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L’encefalo
LOBI CEREBRALI
La corteccia cerebrale per aumentare la superficie di connessione si ripiega formando
circumvoluzioni e solchi. Alcuni di questi sono molto profondi e sono caratteristici della
struttura della corteccia: la suddividono in lobi, che non sono una mera suddivisione
anatomica, ma presentano una correlazione con le funzioni del cervello.
LIQUOR E VENTRICOLI
Tutto il SNC è immerso in un liquido, chiamato liquor o liquido cefalorachidiano, ha
funzione di protezione e di sostengo, perché il cervello letteralmente ci galleggia
dentro riducendo il suo peso a soli 25 gr.
Il liquor si trova nello spazio sub-aracnoideo, quindi tra aracnoide e pia madre, più nei
ventricoli, che sono aree vuote all’interno dell’encefalo. Essi sono uno per emisfero
(forami di Monro), che si congiungono in un terzo collegato poi ad un quarto tramite
l’acquedotto di Silvio, da qui attraverso i forami di Lushka e Magendie si riversa nella
cisterna magna e poi continua nello spazio sub aracnoideo e nel canale del midollo.
Il liquido cefalorachidiano circola con movimenti dinamici propri ma ritmati dall’attività
cardiaca.
All’interno dei ventricoli ci sono delle strutture deputate alla produzione di liquido
cefalorachidiano, chiamati plessi corioidei. Questi producono giornaliermente 800 mL
di liquor, che viene costantemente riassorbito nelle granulazioni di Pacchioni, il volume
totale di liquido cefalorachidiano è 125 mL.
E’ possibile prelevare una certa quantità di liquor per condurre analisi biochimiche,
questa procedura chiamata rachicentesi viene effettuata per sicurezza tramite una
puntura tra la 4° e la 5° vertebra lombare, in quanto il midollo si arresta alla 2°
vertebra.
CERVELLETTO
Il cervelletto è una parte del sistema nervoso centrale; è posto in posizione dorsale
rispetto al tronco encefalico, con il quale è collegato tramite 3 coppie di peduncoli:
• peduncoli cerebellari superiori (che lo collegano con il mesencefalo)
• peduncolo cerebellari medi (i più voluminosi, che lo collegano con il ponte)
• peduncoli cerebellari inferiori (che lo collegano con il bulbo)
Viene quindi ad essere separato dal tronco dal quarto ventricolo cerebrale. Si trova
collocato nella fossa endocranica posteriore. La parte superiore viene in rapporto con
il tentorio del cervelletto, che lo separa dagli emisferi cerebrali, mentre la porzione
inferiore con le fosse dell'osso occipitale. Il volume cerebellare costituisce il 10% del
volume totale dell'encefalo ma contiene più della metà dei neuroni cerebrali.
Macroscopicamente possiamo riconoscere una porzione centrale, il verme, e due
emisferi cerebellari di destra e di sinistra.
Organizzazione filogenetica
Lobo flocculonodulare, archicerebellum
equilibrio, posizione del capo, movimenti oculari
Lobo anteriore, paleocerebellum
tono, postura
Lobo posteriore, neocerebellum
coordinazione e pianificazione del movimento, apprendimento motorio
NERVI CRANICI
I nervi cranici, o nervi encefalici, sono un gruppo di nervi che invece di avere origine
dal midollo spinale, partono direttamente dal tronco encefalico. Nell'anatomia umana
ci sono dodici paia di nervi cranici pari (destri e sinistri), numerati dall'alto verso il
basso con numeri romani:
1. nervo olfattivo (I)
2. nervo ottico (II)
3. nervo oculomotore (III)
4. nervo trocleare (IV)
5. nervo trigemino (V)
6. nervo abducente (VI)
7. nervo faciale (VII)
8. nervo vestibolococleare (VIII)
9. nervo glossofaringeo (IX)
10.nervo vago (X)
11.nervo accessorio (XI)
12.nervo ipoglosso (XII)
Hanno le stesse caratteristiche dei nervi spinali in quanto presentano fibre motrici e
fibre sensitive, viscerali e somatiche. La differenza sta nel fatto che i nervi encefalici
possono avere anche solo una di queste caratteristiche, mentre i nervi spinali sono
nervi misti.
Il nervo olfattivo (I) è di tipo esclusivamente sensitivo, la sua funzione è quella di
recepire gli stimoli olfattivi che giungono nelle cavità nasali e trasportarli all'encefalo
sotto forma di impulsi elettrici.
Il nervo ottico (II) è il nervo che trasmette le informazioni visive dalla retina al
cervello. E’ un nervo cranico infatti le fibre sono ricoperte dalla mielina prodotta dagli
oligodendrociti, e il nervo ottico è avvolto nelle meningi (dura madre, aracnoide, pia
madre) e poco dopo essere entrato nella cavità cranica, attraverso il foro ottico, le
fibre si incrociano parzialmente nel chiasma ottico. Tecnicamente, assieme al nervo
olfattivo, non sono nervi ma una continuazione del sistema nervoso centrale.
I nervi oculomotore, trocleare e abducente (III, IV, VI) si occupano del
movimento degl i occhi.
Il nervo trigemino (V) ha 2 componenti: una sensitiva e una motrice. La componente
sensitiva raccoglie stimoli riguardanti la sensibilità esterocettiva e propriocettiva di
testa, faccia e meningi. La componente motrice innerva ad esempio muscoli
masticatori e il muscolo tensore del timpano. Si divide in 3 branche: orbitale,
massetere e mandibolare.
Il nervo faciale (VII) comprende due distinti nervi: il nervo faciale propriamente detto
ed il nervo intermedio (del Wrisberg). Il primo contiene fibre motrici somatiche per i
muscoli mimici ed altri derivati del secondo arco branchiale, il secondo invece
comprende fibre sensitive somatiche e viscerali.
Il nervo vestibolo-cocleare (VIII) è nervo sensitivo, trasmette le informazioni
codificate a livello dell'orecchio: ha un ramo cocleare che porta le sensazioni uditive, e
un ramo vestibolare che porta sensazioni relative all’equilibrio.
Il nervo glossofaringeo (IX) ha una componente parasimpatica con cui controlla le
ghiandole salivari non controllate dal settimo nervo cranico (nervo facciale). Innerva il
terzo arco branchiale e i suoi derivati. Trasmettono le sensazioni del gusto tramite la
loro componente sensitiva e con la componente motoria innervano la lingua e la
faringe.
Il nervo vago (X) parte dal midollo allungato e si porta verso il basso nel torace e
nell'addome. I 2 nervi vaghi destro e sinistro sono tra i più importanti del corpo nonché
il più lunghi ed i più ramificati tra i nervi cranici. Esso controlla tutta la muscolatura
liscia non controllata dai nervi oculomotore, facciale e glossofaringeo e dai nervi
spinali. In particolare innerva cuore, polmoni, intestino, stomaco.
Il nervo accessorio (XI) innerva 2 muscoli deputati al movimento di collo e spalla: lo
sternocleidomastoideo e il trapezio.
Il nervo ipoglosso (XII) è esclusivamente motore e innerva muscoli del collo e la
lingua.
MIDOLLO
I microtubuli sono composti da 13 filamenti di subunità alfa e beta, più altre proteine
come MAP e tau, disposte a formare un cilindro cavo. Sono organizzate
longitudinalmente negli assoni ma disordinatamente nel pericarion, servono al
movimento delle vescicole all'interno del neurone. I neurofilamenti sono costituiti da
subunità a bastoncello, non si trovano nei dendriti ma sono abbondanti nei grossi
assoni. I microfilamenti sono nient'altro che i filamenti di actina, sono piuttosto
dispersi, ma aiutano a mantenere l'organizzazione immediatamente sottostante la
membrana plasmatica, e la morfologia “fine” della membrana dei terminali
presinaptici e delle spine dendritiche. L'actina è essenziale nei di coni di
accrescimento cioè nella formazione di nuovi prolungamenti citoplasmatici (sprouting).
La proteina Tau favorisce la polimerizzazione dei microtubuli, è abbondante
nell'assone ma assente nei dendriti. Mutazioni in questa proteina causano demenza
fronto-temporale. Si ipotizza un suo coinvolgimento anche nella malattia di Alzheimer,
in quanto i paired helical filaments, che costituiscono i neurofibrillary tangles tipici
della malattia, sono formati da proteina Tau.
TRASPORTO ASSONALE
VESCICOLE SINAPTICHE
RECETTORI
1° gruppo
Recettori composti da subunità multiple che costituiscono canali ionici i quali per
azione del neurotrasmettitore vanno incontro a modifiche conformazionali che ne
facilitano l’apertura. Azione molto rapida
2° gruppo
Recettori che hanno un dominio con attività di guanil-ciclasi e che generano cGMP
quando attivati dal neurotrasmettitore .
3° gruppo
Recettori che hanno intrinseca attività chinasica e che si autofosforilano quando
attivati dal neurotrasmettitore dando luogo successivamente ad una catena di reazioni
metaboliche.
4° gruppo
Recettori la cui azione è mediata da una G protein.
GLIA
POTENZIALE D'AZIONE
Esiste un particolare equilibrio di concentrazioni ioniche tra l'interno e l'esterno della
cellula. Questo causa una differenza di potenziale, o potenziale di riposo, che
solitamente è di 50-70 mV, questa è dovuta alla presenza di grossi anioni organici
(proteine e amminoacidi), che non sono capaci di attraversare la membrana, buona
permeabilità a K e Cl e non al Na, pompa Na/K, che trasporta Na all'esterno e K
all'interno.
Quindi alla fine il citosol risulta ricco di proteine (negative) e potassio, mentre al di
fuori c'è molto Na e un lieve eccesso di Cl.
Rispetto al potenziale di riposo, possiamo calcolare il potenziale di equilibrio di ogni
ione che è +50 per il Na, -70 per Cl e -90 per K, quindi il sodio è molto spinto a
spostarsi attraverso la membrana a differenza del cloro, che è praticamente immobile.
Il potenziale d'azione consiste in una repentina inversione del potenziale di
membrana, a causa dell'apertura di canali ionici che lasciano passare liberamente gli
ioni positivi dall'esterno verso l'interno della membrana.
Tali canali possono essere aperti da stimoli chimico/metabolici o anche stimoli elettrici,
per cui un'apertura localizzata dei canali, comporta un'inversione del potenziale
altrettanto localizzata, ma la diffusione degli ioni immediatamente sotto la membrana,
causa l'apertura di altri canali nei dintorni, e un'ulteriore entrata di ioni, a catena. In
questo modo la depolarizzazione della membrana cammina lungo la membrana, in
una ondata che una volta innescata, non può più fermarsi. Poiché poi la parte di
membrana appena depolarizzata non può farlo nuovamente, e siccome l'impulso inizia
sempre nei dendriti, anche se il flusso di corrente tenta di diffondersi in tutte le
direzioni, l'impulso può viaggiare solo verso la parte di membrana ancora non-
depolarizzata e quindi sempre dai dendriti verso l'assone.
A causa del meccanismo intrinseco che sfrutta, il potenziale d'azione infatti costituisce
un fenomeno del tipo tutto-o-nulla, quindi esiste una soglia di potenziale, oltre la quale
la depolarizzazione locale è capace di causare un'entrata di ioni tale da poter
innescare l'ondata.
Quando gli assoni sono mielinizzati la corrente non può propagarsi dove c’è il
rivestimento di mielina e salta al successivo nodo di Ranvier (conduzione saltatoria)
che non è rivestito, facendo progredire l'impulso con una velocità molto maggiore.
DEMENZA
MALATTIA DI ALZHEIMER
E' una malattia progressiva divisa in 3 fasi: la fase iniziale dura 2-4 anni e mostra solo
sintomi lievi riguardanti la memoria, segue poi una fase intermedia di altri 2-10 anni in
cui i sintomi aumentano e peggiorano fino ad arrivare a una fase avanzata di 1-3 anni
in cui il paziente è allettato, alimentato artificialmente, ha un pannolone, è
completamente dipendente.
Prevalenza 4% dopo i 60 anni; 30-40% dopo gli 85 anni; >85 raddoppia ogni 5 anni.
Incidenza (n° di nuovi casi / anno) // Prevalenza (casi totali / popolazione)
L'Alzheimer è la forma di demenza più comune, la malattia neurodegenerativa più
frequente.
Le donne sono più colpite, il loro rischio aumenta esponenzialmente con l'età.
Tra i fattori di rischio individuati ci sono genotipo e4 dell'APO-E (per la forma ad
esordio tardivo), bassa scolarità, storia familiare, malattia coronarica, traumi cranici.
Esistono fattori genetici accertati per alcune forme.
La forma ad esordio precoce (<65 anni) ha trasmissione autosomica dominante e
costituisce il 5-10% dei casi di Alzheimer. Tra i geni probabilmente responsabili ci sono
la presenilina 1 e 2 (coinvolti nel catabolismo dell'amiloide) e APP (precursore
dell'amiloide che si accumula nei pazienti). Per quella ad esordio tardivo c'è una certa
clusterizzazione familiare ma nessuna chiara ereditarietà.
Interessante notare come le persone affette da sindrome di Down, dopo i 30 anni
sviluppano Alzheimer nel 90% dei casi, e il fatto che il gene APP si trova sul
cromosoma 21.
VIA PIRAMIDALE
PARALISI CENTRALE
SISTEMA EXTRAPIRAMIDALE
COREA DI HUNTINGTON
PATOGENESI
È una malattia rara, con prevalenza di circa 3 - 7 casi per 100.000 abitanti con
discendenza europea occidentale e 1 per 1.000.000 con discendenza asiatica,
trasmessa con modalità autosomica dominante a penetranza completa.
La malattia è causata dalla degenerazione dei neuroni striatali GABAergici, con morte
prima dei neuroni D2 che proiettano al globo pallido esterno (via indiretta), e poi del
neuroni D1 che proiettano a globo pallido interno / substantia nigra (via diretta).
Il ruolo di questi neuroni GABAergici era di inibire gli stimoli al movimento provenienti
dalla corteccia, per cui la loro assenza causa una sindrome ipercinetica.
Tutti i pazienti affetti dal morbo di Huntington presentano una mutazione del gene per
l'Htt, situato come detto sul braccio corto del cromosoma 4. Il gene normale presenta
una sequenza trinucleotidica ripetitiva CAG ripetuta da 11 a oltre 34 volte.
Il numero delle ripetizioni negli affetti è aumentato e la malattia è tanto più precoce
quanto maggiore è il numero delle ripetizioni. Esiste una soglia più o meno precisa nel
numero di triplette oltre la quale gli individui manifestano la malattia.
10-26 ripetizioni sono considerate wt.
27-35 intermedi pre-mutati
36-41 penetranza ridotta
>42 penetranza completa
La sequenza ripetuta è instabile, per cui durante la replicazione del DNA può
amplificarsi ulteriormente o contrarsi.
Se questa l'amplificazione avviene durante la spermatogenesi il nascituro con l'allele
mutato svilupperà prima la malattia. Quindi l'instabilità germinale è all'origine del
fenomeno dell'anticipazione della malattia, che si verifica se trasmessa da parte
paterna.
L'huntingtina è una proteina di 3140 Aa e 67 esoni. E' espressa in tessuti sia neurali
che non neurali, ma le espansioni di triplette causano sofferenza soprattutto nei
neuroni.
E' una proteina citoplasmatica e non ha omologia con proteine precedentemente
caratterizzate. L'unico indizio è la presenza di un dominio HEAT per l'interazione
proteina-proteina a valle delle ripetizioni.
Infatti l'Htt sembra interagire con proteine coinvolte in endocitosi mediata da clatrina,
apoptosi, trasporto vescicolare, signaling, morfogenesi.
La Htt wild-type è anche anti-apoptotica e favorisce la produzione del BDNF.
In un lavoro del 2004 pubblicato su Cell, gli studi condotti hanno mostrato un importante
coinvolgimento della Htt nel meccanismo di trasporto vesciloare assonico. Essa fungerebbe da
acceleratore del complesso della Dineina, e la sua mutazione va a limitare se non annullare
questo effetto propulsivo, sebbene non sia stato possibile comprendere a fondo come l'elevato
numero di Glutammine incida su questa deficienza. Ciò che invece sembra certo è il composto
proteico maggiormente incisivo sulla neurodegenrazione, ossia il BDNF (Brain Derived Neuronic
Factor). Questo, prodotto dalla corteccia cerebrale, è un composto che mantiene in vita i
neuroni evitandone l'apoptosi. Il suo trasferimento dalla corteccia alla zona dello striatum per
esempio, non può che avvenire tramite il trasporto assonico, perciò se intercorre una
mutazione dell'Htt, tale fattore non arriva a destinazione e causa in breve tempo sia accumulo
di materiale proteico che conseguente morte cellulare.
La substantia nigra è composta da soli 400 mila neuroni. Normalmente si perde l'1% di
questi all'anno, mentre chi è affetto da Parkinson ne perde il 6-7%. La sintomatologia
si sviluppa solo quando si sono persi il 60% dei neuroni.
Quindi il principale fattore di rischio è l'invecchiamento, o l'allungamento della vita
media.
La deplezione è selettiva per i neuroni dopaminergici, e si è visto che anche se la
substantia nigra è la zona del cervello che è evidentemente più colpita, c'è perdita
neuronale anche nei nuclei caudato, putamen e pallido.
La diagnosi può essere certa solo per via anatomopatologica, in cui si riscontra questa
perdita neuronale con annessa depigmentazione della substantia nigra e la presenza
di corpi di lewy.
Il corpi di lewy sono il gold standard per la diagnosi di parkinson anche se esiste un
tipo di parkinson genetico che non li presenta, e un tipo di demenza diverso dal
parkinson che li ha. I corpi di lewy sono inclusioni citoplasmatiche con centro eosinofilo
ed alone più chiaro.
La tomoscintigrafia con farmaci DAT permette di evidenziare la perdita selettiva di
neuroni dopaminergici nel cervello, per cui ci aiuta nella diagnosi di parkinsonismo (e
non della malattia di parkinson).
Nei gangli della base lo striato rappresenta la stazione di ingresso del segnale (dalla
corteccia motoria), GP interno e SN pars reticularis rappresentano le stazioni di uscita
del segnale (a talamo e corteccia motoria)
La funzione dei gangli della base è di controllo sull’attività di talamo e corteccia
motoria
La degenerazione della SN pars compacta provoca aumentato output al talamo dei
nuclei della base e conseguente aumento dell’inibizione talamo-corticale
Il tremore è dovuto ad un’attività ritmica di cellule talamo-corticali.
In sintesi la substantia nigra esercita un ruolo inibitorio sui gangli della base, per cui la
degenerazione di questa parte comporta un aumento dell'attività dei nuclei e poiché
l'attività di questi è ritmica, si nota il tremore ritmico.
La triade dei sintomi cardine della malattia è costituita da: tremore, rigidità ed
acinesia, con variabile gravità.
L'acinesia (o ipocinesia) è la complessiva riduzione della motilità volontaria ed
involontaria, e di regola si associa a lentezza dei movimenti (bradicinesia).
Scompaiono i movimenti automatici come l'ammiccamento, la deglutizione,
gesticolazione, mimica facciale.
Il tremore è tipicamente "a riposo" scompare durante i movimenti volontari, è assente
durante il sonno. Nelle fasi iniziali è localizzato soprattutto alle mani e alle dita.
La rigidità è un segno caratteristico e costante e a volte costituisce per lungo tempo il
solo segno di malattia. Si apprezza aumentata resistenza al movimento passivo.
Per eseguire movimenti il paziente necessita di molta concentrazione e tipicamente la
gestualità e la mimica sono molto scarse. La mimica facciale è scarsa, l'espressione
impassibile. La deambulazione è tipicamente a piccoli passi, strisciati.
Nelle fasi ultime della malattia ci sono anche disturbi psichici e declino cognitivo.
TERAPIA
FATTORI AMBIENTALI
Esistono altre forme di Parkinsonismo che non sono la malattia di Parkinson la mimano
e possono aiutarci a comprendere il meccanismo della malattia.
Il parkinsonismo da manganese è uno di questi e si manifesta in seguito a
intossicazione da manganese, ad esempio in lavoratori esposti in miniere, saldatori,
batterie, insetticidi. Alla RMI si riscontra una iperintensità dei nuclei pallidi.
Il meccanismo patogenetico ipotizzato è quello di una incrementata auto-ossidazione
della levo-dopa.
I fattori di rischio per il parkinson sono tali e tanti che è difficilissimo orientarsi fra essi
e capire in che modo contribuiscano: agenti infettivi, trauma cranico, erbicidi,
pesticidi, metalli, solventi, campi magnetici, alcune professioni... Il fumo sembra
invece avere un effetto protettivo.
L’invecchiamento è il principale fattore di rischio
Agenti virali potrebbero essere causa di parkinsonismo
Il manganese può causare parkinsonismo atipico
L’ambiente rurale potrebbe essere un fattore di rischio
Gli idrocarburi potrebbero essere un fattore di rischio
Il fumo potrebbe avere un effetto protettivo
Tossine mitocondriali possono indurre parkinsonismo
FATTORI GENETICI
Lo studio di fattori genetici ha permesso di individuare 13 loci PARK su 8 geni in totale.
Però il parkinson è ritenuto a causa monogenica solo nel 5% dei casi, c'è clustering
familiare nel 15%, mentre è considerato sporadico nel restante 80% dei casi.
Comunque, alcuni di questi geni causano un parkinson tipico, altri un parkinson
aggressivo, altri uno giovanile (povero Marty McFly).
I geni PARK 3,5,8,13 causano un parkinson tipico a trasmissione autosomica
dominante, ma penetranza incompleta. L'esordio è intorno ai 60, sono presenti corpi di
Lewy e i pazienti hanno buona risposta alla levo-dopa.
I geni PARK 1,4 causano un parkinson aggressivo, trasmissione autosomica dominante
e penetranza completa. Esordio verso i 50, anche qui ci sono corpi di Lewy e risposta a
levo-dopa, ma il decorso è più rapido e porta anche demenza.
I geni PARK 2,6,7 causano un parkinson giovanile, la trasmissione è autosomica
recessiva, esordio prima dei 50, progressione lenta, buona risposta a levo-dopa, ma
presenta numerosi altri sintomi psichiatrici aggiuntivi.
Siccome questi geni hanno anche una penetranza molto alta, significa che il
meccanismo di morte neuronale deve essere legato intrinsecamente al difetto
genetico.
I meccanismi principali sono disfunzione del sistema ubiquitina-proteasoma, e
disfunzioni mitocondriali con stress ossidativo e apoptosi.
Questi dati sembrano indicare che lo stress da radicali liberi e da accumulo di proteine
che tendono all’aggregazione potrebbe spiegare la morte di neuroni di per sé
vulnerabili a questi fattori anche nell’anziano normale.
SISTEMA UBIQUITINA-PROTEASOMA
Riguardo le disfunzioni del sistema ubiquitina-proteasoma, la proteina alfa-sinucleina è
di fondamentale importanza. Infatti i Lewy-bodies e le inclusioni citoplasmatiche gliali
sono costituite da alfa-sinucleina. Il locus PARK-1 comprende il gene codificante per
l'alfa-sinucleina, mentre PARK-4 è correlato alla sua iper-produzione. L'alfa-sinucleina
ha una struttura prevalentemente di alfa-eliche, ma fattori ambientali come stress
ossidativo, interazioni con altre proteine possono farla cambiare in struttura a beta-
sheet, causandone l'aggregazione nelle inclusioni.
Le mutazioni nel gene PARK-1 (alfa-sinucleina) causano:
aumentata tendenza all’aggregazione e alla formazione di fibrille
favoriscono la depolarizzazione mitocondriale
favoriscono l’attivazione dell’apoptosi
inibiscono l’attività del proteasoma e i meccanismi di autofagia
PARK 2 invece è una E3-ligasi.
Esistono numerosi tipi di atassie genetiche. Alcune hanno causa metabolica, altre sono
associate a difetti nel riparo del DNA, altre ancora sono degenerative collegate a
folding e degradazione delle proteine, altre sono canalopatie.
Le atassie a trasmissione autosomica recessiva hanno insorgenza prima dei 20 anni,
ma non è una regola assoluta. E comunque anche le atassie a trasmissione
autosomica dominante, X-linked e matrilineare hanno esordio prima dei 20 anni.
ATASSIA DI FRIEDREICH (friidraichh)
L'atassia di Friedreich FRDA è una atassia genetica ad insorgenza infanto-giovanile,
solitamente pubertà, è la più frequente tra quelle genetiche, prevalenza 1:50000
portatori 1:100. Colpisce anche il sistema piramidale e il secondo motoneurone. Nella
sua patogenesi sembra implicata la deficienza di una proteina, la fratassina, che
avrebbe il compito di smaltire i metaboliti di rifiuto dei processi energetici all'interno
del mitocondrio: triplette GAA nel primo introne impediscono l'adeguato
"srotolamento" del DNA che favorisce la sintesi della fratassina e che infatti è
deficitaria. Maggiore è il numero di queste minore è l'esordio, l'espansione della
tripletta è più frequente nella mdare. Anche mutazioni non-senso e missenso sono
state descritte.
Siccome il problema è all'interno del mitocondrio, può essere classificata come atassia
mitocondriale.
I neuroni del cervelletto sono soprattutto neuroni di Purkinje. L'etanolo è
selettivamente tossico per questi neuroni, infatti quando ci si ubriaca si va incontro ad
una atassia acuta: l'ubriaco ha difficoltà di equilibrio, parlato e coordinazione dei
movimenti.
ATASSIA-TELEANGIECTASIA
E' una atassia causata da mutazioni nel gene ATM (ataxia-teleangiectasia mutated)
che è coinvolto nella riparazione del DNA.
La perdita di neuroni di Purkinje nel cervelletto e in altri distretti neuronali è molto
precoce, tant'è che l'atassia si instaura già entro i 3 anni. Quelli neuronali sono solo
una parte dei sintomi perché la perdita di ATM comporta gravi squilibri nel controllo
del ciclo cellulare e nella stabilità genomica.
ARSACS
Autosomal recessive spastic ataxia charlevoix-saguenay
Il gene SACS è quello responsabile, codifica per la sacsina, che è una chaperone.
ICTUS
CIRCOLAZIONE CEREBRALE
Una TAC al cranio basta per fare diagnosi di ictus. Si nota una zona densa bianca che
rappresenta un versamento di globuli rossi, oppure una zona ipodensa, che
rappresenta necrosi o edema. Talvolta si nota una zona ipodensa con al centro una
densa che rappresenta la necrosi da infarto con sanguinamento.
L'ischemia consiste essenzialmente in una ridotta perfusione cerebrale, che vuol dire
meno glucosio e O2 a disposizione per il cervello.
L'ischemia può essere focale nel caso di trombi, traumi ed emorragie, o globale in
caso di infarto o ipotensione.
Il core ischemico rappresenta la zona di massimo danno, priva di circolazione
collaterale e perciò totalmente senza nutrimento. Qui il danno è marcato e le cellule
muoiono per necrosi in seguito all'incapacità di mantenere l'omeostasi osmotica.
La zona di penombra ischemica, invece, possiede una irrorazione residua, ha un danno
limitato ed è possibile migliorarne il recupero con terapia neuroprotettiva. Qui i
neuroni più sofferenti a causa di ROS, citochine infiammatorie, danno genotossico
innescano il processo di apoptosi, che sappiamo è possibile bloccare se trattato in
tempo.
Esistono anche fenomeni a metà strada tra necrosi ed apoptosi indicati col nome di
“necroptosi”.
RADICALI LIBERI
Oltretutto quando il tessuto colpito viene riperfuso si crea ulteriore danno per
produzione di radicali liberi
La ripresa del metabolismo mitocondriale, l'attività della NOS, della PL-A2, e
l'ossidazione della xantina in ipoxantina (xantinossidasi), sono tutti sorgenti di ROS,
che causano perossidazione lipica, ossidazione di proteine e DNA, attivazione MAPK
attivazione metalloproteinasi di matrice.
I radicali più importanti:
Reactive Oxygen Species (ROS)
anione superossido (O2¯· )
radicale idrossilico (·OH)
perossido di idrogeno (H2O2)
perossidi lipidici
NO· reagisce con O2¯· e forma ONOO- che provoca perossidazione dei lipidi e
nitrosilazione delle proteine
Molti enzimi possono produrre ROS. L’anione superossido (O2¯· ) si converte in H2O2,
che è più stabile, spontaneamente o tramite la superossido dismutasi (SOD). H2O2 è
decomposta in H2O ed O2 dalla catalasi o dalla perossidasi. ·OH è generato tramite la
reazione di Fenton
I neuroni sono più suscettibili ai ROS per una serie di motivi: elevato contenuto in
lipidi, substrato per la perossidazione, elevato contenuto in Ferro, soprattutto in
substantia nigra, che favorisce la reazione di Fenton, elevata attività metabolica
mitocondriale, metabolismo della levo-dopa e bassi libelli di antiossidanti.
Le difese dai ROS sono ovviamente SOD e catalasi che da un lato producono ROS, ma
dall'altro, in ultima analisi, favoriscono la trasformazione di questi in H2O e O2.
Glutatione e glutatione perossidasi, il cui ruolo è appunto quello di contrastare l'effetto
dei ROS, e infine antiossidanti come Acido ascorbico, vit E e flavonoidi.
STRATEGIE NEUROPROTETTIVE
Servono ad impedire la morte apoptotica dei neuroni nella zona di penombra
ischemica e limitare il danno al minimo.
Si può prima di tutto somministrare trombolitici però entro 3 ore in quanto solo entro
questo tempo si evitano i danni da riperfusione che abbiamo descritto.
Altre strategie applicate solo in modelli animali sono:
Poi si possono utilizzare anti-ossidanti per limitare i danni dei ROS.
Si possono somministrare antagonisti dell'NMDA ed AMPA/KA in modo da contrastare
l'eccitotossicità da glutammato.
Somministrazione di anti-apoptotici.
MIASTENIA GRAVIS
SCLEROSI MULTIPLA
REPERTI DIAGNOSTICI
A livello macroscopico:
La patologia mostra rottura della BEE, infiammazione multifocale, e placche, cioè aree
di demielinizzazione, che si presentano come aree di sostanza bianca di colore diverso
in corpo calloso, cervelletto e midollo spinale, spesso in vicinanza di una piccola vena.
A livello microscopico:
L'infiammazione è causata da presenza di linfociti T e B e macrofagi oltre la BEE.
La demielinizzazione è causata sia dalla distruzione attiva delle guaine mieliniche (da
parte dei macrofagi) e deficit di oligodendrociti, per cui è assente la produzione di
mielina de novo.
I disturbi neuronali sono causati dalla perdita assonale probabilmente dovuta
all'infiammazione e perdita del rivestimento di mielina.
La sclerosi ossia le cicatrici sono causate da proliferazione astrocitaria e produzione di
fibre gliali per rimpiazzare le zone di necrosi.
DECORSO CLINICO
Il decorso clinico è caratterizzato da una progressiva disfunzione neurologica
progressiva.
85% forma recidivante-remittente (relapsing-remitting): è caratterizzata da
episodi di distrubi neuronali isolati e diversi che si risolvono spontaneamente, i
sintomi sono dovuti alla formazione di placche che poi scompaiono quando la
placca si risolve. Le ricadute ci sono in media ogni 2 anni, i primi episodi non
causano deficit permanente, ma il soggetto guarisce via via meno bene ad ogni
recidiva fino al recupero incompleto.
Dopo circa 25 anni di malattia il 90% sviluppa la forma secondariamente
progressiva in cui non c'è più remissione ma solo un peggioramento
progressivo.
La forma primariamente progressiva è particolare in quanto inizia direttamente
senza remissioni.
Molte placche possono crearsi anche in zone silenti per cui non ci sono segni clinici e il
paziente non se ne accorge.
I sintomi clinici possono riguardare
Cervello disturbi motori, cognitivi, sensitivi, affettivi
N. ottico neurite
cervelletto atassia
Midollo disturbi motori, sensitivi, sfinterici, genitali
Tronco disfagia, disartria
DIAGNOSI
La RMI permette di fare diagnosi: le placche appaiono come aree di elevato segnale.
Ci sono 2 criteri principali spaziale e temporale: spaziale perché la malattia deve
presentare multifocalità e quindi si devono vedere più aree colpite, temporalità perché
queste lesioni guariscono e quindi si notano in più episodi diversi.
L'esame del liquido cefalo-rachidiano (normalmente trasparente, color ghiaccio-
sciolto) mostra infiammazione e presenza di Ig oligoclonali.
Indagini neurofisiologiche come la misura dei potenziali neuronali visivi, ottici, ecc,
mostra alterazioni nella conduzione centrale.
TERAPIA
La terapia è in parte sintomatica, per esempio si somministra baclofen in casi di
spasticità, e in parte patogenetica, in cui si mira a sopprimere l'infiammazione.
Nalizumab: è un anticorpo anti-molecole di adesione che impedisce ai leucociti di
attraversare la BEE. Non è più usato perché causava encefalite virale.
Bolo steroideo: cortisone ad altissima quantità per indurre immunosoppressione (così
è più tollerato)
IFNbeta: riduce il numero di ricadute però non c'è un gran miglioramento
EZIOLOGIA
Esiste concordanza nel 31% dei gemelli monozigoti e 5% nei gemelli dizigoti, inoltre i
pazienti di 1° grado hanno un rischio 20-40 volte maggiore: questo fa pensare a un
substrato genetico, probabilmente legato all'allele HLA-DR2.
Esistono aree di prevalenza in emisfero nord e Australia, sono state registrate anche
epidemie di SM, come sulle isole Faroe in seguito all'arrivo degli inglesi nella WWII:
questo fa pensare alla probabile presenza di un virus che facilita lo sviluppo della SM.
Il rischio di un'area è acquisito in caso di migrazione prima della pubertà (esposizione
a virsu in periodo pre-puberale?).
Esistono alcune somiglianze con l'encefalite allergica sperimentale causata
dall'inziezione in modelli animali di tessuto cerebrale con adiuvante di freund, che
causa una risposta immune contro la proteina basica della mielina.
PATOGENESI
Danno mielinico e assonale:
Il danno mielinico è caratteristico della malattia, mentre quello assonale è la causa dei
disturbi e correla con la gravità. Il danno assonale è un fenomeno precoce nella
malattia e la densità degli assoni è ridotta del 50% nelle aree di sostanza bianca
apparentemente normale. La perdita assonale potrebbe essere correlata all'atrofia
cerebrale osservata alla RMI.
Linfociti
Si pensava che i linfociti coinvolti fossero i linfociti T, ma si è notata poi la produzione
di Ig oligoclonali all'interno della teca cranica, ad esempio la neurite ottica è causata
da Ab anti aquaporina. I linf T CD4+ mantengono comunque un ruolo come nella
encefalite allergica sperimentale.
Tappe del processo patogenetico:
attivazione dei linfociti T in periferia
legame alla BEE
passaggio della BEE
attacco immunitario
regolazione della risposta immunitaria
rigenerazione e rimielinizzazione
riorganizzazione funzionale
danno assonale
La risposta dei linfociti T probabilmente è attivata da: proteina basica della mielina,
proteina proteolipidica, glicoproteina mielinica oligodendrocitica. In effetti gli Ab per
queste proteine presentano una certa cross reaction con antigeni di vari virus: HSV,
HPV, EBV, Ad12 (molecular mimicry).
Tappe dell'attacco immunitario:
le cellule della microglia (presentazione dell’antigene; attivazione di cellule che
secernono citochine proinfiammatorie; rilascio di composti neurotossici;
eliminazione delle cellule danneggiate)
le cellule T-helper CD4+ (rilascio di prodotti proinfiammatori, si trovano
soprattutto negli infiltrati perivascolari)
i linfociti citotossici CD8+ (lisi cellulare, invadono il parenchima cerebrale)
i macrofagi (fagocitosi e presentazione antigene)
i mastociti (rilascio istamina ed altre sostanze)
La capacità rigenerativa dei neuroni è poco nota, comunque non significativa, quindi è
opportuno stimolare la sopravvivenza e il riparo di quelli restanti. Il neurotrophin brain-
derived neurotrophic factor (BDNF) può prevenire il danno assonale e neuronale e
stimolare la crescita assonale.
Il danno assonale è stato dimostrato non solo nella placca ma anche nel resto del
cervello apparentemente normale. C'è infiltrazione di macrofagi e accumulo di
proteine nell'assone che recede degradandosi fino a lasciare l'involucro vuoto degli
oligodendrociti. Nei neuroni demielinizzati invece l'assenza dei nodi di ranvier causa
una ridistribuzione dei canali del sodio lungo tutto l'assone con alterata omeostasi
Na/Ca, entrata di Ca e danno neuronale.
EPILESSIA
La prevalenza è dell'1%, ne sono affetti 40-50 individui su 100000, esordisce già dai
2/3 anni in infanzia o dopo i 60 anni.
Tipi di epilessia:
idiopatica (primaria)
sintomatica (secondaria)
Oppure, altra classificazione:
parziale esordio in area focale
primariamente generalizzata esordio contemporaneo nei 2 emisferi
secondariamente generalizzata esordio focale poi si estende a corteccia
CRISI EPILETTICA PRIMARIAMENTE GENERALIZZATA
Sono varie:
Grande Male caratterizzato da crisi tonico e/o cloniche: contrazioni prolungate e
ritmiche. Solitamente c'è una fase tonica di pochi secondi, seguita da una
clonica di circa 1 minuto.
Piccolo Male semplice e complesso (assenze)
Sindrome Lennox-Gastaut
Epilessia mioclonica giovanile
Spasmi infantili (tic di salam)
Crisi atoniche
DIAGNOSI
C'è bisogno di fare diagnosi differenziale da altre patologie come lipotimia (sincope),
drop attack, cataplessia, stupor, coma, crisi psicogena.
Bisogna inolte descrivere bene il tipo di crisi e verificare le alterazioni all'EEG, RM, TC,
esame del liquor.
TERAPIA
Lo scopo della terapia è quella di rendere il paziente libero dalle crisi senza effetti
collaterali. Questo obiettivo è raggiunto nel 60% dei casi, nel restante 40% si parla di
epilessie refrattarie alla terapia. Solitamente 1 solo farmaco basta nel fermare le crisi,
raramente si usano combinazioni di essi.
Prima si utilizzavano barbiturici, fenitoina o carbamazepina, oggi sono disponibili altre
strategie:
Prolungamento del tempo di recupero da inattivazione dei canali Na+ voltaggio-
dipendenti (carbamazepina, fenitoina, valproato)
Aumento dell'inibizione da parte del GABA (benzodiazepine, barbiturici)
Inbizione del flusso di Ca nei canali T (etosuccimide, valproato)
Il trattamento farmacologico è consigliato se il paziente ha avuto più di una crisi,
inoltre esistono 3 fattori di rischio principali per la ricorrenza delle crisi: alterazioni alla
RMI, anomalie EEG dopo veglia protratta, crisi focale.
Senza nessuno di questi fattori il rischio di ricorrenza è 15%, con tutti 80%.
PATOGENESI
La caratteristica principale delle crisi epilettiche è la massiccia depolarizzazione e
firing ad alta frequenza di un gruppo di neuroni.
In modelli animali si è notata riduzione dell'inibizione gabaergica, e di fatti antagonisti
gabaergici causano convulsioni, mentre le benzodiazepine che hanno effetto opposto
sono anti-convulsivanti.
Lo stesso vale per agonisti del glutammato che causano crisi, e viceversa antagonisti
del glutammato.
Esistono modelli animali di epilessia sia spontanei, sia knock-in e knock-out, sia un
modello particolare chiamato Kindling, sia stati epilettici indotti chimicamente o
elettricamente.
Nell'uomo esistono predisposizioni genetiche all'epilessia, in particolare >50% delle
mutazioni correlate causano canalopatie, colpiscono le subunità recettoriali alfa e beta
della nicotina, canali del sodio, del calcio, recettore del gaba. <5% hanno trasmissione
mendeliana.
PICCOLO MALE
Ci sono evidenze che suggeriscono la collaborazione tra fattori ambientali e 1 o 2 geni
di suscettibilità. La causa è nel talamo o nella corteccia cerebrale, perché si tratta di
alterazioni nel circuiti talamo-corticale, che regolano lo stato di coscienza/sonno.
Ci sono 3 popolazioni neuronali coinvolte in questi circuiti:
neuroni talamici di relay
neuroni reticolari talamici
neuroni corticali piramidali
I neuroni talamici di relay possiedono canali del Ca di tipo T, che sono a bassa
intensità di corrente e transienti, ma possono attivarsi in seguito a minime variazioni
di voltaggio (favorendo lo spike), consentendo la modalità burst.
Questi possono attivare i neuroni piramidali in 2 modalità: tonica (veglia e sonno REM)
o burst (sonno non REM).
I neuroni reticolari sono capaci di iperpolarizzare i neuroni di relay mediante recettori
GABA B, e di inibire sé stessi mediante recettori GABA A.
Molti dei farmaci anti-epilettici agiscono sui recettori del GABA: etosuccimide,
utilizzata soprattutto nelle assenze, e acido valproico causano il blocco dei canali T,
inibendo il firing dei neuroni di relay; mentre le benzodiazepine inibiscono l'attivazione
del GABA-A, lasciando i neuroni reticolari liberi di iperpolarizzare quelli di relay.
Poiché durante il sonno si ha un'attivazione corticale ritmica così come nelle assenze,
si pensa che siano proprio alterazioni questo circuito ad essere responsabili del piccolo
male, a causa di anomalie nei canali T o nei recettori del GABA.
KINDLING
Il Kindling è un modello sperimentale di epilessia del lobo temporale indotta da
somministrazione periodica di brevi stimoli elettrici all'amigdala o altre strutture del
lobo limbico. Con le scariche ripetute man mano si hanno manifestazioni motorie fino
a una crisi tonico-clonica. Una volta instaurata la sensibilità allo stimolo, questo
permane nel tempo e basta una piccola scarica per provocare la crisi.
Alla base di questo fenomeno c'è l'instaurazione di nuove connessioni neuronali.