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[TERAPIA DEL DOLORE 7/10/2014 PROF.

BOAZ GEDALIAHU SAMOLSKY DEKEL

FEDERICA SANTOLI] 1
INTRODUZIONE AL CORSO
Quest'anno per iniziativa del prof. Biasco nel corso di Oncologia Medica stata aggiunta una parte che -sui vostri orari si
chiama anestesia ma non ha niente a che fare con anestesia- si chiama Terapia del Dolore. Noi dobbiamo parlare di una
parte del discorso di oncologia che la terapia del dolore; il corso di anestesia viene svolto al sesto anno. Il corso si occuper
di principi di terapia del dolore nel paziente oncologico.
[Al sesto anno nel corso integrato di emergenze medico chirurgiche ci sono quattro corsi:
anestesia e rianimazione
chirurgia durgenza
medicina durgenza
terapia del dolore]

IL DOLORE NEL PAZIENTE ONCOLOGICO


Qui sorge il primo problema: giusto differenziare il dolore nel paziente oncologico da quello di un
paziente non oncologico? Uno potrebbe pensare che il paziente oncologico per qualche motivo ha un
dolore particolare, perch nel paziente oncologico dovrebbe esserci un dolore particolare rispetto ad un
altro paziente che ha dolore?
Ad esempio abbiamo un paziente oncologico che lamenta dolore ed un pz con la lombosciatalgia che
lamenta dolore; c' differenza tra questi due?
No. Pensando alle possibili cause di lombosciatalgia, ad esempio ernia del disco, la sintomatologia
dolorosa dovuta alla compressione da parte di questa sulle radici nervose provocando radicolopatia che
un dolore.
Se al posto dell'ernia nello stesso posto, nella stessa colonna vertebrale, nella stessa vertebra c' una
metastasi ossea che cresce e comprime le radici nervose il pz sentir dolore.
la stessa cosa; la stessa sintomatologia e causa eziologica: compressione delle radici nervose.
Allora c differenza fra un dolore del paziente oncologico e un dolore del paziente non oncologico?
No, non c differenza.
giusto fare delle lezioni di terapia del dolore nellambito delloncologia medica per sbagliato pensare
che il dolore che c' nel paziente oncologico sia diverso da quello presente nel pz non oncologico.
Continuando con lesempio dellernia del disco noi sappiamo che il legamento posteriore longitudinale
il legamento che tiene tutta la colonna vertebrale mantiene tutte le vertebre in posizione una sopra laltra.
Nella colonna vertebrale sono presenti due legamenti:
-posteriore
-anteriore
Perch importante il posteriore?
Perch il posteriore quelllo che subisce la forza quando viene espulsa l'ernia, questo legamento essendo
un legamento molto molto resistente non permette all'ernia di avanzare nel suo percorso.
Il legamento longitudinale essendo resistente non permette all'ernia che sta uscendo di arrivare al midollo
spinale, resistente e lernia trovando una resistenza scivola lateralmente, dove sono localizzate le radici
nervose e va ad irritarle causando radicolopatia.
Il dolore del pz oncologico non diverso dal dolore del pz non oncologico poich la crescita di una
metastasi ossea puo determinare allo stesso modo di unernia del disco compressione delle radici nervose
e quindi radicolopatia.
Quindi le cause sono simili e come vi far vedere nelle prossime lezioni estremamente importante
capire non soltanto le cause perche che si tratti di metastasi o di unernia ancora non mi basta per il
trattamento, io devo capire qual il meccanismo fisiopatologico sottostante, che causa il dolore, e una
volta capito il meccanismo fisiopatologico potrei esaminare la giusta terapia.
8Per gli ortopedici sono i FANS.)

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Dovremo capire il meccanismo fisiopatologico alla base della sintomatologia dolorosa, che puo essere
diversa perch nel caso di una radicolopatia potremmo avere:
parestesie ovvero una particolare serie si sintomi abnormi che sono spontanei

disestesie ovvero sensazioni diversa natura e di ampiezza eccessiva rispetto alle caratteristiche obiettive ed all'effettiva
entit dello stimolo

Questi sintomi possono essere presenti sia in pz oncologici con dolore sia in pz non oncologico con
dolore.
Primo concetto: ricordare che non c' differenza tra il dolore del paziente oncologico e il dolore del pz
non oncologico.
Il dolore nel pz oncologico pi devastante perch una malattia che suscita in noi delle aspettative non
positive, quindi fa molto piu' effetto su di noi; ma anche un pz giovane con lombosciatalgia che ha molto
dolore e che non puo' svolgere le attivit abituali e attivit fisiche sente dolore e non baster la terapia con
FANS che lortopedico gli prescriver.
IL DOLORE E LE SUE COMPONENTI
Secondo voi che cos' il dolore?
Il sistema sensoriale del dolore fisiologico ha lo scopo ben preciso di proteggerci dall'ambiente esterno.
Il dolore fisiologico ha significato di protezione, informa l'individuo che c' qualcosa che non va in
periferia, e quindi che occorre prendere dei provvedimenti.
I provvedimenti nel mondo degli animali essenzialmente sono due: combatti o fuggi; quindi vedete che il
dolore ha i suoi significati fisiologici, non soltanto ci avverte ma anche metter in atto dei meccanismi da
poter affrontare le conseguenze della causa che ha generato il dolore.
Limportante che il dolore sia un sistema che fisiologicamente causa delle conseguenze, il dolore
diventa malattia quando perde questa funzione; quando il dolore diventa cronico ad esempio se io ho una
sacroileite per dieci anni perch un chirurgo mi ha detto di usare un bastone ed io cammino storto alla
fine l'altricolazione sacroiliaca si sposta ed infiammata continuamente; perch per dieci anni il dolore
deve continuare ad informarmi che c' questo dolore?
Il dolore fisiologicamente ha la funzione di proteggere, diventa malattia quando cronico e non si cura la
causa primaria del dolore.
Avendo detto che il dolore un qualcosa di multifattoriale; quindi la prima cosa che c qualche fatto
fisico (stiamo parlando del dolore fisico non dovuto ad altre cause es. psicologiche ecc) indi per cui il
dolore ha una componente sensoriale che significa che uno stimolo attiva i sistemi sensoriali poich
l'informazione dalla periferia deve arrivare al centro dove vengono prese le decisioni (senso reale del
dolore).
Questa componente sensoriale del dolore viene tinta con un aspetto cognitivo; il dolore una condizione
normalmente spiacevole;
Riassumendo fino ad ora il dolore possiede una componente sensoriale e una componente che noi
chiamiamo affettivo-motivazionale (aspetti cognitivi dell'esperienza del dolore) e prima ancora abbiamo
detto che di fronte al dolore gli animali posso utilizzare due strategie: combattere la causa che gli ha
procurato dolore o scappare da tale cause causa perci il dolore determina unazione (si tratti di combatti
o fuggi) da parte dellorganismo.
Considerando il fuggire o il combattimento giustamente per realizzare queste due strategie bisogner
mettere in atto nellorganismo (anche pensando allanimale pi rudimentale che ci sia comunque dotato di
un sistema circolatorio a sangue caldo in cui sia presente anche una sorta di cuore) delle risposte.
Il fatto di dover fuggire o il fatto di dover combattere all'interno organismo avr conseguenze
sullattivazione muscolare; per azionare i muscoli (e consumare ATP) bisogner aumentare l'apporto di
sangue verso i muscoli attraverso il sistema circolatorio.
Per far arrivare sangue ai muscoli bisogna aumentare lapporto sanguigno attraverso il sistema
circolatorio che porta il sangue ai muscoli e che utilizza una pompa che si chiama cuore.

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Il meccanismo di compenso piu' semplice per una pompa come il cuore per aumentare la portata verso i
muscoli, ovvero per aumentare la gittata cardiaca (=volume di sagnue che esce per ogni contrazione
moltiplicato per il numero delle contrazioni) quello di aumentare la frequenza cardiaca.
Quindi la prima reazione che il dolore determina nel nostro organismo l'aumento della frequenza
cardiaca per quel meccanismo arcaico che mira ad aumentare l'apporto sanguigno ai muscoli.
Vi sono tuttavia individui che sono abituati ad affrontare situazioni di stress ad esempio gli atleti agonisti
che svolgono attivit sportiva, che preparano il loro cuore a dare risposte agli stress di questo tipo non
con un meccanismo di compenso atto all'aumento della frequenza cardiaca ma si rivolgono all'aumento
della contrattilit e all'aumento del volume del ventricolo. La risposta del loro cuore non deve essere tanto
aumento della frequenza cardiaca ma laumento contrattrilita perch ci sar pi volume che esce ad ogni
contrazione cardiaca che potrebbe tradursi in aumento della gittata cardiaca.
In questi individui invece che avere delle risposte simpatiche al dolore, che sono piu' frequenti, hanno
risposte parasimpatiche.
Spesso e volentirei vediamo grandi uomini forzuti che fanno attivt agonistica che a fare una puntura
svengono.
La risposta neurovegetativa al dolore che comunemente simpatica invece diventa parasimpatica.
Le risorse energetiche hanno bisogno di un'altra cosa importante perch per formare l'atp ci vuole
ossigeno che a sua volta viene dai polmoni.
Per soddisfare l'aumento del fabbbisogno di ossigeno bisogna ci sia un aumento della ventilazione;
un meccanismo di compenso per soddisfare aumento delle richieste di O2 puo' essere quello di aumentare
il volume minuto(= dato dal volume corrente moltiplicato x la frequenza respiratoria che 12-16);
quindi un altro meccanismo di compenso molto semplice l'aumento della frequenza respiratoria.
Se noi aumentiamo la gittata cardiaca per soddisfare le necessit dellorganismo aumentando la gc tutto
questo sangue andrebbe in tutti i distretti indifferentemente; ecco che a correggere leventuale spreco di
sangue si attua la vasocostrizione nei distretti non utiliti.
Occore in questo modo vasocostringere laddove non necessario in quel momento che arrivi il sangue e
vasodilatare il distretto muscolare dove necessario arrivi il sangue per mettere in atto risposta al dolore.
Tuttavia la vasocostrizione ha un prezzo! La vasocostrizione a livello locale del tessuto pu indurre
ipossia e a monte ,a livello sistemico, determina un aumento della pressione (ipertensione).
Il terzo fenomeno neurovegetativo accompaganto dal dolore l'ipertensione.
Riassumendo la componente neurovegetativa al dolore fisiologico costitutita da risposte simpatiche
quali:
tachicardia
tachipnea
ipertensione
chiaro che nel dolore cronico queste risposte piano piano si attenuano ma non detto che scompaiano
del tutto; potrebbero esse stesse determinare altre patologie nell'individuo.
Ad esempio nellindividuo con dolore cronico che ha la bpco e non riesce a respirare bene se ha dolore
noi induciamo un circolo vizioso per il quale la sua condizione di salute genrale si aggrava oppure quello
che ha gia qualche arteriolina che sta li li per essere completamente chiusa di fronte ad un dolore acuto,
ma anche continuo, e aumento delle richieste di O2 da parte del cuore puo' determinare infarto.
(Ma questo sar argomento del sesto anno, lanestesista non si limita a far dormire la gente quello che
deve fare lanestesista di evitare queste risposte neurovegetative che possono compromettere lo stato di
salute del pz; far dormire la gente non uguale ad eliminare le risposte neurovegetative, il cervello
cognitivamente non funziona ma le risposte sono neurovegetative; le funzioni neurovegetative sono
staccate dal nostro controllo cognitivo(.
Il dolore puo' determinare delle reazioni neurovegetative che a loro volta possono compromettere la
salute della persona quindi la terapia del dolore non soltanto per togliere il dolore;
la terapia del dolore ha proprio il suo razionale per tutelare la salute della persona perch il dolore ha

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costo in termini di salute.
La quarta componente del dolore la reazione motoria atta ad eliminare il dolore per cercare di contenere
il dolore (atteggiamento antalgico)
L'immobilit aiuterebbe a contenere il dolore poich non sollecita i recettori per il dolore.
Il dolore in generale puo avere 4 componenti:
componente sensoriale che descrive l'intensit del dolore, durata e localizzazione
(come tutti i sistemi sensoriali anche il dolore puo' essere localizzato piu o meno in maniera precisa
possiamo avere info su sede durata intensita; importante l'intensit perch uno parametri chiave per
l'interpretazione dellinformazione del dolore);
componente cognitiva (comunemente spiacevole) o affetivo -motivazionale
componetne neurovegetativa (consta in serie di risposte simpatiche tachicardia, tachipnea e
ipertensione)
componente motoria (atteggiamenteo antalgico)
CONTENUTI DEL CORSO
Quindi in questo corso tenteremo di vedere:
Epidemiologia del dolore
Legge 38/2010
(da una parte cosa davanguardia in italia e dallaltra parte una cosa vergognosa come se ci fosse bisogno
di una legge per il dolore come se prima non lo si faceva perch nncera legge)
legge che si occupa di terapia del dolore
Glossario sul dolore
Metodiche Diagnostiche
Scale di valutazione del dolore
Terapia del dolore
Rete di terapia del dolore
DEFINIZIONE DEL DOLORE
La definizione del dolore secondo lo IASP (associazione internazionale per lo studio del dolore), fatta nel
1979:
Il dolore unesperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, attuale o
potenziale, o descritta in termini di questo danno
Il dolore un'esperianze sensoriale..: un sistema deputato a convogliare l'informazione del dolore; si
tratta di un sistema sensoriale a s ma che risponde a tutti i criteri che presenta un sistema sensoriale
(medesima organizzazzione di tutti i sistemi sensoriali) quindi il dolore unesperienza sensoriale
(componente sensoriale);
..emotiva..: determina una reazione emotiva dentro di noi che in genere spiacevole (componente
affettivo-motivazionale).
A questo punto la definizione apre la porta verso la causa del dolore perch questa esperienza sensoriale
emotiva spiacevole puo' essere dovuta a ..danno attuale o potenziale del tessuto.. quindi prevede che
nei tessuti del nostro organismo ci deve essere danno e fino a questa parte della definizione il danno
conditio sine qua non per avere dolore; ci vuole danno tissutale.
La definizione diventa diffcile nella parte finale ..o descritta nei termini di questo danno.; un soggetto
riferisce dolore in assenza di danno tissutale effettivo ma a causa di aberrante attivit del sistema
sensoriale (ad esempio soggetto sente dolore come se si fosse fatto un taglio alla gamba, ma guardando

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alla gamba non c nessun taglio).
Ci puo' essere una condizione per cui il sistema sensoriale -tanto decantato per la sua funzione fisiologica
protettiva- funzioni non nel modo in cui il sistema sensoriale deve comportarsi.
In generale un sistema sensoriale necessita di:
uno stimolo (adeguato ad attivare un recettore specifico)
un recettore che trasduce lo stimolo in potenziale dazione
trasmissione del potenziale dazione lungo le fibre nervose (midollo spinale-talamo-corteccia)
possibile che per qualche motivo un potenziale d'azione si forma ma non grazie al processo della
trasduzione per qualche aberrante attivit del sistema sensoriale.
(esempio di attivit aberrante del sistema sensoriale: amettiamo che io ed emanuele siamo un corpo unico
io il cervello e lui la periferia tra me e lui ci sono dei cavi telefonici che ci collegano, in modo che io
sappia esattamente cosa succede in periferia.
Quando emanuele parla io sento sulla linea telefonica dedicata tra me e lui dei rumori e so che viene da
lui ( una linea specifica) ora viene Alberto che un ragazzo biricchino prende un'asta metallica e
comincia a grattere su questa linea telefonica io -cervello- sento rumori su questa linea telefonica siccome
so che questa linea telefonica dedicata ad Emanuele io penso che lui sia impazzito, guardo Emanuele e
vedo che sta l tranquillo. Quello che successo che il sistema sensoriale per qualche motivo ha
cominciato a scatenare dei potenziali dazione che arrivano al mio cervello segnalando che qualcosa in
periferia non va: questa la linea dedicata al dolore; arriva alla corteccia somatosensoriale nell'area del
dolore e quindi io dico che qualcosa non funziona.
Quindi non piu' un dolore che era nato grazie a stimolazione dei recettori in periferia (trasduzione stimolo
e trasmissione potenziale dazione al SNC) ovvero un DOLORE NOCICETTIVO perche attivato da
nocicettori; ma un dolore dovuto ad una attivazione aberrante del sistema nervoso e questo lo
chiameremo DOLORE NEUROPATICO.
possibile che nello stesso individuo, allo stesso momento ci siano tutti e due le tipologie nocicettiva e
neuropatica: in questo caso parleremo di dolore misto.
Lesempio piu semplice del dolore neuropatico la sciatalgia; l'ernia del disco irritava le radici nervose e
quindi radicopatia che dolore neuropatico.
Quando l'ernia all'inizio della sua strada spingeva solo contro il legamento longitudinale posteriore non
irritava le radici nervose ma irritava il legamento longitudinale posteriore dove ha determinato un dolore
nocicettivo che noi normalmente chiamiamo lombalgia.
Quando l'ernia non potendo avanzare ulteriormente a causa della presenza del legamento longitudinale
posteriore scivola lateralmente verso le radici del tronco comicia a dar luogo anche a sintomi di
radicolopatia.
A questo punto abbiamo un dolore misto nocicettivo e neuropatico: LOMBSCIATALGIA; se l'ernia si
sposta e spinge solo contro le radici possibile che se ne vada la lombalgia e rimanga solo la sciatalgia.
importante conoscere il meccanismo fisiopatologico sottostante la causa di dolore perch cambia la
terapia!
(da qui in poi il professore mostra grafici e studi presenti sulle slide che al momento non ha fornito; si
limita ad evidenziare gli aspetti piu significativi).
Dal punto d vista epidemiologico stata fatta nel 2011 una sorta di indagine in alcune regioni italiane per
vedere la prevalenza del dolore in una giornata X nel ricovero ospedaliero:
38% pz ricoverati non riferiva dolore
62% pz ricoverati cera dolore (qualcuno potrebbe dirmi grazie siamo in un ospedale vuoi che non
ci sia dolore?io rispondo: NO non ci deve essere dolore!)

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La cosa peggiore che di questi pazienti che avevano dolore l11% NON aveva terapia per il dolore.
(poi se vogliamo essere raffinati bisogna andare a vedere in questi che avevano terapia del dolore quindi
l87% (del 62% che riferiva dolore) in cartella che tipo di terapia del dolore prevalentemente FANS- ma
bisogna vedere se questa era adeguata al meccanismo fisiopatologico del dolore stesso.
Infatti se andiamo a vedere lefficacia secondo paziente della terapia del dolore secondo la scala di
valutazione:
del tutto efficace
efficace
poco efficace
il 17% ( degli 87% che aveva in cartella terapia del dolore)riferiva di come la terapia fosse inefficace.
Un altro studio in cui si vede come in 20 ospedali non soltanto fosse presente il dolore (dolore assente
intorno al 9%)ma che nel 47% il dolore era di intensit elevata e ricordate che il dolore di intensit
elevata un dolore che fa del danno all'individuo.
Il dolore nel paziente non solo unaesperienza sensoriale spiacevole ma fa danno per via delle risposte
neurovegetative.
Abbiamo eseguito uno studio nel 2005 in cui siamo andati a vedere la prevalenza del dolore nellospedale
SantOrsola ed abbiamo visto che:
(i colori de grafico sono invertiti, leggerlo secondo le indicazioni del professore)
57% pazienti ricoverati non riferiva dolore
18% pz ricoverati riferiva dolore lieve
15% pz ricoverati riferivano dolore moderato*
11% pz ricoverati dolore severo
*dolore moderato in italiano sembra da una parte positivo, moderato sembra quasi accettabile dolore
moderato poi vedremo quando faremo la misurazione dell'intensit del dolore un'emergenza medica;
deve essere trattato perche un dolore che pu causare danno all'individio
In definitiva il 26% dei pazienti ricoverati nell'ospedale Sant'orsola in quel giorno X lamentava dolore
moderato/severo e questo non accettabile in un ospedale universitario dove deve esserci leccellenza!
Un'altra cosa interessante era la terapia; vedete che se dividiamo i pazienti a seconda di ci che avevano
detto della loro intensit di dolore e quindi:
pz senza dolore
pz dolore lieve
pz dolore moderato
pz dolore severo
prendendo questi gruppi di pz siamo andati a vedere che terapia del dolore avevano; noi ci aspettavamo
che un paziente che riferisse dolore severo avesse una terapia del dolore molto vigorosa.
(Dove c' dolore forte ci vuole un'analgesico forte, che non un FANS, ci vuole un oppiaceo).
Come vi spiegher per le prossime lezioni serve un oppiaceo per trattatare un dolore severo.
La NRS una scala per valutazione del dolore, nelle parti piu elevate della scala (quindi intensit di
dolore molto elevata) mi aspetterei di nuovo che ci sia una percentuale elevata di farmaci oppiacei, invece
troneggiano i FANS.
Questo grafico mostra le proporzioni del dolore di intensit moderata e severa in diverse aree
dell'ospedale; in oncologia la prevalenza dei soggetti con dolore moderato severo era bassa, anche in
pediatria, in medicina (quale medicina?) sta aumentando, ostetricia alta (legata al dolore del parto che
per contrario al nostro pensiero, noi sappiamo che il dolore puo' dare delle risposte neurovegetative
che potrebbero fare danno e cercheremo di ridurre il dolore).
La cosa piu' interessante che la prevalenza pi alta di dolore moderato/severo labbiamo trovato nel

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reparto radioterapia.
una cosa strana perch il razionale della radioterapia ridurre la massa tumorale e contenerla non allo
scopo curativo ma per ridurre il dolore ed eliminare i sintomi (principalmente il dolore): la radioterapia
una palliazione.
Il problema per che quando si irradia una massa tumorale, questa non immobile ma reagisce con un
edema locale. Quindi i primi 7-10-15 gg dopo la radioterapia la massa tumorale invece che ridursi si
gonfia e il dolore peggiore finch l'edema non si riassorbe e appunto si riduce la massa; pertanto nel
reparto di radioterapia la prevalenza del dolore piu alta dellospedale.
Nonostante la pallliazione della radioterapia, essa stessa provoca dolore quindi quando faremo della
palliazione occorre sapere che fra dieci giorni il paziente soffrir le pene dell'inferno e quindi devi fare
terapia antalgica.
(tabella che mostra utilizzo degli oppioidi forti tramadolo- in europa)
IL TRATTAMENTO DEL DOLORE NEL PAZIENTE ONCOLOGICO
La legge 38 una legge che stata emanata dalla Repubblica italiana il 15 marzo 2010 ed una legge che
essenzialmente sancisce il dirittto di tutti i cittadini di avere accesso libero alle cure palliative e alla
terapia del dolore.
Un concetto molto importante che mi interessa che voi sappiate che le cure palliative E terapia del
dolore non sinonimo di terapia nell'ultima settimana di vita.
Le cure palliative e la terapia del dolore sono degli approcci medici che devono accompagnare la persona
malata dal primo giorno della diagnosi di malattia; non si deve trattenere la palliazione e la terapia del
dolore alla fine della malattia, bisogna iniziare a trattare da subito il dolore nel paziente oncologico.
(mostra lista delle figure mediche specialistiche che la legge indica come le figure che devono occuparsi
delle cure palliative e della terapia del dolore sia come servizi che possono fornirle sia le scuole di
specializzazzione).
La legge tratta molti argomenti (per appronfodire cercare legge sul sito ministero della salute) tra cui il
fatto che prevista una rete su tutto il territorio italiano per le cure palliative.
Questa rete articolata su tre livelli:
I livello medico di medicina generale
II livello ambulatorio di terapia del dolore o di cure palliative che si occupa di assistenza sia al
medico di medicina generale che a trattare i soggetti che non hanno necessit di trattamenti
eccessivamente complicati (SPOKE)
III livello Centro HUB un centro specialistico che potrebbe dare risposte a tutte le questioni a
cui i livelli piu bassi non hanno saputo dare.
Ogni regione in Italia programmata ad avere due centri HUB, diversi SPOKE e tutti i medici di
medicina generale.
In E-R lunico HUB a Parma.
molto importante la formazione, in uno studio che abbbiamo fatto abbiamo proposto 21 domande
relative alla terapia del dolore a diverse figure in formazione infermieri che gi lavorano, soggetti in corso
di formazione infermieristica, studenti di medicina, specializzandi in varie specialit e medici strutturati.
La media delle risposte corrette era vergognosa, anche in domande semplici come ad esempio su cosa
fosse meglio per un dolore molto forte FANS o oppioide.
La cosa molto importante che sancisce la legge 38 che la rilevazione del dolore nel paziente
ospedalizzato deve essere fatta tre volte al giorno,non soltanto chiedere qual lintensit del dolore ma
deve essere trascritto nel diario del pz se no un'omissione.

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Altro studio che abbiamo svolto, siamo andati a paragonare la concordanza dellintensit del dolore
riferita dal pz e lintensit del dolore provato dal primo secondo linfermiere.
Si visto che la concordanza su intensit del dolore riferita dal pz e quella secondo linfermiere (secondo
la loro esperienza professionale) era minore quanto pi aumentava il dolore riferito dal pz; quanto piu il
pz riferisse unintensit di dolore elevata tanto piu era maggiore la sottovalutazione da parte di questo
dellinfermiere.
La problematica che sorge non da poco, il pz riferisce ad esempio un dolore di 8 mentre invece
linfermiere lo valuta 4 e instaura terapia per dolore 4.
IL DOLORE CI CHE IL PAZIENTE DICE DI AVERE.
La concordanza tra quello che dice il paziente e quello che dice linfermiere inversamente proporzionale
allintensit del dolore, pi basso il dolore riferito dal pz pi linfermiere daccordo.
Non si utilizza uno strumento unico per la valutazione del dolore, ma si basa sulla sensazione personale
della persona esterna che lo valuta; non puoi soggettivamente valutare lesperienza soggettiva di un altro
perch entrano in gioco tanti elementi che confondono la tua valutazione.
Questo per dire che non bisogna mai soggettivamente valutare il dolore, il pz che lo valuta.
Occorre pensare alla terapia del dolore anche nei pazienti pediatrici e l siamo molto carenti; se siamo
molto carenti negli adulti lo siamo triplamentete nei bambini.

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ANESTESIOLOGIA-TP DEL DOLORE 14 ottobre 2014 PROF. B. SAMOLSKY DEKEL


GIULIA MALVEZZI

GLOSSARIO DEL DOLORE


ANATOMOFISIOLOGIA DEL SISTEMA NOCICETTIVO
CARATTERISTICHE GENERALI
E' fondamentale ricordare che il dolore, che si tratti o meno di un paziente oncologico, presenta numerose
caratteristiche in comune, a partire dalle quattro componenti che lo contraddistinguono:
sensoriale, che ne descrive gli aspetti fisiologici quali intensit, sede e durata;
affettivo/emozionale, che rappresenta l'elemento cognitivo aggiunto all'esperienza sensoriale;
neurovegetativa;
motoria.
Per comprendere appieno la progressione dell'informazione nocicettiva dalla periferia sino alla corteccia cerebrale
inoltre importante considerare le basi anatomiche e fisiologiche del percorso effettuato dallo stimolo doloroso: solo
in questo modo possibile comprendere, eventualmente, a quale livello della via sia situato il problema e come
intervenire in maniera specifica tramite gli analgesici.
Nel dettaglio, il dolore caratterizzato da una struttura, che consta di una serie di sequenze fisiologiche, del tutto
simile a quella degli altri sistemi sensoriali: un esempio utile quello della visione. In tal caso, infatti, l'inizio della
via rappresentato dallo stimolo luminoso (onde elettromagnetiche che colpiscono l'oggetto della visione e si
riflettono verso l'osservatore), che penetra attraverso le pupille e colpisce la retina, ove sono presenti specifici
fotorecettori, coni e bastoncelli, responsabili della trasformazione dell'energia meccanica in potenziale d'azione,
che viene poi condotto sino al SNC, grazie alle fibre nervose. Tale trasformazione di energia, ad opera di un
sistema recettoriale specifico, viene definita trasduzione: la conditio sine qua non perch lo stimolo venga
condotto dalla periferia al centro e rappresenta il primo meccanismo di tutti i sistemi sensoriali, ivi compreso il
dolore, nell'ambito del quale potrebbe essere utilizzata come target per un adeguato farmaco analgesico.

STRUTTURA DELLA VIA NOCICETTIVA


A proposito della via nocicettiva, il compito di trasmettere l'informazione dalla periferia al SNC affidato a fibre
nervose afferenti, nelle quali possiamo distinguere:
primo neurone: raccoglie lo stimolo in periferia e lo invia al SNC, in particolar modo al midollo spinale;
secondo neurone: il corpo cellulare localizzato a livello del midollo spinale e d origine ad un assone che
ascende, lungo il fascio spino-talamico, fino al talamo;
terzo neurone: il corpo cellulare si trova nel talamo ed emette un assone che termina a livello della
corteccia sensoriale, in corrispondenza dell'area del dolore.
Per quanto riguarda il primo neurone, esso presenta alcune peculiarit strutturali ed istologiche: mentre infatti,
genericamente, i neuroni sono costituiti da un corpo cellulare (provvisto di dendriti che ricevono i segnali in arrivo)
ed un assone (da cui il potenzia d'azione procede sino al bottone sinaptico, ove avviene il rilascio del
neurotrasmettitore) e vengono quindi definiti bipolari, poich formati da un polo ricevente, un corpo che si
depolarizza ed un assone efferente, il primo neurone nocicettivo , invece, pseudounipolare, o a T. Con tale
termine ci si riferisce al fatto che sembri essere presente un unico polo: in
realt, dal corpo cellulare origina un unico ramo che, per, si biforca subito
dando origine a due ramificazioni:
periferica: termina in periferia, mediante le terminazioni nervose e
rappresenta, pertanto, la componente efferente adibita alla raccolta

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ANESTESIOLOGIA-TP DEL DOLORE 14 ottobre 2014 PROF. B. SAMOLSKY DEKEL


GIULIA MALVEZZI
degli stimoli;
centrale: entra nel midollo spinale (componente efferente) e giunge direttamente nella sostanza grigia,
mentre nel caso degli altri sistemi sensoriali il ramo centrale ascende tramite i fasci gracile e cuneato
(cordoni dorsali del midollo spinale).
Il corpo cellulare del neurone a T, inoltre, localizzato a livello dei cosiddetti gangli dorsali: si tratta di
rigonfiamenti presenti sulle radici dorsali dei nervi spinali (da ricordare che dal midollo fuoriescono due radici,
anteriore-motoria e posteriore, che si riuniscono a costituire il tronco di un nervo), che ospitano il pirenoforo del
primo neurone della via della nocicezione, ma anche di altre vie sensoriali, come il tatto. La peculiarit
rappresentata dal fatto che, a differenza delle altre vie, nel caso del dolore, le estremit periferiche della via non
sono munite di strutture recettoriali specifiche (quali, invece, coni e bastoncelli, corpuscoli di Pacini o di Meissner
etc...), ma sono terminazioni nervose libere.

TRASMISSIONE DELLO STIMOLO DOLOROSO


I momenti fondamentali, nell'ambito della trasmissione dello stimolo doloroso, sono tre:
trasduzione: avviene a livello periferico;
trasmissione del potenziale d'azione: avviene lungo le fibre nervose sino al midollo spinale;
modulazione: avviene nel midollo (2 neurone della via) ed particolarmente importante ai fini
dell'analgesia.
A proposito della trasduzione, con questo termine si intende quel processo per cui un'energia specifica viene
trasformata in potenziale d'azione. Nel caso del dolore, gli stimoli specifici (che per la visione sono le onde
elettromagnetiche, per l'udito quelle pressorie, per l'olfatto sostanze chimiche e per il tatto la pressione) possono
essere di diversa natura: termica, meccanica, chimica. L'elemento fondamentale che le varie forme di energia
abbiano un'intensit tale (i recettori sono ad alta soglia) da determinare un danno tissutale, che il cardine
dell'intero sistema della nocicezione. Esso infatti provoca alterazione e/o rottura delle cellule, con conseguente
rilascio all'esterno del contenuto cellulare (sotto forma di elettroliti, tra cui K+, Cl-, Na+, H+), eventuale stravaso
dai vasi di varie sostanze proteiche come la bradichinina e, in particolar modo, attivazione della via dell'acido
arachidonico. Quest'ultimo, normalmente contenuto nei fosfolipidi di membrana, a seguito di un danno tissutale
distorcente viene mobilitato dall'enzima fosfolipasi e subisce l'azione della COX (ciclossigenasi), con produzione
finale di PG (prostaglandine). Elettroliti e prostaglandine giungono dunque alle terminazioni nervose, ove mediano
l'apertura dei canali del Na+ e consentono la depolarizzazione della terminazione nervosa, con innesco del
potenziale d'azione e inizio della trasduzione del dolore. Quanto appena descritto valido, ovviamente, per il
dolore di tipo nocicettivo, che scaturisce dall'attivazione recettoriale: quello neuropatico, invece, pu sussistere in
assenza di trasduzione.
Per quanto concerne nel dettaglio lo stimolo doloroso, occorre ricordare che, qualora esso permanga a lungo con
intensit adeguata, pu determinare la sensibilizzazione del recettore, che consiste in un vero e proprio
sfiancamento del recettore stesso, il quale potr essere a quel punto attivato anche da stimoli di intensit minore.
In tali condizioni, anche stimoli normalmente innocui possono essere percepiti come dolorosi: si parla di allodinia.
Se, inoltre, ad un recettore sensibilizzato giunge uno stimolo di intensit elevata, la scarica sar ancora maggiore
rispetto a quella che uno stimolo analogo provocherebbe in un recettore non sensibilizzato: questo fenomeno viene
definito iperalgesia. Da notare che allodinia e iperalgesia possono anche non essere concomitanti, come accade
nella nevralgia post erpetica.
I concetti appena esplicati fanno riferimento alla sensibilizzazione periferica: un processo normalmente reversibile
ed osservabile in numerose condizioni: ad esempio, a livello di una ferita chirurgica che, durante la guarigione,
sicuramente pi suscettibile agli stimoli dolorosi, oppure a livello di una porzione di cute che ha subito una
scottatura. Esiste anche una sensibilizzazione centrale, che pertiene per al midollo spinale.
Dal punto di vista clinico, importante conoscere a fondo i meccanismi della trasduzione, poich possono
rappresentare i bersagli di un eventuale farmaco. Emblematico il caso dei FANS: in quanto inibitori della COX,
essi provocano l'arresto della produzione di PG, con conseguente blocco della trasduzione nocicettiva. Tuttavia,

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GIULIA MALVEZZI
occorre ricordare che le prostaglandine sono ubiquitarie e, pertanto, l'utilizzo di un inibitore della COX pu avere
un effetto negativo a livello di altri organi e tessuti in cui esse sono presenti, come:
stomaco: le PG sono coinvolte nella protezione della mucosa gastrica dalle secrezioni acide gastriche
(ph=2). I FANS possono quindi avere effetto gastrolesivo, con rischio di erosione/corrosione della mucosa
gastrica, sino ad ulcerazione e perforazione: necessario, perci, somministrare un gastroprotettore.
Teoricamente, inoltre, poich l'acidit gastrica fondamentale per l'attivazione di enzimi digestivi quali la
tripsina (coinvolta nella scissione delle proteine), l'utilizzo di un protettore (esempio: inibitore di pompa)
dovrebbe inficiare la capacit del soggetto di digerire le proteine e scongiurare del tutto il rischio di
gastrolesivit: in realt non cos, perch il farmaco ha il compito di inibire l'eccesso di secrezioni
gastriche, ma non di abolirle del tutto.
rene: le PG intervengono nella vascolarizzazione. I FANS possono quindi essere nefrotossici, con rischio
di IRA;
coagulazione: i FANS interferiscono con la normale coagulazione. Pertanto, soprattutto nei pazienti gi
sottoposti ad una TAO, aumenta il rischio emorragico.
Per ovviare a tali effetti secondari, si tentato di elaborare inibitori selettivi della COX, che agissero unicamente
sulla COX2 (la variet inducibile e non costitutiva/nativa), ma stato osservato che provocavano un notevole
aumento del rischio cardiovascolare nei pazienti gi portatori di alterazioni cardiocircolatori e sono quindi, quasi
tutti, stati ritirati dal commercio.
Per quanto riguarda la fase di trasmissione, importante ricordare come il potenziale d'azione si propaghi in
maniera puntiforme, attraverso continue depolarizzazioni e ripolarizzazioni e con notevole velocit, grazie alla
conduzione saltatoria mediata dalla guaina mielinica, a livello dei nodi di Ranvier: maggiore la mielinizzazione
dell'assone (e dunque il suo calibro) e maggiore la velocit, poich sar maggiore la distanza tra i nodi stessi.
In base a questo criterio, le fibre nervose dolorifiche si distinguono in
fibre C: amieliniche;
fibre A : moderatamente mielinizzate.
Le fibre della sensibilit tattile (a e ), invece, sono notevolmente mielinizzate e, di conseguenza, notevolmente
veloci.
A proposito dell'ambito terapeutico, agiscono sulla trasmissione dello stimolo doloroso farmaci come gli anestetici
locali, quali la lidocaina, che provocano la chiusura dei canali del Na+, con conseguente blocco della trasmissione
per impossibilit di portare a termine la depolarizzazione dell'assone.
Nel dettaglio, gli anestetici locali:
agiscono primariamente sulle fibre pi suscettibili: quelle amieliniche, poich prive di guaina, e quelle
mieliniche di piccolo calibro, poich la distanza tra i nodi di Ranvier ridotta, mentre sono necessarie
quantit di farmaco molto maggiori per bloccare le fibre di maggior calibro. A seconda della dose,
all'effetto analgesico si possono aggiungere quello anestetico e l'eventuale paralisi, in caso di iniezione
direttamente a livello del tronco nervoso, per blocco delle fibre motorie;
vengono classificati in base a due parametri: inizio dell'azione (onset) e durata dell'azione. Ad esempio:
-Lidocaina: onset rapido e durata breve (2 ore circa);
-Bupivacaina: farmaco pi recente, con onset pi lento (mezz'ora) e durata maggiore (4-6 ore circa);
hanno effetti collaterali:
-dose dipendenti: all'aumentare della quantit somministrata, possono comparire effetti di anestesia e paralisi
motoria, oltre a quelli analgesici;
-dipendenti dalla presenza accidentale del farmaco in circolo: poich gli anestetici locali agiscono su tutti i tessuti
eccitabili, possono provocare alterazioni cardiache (soprattutto a livello del nodo seno atriale, sino al blocco
completo, in base alla quantit: motivo per cui la lidocaina veniva utilizzata, via endovena, per inibire i foci
ectopici responsabili di aritmie) ed alterazioni cerebrali. Queste ultime sono il risultato di un eccesso, mediato
dall'anestetico, di vie inibitorie, con risultati variabili, sino al coma e alla morte cerebrale. Generalmente, il primo
segno di neurotossicit rappresentato dalla comparsa di fascicolazioni delle labbra;
a seconda delle necessit, possibile somministrare l'anestetico in diversi modi ed in diversi distretti. Nel
dettaglio, il farmaco pu essere iniettato a livello:
-periferico: l'effetto riguarder solo una piccolissima parte della totale distribuzione del nervo e si avr, quindi,
un'analgesia topica, locale (esempio: rimozione di un neo);

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-di un plesso: l'effetto coprir un'area decisamente maggiore;
-di un tronco nervoso: l'effetto riguarder tutta l'area di distribuzione del nervo. E' quanto accade, ad esempio, nel
caso di somministrazione a livello dei tronchi nervosi emergenti dal canale vertebrale: si parla di analgesia
neuroassiale. Il farmaco pu, in questo caso, essere iniettato nello spazio epi/peridurale o subaracnoideo e pu
diffondersi o meno altrove a seconda della dose, della sua maggiore o minore lipofilia, delle correnti liquorali.
Inoltre, si pu confinarne l'effetto ad un lato scegliendo farmaci con una particolare baricit.
A proposito del canale vertebrale, occorre ricordare che il risultato della sovrapposizione delle vertebre: esso
ospita il midollo spinale, da cui fuoriescono appunto le radici nervose, ed rivestito dalle tre meningi, anch'esse
attraversate dalle fibre nervose. Internamente presente la pia madre, poi l'aracnoide (fra esse presente lo spazio
subaracnoideo, occupato dal liquor) ed infine la dura madre, strettamente adesa all'aracnoide ed a contatto con la
parete ossea, mediante l'interposizione di tessuto adiposo peridurale (spazio epidurale). Ricapitolando dunque
l'emergenza dei tronchi nervosi, il percorso il seguente: le radici emergono dal midollo, si uniscono a formare il
tronco nervoso (ancora avvolto dalla pia madre), il tronco attraversa lo spazio subaracnoideo bagnandosi nel liquor
(ove privo di rivestimento), perfora la dura madre, penetra nel tessuto adiposo peridurale (ancora avvolto in parte
da un manicotto di dura madre) e fuoriesce infine dalla colonna.

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ANESTESIOLOGIA-TP DEL DOLORE 14 ottobre 2014 PROF. B. SAMOLSKY DEKEL


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[ANESTESIOLOGIA 21/10/2014 PROF.BOAZ


ALESSANDRO VENDRAMIN] 1
MODULAZIONE DEL DOLORE

Abbiamo visto finora che il dolore un fenomeno che pu avere 4 componenti che possono variabilmente essere
presenti in uno stato doloroso: sensoriale, affettivo-motivazionale, neurovegetativo e motorio.
Abbiamo iniziato a seguire linformazione nocicettiva dalla periferia al centro e di conseguenza capire il razionale
utilizzo di farmaci (spt dei FANS); inoltre sappiamo che lungo il I motoneurone della via della nocicezione il
potenza dazione pu essere bloccato mediante lutilizzo di un secondo gruppo di farmaci i cosiddetti anestetici
locali applicabili in almeno 3 punti lungo questo percorso: in periferia (analgesia topica) , in corrispondenza dei
plessi nervosi ( analgesia plessica), in prossimit della fuoriuscita dei tronchi nervosi dal midollo spinale (analgesia
neuroassiale o analgesia tronculare ).
Anestesia loco-regionale o regionale: un'abolizione reversibile della sensibilit e della motilit in una regione del corpo mediante
l'iniezione selettiva di anestetico intorno ad un tronco o un plesso nervoso (anestesia tronculare o plessica), oppure a livello midollare
(anestesia subaracnoidea) o perimidollare (anestesia epidurale)

La somministrazione di questi anestetici pu avvenire mediante:


somministrazione singola (single shot)
somministrazione continua : mediante inserimento a dimora di un cateterino che pu essere lasciato o in
corrispondenza del sottocute o del plesso o in corrispondenza dello spazio peridurale/subaracnoideo.
La somministrazione continua pu permettere un blocco analgesico soprattutto quando la condizione dolorosa ha
un andamento lungo nel tempo ( come pu essere in un paziente neoplastico) inoltre bisogna sempre ricordare che
con gli anestetici locali il target dellanalgesia deve essere ben localizzato.
Quindi necessario verificare prima quale territorio ci interessa e poi si andr cercare i tronchi nervosi responsabili
dellinnervazione di quel determinato dermatomero. Se voliamo ottenere un effetto analgesico a livello
dellarticolazione coxo-femorale, logicamente non andremo a cercare i nervi toracici (che innerveranno gli arti
superiori ed il torace) ma cercheremo i tronchi nervosi la cui innervazione corrisponde allarea che ci interessa.
Gli anestetici locali devono essere utilizzati con cautela per via degli gli effetti collaterali ( visti nella lezione
precedente).
Il I neurone della via della nocicezione un neurone pseudo unipolare a T con il corpo cellulare nel ganglio delle
radici dorsali del MS(o nel ganglio di un nervo cranico).
Il ramo periferico raccoglie le informazioni , il ramo centrale invece entra nel MS dove (in una regione ben definita
che vedremo tra poco) trae dei rapporti sinaptici con il corpo cellulare del II neurone della via nocicettiva.
In una sezione il MS presenta 2 tipi di sostanza: grigia e bianca.
La sostanza bianca si trova in periferia perch percorsa da fasci e fibre nervose , la sostanza grigia sta invece al
centro ed ha vagamente la forma a lettera H o a forma di 2 corna (una dorsale e una ventrale) ed formata da corpi
cellulari (c poca mielina).
La sostanza grigia stata suddivisa istologicamente in lamine (in senso dorso-ventrale) dette lamine di Rexed.
Le prime lamine dorsali (in particolare la I, III, V) sono lamine le cui cellule sono coinvolte nel processo della
nocicezione ed proprio li che sono localizzati i corpi cellulari del II motoneurone.

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[ANESTESIOLOGIA 21/10/2014 PROF.BOAZ


ALESSANDRO VENDRAMIN] 2

In diapositiva mostra un corno dorsale della sostanza grigia spinale che il substrato anatomico di un processo di
estrema importanza nella nocicezione regione dove avviene la MODULAZIONE DEL DOLORE: si intende
che linformazione nocicettiva in ingresso dal I motoneurone arriva a questo livello tramite le fibre centrali (fibre C
e Adelta). Il secondo attore di questo processo il corpo del II motoneurone, quello che dovrebbe ricevere
linformazione in ingresso .
Un altro elemento importante dato da Fibre di grosso calibro ( Aalfa e Abeta) che trasportano informazioni di
tipo tattile: quando entrano nel MS non entrano subito in contatto con la sostanza grigia ma salgono verso lalto nei
fasci di Goll e Burdach e salendo emettono dei collaterali che entrano nella sostanza grigia a livello del corno
posteriore.
Gli assoni del II motoneurone attraversano la linea mediana e vanno poi nel fascio spinotalamico destinate al
talamo.
Lelemento cruciale in tutto questo un interneurone: un neurone che sta in mezzo agli altri e li modula . Dal
punto di vista funzionale un neurone inibitorio una volta attivato inibisce qualsiasi cosa che vi stia accanto in
questo caso le fibre in ingresso del I e neuroni di II ordine della via della nocicezione.
Linterneurone inibitorio pu dunque rappresentare una chiave nella modulazione delle informazioni in ingresso.

MECCANISMI DI ATTIVAZIONE DELLA MODULAZIONE DEL DOLORE

Chi che attiva linterneurone inibitorio? Sapendolo potremo in qualche modo ottenere una terapia.
Esistono almeno 3 tipi di sistema che possono attivarlo e indurre la modulazione:
1. Meccanismo dello schiaffo: quando si da uno schiaffo/trauma istintivamente la persona colpita porta la mano
alla regione che ha subito linsulto massaggiandola e facendo ci determina lattivazione delle fibre di grosso
calibro tattili le quali ricordiamo mano a mano che salgono nelle colonne dorsali emettono delle collaterali che
attivano linterneurone inibitorio. Si viene quindi a ridurre la quantit di informazioni nocicettiva che entra nel
MS, anche se la riduzione quantitativa non enorme; infatti non si parla di un rapporto 1:1 in quanto il numero
delle fibre coinvolte nel dolore pu essere variabile.
Esistono delle metodiche di analgesia dette TENS (stimolazione elettrica transcutanea): elettrodi applicati nella
regione interessata che stimolano le fibre di grosse calibro che a loro volta attivano linterneurone inibitorio
chiudendo il cosiddetto cancello. Una volta che si spegne lapparecchio dopo un po di tempo leffetto
termina: se la causa del dolore sparita la TENS ci ha aiutati, in caso contrario il dolore persister.
Un ulteriore metodo antalgico che sfrutta questo sistema ( soprattutto in pazienti con neuropatia periferica) la
possibilit di inserire proprio nello spazio peridurale un catetere munito di elettrodi connesso ad un generatore

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[ANESTESIOLOGIA 21/10/2014 PROF.BOAZ


ALESSANDRO VENDRAMIN] 3
di corrente, impiantato nel sottocute, che in maniera continuativa emette corrente. Gli elettrodi in vicinanza dei
tronchi nervosi (che ci interessano) stimolano le fibre di grosso calibro chiusura del cancello.
LElettrodo pu rimanere nel sottocute anche una decina di anni ( dipende dallapparecchio),gli ultimi si
ricaricano con radiazioni elettromagnetiche.
2. Oppiacei ed Oppioidi endogeni: Sulla superficie dellinterneurone esistono delle strutture recettoriali
capaci di legare sostanze chimiche prodotte allinterno del nostro organismo comunemente note come
Endorfine. Quando queste si legano al recettore lo attivano e di conseguenza si ha inibizione. Oltre alle
endorfine endogene sono state trovate sostanza prodotte allesterno ( vegetale o laboratorio) che a loro
volta possono legarsi a questi recettori sul corpo cellulare dellinterneurone , recettori che prendono le
sigle di rec K, , sigma.
Le sostanze esogene il cui capostipite (oppio) viene ricavato del lattice del Papaver somniferum sono: Morfina,
Codeina, Ossicodone, Metadone, Fentanile, Cocaina, Buprenorfina .
Le sostanza endogene: oppioidi (endogeni). Le sostanze esogene: Oppiacei.
Quando gli oppiacei sono somministrati per via sistemica si distribuiscono nel sangue finch si legano al recettore
(per via sistemica ci vuole quindi una grande quantit ) ed oltre ad avere un potente effetto antalgico, distribuendosi
in tutto lorganismo possono dare effetti anche in porzioni corporee lontane (i recettori per gli oppioidi si trovano in
tutto il corpo). Tra le regioni maggiormente interessate abbiamo la muscolatura liscia intestinale , in questo caso
quindi determinano un blocco della contrazione delle fibrocellule muscolari lisce stipsi: effetto collaterale pi
difficile da trattare proprio il rallentamento della peristalsi intestinale. questo leffetto collaterale maggiormente
controindicato in pazienti con dolore addominale intenso , un effetto collaterale noto e deve essere prevenuto
attraverso dei lassativi.
Se la peristalsi intestinale bloccata, a monte dellintestino tutto rallentato : es. svuotamento gastrico rallentato
nausea e vomito.
Questi sono gli effetti collaterali pi preoccupanti, gli altri sono depressione respiratoria (oblio respiratorio):
paziente si dimentica di respirare ma finch c dolore questo non avviene, contrariamente ad un soggetto che
normale (pi che effetto collaterale un intossicazione da oppiaceo).
Mi dovrei preoccupare di pi (nel nostro caso) della stipsi che difficilmente va incontro a tolleranza diversamente
da quanto avviene invece per la nausea e per il vomito, i quali solitamente mano a mano decrescono con il tempo
ed in tal caso posso somministrare nella fase iniziale dei farmaci antiemetici (Plasil o Metoclopramide).
Quindi ricordare eventuali farmaci adiuvanti insieme agli oppiacei per aiutare il paziente con effetti collaterali.
Oppiacei si distinguono in base alla potenza che dipende dallaffinit della molecola con il recettore ( pi affine
meno ce n bisogno perch pi potente).
3. Controllo centrale. Dai centri sovraspinali (spt PAG) scendono delle fibre nervose e terminano in
corrispondenza delle lamine di Redex 1-2-3 dove ci sono gli interneuroni inibitori, queste portano con
loro i propri neurotrasmettitori: NA e Serotonina .
Allarrivo dellimpulso nervoso i neurotrasmettitori vengono liberati e si legano al recettore di
membrana dellinterneurone attivandolo.
I recettori del PAG possono ricevere connessioni corticali o presentano recettori per le endorfine ( ecco perch noi
talvolta possiamo controllare la percezione del dolore).
NA e Serotonina rappresentano il razionale per una terapia antalgica: se riuscissimo ad innalzare i loro livelli
avremmo unintensificazione dellinterneurone inibitorio.
Se un neurotrasmettitore viene liberato non che si perde ma in vari modi pu essere o scisso oppure venir
ricaptato dalla cellula che lha liberato . Esistono farmaci che inibiscono la ricaptazione dei neurotrasmettitori che
quindi si accumulano a livello delle terminazioni sinaptiche e possono avere un effetto tonico continuativo
sullinterneurone inibitorio. Es Antidepressivo Triciclico che inibisce entrambi i neurotrasmettitori e quindi a bassi

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[ANESTESIOLOGIA 21/10/2014 PROF.BOAZ


ALESSANDRO VENDRAMIN] 4
dosaggi viene utilizzato nella terapia del dolore ( spt in stati di cronicizzazione del dolore). Poi abbiamo tutti gli
SSRA.
Per molti anni esisteva un farmaco analgesico sfruttato spt in condizione di dolore con intensit elevata che
presentava una duplice azione: agonista debole verso i recettori degli oppiacei e dallaltra parte inibiva la
ricaptazione NA e Serotonina: Tramadolo (Cozumel?).
Recentemente (3-4anni) la casa farmaceutica che lo produceva pensando che linibizione della ricaptazione di
entrambi i neurotrasmettitori potesse dare le crisi serotoninergiche [L'attivit della serotonina in eccesso produce
uno spettro di sintomi che interessano la sfera cognitiva, del sistema nervoso autonomo, ed anche somatici. I
sintomi possono variare da appena rilevabili a fatali] svilupp un nuovo farmaco che anchesso un debole
agonista ma un inibitore selettivo solo dellNA: Tapentadolo.

Gli oppiacei possono essere dati per via sistemica (orale o ev) ma esistono anche delle formulazioni molto
importanti per via transdermica: sono dei cerotti imbibiti con loppiaceo e quando viene applicato sulla pelle
diffonde lungo un gradiente di concentrazione fino ad arrivare ai vasi sanguigni.
Questo sistema transdermico consente una somministrazione continua del farmaco fino a 3 giorni si risparmiano
compresse da prendere per bocca spt in pazienti che gi ne devono prendere molte.
Attualmente ci sono solo due farmaci che possono essere somministrati per questa via: Fentanile (100 volte
superiore alla morfina) e Buprenorfina ( pi potente della morfina ma meno del Fentanile).
Attenzione a pazienti con IRC perch difficilmente viene eliminato per via renale.
A volte occorre somministrare loppiaceo con un effetto immediato e questo si deve fare per via endovenosa
tuttavia non sempre abbiamo a disposizione un accesso venoso ed per questo che sono stati elaborati dei farmaci
per la somministrazione transmucosale (mucosa orale o nasale): lunico il Fentanile. Esistono delle compresse
sublinguali che si devono sciogliere perch se inghiottito non viene assorbito, con effetto quasi immediato per di
durata non maggiore di 1h (viene degradato altrettanto rapidamente), esiste anche lo spray nasale di fentanile con lo
stesso effetto.
Per lo stick orale (pastiglia sublinguale) il principio simile: c un bastoncino di plastica con un cappuccio,
imbibito di fentanile, che bisogna strusciare sulle guance: Rapid Onset Oppiodes (ROO).
Ci sono anche i SAO (short action oppiodes) per esempio morfina per os (effetto dopo 30 min e durata 3-4h).

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[ANESTESIOLOGIA 21/10/2014 PROF.BOAZ


ALESSANDRO VENDRAMIN] 5

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[ANESTESIOLOGIA 28/10/2014 PROF. BOAZ SAMOLSKY DEKELLAURA MICCIO]


Alla fine della scorsa lezione un vostro collega mi ha fatto una domanda molto pertinente, la quale mi ha
ricordato di aver tralasciato una novit terapeutica degli ultimi anni, nellambito degli effetti collaterali
degli oppiacei.
- La scorsa volta abbiamo elencato gli effetti collaterali di questi farmaci e avevo detto che nella
terapia soprattutto a lungo termine, in pazienti oncologici e non, gli effetti collaterali pi temuti sono
la nausea, la stitichezza, il vomito.
- La depressione respiratoria, pur essendo una manifestazione di intossicazione da oppiacei, di fronte
ad un paziente con dolore un effetto collaterale di cui ci preoccupiamo di meno.
Quello che da pi fastidio al pz pertanto la stitichezza: il vostro collega ha appunto chiesto se vi fosse un
modo per arginare questo problema, oltre ad utilizzare i soliti lassativi-procinetici. Le case farmaceutiche
hanno pensato di poter utilizzare unassociazione tra ossicodone (oppiaceo) con lantagonista degli oppiacei,
ovvero il naloxone. Lassociazione dovrebbe inibire il legame delloppiaceo sui recettori degli oppiacei nella
parete intestinale (fibrocellule muscolari lisce):
Infatti quando questa associazione viene assunta per via orale, sia lossicodone che il naloxone
vengono assorbiti lungo la mucosa intestinale e quindi competono per il legame ai recettori per
gli oppiacei, essendovi affini entrambi.
Il fatto che solo lossicodone scatena gli effetti positivi sulla modulazione del dolore, mentre il
naloxone si legherebbe ai soli recettori intestinali evitando gli effetti negativi dellossicodone
(stipsi).
Ci dovuto al fatto che entrambi, una volta assorbiti, entrano in circolazione e devono necessariamente
passare per il fegato (effetto di primo passaggio): tuttavia il naloxone, appena entra nel fegato, viene
completamente metabolizzato e quindi eliminato, e solo lossicodone passa raggiungendo il SNC. Quindi
il naloxone ridurrebbe leffetto stitico intestinale senza competere a livello del SNC con lossicodone= si
ottiene dunque analgesia e minore effetto sulla stitichezza.
Questo farmaco esiste in commercio e si chiama Targin. Non sappiamo ancora bene fin quanto si pu dare di
questo farmaco ai pazienti prima di raggiungere la saturazione a livello epatico e quindi laccumulo del
farmaco nellorganismo, coi relativi effetti sistemici. Ad oggi diamo fino a 80 mg di ossicodone associati a
40 di naloxone senza incorrere in importanti effetti avversi.
Domanda: per raggiungere la dose efficace delloppiaceo quando somministrato per via orale in associazione
con naloxone, ne dovrei dare una dose maggiore rispetto alla somministrazione singola? No, perch
competono soltanto sul legame ai recettori, non nellassorbimento.

Misurazione dellintensit del dolore


Il dolore non consente una misurazione oggettiva, essendo unesperienza soggettiva (la glicemia ad
esempio la si pu misurare con un metodo oggettivo, il dolore no). Infatti non esiste un dolorimetro!
Gli scienziati si sono dati da fare per cercare dei metodi per quantificare il dolore e quindi si sono
ideate 2 tipologie di metodiche:
Metodiche oggettive
danno uninformazione indiretta della presenza del dolore, misurando
qualcosa che potrebbe essere associato alla sua presenza. Un esempio la misurazione
dellattivazione neurovegetativa, soprattutto simpatica, rappresentata da almeno tre caratteristiche
che possono essere oggettivamente misurate: aumento della frequenza cardiaca, della frequenza
respiratoria e della pressione arteriosa. Lanestesista in sala operatoria guarda solo questi parametri
per capire se il pz sente o meno dolore: se cio nota che il pz ha un aumento della pressione
arteriosa e della frequenza cardiaca chiaro che si tratta di un effetto del simpatico dovuto al
dolore.
Metodiche soggettive
metodiche dirette perch linformazione proviene direttamente dal
paziente. Per questo soggettiva. A loro volta si distinguono in:
-

sono quelle pi frequentemente utilizzate e valutano solo una


Unidimensionali
componente del dolore, in genere quella sensoriale, di cui si cerca di definire lintensit.

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[ANESTESIOLOGIA 28/10/2014 PROF. BOAZ SAMOLSKY DEKELLAURA MICCIO]

Una delle pi utilizzate la NRS (Numerical Rating Scale): al soggetto viene chiesto
in questo momento, su una scala da 0 a 10 dove 0 = nessun dolore e 10 = il peggior
dolore immaginabile, definisca con un numero compreso in questa scala il suo dolore.
Siamo obbligati a scrivere questo numero nella cartella clinica, pena il reato di
omissione di atti di ufficio secondo la legge 38/2012: questi dati sono infatti necessari
per impostare la terapia e per vedere landamento nel tempo del dolore (se calato la
terapia va bene, altrimenti c qualcosa che non va). Il dolore andrebbe valutato almeno
3 volte al giorno in ospedale. [Attenzione, il medico non dovrebbe mai interpretare ci
che dice il paziente, ma scrivere in cartella ESATTAMENTE il numero che riporta il pz].
Domanda: quando devo chiedere al paziente se ha dolore? Risposta: La valutazione del
dolore va fatta allingresso del paziente e ogni qual volta questo va incontro a procedure
dolorose.
Domanda: se il paziente magari in stadio terminale ed anche depresso e quindi sente
dolore ad una soglia pi bassa rispetto a quello che effettivamente , non si rischia di
sovra dosare? magari ci vuole una consulenza psichiatrica? Risposta: Pu darsi che sia il
caso di chiamare qualcuno che ne capisca, anche solo uno psicologo, ma comunque il
dolore quello che il paziente dice di avere. Quindi se il paziente sente pi dolore
perch depresso vuol dire che la componente affettivo-motivazionale del dolore pi
elevata: ma abbiamo detto che tutte le quattro componenti del dolore (compresa quella
affettiva) sono quelle che determinano poi il fenotipo di dolore stesso, per cui
effettivamente al paziente giover una dose di farmaco corrispondente al numero NRS
da lui risposto (non serve invece dargliene meno per paura che lui sia stato eccessivo nel
dare la risposta). Non devi mai interpretare quello che dice il paziente.
Domanda: e se il paziente non fosse in grado di descrivere il proprio dolore? Risposta:
Usi i parametri oggettivi.
Esiste una branca della medicina del dolore che vede se applicando uno stimolo doloroso
in una parte del corpo diversa da quella in cui il paziente ha dolore si riesce a lenire
laltro dolore per distrazione.
Domanda: quando si prevede che un paziente prover dolore bisogna prevenirlo con una
terapia antalgica? Risposta: Si, certo, se sei un bravo medico s. Un esempio la terapia
del dolore post-operatorio, che prevedibile e prevenibile. Tanto vero che non
dovrebbe esistere nella nostra pratica lidea di una terapia antalgica al bisogno;
bisogna sempre impostare una terapia di base e poi caso mai lasciare libero il paziente di
prendere delle rescue dose, cio dosi di farmaco di soccorso.
Esiste un analogo visivo della scala numerica che consiste in un segmento di 10 cm, dove
unestremit corrisponde a nessun dolore e laltra al peggior dolore immaginabile, su cui il
paziente pone una linea (VAS, Visual Analogue Scale). Il valore riportato in cartella la
lunghezza del segmento individuato tra nessun dolore e la linea apposta dal paziente.
Lultima scala la VRS (verbal rating scale): si tratta di un insieme di parole descrittrici
che si presentano al paziente e questultimo sceglie quella che meglio descrive il suo dolore.
Si pu utilizzare un numero infinito di descrittori; noi ne usiamo 5 e diciamo il suo dolore
in questo momento assente, lieve, moderato, forte o fortissimo? abbiniamo poi il
numero delle dita al descrittore e riportiamo questo numero in cartella.
Nei bambini in et prescolare che potrebbero non capire i descrittori o la VAS o la NRS si
presentano delle facce (scala delle facce): da una parte una faccia sorridente e dallaltra una
faccia tristissima, con le varie sfumature intermedie. In passato erano 11 facce, ma oggi
sono ridotte a 5. Se il bambino non riesce a collaborare o non capisce, ci si rivolge ai
genitori (cosa sempre un po pericolosa perch si chiede loro di valutare una cosa
soggettiva esulante dalla propria persona, a cui possono mescolarsi inoltre le loro paure e le
loro ansie). Diventa quindi molto complicato e ci si basa soprattutto sui parametri oggettivi.

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[ANESTESIOLOGIA 28/10/2014 PROF. BOAZ SAMOLSKY DEKELLAURA MICCIO]

La scala pi specifica ed usata la NRS. La valutazione va fatta in due momenti diversi:

1- quando il paziente tranquillo e sdraiato a letto, quindi non ha stimolazioni dolorifiche


(condizione statica)
2- e poi dopo aver invitato il paziente a fare il movimento che evoca dolore (condizioni
dinamiche): ad esempio per un paziente che stato operato alladdome una condizione
dinamica il colpo di tosse. molto pi difficile controllare il dolore in condizioni
dinamiche.
Multidimensionali
cercano di valutare tutte le 4 componenti del dolore attraverso
questionari complessi. Un esempio la McGill Pain Question, con 80 domande! Essendo
per cos complicato e lungo, di difficile utilizzo nellacuto (va somministrato e poi
interpretato), e viene usato soprattutto negli studi e su pazienti cronici.

la titolazione degli oppiacei nel paziente oncologico


Quando dobbiamo trattare il dolore nel paziente oncologico ci troviamo di fronte a una serie di
dilemmi cui dobbiamo trovare una soluzione (anche il medico di medicina generale potrebbe
trovarsi di fronte a questi problemi per pazienti oncologici o non):
a. quale farmaco utilizzare?
b. Il dolore va trattato gi allinsorgere o dopo che aumentato di intensit?
c. Va trattato allinizio della malattia o devo aspettare che il paziente stia per morire (come se
gli stessi facendo una grazia)? vero infatti che la morfina per molti anni era un sinonimo
della fine della vita.
Pi di 20 anni fa lOMS per far fronte a questo problema ha proposto alla comunit medicoscientifica un modello semplice per trattare il dolore, dando una svolta alla terapia antalgica. Lo
schema detto a gradini, perch composto essenzialmente da tre gradini. Si passa da un gradino
allaltro cambiando la tipologia dei farmaci in base allintensit del dolore (pi intenso il dolore
pi alto il gradino che dobbiamo utilizzare).
NB: non dobbiamo partire sempre dal primo gradino: se uno si presenta con dolore molto intenso
dobbiamo partire dai gradini pi alti, senza aspettare prima di vedere se i farmaci del primo gradino
siano sufficienti o meno. necessario quindi innanzitutto saper valutare lintensit del dolore.
1. Quando il dolore relativamente lieve (1-3/10) usiamo i farmaci del primo gradino:
paracetamolo o i FANS. Il paracetamolo entro 3 g/die si pu dare anche per anni, mentre i
FANS possono essere usati solo per tempi limitati. Possono essere associati farmaci
adiuvanti che hanno il compito di complementare la terapia antalgica oppure prevenire gli
effetti collaterali: Esempi sono i PPI, la terapia per lansia se il paziente fatica a dormire di
notte, per la depressione ecc. Se il dolore non viene controllato con la terapia cos impostata
non il caso di cambiare i medicinali allinterno dello stesso gradino o aumentare la dose
dei FANS o del paracetamolo, perch otteniamo soltanto maggiore esposizione agli effetti
collaterali senza miglioramento del dolore.
2. Se lintensit moderata (4-5/10) la vecchia scala dellOMS introduceva i cosiddetti
oppiacei minori (codeina, tramadolo, buprenorfina che agonista parziale e quindi sta
tra gli oppiacei minori e quelli maggiori) che possono essere associati ad adiuvanti
(antiemetico, lassativo, addirittura paracetamolo per sinergismo deffetto). Esistono ad
esempio associazioni fisse paracetamolo-oppiaceo minore (tramadolo-paracetamolo,
codeina-paracetamolo).
3. Se il dolore supera i 5-6/10 bisogna utilizzare gli oppiacei maggiori (morfina, ossicodone,
idromorfone), ma anche in questo caso si possono associare dei farmaci adiuvanti contro la

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[ANESTESIOLOGIA 28/10/2014 PROF. BOAZ SAMOLSKY DEKELLAURA MICCIO]

stipsi, la nausea e il vomito, e il paracetamolo, che ha un effetto analgesico importante


soprattutto a livello osseo, riducendo la richiesta di oppiaceo.
Gli adiuvanti vanno tutti aggiunti immediatamente nella prima settimana, senza aspettare
che insorgano gli effetti collaterali.
Domanda: i THC/Cannabinoidi possono giovare nella terapia del dolore? Risposta: Si stanno
conducendo studi in questo campo, tuttavia non il caso di utilizzarli in prima istanza per vari
motivi, tra cui il fatto che il loro effetto analgesico non stato ben provato. Essi sembrerebbero
agire sullo stesso meccanismo centrale su cui agisce il paracetamolo. Sembrano inoltre essere anche
dei buoni antiemetici. In Italia esiste uno spray nasale che non ancora distribuito liberamente (ma
in Sud-Italia si pu ottenerlo con una licenza particolare per ragioni compassionevoli). Possono
essere usati se le altre terapie convenzionali non hanno effetto (1-2% dei casi). In altri Paesi
mediterranei vengono venduti come olii da bere o come torte.
Domanda: se un paziente allergico al paracetamolo, c un altro farmaco che posso usare come
adiuvante al suo posto che abbia lo stesso effetto? NO.
Al momento della scelta del farmaco analgesico vanno valutate:

Patologia di base
Fisiopatologia del dolore: ossia se solo somatico o anche nocicettivo, infiammatorio,
neuropatico. Devo capirlo molto bene perch ad esempio in caso di dolore neuropatico
loppiaceo non serve a niente, si dovrebbe prescrivere un farmaco specifico.

Gli oppiacei possono essere dati con diversi tipi di formulazione:


Compresse orali
Via endovenosa
Via trans dermica (Fentanile, Buprenorfina)
Transmucosale (solo fentanile)
o Come Spray (mucosa nasale)
o Oppure come Compresse sublinguali
Quando siamo di fronte alla scelta di dover somministrare un oppiaceo, vanno fatte alcune
considerazioni:

Paziente
o condizioni generali
gli apparati del paziente sono in grado di sopportare un
farmaco cos potente? C insufficienza renale?
o ospedalizzato o meno
da questo dipende anche la modalit di somministrazione e
la formulazione. Non possiamo dare regimi di somministrazione particolarmente
complicati ad un anziano che vive da solo senza nessuno che possa aiutarlo.
o nave o meno agli oppiacei
se il paziente gi tollerante meno probabile che
sviluppi effetti collaterali in futuro.
Oppiaceo
o Composto da usare
o Dose
o Via e tempistica della somministrazione
se un paziente ha un tumore in bocca e
non riesce a deglutire non possiamo somministrargli loppiaceo per os.

Queste considerazioni devono garantire il massimo beneficio in termini di controllo del dolore,
limitati effetti avversi e compliance del paziente.

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[ANESTESIOLOGIA 28/10/2014 PROF. BOAZ SAMOLSKY DEKELLAURA MICCIO]

La titolazione degli oppiacei il primo stadio, delicato e pretenzioso per un rapido raggiungimento
di questi obiettivi (soprattutto nel dolore cronico).
Il termine titolazione un concetto che stato preso dalla chimica analitica. Nella chimica analitica
si pu svelare la concentrazione ignota di una sostanza X in una soluzione mediante laggiunta di
unaltra sostanza, di cui nota la quantit: questa sostanza concentrazione nota si combina con la
sostanza X con rapporto di associazione fisso, facendo virare la colorazione della soluzione.
Sapendo quanta sostanza abbiamo aggiunto possiamo dedurre quanta sostanza X c dentro alla
soluzione.
Il titolante la sostanza che aggiungiamo a quantit nota, il titolando la sostanza X dentro la
soluzione. Lindicatore la variazione di colorazione della soluzione. Lintervallo di viraggio
quel momento in cui la colorazione della soluzione non cambiata completamente, ma sta virando.

In clinica il titolante loppiaceo, mentre il titolando rappresentato dai recettori per le endorfine,
lindicatore la variazione dintensit del dolore. Non dobbiamo ottenere unanalgesia totale, che
porterebbe con s tutti gli effetti collaterali della terapia, bens un intervallo in cui coesistono
analgesia e relativamente pochi effetti collaterali (pain relief interval).
Lobiettivo della titolazione la rapida definizione della dose adeguata del farmaco per ottenere
PAIN RELIEF. La maggior parte delle linee guida disponibili sullargomento non sono basate su
studi controllati bens sulle opinioni personali degli esperti. Le metodiche attuali per la titolazione
presentano numerosi punti critici. Occorre trovare una metodica scientificamente valida, facilmente
praticabile, efficiente e con alta aderenza da parte del paziente e delloperatore al regime terapeutico
prescritto.
Quando si inizia un oppiaceo in un paziente oncologico le metodiche di titolazione sono poche:
1. Metodo EAPC (Associazione Europea per le Cure Palliative):
o Utilizzo della morfina cloridrato (IR/a rilascio immediato) per os data al paziente
ogni 4 ore (5mg x 6 volte al giorno). Se negli intervalli di somministrazione si aveva
ancora dolore si somministravano ulteriori 5 mg. Alla fine delle 24 ore si sommava
quanta morfina era stata consumata, la si divideva di nuovo in 6 dosi e si ridava nelle
24 successive la dose ottenuta e si ripeteva il procedimento fino a quando il paziente
non richiedeva pi ulteriori dosi nelle 24 ore.

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[ANESTESIOLOGIA 28/10/2014 PROF. BOAZ SAMOLSKY DEKELLAURA MICCIO]

o Si cercava poi di convertire le varie dosi di morfina in una quota minore di dosi
somministrando un oppiaceo a maggiore emivita (SR/a lento rilascio).
Questa metodica richiede tempo e molta collaborazione da parte del paziente (deve
assumere medicinali almeno 6 volte nelle 24 ore). Inoltre non precisissima poich la dose
della notte doppia (5+5), cos da non dover svegliare il paziente: ci fa perdere precisione
al metodo di titolazione poich, considerando lemivita della morfina, alle 3 di notte leffetto
sarebbe comunque esaurito [se cos non fosse infatti, perch allora non dare doppia dose
anche al mattino, in modo da ridurre le somministrazioni?].

2. Protocollo CoDem (continuous e a demand): metodica usata oggi, significa


somministrazione continua e on demand (in altre lingue significa anche iniziare di).
o Per pazienti nave agli oppiacei ma con dolore severo: si d al paziente la dose
minore di ossicodone a lento rilascio alle 8 del mattino (5 mg) e unulteriore dose di
sera alle 20. Durante la giornata se il paziente presenta ancora dolore lasciamo a sua
disposizione, se lo richiede, la morfina orale, ma non pi di 5 mg per volta (pu fare
per pi somministrazioni, fino a 4 volte al giorno)..
PRO:Il paziente coperto tutta la giornata, non bisogna svegliarlo di notte n dare doppia
somministrazione a mezzanotte e si pu ottenere la titolazione sommando le
somministrazioni aggiuntive di morfina nellarco della giornata, cosicch il mattino dopo si
aggiusta la dose di ossicodone di conseguenza.
o Se gi stato trattato con oppiacei minori si pu partire con 10 mg di ossicodone e
10 mg di morfina a richiesta.
o Se il soggetto gi stato trattato con oppiacei maggiori ma presenta effetti collaterali
importanti bisogna fare lo switch degli oppiacei, cio cambiare oppiaceo, per cui si
utilizza la stessa metodica.

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[ANESTESIOLOGIA 28/10/2014 PROF. BOAZ SAMOLSKY DEKELLAURA MICCIO]

Questo lo schema del CoDem e la sua pubblicazione sul NEJM.


Vi faccio vedere alcuni dati:
NRSs (NRS in condizioni statiche) e NRSd (NRS in condizioni dinamiche). Gi al T1, i tre
endpoint dello studio sono stati raggiunti e rimanevano costanti nel tempo: la differenza tra i valori
di NRS a T0 e T1 erano statisticamente significativi (p<0.05), cio la mediana, che era 5 allinizio
del trattamento, cala subito dopo il primo giorno a 2 e si mantiene su 2 o addirittura 1 nei 7 giorni
successivi. I risultati dello studio mostrano come la titolazione del farmaco sia stata raggiunti con il
metodo
CoDem
in
24
ore.

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[ANESTESIOLOGIA 28/10/2014 PROF. BOAZ SAMOLSKY DEKELLAURA MICCIO]

Gli effetti collaterali col


protocollo CoDem sono
quelli che si vedono nei
pazienti che assumono
oppiacei. Solo 5 pazienti
hanno mostrato nessuna
attivit.

Conclusioni
La titolazione avvenuta con tempi rapidi paragonabili a quelli di altre metodiche;
Il protocollo CoDem atato affidabile, sicuro e ben tollerato;
Le caratteristiche della metodica sono: non essere invasiva, semplice e maneggevole sia
per il paziente che per loperatore garantendo bassi costi di gestione e alta compliance.
Il limitato numero di somministrazioni giornaliere evita il ricorso a regimi complicati e alla
dose notturna doppia.
Limitati effetti collaterali.
Il protocollo CoDem permette dunque il raggiungimento di un rapido controllo del dolore in
condizioni statiche ed in quelle dinamiche;
Il protocollo CoDem efficace per il trattamento sia dei pazienti nave e quelli non nave agli
oppiacei.

Una valutazione attenta e continua del paziente indispensabile per il raggiungimento di un


adeguato controllo del dolore di origine neoplastica.

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02/10/14 PROF GUIDO BIASCO


JESSICA ROSSI 1

INTRODUZIONE AL CORSO
Il corso inizialmente era indirizzato per lo pi al trattamento medico del tumore in generale, Prendendo strada la chirurgia
l'oncologia medica si spostata dalla cura del cancro alla cura del malato con cancro. Ecco perch si inserita anche la
pedagogia medica, perch uno degli elementi pi importanti per l'oncologia medica una necessit di appropriarsi di una
componente umanistica della medicina, che negli ultimi tempi stata un po' superata dalla parte tecnologica e dalla messa a
punto di strategie terapeutiche sempre pi avanzate.
La pedagogia una strada per riuscire a comunicare con il paziente e i famigliari in una situazione cos drammatica come
quella del malato con cancro.
In questo corso compresa anestesia e radioterapia, due parti dell'oncologia importanti soprattutto per quanto riguarda la
palliazione.
Le ultime ore del corso saranno dedicate alla medicina palliativa, di cui parleremo in maniera non approfondita, ma ci sar
un corso elettivo di "Medicina palliativa in oncologia".
Il corso probabilmente si concluder con una visita di una struttura residenziale, l'ospice Bentivoglio di Bologna (a Bologna
abbiamo la necessit di andare incontro al malato terminale e alla famiglia con una forte componente assistenziale
domiciliale e residenziale).
Il calendario delle lezioni sul sito del professore.
Il corso di Oncologia medica e di Radioterapia a canali riuniti, mentre anestesia e terapia del dolore e pedagogia a canali
separati.
L'esame avr un giudizio di idoneit.
La pedagogia, per quanto riguarda la malattia oncologica, utile perch curare non significa pi solo il " to cure", ma anche
il" to care", cio curare la persona con cancro e curare la relazione con la famiglia. Importante anche la relazione con i
colleghi. L'obiettivo del medico non solo quello di aggiustare una macchina rotta, ma bisogna diventare professionisti
riflessivi. Parleremo anche dell'empatia cercando di comprenderne a fondo il significato. Ci soffermeremo anche a discutere
sul tema della comunicazione

ALCUNI VALORI DI CANCRO IN ITALIA


Secondo dati relativi a due anni fa della societ italiana di oncologia medica, il numero di cancri in Italia nel 2012 stato di
366 000 (360-370 000) , circa mille diagnosi al giorno. Una gran parte di questi pazienti non muore e rimane lungo
sopravvivente dopo la diagnosi, quindi oggi c' unincidenza stabile in crescita per tumori, ma poi questi tumori per la maggior
parte non portano a morte a breve termine; quindi, quando uno ha la diagnosi di cancro, nella met di casi, forse di pi per le
donne, non ha una mortalit immediata.
Nell'ambito delle sedi pi frequenti, i tumori a miglior prognosi sono quelli sede-specifici: quello della mammella, del colon
retto, della vescica e della prostata. Questo pu significare tre cose:
1.

Lo screening identifica i tumori precocemente, in una fase in cui il tumore curabile e a volte guaribile: questo vale
soprattutto per il tumore del colon retto e del collo dell'utero. C' una profonda rivalutazione sullo screening per il cancro
della mammella e, nonostante il grande impegno negli anni precedenti, ora siamo in fase di rivalutazione del rapporto
costo/efficacia in chiave clinica per quanto riguarda la mammografia. Comunque non ci si pu fidare certamente di tutti
gli screening (compreso lo screening per il cancro alla prostata, con la ricerca del PSA, per il cancro del colon con la
ricerca del SOF ; forse quello pi sicuro quello per collo di utero, che per ora rappresenta unentit oncologica poco
incidente nellambito dei tumori maligni in generale . N.B. Screening vuol dire tirar fuori qualcosa, cio tiro fuori dalla
popolazione, selezionata o meno per la malattia, qualcosa. Per lo screening uso un test, per esempio il SOF, quindi la
ricerca immunologica, immunobiologica o chimica, del sangue non visibile, che serve come screening per il cancro del
colon in fase precoce asintomatica. Il test lo strumento per attuare lo screening. Questo screening pu avere pi o meno
successo a seconda di sensibilit, specificit, valore predittivo positivo e negativo, efficacia ed efficienza del test che
usiamo. La storia naturale della malattia deve essere ben conosciuta, possibilmente lunga, e il costo deve essere
proporzionato all'impatto sociale della malattia e quindi alla possibilit di avere una diagnosi precoce (per esempio, non
faccio lo screening del cancro del Pancreas, perch ha una storia naturale molto breve e, anche se riesco a trovare un
tumore di 0,5 cm, la probabilit di morte del 95% e non ho un ritorno positivo in termini di sopravvivenza

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02/10/14 PROF GUIDO BIASCO


JESSICA ROSSI 2
guadagnata).Sicuramente per lo screening per alcune malattia (cancro del colon retto, utero, ecc..) ha dato una possibilit
di fare diagnosi precoce.
2.

La storia naturale molto lunga e supera i cinque anni: per alcune malattie con storia naturale molto lunga (come il cancro
della mammella o della prostata), la misurazione della prevalenza, che misurata in tempi relativamente brevi, pu dare
falsi risultati in relazione a quella che la guarigione reale, ma ci pu spiegare questi dati di prevalenza.

3.

Abbiamo fatto progressi con la terapia: medica, chirurgica, supporti loco regionali (radioterapia, termoablazione,
radioterapia stereotassica).

IL CANCRO E IL MALATO DI CANCRO


Il medico troppo spesso ha un atteggiamento di prepotenza nei confronti del malato e della famiglia. Larroganza, che spesso
deriva dallignoranza, ci che di peggio ci pu essere in un medico. Il medico ha un vero potere: infatti, mentre possiamo
discutere con un avvocato, con il medico non si discute. Citando il posto delle fragole di Ingmar Bergman, possiamo dire che
il primo dovere di un medico chiedere scusa; spesso infatti il medico tende ad avere un atteggiamento di prevaricazione
rispetto al malato e nel rapporto asimmetrico tra medico e paziente vince quasi sempre il medico, che tende ad annichilire il
paziente, se non in grado di equilibrare questo rapporto.
Il cancro una malattia che pi delle volte procede a tappe. Queste possono essere non obbligatorie, alcune molto rapide, altre
lente. Il passaggio da una tappa all'altra condizionato dallinterazione tra fattori genetici e ambientali. Per genetici non si
intende ereditari in senso stretto, ma si intende quelle che sono le alterazioni del genoma, che possono essere anche acquisite
nel corso del tempo Per esempio: essere immersi in un ambiente mutageno o genotossico, pu portare alla progressione in un
certo momento del processo di cancerogenesi. Questo vuol dire che io posso non ammalarmi di cancro, pur fumando tanto, se
ho un sistema di difesa che mi consente di annullare tutti gli idrocarburi che respiro, mentre unaltra persona che non ha tutti
questi sistemi detossificanti e fuma una sigaretta al giorno, pu ammalarsi di cancro. Noi non sappiamo se tutti i fattori che
condizionano le tappe carcinogenetiche siano integri o danneggiati. Nelle prime fasi della carcinogenesi (1, 2 e 3) la cellula
assolutamente normale: il danno sulla cellula staminale di tipo genotossico, ma non si vede. In ognuna di queste tappe,
compresa quella del riparo del DNA (che la pi importante), la cellula alterata e predisposta ad andare avanti nel processo
di carcinogenesi, che porta alla replicazione, alla promozione e alla progressione. Al danno segue lo stimolo alla
proliferazione, lamplificazione del danno, la comparsa del cancro e la progressione.
A meno che un paziente non fumi in continuazione, difficilmente viene a contatto con dei cancerogeni gi formati, per pu
avere ereditato o sviluppato la capacit di trasformare sostanze pre-carcinogene in carcinogene. Successivamente si arriva al
danno stabile (attivazione del DNA) e, se questo insorge su cellula staminale, questa prima di replicarsi corregge il DNA. Se
ci non accade, il DNA rimane alterato e si va incontro alla prima fase della carcinogenesi: una replicazione poco controllata
dallapoptosi. Il danno a DNA pu essere genetico o acquisito, irreversibile, che si sviluppa su una cellula staminale e riguarda
il sistema di riparo di DNA. Quindi se ho un sistema di riparo solido posso fumare anche 100 sigarette/die. In caso contrario,
probabile che il danno progredisca. Il bilancio tra danno e riparazione condiziona il risveglio di agenti oncogeni o la mutazione
di oncosopressori.

Strategie per combattere il cancro


Strada della prevenzione
Per la prevenzione primaria bisogna:

eliminare i fattori di rischio conosciuti (togliere lamianto, eliminare il fumo)

fare chemioprevenzione: assumere antidoti. Ci sono molte sostanze in fase di studio per la prevenzione di diversi
tumori ( in US si fa molta pubblicit alla melatonina, vitamina E, retinolo..); in realt ci sono poche sostanze
chimiche che possono ridurre il rischio della comparsa di tumori perch nel momento in cui prendo un antidoto

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JESSICA ROSSI 3
devo fare attenzione agli effetti collaterali, non so per quanto tempo prenderlo, devo commisurarne la quantit in
base al tipo di tumore da combattere. Un chemiopreventivo largamente usato l'aspirina, che inibisce le PGE e le
COX2; linibizione della COX2 importante perch lattivazione di questo enzima stimola la proliferazione
cellulare; quindi laspirina limita non tanto lo sviluppo, quanto la crescita del cancro. stata usata per il tumore
del seno (risultati dubbi), ma soprattutto per il tumore gastroenterico e del colon. Quando usc questa evidenza
(aspirina come protettore contro la mortalit per cancro del colon) in US ci fu un aumento spropositato delluso
di aspirina, che determin per un aumento del numero di morti per emorragie digestive. Un chemiopreventivo
pi raffinato dal punto di vista concettuale il Tamoxifene (o comunque gli antiormoni estrogeni); questo un
anticancro che ha dimostrato prevenire o ridurre fortemente la possibilit di comparsa il cancro controlaterale
della mammella. Per un antiormone per la mammella, ma un ormone per lutero, quindi pu favorire
linsorgenza del tumore dellutero. Quindi con la chemioprevenzione usiamo antidoti che tentino di riparare gli
effetti di carcinogeni.

prevenzione secondaria (per combattere la morte per cancro); un esempio l adenoma del colon: essendo
questultimo un precursore del cancro del colon, individuandolo ed eliminandolo, elimino anche il rischio di
progressione e di comparsa del cancro. Oppure posso fare diagnosi di cancro precocemente.

Strada della terapia


La terapia si fa con chirurgia, con la radioterapia, con farmaci o agenti.

Terapia medica
La terapia medica del cancro si pu dividere in due grandi aree:
1. Terapia citotossica: chemioterapia classica. per ora quella pi usata e forse anche la pi efficace. I farmaci
chemioterapici agiscono a pi livelli nel processo di replicazione cellulare, ma, pur avendo un'azione simile tra di loro
e pur agendo pi o meno tutti sugli stessi punti di replicazione del DNA, non tutti servono allo stesso modo per tutti i
tipi di tumori. A seconda del tipo di tumore (colon, mammella..) useremo farmaci specifici, schemi terapeutici
specifici, a volte sequenziali (prima, seconda linea, terza linea): si parla oggi di terapia tumore specifica. La
chemioterapia pu essere una monochemioterapia (si usa un solo farmaco) o una polichemioterapia (2-4-5 farmaci in
sequenza, in associazione o in maniera alternata). Le vie di somministrazione sono per lo pi endovenose e orali, ma
comunque sono specifiche a seconda del tipo di farmaco. I chemioterapici possono essere associati ad altri farmaci
(per esempio ormoni o antiormoni per controllare tumori ormono-sensibili come il tamoxifene per il tumore della
mammella, ma ce ne sono alcuni usati per i tumori utero, colon, prostata); talvolta possono essere associati a
cortisonici.
2. Accanto ai chemioterapici, da diversi anni fiorita e si affermata la ricerca e lapplicazione clinica di agenti, che sono
sempre farmaci, ma non agiscono solo sul tumore, non sono cio tumore-specifici, ma errore molecolare specifici. Per
esempio, se alcuni tumori presentano un difetto delle tirosin chinasi, ecco che noi usiamo un agente specifico contro
lattivazione di questo enzima (che poi un mediatore dello sviluppo e della trasmissione del segnale proliferativo
allinterno della cellula). Possono essere agenti biologici (Anticorpi) o agenti chimici(per esempio inibitori delle
COX, del MAC, di tirosin chinasi o di altri enzimi che possono essere iperespressi nella cellula tumorale e possono
facilitare la trasmissione del segnale dalla membrana cellulare al nucleo per la proliferazione della cellula).
Quindi oggi loncologia medica pu contare su due tipi di sostanze: i farmaci chemioterapici classici, ancora oggetto di
sviluppo da parte delle industrie farmaceutiche, seppur con meno entusiasmo, e farmaci specifici per bloccare una certa
funzione anomala della cellula tumorale. Questo molto importante, perch per cancri del polmone avanzati, mentre una volta
si usavano i chemioterapici, oggi si usano due pillole, se il tumore esprime una certa alterazione molecolare.

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JESSICA ROSSI 4

ESEMPI

Caso pubblicato 10 anni fa: Pz con cancro del colon (torsolo di mela su clisma opaco, associato a metastasi inoperabili). Il
paziente fa una chemioterapia da sola e vediamo che successivamente scompare il cancro alla radiologia, allendoscopia e alle
biopsie localizzate e le metastasi epatiche passano da inoperabili a operabili. Quindi anche solo con la chemioterapia da sola
possiamo bloccare lo sviluppo e la crescita tumorale e portare un cancro dallinoperabilit alloperabilit, fare un downstage e
favorire anche la guarigione.

Esempio degli effetti della terapia con agenti biologici: GIST (tumori che provengono dalle cellule di Cajal del mesenchima,
nella parete del tratto GE: si possono sviluppare nello stomaco e nellintestino). Nellimmagine vediamo un tumore di 20 kg,
che occupa tutta la parte di sinistra e presenta una componente centrale necrotica, in un paziente che non se n' accorto,
pensava solo di essere ingrassato perch pesava di pi. Poi arrivato Imatinib, che determina un blocco dellazione di c-kit
(interruttore che si trova sulla membrana cellulare e tiene le cellule sempre accese); dopo 11 mesi diventa molto pi piccolo e
presenta quasi una linea di demarcazione rispetto allo stomaco. L'imatinib (Glivec) viene preso 2cpr al giorno ed

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JESSICA ROSSI 5
virtualmente privo di effetti collaterali: quindi con due compresse che bloccano questo cortocircuito tra due recettori di
membrana di questo tumore, la massa neoplastica va incontro prima in riduzione, poi a distruzione.

Il pi delle volte usiamo una combinazione tra un chemioterapico e un agente biologico, in situazioni particolari (in
combinazione o in successione). Esempio: chemioterapico derivato dal platino + Cetuximab (anticorpo monoclonale contro
EGFR, iperespresso in molti tumori di testa-collo). Nel caso in esame il tumore di testa-collo ha metastatizzato sulla cute. Nel
giro di un mese e mezzo, con un solo ciclo di Cetuximab + un derivato del platino (citotossico, ma che non aveva dato risultati
somministrandolo da solo), la malattia da visibile scompare. Oggi l'oncologia medica richiede molta pi attenzione.

Definizioni (importanti per lesame)


1.

(Chemio)terapia primaria o neoadiuvante: precede un trattamento locoregionale (chirurgia). Esempio: cancro del retto
(basso, medio); oggi non si manda dal chirurgo il pz a meno che non ci sia una complicanza grave (sanguinamento, per
esempio), perch stato dimostrato che, se prima gli facciamo una chemio-radio terapia, le dimensioni del tumore, la
disseminazione linfatica e l'eradicabilit chirurgica fanno s che poi il rischio di recidive locali si riduca. La terapia
neoadiuvante non implica il passaggio dallinoperabilit alloperabilit, ma qui si parla di una diagnosi di un tumore
operabile, per il quale per si preferisce aspettare per migliorare la prognosi post operatoria e rendere maggiore la
probabilit di una chirurgia radicale. Ci vale per il tumore del retto, ma anche per quello della prostata, del colon, per
molti cancri della mammella. Sono tecniche ormai accettate dalla comunit scientifica, perch ci sono dati di efficacia.

2.

Terapia adiuvante: viene fatta quando il pz stato trattato radicalmente per un tumore. Quindi io vedo un malato
operato per un cancro del sigma e devo decidere se fare questa terapia medica piuttosto che un semplice follow up. Gli
elementi decisionali sono due: il rischio di ricaduta e la presenza di armi terapeutiche finalizzate a ridurre questo rischio.
Se ho un cancro del colon che stato operato e allesame istologico vedo 2, 3 o 4 linfonodi che il chirurgo avrebbe dovuto
raccogliere, allora far una terapia medica adiuvante, perch so che quel malato con linfonodi positivi se non fa terapia ha
un certo rischio di ricadere in 5 anni; quindi faccio questa terapia per ridurre il rischio di ricaduta ed eliminare le possibili
micrometastasi (elementi cellulari che possono essere rimasti in giro e che sono giustificati dalla stadiazione tumorale di
un certo tipo). Questo vale per quasi tutti i tumori, per i quali abbiamo una terapia efficace che ha dimostrato di ridurre il
rischio di recidiva, anche se il paziente stato operato radicalmente. Cos come dobbiamo avere qualche perplessit sul
chirurgo che vuole subito operare un tumore del retto, dovremo avere anche un maggiore scetticismo per un chirurgo che
sicuro di aver guarito un paziente con tumore dopo averlo operato. La valutazione oncologica di un paziente malato di

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JESSICA ROSSI 6
cancro, anche trattato radicalmente con chirurgia, va sempre fatta.
3.

Terapia (palliativa)/curativa: meglio parlare di terapia curativa perch il termine palliativa rimanda pi al concetto di
to care (palliazione quando non tratto pi il cancro ma luomo con il cancro); in questo caso parliamo di un
trattamento rivolto comunque primariamente al cancro. La terapia curativa si fa quando il tumore metastatico diffuso e
abbiamo quasi la certezza di non riuscire a vincerlo, quindi cominciamo la chemioterapia o la chemio-radioterapia per
rallentare la storia naturale della malattia, cronicizzandola un po, salvaguardando la qualit della vita. Questa terapia pu
portare a uno stato di operabilit (e lintervento sempre il gold standard della guarigione del cancro) e avere quasi una
funzione neoadiuvante, ma in realt quasi mai curativa al 100%. Di solito viene protratta per molti anni. Di fronte a un
tumore solido avanzato, la chemioterapia pu guarirlo da sola, come accade nel seminoma metastatico (80%-90% di
guarigione definitiva con la sola chemioterapia) o per il cancro dell'ano (mai operare un cancro dellano, che 4 volte su 5
guarisce solo con la chemio-radioterapia, anche se di 5 cm, anche perch un intervento chirurgico pu portare a seri
problemi di incontinenza). La maggior parte delle situazioni avanzate, per, vengono controllate dalla chemioterapia ma
non guarite, con una storia naturale che pu essere molto lunga.

Quando iniziamo il trattamento chemioterapico per una malattia avanzata, quindi visibile, dobbiamo avere dei riscontri per
capire se siamo sulla strada giusta o meno: ecco che entra in gioco la diagnostica per immagini e la ricerca dei marcatori
tumorali.
Vediamo un cancro del polmone e un cancro del rene trattati con chemioterapia.

Tutte e due le immagini mostrano la risposta a un chemioterapico.


Nel primo caso il nodulo scompare, nel secondo caso il tumore rimane di dimensioni uguali e necrotizza all'interno (molto
spesso i tumori necrotizzano, perch non hanno un supporto vascolare sufficientemente forte): anche qui, nella necrosi centrale
che vediamo nellimmagine di destra, c' un segnale di efficacia della terapia.
Bisogna valutare:
1.

Risposta completa

2.

Risposta parziale

3.

Stabilit della malattia

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02/10/14 PROF GUIDO BIASCO


JESSICA ROSSI 7
Di volta in volta stabiliremo cosa fare in funzione del livello di risposta. Anche se abbiamo una risposta eccellente a una prima
o seconda linea di terapia, prima o poi il cancro svilupper resistenza nei confronti dei farmaci che somministriamo e la
malattia prima o poi ricomparir, con un intervallo di tempo che pu essere molto variabile.

Tossicit dei farmaci chemioterapici

La chemioterapia la prima terapia che induce morte e inibizione della crescita cellulare e, a differenza della terapia biologica
o della terapia molecolare, non ha selettivit. Quindi se somministriamo una chemioterapia, bisogna tenere conto degli effetti
tossici, che possono essere: tossici precoci ( addirittura a volte preliminari, come nel caso del vomito: quando si
somministravano alcuni chemioterapici senza lassociazione con antidoti antiemetici, cerano persone, che avevano gi fatto
chemioterapia, che vomitavano prima di entrare in ospedale; ovviamente qui c una componente psicogena importante),
immediati, ritardati, tardivi, molto tardivi.
Esempi:

Cisplatino: pu dare come effetto immediato il vomito e come effetto ritardato o tardivo la leucopenia o
lanemia;

Bleomicina (molto usata per il tumore del testicolo): effetto tardivo o molto tardivo (fibrosi polmonare dopo 2025 anni dalla fine della terapia);

Antraciclina (per il cancro della mammella): pu dare cardiomiopatie per dosi cumulative.

Ci sono diverse situazioni in cui un farmaco chemioterapico pu dare fenomeni di tossicit, e ci richiede attenzione ed
esperienza nel loro impiego. Bisogna considerare, inoltre, che non si pu somministrare un farmaco chemioterapico in
qualsiasi ambulatorio, perch c una tossicit legata allevaporazione, ma anche alla manipolazione da parte del personale.
Bisogna poi tenere conto del problema della preservazione delle gonadi e dell'apparato riproduttore. Ci sono pazienti giovani,
con un cancro dellappendice, per esempio, che vogliono comunque procreare.
Occorre tener conto anche dei bulbi piliferi: ci sono farmaci, soprattutto le Antracicline e i derivati del taxolo, che causano la
perdita dei capelli. Questultimo un effetto tossico desiderato perch indica che la terapia efficace. Se non perdono capelli

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02/10/14 PROF GUIDO BIASCO


JESSICA ROSSI 8
con la terapia potrebbero essere persone che eliminano spontaneamente il farmaco chemioterapico.
Quindi abbiamo effetti prodromici, contemporanei, ritardati o molto ritardati.
La neuropatia periferica (che pu causare anche sordit) un effetto molto ritardato.

Il malato di cancro
Se spostiamo il focus dal cancro al paziente con cancro bisogna analizzare tre fattori:
1. La stadiazione (attraverso lindagine patologica e molecolare);
2. Il tipo di trattamento;
3. Loutcome che prevediamo possa avere quel malato.

La stadiazione
La stadiazione si fa con il TNM.

Oggi in realt c' qualcosa di pi, e allora prendendo un esame istologico del tumore della mammella, per esempio, si fa il
monitoraggio del linfonodo sentinella (in cui guardiamo se su un linfonodo tributario dei vasi linfatici che partono da un
tumore c la malattia tumorale) e si guarda il tessuto mammario post-mastectomia sottocutaneo; in un area di 4.8 cm sono
state prese delle sezioni, che mostrano un carcinoma lobulare infiltrante di grado 3. Non c evidenza di impregnazione
linfatica, c evidenza di altre aree di carcinoma; nelle sezioni mammarie pi distanti c solo tessuto mammario lipoinvoluto,
come altri frammenti che sono stati raccolti. un tumore Pt3 senza linfonodi (n=0); possiamo fare chemioterapia ma possiamo
proporre una terapia ormonale se ci sono recettori per estrogeni. Quindi devo sapere non solo il tipo istologico del tumore, se
infiltrante, se ci sono linfonodi, ma anche questo (la presenza di recettori per estrogeni), oltre alla quota di questi recettori,
l'espressione EGFR2 e EGFR generico che mi dice non solo qual la prognosi senza terapia, ma anche se accanto alla
ormonoterapia e/o chemioterapia devo somministrare anticorpi anti EGFR2.
Nella valutazione dei fattori che condizionano lesito della malattia tumorale, bisogna considerare anche la possibilit di
regressione del tumore (che il principio su cui si basano le terapie neoadiuvanti).

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02/10/14 PROF GUIDO BIASCO


JESSICA ROSSI 9

Esempio n.1

Questo un GIST in un paziente che ha fatto una PET, dove si vede una captazione da parte del cervello e del cuore. Alla
diagnosi si vede tutto lintestino infarcito di cellule, tumorali alla PET. Questa mostra che dopo 30 gg con Imatinib il tumore si
riduce moltissimo. Questo pu avvenire di rado spontaneamente. Pu avvenire anche spontaneamente un rallentamento della
progressione della malattia, in assenza di farmaci.

Esempio n.2

Vediamo una TAC in cui c un fegato con una massa tumorale importante. Lesame viene eseguito a Gennaio e viene ripetuto
poi a Settembre. La velocit di progressione del tumore pu rallentare spontaneamente. Il paziente in esame (di oltre 80 anni)
ha metastasi epatiche (una operata, laltra trattabile con termoablazione) da 12 anni e sta abbastanza bene.

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02/10/14 PROF GUIDO BIASCO 1


JESSICA ROSSI 0
Il tipo di trattamento
Uno degli argomenti pi difficili da trattare in ambito oncologico capire quando fermarsi con la chemioterapia. Alcuni fanno
la chemioterapia anche una settimana prima della morte del paziente (accanimento terapeutico, che si verifica prevalentemente
in oncologia e non in ematologia, dove una leucemia avanzatissima in IV o V stadio pu trarre beneficio da una chemioterapia
di salvataggio). In oncologia se il tumore va avanti e compromette moltissimo le condizioni generali del malato, difficile
proseguire e bisogna sospendere la terapia. Questo il momento pi difficile della relazione medico-paziente, ma pu essere
facilitato dalle condizioni cliniche generali (il paziente non ce la fa pi e non vuole proseguire la terapia, vuole lasciarsi
andare e morire; in questo caso bisogna assisterlo con la sedazione terminale). Bisogna capire quando fermarsi, perch se il
malato moribondo probabilmente lo chiede lui, ma se non moribondo e non abbiamo pi chance terapeutiche, veramente
difficile. A un uomo di 40-50 anni con cancro metastatico del polmone, che sta bene, ma per il quale ho provato tutto e il
tumore avanza, non ho pi nulla da dargli, come faccio a dire di iniziare le cure palliative? Il coraggio di prendere questa
decisione dipende anche da una buona comunicazione medico-paziente.
Ci sono degli indici, come quello di Karnofski, che ci dicono fino a che punto possiamo considerare valido il malato e ci
posssono aiutare a standardizzare delle categorie di persone che possono ancora beneficiare di terapia o per le quali bisogna
fermarsi.
Il 40% dei malati con cancro muore in ospedale.
Il 40% dei pazienti che muoiono in ospedale, muore dopo 3-4-5 giorni di ricovero.
Il malato di cancro che muore in ospedale, arriva l perch la famiglia in panico (per esempio, il malato non respira perch
ha una condizione grave carcinomatosa e vuole capire se pu essere fatto qualcosa in urgenza) e, nel 99,9% delle volte non
consapevole di avere una malattia mortale. Il medico di guardia che si trova con il malato di cancro chiama lanestesista, il
rianimatore, il radiologo per la TAC, gli fa la gastroscopia e sovramedica una situazione che non va sovramedicata. Quindi,
l'errore gestionale del malato con cancro avanzato nel 40% (o pi in alcune zone) dei casi si traduce in una malpratice. Bisogna
arrivare a un punto in cui dalla cura bisogna cominciare a prendersi cura, se non si pu fare pi nulla.
Quindi va bene usare la chemioterapia, cos come gli altri agenti, che possono essere usati con successo in alcune malattie
tumorali, ma bisogna comunque rendersi conto che il cancro ancora una delle cause principali di morte nei paesi occidentali,
perch a un certo punto sfugge al controllo medico. A quel punto bisogna fermarsi e passare dalla cura al prendersi cura del
malato e della famiglia.

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 1
CANCRO DEL COLON E DEL RETTO
Qual la differenza tra cancro del colon e cancro del retto?
Innanzitutto una differenza anatomica, infatti il cancro del colon al di sopra della riflessione
peritoneale, il cancro del retto al di sotto della riflessione peritoneale.
Nonostante abbiano alcuni aspetti in comune, il trattamento del cancro del colon e del retto divergono in
modo significativo. Lapproccio terapeutico diverso, ma alcuni farmaci sono in comune.

Ecco una diapositiva antiquata (risale a 15 anni fa) che segnala landamento di alcuni tumori in sedi
specifiche, non per quanto riguarda lincidenza, bens secondo la mortalit.
Il numero due il cancro dellintestino, che, sia per i maschi che per le femmine, nel tempo non si
modifica molto in termini di mortalit (che una cosa molto diversa dallincidenza!).
Nellimmagine inoltre c il cancro del polmone, che si abbassa per i maschi e si alza per le femmine.
Notiamo anche la cosiddetta beffa epidemiologica, cio il crollo del cancro dello stomaco, che non
stato spiegato da nulla, forse un cambiamento nellalimentazione.
Ci che dobbiamo ricordarci che in Italia, nel corso degli anni, la mortalit per cancro del colon
rimasta invariata.

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 2

Il cancro del colon un ottimo modello di carcinogenesi dei tumori solidi, perch un classico
MODELLO di CARCINOGENESI A TAPPE.
Per quanto riguarda il cancro sporadico (cio l80% dei cancri del colon):
1. mucosa normale
2. mucosa anormale: proliferazione alterata. Normalmente le cellule proliferanti sono nel fondo delle
cripte ghiandolari del colon. Da qui poi vanno verso la superficie luminale e diventano normali
cellule, non pi in grado di riprodursi.
Invece per quanto riguarda il processo neoplastico, le cellule proliferano anche nella parte alta (pi
superficiale) della cripta e questo il primo tratto fenotipico di trasformazione carcinomatosa. Cio
pur avendo una morfologia istologica normale, la cellula piuttosto che maturare, prolifera
eccessivamente.
Infatti lo spostamento dellarea di proliferazione dal fondo delle cripte alla zona pi superficiale
considerato un biomarcatore del rischio di cancro. Successivamente la cellula d:
3. polipo early (adenoma), piccolo
4. polipo intermedio (adenoma)
5. polipo grande (adenoma, cio un polipo neoplastico).
6. cancro precoce. proprio a questo livello che lo vogliamo identificare, cercando il sangue occulto
fecale (SOF).
Ricordiamo che nell80% dei cancri del colon, c un lunghissimo periodo (5-10 anni) in cui la
mucosa, prima di diventare cancro, diventa adenomatosa, cio possiede una displasia non
carcinomatosa. Questo implica che asportare gli adenomi riduce il rischio di sviluppare cancro.
Ecco perch il cancro del colon un ottimo modello di screening (endoscopia 1 volta allanno o SOF
ogni 2-3 anni), che consente di individuare quindi una neoplasia precoce e ancora ben trattabile con
lendoscopia.
7. cancro metastatico
Nei cancri sporadici (80%) funziona cos, ma c anche un altro 20% di altri casi:
- FAP poliposi adenomatosa familiare (< 5 % delle cause del cancro del colon), una malattia
autosomica dominante, con mutazione sul cromosoma 5.
Tale malattia condiziona la comparsa di migliaia di adenomi del colon, che possono portare
rapidamente a cancro (per una questione di probabilit anche). Si tratta di una cancerogenesi diversa
da quella del cancro sporadico.
- Un altro 15% dei tumori del colon origina attraverso adenomi con storia naturale brevissima, quindi
gli adenomi non si vedono neanche nei tessuti maligni. cancro del colon ereditario non poliposico

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 3
(HNPCC, hereditary nonpolyposis colorectal cancer ), che comporta rischio di cancro anche alla
mammella per le donne, alla prostata nelluomo, alle vie biliari etc. cio si inserisce in una
polipatologia oncologica, nella quale lorgano pi colpito il colon.
In moltissime situazioni per non c n il bianco n il nero, cio situazioni intermedie tra il cancro
sporadico e quello familiare:
- poliposi segmentaria, non diffusa a tutto il colon
- HNPCC non francamente polioncologiche, ma limitate al colon.
- Sempre pi frequentemente ci sono dei giovani (27-40 anni) che hanno un cancro del colon destro, in
genere mucinoso, senza accompagnamento di polipi e senza apparente familiarit.
Sono situazioni di cancro non ereditario, ma con aggregazione familiare, caratterizzate da cancro
senza polipi. Purtroppo vanno malissimo (cancro senza polipi molto carogna) e spesso muoiono.
Noi comunque parliamo del cancro SPORADICO, noi parliamo del cancro AVANZATO (tutte le fasi che
ci sono prima le tratta il gastroenterologo).
Dal punto di vista delle implicazioni cliniche, per quanto riguarda un cancro avanzato, ci interessa
soprattutto la STADIAZIONE, da dove parte tutto.

C il sistema TNM, per il cancro del colon:


- T bada alla penetrazione nella parete dellintestino.
- N linfonodi regionali, se sono presi o meno
- M metastasi a distanza, presenti o meno
Stadiazione secondo TNM classico, esempi:

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 4
-

stadio 0, cio ci sono alcune cellule


anomale lungo superficie mucosa (un
tempo si diceva carcinoma della
lamina propria, ma ormai un
vecchio termine). Dire stadio 0 una
forzatura della stadiazione.

stadio 1: il cancro invade la MUCOSA e poi SOTTOMUCOSA e poi andr nella parete
MUSCOLARE (grado pi estremo).

Quando abbiamo un adenoma che stato asportato per via endoscopica, grazie al suo peduncolo,
lanatomopatologo d come risposta adenoma tubulare (o tubulo villoso) con displasia severa.
Cerchiamo di capire cosa intende per displasia severa.
Dunque ci sono due tipi di polipi:
1. polipi non neoplastici: iperplastici, amartomi, polipi di Peutz-Jaghers etc.
2. polipi neoplastici: quelli che vediamo noi. Sono detti anche ADENOMI, cio si tratta di
unalterazione citoarchitetturale (non solo citologica) neoplastica, oppure anche detto POLIPO CON
DISPLASIA.
La displasia pu poi essere lieve/moderata/severa oppure basso/alto grado. Per essere neoplastico un
polipo deve avere displasia, cio adenoma = displasia e polipo displastico = adenoma .
A livello clinico, dobbiamo bene interpretare ci che dice lanatomopatologo.
Egli, sino al 1980 quando vedeva un adenoma (= polipo displastico = polipo neoplastico), diceva
adenoma con:
- displasia lieve: relativamente regolare
- displasia moderata:un po meno
- displasia severa: molto alterata
solo il 10% degli adenomi diventer cancro ma quando inizia a diventarlo, comincia da una parte
(mono o multifocale) cancro iniziale.
Fino al 1980 si parlava di CANCRO SU ADENOMA, quindi quasi sempre succedeva che, di fronte a una
risposta del genere, si operava il malcapitato paziente, ma NON era sempre necessario!
La maggior parte delle volte questa operazione era inutile, perch il polipo/adenoma era stato tolto del
tutto, ma cera uno spicchio di cancro nella mucosa/sottomucosa.
Si trattava di cancri nello stadio 1 e solo nel 3-5% dei casi di cancro di stadio 1 insorto su adenoma, se
andavano a intervento chirurgico, avevano i linfonodi positivi.
Quindi per evitare interventi chirurgici inappropriati (la mortalit invece era superiore a quel 5%! Quando
invece la polipectomia endoscopica era pi che sufficiente come trattamento) si deciso a livello

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 5
internazionale di chiamare il cancro su adenoma con un nuovo nome: ADENOMA CON DISPLASIA
SEVERA ( quando si usa questo termine si indica un adenoma che gi cancerizzato in stadio 1 o 2, con
bassissima possibilit di avere linfonodi positivi e quindi non merita una chirurgia maggiore).
Occorre poi capire chi va operato e chi no (entrano in gioco degli elementi di rischio: il grado di
penetrazione, la linea di resezione endoscopica, la dimensione etc).
- riassunto : [Displasia severa = cancro su adenoma stadio 1 o 2 = bassa probabilit di metastasi
linfonodali (5%) che, se trattato bene per via endoscopica, NON merita una chirurgia maggiore].
(Differenza tra displasia e alterazione citoarchitetturale: molto importante per lo screening del collo dellutero).

stadio 2 (T2N0M0) che si divide in 3


sottostadi:
- 2a, il tumore prende tutta la
muscolatura propria
- 2b, prende tutta parete intestino e si
affaccia nel peritoneo
- 2c attaccato a organi vicini (non
metastasi)
N.B. nello stadio 2 i linfonodi regionali
NON sono compresi nello stadio 2, anche
se un cancro molto esteso.
Stadio 3 : linfonodi positivi! cambia la
terapia
- 3a oppure uno
- 3a pi avanzato: T di qualsiasi tipo (a
parte il T della mucosa, che quasi mai d
metastasi), ma il grado di invasione della
parete NON limita il grado del tumore,
come invece era nello stadio 2.
(guarda disegno di destra rispetto al
disegno di sinistra) Questo perch il
tumore pu penetrare anche molto di pi,
ma ha colpito meno linfonodi, infatti nel
disegno di sinistra ne ha colpiti due
mentre a destra quattro perci, nonostante
il tumore sia meno invasivo, ci lo rende
di stadio pi avanzato.
quindi ci che prevale nello stadio 3a il
coinvolgimento dei linfonodi.

3b
3b avanzato: pu essere anche un cancro
piccolo, ma con tanti linfonodi colpiti
oppure grande con pochi linfonodi
colpiti.
La cosa importante dello stadio 3 il
linfonodo, ne basta anche solo uno positivo
per cambiare la strategia terapeutica.

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 6
-

Stadio 4: metastasi a distanza.

I tumori colorettali sono, fra tutte le neoplasie, quelle pi dipendenti dalla stadiazione, per quanto
concerne la prognosi. Lo vedremo bene con curve di sopravvivenza in funzione della stadiazione.

Tutti usano la stessa stadiazione? No, ci sono diversi sistemi di stadiazione che devono essere ricondotti
uno allaltro.
- TNM
- Sistema di Dukes: la differenza ha un significato di predittivit, sulla base di elementi anatomochirurgici.
Lo stadio A (per Dukes) corrisponde a stadio 0-1 per il TNM, il B il 2, il C il 3 (es. C1 o C2
dipende poi dal numero di linfonodi e dal grado di invasione della parete. A noi non interessano molto
le sottocategorie), il D il 4 con metastasi.
Anche il cancro del colon una beffa in termini di possibilit di prevenzione.
Queste sono le percentuali di stadio del cancro del colon alla diagnosi:
- Stadio 1: 14%
- Stadio 2: 28%
- Stadio 3: 37%
- Stadio 4: 21%
Ancora adesso, nonostante il fatto che si tratti di un cancro che pu essere trattato precocemente, solo il
42% diagnosticato nella fase precoce. Quindi il 58% arriva allosservazione in fase avanzata.
Questo perch il passaggio da linfonodo negativo a positivo determina una forte differenza di probabilit
di evoluzione della malattia.

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 7
Evoluzione del trattamento medico del cancro del colon:

Dal punto di vista medico consideriamo due aspetti:


1) quali farmaci ci sono per trattare il cancro del colon
2) in che anni sono comparsi questi farmaci:
- il 5 fluorouracile (5fu) il pi vecchio di tutti (1960)
- poi 12-15 anni fa sono comparsi irinotecan, oxaliplatino, capecitabina ( una versione orale del 5fu),
- negli ultimi anni (2005) sono nati i farmaci biologici, cio gli anticorpi monoclonali: cetuximab,
bevacizumab, panitumumab.
Dobbiamo capire in quali setting pazienti utilizzare tali farmaci (le frecce indicano da quando c stata
la maggiore affermazione di queste tecniche terapeutiche):
- CT palliativa, cio in caso di cancro avanzato;
- CT adiuvante, cio in coloro che hanno gi avuto un intervento radicale per cancro;
- CT neoadiuvante, cio in coloro che hanno avuto una diagnosi di tumore localmente avanzato
e sono sottoposti a una terapia pre-operatoria.
Classi di chemioterapici:
Agenti alchilanti:
Mostarde azotate
Aziridine
Sulfonossialcani
Epossidi
Nitrosuree
Agenti alchilanti non classici:
Triazeni
Metilmelamine
Procarbazina
Antimetaboliti:
Analoghi dellAcido folico
Analoghi delle Pirimidine
Analoghi delle Purine

Agenti antimicrotubuli:
Alcaloidi della Vinca
Taxani
Estramustina fosfato
Analoghi del Platino:
Cisplatino
Carboplatino
Oxaliplatino
Antibiotici Antitumorali:
Antracicline
Antracenedioni
Antrapirazoli
Antibiotici non antraciclinici

FLUOROURACILE E CAPECITABINA
Sono entrambi degli antagonisti pirimidinici.
Interferiscono con la formazione e metabolismo delle pirimidine quindi sono degli anti-metaboliti.
[Un antimetabolita interferisce con la formazione o lutilizzazione di un normale metabolita cellulare.
Molti degli antimetaboliti interferiscono con gli enzimi implicati nella sintesi di nuovo DNA o sono

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 8
incorporati nel DNA in formazione; in alcuni casi entrambi i processi sono importanti nel determinare
lefficacia di un antimetabolita.]
Interferiscono cio con il processo di sintesi della timidina.
[La possibilit di sintetizzare timidina fondamentale per il processo di replicazione cellulare. Tale
processo richiede lintervento di pi enzimi chiave, compresi la timidilato sintasi (TS), la diidrofolato
reduttasi (DHFR) e la serina idrossimetil transferasi (SHMT)
Bassi livelli di timidina provocano imperfezioni nel DNA, che a loro volta attivano una risposta da stress
che induce apoptosi cellulare.]
Il 5fu si somministra per via endovenosa, invece la capecitabina un pro farmaco e diventa fluorouracile
(farmaco attivo) solo dopo il contatto con la timidilatosintetasi, che lo attiva.
Questo enzima molto presente nel tessuto tumorale, quindi tale farmaco si accumula e agisce soprattutto
a livello tumorale.
Il fluorouracile non conosciuto fino in fondo perch ha azioni diverse a seconda della via di
somministrazione:
- In bolo: compromissione sintesi DNA
- In infusione protratta (a dosi accettabili): compromissione sintesi RNA
- quindi per colpire sia DNA che RNA si fa un bolo e poi uninfusione protratta per 2-3 giorni (oppure
se per os con le compresse di capecitabina).
I chemioterapici, indipendentemente dalle classi, sono quasi tutti di derivazione vegetale (es. i taxani,
usati per il cancro della mammella derivano dalle bacche del nord con cui i druidi avvelenavano le punte
delle frecce). Gli italiani sono stati i pi grandi avvelenatori del rinascimento, quindi sono stati i pi
grandi chemioterapisti. Questi farmaci sono tutti veleni, i cui effetti collaterali possono essere anche
permanenti.
ANALOGHI DEL PLATINO
Altra classe di farmaci sono gli analoghi del platino, soprattutto loxaliplatino/cisplatino/carboplatino.
[Il potenziale antiproliferativo dei complessi di coordinazione del Platino fu identificato per la prima volta
nel 1965 da Rosenberg. Egli osserv casualmente che la moltiplicazione di E. Coli veniva inibita dal
passaggio di corrente tra due elettrodi di platino attraverso un mezzo di coltura contenente sali di
ammonio e cloro. La sostanza in causa era il Cis-Diamminodicloroplatino, oggi noto come cisplatino.
I complessi del platino sono altamente reattivi e formano legami covalenti tra molecole nucleofile sul
DNA. Il legame preferenziale avviene con lazoto in posizione 7 della Guanina e dellAdenina
Si formano cos legami anomali:
Adenina-Adenina,
Adenina-Guanina,
Guanina-Guanina.
La replicazione del DNA inibita e la cellula va incontro a morte.
I complessi di derivazione del Platino vengono classificati come fase-aspecifici, ma la loro azione si
esplica maggiormente durante la fase S del ciclo cellulare]
-

cisplatino: molto efficace per polmone, stomaco, esofago, utero etc. Se usato per il cancro del colon
non serve a nulla
oxaliplatino: un farmaco in teoria meno tossico del cisplatino e funziona per il cancro del colon, ma
non funziona su polmone, esofago, prostata, mammella, funziona poco sullo stomaco.
curiosit: era stato sperimentato per essere usato al posto del cisplatino, ma non funzionava su quei
tumori quindi la casa farmaceutica lo aveva buttato via, unaltra piccola casa ha comprato il brevetto
ed venuto fuori uno dei farmaci pi attivi sul cancro del colon.

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO


Claudia Ligorio] 9
INIBITORI TOPOISOMERASI-1
cio le camptotecine , che agiscono nel momento in cui il processo di replicazione arriva al momento di
disgiunzione delle due eliche di DNA.
[infatti il processo di replicazione preceduto da uno svolgimento della doppia elica che determina un
superavvolgimento a monte e a valle della regione in cui avviene la sintesi dellacido nucleico. La
topoisomerasi I taglia un filamento di DNA allentando cos la torsione della molecola, poi si dissocia e
viene ripristinata lintegrit della molecola.
Questi antineoplastici stabilizzano lenzima ed impediscono la ricucitura del filamento tagliato]
Sono fase-specifici (cio specifici della fase S del ciclo cellulare).
FARMACI BIOLOGICI
Cio cetuximab, bevacizumab, panitumumab.
Per capire bene questi farmaci occorre ricordare
le alcune classi di antigeni, cio i recettori per i
fattori di crescita: EGF-R (detti erbB), ce ne
sono di 4 tipi, HER1, HER2, HER3, HER4.
Solo i primi due sappiamo a cosa servono:
- HER 1 (detto anche EGFR o ErbB-1) sono
presenti nel cancro del polmone, della
mammella e del tratto gastroenterico (quindi
anche cancro del colon).
Questi recettori, se vengono colpiti da vari
stimolatori, lanciano dei segnali sulla
cellula, che arriva al nucleo, il quale viene
stimolato a replicare.
Perci la presenza di R per i fattori di crescita sia un elemento critico di rischio di sviluppo di
tumore, ma anche un BERSAGLIO molecolare per i farmaci!
Cetuximab ad esempio colpisce in modo specifico il EGF- R 1 (epidermal growth factor receptor
di tipo 1, che provoca la proliferazione cellulare).
Panitumumab: altro anticorpo monoclonale contro HER1.
- HER2 (detto anche ErbB-2) non tanto presente nel colon, quanto pi nella mammella e anche nello
stomaco. Quindi si utilizzano i farmaci per la mammella anche per qualche cancro dello stomaco.
Bevacizumab (avastin il nome
commerciale), un anticorpo monoclonale
contro langiogenesi.
Il tumore per crescere ha bisogno di vasi, che
si costruisce da solo. Lo fa mandando
citochine sulle cellule endoteliali del tessuto
endoteliale che lo circonda (neoangiogenesi).
Con questo farmaco si blocca proprio la
neoangiogenesi, perch blocca le citochine che
stimolano le cellule endoteliale. contro il
VEGF (vascular endotelial growth factor che
una citochina che manda in giro il tumore) e
riesce a normalizzare il rapporto arterie/vene e
ci:
- limita lanarchia costruttiva dei vasi
tumorali
- facilita anche la possibilit per altri farmaci
di raggiungere il tumore.

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Utilizzo combinato di Cetuximab e Bevacizumab.
- cellula tumorale EGF-R e quindi proliferazione
- oppure cellula tumorale VEGF e quindi
neoangiogenesi
Il risultato un eccesso di proliferazione, nonch la
sopravvivenza del tumore.
Se per usiamo gli anticorpi monoclonali contro
questi fattori (EGFR contro HER1, e VEGF contro
langiogenesi) blocchiamo sia la proliferazione
cellulare che langiogenesi.

CT di I LINEA
Le associazioni di fluorouracile e acido folinico (che potenzia le capacit citotossiche del 5fu) si usano
per il cancro del colon metastatico/ inoperabile.
Tali associazioni si usano insieme ad un altro farmaco: loxaliplatino o irinotecan.
una terapia tutta endovenosa (polichemioterapia, cio pi farmaci usati in associazione).
Al posto del 5fu (ev) si pu usare per os la capecitabina, sempre con le stesse associazioni viste sopra.
Questi farmaci insieme fanno una POLIchemioterapia, possono essere usati anche tutti e tre insieme
(5fu+acido folinico+ oxaliplatino o irinotecan).
Insieme a questi farmaci (ma non in sostituzione di essi) si possono usare cetuximab O bevacizumab (i
quali non vanno presi assieme perch danno forte tossicit).
Occorre decidere se usare uno o laltro:
- Cetuximab: (anti EGF-R) deve essere utilizzato
nei pazienti che hanno espressione sul tessuto tumorale del recettore di superficie EGF-R
nei pazienti che hanno espressione di una enzima detto K-RAS (key ras), importantissimo per la
trasmissione del segnale proliferativo nei soggetti che hanno EGF-R espresso.
Questa ulteriore condizione (K-RAS) si capito essere fondamentale perch un tempo alcuni
rispondevano al cetuximab e altri no, pertanto si visto che coloro che rispondevano avevano, oltre
allespressione di EGF-R, anche lanomalia di K-RAS.
quindi il Cetuximab deve essere usato con alcune regole e non sempre.
- Oppure il Bevacizumab, usato sempre nella chemioterapia di I linea, in associazione.
La AIFA regola lappropriatezza delle prescrizioni sulla base delle evidenze di efficacia in diverse
situazioni. Per i chemioterapici c stata, fino a poco fa, una tendenza a improvvisare le strategie
chemioterapiche. Per spesso occorre cambiare il chemioterapico, perch dopo un certo periodo di tempo,
mesi o anni, non funziona pi.
Allora stato provato che alcuni farmaci sono efficaci in I linea di chemioterapia, altri anche in II linea,
ma altri no, uno di questi il bevacizumab.
Infatti lantiangiogenetico (bevacizumab) va usato in I linea perch in II linea non funziona, quindi
lAIFA stabilisce che dato che non c evidenza che funzioni in II linea, allora va prescritto solo in I
linea. Inoltre siccome costa molto non si pu prescrivere in II linea (lAIFA deve dare lok per andare
avanti nella richiesta del farmaco, senza il quale il farmaco non si ottiene).
Cos pure, per lEGF-R, se c K-RAS che non WILD TYPE, cio che non integra, bens mutata,
allora la mutazione impedisce il meccanismo dazione del cetuximab, che quindi non pu essere dato.

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Claudia Ligorio] 1
La chemioterapia deve avere una logica, innanzitutto per il paziente. Cio non prescrivere quindi II o III o
IV linee non efficaci o dannose. Anche perch questi farmaci hanno effetti dannosi.
Ad esempio, il cetuximab provoca terribile acne al volto, alcune persone interrompono il farmaco perch
sono impresentabili. Non si sa perch venga lacne, ma voluta perch se c acne allora il farmaco sta
funzionando.
Inoltre la chemioterapia deve avere una logica anche per i costi e lappropriatezza, ecco perch sono
farmaci strettamente controllati dalle autorit regolatorie.
Il bevacizumab, se dato ogni 15 giorni (dose media di una persona), costa 15000-20000 al mese e per 80
malati che abbiamo al mese, sono un sacco di soldi (1 milione di euro al mese).
C anche una questione etico-sentimentale. Se ad esempio ho una paziente molto giovane, 30-40 anni, e
ho finito tutte le possibilit chemioterapiche, ma sta bene, nonostante sia pieno di cancro, la tentazione di
fare un tentativo fuori protocollo/fuori indicazione c ed molto forte. Se si entra in sintonia con il
paziente e con la famiglia, molto difficile allontanarlo dalle terapie.
Ecco perch lempirismo ancora molto diffuso in oncologia, infatti grazie a questi farmaci ci sono
persone ancora in vita nonostante magari abbiano delle metastasi cerebrali (magari hanno un po di mal di
testa, ma nel complesso stanno bene). Qui sta la drammaticit del cancro (e in generale di tutte le malattie
croniche degenerative) di fronte allimpotenza terapeutica.
CT: LINEE SUCCESSIVE ALLA PRIMA
La seconda linea prevede di invertire i farmaci!
Cio se in I linea avete fatto loxaliplatino, allora in II linea userete lirinotecan.
Se in I linea avete fatto bevacizumab, potete fare il cetuximab oppure il panitumumab.
Si pu anche utilizzare un trattamento detto METRONOMICO, usato in due circostanze in oncologia:
- quando hai gi fatto tutto il possibile
- quando non c il coraggio di sospendere le terapie (aspettate che sia la malattia a parlare e non voi a
parlare della malattia al malato)
Terapia metronomica, nel campo del cancro del colon, vuol dire dare piccole dosi mitridatiche
costantemente[mitridatismo = somministrazione di sostanze tossiche in dosi progressivamente crescenti, per creare
nellorganismo resistenze via via pi efficaci a certi veleni].

Nel caso del cancro del colon una delle linee avanzate (dopo aver provato le prime linee) dato dalla
somministrazione metronomica con capecitabina. Infatti si visto che un trattamento costante e
prolungato induce una riduzione dellangiogenesi, quindi simile allazione del bevacizumab come effetto
finale.
Differenza col bevacizumab: il tumore quando lancia il VEGF, lo lancia sia sullendotelio dei vasi vicini,
ma anche sul midollo, il quale dismette e manda in circolo dei progenitori delle cellule endoteliali (ed
proprio qui che la capecitabina agisce! Bloccando la dismissione di progenitori endoteliali da parte del
midollo) e quindi si hanno pochi effetti collaterali (perch mitridatico) e ha a volte effetti consistenti
positivi.
C stata inoltre la proposta di somministrare i farmaci secondo il ritmo circadiano: per una determinata
persona si vedevano le fasi del giorno/notte in cui erano pi attivi/soppressi enzimi in grado di
attivare/inattivare i chemioterapici.
Quindi i francesi avevano ideato delle pompe periferiche e dei cateteri venosi centrali. Le pompe non
dismettevano i farmaci tutti nello stesso momento, ma erano collegate a tante siringhe con il farmaco
dentro e facevano andare nellorganismo (tramite pompa elettrica) dei farmaci a seconda dellora del
giorno, veniva dato a maggiore o minore velocit un farmaco piuttosto che un altro.
Si visto che questa strategia terapeutica funzionava bene per quanto riguarda le metastasi epatiche da
cancro del colon. Cio per tali metastasi si visto che questa procedura era migliore che non
somministrare i farmaci tutti assieme. In Italia si provato a fare, ma con scarsi risultati.

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comunque solo una teoria perch il ritmo circadiano era pi legato alla sperimentazione animale e non
ancora verificato sulluomo. Cio era dimostrata lefficacia ma si basava su un principio teorico non
verificato sulluomo.
Domanda di uno studente: si pu fare anche monochemioterapia? Si, ma se uso un unico farmaco,
questo pu essere solo uno: il 5fu (o la capecitabina).
In un cancro avanzato funziona meglio la combinazione di 5fu + irinotecan, se non funziona molto bene
questa, allora metti loxaliplatino al posto dellirinotecan.
Se per il malato ha un EGF-R iperespresso sulla superficie del tumore e NON ha K-RAS mutato, sin
dalla I linea puoi mettere 5fu + irinotecan + cetuximab.
Se non funziona allora metti 5fu +oxaliplatino + cetuximab.
Cosa vuol dire che il farmaco funziona? cio che risponde la malattia, cio che la malattia si riduce,
che ha delle risposte obiettive radiologiche (parziali o complete). Quando la terapia funziona la continui
finch la malattia non progredisce (allora provi II linea) oppure c una tossicit intollerabile per il
paziente.
Riassunto:
I linea: 5fu + irinotecan +/- cetuximab
II linea: 5fu + oxaliplatino +/- cetuximab
Poi se cetuximab non funziona metti il bevacizumab, cio lantiangiogenetico fin dalla prima linea. Se
invece arrivo alla seconda linea, lantiangiogenetico comunque non lo metto pi (indipendentemente dal
fatto che lo abbia messo nella prima linea o meno).
Per dire si potrebbe anche partire con loxaliplatino per primo, ma se il malato ha gi una neuropatia
periferica, a questa si aggiunger quella data dalloxaliplatino. Oppure se il malato ha una grave diarrea (o
la stomia), lirinotecan d diarrea e quindi non glielo si d.
Esistono quindi anche dei parametri clinici, oltre che ai parametri regolatori e biologici che abbiamo visto
oggi, che indicano che usare un certo farmaco per primo in quel paziente fa meglio (indicazione 1A).
Ci sono alcuni sono alcuni nuovi farmaci, come gli inibitori del EGF-R di tipo 2 oppure come gli
inibitori delle tirosin chinasi. Per quanto riguarda loncologia c un problema enorme che quello di
scegliere il farmaco giusto ed essere poi autorizzati (si intende il farmaco nuovo).
Quando esce un farmaco nuovo, esso dimostra, con un trial trattati vs non trattati in termini di
sopravvivenza, una libert dal progresso di malattia. I risultati sono cos evidenti che il farmaco va in
approvazione. Liter di approvazione lunghissimo, perch passa dallFDA, poi dallEMEA, poi passa
allAIFA (ente regolatore italiano) e poi in gazzetta ufficiale e poi nel prontuario regionale/poi
provinciale/ poi ospedaliero. Solo alla fine di questo percorso lo potrete prescrivere e NON prima.
In tutto questo periodo il malato di cancro che potrebbe beneficiare del farmaco, muore. Questo un
problema perch spesso i comitati etici e i prontuari non sono dello stesso avviso, anche se sono
confinanti.
Ad esempio per il cetuximab, nel 2005, il prof aveva un paziente con cancro del retto avanzato, che
meritava di avere oltre ai chemioterapici anche il cetuximab, doveva andare a farlo a Modena perch il
prontuario di Bologna non lo prevedeva. Questi sono estremi che oggi accadono molto meno.
vero che liter di approvazione molto lungo ma bisogna stare attenti per! Altra storia che ha fatto
precipitare nel ridicolo il mondo oncologico: 15 anni fa un gruppo sudamericano dimostra che la
chemioterapia ad alte dosi (cio la chemioterapia mieloablativa. Vuol dire che ammazzi sia le cellule

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Claudia Ligorio] 3
buone che le cattive e poi re-infondi le cellule sane, che hai tirato via prima e sono le cellule staminali
periferiche. Di solito si fa nelle leucemie e i vari tumori ematologici).
[Inciso: sapete cosa sono le biopsie liquide? Per sapere se c una recidiva fai un prelievo e fai unanalisi
molecolare per vedere se ci sono cellule tumorali in circolo. Non ancora una tecnica consolidata ma
peculiare il fatto che si riesca a capire se si a rischio, pi che sulla base di parametri clinici, sulla base di
un prelievo di sangue (anche pi economico). Questa la nuova frontiera delloncologia.]
Tornando ai sudamericani, essi hanno detto (su una rivista importante) che le terapie mieloablative
facevano guarire i cancri della mammella sia in fase metastatica che adiuvante, ovviamente questo
sconvolse il mondo oncologico.
Siccome cera bisogno di un centro trasfusionale per la raccolta delle cellule staminali periferiche, delle
stanze sterili per fare la terapia mieloablativa e cos via, quindi grazie a questa notizia nel giro di 4-5 anni
non cera un ospedale che non avesse unoncologia con camere sterili e stanze per le trasfusioni.
Curiosamente per questi risultati non si riproducevano con la consistenza con cui erano stati presentati.
In conclusione questo articolo aveva beffato il mondo. Andarono a verificare e si vide che avevano
inventato i dati e i risultati. Si scusarono a livello internazionale, era tutto falso all80%.
Quindi occorre essere molto prudenti nella verifica del dato.
Per quanto riguarda il cancro del colon, successa una cosa del genere.
Cio il fatto che 5fu + irinotecan + bevacizumab dia effetti migliori che non 5fu + irinotecan, senza
bevacizumab, stato approvato con un unico studio clinico multicentrico enorme (di 6 anni fa). Quindi un
unico studio non meglio comprovato da studi minori.
Sopravvivenza guadagnata negli ultimi anni con i diversi tipi di chemioterapia:

allinizio si usavano al massimo i boli di 5fu da soli, che erano molto tossici. Non faceva molto.
Quindi la sopravvivenza media in (mesi) era di 4-6 mesi. Cio se non si tratta una persona con cancro
avanzato, mediamente vive 4-6 mesi.
progresso degli ultimi 15-20 anni: con la combinazione di farmaci visti prima si arriva a 20-30 mesi
di sopravvivenza mediana (sempre insieme alla chirurgia!).

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[ONCOLOGIA- 09/10/2014 PROF.BIASCO 1


Claudia Ligorio] 4
E stato un balzo da 6 mesi a 3 anni, un dato molto importante. Anche perch una media quindi c chi
sopravvive anche di pi di tre anni. Quindi ci sono dei lunghi sopravviventi, molto probabilmente per
effetto delle chemioterapie combinate.
Il messaggio che la preferenza di una farmaco piuttosto che un altro, nel cancro del colon, d risultati
importanti.
La prossima volta inizieremo parlando della terapia adiuvante (cio che si fa dopo un trattamento
chirurgico radicale).

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Oncologia - prof. Biasco - 16/10/2014

Evoluzione del trattamento medico del tumore del colon


Il cancro del colon una fonte consistente di trattamento con diversi farmaci e
terapie alternative. Verranno trattate le strategie terapeutiche del cancro del colon
avanzato, poi quelle del cancro del retto, che prevedono trattamenti molto diversi
tra loro.

Diapositiva: le frecce indicano l'intervallo medio di sopravvivenza in relazione al


tempo e a quelli che sono gli schemi chemioterapici utilizzati da una ventina di anni
fa sino ad oggi; la probabilit di sopravvivenza sempre pi elevata perch la
medicina oncologica si arricchisce sempre di nuovi farmaci e combinazioni.

Entra poi in gioco la chirurgia: i trattamenti loco regionali possono probabilmente, a


seconda delle circostanze, contribuire ad aumento della sopravvivenza. Ad esempio,
sino a qualche anno fa, con metastasi metacrone al fegato da tumore del colon

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retto, con farmaci efficaci si aveva una buona probabilit di controllo della malattia;
ora, accanto alla chemioterapia abbiamo anche tecniche quali la radio frequenza, la
termo ablazione, la tecnica di distruzione delle metastasi e anche tecniche
chirurgiche pi raffinate. Ci si avvale proprio della combinazione tra tecniche
chirurgiche e altre tecniche come l'embolizzazione e l'affinamento di conoscenze e
la maggior disponibilit di tecniche fa si che non solo si controlli meglio la malattia
ma anche la durata della sopravvivenza, anche spesso senza il prezzo di qualit
della vita alterata.
La scelta del trattamento del cancro del colon avanzato si effettua sulla base di tre
situazioni cliniche diverse e grossolane:
1) Pazienti con malattia limitata ma non resecabile: il chirurgo non pu operare, ad
esempio per una metastasi vertebrale, che per unica.
2) Pazienti asintomatici con malattia non resecabile: si fa una terapia non
necessariamente palliativa per si chiama cos, nel significato di CURA della
malattia.
3) Pazienti sintomatici con qualit della vita compromessa dalla malattia: si sceglie
una terapia palliativa e qui il termine palliativo ha un altro significato.
1) I pazienti limitati devono essere bombardati con trattamenti per un alto
controllo della malattia per convertire una situazione non operabile in una
situazione operabile, perch ovviamente il gold standard per la cura di questi
tumori la chirurgia. Se li portiamo alla chirurgia otteniamo un successo anche in
termini di guarigione definitiva di malattia anche se metastatica.
2) Nei pazienti che stanno bene ma hanno una malattia che non pu essere curata
chirurgicamente, si utilizzano sequenziali farmaci disponibili senza l'obiettivo di una
chirurgia radicale ma unisco a questi anche dei trattamenti loco regionali come la
radio frequenza o la radioterapia mirata.
3) Nel caso di malattia non pi localizzata, non resecabile, aggravata da una
componente clinica importante, allora si preferisce utilizzare non tanti farmaci ad
altissimo impatto di tossicit come avremmo usato nelle prime due situazioni, ma
farmaci per rallentare la progressione della malattia ma non con l'obiettivo di ridurla
in modo da trattarla in maniera definitiva.
Se non otteniamo questo obiettivo, allora qui intervengono le cure palliative, intese
non come cure perch non guariscono, perch sono dedicate solo alla qualit della
vita del malato e incidono indirettamente sulla durata della vita; a questo proposito
c' un grande dibattito in campo oncologico sull'opportunit o meno di continuare i
trattamenti oncologici anche in condizioni molto critiche del paziente, cio, uno dei
punti di discussione quando fermarci con i trattamenti specifici per il cancro. Ad
un certo punto le condizioni cliniche sono tali da sospettare che non potr pi avere
alcun beneficio dalle cure ma solo tossicit; il punto di confine tra cura per il cancro

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o le cure palliative per controllare i sintomi della malattia (cio dolore, aspetto
psicologico, alimentazione, nausea, diarrea ecc ecc) qualcosa che significa
abbandonare la cura della malattia e prendersi cura solo del malato che ha la
malattia.
In questa situazione, il prendersi cura del malato ha portato in maniera
consapevole e anticipata ad un allungamento della vita di questi malati, cio
meglio sospendere la chemioterapia quando il malato molto compromesso e
creare delle buone condizioni di vita perch sia eticamente pi giusto, ma pu
portare anche ad allungamento della vita.
Sospendo la chemioterapia, perci il malato ricever meno tossicit, gli
somministriamo qualcosa per il miglior controllo dei sintomi, miglioriamo lo stato di
invalidit perci abbiamo anche allungamento della durata della vita.
In certe situazioni, come il cancro del polmone avanzato, dopo la sesta linea di
chemioterapia si pu pensare di sospendere le cure, perch con una settimana in
pi di chemioterapia gli facciamo del male e gli diminuiamo la qualit di vita
residua. Ha anche un nesso giuridico questo discorso.

La chemioterapia di prima linea strong, cio l' atteggiamento forte per il cancro
del colon metastatico, si basa sulle seguenti combinazioni: Acido folinico, che
potenzia l'attivit di anti-metabolita, con Oxaliplatino, che agisce sul fuso mitotico, o
Irinotecan, che una sostanza che impedisce che l'elica del DNA si divida e
ostacola la cellula quando passa in replicazione. Chi in grado di sostenere una
polichemioterapia deve essere trattato con questa combinazione.
Il Fluorouracile la base, ma se non riusciamo a metterlo in infusione, si pu usare
la Capecitabina, che si somministra per via orale ed un derivato del fluorouracile.
In aggiunta a questi tre farmaci si pu utilizzare il Cetuximab, anticorpo
monoclonale contro EGFR, ma solo in quei casi che presentano una certa
alterazione (Kras); questa alterazione deve essere rappresentata da un' espressione
wild type del gene che controlla KRAS, che una molecola che controlla la
trasmissione del segnale proliferativo della cellula tumorale.
Se non un wild type, il Cetuximab non funziona, per cui si usa in prima linea il
Bevacizumab, farmaco anti-angiogenetico bloccante del VEGF. Se c' questa
alterazione del KRAS che regola anche l' impiego di EGFR allora bisogna scivolare
anche su un farmaco che non abbia controindicazioni.

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Per le persone che sono in uno stato di invalidit buono, cio che sono nella fase 1
o 2, i farmaci sono questi.
Nei pazienti con cancro del colon che hanno un KRAS wild type che in grado di
trasmettere il segnale per la proliferazione cellulare, si utilizza:
- FOLFOX (Fluorouracile con Oxaliplatino) + Cetuximab;
- FOLFIRI (Fluorouracile con Irinotecan) + Cetuximab;
- FOLFOXIRI (Fluorouracile, Acido folinico, Oxaliplatino e Irinotecan).
Se KRAS mutato, il Cetuximab contro EGFR non funziona, per cui in prima linea si
usa il Bevacizumab.
Questa prima linea l'approccio di fronte ad un malato con un cancro del colon
avanzato ma in buone condizioni generali. In genere non si usa l'anticorpo
monoclonale anche se non sempre vero del tutto, perch se si pu si spara tutto
quello che si ha a disposizione subito, anche se le linee guida sono leggermente
diverse.
Pe quanto riguarda la scelta tra Oxaliplatino o Irinotecan, ci sono tanti criteri che
sono molto pi specialistici, ma in linea di massima si usa uno o l'altro di partenza
perch i risultati sono sovrapponibili.
La ricerca del KRAS mutato in clinica si fa sempre, perch costa di pi in termini
etici ed economici usare un farmaco ad altissimo costo con importanti effetti
collaterali e poi non funziona, per cui sempre meglio fare la ricerca.
Quando si prescrive un farmaco ad alto costo, circa 4000 ogni 15 giorni per il
Cetuximab (che per 100 malati sono 40000 a settimana) occorre ottenere
l'approvazione dall'AIFA, e, per rientrare nel registro AIFA , questi pazienti devono
rispondere ad alcuni criteri di appropriatezza terapeutica.
Quindi bisogna fare sempre questa indagine e se risulta negativa non viene data
l'autorizzazione dall'AIFA per dare il farmaco; questo vale per tutti i farmaci ma
soprattutto per questi di cos alto costo che devono essere soggetti ad una stretta
sorveglianza regolatoria.
Le indicazioni devono essere estremamente precise. Per merito di questi sistemi
regolatori non si hanno mai avute riduzioni di budget per questi malati.

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Somministrazione dei farmaci: il Fluorouracile, se somministrato in bolo ha


un'azione contro il DNA, se somministrato in infusione continua ha un'azione sull'
RNA; per aumentare il potenziale di attivit del fluorouracile si pensato di usarlo
sia in bolo che in infusione protratta, per sfruttare entrambe le caratteristiche del
farmaco ed arrivare a dare una quantit di farmaco elevata nel tempo.
Endovena non si pu per cui si utilizza un sistema infusionale centrale a
permanenza, chiamato Porta-cat, tondo, un reservoir, con una parte pi grigia
all'RX che una membrana di caucci, poi c' una tasca; viene fissato nel sottocute
e da questo reservoir parte un catetere che, attraverso un'arteria, arriva in cava e
poi in atrio destro del cuore, per cui il farmaco che pu essere somministrato
direttamente nel catetere passa al cuore direttamente e poi in circolo velocemente.
Questo apparecchio molto utile, rimane sottocute e nessuno lo vede, non si
infetta quasi mai e pu essere utilizzato anche per prelievi e per l'infusione di
terapie rapide; in pi consente di mettere degli elastomeri che dismettono il
fluorouracile in 2 giorni, per cui possiamo dismetterlo con regolarit nel giro delle
24h; dopo gli elastomeri vengono tolti, viene tolto tutto, e rimane il reservoir sotto
cute.
Queste combinazioni di farmaci sono modalit di infusione che utilizzano questi
sistemi; es con il FOLFIRI: il malato arriva alle 7 di mattina, facciamo il bolo di FU,
poi il bolo di Irinotecan, associando anti-nausea o altro; poi gli attacchiamo un
elastomero carico di FU che dura per due giorni, quindi il malato va a casa con il
suo apparecchietto, pu far quello che vuole (a parte dei grossi sforzi per non
strappare) e dopo due giorni torna, si stacca tutto, si pulisce il sistema e dopo per
15 giorni il paziente non deve pi fare la terapia.
Consente quindi di fare questa terapia a domicilio senza dover ricoverare il
paziente; viene usato per molti malati e soprattutto per il cancro del colon.
Oppure ci sono altri sistemi di infusione centrale, ad esempio i PIC, sistemi di
infusione che entrano dalla periferia, tipo a livello del braccio, con cateteri lunghi
che arrivano in atrio destro; per vanno molto disinfettati, sono scomodi, c' il
catetere che esce, quindi sono dei sistemi che hanno un grande rischio di infezione.
In un paziente con il cancro avanzato in terapia adiuvante si usano farmaci che
sfruttano questo sistema di infusione centrale.
Per mettere il porta-cat serve la sala operatoria e invece per il PIC no, e in pi il PIC
costa meno, per i porta-cat sono pi sicuri e danno meno sconforto al paziente;
per lo deve tenere per molti anni e deve disinfettarlo, mentre il PIC si pu togliere.

Linee successive di terapia: se la malattia va avanti e non si controlla con la prima


linea, si passa ad una seconda linea.
Folfox inizio, allora poi folfiri, e poi folfiri + bevacizumab, le linee tengono sempre
conto di questi farmaci le linee successive, farmaci che possono essere alternati
l'uno all'altro, e quando li abbiamo usati tutti si vede un po'.
Il cancro del colon con metastasi cerebrale, pur avendo un cancro avanzato non
stata usata la combinazione che abbiamo appena visto ma solo un farmaco;
possibile o quasi sicuro che avesse utilizzato le triplette, ma comunque bisogna
vedere lo stato clinico, infatti oltre alla metastasi era un po' scartolato, per cui

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rientra nel terzo gruppo di pazienti, cio pazienti sintomatici un po' compromessi
per i quali si sceglie una monochemioterapia con bassa tossicit.

Cancro del retto

Parliamo della terapia neoadiuvante, cio la terapia del tumore potenzialmente


operabile ma che non viene operato. In questo caso non si tratta di usare terapie
ad alta velocit di risposta per convertire terapia da non resecabile a resecabile; la
neoadiuvante quando vediamo un cancro che possiamo operare ma lo trattiamo
prima della chirurgia; nel cancro del retto ci sono due considerazioni da fare: il
cancro del retto a differenza di quello del colon ha molto pi spesso delle recidive
locali, soprattutto se coinvolto il retto medio o il retto basso; il retto alto di solito
arriva a 11-15 cm dallo sfintere anale, oltre c' la giunzione retto-sigmoidea.
importante la localizzazione della malattia per le recidive locali, perch il retto
medio-basso un tessuto pelvico ricco di grasso senza il rivestimento peritoneale,
mentre il retto alto spesso al di sopra della riflessione peritoneale. Se c' il
peritoneo, le recidive locali sono pi rare, mentre nel basso e nel medio sono pi
facili anche perch il tessuto intorno una buona culla ricca di nutrienti per far
crescere le recidive.
Per cui nel cancro del retto fondamentale il trattamento loco regionale che
diminuisce moltissimo la possibilit di recidiva e che si avvale di chirurgia e
radioterapia. importante eseguire una buona bonifica anche del mesoretto oltre

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che del tumore, per eliminare le cellule che sono fuori, per evitare che possano
allocarsi e crescere.
Se colpisce il retto ultra basso, spesso il chirurgo si trova in difficolt di
conservazione dello sfintere anale e pu essere portato ad effettuare una
colostomia permanente per amputazione definitiva del retto.
La lontananza dal margine anale importante per giustificare il fatto che, gi da
diversi anni, anche quando il cancro del retto medio-basso un cancro operabile si
tende a fare un trattamento pre-operatorio, quindi neoadiuvante, che si avvale di
due azioni: la radioterapia, che la pi importante, e poi la chemioterapia in
combinazione, sempre con 5FU che, pi che citotossica, fatta spesso a basso
dosaggio perch potenzia gli effetti della radioterapia. Lo schema
chemioterapia+radioterapia ha sostanzialmente 4-5 obiettivi: il down staging del
tumore; la riduzione della massa tumorale; facilitare la radicalit alla chirurgia; pu
aumentare probabilit di salvare lo sfintere; ha l'obiettivo anche di ridurre il rischio
di recidive locali e di aumentare l'intervallo libero da malattia e la sopravvivenza
(non definitivamente raggiunto); la chemio-radio terapia cos efficace che
l'anatomia patologica vede la regressione del tessuto tumorale e a volte addirittura
una regressione completa, ma anche se non c' va operato comunque.
Se non si fa la chemio-radio terapia pre-operatoria, se il malato va alla chirurgia
perch sta sanguinando in abbondanza per cui va in urgenza, allora la chemio-radio
va fatta dopo.

Diapositiva: viene illustrato il risultato di uno studio di 10 anni fa , che l'unico


studio di controllo solido; si vedono due curve che rappresentano due gruppi di
pazienti con il cancro del retto medio o basso. Un gruppo costituito da pazienti
che sono stati operati subito e sottoposti a chemio-radio terapia dopo l'intervento;
l'altro gruppo stato sottoposto a chemio-radio terapia neoadiuvante preoperatoria.
Vediamo l'incidenza cumulativa in % delle recidive locali, e l'incidenza cumulativa
in % delle recidive a distanza; la curva degli operati subito mostra come questi
pazienti abbiano localmente un numero di recidive doppio rispetto ai pazienti che
hanno avuto la chemio-radio terapia pre-operatoria, che ha ridotto in 5 anni

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l'incidenza delle recidive locali, mentre non ha avuto nessun effetto sul rischio di
metastasi a distanza, perch quello fa parte della storia del cancro; se vediamo
l'intervallo libero da malattia, vediamo che i due gruppi sovrappongo.
La chemio-radio terapia pre-operatoria deve essere proposta ad un paziente con un
cancro del retto medio o basso localmente avanzato senza metastasi, soprattutto
per ridurre il rischio delle recidive locali.

importante tenere in considerazione il concetto di multidisciplinarit: dobbiamo


dividere le situazioni potenzialmente curabili e le situazioni in cui dobbiamo
controllare solo i sintomi ma anche situazioni che vanno verso le tre aree di
trattamento, cio la terapia chirurgica, la terapia medica e i trattamenti loco
regionali. Anche la chirurgia loco regionale in realt, per meglio distinguerli,
perch la chirurgia fa una certa cosa, diversa dalle altre due.

Caso clinico:
Signora di 45 anni, F, affetta da FAP (poliposi adenomatosa famigliare), che porta
alla formazione di migliaia di adenomi nel colon.
-2005: all'et di 35 anni effettua l'intervento chirurgico; dopo tanti anni di FAP
succede che qualcuno di questi polipi diventa cancro quindi viene sottoposta a
proctocolectomia totale con mucosectomia transanale perch uno di questi polipi
era diventato un adenocarcinoma localizzato a livello del retto. Per all'esame

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istologico si mostrava molto favorevole (PT1, N0, erano stati tolti 20 linfonodi, i
margini di resezione erano puliti, di grado G2 intermedio, con KRAS mutato, per cui
non si poteva somministrare il Cetuximab. Non stata fatta la chemioterapia,
perch il rischio di recidiva tumorale di questa giovane donna era un rischio che a
livello della stadiazione era zero, perci non c'era indicazione.
-2007: fa una metastasi polmonare, infatti spesso il cancro del retto salta il filtro
epatico e passa direttamente in cava inferiore; in questo quadro estremamente
atipico, fa una resezione del polmone e per due anni non presenta metastasi.
-2009: compare una fibromatosi aggressiva, cio dei tumori desmoidi, tipica
manifestazione extraintestinale nel quadro di FAP; per cui si decide di togliere un
pezzo di gabbia toracica; sta abbastanza bene anche se ha dolore soprattutto a
livello di torace perci comincia a prendere la morfina quando due anni dopo
l'intervento toracico ha una recidiva di cancro in sede pre-sacrale.
Ora viene trattata con terapia neoadiuvante con Oxaliplatino e radioterapia, quindi
una chemio-radio con significato neoadiuvante per la comparsa di una recidiva
presacrale. La terapia va male, la malattia rimane, per cui si decide di effettuare
l'amputazione della pouch e la resezione digiunale per infiltrazione di un'ansa.
Il cancro persiste in sede presacrale: lei ha male, nel 2011, quindi 6 anni dopo
l'intervento, e questa donna sta prendendo 300 mg di morfina pi altri adiuvanti
perch il dolore tremendo. Si pensa se fare la chemioterapia sistemica,
cambiandola, oppure se trattare localmente la malattia sacrale, senza avere pi a
disposizione n la chirurgia n la radioterapia.
Si pensa perci di ricorrere all'embolizzazione della zona recidivata seguita da una
chemioterapia sistemica; dopo 6 mesi la situazione stabile nelle zone colpite ma
compare una lesione ossea in sede pelvica, una metastasi ossea. Si deve decidere
allora tra la radioterapia stereotassica, l'embolizzazione o la chirurgia; si esclude la
radioterapia e si opta per un'altra embolizzazione, perch lo scopo dovrebbe essere
curativo, ma proprio cos non . Poi la TC dimostra una progressione di malattia.
C' una buona tolleranza ai trattamenti e si decide di passare alla seconda linea,
con 5Fu, oxaliplatino e irinotecan + bevacizumab perch il KRAS mutato; ha
avuto una buona tolleranza a questa terapia pesantissima e si nota una
stabilizzazione di malattia da ottobre 2012 a novembre 2013, solo con
chemioterapia + trattamenti locoregionali, e il dolore viene controllato con dosi
massicce di morfina.
In novembre, con il Bevacizumab, arriva un'emorragia digestiva, perch il paziente
con FAP sviluppa polipi non adenomatosi del fondo dello stomaco, polipi
amartomatosi iperplastici; con la chemioterapia ma soprattutto con gli analgesici
come i FANS comincia a sanguinare. Viene ricoverata e si decide di continuare con
la terapia massiccia per sei cicli, cio per 3 mesi, perch la paziente se la sentiva e
non sanguinava pi.
La risposta parziale sulla zona pre-sacrale e una diminuzione alla PET.
Oxaliplatino: fortemente neurotossico; quindi sviluppa a distanza di tempo una
neuropatia periferica che si fa fatica a trattare quindi togliamo l'Oxaliplatino; il
FOLFIRI da solo non era sufficiente per cui, coprendo bene lo stomaco con gli
inibitori di pompa protonica, si ripartiti con il Bevacizumab.
Dopo 3-4 cicli la malattia stabile, per a livello della zona sacrale c' un'invasione

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tremenda; la paziente controlla il dolore malissimo, perci si pensato di mettere


un catetere epidurale per somministrare l'anestetico localmente.

Embolizzazione delle metastasi ossee (Dott. Rossi)


L'embolizzazione viene eseguita da radiologi interventistici che si servono di
apparecchi radiologici per mettere in atto delle terapie, in questo caso soprattutto
per tumori ossei pi o meno aggressivi; l'embolizzazione una tecnica che utilizza
l'accesso arterioso, spesso femorale, con procedure in anestesia locale, utilizzando
piccoli cateteri e cateterizzando i vasi afferenti alla lesione, e questi cateterismi
fanno si che queste lesioni vengano poi embolizzate.
La differenza di materiali usati ampia, spesso si usa la colla acrilica chirurgica
(Glubram2), usata con molta attenzione, iniettata a sandwich, mescolata con un
liquido di contrasto liposolubile e con della soluzione glucosata, perch senza la
glucosata non si conclude nulla.
Lo scopo palliativo, cio togliere il dolore; se ci sono le caratteristiche tipiche, cio
la chiusura di tutti i vasi, si pu avere anche un arresto della lesione. Le finalit
per sono: far scomparire prima il dolore, arrestare la crescita, facilitare l'intervento
chirurgico, ridurre le dimensioni della lesione e ridurre il sanguinamento, controllare
un'eventuale emorragia del tumore, inoltre anche indurre una riduzione volumetrica
della neoplasia permette di ridurre le fratture patologiche.

1) Caso clinico: si usa la via trans femorale destra o sinistra, e l'intervento


chirurgico della signora ha provocato una legatura dell'arteria iliaca destra, quindi
stato fatto un bypass femoro-femorale crociato; per questa lesione si sceglie la via
omerale o ascellare. Il catetere ci fa vedere la panoramica della zona target e, una
volta individuata la vascolarizzazione patologica, si faranno dei cateterismi selettivi,
avvicinandosi alla lesione il pi possibile; si devono cateterizzare solo i vasi
patologici e non i vasi limitrofi non patologici.
Man mano che va avanti la serigrafia, si caratterizza sempre di pi la lesione, che
viene chiusa,viene messa la colla e si fa l'embolizzazione. Poi si cercano altri vasi
piccolissimi, infatti i cateteri utilizzati hanno un diametro di 0,06mm. Il collante
radio opaco perch mescolato al mdc liposolubile.
Si cercano poi altri vasi limitrofi, come le arterie lombari, perch quando ci sono
questi tumori succede che tutti i vasi che si trovano nelle circostanze cercano di
portar sangue al tumore; per cui, se chiudiamo solo i loco regionali come se non
avessimo fatto nulla.
Dopo la signora ha subito un'altra embolizzazione: ogni 3 mesi per tre volte viene
ripetuta l'embolizzazione. Dopo diversi cateterismi selettivi, vediamo i vasi che
hanno vicariato la lesione, sono vasi piccolissimi, tortuosi, ipertrofici. Questi tumori
sono avidi di sangue e tendono a riprendere vascolarizzazione e solo in casi
particolari si ha la guarigione.
La devascolarizzazione ha soprattutto uno scopo antalgico e si riesce anche a
diminuire il volume del tumore per un certo periodo; i vasi malacici sono
estremamente tortuosi e fragili ma rarissimamente si rompono e, qualora si
rompessero, il problema si risolve embolizzandoli.

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Quando la terapia si protrae per lungo tempo, ci pu essere una


personalizzazione, una scelta di interventi non evidence based e non codificati,
che porta ad affrontare eventuali rischi e che deve essere fatta usando il buon
senso, nel contesto del cosiddetto empirismo razionale.

2) Caso clinico: tumore renale in un paziente di 80 anni. A livello vascolare, le


metastasi da tumore del rene sono estremamente vascolarizzate, e questa
vascolarizzazione neoformata infiltra in questo caso il gomito distruggendo l'osso;
questo provoca un dolore fortissimo e una posizione coatta dell'osso e
dell'articolazione. A livello dell'articolazione stata fatta un'embolizzazione di tutti i
peduncoli, senza embolizzare distalmente perch se no cadrebbe la mano. A
distanza di due anni la lesione guarita, residua solo una parziale lussazione del
gomito che limita di poco i movimenti, e si evitata l'amputazione.

3) Caso clinico: signora con metastasi da cancro del rene fa una frattura patologica,
con la corticale interrotta esternamente ed internamente; una paziente obesa,
destinata a letto, trattata con calcieparina. Effettuando l'arteriografia, vediamo che
la lesione ben vascolarizzata, non enorme, per il buco enorme e, se la
paziente si mettesse in piedi, il femore le bucherebbe la pancia; dopo circa tre mesi
la lesione appare calcificata, ci vuol dire che guarita, e dopo 14 mesi, in seguito
ad una seconda embolizzazione, non mostra pi la lesione, guarita
completamente.
Per quanto riguarda l'embolizzazione, non c' l' indicazione per i sarcomi ossei
primitivi (si effettua solo a scopo palliativo per lenire il dolore), mentre c'
l'indicazione per le cisti aneurismatiche benigne dell'osso, per le metastasi ossee o
muscolo-scheletriche in generale, in quanto le metastasi possiedono una
neoangiogenesi pi spiccata e possono essere aggredite meglio dal punto di vista
terapeutico.

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Tumori del colon e metastasi epatiche


Terapia adiuvante e neo-adiuvante; gestione del paziente
con metastasi epatiche da cancro del colon
Terapia adiuvante
Prof. Biasco
ottobre 23, 2014
Apriamo con un caso clinico: metastasi epatiche da cancro del colon.
In questa diapo (che vi ho fatto vedere pi volte) sono riportati i farmaci che usualmente utilizziamo per il
cancro del colon, solo che fino ad ora noi abbiamo parlato del trattamento del cancro del colon in fase
avanzata, o avanzatissima, e abbiamo parlato del trattamento neo-adiuvante, cio del trattamento prechirurgico quando si pu gi eseguire lintervento chirurgico.
Oggi parliamo del trattamento adiuvante, che un trattamento medico che serve per consolidare un
processo di guarigione a seguito di trattamenti locoregionali, cio facciamo un intervento per rimuovere
il cancro del colon, asportiamo lintero tumore e poi decidiamo se eseguire un trattamento adiuvante
oppure no.
Quindi, la terapia adiuvante significa trattamento dopo unasportazione radicale (non parziale) di un
tumore.
Quindi, quando abbiamo un tumore, il gold standard la chirurgia, ma cos che di dice cosa fare dopo?
Lo stato dei linfonodi.
Quello che importante di questa diapo lultimo punto: a noi interessa molto dal punto di vista
oncologico, per decidere se dopo una chirurgia necessaria una chemioterapia, unasportazione
abbastanza abbondante, con esame istologico conseguente, dei linfonodi, sia quelli pi vicini che quelli
pi lontani alla zona colpita da tumore. Questo ci interessa sempre (lo vedremo anche col tumore della
mammella la volta prossima) perch la presenza o meno di linfonodi colpiti dalla malattia veramente
importante per definire se un paziente pu giovarsi o meno di un trattamento chemioterapico adiuvante.
Quindi, il fatto che il chirurgo non porti via un numero sufficientemente alto di linfonodi (qui
standardizzato come dodici) mette in difficolt loncologo che deve stabilire le tappe successive della
terapia.
Questa diapo (fotografia di una TAC) mostra come spesso ci siano situazioni (questo un cancro del
colon molto esteso) in cui lestensione del cancro non importante per decidere se fare o meno una
terapia adiuvante: questa signora stata operata, stato portato via tutto e a 15 anni dallintervento

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chirurgico sta benissimo, non ha fatto nessuna chemioterapia adiuvante post-chirurgica pur essendo un
tumore molto grosso, perch? Perch non erano stati visti dei linfonodi.
Per capire se dobbiamo fare una terapia adiuvante post-chirurgia in oncologia noi dobbiamo conoscere
due cose:
1) qual il livello di rischio di ricaduta della malattia, cio qual il rischio di recidiva neoplastica; il
rischio di recidiva neoplastica ci viene dato dalla stadiazione patologica perch stiamo ragionando su
gente operata.
2) se esiste un trattamento medico che possa essere utile per ridurre il rischio di recidiva.
In altri termini, per il cancro del colon se abbiamo dei trattamenti chemioterapici che siano in grado di
ridurre il rischio di recidiva o il rischio di morte per recidiva tumorale.
Per spiegarvi meglio come si procede vi mostro questi diagrammi (slide 67):
nel 1986 viene fuori questo studio, che uno dei pochi che riportano (per chirurgia di quei tempi) la
probabilit di sopravvivenza del pazienti in relazione alla stadiazione (Dukes A che corrisponde allo
stadio 1, Dukes B al 2, etc.).
Perch vi mostro questa diapo cos
vecchia?
Perch da un certo momento in poi nella
terapia dei tumori (in particolare del
colon) si incominciato ad utilizzare un
trattamento chemioterapico adiuvante ed
oggi per alcuni tumori obbligatorio,
cio c lindicazione di trattamento
adiuvante perch dimostrato che
riduce il livello di rischio di recidiva e il
livello di rischio di mortalit.
In queste curve di sinistra voi vedete
che, prendendo persone che sono state
operate o che non sono state operate o
sono state operate solamente per
questioni gravi e non sono state trattate
dopo lintervento, in funzione della
stadiazione il livello di rischio di
mortalit a 6-7 anni aumenta, quindi la probabilit di sopravvivenza si riduce in funzione dello stadio.
Questo importante perch ci dice che in questi gruppi di persone coloro che avevano uno stadio 1 o 1A
o B hanno un rischio mortalit sovrapponibile a questa linea retta che la popolazione standard
comparabile et sesso ai gruppi che sono studiati.
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Cio chi ha un cancro in questa stadiazione e gli stato asportato tumore ha una probabilit di
sopravvivenza pari a quello della popolazione generale, quindi questo ci dice persone che hanno questo
livello di rischio non hanno bisogno di nessuna chemioterapia post-operatoria perch sono gi guariti con
la chirurgia.
Invece diverso il rischio per pazienti agli stadi Dukes B2 (40% di rischio) ma soprattutto per quelli allo
stadio Dukes C (linfonodi colpiti) che hanno il 60% di rischio e poi, ovviamente, quelli al Dukes D
(metastasi) che hanno il 100% di rischio.

STUDIO DELLA MAYO CLINIC SU PAZIENTI IN STADIO 3 (Dukes C)


A qualcuno nella Mayo Clinic, negli anni 80-90, venne in mente di somministrare uno dei farmaci
basilari nel trattamento dei tumori Gastrointestinali, il 5-Fluoro-Uracile, a pazienti radicalmente operati
per carcinoma stadio C di Dukes, quindi allo stadio 3.
Queste 900 persone operate di tumore allo stadio C di Dukes furono distribuite in 3 gruppi:
Un gruppo a cui non era somministrato nulla (gruppo di follow-up);
Un gruppo a cui veniva somministrato il Levamisole, una sostanza ora non pi usata, allepoca si
riteneva fosse un immunomodulatore;
Un gruppo a cui veniva somministrato per 6 mesi Levamisole + 5-Fluoro-Uracile.
Risultati:
rispetto alla curva dei pazienti che aveva ricevuto il 5-Fluoro-Uracile, cio un chemioterapico attivo,
dopo la chirurgia, gli altri gruppi di pazienti, che non avevano di fatto ricevuto nulla, avevano una
probabilit di sopravvivenza significativamente inferiore al trattamento attivo, con una differenza del
20%, cio dal 40% di probabilit di sopravvivenza a 7-8-9 anni di chi non aveva fatto la chemioterapia al
60% di probabilit di sopravvivenza nello stesso lasso di tempo nei pazienti che avevano ricevuto la
chemioterapia.
Questa stata una delle prime dimostrazioni che un trattamento chemioterapico in un paziente con
tumore operato radicalmente, in certe situazioni, cambia la probabilit di sopravvivenza del malato.
(immagine nella pagina successiva)

STUDIO SU PAZIENTI IN STADIO 2B


Qualcuno successivamente ha pensato: Poich stato dimostrato che allo stadio 3 c effettivamente un
guadagno in termini di sopravvivenza, perch allora non proviamo anche a fare una chemio nello stadio
2B, dove la probabilit di morte a 6 anni dallintervento chirurgico pi alta che non nella popolazione
generale?

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Ecco che allora venuto fuori uno studio, conclusosi abbastanza recentemente, 4 anni fa, che ha preso un
numero enorme di persone (migliaia, perch era uno studio multicentrico) che sono state operate di
cancro del colon e che sono state divise in tre categorie a seconda della classe prognostica:
stadio 3, quindi linfonodi colpiti;
stadio 2, diviso in due sottostadi:
quelli che avevano aspetti prognostici negativi, cio quelle persone che sono pi a rischio di recidiva
tumorale e sono quelle in B2;
quelli che non ne avevano, cio quelle in B1.
Osservando la curva ci accorgiamo anche che in termini di probabilit di sopravvivenza questi B2, cio
senza linfonodi colpiti, hanno una probabilit di morte pi alta addirittura di quelli che sono stati operati
per Dukes C e che hanno da uno a tre linfonodi colpiti (quindi una malattia a rischio di recidive) per,
sorprendentemente, anche quelli del B2, cos come quelli del B1, non c nessuna differenza se fanno o
non fanno chemioterapia.
Quindi, nonostante ci sia un rischio aumentato, se anche gli faccio la chemioterapia non gli d alcun
beneficio, quindi sono a rischio di ricaduta e mortalit ma non sono aiutati dalla chemioterapia.

Al contrario, questi dati confermano quello che era stato visto 30 anni fa, cio che se noi facciamo
chemioterapia a queste persone in stadio 3 abbiamo un guadagno sensibile in termini di sopravvivenza.
Quindi quello che voi dovete ricordarvi che tutti i pazienti nello stadio 3, cio coi linfonodi positivi,
dovrebbero essere candidati ad un trattamento chemioterapico adiuvante che devessere intrapreso a 6-8

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settimane dalla chirurgia, naturalmente in assenza di co-morbidit: se io ho un cardiopatico grave, so che


il 5-Fluoro-Uracile un tossico per lapparato C-V e non gli propongo una terapia adiuvante (tanto
comunque devo sempre considerare che lui ha il 50% di probabilit di esser guarito), non posso
ammazzarlo io con la chemioterapia per fargli guadagnare un 50%; questo un aspetto molto particolare
che dipende dalle persone e dalla confidenza che si ha con certi farmaci.
ALTRI FARMACI
Io vi avevo mostrato solo il 5-Fluoro-Uracile; in realt oggi una combinazione molto efficace, pi
efficace del 5-Fluoro-Uracile da solo, data da 5-Fluoro-Uracile + Oxaliplatino, ad esempio nello
schema FOLFOX (che si utilizza nel cancro del colon avanzato) o nello schema

XELOX con

Oxaliplatino e Capacitabina (che data per bocca) al posto del 5-Fluoro-Uracile.


La differenza questa: pazienti allo stadio 3, con linfonodi colpiti e radicalmente operati, se vengono
sottoposti trattamento con solo 5-Fluoro-Uracile hanno una probabilit di sopravvivenza a 40 mesi senza
recidive di circa il 60-65%, se invece mettiamo anche lOxaliplatino il guadagno arriva al 71-72%
(chemioterapia che viene somministrata per endovena con infusione 2 giorni ogni 15, 12 infusioni in 6
mesi).
Quindi:
- se uno non fa niente ha il 40% di probabilit sopravvivenza o recidiva;
- se uno mette il 5-Fluoro-Uracile ha 65% di probabilit di sopravvivenza;
- se uno mette il FOLFOX pu arrivare fino al 75-80%.
Quindi passa da un quasi morto (quasi recidivato) ad un quasi guarito
Quindi, la terapia per lo stadio 3 indicata.

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PROBLEMATICHE RIGUARDANTI LA CHEMIOTERAPIA IN STADIO 2


Qualcuno ha detto: per c questo stadio 2 sempre con fattori prognostici negativi (stadio T3, stadio
T4, invasione vascolare, ascessualizzazione, cio alcuni elementi anatomo-patologici sfavorevoli dal
punto di vista prognostico) non possiamo fare proprio nulla?
Sembra ( ma non c unevidenza reale) che qualche chemioterapia, a dispetto della casistica generale,
qualche risultato lo dia sicch le linee guida nazionali ed internazionali ci dicono che, pur non essendoci
unevidenza reale c il sospetto che per queste particolari condizioni potrebbe essere proposta una terapia
adiuvante, pur in assenza di dati prospettici.
Questo vi dice che, mentre nello stadio 3 indicato (quindi voi siete tutelati anche da un punto di vista
medico-legale), nello stadio 2, anche se ad alto rischio non c nessuna tutela reale quindi, se io tratto
un malato che nello stadio 2 per cercare di dargli un beneficio che non stato dimostrato da studi
clinici, anche su sua pressione, e questa persona per esempio ha un difetto di un enzima che metabolizza
il 5-Fluoro-Uracile e muore, io posso aver indotto una morte attraverso una terapia non giustificata
dallevidenza clinica ma solamente suggerita dalla comunit medica nazionale ed internazionale. Questa
una cosa che in oncologia medica ricorre per molti tumori e che occupa quello spazio di discrezionalit
allinterno del quale un oncologo medico o il gruppo di medici che decide, per quanto possa aver
informato il paziente, si trova una posizione etica e legale assolutamente pericolosa.
Purtroppo questo ricorre per molti tumori, quindi cosa facciamo?

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C unevidenza? No, c evidenza debole allora finch levidenza debole tu la bypassi perch stai
facendo un trattamento per lulcera duodenale e dai il Pantoprazolo anzich lOmeprazolo pur essendo
evidente che meglio luno piuttosto che laltro ma tu pensi che possa essere pi utile, al massimo puoi
causare qualche problema di secrezione me qui, se sbagli a dare un chemioterapico, puoi dare
effettivamente delle lesioni permanenti gravi o morte
Io ho avuto occasione, per questioni giudiziarie, di vedere malati che sono morti perch non avevano
questo enzima, cio quelli per i quali il 5-Fluoro-Uracile rimasto in circolo sempre perch non stato
metabolizzato e son delle morti orribili perch un veleno che ti rimane quindi nel giro di 2-3 settimane
si brucia tutto, anche dal punto di vista dellevoluzione clinica sono delle condizioni tremende; se
succede ad un persona che ha un cancro avanzato si dice Vabb, cera solo quella strada l, ma se
succede ad una persona che pu essere guarita 40% e gli vuoi far guadagnare un 20-30% e poi invece gli
procuri la morte, allora voi capite che i dilemmi etici diventano molto forti; poi ci sono i dilemmi legali,
perch in questi casi il consenso informato (che serve a condannarti se non lo fai firmare) non ti protegge
[non sono le parole esatte del prof ma il senso questo], per cui se non c unevidenza forte che
giustifichi un certo provvedimento tua discrezionalit affrontare un rischio etico nei confronti del
malato e legale nei confronti della magistratura.
un problema, come potete capire, abbastanza rilevante.
Quindi, cosa dovete ricordare?
Terapia adiuvante:
1. cos
2. quando si utilizza nel cancro del colon
3. quali sono i criteri per utilizzare un trattamento adiuvante in oncologia generale
DOMANDA: C un test per sapere se uno deficitario dellenzima che metabolizza il 5-FluoroUracile?
RISPOSTA: s, c, per ha una sensibilit abbastanza bassa e soprattutto ha dei tempi di realizzazione
abbastanza lunghi, quindi alla fine corri il rischio di superare quel periodo entro il quale puoi iniziare una
chemioterapia perch senn poi superato quel periodo di tempo non hai la misura esatta di come pu
evolvere la condizione del paziente.

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Metastasi epatiche da cancro del colon


Prof. Biasco
Le metastasi epatiche costituiscono una problematica particolare del cancro del colon.
La locandina che vedete nella slide risale ad convegno di chirurghi che si interessavano di queste
patologie e si svolse per fare il punto sul trattamento delle metastasi epatiche; non port delle grandi
conclusioni, per io vorrei fare con voi un ragionamento che si basa su una flow chart, perch grazie alla
flow chart possiamo decidere dove meglio andare e su diverse tappe della flow chart vedremo quali sono
le evidenze pi o meno storiche che abbiamo per muoverci in un modo o nellaltro.
FLOW CHART COMPLETA

PRIMO STEP DELLA FLOW CHART: RESECABILIT


Partiamo sempre dal presupposto che il gold standard per le metastasi epatiche, come per tutti i tumori,
la chirurgia.
Di fronte ad un paziente con metastasi epatiche da cancro del colon la prima domanda che voi vi dovete
fare qual ?
Sono resecabili o no? Quali sono i criteri di resecabilit? Sono applicabili in tutte le situazioni?

Criteri di non resecabilit


Pi di 5 lesioni bilaterali;

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Invasione dellilo epatico;


Invasione dei dotti biliari principali;
Trombosi venosa portale;
Lesioni vicino alla vena cava;
Presenza di cirrosi epatica severa (ci sono rischi operatori legati sia allanestesia che allintervento
chirurgico in s).
Questultimo punto particolarmente curioso, perch si visto che chi ha la cirrosi assieme al cancro del
colon ha meno probabilit di metastasi epatiche rispetto a chi ha fegato sano; questa la teoria Seed and
Soil, cio del seme e del terreno, di cui abbiamo parlato nelle prime lezioni: perch le metastasi del
cancro della prostata vanno alle ossa, ai polmoni (tardivamente) e non al fegato? Perch le metastasi del
cancro alla mammella vanno al cervello mentre quelle del cancro al colon (teoricamente) non vanno l?
Perch evidentemente in quei tessuti c una condizione tissulare particolarmente favorevole allo
sviluppo del tumore. chiaro, non detto che chi ha la cirrosi non avr mai metastasi epatiche, ma
sicuramente ha un rischio minore (poi magari muore prima per la cirrosi che non per il tumore).
Al termine del convegno di 15 anni fa i chirurghi hanno concluso che lindicazione per la chirurgia
meno restrittiva di un tempo (quindi quei Criteri di non resecabilit non sono sempre significativi), quindi
tutto di gioca sullesperienza del chirurgo e del suo team. Quindi, alla domanda su quali sono i criteri di
non resecabilit, non sempre tutti i chirurghi la pensano allo stesso modo: di fatto la discrezionalit
molto forte.
Tempo fa ci arriva un paziente con 15 metastasi bilobari, lo faccio vedere al Dottor Ercolani (ndr: il
chirurgo che interverr nella parte successiva della lezione), le metastasi non sono in corsa (non stanno
progredendo) e allora questo paziente giudicato non operabile viene operato.
SECONDO STEP DELLA FLOW CHART: QUANDO SI PRESENTANO LE METASTASI?
Se il chirurgo ci dice che il paziente operabile, noi dobbiamo saper dire se le metastasi sono sincrone o
metcrone.
Definizioni:
Se alla prima diagnosi di cancro del colon vediamo contemporaneamente una metastasi epatica, allora
quella una metastasi sincrona
(cancro del colon con metastasi
epatica operabile;
Se invece la metastasi epatica la
notiamo durante il follow-up
(cancro del colon operato), allora
metcrona.
Le due situazioni possono essere
trattate in maniera diversa, perch
mentre

le

metastasi

sincrone

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potrebbero essere operate contemporaneamente al tumore primitivo, le metastasi metacrone tutta


unaltra storia, perch bisogna vedere quando sono comparse (entro i 6 mesi sono considerate sincrone).
Metastasi sincrone
Supponiamo di trovarci nella prima situazione: cancro del colon operabile con metastasi sincrone.
Qui ci possono essere due impostazioni diverse:
1.

se una metastasi piccola che facilmente asportabile, allora si fa la chirurgia contemporaneamente

2.

a quella del cancro del colon;


se sono metastasi grandi o multiple (ma sempre resecabili secondo il chirurgo), ecco allora che
bisogna prendere in considerazione forte la chemioterapia neo-adiuvante, quindi siamo in una
condizione in cui il chirurgo potrebbe operare le metastasi per opera solo il tumore primitivo e
lascia le metastasi per fare la chemioterapia e poi ricorrere alla chirurgia.
Ci vuole un po di coraggio per prendere queste decisioni ma possono essere prese perch se il
chirurgo fa un doppio intervento su delle metastasi del fegato grosse e multiple, ci sono una serie di
aspetti negativi ed aspetti positivi che devono esser presi in considerazione e, soprattutto, di quelli
elencati, quelli pi importanti sono la conoscenza storia naturale delle metastasi e la
chemiosensibilit in vivo; cio le metastasi possono essere tolte per lasportazione chirurgica pu
portare dei problemi anche in termini di mortalit (anche se adesso si un po ridotta), complicanze
perioperatorie ma soprattutto quello che ci interessa sapere se quelle metastasi hanno una
chemiosensibilit o no e quanto stanno andando avanti perch io posso anche proporre al chirurgo di
fare una chirurgia complessa (quindi aumentare la pericolosit dellintervento chirurgico in s) per
se quelle metastasi sono in corsa corriamo il rischio che dopo un mese quel malato che ha subito un

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intervento importante abbia di nuovo delle metastasi epatiche e poi non sappiamo pi cosa fare.
DOMANDA: Quando parliamo di chirurgia, si intende sempre chirurgia radicale?
RISPOSTA: S
DOMANDA: E invece cosa mi dice delle tecniche come ablazione alcolica o altro?
RISPOSTA: Quello lo vediamo dopo. Limportante, ripeto, conoscere la storia naturale delle metastasi,
con che ritmo stanno crescendo e se sono chemiosensibili: te la sentiresti, ad esempio, di lasciare l delle
metastasi che non sono chemiosensibili, che adesso sono operabili ma un domani non lo saranno pi?
Naturalmente, se si segue questa strategia, il malato va seguito molto da vicino per far s che non ci scappi
la finestra di operabilit.

Quindi c questa opzione da considerare che, poi vedremo, pu risultare vincente.


Metastasi metacrone
Se le metastasi sono metacrone allora le possibilit sono due:
se sono operabili e vuoi ottenere le stesse informazioni che vorresti ottenere nelle metastasi sincrone
allora adotti la stessa procedura, cio chemioterapia neo-adiuvante e poi fai la chirurgia; perch questo?
Perch comunque ti interessa
sapere come stanno andando
avanti le metastasi e ti interessa
sapere come rispondono ad un
certo tipo di terapia perch poi
devi

giudicare

trattamento

se

dopo

chirurgico

il

opportuno inserire il trattamento


chemioterapico adiuvante postchirurgico.
Quindi c un po di differenza,
che per le sincrone legata al
fatto che sono metastasi che
prevedono
un
intervento
chirurgico pi complesso (colon
+ fegato), per le metacrone un
po meno complesso (solo fegato)
per possiamo sempre cercare di
capire e temporeggiare un po.

METASTASI NON RESECABILI

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Le metastasi non resecabili sono un disastro totale: sono quelle, per esempio, vicine alla vena cava, che si
attaccano al diaframma, etc.
Se ci sono dei problemi clinici correlati importanti, allora si pu pensare di lasciar perdere tutto e fare una
chemioterapia e/o dei trattamenti locoregionali non chirurgici.

Se, invece, non ci sono dei problemi clinici allora si pu pensare di fare debulking (ma questo in genere
non si fa pi) o di fare una chemioterapia pre-chirurgica, cio a dire una terapia per i tumori avanzati e,
poich so che questa terapia abbastanza efficace, dopo la terapia (siccome la % di risposta col
FOLFOX del 50%) allora con la terapia facciamo una ri-stadiazione (nota del prof: in questa
circostanza lunica cosa che sbagliata il termine neo-adiuvante perch questi vi ho detto sono dei
tumori non operabili e vi ho detto che invece neo-adiuvante si intende SOLO per le metastasi operabili,
quindi io ho messo neo-adiuvante sbagliando che vuol dire che una terapia per i tumori avanzati).
Al momento della ri-stadiazione ci possiamo trovare davanti tre situazioni diverse:
1. metastasi andate via del tutto dopo la chemioterapia;
2.

metastasi andate via solo in parte, quindi c stata una risposta parziale;

3.

metastasi che rimangono sempre quelle, malattia in progressione; in questo caso facciamo solo una
chemioterapia ti mantenimento per allungare la storia naturale, non abbiamo la presunzione di guarire
la malattia.

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Se abbiamo completa o una risposta parziale che porta le metastasi da inoperabili ad operabili, passiamo
alla chirurgia: se la chirurgia fattibile, la facciamo e dopo si pu fare una chemioterapia post-operatoria.

Per dimostrarvi lefficacia di un trattamento chemioterapico pre-operatorio per metastasi epatiche


metacrone non operabili, vi mostro questo risultato storico del 2001: qui voi vedete quello che successo
a 151 pazienti con metastasi epatiche da cancro del colon non operabili alla diagnosi.
Tutti questi 151 pazienti hanno ricevuto un trattamento chemioterapico pre-operatorio.
Cosa successo?

Per 74 pazienti non cera stata possibilit di intervento chirurgico, cio la chirurgia non stata una
chirurgia radicale o non stata fatta e nel giro di 6 anni dallosservazione sono deceduti.
Invece gli altri 77 pazienti sono passati dallinoperabilit alloperabilit ed hanno avuto una % di
sopravvivenza a 9 anni del 30-35%; voi mi direte che molto poco per qui in mezzo ci sono anche 58
pazienti, quindi 2/3, che hanno avuto una resezione R0 e guardate: se si riesce ad ottenere una resezione
completa di un cancro metastatico del fegato non operabile, la % di sopravvivenza sale al 50%.
Queste persone qui, prima della chemioterapia pre-operatoria, a 4 anni erano tutte morte, adesso a 4 anni,
anche di pi, sono al 50% vivi: questo il vero progresso delloncologia nelle metastasi epatiche da
cancro del colon degli ultimi 10-15 anni, ovvero trovare una formula giusta per ridurre la massa tumorale
e portarla allintervento radicale e, con esso, guarire al 50% le persone.

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Questo non cos scontato perch in altri tumori (come quello del polmone) anche se asporto tutta la
massa non ho gli stessi risultati.
Facendo un piccolo passo indietro, vi voglio far vedere solo unultima cosa che questa e che ci riporta
un po indietro e che giustifica, anche per i pazienti che potevano essere operati subito, che fare la terapia
neo-adiuvante ed aggiungere una terapia adiuvante dopo la chirurgia c un guadagno in termini di
intervallo di sopravvivenza anche se i malati potrebbero essere resecati senza chemioterapia e invece sono
stati resecati dopo la chemioterapia adiuvante.

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Terapia termoablativa (radiofrequenza) e


terapia chirurgica delle metastasi epatiche
ottobre 23, 2014 (2a parte della lezione di Oncologia Medica)

Radiofrequenza
Dott.ssa Carla Serra (medico)
La radiofrequenza un trattamento percutaneo locoregionale delle metastasi ed il pi consolidato nella
pratica medica.
Come vedrete anche nella parte successiva, senza dubbio la chirurgia il gold standard ed offre le
maggiori opportunit curative per il paziente, per va considerato che solo un 10-15% di pazienti con
metastasi hanno opzioni chirurgiche perch molto spesso abbiamo a che fare con malati che oltre alla
malattia neoplastica hanno una malattia extraepatica o altre co-morbidit che limitano le possibilit di
fare lintervento chirurgico, poi ci sono alcune caratteristiche proprie del tumore come la numerosit
oppure la sede delle metastasi che possono portare ad una malattia che non chirurgicamente trattabile,
per cui vi dicevo che queste tecniche ablative in particolare la radiofrequenza sono diventate uno
strumento ulteriore nella mano delloncologo per poter offrire al malato delle opportunit di aumentare la
sopravvivenza.
allora, di che cosa stiamo parlando? parliamo di una tecnica di distruzione in situ quindi a differenza della
chirurgia il tessuto non viene asportato ma si determina una necrosi utilizzando il calore generato da onde
di radiofrequenza alternate che creano uno spostamento di ioni intracellulari che determina per frizione il
riscaldamento intracellulare.
voi sapete che sia le cellule tumorali che quelle non tumorali sono sensibili alleffetto necrotizzante del
calore, gi a 35-45 si producono dei danni ancora reversibili degli enzimi cellulari che per se queste
temperature vengono prolungate oltre i 25 minuti diventano irreversilibili. naturalmente pi aumentiamo
il calore, quindi superiamo i 60 in pochi minuti si ottiene una necrosi coagulativa, addirittura a pi di
100 abbiamo fenomeni di evaporazione e carbonizzazione.
Temperature che non consigliabile ottenere, per cui una necrosi ottimale che noi utilizziamo 75-95
che ci permette di evitare la carbonizzazione che impedisce al calore di espandersi quindi ottenere una
carbonizzazione significa ottenere una necrosi limitata.
Ci sono in campo medico delle onde a radiofrequenza (quindi elettromagnetiche) generate da generatori
che usano frequenze medie tra i 480 e i 500 kHz.
Viene creato un circuito un cui un elemeno monopolare che lago (che rappresenta lelettrodo attivo)
viene messo allinterno del fegato (quindi allinterno della lesione), poi abbiamo delle placche sulle cosce

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che rappresentano lelettrodo dispersivo, quindi il generatore, la punta dellago e le placche costituiscono
un circuito allinterno di questo circuito si crea per effetto di frizione di ioni cellulari il danno da calore.
importante per ottenere delle buone necrosi che coprano tutta larea da trattare, fare in modo che il
calore si diffonda in modo omogeneo attorno alla punta dellago, ci sono tanti fattori che condizionano la

grandezza dellarea di necrosi che sono il diametro dellago, la lunghezza della punta che viene esposta e
quindi della punta attiva, la durata, la temperatura utilizzata, tenendo conto che attorno allago, quindi alla
lesione, abbiamo i vasi che voi sapete contengono sangue, che a 37: il sangue funge da elemento di
raffreddamento quindi un limite a questa tecnica perch porta via il calore, quindi la dispersione
termica uno dei maggiori problemi che abbiamo per aumentare larea di necrosi; perci sono state
attuate varie strategie, tra cui quella di mettere aghi multipli, quella di raffreddare la punta dellago oppure
utilizzare aghi che hanno degli uncini multipli o addirittura introduciamo degli aghi multipli che sono
paralleli luno allaltro e vi faccio lesempio di alcune di queste tecniche: questa la tecnica che
utilizziamo noi con cui abbiamo un unico ago o un ago con tre punte in cui allinterno scorre acqua fredda
(a 5) che fa s da ridurre i fenomeni di carbonizzazione quindi permette lestensione della necrosi. per
possibile utilizzare questi aghi ad ombrello con degli uncini che vengono fatti uscire dalla punta con un
entit a seconda dellentit della lesione, quindi vengono fatti fuoriuscire di 1cm se la lesione piccola,
addirittura 3cm se la lesione grande, vedete che la somma del danno che si crea attorno ad ogni uncino

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porta alla necrosi di tutta la lesione. un altro tipo di ago lago a tulipano, ugualmente la somma necrosi
fatta attorno ad ogni uncino d poi lesito finale.
vedete che non importa quale tecnica noi usiamo, spesso la preferenza del medico che orienta verso un
ago o verso un altro, per limportante ottenere una necrosi coagulativa che ci permette di fare un
trattamento radicale, quindi poter ablare completamente la lesione e possibilmente di andare su lesioni
sempre di maggiori dimensioni e gli studi hanno dimostrato che i vari tipi di aghi hanno risultati
abbastanza sovrapponibili.
POSSIBILIT DI ESECUZIONE
questa tecnica ha molte possibilit di esecuzione perch sentirete che pu essere fatta per via percutanea
eco-guidata, talvolta, soprattutto negli USA, dove si usa poco lEcografia, viene utilizzata per via TACguidata o per via RM-guidata, oppure pu essere eseguita per via laparoscopica, quindi da un chirurgo o
assieme ad un chirurgo, o laparotomica e pu essere fatta sia in un laboratorio dedicato ad ecografia ed
interventistica oppure in sala operatoria, perch? perch pu essere fatta in analgesia, in sedo-analgesia
con o senza lanestesista o in anestesia generale, quindi a seconda delle sedi e delle preferenze del medico
ci sono varie possibilit.
in Italia viene fatta solo in regime di ricovero, negli USA in regime di day-Hospital e la sera mandano il
paziente a casa.
Vedete che qui usiamo lecografia come guida perch dobbiamo infiggere lago esattamente al centro del
tumore; [ndr: la dottoressa fa vedere un video] grazie alleco localizziamo il tumore che si trattava di una
metastasi epatica da tumore del colon-retto abbastanza grandina su un paziente che non aveva possibilit
di intervento chirurgico per problematiche cardiache per cui era stato escluso; qui analizziamo meglio la
lesione dal punto di vista vascolare con unaltra tecnica molto innovativa che lecografia con mezzo di
contrasto che ci permette di definire bene il margine della lesione e di verificare che ci siano altre lesioni,
in effetti, vedete, questo era il trattamento di due lesioni perch durante lesame se ne vede una seconda
pi piccolina; naturalmente bisogna essere precisi quindi oggi permesso usare dei device che vengono
attaccati alla sonda per poter essere precisi al millimetro, quindi viene attaccato questo dispositivo
lateralmente alla sonda, viene scelta una guida che corrisponda alle dimensioni dellago e quindi vedrete
che la lesione verr centrata nel modo perfetto; questa una procedura che noi facciamo in un
ambulatorio che viene dedicato allinterventistica, in questo caso vedete che il paziente sveglio, ci
parliamo perch necessaria la collaborazione del malato, vedete che gi il primo ago arriva e viene
introdotto perifericamente alla lesione, si fa unanestesia cutanea, delle piccole incisioni con un bisturi per
favorire lingresso dellago, il secondo ago gi stato introdotto ed infine vedete il terzo ago, quindi la
possibilit di trattare lesioni sempre pi grandi, quindi vedete che a questo punto monitoriamo grazie

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allecografia lefficacia del trattamento, perch vedete questa nubecola bianca che si sta formando, sono i
vapori del trattamento che stanno coprendo la lesione completamente, quindi durante la procedura la
lesione viene monitorata; poi naturalmente c la possibilit di vedere subito larea di necrosi con
unecografia con mezzo di contrasto, naturalmente per le metastasi importante coprire tutta la lesione
possibilmente avere un alone di un 1-1,5 cm di margine di sicurezza.
Ci sono controindicazioni a questa metodica: bisogna stare attenti a non danneggiare strutture
fondamentali che possono essere i grossi vasi, la colecisti, lintestino e bisogna stare attendi alle lesioni
sottodiaframmatiche, a non creare pneumotorace o, in caso di lesioni sottoglissoniane a non creare
emoperioneo, normalmente ci vogliono dei valori coagulazione permissivi che sono piastrine >50.000 e
un PTI >50%.
le complicanze sono possibili danni vascolari, trombosi portale, trombosi delle sovraepatiche,
complicanze biliari (soprattutto se bruciamo grossi rami biliari) e dare angiobiloma o emobilia,
extraepatiche (possiamo bruciare lintestino e dare necrosi intestinale o la colecisti e dare colecistite),
pneumotorace o un altro problema pu essere il seeding, cio nellintroduzione e nella fuoriuscita dellago
possiamo disseminare delle cellule neoplastiche lungo il tragitto, anche se, per ridurre questo tipo di
complicanza estraiamo lago a caldo per bruciare il tragitto dellago stesso.
le complicanze sono state studiate su studi multicentrici che hanno racimolato un numero elevato di casi,
le complicanze maggiori sono del 2.4%, mortalit 0.04% quindi diciamo che una metodica invasiva
che dal punto di vista della morbidit e della mortalit accettabile per non scevra da complicanze;
unaltra conseguenza dovuta al riassorbimento dei prodotti di necrosi che noi creiamo e che lasciamo in
situ la sindrome post-ablativa, che insorge in 1/3 dei pazienti, una sindrome simil-influenzale
ritardata, insorge 3 giorni dopo la procedura e dura mediamente 5 giorni, correlata al volume ablato ed
alla quantit di tessuto che abbiamo bruciato, quindi sembra correlare al lavoro delle transaminasi dopo
lablazione. caratterizzata da febbre, malessere, sintomi da raffreddamento, a volte dolore e nausea.
i risultati di questa tecnica che vi ho esposto quali sono?
ho preso questa revisione che he preso in esame 107 articoli pubblicati e 16 abstract, vedete che la
sopravvivenza dopo radiofrequenza varia a seconda delle casistiche dal 14 al 55%, quindi abbiamo una
forbice abbastanza ampia, devo dire che i risultati meno positivi li abbiamo dai primi studi, quando la
tecnica era allinizio e si usavano tecniche poco avanzate, quindi c una learning curve. oggi gli
avanzamenti tecnologici delle ditte che producono questi device sono molto migliorati, quindi abbiamo
macchine sempre pi performanti, per se confrontiamo sempre in questa review i risultati di
radiofrequenza vs resezione, sia a 3 anni che a 5 anni sono inferiori sicuramente alla resezione ecco
perch la chirurgia rimane il gold standard per la metodica si difende.
quindi, c un posto per queste terapie nei confronti del paziente metastatico?
S, anche se la chirurgia rimane il gold standard, queste metodiche sono la seconda linea in associazione a
chemioterapia per cercare di dare un aumento della sopravvivenza in questi malati.

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Chirurgia delle metastasi epatiche


Prof. Giorgio Ercolani (chirurgo)
Per parlare delle indicazioni alla chirurgia, parto da un caso clinico:
un paziente (che nel 2012 aveva 60 anni) a cui viene diagnosticato un cancro del colon con metastasi
sincrone, quadri purtroppo sempre pi frequenti e che spesso ovviamente presentano una prognosi non
positiva se vi sono delle metastasi a distanza, in questo caso se ne vedevano due e ce nera unaltra
dubbia; viene operato allintestino di emicolectomia sinistra e splenectomia e dopo 2 mesi fa una TAC per
ri-stadiarlo: si conferma la presenza di metastasi epatiche e giustamente viene indirizzato ad un ciclo di
chemioterapia neo-adiuvante con lo scopo di ottenere una risposta su queste lesioni epatiche.
Il paziente viene ri-stadiato dopo circa 7-8 mesi, si conferma quella lesione sul VII segmento che era tra i
4 e i 5 cm ed era quella di dimensioni maggiori, ce nera unaltra piccolina sul III segmento e viene deciso
da chi lo tratta che sia meglio fargli una termoablazione, per cui viene trattato con una termoablazione e
poi, come diceva prima anche la Dott.ssa Serra, viene ripetuta la chemioterapia.
Interviene il Prof. Biasco: Questo un caso come quelli di cui parlavamo prima: un
malato con metastasi sincrone; erano operabili queste metastasi al momento della diagnosi?
Prof. Ercolani: Le metastasi erano operabili perch erano due abbastanza periferiche, non
enormi; ormai considerato resecabile tutto ci che asportabile mantenendo una quantit minima di
tessuto epatico funzionale
Prof. Biasco: Per in questo caso anzich operare subito si deciso di eseguire

la

chemioterapia anzich resecare le metastasi; dopodich stata eseguita la termoablazione, poi di nuovo
un altro ciclo di chemioterapia
Prof. Ercolani: unopzione che in alcuni centri viene praticata
Dott.ssa Serra: Io, se il Prof. Biasco me lavesse sottoposta, non lavrei fatta per due motivi:
1) questa una lesione periferica quindi, dal punto di vista chirurgico, ben fattibile e grandina, quindi
la mia possibilit di essere radicale bassa rispetto a lesioni piccole;
2) la lesione vicino al margine epatico, che io non posso fare quellalone di sicurezza di almeno 1 cm,
quindi sicuramente il rischio di una recidiva, perlomeno nel bordo, io ce lavrei; inoltre, per bruciare
bene una lesione di 5 cm ho bisogno di fare almeno 7 cm di necrosi che una necrosi abbastanza
importante, quindi io vedendo questa cosa direi: se possibile, mandatelo dal chirurgo.
Prof. Ercolani: indubbiamente una decisione border-line; penso che nel resto del mondo
avvenga frequentemente, non rarissimo, penso che uno studente di medicina dovrebbe avere il concetto
che, a tuttoggi, non tutti si comportano nella stessa maniera: il gold standard la chirurgia ma in realt
i centri pi piccoli sono meno abituati a trattare questo tipo di patologie quindi si tende a privilegiare la

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strada meno complessa che pu essere quella della radiofrequenza, che ha bassi tassi di morbidit e
mortalit, rispetto alla chirurgia che indubbiamente ha un approccio pi aggressivo e penso che questa
sia la discriminante per cui ancora oggi i pazienti di questo genere vengano trattati con termoablazione.
Questo paziente stato rivisto dopo altri 6 cicli di chemioterapia e qualche mese fa gli stata riproposta
una seconda termoablazione, vi faccio vedere le immagini (1:32:58):

Questa TAC stata


effettuata a distanza di
tempo dalla
termoablazione e la
freccia rossa indica il
tipico alone centrale delle
zone trattate; quello
attorno tutto tessuto
vitale.

Questa una foto dellintervento.

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Questa unaltra foto dellintervento.

Qui si vede quello di cui parlavamo prima:


questo quello che succede quando gli
interventi di termoablazione non sono eseguiti in
maniera perfetta e quindi si vede la linea di
passaggio dellago per la radiofrequenza; questo
uno dei motivi per cui poi ci pu essere il
cosiddetto seeding.

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Queste sono le lesioni.

Questo una ricostruzione del fegato per farvi capire come in questi casi di quantit
di fegato ne rimanga pi della met. In questi casi i rischi sono bassissimi perch, come
vi ho detto prima, il concetto di indicazione allintervento chirurgico e di resecabilit
delle possibilit chirurgiche di fare lintervento essenzialmente quello di poter
mantenere una quantit sufficiente di tessuto epatico per poter svolgere le funzioni
vitali. Questa quantit sufficiente in un fegato metastatico non cirrotico considerata
nellordine del 30% del suo volumente totale, quindi in questo caso ne rimasto a
sufficienza.

Quindi non c dubbio che a tuttoggi una certa quota di pazienti per X motivi non vengono inviati alla
chirurgia, dico per X motivi perch ovviamente c assoluta concordanza su quali pazienti non sono
fitness, cio in buoni condizioni generali, non riesca a supportare lintervento chirurgico pi che giusto
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indirizzarlo verso tecniche alternative, ma in realt molte volte i pazienti non vengono inviati
semplicemente per mancanza di collaborazione tra equipe medica ed equipe chirurgica come invece c in
questo ospedale dove tutte le volte che abbiamo un paziente complesso cerchiamo di discutere qual
lapproccio migliore.

Vi ho riportato le sopravvivenze medie di pazienti sottoposti soltanto alla chemioterapia ovvero non

resecati, cio che non vengono sottoposti ad intervento chirurgico.


Questo un altro caso come abbiamo visto prima.

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Quello che ancora oggi non avviene in tutti i centri quello che facciamo qua a Bologna: discutere per
verificare le condizioni di trattamento migliori sul singolo paziente.
Quello che la chirurgia deve cercare di fare quello di aumentare il numero di pazienti potenzialmente
resecabili; diverse sono le tecniche che ultimi 20 anni sono state implementate, probabilmente la chirurgia
epato-biliare stata quella che pi si sviluppata negli ultimi 20 anni, cercando di mantenere oltre
allefficacia, cio al fatto di essere curativa, anche di essere sicura, cio non devessere una chirurgia in
cui un paziente su due non esce dallospedale (perch altrimenti chiaro che sarebbe difficilmente
proponibile una tecnica in cui la met dei pazienti non sopravvivono) ma deve cercare di ridurre al
minimo quelle che sono le possibili complicanze.
In termini di efficacia (basandosi sul registro Europeo, con circa 20.000 pazienti inclusi) la chirurgia ha
dimostrato che la sopravvivenza a 5 anni intorno al 40% e a 10 anni del 26%: non esistono possibilit
per altri trattamenti di raggiungere questo tipo di sopravvivenza; se poi andiamo a prendere una serie di

Liver Met Survey 2012

lavori pubblicati in letteratura, le mediane degli ultimi anni di sopravvivenza a 5 anni vanno da 45 fino al

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60%, quindi non c subbio che negli ultimi 5-6 anni la capacit della chirurgia di migliorare loutcome di
questi pazienti, la loro sopravvivenza, sia pi che consolidata. (1:38:09)
Diverse sono le metodiche, non mi dilungo perch avrete modo di approfondirle in altre occasioni.

Vi faccio vedere in termini di indicazioni (questa una nostra casistica di Bologna): non c dubbio che
le metatasi colorettali rimangano lindicazione pi frequente alla chirurgia, esiste per la possibilit di
operare pazienti che hanno metastasi anche da altri distretti, come la mammella o i tumori neuroendocrini.

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Per quanto riguarda le sopravvivenze, ovviamente dipendono dalla sede del tumore primitivo, le
sopravvivenze questa la nostra casistica, vedete che siamo in termini di sopravvivenza a 5 anni per
resezioni epatiche per metastasi colo-rettali attorno al 36%, se voi andate ad analizzare le sopravvivenze
per metastasi ad altri distretti chiaramente le sopravvivenze variano, quelli che vanno meglio sono le
metastasi da tumori neuroendocrini perch sono quelli che meglio rispondono ai trattamenti
chemioterapici che ci sono oggi a disposizione.
Per quanto riguarda la safety, vi riporto questa che una nostra esperienza, dove la morbidit, le
complicanze dopo questo genere di interventi nellordine del 20%, mentre la mortalit nellordine del

2%; quindi sicuramente un intervento che rispetto alla radiofrequenza ha dei tassi di complicanze e
mortalit maggiori ma comunque abbastanza contenuti rispetto ai benefici che pazienti in cui si riesce a
resecare hanno a distanza.
Tornando al discorso delle indicazioni, quali sono pazienti operabili?
Il paziente tipo non esiste, nella pratica clinica vi troverete ad avere paziente con una o pi metastasi
piccole o con una metastasi grande; probabilmente se una metastasi molto grande quasi tutti saremo
daccordo sulloperarla perch non esiste una tecnica alternativa per riuscire a trattarla e, tutto sommato,
ununica grande metastasi. Gi sulle metastasi multiple c maggiore discussione, alcuni professionisti
potrebbero dire che sulle metastasi multiple c la prognosi peggiore, ed vero, per tutto sommato oggi
abbiamo sviluppato dei protocolli di trattamento per cui anche questi pazienti hanno possibilit di
sopravvivenza a distanza discrete in associazione con chemioterapia.
Questo un caso clinico del S.Orsola, paziente con metastasi sincrona da carcinoma colorettale, stato
asportato il tumore colorettale e siccome la metastasi era posizionata vicino ai peduncoli vascolari si
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deciso di fare delle chemioterapia, dopo la quale la lesione si ridotta di dimensioni e si potuto fare un
intervento abbastanza conservativo portando via la parte centrale, i segmenti centrali del fegato, lasciando
quelli di sinistra ed i segmenti posteriori.
Questa una metastasi singola che si cercato di ridurre con la chemioterapia perch posizionata a
ridosso di strutture vascolari importanti, per cui molto pericolosa.
Questa una paziente con metastasi multiple bilaterali che probabilmente se uno le vede dallinizio dice
ma questa impossibile che andr alla chirurgia e invece, dopo aver posizionato lo stent per fare in
modo che il paziente non avesse sintomatologia clinica sul tumore del colon, ha fatto chemioterapia e le
lesioni sono ridotte, poi stata applicata una metodica di embolizzazione portale (che consente di
chiudere il ramo destro della vena porta per dar s che il ramo sinistro si ipertrofizzi, diventi pi grande
per consentire di svolgere le funzioni vitali) e poi alla fine stata fatta lepatectomia destra allargata.
Quindi vedete che le metodiche sono diverse.
Se voi leggete la letteratura sulle metastasi colorettali vedrete che ci son diversi fattori prognostici
descritti (dimensioni, numero, tempo intercorso tra tumore primitivo e metastasi, linfonodi metastatici): la
realt che non esiste un unico fattore prognostico che vi possa dire questo paziente devessere operato,
questo no.
La cosa migliore da fare discutere insieme agli oncologi e a chi si occupa di radiofrequenza in team
multidisciplinare e decidere la strategia migliore (possibilmente finalizzata al portare il paziente in
condizioni di resecabilit), valutando lutilizzo eventuale di metodiche alternative, come la
radiofrequenza o la chemioterapia, ma sapendo che il Gold Standard la resezione chirurgica.

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NOTE FINALI DEL PROF. BIASCO


Io ho iniziato la lezione di oggi sulle metastasi epatiche con un primo punto: sono resecabili o non sono
resecabili?
Ho detto anche che la resecabilit dipende da tantissimi fattori: il primo tra tutti la confidenza che il
chirurgo ha su determinate situazioni, una visione di tipo oncologico che deve avere il chirurgo e che
deve discutere con loncologo e sicuramente avere anche il contributo, quando possibile, di ci che di
alternativo pu esservi alla chirurgia.
Solo in questo modo si riesce ad affrontare il singolo caso, perch in Medicina (e soprattutto in
Oncologia) non c quasi mai un bianco e un nero (cio delle situazioni tipo) ma ci sono una serie di
grigi.
Quello che oggi vi deve rimanere in presso questo: situazioni complesse come quella delle metastasi
epatiche non possono essere affrontate da una sola persona, c bisogno che tutte le persone che possano
dare il loro contributo lo diano e c bisogno che voi, sin da adesso ma poi in particolare quando sarete
medici, facendo tesoro di questi piccoli flashback, vi rendiate conto che su questioni cos delicate bisogna
cercare sempre di lavorare in squadra, ognuno deve essere conscio dei propri limiti.
DOMANDA: Quando si usano altre tecniche come embolizzazione ed alcolizzazione?
Dott.ssa Serra: Queste tecniche non si eseguono nelle metastasi,

sono

riservate

allepatocarcinoma perch un tumore peculiare, molto spesso capsulato, circondato da pareti ma


cirrotico, per cui lalcol riesce a rimanere nel tumore e avere la sua azione di trombosi dei vasi e
denaturazione delle proteine. stato tentato lalcol nelle metastasi ma i risultati non sono stati buoni,
per cui nella malattia metastatica lalcol non si usa, mentre nella terapia ablativa dellepatocarcinoma s.
Come altre tecniche per le metastasi, sempre percutanea, sta emergendo le microonde, che vanno molto
bene nelle metastasi per non ci sono ancora studi, anche se gi il prossimo anno potremmo parlare
delle microonde.
La chemioembolizzazione, altra tecnica radiologica che ha come obiettivo di arrivare nellarteria
epatica, quindi nel vaso afferente la lesione, la usiamo nellepatocarcinoma: viene iniettato
chemioterapico, chiusa larteria afferente al tumore, quindi funziona bene in un tumore altamente
vascolarizzato come lepatocarcinoma ed stata utilizzata nelle metastasi da tumore neuroendocrino,
anchesse metastasi altamente vascolarizzate; nelle metastasi da tumore colon-retto non hanno avuto gli
stessi risultati; sulle metastasi da colon-retto abbiamo avuto buoni risultati con la radioembolizzazione,
cio con lutilizzo di microsfere di Ittrio radioattivo che hanno dato discreti risultati; una tecnica che
riserviamo a quando le metastasi sono molto numerose, bilobari, perch una tecnica molto costosa che
irradia tutto lorgano e la riserviamo nei casi avanzati quando tutte le altre tecniche hanno fallito.
(Il Prof. Biasco si
precisazione
sulla
embolizzazione)

alessandro.pisano2@studio.unibo.it

rivolge al
differenza

Prof.
tra

V anno

93

Ercolani per chiedere


chemioembolizzazione

una
ed

14/15

a cura di: Alessandro Pisano

Unibo - Medicina e Chirurgia

Oncologia Medica a.a. 2014/15

Prof. Ercolani: la chemioembolizzazione liniezione, con embolizzazione, di particelle che hanno


lo scopo di distruggere il tumore che viene quasi sempre riservato agli epatocarcinomi e le metastasi da
tumore neuro-endocrino.
Lembolizzazione che vi ho detto io invece liniezione di particelle per via percutanea in un ramo della
porta (di solito il destro), particelle che devono occludere, quindi bloccare il flusso che arriva nel ramo
destro per deviare il flusso verso il ramo sinistro: in questo modo si induce una ipotrofia (ndr:
tecnicamente sarebbe una atrofia) dellemifegato di destra ed una ipertrofia dellemifegato di sinistra che
ha lo scopo di fare in modo che il fegato si adatti a funzionare solo con la parte sinistra.
Questa qui non ha finalit terapeutiche se non nel senso di consentire lintervento chirurgico a pi bassa
morbidit mentre laltra, cio la chemioembolizzazione, ha una finalit terapeutica, cio bisogna andare
a distruggere le cellule neoplastiche.
DOMANDA: Il trapianto di fegato pu essere considerato tra le opzioni terapeutiche come caso limite?
Prof. Ercolani: Fino al 2012-2013 non era considerato per le metastasi colorettali, le indicazioni
internazionali erano per i tumori primitivi e per alcuni casi di tumore neuroendocrino.
Lanno scorso un lavoro norvegese ha dimostrato che in casi selezionati pu avere un ruolo terapeutico;

per un lavoro sperimentale su circa 40 casi, quindi parliamo di ci che al momento non standard
ma oggetto di studio.

alessandro.pisano2@studio.unibo.it

V anno

94

15/15

ONCOLOGIA MEDICA 30/10/2014 Prof. Biasco


ENRICO MONTAGNANI

TUMORE DELLA MAMMELLA


Il tumore della mammella il tumore piu' studiato in assoluto, sia dai chirurghi, sia dai radioterapisti ma soprattutto
dagli oncologi medici, perch rappresenta il principale tumore visto che ha un'incidenza molto alta ed in continuo
incremento. Questo incremento dell'incidenza dato sia al cambiamento delle condizioni ambientali negli ultimi anni
sia all'aumento della vita media e soprattutto all'aumento delle procedure di screening che permettono di rilevare questo
tumore ad uno stadio piu' precoce (come accade anche per il tumore della prostata). Il tumore della mammella inoltre
il tumore che si piu' arricchito per quanto riguarda le possibilit terapeutiche. Il progresso nella cura della tumore della
mammella comparabile solo al progresso nella cura del melanoma.
Il tumore della mammella rappresenta il primo tumore per incidenza e per mortalit per quanto riguarda la donna.
Tipi istologici e citoarchitetturali: i tipi istologici-citologici sono molti (non vanno imparati tutti), ma va ricordato
che:
i piu' frequenti, che insieme rappresentano piu' del 90% dei casi, sono il carcinoma infiltrante di tipo non
specifico (NST) (70-80%) e il carcinoma lobulare infiltrante (5-15%);
i precursori del tumore sono le lesioni intraduttali;
i carcinomi duttali o in situ non sono dei carcinomi in senso stretto e sarebbe meglio utilizzare il termine
displasia o displasia severa;
Per quanto riguarda la classificazione di tipo architetturale-strutturale, che implica l'integrazione tra il dato istologico ed
il dato morfologico piu' ampio e che identifica delle varianti che possono avere evoluzioni e trattamenti diversi. Bisogna
ricordare 2 tumori mesenchimali (sarcomi):
angiosarcoma della mammella, tumore molto raro molto difficile da trattare che colpisce pz molto giovani
(30-35 anni) e presenta un rischio di recidiva molto alto,
carcinoma infiammatorio, che spesso viene confuso con una mastite (cio infiammazione non
carcinomatosa).
Stadiazione patologica TNM: cio la stadiazione che si basa sull'analisi istologica del tumore. Per il tumore della
mammella, come anche per il cancro del colon, il parametro piu' importante il parametro T, che in questo caso
identifica la dimensione massima del tumore (non ovviamente l'infiltrazione delle tonache come avviene per il cancro
del colon). Il parametro N invece tiene conto dei linfonodi e si ottengono diverse stadiazioni o sottostadiazioni a
seconda delle stazioni linfonodali interessate.
Sopravvivenza a 5 anni: A seconda dello stadio TNM nella stadiazione patologica si puo' ottenere una percentuale di
sopravvivenza a 5 anni: si ottengono vari stadi (1A, 1B, 2A, 2B, 3A, 3B, 3C e 4) che presentano una probabilit di
sopravvivenza a 5 anni decrescente, cio 87% per lo stadio 1 se trattato in modo adeguato e 12-15% per lo stadio 4.
I 5 anni di sopravvivvenza vengo presi per convenzione per molti tumori (dopo 5 anni scade anche l'esenzione 048), ma
non si puo' pero' considerare guarito un paziente dopo 5 anni, perch spesso si hanno ricadute anche molto dopo i 5 anni
anche se il tumore viene preso in uno stadio molto precoce: il tumore della mammella un tumore che difficilmente
guarisce totalmente.
Perch ci sono queste metastasi che riattivano il tumore? Le cellule tumorali si vanno a localizzare a livello midollare,
anche se il tumore ad uno stadio molto precoce. Cio' ha fatto pensare che il cancro della mammella fosse una malattia
sistemica fin dall'esordio, mettendo in crisi i programmi di screening. In realt le cose non sono cosi' semplici perch le
metastasi tumorali escono fuori dal midollo molto piu' frequentemente nello stadio 4 rispetto nello stadio 1: ha senso
fare un programma di screening in quanto prima si rileva la malattia maggiore la sopravvivenza.
Chirurgia:
Fattori prognostici: prognosi e trattamento chemioterapico adiuvante non si basano solo sulla classificazione TNM,
ma prendono in considerazione:
Dimensione tumore e stato dei linfonodi ascellari (classificazione TMN)
Grading istologico (cio il livello di differenziazione cellulare, G1, G2, ecc.)
Indici di proliferazione (cio il Ki67)
Tipo istologico
Invasione vascolare peritumorale
Presenza o meno di HER2 (per i tumori del colon invece si considera HER1)
Recettori ormonali
Et <35 anni

95

ONCOLOGIA MEDICA 30/10/2014 Prof. Biasco


ENRICO MONTAGNANI
Classificazione immunoistochimica: una classificazione che considera alcuni aspetti di immunoistochimica, cio la
presenza di alcuni recettori (es. HER2), ed identifica 5 categorie di rischio (luminar A, luminar B HER2 + o - ecc.) che
hanno prognosi abbastanza diversa.
Tumori operabili: la chirurgia radicale possibile in tutti gli stadi ad eccezione dello stadio 4. Nello stadio 4
l'intervento chirurgico al seno ha senso solo se presente ulcerazione o se si vuole studiare meglio il tumore, perch
NON possibile invece effettuare una chirurgica radicale. Per i tumori operabili si puo' effettuare 2 tipi di intervento:
Quadrantectomia (intervento conservativo): viene effettuato se non sono presenti metastasi linfonodali e
successivamente necessario fare sempre la radioterapia post-operatoria in assenza di controindicazioni.
Mastectomia radicale (intervento demolitivo), viene effettuata se il tumore in stadio avanzato e dopo di
essa non sempre necessario fare la radioterapia post-intervento se si crede che l'intervento sia stato radicale.
Trattamenti sistemici adiuvanti: esistono molto opzioni terapeutiche. Mentre la radioterapia adiuvante postquadrantectomia obbligatoria, la chemioterapia adiuvante dipende dai fattori prognostici visti precedentemente e dallo
stato del paziente (controllare se il chemioterapia non crei una tossicit non sostenibile dal pz). E' utile il trattamento
adiuvante? Dopo la chirurgica, la terapia sistemica riduce in modo significativo il rischio di recidiva e di morte: tuttavia
le curve di mortalit con e senza terapia fino a 10 anni fa non erano molto distanti, ma probabilmente la forbice negli
ultimi anni con i nuovi farmaci si allargata.
Classi di rischio: per decidere se effettuare la terapia adiuvante e quale fare (chemioterapia, ormonoterapia,
polichemio, monochemio, ecc.) e per valutare la prognosi del pz vanno prese in considerazioni le 3 classi di rischio (da
sapere per l'esame). La discriminante soprattutto la presenza o meno di metastasi linfonodale ed in secondo luogo
l'espressione dei recettori ormonali e del gene HER2.
Rischio basso: parametro N negativo e tutte le seguenti condizioni:
pT </= 2 cm
G1 (grado di differenziazione)
assenza di invasione vascolare peritumorale estesa
espressione di ER (recettore per gli estrogeni) e/o PgR (recettore per il progesterone)
mancata overespressione o amplificazione di HER2
et >/= 35 anni
Rischio intermedio:
se parametro N negativo e almeno una delle seguenti condizioni (non basta che i linfonodi non siano
coinvolti per avere un rischio basso):
pT > 2 cm
G2-3
presenza di invasione vascolare peritumorale
mancata espressione di ER e PgR
presenza di overespressione o amplicazione di HER2
et < 35 anni
oppure se N positivo (1-3 linfonodi coinvolti) e espressione di ER e/o PgR e mancata espressione o
amplificazione di HER2 (anche se linfonodi coinvolti quindi si puo' avere rischio intermedio)
Rischio alto: N positivo (1-3 linfonodi coinvolti) e mancata espressione di ER e PgR o presenza di
overespressione o amplificazione di HER2 oppure N positivo (4 o piu' linfonodi coinvolti).
Come tutte le categorizzazioni questa classificazione ha dei limiti che vanno valutati dal medico (es. pz con un solo
parametro alterato puo' essere comunque a basso rischio).
Dal punto di vista clinico le 3 classi di rischio identificano le diverse strategie terapeutiche:
Pz a rischio basso = non necessitano di chemioterapia, perch non aumenta la loro sopravvivenza e anzi
espone i pz agli effetti tossici della chemioterapia, ma hanno indicazione all'ormonoterapia (inibizione degli
estrogeni) per almeno 5 anni che allunga il periodo di tempo prima della ricaduta. Se stata fatta
quadrantectomia va fatta anche radioterapia.
Pz a rischio intermedio e alto = invece hanno indicazione alla chemioterapia, che in genere una
polichemioterapia, che puo' essere seguita (oltre che dalla radioterapia se stata fatta una quadrantectomia) da
ormonoterapia nei casi in cui sia espresso il recettore per gli estrogeni (ER) sulla superficie delle cellule
tumorali. In piu' se presente una iperespressione di HER2 nella terapia adiuvante va aggiunto anche

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ONCOLOGIA MEDICA 30/10/2014 Prof. Biasco


ENRICO MONTAGNANI
l'anticorpo monoclonale anti-HER2.
Tamoxifene: una sostanza nata come pillola maschile (anti-spermiogenesi). Gi dai primi studi effettuati emerso
che chi utilizzava il Tamoxifene era molto efficace nel cancro della mammella: questo farmaco blocca il recettore degli
estrogeni ( un antagonista del ER, che va ad occupare il sito recettoriale impedendo il legame tra ER e estrogeni). Il
farmaco limita la crescita delle cellule tumorali che esprimono ER sulla superficie in quanto esse vengono normalmente
stimolate a proliferare dagli estrogeni circolanti, in modo analogo alle cellule duttali normali.
Va considerato ovviamente se la pz in pre- o post-menopausa: l'impiego del tamoxifene la terapia di scelta
soprattutto per le pz in pre-menopausa e va sempre dato anche se la positivit per il ER debole. Attualmente si
somministra tamoxifene di solito per 2-3 anni e successivamente si passa ad un inibitore delle aromatasi (prima si
somministrava tamoxifene per 5-10 anni). Nelle donne in pre-menopausa inoltre necessario indurre una menopausa
con LH-RH analoghi: in realt pero' con questo terapia combinata di tamoxifene ed inibitore delle aromatasi si induce
quasi sempre la menopausa per lo squilibrio ormonale anche senza utilizzare gli analoghi LH-RH.
Effetti collaterali del tamoxifene:
aumento degli eventi tromboembolitici (rischio maggiore)
aumenta il rischio di tumori dell'endometrio che presenta recettori per gli estrogeni: in molti pazienti si
sviluppo un ispessimento dell'endometrio (il tumore dell'endometrio non molto frequente).
Il trattamento per 5 anni puo' causare quindi effetti collaterali soprattutto tromboembolici.
Inibitori delle aromatasi: in alternativa al tamoxifene soprattutto in persone in post-menopausa > sono enzimi che
bloccano la produzione di estrogeni andando a bloccare la conversione del colesterolo in androgeni (attivit maggiore
di questo enzima nelle persone grasse che hanno molto colesterolo) (ndS: in realt l'aromatasi catalizza la reazione di
biosintesi dell'estradiolo a partite dal testosterone).
Non si utilizza la terapia combinata di tamoxifene e inibitori delle aromatasi per gli effetti tossici e soprattutto
l'inibizione reciproca > si puo' pero' effettuare una terapia alternata di questi 2 farmaci, cio nelle pz giovani iniziare con
il tamoxifene per 2-3 anni e successivamente passare ad un inibitore delle aromatasi, mentre nelle pz in post-menopausa
attualmente si fa sin dall'inizio la terapia con inibitori delle aromatasi perch i rischi tromboembolici sono elevati
nelle donne anziane (in realt in alcuni casi si puo' comunque effettuare anche la terapia con tamoxifene).
Effetti collaterali degli inibitori della aromatasi: possono causare o peggiorare l'osteoporosi soprattutto nelle persone
anziane (si stanno sviluppando inibitori delle aromatasi che preservino l'intergrit e la funzione dell'osso). Se la pz
molto osteoporotica consigliabile se possibile fare la terapia con tamoxifene.
Terapia con ormonoterapia adiuvante:
Nelle pz a rischio basso si effettua solo ormonoterapia adiuvante, eventualmente dopo la radioterapia
(l'ormonoterapia si fa sempre dopo la chemioterapia e la radioterapia)
Nelle pz a rischio medio-alto necessario effettuare prima la chemioterapia e successivamente
l'ormonoterapia adiuvante: nel periodo intermedio tra le 2 si effettua la radioterapia per le pz che hanno
effettuata la quadrantectomia.

97

[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO


Margherita Trebbi] 1
TERAPIA ADIUVANTE DEL CA. MAMMELLA
La scorsa settimana ci siamo lasciati parlando della terapia adiuvante del tumore della mammella.
Vi ricordo cosa intendiamo per TERAPIA ADIUVANTE: quella terapia che viene attivata DOPO
un intervento di chirurgia radicale, quando c il rischio, per una stadi azione sfavorevole, di ricaduta di
malattia (cio quando pensiamo che non sia stata completamente eradicata la malattia e ci possa essere il
rischio di metastasi). Quindi una terapia che facciamo dopo lintervento radicale, la persona
potenzialmente libera da malattia: ha una probabilit X di essere guarita definitivamente con la chirurgia,
per se ha una probabilit Y di avere una ricaduta oppure la probabilit X non molto alta, allora
attiviamo il trattamento medico adiuvante.
Per il tumore della mammella, la scorsa volta avevamo parlato delle classi di rischio (basso/ medio/ alto);
avevamo parlato del rischio intermedio e di situazioni borderline, ora saltiamo questa discussione, e
vediamo cosa pu fare, oltre la ormono-terapia di cui avevamo parlato, anche un trattamento
chemioterapico.
I farmaci chemioterapici sono i farmaci che si utilizzano sia nel tumore avanzato che nella fase adiuvante:
ora partiamo dalla fase adiuvante e capiamo qual adesso il gold standard del trattamento post-chirurgico
di una persona operata di cancro al seno, con un livello di rischio intermedio o medio-alto (cio una
persona che ha bisogno di un trattamento chemioterapico).
La prima considerazione che dobbiamo fare che la CHEMIOTERAPIA ADIUVANTE (quindi farmaci
citotossici, antiblastici) nelle situazioni a rischio intermedio e, soprattutto, alto di ricaduta, MIGLIORA
SIGNIFICATIVAMENTE LA SOPRAVVIVENZA LIBERA DA MALATTIA E LA
SOPRAVVIVENZA GLOBALE, cio riduce il rischio di mortalit per recidive del cancro della
mammella.

Questa tabella vi d limpressione della complessit e della delicatezza con cui dobbiamo affrontare le
diverse opzioni terapeutiche. Ci dice che:
- Nei pazienti sotto i 50 anni (sempre per condizioni di rischio intermedio o alto): un uso di
POLICHEMIOTERAPIA riduce il rischio di recidiva del 12-13% in termini assoluti, e inoltre
questa recidiva si mantiene stabile nel tempo.
- Invece il beneficio della polichemioterapia sul rischio di comparsa di recidive, si osserva anche
nelle donne di et pi avanzata (dai 50 ai 70 anni), MA prevalentemente nelle persone che hanno
recettori ormonali negativi.
(Quindi le persone che sono pi a rischio e che hanno recettori ormonali negativi, possono
risentire in senso positivo di un trattamento chemioterapico adiuvante anche se hanno un et
menopausale).
Perci, oltre al fattore ai fattori recettori ormonali e stato dei linfonodi , viene introdotto il fattore
et nella scelta se fare o meno un trattamento chemioterapico post-operatorio.

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[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO


Margherita Trebbi] 2

Qui vedete che la probabilit di ottenere un sensibile miglioramento in termini di riduzione del rischio di
recidiva, mediamente superiore per le persone che hanno meno di 50 anni rispetto a chi ha tra i 50-70
anni; con una variabilit allinterno delle diverse categorie per et, in funzione della presenza o meno di
linfonodi e/o di recettori ormonali per gli estrogeni.
Quindi:
- se abbiamo una persona giovane, indipendentemente dallo stato recettoriale, che a medio o alto
rischio di recidiva
va fatta la polichemioterapia.
- se invece abbiamo una persona con et maggiore, in fase post-menopausale, pi vicina ai 70 anni
che ai 50, con positivit per i recettori per gli estrogeni
possiamo fare anche solo un
ormonoterapia.
Ci che deve rimanervi impresso questo:
- persona giovane: preferibilmente POLICHEMIOTERAPIA
- persona anziana: preferibilmente ORMONOTERAPIA (se ci sono i recettori ormonali).
Se non ci sono i recettori ormonali, si pu discutere se fare o meno una polichemioterapia.

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[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO


Margherita Trebbi] 3
Guardiamo attraverso i grafici, qual la dimensione del guadagno:

I grafici a sinistra indicano la probabilit di ricaduta, i grafici a destra indicano la probabilit di morte.
I grafici in alto rappresentano le donne con meno di 50 anni, quelli in basso le donne con 50-69 anni.
Vedete che la polichemioterapia nelle persone giovani porta un vantaggio molto superiore rispetto alla
polichemioterapia nelle persone pi anziane, sia in termini di ricaduta, sia in termini di mortalit. Per
rimane sempre il fatto che la differenza tra il fare e il non fare, anche nelle persone anziane, rimane
molto significativa (anche se in termini assoluti meno importante rispetto alle donne giovani).
Quindi queste curve sottolineano lopportunit di insistere con la polichemioterapia nelle persone che
sono al di sotto dei 50 anni di et.

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[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO


Margherita Trebbi] 4
QUANDO INIZIAMO LA CHEMIOTERAPIA ?
(questo vale un po per tutti i tumori che sono stati operati)
La chemioterapia deve iniziare in genere DOPO UN MESE / UN MESE E MEZZO
DALLINTERVENTO CHIRURGICO (questo per convenzione: perch non si hanno elementi precisi
che indicano il tempo ottimale). Si stabilisce questo periodo perch si ritiene che:
entro il mese e mezzo, una persona abbia superato tutte le problematiche legate allintervento chirurgico
(compresa la cicatrizzazione della ferita) e inoltre,
oltre le 6 settimane, se non ci sono stati episodi intercorrenti di complicanze post-chirurgiche, si pensa
che le metastasi possano essere progredite troppo, e quindi la probabilit di tenerle sotto controllo diventa
inferiore.
Quindi, convenzionalmente, quando parliamo di chemioterapia adiuvante (questo vale per tutti i tumori),
questa inizia in genere entro un mese/un mese e mezzo dallintervento chirurgico.
La terapia, nel caso del tumore della mammella, composta da 6-8 cicli (ma questo ci dice poco in
termini temporali perch pu essere fatto un ciclo ogni settimana, o un ciclo ogni 4 settimane).
Quello che invece importante che voi ricordiate che: UNA CHEMIOTERAPIA FATTA DI Pi
FARMACI HA UN VANTAGGIO RISPETTO A UNA CHEMIOTERAPIA FATTA CON UN SOLO
FARMACO (come si faceva una volta) in termini di intervallo libero di malattia e sopravvivenza.
Ovviamente per la polichemioterapia Pi TOSSICA rispetto alla monochemioterapia.

SCHEMI DI TERAPIA
Ci sono 2 schemi di terapia:
CMF: la combinazione di farmaci che stata usata per la prima volta in terapia adiuvante.
Significa la combinazione di: CICLOFOSFAMIDE + METOTREXATE + FLUOROURACILE
(farmaco che abbiamo gi trovato nel trattamento del cancro del colon).
Questa terapia relativamente pi leggera del seguente trattamento:
AC: significa ANTRACICLINA + CICLOFOSFAMIDE. A parit di efficacia, richiede un
numero di cicli inferiore al CMF, e quindi presenta anche una minore tossicit.
Perci come chemioterapia adiuvante possiamo avere il CMF o lAC, ma il CMF riservato a persone
che hanno maggiori fragilit, ovvero le persone pi anziane.

FARMACI
METOTREXATE: il farmaco principale del CMF.
E un anti-metabolita,
fase-specifico (agisce selettivamente sulle cellule in fase S del ciclo proliferativo, cio in fase di
sintesi del DNA).
ANTRACICLINE: ADRIAMICINA e EPIRUBICINA (derivato semisintetico
dellAdriamicina).
Anchesso fase-specifico (con azione per su un potutte le fasi di sintesi del DNA, ma in
particolare sulla fase S).
Come la maggior parte dei chemioterapici, un agente che DERIVA DAL MONDO VEGETALE
(come tanti altri farmaci, per esempio i veleni).
Sostanzialmente un ANTIBIOTICO, perch ha unazione di interferenza globale della crescita
cellulare, non solo verso la replicazione del DNA ma anche verso tutto ci che sostiene la
sopravvivenza delle cellule ad alto ciclo proliferativo.

101

[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO


Margherita Trebbi] 5
LAdriamicina stata per anni il vanto dellindustria chimico-farmaceutica italiana in campo
oncologico, perch stata scoperta, purificata e adattata nella sua forma sintetica
Epirubicina, dalla Carlo Erba (casa farmaceutica italiana) 30-40 anni fa; e fu portata
allattenzione mondiale da Gianni Bonadonna, che allora era laiuto di Umberto Veronesi.
E stato un vanto perch un farmaco che ancora, come il fluoro uracile, alla base di molte
chemioterapie.
E il farmaco che le nostre pazienti chiamano il farmaco rosso perch ha questo colore, la
flebo rossa che fa cadere i capelli.
La caduta dei capelli un effetto indesiderato che in realt desiderato, perch significa che il
farmaco viene assorbito e ha un meccanismo dazione nei confronti del tumore: dobbiamo sempre
sospettare molto quando, dopo uninfusione o due di antraci cline, i capelli non cadono, perch
significa che quella persona ha la capacit di assorbire lAntraciclina nel citoplasma, ma poi
sputarla fuori dalla cellula, quindi NON incorporarla nel suo DNA (compreso il DNA del bulbo
pilifero).
Spesso una signora dice ma perder i capelli?: questo perch il terrore , sia per gli uomini che
per le donne, perdere i capelli, piuttosto che subire altri effetti collaterali, magari pi
importanti.
Perdere i capelli, soprattutto per una donna, molto spesso assai distruttivo dal punto di vista
psicologico: per il fatto estetico, per il ricordo della malattia ogni volta che va davanti allo
specchio, per il dover mettere ogni volta la parrucca, per leventuale caduta delle sopracciglia, e
soprattutto per la vita di relazione (quando uno vede una persona completamente pelata pensa
subito a quello che potrebbe avere).
Quindi anche la vita di relazione, attraverso la parte estetica, molto negativa; tuttavia bisogna
che il malato diventi pelato, perch significa che lAntraciclina viene incorporata nella cellula e
perci efficace.
Quindi molto efficace, ma anche molto tossica:
unitamente ad altri farmaci, lAntraciclina ha una TOSSICITA TARDIVA, e ha anche una
TOSSICITA CUMULATIVA: se noi oggi raggiungiamo una dose massimale di Antracicline
per uno schema di terapia in una persona, nel caso quella persona ricada nella stessa malattia (o in
altre malattie che richiedono Antraciclina) dopo 10-15-20 anni, non sar pi possibile utilizzare
questo farmaco, perch possiede un AZIONE TOSSICA e IRREVERSIBILE SUL
MIOCARDIO.
Questo il caso tipico dei bambini guariti da linfoma con lAntraciclina, che quando diventano
adulti vengono da noi perch hanno un cancro del polmone o del testicolo, o da altre parti,
perch c un effetto oncogeno del chemioterapico: non li possiamo pi trattare con Antracicline
perch queste hanno un azione tossica e irreversibile sul miocardio.
Quindi si utilizza quasi sempre il farmaco al massimo della sua tollerabilit, in modo tale da
giocarci subito tutte le sue opzioni terapeutiche.
Un fenomeno che ancora non siamo riusciti a spiegare questo:
- Se utilizziamo una strategia di combinazione in cui mettiamo prima le Antracicline e poi il CMF
otteniamo un grandissimo vantaggio in termini di riduzione delle ricadute.
Questo ci che facevamo fino a qualche anno fa, cio consumavamo tutti i chemioterapici in
fase adiuvante.
Ad esempio: solo Antracicline per 4 volte, seguite da CMF per 4/6 volte (a seconda del dosaggio
del Metotrexate).

102

[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO


Margherita Trebbi] 6
-

Se invertiamo la sequenza: cio facciamo prima CMF seguito da Antraciclina


NON otteniamo
nessun tipo di risultato.
Quindi nonostante i farmaci siano gli stessi, il fatto di usarli in sequenza temporale diversa comporta una
diversit nei risultati; quasi come se ci fosse una sensibilizzazione da parte di un veleno rispetto a quello
successivo.
Questo ve lo dico solo perch vi ricordiate il fatto che anche lo studio della strategia, della
combinazione, della sequenza dei farmaci in oncologia medica, estremamente importante. Non si pu
paciugare prima con un farmaco poi con un altro senza essere perfettamente consapevoli di quello che si
fa.
Sino a qualche anno fa eravamo gi contenti di CMF e Antraciclina, quando sono comparsi i Taxani:
TAXANI: TAXOLO e suo derivato semi-sintetico: TAXOTERE.
Sono chemioterapici con azione molto simile agli alcaloidi della vinca (Vincristina, Vinblastina),
di cui vi hanno parlato gli ematologici per le leucemie e i linfomi.
Meccanismo dazione: si attaccano al fuso mitotico, quindi entrano in azione prevalentemente in
fase M e bloccano la prosecuzione dello sdoppiamento cellulare.
Provengono dalle bacche della pianta Taxus Brevifolia, quindi sono anchessi di origine vegetale.
Per curiosit, queste bacche venivano utilizzate per avvelenare le punte delle frecce dei drudi
contro i romani. Perci la storia della capacit tossica di queste bacche estremamente antica.
Poi c stata unampia diffusione in tutto il mondo di questa pianta, che per una pianta che
prima di crescere e di diventare realmente produttiva in termini di quantit di bacche, richiede
parecchi anni.
Questo farmaco dimostr unefficacia straordinaria nel trattare sia il cancro della mammella, ma
soprattutto il cancro dellovaio: questultimo risponde una volta su due ai Taxani. Non parleremo
del cancro dellovaio, ma esso stato una grande conquista delloncologia medica, perch oggi
coi nuovi farmaci, la sopravvivenza molto lunga, anche quando diagnosticato in fase
metastatica. Questo per merito della combinazione Carboplatino-Taxolo.
Quando usc questo farmaco, ci fu una grande mobilitazione ambientalista: perch, per garantire
un trattamento con i Taxani ad una paziente con cancro della mammella o dellovai, si era fatto il
conto che, per ogni mese di trattamento, si dovessero disboscare circa 5 o 6 ettari di terreno di
Taxus Brevifolia. Quindi ci si chiese qual era il reale rapporto costo/beneficio, quanto dovesse
pagare lumanit per la guarigione di una o due persone; naturalmente stata una disputa che
non si poteva risolvere se non con il fatto che oggi lindustria farmaceutica sia riuscita a semisintetizzare i Taxani: una volta avevamo il Taxolo, oggi abbiamo il Taxotere.
Vediamo ora dove collocare il Taxano allinterno della schema di terapia, in cui finora avevamo
solo CMF e Antracicline:
il TAXANO viene messo AL POSTO DEL CMF (CMF che viene relegato come
polichemioterapia molto leggera).
Il Taxano viene introdotto sia nella chemioterapia adiuvante sia nella chemioterapia del tumore
avanzato.
Oggi, il trattamento nella chemioterapia adiuvante questo:
quando dobbiamo fare una polichemioterapia in una persona operata, ad alto rischio di recidiva, e
giovane proponiamo una somministrazione sequenziale di:
AC (ANTRACICLINA e CICLOFOSFAMIDE) per 3 o 4 cicli (meglio 4), seguita da
TAXANO (Taxolo o Taxotere) per 4 o 6 cicli.

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[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO


Margherita Trebbi] 7
Attraverso tutte le sperimentazioni fatte, si visto che in questo modo si riesce ad ottenere un
ulteriore guadagno in termini di intervallo libero da malattia, rispetto alla sola Antraciclina o al
solo CMF.
Quindi questo oggi il GOLD STANDARD.
Tutto ci non fa altro che sottolineare ancora la complessit dei trattamenti medici ed i guadagni che si
possono avere da un trattamento medico o da un trattamento combinato medico-chirurgico-radioterapico
nelle persone con tumore.
Parliamo un secondo del MELANOMA AVANZATO (cio in fase metastatica), che molto spesso colpisce
i giovani: sino a 3/4/5 anni fa, era mortale al 100%.
Solo pochissimi casi riuscivano a stabilizzarsi da un melanoma metastatico: uno di questi era un nostro
paziente.
Egli aveva un melanoma con metastasi cerebrali e and in coma.
Le metastasi cerebrali sono difficili da trattare perch la barriera emato-encefalica blocca il passaggio
dei farmaci, mentre consente il passaggio delle cellule, che riescono a fare un po breccia.
Tuttavia esiste un farmaco, la Temozolomide, presentato nel 2001 per il trattamento del melanoma,
capace di attraversare la barriera emato-encefalica, tanto che diventato il farmaco delezione per il
trattamento dei gliomi e dei glioblastomi.
Quando il nostro paziente fu ricoverato era appena uscito questo farmaco: perci lo svegliammo da
questo stato soporoso e, appena riusc ad aprire la bocca, gli somministrammo le pillole di
Temozolomide.
Egli, nel giro di 3 settimane, ebbe una risposta cerebrale e le metastasi scomparvero.
Questo fu un caso eccezionale, tanto che lo pubblicammo su New England. Mi ricordo che quando mandai la mia
collaboratrice Pantaleo alla societ americana di oncologia medica, che rappresenta il consenso pi importante, tutti i 3000
ospiti avevano sotto il piatto larticolo che avevamo scritto.
Questo signore ancora vivo, sono passati 12 anni, ogni tanto ha qualche ricaduta ossea (vertebrale) o viscerale, e sino a 2 o
3 anni fa partecipava a tutti i nostri convegni con la sua testimonianza di guarigione, lavevamo soprannominato mister New
England.

A parte questo caso, nel melanoma avanzato morivano tutti, anche in modi drammatici (per esempio nel
caso della formazione di una carcinosi meningea).
Oggi per, con la combinazione di nuovi farmaci (che sono degli anticorpi monoclonali, che non
tratteremo), la probabilit di guarire definitivamente da un melanoma metastatico del 50-60%.
Quindi nel giro di 3-4 anni, il progresso delle conoscenze, soprattutto verso i farmaci biologici, ha
consentito questo enorme guadagno: una malattia sicuramente mortale diventata mortale solo per met
dei casi. Questo fa pensare che forse nei prossimi anni riusciremo a coprire anche laltra met, cos
come successo per il seminoma metastatico, per certe forme di cancro allovaio e del colon.
Ritorniamo alla terapia adiuvante per il cancro della mammella:
la scorsa volta vi avevo detto che importante anche lespressione del HER-2 (recettore di tipo 2 dell
Epidermal Growth Factor umano), verso cui esiste un anticorpo specifico:
TRASTUZUMAB: non un chemioterapico, un farmaco biologico, un anticorpo monoclonale
che ha come bersaglio HER-2.
DOVE INSERIAMO QUESTO ULTERIORE FARMACO? Dopo tanti studi, il risultato questo:
questo farmaco efficace, sia per intervallo libero da malattia sia per la sopravvivenza globale, quando
SOMMINISTRATO IN CONTEMPORANEA AI TAXANI, dopo aver fatto le Antracicline.

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Quindi nella storia il trattamento si cos evoluto:
1. CMF
2. Antraci cline
3. CMF + Antracicline
4. Antracicline + Taxani
5. Antracicline + Taxani e Trastuzumab (nome commerciale Herceptin) contemporaneamente.
Il Trastuzumab per VA CONTINUATO PER UN TEMPO ULTERIORE DI 1 ANNO DALLINIZIO
DEL TRATTAMENTO CHEMIOTERAPICO.
(era stato disegnato un trial in cui il Trastuzumab andava continuato per 2 anni, ma il trial stato
interrotto subito perch si visto che la prosecuzione oltre 1 anno dava un intervallo libero da malattia
per pazienti ad alto rischio MOLTO MINORE rispetto alla semplice chemioterapia).
Quindi lo SCHEMA DI TERAPIA E:
-

Prima AC (ANTRACICLINA + CICLOFOSFAMIDE) x 4 CICLI (4 mesi)

Poi TAXOLO (o TAXOTERE) settimanale x 4-6 CICLI (2 mesi)


+ contemporaneamente TRASTUZUMAB

Infine solo TRASTUZUMAB (6 mesi, per completare 1 anno complessivo di trattamento).

In pazienti che ricevono una chemioterapia adiuvante con AC


x4etaxolo settimanale, la migliore somministrazione di trastuzumab
in concomitanza con il taxano e infine in monoterapia per
completare un anno complessivo di trattamento (livello di
evidenza 1++; grado di raccomandazione A).
Quindi c un guadagno in termini di guarigione molto maggiore rispetto ai precedenti schemi di terapia.
Naturalmente dopo la chemioterapia, se i recettori ormonali sono positivi, la paziente continua con l
ORMONO-TERAPIA per 5 o 10 anni, o con gli inibitori dellAromatasi o con il Tamoxifene, o con
lalternanza tra i due.

CARCINOMA DELLA MAMMELLA AVANZATO


Il tumore avanzato rappresentato da 2 possibili situazioni:
1. METASTATICO: con metastasi a distanza (prevalentemente polmonari, pleuriche, cerebrali,
ossee, epatiche)
2. LOCALMENTE AVANZATO: costituito da 2 condizioni:
- tumore grande con metastasi linfonodali loco regionali ad altissimo rischio di ricaduta se viene
operato subito,
- oppure tumore cos esteso (T3 o T4) e attaccato alla gabbia toracica da esser giudicato non
operabile.

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Margherita Trebbi] 9
Per entrambe le condizioni possiamo considerare un TRATTAMENTO PRE-OPERATORIO,
che nel primo caso pu essere considerato un trattamento neo-adiuvante (cio il tumore potrebbe
essere operato, ma prima di farla facciamo un trattamento medico per rendere lintervento pi
radicale e meno demolitore), mentre nel secondo caso meglio non parlare di chemioterapia neoadiuvante perch siamo gi di fronte ad una malattia localmente avanzata, meno operabile. In
questultimo caso lapproccio uguale: facciamo una chemio/ormono-terapia, ma speriamo che il
tumore diventi operabile, non che lintervento diventi meno demolitore (come nel primo caso).

- Gruppo eterogeneo di tumori che comprendono sia T3 4 con


o senza linfonodi interessati, sia N2-N3 (con ogni T) tutte con
alto rischio di ripresa di malattia sia a livello loco-regionale sia
a distanza.
- Malattia giudicata non suscettibile di intervento chirurgico
come primo trattamento in quanto non radicale
TRATTAMENTO PRE-OPERATORIO della malattia localmente avanzata
Si possono usare chemioterapia e ormonoterapia (quando ci sono i recettori per gli estrogeni):
utilizzandole entrambe otteniamo unincisivit maggiore del trattamento medico.
Ci che importante ricordare per la vostra pratica medica (questo non ve lo chiedo allesame) che
lindicazione alla chemioterapia neo-adiuvante esiste perch il tumore della mammella fortemente
chemio-radio-sensibile, perci possiamo rischiare anche di non trattare subito chirurgicamente un tumore
operabile, ma di attivare un trattamento medico (soprattutto quando comprende anche lormono-terapia)
che consenta di ridurre la massa tumore e portarla allintervento chirurgico (che rimane sempre il gold
standard).
Ci sono per delle situazioni in cui, pur non essendo localmente avanzata, alla diagnosi di cancro della
mammella, la paziente pu chiedere di fare una chemioterapia neo-adiuvante: perch una riduzione della
massa pu portare a fare una quadrantectomia invece che una mastectomia, con riduzione del danno
estetico.
DOMANDE STUDENTI:
-

La polichemioterapia quindi costituita da Antracicline prima, poi Taxani. Ma comprende il


Trastuzumab?

Risposta: se c lindicazione a fare il Trastuzumab (cio il tumore esprime il recettore HER-2), si mette
in contemporanea ai Taxani e poi viene continuato fino a completare un anno dallinizio del trattamento
chemioterapico.
Quindi: 4 cicli di Antracicline, poi Taxani + Trastuzumab per almeno 3 cicli,3 mesi completi, e poi si
abbandona il chemioterapico e si continua solo con lanticorpo monoclonale. Poi si pu decidere se
mettere in contemporanea il Tamoxifene, ma non si fa quasi mai perch il pi delle volte Trastuzumab e
Tamoxifene sono mutualmente esclusivi: cio se c lespressione di HER-2 in genere non c espressione
di RE)
- Quindi lo schema CMF ?
Risposta: ormai il CMF oggi quasi abbandonato. Si fa per persone anziane.

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- E la terapia della malattia localmente avanzata?
Risposta: Si pu fare la stessa polichemioterapia in sequenza, di 6-8 cicli, poi ci si regola in funzione
della velocit di risposta (ad esempio i GIST si sciolgono subito con le pillole di Glivec (Imatinib), ma
questo un caso particolare): in generale il tumore della mammella, essendo molto responsivo, da visita
a visita, di settimana in settimana, si ammorbidisce e si riduce.
- Quindi meglio la chemio rispetto all ormono-terapia?
Risposta: s, ma sempre se tu hai una persona giovane, che sia in grado di tollerare la chemioterapia;
perci, pi che lefficacia, subentra il potenziale di tossicit. Ma si decide di volta in volta in base a tanti
criteri: tolleranza, aspettative, predittivit, rischio di ricaduta, sensibilit ai farmaci,
- Pu ripetere quando si pu fare la terapia neo-adiuvante ?
Risposta: si pu fare sempre, questo vale per tutti i tumori. Tu vedi un tumore (che sia del polmone,
melanoma, ovaio, utero mammella) e dici questo tumore pu essere operato, e la paziente viene
operata. Per la paziente pu dire io preferisco non essere operato subito e fare un trattamento medico
perch ne potrei avere un vantaggio. Nel caso della mammella, il vantaggio di tipo estetico se il
tumore piccolo, oppure, se il tumore appartiene a quel gruppo eterogeneo dei localmente avanzati,il
trattamento medico garantisce ancora di pi la radicalit chirurgica, poich rimpicciolisce il tumore.
Quindi porta ad un intervento meno demolitore e pi radicale.
Pensiamo al cancro del retto: si fa chemio e radio-terapia neo-adiuvante per ridurre il rischio di Miles,
cio di amputazione del retto, e per ridurre il rischio di recidiva locale, anche se non si riduce il rischio
di recidiva a distanza.
Nel polmone si pu fare un trattamento neo-adiuvante, ma pi equivoco: perch la riduzione della
massa non corrisponde quasi mai a un miglioramento della prognosi. Ma ne parleremo.
- Qual il meccanismo di caduta dei capelli legato alla chemioterapia ?
Risposta: una tossicit specifica del bulbo pilifero.
Ci che noi non capiamo perch, per esempio, le Antracicline funzionano per il cancro della mammella
ma non per quello del colon, eppure son sempre tumori e sono sempre antiblastici.
E perch cadono i capelli con le Antracicline, ma non cadono col Fluorouracile, che anchesso un antiproliferativo? Non lo sappiamo.
E perch cadono i capelli, ma non le sopracciglia (che sono elementi permanenti), oppure cadono anche
le sopracciglia, i peli del pube, delle braccia, del petto? Non lo sappiamo.
E poi curioso perch i peli pubici dopo che cadono ricrescono.
-

In caso di tumore metastatico, basta la terapia neo-adiuvante o poi bisogna procedere alla
chirurgia?
Risposta: la chirurgia sempre lobiettivo finale. Qui ho parlato di metastasi linfonodali, non di
metastasi a distanza.
Esempio: arriva una signora che ha unascite da carcinosi peritoneale da cancro della mammella. La
opero? No, inutile: i buoi sono gi scappati e chiudo la stalla? E inutile. Non le tolgo il cancro
primitivo, glielo lascio e inizio una chemioterapia. Quindi lintervento chirurgico in caso di METASTASI
A DISTANZA, ha significato solo a scopo palliativo: ad esempio una lesione ulcerata, marcia, infetta, si
opera, ma inutile ai fini della storia del tumore. Oppure un linfonodo dellilo epatico che ostruisce la
via biliare principale viene operato.
- Quindi si fa una chemioterapia in senso neo-adiuvante, cio in prospettiva della chirurgia ?
Risposta: No, la terapia NEO-adiuvante quando SI Pu OPERARE ma si preferisce fare prima la
chemioterapia.

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[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO 1


Margherita Trebbi] 1
- E nel caso di metastasi quindi?
Risposta: il problema proprio concettuale: il gold standard di quasi tutti i tumori la chirurgia, la
rimozione del tumore primitivo. Ma se ci sono gi metastasi, significa che lorganismo ha dentro delle
cellule che continuano a girare, quindi si possono togliere tutte le metastasi ma dopo un mese ci sar una
metastasi da unaltra parte.
Perci non si pu parlare di neo-adiuvante quando c una malattia metastatica. Si pu dire tratto
questa malattia con chemioterapia, poi per fortuna le metastasi si riducono e c lo spazio per la
chirurgia, allora la facciamo, ma non si parte con lidea gi di poter togliere le metastasi.

CARCINOMA DELLA MAMMELLA METASTATICO


Obiettivi generali del trattamento:
- Prolungare la sopravvivenza
- Ridurre o ritardare la comparsa dei sintomi
- Migliorare la qualit della vita
- Ottenere la guarigione (in casi selezionati)
CONSIDERAZIONI GENERALI:
-

Nei tumori ormono-sensibili, prima di partire con la chemioterapia, si possono fare 2 o 3 linee di
ormono-terapia (utilizzando gli inibitori dellaromatasi in sequenza).
Quindi se una malattia non particolarmente aggressiva oppure se la paziente anziana, si pu optare
per lormono-terapia.
-

Nel caso non siano espressi n i recettori ormonali (e quindi lormono-terapia assolutamente
inutile), n HER-2, lunica opzione di trattamento la chemioterapia.

Nei tumori che esprimono HER-2, si usa il Trastuzumab in associazione alla chemioterapia.

COSA INTENDIAMO PER MALATTIA AGGRESSIVA e MALATTIA INDOLENTE ?


(il tipo di malattia condiziona poi la scelta terapeutica preferenziale)
MALATTIA INDOLENTE:
- se ricompare dopo pi di 2 anni dallintervento chirurgico.
- se c stata una risposta allormono-terapia (OT). Cio se, pur essendo presenti delle metastasi e
quindi una malattia che sta andando avanti, ha avuto per un periodo di tempo una buona risposta
agli ormoni.
- se let superiore ai 35 anni.
- Soprattutto se ci sono poche lesione viscerali e LESPANSIONE PREVALENTEMENTE
OSSEA (ci sono persone che hanno una metastatizzazione solo dello scheletro, o al limite dei
tessuti molli circostanti: queste persone hanno un decorso pi lungo di chi ha lesioni viscerali
(fegato, polmone, )).
Queste caratteristiche indicano una malattia che ha un decorso indolente, soprattutto se c espressione
dei RE.
MALATTIA AGGRESSIVA:
- Ricade subito dopo la chirurgia
- Non risponde allormono-terapia, pur avendo i recettori ormonali

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- Et inferiore ai 35 anni
- Metastasi viscerali
- Lesioni metastatiche molto estese
La decisione se adottare o meno una determinata strategia terapeutica , dipende:
- sia da FATTORI BIOLOGICI: espressione di RE, PgR, HER-2 e lindice di proliferazione (Ki67)
- sia dalla CLINICA: estensione della malattia, precedenti trattamenti, comorbidit, e anche
preferenze del paziente

SCELTA DELLA TERAPIA:


MALATTIA AGGRESSIVA

REGIME DI COMBINAZIONE :
ormonoterapia (quando indicata) e chemioterapia.

Invece in caso di:


-MALATTIA INDOLENTE
- PAZIENTE ANZIANA
-PAZIENTE CON RISERVA MIDOLLARE RIDOTTA
-PS RIDOTTO e COMORBIDITA
-METASTASI MULTIPLE e/o PREGRESSA RT PER
LIMITARE GLI EFFETTI COLLATERALI
TERAPIA SEQUENZIALE: inizia con un
trattamento ormonale e poi eventualmente pu
subentrare un trattamento antiblastico.
Quindi:
- per la malattia aggressiva: chemioterapia +/- ormonoterapia
- per la malattia indolente: terapia sequenziale, sempre nel rispetto di quello che gradisce il paziente
(siccome ci sono varie opzioni terapeutiche, se il paziente ha ben compreso le cose, si possono
condividere le decisioni terapeutiche sin dallinizio, e questa la parte pi difficile).

CHEMIOTERAPICI:
farmaci MOLTO ATTIVI: Antracicline
Taxani
Vinorelbina
Capecitabina (fluoro-uracile per via orale)
Eribulina
farmaci MODERATAMENTE ATTIVI: CMF (Ciclofosfamide, Metotrexate, Fluorouracile)
Cisplatino in donne con mutazione BRCA-1

(BRCA-1 identifica il cancro della mammella ereditario di tipo 1, autosomico dominante, rappresenta il
5% delle pazienti. Lanalisi mutazionale si fa in caso di indicazioni di ereditariet, e, se positiva, ci pu
portare a saltare i precedenti farmaci, o a metterli in combinazione col Cisplatino, il quale normalmente
utilizzato in 4/5/6 linea).
Vedete che abbiamo a disposizione tantissimi farmaci per il cancro della mammella.

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NUOVI FARMACI:
NAB-PACLITAXEL (ABRAXANE): derivato del Carboplatino.
Sintetizzato attraverso la nanotecnologia: viene incorporato in piccole molecole che possono
veicolare il farmaco risparmiando altri distretti.
Fa parte del gruppo dei Taxani.
Per ora approvato solo per il cancro del pancreas in 1 linea, ed molto efficace.
Molto costoso
Efficace nel tumore della mammella come tutti i Taxani, risparmia le cellule normali, per non
ancora stato approvato.
ERIBULINA: sostanza estratta da una spugna marina.
Azione molto simile agli alcaloidi della Vinca, inibisce il fuso mitotico (similmente ai Taxani).
[Io ho conosciuto un imprenditore spagnolo molto ricco che ha una flotta dedicata alla ricerca nel mar
dei Caraibi di spugne o altri esseri marini dai quali si possono derivare delle sostanze: ad esempio
lEribulina, o la Trabectedina (che deriva da unalga, formidabile per i sarcomi condroidi, li distrugge
completamente), o unaltra sostanza (Ziconotide) che deriva dalla conchiglia Conus Magus, utilizzata
come analgesico locale (scoperta casualmente da un farmacologo filippino, il cui figlio prese questa
bellissima conchiglia, paciug col mollusco che cera dentro e mor intossicato. Da l si scopr che
questo mollusco contiene un inibitore della trasmissione sinaptica).
Questo per dire che dal mondo del mare stanno venendo fuori molte sostanze, non solo i cosmetici.]
PERTUZUMAB
LAPATINIB
Questi ve li dico cos, ma non ve li chiedo allesame.
TDM-1: molto simile al Trastuzumab: blocca i recettori HER-2.

METASTASI OSSEE:
Noi oggi abbiamo 2 farmaci a disposizione:
- un anticorpo monoclonale (che viene usato poco)
- un bifosfonato (Acido Zoledronico, nome commerciale Zometa)
ACIDO ZOLEDRONICO: utilizzato molto per il trattamento palliativo delle metastasi ossee,
soprattutto per quelle osteolitiche (ma si usa anche nelle osteoaddensanti).
Non agisce contro le cellule tumore, ma favorisce il consolidamento dellosso (soprattutto dallosso
divorato da cellule tumorali) e crea allinterno delle zone litiche un ambiente sfavorevole allattivit degli
osteoclasti, attivati dalle cellule tumorali metastatiche.
(Non che le cellule tumorali mangiano losso: le cellule tumorali arrivano nellosso, stimolano gli
osteoclasti, e questi ultimi divorano losso, che diventa porotico e litico, con rischio di crolli vertebrali,
paralisi, )
Quindi ha un azione ANTI-OSTEOCLASTICA.
Inoltre modifica anche lambiente in cui si trovano le cellule tumorali, perch RICHIAMA CALCIO,
quindi ossifica le lesioni litiche, che diventano addensanti.
Quindi rinforza losso, anche se non ne migliora lelasticit.
E largamente utilizzato in tutte le metastasi ossee, anche nel tumore della mammella.
Usato anche nelle gravi osteoporosi senili, nellipercalcemia maligna.

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[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO 1


Margherita Trebbi] 4
I bifosfonati portano all OSTEONECROSI DELLA MASCELLA/MANDIBOLA: perci, ogni volta
che iniziamo un trattamento con bifosfonati per il controllo delle metastasi ossee, dobbiamo stare attenti
che non ci siano delle infezioni o infiammazioni dellapparato gengivale e della mandibola. Perch se cos
fosse, ci sarebbe un altissimo rischio di osteonecrosi mandibolare. Non sappiamo perch interessi la
mandibola: probabilmente c una sinergia tra linfezione e il bifosfonato nella tasca gengivale.
E veramente terribile, perch queste persone arrivano da noi con losso mandibolare che viene via un po
per volta: si crea un apertura dellarco mandibolare e ogni tanto il paziente sputacchia un po di osso
perch la mandibola va progressivamente in necrosi.

CASI CLINICI:
La terapia del cancro della mammella avanzato pu giovarsi di:
- OT
- OT + CT
- CT
- CT + immuno-terapia
- Immuno-terapia + OT
-
Ora il dottor DallOlio vi presenter alcuni casi clinici:
1 caso clinico:
Signora nata nel 1953, la cui storia inizia nel 2007 e termina nel 2014.
2007: 1 trattamento NEO-adiuvante (con lantraciclina Epirubicina) su malattia giudicata operabile
(cancro mammella sinistra), per rendere lintervento pi radicale e meno demolitivo (FEC 100:
100 il dosaggio dellEpirubicina, in mg/m2).
In seguito ha eseguito lintervento chirurgico.
Listologico era un pT3, R1 (R1 significa che i margini operatori erano infiltrati dalla neoplasia in
maniera visibile solo microscopicamente)
(R0 = margini non infiltrati
R1 = margini infiltrati microscopicamente
R2 = margini infiltrati macroscopicamente: il chirurgo si rende conto gi nellatto operatorio che
rimasto qualcosa)
Quindi evidentemente il trattamento neo-adiuvante non era stato cos efficace: perch il chirurgo non
solo non riesce a fare una quadrantectomia (ma fa una mastectomia radicale), ma la mastectomia
radicale solo dal punto di vista chirurgico, mentre listologico R1, cio il margine di resezione colpito
dalla malattia.
Poi ha effettuato il trattamento adiuvante: essendo HER-2 + ha fatto il Trastuzumab, pi il Taxolo.
In pi, dato che era anche RE +, ha continuato col Tamoxifene.
Non ha pi fatto antraciclina sia perch non aveva funzionato tanto nella fase neo-adiuvante, sia perch
aveva gi quasi raggiunto il livello di tossicit massimo.
Si potrebbe contestare il termine adiuvante in questo caso, perch la chirurgia non stata radicale.
Ma l R1 istologico, quindi in realt la malattia potrebbe anche esser stata trattata in maniera radicale,
perch non sappiamo cosa c dallaltra parte, non sappiamo se rimane qualche cellula tumorale al di l
del taglio del bisturi elettrico.
Cosa manca in questa terapia? Dato che cera un residuo locale, avrebbe potuto fare anche una
radioterapia. Per, avendo fatto pi farmaci cardiotossici (Epirubicina e Trastuzumab), una radioterapia
sulla gabbia toracica sinistra avrebbe potuto avere gravi complicanze cardiache.
2010: intervento chirurgico sulla mammella destra per un nuovo primitivo con caratteristiche diverse
(HER-2 -).

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[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO 1


Margherita Trebbi] 5
Facendo il conto della dose cumulativa di Antracicline, rimanevano ancora 3 cicli, che quindi ha
effettuato. Poi ha proseguito con Taxotere.
Il dosaggio sub tossico di Antracicline ha causato una frazione di eiezione cardiaca del 51%
(mentre dovrebbe essere > 65%).
2011: (circa 1 anno dopo) durante il follow up, una TAC mostra unarea deostruente a livello di una
costa (metastasi ossea). Effettua radioterapia sulla metastasi e inizia terapia con Zometa.
Inizia terapia avanzata a linee progressive: la pz aveva gi fatto Epirubicina e Taxano, quindi la
3 linea la Capecitabina (analogo orale del 5-FU).
Non abbiamo fatto biopsia ossea (perch avremmo avuto scarse informazioni riguardo lanalisi
molecolare, dal momento che il solvente utilizzato distrugge tutto) e quindi non sapevamo da quale dei 2
tumori primitivi erano partite le metastasi. Perci non abbiamo messo il Trastuzumab.
Tuttavia sapevamo che sicuramente erano presenti il recettori ormonali, quindi abbiamo messo l
Arimidex (inibitore dellaromatasi), perch il Tamoxifene non era stato efficace nel 1 tumore.
2013: le lesioni ossee presentano risposta radiologica e sono stabili.
Tuttavia va in progressione.
A questo punto lobiettivo non pi la chirurgia ma prolungare il pi possibile la stabilit, perci
abbiamo proceduto con una monochemioterapia sequenziale con vari chemioterapici.
Gen 2014:
la malattia diventa assai sintomatica, c un crollo vertebrale. Lobiettivo si sposta sempre
di pi verso il controllo dei sintomi piuttosto che della malattia. Si fa anche alcuni
Interventi locali, tra cui un embolizzazione arteriosa per la stabilizzazione vertebrale.
Lug 2014: decesso, a 7 anni dalla diagnosi.
7 anni durante i quali questa signora ha avuto una qualit di vita abbastanza indecente, con una terapia
del dolore sempre abbastanza difficile.
2 caso clinico:
signora pi giovane della precedente.
2009: diagnosi. Segue tutto liter chirurgico: ha iniziato con una nodulectomia, in seguito ha effettuato
una quadrantectomia. Poi radioterapia e schema FEC tradizionale (Antraciclina).
Negativa per RE e HER-2, quindi non ha fatto OT.
Successivamente effettua mastectomia per recidiva locale, e questa volta decidiamo di cambiare
completamente schema: facciamo Taxolo e Carboplatino (scelto per potenziare lattivit del
Taxolo,dato che non era possibile usare il Trastuzumab perch HER-2 -) , perch i cicli possibili
delle Antracicline erano esauriti.
Alla PET stata poi evidenziata una metastasi allo sterno (che peraltro era anche stato preso dalla
RT): effettua nuovamente RT sullo sterno.
In seguito la malattia si sposta a livello encefalico: si effettua trattamento gamma-knife (che la
terapia stereotassica).
A causa della progressione, passa a Eribulina e, per intolleranza allo Zometa, Denosumab
(anticorpo monoclonale per le metastasi ossee).
La pz presente anche metastasi viscerali (quindi una malattia aggressiva) a livello pelvico:
viene sottoposta prima ad unulteriore linea di CT con Abraxane (taxano legato allalbumina), poi
istero-annessiectomia destra e unulteriore linea di CT (siamo alla 4 linea + adiuvante), alla
qualche per non ha risposto.
Attualmente non sappiamo se sia ancora viva. Probabilmente no (a 4-5 anni dalla diagnosi).
Questa unevoluzione tipica di tumori della mammella HER-2 e RE negativi,che significa non solo
limpossibilit di usare tutte le armi a disposizione, ma anche particolare aggressivit del tumore.
In questo caso siamo stati molto aggressivi, perch una donna giovane, consapevole del suo stato di
malattia. Il trattamento adiuvante era partito tardi perch subito dopo lintervento la pz aveva effettuato
ricostruzione del seno, che poi si era infettato; ma in ogni modo la pz non ha mai risposto praticamente a
niente.

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[ONCOLOGIA- 06/11/2014 PROF.BIASCO 1


Margherita Trebbi] 6
Quindi:
1 caso: malattia relativamente lunga, anche se aggressiva e prevalentemente ossea.
2 caso: pi aggressivo, molto osseo e poi anche cerebrale.
3 caso clinico:
Signora anziana, malattia indolente.
2006: mastectomia sinistra.
2010: metastasi scheletriche. Effettua OT di 2 linea, poi una piccola CT con Capecitabina a dosaggio
metronomico (piccole quantit costanti, ogni giorno).
Poi la malattia riprende a livello ascellare: riprende la Capecitabina, che aveva sospeso.
2014: la signora attualmente sta bene.

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ONCOLOGIA MEDICA prof. GUIDO BIASCO


13/11/14
MICHELE MORELLI

CANCRO DEL POLMONE


una delle cause di morte pi frequenti nei paesi occidentali,sicuramente la pi frequente negli
uomini e la seconda nelle donne.
Il fumo veniva propagandato negli anni 30-40-50 con pubblicit. Il British Medical Journal nel
1959 diceva che migliorava lasma.
C' una relazione diretta tra fumo e rischio di cancro del polmone,ma la prevenzione primaria sta
facendo ridurre lincidenza del Ca del polmone.

Classificazione istopatologica
Adenocarcinoma: incidenza in aumento,sviluppo periferico, frequente coinvolgimento pleurico
con versamento. Diffusione linfonodale, ematica, aerogena con precoce metastatizzazione.
Carcinoma squamoso: prevalente nelle regioni ilari. Buona prognosi per tendenza a rimanere
intratoracico. (Dg: broncoscopia/espettorato/brushing)
Carcinoma a grandi cellule: diagnosi di esclusione, la maggior parte sono altri istotipi poco
differenziati.
Carcinoma a piccole cellule: localizzazione centrale, caratteristiche neuroendocrine ed epiteliali.
Rapida diffusione locale e a distanza (anche al SNC).

114

Hanno una storia naturale diversa e se affiniamo listopatologia con la biologia molecolare hanno
trattamenti diversi.
La maggior parte sono adenoCa e squamo, poi a piccole cellule (ha una storia naturale diversa
neuroendocrino).
Ogni Ca ha caratteristiche particolari, per es. Adenocarcinoma si sviluppa nelle zone periferiche, lo
squamo nelle zone peri-ilari.
Per la stadiazione dei tumori si va a studiare anche il SNC perch pu essere sede di metatasi. In
realt sappiamo che i Ca squamosi non metastatizzano quasi mai al cervello. Invece i microcitomi
hanno una elezione verso il cervello, per cui nella terapia dei microcitomi c una radioterapia
profilattica panencefalica.
A seconda delle caratteristiche istologiche pu avere una storia naturale diversa e di metastasi
diverse.

Diagnosi

Anamnesi: Storia di abitudine tabagica, calo ponderale, PS

Clinica: tosse secca/produttiva, emottisi, dispnea, algie toraciche. Sd

Pancoast, sd vena cava superiore, sd paraneoplastica.

Esami strumentali : Rx torace, TC, broncoscopia, cito-istologico escreato,

videotoracoscopia, agoaspirato transtoracico

Esami ematochimici: emocromo, funzione epatica e renale, markers di

catabolismo osseo. Tre marcatori:


1)CEA (antigene carcinoembrionrio)
2) CIFRA (ca21-1),
3)NSE

Il CEA molto sensibile ma poco specifico. Pi specifici sono il


ca21-1 e in NSE: il primo per adenoCa polmonare, e il secondo lNSE (neurolasi specifico)
viene espresso spt dai tumori neuroendocrini. Per cui ci pu far fare una dd tra tumori a
piccole cellule e a non piccole cellule.

La biopsia pu essere fatta durante una broncoscopia.


Anche toracentesi pu aiutare ad arrivare alla diagnosi cito-istologica. La diffusione della malattia,
invece ce la d, la diagnostica per immagine.

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Stadiazione
fatta con diagnostica per immagine.
1) TC con o senza mdc. A seconda dellintensit di impregnazione del mdc della massa si pu
studiare se pi o meno tumorale.
2) PET con desossiglucosio (quindi esame scintigrafico) ci dice spt come stanno i linfonodi. Per
tutti i tumori ma spt per il tumore dei polmoni discriminante tra chirurgia o non chirurgia.
Ci dice anche se ci sono metastasi ossee. In realt si sono cos affinate la TC con mdc e la PET (TC
PET) che ci basiamo solo su una di queste tecniche di diagnostica per immagine per la stadiazione:

TC

PET

TC-PET

Eventualmente RM nel momento in cui alcune zone devono essere esplorare in


maniera pi dettagliata come nellosso. Per es. cancro del polmone con metastasi
vertebrale. Se abbiamo un pz con sintomi neurologici dobbiamo capire se data da
infiltrazione del canale midollare o a cedimenti del corpo vertebrale. Se c
infiltrazione difficile vantaggio dai chirurghi, se invece c un crollo vertebrale
possiamo avere dei vantaggi chirurgici.

La stadiazione abbastanza complessa se noi usiamo il sistema TNM.

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stata rimaneggiata pi volte la stadiazione.

Stadio 1: non ha positivit dei linfonodi(N)

Stadio 2: ha N positivo,ma le dimensioni del tumore sono piccole (2A).

2B -possono esserci N e lesioni pi grandi o


-due piccoli tumori ma senza N.

Inoltre pi probabile che i tumori piccoli siano metastasi intra-parenchimali dello stesso tumore
piuttosto che avere due tumori diversi.
(se ci sono alla TC dei micronoduli <1cm non sappiamo se una miliare neoplastica o sono solo
due o tre noduli, infatti alcuni micronoduli non sono caratterizzabili con niente. Al di sotto di un cm
anche i radiologi pi esperti non sanno dire se un tumore o no)

3A e B: Simili a quelli di prima ma T4 N2(linfonodi paratracheali),o anche N3:


linfonodi sovraclaveari

4: metastasi

N.B. Solo il 20% si presenta in uno stadio precoce della malattia (1 o 2 A)

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-la differenza: negli stadi 1A,1B,2A,2B,3A bisogna operarli! A meno che non ci siano gravi
controindicazioni come let. Anche per persone che hanno una stadiazione poco
favorevole(invasione linfonodale) bisogna comunque operarli soprattutto se il tumore piccolo
determinando cos una prognosi abbastanza buona.
3B e 4 opzione primaria terapia medica.
Questa lindicazione classica ma allinterno della nostra vita professionale troveremo delle
persone che sono state operate anche allo stadio 3b e 4 come prima opzione terapeutica. Questo un
argomento di discussione,infatti in alcuni casi, riuscendo a stabilizzare la malattia primitiva si pu
pensare di andare ad agire chirurgicamente; comunque si entra in un campo in cui la scelta
individuale.

N.B. Se la chirurgia non stata radicale, la sopravvivenza sovrapponibile ai non resecati.


Il debulking non d un reale vantaggio in termini di sopravvivenza.

Nei pz non operabili per comorbidit o scarsa FR,si pu aggiungere alla radioterapia convenzionale
1)la terapia stereotassica e possiamo anche aggiungere la 3) termoablazione.

-Terapia adiuvante

Dopo la chirurga cosa facciamo? Terapia adiuvante o niente? Fino a qualche anno fa non si faceva
nessuna terapia, qualcuno facevano la radio(non grandi vantaggi). La terapia adiuvante si fa quando
il tumore stato eradicato completamente. Si effettua in pazienti senza evidenza clinica di neoplasia
ma a rischio di ricaduta (in base alla valutazione di determinati parametri prognostici) allo scopo di
ridurre la probabilit di recidiva.
Nella valutazione della sua efficacia si valutano sopravvivenza globale e sopravvivenza libera
da malattia.
N.B. Ha detto che gli schemi della terapia adiuvante non saranno chiesti a lezione!

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STUDI TERAPIA ADIUVANTE:


Studio Chtp
INT Cisplatino-etoposide X4
ALPI/EORTC Mitomicina-vindesina-cisplatino X3
JBR10 Cisplatino-Vinorelbina X4
IALT Schemi a base di Cisplatino X4
ANITA Cisplatino-Vinorelbina X4
CALGB Carboplatino-Paclitaxel X4
BLT Schemi a base di Cisplatino X4

Gli studi si basano su schemi di terapia. Le Sigle che ritroviamo sono studi multicentrici che hanno
usato dei trattamenti adiuvanti post chirurgici. Moltissimi studi e la meta-analisi che stata fatta 30
anni fa dimostra che la chemio a base di cis-platino + un altro elemento da una riduzione del 13%
del rischio di morte e del 5% di aumento di sopravvivenza rispetto alla sola chirurgia.
Tutti questi studi hanno portato alla indicazione di fare un trattamento Chemioterapico post
chirurgico spt per stadiazione superiore a 1.
La radioterapia sembra non dare nessun tipo di vantaggio, spt su 1 e 2 perch pu portare a
polmoniti attiniche,e per gli stadi 3 non da evidenze di vantaggio.
Il beneficio della Chemioterapia per regimi con cisplatino in stadio II e IIIa
Il cisplatino il farmaco principe di questa terapia.
Bisogna stare attenti ad alcuni aspetti individuali perch potrebbero peggiorare la funzionalit
respiratoria con la Chemioterapia.

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Cancro del polmone non a piccole cellule avanzato

Fino a 3 A chirurgia
Da 3B in poi terapia medica.
Nel 3A N1 chirurgia
3A N2 tp neoadiuvante = pu dare dei vantaggi. Se guardiamo una metanalisi (hanno
compreso 1400 pz) confrontando chemioterapia pre-chirurgica + chirurgia vs. solo chirurgia.
Quasi tutti gli studi hanno dimostrato un vantaggio della chemioterapia+chirurgia in termini di
sopravvivenza(vantaggio del 4%) quindi quando ci troviamo di fronte a un tumore 3A N2 possiamo
fare una tp neoadiuvante.
Si fa anche una tp adiuvante post-chirurgica? Bisogna vedere come sta il pz dopo la chirurgia e
anche come ha risposto alla chemioterapia prechirurgica.
Fare il pre e il post quasi sempre oggetto di discussione.
Invece al di sopra del 3B terapia medica:
Non guarisce il Cancro ma lo tiene sotto controllo. Dobbiamo utilizzare la terapia medica sulla
base:

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1) della istologia
2) dellassetto molecolare
3) sulla base dellet del pz
4) sulla base dello stato di invalidit

infatti per i pz molto prostrati(invalidi 70-80%)sarebbe meglio fare solo una tp di supporto tranne
per quelli con EGFR mutati.
Perch noi facciamo la valutazione non solo dellistologia ma anche del profilo molecolare,cio
dell'espressione dellepidermal grow factor di tipo 1(EGFR1) e facciamo il riarrangiamento del
gene ALK (governa trasmissione del segnale proliferativo allinterno della cellula tumorale).
Quando abbiamo un K del polmone metastatico allora abbiamo bisogno di capire se un adenoCa o
se un tumore Squamoso.

1)NelladenoCa la presenza della mutazione di EGFR o la presenza di un riarrangiamento del gene


ALK porta a tre sottocategorie di tumori che sono:

EGFR mutato o ALK negativo

EGFR mutato

ALK positivo

2)Se invece squamoso non risponde alle terapie a bersaglio molecolare(ALK e EGFR). Quindi
non vengono in genere richieste allanatomopatologo a meno che il pz in questione non abbia mai
fumato(condiziona la capacit di riarrangiamento del gene ALK).
molto difficile trovare un pz con un Ca epidermoidale se non ha mai fumato.

Trattamento di prima linea

1)Ca non squamosi che sono negativi per riarangiamento di ALK e non hanno mutazioni
dellEGFR allora questi non risentono di un trattamento molecolare per cui la terapia che si usa di
pi cisplatino + pemetrexed quindi per questa categoria si fa la chemioterapia.

2)squamosi con EGFR+ possono essere trattati con erlotinib (blocca la trasmissione del segnale
dall' EGFR che viene attivato alla proliferazione).Questi tumori con mutazione di EGFR sono solo

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il 10% dei tumori squamosi ,normalmente questo tipo di tumori non gli possiamo trattare con tp
molecolare.

3)Squamosi con EGFR- cisplatino + gemcitabina (chemioterapia)

4)Non squamosi ALK+ crizotinib ( un inibitore molecolare e che ha una azione importante
nel controllo della attivazione del K-ras).

Non-squamosi EGFR e ALK - :


CISPLATINO + PEMETREXED oppure
(PLATINUM BASED DOUBLET + BEVACIZUMAB se PS<2)

Squamosi EGFR + : ERLOTINIB


Non-squamosi ALK + : CRIZOTINIB
Squamosi EGFR - : CISPLATINO + GEMCITABINA
(pemetrexed mai indicato)

Domanda studente:Se noi abbiamo un carcinoma Non squamoso con EGFR + utilizziamo sempre
l'Erlotinib?
Risposta:si pu utilizzare anche l'erlotinib(molto vago il prof)

Caso clinico:

Anamnesi
Donna, 55 aa
Non fumatrice
Anamnesi remota: 1986 asportazione di cisti ovarica dx
- 2007 intervento a livello della spalla dx per riferita rottura tendinea
- Seguita in ambiente endocrinologico per noduli tiroidei
Riferisce: 2009:comparsa di disfonia non responsiva a terapia aerosolica.

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ECOG PS 0
Diagnosi
agoaspirato transbronchiale: E.I Cellule carcinomatose. Si esclude
microcitoma. Probabile adenocarcinoma
Linfonodi mediastinici, metastasi cerebrali, metastasi ossee stadio IV

La signora senza indagine molecolare(una volta non si faceva)parte con trattamento con cisplatino +
pemetrexed + zometa (farmaco che consolida l'osso) ai tre cicli di chemio ha una risposta parziale
per alla rivalutazione dopo il sesto ciclo ho una ri-progressione della malattia.Allora.....

Trattamento di seconda linea:

Pemetrexed in monoterapia (esclusivamente per i non


squamosi)
Docetaxel in monoterapia
Erlotinib:
- deve essere usato nei pazienti EGFR mut. che non lhanno
ricevuto in prima linea.
- pu essere una opzione anche nei pz. EGFR WT.

Fa erlotinib livello di risposta: dopo 3 mesi di tp, la lesione al lobo sup di dx e anche le
adenopatie a livello del bronco si riducono fortemente. Quindi di fatto continua con il trattamento
indipendentemente dall'analisi molecolare perch non ha fatto valutazione di EGFR ed partita con
erlotinib e ha determinato un controllo di una malattia che stava andando avanti con un
chemioterapia standard.
Anche a fronte di una malattia non responsiva con il trattamento CT standard, usando erlotinib si ha
avuto un guadagno in termini di controllo della malattia.

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MATTIA MARZI 1
Descrizione delle possibili modalit d'esame.
Il primo appello dovrebbe essere il 20 Gennaio.
Riprende la spiegazione della lezione precedente inerente la patologia neoplastica polmonare.
La differenza nella scelta della chemioterapia la facciamo tra istotipo squamoso (che non d mai metastasi cerebrali) e non
squamoso(che d metastasi cerebrali) e per quello che riguarda la chemioterapia mirata fondamentalmente come anti EGFR1 o
anti KRAS la facciamo solamente sulla base di una instabilit, una mutazione di EGFR positiva o non positiva, un'alterazione
nel riarrangiamento.
Siamo nell'ambito dei tumori polmonari non a piccole cellule che rappresentano la stragrande maggioranza dei tumori
broncopolmonari e si dividono in squamosi e non squamosi.
Essi hanno anche una diversa sensibilit alla chemioterapia convenzionale:
Squamosi e non squamosi sono sensibili ai derivati del platino quindi prevalentemente cisplatino:

I non squamosi che sono negativi ad ALK ed EGFR hanno come ulteriore trattamento il Pemetrexed
Gli squamosi hanno come ulteriore trattamento la gemcitabina

Quando invece ho mutazione di EGFR1 o di ALK posso utilizzare una terapia mirata:

-EGFR positivo: posso utilizzare Erlotinib che blocca la trasmissione del segnale a livello del recettore
-ALK:posso usare invece il Crizotinib che blocca la trasmissione del segnale che parte dal citoplasma dove ci sono questi
recettori.
Ci sono diversi tipi di EGFR; tipo 1, tipo 2, tipo 3 e tipo 4.
-tipo 1: prevalentemente coinvolto nel cancro del colon e per il quale viene utilizzato il cetuximab nei protocolli terapeutici.
In tutte le mutazioni di EGFR avviene un processo comune;
se non ho analogia tra le due componenti superficiali di EGFR posso avere uno stato di mantenimento di stimolazione l'uno
dell'altro e questo porta allo stimolo alla proliferazione cellulare.
Erlotinib impedisce che si avvii il processo della proliferazione cellulare con questo sistema di coniugazione delle componenti
superficiali del recettore.
Non si sa quale meccanismo porti alla comparsa di questa mutazione e non una mutazione molto frequente perch nella
nostra popolazione rappresenta solo il 10% dei casi, per, questa mutazione strutturale e funzionale, nella popolazione asiatica
arriva al 50% e questo si reso evidente quando gli studi giapponesi non combaciavano con quelli europei. Quindi nei paesi
asiatici abbiamo il presupposto ad utilizzare maggiormente le terapie mirate.
Se invece c' una alterazione con mutazione del gene ALK ( vedi slide) c' un'altra via che interviene nella proliferazione
cellulare e trattando questi pazienti con erlotinib questa seconda via prevale; questo comporta l'attivazione della proliferazione

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MATTIA MARZI 2
partendo da un fenomeno pi a valle rispetto alle alterazione dei recettori di superficie. Quindi, quando c' ALK alterato
prevale ALK stesso. Questa via pu essere inibita con crizotinib con una terapia efficace e che se considerata a parte ha meno
effetti collaterali rispetto alla chemioterapia convenzionale.
I pazienti con con riarrangiament o del gene ALK possono avere una risposta al crizotinib che pu arrivare fino al 100%, con
risposta totale e scomparsa della massa a livello macroscopico.
La maggior parte delle persone che possono rispondere al farmaco perch hanno la mutazione rispondono circa con un 30%
della riduzione della massa tumorale in media. Solo una piccola percentuale risponde meno o risponde in maniera completa
scomparsa della sua evidenza alla TC.
Quindi, nel cancro del polmone c' uno stato di avanzamento delle conoscenze e della terapia che non solo chemioterapia ma
in una piccola percentuale di casi anche su base molecolare.
Esempio di caso clinico
Signora di 60 anni con forte dolore alla colonna vertebrale per crollo vertebrale da infiltrazione neoplastica si reca in ospedale
e gli ortopedici del Rizzoli eseguono una biopsia. Il professore ha innanzitutto cercato il blocchetto in modo da fare l'analisi
mutazionale e molecolare per cercare EGFR etc e poi ha fatto Pet/TC perch l'unico altro esame che era stato svolto era una
risonanza magnetica.
Il Rizzoli aveva detto carcinoma indifferenziato con aspetti papilliferi. La paziente era stata sottoposta 5 anni prima a
trattamento per cancro della tiroide quindi si poteva pensare ad una recidiva.
La Pet mostrava sia a livello polmonare che mammario segni di captazione.
Il blocchetto non era idoneo ad uno studio molecolare perch per lavorare sull'osso servono solventi che avevano degradato il
campione per quel tipo di studio.
Cosa fare?
O si parte con chemioterapia al buio oppure si faceva un'altra biopsia sulla lesione al polmone, per vedere se l'origine era
polmonare o meno e si evidenziato che questa paziente aveva mutazione di EGFR e quindi pu beneficiare di un
TRATTAMENTO MIRATO e specifico. Lei fa parte del 10% dei cancri non a piccole cellule con mutazione di EGFR e
responsi ai farmaci nuovi.
Con questo procedimento abbiamo allungato i tempi di attesa ma stato possibile fare una terapia mirata pi efficace.
I pazienti sottoposti alla sola terapia che rispondono blandamente alla chemioterapia convenzionale o a quella mirata vanno
quasi sicuramente in ricaduta a meno che non si riescano ad operare, riducendo fin da subito le dimensioni.
La ricaduta pu essere trattata in maniera diversa o con la chemio non utilizzata prima a meno che non siano passati almeno sei
mesi dal termine della precedente terapia perch senn sar sensibile di nuovo allo stesso tipo di chemioterapia usata in
precedenza.
Oppure cambio la terapia ed uso soprattuto i taxani cio taxolo o taxtotere.
Se ho EGFR mutato e lo scopro dopo aver gi iniziato dei trattamenti posso usare comunque la terapia molecolare dal secondo
ciclo o dai successivi, anche se eravamo partiti all'inizio con la sola chemioterapia convenzionale. Per avremo una efficacia
minore rispetto a chi ha avuto la terapia molecolare fin dall'inizio.
Ultima linea non trattata con noi.

METASTASI CEREBRALI
Ci sono diverse opzioni per il loro trattamento come le gamma-knife se sono lesioni singole o doppie e anche piccole, in
quanto un trattamento molto selettivo oppure c' la radioterapia panencefalica, anche dopo la terapia sistemica.
La radioterapia pan-encefalica pu essere presa in considerazione nei microcitomi come profilassi per le metastasi cerebrali,
lo standard terapeutico e profilattico nei tumori a piccole cellule o anche se ho molte lesioni sparse in cui il gamma knife o la
neurochirurgia non sarebbero efficaci.
Il tumore polmonare a piccole cellule un tumore pi raro ma molto aggressivo e sistemico fin dell'esordio, altamente
proliferante ma fortemente chemio e radiosensibile anche se un po' tutti i tumori del polmone sono radiosensibili.
Questa profilassi d una evidente riduzione della probabilit di fare metastasi cerebrali da microcitomi.

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MATTIA MARZI 3
Un problema che pu presentarsi avere tumori polmonari con un un istotipo misto, in parte indifferenziato come il
neuroendocrino e in parte differenziato. Le due componenti rispondi in maniera un po' diversa ai trattamenti.
In questi casi tratto il pi aggressivo, il pi indifferenziato, che molto assimilato al tumore a piccole cellule. Si viene per a
creare un problema grande di comunicazione con il paziente nello spiegare le incertezze terapeutiche con una persona con un
tumore misto, che rischia anche di avere false speranze o percepire le nostre incertezze come un approccio superficiale.
Domanda: quando comincio la terapia biologica dobbiamo controllare le mutazioni di KRAS?
Si dobbiamo farlo, nel pannello degli esami da fare.
Gli schemi di chemioterapia adiuvante sono utilizzati anche nel trattamento del paziente con malattia avanzata, anche se in
maniera non omogenea, ovvero possiamo vedere a volte trattare un paziente con cisplatino+vinorelbina piuttosto che con gli
schemi a base di cisplatino e pemetrexed perch, magari, l'ottimale sarebbe il secondo trattamento ma non detto che le altre
non siano efficaci.
La probabilit di risposta nel tumore avanzato non a piccole cellule un 60% senza mutazioni di ALK o EGFR se utilizzo uno
schema con il platino, associato al pemetrexed oppure anche a gemcitabina, ad esempio, o anche carboplatino e taxani. I vari
trattamenti hanno poco scarto nelle percentuali di efficacia. Possiamo vedere operare queste differenze di trattamento rispetto a
quanto precedentemente detto per questioni dinamiche, operative, ad esempio alcuni trattamenti hanno bisogno di un
trattamento con un carico di folati quindi richiedono tempo prima di essere iniziati, quindi posso partire con un altro schema
che non necessita questo approccio ma che ha uno scarto minimo di efficacia.
Altra presentazione.

LE CURE PALLIATIVE
Quando abbiamo una malattia cronica degenerativa inguaribile ad un certo punto necessario avere bagaglio di conoscenze
per intervenire non su una malattia ma sull'uomo che deve sopportare la situazione clinica, interessarci al paziente e non solo
alla malattia.
Sono quelle cure che i medici specialisti o meno debbono essere in grado di offrire a un malato che in una situazione di
inguaribilit, andare incontro ai bisogni di chi al termine delle sue aspettative di vita.
Qual la percezione sociale specialistica e tecnica delle cure palliative?
molto importante parlarne perch la nostra societ si sta rendendo conto che ci sono tante patologia inguaribili che
richiedono pi attenzioni anche a livello sociale e che prima erano considerate poco.
Spesso, quando ci si approccia alle cure palliative, compaiono definizioni di cure palliative che fanno una condizione di
confusione; terapia del dolore, musicoterapia, terapia di supporto etc, non c' una percezione uniforme.
Questo si riflette sul trattamento del paziente che si ritrova con una confusione terminologica e gi parte con meno forza e
convinzione che fondamentale per le cure palliative.
La medicina moderna cerca la guarigione a tutti i costi e questo induce in alcuni contesti il concetto di accettazione che invece
la medicina, in certi contesti , si ritrova a non poter guarire ma solo aiutare.
La cura palliativa una cura dell' inguaribilit, percepita come la cura al fallimento della medicina. Alcuni addirittura fanno
chemioterapia fino a una settimana prima di morire, con sovramedicazioni fortemente nocive, per questo tentativo di dover
curare per forza.
La Medicina palliativa percepita come medicina di serie B.
Tutti credono di saper fare le cure palliative ma, nella praticit, non lo sanno fare davvero, a volte non si riescono nemmeno ad
identificare il paziente che le necessita davvero, comprendere i bisogni del malato nella sua interezza, capire quando non c'
pi bisogno di cure mediche per la malattia ma necessita di cure per i sintomi che la malattia gli sta causando.
Ad esempio si cerca di trattare il dolore che ha un punteggio basso nella scala di valutazione del dolore con la morfina ma
questa non una terapia palliativa.
Oggi stato dimostrato che, nel caso del tumore polmonare in stadio avanzato, chi fa una cura palliativa sin dalla diagnosi
invece che farla solo al bisogno, come fatto usualmente, hanno una sopravvivenza pi lunga anche di alcuni mesi, nonostante
si interrompa prima la chemioterapia.
La missione della cura palliativa non per di allungare la durata della vita ma di migliorare la qualit di vita dei malati, tra
cui anche il controllo del dolore.

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MATTIA MARZI 4

Le Cure palliative non sono solo per le condizioni oncologiche, sono molto importanti anche ad esempio per la BPCO o in
altre malattie cronico-degenerative come linsufficienza polmonare cronica avanzata, la demenza etc.. nell'intento di risolvere i
sintomi e migliorare la qualit della vita.
L' obbiettivo delle cure palliative raggiungere la miglior qualit di vita possibile. Anche l'approccio alla famiglia molto
importante perch le malattie gravi influiscono sulla qualit di vita e sull assetto della famiglia.

Le cure palliativa fanno fatica ad entrare nel contesto di affermazione nel campo della medicina proprio perch noi come
medici siamo deputati a guarire le malattie. Alcuni ritengono le cure palliative come qualcosa di quasi ridicolo mentre altri la
vedono come un trattamento che combatte i sintomi quindi positive, c' confusione nella percezione.
Palliativo quindi un trattamento che pu essere considerato attivo, un atto medico, una strategia terapeutica ancora attiva e
non solo qualcosa che viene alla fine del processo terapeutico.
Quindi abbiamo una definizione in positivo una in negativo.
Ci sono sempre pi persone interessate alle cure palliative, di diversi ambiti specialistici all'interno della medicina. Abbiamo
un campus elettivo, a Bentivoglio, dove vengono fatti master a riguardo con accoglienza anche residenziale per chi viene da
lontano, sia studenti sia docenti e, sempre a Bentivoglio presente un Hospice estremamente funzionale ed una accademia
delle scienze delle cure palliative.
Come percepito l'Hospice?
Hospice concepito come luogo della morte perch fanno le cure palliative a pazienti i cui medici li mandano quando ormai
non c' pi nulla da fare, con pazienti sottoposti a una gravissima sovramedicazione e con un possibile intervallo di intervento
sotto il profilo palliativo quasi nullo.
Il 40% dei pazienti oncologici muore in ospedale ma l'ospedale non attrezzato con la finalit di garantire adeguate cure
palliative. Molto spesso ad esempio un paziente oncologico viene ricoverato per un evento acuto, ad esempio una dispnea
acuta, e durante il periodo di ricovero non pu essergli fornito un adeguato supporto palliativo, si pensa solo a risolvere la
dispnea.
I medici ancora non riescono a trattare bene i pazienti terminali e spesso hanno gravi inappropriatezze gestionali.
Le Cure palliative, anche in un contesto residenziale, devono essere fatte con un paziente in stadio pi precoce, ancora con una
buona possibilit di intervenire, senn hospice continueranno ad essere percepiti solo come luogo di morte e non anche come
luogo di attivi interventi terapeutici, di pallo azione dei sintomi e di intervento anche per assistere la famiglia del malato che
affronta tutto questo.
A Bologna ogni anno ci sono 3000 morti per cancro e comunque ancora il 40% dei pazienti muore in ospedale in un contesto
non adatto ad aiutargli e garantirgli le adeguate cure palliative di cui avrebbero bisogno.
Le cure palliative nascono come reparto nel 1974 in Canada e nasce 10 anni prima della terapia intensiva ma qua in Italia tutti
hanno una terapia intensiva ma non le cure palliative, sta perdendo terreno, perch ci sono due elementi; il primo un ostacolo
da parte del mondo accademico e il secondo che noi abbiamo perso un senso di limite e appropriatezza.
stato perso il senso del limite nella nostra cultura, neghiamo la mortalit.

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MATTIA MARZI 5
La cosa pi difficile per che l'Accademia deve essere aperta ad accogliere i problemi della societ mentre oggi l'accademia
spesso ferma su alcuni concetti e ha una falsa condizione di innovativit, c' la mancanza di una crescita delle cure palliative
che sono fondamentali nelle cure mediche, e questo accade perch contro la medicina curativa, in quanto si mette al centro il
malato e non la malattia.
Inoltre le cure palliative nascono dalla periferia, nascono da una esigenza del territorio, e per questo sono state "snobbate"
anche se c'era un bisogno di questi servizi; quindi ci si attrezzati nelle diverse comunit per avere una adeguata gestione di
queste persone, di queste problematiche.
Nascendo dalle periferia si viene a costituire con grandi differenze anche in base alle caratteristiche sociali e culturali del luogo
di nascita.
dunque diversa anche la struttura ad esempio ANT, ADI, SERAGNOLI etc e sono diverse in tutta Italia. Questa eterogeneit
nella crescita delle cure palliative non fa altro che accentuarne la debolezza.
stimato che le cure palliative nella loro sezione pi ampia siano necessarie nel 90 % degli oncologici ma anche nel 50% dei
pazienti non oncologici, con malattie croniche degenerative ma, al sant'Orsola, ogni anno 400 pazienti oncologici muoiono in
ospedale e quindi ricevono medicazioni inappropriate.
Legge 38:
la legge che d accesso alle cure palliative e terapie del dolore, stata
approvata bipartisan e ha dovuto tenere conto di differenze tra
anestesisti e non-anestesisti nella erogazione della cura per il controllo
dei sintomi pi o meno gravi e ha fatto si che ci sia una definizione di
che cosa sono le cure palliative e di cosa necessario per fare cure
corrette e, una volta fatto ci, si sono costruite le figure professionali e i
percorsi formativi che portano alla creazione di un professionista in
cure palliative.
Definisce non solo gli ambienti e il personale e la loro formazione ma
si espande anche alla cura palliativa del bambino e dell'anziano, la
regolamentazione delle cure pediatriche stato fondamentale in quanto
siamo gli unici ad avere regolamentato un tema cos delicato.
obbligatorio riportare la rilevazione del dolore all'interno della
cartella clinica, un obbligo di legge, compreso di tecnica antalgica e
farmaci utilizzati per il suo trattamento, come si evoluto il dolore
come si controllato.
Le cure palliative si fanno in diversi ambienti: in ospedale (vedi 40% di
pazienti di prima), nel domicilio e nel hospice, ad esempio nella
struttura di Bentivoglio, dove abbiamo stanze organizzate in modo da
accogliere i familiari, dotate di doppio letto.
Il luogo della morte molto diverso in tutta Italia e dipende dal
contesto sociale e culturale.
Se chiediamo ai malati di cancro avanzato quale vorrebbero come luogo di morte tutti diranno che vogliono morire a casa per
a casa al nord muoiono il 60% dei pazienti a casa mentre nel meridione la
percentuale 98% di pazienti che muoiono a casa, anche per il differente
assetto sociale e culturale accennato prima.
Su 573 malati deceduti in ospedali sono stati eseguiti un sacco di esami
strumentali inutili con tempi medi di degenza molto alti, inoltre con esami
anche molto costosi inappropriati o invasivi, come ad esempio le TC. Questo
d un'idea numerica del tipo di trattamento eccessivo e inappropriato.
La rianimazione in pazienti con malattia avanzata oggetto di forte
discussione.
Si sta cercando di fare un documento di opinioni che diventer applicativo,
redatto da diverse societ scientifiche mediche, che parte dall'anestesia e che
si estende anche a cardiologia e ad altri reparti.
un documento che d indicazioni al medico che riceve un paziente in condizione critica terminale che cosa fare, se
interessarsi dei sintomi e basta o cercare di rianimarlo, e lo si valuta utilizzando diversi parametri, sia clinici sia come un
risultato di una interpretazione clinica complessiva.

128

20/11/14 PROF GUIDO BIASCO


MATTIA MARZI 6
Il medico che si vede malato in condizione di terminalit deve chiedersi quanto tempo di vita ha questo paziente.
Se si in grado di rispondere si pu decidere che cosa fare, basandoti sugli esami e sulle condizioni cliniche. la surprise
question, la domanda che bisogna porsi e vedere se di fronte a un paziente che entra per un fatto acuto in un contesto cronico.
Con un malato che entra con una questione acuta su un contesto cronico dobbiamo cercare di capire, noi studenti, se
l'impostazione scelta che secondo noi era corretta ha avuto poi seguito e se non stato fatto andare a chiedere ai medici che
cosa stato fatto di diverso e perch.
Noi abbiamo applicato la surprise question ai medici di medicina generale chiedendo se sarebbero stati sorpresi dal fatto che
quel paziente sarebbe morto entro un anno e, dopo un anno, sono tornati a controllare in che stato era il malato e se i medici
avevano quindi risposto correttamente alla domanda o meno ed risultato che, molti medici, di fronte ai malati oncologici,
avevano un approccio eccessivamente pessimistico che pu portare nella pratica clinica a degli errori di valutazione.

129

Premesse di Radioterapia
Mi chiamo Silvia Cammelli e sono una ricercatrice dell'Unit Operativa di Radioterapia del
Sant'Orsola. Vi far le lezioni del modulo di Radioterapia nel Corso Integrato di Oncologia, che
avete gi cominciato. Sono quattro lezioni.
Mi rivedrete anche al secondo semestre, perch nell'ambito del Corso Integrato di Diagnostica per
Immagini c' un modulo che riguarda la Radioterapia.
Dunque: nel Vecchio Ordinamento il Corso Integrato di Oncologia e di Diagnostica per Immagini
erano nello stesso semestre (secondo semestre del quarto anno). Con il Nuovo Ordinamento le
tempistiche delle due materie si sono sfasate: io mi trovo a fare lezione prima nell'ambito di
Oncologia, poi nell'ambito di Diagnostica.
Che dal punto di vista dei contenuti non ottimale.
Perch solo nelle lezioni del corso di Diagnostica vi spiegher l'effetto delle radiazioni sui tessuti,
gli effetti collaterali delle radiazioni sull'organismo, il tipo di interazione delle radiazioni con la
materia, insomma tutti i presupposti teorici dell'applicazione clinica della radioterapia.
L'applicazione clinica, invece, la trattiamo ora, nel corso di Oncologia.
Quindi, per come sono organizzati i corsi, mi trover prima a raccontarvi dell'applicazione pratica
della Radioterapia in ambito clinico e poi, solo successivamente, al prossimo semestre, dei
presupposti teorici su cui basiamo tale applicazione.
Purtroppo dobbiamo adattarci.
Ripeto, considerate che le cose che vi dico hanno dei presupposti basati sulla fisica delle radiazioni
e sulla biologia, che prenderemo in esame solo il prossimo semestre.

Vi spiego come intendevo strutturare queste quattro lezioni.


Oggi pensavo di parlare delle premesse della radioterapia, del suo campo di applicazione in ambito
clinico, di quando viene utilizzata e di quali sono le finalit del suo utilizzo.
Poi, nelle prossime volte, faremo in maniera esemplificativa le patologie oncologiche (pi
frequentemente trattate con la radioterapia) e il loro trattamento (radioterapico).
Parleremo di Radioterapia nel tumore della mammella, nel tumore della prostata, nei tumori di testa
e collo, e qualcos'altro. Per farla breve, soprattutto, mammella e prostata sono i tumori che,
nell'ambito del trattamento oncologico complessivo, trovano pi frequentemente indicazione al
trattamento radioterapico.
(SL.1) La Radioterapia una disciplina medica specialistica di ambito oncologico.
Infatti nel 99% dei casi la Radioterapia trova indicazione nei pazienti con diagnosi di tumore.
Nel complesso di un trattamento oncologico complessivo, l'obiettivo della Radioterapia quello di
provvedere al controllo locoregionale della malattia e/o dei sintomi ad essa correlati.
Spiego meglio.
In ambito oncologico ci sono tre armi terapeutiche a disposizione: la chirurgia, la radioterapiaappunto- e la chemioterapia.
La Radioterapia e la chirurgia si occupano del controllo loco- regionale della malattia.
"Controllo loco-regionale" la parola chiave: la Radioterapia agisce in maniera circoscritta, locale su
quello che si definisce volume di trattamento.
In modo differente, la chemioterapia agisce a livello sistemico: si tratta di farmaci iniettati per via
endovenosa, che hanno, ripeto, effetti generalizzati su tutto l'organismo.
Ad oggi, sempre di pi, nell'ambito del trattamento di un tumore, si usano tutte e tre le armi (chirurgia,
Radioterapia e chemioterapia).
Ma, ripeto, la Radioterapia ha finalit esclusivamente locoregionale.
Altro concetto. A seconda dello stadio e della diffusione della malattia, la Radioterapia pu avere un
ruolo differente.

130

Se ci riferiamo ad una malattia oncologica ancora in stadio iniziale, localizzata, in cui un trattamento
locale pu essere sufficiente, la Radioterapia pu avere un ruolo di controllo della malattia.
Differentemente, se siamo difronte ad una malattia in fase avanzata, metastatica, l'obiettivo della
Radioterapia non la remissione della malattia in quella sede, ma il controllo dei sintomi che quella
localizzazione comporta.
Quindi, la slide recita "Terapia dei sintomi ad essi correlati": si riferisce a tale discorso.
Ho gi accennato al fatto che l'altro metodo di controllo locale della malattia rappresentato dalla
chirurgia.
Ad oggi, la diagnosi di tumori in fase iniziale molto pi frequente rispetto a quanto succedeva un
tempo. Ci permette di utilizzare le armi del trattamento locale, chirurgia e Radioterapia, con maggior
efficacia rispetto al passato.
(SL.3) Ribadisco ancora una volta le due finalit del trattamento radioterapico.
La Radioterapia pu essere utilizzata nel trattamento primario del tumore, nel 65% dei casi di utilizzo.
In tali casi, la Radioterapia utilizzata da sola o in associazione con la chirurgia o la chemioterapia.
Ripeto, si tratta di malattie diagnosticate in uno stadio locale; il trattamento ha finalit curative.
In secondo luogo, la Radioterapia trova indicazione nel trattamento palliativo (che un termine
brutto, ma quello utilizzato tecnicamente) in relazione a recidive o malattia metastatica. Il 35% di
pazienti trattati con Radioterapia beneficia della metodica in questo senso.
Ripeto, si tratta di malattie in uno stadio avanzato, di invasione sistemica; non si pu pi controllare
e cercare di mandare in remissione la malattia.
In tali situazioni la Radioterapia ha solo l'obiettivo di controllo e miglioramento dei sintomi.
Quindi, in questi casi, la finalit del trattamento radioterapico non la guarigione e il controllo della
malattia, ma il miglioramento della qualit della vita dei pazienti, magari in associazione a terapie
farmacologiche (chemioterapia, terapia del dolore).
Da quanto detto, potete immaginare la sala di attesa di un reparto di Radioterapia.
Innanzitutto direi che ci sono tutti pazienti con diagnosi di tumore (c' solo un'eccezione che poi
vedremo: un'indicazione alla Radioterapia, in cui non c' diagnosi di malattia tumorale).
E tali pazienti con diagnosi di tumore sono in varie fasi della malattia.
Ci sono pazienti che stanno bene, in condizioni cliniche generali ottimali e con ottime probabilit di
guarigione- o addirittura sono gi "guariti" (il tumore stato tolto dal chirurgo e la Radioterapia a
scopo di profilassi- lo vediamo meglio dopo) -.
Accanto a questi, ci sono altri pazienti con la malattia in stadio avanzato, o in stato terminale: questi
hanno qualit di vita non ottimale: ad esempio possono essere defedati. E fanno il trattamento
radioterapico a scopo palliativo.
(SL.4) Come vi dicevo la Radioterapia utilizzata nell'ambito del trattamento primario pu affiancarsi
al trattamento chirurgico e a chemioterapia.
E' ben evidente dalla slide che la percentuale di trattamenti combinati (che prevedono l'impiego della
Radioterapia con chirurgia e chemioterapia) sia decisamente aumentata nel corso dei decenni.
Allo stesso modo, ugualmente chiaro come l'applicazione della Radioterapia esclusiva sia diminuita.
Insomma, ad oggi, qualunque sia la sede del tumore e la diagnosi istologica si ricorre a tutte e tre le
armi terapeutiche (Radioterapia, chirurgia, chemioterapia), per cercare di fronteggiare la malattia sia
localmente (Radioterapia, chirurgia), sia a livello sistemico (chemioterapia).
Tale approccio garantisce una maggiore probabilit di guarigione dalla malattia.
Tuttavia, il prezzo da pagare un aumento della tossicit: la tossicit di tutte le armi terapeutiche si
va a sommare: gli effetti collaterali sono inevitabili e spesso piuttosto intensi.
Quindi, maggiori possibilit di guarigione, ma, allo stesso tempo, maggiori effetti collaterali.
(SL.5) Altro concetto di base: come viene eseguito il trattamento radioterapico? E dove viene

131

eseguito? Per quanto tempo? Con quali modalit?


Dunque, il trattamento radioterapico pu essere diviso in due grandi gruppi.
Il principale, prevalente per frequenza di esecuzione, rappresentato dalla Radioterapia esterna o
Radioterapia transcutanea.
Nell'ambito di tale metodica, il paziente sdraiato su un lettino e un macchinario (simile a quello di
TAC o RM), esterno a lui, al di sopra del lettino, emette radiazioni (fotoni X). Il fascio di radiazioni
attraversa la cute del paziente e arriva in profondit, andando a colpire in maniera precisa e pianificata
il volume bersaglio del trattamento (che coincide con il tumore o con il letto chirurgico, se il paziente
gi stato operato).
Quindi al paziente va spiegato che deve stare sdraiato sul lettino, senza muoversi (se si muove le
radiazioni non colpiscono il tessuto bersaglio); il trattamento non provoca nessuna sensazione e il
paziente neanche si accorge dell'emissione delle radiazioni.
La Radioterapia esterna non eseguita in un'unica seduta (salvo situazioni eccezionali, che vedremo).
Ovvero: il paziente visitato in un ambulatorio di Radioterapia, gli viene detto "Occorre il trattamento
radioterapico per guarire"; non che fa solo una seduta di Radioterapia e va a casa.
Infatti, la modalit standard nell'esecuzione del trattamento di Radioterapia esterna una modalit
frazionata.
Che significa? Significa che la dose totale di radiazioni alla quale il paziente deve sottoporsi,
prescritta dal medico radioterapista, frazionata e somministrata all'interno di pi sedute.
Di solito si parla di frazionamento convenzionale: la dose data al paziente, in ogni frazione, cio
giorno, convenzionalmente 180-200 cGy (centiGray)
Il Gray l'unit di misura della dose di radiazioni assorbita.
Perci, un trattamento di Radioterapia esterna (con frazionamento convenzionale) prevede
l'erogazione di una dose di 180-200 cGy al giorno (seduta), per 5 giorni alla settimana. Per un numero
di giorni tali da raggiungere la dose totale di radiazioni prescritta dal medico radioterapista: ci sono
pazienti che fanno un minimo di 5-6 sedute, altri che arrivano ad un massimo di 30-35 sedute- che,
per 5 giorni alla settimana, sono 6-7 settimane-.
Per quale motivo si fraziona il trattamento radioterapico?
Il motivo radiobiologico; lo analizzeremo in maniera pi approfondita il prossimo semestre, nel
corso di Diagnostica.
Lo spiego in modo molto semplice.
Le radiazioni colpiscono, oltre al tessuto tumorale, anche i tessuti sani circostanti. Perci se
somministrassimo tutta la dose utile in unica seduta- anche se sicuramente otterremmo l'uccisione di
tutte le cellule tumorali- provocheremmo lesioni importanti sui tessuti sani e effetti collaterali
devastanti.
Ripeto, la Radioterapia esterna la modalit prevalente: utilizzata nel 90% dei pazienti sottoposti a
Radioterapia.
Il restante 10% dei pazienti sottoposto a Brachiterapia.
La Brachiterapia non utilizza le radiazioni ionizzanti intese come fotoni X, bens le radiazioni
ionizzanti emesse da radioisotopi.
La differenza fondamentale con la Radioterapia esterna che il radioisotopo -la sorgente di radiazioni,
appunto- posto direttamente a contatto con la sede da trattare: si costruiscono impianti che,
successivamente, o vengono inseriti all'interno di cavit preformate (nell'utero, per il trattamento dei
tumori dell'utero, appunto) o infissi (nei tessuti molli, per il trattamento dei tessuti molli).
In ogni caso, ripeto, il radioisotopo direttamente a contatto con il tessuto bersaglio.
Il vantaggio intuitivo: non dovendo il fascio di radiazioni attraversare la cute per raggiungere il
tessuto bersaglio, si risparmia tossicit ai tessuti sani circostanti.
Tuttavia la Brachiterapia ultraspecialistica: solo per la messa in sede dei radioisotopi e degli impianti
sono richieste l'anestesia e una sala operatoria. Perci non tutti i centri di Radioterapia ne dispongono.
Qui al Sant'Orsola, la brachiterapia c' e ci sono alcuni medici radioterapisti che si dedicano, in

132

maniera specifica, solo a questa metodica.


Domanda Studente: Dal punto di vista dell'efficacia la Radioterapia esterna e la Brachiterapia hanno
gli stessi risultati?
Risposta Prof: Si. L'efficacia delle due metodiche la stessa.
Domanda Studente: Si pu scegliere l'isotopo? Il tipo di radiazione? L'intensit della radiazione?
Risposta Prof: Certo, possibile scegliere tutto questo.
La Brachiterapia pu essere utilizzata o come trattamento di Radioterapia esclusivo ripeto, con
efficacia analoga alla Radioterapia esterna- o, in alcuni casi, le due metodiche (Radioterapia esterna
e Brachiterapia) sono fatte in combinazione: si inizia con un trattamento di Radioterapia esterna (di
solito fino alla dose di tolleranza dei tessuti sani), seguito da un trattamento di Brachiterapia.
In ogni caso, terr anche per la Brachiterapia una lezione specifica il prossimo semestre nel corso di
Diagnostica, dove capiremo meglio quali patologie trovano indicazioni al trattamento di
Brachiterapia (dal punto di vista tecnico l'inserimento dei radioisotopi non possibile in tutti i distretti
anatomici).
Torniamo un attimo indietro. Vi dicevo che la Radioterapia esterna somministrata, di solito, con
modalit frazionata; oltre al frazionamento convenzionale (che, come vi ho descritto utilizza una dose
per frazione di 180-200 cGy al giorno per 5 giorni alla settimana) esistono altre modalit di
frazionamento, denominate ipofrazionamenti e iperfraziionamenti.
Negli ipofrazionamenti la dose per frazione pi alta dei 180-200 cGy; negli iperfrazionamenti la
dose per frazione pi bassa.
Rispetto al frazionamento convenzionale, gli ipofrazionamenti e gli iperfraziionamenti hanno risvolti
diversi in termini di efficacia sulle cellule tumorali e impatto maggiore o minore sui tessuti sani
circostanti.
Anche di tali argomenti, discuteremo nel prossimo semestre.
(SL.6) Quali sono i tumori che, nell'ambito del loro trattamento disciplinare, si giovano pi
frequntemente della Radioterapia? Leggiamo la slide.
Al primo posto c' la mammella. Come ho gi accennato, faremo una lezione specifica per trattare la
Radioterapia nel tumore della mammella. Vi dico solo due parole.
Lo standard terapeutico per un tumore della mammella in stadio iniziale o localmente avanzato
rappresentato dalla chirurgia conservativa (quadrantectomia), seguita da Radioterapia esterna su tutta
la mammella residua.
Ad oggi, grazie agli screening, si fa sempre pi spesso diagnosi di tumore della mammella in fase
locale. Perci, come gi detto all'inizio, il trattamento locale e loco-regionale della malattia sempre
pi importante.
E, ripeto, il trattamento loco-regionale si compone di chirurgia conservativa e Radioterapia esterna;
per tali pazienti, con tumore localizzato, non occorre la chemioterapia e una copertura di tipo
sistemico.
Prima abbiamo accennato al variegato aspetto dei pazienti che afferiscono ad un reparto di
Radioterapia: le pazienti con tumore alla mammella localizzato rappresentano la categoria di pazienti
che, al di l della diagnosi poco piacevole, sta decisamente bene. Si tratta di pazienti, che come detto,
hanno probabilit di guarigione molto alte; la malattia non ha impattato in modo importante sulla loro
qualit di vita: spesso vengono a fare Radioterapia continuando a lavorare e a condurre una vita
normale.
In seconda posizione, troviamo l'apparato respiratorio.
In realt qui al Sant'Orsola trattamenti radioterapici per tumori del polmone o, comunque,
dell'apparato respiratorio non se ne vedono tantissimi.
Altra categoria di tumori sottoposta molto spesso a Radioterapia: tumori dell'apparato urogenitale sia

133

maschile che femminile. In particolare, tumori della prostata per il maschio, tumori dell'utero per la
femmina.
Due parole riguardo i tumori della prostata.
In generale, l'evoluzione tecnologica ha permesso il potenziamento dell'efficacia terapeutica della
Radioterapia. Tanto che, per il tumore alla prostata, il trattamento radioterapico esclusivo ha le stesse
probabilit di controllo (della malattia localizzata) del trattamento chirurgico (prostatectomia
radicale). Perci, ad oggi, la Radioterapia pu essere indicata in alternativa alla chirurgia, con le stesse
probabilit di successo: il classico esempio di Radioterapia esclusiva.
Ripeto: per il tumore alla prostata, la Radioterapia esclusiva ha le stesse probabilit di controllo della
malattia (in stadio localizzato) della chirurgia radicale.
Dopodich ci sono i tumori di testa e collo. Per testa e collo si identifica un distretto anatomico
all'interno del quale sono presenti molti organi: vie aeree superiori, rinofaringe, laringe, vie digestive
superiori, orofaringe ecc. Si tratta di organi i cui tumori hanno storia naturale simile (i drenaggi
linfatici sono simili); perci il trattamento su tale ampio distretto si assomiglia per molte cose.
La tolleranza di testa e collo al trattamento radioterapico molto scarsa.
Facciamo un confronto.
Avevamo visto prima il tumore della mammella. La mammella ha una tolleranza ottima alla
Radioterapia. La sede anatomica, ben esposta, infatti, permette di irradiare quasi esclusivamente la
mammella, e non altri tessuti, limitando gli effetti indesiderati. Perci, gli effetti collaterali di una
paziente con tumore alla mammella sottoposta a Radioterapia si limitano ad eritema cutaneo, prurito,
bruciore, ma niente altro.
Per la Radioterapia di testa e collo, il discorso diverso.
Per irradiare un tumore o i linfonodi di drenaggio di un tumore di testa e collo, si irradiano
inevitabilmente una serie di altri organi sani. Gli effetti collaterali sono importanti. I pazienti, dopo
qualche settimana, presentano problemi di deglutizione, dolore molto forte, afte, mucositi, tosse,
ipersalivazione, epiteliolisi delle labbra. Ne pu conseguire difficolt ad alimentarsi (prima con i cibo
solidi, poi con i liquidi), e bisogno di terapie di supporto (alimentazione parenterale, medicazioni
continue, aeresol).
Riguardo gli effetti collaterali, meglio puntualizzare un concetto. Cos come l'azione della
Radioterapia a livello locale e loco-regionale, allo stesso modo, gli effetti collaterali sono locali e
loco-regionali. Perci un paziente che fa Radioterapia di testa e collo non avr mai come effetto
collaterale la diarrea.
Procedendo, seguono le forme ematologiche. Fino a poco tempo fa, i linfomi e le patologie tumorali
del sistema emolinfopoieitico avevano maggiori indicazioni per la Radioterapia; ad oggi lo sviluppo
dei trattamenti chemioterapici e l'individuazione di recettori biologici, ha ridotto le potenzialit della
Radioterapia per queste patologie.
Seguono altre patologie, un p pi rare.
In ogni caso, per farvi un quadro sintetico: sono trattati con Radioterapia, in particolar modo, tumori
di mammella, prostata, forme ginecologiche e testa e collo.
Ma non dimentichiamoci dei trattamenti palliativi, che sulla slide non sono nominati, e che, come
abbiamo visto, costituiscono il 35% casi di trattamento con Radioterapia.
(SL.7) Una definizione. La radiosensibilit la risposta del tumore all'irradiazione; valutata
attraverso due considerazioni cliniche: l'entit e la rapidit della regressione tumorale e la percentuale
di regressione completa al termine del trattamento.
(SL.8) Pi che una definizione, la radiosensibilit una caratteristica intrinseca di ciasun tumore: tale
diapositva spiega come, su base empirica, si capito come alcuni tumori siano pi radiosensibili e
altri meno.
I tumori del sistema emolinfopoieitico sono i pi radiosensibili insieme ai seminomi; tra i pi
radioresistenti si trovano i condrosarcomi, gli osteosarcomi e i melanomi.
Come la radiosensibilit di un tumore impatta sulla prescrizione del trattamento di Radioterapia?

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Ovviamente tumori pi radiosensibili hanno bisogno di dosi totali inferiori rispetto a tumori pi
radioresistenti. Attenzione! Parlo di dose totale non di dose per frazione: la dose per frazione sempre
180-200 cGy al giorno per il frazionamento convenzionale, leggermente pi alta o pi bassa per gli
ipofrazionamenti e gli iperfrazionamenti.
Domanda Studente: Cosa conferisce al tumore radiosensibilit o radioresistenza?
Risposta Prof: Sono le caratteristiche intrinseche e istologiche del tumore: l'istotipo, la velocit di
proliferazione cellulare, la differenziazione cellulare, a rendere un tumore pi o meno radiosensibile.
Anche i tessuti sani hanno sensibilit intrinseche differenti alle radiazioni.
Domanda Studente: La risposta del tumore alla Radioterapia condizionata dagli stessi fattori che
influenzano la risposta alla chemioterapia? Per esempio centra l'indice proliferativo.
Riposta Prof: S, pi o meno lo stesso discorso. Certo, con qualche sfumatura, perch qui, si tratta
di meccanismi diversi e di interazioni di raggi X con delle cellule.
Per, a grandi linee, ripeto, i parametri che influenzano la risposta alla chemioterapia sono gli stessi
che influenzano la risposta alla Radioterapia: il grado di differenziazione cellulare, la quota di
cellule proliferanti, la presenza di vascolarizzazione all'interno del tumore (questo un discorso che
approndiremo il prossimo semestre: la presenza o meno di ossigeno all'interno del tumore rende pi
o meno amplificato il danno delle radiazioni).
La radiosensibilit un parametro di cui il medico radioterapista deve tenere conto, nel momento in
cui pianifica la Radioterapia e le dosi del trattamento.
Per fare un esempio concreto: per un trattamento radicale di linfomi e seminomi, le forme pi
radiosensibili, basta una dose totale di 20-30 Gy (vale sempre lo stesso discorso: 20-30 Gy divisi per
180-200 cGy al giorno: sono 10-14 sedute, 2-3 settimane di trattamento); all'estremo opposto, i
condrosarcomi e i melanomi richiedono dosi di 60-70 Gy (30-35 frazioni, 6-7 settimane di
trattamento).
Ovviamente trattamenti con dose totale maggiore, quindi pi lunghi,significano tessuti sani esposti a
dosi pi alte di radiazioni ed effetti collaterali molto pi intensi.
Ad oggi la tecnologia aiuta molto e, in parte, si riescono ad escludere i tessuti sani dall'irradiazione.
In passato non era cos: a causa degli effetti collaterali, a volte, il trattamento radioterapico si
interrompeva o non si iniziava neanche; l'altro escamotage era la prescrizione di una dose totale pi
bassa, per non superare la dose di tolleranza dei tessuti sani: il risultato era una minore probabilit di
guarigione.
(SL.9) A proposito, l'indice terapeutico d l'idea di radiocurabilit del tumore: il rapporto fra la dose
tollerata dai tessuti sani e la dose che serve per controllare la malattia.
Infatti, da quanto detto, non possiamo non porci il problema: occorre tener conto s della dose che
serve per controllare il tumore, ma, allo stesso tempo, la dose di tolleranza dei tessuti sani ha la stessa
importanza, per i possibili effetti collaterali che la Radioterapia potrebbe dare.
Il tumore risulter tanto pi radiocurabile quanto pi l'indice terapeutico maggiore di uno e quanto
pi la dose di tolleranza dei tessuti sani maggiore della dose che serve ad eliminare il tumore.
La situazione ideale quella in cui la dose di tolleranza dei tessuti sani altissima e la dose letale
molto pi bassa.
In tal caso possibile iniziare il trattamento radioterapico senza particolari problemi.
Ovviamente tutti questi, sono concetti che hanno impatto pratico sulla Radioterapia esterna e non
sulla Brachiterapia (in tal caso, le radiazioni non devono attraversare i tessuti perch l'isotopo
direttamente a contatto).
Insomma, l'indice terapeutico ha molta importanza ed preso in considerazione nell'indicazione alla
radioterapia e nell'approvazione di una modalit tecnica rispetto ad un'altra.
(SL.10) La dose letale il valore di dose in grado di ottenere la distruzione della neoplasia nel 95%

135

dei casi. E, come avevamo approfondito, in relazione, appunto, alla radiosensibilit del tumore.
(SL.11) Quindi, oltre alla radiosensibilit intrinseca del tumore, occorre considerare la
radiosensibilit intriseca dei tessuti sani. Il discorso analogo: i tessuti sani sono pi o meno
radiosensibili.
A riguardo, ci sono due parametri di riferimento: la dose di tolleranza minima e la dose di tolleranza
massima.
La dose di tolleranza minima (o Td5/5) la dose che espone ad un rischio di complicanze inferiori al
5% dopo 5 anni dal trattamento radioterapico.
La dose di tolleranza massima (o Td50/5) la dose che espone ad un rischio di complicanze gravi
maggiore al 50% dopo 5 anni dal trattamento.
Td5/5 e Td50/5 sono due parametri specifici di ciascun organo.
E sono parametri ai quali il medico radioterapista fa riferimento, nel momento in cui pianifica il
trattamento (le dosi, il volume da irradiare). Solitamente il riferimento la Td5/5: la dose che arriva
ad un organo deve essere inferiore alla sua Td5/5.
A volte ci non possibile; in questi casi occorre valutare se gli effetti collaterali correlati all'eccesso
di dose sono accettabili rispetto all'organo in questione.
Domanda Studente: Non ho capito bene. Il medico radioterapista deve cercare di lavorare sotto la
Td5/5?
Risposta Prof: S, cerca di stare sotto la Td5/5. Tuttavia, non sempre ci si riesce. E in relazione
all'organo, alle caratteristiche del tumore e del trattamento si decide se vale la pena o meno superarla
o meno.
(SL.12-13) Per queste due diapositive, aldil delle percentuali, che non dovete tenere a mente, vi
espongo un concetto importante.
E cio vi ripeto che la Radioterapia esclusiva, in termini di trattamento a scopo radicale, trova
indicazione, per un tumore in stadio iniziale (senza coinvolgimento linfonodale, non metastatico, dei
T1, T2 al massimo degli N0), come alternativa alla chirurgia in numerosi casi: tumori dell'utero,
seminomi, tumori della prostata (per il quale, avevo gi anticipato questo discorso). I risultati
terapeutici della Radioterapia esclusiva, per tutti questi tumori, la stessa della chirurgia.
Nella SL.13 riportato anche il tumore della mammella come sottoposto a radioterapia esclusiva: in
realt, come vi avevo gi detto, ad oggi, i tumori della mammella sono trattati con chirurgia
conservativa e, poi, radioterapia postoperatoria (i dati delle slide sono un p datati).
Invece forme del distretto cervico- faciale (tumori del labbro, del cavo orale, dell'orofaringe, del
rinofaringe) trovano indicazione al trattamento radioterapico esclusivo, in alternativa al trattamento
chirurgico.
Ma perch preferire la Radioterapia alla chirurgia?
Di solito si preferisce la Radioterapia alla chirurgia perch un intervento chirurgico in una determinata
sede rischia di essere particolarmente demolitivo, invalidante dal punto di vista estetico, o causa di
problemi funzionali. Perci si preferisce un trattamento conservativo (ammesso, ovviamente, che i
risultati siano gli stessi).
Il rinofaringe il classico esempio per cui, data la sede anatomica difficilmente aggredibile dalla
chirurgia a ridosso del basicranio, contornata dagli occhi -, si preferisce trattare il tumore con
Radioterapia esclusiva, nelle forme iniziali. E, ripeto, i risultati sono gli stessi: il controllo della
malattia.
(SL.14) Abbiamo gi affrontato le finalit del trattamento radioterapico. Ve l'ho suddiviso in due
parti: la Radioterapia radicale e la Radioterapia palliativa.
Qui compare un altro sottogruppo del trattamento radicale: la Radioterapia adiuvante, e vedremo tra
poco in cosa coinsiste.
(SL.15) Radioterapia radicale: l'abbiamo gi trattata in tutte le sue questioni specificiche.

136

L'obiettivo della terapia ottenere l'eradicazione del tumore. Laddove si hanno parit di indicazioni
e risultati, la radioterapia radicale una scelta alternativa alla chirurgia e si decide in relazione a
considerazioni di tipo funzionale, estetico, psicologico e logistico.
Considerazioni di tipo funzionale: ci sono pazienti che hanno una cardiopatia e un rischio
anestesiologico troppo alto per potersi sottoporre a intevento chirurgico: in tali casi rimane solo la
radioterapia.
Considerazioni di tipo psicologico: ci sono pazienti che non vogliono in nessun modo sottoporsi ad
intervento chirurgico, e viceversa.
Considerazioni di tipo logistico: un paziente afferisce ad un centro dove le liste di attesa per la
chirurgia sono di quattro mesi; la Radioterapia, invece, possibile iniziarla subito.
(SL.16) La Radioterapia adiuvante, come gi detto, una sottocategoria della Radioterapia radicale,
nel senso che utilizzata, allo stesso modo, nel contesto di un trattamento curativo per pazienti con
una malattia ancora in uno stadio curabile, non metastatico.
La parola "adiuvante" sinonimo di postoperatoria. Il trattamento di Radioterapia adiuvante, infatti,
eseguito dopo il trattamento chirurgico, che ha provveduto all'escissione del tumore macroscopico.
L'obiettivo della Radioterapia, quindi, in questi casi, la sterilizzazione del letto chirurgico nel caso
in cui ci siano ancora dei focolai di malattia (che non siano stati rimossi durante l'intervento perch
magari non visti). In questo modo si riducono le probabilit di recidiva locale di malattia.
L'esempio classico, come vi ho gi detto, il tumore della mammella e la Radioterapia adiuvante
dopo quadrantecromia.
Ovviamente il volume di trattamento riguarda tutte le sedi a rischio di recidiva: non necessariamente
solo il letto chirurgico, a volte anche linfonodi e le stazioni di drenaggio linfatico della malattia.
Diverso il trattamento neoadiuvante. Anche questo, se vogliamo, una sottocategoria dei trattamenti
radicali.
Se la Radioterapia adiuvante chiamata anche postoperatoria, la Radioterapia neoadiuvante detta
anche preoperatoria.
La Radioterapia neoadiuvante, infatti, la Radioterapia eseguita su un tumore ancora in sede,
macroscopicamente presente (diagnosticato dalla biopsia e dagli esami strumentali), che il chirurgo
non ha ancora rimosso.
L'obiettivo del trattamento radioterapico quello di ridurre le dimensioni del tumore; un intento
citoriduttivo. In questo modo, l'irradiazione permette di trasformare un intervento chirurgico che,
altrimenti, sarebbe un intervento ampiamente demolitivo, e rischierebbe di non essere radicale.
Ripeto: la Radioterapia neoadiuvante riduce le dimensioni del tumore e circoscrive il volume del
tumore: in tal modo il chirurgo riuscir a fare un intervento meno demolitivo e radicale.
L'esempio classico di Radioterapia preoperatoria la Radioterapia neoadiuvante del tumore del basso
retto.
Un intervento chirurgico in prima battuta (senza Radioterapia preoperatoria) su una lesione del basso
retto: il chirurgo taglia e non riesce ad anastomizzare il moncone prossimale con una porzione distale
in senso termino-terminale (il tumore troppo basso). Perci fa una colostomia definitivaa.
Ovviamente una colostomia definitiva, oltre ad avere un rischio notevole di recidiva, impatta la
qualit della vita del paziente in modo notevole.
Perci, si usa il trattamento radioterapico (o addirittura radio-chemioterapico) prima dell'intervento.
In questo modo il tumore si riduce e il chirurgo, successivamente, potr provare a fare un'anostomosi
termino-terminale, senza colostomia.
(SL.17) L'altro grande gruppo quello della Radioterapia palliativa.
Come gi detto, la Radioterapia palliativa ha finalit totalmente diversa.
Consiste nell'irradiazione di sedi metastatiche che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono
metastasi ossee, ritrovabili in tutti i segmenti. Spessissimo tali metastasi danno una sintomatologia
dolorosa molto importante e mal controllata dalla terapia farmacologica. Il trattamento radioterapico
locale ha, appunto, la finalit di ridurre il dolore.

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In secondo luogo, la Radioterapia palliativa su metassi ossee riduce le possibili tipiche complicanze:
frattura patologica, o, per esempio, nel caso di una vertebra, compressione midollare.
Ripeto, nella stragrande maggioranza dei casi la Radioterapia palliativa eseguita sulle metastasi
ossee, con la finalit di ridurre il dolore o prevenire le complicanze; non c' finalit curativa: la terapia
volta solo al miglioramento della qualit di vita.
Un'altra finalit della Radioterapia palliativa l'emostasi. Nel caso di tumori che provochino
abbondanti sanguinamenti (in particolare tumori dell'utero), il trattamento riesce, nel giro di poche
sedute, ad arrestare il sanguinamento.
(SL.18) Nella slide sono presenti tutte le possibili associazioni della Radioterapia con la chirurgia.
Si tratta di concetti che abbiamo gi trattato.
La Radioterapia preoperatoria ha la finalit di rendere tecnicamente operabile la neoplasia ed
eliminare eventuali foci occulti o rendere possibili interventi chirurgici non demolitivi.
La Radioterapia postoperatoria riduce i tumori ad elevato rischio di recidiva.
In pi troviamo per la prima volta la Radioterapia intraoperatoria.
Questa coinsiste nell'irradiazione del letto operatorio, nell'immediato, in sala operatoria, dopo che il
chirurgo ha rimosso il tumore.
Si tratta di una modalit ultraspecialistica che necessita di apparecchiature dedicate.
Ad esempio occorre un acceleratore lineare portatile.
L'acceleratore lineare l'apparecchio da cui sono emesse le radiazioni. Nella Radioterapia esterna,
un apparecchio statico, non trasportabile, all'interno di un bunker. Nella Radioterapia intraoperatoria,
appunto, ne occorre uno portatile, da utilizzare in sala operatoria.
Il grande vantaggio della Radioterapia intraoperatoria che, in modo analogo alla brachiterapia, i
raggi sono emessi direttamente sul tumore. In questo modo gli effetti collaterali sui tessuti circostanti
sono contenuti.
In pi, non c' il problema di definire il volume di trattamento: se per la Radioterapia esterna questo
definibile solo su immagini TAC (comunque suscettibili di interpretazione), ora, possibile vedere,
dal vivo e con certezza, il volume.
Un ulteriore vantaggio che il paziente esce dalla sala operatoria avendo gi fatto tutto: trattamento
chirurgico e trattamento adiuvante. Ripeto, un paziente che ha fatto Radioterapia intraoperatoria ha
gi concluso il trattamento oncologico complessivo (chirurgia e radioterapia, appunto, adiuvante).
Domanda Studente: Il trattamento non fatto in maniera frazionata?
Risposta Prof: No. Proprio perch, non andando le radiazioni a colpire i tessuti sani (spostati
manualmente) il danno confinato al letto chirurgico (e non coinvolge i tessuti sani).
(SL.19) Esistono alcune complicanze della Radioterapia eseguita in fase preoperatoria o
postoperatoria.
La Radioterapia preoperatoria pu causare ostacoli all'atto chirurgico, nel senso che i tessuti irradiati
perdono di elasticit, diventano pi sclerotici, vanno incontro a fibrosi e a rischi maggiori di
emorragia. In pi, c' la possibilit di una ritardata cicatrizzazione postchirurgica.
Per questi motivi, i chirurghi non amano particolarmente intervenire su un paziente che stato
irradiato.
Invece, la Radioterapia postoperatoria gravata soprattutto da alterazioni di tipo scleroticocicatriziale con sofferenza vascolo-nervosa.
(SL.20) Finora abbiamo parlato dell'associazione fra Radioterapia e chirurgia. Abbiamo spiegato le
tre possibili modalit di associazione (Radioterapia preoperatoria, Radioterapia postoperatoria e
Radioterapia intraoperatoria), valutando i pro e i contro di ciascuna di essa.
Ora introduco la Radioterapia associata alla chemioterapia.
Ad oggi, l'associazione radio-chemioterapica molto utilizzata.
L'associazione deve risultare, in termini terapeutici, di maggiore efficacia sul tumore e di minore

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tossicit sui tessuti sani, in termini di danni immediati e tardivi. E, come abbiamo gi detto, le finalit
sono sia il potenziamento del controllo locale, sia la prevenzione della diffusione metastatica
(intervento specifico del trattamento chemioterapico).
(SL.21) Nella slide c' un elenco di patologie tumorali, per le quali pu essere utilizzata una
combinazione di radio e chemioterapia. Sono tante e sempre pi frequenti.
(SL.22) Concludento, la Radioterapia, come abbiamo discusso, pu essere associata a chirurgia e a
chemioterapia.
Ad oggi, per quel che riguarda l'associazione Radioterapia- chirurgia, lo schema pi utilizzato rimane
la Radioterapia postoperatoria. Tuttavia la Radioterapia preoperatoria e la Radioterapia
intraoperatoria sono in aumento, in termini di utilizzo.
La Radioterapia Intraoperatoria ha una percentuale di applicazione bassa: questo perch, come vi ho
gi accennato, non facile avere, in un centro di Radioterapia, investimenti per apparecchiature cos
specialistiche. Ad esempio, al Sant'Orsola la Radioterapia intraoperatoria non c' (c' al Bellaria).
Insomma la Radioterapia Intraoperatoria una metodica che risente pi della diffusione sul territorio
che delle validazioni teoriche: i vantaggi sono tanti e in futuro potr avere maggiore utilizzo.
Invece, per quel che riguarda l'associazione Radioterapia- chemioterapia, possibile avere varie
associazioni temporali.
Esiste un'associazione sequenziale, nel senso che si fa prima una e poi l'altra.
Oppure un'associazione concomitante: negli stessi giorni in cui fa la Radioterapia, il paziente fa anche
la chemioterapia.
O, infine, un'associazione alternata: Radioterapia e chemioterapia si alternano: il paziente fa due cicli
di chemioterapia, poi fa il trattamento radioterapico, quindi conclude con altri due cicli di
chemioterapia.
In ogni caso, tali associazioni radioterapia- chemioterapia non sono cos rigide: si tratta di schemi
adattabili e personalizzabili in relazione al paziente, alla presenza di comorbilit e a molte altre
variabili.

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Maria Rita Sabattini 1
RADIOTERAPIA (RT) DEL TUMORE DELLA MAMMELLA
Standard terapeutici
E una delle patologie pi frequenti che si vedono che abbiano unindicazione alla radioterapia (soprattutto alla radioterapia
esterna).
Attualmente lo standard terapeutico delle pazienti che hanno una diagnosi istologica di tumore della mammella localizzato
(dove per localizzato si intende che non sono ci sono delle metastasi a distanza, ma presente un nodulo di malattia ed
eventualmente dei linfonodi locoregionali coinvolti) consiste in:
- quadrantectomia: un intervento chirurgico che provvede alla resezione del quadrante coinvolto dalla malattia
- seguita da radioterapia esterna post-operatoria che viene fatta sul parenchima mammario residuo, cio su tutta la
mammella su cui stato eseguito lintervento.
Quando parliamo di RT post-operatoria siamo nellambito di un trattamento precauzionale: ci troviamo a irradiare un tessuto
che macroscopicamente non ha pi la lesione in sede (che stata resecata dal chirurgo), ma abbiamo il letto chirurgico e il
parenchima mammario residuo. Il nostro scopo quello di ridurre le probabilit di recidiva locale della malattia; infatti ci
potrebbero essere dei focolai microscopici residui, che se vengono lasciati l concorrerebbero a una ripresa locale della
malattia. Questo il motivo per cui irradiamo tutta la mammella: cerchiamo di eliminare i focolai rimanenti per ridurre il
rischio di ricomparsa della malattia.
Questo trattamento si sostituito nel tempo a quello precedente che era la mastectomia radicale.
Si visto da studi di letteratura (che risalgono ormai a parecchi decenni fa) che il trattamento con mastectomia e con la
quadrantectomia pi la RT esterna danno gli stessi identici risultati in termini di probabilit di controllo locale della malattia .
Ovviamente nellevoluzione terapeutica si deciso di andare nella direzione della chirurgia conservativa per ridurre limpatto
psicologico sulla paziente: oggi lunico residuo dellintervento una piccola cicatrice che nella maggior parte dei casi
davvero piccola, e quindi poco rilevante dal punto di vista estetico.
Quindi ho un impatto psicologico decisamente migliore, a parit di risultati terapeutici
Inoltre la messa a punto di uno screening del tumore della mammella per tutte le donne al di sopra di una certa et e con una
certa cadenza ha permesso che via via nel tempo ci sia stata una maggiore precocit della diagnosi. Quindi al momento la
patologia viene diagnosticata in stadi molto pi precoci di quanto non fosse negli anni precedenti. E questo ci ha permesso di
effettuare sulle pazienti un trattamento di tipo esclusivamente locale e conservativo.
Per la storia naturale della patologia frequente che si possano sviluppare nuove lesioni a causa di focolai neoplastici anche a
distanza dal tumore primitivo, per questo motivo la RT viene eseguita sullintero volume mammario residuo e non soltanto nel
punto in cui si applicata la quadrantectomia.
Gli studi ci dicono infatti che a pi di 2 cm dalla lesione primitiva la percentuale di possibili focolai microscopici molto
elevata, cio del 43% anche per tumori agli stadi iniziali come un T1 o T2 (fino a T2 il tumore considerato localizzato e a
uno stadio iniziale, infatti il diametro non deve superare i 2 cm in un T2).
E importante somministrare sempre la RT dopo un intervento di quadrantectomia per ottenere gli stessi risultati terapeutici
che si avrebbero con la mastectomia: lomissione del trattamento radiante correlata ad un elevata frequenza di recidive
valutabili fra il 17-39% secondo quanto ci dice la letteratura (la percentuale di controllo locale con la sola quadrantectomia
nettamente inferiore alle altre opzioni prese in considerazione!).
Quindi se non ci sono necessit o limitazioni importanti tutte le pz fanno la RT dopo lintervento.
Per aumentare la probabilit di controllo locale della malattia, insieme alla RT post-operatoria ci pu essere lindicazione alla
chemioterapia (che prescrive esclusivamente loncologo). La prescrizione viene presa in considerazione in base alla presenza
di altri fattori prognostici negativi sulla base dellesame istologico (elevato indice di proliferazione) e delle analisi
biomolecolari (per valutare gli oncogeni).
In base al chemioterapico che viene prescritto si decide il piano di somministrazione, a seconda che sia o meno compatibile
con la RT. Nella maggior parte dei casi non vengono fatte contemporaneamente per evitare che aumentino in maniera
considerevole gli effetti collaterali: prima la chemio subito dopo lintervento, e poi a seguire la RT.
Nei casi in cui il tumore sia poco aggressivo eseguo solo la RT, che deve essere eseguita entro i 3 mesi dallintervento
chirurgico. Occorre infatti aspettare che la ferita sia completamente guarita e rimarginata perch si rischia di rallentare
ulteriormente la guarigione, ma non si pu tardare troppo nellottica di ottenere un controllo migliore sugli eventuali focolai
presenti (far passare troppo tempo vuol dire dargli il tempo di accrescersi eccessivamente provocando una recidiva sia locale
che a distanza).
Ovviamente se somministriamo anche la chemioterapia pi dilazionato lintervallo entro cui devo eseguire la RT.

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Controindicazioni
Ci sono alcune controindicazioni al trattamento conservativo + RT, che quindi ci obbligano a eseguire una mastectomia:
- 2 tumori primitivi in due quadranti separati: se si trovano contigui o molto ravvicinati posso cmq procedere con una
quadrantectomia, ma se sono distanti si deve procedere con la mastectomia
- Diffuse microcalcificazioni maligne: un tipico segno mammografico di malignit che sta a indicare che la patologia
diffusa in tutto il parenchima mammario
- Precedenti trattamenti radioterapici per altre patologie tumorali (come ad esempio i linfomi, soprattutto quelli del
mediastino che vanno a infiltrare larea che comprende tutti i quadranti mammari) che possano determinare un
eccesso di dose a un volume significativo.
C un forte impedimento nel ri-irradiare una zona gi trattata perch i tessuti sani limitrofi al nostro bersaglio hanno
gi ricevuto dosi che rimangono in memoria. Se sono state somministrate dosi gi al limite della tolleranza del
tessuto si rischia di provocare un danno importante, perci un rischio che non vale la pena correre.
- Persistenza di margini positivi dopo un ragionevole allargamento chirurgico: se il pezzo operatorio, che viene
analizzato in estemporanea, rivela la presenza di cellule neoplastiche sul margine di sezione, questo significa che
probabile che siano rimaste delle cellule tumorali anche nel tessuto residuo, con quindi alta probabilit di recidiva
della malattia. In questi casi il chirurgo tutte le volte che gli possibile deve procedere alla resezione di un altro pezzo
di tessuto al fine di ottenere dei margini negativi. Se anche dopo lallargamento ci sono cellule neoplastiche nel
margine si procede alla mastectomia.
- Malattie del collageno (come la sclerodermia e il lupus attivo): queste patologie hanno una scarsa tolleranza nei
confronti della RT.
- Tumore di grandi dimensioni in una mammella piccola: in termini estetici non ci sarebbe molta differenza, per cui in
termini di buon senso si pu pensare di fare direttamente una mastectomia
Ricordo che stiamo parlando di malattie agli stadi iniziali! Tumori allo stadio di T3-T4, che hanno infiltrato la cute o i muscoli
pettorali, o di dimensioni molto grandi sono situazioni che richiedono la mastectomia indipendentemente dai criteri appena
elencati.

Fattori di rischio per la ricaduta


Oltre ai fattori prognostici negativi che possono eventualmente indirizzare loncologo a prescrivere un trattamento
chemioterapico, uno dei principali fattori di rischio per la ricaduta lo stato dei margini chirurgici.
Abbiamo detto prima che i margini non sono quasi mai positivi perch il chirurgo provvede ad effettuare degli allargamenti al
fine di renderli negativi. Ci possono per essere delle condizioni di margini close o margini marginali: il margine non
infiltrato, ma ci sono pochissimi mm tra il margine chirurgico e la prima cellula tumorale individuata dallanatomopatologo.
Pi questo margine stretto (1-2 mm), maggiori sono le probabilit di recidiva.
Il radioterapista sulla base di questo dovr valutare se dare una dose aggiuntiva proprio sul letto chirurgico perch la zona
dove c maggior rischio di recidiva.
Altro fattore linvasione vascolare e linvasione linfatica.
Comunque in ogni caso la RT indicata, lunico quesito che il radioterapista si deve porre se dare la dose aggiuntiva alla luce
del margine ottenuto.

Tecniche radioterapistiche
La tecnica di riferimento oggi usata la whole breast irradiation: viene irradiato tutto il parenchima mammario residuo, quindi
tutta la mammella.
Viene irradiata con RT esterna: la pz sdraiata sul lettino e una macchina eroga fotoni mirati sul volume target che deciso
dal radioterapista (in questo caso comprende come gi detto tutta la mammella).
Normalmente si utilizza un acceleratore lineare che emette un fascio di X con unenergia di 6 MV (megaVolt).
Lenergia del fascio si regola in base al fatto che pi aumento lenergia pi il mio fascio riesce a penetrare in profondit nei
tessuti e quindi esprimere il suo effetto. Quindi la scelta del tipo di energia dipende dalla profondit a cui si trova il nostro
bersaglio: nel caso della mammella dobbiamo irradiare una struttura abbastanza superficiale e possiamo utilizzare energie
basse. Unenergia di 6 MV infatti la quantit minore che gli acceleratori lineari possono erogare.
Con questo tipo di trattamento riusciamo a ottenere due scopi: arrivare con efficacia sul nostro focolaio e nello stesso tempo
evitare che i tessuti e gli organi che sono al di sotto della mammella (soprattutto il polmone) ricevano una dose dannosa.
Utilizzando quindi energie maggiori non solo non trattiamo efficacemente la zona target ma rischiamo di avere un effetto
controproducente andando a danneggiare le strutture pi profonde!
La dose usata di 50 Gy che non possono essere erogati in ununica frazione per il rischio di effetti collaterali irreparabili su
tutte le strutture circostanti. La dose quindi viene frazionata: il frazionamento convenzionale di 2 Gy al giorno per un totale

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di 25 sedute della durata di una decina di minuti ciascuna (in una settimana si fanno 5 sedute per cui il trattamento dura 5
settimane).
Durante la seduta la paziente si sdraia sul lettino dellacceleratore lineare (si trova in una stanza schermata per questioni
radioprotezionistiche), il lettino rigido e la paziente viene immobilizzata con limmobilizzatore.
Il concetto dellimmobilizzazione fondamentale: il principio del frazionamento si basa sul fatto che la dose che viene
frazionata deve essere ogni volta applicata sullo stesso punto esatto della volta precedente; quindi ogni volta dobbiamo essere
in grado di riposizionare la pz nella stessa identica posizione per irradiare la zona target (che stata decisa sulla base di una
precedente TC). E il punto cruciale per la riuscita del trattamento perch tutti i calcoli vengono fatti in modo da concentrare la
massima dose nel punto target e non nei tessuti adiacenti. Per questo importante tra laltro sensibilizzare le pazienti per
invitarle a muoversi il meno possibile. Tra laltro una metodica che non da alcun tipo fastidio, le pz non si accorgono delle
radiazioni che vengono emesse, vedono solo lacceleratore che ruota intorno a loro secondo varie angolazioni; quindi se sono
collaboranti facile che stiano ferme.
Gli immobilizzatori sono dei dispositivi che permettono di mettere tutti i giorni il pz nella stessa posizione. La posizione tipica
per il trattamento della mammella quella con le braccia alzate.

Effetti collaterali del trattamento


Lunico che comincia a comparire nel corso delle settimane e diventa via via sempre pi evidente rappresentato
esclusivamente dalleritema cutaneo: la porzione di cute che riceve i fasci in ingresso si arrossa in maniera sempre pi intensa
(le manifestazioni sono le stesse di un eritema solare: la paziente ha un po di prurito e di bruciore).
Verso la fine del trattamento ci pu essere una disepitelizzazione degli strati pi superficiali, soprattutto in corrispondenza
delle sedi dove la cute pi sottile e delicata (ad es. il solco sottomammario o il cavo ascellare).
Per far fronte a questo unico effetto collaterale si pu ricorrere a creme cortisoniche e idratanti, o sostante che aiutano la
riepitelizzaione.
Il rossore raggiunge il culmine alla fine delle 5 settimane di terapia, ma nel giro di un mesetto sparisce in maniera definitiva.
Possono rimanere alcuni rilievi a lungo termine: la cute pu rimanere ipercromica (sembra pi abbronzata del resto del corpo)
e pu comparire fibrosi (il tessuto perde un po di elasticit e si ispessisce, la paziente lo percepisce al tatto).
Sono comunque effetti compatibili con la vita quotidiana delle pz: continuano a fare il loro lavoro anche durante le settimane
in cui fanno le sedute.
Gli effetti sistemici come la nausea, il vomito, il malessere generale non ci sono, lunico che stato riportato dalle pazienti la
stanchezza.
Lacceleratore lineare in grado di ruotare attorno alla paziente e quindi di
inclinarsi per far s che i fasci entrino correttamente nella zona anatomica
che dobbiamo andare a irradiare.
Nella mammella classicamente si applicano due campi tangenziali alla
parete toracica che entrano in maniera contrapposta (uno entra nel campo
mediale e uno in quello laterale), e si incrociano allinterno del parenchima
mammario (che il volume bersaglio scelto dal radioterapista).
Il sistema computerizzato calcola lintensit dei fasci in modo da
omogeneizzare la dose allinterno del parenchima mammario, in modo che
arrivino i 5 Gy in maniera uniforme. I fasci si possono manipolare ad
esempio con lapplicazione di filtri a cuneo che deviano i fasci in modo da
renderli omogeneamente distribuiti, come si vede nellimmagine.
Qui vedete che per permettere lingresso del fascio nel campo laterale
bisogna che il braccio omolaterale alla mammella sia dislocato in alto (per
cui le facciamo tenere il braccio alzato chiedendole di afferrare un manubrio che si trova sopra la sua testa).
Questa posizione di solito facilmente mantenibile in quasi tutte le pazienti. Ci sono casi in cui la posizione pi difficile non
solo da assumere, ma anche da mantenere, ad esempio le pazienti di 70-80 anni che hanno artrosi della spalla, oppure pazienti
che hanno fatto la linfoadenectomia del cavo ascellare e hanno edema in quella regione. Siccome necessario che per tutta la
seduta la paziente stia immobile si pu ricorrere alla somministrazione di analgesici o ansiolitici mezzora prima.

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Questo un grafico prodotto in maniera computerizzata che ci serve
per la pianificazione del trattamento; ci permette di quantificare la dose
che riceve il nostro target e gli organi sani nelle immediate vicinanze
(nel caso della mammella sono principalmente i polmoni, e nel caso
della mammella sinistra anche il cuore). Dobbiamo sapere il
quantitativo di dose che arriva a questi tessuti per prevedere eventuali
effetti collaterali. Questo ci serve anche per poter ottimizzare la
somministrazione della radiazione in base allindice terapeutico (un
parametro che mette in rapporto la dose tollerata dai tessuti sani e la
dose letale per il tumore). Con questo grafico quindi possiamo
migliorare la somministrazione evitando il pi possibile il
coinvolgimento dei tessuti circostanti.

Irradiazione delle stazioni linfonodali


La storia naturale di questa malattia tale per cui la prima linea di diffusione la via linfatica, poi in un secondo tempo segue
la via ematica, che quella che da le metastasi a distanza.
Le stazioni di drenaggio linfatico della mammella sono rappresentate nellordine da:
- Linfonodi ascellari
- Linfonodi sovraclaveari
- Linfonodi mammari interni
Nellapproccio terapeutico al tumore della mammella dobbiamo porci la questione delleventuale coinvolgimento dei
linfonodi. Dobbiamo capire se al momento della diagnosi i linfonodi sono gi coinvolti dalla malattia, e in funzione di questo
decidere che tipo di trattamento fare sulle stazioni linfonodali. indispensabile infatti fermare questa via di diffusione per
prevenire una successiva diffusione ematica.
Gli screening come abbiamo detto ci hanno permesso di fare diagnosi sempre pi precocemente sia in termini di dimensioni
del tumore che in termini di coinvolgimento linfonodale (spesso li troviamo che ancora i linfonodi non sono stati infiltrati!). La
quota di pazienti che hanno comunque un coinvolgimento dei linfonodi al momento della diagnosi rimane consistente, e dal
punto di vista prognostico questo chiaramente un fattore negativo.
Per capire se i linfonodi di primo livello (quelli del cavo ascellare) sono coinvolti si fa lesame del linfonodo sentinella
ascellare: durante loperazione chirurgica si inietta nella via linfatica una sostanza radioattiva e si vede in estemporanea se il
linfonodo capta la sostanza (se succede vuol dire che metastatico).
Siccome la prima stazione che viene coinvolta se il risultato negativo significa che possiamo considerare una stadiazione
patologica di tipo N0, perch non potranno essere coinvolti i linfonodi successivi.
Se invece il linfonodo sentinella risulta essere positivo allora a quel punto il chirurgo procede allo svuotamento del cavo
ascellare ( una metodica che per sta cambiando, non si fa pi tanto spesso come una volta), al fine anche di fare uno studio
istologico approfondito dei linfonodi del cavo ascellare. Lesame istologico successivo ci indica quanti linfonodi sono
patologici tra quelli che sono stati asportati.
Allaumentare del numero di linfonodi positivi aumentano anche le probabilit che sia positiva la seconda stazione di
drenaggio linfatico, cio la fossa sovraclaveare omolaterale. Non esiste una metodica che ci permetta di determinare in
estemporanea il loro coinvolgimento, come facciamo per il linfonodo sentinella, ed anche pi difficile fare lo studio
istologico, per cui ci basiamo sulla probabilit del loro coinvolgimento.
Quindi semplificando un po la paziente pu uscire dalla sala operatoria con due quadri: o ha il linfonodo sentinella negativo (e
quindi i linfonodi ascellari ancora in sede! Questo significa meno effetti collaterali per quanto riguarda la formazione di edema
del cavo ascellare e miglior recupero nel post-operatorio) o con il cavo ascellare svuotato (quindi pi effetti collaterali e
prognosi peggiore).
Questo dato istologico come si ripercuote sul trattamento radioterapico? Dobbiamo decidere se irradiare o meno anche le zone
di drenaggio linfatico.
Se abbiamo un N0 in sala operatoria non c motivo di irradiare nessuna delle stazioni linfonodali (ed la situazione
ovviamente migliore perch riduciamo il rischio di tossicit).
Se invece il linfonodo sentinella positivo dobbiamo vedere il quadro istologico dei linfonodi del cavo ascellare.
Innanzitutto lo svuotamento del cavo ascellare deve essere uno svuotamento adeguato, cio deve essere stato asportato un
numero di linfonodi tali per cui possano rappresentare la totalit dei linfonodi del cavo ascellare (quindi almeno 10 linfonodi).
In caso di svuotamento adeguato se sono positivi fino a 3 linfonodi sul totale di quelli che sono stati tolti non si irradia n il
cavo ascellare (perch lo svuotamento considerato adeguato e il rischio di recidiva estremamente basso) n le altre stazioni
di drenaggio.

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Se ci sono pi di 3 linfonodi ascellari positivi c una certa probabilit di coinvolgimento anche della stazione sovraclaveare,
quindi il radioterapista pone lindicazione allirradiamento dei linfonodi sovraclaveari (e non del cavo ascellare perch questo
gi stato adeguatamente svuotato).
I motivi per cui potrei decidere di irradiare anche il cavo ascellare (nonostante questo sia stato svuotato) che ci sia un
coinvolgimento linfonodale massivo o che linfiltrazione vada al di fuori della capsula dei linfonodi (estensione
extracapsulare). Questi sono tutti dati che otteniamo dallo studio istologico del cavo ascellare.
Se lo svuotamento ascellare non stato adeguato la decisione dipende dagli indici prognostici della neoplasia primitiva e
dallesame dei pochi linfonodi prelevati.
Il discorso diverso per quanto riguarda i linfonodi mammari interni. Linteressamento di queste catene linfonodali
unevenienza tutto sommato abbastanza rara, ed correlata o alla presenza di
- linfonodi ascellari metastatici
- tumori mammari nei quadranti interni.
C una problematica nel trattamento di questa catena di linfonodi, che consiste nella loro posizione anatomica: sono
abbastanza profondi nel mediastino, in mezzo a cuore e polmone. La loro irradiazione difficile dal punto di vista tecnico
perch una certa dose inevitabilmente arriva a queste strutture e quindi molto pi facile avere degli effetti collaterali.
Quindi presa in considerazione la bassa percentuale di recidive isolate in tale sede e la minore incidenza di neoplasia ai
quadranti interni, la RT trova scarse indicazioni e il suo ruolo appare controverso, soprattutto tenendo conto della inevitabile
tossicita' su organi nobili quali polmone e cuore.
Lindicazione si pone quando c un documentato coinvolgimento di questa catena di drenaggio da parte di esami strumentali
(TC e PET): siccome la catena non pu essere rimossa chirurgicamente si rende necessario il trattamento. (quindi non pi un
trattamento post-operatorio o precauzionale, ma diventa un trattamento su una sede di malattia evidente).
Tecnicamente le modalit di irradiazione sono molto variabili da centro a centro, in base ai macchinari che sono disponibili e
alle preferenze dellequipe medica. A titolo di esempio riportiamo una delle varie tecniche:
- irradiazione delle stazioni ascellari e sopraclaveari mediante un unico campo di ingresso che il campo anteriore diretto. Si
irradiano fotoni (co60 che poco usato, ormai si preferiscono gli acceleratori lineari) alla stessa dose prevista per la mammella
(45-50 Gy).
- linfonodi mammari interni: campo diretto con fascio misto fotoni e elettroni per limitare la dose a polmone e cuore
Sempre di pi negli ultimi anni si messo in atto un tipo di frazionamento diverso. Invece dei 2 Gy/die convenzionali si usano
dosi pi alte (ad esempio di 2,5 Gy al giorno), ottenendo una riduzione del numero di sedute e anche della somministrazione
totale di Gy (scendiamo a circa 45 Gy).
La dose giornaliera prevista viene somministrata in due sedute anzich in una unica (quindi si usano degli ipofrazionamenti
che portano a un aumento complessivo della dose giornaliera).
Questa tecnica sta prendendo piede perch finora si visto che non causa effetti collaterali n acuti n tardivi, a parit di
risultati terapeutici.
Inoltre appesantisce di meno la paziente dal punto di vista logistico perch deve fare la terapia per 18 giorni (anzich 25), e
questo per noi vuol dire ridurre le liste dattesa.

Irradiazione mammaria parziale


Attualmente sono in corso degli studi che ipotizzano di mettere in atto lirradiazione del solo quadrante su cui stato eseguito
lintervento chirurgico. Modalit che viene riservata a tutte le patologie che si trovano a uno stadio iniziale, e che quindi hanno
un basso rischio di recidiva (la zona a rischio maggiore in questi casi limitata appunto al quadrante in cui si trovava la
malattia primaria).
Il concetto che ridurre il volume di irradiazione significa una riduzione di tossicit e di effetti collaterali: si riduce larea di
fibrosi e arrivano meno radiazioni al polmone.
Lo schema di trattamento in questo caso prevede una dose pi alta per frazione applicata solo nella porzione del letto
chirurgico (pi 1-2 cm di margine); la dose pu essere somministrata con 3 modalit differenti:
- RT esterna
- Brachiterapia
- RT intraoperatoria.
I dati preliminari che abbiamo ora sono promettenti, anche se ancora devono essere confermati dagli studi randomizzati in
corso.
I criteri di selezione della pazienti devono essere quelli che ci permettono di definire una pz a basso rischio:
- et 50 anni (i tumori che insorgono in et pi precoce sono solitamente pi aggressivi)
- diagnosi di carcinoma focale duttale unifocale

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-

dimensioni 2 cm (quindi al massimo un T2)


margini chirurgici negativi
linfonodi negativi (N0 o al massimo la positivit del solo linfonodo sentinella)

HDR (alto rateo di dose): 34 Gy


in 10 frazioni biquotidiane,
oppure 32 Gy in 8 frazioni;
intervallo fra due frazioni di
almeno 6 ore.
LDR (basso rateo di dose): 50
Gy erogati in un tempo > 96 ore
(dose rate di 0.52 Gy/h)

La brachiterapia una metodica che consiste


nellutilizzo di cateteri (dei tubicini di
plastica che vengono impiantati a livello del
letto chirurgico. Il materiale radioattivo viene
veicolato tramite questo cateteri allinterno
del tessuto mammario dove esplica la sua
funzione (il raggio dazione molto breve e
quindi si limitano gli effetti dannosi
dellirradiazione perch si concentrano solo
nel letto chirurgico).
Una volta terminato il trattamento (che viene
fatto con le solite sedute analoghe a quelle di
RT esterna) i cateteri vengono tolti (basta
sfilarli) e in seguito avverr la completa
cicatrizzazione.

Invece la tecnica di RT esterna presenta una problematica tecnica: pi difficile


identificare in maniera adeguata qual il volume bersaglio, cio la sede dove era
presente il nodulo neoplastico. Il radioterapista deve decidere come sempre sulla
base della TC della paziente, ma identificare il punto esatto in cui c stata
lasportazione del focolaio non semplice. In questo quindi viene aiutato dal
chirurgo, che in sala operatoria lascia delle clips metalliche in modo da delimitare
dal punto di vista anatomico il letto chirurgico.
La tecnica prevede che ci siano 4 campi di ingresso (i fasci entrano da 4 direzioni
disponendosi a croce). Le dosi sono di 3,5 Gy frazionate in dieci sedute
biquotidiane; ogni frazione pi alta di quella convenzionale (3,75 Gy) e in questo modo si aumenta lefficacia delle
radiazioni (ce lo possiamo permettere perch concentriamo la dose solo in un volume pi ristretto). Con questa tecnica il
trattamento dura molto di meno, cio solo una settimana (anzich 5 settimane convenzionali).
Lultimo trattamento di cui possiamo disporre la RT intraoperatoria. Si usa un acceleratore lineare che questa volta emette
elettroni (gli elettroni non hanno grande capacit di penetrazione dei tessuti, interagiscono solo con i tessuti che si trovano
superficialmente): questo ci torna utile perch noi andiamo a irradiare direttamente il parenchima mammario in sede
operatoria, ed indispensabile che non ci sia una diffusione ai tessuti circostanti.
La somministrazione unica e non c alcun frazionamento, la dose 21 Gy (questo razionamento ha lo stesso equivalente
terapeutico dei 50 Gy previsti dal trattamento convenzionale!).
La paziente in questo caso esce dalla sala operatoria che ha gi fatto sia il trattamento chirurgico che quello adiuvante.
Questa opzione non sempre possibile perch non tutti i centri sono attrezzati e possiedono questo tipo di macchinari (a
Bologna ce lha il Bellaria, poi ce ne sono altri anche in Emilia Romagna).

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[RADIOTERAPIA 04/12/2014 PROF. CAMMELLI


Marco Ragionieri]

Trattamento delle metastasi dei tumori della mammella avanzati


Come la radioterapia pu avere un ruolo nel tumore della mammella avanzato, cio che hanno anche metastasi. La
frequenza di comparsa di metastasi abbastanza elevata; tra le varie, le ossa sono fra le pi frequenti, anche a distanza
di molti anni dall'esordio della malattia primaria gi trattate (anche dopo 5/6 anni). Sono metastasi abbastanza diffuse
nei vari segmenti scheletrici dell'organismo. Parliamo di metastasi ossee perch in queste la radioterapia ha un ruolo,
mentre pu contribuire molto meno nelle metastasi epatiche, cerebrali, ecc.
In questa fase di malattia, che diffusa e sistemica, con probabilit di controllo e guarigione sono pi basse, la
radioterapia pu avere un ruolo nel controllo della sintomatologia dolorosa; nell'ambito di un trattamento oncologico.
Quindi la radioterapia tenta di migliorare la qualit della vita di queste pz. Rimane un ruolo locale e circoscritto al
segmento scheletrico che si deciso di irradiare. Non aumenta pertanto la sopravvivenza della pz. Ha un ruolo
palliativo, non ferma n guarisce la malattia. Nel momento in cui le metastasi scheletriche insorgono, pi facile che
siano multiple, a maggior ragione lo scopo della radioterapia esclusivamente antalgico. Vengono utilizzati schemi di
frazionamento specifici in modo da ridurre il numero di sedute, aumentando l'esposizione, cos da avere, dal punto di
vista antalgico, lo stesso risultato ma con un numero ridotto di sedute, cos da non aggravare logisticamente la vita, gi
precaria, di queste pz. Le possibilit di questo tipo di trattamento sono: 20 Gy in 5 frazioni o 30 Gy in 10 frazioni; cio
una o due settimane di trattamento con 4-3 Gy al giorno.
Nel caso di sedi multiple di interessamento di malattia (pi segmenti scheletrici) il criterio di scelta con il quale si
seleziona la lesione su cui intervenire primariamente il dolore, cio quale lesione dolorosa (o quale la pi
dolorosa). Altro criterio di scelta la possibilit di complicazione della lesione, cio frattura (femore od omero), in
questo caso la radioterapia rallenta la progressione di malattia e impedisce un ulteriore aumento di rischio fratturativo in
tale sede; altra possibile complicazione sono gli schiacciamenti vertebrali (dovuti appunto a interessamento di questi
distretti da parte della malattia) che possono determinare anche compressione del midollo spinale e relativa
sintomatologia neurologica. Ricapitolando: 1) dolore, 2) rischi di fratture ossee, 3) rischi di compressione midollare
sono i tre criteri che pongono indicazione di intervenire con la radioterapia.
Ovviamente questo discorso (sia sulle indicazioni che sugli schemi di frazionamento) non necessariamente riferito al
tumore della mammella ma un discorso abbastanza generico circa le metastasi ossee di qualsiasi origine.
Nel caso di unica lesione metastatica ossea si attua un approccio terapeutico differente: in questa situazione si pu
ancora sperare di contenere o addirittura eliminare la malattia; anche qui la chemioterapia sar il trattamento primario,
insieme a questa si pu utilizzare la radioterapia con un frazionamento convenzionale, 45-50 Gy; lo scopo non solo
palliativo ma si cerca di eliminare le cellule tumorali.
Questi pz hanno caratteristiche cliniche e aspettative di vita molto differenti rispetto a quelli di cui si parlato nelle
scorse lezioni. Addirittura a volte l'esecuzione materiale del trattamento resa difficoltosa dalla condizione dolorosa in
cui si trova il pz; nel senso che non riescono ad assumere la posizione necessaria per permettere l'irradiamento oppure
non riescono proprio a rimanere fermi. In alcuni casi si costretti ad una pre-medicazione, cio un incremento alla
terapia del dolore, che comunque questi pz gi intraprendono, qualche ora prima della seduta di radioterapia.
Gli effetti collaterali sono variabili e correlati al segmento scheletrico che viene trattato: in una gamba o in un braccio
non abbiamo praticamente nessun effetto se non un po' di eritema; pu esserci, paradossalmente, un aumento della
sintomatologia dolorose successivamente alle prime due o tre sedute. Solo terminate tutte le sedute tende a regredire.
Nel caso invece di irradiazione di segmenti come vertebre o bacino, la vicinanza di organi sani pu portare a
sintomatologie dovute al coinvolgimento di quest'ultimi: diarrea (per coinvolgimento intestino), laringiti o esofagiti (se
irradiamo una vertebra cervicale), ecc.

TUMORE DELLA PROSTATA


Il tumore della prostata la terza neoplasia in ordine di prevalenza nel sesso maschile. La frequenza aumenta con
l'aumentare dell'et; pi comunque dopo i 65 aa, il target classico un pz anziano. Dal punto di vista delle opzioni
terapeutiche questo tumore caratterizzato da una certa variet, ciascuna opzione con i suoi pro e contro ma comunque
con buone possibilit di riuscita di trattamento. A volte difficile definire quale opzione utilizzare o se utilizzarne pi di
una e con quale sequenza.
un tumore a lentissima crescita e lentissima evoluzione, d segno clinico di s solo in una fase avanzata di malattia.
L'insieme di questi due aspetti portano a diagnosi tardiva o addirittura mancata (e quindi autoptica), questo prima
dell'introduzione dei programmi di screening. Non un tumore particolarmente aggressivo, non d frequentemente
metastasi ed evolve molto lentamente e in maniera poca infiltrativa.

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[RADIOTERAPIA 04/12/2014 PROF. CAMMELLI


Marco Ragionieri]

L'introduzione dello screening ha comportato che sono aumentate enormente il numero di diagnosi in uno stato di
malattia ancora del tutto asintomatico; questo apre una diatriba, ancora in corso, su quanto abbia senso il trattamento. In
un pz anziano in cui il tumore verosimilmente non dar manifestazioni ancora per lungo tempo e che, di conseguenza,
non sar motivo di morte per il pz, tanto vale lasciarlo l monitorandolo nel tempo e intervenire solo in caso di segnali di
evoluzione negativa; questo il concetto della vigile attesa. Ovviamente questo discorso circoscritto a diagnosi
bioptiche che dimostrino uno stadio di malattia ancora molto precoce e che appunto non dia manifestazioni cliniche; vi
sono poi parametri che pongono invece indicazione ad intervenire fin da subito.

Stadiazione
Come in tutti i tumori la stadiazione TNM fondamentale perch fornisce importanti informazioni prognostiche e pone
indicazioni terapeutiche.
Fino a T2 confinato all'interno della ghiandola prostatica, dal T3 in poi extra-prostatico, quindi extra-capsulare. I
linfonodi che drenano sono ovviamente quelli pelvici (vedi elenco su slide), e rappresentano la prima via di diffusione
del tumore della prostata; se la malattia evolve ulteriormente si passa allo stadio M1 e le metastasi ossee sono le pi
frequenti. Le metastasi ossee da tumore della prostata non sempre non osteolitiche (come nella mammella), ma possono
essere anche osteoaddensanti (che ovviamente sono meno preoccupanti).
Oltre al TNM altri due parametri sono fondamentali in termini prognostici e terapeutici: questi sono il Grisome score e
il PSA. Il PSA dosato a livello ematico e il suo valore direttamente correlato con l'avanzamento dello stadio di
malattia. Il Grisome score un punteggio valutato dall'anatomo patologo e tiene conto dell'entit della proliferazione
cellulare, il grado di differenziazione, ecc.
Rapportati l'uno all'altro (Grisome score, PSA) suddividono il tumore della prostata in tre categorie: a basso rischio, a
rischio intermedio e ad alto rischio.
Le classi di rischio sono associati a rischio via via crescente di coinvolgimento linfonodale prima e metastatico poi e di
conseguente l'approccio terapeutico dovr essere diverso in base alla classe di rischio in cui il pz si trova.
L'impatto forte anche a livello prognostico: pz a basso rischio hanno a 10 aa una sopravvivenza libera da rialzo di PSA
dell'80%; pz ad alto rischio con stesso tipo di diagnosi istologico hanno una sopravvivenza libera da ripresa biochimica
di malattia del 33%. Ovviamente correlato anche all'approccio terapeutico scelto.

Scelta terapeutica
Non menzionata la chemioterapia perch entra in gioco solo quando la malattia diventa sistemica; se la diagnosi
precedente alla metastatizione si scelgono sempre interventi locali; quindi chirurgia, ormonoterapia, radioterapia esterna
conformazionale e INAT, brachiterapia.
Identificata la malattia nelle classi di rischio dobbiamo decidere cosa usare e con quali tempistiche farlo.
La radioterapia pu essere usata o come trattamento radicale, quindi trattamento esclusivo a scopo curativo; questa
ovviamente una alternativa alla chirurgia che consiste nella prostatectomia radicale associata o meno a
linfoadenectomia pelvica (eseguita nella maggioranza dei casi). Queste due opzioni con gli stessi risultati in termini di
possibilit di guarigione del pz: la scelta viene quindi compiuta sulla base di valutazioni caso per caso (caratteristiche
del pz, caratteristiche del tumore, eventuali comorbidit, controindicazioni a una delle due singole terapie, preferenze
del pz, ecc); la scelta deve essere condivisa tra medici specialisti e pz. I due tipi di intervento sono praticamente
sovrapponibili. Ciascuna metodica ha i suoi effetti collaterali, anche questo concorre alla valutazione complessiva per la
scelta della strada da intraprendere.
L'altro possibile utilizzo della radioterapia adiuvante, cio pz gi operato di prostatectomia radicale con
linfoadenectomia, che ha dei fattori di rischio (presentati dalla stadiazione della malattia o dall'esame istologico) che
rendono elevata la possibilit di recidiva, viene inviato dall'urologo al radioterapista per un trattamento post-operatorio
con le stesse finalit dei trattamenti post-operatori di cui si gi parlato nelle scorse lezioni; cio, ridurre le probabilit
di recidiva; verr dunque sterilizzare il letto chirurgico, da cui stata rimossa la prostata, da eventuali focolai
microscopici di malattia. Analogamente, pz che si sono sottoposti ad intervento dopo il quale non vi era indicazione a
radioterapia, ma che ai successivi controlli di follow-up mostrano un aumento del PSA (ripresa biochimica di malattia)
vengono sottoposti a radioterapia, definita in questo caso di salvataggio; ovviamente l'obiettivo la guarigione anche
in questo caso.
In merito al dilemma su quale terapia sia pi efficacie come intervento primario tra radioterapia e chirurgica, ci sono
risultati simili (stesse probabilit di guarigione e controllo locale di malattia) in tutti gli studi retrospettivi attualmente
pubblicati in letteratura. Non esistono per studi eseguiti con tutti i criteri di randomazzizione che ci permetterebbero di
dire questo in maniera assoluta. Bisognerebbe eseguire studi prospettici in cui si dividono a caso pz in due bracci di
studio, uno indirizzato alla radioterapia e uno alla chirurgia, dopo di che a distanza di anni si valutano i risultati. Finch

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[RADIOTERAPIA 04/12/2014 PROF. CAMMELLI


Marco Ragionieri]

non ci saranno studi di questo tipo, il dibattito destinato a continuare. Per ora si continuer a valutare caso per caso.
Alcuni studi eseguiti su pz in cui si intrapresa la radioterapia come intervento radicale dimostrano che le probabilit di
controllo locale del tumore della prostata aumentano in maniera significativa se si somministrano dosi di radioterapia
oltre i 75-80 Gy. Mentre invece a dosi pi basse le percentuali di controllo sono decisamente pi basse (nettamente
inferiori, in questo caso, alla chirurgia). Questo per dire che la dose totale che veniva prescritta fino a poco tempo fa
era dell'ordine dei 60-70 Gy (e quindi una dose poco sufficiente) in quanto altrimenti si superava il limite di
sopportabilit da parte degli organi limitrofi (vescica davanti e retto dietro); oggi non ovviamente cambiata la sede
anatomica della prostata, ma siamo dotati di tecniche di esecuzione che ci permettono di utilizzare dosi molto alte
(appunto 75-80 Gy) risparmiando retto e vescica; per questo possiamo utilizzare la radioterapia a scopo radicale con
risultati sovrapponibili alla chirurgia senza effetti invalidanti sugli organi limitrofi. In pratica, le nuove tecniche di
radioterapia permettono di somministrare tre dosi a parit di effetti collaterali, o addirittura con effetti (sul retto) minori,
rispetto a quanto si faceva in passato.

Pianificazione del trattamento


Quando viene data indicazione al trattamento di radioterapia esterna radicale, quindi pz non operato, bisogna prima di
tutto pianificare il trattamento. Questo significa acquisire delle immagini (TC) sulle quali definire il nostro volume
bersaglio. Analogamente a quanto detto per i tumori della mammella. Una volta definito il volume bersaglio sulla TC
(detta TC di centratura), che sar la ghiandola prostatica, le vescichette seminali ed eventualmente i linfonodi pelvici, in
funzione dello stato di rischio del pz e della probabilit di coinvolgimento linfonodale. Dopo di che si decide
tecnicamente la modalit di irradiazione, in termini di fascio diretto, energia da utilizzare, tecnica ad intensit modulata,
tecnica tradizionale, ecc ecc e poi si passa al trattamento. L'obiettivo somministrare quella dose alta di cui si parlato
prima alla prostata e meno possibile coinvolgere retto e vescica.
Per la definizione del volume prostatico, nell'ambito della pelvi, la TC l'unico esame su cui possiamo calcolare il
volume. La TC pelvica ha dei limiti intrinseci di qualit di imaging, nel senso che ha scarsa possibilit di distinguere e
definire i vari tessuti molli, quindi non distingue la prostata dai tessuti che la circondano: tutto un unico grigio
difficilmente capibile. In tal senso ci avvaliamo della RM, oltre alla TC, cos da poter fondere le due immagini ottenute
con programmi informatici che si avvalgono di algoritmi di sovrapposizione ossea, cos da fornire al radioterapista
un'immagine in cui si distinguano chiaramente i tessuti molli.
Con la TC di centratura, oltre a determinare il volume bersaglio, dobbiamo studiare anche le aree critiche di cui
vogliamo avere informazioni dosimetriche: cio vogliamo sapere che dose ricevono eventuali organi che si trovano nel
raggio d'azione dell'irraggiamento.
La prostata incastrata tra vescica e retto e quindi ha qualche problema per quanto riguarda il discorso della ribetibilit
di cui abbiamo gi parlato; se pianifichiamo il trattamento su una determinata immagine TC che chiaramente
corrisponde alla posizione della prostata al momento dell'esecuzione dell'esame, non detto che tale posizione
corrisponda poi alla realt al momento dell'esecuzione, questo perch il grado di riempimento e svuotamente di retto e
vescica fa modificare la posizione della prostata. Dobbiamo trovare un modo che ci permetta di avere la prostata tutti i
giorni nella stessa posizione (quindi retto e vescica con sempre lo stesso contenuto); a tal fine si educa il pz a bere
sempre la stessa quantit d'acqua 30-40 min prima della TC di centratura e delle varie sedute, inoltre si esegue prima
della TC e prima di ogni seduta un clistere evacuativo cos da riprodurre il grado di pienezza dei due organi.
Ovviamente questo non garantisce la perfezione assoluta. L'altra soluzione che si tenta di mettere sono dei sistemi di
controllo della posizione della prostata quotidiani, IGRT (radioterapia immagine guidata); in vari modi possibile
fotografare la prostata (immagini TC oppure posizionamento all'interno della prostata di sostanze marcatrici) e
calibrare la terapia in base agli eventuali spostamenti che si misurano rispetto alla TC di centratura. Questo ci garantisce
la ripetitivit del trattamento. Anche questo accorgimento ha contribuito all'incremento dell'efficiacia di questo
approccio terapeutico. Fa parte di una delle tante innovazioni tecnologiche della radioterapia.
Utilizziamo, anche in questo caso, dei fotoni X, cio le radiazioni di terapia convenzionale. In questo caso utilizziamo
dei fotoni di energia superiori ai 10 MVolt (15-18 MVolt in base agli strumenti che si hanno a disposizione). I canali di
ingresso sono multipli, 4 ma possono essere di pi. Il numero elevato di fasci di ingresso permettono di concentrare la
dose trasportata da ogni fascio al centro, e quindi sulla prostata; e contemporaneamente di disperdere le dosi collaterali
su superfici pi ampie in virt del numero elevato di ingressi.
Le dosi totali vengono suddivise in un frazionamento convenzionale; si somministrano circa 22-23 Gy per seduta;
questo significa che si cerca comunque un ipofrazionamento, nel senso di un leggero aumento della dose e di riduzione
del numero di sedute. Vi un motivo biologico: il tumore della prostata pi sensibile a dosi per frazione pi alte
rispetto ai 20 Gy, quindi si cerca di potenziare la dose giornaliera senza andare incontro ad un aumento degli effetti
colleterali. Il totale circa 60-65 Gy in 25-30 sedute; quindi un numero abbastanza elevato di settimane di trattamento

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[RADIOTERAPIA 04/12/2014 PROF. CAMMELLI


Marco Ragionieri]

(5-6). Ovviamente si tratta di trattamente abbastanza impegnativi.

Effetti collaterali
Il fatto che organi sulla traiettoria dell'irradiamento possano essere investiti da dosi relativamente elevate, significa
pagarne nel conseguenze in termini di effetti collaterali acuti (cio compaiono durante le sedute e si protraggono
qualche settimana dopo il trattamento); questi sono: disturbi a livello rettale emorroidi, tenesmo, diarrea, proctiti,
sanguinamento; a livello urinario disuria (pollachiuria, bruciore), cistiti. L'intensit variabile da persona a persona in
virt della suscettibilit individuale, un po' variabile in funzione della qualit del trattamento. Questi effetti collaterali
vengono gestite con le terapie mediche sintomatiche (dieta, bere molto, eventuali antibiotici, farmaci topici cortisonici,
ecc ecc).
Fra gli effetti collaterali cronici, cio che si manifestano dopo le 5-6 settimane dal trattamento e negli anni successivi
(che possono residuare), ci pu essere una proctite attinica cronica che si manifesta con dei sanguinamenti ricorrenti
(complicanza ormai abbastanza rara). Altra possibilit una riduzione della potenza sessuale (che per risulta
maggiormente ridotta in seguito a interventi chirurgici e ormonoterapia); indubbiamente opportuno informare il pz.

Radioterapia post-operatoria
La radioterapia post-operatoria indicata quando ci sono una serie di fattori di rischio, probabilit elevata di recidiva di
malattia. Alcuni dati, come per esempio il superamento della capsula ghiandolare da parte del tumore, sono forniti
dall'esame istologico che si compie sul pezzo operatorio; altri fattori che pongono indicazione sono margini di resezione
che contengono cellule tumorali. Altre indicazioni sono invece fornite dalla classificazione del tumore in fascio di
rischio intermedio-alto (Grisome score >7 e PSA >10).
In questo tipo di terapia ovviamente avremo una TC di centratura senza pi la ghiandola, ma con una loggia prostatica
disabitata in cui lo spazio viene quasi sempre occupato da retto e vescica che si avvicinano. Anche in questo caso la TC
di centratura determina i volumi che devono essere irradiati anche se in questo caso si tratta di un lavoro un po' pi
difficile in quanto necessario individuare il volume in cui pi probabile che residuino delle cellule tumorali. La
pianificazione per il resto abbastanza uguale, cos come gli effetti collaterali.
In alcune condizioni particolari ci pu essere indicazione alla brachiterapia; questa consiste nel posizionamento delle
sostanze radioattive direttamente a contatto con il tumore. L'indicazione esiste solo negli stadi molto iniziali di malattia
e a basso rischio (T1 o massimo T2a, PSA <10 e Grisome score < 7). Altra indicazione nel sovradosaggio dopo
trattamento di radioterapia esterna: cio se la RM o la TC ci permette di individuare visivamente il nodulo all'interno
della ghiandola prostatica allora si pu pensare di eseguire un trattamento di radioterapia esterna su tutta la prostata
(come prima) e poi un sovradosaggio su quella che la sede macroscopica di malattia con posizionamento diretto dei

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[RADIOTERAPIA 09/12/2014 Prof. Cammelli


Valeria Marchese] 1
I TUMORI DELLA TESTA E DEL COLLO
Oggi prendiamo in considerazione, in maniera pi specifica di quanto fatto finora, tutte le patologie tumorali del distretto
TESTA e COLLO. Tutti i tumori della Testa e del Collo, di solito, vengono classificati in un unico grande gruppo perch
hanno delle affinit sia in termini di storia naturale che di conseguenze e tipo di trattamento. E vero che il distretto TestaCollo molto ampio, sia in termini anatomici sia di possibili tipi istologici, ma viene tutto trattato come un unico gruppo,
chiaramente con alcune variazioni allinterno di ciascun sottogruppo, anche dal punto di vista della Radioterapia.

INQUADRAMENTO della PATOLOGIA TUMORALE


Dal punto di vista EPIDEMIOLOGICO i tumori della Testa e del Collo costituiscono globalmente il 5% delle patologie

oncologiche, tutto sommato sono tumori abbastanza rari, ma per il radioterapista sono tumori abbastanza frequenti nel senso
che lindicazione al trattamento radioterapico, in questambito, si ha molto di frequente.
Le varie sedi anatomiche comprese in questo distretto sono quelle che vedete: Rinofaringe, Orofaringe, Ipofaringe, Laringe e
Cavit Orale, con prevalenza di forme, in termini di percentuale, a livello dellOrofaringe, del Laringe e della Cavit Orale, pi
rappresentate rispetto agli altri distretti.

Dal punto di vista del TIPO ISTOLOGICO i tumori possono essere vari anche se pi della met dei tumori sono

rappresentati da Carcinomi Squamo-cellulari; poi c una percentuale, intorno al 20%, rappresentata da Adenocarcinomi e via
via, in maniera sempre meno rappresentata, le altre forme istologiche pi rare. I Linfomi rappresentano, a loro volta, una
categoria con una percentuale di rappresentazione non altissima ma, comunque ,abbastanza significativa rispetto ad altri che
sono molto rari come presentazione.
Com la STORIA NATURALE di questa malattia? Qual la modalit di diffusione e di evoluzione principale della
malattia?
Una volt che il tumore si manifestato nella sua sede principale la via di diffusione in assoluto pi frequente e pi precoce la
via Linfatica. Il distretto Testa-Collo riccamente vascolarizzato dal punto di vista della rete linfatica e come tale questab la
prima via di diffusione della malattia e come tale la diffusione per via ematogena qualcosa che avviene pi raramente e anche
pi tardivamente nel tempo.
Quali sono i principali FATTORI di RISCHIO correlati allinsorgenza di questi tumori? Sono prevalentemente lalcool e
il tabacco per tutti i distretti anatomici, un po meno per il Rinofaringe ma sicuramente per Cavo Orale, Faringe e Laringe
rappresentano fattori di rischio molto elevati.
In considerazione al tipo di diffusione, che risulta prevalentemente essere la via linfatica, lapproccio terapeutico dovr essere
prevalentemente di tipo localizzato ovvero lobiettivo principale quello di contenere la malattia a livello locale o, ancora

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[RADIOTERAPIA 09/12/2014 Prof. Cammelli


Valeria Marchese] 2
meglio, loco-regionale nel senso che, essendo la diffusione principalmente loco-regionale, bisogner cercare di eradicare la
malattia sia sul T che sui linfonodi regionali. Se si ha la fortuna di non avere ancora il coinvolgimento dei linfonodi regionali
(stadio N0) occorrer intervenire su questi per prevenire la malattia. Le armi terapeutiche che abbiamo a dispozione, che
provvedono al controllo loco-regionale, che sono rappresentate dalla chirurgia e dalla radioterapia, saranno quelle che, in
questo tipo di tumore, hanno la meglio, sono quelle pi frequentemente utilizzate perch questa la zona che bisogna tener
sotto controllo. Chirurgia e radioterapia devono provvedere, quindi, al controllo loco-regionale della malattia in realt negli
ultimi anni, e sempre di pi in prospettiva, si va via via consolidando lassociazione di questi trattamenti loco-regionali con la
chemioterapia. Si associato sia in maniera concomitante sia in maniera sequenziale, perch si visto che la chemioterapia
pu avere un ruolo sia nella prevenzione della diffusione a distanza della malattia, che abbiamo visto essere piuttosto rara, ma
anche nel potenziare il controllo loco-regionale. Ci sono una serie di dati di letteratura che confermano in maniera forte ed
evidente il fatto che lutilizzo della chemioterapia pu migliorare e quindi dare un beneficio alla malattia, sia in termini di
controllo locale sia di sopravvivenza. E vero quindi che il nostro obiettivo prevalentemente il controllo loco-regionale ma
vero in questo anche la chemioterapia, nonostante teoricamente ha un ruolo sistemico, ha un ruolo importante e come tale
tuttoggi ampiamente utilizzata. Nella stragrande maggioranza dei casi quindi tutte e tre le armi terapeutiche che abbiamo a
disposizione vengono utilizzate in questo tipo di patologia.
Qui ci sono i dati di letteratura che riportano delle percentuali, in termini di sopravvivenza, nellutilizzo della terapia
concomitante che sono statisticamente pi alte rispetto ai pazienti che non utilizzano la chemioterapia o la utilizzano con altri
schemi:

Questo giusto per ribadire limportanza del ruolo della chemioterapia , che si va via via sempre pi consolidando e si gi
consolidato, nella pratica clinica attuale.

TRATTAMENTO RADIOTERAPICO
Entrando nel merito di qual , in maniera pi specifica, il ruolo della Radioterapia in questo tipo di patologia, come abbiamo
gi visto in generale e nelle due patologie affrontate fino ad ora, pu avere scopi diversi a seconda del timing in cui viene
utilizzata e dello stato della malattia in cui viene utilizzata.
Le possibili finalit del trattamento radiante sono le seguenti:
FINALIT RADICALE come TRATTAMENTO ESCLUSIVO. Se vogliamo fare un paragone con quello
gi visto viene in mente il trattamento del tumore prostatico non stato trattato dal chirurgo ma che abbiamo visto
avere, con la radioterapia radicale, analoghi risultati in termini di efficacia curativa. La stessa cosa vale per tumori di
Testa e Collo. Condizione indispensabile, affinch possa essere utilizzata la radioterapia in questi tumori e con queste
finalit, che il tumore sia in una fase molto iniziale di malattia, in cui ovviamente non ci siano ancora metastisi a
distanza, se ci sono metastasi linfonodali che siano molto iniziali, coinvolgano la prima stazione di drenaggio
linfatico e tumori in cui il T, ovvero il tumore primitivo, sia localizzato e circostritto. In alcuni di questi casi la
radioterapia pu essere utilizzata con finalit radicale, come modalit esclusiva di trattamento con risultati analoghi a
quelli che potrebbe dare la chirurgia,

LA RADIOTERAPIA ADIUVANTE alla CHIRURGIA o POST-OPERATORIA ovvero pazienti


che sono stati operati e fanno poi trattamento radioterapico. Lesempio corrispondente, in questo caso, quello del
tumore della mammella, per cui prevista la quadrantectomia e la radioterapia esterna post-operatoria;

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[RADIOTERAPIA 09/12/2014 Prof. Cammelli


Valeria Marchese] 3

LA RADIOTERAPIA ESCLUSIVA con FINALITA PALLIATIVE: in questo caso siamo gi in uno

stadio pi avanzato di malattia in cui non possiamo pi parlare di intento radicale, intento curativo ma intento di
contenimento della malattia, per cercare di limitare la progressione e di evitare linsorgenza di sintomi o ridurli, se gi
insorti;
LA RADIOTERAPIA associata alla CHEMIOTERAPIA un sottogruppo che fa parte di tutti e tre i
precedenti, pu essere associata a tutte e tre le modalit chemioterapiche a seconda di quelle che sono le indicazioni
generali.

Adesso vediamo una per una tutte queste possibilit di utilizzo della radioterapia.

RADIOTERAPIA RADICALE
Condizione indispensabile per il suo utilizzo una malattia in stadio iniziale quindi T1 o T2 N0 o con linfonodi coinvolti a
livello iniziale. Tumori quindi di piccoli dimensioni (T1 oT2) in cui i risultati della radioterapia, in termini di controllo della
malattia, possano essere identici alla chirurgia.
Si fa cenno anche alla Brachiterapia. In questi giorni stiamo parlando prevalentemente di Radioterapia esterna. In realt ci sono
alcune sedi anatomiche, come appunto tumori del distretto cervico-faciale, in stadi molto iniziali, che possono giovarsi della
Brachiterapia esclusiva.
La scelta se fare lintervento chirurgico o la radioterapia, come per la Prostata, vine fatta sulla base di:
condizioni cliniche generali del paziente, che possono essere tali da avere un rischio anestesiologico che
controindica lintervento chirurgico;
risultati estetici e funzinali poich lintervento chirurgico, per quanto associato a percentuali ottime di
guarigione, di riuscita e cura della malattia, gravato da deficit funzionali che poi si ripercuotono sulla qualit di vita
di questi pazienti. Ad esempio in un tumore della lingua o del cavo orale, la resezione chirurgica comporterebbe si la
guarigione ma un problema nella fonazione, nel linguaggio, cosa che invece la Radioterapia riuscirebbe a garantire e a
mantenere. A quel punto l si sceglie il trattamento radioterapico. Altro esempio classico sono i tumori della laringe, i
tumori delle corde vocali spesso riescono ad essere diagnosticate in fasi molto iniziali di malattia grazie alla
fibroscopia o alle visite ORL che adesso vengono regolarmente fatte. Un intervendo chirurgico per un tumore della
corda vocale in stadio iniziale comporta un blocco definitivo e completo della fonazione. Lo stesso risultato, in
termini curativi, si ottiene con la radioterapia esterna senza essere gravato da un deficit cos importante per il paziente.
scelta personale del paziente, che viene messo di fronte alle due opzioni terapeutiche, ciascuna con i suoi
vantaggi e svantaggi e il paziente partecipa alla scelta terapeutica in funzione delle sue personali preferenze.
Questi sono i casi in cui si sceglie la Radioterapia esclusiva in alternativa al trattamento chirurgico.
Questa categoria ha un impiego ma non quello prevalente.

RADIOTERAPIA ADIUVANTE
Nellambito di questi tumori limpiego prevalente appunto quello della Radioterapia post-operatoria ovvero successiva
allintervento chirurgico. Per pazienti che hanno una diagnosi di Tumori Primitivo del distretto testa-collo, con o meno
coinvolgimento linfonodale, che vengono trattati chirurgicamente (abbiamo quindi una diagnosi istologica certa e una
definizione patologica dello stadio della malattia pTNM) ci pu essere lindicazione a fare un trattamento radioterapico postoperatorio, sulla base della presenza o meno di determinati fattori di rischio che emergono dalla stadiazione patologica della
malattia, con una finalit precauzionale, preventiva, come nella mammella, di riduzione delle probabilit di ripresa locoregionale della malattia. Irradiamo quindi un letto chirurgico, qualcosa su cui la malattia macroscopica non pi presente ma,
sulla base appunto di questi fattori di rischio, ci potrebbe essere qualche focolaio microscopico che se non trattato ocn
radioterapia potrebbe ricrescere e dare una recidiva della malattia. I fattori di rischio sono simili a quelli che si hanno in tutti i
trattamenti post-operatori e anche di altri distretti cos comera per la mammella. In particolare, per il distretto testa-collo,
quelli a cui si fa riferimento sono :
le dimensioni del T : tumori di dimensioni abbastanza elevate
positivit linfonodale: la catena di drenaggio linfatico di questo distretto molto ampia ed rappresentata dai
linfonodi bilaterali di tutto il collo, suddivisi, dal punto di vista anatomico in livelli (dal I al VII) partendo dai
linfonodi mandibolari-sottomandibolari fino ad arrivare a quelli sovraclaveari e sono bilaterali, al di l del fatto che la
malattia sia su un lato o sullaltro, oltre certe dimensioni, la possibilit che vi sia il coinvolgimento della catena
linfonodale controlaterale abbastanza alta. Lintervento chirurgico stesso spesso caratterizzato dalla escissione del
tumore e dallo svuotamento delle catene linfatiche del collo destra e sinistra. Lo svuotamento del collo dipende,
ovviamente, da quella che stata la stadiazione pre-operatoria, dal fatto che abbia dato esito in termini di riscontro,

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alla TAC o alla PET o agli esami strumentali di stadiazione, del coinvolgimento linfonodale o meno. Alcune volte
per viene fatta come linfoadenectomia di staging: anche in assenza di riscontro strumentale pre-operatorio di
linfonodi coinvolti dal tumore, lo svuotamento linfonodale viene fatto comunque per avere conferma o smentita
istologica che i linfonodi siano positivi o meno. Di solito la stadiazione patologica viene fatta sia sul T che su N
ed qualcosa che, come sempre, impatta in maniera importante sia sulla prognosi di questi pazienti sia di
conseguenza sulla terapia. Quando, in seguito allo svuotamento bilaterale linfonodale del collo, si ha un riscontro
istologico di positivit linfonodale N+ questo impone lirradiazione post-operatoria di tutto il distretto latero-cervicale
destro e sinistro, con conseguente ampliamento importante del volume di trattamento e quindi della tossicit che
dobbiamo pagare di fronte allampio volume da trattare;
listologia in quanto vi sono alcune varianti istologiche che sono pi aggressive di altre, le forme epidermoidali, che
sono le pi frequenti, hanno anche una maggiore aggressivit loco-regionale;
la presenza di margini di resezione positivi un altro fattore di rischio ovvero il fatto che ci siano ancora
cellule tumorali sui margini del pezzo operatorio fa pensare che si sia ancora malattia in sede, che non sia riusciti ad
eradicarla completamente dal punto di vista microscopico.
Nella maggior parte dei casi la diagnosi di questi tipi di tumori non riesce ad essere molto precoce, per cui pi frequente che
al momento della diagnosi ci sia gi il coinvolgimento linfonodale e che il T sia gi abbastanza grande, rispetto ad una diagnosi
in stadi iniziali. In presenza di questi fattori di rischio quindi diventa molto frequente che, dopo la chirurgia, ci sia la necessit
di un trattamento radio-terapico post-operatorio che riguarder solo il letto chirurgico del T, se non c coinvolgimento
linfonodale o se il rischio di un coinvolgimento linfonodale molto basso, mentre riguarder le stazioni linfonodali laterocervicali destra e sinistra se questo rischio aumentato.
Questo un trattamento che viene fatto anche qui una volta che il post-operatorio stato completamente superato anche in
termini di ferite chirurgiche, quando sono completamente guarite, quindi bisogna aspettare un certo tempo dopo lintervento
chirurgico ma non tanto da lasciare ai focolai microscopici il tempo di crescere. Anche qui come per la mammella i tempi di
inizio del trattamento radioterapico post-operatorio sono compresi tra un mese e tre mesi dopo lintervento chirurgico.
Un mese per lasciare che il paziente si ristabilisca ma entro tre mesi va iniziata per avere efficacia in termini di controllo.

RADIOTERAPIA RADICALE associata alla CHEMIOTERAPIA


In stadi ancora pi avanzati, quindi quando abbiamo malattie grandi con coinvolgimento linfonodale importante, si decide di
non porre indicazione allintervento chirurgico, che sarebbe inevitabilmente altamente demolitivi, quindi comporterebbe deficit
funzionali e anatomici, oltre ad essere gravato da una probabile non radicalit chirurgica, proprio per lestensione locale della
malattia, gi in stadio avanzato. In questi casi si pone indicazione ad un trattamento combinato CHEMIO-RADIOTERAPICO
cercando di potenziare al massimo, con tutte le armi a nostra disposizione, lefficacia a livello loco-regionale. In questo ambito
si pu pensare ad un trattamento NEOADIUVANTE seguito dalla RADIOTERAPIA, ovvero subito dopo la diagnosi
si fanno alcuni cicli di chemioterapia, sperando che induca una certa citoriduzione della malattia, per poi intervenire con la
radioterapia esterna.
Altri schemi prevedono la chemioterapia CONCOMITANTE ovvero somministrare in maniera contemporanea sia la
chemioterapia che la radioterapia, oppure una chemioterparia PRE- e POST-RADIOTERPIA ovvero si fanno alcuni
cicli di chemioterapia neoadiuvante, poi si fa il trattamento radioterapico al termine del quale si fanno ulteriori cicli di
radioterapia. Queste sono tutte cose che nella pratica quotidiana posso essere utilizzate e vengono utilizzate a seconda di mille
variabili, di mille schemi terapeutici e anche di mille possibilit logistiche nel senso che, banalmente, un trattamento
chemioterapico neoadiuvante pu essere utile per prendere tempo, per cercare di ottimizzare i tempi nel momento in cui si
prepara il trattamento di radioterapia esterna o si aspetta in lista dattesa, in un centro di radioterapia in cui non possibile
iniziarla subito, si comincia a far la radioterapia, in maniera da mettere subito sotto effetto terapeutico la malattia, e poi si
interviene con la radioterapia. A volte quindi, le scelte di questi schemi sono dettate anche da necessit e motivazioni di tipo
logistico non solo ed esclusivamente clinico.
Ovviamente parlando dello specifico trattamento radioterapico vi parlo anche della tossicit legata alla terapia, l associare
radio e chemioterapia significa potenziare leffetto terapeutico ma significa contemporaneamente potenziare anche gli effetti
collaterali, che gi sono pesanti se il paziente si trova a fare chemioterapia da sola, lo sono ancora di pi se il paziente si trova
a fare radio e chemioterapia combinate.
La radioterapia assocoiata alla chemioterapia un qualcosa che si fa negli stadi avanzati, laddove non sarebbe garantita la
radicalit chirurgica ma qualcosa che in realt viene fatta anche negli stadi iniziali di una specifica sede, che il Rinofaringe.
Dal punto di vista anatomico il rinofaringe si trova dietro le cavit nasali, subito al di sotto del basicranio, che rappresenta una
sede anatomica abbastanza critica perch difficilmente accessibile in maniera chirurgica se non facendo degli interventi
estremamente demolitivi, invalidanti e inasivi. Classicamente quindi il Rinofaringe una sede anatomica che non viene gestita
chirurgicamente quindi, di conseguenza, anche negli stadi iniziali di malattia prevede un approccio caratterizzato da chemio e
radioterapia, concomitanti nella stragrande maggioranza dei casi, proprio perch questo caso specifico ricade in una di quelle
categorie in cui, negli stadi iniziali, la radioterapia radicale ha efficacia analoga allintervento chirurgico. Poich quella del
Rinofaringe una malattia molto aggressiva, che ha una diffusione locale e loco-regionale molto precoce si associa, alla

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radioterapia esclusiva, il trattamento radioterapico, anche negli stadi iniziali. Questo per dirvi quali sono le indicazioni e le
finalit del trattamento radioterapico nei tumori di questo distretto.

EFFETTI COLLATERALI
Entrando nel merito di come avviene la radioterapia, cosa comporta e quali sono i volumi di trattamento le considerazioni sono
analoghe a quelle fatte prima: i volumi di trattamento sono spesso molto grandi, in considerazione del fatto che, lanatomia di
testa e collo, particolarmente complessa e i volumi che noi dobbiamo trattare sono spessissimo in stretta vicinanza con organi
molto critici ovvero organi che hanno dosi di tolleranza alla terapia non sempre particolarmente alta e che possono avere effetti
collaterali importanti a seguito del trattamento radioterapico: dagli occhi al parenchima cerebrale, il midollo spinale, le
ghiandole salivari, losso mandibolare sonmo tutti organi che bisogna irradiare con dosi pi basse possibili perch possono
andare incontro ad effetti collaterali importanti.
Le possibilit di gioco son molto strette perch questi organi sono molto vicini alle strutture che dobbiamo andare ad irradiare,
ovvero tutte le catene linfatiche latero cervicali; laltro grosso problema che i tumori del dstretto cervico-facciale hanno
necessit di dosi totali di trattamento elevate, non sono tumori molto radiosensibili come i linfomi o i seminomi per cui bastano
20 Gy, sono tumori per cui abbiamo bisogno di 60-70 Gy, dosi che sono al di sopra della soglia di tolleranza dei tessuti sani
circostanti. La vicinanza anatomica e la necessit di dosi elevate rende questo tipo di trattamento, dal punto di vista tecnico di
pianificazione e di raggiungimento di quel duplice obiettivo, che erogare la dose terapeutica al volume bersaglio e la dose pi
bassa possibile ai tessuti sani, uno degli ambiti radioterapici pi difficili nel cercare di perseguire questo obiettivo tanto che,
tutte le moderne tecniche di radioterapia, ovvero le tecniche di intensit modulata o di tomoterapia, in questo distretto testacollo trovano una delle loro pi ampie applicazioni. Sono quindi allestremo opposto rispetto al tumore della mammella che,
per le caratteristiche di disposizione anatomica, grandi problemi anatomici non ne comportava, essendo un qualcosa che si
estrofletteva dal corpo il problema di tanti organi sani da salvaguardare nelle immediate vicinanze non cera, quindi potevamo
usare tecniche semplici, tecniche standard, tecniche conformazionali. Qui esattamente lopposto: abbiamo tanti volumi con
conformazione anatomica molto complessa e irregolare, appiccicati a tanti tessuti sani che hanno sempre dosi di tolleranza pi
basse rispetto a quelle che dobbiamo dare al tumore che curiamo quindi sicuramente lambito tecnico radioterapico pi
complesso per il radioterapista.
Qui c la rappresentazione grafica dei livelli linfonodali molto schematicamente e semplicemente: tutte queste sono le
stazioni di drenaggio linfatico, dal I al V livello, sono quelli cervicali posteriori, quando dobbiamo irradiarli bilateralmente
diventa problematico riuscire a giostarsi. Infatti i pazienti se ne accorgono allistante nel senso che, diversamente dai pazienti
con tumori alla mammella che vengono irradiati ma continuano la loro vita normlae, i pazienti con tumori test- collo non
riescno a farlo perch hanno effetti collaterali sia nella fase acuta ma anche tardivi, quindi irreversibili che sono decisamente
importanti e non permettono loro di mantenere la loro quotidianit senza accorgersi del fatto stiano facendo un trattamento
radioterapico. Questo chiaramete riferito a volumi di trattamento ampi, che prevedono irradiazione del T e delle stazioni
linfatiche bilaterali, ma se parliamo di un tumore alle corde vocali, in stadio iniziale, il volume di trattamento molto pi
limitato, si limita solo alle corde vocali e ad un pezzettino di laringe, per cui non rientra in questa pesantezza di effetti
collaterali.

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Lentit e la gravit degli effetti collaterali correlata ai volumi che andiamo a trattare: maggiori saranno i volumi di
trattamento, per necessit, perch abbiamo una malattia in stadio avanzato o perch ha un problema di diffusione linfonodale
pi alto, maggiori saranno gli effetti collaterali. Se invece riusciamo ad intervenire ad uno stadio pi iniziale di malattia
riusciamo anche a circoscrivere il trattamento ad un volume molto piccolo e quindi ridurre e contenere gli effetti collaterali.
Nei pazienti che hanno necessit di volumi di trattamento molto ampi quelli che vedete lencati sono gli effetti collaterali pi
frequenti e significativi.

Effetti ACUTI :
ERITEMA E MUCOSITE

sono due effetti collaterali che si riscontrano in tutti i distretti corporei perch, trattandosi di
radioterapia esterna, le radiazioni comunque devono attraversare lo strato cutaneo da qualche parte. A livello del distretto testacollo, anche in consiiderazione del fatto che, sia il viso che il collo, sono spessori sottili a livello cutaneo, anche per effetto di
dosi totali che sono inevitabilmente molto alte, si arriva alla fine del trattamento con ERITEMI importantissimi, che spesso
non si limitano a degli eritemi ma vanno oltre, diventano delle epidermolisi ovvero la cute di questi pazienti assume laspetto
di unustione di I oII grado, per cui si disepitelizza e deve essere sottoposta a delle medicazioni. Lo stesso vale per le mucose
del cavo orale, delle prime vie aeree e digestive risentono pesantemente di queste dosi cos importanti per cui candidosi, afte o
la semplice infiammazione della muscosa sono di entit importante tale da limitare pesantemente la possibilit di alimentarsi di
questi pazienti. Dapprima iniziano ad avere problemi nel mangiare cibi solidi, in particolare quelli pi ruvidi tipo pane etc, poi
via via questa difficolt si allarga anche ai cibi semiliquidi e anche liquidi per cui fanno fatica a deglutire, si ha quindi
DISFAGIA per cui diventa problematico anche assumere la terapia orale quali antinfiammatori, antibiotici.
Lintensit di questi effetti collaterali aumenta gradualmente man mano che aumenta il numero delle sedute di trattamento, non
abbiamo ancora parlato di dose e modalit ma sono dei trattamenti che vengono fatti in regime di somministrazione con
frazionamento convenzionale quindi tutti i giorni per 6-7 settimanne il paziente fa la sua dose di terapiea: nelle prime due
settimane questi effetti sono quasi inesistenti, poi man mano che passano le settimane e si accumula la dose il paziente inizia
ad accusare effetti di eritema, difficolt ad alimentarsi tanto che spesso si fa una visita nutrizionale, prima dellinizio della
radioterapia, e ci si predispone ad una terapia di supporto di liquidi, di idratazione e, quando necessario, di nutrizione
parenterale proprio nelle settimane pi importanti, pi problematiche per questi pazienti. Cos come viene messo un catetere
centrale o periferico con cui si fa tutta la terapia di supporto e la terapia medica quindi tutti i farmaci necessari dagli analgesici
agli antibiotici, ai cortisonici vengono somministrati per via endovenod per bypassare il problema della deglutizione.
LIPOSCIALIA una drastica riduzione della salivazione perch le ghiandole salivari sono tra gli organi vicini ai volumi di
trattamento per cui risentono degli effetti della radioterapia in termini proprio di riduzione della produzione della saliva e di
conseguenza si ha una secchezza molto importante della bocca ma anche unalterazione del gusto, ovvero una DISGEUSIA,
cio questi pazienti man manoche vanno avanti non riconoscono pi il sapore dei cibi tanto da non riuscire a distinguere il
salato dal dolce per cui laspetto nutrizionale decisamente provato e compromesso e sono pazienti che dimagriscono anche
pareccho chili durante la radioterapia.

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In quanto effetti ACUTI
radioterapia stesso.

insorgono durante il trattamento e si protraggono per qualche settimana dopo la fine della

Effetti TARDIVI
Sono quelli che insorgono 6-8 settimane dalla fine della radioterapia e sono irreversibili ovvero non rientrano pi, cosa che
invece accade per quelli acuti.
La XEROSTOMIA un danno irreversibile dovuto allirradiazione delle ghiandole salivari in cui si ha una riduzione della
salivazione ed un qualcosa che il paziente si porta dietro dopo essere stato irradiato e sono persone che hanno una secchezza
della bocca importante che delle volte rende difficile anche leloquio, il riuscire a parlare in maniera fluente perci devono bere
in continuazione, cercando di mantenere la bocca idrata. Insieme alla XEROSTOMIA si ha un po di alterazione del gusto, non
tanto quanto si ha in fase acuta, ma negli anni successivi se la portano dietro.
Poi c tutto il problema dellapparato dentario in cui lirradiazione dei denti comporta la comparsa di CARIE e
PARAODONTOPATIE che poi rischiamo di dare, a loro volta, delle complicanze. Per prevenire questi effetti in gene si
ocnsiglia ai pazienti, prima delinizio della radioterapia, di fare una bonifica dentaria in maniera tale da sistemare tutto quello
che c per evitare che poi la situazione precipiti dopo la radioterapia.
LOSTEONECROSI della MANDIBOLA un altro effetto collaterale abbastanza temuto dai radioterapisti. E qualcosa che
ha scarsa possibilit di manifestarsi ma conseguente proprio allirradiazione della mandibola, in paricolare dellangolo
mandibolare, a dosi superiori ai 70 Gy. Tutte le ossa se esposte a dosi superiori ai 70Gy hanno un aumento di probabilit di
comparsa di osteonecrosi radio-indotta e la necrosi della mandibola qualcosa di drammatico e problematico da risolvere poi
chirurgicamente con degli impianti. Quello che si pu fare, in fase di pianificazione, ridurre la dose di irradiazione sulla
mandibola ma, poich sulla mandibola si proiettano i linfonodi e la malattia, se parliamo di malattia del cavo orale, non
sempre qualcosa di facilmente raggiungibile.Questi sono effetti che si verificano dopo 6-7 settimane ma anche a distanza di
anni; classicamente losteonecrosi qualcosa che avviene a distanza di uno o due anni dalla fine della radioterapia e magari si
manifesta durante una manovra dentistica in cui il dentista, meccanicamente, induce sulla mandibola un trauma che, nel
paziente irradiato, provoca una frattura consegunete ad una necrosi che gi cominciata.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali sempre pi ampio luso della chemioterapia concomitante o associata che a sua volta
non migliora il quadro ma lo peggiora per cui, a tuto questo, dobbiamo associare gli eventuali effetti della chemioterapia che
sono effetti sistemici quindi la nausea, il vomito, la neutropenia, il calo delle difese immunitarie. Si tratta quindi di pazienti
molto provati, molto debilitati per i quali molto spesso necessario sicuramento lassistenza nutrizionale, il supporto
domiciliare e molto spesso ancheil vero e proprio ricovero ospedaliero, soprattutto se fanno anche la chemioterapia.

IMMOBILIZZATORI
Questi sono gli IMMOBILIZZATORI, nello specifico, riferito ai tumori della Teasta e de Collo

MASCHERA A CINQUE PUNTI: blocca testa e spalle

MASCHERA A TRE PUNTI: blocca solo la testa

Gli IMMOBILIZZATORI sono quei dispositivi che ci servono per mantenere tutti i giorni il paziente nelle stessa posizione per
avere la certezza che, quando andiamo ad irradiare il paziente, andiamo a dare la dose che vogliamo agli organi che vogliamo e
a non darle agli organi che non vogliamo. Ci vogliono quindi sistemi di contenzione che sono molto molto precisi e non
permettono nessun tipo di movimento da parte del paziente. Per i tumori della testa e del collo quello che viene utilizzato,

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quasi universalmente, sono queste maschere termo-plastiche che sono confezionate in maniera personalizzata (qui le vedete gi
conformate sul viso del paziente) e prima di essere modulate sono dei folgi di plastica, piani, che vengono immersi nellacqua
calda, sotto il calore si ammorbidiscono e, appena tirati fuori dallacqua, vengono appoggiati sul viso del paziente, sdraiato sul
lettino della terapia, e prendono la conformazione del suo viso e delle sue spalle del pazient e perch in quel momento, mentre
sono caldi, vengono modulabili e manipolabili. Dopodich vengono fissati, tramite bottoni a pressione, al lettino di terapia e
una volta passato qualche minuto si raffreddano, mantenendo quella plasticit che hanno assunto con la conformazione del viso
del paziente. La finalit quindi quella di tenere il viso e le spalle del paziente ferme e immobili. Su quel immobilizzatore
viene scritto il codice o il nome del paziente e tutti i giorni nelle sale di terapia vi sono gli immobilizzatori dei pazienti che
stanno facendo terapia in quel periodo. I tecnici prendono la maschera del paziente e la posizionano sul viso, cercando di
ricreare la situazione dellinizio. Le maschere sono traforate, hanno delle maglie che si allargano leggermente quindi
permettono tranquillamente di respirare, di vedere la luce ma allo stesso tempo sono costrittive e poco piacevoli perch il
paziente bloccato sul lettino, senza possibilit di muoversi, in una stanza dove rimane da solo per alcuni minuti, sente dei
rumori, perch c la macchina che gli ruota intorno, per cui non tutti i pazienti riescono a mantenere questo sistema di
immobilizzazione in maniera adeguata. Con alcuni si arriva agli eccessi, che sono quelli dei pazienti claustrofobici che non
riescono a mantenere queste maschere e non riescono a restare fermi sul lettino. Questi sono casi estremi , che per esistono e
non hanno soluzione, per cui non possibile fare un trattamento di radioterapia esterna senza un dispositivo di
immobilizzazione, tanto pi in un distretto come questo, cos ricco di organi a rischio per cui si cerca di pre-medicare il
paziente con degli ansiolitici, di tranquillizzarlo, di mandarlo dallo psicologo, si cercano di mettere in atto tutte le modalit
possibili e immaginabili ma, se non si riesce a superare questa cosa, non possibile fare il trattamento radioterapico. Lunica
cosa, estrema, anestetizzare il paziente tutti i giorni e poich questi sono trattamenti di 6-7 settimane, lanestesia generale ha
tutti i problemi di tossicit, effetti collaterali e di gestione logistica (anestesista, ricovero del paziente, digiuno). Questo tipo di
trattamento utilizzato normalmente invece in pazienti pediatrici che purtroppo hanno bisogno di questo sistema di
immobilizzazione: poich non si riesce ad avere la loro collaborazione allora limmobilizzazione viene fatta dopo che il bimbo
stato anestetizzato e lanestesia viene fatta tutti i giorni, a garanzia della ripetibilit del trattamento. Questo per dire che,
limmobilizzazione, una condizione imprescindibile.
La prima cosa che si fa, una volta posta indicazione alla radioterapia, confezionare, in maniera personalizzata, questa
maschera.
Vi ho appena parlato degli effetti collaterali e del fatto che questi pazienti hanno problemi di nutrizione per cui dimagriscono
tantissimo. Considerate cosa significa quellimmobilizzazione: la maschera viene fatta prima dellinizio della radioterapia,
dopodich si dovrebbe andare avanti, con quella stessa maschera, per tutta la durata del trattamento ma poich pazienti
dimagriscono 10-15 kili quellimmobilizzatore, dopo 3 settimane, non ha pi la funzione che dovrebbe avere nel senso che non
pi un sistema di contenzione che garantisce la precisione del trattamento. Questo significa non fare il trattamento in
sicurezza ovvero rischiamo di esporre i tessuti sani che sono intorno a dosi che non sono sopportabili, che danno deficit
importanti ad es. se irradiamo per sbaglio gli occhio il paziente diventa cieco. Questi sono gli effetti collaterali che bisogna
evitare rispetto ai quali non si pu passare sopra e parliamo di cm o di mm, gli occhi a volte sono a pochi mm di ditanza dal
nostro volume di trattamento quindi, una posizione sbagliata di qualche mm, crea dei rischi di queste dimensioni, cos
importanti. Quello che si fa, nel caso in cui il sistema di immobilizzazione, in corso di trattamento, non sia pi adeguato,
quello di rifare limmobilizzatore e rifare dallinizio tutta la pianificazione.
Mettiamo quindi il paziente sul lettino e posizioniamo il capo e la nuca sul poggiatesta; vengono praticamente sempre usate le
maschere a 5 punti perch, essendo irradiati i linfonodi del collo, importante ed necessaria anche la posizione delle spalle.
Dopodich, una volta definita la nostra centratura, sulla quale noi definiamo i volumi bersaglio, il medico radioterapista va a
disegnare quelli che sono i suoi volumi di trattamento: sar una malattia macroscopica, se parliamo di un trattamento
radioterapico radicale (compresi eventualmente i linfonodi di drenaggio) oppure un letto chirurgico, se parliamo di radioterapia
post-operatoria, sul quale magari gi stata fatta una linfoadenectomia, quindi un letto chirurgico sia sul T che sullN.
E un distretto anatomico estremamente complesso perch ci sono mille organi, anche a non immediato riconosciemento sulla
TAC di centratura, che di solito si fa senza mezzo dicontrasto perch una TAC tecnica e non diagnostica, perch dove
localizzata la malattia lo sappiamo gi dalla stadiazione, con cui il paziente venuto da noi e abbiamo gi posto indicazione
alla radioterapia. La nostra TAC di centratura non una TAC rispetto alla quale verr fatto un referto diagnostico da indicare
al paziente, una TAC per definire i volumi, senza mezzo di contrasto, per alleggerire la procedura. E un distretto anatomico
complicatissimonel quale il radioterapista deve identificare sia i volumi bersaglio sia i tessuti sani che ci sono intorno.
Analogamente a quanto accade nel distretto pelvico per la prostata, non sempre alla TAC di centratura cos facile distingure i
nostri volumi di trattamento anzi, spesso, molto compleso, anche qui per il limite intrinseco della TAC di scarsa definizione
dei tessuti molli. In questo distretto quindi, in cui ci sono linfonodi, vasi, tessuti molli, connettivo, difficlie distinguere una
cosa dallaltra per cui spesso utilizziamo come aiuto la TC-PET. Questultima ovviamente ben pi valida se parliamo di
malattia ancora in sede, malattia macroscopica sulla quale la PET avr una captazione importante che ci sar da guida nel
definire i volumi di trattamento e i tessuti da salvaguardare.
Se dovessimo fare affidamento solo sulla TAC per definire il volume bersaglio sarebbe difficile e faticoso, qui abbiamo una
informazione metabolica, ricavata dalla PET, che ci guida nella definizione del volume. Queste chiaramente sono modalit che
variano da centro a centro, anche a secondo della possibilit o meno di poter fare questo tipo di fusione di immagini. Ci sono
centri di radioterapia dove manca la medicina nucleare o la PET stessa non c, per cui non possono usufruie di questo valido
aiuto, noi lo facciamo quasi sempre.

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A seconda dellampiezza volumi di trattamento, della dose prescritta, delle macchine a disposizione le modalit tecniche di
trattamento sono milioni. Sicuramente la complicazione tecnica del tipo di irradiazione fa si che, ogni qual volta c a
disposizione una tecnica pi evoluta, come la radioterapia modulata, sicuramente viene messa in pratica perchin questo
ambito fornisce vantaggi decisamente importanti.
Vengono sempre comunque utilizzati fotoni-X, come vengono utilizzati per la mammella e per la prostata, di energie variabili;
spesso 6MV sono sufficenti perch stiamo parlando di un distretto che non ha spessori molto grandi (maggiore lenergia dei
fotoni, maggiore la capacit di andare in profondit) per cui non abbiam la necessit di spingerci molto in profondit per cui
la maggior parte delle volte possiamo erogare fotoni da 6MV.

INDICAZIONI TECNICHE di ESECUZIONE della RADIOTERAPIA


Il problema riuscire a dare la dose voluta alla massa tumorale cercando di eviatre tutto quello che c in mezzo, in virt della
presenza di volumi complessi e vicini a strutture critiche.

In rosso e in viola il nostro volume bersaglio o un letto chirurgico ed la zona che deve ricevere la dose terapeutica che di
solito di 60-64 Gy, se parliamo di trattamento post-operatorio, di 70 Gy, se parliamo di una malattia in sede ovvero di un
trattamento radioterapico non preceduto dalla chirurgia ovvero in cui irradiamo una malattia macroscopica. In questa patologia
ci possono essere volumi bersaglio che hanno diversa dose di prescrizione in funzione del rischio di recidiva delle varie sedi.
Le sedi a maggior rischio di recidiva avranno una prescrizione di dose pi alta; poi cisono sedi che sono a rischio di recidiva
ma hanno probabilit di recidiva pi bassa , quali le stazioni di drenaggio linfonodale, che possono avere una dose di
prescrizione pi bassa rispetto ai 60-64 Gy del letto chirurgico. Di solito i linfonodi a basso rischio di malattia ricevono una
dose di 50 Gy.
Man mano quindi che ci si allonatana, come linfonodi di drenaggio, da quella che la sede di malattia e, di conseguenza,
diminuiscono le probabilit di recidiva di malattia, si possono avere volumi di prescrizione diversi. Allinterno delle zone da
irradiare cio ci possono essere volumi con dosi di prescrizione diversa , che variano in funzione o del rischio di recidiva o
della presenza di malattia macroscopica o eventualmente microscopica, cosa che, in questa sede, succede abbastanza
frequentemente.

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Gli organi che dobbiamo salvaguardare, a questo livello, sono rappresentate dalle due parotidi (in verde) e dal midollo spinale,
che ovviamente allinterno del canale del rachide, per cui dobbiamo fare in modo che le dosi prescritte riescano ad avere una
conformazione che gira intorno a questi volumi bersaglio. In altre parole per dare i 70Gy o 64 Gy allarea bersaglio non
possiamo fare unarea rettangolare di dose 70 Gy che comprende indifferentemente sia i volumi bersaglio sia parotidi e
midollo spinale perch sulle parotidi si provoca xerostomia, un effetto collaterale piuttosto invalidante che dobbiamo cercare di
limitare il pi possibile, essendo 70 Gy pi del doppio di quella che dovrebbe ricevere per avere una xerostomia di grado lieve;
il midollo spinale un organo che non pu ricevere una dose superiore ai 44-45 Gy, rispetto ai 64-70 che la dose di
prescrizione, in quanto se la riceve, anche in un solo punto, il paziente si paralizza, va incontro ad una mielite trasversa, ad un
deficit neurologico causato da uninterruzione del segnale a livello del midollo spinale tale e quale il defict neurologico
causato da una frattura di una costa cervicale per cui stiamo ragionando in termini di effetti collaterali importanti. Bisogna
riuscire tecnicamente a realizzare una modalit di infusione della dose tale da erogare una determinata dose a livello dei tessuti
beraglio e fare una circonferenza intorno agli organi sani in modo tale da evitare o non superare le dosi di tolleranza.
Limportanza della maschera e della immobilizzazione insita nel fatto che i volumi da trattare, rispetto a quelli da
salvaguardare, sono assolutamente contigui. Poich la pianificazione viene fatta nella posizione in cui il paziente nella TAC
di centratuta con la maschera messa in un determinato modo, in una determinata posizione. Se non riusciamo a ricreare, ogni
giorno di terapia, quella posizione rischiamo di erogare dosi alte agli organi che sono vicini.

I CTV sono i volumi di trattamento, con dosi differenziate, e le isodosi, le dosi di trattamento delle aree intorno in cui ci sono i
denti, c il cavo orale per cui bisogna cercare di non irradiarle.
La tecnica di elezione per il raggiungimtnto di questo duplice obiettivo la RADIOTERAPIA a INTENSITA
MODULATA (IMRT) ovvero modulazione di intensit allinterno dei volumi di trattamento che permette:
di prescrivere dosi diverse a seconda del rischio di diffusiome di malattia
di creare un gradiente di dose moltoalto tra ci che vogliamo trattare e ci che sta al di fuori dellarea da trattare
ovvero passiamo, nel giro di qualche millimetro, da una dose di 70Gy ad una dose di 30-40Gy, ovvero c una rapida
caduta di dose, nel giro di qualche millimetro, per effeto di questa tecnica ad intensit modulata.

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[RADIOTERAPIA 09/12/2014 Prof. Cammelli 1


Valeria Marchese] 1
Questo il volume di trattamento che ci troviamo a disegnare sulla TAC di centratura, con questa conformazione, questa la
sede dell N, queste sono le sedi anatomiche dove ci sono le stazioni linfonodali latero-cervicali. Dobbiamo irradiare queste
zone con dosi differenziate che sono 60 Gy sulla parte rossa e 66 Gy sulla parte blu, cercando di evitare il midollo e tutto
quello che di altro c in mezzo. Vediamo ancora una volta associata limmagine della PET che fondiamo con la TAC di
centratura per riuscire, in maniera pi precisa possibile, il nostro dominio bersaglio. Linterpretazione dellimaging, della TAC
di centratura e della PET, di fondamentale importanza: nel momento in cui il radioterapista su trova a disegnare il volume di
trattamento non sempre cos immediato dire questa malattia, questo un linfonodo infiammato , questo un vaso,
tante volte ci sono dei dubbi interpretativi che fanno disegnare il volume in un modo piuttosto che in un altro. Capite che
disegnare il volume in maniera scorretta ha un impatto importante sul risultato del trattamento:
si pu o disegnare il nostro volume bersaglio lasciando fuori una parte di malattia o una parte di letto chirurgico in cui
ci potrebbe essere una diffusione microscopica; a quel punto non eroghiamo, a zone che ne avrebbero bisogno, la dose
necessaria e quindi il risultato in termini di ridotte probabilit di controllo della malattia perch rischiamo, pur
avendo fatto la radioterapia, che il paziente abbia una recidiva.
lestremo opposto quello di disegnare volumi troppi ampi, allinterno dei quali coinvolgiamo tessuti sani che non
avrebbero necessit di essere irradiati, rischiando di esporre a dosi di radiazioni alte o comunque non necessarie, dei
tessuti sani, dando al paziente un tossicit che invece avremmo potuto risparmiare se avessimo disegnato il volume
correttamente.
La fase della pianificazione del trattamento estremamente importante perch impatta in maniera drastica su quello che il
risultato del trattamento e non sempre semplice definire i volumi in maniera corretta, soprattutto nel distretto testa-collo.
Oltre ad avvalersi del TC-PET, delle RMN, unaltra cosa che si fa, nella definizione dei volumi, riguardarsi tutti gli esami
strumentali diagnostici dei pazienti, fatti prima della pianificazione della radioterapia. Nel paziente da irradiare con trattamento
post-operatorio utile andarsi a rivedere tutte le t diagnostiche del pre-operatorio per capire dovre era la malattia, come era
diffusa, quali linfonodi erano coinvolti e in funzione di quello capire, immaginar e prevedere quali sono le sedi pi a rischio di
malattia e quindi laddove disegnare volumi pi ampi, per tenere dentro zone sulle quali cera una malattia che sembrava avere
criteri di infiltrare le zone intorno.

Solo per darvi lidea visivamente di quanto complesso un trattamento che deve irradiare questi volumi: se ricordate il
trattamento della mammella, cerano solo due campi uno di fronte allaltro, non avevano tutti questi incroci di colori perch
non cerano tutte queste problematiche, perch cera un volume lontano da tutto il resto ed era facile irradiarlo. Qui bisogna
trovare tanti campi di ingresso e delle modalit che riescano ad avere date finalit.

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[RADIOTERAPIA 09/12/2014 Prof. Cammelli 1


Valeria Marchese] 2

Analogo listogramma dose-volume della mammella che aveva tre curve, una per il volume bersaglio,una per il cuore e una per
il polmone, che erano i due organi critici e avevano delle curve abbastanza vicine alla zone di basso dosaggio.
Qui invece abbiamo numerose curve, ovvero tanti organi a rischio, e tante curve spostate verso le dosi alte il che vuol dire che
sono organi che, ricevendo dosi elevate, avranno effetti collaterali. Nel validare il piano di trattamento dobbiamo disegnare,
oltre ai volumi di trattamento, anche gli organi a rischio. PTV sono i nostri volumi bersaglio e sono le due curve che devono
ricevere le dosi pi alte possibili, che sono 70 Gy. Tutte le altre curve, pi basse sono, pi verso sinistra sono meglio , perch
rappresentano gli organi a rischio ovvero laringe, mandibola, midollo, parotide destra e sinistra. Quando validiamo un piano di
trattamento ovvero una modalit tecnica di irradiazione vuol dire che accettiamo che questi organi ricevano queste percentuali
di dosi medie, di dosi massime, di rapporti dose/volume perch sappiamo che possiamo permetterci che a quegli organi
arrivino quelle dosi senza avere effetti collaterali esagerati. Tante volte poi gli effetti collaterali ci sono e i pazienti ne
risentono negli anni ma nel bilancio generale possiamo assumerceli e sono cose di cui dobbiamo informarne il paziente . Nel
momento in cui gli facciamo informare il consenso informato oltre a spiegargli i motivi per cui gli facciamo alla terapia, cossa
aggiungiamo intermini di possibilit di guarigione, dobbiamo spiegargli anche a quali effetti collaterali va incontro e con quali
modalit e lui deve firmare per accettarlo. E qualcosa quindi di cui rendere partecipe il paziente e che ha senso dirgli e in
maniera tanto pi esplicita quanto pi alte sono le probabilit ch si verifichi. Nessuno di noi accetterebbe un piano terapeutico
in cui le probabilit di paralizzare il paziente o darlgi deficit importanti siano concrete, pu succedere per errori e imprecisioni,
ma sono cose estremamente rare e ci che si fa creare piani trattamento che fanno si che non si arrivi a questi estremi, a
questi effetti collaterali.
La brachiterapia, nei tumori di testa e collo, prevede limpianto di sistemi e materiali radioattivi direttamente nel contesto del
tumore. Nel tumore del labbro ad esempio si infigge il labbro con degli aghi radioattivi, che esplicano il loro potere radioattivo
in un breve raggio dazione, dopodich limpianto si rimuove. Il trattamento brachiterapico ha la stessa efficacia della
radioterapia esterna ma con meno effetti collaterali perch la dose pi circostritta. Questo si pu fare per in malattie
localizzate, in cui necessario e indispensabile curare la sede primitiva di malattia, non il drenaggio linfatico, quindi si pu
circoscrivere limpianto di materiale radioattivo solo a quellesclusiva sede.

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[PEDAGOGIA ONCOLOGICA 4/11/2014 PROF.ssa Silvia DEMOZZI


Letizia Ragazzoni] 1
Questo microcorso da 1 credito si chiama pedagogia oncologica. Io ho fatto ricerche e studi su
malattie, o meglio, sull'aspetto curativo in ambito sanitario e ho soprattutto lavorato coi bambini.
Ma in questo corso parleremo degli adulti.
Domanda: Ma pedagogia non vuol dire studio dei bambini?
una scienza che si occupa dei bambini ma anche della formazione degli adulti in vari contesti.
Cosa c'entra questo insegnamento con l'oncologia? Non si pu ben definire ma sicuramente ci sono
degli aspetti delle malattie, in questo caso soprattutto malattie oncologiche, che hanno a che fare
anche con altre scienze definite humanities, tutte quelle scienze come sociologia, psicologia,
pedagogia, eccetera.
Avendo poco tempo (quattro incontri) non vi far un corso di pedagogia ma di humanities e di
medicina narrativa e cercheremo di capire attraverso le storie di malati e attraverso esperienze della
malattia ,come quella oncologica, come ci si comporta dietro queste malattie. Le storie e
testimonianze hanno importanza anche in un lavoro di gruppo, ci stato rilevato anche in
ambiente sanitario.
Io non so nulla riguardo domande tecniche sugli esami. So che faremo l'esame a canali riuniti. Ma
fate le domande a Biasco che il responsabile. La mia parte ci sar e oggi ho caricato sul mio sito il
riferimento di un saggio di 12 pagine che sar il riferimento per l'esame. Quindi andatevi a
prendere il libro in qualsiasi biblioteca e lo fotocopiate oppure potrei anche portarvi il
libro o farvi delle fotocopie. La mia parte sar su quel saggio l. Ci saranno delle domande a
crocette anche se non approvo questo metodo per valutare la preparazione degli studenti.
Il riferimento del saggio lo metto sulla mia pagina (non su AMScampus) dove ci sono gli
insegnamenti, codice programma eccetera . Il libro in cui si trova questo saggio si chiama La cura
ricevuta. Medical Humanities , frutto della ricerca fatta con studenti come voi e delle professioni
sanitarie nell'ambito della medicina a Firenze ed stato fatto un questionario sull'idea di corpo e
l'idea che hanno gli studenti di quest'ultimo visto che hanno a che fare con il corpo degli altri ma
anche sull'idea del proprio. Inoltre non c' solo la relazione con il corpo ma anche il mettersi in
relazione con il linguaggio, la comunicazione etc.
Io volevo iniziare in questo modo, visto che parleremo di storie, utilizzer non solo testimonianze
ma anche finzione quindi film. Inizierei con questo video, la scena di apertura del film Le
invasioni barbariche. Parla di questo uomo che ad un certo punto della sua vita si ammala di
tumore e vuole riunire la sua famiglia per passare l'ultimo periodo insieme, un bel film francese.
Voglio farvi vedere la scena iniziale che non parler di questa storia ma vorrei sapere le vostre
reazioni. Vi chiedo di guardare questa scena come se guardaste la scena con gli occhi di uno
straniero, con gli occhi di chi non abituato a stare in un reparto di ospedale, come se fosse un
viaggio in un mondo ignoto in cui si incontrano persone con culture diverse, si mangiano cose
diverse eccetera. Poi vi chieder cosa ne pensate.
(Il video mostra la scena di una caotica corsia di ospedale)
Diciamo che non il miglior reparto che ci si possa immaginare per ritornando coi vostri occhiali
avete le stesse sensazioni di caoticit?
Risposta: S, non ci si riuscirebbe a lavorare perch caotico.

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E come paziente?
Risposta: Anche. Non una situazione adeguata. Non la situazione migliore per un paziente.
Quando si parla di un paziente, si parla di un soggetto che si trova in questo mondo in cui entra per
qualcosa e deve curarsi e non sa nulla, poi sar il medico a dare la diagnosi e la prognosi. Per voi,
che accogliete uno straniero che entra nel vostro mondo, come entrare in un mondo che non si
conosce perch non ho competenze e conoscenze, c' un linguaggio diverso. Quello che chiedo a
voi, come futuri medici, immaginarsi davanti ad un malato oncologico, quale competenze oltre
alla tecnica per far entrare questo paziente possono essere necessarie? Oltre alla professionalit.
Risposta: Anche l'empatia importante. una cosa personale per.
Quindi vuol dire che io vado dal medico e se ho fortuna trovo il medico empatico se ho sfortuna no.
Rispsota: ma l'importante che il medico sia bravo?
Quindi vuol dire che nella vostra testa ci son delle premesse che mi dicono che alla fine quello che
conta guarire/curare. Nelle malattie oncologiche pi che altro il curare.
E se il paziente non percepisce che quello che intende il medico cura?
Se ho due medici, A e B. Se A empatico e B no. Entrambi sono bravi medici. Ovviamente cosa
scelgo? Il medico bravo ed empatico. Ci sono degli accorgimenti nella comunicazione/nel rapporto
che possiamo imparare? S.
Quindi dal punto di vista delle competenze qualcosa si pu fare.
Il punto questo non c' solo l'aspetto della guarigione ma anche altri aspetti che sono quelli
comunicativi, che comprende anche lo stato in cui voglio far sentire la persona che ho di fronte.
Perch la relazione che ho con il paziente non sullo stesso piano. Si deve instaurare una relazione
di fiducia che influisce anche sull'efficacia della terapia e che pu far star meglio il paziente,
risponde meglio alle cure e fa quello che gli dite e lo fa perch si fida di voi.
Quali sono le competenze che possono stare sotto il grande cappello di empatia?
Sono le comunicative e anche le relazionali, quindi sapere come si svolge la comunicazione e
intervenire sul modo in cui comunichiamo e cos anche sapere come noi ci relazioniamo e
conoscere quali sono le nostre emozioni. Conoscere cosa provate molto utile per sapere cosa sta
provando il paziente. Non possiamo essere capaci di capire gli altri senza conoscere le nostre
emozioni prima.
Avere anche la competenza corporea fondamentale, un aspetto legato alla comunicazione. La
comunicazione formata da una sfera di comunicazione verbale e una non verbale. La non verbale
data dal corpo, dai gesti, dal tono della voce, dalla velocit del discorso, eccetera. Questo il 90%
del messaggio che passa. Il verbale il 10%. Quindi molte volte il paziente non capta il messaggio,
il discorso del medico. Molti si trovano davanti al medico che legge le analisi e sta in silenzio e il
paziente guarda e interpreta le facce del medico, cercando di capire. Figuratevi la reazione di un
paziente oncologico, che ha una malattia che fortemente associata alla morte, che fa paura.
Quindi avere delle competenze che ci insegnino a conoscerci a conoscere quello che comunichiamo
e come le emozioni influiscono sui nostri giudizi utile. C' un intreccio tra emozioni e conoscenze,
le vostre emozioni influiscono sulle conoscenze. Si attivano diverse zone del cervello in base alle
emozioni che stiamo provando. C' una forte connessione tra mente e corpo/natura, diversamente da
come veniva insegnato. Basti pensare ai neuroni specchio: osservando le emozioni che vediamo
negli altri, osservando un'azione che stanno facendo degli altri, si attivano gli stessi neuroni anche
in noi, i neuroni deputati a quella azione senza che essa venga eseguita.
Anche se fino ad oggi stato detto che le emozioni e corpo non sono stessa cosa, il punto che le
emozioni ci sono e quando fate i medici bene che le conosciate, quali sono le vostre paure, la

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vostra storia con i pazienti.


Quello che vi voglio raccontare oggi parte dalla parola ANAMNESI, che vuol dire ricordo (in
greco). Che cos' l'anamnesi nella vostra professione?
La storia clinica passata e recente del paziente.
E in quanto tempo si prende?
(chi risponde poco, chi molto . Comunque la professoressa vuol farci capire che, forse, viene
dedicato troppo poco tempo alla anamnesi)
Comunque tutto il vostro lavoro parte dal racconto di una storia e dal fatto che c' una persona che
ha bisogno di voi e deve raccontarvi la propria storia. Una storia che spesso non facile da
raccontare. Farsi raccontare la storia richiede essere in grado di ascoltare il paziente e non significa
farlo parlare a ruota libera ma indirizzarlo. L'ascolto significa anche competenza di interpretazione
di quello che ci dicono o che non ci dicono o che non ci vogliono dire o dei silenzi. Solo che il
problema da una parte il tempo. Per fare un'anamnesi spesso non ho tanto tempo.
Domanda: E se il paziente tira fuori delle cose che non voglio sapere o che non sono di mia
competenza?
Ci sono ovviamente delle tecniche di contenimento che dovete imparare. C' comunque un'ansia o
qualcosa sotto che il paziente ci dice per avere un'informazione in pi. Sono tutte informazioni che
devono essere raccolte ma ovviamente per cercare un colloquio di un altro tipo ci sono altre
tecniche di contenimento.
Nella definizione classica di anamnesi c' il raccolto di parole, storie ed eventi clinici che viene
fatto attraverso le parole, ma non solo, c' anche il non verbale. C' una persona che arriva e che
dice molto anche non con le parole, magari ha timore nei vostri confronti o magari per lui siete
idealizzati, anche un rischio essere troppo idealizzati. Ci comporta a voi un senso di potenza
straordinaria e se vi trovate davanti ad un paziente che non si pu curare, vi sentite in difficolt, in
un senso di impotenza e questo senso scaccia tutto l'aspetto emozionale per evitare di provare ci.
Il paziente non solo parole ma una storia fatta anche di ansie e aspettative che pu essere utile
anche per capirlo in un ideale processo di cura. Ad esempio anche sapere chi il vostro paziente e
chiamarlo per nome pu essere importante perch lo riconosciamo come persona. Quindi il racconto
entra nella vostra riflessione fin dal primo momento. Ecco perch da qui nata la medicina
narrativa. Cio quella medicina in cui la narrazione della storia di un paziente entra inesorabilmente
nel vostro studio. Quindi a voi richiesto di ascoltare e se siete professionisti riflessivi riuscite ad
ascoltare in modo diverso e cogliere segnali per lavorare meglio col paziente. Soprattutto con i
pazienti oncologici c' un rapporto importante perch si deve comunicare poi col paziente per dargli
la prognosi. In Italia c' un approccio pi familiare della comunicazione, diversamente dall'America
in cui il paziente in prima persona deve sapere tutto per legge.
Quando un paziente ci racconta e facciamo la sua anamnesi, non scriviamo semplicemente sulla
cartella ma in parte il lavoro interpretare e relazionarci con la persona che abbiamo davanti e
quindi anche integrare quello che ci dice.
La presa in carico di un paziente e della sua storia non la presa in carico solo della malattia,
molto pi grande. guarire la malattia ma anche curare il paziente. To cure e to care. C' lo
stereotipo del medico che cura e dell'infermiera che si prende cura del paziente. C' la tendenza a
separare il to heal e to care ma dovrebbero essere associati. Perch la sofferenza non solo fisica
ma anche psicologica e non solo del paziente ma anche della famiglia.
I pazienti devono trovare un contesto per questa sofferenza che stanno vivendo, devono trovare un
significato. Proprio perch altrimenti fanno fatica a tirarla fuori e quindi l'anamnesi serve a dare un

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significato riguardo a quello che sta vivendo la persona. E voi capite che davanti avete delle persone
che non sono solo dati da cartella clinica, non sono solo dati oggettivi (piastrine, TC etc.). Se io
prendo un farmaco perch mi cura la depressione ma non potrei prenderlo perch mi fa male al
cuore, io lo prendo questo farmaco perch mi cura la depressione e se non lo prendo, s, mi sta bene
il cuore ma poi mi si aggrava la depressione e faccio ben poco del fatto che il mio cuore stia
meglio. un discorso che spesso i medici fanno.
Spesso c' un' iperspecializzazione in tutti i contesti della vita, cos nella medicina. Se io faccio il
pap test e devo trovare il tumore e il tumore non c', magari non vedo che ho un'infiammazione
che pu essere curata con gli antibiotici. E, a me paziente, non viene detto che si potrebbe cercare
altro e poi questa stessa persona che ha sempre fatto i test e non mai stato trovato altro, quando
cerca di rimanere incinta e non va dalla sua ginecologa ma da una specialista in fertilit e fa esami
specifici e trova un'infiammazione cronica, non si spiega perch lei, pur avendo fatto controlli e pap
test per anni, non sapeva nulla. Allora la specialista spiega che il pap test va a cercare il tumore,
per spiega che l'infiammazione che va a ad influire sulla fertilit. Va bene non essere specialisti
in tutto per anche questa iperspecializzazione porta a trattare il paziente come un numero, come
una malattia. Difatti nei reparti si va a cercare di semplificare (quel pz aneurisma nel letto 2).
Voi sapete che non va bene questa modalit di esprimersi e quindi potreste adottare misure diverse,
ad esempio chiamando il pz per nome.
Gli studenti discutono sul fatto che possa essere giusto semplificare usando dei numeri tra
colleghi per non sbagliarsi ma concordano sul fatto che non si debba fare in presenza del pz.
Si pu comunicare col pz per mail e ora si usa molto per accelerare per si pu andare incontro a
problemi nella comunicazione. Per esempio, nel caso in cui riporto (il mio) in cui si pensa ci sia un
piccolo problema al cuore e il medico mi scrive controindicato sport. Un pz, se non ha gli
strumenti, fa fatica a capire innanzitutto la terminologia e dall'altra parte una persona spesso non sa
come interpretare e non sa se non pu fare le scale o non pu fare una nuotata.
Un altro esempio la comunicazione, sempre scritta, mi prenda un betabloccante la mattina. Io
non capisco che cos' un betabloccante e perch lo debba prendere. Il medico mi risponde dicendo
ma lo prendono tutti, toglie la tachicardia durante l'intervento. Io che non so che cos', se non mi
viene spiegato, preferisco non prendere il farmaco. Tutto ci via mail. Dopodich questo medico mi
ha ricevuto gratuitamente per due ore e allora ho capito che un buon medico. Per ci voluto
molto a capire che fosse un buon medico. Comunque rimane il fatto che non sa comunicare coi
pazienti.
Volevo concludere con questa intervista. L'altra volta vi ho letto un pezzettino di un libro di tre
medici. Questi medici hanno raccontato la loro storia da pazienti. Su questo libro stato fatto un
documentario da un giornalista Rai, il documentario si chiama Anamnesi medica e lo trovate sul
sito de La storia siamo noi. Sono state fatte delle interviste a questi medici malati di tumore. Vi
faccio vedere l'intervista del cardiochirurgo. Ha scritto l'ultima parte del libro prima di morire,
questa parte un decalogo che poi legger.
Visione intervista Alessandro Bartoccioni https://www.youtube.com/watch?v=FcqzISQhmQ4
Era molto forte. Vi leggo solo i dieci punti del decalogo, i dieci titoli.
Decalogo per una medicina diversa.
1. La riforma sanitaria dei medici ammalati, la riforma deve essere fatta da dei medici che
sono stati dall'altra parte.
2. La cultura del conforto, formazione e umanizzazione in medicina.
3. Medico di te stesso, l'educazione ad essere pazienti.
4. Formare i medici ma parlare anche dell'educazione ad essere pazienti, per facilitare il
rapporto coi medici e dare degli strumenti agli ammalati.

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5. La salute non un prodotto e tutta la polemica sul fatto che si parla di azienda sanitaria.
6. L'altra met del cielo, ossia il personale infermieristico che fa grossissima parte del lavoro.
7. Non dormi, mangi male, non sei pi te stesso, quindi il discorso delle strutture fatiscenti, che
in Italia non sempre ovunque uguale.
8. La medicina strillata, ovvero il danno che i mass media provocano alla pratica medica, gli
scandali, il clamore sui giornali.
9. La ricerca farmaceutica, sapete che le multinazionali hanno molti interessi. Ad esempio i
farmaci per i bambini, come quelli per alcune malattie come l'iperattivit. Conoscerete il
Ritalin che uno psicofarmaco, quando c' stata l'uscita del farmaco sono quintuplicate le
diagnosi.
10. Una questione di civilt, curare chi pu essere curato. Quindi poter morire non in atroci
sofferenze ma far s che la medicina mi permetta di morire con serenit, come se mi
addormentassi. Riporto quello che successo proprio 2 giorni fa a quella ragazza americana
che malata di tumore ha deciso di morire con una lucidit spaventosa prima che il tumore la
uccidesse. Difatti il discorso si ricollega all'intervista di Bartoccioni. Lui fa un discorso sul
concetto di malato terminale. Terminale, come dice lui, lo siamo tutti. Lui dice che andato
dal suo amico che stava bene poi partito per le vacanze e una volta tornato quello che era
morto era il suo amico. Quindi anche questo di terminale un concetto interessante.

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[Pedagogia oncologica 11/11/2014 ]

Oggi continuiamo a parlare di medicina palliativa.


Ci eravamo lasciati col discorso delle narrazioni, le persone malate che ci portano la loro
storia come libri che chiedono di essere letti.
La persona malata In Attesa di essere ascoltata, nel senso che aspetta che gli prestino
attenzione: il portale vivere la vita raccoglie le storie di molti pazienti, che sono state
prese da vari fumettisti che le hanno pubblicate sotto il titolo la vita in attesa.
C' la storia di una madre con un tumore al cervello in fase avanzata, e si racconta
soprattutto il momento della presa di coscienza dell'inevitabile e il discorso con cui lo
comunica alla figlia.
Possiamo trarre un insegnamento importante, che il tempo grossomodo uguale per tutti, e
conta l'uso che se ne fa.
In questa fase ci sono molti accompagnamenti psicoterapici e psicofarmacologici. Nella
fase iniziale paziente e famiglia sono sintonizzati sulle stesse emozioni, mentre quando
iniziano le fasi critiche sulle persone accudenti si sviluppano disturbi d'ansia.
Poi parla di una persona che ha sviluppato sordit in et adulta, la connessione da un
momento all'altro sei sbattuto fuori.
Per essere davvero persone che curano l'intera persona dobbiamo essere competenti di tutti
gli aspetti della persona; dobbiamo essere consapevoli del concetto dell'epistemologia
flessibile. Quando ci approcciamo a qualcosa la conosciamo per protocolli bsati sulle
nostre conoscenze. Quando ci si approccia al paziente invece, il protocollo dev'essere un
po' pi flessibile. Il contesto spesso fornisce una parte considerevole di significato!
Guardate prof e alunni; la nostra relazione in aula ha un significato, se ci incontriamo al
bar perch siamo amici la relazione cambia, ed data dal contesto.
Il cancro va visto dalla prospettiva della persona che lo sta vivendo, per contestualizzarlo.
Perch il cancro ha un significato nella nostra societ, mentre in una cultura dove la
medicina non quella tradizionale assume un significato diverso. Non possiamo imporci
con arroganza, ma dobbiamo cercare di inserirci nel contesto anche mediando.
Pi conosciamo il contesto, pi siamo facilitati nei nostri compiti.
Quello che abbiamo detto l'altra volta che nel momento in cui un paziente ci porta la sua
storia, una storia medica. Il nostro feedback per importante, sempre nell'ottica che
una pratica relazionale. Per bisogna sempre stare attenti a non invischiarsi e a non
lasciarci coinvolgere!
Possiamo di censurare quello che non vogliamo sentire, e di percepire solo ci che
vogliamo. Bisogna conoscerci bene, avere coscienza dei nostri vissuti.
In passato c'era il medico che doveva essere sempre freddo e distaccato, quest'ottica sta

167

[Pedagogia oncologica 11/11/2014 ]

2
cambiando perch impossibile essere sempre freddi e distaccati; anzi, i nostri sentimenti
sono altrettanto importanti di quelli del paziente.
Bisogna anche costruire un'alleanza terapeutica: un patto che possiamo e dobbiamo fare,
sono come le alleanze educative fra casa e scuola.
La medicina narrativa non una cura palliativa, non la panacea di tutti i mali, un
approccio diverso alla relazione col paziente. un momento terapeutico a s stante, ma il
paziente non deve neanche pensare che per natale mangerete il panettone insieme.
C' un documentario che si chiama come un palloncino, parla di una madre con una
diagnosticata lombosciatalgia che in realt una metastasi ossea. Questa signora va in un
hospice, e si vede che lei ci entra senza sapere cos', e ci sta dentro due mesi circondata da
persone che continuano a morire.
Bisogna fare attenzione al contesto di chi curato e di chi cura, e perci viene raccontata
una storia. Parla di un Jack, un giocatore di pallavolo di 28 anni, sposato, e comincia ad
avere un dolore molto forte alla schiena. Passa da vari medici sportivi, con massaggi
eccetera ma il dolore si fa lancinante e comincia a capire che forse c' qualcosa di pi e
bisogna procedere con analisi pi approfondite.
Gli stato diagnosticato un linfoma non hodgkin, seguito con chemioterapia ed
autotrapianto.
A un certo punto guarisce: l'oncologo dice all'inizio volevo curarti e farti guarire, ora
voglio tornare a farti giocare. Si allena, finch non riesce ad esser chiamato da una
squadra delle pi forti di quelle italiane, di serie A. lui si trasferisce a trento.
una testimonianza di coraggio, e forse dovuto al fatto che era uno sportivo. Ha fondato
un'associazione, per battersi per tutti quelli che sono malati, che sono nella sua stessa
situazione.
Tornando al colloqui basato sulle pratiche narrative, ci sono dei presupposti: non terapia,
non salvifico il colloquio, ma pu essere terapeutico(!!!). importante ascoltare la storia
senza giudicare, ma soprattutto mostrarsi interessati anche con la comunicazione non
verbale.
Un esempio, un'infermiera per una dermatite topica si limita a presentare la terapia ai
genitori di un bambino senza entrare in contatto con i genitori, diminuendo cos la
possibilit che aderissero alla terapia.

168

[PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE ONCOLOGICA 18/11/2014 PROF. DEMOZZI


GIULIA VITTORI ANTISARI]
Viene mostrato un video che riguarda i bambini, interessante per gli argomenti precedentemente trattati: [si vedono
alcuni bimbi che cercano di salire su uno sgabello troppo alto per loro, e non ce la fanno. Vengono intervistati da un
adulto come se si trovassero ad un colloquio di lavoro, con domande del tipo: ha portato un CV? oppure Cosa ne
pensa della crisi finanziaria?]
Ci sono delle situazioni in cui si tende a trattare i bambini come dei piccoli adulti. Pensate che sia giusto trattare un
bambino come un adulto? L'intervistatore una iena di Italia 1, ha fatto spesso servizi con interviste ai bambini, ed
stato appunto chiamato per fare questo video, che un video per denunciare il fatto che ci sono situazioni in cui si
trattano i bambini come se fossero adulti. Il video mostra come si comporta un bambino quando viene trattato in un
modo che non gli compete, e la cosa interessante che i bambini danno delle risposte, ci provano almeno, con la
creativit, perch le domande sono state poste da un adulto, e loro si sentono in dovere di rispondere. Per in alcune
situazioni (in cui gli si fanno domande sulla crisi finanziaria o gli si chiede di leggere alcune frasi scritte su un foglio) si
vede che la creativit arriva al limite e che loro in fondo sono ancora dei bambini; ci sono spesso situazioni, come nel
caso della malattia oncologica, in cui previsto spesso un lungo periodo di ospedalizzazione, in cui i bambini vengono
trattati come se fossero adulti.
Quando sono malati, i bambini si comportano in modo diverso l'uno dall'altro. Alcuni mostrano la loro rabbia e la loro
frustrazione, e sono quelli che vengono odiati dai medici, dagli infermieri e dagli altri genitori, ma sono quelli che poi
per vanno meglio, perch esprimono le emozioni e il loro dolore, emozioni che ritroviamo anche negli adulti quando
si ammalano. Ci sono alcuni bambini che invece regrediscono, cio si comportano come si comportavano quando erano
pi piccoli, ad esempio bimbi di qualche anno non hanno pi voglia di giocare, di fare nessun tipo di attivit, vorrebbero
solo dormire ed essere coccolati tra le braccia della madre, e questa un'altra reazione; poi ci sono bambini molto forti e
che si comportano bene, rispondono alle cure, fanno tutte le terapie, sorridono, reagiscono bene senza opporre
resistenza, danno loro agli altri la forza per star loro vicino, e questo rischioso, perch il bambino che si comporta da
piccolo adulto spesso e volentieri si comporta cos perch non vuol veder soffrire i genitori e i propri adulti di
riferimento.
Infatti, fino a sei anni i bambini non hanno pensiero razionale e logico ma hanno un pensiero magico, fantasioso e
creativo, e quando si ammalano di queste malattie anche gravi pensano che ci che sta succedendo sia una punizione
per aver fatto qualcosa di sbagliato, un qualcosa che collegano alla loro realt pi concreta, come ad esempio aver
risposto male alla madre o aver litigato col fratellino; dunque fanno riferimento alle loro esperienze, sono egocentrici a
livello cognitivo, la malattia una punizione e gli aghi usati da medici ed infermieri sono ad esempio strumenti di
tortura, e questi bambini per evitare che la punizione si aggravi si comportano bene. Questo, che il bambino costruisce
nella sua fantasia, molto rischioso come materiale emotivo, e se non lo si rassicura sul fatto che non colpa sua, che
ci che ha fatto non c'entra niente, allora questo sentimento pu andare avanti e portare a problemi psicologici.
Cosa si pu fare come adulti e come genitori, come personale medico sanitario per evitare ci? Si pu accompagnare i
bambini in questa esperienza della malattia oncologica, che nei 2/3 delle volte arriva alla guarigione (nel caso dei
bambini), ed accompagnarli vuol dire creare contesti per permettere loro di esprimere emozioni, come la paura, la
rabbia; e lo possiamo fare in che modo? Con la possibilit dello sfondo narrativo, la possibilit di dar loro un
contenitore, che pu essere un gioco, una storia, un racconto per poter vivere un esperienza magica, per rappresentarsi
la malattia nelle sue cose pi paurose e angosciose, facendolo con un pupazzo, operando ad esempio la bambola e il
pupazzo, queste cose simboliche servono a questi bambini per esprimere le emozioni e le proprie paure.
- Situazione accaduta alla pediatria del Rizzoli: in questi reparti spesso ci sono ricoverati bambini e giovani adulti a
causa di tumori alle ossa e ai muscoli, malattie pesanti che colpiscono frequentemente i pi giovani, nelle quali spesso si
riesce a pulire abbastanza bene con la chirurgia ma dove a volte si costretti ad amputare, e una ragazza (tirocinante) ha
raccontato una cosa terribile: una situazione in cui c' un bambino di cinque anni al quale deve essere amputata una
gamba, e i genitori hanno chiesto al medico di comunicarlo al bambino e hanno voluto rimanere fuori dalla stanza
una di quelle situazioni in cui gli adulti non sono stati in grado di assumersi la responsabilit e il ruolo, in questo caso
tragico, probabilmente per il dolore che li annienta; non hanno avuto un sostegno dalla famiglia, dagli amici, da altri
parenti, e probabilmente nemmeno il personale medico sanitario stato in grado di dare il sostegno alla famiglia; inoltre
il pensiero magico del bambino non il pensiero causale e razionale che abbiamo noi, non sa cosa vuol dire cosa gli sta
per accadere, non pu sapere che domani senza gamba non potr giocare a pallone. Sicuramente il medico avr valutato
che avere due genitori che si disperavano e piangevano a dirotto davanti al bambino non fosse opportuno; infatti l'adulto
che sta accanto al bambino malato ha la responsabilit di cercare di resistere di fronte al bambino, perch l'adulto di
riferimento.
I bambini hanno molta paura di perdere l'amore dei genitori, la loro paura principale quando sono piccoli, e un caso
come questo ci testimonia l'incapacit di tutto il sistema e anche l'incapacit di questi due genitori di prendersi carico e

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prendersi cura non solo della malattia ma anche dell'intero sistema famigliare che nel caso dell'infanzia ci chiede di
lavorare con la famiglia. Nel caso dei bambini per forza c' coinvolgimento dei genitori sotto il profilo legale ancora
prima che educativo, e questo evento davvero importante.
Ci si chiede cosa sia mancato dal punto di vista della comunicazione con quei genitori dal punto di vista del personale
medico sanitario. Il dolore li ha paralizzati talmente tanto che non sono riusciti a prendersi carico di questa
responsabilit.
[Domanda: come, cosa fare per aiutarli?
Risposta: a livello dei reparti, soprattutto di quello di pediatria, ci sono gli psicologi, ma magari ce n' uno solo,
prende appuntamenti molto lontani nel tempo, e in ogni caso ci sono certi bambini che ne hanno pi bisogno di altri,
per effettivamente c' qualcosa che manca, una mancanza strutturale di fondo che porta ad avere poche figure di quel
tipo, ed un lavoro di equipe che non pu essere fatto da soli. ]
Dove ci sono associazioni grosse dentro ai padiglioni (es. oncoematologia pediatrica) come l'Ageop, che hanno tanti
volontari che faranno il lavoro dello psicologo, ci sono molte di queste figure; per a volte basta semplicemente una
presenza, una figura per il bambino, che passi un po' di tempo con lui e lo ascolti. La professoressa si occupa di
pedagogia per adulti e bambini, e un discorso di questo tipo andrebbe fatto ed approfondito in una specializzazione o
nell'integrato di pediatria ma non c', quindi stato fatto giusto un accenno per capire alcune cose ed approcciarsi
all'argomento.

Anamnesi
Nei primi colloqui col paziente in cui si cerca di capire qualcosa sulla sua storia, importante conoscerlo e ascoltarlo,
importante all'interno di un colloquio di questo tipo, che ha un approccio particolare, riuscire a far emergere dal
paziente cosa pensa su ci che ha, sul suo problema; anche se far le sue ipotesi strampalate, anche se le sue
affermazioni non avranno nulla di scientifico, bisogna pensare che il colloquio tra medico e paziente sia un colloquio tra
due esperti: il medico l'esperto nella pratica, il paziente esperto del suo malessere, e se non glielo riusciamo far
esprimere, possibile perdere elementi importanti per strada.
importante fare emergere le ipotesi che il paziente ci porta, ci lo fa sentire ascoltato e ci pu aiutare con elementi che
potrebbero non emergere con le domande normali. Questo pu aiutarci a capire che significato specifico rispetto al
disturbo che ci sta presentano il paziente potrebbero avere le sue sensazioni; a volte faticoso, per il paziente, usare
parole degli addetti ai lavori e cercare di fare capire cosa prova complicato. Se il paziente riesce a collegare le cose
che ha provato con le cose che gli sono successe, probabilmente questo aiuter di pi il medico, ad esempio ricordare
che un certo dolore al petto venuto fuori in seguito ad un colpo di tosse: come comunicazione che sia anche una
comunicazione che ascolta, da parte del medico, importante sapere fare le domande, non sono solo le domande che
vanno fatte di default, ma anche domande che permettano al paziente di formulare una risposta e noi dobbiamo
riprendere le risposte del paziente in modo tale da parafrasarle: "quindi lei mi sta dicendo che..." ? In una sorta di
riflessione, di specchio.
Questo serve per verificare se noi lo abbiamo capito, e per vedere anche se il paziente ha capito che si fatto capire, e in
caso lo aiutiamo in quello che sta cercando di dirci. La conoscenza narrativa che esce da un colloquio di questo tipo
una co-narrazione, si co-costruisce insieme; oltre a queste domande di riflessione, a specchio, ci sono domande anche
che fanno riflettere, che possono aiutare a ragionare sul problema.
Ad esempio, per cominciare a vedere come il paziente vivrebbe una certa diagnosi o terapia, bisogna sondare il terreno
per capire come eventualmente comunicare un certo tipo di diagnosi o di terapia, se ad esempio un certo tipo di paziente
possiamo prenderlo con le battute, oppure se magari un altro paziente ha bisogno di comprensione, una pacca sulla
spalla e un sorrido ad esempio.
importante chieder loro: cosa accadrebbe se ...? Ad esempio, se lei dovesse essere ricoverato in ospedale per due
settimane, cosa succederebbe?
E la risposta ci permette di capire qualcosa di meglio del paziente circa le sue abitudini, il suo mnage famigliare.
molto importante inoltre utilizzare espressioni empatiche.
Inoltre, mentre si sta ascoltando il paziente, importante guardarlo negli occhi, non guardare il cellulare o il computer,
perch lui penser che non lo stiamo ascoltando, bisogna ascoltarlo, guardarlo negli occhi, fare qualche sorriso,
prendere qualche appunto, ecc ecc.
Dopodich, oltre ad essere medici, quindi oltre a dover curare e guarire, abbiamo anche un impegno educativo, perch
nel momento in cui si comunica una terapia, una procedura, si danno informazioni su ci che si fa o si far, si sta
facendo educazione. La persona che abbiamo davanti dipende da noi, dipende da queste comunicazioni, cerca di fidarsi
di noi, stiamo stringendo un patto di alleanza terapeutica di cui noi abbiamo il comando, per cui i nostri atteggiamenti
sono tutti a titolo educativo. Per cui affinare queste strategie di educazione fa vedere a un paziente che qualcuno sta
facendo con lui della educazione, significa dimostrare di aver cura.
In tutto questo processo di comunicazione basato sulla narrazione, nel senso di medicina narrativa, fondamentale che
il paziente si senta attivo in questo processo di co-costruzione, anche lui ha un potere, non uguale al nostro, ma

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evidente che una terapia, un processo di cura, dipende molto anche da come si comporter il paziente e da cosa
decider, quindi bisogna cercare di coinvolgerlo il pi possibile.
anche importante mettere sul piatto il fatto che questa conoscenza la si sta costruendo insieme. Ad esempio, nel
caso della malattia non guaribile, in questo caso specifico si fanno delle deleghe ai protocolli, si ascolta il paziente che
non ce la fa pi con quella terapia, ci importante, ognuno ha la sua storia, c' chi vuole lottare fino alla fine e provarle
tutte, e invece c' anche chi vuole fare una vacanza con la famiglia e risparmiarsi la terapia, perch ad esempio mal
tollerata, e questo fa fare delle deleghe ai protocolli, ci significa dare potere anche al paziente.
Non si pu come medici non essere neutrali, bisogna certamente dire cos' il protocollo, ma non dobbiamo rischiare di
imporre un giudizio, anche di valore, che molto delicato, si deve cercare di mantenersi neutrali, e far sentire ai pazienti
che abbiamo ascoltato le loro storie e le loro necessit.
Un esempio adeguato quello di Brittany, la ragazza che ha deciso di morire, la quale fa, nel periodo prima di morire,
cose che non aveva mai fatto: ad esempio, andare nel Gran Canyon con famiglia e marito, cosa che era mai riuscita ad
organizzare fino a quel momento, un sogno nel cassetto; quando si viene a conoscenza che la malattia talmente
debilitante che alla fine non si avranno pi momenti di coscienza, allora l la scelta di viversi bene i momenti prima, e
in quella situazione lei ha avuto il potere, si trasferita in uno stato che le permetteva di fare ci, girava con le sue
medicine nella borsa e le prendeva, e lei diceva proprio che queste medicine le davano felicit e serenit. Ormai quando
non c' pi niente da guarire, la morte diventa di vitale importanza, c' l'appuntamento con la morte, e integrarlo e dargli
un senso di vitale importanza per il tempo che manca.

Esempio di colloquio
Ricordiamo i tre approcci che si possono avere all'interno di un colloquio, l'approccio patient-centred, il biomedico e il
narrativo. In questo colloquio sono presenti tutti questi tre approcci.
Il colloquio di seguito riportato avviene in una medicina generale, in un ambulatorio, siamo per in USA, ci sono anche
le infermiere che possono fare i colloqui, quindi in questo colloquio troviamo un'infermiera e un giovane uomo;
vediamo quali tra le risposte dell'infermiera sono narrative, quali biomediche e quali patient-centred:
Pz: Ho avuto mal di gola.
Inf: Mi racconti.
Pz: Mi stupisco di quanto doloroso possa essere. Mi chiedo come mai?
Inf: Non usuale per lei?
Pz: Non cos, sono preoccupato del fatto che il dolore sia durato cos a lungo...
Inf: Non inusuale, ma se la prima volta pu essere rimasto un po' scioccato. Ha qualche preoccupazione particolare
riguardo a questo mal di gola?
Pz: Forse sto diventando un po' ipocondriaco, ma ho sentito dire che problemi al cuore possono dare mal di gola.
Inf: i suoi sintomi sembrano diversi: ma c' qualcos'altro che la fa preoccupare per il suo cuore?
Pz: a parte la gola non mi fa male nulla...
Inf: c' qualche altra ragione che la fa preoccupare per lo stato di salute del suo cuore?
Pz: Si, mio padre ha avuto un sacco di problemi al cuore ed morto di infarto l'anno scorso, aveva solo 49 anni.
Inf: mi dispiace molto. Ma quali effetti crede che questo evento abbia avuto su di lei?
Pz: mi ha fatto credere che la stessa cosa accadr a me.
Inf: ci sono cose che possono aiutarla a capire se anche lei ha questo problema!
Pz: io non ci ho mai pensato e a dir la verit non sono venuto qui per questo motivo...
Inf: ma ora noi non dobbiamo preoccuparci del mal di gola...
Pz: ad essere onesti non sono sicuro di volerlo fare, se l'infarto nei miei geni non lo voglio sapere.
Inf: questo un dilemma interessante. Se lei fosse al mio posto, lei non proverebbe a proporre esami come il
colesterolo, o li rimanderebbe?
Pz: questa una domanda interessante, io credo che il suo lavoro sia quello di persuadere le persone a tenere sotto
controllo il colesterolo.
Inf: no, il mio lavoro quello di offrire questa possibilit, il suo lavoro invece decidere se farlo o meno.
Pz: credo che per me sia il caso di ripensarci...
Inf: e io sar felice di aiutarla.
Pz: ma nel frattempo cosa pu fare per il mio mal di gola?
Inf: posso darle rassicurazioni e informazioni: probabilmente i gargarismi con acqua salata aiuteranno, e il mal di
gola se ne andr da solo entro pochi giorni.
pz: bene! siccome la mia preoccupazione principale era il cuore, e se lei abbastanza sicura che non sia questo...
Inf: sono sicura, davvero.
Pz: allora quando potrebbe prendere appuntamento per mettere a posto anche... le altre cose?
Inf: potrebbe essere tra due settimane...
Pz: va bene!
Analisi degli approcci utilizzati:

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Biomedico: l'infermiera analizza il disturbo del paziente, cio il mal di gola, e sulla base di ci che successo
al padre comincia a porre le basi per uno screening del rischio cardiovascolare.
Patien-centred: inizia con una domanda aperta "mi racconti", effettua interventi di legittimazione, usa
espressioni empatiche come "mi dispiace", ed interventi di supporto come "sono felice di poterla aiutare".
Medicina narrativa: esplora le differenze e le connessioni, cio il mal di gola comune ma tu lo percepisci in
modo diverso, e io ne prendo atto. Fa emergere le ipotesi del paziente, le sue credenze, ossa il fatto che morte
del padre sia collegata al suo mal di gola, cos viene fuori che il paziente terrorizzato dal fatto che gli possa
accadere la stessa cosa. Utilizza domande circolari che si basano sul feedback e hanno multiple possibilit.
un approccio un po' diverso: i discorsi sulle credenze del paziente non sono fantascientifiche, molti lo pensano
davvero. Dal punto di vista del paziente gioca un titolo significativo, accresce paura e ansia , e gli fa credere le
cose in maniera molto diversa rispetto a chi sa le cose.
Soprattutto nell'oncologia, il caso in cui ci si richiede di confrontarci con la fine della vita: la morte e il dolore si
sommano, noi ci incapperemo in tutti i giorni, ci abitueremo, per si vive in una societ dove si muore ovunque e in
tante situazioni, non solo di guerra e di fame, e introdurre la morte e malattia all'interno delle nostre storie ci permette di
dare un senso a cose che, se le tagliamo fuori, sono solo fantasie terrificanti.
Dobbiamo infatti fare i conti con l'immaginario della morte e della malattia, ad esempio ogni volta che un paziente
muore. E anche a livello sociale, se ci fosse una alfabetizzazione per le frustrazioni, le difficolt e i dolori, e non solo
una per il piacere e per il lusso sfrenato, probabilmente si riuscirebbe ad affrontare queste tematiche grosse ed
emotivamente destabilizzanti in maniera pi consapevole, faremmo meno fatica noi come medici ad approcciarci a
queste tematiche, nel dover comunicare alcune cose, nel dover essere iper-attenti.
La nostra una societ che ha medicalizzato la morte, forse i nonni dei nostri genitori sono morti e anche nati in casa,
ora si muore dentro alle strutture, in ospedale. Tutto viene riportato all'interno di questi corridoi asettici, di questi
ambienti un po' cos, si tengono lontani i bambini, tutto tab, e ci ci rende difficile lavorarci, per forza coloro che
vengono da fuori si spaventeranno sempre di pi, ci che non si conosce infatti fa paura.
Persone che sono state malate o hanno visto un caro morire raccontano che questa esperienza li ha cambiati del tutto, li
ha portati ad avere un approccio completamente diverso. E a questo proposito c' un

Video:
The TED conference: sono delle conferenze che si fanno anche in Italia, in cui diverse persone come intellettuali,
scienziati o chiunque abbia da dire qualcosa, presentano le loro storie. Una molto breve: la storia di Stacey Kramer.
https://www.youtube.com/watch?v=PKbet4RdSo4
Bisogna tirare fuori il discorso della resilienza: un aggettivo, un termine che viene dalla fisica, che si applica a
materiali che se subiscono un urto non si spezzano, riescono a recuperare la loro forma originaria questo concetto
viene ripreso nelle scienze sociali e umane per fare riferimento a quelle persone che subiscono eventi terribili e non
cadono nella depressione ma reagiscono, ritornano alla loro vita precedente, non si sono spezzati. Ci sono testimonianze
di resilienza in donne che hanno vissuto nei campi di concentramento, che raccontano nei loro diari di momenti e attimi
di felicit, e ci sono racconti di persone malate che esprimono emozioni ed arrivano a trovare nella loro malattia un
dono. Noi non possiamo contare sulla resilienza del paziente, nel senso che se me lo viene a dire il paziente stesso che
per lui/lei la malattia stato un dono lo accolgo, ma noi non abbiamo nessun diritto a dire che chi si ammala resiliente
e la malattia un dono.
il contesto di legami e interazioni, il sistema che c' intorno a quella persona insieme alle caratteristiche, non quelle
biologiche, della persona che rendono quella persona resiliente. C' probabilmente un contesto, bisogna sempre dare
uno sguardo al contesto. Ci che possiamo fare creare contesti di valorizzazione dei legami proprio per aiutare a
lavorare in questa direzione.
la medicina narrativa, oltre ad essere narrativa, cio la narrazione, la costruzione della storia al momento della
diagnosi, caratterizzata anche da esperimenti ed esperienze di scrittura autobiografica, in cui si racconta la propria
esperienza di malattia, che sono utilizzate sia nella formazione del personale sanitario medico, e quindi si fanno
laboratori in cui si lavora su questo medici e infermieri scrivono sulle proprie esperienze di malattia. Sono momenti
questi della scrittura che permettono alle persone di prendere in mano la situazione e rivivere ci che stato. Pu essere
anche utile come strumento da utilizzare sia per i medici, che cos fanno i conti con la morte ed elaborano questi
pensieri, che per i pazienti stessi, e molte esperienze si sono fatte in caso di malati terminali. Non ci sono regole,
qualsiasi cosa va bene, si pu scrivere sotto forma di una lettera a qualcuno, anche alla malattia, come si pu esprimerla
come un disegno, una poesia, una canzone (cfr. disegno come terapia psicologica nei bambini).
Pu aiutarci.
Non la terapia, ovviamente, per un qualcosa di complementare che pu avere un valore terapeutico, pu aiutarci ad
elaborare le emozioni, sia come medici che come pazienti, e a capire ci che stiamo vivendo. Lo si fatto soprattutto in
quelle persone che avevano prognosi non buone, non di guarigione. La morte di vitale importanza: una strategia o una
strada pu essere anche quella di permettere loro di dare qualcosa ancora di s per accomiatarsi dalla loro esistenza,
oppure per lasciare qualcosa agli altri. Infatti, uno dei dolori pi grandi delle persone che muoiono quella di lasciare

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gli altri, le persone amate, che sono magari ancora dipendenti da noi, come i figli o i genitori anziani.
C' anche l'esperto di scrittura che lavora in questi laboratori e scrive per quelle persone che non ci riescono pi.
Non che una persona debba scrivere per forza come si sente quando sta arrivando la fine, pu ovviamente farlo se
questa persona ha bisogno di esprimerlo, ma pu essere semplicemente un ricordare, una lettera alla malattia, un
qualcosa che aiuti queste persone a dare un senso o un cercare di dire cose ai propri cari se non si riesce a dirle di
persona.
Due letture di queste scritture terminali:
Mery: non lasciare che questa cosa ti sconfigga : io non ho paura. ( l'esperto di scrittura che scrive) Ho
raccolto molte affermazioni simili, alcune possono essere totalmente vere, altre sono minacciate dai pazienti
per vedere se si sentono a loro agio dicendolo e se possono convivere con la fine, altre possono essere una
maschera per nascondere emozioni molto diverse. Non mio compito indagare ci che vuol dire questa
affermazione, e qualsiasi sia la risposta individuale sembra essere utile per il paziente poter lavorare sulla
propria autopresentazione, orale e scritta, e nella quale possa dichiarare io sono ancora e questo ci sono
io.
Giovane donna malata di cancro alla mammella che scrive una lettera al suo cancro.
Cii sono vari altri esercizi che possono essere fatti, alcuni basati sul ricordo, oppure si possono dare alcuni testi, alcuni
spunti come Io sono ancora..., oppure far scrivere un elenco di cose che rendono il paziente ansioso e non lo fanno
dormire, ci pu aiutare a tirare fuori e dare un nome alle emozioni: perch sto cos? Perch ho questo senso di? Oppure
pu essere utile raccontare ci che si bede dalla finestra della propria stanza, raccontare cose della propria vita alle
generazioni future ... Ecc ecc. Oppure fare esercizi evocativi: interessante scrivere riguardo a cose che ho smarrito
nella mia vita o persone che ho perso, per lavorare con le perdite concentrandomi su oggetti transazionali, per
cominciare appunto a lavorare sulla perdita.
Si possono fare anche esercizi critici di analisi, vedere quali sono le cose che abbiamo scritto o raccontato, termini
ricorrenti che utilizziamo, e analizzarle anche da un altro punto di vista per quanto riguarda dare un racconto alla
morte, viene mostrato un ultimo video di una donna che racconta la malattia del marito, sempre da una TED conference.
https://www.youtube.com/watch?v=r_qYQXRVP0k

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Pedagogia generale e sociale oncologica, 25/11/14, prof. DEMOZZI


Massimiliano Macacchi
Date appelli oncologia medica:
1 sessione: 20 gennaio e 10 febbraio, ore 9, padiglione 30, secondo piano aula Barbieri.
2 sessione: 9 giugno e 7 luglio, ore 9.
3 sessione: 15 e 29 settembre.
esame scritto a crocette.

Come comunicare la diagnosi.


Cominciamo con un video tratto dal film La forza della mente, parla di una prof. dinglese che si ammala di tumore al
cervello, questa la scena della comunicazione della diagnosi. Cosi vediamo quello che non dobbiamo fare.
(video)
Avete qualche impressione riguardo al video? Una diagnosi si comunica cosi?
studente: no, troppo diretto e sbrigativo, distaccato, non pone attenzione allimpatto emotivo della diagnosi, si
concentra solo nel descrivere quella che la malattia.
prof: molto efficiente nel descrivere la malattia, forse la paziente difficile da empatizzare secondo voi?
studente: no, il dottore che non lascia spazio alla paziente di reagire.
C questa cosa dellinterruzione, che viene spesso vista come strategia negativa nella comunicazione della diagnosi.
Lasciare la possibilit di esprimere le proprie perplessit alla paziente ci pu stare, anche lo sviare il discorso, perch il
paziente ci sta portando su un piano dove ci sentiamo di non riuscire a stare, questa una strategia di difesa, bene
essere in grado di avere gli strumenti per sostare in quel piano e cercare di capire cosa sta cercando di dirci il paziente.
Credo sia fondamentale cercare di capire quali sono le aspettative del paziente, ci sono storie diverse, aspettative
diverse per ogni paziente che ci troviamo davanti, ci sar quello che ha bisogno di una comunicazione da protocollo, ci
sar quello che ha pi bisogno di capire cosa comporta la malattia per la gestione della vita familiare, ed es. una madre
con figli piccoli, quindi anche cercare di capire che cosa si aspetta dal patto terapeutico che stiamo facendo
fondamentale nel momento della comunicazione della diagnosi.
La comunicazione della diagnosi non una trasmissione dinformazioni tra due persone ma una cosa che si fa
insieme, comunicare ha varie radici tra cui communis: le mura comuni, che delimitano un contesto in cui siamo
insieme in questo momento nella comunicazione data dal passaggio di informazioni sui contenuti e sulla relazione che
abbiamo, infatti ci comunichiamo non solo contenuti ma anche che io sono il medico e tu il paziente, che io ho un ruolo
e tu un altro.
Oltre alla comunicazione, c una parte che vedremo brevemente: limmaginario legato alle malattie, che nel paziente.
possibile che troviate una strategia comunicativa efficace perch avete intercettato questo bisogno di far fronte
allimmaginario negativo che il paziente ha riguardo alla patologia, facendo questo poi pi facile portare avanti tutta
la comunicazione.
Alcune delle aspettative che i pazienti hanno:
si aspettano di non essere commiserati, la commiserazione molto diversa dalla empatia e dalla compassione
e non vogliono essere giudicati es. fare la ramanzina sulle sigarette ad un paziente tabagista con diagnosi di
tumore al polmone, questo pi un discorso da medicina preventiva. Un giudizio su come si comportato non
deve essere espresso in termini valutativi, perch voi siete in una posizione up, una posizione di
autorevolezza che gi stata riconosciuta dal paziente, e quindi un giudizio negativo facile che faccia
diventare la comunicazione pi complessa.
Cercare di considerare il paziente che si ha davanti come una persona, ad es. imparando il nome, e non
considerarlo come un caso clinico, questo magari pu essere accettato tra colleghi per discutere il caso e per
comodit, di questo c forse pi rischio negli ospedali universitari dove il medico porta in giro gli
specializzandi e gli studenti.
I pazienti non si aspettano solo la competenza tecnica, per questo che siamo qui a parlare di competenza
relazionale.
Si aspetta di essere ragionevolmente informato, non vuole n il silenzio troppo prolungato, ad es. davanti alla
cartella o ad un immagine, perch fa molto preoccupare, n leccessivo medichese a cui spesso si ricorre
quando ad es. si parla di una cosa terribile, in modo che se non riesco a gestire la cosa spero che il pz. non
capisca fino in fondo.
Non sentirsi abbandonato, ma assistito, questo non significa non fare da balia, quando si malati le difese si
abbassano e una delle aspettative pi grandi di essere presi in carico, in cura, non sentirsi abbandonati.

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Ci sono alcune parole chiave che vi voglio dare, dal punto di vista della comunicazione, ma soprattutto dal punto di
vista del rapporto con il paziente, che sono:
fiducia, dovete costruire un patto di alleanza terapeutica, questo si costruisce quando c fiducia, voi siete
competenti sulla tecnica, la cura, il paziente competente su quello che il suo stato danimo, paure,
aspettative.
Limitazione nella relazione, voi vedete il paziente in orari, contesti e luoghi precisi, le durate dei vostri incontri
pi o meno sono decise, il paziente non pu aspettarsi da voi cose che si aspetterebbe da un amico o da un
parente, voi siete su un livello che deve rimanere tale, il vostro ruolo up, dovete mantenere una giusta
distanza, ricordandosi che non si pu creare aspettative che vanno oltre il vostro ruolo professionale. Vi
capiter di affezionarvi ma dovete capire il limite oltre il quale non vostro compito andare. Il vostro rapporto
pi professionale che personale, quindi cercate di mantenere il Lei, cercate di mantenere una distanza che
segna il vostro ruolo.
Neutralit, cercare di essere neutrali, dovete comunicare le scelte terapeutiche, protocolli ecc., per dovete
anche rispettare la persona, quindi quando comunicate la cosa non che date un giudizio di valore riguardo la
scelta.
Comunicate in modo non neutrale da un punto di vista empatico, cercate di essere accoglienti, ma da un punto
di vista dei contenuti dovete essere neutrali.
Intimit, cosa c di pi intimo che entrare nello spazio corporeo di una persona? Normalmente si mantengono
certe distanze tra le persone a seconda di quella che la relazione.
Nel caso della cura questo scardinato, perch la violazione dello spazio intimo di fatto necessaria, quindi
dovete sempre considerare che violate lo spazio intimo dellaltro, ma voi dovete fare questo, entrando nella sua
intimit viene chiesta competenza relazione e comunicativa, delicatezza. Voi guardate un corpo, un organo ma
il paziente vi sta portando la sua identit. La violazione di questo spazio in altre situazioni sarebbe violenza,
abuso. Dovete entrare con delicatezza, anche dal punto di vista del tocco sul paziente, dellapproccio. Quindi
sapendo che un paradosso fare questa violazione, la fate con molta delicatezza e molto rispetto.
il rito, la ritualizzazione, voi avete dei gesti diagnostici, terapeutici, che danno significato alla relazione tra voi
e il paziente, sono gesti che vi caratterizzano e creano significato, il fatto che il paziente ritrovi sempre questi
gesti una conferma che d sicurezza, da un certo punto di vista vedendoli ripetuti se li aspetta, soprattutto gli
anziani.
Dissimulazione onesta espressione di Torquato Accetto, scrittore del 1600, io me la immagino questa dissimulazione
onesta come un esercizio di equilibrismo difficilissimo, dissimulare la speranza della cura e anche dissimulare il dolore
relativo alla brutta notizia, perch nessuno contento di dare brutte notizie, a meno che non siate sadici.
Obbligo di ottenere il consenso informato, il paziente o chi ne ha la responsabilit nel caso dei minori va informato
rispetto alliter delle terapie e delle cure, quindi si pu dissimulare fino ad un certo punto, c questo diritto del paziente
di conoscere la diagnosi e obbligo del medico di comunicarla.
Per quanto possa essere dura la diagnosi dobbiamo trovare le modalit comunicative che non aggiungano dolore al
dolore, comunicare con la gradualit necessaria usando un linguaggio che non si fonda solo sul medichese e
chiaramente non dare false speranze.
Anche nel caso di malattie che si sa non essere guaribili, c comunque anche li una dissimulazione, della serie
facciamo questa terapia e poi vediamo in base ai risultati come proseguire, quindi un procedere pi graduale rispetto
al solo non c niente da fare. chiaro che vi potreste trovare davanti al paziente che vi chieda quanto gli resta, a
questa domanda se viene fatta bisogna cercare di rispondere.
I parenti fanno parte dellalleanza terapeutica, non il caso di escluderli completamente, il patto tra medico e paziente
si estende ai familiari.
A chi?
Il paziente dovrebbe essere linterlocutore diretto e privilegiato, eccezione: i minori, da una certa et li coinvolgiamo,
prima non riescono nemmeno a rappresentarsi quello che gli sta succedendo quindi non gli va comunicato. A volte per
i familiari intervengono e chiedono di dissimulare la verit e lottimismo.
Bisogna tenere in considerazione la persona con cui stiamo parlando, quali sono le esigenze, c chi se la sente da solo,
come la donna del video, lei linterlocutore privilegiato, non ce ne sono altri, porta avanti la cosa da sola,
diversamente magari da quello che pu accadere in et senile dove sopraggiungono maggiormente anche disturbi
dansia, di depressione.
In una famiglia su tre c qualcuno che si ammalato di cancro, non cosi ovvio per un non medico, una malattia che
pi coinvolge tutta la famiglia, per cui chiaro che la comunicazione deve essere data al paziente, ma forse mai come in
questo caso va tenuto in considerazione ci che dicono i familiari.

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A volte i familiari vorrebbero comunicarlo loro a tempo debito, sarebbe meglio secondo me che ci siano sia i familiari
che il medico alla comunicazione, non so come potrebbe essere gestita una comunicazione solo dai familiari.
Chi comunica?
Probabilmente nessuno meglio del medico pu comunicare la diagnosi, perch sa rispondere alle domande, sa cosa
devono sapere il paziente, o meglio sa cosa quel paziente deve sapere, nel caso in cui siamo riusciti a capire la sua
storia. Dal momento della diagnosi riuscir a costruire quel rapporto di fiducia indispensabile. Poi magari qualcosa sar
detto al paziente, qualcosaltro ai familiari nel caso in cui si sia deciso che il paziente non debba sapere tutto.
Come?
Non esistono manuali, lobiettivo cercare di capire prima della comunicazione quali sono le modalit migliori per
comunicare con il paziente che ci ritroviamo davanti, a partire dai primi incontri anamnestici e diagnostici. Pi dei
contenuti conta il linguaggio non verbale, quindi poniamoci con un atteggiamento empatico, con un viso e un corpo non
in chiusura, mettiamo il telefono da parte e cerchiamo di ritagliarci uno spazio solo per noi, cercare di capire quali
parole usare, parole pi tecniche o pi semplici, se ha bisogno di sapere subito tutto liter di terapia o ha bisogno di
andare passo a passo.
Una parola importante empatia, non che o sei empatico o non lo sei, c anche la possibilit di allenarsi ad avere un
atteggiamento empatico, questo non vuol dire che dovete provare tutte le volte quello che prova il paziente altrimenti ne
finite risucchiati, il paziente non vi chiede di soffrire con lui, questo rientra nelle limitazioni, empatia diverso da dire
provo la stessa cosa che stai provando tu, la definizione di mettersi nei panni degli altri anche se corretta non
possibile, a volte non siamo in grado di stare nei nostri di panni.
Empatia un approssimarsi a quello che stanno provando gli altri, cercare di comprendere quello che stanno provando,
voi non potete stare male tutte le volte, altrimenti finite in terapia.
Latteggiamento con cui vi ponete non un recitare, un essere in atteggiamento aperto e accogliente verso una
persona che sta soffrendo, umano provare compassione, ascolto e comprensione, questo vuol dire che nel tempo che
siete con lui gli dedicate il vostro tempo, la vostra esperienza, ascolto, attenzione, non in maniera sbrigativa con una
comunicazione non verbale che sta a significare che non ve ne frega niente, ma con una comunicazione verbale che sta
ad indicare che siete presenti.
Ricordate che c un limite: la vostra professionalit non vi chiede di soffrire.
Saper ascoltare conservando la giusta distanza emotiva, serve al paziente che cosi non si crea false attese e a voi per
proteggere il vostro ruolo e la vostra professionalit.
A volte credo siano state riprese in video le comunicazioni di diagnosi, e si visto come il non verbale delle infermiere
fosse molto pi aperto rispetto a quello dei medici, i quali magari erano pi concentrati su quello che era da dire.
Quando e quanto?
Il paziente vorrebbe sapere la diagnosi appena esce da una TAC o da una RM. comunque utile dare la diagnosi il
prima possibile per iniziare liter terapeutico.
Se la diagnosi infausta il medico pu anche non esprimersi con assoluta certezza sullesito delle terapie, possibile
che si parli di una terapia ma senza dire guardi signora lo stiamo facendo per il protocollo, ma tanto tra un anno lei
morir quindi si pu anche non assolutizzare con certezza di non farcela, e magari farlo accettare un po alla volta,
perch una notizia cosi richiede del tempo per essere metabolizzata, usando delle comunicazioni graduali.
Spesso sinstaura tra pazienti e parenti il gioco del fingiamo che tu sappia che io non so.. spesso succede questo, che
il paziente sa che sta per morire, ma finge di non saperlo e i parenti pensano che lui non lo sappia, per non farsi stare
male a vicenda.
Comportamenti rigidi verso lammalato e la sua famiglia, per difendere le angosce che abbiamo noi, fanno in modo che
poi poniamo la diagnosi con eccessivo distacco, oppure addirittura con aggressivit, questo evidente che inibisce il
coinvolgimento emotivo nostro e del paziente, che avrebbe bisogno di esprimere le proprie angosce e paure, a voi
medici che gli potete dare le risposte.
importante lavorare molto sul non verbale, comunicare con accoglienza, un mi dispiace un momento di
condivisione.
Quando una diagnosi comunicata bene?
Quando siete riusciti ad instaurare un patto di alleanza terapeutica, una relazione in cui il paziente non ha paura di fare
le sue domande e il medico non ha fastidio nel rispondere, anzi lo fa con empatia e accoglienza.
Empatia: cercare di avvicinarsi, non soffriamo come sta soffrendo laltro perch impossibile e sarebbe
controproducente, significa anche dire mi dispiace, essere umanamente e veramente dispiaciuto, cercare di aiutare chi
veramente sta soffrendo.
Quando andrete a lavorare cercate di ricordarvi cosa vi spinge e quali sono le vostre motivazioni a curare.

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Immaginario
La malattia unesperienza che ci debilita sia dal punto di vista fisico che psicologico e comporta anche a volte
lincombere di miti, fantasie e vissuti che i pz hanno.
Per quanto riguarda le neoplasie, gi i termini rimandano a qualcosa di molto negativo: tumore, ad esempio, deriva
dal termine massa e pu essere benigno o maligno una parola che incute meno timore rispetto al termine cancro,
che deriva da granchio e indica sempre un tumore maligno, ma questo la gente non sempre lo sa, per leffetto della
parola comunque peggiore.
Le parole, quindi sono molto importanti, nel caso delle neoplasie soprattutto, perch il nome richiama subito i concetti
di sofferenza e morte. importante capire che quando siamo di fronte a questo tipo di diagnosi, abbiamo a che fare con
questo immaginario negativo di mostruosit, sofferenza, incurabilit, morte, che non aiuta.
E quindi molto importante tener presente che se noi sappiamo le differenze tra tumore e cancro non sempre i pz le
conoscono, anzi, c molta confusione, tumore e cancro vengono utilizzati come sinonimi e quindi bisogna scegliere
bene le parole.
C un libro che sintitola Di cosa parliamo quando parliamo di cancro che parla proprio di questi argomenti, cio di
cosa la parola cancro rappresenta nel pensiero comune.
Quando un malato non guaribile, bisogna considerare alcuni aspetti importanti, come ad esempio importante per il
medico accettare la morte, perch nemmeno il miglior medico del mondo ha mai dato leternit a nessuno.
Siamo esseri finiti, con una finitudine, e questo probabilmente ci che d senso alla vita, ci comporteremmo
diversamente se sapessimo di essere qua per sempre.
La cosa importante non soffrire con il pz, perch se anche voi lo accompagnate alla morte, voi gli sopravvivete, non
potete sostituirvi a lui e dovete fare i conti con questo.
Bisogna poi considerare anche che la morte un concetto tab, in casa si muore sempre meno, si muore lontano dagli
occhi della maggior parte delle persone, in ospedale.
meglio non parlarne perch c una sorta di rispetto e di decoro, ma questo porta anche a una totale fobia della morte,
che controproducente sia per noi che dobbiamo lavoraci, sia per la societ, specialmente quella occidentale, in cui le
nuove tecniche hanno indotto il concetto di invincibilit, hanno spostato sempre pi avanti il limite (allinizio del secolo
scorso era tanto arrivare a 40 anni!).
Nelle cure palliative si parla molto di aiutare il pz a trovare un senso anche nella fine.
Il medico un lavoro che non si riesce a fare da soli, caricandosi di tutto il peso e di tutte le sofferenze. Ci sono
situazioni in cui difficile avere il giusto distacco rispetto alla situazione che ci sta capitando, in cui per qualche motivo
non si riesce a non essere coinvolti, come ad esempio fare un lavoro su un bambino e non riuscire perch si immagina il
proprio figlio, e in questi casi non si deve temere di chiedere laiuto di un collega e farsi da parte. E umano, non
strano, nel nostro lavoro ci sono tantissime aspettative e responsabilit ed fondamentale che anche senza vergogna
siamo in grado di chiedere aiuto e di costruirci momenti di condivisione e riflessione sulle nostre esperienze.
Vi lascio con un video (https://www.youtube.com/watch?v=hgk9ksoyjWw) e una lettura Lultima lezione, la vita
spiegata da un uomo che muore, dove un professore di Pittsburgh descrive il comportamento negativo del medico che
gli ha comunicato la notizia della sua morte.

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