo avere
dei farmaci che:

 interagiscono solo con alfa e non con beta (es. ???) o


 solo con beta e non con alfa (es. propanololo)
Gli alfa sono inibitori perché sono collegati ad una proteina G di tipo inibitorio e i beta sono invece eccitatori
perché sono collegati ad una proteina G di tipo eccitatorio.
I meccanismi con cui la cellula viene attivata sono molteplici a seconda del tipo di recettore:
Nel primo caso abbiamo visto la maniera che porta all’aumento del ciclico AMP o inibizione della
formazione (…) cellulare. Il ciclico AMP in questo caso poi viene definito secondo messaggero perché è in
effetti quello che poi media l’azione conseguente l’attivazione del recettore. Esistono, però, altri tipi di
recettori secondo messaggero che sono collegati a proteine G di tipo diverso: per esempio c’è una famiglia di
proteine G che hanno GQ (che sono collegate per esempio a alfa1, ai recettori H1, …) in cui la proteina GQ
ha un’affinità con la fosfolipasi di tipo C la quale promuove, a sua volta, una idrolisi dei fosfolipidi di
membrana portando alla formazione essenzialmente finale di due molecole: il diacilglicerolo DAG e
l’inositolo trifosfato IP3. Queste rappresentano in questo caso i secondi messaggeri perché gli effetti sono
conseguenti alla formazione di queste molecole: il diacilglicerolo porta all’attivazione della protein chinasi
C (PKC) e l’IP3 porta alla liberazione di calcio da siti di immagazzinamento intracellulari. Quindi, in
questa via, noi abbiamo solo una via di tipo stimolatorio cioè non esiste il corrispondente inibitorio; (la
fosfo? e il GQ) sono solo stimolatorie e agiscono solo quando per la fosfolipasi C non esiste il
corrispondente delle adenatociclasi che è una proteina GQ di tipo inibitorio. Il meccanismo avviene solo
attraverso la stimolazione.
Questo per dirvi che i meccanismi con cui la cellula viene attivata sono molteplici a seconda del tipo di
recettore. Questi possono parlarsi tra di loro, potenziarsi o inibirsi; può diminuire nel tempo la risposta al
recettore (processo che si chiama …), processo che ha tanti meccanismi diversi uno dei quali può essere
l’esaurimento dei substrati che portano alla formazione del secondo messaggero. Può accadere che la risposta
allo stesso agonista vada a diminuire perché esauriamo il substrato che porta all’attivazione dell’effettore. La
subunità gamma-beta non è priva di effetti. La subunità beta-gamma molto spesso apre un canale al potassio
e comporta iperpolarizzazione delle cellule (questo avviene per esempio per endorfina e per altri). Anche se
poniamo la nostra attenzione maggiormente su quello che consegue l’attivazione delle subunità alfa, la
subunità beta-gamma ha effetti notevoli. La lezione finisce qui per quanto riguarda i recettori.
Oggi inquadriamo i farmaci anti-depressivi e la malattia della depressione. Questa malattia è estremamente
diffusa e la sua presenza si calcola sulla base dei casi che si presentano annualmente. Questo perché è una
malattia che può variare, nel senso che la stessa persona può presentare la malattia nel 2017, ma non nel
2018. Si calcola diversamente da altre malattie, tipo il diabete (il diabetico è tale nel 2017 come nel 2018);
infatti si considera la percentuale di persone che presenta sintomi depressivi in un determinato periodo.
L’epidemiologia la calcoliamo, quindi, su una percentuale. Varia a seconda di come intendiamo la
depressione perché questa si manifesta con quadri clinici diversi, inoltre va da percentuali minime 9-10% nel
mondo industrializzato a massime pari al 25-30% (incidenza estremamente elevata). E’ un problema non
solo medico, ma anche sociale perché il depresso non funziona economicamente e socialmente in maniera
corretta e le malattie psichiatriche hanno la caratteristica di essere meno accettate e accettabili nella
popolazione. La sofferenza dei malati si ripercuote su familiari e amici, però questo avviene a maggior
ragione perché sono meno accettabili, anche dal malato stesso (a volte rifiuta le cure).
SLIDE:

 In any given 1-year period, 9.5% of the


USA population (about 20 million) suffer
from a depressive illness.
 The economic cost for this disorder is
high,Symptoms
Emotional but theInclude:
cost in human suffering
cannot be estimated.
Depressive illnesses often interfere with
Sadness

Loss normal
of interest functioning
or pleasure and cause pain and
suffering not only to those who have a
disorder, but also to those who care about
Overwhelmed
them.
Physical Symptoms Include:
Anxiety
Vague aches and pains
Diminished ability to think or concentrate, indecisiveness
Headache

Excessive or inappropriate guilt


Sleep disturbances

Fatigue

Back pain

Significant change in appetite resulting in weight loss or gain


La storia di tutte le malattie psichiatriche comincia alla fine dell’800 e all’inizio del ‘900, periodo in cui
comincia a prendere campo la medicina scientifica e quindi l’applicazione del metodo scientifico e empirico
ai disturbi psichiatrici, ma anche l’analisi di quello che molecole, farmaci, droghe e alcol producono sul SNC
(analisi degli effetti con metodologie scientifiche). Modificando il comportamento della psiche possiamo
trovare dei modelli di disturbi psichiatrici, per esempio la schizofrenia produce allucinazioni e anche alcuni
farmaci lo fanno possiamo mimarla e capire i circuiti interessati quali sono. Per quanto riguarda la
schizofrenia la difficoltà risiede nel fatto che solitamente le allucinazioni dello schizofrenico sono di tipo
uditivo e i nostri farmaci ne producono di tipo visivo. Prima di Emil Kraepelin i disturbi erano un po'
mescolati, ma lui distinse tra demenze, schizofrenia, disturbi della sfera cognitiva, di relazione e dell’umore
(distinse anche depressione e schizofrenia). Per le malattie psichiatriche conosciamo poco il meccanismo
patogenetico, la classificazione di queste è basata molto sulla sintomatologia, cioè sulla clinica (questo può
portare ad errori di cui magari ci renderemo conto in futuro, potremmo aver associato disturbi molto diversi).
Da un punto di vista di sintomi e di segni la depressione è conosciuta come malattia fino agli albori della
civiltà umana, viene già descritta da Ippocrate 500 anni a.c. lui dice che il lutto e la paura quando durano a
lungo provocano melanconia, termine generalmente utilizzato per indicare la depressione maggiore e, in
effetti, è un tipo di depressione maggiore nella classificazione moderna. Melanconia = bile nera. E’ una
malattia estremamente grave in quanto coinvolge la persona nel suo insieme (parte fisica, umore, pensieri):
un depresso ha alterazioni fisiche non indifferenti. Alcuni disturbi portano ad alterazione nell’assunzione di
cibo, diminuzione di peso (anoressia e bulimia  sintomo unico oppure in un quadro depressivo associato o
meno al sintomo), disturbi del sonno, percezione di dolori vaghi… Modificazione dell’umore con scarsa
considerazione di sé stessi (sensazione di inutilità e incapacità di adempiere ai vari compiti) e modo di
pensare e di vedere le cose fortemente influenzata dalla malattia stessa.
C’è un collegamento spontaneo con lo stato di tristezza però se andiamo ad analizzare i casi questo non è
così evidente. In alcuni casi la malattia è scatenata da un lutto, però non è sempre così (nella maggior parte
dei casi): il collegamento non è sempre evidente. La depressione continua anche quando questa eventuale
causa di lutto e tristezza finisce. Se la tristezza continua oltre 5, 6 mesi ovviamente diventa patologica. Nella
maggior parte dei casi è difficile ricollegare l’evento scatenante.
Esiste da parte del paziente spesso il rifiuto di sentirsi malato. Sta male, ma non accetta la definizione di
questa malattia, difficilmente ammette di essere depresso. Nel 70% dei casi in cui un depresso si rivolge ad
un medico, si rivolge per sintomi fisici (non direttamente della depressione) che caratterizzano poi il quadro
depressivo.
SLIDE:

La depressione si manifesta come perdita di interessa nei piaceri e nelle attività (anedonia sintomo
importante), sovraccarico di impegni che non si sentono in grado di fare, situazione di ansia, incapacità di
pensare, decidere e concludere qualcosa… ma oltre a questi ci sono una serie di sintomi che non hanno poi
un riscontro in una situazione morfo-funzionale (dolori vari diffusi a tutto il corpo, alla schiena, senso di
fatica, cefalea,…) il paziente si concentra più su questa sintomatologia e ricerca aiuto per questi sintomi, poi
arriva la diagnosi di depressione che comporta alterazione a livello dell’umore che normalmente è in
situazione bilanciata (eutimia).
La depressione si collega con diminuzione del livello dell’umore, ma dello stesso tipo di malattia fa parte la
mania che è l’aumento del livello (di umore?) quindi si va da una fase depressiva ad una maniacale
sintomatologia opposta, ma non (cattiva?) e abbiamo dei quadri clinici caratteristici: possiamo trovare un
quadro in cui prevalgono sintomi depressivi, in cui la depressione maggiore rappresenta la forma più grave,
oppure un quadro tipico della sindrome polare o maniaco depressiva con alternanza tra fasi depressive e
maniacali. Possono presentarsi quadri tipici della costellazione di disturbi depressivi noti come distimie che
rappresentano comparsa in misura ridotta di gravità di tutti i sintomi della depressione maggiore oppure la
comparsa di un sintomo e basta come l’anoressia nervosa (non assunzione di cibo o comunque rapporto
complicato con esso). Malattie diverse richiedono approcci terapeutici diversi (farmaci anti-depressivi, anti-
maniacali o stabilizzanti dell’umore).
SLIDE:

Mania Depression
Persistent sad, anxious, or "empty" mood
Abnormal or excessive elation
Feelings of hopelessness, pessimism
Unusual irritability Feelings of guilt, worthlessness, helplessness
Decreased need for sleep Loss of interest or pleasure in hobbies and activities
Grandiose notions that were once enjoyed, including sex
Increased talking Decreased energy, fatigue, being "slowed down”
Racing thoughts Difficulty concentrating, remembering, making
Increased sexual desire decisions
Risk taking Insomnia, early-morning awakening, or oversleeping
Poor judgment Appetite and/or weight loss or overeating and weight
Distractible concentration gain
Inappropriate social behavior Thoughts of death or suicide; suicide attempts
Persistent physical symptoms that do not respond to
treatment, such as headaches, digestive disorders, and
chronic pain

-domanda. “in questo caso, a livello farmacologico come ci si approccia al disturbo? Prima si cura
l’anoressia e poi la depressione o viceversa?”
-risposta “no, l’anoressia e la depressione si curano insieme, o meglio, dipende dalla gravità, però
nell’approccio terapeutico a questi malati si interviene con una terapia di supporto psicologico e dei farmaci
antidepressivi. Poi se la situazione è tale per cui la persona è ai limiti della sopravvivenza si può intervenire
con approcci di altri tipi, che non sono collegati alla depressione”.
I sintomi possono essere suddivisi in due grosse categorie:

 sintomi collegati alla mania


 sintomi collegati alla depressione

Ovviamente nella depressione maggiore si hanno solamente quelli della depressione, mentre nel disturbo
bipolare si alternano quelli della mania e quelli del disturbo depressivo maggiore. I sintomi sono: sensazione
di non poter essere aiutati, pessimismo, umore persistentemente triste, cioè un atteggiamenti di tristezza da
parte del paziente, sensazione di inadeguatezza, perdita di interesse nelle cose e nelle attività che
normalmente darebbero piacere al paziente, incluso il sesso, diminuita energia, sensazione di fatica,
sensazione di sentirsi rallentati, difficoltà nel concentrarsi, nel prendere le decisioni, nel ricordare, disturbi
del sonno in entrambi i sensi (insonnia o sonnolenza pesante), perdita o aumento di peso, ideazioni suicidarie
particolarmente importanti e frequenti nella sindrome bipolare che non nella depressione maggiore [?] e la
presenza di sintomi fisici come cefalea e dolori diffusi che risultano resistenti al trattamento con farmaci che
normalmente invece alleviano questi tipi di dolori.
Nella mania invece abbiamo l’opposto: sensazione di grandezza, operatività, si dorme poco, però non si
conclude, non sono persone che alla fine nonostante tutto portano a termine qualcosa, alla fine questi soggetti
non concludono nulla. Vi si possono associare poi dipendenze.
Un’associazione particolarmente importante è quella con l’alcolismo che si riscontra associato molto spesso,
insieme ad altre dipendenze, e non si capisce bene se sia arrivato prima l’alcolismo e quindi la depressione
sia una conseguenza di questo, o se accade il contrario. Possono essere vere entrambe le ipotesi, l’alcol
ovviamente può essere visto in un certo momento anche come forma di auto-medicazione influendo in
maniera positiva, almeno all’inizio, sull’umore, nel senso che rende più allegri e facilita la socializzazione e
sicuramente di questo se ne accorge anche un depresso e quindi lo può usare come auto-medicazione. E
comunque il discorso è che l’alcolismo è strettamente correlato alla depressione nel senso che circa il
30% dei depressi poi fa abuso di alcol e partendo invece da una diagnosi di alcolismo può portare poi
anche al manifestarsi della depressione. (parla adesso di statistiche riguardanti questo argomento, si
sofferma su una di Firenze dicendo che l’incidenza sulla popolazione è del 12%).

SLIDE:
Studies are finding a strong link between serious alcohol use and depression.
Does Depression Lead to Alcohol Abuse?
Nearly a third of people with major depression also have an alcohol problem, and
depression may be the first to occur. Research shows that children who are depressed
are more prone to develop alcohol problems once they reach adolescence.
Depression may be a particularly significant trigger for alcohol use in women, who are
more likely than men to self-medicate with alcohol.
Does Alcohol Abuse Lead to Depression?
A number of studies
Una caratteristica have shown
particolare that alcohol
della depressione abuse
riguarda il fattoincreases the
che essa è una risk for
malattia più depression.
frequente nel
sesso femminile piuttosto che in quello maschile. Questa marcata incidenza nel sesso femminile è ancora più
evidente per il disturbo bipolare, dove c’è un rapporto di 4:1 per le donne, tuttavia quando gli uomini ne sono
colpiti manifestano le forme più gravi del disturbo. SLIDE:

 Clinical depression affects about 19 million Americans annually.


About 5%-10% of women, and 2%-5% of men will experience at
least one major depressive episode during their adult life.
 Depression affects people of all races, incomes, ages, ethnic and
religious backgrounds.
 it is twice as common in women compared to men and three to five
times more common in the elderly than in young people. Present
Visto la vastità di sintomi che si presentano con la depressione si può pensare che ci siano delle alterazioni
che riguardano un po’ tutto il cervello o comunque di sistemi che regolano tutti il cervello. Infatti ila malattia
prevede sintomi che coinvolgono capacità decisionali, di memoria, ma anche sensazioni di vuoto e
inadeguatezza che fanno pensare a porzioni cerebrali collocate prevalentemente nella corteccia. Allo stesso
tempo troviamo, però, alterazione nell’assunzione di cibo e alterazioni del sonno, quindi anche l’ipotalamo
può essere coinvolto così come quelle strutture quali l’amigdala che è collegata alle percezioni di
gratificazione e di rifiuto di stimoli che possono essere interpretati come positivi oppure come avversivi.
Quindi è una malattia che coinvolge, così come la persona nella sua interezza, anche il cervello nella sua
interezza.
SLIDE:

The broad range of symptoms suggests that many brain


regions might be involved (prefrontal and cingulate
cortex, hippocampus, striatum, amygdala and thalamus).
 Cortex and hippocampus might mediate cognitive
aspects, such as memory impairments and feelings of
worthlessness, hopelessness, guilt, doom and
suicidality.
 The ventral striatum or nucleus accumbens, and
amygdala are important in mediating aversive and
rewarding responses to emotional stimuli, and mediate
the anhedonia, anxiety and reduced motivation.
 The hypothalamus may be responsible for too much or
too little sleep, appetite and energy, as well as a loss of
interest in sex and other pleasurable activities.
 The VTA provides dopaminergic input to the NAc as
well as to most of the other brain areas.
I meccanismi biologici alla base sono solo ipotizzati, nel senso che non esiste il gene della depressione, non è
 Noradrenaline, from the LC, and serotonin, from the DR
una malattia monogenetica e questo è dimostrabile del fatto che gemelli omozigoti che hanno perlomeno alla
innervate all of the regions shown in the panel.
nascita il genoma identico, non hanno una concordanza nello sviluppo del disturbo, concordanza che è
tuttavia maggiore per la sindrome bipolare, in cui quindi risulta una componente genetica più importante, che
non supera però il 70% (questo vuol dire che per un 30% compaiono anche altri fattori, ovvero fattori
ambientali). Una maniera per studiare l’influenza genetica, non conoscendo il gene è uno studio retroattivo
sull’incidenza della malattia in persone che sono state adottate, confrontando poi i genitori adottivi con i
genitori biologici. E’ ovvio che se noi guardiamo all’interno di una famiglia difficilmente possiamo dividere
quello che è l’ambiente da quello che è il fattore genetico. Il fattore genetico, essendo una famiglia, c’è, ma
se i bambini crescono e abitano nello stesso posto esistono anche dei fattori ambientali che sono più o meno
gli stessi, condivisi (più o meno mangeranno cose molto simili, vivranno nello stesso ambiente…) Se invece
noi guardiamo quello che è successo in persone che sono state adottate, e andiamo poi a vedere quello che
succede nei parenti biologici, sicuramente troviamo una comunanza di tipo biologico, ma non una di tipo
ambientale. Quindi, nell’immagine seguente, vedrete che, se l’incidenza è data dalla grandezza di cubi
interessati dalla macchia nera, la possibilità di sviluppare depressione da parte di parenti biologici, di
individui che sono stati adottati e hanno sviluppato la depressione è molto più grande che non tra i parenti
adottivi. In questo caso l’ambiente ha influenzato meno della biologia. E di per sé l’aver dato in adozione i
figli non è causa di depressione, perché se si va a guardare cosa succede in situazioni in cui gli adottati non
hanno manifestato depressione, l’incidenza è uguale sia tra i parenti biologici che tra quelli adottivi, non è la
depressione di per sé la causa. Per un certo periodo si è pensato che una certa importanza potesse averla da
un punto di vista biologico il fatto che noi nel nostro genoma possiamo formare dei trasportatori per la
serotonina (che sono quelli che ricaptano la serotonina dalla sinapsi) di tipo lungo e di tipo corto, e quelli
corti sembravano essere più frequentemente associati con persone che avevano poi la depressione, però
esistono poi altre due possibilità, ma ne parliamo poi.

SLIDE:
Lezione Psicofarmacologia 9/03/2017
Una delle ipotesi legate alla patogenesi della depressione, anche se ormai superata, è quella delle Monoamine
che si basa sul fatto che, in seguito ad una scoperta del tutto casuale, tutti i farmaci che alzano i livelli di
Monoamine (Serotonina e Noradrenlina) hanno poi in clinica un effetto antidepressivo per cui si è dedotto
che un deficit di Monoamine possa essere collegato alla depressione. Nessuno studio ha mai messo in
evidenza una diminuzione di livelli di questi composti per cui anche se questo non è stato posto in evidenza
l’ipotesi è rimasta in piedi perché i farmaci che provoca l’innalzamento della disponibilità di questi composti
hanno poi un effetto antidepressivo. Diciamo che oggi questa ipotesi è superata ormai, sicuramente i circuiti
di questi neurotrasmettitori hanno un’incidenza sul tono dell’umore, ma è meno credibile un’ipotesi così
diretta che una loro diminuzione possa essere la causa della depressione. In effetti ci sono delle prove a
favore degli effetti delle Ammine sul tono dell’umore; sono collegate al fatto che più o meno tutte le
sostanze che provocano un aumento del tono noradrenergico, serotonergico e dopaminergico hanno effetto
positivo sull’umore. Al contrario tutte quelle condizione che portano ad una diminuzione di questi composti
hanno un effetto negativo sul tono dell’umore e possono determinare dei quadri che somigliano alla
depressione; per esempio usando sostanze come la Reserpina che impediscono l’accumulo di Noradrenalina
e di Serotonina all’interno delle vescicole. L’effetto collaterale della Reserpina era infatti l’induzione di una
forma di depressione. Le anfetamine all’inizio possono avere un effetto positivo sull’umore (capacità
euforizzante) perchè promuovono la liberazione di ammine , ma siccome poi impediscono che le ammine
rientrino dentro la vescicola, a lungo andare hanno poi un effetto depressivo.

Anche depauperare la dieta di Triptofano ( precursore della Serotonina) può avere un effetto negativo sul
tono dell’umore. Quindi tutte quelle attività che portano a una diminuzione del tono serotonergico e
noradrenergico possono essere collegate con la depressione; mentre quelle che aumentano il tono
serotonergico e noradrenergico sono quelle collegate ad un miglioramento del tono dell’umore. Da queste
parole sembrerebbe quindi che la teoria delle monoamine fosse valida; questo però contrasta con la risposta
clinica: osserviamo infatti che la somministrazione degli antidepressivi che promuovono l’aumento del tono
serotonergico o noradrenergico è immediata, al contrario della risposta clinica che richiede qualche settimana
( questo perché il rapporto non è così diretto o così semplice come enunciato dall’ipotesi;non è così
immediato un aumento della disponibilità di Noradrenalina o di Serotonina con un miglioramento del tono
dell’umore, ci sono altri meccanismi biologici che sottostanno all’effetto antidepressivo di queste sostanze).
Sicuramente Serotonina e Noradrenalina sono coinvolte nella regolazione del tono dell’umore, come sapete
sono due composti che nascono da due sistemi che hanno una morfologia abbastanza simile. Entrambi hanno
tutti i corpi cellulari raggruppati all’interno di due nuclei molto piccoli del cervello: il Locus Coeruleus ( per
quanto riguarda i neuroni noradrenergici) e il nucleo del Rafe ( per quanto riguarda i neuroni serotonergici)
da questi due nuclei questi neuroni mandano assoni che si distribuiscono in tutto il cervello e anche al
midollo spinale. Una distribuzione di questo tipo fa pensare ad un ruolo modulatore di numerose funzioni e
per quanto riguarda gli assoni che vengono proiettati in senso retrogrado (cioè verso il midollo spinale) si sa
il ruolo che hanno nella modulazione del dolore. Possiamo quindi immaginare come queste due sostanze
possano essere alla base sia dei sintomi che coinvolgono la parte superiore (cervello vero e proprio) sia quei
vaghi disturbi o quei dolori che vengono spesso lamentati che sono costitutivi della depressione maggiore in
particolare e che non hanno poi un substrato epidemiologico ben preciso (collegabili alle proiezioni sul
midollo spinale stesso).
Esemplificazione di quello che succede nei neuroni serotonergici e noradrenergici. In entrambi i casi i
neurotrasmettitori sono accumulati in vescicole che fungono un po’ da magazzino. Esiste una sintesi da parte
del neurone della Noradrenalina e della Serotonina, sintesi che può avvenire anche a livello del terminale;
cioè il neurone serotonergico e noradrenergico hanno tutta la catena enzimatica necessaria a produrre
neurotrasmettitori a partire dai precursori che noi introduciamo con la dieta (Tirosina per quanto riguarda la
Noradrenalina e il Triptofano per quanto riguarda la Serotonina). Una dieta povera di Triptofano può indurre
infatti uno stato depressivo .La via di sintesi della Noradrenalina è più complessa di quella della Serotonina,
infatti le modificazioni del livello del substrato non comportano modificazioni del livello del
neurotrasmettitore (se aumentiamo la Tirosina non notiamo nessun aumento nei livelli di Tirosina). Il destino
di questi due neurotrasmettitori è comunque simile nel senso che entrambi, accumulati nelle vescicole
vengono liberati, una volta liberati interagiscono con i loro recettori e l’azione per entrambi termina ad opera
di sistemi di reuptake ad alta affinità, cioè vengono ricaptati da delle pompe che riportano il
neurotrasmettitore all’interno del terminale dove viene catabolizzato dagli enzimi COMT e MAO e quindi
rientra nella vescicola e viene riciclato. Esistono anche MAO nello spazio sinaptico ma hanno un effetto
secondario nel diminuire il livello del neurotrasmettitore a livello sinaptico, cioè nel rimuovere dei recettori
il neurotrasmettitore stesso. Queste pompe rappresentano il bersaglio dei principali antidepressivi (bloccano
le pompe così il neurotrasmettitore rimane disponibile in concentrazioni più alte e per un tempo maggiore; ci
sarà quindi una iper risposta a questi neurotrasmettitori).

Noradrenalina e Serotonina in accordo all’ipotesi precedentemente esposta sono coinvolte in molte funzioni
del cervello: la Serotonina è coinvolta nell’appetito, nel sesso e nell’aggressività; la Noradrenalina svolge
invece un ruolo rilevante per la concentrazione, la motivazione e l’interesse. Hanno anche effetti in comune,
come quelli riguardanti l’ansia, l’umore depresso e i processi di decisione e organizzazione del pensiero.
L’ipotesi più attuale per quanto riguarda la genesi della depressione si basa sull’ipotesi dell’asse ipotalamico
ipofisario surrenale, ovvero l’ipotesi dello stress. Come si configura questa ipotesi?

Una situazione stressante provoca l’attivazione di varie zone del cervello, in primis l’Amigdala e la parte
prefrontale della corteccia, le quali come risposta a questo stimolo stressante producono un aumento
dell’attivazione nell’ipotalamo della produzione di alcuni modulatori come il CRH che a sua volta va ad
influenzare l’ipofisi producendo un aumento di corticotropina, che poi viene immessa nel sangue, e
comporta l’attivazione della corteccia surrenarica con un incremento nella produzione di cortisolo. Questo
provocano effetti negativi, come l’aumento di CRH e di Corticotropina, ma più strettamente correlato con
l’ipotesi della genesi della depressione è la modulazione di processi di neo-neurogenesi, soprattutto in alcune
zone del cervello, come l’ipotalamo. Fine a qualche tempo fa pensavamo che i neuroni fossero permanenti,
ma abbiamo visto che non è vero, i neuroni possono crescere e formarsi anche durante la vita adulta. Questo
è particolarmente vero nell’ipotalamo, dove abbiamo una diminuzione di neuroni in una zona precisa CA1
CA2 CA3 (giro dentato ) in cui la somministrazione di Fluoexetina, che è un antidepressivo, produce la
genesi di nuovi neuroni con una riorganizzazione del giro dentato e con la presenza di nuovi neuroni. La
genesi di nuovi neuroni viene stimolata dal BDNF, la cui attività viene inibita dal cortisolo. Quindi un
aumento dei livelli di cortisolo inibisce il BDNF e inibisce di conseguenza la formazione di nuovi neuroni.
Diminuendo il cortisolo con gli antidepressivi invece otteniamo un effettodi sblocco del BDNF e quindi la
possibilità di formare nuovi neuroni. Questa ipotesi del cortisolo può essere verificata anche
sperimentalmente: prime barre=pazienti seconde barre=volntari sani; t0 corrisponde al giorno zero e t21
corrisponde al giorno 21; c’è una misurazione del cortisolo e già possiamo vedere che i pazienti hanno livelli
più alti di cortisolo rispetto ai sani al giorno zero; la somministrazione di un antidepressivo per 21 giorni
provoca una diminuzione dei livelli di cortisolo.

Questi sono i dati su cui si basa l’ipotesi dello stress nella genesi della depressione e amplia l’effetto nel
senso che non c’è più un’idea o un’ipotesi che il tono sia strettamene collegato ai livelli di serotonina o
noradrenalina disponibili, ma che i livelli o l’aumento dei livelli di serotonina o noradrenalina possano
indurre delle modificazioni che poi comportano in effetti un miglioramento del tono dell’umore, e questo è in
accordo con il fatto che se noi trattiamo un paziente depresso il miglioramento con qualsiasi farmaco, il
farmaco non è sperimentale è un anestetico dissociativo, la ketamina, che produce un miglioramento del tono
dell’umore immediato che però per gli effetti allucinogeni è utilizzato solamente a livello sperimentale, ma
normalmente tutti gli antidepressivi utilizzati o non utilizzati richiedono sei sette otto giorni di trattamento, e
questo è anche un problema clinico non indifferente perché l’adesione alla terapia è difficile che sia ottenuta
con un certo consenso dei pazienti perché qualche disturbo questi farmaci antidepressivi per qualche effetto
collaterale lo danno. Quindi i pazienti depressi, prendono due o tre giorni il farmaco e magari hanno disturbi
del sonno o altri disturbi collaterali, non hanno nessun miglioramento del tono dell’umore e quindi smettono
di prenderli, e la compliance, che noi definiamo tecnicamente la adesione alla terapia, per questi farmaci è
relativamente bassa. Quindi poter avere a disposizione un farmaco che invece da degli effetti immediati
sarebbe veramente vantaggioso da un punto di vista clinico, non solo perché si diminuirebbe notevolmente il
periodo di malessere da parte del paziente ma anche perché si aumenterebbe il numero di pazienti che
aderirebbero alla terapia. Altro problema collegato è poi che, come vedremo, indipendentemente dalla classe
di farmaci, gli antidepressivi hanno poi un’efficacia clinica relativamente bassa perché se noi guardiamo la
remissione completa dei sintomi ciascuna classe la ottiene in circa un terzo dei pazienti, considerando la
depressione come malattia unica. Comunque si può dire che quando uno psichiatra comincia una terapia con
un depresso si aspetta che in un terzo dei casi la malattia praticamente scompaia, in un terzo si abbia un
grosso miglioramento dell’umore e in un terzo si abbia completamente un’ inefficacia. Ora per escludere che
una classe di farmaci sia completamente inefficace il protocollo prevede un trattamento di 21 giorni quindi
come vedete un malato depresso che viene trattato e non risponde, quindi per tre settimane continua in uno
stato di malessere, prima di passare ad un’altra classe di farmaci che magari possono essere efficaci. Quindi
avere dei farmaci disponibili che agiscono in tempi molto più rapidi potrebbe essere un avanzamento molto
importante nella terapia di questa malattia. Che poi l’un terzo che guarisce migliora nel giro delle tre
settimane, ma l’un terzo che non migliora per niente praticamente non viene trattato per circa un mese.

Cominciamo a trattare veramente i farmaci.


Vi ho detto che non conosciamo la patogenesi della depressione quindi non conoscendo i meccanismi che
portano alla malattia anche i farmaci che abbiamo non possono essere costruiti razionalmente sopra
avversari, nascono da osservazioni abbastanza casuali che una certa molecola produce degli effetti positivi
sopra quel disturbo e in modo particolare qua le molecole che possono migliorare il tono dell’umore.
Negli anni 50 la tubercolosi era una malattia estremamente diffusa in tutta la popolazione, anche in Italia,
c’erano gli ospedali dedicati solo ai malati affetti da tubercolosi, uno era a Pratolino l’ospedale dove erano
ricoverati i malati, e quindi i medici avevano sotto osservazione un grosso numero di malati e l’osservazione
casuale fu che l’utilizzazione di un antitubercolare l’ Iproniazide produceva nei malati un miglioramento del
tono dell’umore che non era correlato con il miglioramento della malattia infettiva cioè non c’era una
giustificazione razionale per cui questi individui dovessero essere di per se più contenti perché la tubercolosi
non era migliorata per niente, però questi avevano un miglioramento del tono dell’umore per cui si pensò che
sicuramente erano due effetti scollegati e l’Iproniazide doveva avere, per produrre un tono dell’umore, un
effetto diretto sul tono dell’umore. Fino ad allora non c’era una terapia specifica e valida per questa malattia
psichiatrica, la depressione non aveva alcun farmaco valido. Si vede che l’Iproniazide aveva un effetto nel
ridurre l’attività delle monoamino ossidasi che abbiamo visto intervengono nel catabolismo della
noradrenalina e quindi si pensò che l’inibizione delle monoamino ossidasi potesse di per sé produrre degli
effetti antidepressivi, quindi quella prima classe di farmaci antidepressivi rappresentati per l’appunto dagli
inibitori della monoamino ossidasi. Poi vedremo che accanto a questa classe ne sono nati molti altri e poi
esistono dei trattamenti non farmacologici che possono avere efficacia su alcune forme di depressione, come
l’elettroshock che non deve essere visto come una cosa di etica nel senso di orripilante perché viene fatta con
la sedazione del paziente ecc., c’è solo una stimolazione nervosa; la stimolazione magnetica, la stimolazione
del nervo vago; alcune psicoterapie; la stimolazione di alcuni nuclei profondi del cervello. Chiaramente
queste terapie a parte le psicoterapie sono terapie più invasive e sono limitate ai casi in cui c’è una completa
resistenza ai farmaci, prima si usa una terapia farmacologica e poi se non c’è un miglioramento con nessuna
classe di farmaci si ricorre a questo tipo di terapia.
Fra i farmaci, gli inibitori delle monamine sono la prima classe di farmaci ad essere stati utilizzati tra gli anni
50 e che hanno rappresentato l’inizio della terapia; da lì in poi la maggior parte di farmaci utilizzati è
rappresentato dal sistema noradrenergico o serotoninergico. Questi farmaci inibitori delle monoamino
ossidasi agivano a livello intracellulare cioè esiste anche una componente nello spazio sinaptico ma abbiamo
visto che il loro ruolo nel diminuire il livello di neurotrasmettitore a livello sinaptico è secondario, il loro
ruolo principale è dato dalle pompe di reuptake; la nostra ipotesi è che questi farmaci agiscono
essenzialmente o principalmente perché inibiscono le monoamino ossidasi intracellulari determinando
l’accumulo di concentrazione più alta di neurotrasmettitore a livello delle vescicole, per cui ogni esocitosi
comporta una liberazione rinforzata di neurotrasmettitori quindi da una risposta maggiore perché più ne
viene liberato, in quanto ogni vescicola porta una concentrazione più alta di neurotrasmettitori. Le
monoamino ossidasi compaiono in due sottotipi: monoamino ossidasi A e monoamino ossidasi B; e hanno
substrati preferenziali diversi. La monoamino ossidasi A è quella strettamente correlata al tono dell’umore,
quindi i farmaci efficaci come antidepressivi sono o sostanze composte selettive per le monoamino ossidasi
di tipo A, ovvero sono non selettivi cioè le bloccano tutte e due, ma per determinare un miglioramento della
depressione devono bloccare la famiglia A. Per cui abbiamo molecole che sono selettive come la
Moclobemide e la Clorocilina e molecole che sono efficaci come antidepressivi come la Fenelzinae la
Tranilcipromina che però bloccano sia le monoamino ossidasi A che B. Entrambi queste categorie di farmaci
hanno un’ efficacia limitata rispetto alle altre classi di antidepressivi; cioè se gli altri antidepressivi
funzionano nel complesso nel 60% dei pazienti (cioè 30% remissione completa e 30% remissione parziale)
questi funzionano di meno, sono più vecchi ed hanno un’ efficacia clinica limitati. Sono rimasti in
farmacopea perché sono l’unico presidio per quei pazienti che sono resistenti a tutte le altre classi di farmaci
e quindi nonostante l’efficacia bassa posso essere utili per quelli resistenti alle altre classi di farmaci che
sono i Triciclici e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina.
Hanno degli effetti collaterali che sono secchezza delle fauci, visione offuscata e ritenzione urinaria, che
sono collegati al blocco dei recettori muscarinici, ipertensione posturale che compare quando il paziente
passa da posizione stesa a eretta, i pazienti che prendono questi farmaci devono essere abituati a fare questo
movimento in maniera lenta, cioè si alzano la mattina prima mettono i piedi fuori dal letto, tirano su il busto
e poi si alzano e iniziano a camminare, per evitare di poter avere una perdita di sensi e questo è collegato al
blocco dei recettori alfa 2; e aumento di peso, insonnia, collegato soprattutto (insonnia no) al blocco dei
recettori instaminergici di tipo H1. Sono farmaci che praticamente sono usati in misura molto minore oggi,
sono somministrati sia per via orale che in particolare la deprilasoligerina che a basse dosi è selettivo per i B,
ma alte dosi perde la selettività e può essere somministrato sottoforma di cerotto con un rilascio
transdermico. Perché hanno perso la loro attrattività?
Innanzitutto perché poi sono comparsi i farmaci più efficaci e anche perché gran parte di questi farmaci
provocavano un blocco irreversibile e l’irreversibilità in medicina non è mai vista in modo positivo, di solito
piace avere un farmaco la cui azione è terminata quando smettiamo di dare il farmaco, qua invece gli enzimi
sono bloccati in maniera irreversibile quindi la loro azione si ripresenta solamente quando vengono prodotti
nuovi enzimi. E poi a un certo punto durante la terapia si osservarono un paio episodi gravi di morte del
paziente per crisi ipertensiva, questi farmaci danno delle forti restrizioni alimentari nella vita di tutti i giorni
perché una delle funzioni delle monoamino ossidasi è quella di catabolizzare anche le amine pressorie che
sono introdotte con la dieta, in particolare la Teramina che è presente in un vasto numero di cibi, a parte il
formaggio invecchiato, non solamente gorgonzola, tutti i prodotti alimentari che mangiamo; è presente nei
salumi, nelle salsicce in tutti i prodotti più conservati, nel vino, nelle olive, nella birra. Quindi essere in
terapia con questi farmaci implica condurre una dieta molto restrittiva, per cui questo è stato un altro motivo
per cui sono stati abbandonati rapidamente quando si è trovata un’altra classe di composti che potevano
essere efficaci nel trattamento della depressione. Anche questa scoperta è avvenuta abbastanza casualmente.
Quindi partendo dall’ipotesi che Imipramina, che è un composto triciclico (che come voi vedete è la prima
colonna a sinistra in alto); nel trattamento di un’altra malattia psichiatrica, la schizofrenia, viene osservata
l’efficacia di un composto la Clomipramina che era un antistaminico e che aveva un’efficacia sul trattamento
della schizofrenia nel senso che inibiva la comparsa di sintomi positivi che sono allucinazioni, deliri; poiché
l’Imipramina aveva un’analogia strutturale con questi farmaci fu introdotto in maniera sperimentale per
trattare i malati psicotici e si osservò in analogia con quanto osservato prima, cioè per trattare i malati affetti
da tubercolosi si era utilizzato quel farmaco che aveva provocato un miglioramento dell’umore, si vide che
Imipramina in questo gruppo di malati psicotici non aveva effetti sui sintomi della psicosi però comportava
un miglioramento del tono dell’umore in questo tipo di malati. Ora la schizofrenia presenta sintomi negativi
e sintomi positivi, i sintomi negativi si sovrappongono abbastanza ai sintomi della depressione, tra l’altro i
sintomi negativi non venivano minimamente modificati dagli antipsicotici classici, per cui osservare un
miglioramento in questi sintomi era una cosa nuova e poteva essere asserita all’Imipramina stessa per cui
nacque l’ipotesi che questi farmaci potessero avere un’ efficacia nel trattamento della depressione e furono
introdotti nella terapia antidepressiva con risultati migliori che non quelli disponibili fino ad allora, cioè le
monoamino ossidasi, e senza bisogno delle restrizioni alimentari che erano collegati agli inibitori delle
monoamino ossidasi.
Quindi tra gli anni 50 e 60 l’unica classe disponibile era rappresentata dagli inibitori monoamino ossidasi; tra
gli anni 60 e 80 la disponibilità degli antidepressivi triciclici così nominati perché come vedete nella struttura
chimica sono tre anelli enzemici, rappresentarono i farmaci più utilizzati o comunque la classe di farmaci
utilizzabile per la depressione. Purtroppo anche questi farmaci non erano privi di effetti collaterali, e si
giustificava il loro uso solamente perchè la depressione era una malattia talmente grave e quindi poter
risolvere con almeno un certo numero di pazienti la sintomatologia poteva giustificare l’utilizzazione di
molecole con la presenza di effetti collaterali importanti e non indifferenti. A parte che come vedete dalla
prima struttura chimica poi ne sono comparse molte altre in cui rimane di base l’anello triciclico ma la catena
aminica che è attaccata all’anello subisce numerose modificazioni e passa da terziaria, a secondaria e così via
quindi praticamente poi molti sono stati i farmaci o le molecole disponibili all’interno di questa classe, che
comunque tutti quanti grossomodo avevano un quadro sia terapeutico sia tossicologico molto simile. Anche
perché il meccanismo d’azione era simile per tutte queste molecole; questi farmaci provocavano un
innalzamento dei livelli di neurotrasmettitori disponibili serotonina e noradrenalina perché andavano a
bloccare i siti di reuptake sia della noradrenalina sia per la serotonina; quindi bloccando questi siti
comportano che il neurotrasmettitore liberato rimanga in concentrazioni più alte e per tempi più lunghi a
livello dello spazio sinaptico e quindi sia in grado di stimolare i recettori per un periodo maggiore e dare una
stimolazione più intensa per un periodo più lungo. Quindi il meccanismo di azione che poi è un meccanismo
farmacologico, è improprio parlare di meccanismo di azione antidepressivo perché la genesi della
depressione noi non la conosciamo, noi sappiamo che questo è il meccanismo di azione farmacologico e
sappiamo che senza questo meccanismo di azione può migliorare il meccanismo dell’umore, ma esattamente,
e questo è il limite, non sappiamo in che modo interferiamo con la patogenesi della malattia e questo è il
punto per cui non possiamo costruire dei farmaci razionali perché manca il bersaglio, quindi il passaggio è
andare a cercare molecole con meccanismo di azione simile ma che avessero meno effetti tossici. Questa è
anche la causa per cui ad un certo punto l’efficacia clinica è sempre uguale perché abbiamo diminuito gli
effetti tossici ma abbiamo mantenuto il bersaglio sempre uguale. Quindi questo è l’effetto farmacologico:
bloccano il reuptake, nei farmaci triciclici sia della serotonina che della noradrenalina, anche della dopamina,
e in maniera che il blocco della noradrenalina è superiore al blocco della serotonina nel senso che, questa è
una maniera che noi farmacologi usiamo per studiare l’affinità cioè la capacità di una sostanza di legarsi ad
un recettore, nel senso che una molecola che occupa i 50% dei recettori ha una concentrazione più bassa
indica che questa molecola è più affine di una molecola che occupa lo stesso numero di recettori ma per
occuparlo è necessaria una concentrazione più alta. Quindi in questo caso IG50 è riferito alla noradrenalina e
per la serotonina nel quadro basso, i triciclici sono l’acronimo DCA e sono rappresentati dalla colonna rosa.
Vedete che IG50 è rappresentata come una concentrazione nanomolare e vedete che circa 10 (anche meno di
10) nanomolare è la concentrazione dell’imitramina ecc cioè di questi DCA per bloccare la noradrenalina;
mentre più di 100 è la concentrazione necessaria per bloccare la serotonina. Vuol dire che c’è un rapporto 1 a
10: è necessaria una concentrazione 10 volte più alta per bloccare il 50% della serotonina rispetto a quello
della noradrenalina. Se io do una dose che comporta una concentrazione di 10 nanomolare io blocco metà
della noradrenalina e quasi nulla della serotonina. Quindi questi due triciclici sono sostanze composte che
non hanno affinità selettiva nei linguaggi della serotonina e della noradrenalina, ma hanno un’affinità
maggiore per la noradrenalina, quindi produrranno un potenziamento del tono noradrenergico maggiore
rispetto a quello che provocano nel tono serotonergico.
Domanda: Gli inibitori della monaminossidasi alzano o noradrenalina o serotonina, è questa la differenza
coi triclici che invece alzano tutto?
Risposta: No, anche gli altri alzano tutti e due ma con un meccanismo d’azione ben diverso e con
un’efficacia minore perché il potenziamento della risposta, bloccando il catabolismo, è inferiore rispetto al
blocco, vuol dire proprio bloccare il meccanismo d’azione. Quell’altro invece introduce una reazione
normale per cui i granuli sono più ricchi ma l’efficacia della stimolazione non è uguale, questi producono un
innalzamento più consistente.
Questi farmaci producono un innalzamento della serotonina e della noradrenalina disponibili, quindi
producono una iperstimolazione dei recettori specifici. Però hanno effetti collaterali e effetti tossici
importanti.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali sono correlati al fatto che queste molecole non sono altamente specifiche e oltre a
bloccare i siti reuptake vanno a interagire con altre strutture specifiche nell’organismo: hanno attività
antagonista, cioè si legano agli antagonisti dei recettori H1 (per l’istamina), muscalinici (per l’acetilcolina) e
α2 (per il sistema noradrenergico). Quindi hanno effetti collaterali o avversi, che sono correlati ai blocchi di
questi diversi recettori.
- Blocco dei recettori muscarinici: è responsabile della sonnolenza, della secchezza delle fauci, della
visione offuscata e della ritenzione urinaria. Di per sé qualcuno di questi effetti potrebbe sembrare
insignificante, in realtà la secchezza delle fauci è una delle cause di abbandono della terapia perché è
una situazione fastidiosa e poco tollerata dai pazienti.

- Blocco dei recettori staminergici (H1): correlato all’aumento dell’appetito e quindi del peso
corporeo e alla sedazione. Sono gli effetti ascrivibili ai vecchi antistaminici contro le allergie.

- Blocco degli α2: collegato all’ipotensione posturale, e a effetti collaterali a livello periferico: si ha
diminuzione della libido, aumento della frequenza cardiaca, correlati a un’interazione a livello
periferico.

I DCA sono composti di per sé relativamente tossici, a parte questi effetti collaterali hanno tossicità di base e
rendono questi farmaci relativamente poco maneggevoli. Infatti l’utilizzo degli antidepressivi era limitato
alle forme di depressione più importanti (depressione maggiore e sindrome del bipolarismo); tutte le distimie
non venivano trattate. Venivano somministrati solo dagli psichiatri perché erano gli unici a fare una diagnosi
specialistica di queste due forme di depressione e questo era di per sé una grossa limitazione
Esistono delle controindicazioni cliniche mediche ben precise perché il blocco interferiva non solo con gli
effetti centrali, ma anche periferici (sistema simpatico) e il blocco dei muscarinici è alla base della ritenzione
urinaria. Quindi esistono situazioni cliniche in cui ci sono pre-esistenti alterazioni a livello del cuore (per es.
blocco atrio-ventricolare) e ritenzione urinaria (per es. collegata a ingrossamento della prostata), o la
presenza di un glaucoma, che non permettono l’uso di questi farmaci. Sono farmaci fatali. Dato che nei
sintomi della depressione abbiamo visto che esiste la tendenza al suicidio o un suicidio vero e
proprio,mettere questi farmaci nelle mani di questi malati è poco raccomandabile anche perché un 20% di
suicidi veri e propri in questi casi è connesso all’ingestione di farmaci. La tossicità acuta in seguito
all’ingestione di una dose superiore a quella terapeutica è correlata a problemi cardiaci (intossicazione di
grado medio) e alla comparsa di una sindrome di un’ipertermia maligna quando l’ingestione comporta la
fibrillazione e l’ipertermia maligna (aumento della temperatura corporea superiore a 43 gradi, resiste al
trattamento con farmaci dunque la persona non può essere raffreddata se non con metodi fisici es.ghiaccio).
Quindi abbiamo dei farmaci che producono effetti collaterali notevoli, che hanno una potenzialità mortale,
quindi una classe di farmaci il cui utilizzo è auspicabile solo nel caso di una malattia molto grave. Per questo
il loro uso era limitato alle forme importanti di depressione maggiore e per questo era limitata a specialisti.
Invece negli anni 80 è diventata la “pillola della felicità”, una nuova classe di farmaci: cioè gli inibitori
selettivi per la serotonina. Un esempio è la fluoxetina come composto chimico e il Prozac come farmaco
registrato. Questi farmaci rappresentarono una vera e propria rivoluzione, non solo per il trattamento dei
malati affetti da forme importanti (l’efficacia clinica della molecola era simile), quanto per il fatto che questi
farmaci hanno un profilo di effetti avversi molto minore e una tossicità quasi nulla (ingestione 100 volte
superiore alla dose terapeutica non comporta la morte del paziente. Ovviamente se associati a alcool possono
contribuire all’evento mortale, ma da soli no, è molto difficile).
Questi farmaci bloccano i reuptake della serotonina, ma bloccano solo quelli! Non bloccano né noradrenalina
né dopamina. L’unico neurotrasmettitore i cui livelli aumentano a livello dello spazio sinaptico è la
serotonina e questo comporta tutta una serie di eventi correlabili all’attivazione della sinapsi serotonergica e
sono molto i sottotipi recettoriali della serotonina che mediano: 5ht1, 5ht2, 5ht3. Abbiamo dei recettori che
sono metabotropi.
I 5ht1a sono auto recettori, cioè si trovano non solo sul terminale postsinaptico, ma anche sul neurone
serotonergico e hanno funzione di auto-recettori quindi la loro stimolazione ha effetto inibente la liberazione
di serotonina e quelli che sono nel corpo cellulare, quando attivati, inibiscono la frequenza di scarica. Come
mai questo si esplica in un effetto antidepressivo? Perché se l’aumento di serotonina a livello delle sinapsi
dovuto al blocco dei siti di reuptake produce un effetto iperstimolante per i recettori e poi quando finisce
l’effetto del farmaco torna a livelli normali e poi torna il farmaco e sono di nuovo a livelli alti, cioè è è una
iperstimolazione di tipo ondulatorio. Come reagisce l’organismo? In maniera tale che non gli piace questa
alterazione per cui cerca di riportare tutto al tono basale iniziale e alcuni recettori ricorrono per contrastare
questa iperstimolazione attraverso la riduzione del numero di recettori stessi cioè il numero dei recettori
diminuisce quindi anche se stimolo tutti i recettori ho una risposta più piccola. Questo è vero per gli ht1a, in
una settimana il numero dei recettori inibitori diventa più basso quindi di per sé l’inibizione basale scompare
quasi, per cui questo neurone serotonergico scarica a una frequanza maggiore, quindi avremo un tono
serotonergico sostenuto e continuato, che è l’ipotesi su cui noi basiamo l’effetto antidepressivo di questi
farmaci. Cioè trovo un aumento di liberazioni di lielli perché bloccano il sito di reuptake, poi nel trattamento
cronico (dopo 1 settimana-10 giorni) il tono antidepressivo è collegato a un incremento del tono
serotonergico di base dovuto alla diminuzione del’influenza inibitoria degli auto recettori. Quindi questo è il
meccanismo che noi pensiamo sia quello per cui si ottiene l’antagonismo della depressione.
Abbiamo visto tre classi:
1. inibitori con monoaminossidasi
2. triciclici
3. inibitori selettivi della serotonina
Nella vostra pratica professionale sicuramente incontrerete l’ultima classe, potenzialmente utilizzerete anche
i triciclici, quasi mai gli altri; perché gli SSRI sono più o meno sicuri anche in overdose, che non è una cosa
secondaria visti i pazienti che si tratta.
Esistono poi molecole più moderne ma meno utilizzate: gli antidepressivi atipici che sono molecole che
inibiscono preferenzialmente la noradrenalina, pur non avendo gli effetti tossici dei triciclici; poi ci sono
quelli che inibiscono sia la noradrenalina che la serotonina, ma in maniera bilanciata; poi la mirtazapina che
aumenta il tono serotonergico e noradrenergico perché agisce sopra gli auto recettori. Rappresentano la
categoria degli atipici che sono relativamente poco usati quindi li descriviamo in maniera abbastanza
superficiale perché difficilmente interagirete con persone che fanno uso di questi antidepressivi.
Lezione 4 del 14/03 Prof. Geppetti

INTRODUZIONE ALLA FARMACOLOGIA DEL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO

La psiche è fatta di neuroni centrali posti nell’encefalo a vari livelli, ma sostanzialmente poi la psiche
governa tutta una serie di comportamenti a livello motorio, per esempio. Prendiamo ad esempio il caso di
quel negoziante che aveva un trattoria su nel Nord Italia al quale sono entrati i ladri in casa e lui ha sparato
uccidendone uno. Sicuramente c’è un fattore culturale, sociale, politico, emotivo…ma alla fine ha premuto il
grilletto quindi ha usato la sua mente per avere una reazione, usando tutta una serie di funzioni con un gesto
volontario. Sparo con il grilletto, quindi contraggo i muscoli del dito sul grilletto e sparo. Questo è
certamente un atto volontario. Un altro esempio potrebbe essere il pianista che suona Chopin con
grandissima velocità e maestria adopera questa funzione motoria che è quasi automatica però è certamente
volontaria. Queste funzioni derivano dalla psiche, dal tono dell’umore, dall’essere più o meno presi da quello
che si sta facendo, ma hanno bisogno poi di un sistema periferico per poter essere espletate. Il Sistema
Nervoso Periferico ha la funzione di mettere in relazione, in senso afferente e in senso efferente, il nostro
cervello che ci governa con il mondo circostante.

Nelle funzioni psicologiche, partendo da quelle più semplici (ad esempio la salivazione del cane di Pavlov)
ad un idea che il cane si fa c’è una reazione che è sicuramente di carattere non volontario. La salivazione, al
contrario di premere un grilletto, è un atto non volontario ma è un atto efferente cioè parte un impulso da
qualche parte, arriva alle ghiandole salivari e mi dà poi la funzione salivatoria. Con questo discorso si
comincia ad enucleare da una parte una funzione ovvia che è quella di sparare con una pistola o di suonare il
pianoforte oppure avere una salivazione. Facciamo un altro esempio: urinare è un atto volontario o
involontario? Nel caso dei neonati, dell’enuresi notturna, in caso di gravi patologie (ad esempio paraplegia) e
da anziani è un atto involontario. Però con il controllo degli sfinteri, grazie ad una maturazione cerebrale e
psichica, questo atto diventa volontario. C’è un’altra funzione che noi sicuramente possiamo controllare ma
anche non controllare ed è veramente in senso temporale molto più importante dell’urinare, ovvero la
respirazione. Se io sto nuotando e voglio andare sott’acqua in apnea e ci sto ma poi ad un certo punto finita
la riserva di ossigeno, finita l’ossigenazione che i nostri pneumocettori riescono a sentire come
concentrazione dell’ossigeno nel nostro sangue ad un certo punto è bene essere all’area aperta perché non si
riesce più a trattenere il respiro. Questo è un esempio chiarissimo di situazione io controllo con la volontà ma
fino ad un certo punto. Quindi noi abbiamo delle funzioni che sono completamente volontarie, delle funzioni
completamente involontarie (ad esempio il battito cardiaco, la sudorazione) e poi abbiamo una situazione di
mezzo che con varie gradazioni può essere controllata o non controllata. Questo tipo di classificazione ci
pone sotto i nostri occhi la possibilità di avere un’idea di come il nostro Sistema Nervoso Centrale, ma
soprattutto quello Periferico, possa funzionare. Se io ho una forte emozione, anche in un ambiente
termoregolato io ho sudorazione lo stesso e anche quella non la controllo. Poi dipende perché c’è chi la
controlla di più e chi la controlla di meno. Esiste la patologia dell’iperidrosi, cioè sudorazione veramente
esagerata dove i palmi delle mani sono sempre bagnati quindi socialmente molto spiacevole. E anche questo
tipo di patologia ovviamente non si controlla. Anche il Sistema Nervoso Autonomo, quindi quello che noi
non controlliamo, ha le sue funzioni ma anche le sue patologie. A livello cardiaco, ad esempio, vi sono
patologie che possono essere anche vitali non solo difficoltà di ambientazione sociale.

Quindi, noi possiamo gerarchizzare il nostro Sistema Nervoso in questo modo:

 Sistema Nervoso Centrale che è l’oggetto della nostra specializzazione ma che in fin dei conti se una
persona avesse la tendenza con forti emozioni ad andare in contro a sudorazione da un punto di vista
ambientale, sociale lo portasse ad avere dei problemi, se non avesse l’impulso periferico a sviluppare
questo potrebbe avere tutte le emozioni che vuole senza avere nessun tipo problema per lui. Quindi il
SNC ha le sue problematiche ma sicuramente vive del fatto di colloquiare con quello Periferico;
 Sistema Nervoso Periferico ha due componenti:
 SOMATICA: si rivolge alla nostra muscolatura, cute. Se ad esempio io ho un dolore cutaneo io
so dove è localizzato. Se io ho un artrosi al ginocchio, sentirò dolore nella zona del ginocchio.
Ma se io ho un infarto, il dolore non lo sento localizzato esclusivamente al cuore ma anche nelle
zone limitrofe (spalla ad esempio). Il dolore somatico, quindi, è un dolore ben localizzato dove
c’è la sede dell’ingiuria, dell’infiammazione, eccetera. Il dolore viscerale, come lo è quello del
cuore in quanto organo viscerale, è invece un dolore riferito perché si percepisce da un’altra
parte. Già questo ci dice che l’aspetto somatico del SNP ha delle differenze rispetto a quello
autonomico.
 AUTONOMICA: si dice Sistema Nervoso Autonomo perché è fuori il controllo volontario. E’
quello che veramente colloquia di più in maniera incontrollata con la psiche. Questo sistema è
composto da due componenti:
 AFFERENTE: componente sensitiva. Parliamo della sudorazione. Come abbiamo detto
può essere emotiva. La sudorazione mi serve per regolare la temperatura. Se, ad
esempio, ci trovassimo nel deserto del Sahara e non avessimo la sudorazione saremmo
morti. Ci sono dei sensori a livello cutaneo, ad esempio, che sentono la temperatura ed
in base alla temperatura interna ed esterna danno un impulso regolatorio alle ghiandole
sudoripare per secernere liquido che poi ci raffredda. Un po’ come quando si fa una
sforzo fisico: c’è qualcosa che sente questo sforzo fisico nel senso che il sangue deve
arrivare ai muscoli e per fare questo c’è bisogno di un’accelerazione del battito
cardiaco. Quindi c’è una parte afferente che sente, manda un impulso dalla periferia al
centro, dalla temperatura al centro ad esempio.
 EFFERENTE: una volta ricevuto l’impulso dalla periferia, il centro invia un impulso
efferente che va dal centro alla periferia per regolare qualche funzione che mi
mantiene l’omeostasi o che reagisce ad un’emergenza. Con questi termini si
introducono i concetti di:
o Sistema Simpatico: risponde all’emergenza
o Sistema Parasimpatico: deputato al mantenimento dell’omeostasi.
o Sistema Enterico: ciò che diceva il filosofo Feuerbach ovvero che” l’uomo è
ciò che mangia” è una verità perché da quando si nasce a quando si muore non
siamo sempre gli stessi. Beviamo 1,5l di acqua al giorno quindi l’acqua del
nostro corpo è continuamente cambiata. Quindi effettivamente ricambiamo
completamente il nostro organismo con sostanze chimiche che vanno a
sostituire quelle di cui siamo fatti. Quindi tante funzioni sono essenziali ma
anche quella di nutrirsi, abbeverarsi, ricambiare completamente le molecole.
Questo compito viene svolto dal Sistema Gastrointestinale il quale è una specie
di cervello che oltre ad avere cellule muscolari, epiteliari, ecc. è pieno di
neuroni che in parte sono estrinsechi (provengono dal midollo spinale) e in
parte sono intrinsechi cioè hanno il corpo cellulare lì, il neurita lì, quindi
vivono di quel mondo interiore. Nell’intestino di un uomo e di una donna ci
sono tanti neuroni quanti quelli presenti nel Midollo Spinale. Questo ha un
significato evolutivo perché animali come i vermi, ad esempio, sono solo un
tubo che si muove e mangia. Il loro sistema è fatto di neuroni che sentono
l’ambiente, neuroni che rispondono al movimento e un sistema intestinale per
mangiare e digerire semplice. Quindi ci siamo evoluti dai vermi.

Questo in grande sintesi è lo scenario che abbiamo di fronte a noi.

Il Sistema Nervoso Autonomo (SNA) è completamente indipendente dal controllo cosciente e regola le
funzioni viscerali in tante maniere:

- una cosa fondamentale è che contrae i muscoli lisci: vasali e viscerali (il Sistema Volontario
Somatico contrae i muscoli i muscoli striati).
- il SNA controlla la contrattilità, l’automaticità e la velocità di conduzione del cuore: prendiamo
l’esempio di un fumatore. La nicotina agisce sul SNA producendo rilascio di catecolamine. Le
catecolamine, tramite l’attivazione dei recettori β-1, producono un effetto di aumentare la frequenza
cardiaca. Fumando, se una persona è predisposta, può avere una bella tachicardia e a volte anche
aritmia. Questo perché si sta dando uno stimolo che può essere fisiologico fino ad un certo livello,
però quando diventa esogeno con la sigaretta diventa farmacologico e può produrre questo tipo di
fenomeni. Il cuore, quindi, è regolato in maniera automatica, involontaria. E’ dimostrato, comunque,
che con una disciplina tipo Yoga si può imparare a rallentare la frequenza cardiaca ma è una
condizione di “creazione di un ambiente”, di distacco dalle emozioni, ma non è una cosa volontaria.
- secrezione ghiandole esocrine: producono secrezioni che vanno all’esterno. Esempi di ghiandole
esocrine sono le ghiandole sudoripare, ghiandole di tipo sessuali (ad esempio la prostata), ghiandole
mucose, ecc.. Ad esempio, se noi non avessimo le ghiandole che secretano il muco potremmo aver
una malattia gravissima che è la Fibrosi Cistica.
- secrezione di certe ghiandole endocrine: producono ormoni che stanno all’interno dell’organismo
(pancreas, ghiandola pituitaria posteriore).
- regolazione del metabolismo: facciamo l’ esempio una coppia che si separa e poi divorzia. Tutti e
due questi personaggi, che hanno provato nella loro vita tutte le diete possibili ed immaginabili
rimanendo sempre con un po’ di trippetta, quando succede questo dimagriscono. Ciò avviene perché
la condizione di stress mi attiva in maniera più marcata il Sistema Nervoso Simpatico, il quale ha
una funzione di accelerazione del metabolismo. Il Sistema Nervoso Simpatico innerva e produce
anche questi effetti.

Quindi, il Sistema Nervoso Autonomico (Sistema Nervoso Autonomo), integra e regola a vari livelli ciò che
il Sistema Nervoso Centrale vorrebbe determinare. Anche funzioni come la termoregolazione passano
certamente verso un controllo involontario del SNC. Quindi l’impulso sensitivo genera informazioni
riguardo all’ambiente esterno (ad esempio la temperatura) o l’ambiente interno (ad esempio i livelli di
glicemia). Se, ad esempio, la glicemia si abbassa certamente viene anche liberato glucagone, ma viene
liberata anche adrenalina che è una sostanza pro-ipeglicemica quindi serve per compensare l’ipoglicemia.
Questo è un meccanismo che serve anche per produrre l’attacco emicranico da digiuno. Questa situazione di
ipoglicemia scatena uno stress adrenergico che poi mi si ripercuote nell’induzione di un attacco emicranico
sempre perché si sta monitorando l’ambiente interno che subisce una variazione eccessive dell’omeostasi e
allora parte una reazione di tipo emergenziale. Quindi noi viviamo di archi riflessi: ad esempio, io ho una
mano sul tavolo e ad un certo punto cade una goccia di cera bollente da una candela e mi va sulla mano.
Sento questo calore e la ritiro. Questa è una reazione volontaria ma talmente immediata che va verso la
involontarietà. Quando la goccia di cera bollente cade sul dorso della mia mano:

1. i miei nervi con i loro recettori per la termoregolazione (i canali TRP) sentono questo calore
eccessivo che è una minaccia.
2. Parte un impulso dalla mano attraverso un neurone sensitivo primario che arriva al midollo
spinale. Il secondo neurone va al talamo e il terzo neurone va alla corteccia e dice: “Oi,
bruciore!”.
3. A quel punto riparte un altro impulso che va a un motoneurone sempre nel midollo spinale che mi
fa togliere la mano.

Vediamo come si organizza questo sistema anatomico che ha delle peculiarità.

Questo è un esempio di un unico


motoneurone che va ad innervare il muscolo
scheletrico. Quindi è un unico neurone che parte da midollo, mi innerva un muscolo e qui viene liberata
Acetilcolina che attiva un recettore Nicotinico (questo qui non sente la nicotina del fumo di sigaretta).

Qui invece c’è un Sistema Parasimpatico dove è


presente un motoneurone che parte dal midollo
allungato. Mettiamo che sia un neurone che va a
controllare la pupilla. Quando entra molta luce
nella pupilla lei si restringe immediatamente.
Arriva un impulso luminoso nella retina (arco
riflesso), parte subito un impulso che libera
Acetilcolina che va nel ganglio (fibra pre-
gangliare) e da lì parte una fibra post-gangliare
attivata da Acetilcolina su recettore Nicotinico
(quello attivato dalla nicotina da fumo da
sigaretta). Parte un altro impulso e viene liberata
di nuovo Acetilcolina questa volta con recettore Muscarinico. Con questo tipo di impulso si arriva al
livello del muscolo della nostra pupilla, in questo caso l’innervazione parasimpatica va a situarsi nel
muscolo circolare. Poiché questo impulso liberando Acetilcolina va sui ricettore Muscarinico che è
eccitatorio, un muscolo circolare eccitato si contrae e quindi la nostra pupilla si rimpicciolisce. Un altro caso
in cui la pupilla diventa molto piccola è quando il tossicodipendente prende eroina. In questo caso però è un
meccanismo molto diverso perché è un’azione dell’eroina- morfina liberata dall’eroina sui recettori oppiacei
sempre sull’iride però non c’entra niente con il nostro meccanismo fisiologico di regolazione della
luminosità sulla retina. Nell’esempio mostrato nella prima immagine la caratteristica di questa innervazione
è che tutto è efferente, cioè da centro alla periferia: un neurone solo che va dal midollo spinale al muscolo, si
contrae. Nell’esempio della contrazione della pupilla, invece sono due neuroni, (pre-gangliare e post-
gangliare). Questo ganglio si dice intramurale: quindi c’è il neurone pre-gangliare lungo che parte dal
midollo e arriva ad esempio alla vescica. Dentro la vescica c’è il neurone post-gangliare con un ramettino
che arriva al muscolo. Il Sistema Parasimpatico è organizzato in questa maniera.
Il Sistema Simpatico è organizzato sempre
con due neuroni: il primo neurone pre-
gangliare è sempre a funzione colinergica
cioè libera Acetilcolina e nel neurone post-
gangliare vi è il recettore Nicotinico. Il
neurone post-gangliare può essere in un caso
solo diverso, ma in genere è un neurone che
contiene Noradrenalina. Questo è il classico
arrangiamento del Sistema Simpatico con due
eccezioni:

- le ghiandole sudoripare le quali sono


simpatiche cioè sono governate dalle
emozioni anche acute, però sia il neurone pre-gangliare che quello gangliare sono ad Acetilcolina
come nel Sistema Parasimpatico;
- innervazione vasi renali in cui il primo neurone simpatico libera sempre Acetilcolina ed il neurone
post-gangliare ha un recettore Nicotinico. Poi però nel secondo neurone post-gangliare abbiamo la
liberazione di Dopamina e non di Noradrenalina. Questo serve per regolare i vasi renali. Questa
funzione è importantissima perché da questo deriva la funzione emuntoria dei reni senza il quale non
possiamo fare niente.
- la midollare del surrene: quando una persona è fortemente stressata, il Sistema Simpatico è molto
attivato è avviene il rilascio di Acetilcolina che viene liberata dal neurone pre-gangliare che però va
non a funzionare su un secondo neurone ma su cellulare della midollare surrenale. La ghiandola
surrenale sta sopra il rene ed è una specie di piramide con all’esterno la corticale la quale serve per
produrre i corticosteroidi; e la parte interna midollare che secerne soprattutto Adrenalina. Quando
vi è una forte emozione il cuore batte più forte per due motivi:
1. perché il Sistema Simpatico libera Acetilcolina, il recettore Nicotinico riceve l’Acetilcolina e
manda l’impulso, viene liberata Noradrenalina che in questo caso attiva il recettore β -1 e il
cuore passa da 70 a 110. Questo è un meccanismo locale neuro-mediato.
2. viene attivato questo sistema adrenomidollare per cui l’Adrenalina entra nel circolo
sanguigno, arriva al cuore e dà lo stesso impulso. Questo è un meccanismo neuro-mediato
ma ormonale perché c’è la diffusione di un mediatore chimico che va lontano, dalla
surrenale va al cuore, e produce lo stesso tipo di fenomeno.

Finiamo questa illustrazione neuro-anatomica con l’osservazione che:

- il primo disegno illustrato rappresenta un unico neurone del sistema motorio


- due neuroni nel sistema parasimpatico: il primo neurone è lungo mentre il secondo è brevissimo,
sta dentro la vescica per esempio.
- due neuroni nel sistema simpatico: il primo neurone è corto dal midollo spinale ai gangli che sono
appiccicati alle vertebre: i gangli si trovano un pochino fuori dalla vertebre (laterali). Ci sono anche
gangli un pochino più distanti (anteriori) ad esempio il ganglio celiaco. E’ quello che quando uno
riceve un cazzotto alla bocca dello stomaco subisce una compressione tale che scarica e ci può essere
anche un bello svenimento. Il secondo neurone invece è lungo e va da vicino la colonna vertebrale
fino all’organo effettore quindi vescica, cuore, intestino, polmoni.

Il Sistema Parasimpatico si
chiama Craniosacrale questo
perché si colloca a livello
craniale e sacrale-caudale. I nervi
cranici sono molti.
L’innervazione parasimpatica
che viene a controllare per
esempio la regolazione
funzionale della pupilla, del
cristallino per l’accomodazione
(la contrazione dell’iride e
l’accomodazione sono delle
funzioni essenziali), le ghiandole salivari, arriva poi al nervo vago chiamato così perché va da per tutto. Il
nervo si sfrangia in tante parti e innerva, ad esempio, il cuore, le vie respiratorie, l’esofago e lo stomaco, i
vasi sanguigni addominali, il fegato, il pancreas, la surrenale (solo in parte perché sostanzialmente è
Simpatico), il piccolo intestino e il grande intestino e qui si incontra a livello, ad esempio, del retto con il
nervo sacrale (che va ad innervare l’utero, ovaie, la struttura genitale maschile e femminile.

Quindi abbiamo:

- nervi cranici
- nervo vago
- parasimpatico sacrale che innervano tutte le funzioni genito-urinarie
Quindi sostanzialmente abbiamo: una parte alta craniale e una parte bassa sacrale che si incontrano tramite
il nervo vago.
Il Sistema Simpatico si colloca
nel mezzo: quindi con c’è una
parte cervicale e una parte
sacrale, ma c’è una parte
intermedia. Tramite un organismo
neuro-anatomico molto fine, dal
ganglio cervicale superiore va
ad innervare sostanzialmente
quasi tutti gli organi e apparati
che innerva anche il
Parasimpatico. Facciamo
l’esempio della pupilla. La
regolazione della pupilla rispetto
all’ambiente è finemente regolata:
se c’è poca luce vado in midriasi (dilatazione pupilla), mentre se c’è tanta luce vado in miosi (contrazione
della pupilla). Questo dipende dalla luce ma se io sono un legionario romano che si trova in una foresta dove
c’è luce ed ombra e ad un certo punto arrivano gli ostrogoti, il mio sistema di allerta si attiva al massimo. In
queste condizioni, anche se c’è abbastanza luce io voglio vedere tutto quello che c’è davanti a me perché mi
trovo in unna situazione di pericolo, la mia pupilla non ci contra ma rimane in midriasi. Questo viene fatto da
Sistema Simpatico. Come abbiamo detto precedentemente, il Sistema Parasimpatico innerva il muscolo
circolare che quando si eccita permette la contrazione della pupilla; mentre il Sistema Simpatico innerva il
muscolo radiale che permette la dilatazione della pupilla. Questo sistema entra in operazione quando
abbiamo un’emergenza. Quindi esiste la contemporanea innervazione di vari apparati ed organi in funzione
opposta tra Sistema Simpatico e Sistema Parasimpatico. Generalmente, con poche eccezioni, il Sistema
Simpatico e il Sistema Parasimpatico innervano gli stessi organi viscerali ma, in genere, determinano effetti
opposti. Ad esempio nelle ghiandole salivari abbiamo invece la cooperazione in senso sinergico: il sistema
Parasimpatico induce la secrezione sierosa (più liquida) mentre il sistema simpatico induce la secrezione
mucosa (più vischiosa). Quindi, sostanzialmente, in questo caso fanno un po’ tutti la stessa cosa ovvero
producono secrezione. Mentre solitamente il sistema è opposto. Nella pupilla una secrezione di Acetilcolina
(Sistema Parasimpatico) significa miosi, mentre una secrezione di Noradrenalina (Sistema Simpatico)
significa midriasi.
 Nell’occhio, il Sistema Simpatico e il Sistema Parasimpatico fanno cose opposte quando
parliamo di iride. Quando parliamo di muscolo ciliare però non è così. Il muscolo ciliare
contrae il cristallino, cioè la lente. Contraendo il cristallino metto a fuoco come voglio ed è una
reazione immediata. L’arco riflesso che mi porta alla contrazione del muscolo ciliare che quindi
mi allunga o contrae il cristallino, viene fatto soltanto dal parasimpatico in maniera molto
determinata. Nella tabelle è riportato anche il Sistema Simpatico con il recettore β, ma la sua
funzione è molto limitata. Ad esempio, quando l’oculista vuole vedere la retina, butta un fascio
di luce dentro l’occhio sennò non vedrebbe niente. In condizioni normali l’occhio reagisce con
una miosi. Vuol mantenere dilatato il nostro occhio. Allora si dà un farmaco che si chiama
atropina che blocca i recettori muscarinici. Io so che il Sistema Simpatico con l’α recettore mi
dilata la pupilla ma non è che la contrae. La contrazione dipende dal Sistema Parasimpatico con
i recettori muscarinici. Io do atropina che mi blocca questo recettore e quindi la pupilla quando
riceve il raggio di luce parte l’arco riflesso, il mio cervello sa che c’è troppa luce, manda
l’impulso per contrarre ma è bloccato per via dell’atropina quindi rimane dilatato e l’oculista
può guardare la retina. Ciò che succede e che l’atropina mi blocca anche il muscolo celiaco che
mi permette di aggiustare la mia lente per mettere a fuoco. Quindi, quando esco da questo
esame per il controllo del fondo della retina io per circa 2 ore non ci vedo proprio perché è
bloccato questo sistema. Quindi l’influenza del Sistema Simpatico è scarso perché quando
blocco la parte muscarinica io l’accomodazione non ce l’ho più.
 Per quanto riguarda il cuore, prevale la funzione adrenergica con il recettore β1 che è quello
più importante (sono presenti anche i recettori β2). Il recettore β1 accelera tutto e, considerando
che questo è un sistema emergenziale, lo fa bene perché se io aumento la frequenza cardiaca
devo aumentare anche la forza di contrazione perché io voglio far arrivare più sangue ai muscoli
per combattere. Se invece io sono un pastore di pecore che sto mangiando al pascolo
formaggio, pane e vino e poi faccio un pisolino la mia attività cardiaca decelera. Questo viene
fatto dal recettore Muscarinico M2 che mi rilassa il cuore, diminuisce la frequenza di
contrazione e anche la sua forza. Questa è una risposta omeostatica, di rilassamento di fase per
esempio digestiva.
 Sui vasi sanguigni, la cosa importante sono i recettori α che producono la contrazione.
 I bronchi hanno innervazione Simpatica e Parasimpatica ma l’innervazione più importante è
quella Parasimpatica con i recettori Muscarinici. Però i bronchi sono pieni di recettori β2, che
sono importantissimi per salvare la vita ai pazienti con asma.
 Il Sistema Parasimpatico fa da padrone al Sistema Gastrointestinale con i suoi recettori
Muscarinici M3. Questi recettori sono importantissimi per l’intossicazione da fungo. E’
importante anche la componente Simpatica con vari recettori. Ad esempio, uno dei sintomi
associati al forte stress è la diarrea.
 Tratto genito-urinario: ad esempio la vescica è ricca di recettori del sistema parasimpatico che
contraggono la vescica e quindi favoriscono la fuoriuscita dell’urina, quindi urinare è un
momento omeostatico. Il sistema simpatico chiude il sistema tanto che nei pazienti con
ipertrofia prostatica benigna che non urinano bene, viene data qualcosa che blocca il Sistema
Parasimpatico perché sennò non urina più. Se invece gli do un farmaco α-antagonista che mi
sblocca il Simpatico lui ricomincia ad urinare e anche bene.
 Nella pelle abbiamo soltanto il Sistema Simpatico con diversi tipi di recettori. Ci può essere un
Sistema Simpatico che ha come mediatore finale Acetilcolina con recettori Muscarinici.
 Nelle funzioni metaboliche è presente solo il Sistema Simpatico quindi il fegato, reni, le cellule
adipose (ingrassare e dimagrire), sono sotto il controllo simpatico. In questo caso le cellule
adipose con il recettore β3. I recettori del sistema simpatico sono in questi organi e regolano
fortemente le funzioni metaboliche nel senso di dire “consumo più energia”. Questo è giusto
perché in una situazione di emerge si consuma più energia. La situazione di emergenza
dovrebbe essere transitoria, ma in situazioni di stress cronico c’è un attivazione di questo
sistema perennemente.

Possiamo concludere questo rapido excursus dicendo che:

 Il Sistema Parasimpatico è esemplificato da questo tizio che dorme: questo sistema mi dice “riposa e
digerisci”;

 Il Sistema Simpatico è quello devoluto a produrre la situazione di “combatti o fuggi”.

Quindi, l’omeostasi del nostro ambiente interno è composto da un bilanciamento dinamico tra due branche
del SNA che hanno un controllo continuo delle nostre condizioni fisiologiche. Questi sistemi sono
tipicamente presenti in tutti i mammiferi. Quindi noi abbiamo la modellistica che ci ha fatto capire questo e
ci hanno fatto sviluppare tutti i farmaci che abbiamo in sistemi animali tipicamente dei roditori, cani, gatti,
primati. Il nostro DNA è più del 90% identico a quello del topo: il cortisolo è lo stesso, l’adrenalina è la
stessa, gli oppioidi endogeni sono gli stessi. C’è qualche eccezione: ad esempio, la morfina, l’eroina e
l’encefaline producono nel nostro occhio la miosi. Nell’occhio del gatto, invece, midriasi. Quindi dobbiamo
stare attenti alla sperimentazioni sugli animali perché non sempre hanno le nostre stesse reazioni. Certamente
bisogna fare sperimentazioni che sono oculate, non bisogna torturare nessuno, minimizzare il numero degli
animali, eccettera. Però, soprattutto nello sviluppo dei farmaci, non è pensabile ad oggi non fare uso della
sperimentazione animale perché non è puoi passarli all’uomo se non hai fatto studi di tossicità, di
teratogenicità (influenza lo sviluppo del feto). Il Talidomide, ad esempio, è un farmaco oggi ritornato in uso
per malattia oncologiche ematologiche. Venne inventato e prodotto da un azienda tedesca negli anni ’50-60
come ansiolitico, tranquillante. Siccome sembrava non ci fossero problemi, veniva dato anche alle donne in
gravidanza. Fatto sta che nacquero nel mondo bambini focomelici (con le braccine rattrappite). Questo
avvenne perché non venne fatta un adeguata sperimentazione su animali sulla teratogenicità. Tutto questo
quindi non può essere evitato. La sperimentazione in silico, mette un sacco di informazioni nel computer e
poi coglie delle conclusioni. Ma chi ci dice che veramente quello che può analizzare un supercomputer
rispecchia quello che avviene nella realtà complessa di miliardi di miliardi di miliardi di eventi casuali.
Quindi la sperimentazione ci vuole, è necessaria.

Questo per dire che non sempre, anche se nella maggior parte dei casi, quello che avviene negli animali
avviene poi ugualmente negli esseri umani. Questo discorso delle eccezioni deve essere molto attentamente
valutato in farmacologia perché non si è mai sicuri che quello che si osserva nei roditori, nei cani e nei
primati, poi questo mi assicura che io ho un farmaco completamente sicuro nell’uomo. Ad esempio perché
magari io nell’uomo lo utilizzo in maniera cronica, mentre nella sperimentazione sull’animale è sempre
limitata e questo quindi può cambiare le cose.
Il sistema nervoso autonomo delle componenti insomma di quello che il nostro sistema ha per relazionarci
con il mondo esterno e abbiamo parlato così come continuiamo a parlare di come i farmaci che sono dedicati
al sistema nervoso autonomo efferente cioè a modulare le risposte di questo sistema a nostro piacere. ma
brevemente voglio accennare al fatto che esiste un sistema afferente. Perifericamente nel nostro corpo, nella
nostra cute, nella cornea e così via esiste una fitta rete di fibre sensitive le quali costituiscono il sistema
afferente (dalla periferia al centro) questo tipo di impulsi afferenti sono di tipo diverso. Per esempio noi
come possiamo pensare di stare in equilibrio? Lo possiamo fare solo attraverso un’articolazione di impulsi
che vengono dalla periferia. Attraverso la mia organizzazione degli impulsi posso stare seduto. Tutto questo
ha bisogno quindi di un sistema afferente per gli impulsi. Come vedete i neuroni sensitivi primari afferenti
sono di vario tipo e esistono quelli con terminali incapsulati per esempio questo e che hanno anche il nome di
un fisioanatomico italiano faccini? La faccio breve servono per percepire le sensazioni che servono a stare
nello spazio e nel tempo e non sono affatto deputati alla trasmissione della funzione fondamentale per la
sopravvivenza ovvero la percezione del dolore.
Il dolore vi dice la IASP (international association for the study of pain) (definizione di dolore secondo la
IASP, omesso dal professore, definisce il dolore come un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole
associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno) sapete cos’è il dolore? È una
reazione in risposta, ma come potreste definirlo? Per esempio La pressione (forza su superfice che misuro
attraverso un sfigmanometro) arteriosa, un paziente che ha il dolore cosa gli misuro? Rientra nel nostro
campo poiché la definizione è molto psicologica. Percezione, il dolore è una reazione psicoaffettiva. Mentre
la pressione 160 di massima e 125 di minima è così per tutti vi immaginate invece una reazione
psicoaffettiva? Come si misura il dolore? è stata elaborata una scala analogica, molto infantile, con volti
sorridenti o meno. Se un paziente, magari depresso, si vede la scala con la faccina si sposterà in senso
negativo in questo senso. Quindi si parla di un mondo vago. Tuttavia il rapporto medico paziente, l’analisi
della situazione e la valutazione del dolore si fa attraverso un percorso verbale e anamnestico ma anche
molto psicologico.
Quindi Abbiamo visto dei neuroni sensitivi propriorecettivi ma esistono anche quelli deputati alla percezione
del dolore. In condizioni fisiologiche mi do una martellata nel dito faccio ahi. Sono neuroni che hanno il
corpo centrale qua e hanno un neurite che si biforca infatti sono degli pseudounipolari, un ramo che va alla
lamina prima e seconda del midollo spinale e del midollo allungato Mentre il ramo periferico che dovrebbe
essere molto lungo, la sciatalgia è la compressione del ramo che esce dalle vertebre del disco in cui il disco
preme e crea dolore della lombo sciatalgia, è molto lungo quindi e ci sono delle fibre che spaziano. Questi
sono i mediatori di tutte le sensazioni dolorifiche, sia dolore infiammatorio (significa io ho una
infiammazione del ginocchio perché ho un’artrite reumatoide, l’infiammazione è nel tessuto periferico) e in
genere risponde a quali farmaci? Ai farmaci antiinfiammatori non steroidei. Il paracetamolo non ha l’azione
anti infiammatoria e tutt’oggi non sappiamo perché il paracetamolo ha un’azione di questo tipo. Esiste il
dolore neuropatico, quando chi si ammala non è il tessuto intorno alla fibra ma è la fibra stessa. Possono
esserci dolori post ictus per esempio cioè c’è una trombosi in un vaso arterioso nell’encefalo che mi riporta a
una lesione e a un deficit motorio ma può portare anche a dolori se coinvolge aree centrali deputate alla
trasmissione del dolore oppure posso avere una lesione nervosa da patologia diabetica, una neuropatia
diabetica, oppure posso avere una neuropatia indotta da farmaci chemioterapici per esempio il bortezomib
usato per certe forme leucemiche. La lesione del nervo periferico mi porta un dolore. In questo caso i FANS
non funzionano e neanche il cortisone e qui si entra nel campo di una terapia del dolore diversa e complicata.
Questi neuroni tuttavia sono fondamentali per la nostra sopravvivenza, qui è schematizzato bene con la fibra
periferica un po' più lunga questo però vedete ha le fibre coperte da una guaina mielinica quindi questo è, in
breve, come per i nervi propriorecettivi se devo stare in piedi non è che posso aspettare poi così tanto tempo,
allora io devo essere veloce perché questi salsicciotti di mielina servono a far saltare l’impulso molto più
velocemente mentre qui l’impulso si profasa molto velocemente ma attraverso i canali per il sodio uno per
uno. La velocità di conduzione è molto diversa, quindi Questa è una fibra mielinizzata, che si può ammalare
con la sclerosi multipla malattia tipica della mielina, però per finire vi dico che queste figure qua dei neuroni
sensitivi primari deputati alla percezione del dolore e quindi chiamati nocicettori hanno altre caratteristiche
perché contengono e liberano i neuropeptidi di cui uno in particolare liberandosi dai terminali periferici a
livello vascolare delle arterie intra ed extra craniche determina la vasodilatazione infiammatoria che produce
l’emicrania. Abbiamo quindi il dolore (…), il dolore infiammatorio, dolore diciamo così della testa (cefalee
associate all’emicrania e emicrania). Con questo abbiamo completato il sistema nervoso periferico abbiamo
detto tutto, Il sistema motoria scheletrico, il sistema autonomico simpatico para simpatico viscerale, il
sistema enterico che fa un po’ per conto suo.
Andiamo a vedere un attimo i recettori, noi come funzioniamo? Funzioniamo con una trasmissione chimica e
questo si capì agli inizi del 900 dove si capì che esistevano delle sostanze con una struttura chimica come
l’acetilcolina. Bisogna avere metodi speciali per capire come funziona la natura, c’è stato un grande dibattito
su come avvenivano le nostre funzioni e alla fine venne chiarito che esiste un mediatore che unendosi a
questo tipo di struttura proteica, che è un recettore, crea la possibilità di fare così, c’è voluto tempo per
arrivarci ma le cose stanno così senza alcun dubbio. Possono essere le più varie anche dal punto di vista
dimensionali diversa, questa è il precursore delle catecolamine e ha una struttura molto semplice. Abbiamo
una NH2 due OH e quindi da qui si parte per produrre la catecolamine ovvero noradrenalina, adrenalina e
dopamina che guardate fanno delle cose fondamentali e
in campo della psicologia clinica tutte e tre come
vedremo toccano argomenti della nostra anima. Tutto si
deve a questa struttura qui. Siamo fatti di chimica e la
chimica regola le nostre funzioni, questo è il nucleo
categorico ed è la base che parte dalla cherosina che è un
amminoacido, poi attraverso un enzima che è la ossidasi
si forma DOPA che è precursore della dopamina ma la DOPA non è una mina. Quindi voi sapete che una
malattia devastante si chiama morbo di parkinson? Cosa manca a questo paziente? La dopamina e dove gli
manca? Nel cervello.

E quale tipo di cura possiamo usare per il morbo? Farmaci agonisti, gli L-DOPA per esempio. Perché proprio
gli L dopa e non la dopamina? Perché se io do dopamina al paziente faccio del male perché gli causo degli
effetti cardiaci e gastrointestinali terribili. Se do gli L-DOPA abituandosi ai sintomi e poi lei mi si trasforma
poi in dopamina.
Studentessa: scusi volevo solo chiederle di ripetere perché qual è, a parte questa immensa differenza per
passare la barriera, ma qual è la DOPA perché prima ha detto questa è? Professore: Perché questa è sempre
una struttura amminoacidica quindi passa attraverso la struttura encefalica, la mina invece no perché è poco
liposolubile, il cervello è fatto di lipidi quindi non passa rimane tutta periferica invece questa si ma cosa gli
do anche? Gli do Anche un inibitore enzimatico che ad azione contraria solo periferica che mi blocca la
trasformazione di DOPA in dopamina. io ti do un carico di dopa, blocco questo enzima qua e non mi
trasforma dopamina a livello periferico per cui ho un’ottimizzazione del passaggio della dopamina dell’L-
DOPA per andare al cervello. Questa è una piccola lezione di farmaco dinamica e farmaco cinetica. La
farmaco dinamica è ciò che fa il farmaco al mio organismo, arriva sul recettore alfa energico vascolare mi
vaso costringono le arteriole e mi si alza la pressione. La farmaco cinetica è ciò che faccio io al farmaco, lo
mangio lo deglutisco lo assorbo e lo metabolizzo e lo elimino attraverso le feci, la sudorazione, attraverso
secrezioni mammarie nel caso delle donne etc etc. e qui abbiamo il giochino che si basa su queste due
funzioni principali.

Se io invece sto parlando di un nervo periferico simpatico che mi deve produrre noradrenalina, l’ho cerchiata
di rosso perché è la principale protagonista del sistema simpatico, bene qui c’è una dopamina beta idrossidasi
e già questo mi cambia il mondo perché vedremo che la dopamina ha funzioni psichiche straordinarie e la
noradrenalina più che agitazione non fa ma anche altre funzioni per carità. Il meccanismo di ricompensa, la
tossicodipendenza da nicotina/alcol/oppiacei dipende sostanzialmente da questo.
Secondo voi, Quali sono le malattie in calo ovvero meno frequenti nella popolazione generale nel mondo?
Quelle per cui ci sono i vaccini quindi le malattie esantematiche e le malattie infettive. Quali sono quelle in
crescita? I tumori.

Dopo la noroadrenalina soprattuto presente nei terminali dei neuroni simpatici, quindi nel cuore nei vasi si
passa infine attraverso la metiltrasferasi dove tolgo un idrogeno e ci attacco un metil e diventa a questo
punto ADRENALINA che troviamo soprattutto nella midollare surrenale.

Come avviene tutto ciò che abbiamo detto in un terminale nervoso? Che succede?
1) Allora io ho la tirosina che entra qua, si trasforma in dopamina
2) La dopamina entra in vescicole dove si trasforma in noradrenalina.
3) La vescicola calcio dipendente si fonde con la membrana plasmatica del terminale nervoso e viene liberata
la noradrenalina e qui Dipende da che tessuto è, se ha recettore alfa, beta e i vari sottotipi
L’altra cosa importante che vorrei raccontarvi, importante in particolare per la depressione e per il dolore, è
che la Noradrenalina liberata può essere presa dai ricettori e sparisce oppure si diffonde (DIFFUSIONE), un
altro meccanismo importante è, a parte la diffusione, la METABOLIZZAZIONE ma il terzo meccanismo
più importante è il REUPTAKE in questo caso la natura spreca poco cioè l’adrenalina liberata nello spazio
sinaptico viene ripresa dal neurone e viene rimessa in circolo per essere liberata di nuovo. Se quindi blocco
questo meccanismo di uptake succede che qui ho un aumento di noradrenalina e serotonina e guardate che
il farmaco, chiamato della felicità commercialmente, funziona così ovvero bloccando quel tipo di
meccanismo quindi aumentando le concentrazioni di serotonina. Ci sono altri farmaci che influenzano anche
la noradrenalina o singolarmente serotonina o noradrenalina.

Il rilascio del trasmettitore, il calcio è fondamentale per questo tipo di fenomeno poiché calcio dipendente,
permette il metabolismo. Il metabolismo è complicato ma comunque noi abbiamo due enzimi MAO
(monoammine ossidasi) e COMT (catechol-metiltransferasi) la cui combinazione ci porta a livello centrale
la produzione di questa sostanza mentre a livello periferico ho una produzione più vivace di catecolamine
che poi vanno a finire in questo metabolismo che tra l’altro si misura nei pazienti con una depressione grave
o che soffrono di altre patologie gravi. Come si è scoperto che la depressione è dovuta ad una mancanza di
catecolamine e serotonina? Negli anni 50 si cominciò a curare l’ipertensione arteriosa con un farmaco
alcaloide e i pazienti ipertesi stavano molto meglio. Solo che una forte percentuale di questi pazienti
diventava depressa senza alcun motivo. Si cominciò a pensare se fosse il farmaco (reserpina) ad avere
un’azione in tal senso. Il meccanismo di secrezione è governato da un impulso che determina un movimento
di calcio e il calcio muove la vescicola verso la membrana per liberare la norepinefrina. la reserpina fa
sgocciolare continuamente la noradrenalina o la serotonina. E quindi alla fine si esauriscono le scorte di
possibilità di queste sostanze. Quindi questo per dire che metabolismo e uptake sono importantissimi per il
tono dell’umore tanto che farmaci anti depressivi sono gli inibitori del MAO perché il livello dei
monoammine ossidasi faccio sì che i livelli di questi neurotrasmettitori rimangano elevati ma causavano
problemi ipertensivi inaccettabili. All’inizio gli inibitori MAO vennero accettati ampiamente ma poi
abbandonati. La paroxetina così come la fluoexetina hanno degli effetti collaterali molto limitati.
Per funzionare questo sistema ha bisogno di recettori e i recettori adrenergici sono alla fine alfa soprattutto
per la noradrenalina, beta soprattutto per l’adrenalina e D soprattutto per l’adrenalina e dico soprattutto
perché non è vero che sono selettivi.
I ricettori per la dopamina sono quelli meno rappresentati. Per la dopamina si parla di problemi di Parkinson,
problemi della funzione sessuale, tossicodipendenza, problemi del tono dell’umore. Le vie noradrenergiche
centrali le faranno i colleghi importante e è il locus coeruleus dov’è un importante concentrazione di
recettori e di possibilità di liberare noradrenalina. Quindi il sistema noradrenergico centrale regola la
pressione arteriosa, regola una cosa veramente importante la funzione sonno/veglia cioè se un soggetto libera
più adrenalina non dorme bene, e come si è detto prima ha una funzione sui processi cognitivi.

Questo è un corso di psicofarmacologia ed è chiaro che dobbiamo parlare alla fine dei recettori e di sostanze
chimiche esogene. Parlando di farmaci abbiamo farmaci che agiscono direttamente sul sistema che
descriviamo quindi sui recettori, abbiamo farmaci misti e abbiamo dei farmici che agiscono indirettamente
tipo l’anfetamina o la cocaina (la quale inibisce il reuptake). Poi abbiamo sostanze che agiscono in maniera
piuttosto selettiva, anche se la selettività completa è come una chimera, e abbiamo il sabtutamol 32 etc,

L’adrenalina è più affine ai ricettori BETA. È stata un salva vita in particolare negli shock cardiaci.
Sebbene sia più alfa che beta però la noradrenalina è quella che viene più liberata nei terminali simpatici del
cuore e quindi anche quando sono emozionato. Quando si è innamorati parte la tachicardia. Se io voglio un
agonista selettivo per aumentare la pressione uso la penyfephrina che è agonista abbastanza selettivo del
recettore alfa 1 che è collocato nel muscolo liscio vascolare e
evito tutte le altre risposte che non voglio. Sull’alfa 2 recettore
voglio farvi un esempio che vale per altri recettori e serve per
trattare l’emicrania.
Io vi ho detto che viene liberata la noradrenalina che va a
finire su un muscolo liscio della mia arteria femorale, c’è alfa
1 lo stimola e il muscolo si contrare e il vaso si costringe.
Invece il recettore alfa 2 è un recettore che ha una
localizzazione semantica cioè invece di essere sul muscolo è
sul terminale nervoso stesso. Quando libero la noradrenalina essa può stimolare il recettore alfa 2 che
inibisce calcio etc per cui mi frena. io ho un sistema eccitatorio, adrenalinina e vasocostrizione, ma allo
stesso tempo ho alfa2 che adopero di fatto per curare l’ipertensione. Questo per dire che se questa
complicazione è vera nella regolazione della pressione arteriosa, ve la immaginate nella regolazione del tono
dell’umore? Le terapie farmacologiche per affrontare condizioni cliniche complicate non è sufficiente. Lo
psicologo clinico deve sapere cosa stanno facendo i pazienti e cosa fanno i farmaci che assumono i pazienti.
Per esempio la clonidina, che è agonista alfa2, invece di eccitare frena e attenua non viene usata solo per la
pressione arteriosa ma anche nella sindrome di astinenza da oppiacei. Poi ci sono tantissimi tipi di alfa2 ma
lasciamoli perdere.
Abbiamo anche un beta1 selettivo ma anche i beta2 selttivi che possono essere a breve durata d’azione o a
lunga durata d’azione.

salmaterolo per asma  BRONCODILATAZIONE


Altro gruppo sono le anfetamine. Quelli che non
stimolano ma liberano noradrenalina e quindi creano una
sovra stimolazione simpatica. Libera anche dopamina e
quindi c’è molto sulla possibilità di indurre dipendenza nel
fatto quindi che anfetamina sia una sostanza per far correre
di più il ciclista ma anche per avere un meccanismo di
ricompensa tipico della dopamina. Cosi avviene anche
nella cocaina. Inibisce il reuptake della noradrenalina.
Abbiamo visto che se inibisco il reuptake aumento la
noradrenalina nello spazio sinaptico. Diciamo che la
morfina sarebbe un farmaco abbastanza sicuro mentre la
cocaina causa uno stress cardiovascolare enorme.
L’efedrina è una sostanza simile alla cocaina però non ha la
capacità di arrivare a livello centrale e quindi viene usato
come decongestionante nasale. Costringe i vasi ad avere
meno sgocciolamento.

I farmaci antipsicotici sono farmaci anti dopaminergici.


La dopamina è fondamentale per le funzioni di piacere e di
ricompensa quindi sta alla base dei fenomeni di
tossicodipendenza o comunque di tutte le sostanze in cui vi è un abuso (alcol, tabacco, oppiacei). Se stimolo
recettori dopaminergici con un farmaco che si chiama apomorfina produco fortissimo vomito ma se io ho
un’intossicazione alimentare o un tentativo di suicidio con avvelenamento con questa fiala il soggetto rigetta
tutto ciò che ha ingerito. I farmaci anti dopaminergici sono ottimi per la nausea o vomito. Altra cosa
importante della dopamina è la regolazione della funzione ormonale. Nei tumori prolattinomi dell’ipofisi in
cui si produce troppa prolattina, se io ho agonisti del recettore dopaminergico io inibisco la secrezione di
prolattina. Altra cosa che fa la dopamina nel nucleo è l’erezione sessuale. Troppa dopamina genera
impotenza, quindi c’è bisogno di una regolazione fine che viene definita dalla pulsatilità determinata dal
primo orologino che sta nell’ipotalamo che governa l’ipotesi che a sua volta governa altri organi tra cui il
processo di ovulazione.
gli effetti avversi sono ad esempio 

Facciamo gli antagonisti e poi finiamo. Gli antagonisti sono sostanzialmente quelli alfa e beta ricettori
dopaminergici. Ci sono alfa non selettivi, accanto quelli selettivi. Quest’ultimi sono stati inventati per curare
l’ipertensione e non sono molto maneggevoli. Sono usati negli uomini per sopperire alla difficoltà ad urinare
nelle problematiche di prostata. Degli antagonisti alfa2 non
importa. I betabloccanti sono stati quelli che hanno cambiato
il modo della terapia dell’infarto, dell’ipertensione. Tutto ciò
che finisce in OLO sono meta bloccanti. Hanno funzioni
diverse, ovviamente quelli che non passano la barriera sono
quelli che non mi danno disturbi mentali perché sono
periferici (sui betabloccanti vedere slides 54/55 , quelle
precedenti sono state saltate )

effetti collaterali  se io ho un cuoricino difettoso che non


conduce bene l’impulso e ho un difetto di trasmissione ci
metto un betabloccante io favorisco il rallentamento cardiaco. Soprattutto nelle donne, c’è il fenomeno
raynaud’s per cui se faccio il bagno a mare e l’acqua non è calda divento bianco e se uso un betabloccante
peggioro la situazione. Se il paziente è asmatico e gli do un beta gli faccio malissimo.
Lezione 6° del 21/03/2017 Prof. Corradetti:

FARMACI NELLA TERAPIA DELLA MALATTIA DEL PARKINSON.

La malattia di Parkinson è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale che si manifesta
inizialmente con sintomi motori, ed è accompagnata da sintomi psichici, cognitivi ed alterazioni del sistema
nervoso Autonomo. È una malattia conosciuta da 200 anni descritta come una paralisi agitante, da James
Parkinson. È una malattia degenerativa primariamente di un nucleo dopaminergico del sistema nervoso
centrale (inizia con sintomi motori), ma poi viene accompagnata anche da sintomi psichici, poiché incide
anche su altri sistemi. La malattia di Parkinson è una malattia idiopatica (90%), ossia per la maggioranza dei
casi non conosciamo la causa precisa; ha una certa incidenza nella popolazione (maggiore frequenza data
dall’età senile).

Esistono poi forme secondarie che hanno una causa riconducibile a traumi (es pugili), oppure avvelenamenti
o infezioni. Il problema è che esiste un Parkinson iatrogeno, ossia prodotto da farmaci che interferiscono con
la dopamina e gli anti psicotici classici. Con il passare del tempo si sono scoperte cause di alterazioni dei
geni che portano alla manifestazione del Parkinson derivante da base genetica (tipo la senoplenina): se questa
viene alterata porta alla patologia che si manifesta come deposizione di queste proteine nel cervello che
fanno scaturire il morbo.

La comprensione che la malattia di Parkinson è legata alla degenerazione della sostanza nera del tronco
encefalico del nucleo dopaminergico è avvenuto negli anni 60 da Ole Hornykiewicz come troppa dopamina
depositata nel tronco. Negli anni 60 venne dato il nobel a A. Carlsson per la scoperta della dopamina e come
uno dei padri fondatori della moderna neuropsicologia. Perché Le vie dopaminergiche sono centrali nel snc?
Perché oltre ad avere una modulazione motoria, il fatto che piccoli nuclei del tronco proiettino a tutta la
corteccia, all’ippocampo e al sistema limbico, modificando sia la cognizione che le emozione. Nel mordo di
Parkinson ci sono manifestazioni tipiche della dopamina, ossia degenera la materia nera portando al tremore
e alla bradicinesia. I tre sistemi (noredrenalina, serotonina e dopamina) sono coinvolti nell’umore e nelle
funzioni cognitive, come ansia, irritabilità, attenzione, aggressione, motivazioni ecc.
Le vie del sistema dopaminergico: 4 gruppi cellulari posti in maniera differente uno dall’altro: sostanza nera,
gruppi che proiettano alla corteccia mediale, ippocampo, amigdala, e una via che regola là secrezioni di
alcuni ormoni. (Sist, nigro-striatale, sist. Meso-corticale, sist. Meso-limbico, sist. Tubero-infundibolare).
Inoltre esistono dei recettori che sono dopaminergici e che regolano il vomito (rispondono sia alla dopamina
che ai farmaci e sono in una zona trig, producendo vomito, nausea e malessere generale).

Sintesi della dopamina: sono sintetizzate dai neuoroni dopaminergici a partire dalla fenilalanina (assunta con
la dieta, vale anche per la serotonina e l’adrenalina), che forma la tirosina, che crea la L-dopa fino ad arrivare
alla dopamina grazie all’enzima specifico che è la dopa decarbossilasi. Nel neurone della dopamina, una
volta formatasi, non si possono formare le altre sostanze, il precursore è comune, ma il risultato è unico per
tutti (sia noradrenalina che adrenalina).

Tutte e 3 sono catecolamine (dopamina, noradrenalina, serotonina).

I recettori della dopamina hanno 2 risposte cellulari alla dopamina: o un aumento o una riduzione dell’Ampc
(ciclico); quindi sono o di tipo 1 o di tipo 2 (Recettori D1 o D2). Modernamente si sono trovati 5 recettori
sulla base della loro azione: D1 e D5 sono simili come effetto: aumentano l’amp ciclico; D2, D3 e D4
diminuiscono l’Ampc e sono anch'essi simili. Per fare un es: i d2 sono espressi nei nuclei motori, i D3 e D4
sono nella corteccia; (se si guarda con la pet dove sono i d2, si vede che sono legati ai nuclei motori, quindi
ci sono tanti recettori d2 li, in modo particolare, ma comunque ci sono in tutta la corteccia in generale).

Cosa porta al Parkinson? Normalmente nell’invecchiamento è difficile arrivare a una caduta dei livelli di
dopamina nello striato superiore al 50%. Per avere il Parkinson deve cadere sotto il 30% (questo è il
Parkinson da invecchiamento, verso i 70 anni, ossia una degenerazione del sistema, in maniera biologica o
genetica).

Bisogna tenere presente anche i fattori ambientali tossici che possono produrre o facilitare il Parkinson:
esistono sostanze che hanno uno speciale tropismo per i neuroni dopaminergici (es: può succedere se dei
tossici si producono da soli le sostanze). Esisteva una sostanza che era un prodotto collaterale di quelle
pasticche, e si è grazie a questo errore capito cosa potrebbe scaturirlo (la mptp diventa mpp positiva reattiva:
le cellule dopaminergiche hanno meccanismi di liberazione e ricaptazione della dopamina, ossia il dat; ciò
che accade è la ricaptazione sia della dopamina che della mpp nella cellula che la fa accumulare e porta alla
morte cellulare= tossicità della sostanza mpp di tipo ambientale che porta, anche nei giovani, alla comparsa
del Parkinson.

Ci possono essere anche tossine che derivano dall’agricoltura che porta agli stessi risultati.
Per riassumere: ci possono essere fattori endogeni (genetici) di perdita di neuroni dopaminergici nella
sostanza nera, la perdita deve essere consistente, ma ci possono essere anche fattori ambientali e possono
essere ricercati in pazienti con Parkinson infrequente.

Cure: Patologia nigrostriatale: questa via va direttamente dalla sostanza nera ai nuclei e con il tempo si
riduce il numero dei terminali e la quantità di dopamina nei nuclei.

L’approccio al Parkinson ha inizio prima del 1960 e si è sviluppata in questi anni.

Recentemente si è scoperto che bisogna usare delle strategia per aumentare la trasmissione dopaminergica
nel SNC:

Punto 1: aumentare la sintesi e la liberazione di dopamina dai terminali nei nuclei della base.

Punto 2: ridurre il catabolismo della dopamina a livello dei neuroni del snc.

Punto 3: attivare i recettori D2 dei nuclei della base.

Punto 1: Aumentare la sintesi e la liberazione di dopamina dai terminali nei nuclei della base:

- Problema 1: la dopamina non passa la barriera emato-encefalica (bee); la Soluzione è la


somministrazione del precursore L-dopa.
- Problema 2: la L-dopa da effetti indesiderati periferici; La Soluzione è inibire la trasformazione di L-
dopa in dopamina a livello periferico: a) Inibendo la DOPA-decarbossilasi con Carbidopa o
Benserazide; b) Inibendo le Catecol-O-MetilTransferasi (COMT) con Entacapone.
- Poblema 3: la stimolazione della sintesi aumenta la liberazione di dopamina a livello di tutti i
terminali nel snc; Soluzione: nessuna.

Trattazione Problema 1: La barriera emato-encefalica è un meccanismo di difesa; passano solo le sostanze


iposolubili cariche positivamente. Le sostanze che passano la bee hanno numerosi meccanismi che sono di
diffusione passiva, o di trasportatori di membrana che facilitano il passaggio di sostanze utili per il cervello
come la L-dopa. Cosa sfruttiamo di questa barriera? Noi riusciamo ad utilizzare il fatto che se la molecola è
polare o idrofila come la dopamina non può passare, mentre possiamo usare molecole che sono aminoacidi
che trovano trasportatori specifici (come la L-dopa) e possano passare. Se uno prende la L-dopa per bocca,
va nel fegato e viene metabolizzata, ma solo 1-2% riesce ad arrivare nel cervello. La dopamina a livello
periferico: abbassa la pressione, causa nausea e vomito, tachicardia ecc. Il passaggio di sostanze polari
(ionizzate, cariche elettricamente) e/o piuttosto idrofile come la dopamina è impedito o limitato dalla BEE.
Mentre gli aminoacidi come la L-DOPA hanno dei trasportatori (ad es: neutral amino acid transporter) che
ne facilitano la penetrazione nel SNC.

A livello dell’area postrema (per il vomito) che è fuori dalla bee, possiamo aggredirlo senza interferire con la
terapia perché è a livello periferico.

Trattazione problema 2: La L-dopa da problemi a livello periferico: esistono 2 sostanze (la carbidopa e la
benserazide) inibiscono la trasformazione della L-dopa in dopamina per non farlo entrare nel snc (meno).
Così gli effetti indesiderati periferici diminuiscono. La L-dopa viene distrutta dal comt a livello periferico,
bisogna inibire il comt (non passa nemmeno lui la barriera ebb).

Punto 2: Ridurre il catabolismo della dopamina a livello dei neuroni del snc:

Soluzione: inibire il mao-b grazie alla selegilina per ridurre la degenerazione dei neuroni dopaminergico
dovuta a stress ossidativo prodotto dal catabolismo della dopamina e dal metabolismo di eventuali tossici
ambientali.

La seligilina come trattamento nel morbo di Parkinson in fase iniziale ritarda di circa 9 mesi la necessità di
iniziare la terapia con farmaci dopaminergici (agonisti selettivi d2 o L-dopa).

Effetti collaterali della seligilina: insonnia, ansia, anoressia, allucinazioni, potenziale interazione con ssris.
Effetti collaterali della terapia L-dopa:

- Effetti in acuto: nausea, anoressia, vomito, aritmie, effetti psichici (insonnia, incubi, allucinazioni).
- Effetti da somministrazione cronica: effetti motori: discinesie (movimenti involontari), sindromi on-
off, Accelerazione della degenerazione.
(fine lezione 6 più lezione 7)

Strategie per aumentare la trasmissione dopaminergica nel SNC

Perché si vogliono attivare?


Perché nello striato abbiamo circuiti molto complessi: abbiamo un neurone che esce : il NEURONE
GABERGICO e INIBITORIO.
La regolazione dell’attività di questo neurone, che va a regolare a sua volta il movimento, deve essere fine
—> Si deve mostrare che esiste un effetto inibitorio su un neurone inibitorio.
Nel caso in cui non vi sia l’inibizione di questo neurone, porta al fatto che il movimento si riduca.
Lasciando libero un neurone inibitorio di essere attivo al massimo —> il movimento viene ridotto.
Esiste anche un altro sistema di regolazione che è quello dato da un inter neurone (nello striato); esistono dei
neuroni che non escono dallo striato, ma servono anche loro a regolare l’attività dell’uscita motoria.
Esso è un NEURONE COLINERGICO:
• libera l’acetilcolina
• ha come attività quella di eccitare il neurone inibitorio
Quindi vi è un BILANCIAMENTO tra l’inibizione della dopamina e l’eccitazione dell’acetilcolina. Se si
lascia libera quest’ultima, con una depressione di dopamina, il neurone gabaergico sarà giunto al massimo e
quindi l’inibizione motoria sarà massimale.

E’ tipico del Parkinson:


• il rallentamento del
movimento
• la rigidità
• il tremore
Il “Parkinsonismo” è quindi una degenerazione del neurone inibitorio dopaminergico.
Esistono anche malattie opposte come quella del: MORBO di HANTINTON = degenera direttamente il
neurone inibitorio gabaergico, che esce dai nuclei.
Ciò produce una: “corea di Hantinton” = movimenti INVOLONTARI come una danza. E’ una malattia
genetica dominante, molto invalidante perchè il paziente non ha possibilità di impedire i movimenti.
Gli agonisti dopaminergici sono delle sostanze che hanno una storia lunga, solo negli ultimi 15/20 l’uso di
essi è rientrato molto in auge, perchè sono stati identificati e sintetizzate sostanze selettive.
Le sostanze che si avevano prima a disposizione, erano derivati dell’ergot : la BROMOCRIPTINA , la
CAPERGOLINA,… —> sostanze molto complesse, sono molecole complesse che possono andare ad
attivare non solo i recettori dopaminergici, ma anche quelli adrenergici —> perchè questa struttura va su
recettori adrenergici e noradrenergici e dopaminergici.
Sono recettori che hanno delle affinità, sono tutti recettori che riconoscono strutture catecolaminergiche,
quindi è intuibile che certe molecole possano non discriminare da questi recettori.
Adesso invece abbiamo delle sostanze che hanno forme molecolari totalmente differenti e che hanno una
selettività elevata.
SELETTIVITA’ = si intende rispetto a quanto si legano ad altri recettori con alta affinità; (hanno un’attività
o se sono antagonisti non hanno attività) e quindi riescono a discriminare i recettori alle dosi terapeutiche. (?)
Oggi abbiamo almeno tre sostanze:
• agonisti selettivi dei D2 con un’ azione anche sui D3—> 1) Pramipexolo e 2) Piribedil;
• selettivo per i D2 —> 3) Ropinirolo.

Questi hanno sostituito i precedenti, non solo per selettività ma anche per minor tossicità, in quanto i
precedenti agonisti dopaminergici possono produrre alterazioni valvola cardiache.
Le compromissioni sui movimenti —> DISCINESIE, a seconda di cosa coinvolgono, sono state associate a
dei punteggi.
Possiamo andare a vedere che in questi pazienti (animali da esperimento) in cui si è prodotto un Parkinson,
vi sia un confronto di 3 trattamenti.
Trattiamo con L- DOPA e misuriamo il punteggio di DISCINESIA, cioè di effetto indesiderato invalidante e
vediamo che nel giro di 10 gg abbiamo un livello di movimenti involontari dell’animale piuttosto elevato per
arrivare ad un mese con dei movimenti totalmente invalidanti.
Se noi a questo trattamento associamo un agonista dei recettori dopaminergici, vediamo che ritardiamo in
maniera sostanziale e riduciamo l’entità dell’effetto discinetico.
Dando una stimolazione continua dei recettori a una dose adeguata, abbiamo una riduzione di anni
l’insorgenza di effetti discinetici.
La L-DOPA aumenta la sua “finestra” di attività.
In parallelo si può andare a vedere che l’agonista da solo non produce effetti discinetici ma riduce la
sintomatologia parkinsoniana.
Si ha la possibilità di
avere un trattamento sia
con l’agonista diretto che
con l’agonista in
associazione alla L-
DOPA, che migliora la
qualità della vita del
paziente.

In questo grafico abbiamo il


confronto fra “survaival” = i
pazienti che restano senza
discinesia nel tempo, cioè si
misura dalla diagnosi il tempo in cui compaiono delle discinesie nei pazienti e si vede che con la L-DOPA
con il tempo i pazienti che non hanno discinesia diminuiscono.
Nel 50% dei casi in 5 anni si hanno effetti di discinesia, mentre con pazienti trattati con ROPINIROLO
vediamo che la percentuale dei pazienti che hanno discinesia dopo 5 anni è meno del 10%.
L’agonista dopaminergico per essere efficace sul parkinson deve penetrare nel cervello.
Per farlo, perché ha le caratteristiche di passare la barriera emato encefalica e quindi non è carico
positivamente, non ha dei gruppi che ne impediscono il passaggio porta al fatto che a livello periferico avrà i
suoi effetti, per esempio produrrà: nausea, vomito, ipotensione, aritmie (cardiache).
Sul vomito se diamo dei farmaci antidopaminergici,
che non passano la barriera emato encefalica, uno di questi è il DOMPERIDONE che è una sostanza che
non passandola, perchè la zona che riconosce la dopamina è fuori dalla barriera (CTZ = chemoreceptor
trigger zone), fa sì che vi sia una protezione.
Detto ciò passiamo ai farmaci che superano la barriera amato encefalica, che attivano i D2 in tutto il SNC.
Questi recettori sono distribuiti differenzialmente, D2-like, in tutte le zone del cervello con una
preponderanza dei D2 —> NELLO STRIATO.

Si mira ad attivare questi recettori che nei nuclei della basa ma alla fine si attiva tutto il sistema.
Compare una sintomatologia particolare, più spiccata con pramipexolo e piribedil, perchè hanno un’azione
anche sui D3: COMPORTAMENTO IMPULSIVO COMPULSIVO, aumento dell’impulsività.
Può comparire in qualsiasi momento del trattamento, mentre compaiono anche allucinazioni che tipicamente
compaiono con un lungo trattamento.
Questo comportamento porta a delle manifestazioni particolari —> comparsa di un disordine del controllo
degli impulsi ICD , che il paziente non aveva prima.

Esistono dei test psicometrici per indagare i disordini impulsivi/compulsivi del paziente che possono essere:
• GAMBLING = aumento della propensione al gioco, rischio e azzardo;
• SEXUALITY = aumento della sessualità, ipersessualità;
• SHOPPING = shopping compulsivo per tutti e due i sessi;
• EATING= mangiare compulsivamente;
• REPETITIVE ACTIONS= azioni ripetitive, stereotipi;
• MEDICATION= preferire il sintomo alla cura.

Questi test producono dei risultati su quanto il paziente percepisce il problema rispetto a chi lo circonda.
Vi sono diversi effetti quindi compulsivi, tra gli altri non citati sopra, il PUNDING = attitudine ad
intervenire sugli elettrodomestici per ripararli anche se non presentano disfunzioni, smontandoli ma non
sapendoli rimontare. es. telecomando
Il paziente si cimenta in qualcosa che non conosce bene, non sa fare, si agita perchè non gli riesce.
Cosa è stato visto fino a qui:

Domanda: “Quindi un
medico in base a cosa sceglie quale medicinale sottoporre?”
Risposta: “La strategia è dibattuta tra due scuole: si comincia con questi agonisti D2 a bassa dose cercando di
avere una risposta perchè uno dei concetti che tende a far ritardare il più possibile l’inizio della terapia con
L-DOPA, è il fatto che è stato sollevato il sospetto che questa (detta in parole semplici) strizzando i neuroni
rimasti e costringendoli ad un lavoro energetico alto, liberando molta dopamina fuori dal terminale e quindi
ossidazione e stress ossidativi porta ad una accelerazione della degenerazione di quella già spontanea.
Oppure si può iniziare con gli inibitori delle monoaminossidasi, che si da una parte aumento la disponibilità
di dopamina a livello del terminale quanto viene liberata, ma inibiscono l’ossidazione. Si favorisce l’utilizzo
della L-DOPA con l’agonista per ritardare gli effetti discinetici e si può intervenire anche con i farmaci che
ora vedremo”.

Le alternative che non influenzano il sistema dopaminergico, sono farmaci anticolinergici, MAO-B
inibitori e la AMANTADINA.
Effetti collaterali:

* + effetti a livello cognitivo possibili.

Esistono anche farmaci erboristici che contengono queste sostanze e che quindi provocano gli stessi effetti
collaterali.
La figura qui sotto rappresenta la complessità del movimento, con tutti gli spostamenti per regolare il
neurone gabaergico.
Riceve le afferenze nigrostriatarie: dopamina, agonisti, etc…
Riceve le afferenze eccitatore (che sono inibitorie) colinergiche e glutammatergiche.
L’AMANTADINA è un farmaco antivirale, ma è stata identificata quest’azione anti-Parkinsoniana per il
fatto che, quando veniva dato per l’influenza, c’era un miglioramento motorio.
Questo perchè possiede una preziosa struttura molecolare e varie azioni: bloccare la ricettazione della
dopamina, la più consistente è quella di modificare l’azione dei recettori glutammatergico inibendo il
recettore NMDA.

Farmaci ANTIPSICOTICI
All’inizio del secolo scorso due fondatori di origine austro-ungarica della psichiatria, cominciarono a cercare
di classificare le patologie psichiatriche e fondarono la psicopatologia, dando delle definizioni.
• Kraepelin, divise le manifestazioni psichiatriche.

Divise la DEMENZA PRECOCE GIOVANILE dalla DEPRESSIONE.


Perché in realtà la psicosi maniaco depressiva,
comprendeva un insieme di patologie in cui compare la parte
depressiva.
Molto importante fu l’identificazione delle schizofrenie
come patologie a sé stanti, non facendole più rientrare nelle
psicosi maniaco depressive.

• Bleuer vide che vi erano delle differenze: catatoniche, ebefreniche, paranoidi e non differenziate.
I pazienti una volta venivano rinchiusi nei manicomi e portiamo ad esempio il manicomio di Maggiano.
(MOLTO IMPORTANTE PER IL PROFESSORE!!!)
Siamo intorno al ’53, molto importante l’anno di pubblicazione, perchè nel ‘54 comincia la
psicofarmacologia.
I passaggi sono riportati in questa slide:

Perché possiamo dire che sia l’inizio della vera psicofarmacologia?


Perché in questi anni le ammissioni dei pazienti che stanno in ospedale per malattia mentale, aumentano.
Nel ’54 inizia l’uso di sostanze, come anche gli anti depressivi, e si capisce che non è per forza necessario
che i pazienti rimangano RESIDENT all’interno delle strutture, ma possono entrare ed uscire.
Nel ’64 esce una seconda edizione del libro.

Questo ha importanza per comprendere il contatto tra paziente e medico.


Veniamo alla schizofrenia.
Abbiamo almeno 5 dimensioni della schizofrenia:
1. SINTOMI POSITIVI
2. SINTOMI NEGATIVI (approccio contestuale e sociale)
3. SINTOMI COGNITIVI
4. ANSIETA’ E DEPRESSIONE
5. AGGRESSIVITA’
I primi antipsicotici erano contro i sintomi positivi.
Ma la schizofrenia ha anche sintomi negativi e si manifesta un ritiro sociale, se non vengono eliminati anche
questi ultimi.
La dopamina come fa a determinare e regolare le funzioni alterate nella schizofrenia?
(queste funzioni sono presenti nella slide riportata qui sotto)

La tabella riporta quali geni possono essere alterati, associati alla schizofrenia, epigeneticamente; cioè non
necessariamente il paziente ha una malattia genetica trasmissibile, ma l’ambiente, il contesto e le
situazioni contingenti già quando è nato, modificano l’espressione di geni attraverso meccanismi in parte
trasmissibili in maniera non del tutto ancora compresa.
Questo giustifica perchè vi sia una familiarità, ma a livello genetico il paziente si presenti “normale”.
Quindi è la regolazione, che durante la vita avviene, dell’espressione delle varie proteine, che può
essere alterata da qualcosa.

Cos’è l’epigenetica? (non


chiarissima la definizione che dà
il professore)
= campo in cui si parla di fattori
prenatali, ambiente urbano,
emigrazione, uso di droghe, etc
che possono causare
cambiamenti epigenetici, che
possono modificare alcune parti
ma è una catena che può
incepparsi. Può cambiare la struttura del cervello pur non essendo GENETICO per definizione.
Dal punto di vista farmacologico, l’azione farmacologica di blocco dei recettori dopaminergici, ad
esempio, produce nel giro di pochissimo tempo, un blocco delle manifestazioni psicotiche.
La via dopaminergica quindi diventa la prima via identificata dei primi antipsicotici; la
clorpromazina, fra tutte le azioni che ha vi è che blocca i recettori dopaminergici D2, quindi serve per far
passare la psicosi.
Se ne deduce che il sistema dopaminergico sia iperattivato.
Quali recettori dopaminergici? —> Quelli delle VIE MESOCORTICALI.
Abbiamo quindi un’iperattivazione del sistema dopaminergico, ma i farmaci più recenti hanno anche
un’azione sul sistema serotoninergico.

Se si ha un’azione combinata antidopaminergica e antiserotonergica, i pazienti migliorano anche sui


sintomi negativi.
Occorre includere anche il sistema glutammatergico, perché esiste una parte di pazienti che presenta un
substrato di sviluppo del cervello che è sballato, con la migrazione di alcuni gruppi neuronali non perfetta, la
formazione dei circuiti imperfetta; su questi si avranno molte più difficoltà di intervenire
farmacologicamente.
Andiamo a vedere le vie dopaminergiche di interesse, sempre riguardo alla selettività di ciò che andiamo a
modificare.
Guardando gli agonisti che stimolano i recettori e che ripristinano la stimolazione motoria in seguito alla
degenerazione dei neuroni, si agirà con sostanze che bloccano i recettori D2.
Se questi vengono bloccati a livello del SNC cosa si provoca?
In un giovane psicotico, viene il Parkinson; questo è l’effetto indesiderato principale. Quindi migliorano la
psicosi, ma fanno venire sintomi motori.
I vecchi farmaci definiti TIPICI, producevano effetti indesiderati di questo genere, i nuovi farmaci invece,
definiti ATIPICI, non producono più questi effetti indesiderati agendo sia su più vie.

Come da figura: abbiamo:


• i recettori D2 a livello dello striato e dell’ipofisi;
• i recettori D3 e D4 principalmente in tutte le altre aree mesolitiche, mesocorticali.
All’inizio abbiamo disponibili gli antipsicotici TIPICI, perchè sono farmaci che hanno elevata affinità per i
recettori D2, poca o nulla per i D3 e D4 e hanno scarsa affinità per i recettori 5-HT2.

Con un antipsicotico tipico si vanno a bloccare questi recettori (D2) senza bloccare però i 5HT2.
Risultato= per la parte motoria si giunge al Parkinson —> come cercare di evitarlo?—> occorre guardare
età del paziente, dose, etc per poter evitare la sintomatologia motoria.
Questi sono i farmaci che arrivano fino al 1980 —> FARMACI ATIPICI
Lezione 8° del 28-03-’17 Prof. Corradetti

Riprendiamo il discorso storico degli antipsicotici. I primi antipsicotici che sono stati sintetizzati e utilizzati
sono quelli chiamati “tipici” (o classici): hanno la caratteristica di avere un’elevata affinità per i recettori D2
del sistema dopaminergico, quindi anche quelli del sistema nigrostriatale, quindi hanno intrinsecamente degli
effetti extrapiramidali (cioè producono disturbi del movimento simili al Parkinson); hanno una scarsa affinità
per i recettori D2-like (ovvero i D3 e i D4) e quindi agiscono comunque come antipsicotici perché anche nel
sistema mesolimbico, mesocorticale, esistono recettori D2, ma non sono diretti selettivamente su queste
aree; hanno una scarsa affinità per i recettori del tipo 5-HT2A (questa caratteristica è variabile tra le sostanze
e qui non è spiccata come negli antipsicotici atipici). I recettori D2 si trovano, appunto, nel sistema
nigrostriatale ma si trovano anche nella corteccia: questo porta al fatto che produciamo problemi
extrapiramidali.
Abbiamo detto che la storia degli
antipsicotici nasce con Largactil, cioè la
CLORPROMAZINA: è il capostipite di tutte
queste sostanze e sostanzialmente della
classe delle fenotiazine. Questa slide è
abbastanza storica perché da un certo
Clorpromazina punto di vista, nel bagaglio terapeutico
degli psichiatri, resta l’Aloperidolo
fondamentalmente, e forse la Sulpiride e la Clorpromazina per qualche sindrome specifica, ma in realtà
l’unico che ha ancora un utilizzo è l’Aloperidolo  è il prototipo di un’altra classe di farmaci, completamente
diversa dal punto di vista chimico, e che ha perso alcune delle caratteristiche collaterali della Clorpromazina.
La Clorpromazina ha una formula triciclica, è
un derivato antistaminico, mentre
l’Aloperidolo mantiene alcune caratteristiche
spaziali che gli permettono di riconoscere i
recettori D2, ma non è simile alla
Clorpromazina, così come la Sulpiride. Quindi
sostanze diverse agiscono come antipsicotici
andando a legarsi sui recettori D2.
() Questo è il correlato farmacologico che li
unisce. Dal grafico si intuisce che c’è una
correlazione diretta fra l’affinità che queste
sostanze hanno per i recettori D2 (e quindi la
costante di dissociazione, le caratteristiche di
legame al recettore D2, in particolare l’
‘avidità’ di queste molecole di legarsi al D2) e
la concentrazione plasmatica libera (sappiamo
che i farmaci spesso si legano alle proteine
plasmatiche che, a loro volta, li veicolano
nell’organismo, anche attraverso il sangue, e
quindi non è quella la parte attiva; la parte attiva è la frazione libera che è nel sangue, che è in equilibrio, e
man mano che viene metabolizzata, in percentuale rimane sempre la stessa rispetto a quella legata), cioè
quella che agisce a livello terapeutico. Siccome tale correlazione viene testata per tutte le molecole
antipsicotiche (nel caso in questione, quelli sulla linea rossa sono tutti antipsicotici tipici), abbiamo
un’indicazione statisticamente forte del recettore su cui agiscono: se noi facessimo la stessa cosa sul
recettore 5-HT2, troveremo gli antipsicotici tutti sparsi perché hanno differenti affinità e non esisterebbe tale
correlazione. Per tutti questi farmaci, l’effetto antipsicotico è correlabile all’azione D2. La Clozapina (che
vedremo è il prototipo dei nuovi antipsicotici, chiamati appunto atipici), però differisce da tutti quanti in
quanto la sua affinità per il recettore D2 è bassissima rispetto alla concentrazione ematica che dà un effetto
antipsicotico; ma, se invece di utilizzare l’affinità per il recettore D2 come parametro usassimo l’affinità per
il recettore D4 (cioè un recettore D2-like), anche la Clozapina ricadrebbe nella correlazione. Quindi, mentre
tutti quelli nel grafico agiscono da antipsicotici come antagonisti del recettore D2, la Clozapina trova la sua
correlazione considerando che si leghi ai recettori D4.
Gli antipsicotici tipici sono sostanze che hanno una discreta farmacocinetica di biodisponibilità (=come
arrivano al target farmacologico-terapeutico, cioè è l’insieme delle loro caratteristiche di assorbimento,
distribuzione farmacocinetica in generale); alcuni, però, hanno un assorbimento irregolare e questo produrrà
delle difficoltà per il medico nel trovare i ritmi giusti (questo chiaramente per via orale). Per via
intramuscolare sono tutti molto ben disponibili; ovviamente entro certi limiti, perché non è detto che ciò
avvenga sempre, per via intramuscolare la disponibilità viene assorbita meglio, più regolarmente, c’è una
migliore ma anche maggiore disponibilità nell’organismo, viene assorbita e distribuita meglio. (Per inciso,
vuole precisare che la via intramuscolare non è sempre quella più efficace rispetto a quella orale; esistono
dei farmaci, come le benzodiazepine, che sono molto lipofili (=si sciolgono nei grassi), quindi se vengono
iniettati nel muscolo dove ci sono membrane e molte cellule, si depositano molto facilmente nell’area intorno
all’iniezione e non vengono distribuiti facilmente, tant’è che i picchi per via intramuscolare, con le
benzodiazepine, diventano ridotti rispetto a quelli per via orale o per via rettale). Quindi, in generale, la via
intramuscolare è una via alternativa alla via orale, ha una buona biodisponibilità, uguale o a volte superiore,
ma esistono farmaci che sono molto lipofili e si depositano quindi nel muscolo e vengono meno veicolati
dove devono andare ad agire. Esistono poi delle formulazioni deposito (depot): sono state sviluppate
specificamente per questo tipo di patologie (esistono formulazioni deposito anche per gli antibatterici e per
tante altre classi) con un razionale terapeutico, vale a dire che il paziente schizofrenico, o psicotico in senso
generale, potrebbe non avere una buona compliance (questo per motivi legati alla malattia, per la mancanza
di volontà di curarsi, per deficit cognitivi che non permettono di continuare questo tipo di terapia, oppure
per l’ambiente sociale o familiare in cui vivono che li porta a non seguire la terapia), quindi si danno farmaci
che hanno la caratteristica di essere iniettati (1-2 volte al mese in ambito ambulatoriale). Tra le più classiche
di queste sostanze depot c’è l’Aloperidolo, nella formulazione decanoato, viene iniettato intramuscolo, si
deposita, si scinde lentamente, mettendo continuamente in circolazione la sostanza. Esistono formulazioni
che possono essere date ogni 4 settimane, altre ogni 2-3 settimane, in modo da avere una copertura
terapeutica. Tuttavia, questo sistema ha delle implicazioni: pur essendo molto pratico e funzionale, ma se un
paziente manifesta degli effetti indesiderati legati al farmaco somministrato, se è somministrato deposito,
fino a che non è stato eliminato (ci vogliono settimane) tali effetti non si eliminano semplicemente
sospendendo il farmaco, perché ci vogliono comunque delle settimane.
Se noi partiamo dal prototipo (la Clorpromazina), nello schema a fianco sono
riassunti gli effetti farmacologici della Clorpromazina. Abbiamo visto che
l’effetto D2 è correlato con l’effetto antipsicotico, ma ci sono anche altri
effetti. E’ un antagonista dei muscarinici. (Altro inciso: dobbiamo stare attenti
perché, anche nel compito, non ci verrà chiesta la storia degli antipsicotici,
ma quali sono gli effetti indesiderati degli antipsicotici, e quindi cercare anche
di correlare questo schema trasversalmente con le altre sostanze, in modo
che, se uno vede varie sostanze, conoscendo gli effetti indesiderati, può
trovare il comune denominatore oppure può scartare qualche sostanza che
non ha quell’effetto). Essere un antagonista antimuscarinico vuol dire: il
sistema nervoso autonomo regola moltissime funzioni viscerali e periferiche
attraverso recettori muscarinici  il blocco di questi porta ad effetti
indesiderati che sono quelli del blocco muscarinico (anche gli antidepressivi triciclici hanno un effetto
antimuscarinico), ovvero effetti oculari, effetti sul transito intestinale, vescicale, ecc. Inoltre, è una sostanza
che produce sedazione (antistaminici di tipo H1) e può produrre anche aumento dell’appetito. E’ anche un
α1 bloccante, cioè blocca quell’azione periferica di vasocostrizione data dalla noradrenalina e quindi può dare
una ipotensione ortostatica (il paziente si alza improvvisamente, ma i vasi sanguigni delle gambe e del corpo
reagiscono più lentamente, quindi il sangue rimane giù e ce n’è meno alla testa, quindi può esperire vertigini
o cose di questo genere).
Allora se viene somministrata la Clorpromazina, vediamo che effetti favorevoli e sfavorevoli ha. La via
mecorticale regola i sintomi negativi, la via mesolimbica regola l’attacco psicotico acuto: se noi blocchiamo
la via mesolimbica, abbiamo una riduzione della psicosi, ma al tempo stesso si sbilancia il controllo nella via
mesocorticale e per differenza, con una riduzione dell’attivazione, ‘aumentano’ i sintomi negativi (nel senso
che diventano predominanti, poiché abbiamo tolto il sintomo positivo, cioè la psicosi, le allucinazioni, il delirio
ecc, e quindi le altre componenti diventano più evidenti perché non sono più nascoste da quella più
eclatante), ed è possibile che tale sbilanciamento provochino un aggravamento della sintomatologia
negativa. Il blocco dei recettori D2 (in particolare, il blocco della via nigrostriatale) porta a sintomi Parkinson-
simili (EPR) e anche ad un aumento della prolattina (a causa del blocco della via tuberoinfundibolare).
Ricordandosi lo schema delle vie dopaminergiche, quanto appena detto riassume il fatto che, aver bloccato
nel paziente dei recettori di tipo D2 ha 1 effetto favorevole, ma 3 effetti indesiderati: i sintomi negativi non
vengono migliorati o addirittura vengono aggravati, aumento dei livelli di prolattina (con annessi disturbi da
aumento dei livelli di prolattina) e disturbi di regolazione motoria (Parkinson-simili). Tutto ciò è associato ad
altri effetti indesiderati (quelli che si sono accennati prima): cioè i primi effetti riguardano la risposta
dopaminergica del SNC, ma la Clorpromazina abbiamo detto che ha un effetto antistaminico (blocco H1),
quindi aumento dell’appetito, maggiore intake di cibo e di conseguenza un aumento ponderale, ma anche
sonnolenza. Il blocco dei recettori α1 provoca effetti pressori con ipotensione e vertigini (perché il sistema
vestibolare può essere influenzato da questa caduta pressoria). Per quanto riguarda il blocco dei recettori
muscarinicia (M1), sappiamo che il blocco dell’acetilcolina, al livello del SNC, produce sonnolenza; a livello
periferico, danno effetti oculari, quindi difetti dell’accomodazione, midriasi (quindi difficoltà all’adattamento
luce-ombra), aumento della pressione endoculare (nei pazienti anziani può causare il glaucoma); inoltre
provocano stipsi, difficoltà nella minzione e secchezza della bocca, effetti abbastanza comuni. Infine, il blocco
dei D2 migliora la psicosi.
Guardando alle sostanze
che sono state immesse nel
commercio negli anni, la
Clorpromazina (prototipo
degli antipsicotici tipici) ha
una moderata attività
antipsicotica, un moderato
effetto extrapiramidale,
produce ipotensione (perché è un α1 bloccante) e sedazione. Facciamo il confronto con l’Aloperidolo: è il
capostipite della generazione innovativa fra i tipici, innovativa perché è stata sintetizzata una molecola molto
potente, che richiede quindi un minor dosaggio, che non ha effetti antimuscarinici ed ha effetti α1 bloccanti
molto modesti. Questa sostanza è un potente antipsicotico, ma ha dei problemi di utilizzazione perché può
provocare effetti cardiaci negativi (come aritmie) e quindi non è troppo usato. Ha un effetto extrapiramidale
potente perché, fra i farmaci riportati, è il più potente antagonista selettivo dei D2 puri; l’ipotensione l’ha
persa in parte e la sedazione l’ha persa perché ha perso sia l’effetto antimuscarinico che quello antistaminico.
E’ vero che è un potentissimo antipsicotico, ma al tempo stesso dà effetti extrapiramidali molto più evidenti
rispetto alla Clorpromazina. Essa, riflettendoci bene, ha anche un meccanismo di protezione endogeno: tra i
vari effetti collaterali ha, blocca i recettori colinergici, quindi muscarinici, riducendo così la trasmissione
dell’interneurone dentro i nuclei della base, in modo da ridurre il Parkinson. Vedremo poi la Clozapina (il
prototipo dei nuovi antipsicotici) che è il più potente antipsicotico dal punto di vista terapeutico e non ha
attività extrapiramidale, e questo fonda il concetto degli ‘atipici’.
Caratteristiche degli antipsicotici tipici. Sono attivi sui sintomi positivi, ma non sono efficaci sui sintomi
negativi, cognitivi e depressivi. Hanno elevati rischi di effetti indesiderati: gli effetti extrapiramidali (EPS) sono
quelli più importanti, poi la discinesia tardiva, cioè una complicanza del trattamento a lunga durata dovuta
sempre ad un’alterazione di sensibilità dei recettori dopaminergici, e effetti secondari a iperprolattinemia.
Gli effetti collaterali motori (Parkinismo e discinesia tardiva) non sono quasi più osservabili perché è quasi
scomparso l’utilizzo di questi farmaci. L’acatisia, disturbo in cui il paziente è in piedi e non riesce a stare fermo
con le gambe (pesticcia coi piedi sul posto), si accompagna con sintomi psichici (tensione, disforia). La
distonia, invece, è di tipo motorio: è la contrazione involontaria di muscoli, che può anche essere molto
dolorosa.
Gli effetti sul blocco della regolazione della
prolattina, quindi l’iperprolattinemia, sono
molto spiccati con questi farmaci tipici e molto
meno presenti con gli atipici, cosa che tuttavia
non garantisce che non ci sia una qualche
manifestazione da iperprolattinemia perché,
soprattutto nelle donne che sono molto più
sensibili anche ai bassi livelli di prolattina, un
innalzamento più modesto (nella slide si vede
che il livello di prolattina da 7.3 arriva a 42.0,
quindi è 6 volte maggiore, ma può essere 3-4
volte o anche 10) porta a disturbi da
iperprolattinemia: ● nella donna sono
amenorrea, dismenorrea e galattorrea ●
nell’uomo sono ginecomastia (crescita delle
ghiandole mammarie) e impotenza sessuale ●
in entrambi i sessi compare la riduzione della
libido e anorgasmia. E’ facilmente
comprensibile che questi farmaci trovavano grandi limitazioni: portavano alla risoluzione dell’attacco
psicotico acuto, ma per la terapia a lungo termine creavano vari problemi.
Hanno anche altri effetti collaterali possibili. ● Disturbi del Sistema Nervoso Autonomo: attività
anticolinergica e adrenolitica (cioè α1 bloccanti e antimuscarinici) ● Disturbi cardiaci: aritmie -> tutte le
fenotiazine, quindi la Clorpromazina, ma anche l’Aloperidolo, in generale li possono provocare tutti gli
antipsicotici e gli antidepressivi triciclici -> creano delle difficoltà di trattamento per i pazienti cardiopatici ●
Disturbi cutanei: fotosensibilità, depigmentazione, orticaria (come la Clorpromazina) ● Disturbi oculari (ci
sono quelli acuti dovuti all’effetto antimuscarinico, ma se ne possono avere anche altri): depositi retinici (per
esempio con la Tioridazina) ● Abbassamento della soglia delle convulsioni ● Sindrome maligna da neurolettici
(evenienza che oggi è abbastanza rara): è una grave manifestazione tossicologica con un’esaltazione enorme
degli effetti extrapiramidali (il paziente è totalmente bloccato dal punto di vista motorio) e con un’ipertermia.
Parlando della Clorpromazina non si è detto ma nelle slide c’è scritto, questi farmaci fanno sballare il sistema
della termoregolazione, lo inibiscono al punto che il paziente quando va al freddo si raffredda, quando va al
caldo si surriscalda; a volte questo avviene endogenamente e questo porta a una sindrome difficile da
trattare, spesso anche mortale. La diagnosi di questi pazienti è: -assumono neurolettici (cioè antipsicotici
tipici) -hanno febbre sopra i 39° -stato confusionale -sono rigidi e hanno tremori -la contrazione muscolare
porta anche alla sofferenza dei muscoli, rottura di qualche fibra, e quindi si vedono parametri chimici dovuti
alla morte di alcune cellule muscolari (parametri simili a quelli dell’infarto cardiaco). Per curare questa
sindrome: è richiesto uno specialista tossicologico; non si danno antagonisti muscarinici perché il paziente è
talmente intossicato che la somministrazione di una qualsiasi sostanza di questo genere può solo portare ad
un peggioramento; alcalinizzare le urine se presente mioglobinuria; misure sintomatiche per controllo idro-
salino e della temperatura corporea (antipiretici; materassi raffreddati); farmaci agonisti sui recettori al GABA
(BDZ) ed eventualmente sui recettori alla DA (L-DOPA?); Dantrolene (1-10 mg/kg/day e.v) e controllo
situazione emocoagulativa. Nella tabella, che è un riassunto di almeno 15 anni di attività, si vede che, su 7
casi di pazienti con questa rara sindrome, 3 sono stati mortali nonostante la terapia.

Abbiamo già visto nelle strategie degli antidopaminergici che questi farmaci possono essere utilizzati nel
trattamento di nausea e vomito (sono antiemetici); sono utilizzabili nel controllo del singhiozzo intrattabile
(il singhiozzo che dura per giorni crea un enorme dispendio energetico e difficoltà di alimentazione); la
Clorpromazina in particolare è utilizzabile nel controllo del prurito perché è sedativa, antistaminica e
anticolinerginca e questo effetto combinato facilita il controllo; sono utilizzabili in malattie neurologiche
come la Corea di Huntington (che può essere vista come l’opposto del Parkinson, con movimenti involontari
molto fluidi) e la Sindrome di Gilles de la Tourette (sono presenti tic motori, rumori sgradevoli, e sintomi
psichici, come eretismo psichico ma
anche molta creatività e grande
attività cerebrale).
E’ ovvio che i pazienti che hanno già
una cardiopatia o sono parkinsoniani
non devono essere trattati con
questi farmaci.
Per quanto riguarda l’impiego
clinico, il 30% dei pazienti trattati
con antipsicotici tipici non
rispondono, hanno poca
compliance, hanno ricadute.

I nuovi antipsicotici (antipsicotici ‘atipici’), di cui il prototipo è la CLOZAPINA, si dividono in gruppi un po’
diversi per le loro caratteristiche farmacologiche e accessorie, ma si
dirigono sempre sui D2-like (chi più chi meno sui D2, D3, D4).
Fondamentalmente la Clozapina è sul D4 (visto nel grafico di prima
della correlazione terapeutica), però altri hanno effetti molecolari
diversi, sia a livello dei recettori dopaminergici che a livello di altri
recettori.
Se prendiamo la classe degli atipici, il profilo che ne viene fuori è
questo a lato (ovviamente non ogni farmaco ha tutti questi effetti,
ma se li mettiamo tutti insieme, tutti i recettori nel complesso sono
antagonizzati). Questo rende difficile fare il grafico che avevamo
visto prima, perché è difficile individuare l’effetto negativo di ogni
farmaco sui vari recettori. Ad ogni modo, hanno tutti una minore
affinità per i D2 veri e una maggiore affinità per i recettori D3 e D4, e molti di loro presentano una maggiore
affinità per i recettori 5-HT2 di vario tipo (ci sono A, B, C). Quindi il loro profilo di efficacia è cambiato: sono
efficaci sui sintomi positivi ma anche sui negativi, depressivi e cognitivi (dal momento che il paziente migliora
nel suo complesso, anche tutti gli altri aspetti riesce a gestirli più efficacemente); non ci sono, o comunque
sono ridotti al massimo, gli effetti extrapiramidali; sono ridotti o assenti gli effetti di iperprolattinemia;
migliore performance psicomotoria e cognitiva; migliore vissuto soggettivo rispetto al farmaco; migliore
adesione alla terapia.
Hanno comunque avuto una storia travagliata. La Clozapina, sintetizzata a fine anni ’50 inizio anni ’60 (quando
le industrie farmaceutiche hanno visto aprire il mercato), è stata introdotta nel commercio nel 1960, nel 1975
si descrivono casi di agranulocitosi (=non si formano più granulociti e infine muore per mancanza di difese
immunitarie) mortali e stoppa momentaneamente l’utilizzo del farmaco, ritirato dal commercio in tutto il
mondo tranne in Germania, perché i tedeschi non sono convinti di sbarazzarsene totalmente: allora seguono
e controllano i pazienti dal punto di vista clinico, ematochimico, mentre fanno dei protocolli in cui
somministrano la Clozapina; alla fine hanno trovato uno schema terapeutico affidabile e utilizzabile. Nel
frattempo si sono anche trovati farmaci alternativi. Nel 1990 viene reintrodotta per pazienti selezionati:
questo farmaco non dà assolutamente effetti extrapiramidali, quindi è tutt’oggi utilizzato in associazione col
Parkinson quando compaiono sintomi psicotici (è l’unico utilizzabile nei pazienti con Parkinson e sintomi
psicotici), inoltre è più efficace dei farmaci tipici -> abbiamo detto che il 30% dei pazienti non risponde agli
antipsicotici classici, ma nemmeno agli atipici; se però diamo la
Clozapina a quelli resistenti, un terzo dei resistenti risponde al
farmaco (quindi è comunque più potente).
La Clozapina ha moltissimi effetti farmacologici: è un
antimuscarinico (M1), un anti-D2 ma fondamentalmente anti-
D4, poi è antistaminica, α1 bloccante, 5-HT2 bloccante ma anche
5-HT2C. A livello dei D2, al massimo può arrivare al 50% del
blocco dei recettori, quindi restiamo nella riserva funzionale, ma
sui recettori 5-HT2 c’è un blocco del 85-90% (la differenza con gli
antipsicotici tipici è notevole).

Come si è già detto, la Clozapina quando viene riportata


per i D4 invece che per i D2, ricade nella correlazione
come buon antipsicotico.

Effetti desiderati: ● bassa incidenza di effetti collaterali


neurologici ● azione terapeutica sui sintomi positivi e
negativi ● efficace nel 30-40% dei pazienti che non hanno
risposto ad un altro antipsicotico ● rischio di
agranulocitosi (quindi è richiesto un controllo settimanale
della crasi ematica) ● non induce iperprolattinemia.

Questo che segue è il protocollo che il paziente psicotico


deve seguire quando prende la Clozapina. Conta dei
globuli bianchi con formula leucocitaria, da effettuare: - settimanalmente per le prime 18 settimane - ogni
mese nel periodo successivo; In caso di leucopenia (leucociti <3000/mmc con polimorfonucleati
<1500/mmc): - sospendere immediatamente il trattamento - eseguire quotidianamente la conta dei leucociti
e la formula, sino al raggiungimento di un valore > 3000/mmc.
Effetti indesiderati della Clozapina. Ha un effetto strano per essere un antimuscarinico perché ha tanti effetti
antimuscarinici di base ma, invece di dare secchezza della bocca, dà scialorrea (nel 23% dei pazienti) -> questo
perché è anche agonista di altri recettori muscarinici (M2); produce sedazione (perché ha un effetto
antistaminico -> è un α1 bloccante); aumento ponderale (per l’effetto antistaminico); disturbi
gastrointestinali (tra cui può esserci la stipsi); ipotensioni; tanti altri meno frequenti rispetto a questi suddetti,
come tachicardia, febbre, convulsioni, alterazioni ECG, leucopenia e agranulocitosi.
Oggi, tra le sostanze più utilizzate che hanno sostituito la Clozapina c’è
l’OLANZAPINA, una sostanza correlata alla precedente dal punto di vista chimico,
che ha meno effetti recettoriali. Nella figura a fianco, dove c’è scritto D2, in realtà
ci dovrebbero essere D2, D3 e D4, quindi basta
ricordarsi che è D2-like. E’ antagonista di: α1, H1, M1 e
5-HT2A; è un ottimo antipsicotico. Può essere sostituita
dall’utilizzo di sostanze che hanno un qualche
vantaggio, come il RISPERIDONE: agisce anch’esso sui
D2-like, agisce sui 5-HT2A, ma non ha effetti antimuscarinici e antistaminici, quindi
ha meno effetti indesiderati nella terapia quotidiana.
L’Olanzapina si lega con alta affinità ai recettori muscarinici (quindi li blocca),
mentre il Risperidone ha bassa affinità con tali recettori, quindi non dà effetti antimuscarinici.
L’Olanzapina è, quindi, simile alla Clozapina ma con minori effetti sull’agranulocitosi (è più basso il rischio) e,
come la Clozapina, agisce sui sintomi positivi sia in fase acuta che di mantenimento, è efficace sui sintomi
negativi e sui sintomi depressivi e cognitivi collaterali che compaiono nella schizofrenia. Inoltre dà: scarsi
effetti extrapiramidali e di discinesia tardiva; pochi effetti sulla prolattina; minor rischio di agranulocitosi (per
la Clozapina era già 5x1000, quindi se è minore è veramente trascurabile); ridotto rischio di crisi convulsive;
ridotti effetti sul sistema pressorio e cardiaco. E’ vantaggiosa anche dal punto di vista farmacocinetico perché
è una sostanza che si può dare una volta al giorno, si
può identificare la dose terapeutica fin dal primo
giorno (se non ci sono effetti indesiderati, si può
stabilizzare la terapia).
Gli effetti dell’Olanzapina sono: ● è ben tollerata ●
bocca secca o stipsi ● incremento ponderale ●
sedazione ● basso rischio di sovradosaggio.
Dal punto di vista dell’ipotensione (data sia dal blocco
dei recettori H1 che α1), tutte queste sostanze
possono essere disposte in tale ordine per apprezzarne
le differenze. In base all’azione esercitata
sui recettori, alla fine si rimescola
l’ordine degli effetti ipotensivi di ogni
sostanza.

Più interessante è la seguente slide


(ottenuta attraverso una metanalisi di 78
studi) che mostra come tutti i farmaci,
tipici e atipici, producono modificazioni
del peso con un trattamento (in questo
caso) di 10 settimane (in genere, il
trattamento di uno psicotico dura più a
lungo e questo è il periodo per vedere se
funziona). Si vede che la Clozapina,
l’Olanzapina, ma anche quelli vecchi
come la Teoridazina e la Clorpromazina, producono un incremento ponderale. Nel grafico è riportato
l’aumento del peso medio: un aumento del peso medio di 5 kg vuol dire che se 5 pazienti sono aumentati di
1-2 kg, altri hanno preso 15 kg. L’aumento di peso porta ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari.
Ci sono anche altre teorie sull’aumento di peso che coinvolgono anche il sistema istaminergico (H1), una
modificazione della secrezione ormonale di leptina, un’alterazione degli effetti serotoninergici.
Quello che è importante, e che ha portato inizialmente a limitare l’uso della Clozapina, è che gli atipici
producono una modificazione metabolica, che può portare ad una sindrome grave chiamata Sindrome
Metabolica, un grave disturbo cardiovascolare (che può portare alla morte nei casi più gravi) che viene
diagnosticato quando è presente una di queste manifestazioni: ● modificazione della risposta al glucosio
(quindi una specie di diabete mellito) ● intolleranza al glucosio ● alterata glicemia a digiuno o insulino-
resistenza; E devono essere presenti 2 dei prossimi sintomi: ● dislipidemia -> triglycerides (TG): ≥
1.695 mmol/L and high-density lipoprotein cholesterol (HDL-C) ≤ 0.9 mmol/L (male), ≤ 1.0 mmol/L (female)
● aumento di pressione ≥ 140/90 mmHg ● obesità centrale -> waist:hip ratio > 0.90 (male); > 0.85 (female),
or body mass index > 30 kg/m2 ● microalbuminuria -> urinary albumin excretion ratio ≥ 20 µg/min or
albumin:creatinine ratio ≥ 30 mg/g.
Quello che sappiamo,
da 8 anni a questa
parte, è che la
Clozapina non è poi
così male: i pazienti
schizofrenici, seguiti
per 11-12 anni dopo
l’inizio della terapia,
hanno una minore
mortalità rispetto al
trattamento con tutti
gli altri antipsicotici.
Cioè da un lato ha
tutte le suddette
potenzialità negative,
ma dall’altra ha un
rischio di morte
inferiore a tutti gli altri
farmaci. Nella slide
sono riportati quasi
tutti i farmaci e i vari
tipi di morte. Nella
morte per suicidio, la
Clozapina è
estremamente
efficace, ma anche
l’Aloperidolo, mentre
l’Olanzapina è neutra in questo senso (non migliora e non peggiora rispetto alla media). Nella morte per
disturbo cardiaco è strano che la Clozapina sia così efficace, perché avevamo detto che era associata alla
Sindrome Metabolica; ma probabilmente è proprio per tutta la rosa di rischi che si porta dietro che il paziente
è più medicalizzato e seguito meglio; in realtà hanno corretto lo studio per questa variabile e non è
effettivamente così.
Andiamo a vedere gli antipsicotici e la prolattina. In una visione globale di vecchi e nuovi, quelli vecchi
aumentano la prolattina, come l’Aloperidolo, il Pariperidone (insomma quelli tipici); gli atipici innalzano la
prolattina pochissimo, ma questo non vuol dire che non ci siano effetti indesiderati. L’unico farmaco che ha
alcune evidenze che dimostrano che non aumenta la prolattina (anche se non c’è da metterci la mano sul
fuoco) è l’Aripriprazolo; tutti aumentano più o meno la prolattina (quelli nuovi l’aumentano meno rispetto ai
classici). Vediamo le conseguenze dell’iperprolattinemia (ovviamente a seconda dei livelli di prolattina): gli
effetti sul ciclo mestruale (amenorrea, menorragia, oligomenorrea, anovulazione, polimenorrea) e sul
desiderio, ma anche ipospermia e azoospermia, o galattorrea, riduzione della libido, problemi di erezione,
irsutismo, obesità.
Qui sono indicati i dosaggi per far vedere che, non solo
l’Olanzapina è un analogo della Clozapina che agisce più o
meno sugli stessi recettori senza alcuni effetti indesiderati
(come l’agranulocitosi), ma è anche più potente (non vuol
dire più efficace, ma che è richiesta una minor dose per
ottenere lo stesso effetto). Il dosaggio è importante anche
perché dà l’idea che la concentrazione del farmaco di per
sé non è una cosa secondaria perché tutte le molecole, a
concentrazione sufficientemente alta, finiscono per legarsi
su dei siti che non erano quelli desiderati, quindi la potenza di un farmaco ha un aspetto anche positivo, cioè
è talmente affine per il sito in cui lo mandiamo, che non importa riempire l’organismo di molecole che vanno
un po’ dappertutto e che si possono legare dove non si devono legare. La Clozapina, a 450 mg/kilo, non è
improbabile che si leghi a tutti quei recettori a cui potenzialmente può legarsi: fornendo una dose così alta,
abbiamo certamente più effetti indesiderati che se riusciamo a controllare il tutto con una dose più bassa.
Con l’Olanzapina a 5 mg, se riesce ad avere la sua azione predominante sui D3 o i D4, smorza a dosi che non
fanno comparire gli effetti indesiderati.
Per trattare pazienti a lungo termine, gli antipsicotici di prima scelta sono gli atipici. Abbiamo già visto che
esistevano delle formule a lunga azione e ci sono anche per l’Olanzapina, il Risperidone e il Paliperidone, che
durano da 2 a 4 settimane, quindi è una buona copertura. Il loro vantaggio è che gli effetti indesiderati da
sovradosaggio e permanenza di queste sostanze sono molti ridotti, quindi questo è un altro motivo per
preferirli.
I farmaci sono metabolizzati nel fegato dai CYP450 e su questi CYP si possono avere due effetti: 1) l’induzione
farmacologica, cioè l’aumento del numero degli enzimi (per esempio da parte di anticonvulsivanti come la
Carbamazepina) che permette di metabolizzare più velocemente il farmaco, riducendone i livelli, così da far
ricomparire la manifestazione psicotica 2) inibizione degli enzimi -> se il paziente ha una malattia affettiva e
gli forniamo l’Eritromicina per 1-2 settimane e i livelli dell’antipsicotico salgono, così il paziente manifesta
effetti indesiderati (per effetto di antibiotici, antidepressivi o antifungini).
Ci sono delle evidenze per cui il trattamento antipsicotico deve essere adattato nelle donne per certi
parametri: per quanto riguarda la qualità dell’evidenza alta c’è il fatto delle dosi più basse, del deposito che
va fornito a intervalli più lunghi (perché c’è un metabolismo diverso e anche una distribuzione delle masse
corporee diversa), dei livelli di prolattina più alti nelle donne, dell’obesità che è un problema più femminile,
della necessità di mammografie ecc, della modulazione del dosaggio nelle donne anziane, dell’impatto degli
effetti collaterali; per una qualità dell’evidenza più
bassa (non ci sono troppe evidenze) c’è il fatto del
cambiare dosaggio durante il ciclo mestruale e in
fase post-menopausa.
Dunque la differenza tra farmaci tipici e atipici, che
porta ad utilizzare gli atipici, è evidente perché, alla
fin dei conti, c’è una miglior qualità della vita per il
paziente, un migliore reinserimento sociale
(eliminando o comunque riducendo i sintomi
negativi diventa socialmente reinseribile).
Tra gli antipsicotici atipici, succede che abbiamo farmaci di prima scelta (Olanzapina, Risperidone) e di
seconda scelta (Ziprasidone, Quetiapina o Clozapina); se non vi è aderenza al trattamento, è preferibile
utilizzare gli atipici a long acting (formulazioni deposito), come seconda scelta la Clozapina o l’Aloperidolo; in
caso di emergenze, per esempio se arriva un paziente in stato delirante e agitato, è preferibile dare
l’Olanzapina, se invece non ha necessità di sedazione si dà l’Aripriprazolo. Il farmaco di elezione prima era
l’Aloperidolo, ma ora è controindicato in tutti i pazienti a rischio cardiovascolare e quindi, avendo delle
alternative, e il medico non lo dà. Vanno somministrati intramuscolo: primo perché le pasticche non le
prendono, secondo perché la biodisponibilità generale è migliore.
Con i nuovi farmaci (atipici) si può anche migliorare la parte di aggressività e quella dell’ansietà e della
depressione, ma in questo secondo caso bisogna pensare ad una terapia aggiuntiva con ansiolitici,
stabilizzanti dell’umore e/o antidepressivi.
Riflessioni di un medico di un ospedale psichiatrico nel ’64 (quando si potevano già vedere gli effetti
indesiderati della Clorpromazina): “Mi vengono delle interrogazioni contro le pasticche, cariche di
psicofarmaci capaci di mettere un’altra camicia di forza, forse più dolorosa. E’ una meravigliosa rivoluzione?
Oppure siamo riusciti ad avere quello che veramente desideravamo?”. In realtà allora nessuno poteva dire
di essere arrivati dove volevano, ma oggi si può dire che siamo arrivati ad avere condizioni di terapia migliori
per una malattia molto grave.
Lezione del 30.03.2017

EPILESSIA E ANTIEPILETTICI

I farmaci antiepilettici vengono usati per l’epilessia, ma vengono utilizzati ampiamente anche dagli
psichiatri, in ambito terapeutico; per questo interessano anche a noi.

EPILESSIA  In questa malattia esistono delle CRISI, che sono manifestazioni cliniche di una
eccitazione eccessiva ed abnorme di una popolazione di neuroni corticali (del sistema nervoso
centrale); possono essere causate da molte situazioni (in genere patologiche), ma si parla di
malattia epilettica quando le crisi si ripetono nel tempo: una singola crisi compulsiva non è
definibile come epilessia. La gravità della patologia non è legata solo alla gravità della crisi.
Per definire la malattia epilettica bisogna anche considerare che la causa non deve essere
riconoscibile con un’intossicazione, oppure febbre.
Dato che la malattia epilettica è caratterizzata dalla ricorrenza delle crisi, il FARMACO
ANTIEPILETTICO è un farmaco che diminuisce la frequenza e/o la gravità delle crisi in pazienti
epilettici: è una malattia cronica, e quindi la terapia è cronica, e non ci sono farmaci che fanno
sparire del tutto le crisi, tranne in casi fortunati. Tratta i sintomi della crisi, ma non la condizione
epilettogenica sottostante. In casi gravi si considera efficace un farmaco che aumenta in maniera
significativa l’intervallo tra una crisi e l’altra.
Lo scopo della terapia è quello di migliorare la qualità della vita riducendo le crisi, senza indurre
effetti indesiderati da farmaci. La malattia non è mortale, per cui i pazienti si accumulano e si
arriva a una percentuale del 2% nella popolazione generale.

È una malattia che nasce con l’uomo. Per la sua manifestazione, specialmente nelle crisi convulsive
tonico-cloniche, dette GRANDE MALE, è descritta bene nella sintomatologia già all’epoca degli
Assiri e dei Babilonesi; a quei tempi veniva tutto attribuito alle divinità, ai demoni, credenza
rimasta fino al Medioevo, tempo in cui chi presentava queste crisi era considerato un indemoniato
da esorcizzare.

Oggi i farmaci antiepilettici sono abbastanza numerosi, ma fino agli anni ‘80/’90 i farmaci
antiepilettici erano molto pochi. Si parla di GRANDE MALE e di PICCOLO MALE.

 CONVULSIONI – Sono delle manifestazioni motorie: il paziente ha un primo momento di


irrigidimento motorio, poi comincia ad avere le convulsioni, poi cade a terra e perde coscienza. In
genere identificano un grande male, si risolvono in 2/3 minuti, il paziente rimane spesso spossato.
Sono manifestazioni funzionali, per cui di per sé non sono causa di morte, a meno che non si
faccia male; esistono però delle situazioni gravi, in cui le crisi si ripetono di continuo una dietro
l’altra senza interruzione, e che possono portare all’esaurimento del paziente con gravi alterazioni
metaboliche e anche alla morte. Le convulsioni possono essere presenti in sindromi epilettiche,
nelle convulsioni febbrili benigne del bambino, nelle intossicazioni da vari farmaci antibatterici, nei
sintomi d’astinenza, nell’eclampsia (sindrome gravidica, che compare dopo la ventesima settimana
di gravidanza), e nei disturbi metabolici (diabete, ipoglicemia, etc..).
Le convulsioni, avendo tutte queste cause, hanno un’incidenza (ossia i nuovi casi) non trascurabile,
e nel corso della vita il 9% della popolazione ha avuto almeno una crisi convulsiva. L’epilessia ha
un’incidenza dello 0.5%, ed è il gruppo più comune delle malattie neurologiche.

 CAUSE DI EPILESSIA: infezioni (ad esempio dopo un’encefalite), cause vascolari tumori, etc.. .
C’è una grande parte delle cause però che non è nota; attualmente si stanno identificando dei
fattori di rischio, grazie al fatto che alcuni farmaci, utilizzati da secoli, hanno dei meccanismi
riconoscibili, ad esempio sui canali del sodio voltaggio-dipendenti, per cui in alcuni pazienti
epilettici si è vista l’associazione con delle mutazioni di questi canali.
Esistono anche associazioni con il recettore del GABA, che è un sistema inibitorio, per cui se
abbiamo un’alterazione nella sua funzione l’eccitazione può prevalere in alcuni gruppi cellulari, che
a quel punto “impazziscono” e reclutano tutto il cervello nella crisi epilettica.
Infine sono coinvolti anche i canali del calcio.
Tutte queste alterazioni sottolineano la razionalità del fatto che alcuni farmaci che potenziano la
trasmissione gabaergica, o che inibiscono i canali del sodio o del calcio voltaggio-dipendenti, sono
antiepilettici.

L’incidenza della malattia è media, ma se andiamo a vedere a che età compaiono le epilessie
vediamo che c’è una comparsa abbastanza precoce nei bambini, poi si ha un’incidenza costante a
varie età della vita (a 20, a 30, o a 50, con la stessa probabilità), ma poi risale perché, superata
una certa età, cominciamo a entrare in gioco tutte le altre malattie (tumori cerebrali, traumi,
malattie vascolari).

 CLASSIFICAZIONE SEMPLIFICATA DELLE SINDROMI EPILETTICHE


Fondamentalmente possiamo sottolineare che esistono EPILESSIE GENERALIZZATE (che prendono
tutto il cervello) e EPILESSIE PARZIALI o FOCALI (dove invece l’attacco epilettico rimane
localizzato: se è nella corteccia motoria della mano la persona avrà una crisi convulsiva clonica
nella mano).

EPILESSIE GENERALIZZATE:
- ASSENZA (PICCOLO MALE): crisi non motoria, prende tutto il cervello, si manifesta con una
perdita di coscienza per qualche secondo, che è quella che sperimentiamo quando ci
incantiamo ad esempio; è fisiologica, ma se si ripete più volte in un giorno o più volte in
un’ora è disabilitante e diventa patologica, in quanto può accumularsi disabilità cognitiva
(un bambino che a scuola ha una serie di episodi del genere non apprende niente). Non è
che porta forzatamente a ritardi cognitivi, però deve essere trattata.
- TONICO-CLONICA (GRANDE MALE) - Crisi compulsiva epilettica motoria. Nel momento in
cui inizia la crisi il soggetto perde coscienza, e rimane così fino anche a qualche minuto
dopo la crisi quando comincia piano piano a riprendersi. Durante tale crisi non si deve in
generale intervenire, perché è una crisi che si esaurisce da sola nel giro di qualche minuto.
L’unico intervento possibile è quello di prevenire la crisi. Il paziente si ricorda di aver avuto
la crisi, chi ne ha avute tante si accorge di quando stanno per arrivare.

(ha fatto vedere dei video di crisi epilettiche)

Sulla contrazione, il soggetto può arrivare a mordersi la lingua, a lesionarsela fortemente. I casi
sono tutti diversi, una cosa però importante in tutti i casi è togliere le protesi perché le potrebbero
ingoiare.
A questo punto guardiamo un altro caso (video): il soggetto ha una crisi temporale, quindi non si
parla propriamente di crisi epilettica, ma alcune manifestazioni come la perdita senza movimenti
clonici, anche se questo tipo di crisi si manifesta con delle stereotipie; lui sta fermo. È una crisi
temporale in cui c’è una stereotipia e l’immobilizzazione del paziente, che poi si risolve
spontaneamente. È un momento di perdita di coscienza.
Video: in questo caso il paziente ha una crisi complessa, perché si sviluppa una vera e propria crisi
epilettica. Comincia ad avere una crisi di ipertono e poi una crisi tonico-clonica.
Storia dei farmaci antiepilettici
(anno d’immissione in commercio)

1860-1960  Vigabatrin 1985


 Bromuri 1860
 Fenobarbitale 1912 1991-2004
 Fenitoina 1938  Gabapentina 1993
 Primidone 1954  Felbamato 1993
 Etosuccimide 1960  Lamotrigina 1994
 Topiramato 1996
1960-1990  Tiagabina 1997
 Diazepam 1968  Levetiracetam 1999
 Carbamazepina 1974  (Riluzolo) 2002
 Clonazepam 1975  Zonisamide 2006
 Valproato 1978

Il primo antiepilettico è il Fenobarbital, che è un barbiturico ed è una sostanza che agisce sui
recettori del GABA, aumentando la risposta del GABA sul suo recettore. Questo 100 anni fa, quindi
per 5000 anni (ossia da quando abbiamo la prima testimonianza di epilessia) non c’erano farmaci:
nel 1912 viene introdotto il barbiturico Fenobarbital per il grande male, mentre non esisteva
ancora nessun farmaco per il piccolo male.
Nel 1938 viene introdotta la Fenitoina, che è il più potente antiepilettico arrivato fino agli anni
Settanta; è pieno di effetti indesiderati, come la crescita delle gengive che arrivano anche a coprire
i denti o il sutismo.
Nel 1960 si arriva alle molecole che trattano il piccolo male, ossia l’Etosuccimide. Quindi per 50
anni si è trattato soltanto il grande male, ma non il piccolo male.
Vengono poi introdotti gli ansiolitici, come il Diazepam, che iniettato e dato per via rettale è un
potente anticonvulsivante, ma non è un antiepilettico ed è utilizzato per stroncare quelle crisi di
stato di grande male (stato in cui il paziente ha convulsioni continue); se si riesce ad interrompere
lo stato di grande male, si danno poi altri farmaci.
La Carbamazepina è un farmaco importante, che entra negli anni Settanta, che ha un meccanismo
d’azione totalmente diverso rispetto ai farmaci precedenti.
Viene poi introdotto il Clonazepam, che è una benzodiazepina ed ha caratteristiche favorevoli
anche per un trattamento cronico, ma non sempre si ha poi una tolleranza all’effetto
anticonvulsivante in alcuni pazienti.
Il Valproato è un farmaco importantissimo nel piccolo male, anche se viene utilizzato anche nel
grande male; è uno dei pochi che può essere utilizzato sia nel piccolo male che nel grande male,
fino ad adesso c’era una distinzione tra i farmaci. Il rischio di dare un antiepilettico per il grande
male in un piccolo male è che può precipitare anche una crisi di piccolo male. Questi farmaci non
sono intercambiabili, salvo alcune eccezioni come nel caso del Valproato.
Nelle assenze si dà l’Etosuccimide e il Valproato. Nelle crisi tonico-cloniche i farmaci disponibili
sono la Carbamazepina, il Fenobarbital ecc (vedi tabella). Tra quelli di nuova generazione, la
Lamotrigina sta tra tutti e due. Il Topiramato ha una posizione che può essere data nelle crisi
tonico-cloniche, ma anche in altre forme.
Perché gli antiepilettici come classe sono importanti? Perché oltre che nell’epilessia, sono
largamente utilizzati anche nei disordini bipolari e anche nel dolore neuropatico. Si stanno poi
anche proponendo in alcune situazioni di schizofrenia, nell’abuso di alcol, psicomanie. Ma i tre
principali ambiti di utilizzazione degli antiepilettici sono:
- Epilessia
- Disordini bipolari
- Dolore neuropatico

Principali farmaci antiepilettici e loro indicazione:


Grande Male  Primidone
(+ crisi parziali e complesse)
 Carbamazepina Piccolo male
 Oxcarbazepina  Etosuccimide
 Difenilidantoina  Valproato di Sodio
 Lamotrigina  Lamotrigina
 Valproato di Sodio  Clonazepam
 Fenobarbitale

Meccanismi cellulari alla base dell’epilessia


L’epilessia deriva dal fatto che l’ECCITAZIONE prende il sopravvento sull’INIBIZIONE.
Quindi le cause sono:
- Aumento di eccitabilità dei neuroni (i neuroni hanno la possibilità di comunicare tra loro
attraverso la produzione di potenziali d’azione, i quali sono dovuti all’apertura dei canali del
Sodio voltaggio-dipendenti)
- Supponendo di avere un’alterazione genetica (i canali del sodio si eccitano ppiù facilmente)
oppure alcuni neuroni in sofferenza cominciano a “sparare” e con la loro attività ripetitiva
ad alta frequenza attivano altri neuroni, che attivati ad alta frequenza perdono anche loro il
controllo inibitorio e si ha la crisi generalizzata. Esistono poi delle vie che proiettano a tutta
la corteccia e che, una volta che sono reclutate (come il talamo), tutta la corteccia viene
reclutata da questa scarica ad alta frequenza.
- L’altra possibilità è l’insufficienza dell’inibizione GABAergica: se alcune zone del cervello
hanno una perdita della capacità degli interneuroni o dei neuroni GABAergici di inibire – c’è
sempre un equilibrio tra l’attività delle cellule eccitatorie e quelle inibitorie  se si perde
l’inibizione, quindi il controllo di quelle eccitatorie, parte una crisi epilettica, o meglio può
partire.

La tabella riportata di seguito serve per vedere quali sono i bersagli che nel tempo sono stati
identificati e sono i bersagli principali dei vari farmaci. Sono molte le sostanze che agiscono sui
canali del sodio. Il Valproato, ad esempio, riduce l’eccitabilità direttamente inibendo i canali del
sodio, ma anche potenzia la trasmissione inibitoria GABAergica (per questo ha un’azione più
ampia). Il Fenobarbital potenzia l’inibizione GABAergica.
Meccanismo principale di tutti gli antiepilettici che agiscono nel grande male e che sono classificati
come farmaci inibitori dei canali del Sodio voltaggio-dipendenti  anche negli altri usi,
come ad esempio nel dolore neuropatico, diventa più ragionevole capire come questi farmaci sono
antiepilettici ma funzionano anche nel dolore.
Come funziona il canale del sodio? Il canale del sodio voltaggio-dipendente ha diversi stati:
- Stato di riposo, in cui è chiuso ed è attivabile  quando il voltaggio della membrana arriva
alla sua soglia (depolarizzazione), il canale si apre, quindi si attiva ed entra il sodio 
produzione del potenziale di azione: è un’entrata di sodio che deve essere in qualche modo
limitata; viene limitata anche dall’apertura di altri canali, come quelli potassici, che si
oppongono alla depolarizzazione, ma anche dall’inattivazione dei canali del sodio. Il canale
del sodio, una volta aperto, poi si inattiva e si richiude: deve tornare nella situazione di
attivabilità e di riposo attraverso una ripolarizzazione della cellula sufficientemente
prolungata per avere il ristabilimento della situazione attivabile. È un ciclo. Se abbiamo, ad
esempio 100 canali e ne abbiamo attivi 20, questi 20 per un po’ non possono funzionare
per fare un altro potenziale d’azione, ma ce ne sono comunque altri 80; c’è sempre un
numero di canali disponibili per essere attivati.

Antiepilettici che agiscono sui canali del sodio voltaggio-dipendenti  se avessimo un bloccante
dei canali, che agisce o a riposo o durante l’apertura del canale, non avremmo potenziali d’azione
e il paziente muore (se non ci sono potenziali d’azione, non avviene la neurotrasmissione). Il punto
in cui agiscono questo sostanze è sul canale inattivato, cioè sono sostanze che riconoscono la
forma molecolare del canale del sodio quando è inattivato. A quel punto ci si legano, per un po’
reversibilmente, e prolungano il tempo necessario per riprendere la situazione di attivabilità.
Questo prolungamento porta che, se normalmente una cellula può rispondere a questa frequenza,
quando abbiamo un antiepilettico il primo potenziale è normale, il secondo trova di canale e così il
terzo e il quarto, ma poi tutti i canali sono inattivati perché sono stati attivati con una frequenza
tale che non c’è tempo di tornare allo stato di riposo, quindi la scarica si esaurisce. Questo
interrompe la scarica epilettica.
Su questo meccanismo agiscono ad esempio Carbamazepina, Valproato (anche se con un
meccanismo un po’ diverso). Quindi si esaurisce la scarica ripetitiva ad alta frequenza: ad alta
frequenza perché, se tutti i neuroni andassero ad alta frequenza, si avrebbe comunque un
problema di sopravvivenza per il soggetto; invece, se vediamo l’attivazione di un neurone da un
singolo impulso o stimolazione, produce un potenziale d’azione e si ripolarizza.
In questo momento di ripolarizzazione i canali hanno ripreso la loro possibilità di essere riattivati.
Arriva un altro stimolo, per esempio in presenza già di un antiepilettico, e non vediamo una
differenza perché a questa lentezza i canali si riattivano tutti (sono tutti riattivabili) e quindi non ci
sono problemi.
Se nello stesso neurone produciamo una scarica ripetitiva (ad alta frequenza), con l’antiepilettico
passano solo i primi due o tre, dopodichè tutti i neuroni del focus epilettogeno, che sono alterati e
fanno partire la crisi epilettica, sparano ad alta frequenza, ma selettivamente la lamotrigina, o tutte
le altre sostanze che agiscono su questo, inibiscono questa parte che recluta le crisi e lo fanno in
maniera reversibile: se diminuiamo la dose o leviamo la lamotrigina ritorna l’eccitabilità  possono
sparare ad alta frequenza.
Questo lo vediamo anche per la carbamazepima, per la definilidantoina e per il valproato: una
scarica ripetitiva viene spenta, in maniera più o meno efficace, da tutte le sostanze.
Questo avviene perché si ha un’INIBIZIONE USO-DIPENDENTE: tanto più i canali sono utilizzati
per fare potenziali d’azione, tanto più vengono inibiti  più c’è uso e più è forte l’inibizione. Se
sono usati raramente non c’è nulla; se sono usati a alta frequenza c’è uno spegnimento della crisi.
Quando sono legati il canale non si riattiva, ma poi si slegano e il canale si riattiva questo è un
meccanismo di rallentamento in quanto rallentano la situazione di attivabilità, del ritorno a riposo.
Ovviamente questo meccanismo è anche dipendente dalla dose: se vogliamo estinguere queste
crisi c’è una concentrazione di farmaco che riduce l’attivabilità del numero giusto di canali, se
aumenta la dose però si può andare in tossicità perché è talmente alta la probabilità di restare
inattivati che si può anche produrre una depressione del sistema  è un meccanismo che rallenta
il ciclo. Rallentando il ciclo, quando il ciclo è attivato molto rapidamente, a un certo momento non
trova modo di realizzarsi il potenziale di azione.
Questo appena spiegato è il meccanismo farmacologico; vi anticipo che se abbiamo una
sensazione dolorosa, periferica in cui i canali del sodio si attivano in maniera anomala, perché c’è
stata una lesione permanente del nervo, è una situazione simile a questa, solo che la
manifestazione è il dolore e non la crisi epilettica  ciò chiarisce perché questi farmaci sono usati
anche come antidolorifici nel dolore neuropatico.
La CARBAMAZEPINA è un farmaco che vi illustro per primo perché, pur non essendo né il più
recente né il primo, è uno dei primi in cui è stato determinato (insieme alla defenilidantoina)
questo meccanismo di azione.
Viene utilizzato nel grande male, ma anche nel dolore neuropatico e nei disturbi bipolari.
Dal punto di vista generale, farmacologico, è ben assorbito.
Ha un’emivita inizialmente di 30 ore, che diminuisce perché è un farmaco induttore enzimatico
degli enzimi del fegato GIP. Induzione enzimatica è l’aumento di questi enzimi e quindi se ci sono
più enzimi, quando il farmaco passa dal fegato, viene metabolizzato di più: prima avevamo 100
enzimi e ci metteva 30 ore (nel senso che aveva un’emivita di 30 ore), ora abbiamo raddoppiato gli
enzimi e l’emivita diminuisce a 15 ore.
Come induttore enzimatico induce gli enzimi; se altri farmaci sono metabolizzati da quegli enzimi,
anche gli altri farmaci verranno metabolizzati più velocemente e quindi la loro emivita diminuirà.
Allora se sono altri farmaci che servono per il cuore diventano inefficaci, se uno non gli da’ a un
ritmo diverso, cioè più frequentemente oppure se non cambia farmaco perchè ne sceglie uno che
non viene metabolizzato da questi.
(Domanda: c’è una relazione tra i farmaci antiepilettici e quelli per l’Alzheimer? No, non c’è un
razionale per dare un farmaco antiepilettico a uno che ha l’Alzheimer; dal punto di vista statistico,
confrontare uno che non è mai stato trattato con gli antiepilettici e ha un’epilessia ricorrente e uno
che è stato trattato con antiepilettici e che non ha epilessia e poi andare a vedere se a 60 anni c’è
un deterioramento mentale è molto delicato dal punto di vista scientifico. E’ chiaro che tutte
queste sostanze non hanno un’attività tossica  no correlazione tra antiepilettici e Alzheimer).
Tornando al farmaco di cui stavamo parlando, dobbiamo dire che è metabolizzato dal fegato e
quindi da dei metaboliti: alcuni di essi sono attivi, ma alcuni sono anche tossici. Esiste un
metabolita che viene prodotto, cioè l’epossido che è sia attivo che tossico perché sono delle
sostanze che reagiscono sia con il DNA che con funzioni mitocondriali, producendo un’ossidazione
o delle mutazioni e quindi sono potenzialmente tossici.
L’epossido, per esempio la carbamazepina è un triciclico che una volta ossidato dal fegato può
produrre un epossido, il quale poi si idrolizza a opera di un epossido idrossilasi, ma anche
naturalmente, però finchè è in questa forma può reagire con varie strutture cellulari e portare a
mutazione e quindi a essere tossico  andrebbe evitato.
In realtà se non sale molto questo livello, la tossicità non è gravissima perché la sua tossicità è
molto blanda, non è molto reattivo tra gli epossidi.
Visto che c’è questo problema teorico, ma anche pratico nel caso di un sovraddosaggio o di
un’interazione farmacologica, è stata sintetizzata una molecola perfettamente uguale: la
Oxcarbamazepina che qui è ossidata e quindi non può produrre il metabolita e quindi viene
metabolizzata; inoltre non produce un’induzione enzimatica verso se stessa e poco anche verso gli
altri  è un farmaco che da un certo punto di vista è un’evoluzione della carbamazepina.
Comunque la carbamazepina, forse anche per l’azione dell’epossido, ha un’azione tossica tipica:
produce una riduzione delle piastrine (trombocitopenia). Questa può essere dose-dipendente: con
dosi terapeutiche alte si presenta molto facilmente e in alcuni pazienti si può avere anche con dosi
terapeutiche basse e questo va controllato perché il paziente può avere delle emorragie, petecchie
e può diventare una sindrome mortale gravissima, cioè la porpora trombocitopenica.
Poi ci sono tante altre cose che hanno un interesse internistico, a voi interessa relativamente.
Nel foglietto illustrativo di molti farmaci c’è scritto che possono dare la sindrome di Stevens-
Johnson e i pazienti chiederanno se il farmaco è pericoloso in quanto nel 30% dei foglietti
illustrativi c’è scritto che può dare morte e quindi si capisce che il paziente abbia un approccio
psicologico piuttosto preoccupato per i farmaci.
Torniamo indietro storicamente, la DIFENILIDANTOINA è un farmaco ancora utilizzato per casi
particolari o comunque è utilizzato in quei pazienti in cui si è dimostrato efficace per 30 anni e
nessuno si prende la briga di cambiarlo. Quindi il suo uso è ridotto nel grande male, ma in altri tipi
di epilessia è ancora indicato.
E’ una sostanza che è assorbita benissimo. Ha un altissimo legame proteico e quindi se è legata il
livello plasmatico vuol dire che se abbiamo 100, il 90-95% delle molecole non sta funzionando e
solo il 5% è libero di funzionare: questo è importante perché se diamo una sostanza che spiazza
anche solo il 10% della difenilidantoina dal legame proteico è come se triplicassimo la dose e,
siccome la difenilidantoina è piuttosto tossica, si manifestano gli effetti indesiderati (anche gravi).
Allora qualsiasi farmaco che la può spiazzare può dare improvvisamente una comparsa di qualche
sintomatologia, le più gravi sono croniche.
 Cosa comporta l’alto livello proteico? Se uno ha nel sangue 100 molecole di difenilidantoina e 95
sono legate alle proteine plasmatiche, quelle che funzionano sono solo 5 (quelle non legate), se
diamo un altro farmaco che si lega alle proteine plasmatiche e spiazza 10 molecole diventano 15
quelle che stanno attivate, come avere 3 volte la dose normale.
Anche questo farmaco è un induttore enzimatico e quindi produce un aumento del metabolismo di
molte sostanze, anche endogene come gli ormoni. Come effetto ormonale dobbiamo considerare
che accelera gli steroidi, quelli femminili in particolare  il metabolismo degli steroidi femminili
porta poi a uno squilibrio verso il testosterone e le giovani donne si presentano con irsutismo
(baffi, peli).
Ha un’azione irritante: siccome è secreta a livello della bocca, della pelle e delle mucose
contribuisce a irritare le mucose della gengiva e quindi a produrre iperplasia gengivale che può
coprire i denti che non è solo perché c’è la difenilidantoina, ma perché trova in un’igiene un po’
approssimativa altri fattori stimolanti e quindi si può prevenire con un’igiene dentale accuratissima,
sin dalla prima infanzia.
Potrebbe essere un cofattore di acne perché è irritante.
Fa sì che delle vitamine (anche la D) vengano ipermetabolizzate e quindi si può avere rachitismo.
Quindi è una sostanza poco maneggevole ed inoltre è teratogena (come la maggior parte degli
antiepilettici) nel senso che aumentano la probabilità di avere un feto malformato: aumenta
l’incidenza del labbro leporino, della palatoschisi (spaccatura del palato).
Mentre il valproato, come vedremo, aumenta l’incidenza della spina bifida che è una grave
alterazione dei bambini.
Può dare rash cutaneo, che è una cosa abbastanza benigna: formazione di bollicine eritematose,
soprattutto puntini eritematosi sulle gambe. Inoltre può dare sindrome di Lyell.
ZONISAMIDE: è importante sapere che il meccanismo di azione ha principalmente inibizione dei
canali sodici e inibizione dei canali T  è un meccanismo utile nel piccolo male.
Ha dei vantaggi sul fatto che induce meno enzimi e quindi dà meno interazioni farmacologiche.
Anche questa può dare la sindrome di Stevens-Johnson, ma in generale è poco tossica.
La LAMOTRIGINA è più utilizzata perché poi verrà utilizzata anche come antidolorifico ed è
somministrata per il grande male; è abbastanza ben tollerata ed è teratogena perché è associata
con il labbro leporino.
L’altro meccanismo è aumentare l’inibizione, cioè agire sul sistema gabaergico con strategie
possibili diverse:
 Il primo consiste nell’aumentare la risposta dei recettori GABAergici al GABA; questo
meccanismo è generalmente comune al Diazepam e a tutte le benzodiazepine che possono
essere utilizzate in acuto come anticonvulsivanti, o anche nel piccolo male come
Lorazepam;
 L’altro meccanismo consiste nell’aumentare la produzione di GABA e quindi poi la sua
liberazione; su questo esistono farmaci come il Valproato che è prototipo, e poi Vigabatrin,
Tiagabina, Gabapentina

Meccanismi dell’azione degli antiepilettici: Aumento dell’effetto del GABA sui propri
recettori
Ricordiamo che le sinapsi GABAergiche sono sinapsi come quelle di tutta la neurotrasmissione, con
dei terminali in cui si sintetizza o viene sintetizzato il GABA, viene liberato, va ad agire sui suoi
recettori dove può essere la sua azione ampliata dal Fenobarbitale o dalla Benzodiazepine come
principali attori, ma ricordiamoci anche che il GABA è una sostanza che entra nel metabolismo
cellulare insieme al Glutammato, e quindi gli stessi enzimi che stanno nei neuroni sono in parte
presenti anche nella cellule gliali, cioè negli astrociti che stanno intorno, e quindi se noi diamo un
inibitore di un enzima che sta nei terminali inibiamo anche lo stesso enzima che sta nelle cellule
gliali, e quindi il GABA non solo esce di più dai terminali, ma può fuoriuscire dalle cellule.
Per quanto riguardo l’amplificazione della risposta GABAergica ci fa parlare del primo farmaco, il
FENOBARBITAL, che è antiepilettico, barbiturico, che è indicato nel grande male, viene assorbito
oralmente ed ha un’emivita abbastanza lunga per permettere una copertura delle crisi di grande
male per abbastanza tempo, è il prototipo degli induttori enzimatica, tant’è che fino a tempi più
recente dove altre strategie sono state attivate nei neonati nati pretermine, poteva essere
somministrato a bassa dose per indurre li enzimi epatici che metabolizzano anche la Bilirubina,
perché nei bambini nati pretermine si può avere l’ittero, e che può essere limitato e controllato
aumentando gli enzimi epatici.

Il recettore GABAergico ha questa forma


con una molecola proteica che forma il
canale, la caratteristica è che il GABA
attiva la risposta, e le benzodiazepine la
facilitano, cioè le benzodiazepine come il
Diazepam e la altre facilitano la risposta
del GABA, vale a dire se non c’è il GABA
non c’è risposta.
Il paziente con le benzodiazepine non
muore; cosa diversa per il BARBITURICO.
Inizialmente a bassa dose il Barbiturico
quando i recettori ad azione del GABA lui si
mette come una zeppa e prolunga
legandosi ad un altro sito che non è il
recettore del GABA, ma sta nel recettore
del GABA nel canale, si lega dall’altra parte
e tiene più aperto il canale, ma ad alta
dose vediamo che può aprirlo direttamente
il canale, quindi può avere un effetto
deprimente molto superiore alle
benzodiazepine e questo meccanismo può portare alla tossicità anche per arresto respiratorio.
Questo recettore è bersaglio anche di tante altre molecole come degli steroidi endogeni, come
l’alcool che è molto simile ai barbiturici però si lega da un’altra parte, ad è per questo che si può
morire da intossicazione da alcol.
Il meccanismo del Fenobarbital è o stesso meccanismo che troviamo per il PRIMIDONE che è
una sostanza che rapidamente viene trasformata il Fenobrbital, ha dei vantaggi nella
somministrazione e nella terapia, ma le somministrazioni farmacologiche sono sovrapponibili a
quelle del Fenobarbital.

DOMANDA  quale di questo è un inibitore enzimatico?

Il CLONAZEPAM è una sostanza che è una benzodiazepina e che è utile nelle assenze. È stato un
farmaco importante negli anni ’60.
Il DIAZEPAM non è un antiepilettico ma un anticonvulsivante, si utilizza per via endovenosa
(ripetibili) nello Stato di Grande Male (crisi subentranti) per interrompere le crisi.

Meccanismi dell’azione degli antiepilettici: Aumento dell’effetto del GABA sui propri
recettori per aumento della biodisponibilità di GABA

Il GABA deriva dal glutammato ( il maggiore neurotrasmettitore inibitorio, deriva dal maggiore
neurotrasmettitore eccitatorio, perché il glutammato e il GABA entrano nel ciclo di Krebs, e quindi
entrano anche nel ciclo energetico delle cellule, tanto che ovviamente abbiamo anche negli
astrociti la presenza di GABA che viene tirato su dagli astrociti ed entra nel ciclo di Krebs). Si
produce grazie alla decarbossilasi dell’acido glutamico; il GABA viene messo nelle vescicole e
liberato, ma viene anche metabolizzato dai terminali delle altre cellule dalla GABA transaminasi,
che lo trasforma in semialdeide succinicache entra nel ciclo di Krebs.
L’ ACIDO VALPROICO – VALPORATO DI SODIO ha un’azione duplice: stimola, attiva, facilita
la produzione di GABA dall’acido glutammico, attraverso l’attivazione della decarbossilasi dell’acido
glutamico e inibisce al tempo stesso il metabolismo. Inoltre siccome inibiamo la GABA transaminasi
anche nelle cellule gliali, anche il GABA che sta nelle cellule gliali viene buttato fuori dal
trasportatore del GABA che si inverte. Quindi alla fine fuori, nel liquido extracellulare, che va a
toccare i recettori c’è molto più GABA, ad esempio nei bambini trattati con l’acido valproico nel
liquido cerebro spinali, i GABA sono doppi.
Farmaco molto importante perché questo meccanismo è molto potente e viene utilizzato nel
grande e nel piccolo male, ma anche nei disturbi bipolari.
Però esso è molto legato alle proteine plasmatiche, poi viene assorbito benissimo, è un acido
grasso.
È un inibitore enzimatico, non è un induttore. Come effetti indesiderati può far venire l’alopecia,
disturbi gastrici, inoltre è teratogenico perché è stata segnalata una associazione con la spina
bifida.
Il VIGABATRIN, anch’esso sintetizzato sulla stessa teoria dell’acido valproico, è stato sviluppato
perché il secondo è un inibitore reversibile della GABA transaminasi, mentre il primo non è
reversibile. Esso non ha l’azione sulla glutamico decarbossilasi e quindi ha un’azione più limitata
rispetto al Valproico. Permette con controllo più stabile della GABA transaminasi, perché non ha
fluttuazioni.
Lezione 4-04

Riprendiamo gli antiepilettici con un gruppo di farmaci che sono utilizzati nel piccolo male. Come è
accertato nella storia degli antiepilettici sono farmaci comparsi tardivamente e rappresentati in
prima battuta dall’etosuccimide  quindi tenete presente che questo è caratteristico della terapia
del piccolo male. Questa sostanza ha la caratteristica di azione molecolare ed è diretta
all’inibizione di un tipo di canali del calcio che è particolare. I canali del calcio sono espressi in tutti
i neuroni, sono canali voltaggio-
dipendenti come quelli del sodio che
abbiamo visto e quindi la
depolarizzazione li attiva. Questa
attivazione fa entrare il calcio che è
carico di 2 cariche positive e quindi ha
un grande potere di depolarizzazione.
Inoltre, il calcio che entra dentro le
cellule attiva vari meccanismi
intracellulari che modifica l’eccitabilità del neurone stesso. I canali sono, quindi, classificati in varie
maniere. Fondamentalmente si può distinguere fra:

 quelli che sono attivati per una grande depolarizzazione


 quelli che sono attivati dal fatto che la cellula da un livello di polarizzazione elevata
(polarizzata) cominciando la depolarizzazione si avviano questi canali  che quindi
contribuiscono alla depolarizzazione nella fase di depolarizzazione iniziale.

Questi canali sono inibiti selettivamente dall’etosuccimide. Che cosa succede?

Il farmaco è l’etosuccimide  è un farmaco che ha avuto molto successo nel piccolo male e in
realtà è anche un farmaco perfetto da un certo punto di vista, perché non avendo un grande
metabolismo epatico e non legandosi alle proteine plasmatiche il livello ematico corrisponde alla
sua durata di attività  il farmaco non induce enzimi e non è un inibitore enzimatico  quindi
non ha interazioni grossolane con altri farmaci. Gli effetti collaterali sono di lieve entità, può dare
in qualche caso meccanismi psicotici. Questo è il farmaco principale, ma esistono altri farmaci che
sono attivi sui canali del calcio. Questo è attivo sui canali del calcio di tipo T, ma esistono altri
farmaci che vi illustro perché li troviamo in altre utilizzazioni, come la GABApentina e il
pregabalin. Sono farmaci che non sono indicati come indicazione principale per il piccolo male, ma
sono in genere usati come aggiunta ad altri farmaci epilettici. L’altro impiego importante della
gabapentina è quella di essere utilizzata nel dolore neuropatico. Il pregabalin e la gabapentina
hanno una caratteristica particolare dal punto di vista molecolare: si legano ai canali del calcio che
sono particolari, che contengono una subunità (alpha-2 delta-1) che si trova espressa
relativamente nel SNC ma che apparentemente viene espressa di più nei pazienti con epilessia o
nelle zone di origine nervosa o delle sensazioni dolorose  quindi è un farmaco che ha un
interesse perché ha una selettività d’azione per quei canali che in generale hanno un ruolo
fisiologico moderato ,e quindi permette di essere selettivo laddove questa espressione di canali è
alterata. Normalmente se uno ha una certa espressione dei canali ha una funzionalità considerata
normale, dove si interesprimono questi canali si possono scatenare degli aspetti di attivazione
spontanea dei neuroni, sia perché l’unità facilita l’attivazione del canale a più basse soglie (quindi
attiva il canale con attività depolarizzate e altri effetti intracellulari) e poi siccome questi canali
sono espressi a livello pre-sinaptico aiutano la liberazione del calcio dipendente, perché sono dei
canali che aumentano l’entrata di calcio, dei neurotrasmettitori (in particolare neurotrasmettitori
eccitatori). Quindi, questa facilitazione dell’eccitazione produce o l’epilessia o facilita la sensazione
dolorifica. La gabapentina poi ha anche funzione su vari enzimi del gaba  aumenta la
disponibilità di gaba. Quindi, normalmente, noi abbiamo la doppia azione con la gabapentina di:

 ridurre l’eccitabilità
 affrettare l’inibizione  questo è particolarmente favorevole nell’epilessia.
Qui avete la tabella che vi
aiuta a memorizzare quali
sono per ogni classe di
farmaci raggruppata gli
effetti che possono essere
solo sui canali del sodio o
combinati a effetti dei
canali del calcio o aumento
del gaba o aumento della
sensibilità dei recettori al
gaba stesso (aumento
risposta inibitoria mediata
dal gaba).

Qui troviamo gli effetti


indesiderati più comuni che
possiamo avere.
Ricordiamo che la
carbamazepina, che ha un
largo uso in psichiatria, è
anche quella molecola che
produce una riduzione delle
piastrine e che quindi
potrebbe portare a una
malattia da ipopiastrinemia
o trombocitopenia che può
essere anche grave. Poi qui
ci sono tutti gli effetti indesiderati di tutti i farmaci visti, non entro in questa lista ma vi può essere
utile per riassumere le caratteristiche di queste farmaci. Ci sono delle tabelle, inoltre, che
ricordano quali sono le vie di metabolismo principali e quali sono i mezzi che li metabolizzano.
Quello che brevemente vi voglio ricordare sono i tipi di interazione e i farmaci antiepilettici ne
sono un ottimo esempio  un farmaco antiepilettico dato cronicamente può avere sul
metabolismo, o sull’azione o sui livelli di altri neuro-trasmettitori. I 3 meccanismi di interazione
farmacologica fra antiepilettici, fra di loro e verso altre sostanze, sono riassumibili con la
competizione dei vari farmaci a livello delle proteine plasmatiche, che vi ricordo spostando dal
legame con le proteine plasmatiche modifica molto la quota di ogni molecola antiepilettica e
quindi ne può esaltare gli effetti tossici/indesiderati. Questo può venire anche da parte degli
antiepilettici o altre sostanze che hanno una certa tossicità e quindi produrre specularmente un
aumento di tossicità anche degli altri farmaci. Questo spostamento implicitamente produce anche
un’accelerazione del metabolismo, perché è chiaro che la quota libera è anche la quota che può
essere metabolizzata. Quindi da una parte c’è l’effetto tossico o l’effetto a volte anche terapeutico
e si accelera il metabolismo della molecola spiazzata. Come classe di farmaci possono indurre
enzimi epatici, induzione vuol dire proprio aumentare il numero degli enzimi e non l’attività del
singolo enzima. Mentre, l’inibizione degli enzimi epatici è un’inibizione che può portare a una
riduzione del metabolismo e quindi ad un aumento della tossicità di altri farmaci.

Un aumento di interazione classica è l’acido valproico  si lega con avidità alle proteine
plasmatiche con avidità maggiore della difenildantoina questo è il più tossico quindi aumentare i
livelli di difenildantoina liberi aumenta la tossicità della sostanza che come ricordate ha parecchi
effetti indesiderati. La difenildantoina prima dell’aggiunta dell’acido valproico aveva un livello
ematico con una percentuale di legame che era del circa 90% e quindi la frazione libera era intorno
al 10-12% (frazione libera di fenitoina). Quando la quantità di difenildantoina raddoppia siamo già
a un livello di tossicità possibile. Quando guardiamo la curva dopo una singola somministrazione di
fenitoina vediamo che questa è la curva che corrisponde ai livelli plasmatici liberi, se la associamo
con l’acido valproico questa area diventa più grande. Dovete considerare che questa area è tutta
quantità di difenildantoina pronta a reagire con i suoi meccanismi. Qui viene illustrato che siccome
la difenildantoina viene secreta nella saliva è possibile misurare in maniera analoga i livelli di
fenitoina libera nella saliva (viene secreta sia a livello cutaneo che nella saliva e lì la difenildantoina
può dare effetti irritativi nella gengiva).
Un altro esempio che vi porto è un
esempio di inbizione importante: che cosa succede se c’è un’inibizione dell’acido valproico o dei
suoi derivati, come la valpromide, con il metabolismo di un altro farmaco. Voi avete da una parte il
fatto che la carbamazepina in realtà ha un metabolita potenzialmente tossico, l’epossido. Questo
metabolismo è fatto da alcuni enzimi e comunque l’epossido viene eleminato anche perché viene
idrolizzato da un enzima epatico, l’epossido idrolasi. Se noi diamo l’acido valproico che inibisce
l’epossido idrolasi vediamo come il livello di epossido sta persistentemente elevato  cioè diventa
molto più tossico, perché c’è molto di più e per molto più tempo. Quindi, questo tipo di relazione
può esortare l’effetto tossico della carbamazepina a livello anche delle piastrine e altri effetti
indesiderati che normalmente non compaiono.

Tutto questo è un’introduzione necessaria sui farmaci riguardanti gli antiepilettici. Può suscitare
interesse perché si conoscono persone affette da epilessie e può spiegarsi come funzionano i
farmaci e poi voi vi troverete esposti più di uno specialista neurologo a pazienti che assumono
farmaci antiepilettici a scopo di stabilizzazione dell’umore. La classificazione dei disturbi affettivi
maggiore è complessa e viene modificata continuamente (ultimamente nuova classificazione
basata sul DSM-5), però questa non è una vera classificazione ma rende conto di come queste
malattie dalla depressione atipica, tipica, maggiore alla mania e ai disturbi bipolari entrano tutti in
una classe di patologie che hanno alcuni tratti in comune, ma che sono trattati in maniera diversa.
Vi ricordate che gli antidepressivi sono una classe di farmaci, come gli antidepressivi triciclici e gli
SSRI, che sono totalmente diverse dagli antiepilettici o dal farmaco principale della mania e delle
persone bipolari che è il litio  il litio è una sostanza che ha delle caratteristiche simili al sodio,
funziona perché si sostituisce al sodio anche nel potenziale d’aziona ma anche perché il sodio è un
catalizzatore di molti processi endocellulari che sono importanti e che adesso vedremo. La
malattia bipolare è l’alternarsi nel lungo periodo di periodi di mania o ipomania con periodi di
depressione. È difficile da curare, in un certo senso, ma se voi pensate di dare un antidepressivo
durante una fase depressiva in questi pazienti rischiate di far sfociare un episodio maniacale e
viceversa. Quindi, il medico va a curare l’episodio acuto ma in realtà il paziente ha bisogno di
essere stabilizzato. Quindi, uno stabilizzatore dell’umore dovrebbe funzionare su tutto sia nella
fase maniacale, depressiva, durante gli intervalli nelle oscillazioni e quando uno lo somministra
non deve far sbilanciare lo stato del paziente da uno stato depressivo a uno maniacale, oppure
indurre un’alternanza più veloce che può essere un’evenienza pericolosa. Poi ci sono delle
definizioni psichiatriche, un farmaco stabilizzatore dell’umore deve essere almeno efficace per
tutte e 2 le fasi, sarebbe questo quello giusto, ma nella pratica poi deve essere efficace almeno in
una delle due fasi senza indurre però il salto all’altra fase. Qui si ricorda fondamentalmente una
cosa importante: in realtà il primo farmaco la clorpromazina è stato definito stabilizzante
dell’umore, è uno stabilizzatore neuro-vegetativo. Oggi questa concenzione è in realtà molto più
restrittiva, è un antipsicotico antischizofrenico, mentre abbiamo dei farmaci che sono veramente
stabilizzanti. Il principale farmaco utilizzato è il litio  è uno ione, ha una storia variegata, fino
all’osservazione da parte di Cade che aveva un effetto letargico negli uccelli della Guinea. Non si
capisce come tutti questo possa essere sfociato nella fantasia terapeutica di usarlo come
stabilizzatore dell’umore, ma in realtà dopo svariati anni (20 anni) è stato introdotto nella terapia
del Disturbo Bipolare, ed è considerato ancor oggi il farmaco principale. Il meccanismo d’azione
del litio è molto complesso perché ancora non abbiamo un’idea chiarissima, ma se lo guardate da
fuori avete la capacità di intuire che è uno ione che si sostituisce, è più lento negli scambi del sodio
(ione monovalente) che può essere utilizzato per creare potenziale d’azione (passa attraverso gli
stessi canali), e che quindi diventa importante il livello di litio che c’è nel sangue nel liquido
extracellulare. Una volta che entra dentro le cellule non viene escluso con la stessa velocità del
sodio, il sodio esce immediatamente e si sa che nelle cellule i livelli di sodio interni sono molto più
bassi dei livelli di sodio esterni, e il litio non ce n’è (ce ne sono tracce). Nel momento in cui noi
mettiamo il litio nel sangue, nel liquido extracellulare, questo entrerà nelle cellule e si equilibrerà
con i livelli di litio che stanno al di fuori della cellula. Quindi, crea una specie di inerzia, da un certo
punto di vista, ma soprattutto va a fare 2 effetti: se uno ione positivo resta dentro le cellule  le
depolarizza un po'. Una carica positiva entra della cellula, resta lì e contribuisce al potenziale di
membrana e essendo positivo depolarizza un po' la membrana. Dentro le cellule, anche in quelle
non eccitate, il litio compete con il sodio per l’attivazione di enzimi. Questo comporta che alcuni
enzimi diventino inibiti perché il litio non funziona bene come al solito. Sono molti gli enzimi
sodio-dipendenti  produce delle modificazioni a 2° messaggeri, mobilizzazione del calcio dentro
le cellule, diminuzione dell’attività di enzimi (importanti nell’espressione genica di alcune
proteine). Che cosa succede? Questa alterazione modifica zone di molti neurotrasmettitori che
utilizzano queste vie intracellulare, e fra questi abbiamo la noradrenalina, la dopamina,
l’acetilcolina, la serotonina. Con effetti diversi può aumentare o diminuire l’azione di questi
neurotrasmettitori e si ha una modulazione su tutto il cervello dell’attività di controllo da parte di
questi neurotrasmettitori delle funzioni che poi sfociano nel comportamento. Non abbiamo dei
bersagli chiarissimi, vediamo coinvolti vari neurotrasmettitori in quest’azione di appiattimento
della risposta o modificazione della risposta dell’intero cervello all’azione neuromodulatoria dei
neurotrasmettitori. Tutto questo fermo restando che si sostituisce al sodio, e quindi in quei
meccanismi dove il sodio è importante ad esempio per i meccanismi renali può avere una tossicità,
o addirittura inibire la sua eliminazione, alzare i livelli e diventare tossico. È una sostanza che
vedrete utilizzata, una sostanza in cui va mantenuto il livello di litiemia (anche di livelli
extracellulari) a un livello fisso entro intervalli ristretti, perché altrimenti abbiamo una
depolarizzazione, eccitabilità, perdita di controllo fino ad arrivare alle convulsioni. È un farmaco
che può essere tossico fino alla morte, eppure è uno ione.

Qui ci sono alcuni meccanismi d’azione cellulare che sono modificati dall’azione del litio e che
contribuiscono poi agli effetti indesiderati. È ben assorbito, ha un basso legame a livello delle
proteine plasmatiche, si distribuisce abbastanza bene e però ha una distribuzione che può essere
in alcuni organi concentrata  è molto più concentrata ad esempio a livello renale che come vi ho
detto usa il sodio per riassorbire l’acqua, e quindi il litio renderà più difficile questi meccanismi di
riassorbimento di acqua e produrrà poliuria, cioè il paziente nelle prime fasi di trattamento con il
litio tenderà a urinare di più e avrà molta sete. Bisognerà convincerlo a bere abbastanza altrimenti
va anche in disidratazione.
L’emivita plasmatica dipende anche dalla funzionalità renale e quindi ha delle caratteristiche
basilari molto semplice. Qui sono riportante con dei valori ed è importante riportare quali sono le
concentrazioni plasmatiche terapeutiche. Terapeuticamente le concentrazioni plasmatiche variano
tra 0,5/0,6 milliequivalenti per litro (nel sangue si misurano in equivalenti di carica) e un massimo
di 1,2. Voi capite che il raddoppio della dose o avere eliminato meno litio, porta la litiemia in alto e
può portare effetti in desiderati che si manifestano già a livello tossico a 1,5 mEq/L. Quindi, un
aumento del 50% del livello ematico normale porta già a reazioni tossiche. Quali sono questi
effetti indesiderati/tossici?

 Tremore  è legato probabilmente alla sua attività di sostituzione al sodio e quindi di


aumento di eccitabilità di alcune vie, anche quelle motorie.
 Disturbi della memoria e difficoltà di concentrazione
 Pesantezza/gonfiore gastrico (ciò che il paziente lamenta subito)
 Nausea e diarrea (ciò che il paziente lamenta subito
 A livello renale  si ha circa nella metà dei pazienti un aumento della perdita di liquidi,
urinano di più ma hanno anche elevata sete. Questo avviene perché si elimina il sodio
invece del litio e il sodio si porta dietro l’acqua (semplificando).
 Meccanismi di compensazione della diuresi alterata  si può avere un edema sopra
davanti alla tibia.

Questi sono effetti minori se non c’è poi una tossicità renale, ma l’altro effetto è:

 l’ipotiroidismo  è legato al fatto che il litio entra nella tiroide e modifica la sintesi dei vari
ormoni tiroidei in modo che si abbia un ipotiroidismo. Si può avere gozzo, quindi anche la
crescita della ghiandola che può essere con ipertiroidismo o ipotiroidismo.
 Aumento del peso  il paziente se ne lamenta. La cosa potrebbe dare anche delle
conseguenze psicologiche.
 Disturbi cardiovascolari  legati al cambiamento di eccitabilità della trasmissione nervosa.

Gli effetti indesiderati del litio a livello del SNC più evidenti sono quelli motori, tremori alle mani
etc… ma gli altri possono comparire frequentemente ed essere visibili anche per voi. Quelli che
sono importanti sono questi 4 che hanno una rilevanza per la salute generale del paziente.

Qui per sottolineare che fino a


1 e 2 era il livello terapeutico,
noi abbiamo che con
l’aumentare dei livelli ematici
di litio in sovradosaggio con
effetti crescenti che possono
portare al coma, alla morte.
Quindi, qui parliamo di
concentrazioni che sono il
triplo di quelle che
normalmente si devono
trovare nel paziente, però
queste iniziali possono anche
derivare da cose semplici, per
esempio se uno d’estate viene
a lezione perde liquidi 
aumenta la litiemia  si presenta nausea. Il paziente perfettamente trattato per un’evenienza
ambientale può presentare degli effetti indesiderati.

Voi dovete avere un’idea generale degli effetti del litio, come funziona, che agisce come sostituto
del sodio e attraverso questo:

1. aumenta l’eccitabilità
2. produce alcuni effetti indesiderati  che possono essere fino alle convulsioni e altri più
metabolici come diabete, aumento di peso, ipotiroidismo e alterazioni renali e
cardiologiche.

Questo è il farmaco d’elezione come stabilizzante dell’umore, però avete visto che potenzialità
tossiche ha. Quindi, in un trattamento cronico se possibile è stato cercato di trovare dei sostituti
meno tossici. Gli antiepilettici si sono mostrati farmaci utilizzabili in maniera efficace in molti
pazienti. Quindi, si utilizzano anche nel disturbo maniaco-depressivo. Non è che quando li
utilizziamo come stabilizzatori dell’umore perdono tutti quegli effetti indesiderati e tossici che
sono stati illustrati. È per questo che vi si illustrano come antiepilettici però voi dovete collegare
che la maggior parte dei pazienti trattati, che saranno la maggioranza dei pazienti bipolari,
avranno il trattamento con questi farmaci che hanno quei limiti terapeutici (sono la maggioranza
dei farmaci visti).

Questo serve a sottolineare che se noi vediamo quale è l’uso attuale degli antiepilettici vengono
utilizzati anche per le malattie non epilettiche e tra le malattie non epilettiche noi abbiamo un uso
paradossalmente più bassi presso i neurologici che presso gli psichiatri (il 96% degli psichiatri
utilizza antiepilettici, i neurologi solo il 46%), e vengono utilizzati anche dai medici di famiglia
perché si danno per il dolore neuropatico. Abbiamo dei farmaci che dobbiamo introdurre come
utilizzazioni in prima linea e seconda linea. Vi serve per capire culturalmente come si posizionano
nella terapia del disturbo bipolare, per non essere sorpresi. Il razionale è stato identificato in linea
guida, che cominciano ad avere quasi 10 anni, ma tutte le linee guida sono state fatte nel 2009 (le
associazioni psichiatriche di tutto il mondo si sono messi a fare linee guida leggermente diverse
l’una dall’altra). La federazione mondiale delle società di biologia psichiatrica (o psichiatria
biologica) con dei criteri che sono quelli dell’Evidence Based Medicine, cioè: esistono trial clinici
che hanno dimostrato che un farmaco è superiore a quell’altro nella stessa condizione? Oppure,
farmaci equivalenti hanno minori effetti collaterali in questo tipo di utilizzazione, allora si sceglie
quello con meno effetti indesiderati e uguale efficacia? Ovviamente i criteri devono avere
un’evidenza elevate per essere considerati farmaci di prima scelta, seconda scelta, terza scelta.
Qui ve lo mostro perché sono scale simili in tutte le linee guida, dichiarano quali sono i livelli di
evidenza che verranno utilizzati per dare un suggerimento, perché ogni singolo psichiatra ha la sua
esperienza. Da un altro punto di vista linee guida non esimono da una valutazione del singolo
paziente, perché dall’altra parte l’applicazione delle linee guida può portare ad un trattamento
non del tutto adeguato dei pazienti. Le linee guida servono tantissimo ai clinici, in America
soprattutto, per difendersi dalle cause fatte dai pazienti. Di fronte al fatto che ha seguito un
protocollo validato per quel tipo di diagnosi e che c’è una convergenza che quello era giusto riesce
a difendersi abbastanza bene dall’accusa di non aver trattato bene il paziente. Ci sono:

 da una parte i criteri di evidenza  cioè la scala di evidenza dove A è l’evidenza che ci sono
molti lavori che supportano questa scelta
 dall’altra parte le raccomandazioni  cioè fino a che punto gli esperti lo raccomandano
sulla base di queste evidenze

Per l’episodio maniacale, gli altri li possiamo scorrere e lasciar perdere, il livello A vuol dire che c’è
evidenza, evidenza paragonabile fra l’efficacia del litio, dell’acido valproico ma anche della
carbamazepina e anche della zonisamide e della OXCBZ, perché il livello di evidenza di questi due è
paragonabile  cioè il litio e la carbamazepina hanno lo stesso livello di efficacia, ma il livello di
raccomandazione è diverso. Ovvero mettendo insieme anche effetti indesiderati, difficoltà di
monitaraggio… la prima raccomandazione è il litio se si considera il trattamento stabilizzante a
lungo termine e nell’episodio maniacala si dà il valprovato che è lo stesso livello di efficacia della
carbamazepina, che viene consigliata a un livello un po' sotto. Questo è per considerare come
troverete organizzate molte linee guida. Vedete che per altri farmaci il livello di evidenza è
addirittura E, cioè evidenze negative  ovvero non si devono utilizzare questi farmaci per questa
società biologica.

Poi nell’episodio depressivo ci sono associazioni, vedete che la labotricina, che nell’episodio
maniacale era evitata, diventa nell’episodio depressivo un’indicazione. Andiamo avanti perché non
si può andare a fare questo, ma qua avete i meccanismi per capire come un farmaco a parità di
evidenza però uno è raccomandato di più e uno di meno sulla base dell’esperienza clinica di
esperti che si sono riuniti, hanno discusso e l’hanno messo in scala.

Nello stesso anno i Canadesi hanno fatto il loro. Se andiamo a vedere si ritorna con il litio e il
valprovato farmaci di prima scelta e possibili relazioni con gli antipsicotici atipici (ovviamente).

Ricordatevi che nei foglietti illustrativi è scritta l’indicazione approvata dallo stato, vale a dire un
organismo che approva le indicazioni  questo è importante perché il medico ha un grado di
libertà per utilizzare i farmaci. Le può usare anche al di fuori di quelle indicazioni, ma se ne prende
le responsabilità. La terapia deve essere fatta sul paziente e quindi il medico deve tener presente
tutte queste variabili.

È valido il processo di sedimentazione e di analisi per arrivare a delle linee guida che restano
ancora abbastanza valide.

A questo punto abbiamo visto gli antiepilettici come farmaci stabilizzanti dell’umore e abbiamo da
affrontare un’altra evenienza che forse voi ancora sottovalutate. Quello che vi troverete di fronte,
soprattutto come pazienti inviati a supporto dai medici è il fatto che i pazienti hanno dolore. Il
dolore è una condizione umana costante nella vita, fortunatamente episodica e di breve durata. Il
dolore non è solo dolore fisico, ma esiste anche il dolore psicologico, esistenziale. Il dolore fisico lo
si può e lo si deve limitare. Il dolore può essere un dolore determinato da una malattia breve o di
lunga durata (tumore, cancro…). Il principio di base è che il dolore si deve levare, perché è una
delle fonti maggiori di stress del paziente che peggiora il risultato di qualsiasi terapia. I principi
fondamentali della terapia antidolorifica sono che gli analgesici funzionano, dipende certo dal
dolore e dal tipo di analgesico. Il dolore deve essere eliminato subito o addirittura prima che
venga, perché il dolore ha la caratteristica di creare una memoria di sé attraverso l’alterazione di
certi circuiti sensitivi che abbassa la soglia per la percezione del dolore  quindi nella fisiologia
abbiamo già meccanismi per l’innalzamento della soglia del dolore, un paio ve li posso dire: di
giorno abbiamo degli input sensoriali di ogni genere che di per sé ingolfano le vie sensitive e
abbassano la soglia del dolore. Quanti di voi hanno una dolenzia al dente, poi vanno al letto e per
2 ragioni il dente gli fa ancora più male:

 una è che dormendo aumenta il flusso ematico, la pressione e quindi aumenta il turbore
della gengiva e la possibilità di moltiplicare la sensazione del dolore
 il rumore ambientale scende e questo effetto di gating sensoriale si riduce e si ha maggior
percezione del dolore.

Tutti voi se avete battuto la tibia la prima cosa che fate è che ci mettete la mano sopra e pigiate 
perché la sensazione tattile della percezione della pressione confligge con la sensazione dolorosa e
la abbassa. Ovviamente per i dolori viscerali non si può strizzare il fegato o altre cose, per cui si
deve andare con i farmaci. Questi sono somministrati per via orale e possono essere associati in
varie maniere. Il medico tutto questo lo deve saper fare ma voi vi dovete saper orientare, perché
vi arriveranno pazienti con dolore e voi dovete sapere la definizione di dolore e soprattutto cosa
c’è dietro ad una definizione. Molte volte nel lessico comune il dolore acuto viene considerato il
dolore forte, invece dal punto di vista medico il dolore acuto è il dolore che ha un’evenienza
episodica di una durata preferibilmente breve e questo dà la possibilità di utilizzare dei farmaci
che dati in cronico potrebbero dare degli effetti indesiderati in cronico. Si parla, ad esempio, della
morfina. Tutti quanti hanno paura del concetto di morfina perché si sa che la morfina dà
dipendenza fisica e uno diventa tossicomane. Questo per l’uso terapeutico della morfina non è
vero, perché:

1. il paziente non ha piacere ma ha sollievo dal dolore e la morfina non viene mai data
endovena se non in una situazione ospedaliera dove viene aggiunta a una flebo per
un’emergenza (il paziente non si rende nemmeno conto che gli viene data la morfina, non
fa quest’associazione)
2. le dosi di morfina terapeutiche sono un potente antidolorifico

Nell’insieme la morfina e i suoi derivati si dovrebbero usare. Non è che la tossicodipendenza non
esiste perché lo diamo come farmaco analgesico, ma la tossicodipendenza fisica sarà più
facilmente instaurabile se noi abbiamo un paziente con un dolore terminale dal tumore e gli
dobbiamo somministrare in tutte le maniere dosi crescenti di morfina. Qui si fa rischio/beneficio:
cosa ce ne può importare se il paziente diventa dipendente da morfina se fra 2 mesi deve morire?
Deve essere accompagnato nella maniera più adeguata, con meno sofferenza possibile alla morte.

Quindi, abbiamo:

1. una definizione temporale:


 acuto
 cronico
2. una definizione di intensità:
 lieve
 moderato
 intenso
Dolore alla tibia: è acuto e intenso. Se uno ha un po' di mal di denti il dolore è: moderato/lieve e
acuto. Mentre, uno può avere un dolore cronico e intenso come un dolore da tumore e anche
neuropatico.

Quindi:

 il dolore acuto  genera una causa nota e prevedibile. Dopo un’operazione già si sa che
avremo dolore e si deve prevenire (si dà subito l’analgesico senza aspettare che il paziente
si lamenti dei dolori post-operatori chirurgici).
 Il dolore cronico  ha delle cause, invece, spesso ignote e quindi può persistere anche
dopo la così detta guarigione/stabilizzazione della malattia primaria. Facciamo un esempio
del dolore neuropatico: se a uno viene amputato un arto si possono verificare 2 fenomeni.
Uno è quello dell’arto fantasma, cioè il paziente percepisce ancora l’arto come esistente
ma non ce l’ha però ha le sensazioni attribuite all’arto, e spesso ha dolore a un arto che
non ha più. Dal punto di vista problema medico è risolto, ma lui ha un dolore a volte
insopportabile nell’arto tagliato. Questo di solito può essere generato da neurinomi
(ricrescita di terminali nervosi) che diventano “epilettici”, ovvero questi terminali si
attivano perché sono così sensibili a stimoli che diventano ipereccitabili e quindi fanno
partire dolore che viene riferito dal cervello alla punta del dito, ma che è generato dove c’è
un neurinoma che nella mappa celebrale corrisponde al dito.

È ovvio che nel dolore acuto se rimuoviamo la causa non c’è più dolore, nel dolore cronico
l’approccio non va a curare la malattia ma va a togliere il dolore (perché della malattia o non
conosciamo la causa o non la possiamo rimuovere). Si cura la malattia, ma se non si può curare la
malattia non si rimuove.

Quali sono i dolori fondamentali?


 Il dolore nocicettivo 
 dolore osseo (es. qualsiasi botta, se c’è la frattura è più intenso)
 dolore tissutale
 dolore canceroso
 dolore da pressione

Il dolore nocicettivo viene affrontato con analgesici normali.

 Il dolore neuropatico  ha origine nei nervi o nel SNC. Un esempio è la sciatica=


compressione di un nervo, è un dolore che nasce dalla compressione nel nervo e
ovviamente si può intervenire togliendo la compressione (toglie ernia al disco,
compressione) ma questo non è detto che porti alla soluzione del dolore (perché il nervo è
stato compresso ed è sofferente). Per il dolore neuropatico abbiamo tutta una classe di
farmaci, che possono essere dati anche per il viscerale. Quindi, si può anche dare la
morfina, ma mentre la morfina è potente quasi sempre nel dolore viscerale, nel dolore
neuropatico non è necessariamente efficace. Nel dolore neuropatico, ad esempio,
abbiamo:
 le neuralgie post-emperiche  se uno ha la varicella a volte ci sono delle neuralgie;
possono essere ricorrenti come lo sfoco di Sant’Antonio (molto doloroso)
 Il mal di schiena da schiacciamento
 Polineuropatie
 Dolori nell’HIV
 Dolore del diabete (ai piedi)
 Nevralgia del trigemino
Cosa si deve fare? Il valore va valutato, va classificato per la sua gravità e su una scala da 1 a 10, il
dolore massimo accettabile da un punto di vista teorico è 3, dove 3 è il punto in cui si può tendere
se uno a un dolore molto più alto, ma se uno ha un dolore molto più alto nella scala va ridotto
sotto 3 (valore sopportabile). Qui si hanno diversi farmaci, come l’aspirina, i FANS (farmaci
antiinfiammatori non steroidei), paracetamolo (non è un FANS perché non antiinfiammatorio ma
è antidolorifico e antipirettico, che controlla il dolore moderato associandoci gli oppioidi) e poi si
danno gli oppioidi per il dolore più forte. Questa scala vale per il dolore generale
fondamentalmente viscerale. Si chiede al paziente: quanto sente dolore da 1 a 10? È ovviamente
soggettiva, se uno non hai mai avuto dolore quello è il più spaventevole immaginabile.

Nel dolore neuropatico dobbiamo considerare un’altra caratteristica degli antidolorifici, ad


esempio gli antidolorifici, come i FANS e il paracetamolo, hanno un effetto tetto  vale a dire un
effetto dose-dipendente e ad un certo momento si può aumentare la dose ma non aumenta più
l’efficacia dolorifica. Questo perché hanno dei meccanismi di azione, che sono quelli illustrati per i
FANS, che contribuiscono al dolore e chiaramente più là di così non si può andare. Invece, la
morfina e gli altri oppioidi hanno un effetto lineare che con il crescere della dose si arriva
all’aumento. Ma per una terapia del dolore, e questo è importante anche per il dolore neuropatico
che in genere è un dolore cronico, si deve dare una terapia anche con questi farmaci finché si
arriva ad avere un buon controllo e dare dei farmaci al bisogno (perché ci sono momenti di
recludiscenza del dolore che devono essere bloccati).

Quali sono le cause del dolore neuropatico?

Andiamo a ritrovare farmaci noti:


Fra tutti i farmaci di prima linea i farmaci analgesici classici oppioidi sono affiancati da un enorme
quantità di farmaci che appartengono a classi che voi già conoscete: antiepilettici, antidepressivi
triciclici, antidepressivi non triciclici.

Come seconda linea come analgesici abbiamo di nuovo gli antiepilettici e poi gli analgesici
oppioidi.
Abbiamo in prima linea di tutto e di più, ma voi intuite la base razionale: antiepilettici  perché se
il nervo è alterato nella sua soglia di attivazione manda segnali  questi segnali il cervello li
interpreta come dolore. Se noi diamo l’antiepilettico che funziona in questi circuiti alterati che
esprimono canali alterati del calcio, per esempio per la gaba-pentina e il pregabalin.

Antidepressivi triciclici  aumentano i livelli di serotonina e noradrenalina, ma non solo nel


cervello anche nel midollo spinale. A livello del midollo spinale quando le fibre sensitive entrano
c’è una modulazione da parte della serotina che fa gaiting, innalza la soglia e questo aiuta a ridurre
il dolore. C’è anche la compartecipazione della noradrenalina e questo ci spiega perché funzionano
gli antidepressivi triciclici (dà un razionale all’uso degli antidepressivi triciclici).

Va notato che gaba-pentina e pregabalin sono forse gli unici che hanno dei trial clinici convincenti
sul dolore. Gli antidepressivi triciclici non li hanno per una ragione storica: sono stati utilizzati fin
dall’inizio per questo e c’è un’evidenza non evidence spaced, ma gli esperti dicono: non avrebbe
senso provare gli antidepressivi rispetto al placebo, perché diventa eticamente non sostenibile,
perché sappiamo che è efficace più del placebo. Però dal punto di vista di trial clinici la gaba-
pentina è stata la prima ha trovare supporto.

Antiepilettici che agiscono sul canale del sodio, sempre con quel razionale, sono tanti come la
carbamazepina  è un farmaco indicato, a dose minori rispetto agli antiepilettici, nella nevralgia
del trigemino.

Qui trovate una tabella che vi fa vedere quanto tutte queste sostanze sono utilizzate più o meno
nel dolore neuropatico.
L’emicrania, non la cefalea, con i suoi episodi ripetitivi ha una grave affezione debilitante, ci sono
strategie differenti e una delle strategie è trattarla come un’epilessia  cioè prevenire gli attacchi.
Questa profilassi si fa con farmaci di vario genere incluso il valproato.

La gabapentina insieme al pregabalin è uno di quei farmaci che agisce sui meccanismi che dal
livello sensitivo si arriva al midollo spinale. Immaginate di avere qui un neurinoma con alterazione
dei canali del sodio  si esprimono di più canali del sodio. Questo è un “tumorino”, non un cancro
con proliferazione di nervi non normali che fa un nocciolino che fa partire la sua crisi dolorosa,
simil epilettica che viene trasportata. Questa continua attivazione produce anche una maggiore
attivabilità dei canali del sodio al livello del ganglio sensitivo che può anche esprimere dei canali
del calcio (questi alterati sono target anche degli antiepilettici)  quindi, aumentare anche la
liberazione del neurotrasmettitore sensitivo e anche produrre un aumento del dolore. Quindi:

 inibitori del canale del sodio voltaggio-dipendenti come carbamarzepina, valproato,


topiramato e altri… hanno efficacia sui meccanismi relativi al sodio
 Gabapentina e pregabalin agiscono sui canali del calcio

Quindi si ha una riduzione della sensazione dolorifica.


Qui alla fine trovate una schematizzazione delle varie sostanze che sono date nel dolore
neuropatico:

 Triciclici
 Doloxetina e faxtina  che sono bloccanti della serotonina e noradrenalina senza
avere gli effetti indesiderati dei triciclici
 Bloccanti o inibitori dei canali del calcio aberranti, come la gabapentina e il pregabalin
 Lidocaina  è un anestetico locale e gli anestetici locali inibiscono la conduzione del
potenziale nervoso anche per una loro azione sui canali del sodio. Quindi, si ritorna al
concetto che lidocaina non può essere data sistematicamente se non come
antiaritmico per il cuore, ma come anestetico locale viene dato (un derivato della
lidocaina è quello che usa il dentista per anestetizzare i denti).
 Gli agonisti oppioidi
 Il trabadolo  è sempre un agonista oppioide con delle caratteristiche particolari
Titolo lezione: Introduzione ai farmaci Ansiolitici
Inizio ciclo lezioni prof- Chiarugi

Cosa è l'ansia?
L'ansia è uno stato fisiologico ed utile: essa aumenta - ad esempio - la performance di uno
sportivo, ma anche quella di uno studente.
In generale, una qualunque persona che posta difronte a un compito avverta la necessità
di raggiungere – più o meno consicamente - un determinato obiettivo sperimenta ansia 
questa è ANSIA FISIOLOGICA
Quando essa (l’ansia) raggiunge livelli eccessivi (in termini di qualità, quantità e
condizione) si parla tuttavia di ansia patologica. Quest’ultima necessita di essere ridotta,
in quanto controproducente per il soggetto che la sperimenta.
Lo studente in balia di un eccesso di ansia all’esame, ad esempio, manifesta voce
tremante, sudorazione, tremori generalizzati … proprio per l’ansia eccessiva.

Quindi, Non è funzionale quell'ansia ingiustificata o eccessiva rivolta a ogni ambito della
nostra vita.

L’ansia patologica deve essere trattata farmacologicamente in quanto comporta non solo
una riduzione della performance, ma anche un’elevata sofferenza.
A Questo servono i farmaci ANSIOLITICI (dove “Litici” sta per "spezza l'ansia")
In misura minore, oggi vengono utilizzati anche antidepressivi per il trattamento dell’ansia
patologica

Il problema dell'ansia è sempre esistito (per quanto oggi sia più elevato rispetto al passato)
e nel corso della storia si è sempre fatto ricorso a vari metodi per ridurla.
Una volta si usavano i sedativi: tra questi, il BROMURO ha elevata importanza militare in
quanto usato per sedare le giovani reclute.
Anche l'Alcool ha effetto ansiolitico: bere con gli amici al bar rende più disinibiti. Questo
perché l’Etanolo riduce l’inibizione dei meccanismi espressivi, facilitando l’interazione.

Esistono vere e proprie molecole sviluppate dai farmacologi per trattare l'ansia.
Un tempo questa veniva trattata con barbiturici, oggi invece fanno da padrone le
Benzodiazepine.

Le BENZODIAZEPINE hanno di fatto soppiantato i barbiturici nel trattamento dei disturbi


d'ansia (il Boom è avvenuto intorno gli anni 60) in particolar modo per la maggior sicurezza
rispetto ai barbiturici che sono molto più pericolosi.
Tra le principali problematiche relative ai Barbiturici rientra il fatto che essi siano letali in
caso di sovraddosaggio al contrario delle Benzodiazepine (Marylin Monroe si è suicidata
con un sovraddosaggio di barbiturici).
I suicidi che rientrano invece nel caso di trattamento con le benzodiazepine sono di tipo
isterico: i soggetti, infatti, sanno sin da subito che l’assunzione di maggiori quantità di
benzodiazepine non abbia effetto letale, pertanto - qualora vi siano più tentativi di suicidio
per mezzo dell’assunzione di elevate quantità di benzodiazepine - questo sta chiaramente
a indicare una richiesta di attenzione o qualcosa che si inserisce in una reazione isterica;
non una reale volontà di togliersi la vita.
Sta di fatto, comunque, che i Barbiturici avessero effetti più marcati e fossero meno
maneggevoli rispetto alle Benzodiazepine.

Per capire il funzionamento degli ansiolitici bisogna parlare di un sistema di


neurotrasmissione che fondamentalmente è il sistema GABARCICO.
In particolar modo il sistema Gabaergico utilizza un neurotrasmettitore, il GABA (acido
gamma ammino butilico).
Il Gaba – paradossalmente - deriva dal glutammato (l’amminoacido eccitatorio per
eccellenza): rispetto al glutammato, esso manca di un Carbossile (COH) che viene
decarbossilato da una semplice reazione enzimatica che comporta la trasformazione del
glutammato in GABA.
Quindi, Da un amminoacido eccitatorio ad un inibitorio
Il GABA è l’amminoacido inibitorio per eccellenza.
Esso è il neurotrasmettitore più conosciuto capace di comportare inibizione neuronale.
Ve ne sono altri, come ad esempio la Glicina. Essi (Gaba e Glicina) sono amminoacidi,
cioè molecole di proteine, che essendo liberate dalle rispettive vescicole sono in grado di
comportarsi come neurotrasmettitori inibitori.
Anche la serotonina è in grado di comportare una riduzione dell’eccitazione neuronale.

A seconda del funzionamento della sinapsi Gabaergica, cambia il funzionamento del SNC

Affinché avvenga l’evento neurotrasmettitoriale (ossia la liberazione del Gaba dalla sua
vescicola) occorre che la post-sinapsi si trovi in una condizione generale di ricezione - cioè
che sia in grado di essere eccitata.
Affinché venga eccitata, occorre che nasca un nuovo stimolo elettrico. Se questo stimolo
elettrico non nasce o è ostacolato nella sua genesi, la trasmissione sinaptica è impedita o
ridotta nella sua efficienza.
Il Gaba riesce a fare proprio questo, a rendere cioè la post sinapsi meno eccitabile

Il GABA rende la membrana post sinaptica meno eccitabile tramite 2 recettori: GABA A
(ionotropico) ; GABA B (metabotropico).

Dicesi recettore Ionotropico quella proteina transmembrana che, in seguito al contatto col
ligando, va incontro ad una modificazione conformazionale che determina l’apertura
immediata del canale. Una volta legato il Gaba al recettore GABA A, quest’ultimo si apre
come fosse un buco e lascia passare uno ione specifico

I recettori Metabotropici, invece, sono quelle proteine transmembrana che, in seguito al


contatto col ligando, vanno incontro ad una serie di processi metabolici mediati da un
secondo messaggero alla base della trasduzione del segnale.
E’ sempre il Gaba, anche in questo caso, il ligando in grado di comportare l’attivazione dei
differenti processi metbolici per mezzo dell’azione del recettore Gaba B

Considerando il GABA A (fulcro della odierna lezione) esso è formato dal punto di vista
strutturale da 5 subunità (come del resto, tutti i recettori ionotropici): 1 Alfa; 2 Beta; 1
Gamma:

Il GABA si lega solo alla sub-unità Gamma; una volta legato alla subunità, è in grado di
comportare l'attivazione del recettore stesso.
Riassumendo, la stimolazione del neurone Gabaergico comporterà la liberazione del
GABA nello spazio sinaptico che – una volta percorsa la zona di apposizione – si andrà a
legate con la subunità Gamma, comportando l’attivazione del recettore stesso.
Il Gaba è pertanto l’Agonista del recettore Gaba A.

Il GABA A è un recettore selettivo ad un unico ione: il CLORO

Come fa il Cl- che è negativo ad entrare in qualcosa di negativo (quale l'interno della
cellula)?
Grazie al gradiente di concentrazione.
Non c’entra infatti la Carica dello ione (che nel caso del Cloro è negativa), ma solo il
gradiente di concentrazione che muove tutti gli ioni

Aumentandone la concentrazione intracellulare, il cloro comporta una maggior numero di


cariche negative all'interno della cellula, determinando così una iperpolarizzazione.

Tutto questo, che ha a che vedere con l'ansia con l'azione inibitoria del gaba?
Quando un neurotrasmettitore raggiunge la membrana postsinaptica occorre
inevitablmente che depolarizzi la membrana perché nasca un potenziale d’azione.
Affiché nasca un potenziale d’azione nell’assone, occorre che alcuni dendriti vengano
depolarizzati a sufficienza per far partire l’impulso elettrico determinante a sua volta il
potenziale d’azione stesso.
Questo fenomeno di depolarizzazione dendritica può essere più o meno facilitato dalla
condizione elettrica del singolo dendrite: se si parte da un dendrite notevolmente
iperpolarizzato, avrò un dendrite molto meno eccitabile.
E' di fondamentale importanza la condizione del Potenziale Di Membrana in cui si trova la
membrana del neurone post-sinaptico sulla quale agisce il neurotrasmettitore.

Esempio matematico: Io so che 10 molecole (naturalmente non è questa la regola; stiamo


ragionando in ottica ipotetica) di glutammato che si liberano dalla pre-sinapsi sono in
grado di modificare il potenziale di riposo del neurone da -70 a -50 (valore noto come
potenziale-soglia, capace di comportare un’apertura maggiore dei canali sensibili al sodio
favorendo pertanto un incremento maggiore della depolarizzazione della cellula)
Che succede se lo stesso procedimento avviene su un neurone che anziché a meno 70
sta a meno 80? Succede che quelle 10 molecole di glutammato comporteranno sempre un
gap di 20; porterà cioè il potenziale di membrana a -60, ma a questo livello i canali
sensibili al sodio non si aprono. Avrò quindi bisogno di cariche positive in più perché il
potenziale di membrana possa arrivare a -55 (potenziale soglia).
Quindi, a -80 la cellula è meno eccitabile.

Il Gaba fa proprio questo: rende cioè il neurone maggiormente iperpolarizzato, in modo


tale che l’entrata della molecola comportante depolarizzazione abbia un effetto minore
SOLAMENTE grazie all'azione preliminare del Gaba che a sua volta ha determinato
l’abbassamento potenziale di membrana.
Entrando nell’ambito della clinica, la persona che vivrebbe una condizione di ansia - e
quindi di eccessiva eccitazione - si verrebbe così a trovare in una condizione di ridotta
eccitazione.
Quindi, se l’ansia può essere legata ad una condizione di aumentata attivazione
ecctitatoria, l’azione ansiolitca si potrebbe considerare - dal punto di vista elettrofisologic -,
una condizione di iperpolarizzazione neuronale determinata appunto dall’azione del Gaba.

In che modo la farmacologia promuove l’iperpolarizzazione neuronale per


determinare una riduzione dello stato d’ansia?
Tramite delle molecole che agendo sul canale del Gaba promuovono la sua Attivazione.
Se facilito l’attivazione del Gaba A, facilito l’azione inibitoria iperpolarizzante e quindi
ansiolitica.
I farmarci Ansiolitici sono quelli che determinando l’attivazione del recettore Gaba A.

Esistono diversi modi di attivare il suddetto recettore, ma a seconda del modo in cui lo si
attiva vi sarà una maggiore o minore maneggevolezza del farmaco, che si tradurrà a sua
volta in una minore o maggiore sicurezza e tollerabilità del farmaco.

Come agiscono le benzodiazepine?


Per nostra natura, noi abbiamo sulla sub unità Alfa un sito di legame in grado di legare - o
meglio, interagire - con molecole in grado di legare le Benzodiazepine.
A favorire questo tipo di legame è la struttura di amminoacidi specifica della subunità Alfa;
quella della subunità Gamma, invece, permette d legare il Gaba
Nessuno ha mai trovato la benzodiazepina endogena (cioè l’analogo endogeno delle
benzodiazepine, quello che si va a legare con la medesima subunità sulla quale agiscono
le benzodiazepine farmacologiche).
Ciò che si sa è che la subunità alfa si lega alle benzodiazepine (la parte destra della slide
soprariportata, a detta del prof, è erreta per sua distrazione)

Il cambiamento sterico (indotto dal gaba) può essere modulato in senso positivo o
negativo da alcune molecole (in generale, in grado di inibire o potenziare l'azione del
gaba).
Queste molecole che facilitano il cambiamento conformazionale del recettore prendono il
nome di MODULATORI ALLOSTERICI (positivi o negativi a seconda che inibiscano o
meno l'azione del neurotrasmettirore).
Tali modulatori possono essere positivi o negativi: Le Benzodiazepine SONO
MODULATORI ALLOSTERICI POSITIVI (potenziano cioè l'azione del gaba legandosi a un
sito diverso rispetto quello cui agisce il gaba).

Una volta legate al recettore, volgarizzando, questo recettore "si apre meglio".

Concetto fondamentale per la clinica è che se non ci fosse il Gaba, le Benzodiazepine


non avrebbero alcun effetto sui recettori (si dice cioè abbiano dipendenza dalla
presenza di gaba).
I barbiturici invece riescono ad agire anche in assenza del Gaba, ed è questa la
fondamentale differenza con le benzodiazepine; per questo si può morire con i barbiturici
ma non con le benzodiazepine.

Nello specifico, a basse concentrazioni, i barbiturici si legano al recettore Gaba A


(legandosi a un sito di riconoscimento all’interno del recettore Gaba A) ed hanno bisogno
della presenza di Gaba perché il recettore si possa aprire. E questo è fondamentale dal
punto di vista clinico perché di fatto gran parte di quella trasmissione che loro facilitano
implica un potenziamento di tipo fisiologico della normale trasmissione di Gaba.
Quando però si superano certe concentrazioni (cioè in caso di sovraddosaggio) i
Barbiturici riescono ad aprire il canale da soli.
C'è un enorme aumento di inibizione e questo porta una depressione totale del SNC
portando alla morte (ad esempio, inibisce così tanto i centri del respiro che si muore di
apnea).
Fisiologicamente il Gaba non è in grado di bloccare il centro del respiro, ma se la sua
azione è eccessivamente potenziata con la farmacologia, allora si.

Anche i veterinari che sopprimono l’animale usano tramite la puntura endovenosa elevate
concentrazioni di barbiturci che causano la soppressione dei centri respiratori e quindi la
morte.

Sul recettore Gaba A agiscono un gran numero di sostanze e tossine tra cui anche
l'ETANOLO (Alcool), che ha la capacità di potenziare notevolmente l'apertura del canale
sensibile al cloro; per questo disinibisce.
A livelli eccessivi di alcool, infatti, c'è una depressione del SNC e l'ebbro si addormenta.

La depressione può essere particolarmente elevata – avendo pertanto effetto mortale - se


al di la dell'Etanolo viene assunta anche un’altra molecola in grado di comportare il
medesimo effetto, determinando quindi un potenziamento eccessivo della farmaco
dinamica: il cocktail etanolo-benzodiazepine è infatti mortale.

Le benziodiazepine, dagli anni 60 (anno in cui sono stati introdotti) hanno davvero
cambiato la società.
Esistono vari tipi di benzodiazepine
La varietà è giustificata dalle diverse esigenze farmacodinamiche e farmacocinetiche.
Perché un farmaco può essere più potente di un altro? Per varie ragioni, tra le quali il fatto
che per un determinato bersaglio, un farmaco possa avere maggiore o minore affinità

Le principali proprietà di un farmaco sono:


1) Affinità: riguarda la facilità di legame di un farmaco al recettore
2) Attività intrinseca: essa è distinta dalla affinità, in quanto determina la capacità di
attivare più o meno il recettore

Naturalmente, anche i farmaci con elevata affinità ma con scarsa attività intrinseca
determinano importanti effetti farmacologici, proprio sfruttando la proprietà di legarsi al
recettore senza determinare effetti: essi sono i FARMACI ANTAGONISTI
I Farmaci ANTAGONISTI PURI sono quelle molecole che hanno massima affinità e
assente attività intrinseca.

Come è possibile svegliare un soggetto andato in coma da benzodiazepine? (Alte dosi di


Valium, Diazpam ed altre benzodiazepina possono indurre al coma)
Usando una molecola antagonista puro, con alta affinità per il recettore ma senza attività
intrinseca: grazie alla capacità di legarsi al sito recettoriale, la suddetta molecola
rimpiazzerà di fatto la benzodiazepina oggetto di sovraddosaggio non comportando – a
differenza della benzodiazepina in questione - tuttavia alcun tipo di attività, bloccandone
quindi l’effetto.

In seguito all’iniezione endovenosa di questa molecola, la persona si sveglia


immediatamente: torna a parlare ed essere cosciente. Tuttavia, l’emivita dell’antidoto è
minore del Diazepam (o delle altre benzodiazepine)

Qual è il vantaggio? Il vantaggio è relativo al fatto che se il paziente si risveglia in seguito


alla somministrazione dell’antidoto, per quanto poi possa anche riaddormentarsi * , vi è la
possibilità di fare diagnosi di intossicazione da Diazepam.

 (Per il fatto che l'emivita dell'antidoto è minore rispetto a quella del diazepam, il
paziente che si risveglia a un certo punto si riaddormenta).

Le diverse strutture delle varie Benzodiazepine fanno sì che queste molecole possano
essere più o meno potenti, determinando per cui effetti farmacocinetici diversi.

Ci sono Benzodiazepine che hanno Emivita breve, lunga o intermedia.


Ognuna di queste viene usata per vari scopi:
- le benzodiazepine con bassa emivita vengono utilizzate unicamente per favorire
l’addormentamento e sono note come Ipnoinducenti
- Le benzodiazepine con lunga emivita vengono invece utilizzate per il trattamento
dei soggetti con ansia patologica tutto giorno (senza raggiungere concentrazioni
troppo elevate altrimenti il paziente si addormenta).
- Le benzodiazepine con emivita media vengono invece utilizzate per far sì che il
soggetto dorma* per tutta la nottata ma non per il trattamento dell’ansia quotidiana.
 Se la Benzodiazepina con emivita breve favorisce la pratica d’addormentamento,
quella con emivita intermedia favorisce il sonno nell’intero arco della nottata NdS
(Nota dello Sbobinatore)
(Quanto segue verrà meglio approfondito nelle successive lezioni)

Il DIAZEPAM è la benzodiazepina prototipica avente emivita lunga: essa è utilizzata per il


trattamento dell’ansia quotidiana

Il TAVOR è una benzodiazepina con emivita media; viene utilizzato per far dormire i
soggetti per l’arco di una nottata, ma non è indicato per il trattamento dell'ansia
quotidiana.

Il NITRAZEPAM è una invece delle benzodiazepine più potenti che esista a emivita lunga
(essa è infatti il più potente ipnoinducente disponibile), ragion per cui sono prediletti dai
tossicodipendenti.

La benzodiazepina con emivita più breve si chiama TRIAZOLAM: essa è usata


unicamente per indurre il sonno; dopo poco tempo dalla sua assunzione, sparisce l'effetto
cosiddetto di HANGOVER ( si addormenta)

SCOPI DELLE BENZODIAZEPINE:


Lezione 12_11/04/17

Parliamo di sostanze stimolanti, particolarmente interessanti da più punti di vista: farmacologico,


biologico, sociale, psicologico, economico. Di fatto l'uomo tende, nella sua origine di specie umana,
ad utilizzare molecole in natura, come estratti di piante, che hanno un'azione psicostimolante;
l'azione deprimente, a differenza, non è un qualcosa di ricercato. Pensate all'etanolo, che vi ho detto
essere una molecola in grado di attivare il recettore GABA-A, quindi di promuovere la
neurotrasmissione inibitoria e di conseguenza deprimere, viene tuttavia utilizzato perché, a certi
dosaggi, questo in ambito sociale, non a livello di tossicologia, non è volto a deprimere, anzi a
disinibire, in quanto in una prima fase facilita la socializzazione. L'uomo tende a socializzare e
tende inevitabilmente a ricercare qualcosa che stimoli la sua mente, che attivi quelle che poi
vedremo, le cosiddette vie del piacere. Allora, inevitabilmente, sono farmaci che creano anche
dipendenza, infatti vedete che si parla di malattia ad alto impatto sociale, ora è un po' vaga come
definizione però senz'altro l'uso di queste sostanze nella società di oggi determina una notevole
spesa anche proprio per il trattamento di disturbi associati all'uso di queste sostanze, uso che
oggigiorno per la gran parte di queste è illegale. Sono sostanze che non vengono distribuite in
maniera legale dal Sistema Nazionale, che si possono trovare in maniera appunto legale, ma sono
un qualcosa che si trova soltanto nel mercato illegale. Un tempo non era così, addirittura il papa
aveva dato una medaglia d'oro a chi metteva cocaina nel vino.
Qui vedete che uno dei principali centri di studio condotti sull'uso di sostanze che creano
dipendenza, il N.I.D.A (National Institute of Drug Abuse) inserisce eroina, alcol, nicotina, cocaina,
caffeina, marijuana, amfetamine, benzodiazepine (anche questa è una dipendenza), queste
tipicamente sono tra quelle più pericolose. C'è la nicotina, che anche se viene distribuita con il
marchio dello stato, così come l'etanolo, è un farmaco che dà una sensazione di promozione dei
circuiti del piacere simile a quella che può provocare l'eroina (determina un'attivazione
neurochimica dei circuiti del piacere simile a eroina o cocaina). La caffeina è quanto mai diffusa ma
che anch'essa attiva le stesse aree; chi dopo un caffè si sente depresso?

Stimolanti del SNC


Vengono distinti in stimolanti psicomotori e allucinogeni. Finora abbiamo parlato di sostanze
psicostimolanti: farmaci che attivano le capacità cognitive della persona, oltre ad avere altri effetti
che poi vedremo, ma in generale facilitano, aumentano le prestazioni cognitive della persona;
superate certe dosi possono portare addirittura alla psicosi,quindi a delle alterazioni . Gli
allucinogeni, al contrario, non hanno assolutamente questa proprietà di aumentare la normale
performance psicomotoria ma, anche a dosi basse sono in grado solo di alterare la percezione della
realtà. Infatti si parla di psicoanalettici per gli psicostimolanti, che facilitano, aumentano,
migliorano le prestazioni psichiche e di psicodislettici per gli allucinogeni, che alterano la lettura
della psiche. Negli anni '70 accadeva quotidianamente che uno studente per preparare gli esami
prendeva amfetamina; essa si trovava sul mercato legale, magari la prendeva dalla mamma o dalla
sorella che per dimagrire prendevano farmaci amfetamino-simili. Erano diffusi. A Firenze c'era una
famosa discoteca che si chiamava “Plegine” dal nome del farmaco che veniva assunto per
dimagrire. La gente lo prendeva come ora si fa con l'ecstasy, lo si prendeva e si andava a ballare
tutta la notte ricchi di quell'energia che l'amfetamina dava. Al contrario, chi prende allucinogeni non
è assolutamente una persona che è in grado di aumentare le percezioni psicomotorie tutt'altro, altera
completamente le percezioni della persona in senso negativo addirittura; è talmente distorta la sfera
sensoriale che si parla di sinestesia, vale a dire che i sensi si mescolano l'uno con l'altro. Queste
persone “sentono i colori” oppure “vedono le voci”, perché i sensi sono completamente distorti.
Questo non accade con gli psicostimolanti.
Torno a dire però che l'uomo non cerca i deprimenti. Nella storia di sostanze d'abuso da parte dei
popoli (si parla di etnofarmacologia, la farmacologia dei popoli), se ne ritrovano in tutte le aree del
mondo in cui esistono piante da cui sintetizzare molecole. L'uomo le ha trovate e le ha prese perché
rientra nella psicologia umana la necessità, in qualche caso dal punto di vista sociale, di uscire da
questo mondo e alterare la propria percezione; di fatto, questi vengono utilizzati da tanti individui
per migliorare la vita sociale. Queste sostanze erano utilizzate, ad esempio, da quelle persone che
dovevano uscire dalla società attuale per andare “a prendere il verbo divino” e poi dopo, passato
l'effetto dell'allucinogeno riferivano ciò che avevano visto. Ciò è un qualcosa che chiaramente
veniva da un altro mondo perché appunto la percezione era distolta.
Parliamo di questi: amfetamina, caffeina e cocaina, vedete però che ci sono altre molecole messe tra
gli psicostimolanti, ad esempio l'atomoxetina, che è in vendita, poi ritirata, come antidepressivo;
poi c'è il metilfenidato, in vendita anche in Italia con il nome commerciale “Ritalin”, è un farmaco
utilizzato per persone che hanno dei problemi di attenzione, es. bambino iperattivo → è un bambino
che dal punto di vista neurochimico non riesce a concentrare l'attenzione su niente. Negli USA
viene curato con l'amfetamina (in Italia invece con un amfetamino-simile) perché l'amfetamina gli
permette di aumentare l'attenzione, riesce a farlo concentrare, riusciva a far concentrare lo studente
per studiare, riesce a far concentrare il bambino sull'attività che sta compiendo.
Il modafinil invece viene usato per i disturbi del sonno, si dà ai narcolettici, individui con crisi
acute immediate di sonno durante la giornata, spesso associato anche a catalessia (perdita del tono
muscolare), si tratta di un sonno molto profondo che dura da un quarto d'ora ad un'ora con
conseguente risveglio; questa sostanza il riesce a tenerli svegli.
La nicotina attiva i recettori nicotinici, tipicamente presenti sui muscoli.
La teobromina è una metilxantina come la caffeina, (caffeina per il caffé, teobromina per il cacao,
teofillina nel thè). Le metilxantine sono sostanze in grado di potenziare la neurotrasmissione; sono
molecole che agiscono sui recettori presinaptici. Questo rilascio di neurotrasmettitori, che influenza
ovviamente la neurotrasmissione chimica, è attentamente modulato. Sulla postsinapsi ci sono una
serie di recettori che captano il rilascio di questi neurotrasmettitori e fanno da feedback, insieme ad
altri recettori che riconoscono l'input di un altro neurone e ne regolano il funzionamento. Tra questi
recettori presinaptici ce ne sono alcuni per l'adenosina (scheletro dell'ATP), chiamati recettori A1,
che la riconoscono. Questi recettori sono inibitori in quanto hanno il ruolo di ridurre il rilascio del
neurotrasmettitore all'interno delle vescicole. La molecola della caffeina è strutturalmente simile
all'adenosina quindi si lega ai recettori presinaptici per l'adenosina stessa. Si ha quindi un'inibizione
competitiva. In sintesi, quando si assume caffeina si elimina quel freno fisiologico che è
rappresentato dall'adenosina (che da un tono adenosinergico maggiore → es. la persona che la
mattina non riesce a svegliarsi se non prende un caffè perché ha questo tono colinergico alto,
mediato dall'adenosina, che lo rende sonnolento, le sinapsi funzionano male; se prende il caffè lo
blocca e le sinapsi continuano a funzionare).

*qui si parla di tono colinergico perché la caffeina influisce con un processo di regolazione dei nervi
mediante scarica del potenziale post sinaptico. Si ha come risultato un aumento dei livelli di adrenalina e
noradrenalina (catecolamine). Attraverso queste la caffeina stimola quindi indirettamente il sistema nervoso
simpatico e porta a un aumento del battito cardiaco e dell'afflusso di sangue ai muscoli, a una diminuzione
dell'afflusso di sangue alla pelle e agli organi interni e al rilascio di glucosio del fegato. In secondo luogo
poiché la caffeina è anche un inibitore della fosfodiesterasi che converte il cAMP(secondo messaggero per
l'azione dell'adrenalina) nella sua forma aciclica AMP, prolunga l'effetto di queste sostanze e altre simili
come amfetamina, metamfetamina e metilfenidato.
Ecco le strutture chimiche di amfetamina, ecstasy e cocaina. Si può notare come la struttura
dell'amfetamina ricordi una catecolamina, quindi ricorda l'adrenalina o la noradrenalina o la
dopamina (l'ordine è questo: dopamina, noradrenalina e adrenalina, perché dalla dopamina si
sintetizza noradrenalina e da questa si sintetizza adrenalina); ricorda questa molecola endogena e
quindi è probabile che vada ad interferire con il sistema catecolaminergico modulando la
neurotrasmissione di adrenalina, noradrenalina e dopamina. L'ecstasy solo in parte. Dalla struttura
della cocaina si può dire poco; non si vede bene l'analogia strutturale con le catecolamine ma
sappiamo che è in grado di andare ad interagire con lo stesso sistema neurotrasmettitoriale
catecolaminergico.

Qui vedete tutta la via metabolica con le varie fasi che portano dalla sintesi, all'immagazzinamento
e al rilascio di neurotrasmettitori. Ci sono vari stadi di sintesi: dalla tirosina si forma dopamina che
viene immagazzinata e poi liberata. Da qui una parte viene ricaptata all'interno della sinapsi, una
parte va sui recettori presinaptici, una parte va sui recettori postsinaptici e una parte si diffonderà
all'esterno. Nel caso della dopamina ci sono degli enzimi sui mitocondri che si chiamano MAO
(monoamminossidasi) che distruggono le monoammine; una parte vengono ripresi come tali e una
parte viene distrutta. Si tratta di un omeostasi che però in condizioni patologiche, quali ad esempio
depressione o uso di amfetamine, si può alterare.
Come fa l'amfetamina ad alterare questo sistema?
Con dei meccanismi fondamentali e proprio per questo causa danni a chi la assume. Il meccanismo
è simile: l'amfetamina viene presa dal trasportatore, entra nel neurone presinaptico e con un
meccanismo indiretto fa si che l'amfetamina venga incapsulata nelle vescicole facilitando il rilascio
di andrenalina dalle vescicole stesse; meccanismo definito aminosimpatico indiretto perché viene
presa su e indirettamente (va lei al posto dell'altro) aumenta il rilascio non-vescicola dipendente;
inoltre, dal momento in cui viene presa dal trasportatore al posto della catecolamina in esame, in
questo caso la dopamina, avrà un tempo maggiore di permanenza nello spazio intersinaptico perché
parte del sistema di reuptake è occupato ad assorbire l'amfetamina che è stata assunta dalla persona,
quindi aumenterà rilascio e il tempo di permanenza: il recettore verrà attivato maggiormente dal
momento di assunzione. L'amfetamina, inoltre, cerca di inibire questi enzimi MAOI in modo che
venga distrutta meno dopamina e ce ne sia di più da immagazzinare. Infine, ha anche una debole
azione sui recettori postsinaptici. Quindi, in generale, facilità l'azione della neurotrasmissione
dopaminergica, noradrenergica e adrenergica causando attivazione del SNC.

L'amfetamina viene sintetizzata per la prima volta nel 1920 , insieme ad altre molecole simili come
la metamfetamina, la fenimetrazina (Plegine)[*fenimetrazina → nome corretto. Errato in slide], la
fentermina ecc...
Queste sostanze possono essere utilizzate anche per dare maggiore sicurezza infatti nella seconda
guerra mondiale venivano somministrate ai piloti per aumentare la loro attenzione e concentrazione,
per far sì che avessero meno sonno e fossero molto più coraggiosi, tanto è vero che quando i
giapponesi lo scoprirono iniziarono a riempire di amfetamine i propri kamikaze così che avessero
più coraggio per togliersi la vita. Il motivo era l'aumento delle proprietà cognitive, effetto di queste
sostanze psicostimolanti.

Ecco alcune molecole psicostimolanti con il nome commerciale:


– Plegine
– Micoren → cardiotonico. Quando l'anziano si sentiva un po' fiacco gli si dava questo
farmaco e subito si risvegliava.
– Deanol → usato per il raffreddore perchè agendo sul sistema adrenergico funge da
vasocostruttore però, a certi dosaggi l'efedrina, utilizzata per la rinite acuta, può dare
un'azione psicostimolante.
Le amfetamine vengono assunte prevalentemente per via orale, poi il tossicomane di fatto cerca di
utilizzare le tecniche più varie per avere un effetto più marcato; cerca di avere lo sballo più veloce e
anomalo cercando così di uscire dalla realtà. In una prima fase si sente bene, disinitibo, poi passata
la prima fase, avverte un senso di malessere, incapacità di coordinazione della propria persona. Si
possono poi fumare, inalare, iniettare, mescolare con altri farmaci.

DOMANDA: da cosa vengono sintetizzate le anfetamine?


– Da una struttura catecolaminica e propilamminica poi messe insieme con reazioni chimiche.
Quindi anello fenilico e strutture amminiche insieme
DOMANDA: cos'è il Plegine?
– Farmaco venduto come anorettico per ridurre la fame e quindi far dimagrire le persone, ora
non venduto più per uso distorto

QUADRO CLINICO amfetamine

Ecitazione, sonno ridotto o assente, così come la fame e la paura mentre la concentrazione aumenta;
tutti effetti positivi per l'individuo (es. studente, soldato ecc..).
Per i loro effetti positivi vengono anche usate da popolazioni come gli inca per il freddo, la fame,
ecc...

DOMANDA: agiscono anche sul sistema tiroideo?


– No, è il sistema tiroideo che aumentando il metabolismo mima queste funzioni perché
aumenta il tono simpatico. Il soggetto iperteroideo ha ipertensione, sonno ridotto, fame
ridotta per via del sistema simpatico, per aumentato metabolismo. Questa invece è una
funzione ridotta nel tempo. Se gli effetti sono ridotti nel tempo ci sarà un grosso potenziale
tossico-maniaco o psicotico in chi le assume. Se si assume una sostanza che dà un effetto
verso l'alto o il basso distribuito nel tempo il rischio di dipendenza è ridotto rispetto ad una
sostanza che dà un immediato benessere limitato nel tempo con una veloce discesa; questo
perché si attivano le vie del piacere. Per ridurre la dipendenza si somministrano farmaci che
danno gli stessi effetti ma prolungati nel tempo.

Talvolta potrebbe essere necessario un trattamento antipsicotico perché queste sostanze ad alte dosi
possono portare a psicosi. A dosaggi medio-bassi hanno solo un effetto di potenziamento di questi
effetti.

EFFETTI TOSSICI
Poiché aumentano il tono neurotrasmettitoriale delle catecolamine aumenterà il tono simpatico e
quindi pericolo di ipertensione, tachicardia, o meglio, tachiaritmie (ritmo del battito cardiaco
aumentato IRREGOLARE), ecc..
Per quanto riguarda la sfera psichica abbiamo già parlato del rischio di sviluppare psicosi, ma anche
eccitazioni maniacali, ad esempio.
L'ecstasy è il più moderno. Se si toglie il primo anello ricorda l'amfetamina ma la struttura è
metilendiossimetamfetamina.
Questa molecola ha azioni simili all'amfetamina (per l'uso nelle discoteche) anche se non dal punto
di vista psicologico, in quanto non ha la capacità di aumentare le interazioni tra i soggetti, non solo
dal punto di vista sessuale ma anche affettivo. Di fatto l'individuo che assume ecstasy è quella
persona che balla ai rave party dove tipicamente non ci sono atti sociali particolari, c'è un enorme
numero di persone ma zero interazione.

Questa molecola ha in parte un'azione simile alla metamfetamina ma aumenta la neurotrasmissione


serotoninergica infatti, a differenza delle amfetamine, è molto più prona a dare allucinazioni. Ha
impatto su catecolamine e serotonina insieme. A livello serotoninergico stimola appunto le vie
serotoninergiche i cui centri principali si trovano a livello del tronco encefalico e poi proiettano a
livello corticale un ampio numero di terminazioni che regolano le funzioni corticali. Da qui
l'alterazione delle sensazioni.
L'ecstasy da un lato è in grado di facilitare il rilascio del neurotrasmettitore, in questo caso la
serotonina e dall'altro di bloccare il reuptake di serotonina e a lungo andare ne riduce la produzione
(depressione).
L'ecstasy bloccando il reuptake fa sì che si accumuli troppa serotonina (spill over) che viene poi
assorbita dai tessuti; infine se ne riduce la produzione portando alla depressione.
Gli effetti dell'ecstasy, a differenza dell'amfetamina, sono neurotossici, cioè a lungo andare porta
alla morte delle terminazioni presinaptiche.

Qui di seguito è riportato uno studio fatto sul ratto in cui si può notare che la densità delle
terminazioni dei neuroni serotoninergici che dal tronco arrivano alla corteccia si riduce.
Dopo tanti anni ritorna ma senz'altro in quantità inferiore.

Gli effetti dell'ecstasy riguardano un'eccessiva eccitazione, distorsione della realtà, quindi
allucinazioni e ipertermia; si alterano le proprietà termoregolatorie dell'organismo. In effetti, di
solito chi assume ecstasy si trova in una situazione si sovraffollamento, locale chiuso, balla quindi
genera grosso calore, aumenta la neurotrasmissione catecolaminergica, che altera ovviamente la
vasocostrizione (tipico), quindi sono vasocostretti, non prendono calore, ballano quindi lo generano
dall'interno, in un locale chiuso pieno di gente, si aggiunge il calore degli altri, capite come possono
avere una grave ipertermia che spesso è causa di morte.

COCAINA

Molecola di origine naturale. Finora abbiamo parlato di molecole sintetizzate dall'uomo e se l'uomo
le ha sintetizzate vuol dire che a qualcuno servivano, qualcuno ne faceva uso; nel caso della cocaina
l'uso diffuso nelle comunità colombiane, ad es., indica che è un qualcosa che facilita la vita in quelle
zone.
-Viene per la prima volta identificata la pianta dell' Erytroxylon Coca che sintetizza la molecola che
viene usata dal 3000 a.C.
-Isolata nel 1884, nel '70 nasce il Vino Mariani, il “vino preferito dal papa Leone XIII” aveva dato
anche la medaglia d'oro a chi per la prima volta l'ha creato, era un vino ricostituente
-la Coca-Cola, oggi non c'è la cocaina ma un tempo erano estratti di cola contenenti anche cocaina.
-1884-1891: Sigmund Freud scrive alcuni scritti sulla cocaina e la usa per la propria depressione e
per quella dei suoi pazienti.
-Anni '20 la cocaina cade in disuso e viene proibita perché ha la capacità, a differenza degli altri, di
causare anestesia locale perché blocca i canali al sodio, quelli che si aprono quando il potenziale di
membrana raggiunge un certo livello di deporalizzazione; apre questi canali voltaggio dipendenti e
da l'impulso elettrico, la cocaina li blocca come la lidocaina. Anestesia locale per mal di denti o per
il bulbo oculare. Film americani assaggiano per anestesia.
Tipicamente sono tutte tagliate con lattosio o talco o sostanze con proprietà tossiche, veleni ad
esempio.

La prima volta nel 1890 un'infermiera scrive circa il cocaine craving


“ho un paziente che soffre di bramosia della cocaina (cocaine craving), ho trovato che è impossibile
tenere la cocaina fuori dalla sua portata...”
pubblicato perchè si ritiene importante informare circa tale condizione e i suoi effetti.

Come si utilizza?
Inalata per avere più velocemente possibile l'effetto psicotico. Quando viene inalato qualcosa
raggiunge velocemente gli alveoli sviluppandone la superficie che arriva fino a circa 70 m².
Immaginate con che velocità si assorbe: passa velocemente il sangue affinchè possa poi attraversare
la barriera ematoencefalica e dare l'effetto psicotico. Pertanto si usa la polvere di cocaina
cloridrato che è un sale, quindi polare, carico positivamente che passa facilmente la barriera
ematoencefalica ma anche quella alveolopolmonale quindi si pensa di mescolarla al bicarbonato in
modo da farle perdere la sua carica e tornare cocaina base o freebase o crack.
Da un punto di vista storico però si mangiano le foglie. L'uomo per prima cosa ha imparato a
mangiare le foglie, le teneva in bocca (bolo) e piano piano gli si rilasciava la cocaina ma già gli
antichi (inca e maya) prendevano l'analogo del bicarbonato di sodio, la cenere, la mescolavano alla
polvere di coca (basica) e mettevano in bocca questo impasto che gli liberava più velocemente la
cocaina dalle foglie.
La cinetica: via endovenosa e freebase più veloce, nasale e orale più lente.
Come funziona?
Meccanismo d'azione:
L'amfetamina facilita questa reazione, blocca il reuptake, blocca la degradazione.
La cocaina blocca solo il reuptake di catecolamine, normalmente di serotonina e così facendo, cioè
bloccando il neurotrasmettitore per la noradrenalina e dopamina fa si che quel neurotrasmettitore
rimanga più a lungo nella sinapsi e quindi quella neurotrasmissione sia potenziata. E allora...effetti
psicotropi: ipertensione e tachicardia che possono raggiungere livelli tali da diventare rischioso per
la vita della persona. Infarto cardiaco per vasocostrizione coronarica quindi squilibrio tra apporto di
ossigeno e richiesta di ossigeno → infarto miocardico e poi ipertensione marcata per resistenze
periferiche del sistema simpatico, rottura del vaso intercerebrale e quindi emorragia cerebrale;
aritmie, psicosi analoghe a quelle per amfetamina.

Perchè l'uso di queste sostanze dà piacere? Cosa attiva il circuito del piacere e offre
ricompensa?

Via dopaminergica.
Queste sostanze attivano la via dalla VTA(area ventrale tegmentale) → NAc (nucleus accumbens)
(circuito del piacere)
Questo circuito è fatto da soma di neuroni che mandano proiezioni a livello del nucleus accumbens.
La dopamina è il neurotrasmettitore del piacere. Tutte le molecole che mi facilitano questa
neurotrasmissione sono molecole a rischio d'abuso perché l'organismo ha anche una sua genetica.
Genetiche diverse fanno sì che in un individuo una sola somministrazione causi dipendenza, in un
altro no. Non solo, in condizioni in cui la persona sana dovesse venire a contatto con queste
sostanze che causano una perdita di coscienza, una perdita del proprio io, della propria personalità,
inevitabilmente la persona sana nutre avversione per quella molecola. Quindi le vie del piacere sono
queste vie dopaminergiche attivate dalle sostanze quali cocaina, amfetamina, teobromina,
cioccolata, caffeina, ecc...
Si parla di circuiti del piacere che dal punto di vista ancestrale saranno sicuramente stati alla base
dell'evoluzione. Queste vie si trovano a livello del tronco encefalico e diencefalico → via della
gratificazione
Psicofarmacologia

Lezione 14, giovedì 20 aprile

Questo corso di farmacologia, di psico-neuro-farmacologia è un po' calibrato per gli


studenti di psicologia clinica. Dunque, volevo accennarvi alla polemica su vaccini e
autismo: è un po' dura pensare che ci possa essere una relazione tra vaccinazione
per qualche malattia infettiva e autismo, sebbene ci possano essere anche fenomeni
di reazione avversa.
Tutti i farmaci, per essere tali, devono intrinsecamente avere qualche effetto tossico.
È importante la dose, è importante lo schema di trattamento terapeutico.
Importante è anche mettere sul piatto di una bella bilancia ponderata i vantaggi e i
rischi. D'altra parte per venire qua stamani ho usato la bicicletta con un bel casco da
bicicletta ma è chiaro che il tragitto da casa a lavoro comporta un rischio ma ho un
vantaggio, ovvero vado a lavorare!
Questa idea inutile e pericolosa che noi possiamo trarre vantaggi senza avere rischi
non esiste!
Abbiamo cercato (nelle lezioni precedenti) di focalizzarci su quelle che sono i farmaci
per il trattamento di malattie psichiatriche o di condizione come, per esempio,
l'ansia.
Lo stato ansioso è come il percepire la temperatura può essere troppo calda o
troppo fredda ma la temperatura dobbiamo percepirla così come l'ansia.
Tra questi fenomeni c'è anche il dolore.
Il dolore è un fenomeno che è dominio della psicologia tanto che la IASP
International Association for the study of Pain definisce il dolore come una reazione
psicoaffettiva.

DOLORE REAZIONE PSICOAFFETTIVA


Una vita senza dolore non esiste. Il dolore è un fenomeno estremamente importante
per la sopravvivenza. I bambini che (sono casi rarissimi ma esistono) non hanno la
percezione del dolore hanno una vita estremamente pericolosa.
Il dolore è il primo strumento fondamentale di difesa che abbiamo ed è una
condizione esistenziale che misuriamo attraverso la propria percezione.
Ognuno percepisce il dolore che la sua mente gli fa percepire tanto che esiste il
fachiro che cammina sui carboni ardenti, quello che si mette su un letto pieno di
chiodi e si allena a non percepire dolore. Si tratta di un esercizio mentale.
Per misurare il dolore sapete cosa esiste?
Lo strumento migliore e più avanzato per misurare il dolore è un righello da 1 a 10.
Il medico chiede al paziente “ma nella tua esperienza da senza dolore e dolore
massimo che hai mai percepito nella vita ORA il dolore che tu hai dove lo situi da 0 a
10 o da 0 a 100?”. Con i bambini si usano le faccine, ci sono 5 faccine.
Dunque, abbiamo una definizione di dolore molto psicologica e sistemi di
misurazione estremamente rudimentali ma non possiamo dire che non sono efficaci.

Nelle lezioni precedenti abbiamo parlato del sistema simpatico e parasimpatico che
abbiamo delineato come un sistema efferente.
Adesso vediamo il sistema afferente! È uno stimolo che parte dalla periferia. Lo
stimolo può essere di ogni natura, può essere uno stimolo fisico.
Gli stimoli fisici che noi percepiamo possono essere la temperatura (il caldo-freddo),
oppure altri stimoli fisici che noi percepiamo e possiamo percepire come piacevoli o
spiacevoli (o anche dolorosi). Le radiazioni cosmiche, di solito, non le percepiamo; le
onde elettromagnetiche ci sono ma non le percepiamo. Anche la luce, noi
percepiamo la luce in una gamma di frequenza, oppure anche il suono. Una luce
molto molto abbagliante può dare anche una sensazione dolorosa ma non eccessiva.
Gli stimoli fisici fondamentali che percepiamo nel nostro sistema sensitivo sono
principalmente due:
• termico
• meccanico
Se attacco un quadro e mi do una martellata sul dito, avverto uno stimolo termico e
meccanico.
STIMOLI FISICI STIMOLI CHIMICI

TERMICO MECCANICO
Poi abbiamo gli stimoli chimici di cui abbiamo una gamma spettacolare, di cui alcuni
poi sono stimoli fortemente usati nella nostra alimentazione, in cucina. Esempio: le
spezie, il peperoncino, il wasabi. Questi sono stimoli chimici.
Il peperoncino perchè è piccante? Non si sa! Il peperoncino stimola un preciso
canale recettore che noi mammiferi abbiamo e che gli uccelli non hanno.
La strategia riproduttiva del peperoncino è questa: io faccio un frutto che sarebbe
piccante. Un topolino va a mangiare quel frutto ma il topolino ha una area di vita
che potrebbe essere questa stanza quindi la diffusione della pianta sarebbe limitata
a quell'area di vita del topolino. Mentre se la pianta la mangia un uccello questo volo
a 4 km di distanza e attraverso le feci diffonde la pianta.
Il dolore prodotto dalla capsaicina contenuta nel peperoncino è più o meno lo
stesso meccanismo dell'alcol che brucia (disinfettante). Quando ero bambino io e
avevo le ginocchia sbucciate la mia nonna mi inseguiva con il batuffolo di alcol per
disinfettare e io piangevo perchè bruciava (dolore urente). Il dopobarba o se uno
beve un bel vodka, whisky lo sente come dolore urente. Abbiamo lo stesso
meccanismo molecolare. Quindi abbiamo il dolore chimico.
Riguardo al dolore chimico possono essere fatti esempi culinari molto piacevoli, di
mille sostanze chimiche anche endogene però.
Riprendiamo l'esempio del quadro, mi do una martellato sul dito e sento dolore.
Inizialmente sento un dolore nocicettivo perchè è un dolore prodotto dalla
compressione meccanica dei nocicettori, quelli ad alta soglia.
Poi, questo dito diventa rosso perchè il trauma ha creato come un evento
infiammatorio e allora andiamo verso l'Inflammatory Pain. Il dolore acuto si
esaurirebbe da sé, invece, il dolore infiammatorio può diventarmi cronico, dipende
anche da quanto dura la mia infiammazione.
Vi faccio un esempio pratico: faccio la doccia a 40 gradi. Poi se io vado a Viareggio,
mi metto sulla spiaggia e mi addormento con le spalle rivolte al sole, non me ne
accorgo e mi brucio. Lì per lì non sento nulla, va tutto bene. La mattina dopo non è
cambiato niente nella temperatura esterna quindi faccio la doccia, apro la valvola
sempre alla stessa temperatura e mentre sono sotto la doccia sento dolore e mi
allontano perchè quella temperatura di 40 gradi non la tollero più. In questo caso si è
venuto a creare un fenomeno di dolore infiammatorio ma anche di dolore
neuropatico che è l'ipersensibilità. È lì la base del dolore patologico, del dolore
cronico per cui voi potreste essere chiamati a cooperare in una condizione per
esempio di dolore oncologico.
Ad esempio: abbiamo un paziente nel reparto di oncologia che soffre di dolore
perchè ha un tumore le cui metastasi comprimono i nervi (dolore meccanico da
lesione del tronco nervoso) oppure perchè ha creato anche un'infiammazione
intorno a un punto in cui il nervo passa di lì, il nervo quindi è coinvolto in un
fenomeno infiammatorio. In più, io ti faccio un trattamento con farmaci che tra i
tanti effetti positivi hanno quello di uccidere le cellule cancerose ma mi danno danni
ad alcune cellule mie, cellule normali tra cui le fibre nervose, soprattutto quelle
distali, perchè io ho una neuropatia periferica dolorosa. In questo contesto il dolore
cronico può durare per anni.
Quindi, il dolore cronico si basa sul fatto che io ho accanto al mio nervo
un'infiammazione, che può essere da irraggiamento solare eccessivo (una specie di
piccola ustione ma che io la sento il giorno dopo) oppure danno del nervo stesso
perchè ho avuto una lesione o c'è stata un'ischemia che ha portato a una scarsa
irrorazione del nervo, quindi, un dolore che deriva non da un'infiammazione che sta
intorno al nervo ma perchè è il nervo stesso che è leso o infiammato.
Alla fine comunque io questo dolore lo devo percepire. Quindi, che sia un dolore che
arriva da una martellata sul dito, che sia un dolore dovuto a un'infiammazione
intorno al nervo o perchè ho una lesione del nervo che porta a sentire questo
dolore, in tutte le maniere io devo avere una conduzione che dalla periferia va verso
il centro.
Questa trasmissione/sensazione viene prodotta dal primo neurone sensitivo.
Abbiamo:

• Dolore acuto (Nociceptive Pain) → esempio: martellata su un dito.


• Dolore infiammatorio (Inflammatory Pain)
• Dolore neuropatico (Neurophatic Pain) → in cui ho una lesione del nervo.
• Dolore non infiammatorio e non neuropatico (Noninflammatory
Nonneurophatic Pain) → un dolore che non si conosce bene, non si sa da cosa
dipende.

Poi c'è il dolore psicogeno → un dolore che non c'è ma il paziente se lo immagina.
E poi tutte le possibili combinazioni di questi tipi di dolore. Soprattutto quando il
dolore diventa cronico. Anche un dolore tipicamente neuropatico come quello della
lombosciatalgia in cui un ernia si forma nel disco intervertebrale e comprime il
nervo. Che si fa con un dolore di questo tipo? Bisogna utilizzare anche gli
antinfiammatori. Perchè usare gli antinfiammatori se non c'è infiammazione? Perchè
quando avete questa compressione là intorno l'infiammazione si crea lo stesso.
Questa mostra la complessità dei protagonisti del dolore infiammatorio.
Perchè abbiamo il dolore gastrico?
Perchè la mucosa dello stomaco non protegge bene, c'è reflusso che sale
nell'esofago, lì non c'è protezione e l'acido fa male.
Se fate una combinazione e mettete insieme tutti questi potete capire perchè curare
il dolore con singole molecole è un po' difficile.
Questo per darvi un'idea che tantissimi sono gli stimoli, tantissimi sono i recettori-
canali coinvolti e anche i mediatori intracerebrali. Una situazione molto molto
complessa.
Ho accennato al fatto che esistono dei protagonisti principali. Tra quelli più
importanti abbiamo le prostaglandine che derivano da acido arachidonico.
L'acido arachidonico dove sta? Tutte le membrane cellulari posseggono tale acido.
Il fattore di protezione principale del nostro stomaco contro l'acidità gastrica che il
nostro stomaco produce (se non ci fosse protezione il nostro stomaco andrebbe
incontro ad una lesione mortale) la fanno le prostaglandine. Oppure a livello renale
la perfusione del glomerulo renale efficiente, che mantiene una buona funzione
renale è mediata dal fatto che ci sono delle prostaglandine che fanno effetto a livello
renale. Quindi le prostaglandine sono molto utili alla nostra sopravvivenza e al
nostro benessere.
Però le prostaglandine sono anche l'apertura dei principali meccanismi nella, non
tanto nella produzione del dolore acuto, ma nel dolore che si manifesta dopo.
La cascata metabolica è questa:
Slide “CYCLOOXYGENASE PATHWAY:
Vedete l'acido arachidonico ubiquitario a tutte le membrane, la cicloossigenasi sta
accanto alla membrana, si passa al primo metabolita PGG-2.
Vedete PGH-2 che è il precursore di tutte. Poi ci sono le varie sintetasi della PGE-2,
PGI-2, PGF-2 e poi c'è quella per il trombossani.
Ma per il dolore quelle importanti sono la:
• PGI-2
• PGE-2

Note del relatore:


In the cyclooxygenase pathway the arachidonic acid is transformed into prostaglandin G2 (PGG2)
which is then converted to prostaglandin H2 (PGH2). PGH2 is finally converted to: thromboxane
A2, unstable compound, causing platelet aggregation and vasoconstriction; PGI2, mainly in blood
beds, with opposite effects compared with TxA2; prostaglandins PGD2, PGE2, PGF2, in various
parts of the body. Prostaglandins act locally and are finally enzymatically degraded.
L'enzima chiave è la cicloossigenasi.
Chi ha scoperto questo meccanismo è John Vane, l'ideatore principale, che ha preso
il premio Nobel per questo. Perchè noi da secoli utilizzavamo l'acido salicilico come
antidolorifico senza sapere perchè. Nel 1894 un chimico che lavorava alla Bayer la cui
madre aveva una severissima artrite di cui soffriva molto e lui pensò di migliorare il
salicilato aggiungendo un acetile e fece l'acido acetilsalicilico, detto comunemente
aspirina. Si è adoperata l'aspirina dal 1894 agli anni 70 del secolo scorso senza
sapere perchè produceva questo effetto benefico, non soltanto antidolorifico ma
anche antinfiammatorio e antipiretico. Non si sapeva perchè e John Vane e
collaboratori hanno scoperto il perchè.

Allora questa è la tasca attiva della cicloossigenasi dove entra l'acido arachidonico e
l'enzima trasforma l'acido arachidonico. Qui l'acido arachidonico è aperto, invece,
qui l'enzima lo ciclizza e forma questo anello qua. → cicloossigenasi. A questo punto
abbiamo l'inizio della produzione delle prostaglandine.
Ed ecco qua cosa viene prodotto con i loro recettori. Questo per dire che è stato
fatto qualcosa di molto positivo perchè se io blocco le cicloossigenasi quassù io ho
già fatto tutto, ho bloccato tutti i sistemi perchè ho bloccato la via di produzione
comune. Mentre se io volessi agire sui recettori se blocco quello o blocco quell'altro
non ho un effetto complessivo quindi, in questo senso, la strategia farmacologica è
molto più efficiente se io riesco a bloccare l'enzima produttore delle molecole invece
di creare dei bloccanti dei recettori.
Cosa diversa è stata fatta, invece, con il sistema simpatico in cui non blocco la
produzione di adrenalina e noradrenalina ma blocco i recettori alfa e beta che fanno
cose molto diverse e quindi io ottengo azioni selettive. Quindi, bisogna pensare
sempre in maniera flessibile a ciò che voglio ottenere rispetto al sistema che io ho di
fronte e scegliere la strada migliore per ottenere l'effetto terapeutico.
Vedete nel box azzurro in fondo che noi abbiamo varie azioni che possono essere
prodotte da trombossani o prostaglandine.
Ad esempio, il trombossano (primo box in basso a sinistra) produce vasocostrizione e
aggregazione piastrinica. Questo è molto importante per l'uso dell'aspirina a piccole
dosi nella prevenzione di un nuovo infarto.
Un paziente che ha avuto un infarto riceve una terapia complicata, una di queste è
l'aspirina a basse dosi.
L'aspirina per combattere la febbre e il dolore 300-600 ml, per prevenire il secondo
infarto 75-100 ml. Questo perchè l'aspirina a basse dosi è capace di bloccare la
produzione di trombossano che è vasocostrittore e aggrega le piastrine e, invece,
non blocca la produzione di PGI-2 che produce vasodilatazione e inibisce
l'aggregazione di piastrine. Quindi, le piastrine non favorisco il coagulo (il trombo)
perchè la prostaciclina lo impedisce e produce vasodilatazione. Quell'altro che
invece viene bloccato con l'aspirina a basse dose produce aggregazione di piastrine e
vasocostrizione. È veramente magica, fa tutto bene e non fa male.
Poi vi dico perchè l'aspirina lo fa e altri come il Moment o Oki, un ibuprofene,
ketoprofene non lo fanno. Solo l'aspirina lo fa. Riguarda un meccanismo molecolare
relativo all'interazione farmaco- recettore, acido acitilsalicilico- clicloossigenasi.

Cosa succede quando io vado al mare a Viareggio e mi addormento sulla spiaggia e


mi scotto le spalle, poi il giorno dopo faccio la doccia e sento male?
Ho attivato il sistema della cicloossigenasi per produrre prostaglandine, le quali
hanno sensibilizzato i miei nervi quindi io ho una condizione di ipersensibilità,
questo in termini generali.

Allodinia vuol dire che uno stimolo tattile normale, anche una carezza, provoca
dolore alla persona. Una sensazione piacevole diventa dolorosa.
Iperalgesia è una sensazione dolorosa che diventa estremamente dolorosa.
→ questo lo fanno le prostaglandine!

Quindi, il giorno dopo faccio la doccia non tollero più quella temperatura lì perchè
sono diventato allodinico. Sono diventato allodinico perchè? Cosa è successo?
Alterazioni molecolari che possono essere presenti nel tessuto o nei nervi stessi
prodotti da prostaglandine su fibre sensitive specifiche che poi cooperando con altri
recettori(00:49:10?non sono sicura di questa parola) producono una sensazione di
dolore. Ma se io blocco questa formazione di prostaglandine l'iperalgesia la tollero.
Intorno a tutto questo discorso sul dolore infiammatorio dobbiamo pensare a come
curarlo attraverso i farmaci. I farmaci devono avere un bersaglio o dei bersagli
terapeutici. Abbiamo identificato le prostaglandine come colpevoli. Non sono i soli.
Dobbiamo trovare un modo per limitarne la loro efficacia e qui entrano in gioco due
cicloossigenasi.
Le due cicloossigenasi hanno caratteristiche diverse e sono esemplificate qua:

Abbiamo una cicloossigenasi 1 che la definiamo come constitutiva cioè il nostro


programma genetico ci dice di produrre una certa quantità di cicloossigenasi 1 che ci
serve per produrre, per esempio, le prostaglandine che determinano la protezione a
livello gastrico oppure che producono aggregazione piastrinica che ci vuole (se
abbiamo una ferita, noi dobbiamo fermare l'emorragia e quindi è importante
l'aggregazione piastrinica).
Mentre la cicloossigenasi 2 è un enzima inducibile. Che vuol dire? Vuol dire che ho
un'alterazione dell'omeostasi (ad esempio, l'influenza).
Quali sono i sintomi dell'influenza? Come ti senti? Stanco, spossato, un po'
dolorante, con dolori muscolari, cefalea, se ti alzi dal letto ti senti come svenire (non
stai molto bene in piedi). Cosa succede?
Arriva il virus, il nostro organismo deve per ucciderlo inizia a fare varie cose. Ad
esempio, inizia a produrre interleuchina 1 che favorisce la produzione di
cicloossigenasi 2 e di ossido nitrico sintetasi. L'ossido nitrico mi dà idratazione
mentre la cicloossigenasi 2 produce prostaglandine che mi danno tutta questa
sensibilizzazione dei miei nervi per cui anche non facendo niente sento dolore
dappertutto.
Terza cosa, aumenta la temperatura e l'aumento della temperatura tende ad
uccidere il virus. E questo lo fa sempre attraverso la cicloossigenasi 2 che produce
prostaglandine che a livello ipotalamico alzano il segnale della temperatura.
E se io prendo l'aspirina?
Magicamente io abbasso la febbre e il dolore mentre riguardo al senso di
spossatezza faccio meno perchè quella è un'altra via metabolica.
Ma attenzione, la cicloossigenasi 2 NON è vero che fa SOLO MALE, fa anche bene.
Per esempio, la funzione del glomerulo renale è mantenuta dalla prostaglandina
prodotta dalla cicloossigenasi 2.

Il meccanismo di azione dell'aspirina.


L'aspirina è la molecola che vedete qui a sinistra, questo è l'acido arachidonico, qui
c'è il sito di legame dell'acido arachidonico, e c'è il sito di legame per l'aspirina.
Sostanzialmente l'aspirina attivando un sito di legame lì (Ser 529) cosa fa? Lui arriva,
siccome è formato dall'acido acetilsalicilico (acetile+salicilato), arriva lì e regala,
dona in maniera irreversibile l'acetile alla salina. L'acido arachidonico non riesce più
ad entrare e quindi le prostaglandine non si formano più.
Quale è la differenza tra l'aspirina e il moment, l'oki eccetera?
Che l'aspirina è l'unica che crea un legame irreversibile con la cicloossigenasi. Quella
molecola proteica una volta legata all'aspirina non funziona più per tutta la sua vita
proteica che potrebbe essere lunga, molto lunga (giorni).
Mentre Ibuprofene, Ketoprofene eccetera seguono la legge dell'azione di massa cioè
si attaccano o si staccano.
Se io prendo 600g di Ibuprofene, mettiamo che dopo un ora ho un picco massimo di
blocco nella cicloossigenasi. L'ho bloccato ma dopo 3 ore è al 50% nel plasma, dopo
altre 3 ore è al 25%. Quindi, dopo 6 ore la mia cicloossigenasi ricomincia a
funzionare. Mentre l'aspirina una volta arrivata tutte le cicloossigenasi sono bloccate
e quando l'aspirina va giù, mettiamo anche qui dopo 6 ore, a quel punto rimangono
bloccate. È solo cicloossigenasi nuova, per nuova sintesi proteica ma il giorno dopo
che sarà una cicloossigenasi funzionante.
Questa è la grande differenza tra aspirina e tutti gli altri (saranno una cinquantina di
fans).
Questa è la differenza per cui io do piccoli livelli di aspirina per bloccare la possibilità
di avere un nuovo infarto perchè in questa maniera io faccio un'azione magica
ovvero blocco le cicloossigenasi,ma le piastrine non hanno nucleo, non possono più
fare cicloossigenasi perchè non c'è sintesi proteica per cui sono bloccate, non
funzionano più.

Note del relatore:


L’ingombro sterico (di dimensioni più grandi quello dei COXIB) determina la selettività degli
inibitori della COX.
Le due forme di cicloossigenasi hanno forme diverse per cui alcuni farmaci possono
bloccare tutti e due (sono i FANS, acronimo di farmaci antinfiammatori non steroidei
e individua una classe di farmaci dall'effetto antinfiammatorio, analgesico e
antipiretico) e alcuni farmaci più nuovi creati negli anni 90 (i fans sono più vecchi)
sono selettivi soltanto per la cicloossigenasi 2 e, quindi, sono capaci di bloccare solo
quella lasciando assolutamente funzionante la 1 e questi si chiamano coxib.
Fans bloccano tutti e due mentre la coxib blocca solo la cicloossigenasi 2.
L'idea quale era?
Quella di avere dei farmaci che mi bloccassero l'infiammazione ma che non mi
bloccassero la protezione gastro-intestinale perchè purtroppo le reazioni avverse di
questo tipo sono frequentissime e sono anche mortali.

Quindi l'aspirina mi dà un effetto analgesico perchè come tutti i fans blocca il


meccanismo della trasformazione dell'acido arachidonico in prostaglandine ma
questa stessa azione ha la caratteristica di produrre un effetto antinfiammatorio (se
ho un edema mi si riduce) e un effetto antipiretico che è dovuto al fatto che io
inibisco la cicloossigenasi anche a livello ipotalamico e lì non ho più produzione di
PGE-2 che mi stimola l'aumento della temperatura.
E poi c'è l'azione antipiastrinica.
Dal grafico vedete come l'aspirina tendenzialmente è un farmaco che inibisce meglio
la cicloossigenasi 1 della 2.
Mentre il Celecoxib, il Valdecoxib, Eterocoxib, Rofecoxib, Lumiracoxib sono molto più
capaci di bloccare la 2 della 1. Sono stati inventati apposta.
Vedete che un farmaco come il Nimesulide è un farmaco molto più affine, molto più
attivo sulla 2 che sulle 1 e questo si vede perchè poi è un po' meno gastro lesivo
dell'aspirina o del ketoprofene.
Il ketoprofene sarebbe Oki, l'Ibuprofene che è il quarto sarebbe il Moment che sono
sostanzialmente più attivi sulla 1.
Se io ho un paziente che ha un dolore e ha più di 75 anni, che ha quindi un livello
intrinseco di produzione gastrica basso, se gli do una terapia per un mese con un
fans io gli faccio sì passare questo dolore MA poi gli faccio venire un ulcera, ad
esempio. Io lo devo proteggere per cui gli darò un antiacido eccetera eccetera.
Oppure lo tratto con un coxib quelli che inibiscono la cicloossigenasi 2 e non toccano
la 1.
Ma attenzione! Man mano che io vado ad essere più selettivo verso la
cicloossigenasi 1, se inibisco la cicloossigenasi 1, io ho più eventi avversi gastro-
intestinali come ulcere e sanguinamenti. Man mano che io vado ad essere più
selettivo per la cicloossigenasi 2 riduco fortemente i sanguinamenti ma aumento la
possibilità di avere infarti. E questo perchè? Perchè se inibisco la cicloossigenasi 2
sfortunatamente inibisco la capacità del mio endotelio di produrre la prostaciclina
che mi proteggeva.
Dunque, la situazione è complessa. Dobbiamo cercare di scegliere la medicina che
faccio bene e allo stesso tempo il meno male possibile.

Note del relatore: Il grafico descrive in maniera sintetica il rapporto esistente tra l’affinità dei
FANS verso i due tipi di COX e la tollerabilità gastrica e cardiovascolare. La maggior selettività per le
COX-2 si associa ad una minore incidenza di emorragie ed ulcere gastrointestinali, ma anche ad una
maggior incidenza di eventi cardiovascolari. Viceversa i FANS con maggiore affinità per le COX-1
aumentano il rischio gastrointestinale, ma comportano minor rischio cardiovascolare.
Questo grafico può aiutare il medico nelle scelte “personalizzate” sulle caratteristiche del paziente:
in un paziente con elevato rischio cardiovascolare è meglio evitare i Coxib in uno con storia di
ulcera o di emorragia GI è meglio evitare i FANS.
Le statistiche ci dicono che il Nimesulide produsse una percentuale del 4-5% in una
popolazione americana una frequenza di reazioni avverse epatiche gravi molto
superiore a Ibuprofene e Naproxene.
Quindi, se io devo trattare un paziente se alcuni motivi risponde solo al Nimesulide
glielo darò ma non lo faccio per 15 giorni ma per 1-2 giorni.

Che cosa devo fare per trattare i mie pazienti bene?


Sicuramente non uso i fans nSaids in pazienti che hanno una storia pregressa di
ulcera peptica.
E so anche che se il mio paziente per una serie di motivi cardiologici fa un
trattamento con l'aspirina a basse dosi, io se gli do anche un farmaco NSAIDs so che
gli aumento il rischio di sanguinamento.
Allora cosa faccio?
Posso prescrivere i coxib, invece dei FANS, oppure gli metto una gastro-protezione.
Dunque, la valutazione clinica deve essere ponderata perchè i farmaci sono efficaci
ma hanno delle reazioni avverse.
I farmaci sono tanti, hanno molecole diverse.

Questi sono i coxib che hanno le loro formule. Il Rofecoxib non c'è più, gli altri ci
sono.
L'aspirina l'abbiamo descritta prima con le sue peculiari caratteristiche per cui è
l'unica che abbia questa capacità di bloccare in maniera permanente e irreversibile la
cicloossigenasi.
L'indometacina è un fans ma un po' particolare. Vedete che ha un nucleo indolico,
come la serotonina.

Ibuprofene e Naproxene sono quelli più studiati per il dolore, categorizzati come più
utili.
È un grande antinfiammatorio. Anche se c'è un dolore neuropatico lo faccio questo
trattamento perchè è un ottimo antinfiammatorio che toglie l'infiammazione intorno

al dolore neuropatico.

Gli oppiacei da quanto tempo vengono usati per curare il dolore? Questa linea
temporale dice dopo l'800.
Gli oppiacei sono sempre stati usati per lenire il dolore delle ferite in passato.
Come è che agisce la morfina?
La morfina non è tanto che inibisce le vie di conduzione del dolore come fanno i
prostanoidi che agiscono a livello periferico.
Gli oppiacei agiscono così “tu il dolore ce l'hai ma non te ne importa nulla”. Toglie la
reazione psicoaffettiva. Il problema degli oppiacei è che poi portano alla dipendenza.
Un'altra considerazione: che cosa è il paracetamolo?
L'analgesico più usato. L'unica medicina analgesica che si usa in gravidanza e nel
neonato è il paracetamolo, sia come analgesico sia come antipiretico.
Perchè si usa il paracetamolo in gravidanza e nel neonato?
Si usa il paracetamolo perchè è vecchio, perchè è stato usato e usato e usato e non è
mai successo nulla, allora è stato dedotto che non fa male. Non è un
antinfiammatorio, non è un inibitore delle COX, infatti non fa male allo stomaco.
Infatti, al mio paziente anziano che ha dolore ma ha anche avuto episodi di ulcera, io
non gli do un fans, gli do paracetamolo o una combinazione di paracetamolo e
codeina o paracetamolo e ossicodone.
LEZIONE DEL 02/05
(cannabinoidi)

L'ultima volta abbiamo parlato di varie sostanze di abuso che determinano uno stato di dipendenza
psichica e fisica, esercitando un'azione che induce all'uso compulsivo attraverso un meccanismo di
rinforzo (spirale positiva). Più le sostanze vengono utilizzate, maggiore è il CRAVING (bramosia).
Uno dei motivi per cui l'individuo diventa cosi dipendente dalla sostanza è sicuramente l'attivazione del
circuito della ricompensa endogena:

Stiamo parlando quindi delle vie dopaminergiche che originano nell'area tegmentale-ventrale e
proiettano al Nucleus accumbens. Queste vie liberano dopamina a livello del terminale, sintetizzano
dopamina a livello del neurone e vengono attivate continuamente nel nostro cervello dagli stimoli
esterni quotidiani. Possiamo chiamarli anche circuiti del Reward, quindi ricompensa. Queste vie danno
un senso di gratificazione, soddisfazione a seconda dell'intensità dello stimolo. Nel caso delle
droghe quest'attivazione è molto alta (cocaina, morfina) ma si ha un'attivazione anche con altri stimoli
come caffe, cibo. Queste aree si attivano anche se si va in palestra, donando un senso di benessere
dopo aver compiuto lo sforzo fisico, infatti alcuni diventano dipendenti da esso.
Ovviamente il sistema dopaminergico, grazie alla presenza di diversi recettori sul soma del neurone e
sulle terminazioni assonali, ha un funzionamento molto complesso, quindi c'è un processo complesso
affinchè si arrivi alla coscienza della sensazione di benessere.
Ad esempio, fumando si ha un senso di piacere, perchè abbiamo dei recettori (nicotinici) per
l'acetilcolina che legandosi alla nicotina della sigaretta facilitano il rilascio di dopamina. La cocaina
invece non agisce sui recettori presinaptici nicotinici ma , bensi va ad agire sempre a livello presinaptico
sul trasportatore della dopamina, bloccandolo e allungando il tempo di vita della dopamina
(fisiologicamente rilasciata) nel vallo.
In parole povere inibisce la ricaptazione (reuptake) della dopamina dal vallo sinaptico lasciandola libera di
legarsi piu volte ai recettori del post-sinaptico e allungando la sensazione di piacere.
MARIJUANA

Come vediamo, agisce sui circuiti del piacere ma su tante altre aree( cervelletto, ipotalamo, corteccia).
Grazie all'azione a questi livelli svolge le sue azioni psicotrope o neurologiche.
Per esempio, alterando il funzionamento cerebrale c'è il classico fenomeno dell'equilibrio (intenso in
senso fisico) ridotto. A livello dell'ippocampo causa alterazioni della memoria, a livello della corteccia da
un senso di rilassatezza, introspezione e migliore comunicazione con gli altri.

Esistono vari tipi di cannabis: Sativa e indica. Varie storie inutili. La cannabis sativa quando fiorisce
produce le cime che contengono maggiormente i principi attivi . A seconda dei processi di estrazione si
può avere l'hashish o l'olio o si può fumare direttamente grindandola. Ultimamente si possono trovare
molti derivati farmaceutici della cannabis. L'uso è attualmente aumentato nelle popolazioni giovanili.
seguono una serie di inferenze causali degne di Adam Kadmon.
In alto a sinistra vediamo la classica infiorescenza femminile. Si comincia a capire che la pianta ha delle
proprietà psicoattive e neuroattive, quindi si cerca di isolarne i principali principi attivi ossia il
Cannabidiolo (cbd) o il tetraidrocannabinolo (thc). Il thc è più potente del cbd. Ma questi prodotti su
cosa agiscono? Sul recettore cb1 o cb2.

Ma quindi se ci sono dei recettori, quali sono le sostanze endogene per cui li possediamo? Abbiamo dei
cannabinoidi endogeni? Ovviamente si: Anandamide e 2-arachidonoilglicerolo. L'anandamide è
principalmente prodotta a partire dal fosfolipide N-arachidonoil-fosfatidiletanolammina (NarPE)
(internet). Quindi abbiamo una scorta di endocannabinoidi. Studiando pian piano con finalità
terapeutiche questi composti si è cercato di capire su quali meccanismi agiscono. Un farmaco chiamato
RIMONABANT (rimosso dal commercio) è stato creato come antagonista per far dimagrire, oppure Il
SATIVEX utilizzato per alcune patologie che causano dolore e staticità muscolare.
Il professore fa una distinzione tra fitoterapia reale e truffaldina sottolineando che la fitoterapia ha
avuto una grande importanza nella farmacologia, ma ultimamente col diffondersi di estratti o composti
di dubbia scientificità
sta assumendo dei toni appunto truffaldini e come cura può essere o inutile (nel migliore dei casi) o
addirittura dannosa, perchè non si sa ne i dosaggi ne la composizione di questi prodotti .
Questa è la struttura del thc:

Questi gli effetti pleiotipici , non pleiotropici( che significherebbe tendere a):

Gli effetti sulla sfera psicoemotiva sono vari e complessi e non attribuibili in senso assoluto, cambiano da
persona a persona ma in generale gli effetti rilassanti e Analgesici si mantengono costanti, infatti si sono
sviluppati degli agonisti dei cannabinoidi per ricavare un'azione analgesica. Aumenta l'appetito. Ha degli
effetti che possono essere utilizzati a scopi terapeutici: ad esempio il thc riduce la pressione
intraoculare?? infatti è stato proposto per il trattamento del glaucoma, ma riduce anche la pressione
ematica quindi è stato proposto come antiipertensivo. Il problema è che a questi effetti utili si
accompagnano degli effetti psicotropi che esulano dalla terapia. per cercare di ovviare a questo
problema si è cercato di creare dei composti che agiscano sui recettori periferici ma passano male la
barriera ematoencefalica?? e quindi l'impatto sulla sfera neuropsichica è ridotto( non si capisce se sono
farmaci in commercio o ipotizzati).

Guardate quanto ampia e diffusa è nel cervello (d'un ratto) la localizzazione dei cannabinoidi(penso dei
recettori). La zona gialla è dove è concentrata. Ma come funziona a livello neurochimico? qual'è il
meccanismo di trasduzione di questi recettori?

Il thc agisce sui recettori cb1 nel SNC, Cb2 in parte nel SNC ma non nelle cellule neuronali e molto piu
rappresentati a livello periferico sulle cellule LINFOI????(dannato toscano). Quando il recettore è
attivato, cosa succede??
A livello presinaptico, ha un'azione di trasduzione del segnale analoga a quella degli oppiacei. Infatti a
differenza degli oppiacei è esclusivamente accoppiato a una Gproteina che è negativamente accoppiata
all'adenilatociclasi, inibendo l'adenilatociclasi. Si ridurrà la sintesi del circuito N e P???. Poi ha due altre
azioni sui canali che si trovano a livello della presinapsi : canali al calcio, che normalmente fa entrare
calcio quando arriva la depolarizzazione e normalmente entra il calcio che attiva la macchina che libera
le vescicole del neurotrasmettitore e quindi è un meccanismo chiave per liberare il neurotrasmettitore;
questo recettore tende a inibire questo canale quindi ridurrà l'interazione dei neurotrasmettitori. Non
solo, questo meccanismo di blocco della neurotrasmissione è ulteriormente potenziato dal fatto che
questo recettore (+) apre un canale al potassio che è positivo ed è maggiormente concentrato a livello
intracellulare, quindi aprendosi il canale fa uscire il potassio, iperpolarizzando il terminale presinaptico in
modo tale che la depolarizzazione che arriva con il pDa non sara sufficiente ad aprire i canali volt-
dipendenti e ne occorrerà una di portata maggiore. Questa presinapsi quindi funziona meno. Quindi sia
il thc che gli endocannabinoidi riducono il rilascio di neurotrasmettitore e a seconda di dove sono
localizzati questi recettori avremo una modulazione della neurotrasmissione in senso negativo ( ma
ricordiamo che la natura usa dei meccanismi di inibizione per attivare a volte il rilascio di
neurotrasmettitore, inibendo chi inibisce). Considerando tutte le strutture implicate e la loro
complessità si può capire come con una semplice inibizione si possa ottenere un'ampia serie di proprietà
e di effetti.

ALLUCINOGENI

Sono composti meno utilizzati rispetto a cocaina e marijuana, ma grazie all'uso sempre crescente di
ecstasy che non rientra negli allucinogeni ma può dare degli effetti simili si può dire che anche l'uso degli
allucinogeni sta aumentando.
Sono farmaci di notevole interesse per gli aspetti neurochimici o neurologici. Il nostro apparente
equilibrio psichico è regolato dall'azione di alcune molecole. Queste sostanze hanno effetti anche sulle
capacità di relazionarsi delle persone. Dal punto di vista storico è rilevante perchè grazie allo studio di
queste sostanze si sono potuti comprendere numerosi meccanismi mentali. Ma è importante anche per
l' ETNOFARMACOLOGIA. L'uso degli allucinogeni è sempre stato diffuso nei popoli asiatici e nell'america
latina sottolineando che l'uomo tende a usare sostanze psicoattive per evadere da quella che è la
normale sfera percettiva, sebbene abbia di base un'avversione verso ciò che non lo rende presente
nell'ambiente. Grazie a queste sostanze nascono i primi Curanderi o sciamani che mettevano in contatto
la gente con il divino, grazie all'uso di sostanze che alteravano le sensazioni e causavano allucinazioni
(percezioni senza oggetto).
Effetti:

Tipologie di sostanze:
Piccolo consiglio commerciale: gli sciamani vista la scarsità di sostanze e vista l'esigenza di spostarsi
conservavano le proprie urine fatte dopo un “viaggio”(in senso mistico) per poterle riutilizzare in
seguito.
Sopra quindi possiamo vedere le varie famiglie di allucinogeni. Per esempio: derivati dall'acido lisergico
o Lsd con una struttura tipica del nucleo ergolinico ( spiegato in seguito), le indolalchilamine, in bolo è
una struttura presente nella serotonina, quindi delle Ammine con struttura simile alla serotonina,
struttura endolica. Le feniletilamine che invece hanno il fenile, l'anello fenilico con due idrossili e
catecolo e quindi ricorda le catecolammine (adrenalina, noradrenalina e dopamina). Fenciclidina o
polvere degli angeli, i cannabinoidi.
Riceve una chiamata dal budello di su ma, perchè non si può rispondere dopo la lezione. Ketamina e
fenciclidina sono uno il derivato dell'altro. Cos'è l'amanita muscaria? Il classico fungo rosso con i punti
bianchi. Alice nel paese delle meraviglie è infatti una storia di bambini che si drogavano. Gran parte della
nostra cultura e dellaneurochimica deriva dallo studio di questi composti. Lo sciamano ha le penne
perchè deve volare nell'aldilà cit.

Allora qui possiamo notare la serotonina con struttura endolica, lsd con la struttura indolica, mescalina
che invece ha la struttura del fenile e la psilocina che ha la struttura endolica. Questa è di sintesi, nucleo
ergolinico (penso la psilocina) si prende dal cactus peyote mentre la psilocibina è presente nei funghi
magici dei maya (categorizzata cosi anche sulla treccani) ma anche in altri tipi di funghi.
Entrambe ricordano la serotonina che è liberato dal nucleo del rafe che si trova nel nostro tronco
encefalico, vicino al locus ceruleus che invece libera noradrenalina, il nucleo gigantocellulare che libera
acetilcolina e la sostanza nigra che libera dopamina, quindi avete tutti i neurotrasmettitori in una
struttura ( il 4 ventricolo) presente nella zona piu ancestrale(nucleo del rettile) dello sviluppo del SNC.
Nuclei fondamentali per la regolazione di processi vitali.
La dimetiltriptamina riduce drammaticamente la scarica dei neuroni del nucleo del rafe, date la ???
clozapina antipsicotico e blocca l' effetto allucinogeno neurochimico. Tuttavia non è assolutamente
noto come si realizzano le allucinazioni. Si ritiene che possano avvenire grazie al fatto che gli
allucinogeni agiscono su recettori per la serotonina di tipo 5ht2 ( sarà simile a quest'immagine qui
sotto). Dietilammide dell'acido lisergico, una sostanza di sintesi che deriva dalla segale cornuta
contaminata da un fungo, grazie al quale si producono numerosi prodotti di interesse farmacologico.
Il recettore 5ht2 quindi si ritiene essere il responsabile delle allucinazioni. Gli effetti del lsd sono:
Interessante è la sinestesia, con cui si ha una commistione dei sensi. La dipendenza è solo Psichica ma
mai fisica, al massimo aumenta la tolleranza.
Pericolosi sono i flashbacks, a distanza dall'assunzione ci possono essere degli episodi spontanei di
ritorno a quella condizione tipica dell'assunzione perchè l'alterazione neurochimica è stata tale da
causare le stesse situazione dell'assunzione in condizioni di stress o di uso e abuso di sostanze.
Gli allucinogeni rientrano nella classe degli psicodislettici, che danno una lettura alterata della realtà.
La mescalina presente nel peyote ha una struttura che ricorda quella della dopamina, noradrenalina
(catecolica)
Huxley ha studiato gli effetti della mescalina sulla percezione, capendo che quest'ultima era modulabile.
Un altro composto è la bufotenina che ha una struttura endolica. Senza questi due metili non è altro che
la nora pt serotonina??? quindi se la serotonina la dimetiliamo otteniamo un composto che la pelle di
questo rospo libera quando è stimolato??. In california leccano il rospo per ottenere gli effetti della
bufotenina, presente anche in piante di vario tipo.

La fenciclidina da un'alterazione sensoriale totale, da cui è derivata la ketamina. È utilizzato dal


personale sanitario ed è tra i piu regolamentati perchè è stato numerose volte trafugato per scopi non
terapeutici. Alcuni la propongono come antidepressivo. L'ecstasy si è già fatto.

La terapia per un paziente che arriva da noi in uno stato alterato di psicosi causato dalle droghe è:
tranquillizzarlo,
metterlo in un ambiente molto poco stimolante,
dare sedativi di tipo benzodiazepine,
attenzione ai neurolettici ( non darli) che possono causare ipertono o morte per ipertermia .
Questi composti come la salvia divinorum hanno origine nell'america latina, dove sono chiamati per
esempio SKA MARIA PASTORE( importantissimo ;). il meccanismo d'azione contiene salvinorina A che
agisce su un gruppo di recettori oppioidi di tipo K, chiamati anche K oppioid receptors, che non hanno
funzione di modulazione negativa della nocicezione, quindi non hanno effetto analgesico, ma causano
un'alterata percezione della realtà. Un analgesico PENTAZOCINA agisce in parte non solo sui Vreceptors
che danno analgesia, ma anche sui K quindi su alcuni pazienti hanno effetti psicoattivi.

Alcuni composti con proprietà psicoattive e dispercettive vengono utilizzati in terapia come
ANORESSIZANTI.
Ad esempio, la FENFLURAMINA che a certi dosaggi è dispercettivo allucinogeno e eccitante, è presente
in alcuni prodotti anoressizanti. Il pregine prima veniva utilizzato per ballare in discoteca, anche se
venduto liberamente in farmacia come anoressizante.
La SIBUTRAMINA è invece un antidepressivo, anoressizante, ma anche eccitante e psicoattivo. La usava
Mutu nella fiorentina ed è stato squalificato.
La fenfluramina presa su da trasportatore della serotonina sia in grado di liberare noradrenalina e
aumenta l'attivazione di questo???, non solo ha un impatto anche sulla neurotrasmissione
serotoninergica e grazie all'azione serotoninergica e al potenziamento di questa invece svolge le azioni
psicodistemiche???.
Farmaci interessanti per la storia il meccanismo d'azione e per le informazioni che ci dà sul come agire su
meccanismi nei nuclei della base possa portare a squilibri neurochimici complessi (alterazione)
nell'integrazione delle sensaazioni del pensiero astratto, tutto questo cosi complicato è regolato da
metili, metileni e recettori. Chiude con una supercazzola scientifica.
Lezione 16 (9 Maggio, Chiarugi)

Per quanto riguarda gli endocannabinoidi, basta sapere:


 Cosa si intende per endocannabinoidi
 Quali sono le molecole
 Su quali recettori agiscono
 Quali sono i loro effetti e quelli degli esocannabinoidi

TOSSICODIPENDENZA DA OPPIOIDI

Nella nostra professione avremo a che fare con persone che hanno fatto uso di sostanza psicoattive, tra cui
gli oppioidi, che sono sostanza di particolare interesse medico e sociale.

Gli Oppioidi sono derivati dell'oppio: di fatto con oppioidi si intendono sostanze in grado di agire sui
recettori per gli oppiacei, e quindi di dare effetti analoghi a quelli della morfina o derivati dell'oppio.
Gli oppiacei sono veri e propri derivati naturali, estratti dal papavero; gli oppioidi sono invece i derivati
naturali dell'oppio e anche molecole di sintesi, quindi non di origine naturale, che però, così come gli
oppiacei fanno parte della classe di molecole che agiscono sui recettori oppiacei.

Tossicodipendenza : elementi costitutivi


Della tossicodipendenza esiste un aspetto tossicologico e uno psicologico.

Oltre a essere dipendenti da sostanze tossiche, si può diventare dipendenti da sostanze non tossiche di
principio, ma che lo diventano per l'uso eccessivo (abuso), come nel caso, ad esempio, del diazepam, in
commercio ad un dosaggio di 10mg per il trattamento dell'ansia, che se preso in quantità di 20-30mg al
giorno porta all'abuso e alla dipendenza, perché numerose sostanze alterano l'omeostasi neuronale in
maniera tale per cui come effetto tipico del nostro sistema nervoso, cerchiamo di ovviare alle continue
azioni della sostanza, facendo si di resettare l'omeostasi del SNC e annullare quegli effetti. In sostanza,
quando prendo un ansiolitico, il mio SNC cerca di ridurre il livello di sedazione, perché c'è una componente
esogena che la causa; quando prendiamo dosi continue di diazepam, che come sappiamo facilita
l'attivazione del recettore GABA-A e quindi aumenta il tono della neurotrasmissione inibitoria, si attivano
dei meccanismi neuroumorali che fanno si che l'omeostasi del nostro SNC vada incontro fisiologicamente
ad una ridotta tendenza all'inibizione neuronale  c'è una riduzione fisiologica dell'omeostasi inibitoria dei
neuroni perché una parte di queste è continuamente attivata dal diazpem, per far si che si ristabilisca la
normale omeostasi, facendo si che una parte è modulata da diazepam, una parte sarebbe endogena, ma
quella endogena è ridotta, per cui ristabilisco il normale tono inibitorio del SNC.
Esempio: io adesso ho un livello normale di equilibrio neurotrasmettitoriale del SNC di tipo inibitorio
GABAergico di 10 (se fossi in uno stato ansioso sarebbe 5, se fossi in uno stato sonnolento sarebbe di 15..).
Ho paura di fare lezione e per sopprimere quest'ansia devo prendere un tranquillante, altrimenti ho una
performance pessima: vengo a lezione sotto diazepam o valium, per cui il mio equilibrio è normale e
tranquillo.
Quale sarebbe nel SNC il mio equilibrio vero, endogeno del sistema inibitorio GABAergico?
Senza la benzodiazepina non avrei 10, ma un 5, quindi sono in una condizione di omeostasi solo sotto
farmaco; senza farmaco ritorna il mio stato di irrequietezza e agitazione per fare la mia lezione sono
dipendente dalla benzodiazepina.
È una tossicodipendenza?
Di fatto è una dipendenza, con caratteristiche simili a tante altre tossicodipendenze per quanto riguarda i
meccanismi che hanno alterato l'omeostasi e hanno causato una dipendenza, però bisogna soffermarsi
sulla particella "tossico". La benzodiazepina è qualcosa di utile da un punto di vista terapeutico, che può
aiutare le persone a star meglio e quindi non si può parlare di tossicodipendenza. Non si merita
quell'aspetto negativo di tossicità, che possono avere altre sostanze come l'eroina, la cocaina, ecc.
Chi abusa per scopo prettamente voluttuario può entrare nell'ambito della classe tossicomane; chi lo fa per
ragioni terapeutiche non dovrebbe essere definito tossicodipendente in termini sociali e psicologico,
mentre da un punto di vista neurochimico, può essere definito un tossicodipendente, perché si verificano
fenomeni neurochimici simili, il SNC reagisce per far si che questo eccesso di sedazione venga meno.

La tossicodipendenza, dunque, è costituita da:


 Tolleranza: La necessità di aumentare la dose per avere lo stesso effetto. L’organismo si abitua a una
determinata dose che, dopo un certo tempo, non ha più lo stesso effetto.

Per far si che si possa ristabilire la condizione di omeostasi, il SNC resetta la propria omeostasi,
questo fa si che, tra i vari eventi che l’eroina ad esempio causa, abbiamo una riduzione
dell’espressione dei livelli di recettori per l'eroina  vuol dire che assumo eroina nella condizione in
cui ho 100 recettori su un neurone, se continuamente attivo questi 100 recettori (che normalmente
sono attivati da 3 oppioidi endogeni al minuto, ad esempio 3 molecole endorfina) con eroina esogena
(e ho ad esempio una stimolazione di 80 al secondo ) l’attivazione recettoriale è drammaticamente
aumentata. Il neurone se ne accorge, e tra le varie cose, riduce il numero di recettori perché si
accorge che sono troppo eccitati rispetto alla fisiologia e ristabilisce l’omeostasi dicendo che ha
bisogno di 3 attivazioni al minuto, e quindi si passa da 100 a 4 recettori per esempio. Si ha così la
cosiddetta down regolazione dell’espressione recettoriale.
Cosa succede a questo individuo?
È diventato tollerante agli oppioidi, perché non ha più la sensibilità dei 100 recettori ma ha la
sensibilità dei 4 recettori, quindi in questo individuo, affinché una dose di eroina abbia lo stesso
effetto della dose iniziale che trova 100 recettori, adesso ne trova 4 per cui bisogna aumentare la
dose. Si tollerano così dosi sempre più maggiori perché sono avvenuti alcuni fenomeni, tra cui la
down regolazione recettoriale, per cui la persona è meno sensibile all'azione agonista di queste
molecole e quindi le tollero meglio.

 Dipendenza (fisica, psicologica e sociale): La necessità di continuare ad assumere il farmaco per


evitare la sindrome di astinenza.

La dipendenza fisica è quella che si ha nel momento in cui la persona va in astinenza, quindi non ha
l’agonismo continuo che derivava dall’uso della sostanza, e si manifestano dei segni e sintomi fisici,
come sudorazione, vasodilatazione, tremori, contrazioni muscolari. La dipendenza fisica la si osserva
nel momento in cui il paziente va in astinenza: ad esempio quando le persone richiedono il
metadone, prima di darlo, e per essere sicuri che ne hanno bisogno e per capire quanto darne, si
attende che cominci a manifestarsi l’astinenza.
La dipendenza psichica è quella per cui la persona ha una tendenza compulsiva all’uso della sostanza.
La dipendenza psichica non è una caratteristica delle sole sostanze d’abuso: ce l’ha anche chi fuma,
chi va in palestra tutti i giorni non riuscendo a farne a meno per il benessere post-fisico. È molto più
difficile da combattere rispetto a quella fisica, infatti una delle cause maggiori di ricaduta nella
tossicodipendenza dopo la detossificazione (per cui il paziente è uscito dalla dipendenza fisica) è il
craving, la bramosia della sostanza da un punto di vista psicologico.

 Psicosi tossica: Disturbo psicotico (allucinazione1, delirio2) indotto dall’uso di un farmaco. Può
essere a) dipendente dalla dose (amfetamina, cocaina) o b) causata dall’astinenza (alcol).

 Danno all’individuo e alla società


Storia degli oppiodi: l’Oppio
L'oppio si ricava dal papaverum
L'oppio (opos=estratto dalle capsule somniferum, che è originario dei
immature) contiene oltre venti alcaloidi paesi del Medio Oriente. Il gambo
(composti organici azotati) attivi sul del papavero da oppio (famiglia
sistema nervoso centrale umano. Di delle Papaveracee), che può
questi il principale e fondamentale é la
morfina, responsabile delle proprietà raggiungere e superare un metro
farmacologiche dell'oppio stesso. La di altezza, si presenta rigido e
morfina in genere costituisce il 10% vuoto, avvolto dalle grandi foglie
circa della massa complessiva di oppio. dentate e senza picciolo; anche i
Oltre la morfina, nell'oppio sono
presenti, seppure in minore fiori sono di notevoli dimensioni e
percentuale, codeina, narcotina, tebaina risultano formati da quattro
e varie altre sostanze di struttura simile petali, il cui colore varia dal
o diversa, come la papaverina. bianco al lilla, attraverso il
porpora, con una macchia scura
alla base. Numerosi semi sono
racchiusi nel frutto, costituito da
una capsula (treto) che può raggiungere le dimensioni di una noce.
Il papavero da oppio è tradizionalmente coltivato in Turchia, Iran, Cina, Sud-Est asiatico e in Europa. Anche
in altre zone del pianeta sono presenti coltivazioni, talvolta destinate all'estrazione di sostanze per il
mercato illegale. Ad ogni modo il papavero sonnifero è anche coltivato a scopi ornamentali nei giardini
delle zone temperate e calde di Europa e America. Non di rado, inoltre, il papavero sonnifero (da non
confondere col comune rosolaccio) cresce spontaneamente a margine di campi coltivati.

Del papavero sonnifero possono essere utilizzati i semi che, assolutamente privi di sostanze stupefacenti,
forniscono oli alimentari ricchi di lecitina e quindi di buon valore dietetico, soprattutto in relazione al
controllo del livello di colesterolo nel sangue. I semi del papavero sonnifero sono inoltre tradizionalmente
usati, in alcune zone, per arricchire il pane o in pasticceria.

Dalla capsula matura del papavero sonnifero, immediatamente dopo la fioritura, mediante incisione, si
ricava una sostanza lattiginosa: quest'ultima, condensata e scurita (dall'ossidazione a contatto con l'aria),
costituisce l'oppio.

L'umanità ha una lunga (e spesso triste) consuetudine con l'oppio. Sappiamo che già i Sumeri, in
Mesopotamia, fin da 6000 anni fa, erano a conoscenza delle proprietà narcotiche di questa pianta.
Sappiamo anche che gli Egizi usavano derivati del papavero come calmante per i bambini e che Greci e
Romani ne sfruttavano gli effetti antidolorifici. Una miscela di oppio e alcool, il Galenos, era impiegata per il
trattamento di svariati disturbi tra cui cefalee, problemi di vista, epilessia, febbre, sordità e lebbra. Sembra
che un famoso Imperatore, in seguito a cure prolungate con tale preparato, ne sia rimasto dipendente.
Notizie sull'oppio ci pervengono da Teofrasto (III secolo a.C.) e da Dioscoride, che distingueva l'opos
estratto dalle capsule immature dal mekonion consistente nell'estratto dell'intera pianta.
In seguito, molto probabilmente, furono i medici arabi, durante il medioevo, a diffondere l'uso dell'oppio in
Asia e in Europa, anche in relazione alle sue proprietà antidiarroiche. A partire dal XVIII secolo, diffusione,
uso ed abuso di oppio conobbero un notevole incremento, con crescente interesse per le sue
caratteristiche "ricreative".
Progressivamente, durante l'800 e in concomitanza con la Rivoluzione Industriale, l'oppio diventò una
sostanza molto diffusa e accessibile in Europa, ciò anche in relazione all'abbattimento dei prezzi:
l'Inghilterra possedeva nelle Indie piantagioni di papavero molto estese e poteva commercializzarne i
prodotti a prezzi dieci volte inferiori a quelli degli alcolici. Tale situazione determinò un proliferare degli
stati di intossicazione e di dipendenza, fino ad una vera epidemia con danni sociali e sanitari più gravi di
quelli dovuti all'alcolismo. Sul mercato erano presenti in modo massiccio elisir, cordiali, polveri e sciroppi a
base di oppio, prodotti industrialmente. La seduzione dell'oppio non mancò di coinvolgere intellettuali,
letterati ed artisti e di esprimersi attraverso di essi.
Parallelamente l'oppio fu anche al centro di eventi bellici, ricordati nei libri di storia: tra il 1839 e il 1942 fu
infatti combattuta la prima guerra dell'oppio. Lin Tse Hsu, funzionario cinese, varò un provvedimento che
proibiva l'ingresso in Cina di 20.000 casse che i contrabbandieri inglesi volevano commercializzare (il
consumo di oppio prosperava in Cina, nonostante nel '700 il governo avesse riesumato un vecchio editto
imperiale che ne proibiva l'importazione). Nei tre anni di guerra, cui l'oppio probabilmente aveva solo
fornito un pretesto, gli inglessi conquistarono e saccheggiarono diverse città costiere (fra cui Shangai e le
isole di Hong Kong), così ottenendo l'obiettivo della disponibilità di porti per il commercio con l'occidente
colonialista. Alla fine l'esito della guerra fu davvero sfavorevole alla Cina costretta a sottoscrivere il
rovinoso "accordo di Nanchino". Sccessivamente, fra il 1856 e il 1860 una seconda guerra dell'oppio vide
ancora l'Inghilterra, alleata con la Francia, combattere contro la Cina.

L'oppio contiene oltre venti alcaloidi (composti organici azotati) attivi sul sistema nervoso centrale umano.
Di questi il principale e fondamentale è la morfina, responsabile delle proprietà farmacologiche dell'oppio
stesso. La morfina in genere costituisce il 10% circa della massa complessiva di oppio. Oltre la morfina,
nell'oppio sono presenti, seppure in minore percentuale, codeina, narcotina, tebaina e varie altre sostanze
di struttura simile o diversa, come la papaverina.
L'oppio presenta attività farmacologiche assolutamente sovrapponibili a quelle del suo alcaloide principale,
fatto salvo per la forma specifica, consentendo l'esclusivo uso orale o inalatorio (fumo), che procura effetti
meno intensi e meno rapidi a dosi equivalenti.

Oggi sappiamo che la struttura


chimica della morfina può essere
Storia degli oppiodi: Morfina modificata in varie zone facendo si
che la struttura dia luogo a molecole
La morfina fu isolata nel 1804 da un che sono più potenti della morfina o
farmacista di Hannover, Friedrich che sono in grado di bloccare l’azione
Wilhelm Serturner, e fu dapprincipio
utilizzata nei tentativi di cura della morfina stessa, a seconda dei
dell'alcolismo e delle patologie a sostituenti, perché questa sostanza
questo connesse. Durante la va a legarsi a dei recettori e con
seconda metà dell'800 la morfina fu
inoltre massicciamente utilizzata, in determinati sostituenti ci si lega
relazione alle sue proprietà meglio e attiva meglio i recettori, con
analgesiche, per dare sollievo ai
altri sostituenti ci si lega ancora
tanti militari vittime di traumi bellici.
Si profilò così il "mal del soldato", meglio ma magari non è capace di
consistente nei diffusi stati di attivare quei recettori (un
dipendenza ingenerati da tale
prassi.
Antagonista può avere maggiore
affinità per il recettore ma non avere
attività intrinseca, cioè non riuscire
ad attivare il recettore). Se io voglio
sviluppare un antagonista, l’obiettivo è quello di sviluppare qualcosa che mi blocca quel recettore e più
affine sono, meno dose devo somministrare, ma tanto minore sarà l’attività intrinseca, tanto maggiore sarà
la sua capacità di antagonista.

Poiche oggigiorno siamo in grado, valutando la conformazione sferica della morfina, come questi atomi si
dispongono e conoscendo anche il recettore, di conoscere come è fatta la tasca proteica nella quale entra
la morfina, e allora si fa a vedere come per esempio il metilene o l’idrossile interagisce con questa proteina,
possiamo sintetizzare molecole che non hanno questa struttura ma sono più potenti  ecco che nasce il
metadone (molecola diversa ma più potente come agonista recettoriale).
Storia degli oppiodi: Eroina L’eroina è stata per la prima volta
Nel 1898 la Bayer introdusse sul mercato l'eroina, sintetizzata dalla Bayer, che la
ottenuta attraverso un processo di acetilazione introdusse facendo una cosa
della morfina stessa, proponendola anche come
farmaco d'elezione per la cura del morfinismo artificiale:
(dipendenza da morfina). (polare = è una molecola che
In realtà si scoprì ben presto che la presenta una carica parziale
diacetilmorfina (questo il nome tecnico positiva su una parte della
dell'eroina) produce negli assuntori, per giunta
con maggiore intensità e rapidità, gli stessi effetti
molecola e una carica parziale
farmacologici della morfina, ivi compresa la negativa sulla parte opposta della
capacità di generare stessa. Tipo OH che perde una
assuefazione, tolleranza e dipendenza.
Successivamente fu accertato che l'eroina agisce carica positiva e diventa
all'interno dell'organismo dopo essere stata OmenoH; è idrofilo perché
riconvertita in morfina e che la specifica forma
consente soltanto più rapidi meccanismi d'azione
interagisce bene con l’acqua;
e concentrazioni più massicce nelle strutture però passa male nelle membrane
bersaglio lipidiche grassose)
presero la morfina, che ha un
azione centrale dovendo passare
per il cervello ricco di lipidi (e infatti tutto torna dal momento che HO, OH e CH3 non sono polari), e
cominciarono a toglierle i gruppi polari, e mediante un processo di acetilazione gli hanno messo un acetile,
cosicché diventa polare  ho aumentato la lipofilia della morfina trasformandola in eroina.
E di fatti si accorsero che era più potente della morfina, nel senso che aveva effetti più pronti proprio
perché passava più facilmente nel cervello (e dissero che andava assunta in caso di dolori, essendo
analgesico, con il vantaggio che non dava dipendenza. Inventata la siringa ipodermica, iniziarono ad avere
un enorme aumento di casi di dipendenza, perché tutte le sostanze che agiscono aumentando velocemente
nel cervello, dando un effetto brusco iniziale e talvolta piacevole, danno un maggior potenziale di
dipendenza. Quei farmaci, come le benzodiazepine, che salgono lentamente, le concentrazioni si assorbono
lentamente e tanto lentamente si eliminano, hanno minor rischio di abuso e dipendenza; quelle che
salgono velocemente e tanto velocemente vengono eliminate, creano una maggior dipendenza).

Si predilige l’eroina, e ci si adopera per trasformare la morfina in eroina, perché questa passa molto meglio
la barriera: l’eroinomane, quando se la inietta, ha quel rush che cerca, quella sensazione di stupor
orgasmico, che con la morfina non raggiunge con la stessa intensità.
Poi quando l’eroina passa nella barriera encefalica funziona nello stesso modo della morfina: addirittura si
ritrasforma in morfina, perde un acetile, diventando monoacetile.

Recettori per gli oppioidi: μ, δ, κ

Esistono 3 categorie di recettori oppiacei che sono μ, δ, κ,


ciascuno dei quali media qualche effetto specifico:
l’analgesia, la depressione respiratoria, la costrizione
pupillare, la ridotta motilità gastro-intestinale, l’euforia, la
disforia, la sedazione e la dipendenza fisica.
I recettori μ e δ sono molto simili, mentre i κ non hanno
grosse azioni. Fondamentalmente si cerca di far si che i
composti abbiamo bassa affinità per i recettori κ, perchè
causano partciolare distonia e disforia.
Inoltre sono accoppiati a proteine Gs/Gi: sono accoppiati
alla cascata di trasduzione del segnale adenilciclasi 
cAMP  PKA
Meccanismo d'azione
Sono proteine accompagnate a proteine
G. Nell’immagine abbiamo un recettore
presinaptico (rosso) e recettore
postsinaptico (verde)
- Quando i recettori sono
accoppiati a proteine Gi portano ad una
riduzione dell’attivazione di adenilato-
ciclasi e riduzione di cAMP e PKA. In
questo caso, il recettore presinaptico,
quando attivato da morfina ad esempio,
inibisce l’adenilatociclasi e riduce
l’apertura dei canali calcio. Solitamente
quando arriva il potenziale d'azione (e
quindi la depolarizzazione della
membrana), essendo voltaggio dipendente il recettore si attiva, si apre e fa entrare calcio, che
permette la fusione delle vescicole e la liberazione dei neurotrasmettitori. I recettori per gli
oppioidi invece tendono a chiudere il canale, quindi riducono il rilascio di neurotrasmettitori.
- Quando i recettori sono accoppiati a proteina Gs, in questo caso siamo a livello postsinaptico,
inibiscono l’adenilatocliclasi e svolgono il ruolo opposto aprendo i canali al potassio: quando apro i
canali al potassio, essendo più concentrato dentro, esce per gradiente di concentrazione, e porta
con se cariche positive, aumentando la negatività all’interno della cellula, con conseguente
iperpolarizzazione. Ciò fa si che la depolarizzazione causata dall’attivazione dei recettori sia più
difficoltosa, perché parte da un potenziale piu basso e la cellula è meno eccitata.

Quindi, nel complesso, questi recettori tendono a


ridurre la neurotrasmissione.
Il principale meccanismo di trasduzione del segnale K+
è l’inibizione della adenilato ciclasi, con successiva
apertura dei canali del potassio e chiusura dei NH2
canali del calcio (iperpolarizzazione). Altri II

meccanismi implicati sono l’attivazione delle MAP-


Ga G bg
kinasi e della via dei fosfoinositoli. GDP
cAMP
Ca2+
COOH
Adenilato ciclasi
GTP

Proteina Gi

Distribuzione dei recettori oppioidi nel SNC

Si trovano in un numero enorme di locazioni, ma


principalmente e tipicamente si trovano
 A livello Perifierico
 A livello delle corna dorsali del midollo
(dove arriva la nocicezione).
Storia degli oppiodi: neuropeptidi endogeni
Se esistono questi recettori, è lecito
Nel 1975 Hughes e Kosterlitz hanno isolato e studiato la met- e la
leu-Encefalina, due sostanze prodotte all'interno del nostro ipotizzare che esistano anche gli
organismo che hanno attività simile a quella della morfina e che per agonisti endogeni qui abbiamo infatti
tale motivo sono state definite "oppioidi endogeni". una proteina recettoriale che viene
Tyr-Gly-Gly-Phe-Met attivata dalla morfina, e quindi in
Tyr-Gly-Gly-Phe-Leu questo caso esistono le cosiddette
morfine endogene.
Questi oppioidi endogeni hanno una
struttura proteica: sono una
sequenza di peptidi (5 aminoacidi per
quanto riguarda la Met- e la Leu-
Encefalina. Vengono immagazzinate
nelle vescicole e liberate,
funzionando quindi come
neurotrasmettitori e andando ad
attivare i recettori oppiacei.

Oppioidi naturali e di sintesi


Alcune molecole sono alcaloidi naturali
dell’oppio  gli oppiacei Morfina e
Codeina
Altri sono invece derivati sintetici degli
alcaloidi naturali  Fentanil, Naloxone
Che hanno struttura simile alla morfina,
ma con la catena laterale si ha un + Tebaina, Papaverina + Eroina, Metadone, Pentazocina, Buprenorfina
potente antagonista (impedisce al
recettore di attivarsi).
Sono alcaloidi naturali dell’oppio Sono derivati sintetici degli
alcaloidi naturali

Le potenze:
vediamo tra gli agonisti forti,
l’eroina, il fentanil, il metadone,
ecc. Tra questi, i più potenti sono
Fentanil, Remifentanil e
Sufentanil.
x incisione di
capsule immature Consideriamo in termini di
dosaggio: la Morfina si da nella
Papaver somniferum
fiala a 10mg; il Fentanil 0,1 mg.
Altri sono agonisti parziali, nel
Succo lattiginoso: senso che a dosaggi medio-bassi
OPPI O hanno un azione agonista, se si
sale di dosi, cominciano ad avere
azione anche in parte
antagonista, ma soprattutto
l’azione antagonista la manifestano in presenza di un forte agonista. Se abbiamo una persona che è sotto
metadone e somministriamo la Buprenorfina, questa ha una buona affinità, quindi andrà a competere con
il metadone e si legherà al recettore al suo posto, ma quando ci si è legata, poiché agonista-antagonista, la
sua attività intrinseca non è potente o analoga a quella del metadone, ma inferiore, di conseguenza l’azione
del metadone viene a ridursi.

Agonisti dei recettori per gli oppiodi

Recettore
Farmaco
Qua è indicata la capacità dei singoli farmaci m d k
di attivare i 3 tipi di recettori per gli oppioidi. Morfina +++ +
Metadone +++
Fentanil +++
Sufentanil +++ + +
Meperidina ++
Codeina +-
Tramadolo +-
Buprenorfina AP --
Pentazocina - AP +

Metadone Il Metadone si assorbe per via orale, si


vende come sciroppo e viene utilizzato
oppioide di sintesi
nella detossificazione controllata, perché
è potente, si da per via orale (evita rischi
dell’iniezione) e funziona molto bene.
attivo per via orale (sciroppo) Essendo somministrato per via orale si
può scalare gradualmente cosicché lui
gradualmente riduce la dose e di fatto fa
utilizzato nella detossificazione controllata di
eroina e morfina in tossicodipendenti un astinenza lenta che non da alcun
problema. Alcuni tossicodipendenti non
vogliono però ridurre il metadone e allora
emivita lunga à sindrome d’astinenza attenuata vengono ad assumere quotidianamente il
metadone negli ambulatori a quel
dosaggio, ma per lo meno escono dal
circolo che caratterizza la
tossicodipendenza.

Buprenorfina (Temgesic)
La Buprenorfina (Temgesic) è un agonista-
antagonista. Anche questo utilizzato nella
derivato semisintetico della tebaina
disintossicazione da oppioidi perché è
agonista e soprattutto se il paziente si
agonista parziale dei recettori µ con lunga somministra un agonista, lei inattiva la sua
emivita
azione antagonista.

utilizzato nel dolore acuto e cronico e nella


disintossicazione da oppioidi

sindrome d’astinenza meno intensa e più breve rispetto al


metadone
N aloxone
Naloxone  l’Antgonista di
Antagonista m, k e d tutti e 3 i tipi recettoriali
1 mg antagonizza gli effetti Questo è l’antidoto utilizzato
nel caso di intossicazione
di 25 mg di eroina acuta da eroina, ma funziona
bene anche con la morfina,
con qualunque agonista
Farmacocinetica: sebbene assorbito a livello gastroenterico subisce un oppiaceo.
Ha una farmacocinetica
esteso metabolismo di I passo epatico. Per via endovenosa ha
piuttosto veloce, vale a dire
efficacia immediata ed emivita di 1 ora. che se preso per bocca viene
distrutto in modo
Posologia: overdose da oppioidi 0,4 Þ 8 mg e.v. in bolo o per infusione particolarmente massivo dal
continua fegato e quindi non funziona,
è quindi necessario che sia
iniettato, soprattutto nel
caso di intossicazione acuta da eroina, per cui abbiamo bisogno di un effetto totale e immediato.
Per quel che riguarda la posologia, l’equivalenza è 0,4mg di metadone riescono a inattivare 8mg di eroina.

N altrexone Naltrexone
Ha una struttura molto simile
Antagonista m, k e d al precedente, ma si distingue
per il fatto che si assorbe
50 mg p.o. antagonizzano gli
molto meglio per via orale (il
effetti di 25 mg di eroina e.v. fegato lo distrugge meglio). È
per 24h. un farmaco che ha un effetto
di primo passaggio inferiore
Farmacocinetica: ben assorbito p.o. e metabolizzato a 6-b-naltrexolo (attivo).
rispetto al Naloxone, per cui
Emivita di eliminazione di 13h. Si lega per il 20% alle proteine plasmatiche. preso oralmente garantisce un
M etabolismo epatico ed escrezione renale. effetto più sistematico. Ha
inoltre un ulteriore
Posologia: dose di mantenimento 50-100 mg p.o. a giorni alterni
caratteristica, ha emivita più
(150-350 mg a settimana) lunga (dura più a lungo in
circolo).
Se somministrato a soggetti con dipendenza fisica da oppioidi
determina una ingente sindrome astinenziale

Qui la N.I.D.A, l’istituzione che


ha la massima autorevolezza in
ambito di droghe, ha riportato
varie sostanze d’abuso (eroina,
alcol, nicotina, cocaina,
caffeina e marijuana) a cui ha
attribuito un punteggio di 1
per indicare la massima
severità, mentre la minima è 6.
Ad esempio la sindrome di
astinenza della nicotina è 3,
mentre quella della marijuana è 6  Quindi è peggiore quella da nicotina. Questo per dire che alcuni
composti, che vengono normalmente considerati come estremamente dannosi, e quindi sono eliminati da
qualunque commercio legale, in realtà hanno caratteristiche di gravità meno gravi di altre che sono
legalmente distribuite dallo stato.

Quadri clinici che possiamo riscontrare nella nostra carriera:

1. Intossicazione acuta
Si tratta di un paziente in coma: è overdose da eroina che ha una triade classica
- miosi serrata (pupille a punta di spillo, sono dei puntini neri)
- depressione respiratoria (ha una profonda bradipnea fino all’apnea, cioè respiri molto rallentati, in
alcuni casi anche sospensione del respiro. Smette di respirare perché i nostri centri sono sensibili
all’anidride carbonica disciolta nel nostro sistema, quindi si accorgono che sta salendo oltre una
certa soglia. Le vie oppioidergiche inibiscono la sensibilità dei centri respiratori dell’anidride
carbonica)
- depressione del SNC (è in coma)

I ntossicazione acuta
In questo caso, l’antidoto è il Naloxone.
Una persona sana può andare in overdose da N aloxone
eroina con 40mg, mentre il tossicodipendente con • 0,4 mg in bolo e.v. ripetuti fino a 8 mg
grammi (perché dipendente e tollerante). • + 0,4 - 0,8 mg i.m.
Il tossicodipendente va in overdose o perché si • I n caso di overdose metadonica, infusione continua i.v. o
vuole suicidare, o perché lo vogliono uccidere (e somministrazione di naltrexone per sondino nasogastrico
quindi gli danno una quantità maggiore o
mescolata ad altro), oppure perché la persona Sostegno delle funzioni vitali
abituata a farsi 1g di eroina, entra nel ciclo di Gastrolusi (bodypackers)
detossificazione, perde la sua dipendenza fisica,
torna all’eroina in dipendenza psichica, e si rinietta D iuresi osmotica
1g, ma non essendo più tollerante, va in coma. (6 - 8 l / 24 h soluzioni elettrolitiche e mannitolo)

Come faccio a sapere la quantità di Naloxone che devo somministrare?


Si tratta di un farmaco molto sicuro (nel senso che se mi inietto 1g non mi succede nulla). Si da un bolo in
endovena di Naloxone (3-4 fiale), quando vedo immediatamente che si risolvono alcuni segni (tipo la
pupilla), capisco quanto continuare a somministrarne. È tuttavia pericoloso somministrarne troppa perché
lo mando in astinenza (dandogli tropo antagonista, blocco tutti i recettori e lo mando in astinenza). Quindi
riempio 250cc di salina di 4/5 fiale di Naloxone, lo metto in infusione veloce e appena vedo che la persona
comincia a rispondere all’antagonista, lo riduco alla velocità di infusione per far si che non si riduca
l’antagonismo.

Sindrome da astinenza
2. Sindrome da astinenza
La tratto con gli agonisti: come il metadone o la
Buprenorfina, cercando poi di stabilizzare la Sintomi Segni
frequenza di iniezione. Spesso le persone non lo
• Orripilazione
vogliono fare, oppure spesso continuano a • Sensazione di caldo o di freddo
• N ausea e vomito
prendere anche l’eroina in strada, e allora • Agitazione psico-motoria • D iarrea
bisogna farsi lasciare sempre le urine per • Tremori
• D olore addominale
controllare se ne fanno uso, e in caso • Sudorazione
• M ialgie diffuse
affermativo vengono buttati fuori • Lacrimazione
dall’ambulatorio. • Tachicardia
• I pertensione arteriosa
• Sbadiglio
• Congestione nasale
3. Tossicodipendenza stabilizzata

Con una paziente


Tossicodipendenza stabilizzata tossicodipendente, si parte
innanzitutto dalla detossificazione
(fargli perdere la dipendenza),
dopodiché bisogna mantenerla e
D etossificazione M antenimento
durante il mantenimento
prevenire e recidive.
La detossificazione può essere
• Lenta (tapering metadonico) • Farmaci agonisti
M etadone, buprenorfina
- lenta, con il metadone,
che gradualmente si riduce
• Rapida (clonidina - naloxone) (alcuni rimangono a prenderlo a
Prevenzione delle vita);
• Ultra rapida (UROD ) recidive - rapida, mediante
naloxone (che lo manda in
• Farmaci antagonisti astinenza) e clonidina (che è un
N altrexone agonista che riduce un po’ la
sintomatologia: dolori,
sudorazione..) in situazioni di particolare sofferenza
- ultra rapida, con il Naloxone, quindi per riportare quell’omeostasi recettoriale allo stato iniziale
toglie la tolleranza però sotto anestesia. Dopo 24 ore si risveglia, dopo 3 giorni può uscire.

Privo della dipendenza fisica, ma non di quella psichica, si passa al mantenimento: si somministrano
farmaci agonisti, come il metadone (a dosaggio che può essere scalare oppure mantenuto)

Infine di giunge alla prevenzione delle recidive: si da il Naltrexone, perché siamo dinnanzi ad un
paziente che, essendo detossificato non ha più dipendenza fisica ma è a rischio di dipendenza psichica e
ricadute (devono essere persone realmente motivate, che hanno intenzione di prenderlo tutti i giorni).
Si tratta di farmaci sicuri, che non causano disturbi, ma giusto qualche effetto.
Va sottolineato che la persona, in questo caso, è coperta dall’uso di agonisti: se riusa l’eroina, essendo
sotto Naltrexone, non ottiene alcun effetto, e qui nasce il rinforzo negativo  mentre prima avevo un
rinforzo positivo, per cui a iniezione conseguiva sensazioni piacevoli e stimolanti, ora, a seguito di
iniezione non ottengo nulla, quindi si associa un emozione negativa.

I nterventi terapeutici nella tossicodipendenza da oppioidi


Protocollo multimodale integrato (PM I )

Fase A Fase B
Detossificazione M antenimento
M etadone tapering della condizione drug free
Buprenorfina tapering
Clonidina-naloxone
UROD
Naltrexone
mantenimento
M etadone
mantenimento Comunità
Counselling
terapeutiche individuale, di
Buprenorfina gruppo e familiare
mantenimento
ANALGESICI (OPPIACEI) 4 MAGGIO 2017

L’analgesia è importante anche uno psicologo può sottoporre all’attenzione dei medici un paziente che lo
necessita, come un paziente oncologico porta una sofferenza o un dolore cronico importante che deve
essere tenuto in considerazione.
In questa lezione tratteremo anche un altro aspetto importante degli analgesici e degli oppiacei e cioè che
l’abuso di queste sostante da tossico dipendenza.

Il papaverum somniferum (fa dormire), cresce e cresceva in Afganistan, maggiore produttore di oppio.
L’estratto disidratato del succo bianco che è possibile estrarre dal papavero è l’oppio (misto di diverse
sostanze chimiche).

Chiarificazioni terminologiche:
OPIATES: sono gli oppiacei sostanze che derivano direttamente dall ‘oppio.

- Oppiacei naturali: alcaloidi contenuti nella resina dell’oppio e includono: la morfina, la codeina, la
tebaina, papaverina, noscapina.
- Oppiacei semi- sintetici: sono molecole create dall’oppiaceo naturare come per esempio:
ossicodone, diacetilmorfina, eroina.

OPPIOIDI: sono sostanze che hanno le stesse proprietà funzionali e farmacologiche degli oppiacei.

- sinstetici: molto usati in medicina in anestesia o per curare la tossicodipendeza: fentanil, Remifentanil
(l’analgesia inizia appena viene fatta l’infusione venosa e gli effetti finiscono dieci secondi dopo che viene
levata, quindi ha un metabolismo molto rapido), Metadone (usato nel trattamento della tossico-
dipendenza), Tramadolo (usato per diversi tipi di dolore).

- Oppiodi endogeni: sono dei petidi, cioè molecole naturalmente prodotte dal nostro corpo.

La scoperta:
storicamente 150 anni fa, gli oppiacei si conoscevano già mentre gli oppioidi sono stati scoperti dopo.
Neuropeptidi oppioidi, quindi endogeni, sono stati scoperti nel 1975, quinidi abbastanza recentemente da
due gruppi di ricercatori: Hugs e Kosterlitz hanno isolato dal cervello di un maiale quello che loro hanno
chiamato Enchefaline e nello stesso periodo Simantov e Snyder hanno scoperto le endorfine.

Endorfine:

sono oppioidi endogeni composti da polipeptidi, nell’asse ipotalamico ipofisario:


sono prodotte in particolare a livello dell’ipotesi e hanno un’azione di tipo ormonale (entrano in circolo nel
sangue) e hanno due funzioni fondamentali:

- Riducono la percezione di dolore


- Danno sensazione di benessere

L’azione è quella di ridurre l’impulso, inibire l’attività e la capacità si segnalare il dolore a vari livelli, sia nei
neuroni sensitivi primari (vanno dall’area colpita al midollo), sia nei secondari (talamo) e poi alla corteccia
ANALGESICI (OPPIACEI) 4 MAGGIO 2017

??

i recettori oppioidi si trovano a tutti e tre questi livelli.


Un’altra cosa importante è comunque che agiscono anche a livello centrale, quindi anche se il dolore c’è,
fanno in modo che venga percepito come meno dannoso, meno ansiogeno, meno preoccupante.
Ciò è importante per la tossicodipendenza.
Per tutti gli oppioidi endogeni, siccome sono peptidi, esiste un precursore.

Il sistema è complesso:
La pro-enchefaline (precursore) è prodotta dal cervello e dal midollo spinale (tipo un neurostrasmettitore).
la beta-endorfina ( oppioide) è prodotta da ipofisi (tipo un ormone).
La pro-dinorfina, pronocicettin orfanina, prodermorfina sono più centrali e possono essere prodotto anche
da cellule del sistema immunitario e producono oppioidi.

Le più importanti sono quelle prodotte da cervello, midollo e ipofisi.

Classificazione

1. Enchefaline ( il prof le chiama così, su internet invece si trova encefaline)


2. Beta endorfine
3. Dinorfine
4. Orfanina nocicettina
5. Endomorfine o dermorfine
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1. Enchefaline:
il precursore sono le pro- enchefaline.
le enchefaline sono 5 aminoacidi, e le due principali sono le Leu-enchefaline e le met-enchefaline (
che differiscono per un aminoacido).
in generale si trovano nel sistema nervoso centrale.

2. Beta endorfine:
grande scoperta in endocrinologia.
quando viene prodotta la beta edordfina è prodotto anche ACTH cioè ormone adrenocorticotropo
liberato sa ipofisi, che agisce sul surrene e libera cortisolo (risposta allo stress).
Insieme alle beta endorfine e ACTH è prodotto anche MSH che è l’ormone stimolante dei
melanociti (abbronzatura).
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3. Dinorfine:
il precursore è la pro-dinorfina.
Sono composte da 17 aminoacidi (molto complessa) e ha caratteristi funzionali simili alle altre ed è
prodotta nel sistema nervoso centrale.

Recettori (oR):

Non c’è azione se la sostanza (farmaco) non è legato, quindi per avere azione gli oppioidi devono legarsi a
qualcosa (recettori).

Slide
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La morfina e l’oppio sono stati usati per millenni senza sapere dove andavano a finire, fino al 1950, quando
si comincia ad ipotizzare il legame.
sono stati identificati il DNA che codifica per gli oppioidi endogeni e i recettori che lo sono anche per gli
esogeni.

- Nomenclatura dei recettori:

Prima di chiamavano DELTA, Mu, K… 17 diversi divisi in antagonisti e antagonisti.


pochi anni fa si sono messi d’accordo sui nomi: DOR, COR, MOR e NOR (durante la conferenza di ricerca
internazionale dei narcotici).

(IL PROF HA FATTO UN PO’ DI CONFUSIONE NON SI CAPISCE MOLTO BENE QUALI SONO I RECETTORI
QUINDI HO MESSO LA SLIDE).
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- Struttura dei recettori:

tutti i recettori per gli oppioidi sono accoppiati a proteina Gi cioè di tipo inibitorio.
cosa succede?
per esempio con la morfina si stimola il recettore, in una cellula nervosa che magari è eccitata,
iniettando la morfina viene attivata la G e viene diminuito la Amp ciclico (adenilato ciclasi), la
cellula allora si iperpolarizza quindi va in una situazione di riposo (si sente meno dolore e si dorme
di più).
insieme all’azione di inibizione della AMP c, si ha un interazione con i canali ionici con inibizione dei
canali calcio oppure l’attivazione dei canali potassio.
Ciò dal punto di vista funzionale porta all’inibizione di rilascio di neurotrasmettitore da parte di
questi neuroni.
Si ha quindi una diminuzione del dolore, diminuzione di Acetilcolina e di noradrenalina.
in generale gli oppiacei endogeni si trovano concentrati in aree specifiche come per esempio il
nucleo del rafe magno (stazione molto innervata che controlla il dolore).
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Effetti degli oppiacei:

Per i fondamentali recettori si ha un effetto:

- Analagesia spinale e sopra spinale, l’effetto analgesico si manifesta sia a livello dell’encefalo che del
midollo
- Sedano:
- Inibiscono la respirazione: evento raro, più legato alla tossicodipendenza, la morte da overdose è
legato ad una crisi respiratoria.
- Diminuzione della motilità gastro intestinale (stipsi).
- Modulazione del rilascio di molto ormoni e neurotrasmettitori, può portare anche a gravi
disfunzionalità ormonali.
aumentano il rilascio di prolattina che è secreta soprattutto per la produzione del latte, nel caso
della tossicodipendenza invece causa per esempio amenorrea.
Diminuiscono anche RNh, che governa gonadotropina

Delta, non ha effetti sulle funzioni intestinali.

Nuova classificazione:
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1. I recettori che danno analgesia sono MOr, KOR, DOR

2. i recettori che danno depressione respiratoria MOr

3. diminuzione motilità intestinale MOr e KOr.

Lo sviluppo dei farmaci ha seguito queste classificazione.


per l’anestesia è difficile dissociare l’effetto sedativo dagli effetti avversi.
c’è stato e c’è uno sforzo di ricerca importante.

Il sistema oppioide influenza fortemente le nostre reazioni psicoaffettive, abbiamo così un’azione
importante sulla nostra percezione sensitiva che si manifesta sulle funzioni nocicettive.
hanno poi effetto di modulazione endocrina e gastrointestinale.
Molto impatto sull’aspetto emozionale, e anche sull’ aspetto cognitivo.

Selettività

a. Morfina, metadone e fentalin sono agonisti del recettore della morfina.


b. Buprenorfina è un agonista parziale, funziona meno
c. Due fondamentali farmaci, naloxone naltrexone, antagonisti diversi l’uno dall’altro.
naloxone: rapida azione, si usa in casi di overdose, in pochi secondi blocca la depressione
respiratoria perché blocca i recettori.
naltrexone: ha un’azione lunga, non va bene per le emergenze ma si usa nella disintossicazione.
è l’opposto del metadone cioè non occupa i recettori in modo positivo (come metadone, se infatti
inietto eroina non ho effetti accentuati se prendo anche metadone), qui occupa il recettore ma non
ho altro effetto, quindi prima di usarlo il paziente deve essere curato per la sindrome da astinenza.
ovviamente se fosse solo questo l’importante tutti sarebbero curabili, ci sono però molti aspetti
familiari, sociali e psicologici nella tossicodipenda.

RICAPITOLANDO:

1. Analgesia
L’azione analgesica degli oppiacei è funzionale nel dolore nocicettivo, oncologico, infiammatorio,
meno per il dolore neuropatico (dipende dalla lesione del nervo stesso).
2. Regolazione della neurogenesi
Gli oppioidi endogeni di per se hanno un ruolo importante nella regolazione della neurogenesi,
però nel dolore cronico, la cura con oppiacei, può avere un effetto negativo, altera infatti le
funzioni cognitive.
3. Depressione respiratoria
E’ l’effetto più pericoloso, ed è dose- dipendente.
se comincio un trattamento per dolore cronico, prima una dose bassa e poi la aumento
gradualmente, questo effetto può essere controllato.
4. effetti cardiovascolari
ha effetti cardiovascolari un po’ depressogeno.
5. Diminuzione della motilità gastrointestinale, è un grande problema.
aumentare piano le dosi per questo effetto non ha effetti benefici, è necessario trovare la giusta
dose di farmaco per tenere questo effetto sotto controllo.
ANALGESICI (OPPIACEI) 4 MAGGIO 2017

esiste un farmaco commercializzato italiano che mette insieme l’ossicodone con il naloxone, questo
ottiene una buona azione analgesica tenendo sotto controllo la stipsi.
il naloxone, se fatto in vena funziona subito, invece dato per bocca non viene assorbito ma rimane
a livello della parte gastro intestinale.
quindi i recettori a livello centrale sono occupati dall’ossicoone, pochi di quelli a livello gastro
intestinale sono occupati da questo , perché in larga parte sono già occupati dal naloxone

Tolleranza e dipendenza
la tolleranza è la diminuzione degli effetti farmacologici di una sostanza dovuti alla sua somministrazione
ripetuta, per mantenere gli stessi effetti devo mantenere la dose.
la dipendenza sono invece una serie di complesse e non ben conosciute alterazioni omeostatiche che sono
associate all’assunzione di sostante e si manifestano quando queste sostanze vengono interrotte,
provocando la sindrome di astinenza.
per la cura della sindrome da astinenza, si prescrive o un oppiaceo o la clonidina (agonista alfa 2 che
inibisce il sistema simpatico.

QUINDI:

a. Agonisti oppioidi forti:


. morfina
. metadone
. ossicodone
. meperdina
. fentalin e derivati (si usano in sala operatoria)
b. Agonisti deboli:
. codeina che si trova nel tachidol e coefferalgan e si usano per il dolore cronico.
. tramodolo che ha azione di agonista oppioide per il dolore neuropatico.
c. Agonisti parziali:
. buprenorfina, azione più moderata
d. Antagonisti
. naloxone
.naltrexone.

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