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ANATOMIA - ANA01 – "INTRODUZIONE"

ID lezione ANA01
Data lezione 14 marzo 2011
Autore Davide Soldato
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Introduzione sull'apparato locomotore, cenni di embriologia.

APPARATO SCHELETRICO

L’apparato scheletrico può essere suddiviso in due parti:

• ASSILE: è la parte centrale costituita dalla colonna vertebrale e in cui includiamo la testa.

• APPENDICOLARE: formato dall’arto superiore e quello inferiore che sono ovviamente differenti ma
presentano delle analogie.

Per quanto riguarda l’articolazione dello scheletro assile con quello appendicolare avremo un cingolo che
collega ciascuna delle due estremità con l’asse che vengono detti cingolo scapolare e cingolo pelvico.
Abbiamo tre segmenti: un primo segmento che sarebbe il braccio che corrisponde alla coscia (entrambi
hanno un singolo osso) poi abbiamo l’avambraccio che corrisponde alla gamba (presentano entrambi due
ossa) e infine abbiamo un ulteriore snodo per il terzo segmento rappresentato dalla mano e dal piede.

CENNI SULLO SVILUPPO EMBRIONALE

Partiamo comunque dall’embrione alla terza settimana dal concepimento. La fecondazione, come
sappiamo, avviene all’interno delle tube. Dallo zigote che presenta un corredo diploide partono una serie di
divisioni successive che dureranno 4-5 giorni e porteranno alla formazione della MORULA; in questa
struttura le cellule si dispongono in modo da formare una cavità e avremo a questo punto una BLASTOCISTI
all’interno della quale si viene a formare uno strato di cellule centrali e uno strato di cellule periferiche.
Abbiamo inoltre una prima differenziazione: le cellule esterne serviranno a fare da supporto all’embrione e
prenderanno il nome di TROFOBLASTO mentre le cellule interne hanno il progetto dell’embrione e vengono
definite EMBRIOBLASTO.

Siamo ancora alla prima settimana dal concepimento. Si verranno a formare, a partire dall’EMBRIOBLASTO,
due strati di cellule: uno che guarda verso l’alto detto EPIBLASTO e uno che guarda verso il basso,
l’IPOBLASTO. Per fare maggiore chiarezza
possiamo dire che l’EPIBLASTO forma il
“pavimento” della cavità amniotica mentre
l’IPOBLASTO forma il “tetto” della cavità
vitellina. Tutto questo si verifica già durante
la seconda settimana dal concepimento.

Eravamo partiti dalla masserella compatta


che avevamo chiamato morula che viaggia

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Anatomia ANA01 – INTRODUZIONE (14mar2011)

dalle tube uterine fino alla cavità uterina dove comincia a scavare nella parete della cavità uterina per
compiere il processo di ANNIDAMENTO. Nel momento in cui avviene l’annidamento si ha l’effettiva
gravidanza: ad esempio una morula già formata potrebbe non trovare, nella cavità uterina, una situazione
consona ed essere espulsa ed eliminata con la mestruazione successiva senza che la donna venga mai a
sapere di essere stata incinta.
Avviene dunque l’annidamento mentre le cellule si sono già differenziate nel modo che abbiamo visto
precedentemente.

Alla terza settimana dall’epiblasto migrano delle cellule che si vanno a disporre tra l’epiblasto e l’ipoblasto:
questo è l’evento sostanziale che si verifica nella terza settimana.

L’embrione visto di profilo, a questo stadio, è una sorta di numero 8 dove le tre lamine si trovano più o
meno a metà; l’EPIBLASTO fa da pavimento alla cavità amniotica mentre l’ipoblasto fa da tetto al sacco
vitellino. Quando abbiamo l’inserimento del terzo strato avremo la differenziazione dei tre foglietti
embrionali definitivi: quello che sta in mezzo viene detto MESODERMA, quello che chiamavano ipoblasto
viene detto ENDODERMA e quello che chiamavano epiblasto viene a chiamarsi ECTODERMA.

Sostanzialmente per lo studio dell’apparato locomotore, ci interessa il MESODERMA in quanto da questo


strato cellulare si originano la componente ossea, muscolare e connettivale con delle eccezioni che
svilupperemo durante la prossima lezione.

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ANATOMIA - ANA02 – "FORMAZIONE DELLE VERTEBRE"

ID lezione ANA02
Data lezione 16 marzo 2011
Autore Alessandra Rossetti e Francesca Scanzani
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Embriologia, formazione delle vertebre, colonna vertebrale, articolazioni

CENNI SULLO SVILUPPO EMBRIONALE (continua da ANA01)

Alla terza settimana abbiamo l'embrione trilaminare, che presenta tre foglietti: quello che sta sopra è
l'ectoderma, quello che sta sotto è l'endoderma, poi dall'ectoderma migra un foglietto intermedio, il
mesoderma. Il mesoderma è quello che darà origine all'apparato locomotore.

Il mesoderma presenta una struttura transitoria sulla linea mediana che prende il nome di NOTOCORDA. Lo
sviluppo di questa struttura provoca una reazione, diventa un induttore. L'ectoderma sovrastante inizia a
differenziarsi: la porzione che si trova al di sopra della notocorda si ispessisce e questo ispessimento prende
il nome di PLACCA NEURALE. La zona al di sopra della
notocorda prende il nome di NEUROECTODERMA. Sulla
placca neurale si forma un solco, che prende il nome di
SOLCO NEURALE. Successivamente le estremità della doccia
formano due sporgenze, le CRESTE NEURALI, che sono
destinate e riunirsi sulla linea mediana a formare il CANALE
NEURALE. Questo canale sarà tanto più lungo quanto più
crescerà l'embrione.

Altri fenomeni differenziativi si verificano a carico del


mesoderma. Andando dal centro, ovvero dalla notocorda,
verso i lati si incontrano tre zone da ciascun lato:
mesoderma parassiale, mesoderma intermedio e mesoderma laterale. Al livello del mesoderma laterale si
viene a formare una cavità: immaginandola tridimensionalmente dobbiamo pensare a un tunnel.
Guardando l'embrione dall'alto e togliendo il cappuccio superiore (l'amnios) abbiamo una struttura
ovoidale dove al centro si sta verificando la formazione della
placca che poi diventerà solco e che darà poi origine al
canale neurale. Quello che stiamo guardando è l'ectoderma.
Se immaginassimo di osservare per trasparenza cosa accade
al di sotto dell'ectoderma, potremmo osservare che si viene
a creare quel tunnel, formato da cavità che inizialmente
erano separate e che poi formano tutto intorno all'embrione
una cavità scavata nel mesoderma laterale che ha la forma
di un ferro di cavallo intorno all'embrione. Il CELOMA darà
origine alla CAVITA' CELOMATICA: la struttura trilaminare si
viene a ripiegare dai lati per cui la cavità andrà verso la linea
mediana e andrà ad unirsi con quella controlaterale. Il

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ripiegamento laterale provoca la formazione di due emicavità in posizione ventrale, separate sulla linea
mediana ma destinate ad unirsi per formare un'unica grande cavità che è la cavità peritoneale. Questo
avviene contemporaneamente alle modifiche che avvengono al livello dell'ectoderma.

Contemporaneamente il mesoderma parassiale andrà a formare una struttura che prende il nome di
somite, che è un blocchetto di mesenchima indifferenziato. Il numero di questi somiti aumenta man mano
che si sviluppa l'embrione.

Intorno al neuroectoderma, il mesoderma si dovrà organizzare per formare la struttura ossea che circonda
il midollo spinale, cioè le vertebre.

La cavità celomatica divide il mesoderma in due versanti:


uno che guarda verso l'ectoderma e uno che guarda verso
l'endoderma. Quando la cavità si ripiega lateralmente, il
versante verso l'endoderma si troverà all'interno mentre il
versante rivolto verso l'ectoderma si troverà all'esterno. La
porzione di mesoderma rivolta all'ectoderma prenderà il
nome di somatopleura, quello rivolto verso l'endoderma si
chiamerà splancnoplaura.

Il mesoderma parassiale darà origine ai muscoli del tronco


(compresa la testa) e degli arti. Il mesoderma
somatopleurico darà origine a ossa, legamenti, tendini, fasce, tessuto connettivo dei muscoli, derma del
tronco e degli arti. Le ossa della testa avranno una derivazione diversa: il mesenchima della cresta neurale
darà origine alle ossa di splancno e neurocranio (in parte). Il neurocranio è quella zona di scatola cranica
che accoglie l'encefalo; lo splancnocranio è la parte del cranio che ha a che fare con i visceri, cioè l'inizio del
tubo digerente, il cavo orale, e con l'inizio dell'apparato respiratorio, cioè la cavità nasale.

Il sacco vitellino, in virtù della cavità celomatica in formazione, si va via via restringendo. Dal momento che
il bambino scambia con la placenta le sostanze di cui ha bisogno, il sacco vitellino si riduce e viene utilizzato
dalle strutture del tubo digerente. Il mesoderma a ridosso dell'intestino primitivo sarà quello della
splancnopleura.

LO SCHELETRO

Lo scheletro è formato da:

• ossa lunghe, dove predomina un'unica dimensione, cioè la lunghezza;

• ossa piatte;

• ossa corte

Il tessuto osseo è un particolare tipo di tessuto connettivo e si forma sempre da un connettivo preesistente.
Distinguiamo l'ossificazione in diretta e indiretta:

• ossificazione diretta, detta anche membranosa, in cui l'ossificazione avviene su un modello di


mesenchima;

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• ossificazione indiretta, detta anche encondrale (o endocondrale) che riguarda le ossa che derivano
da un preesistente modello cartilagineo che viene sostituito.

I SOMITI

La parte più esterna del somite comincia a differenziarsi in


maniera diversa dalla parte più interna. La parte più esterna
si chiamerà dermamiotomo e quella più interna (più densa
e compatta)
si chiamerà
sclerotomo.
L'esterno si differenzia ulteriormente nel dermatomo e nel
miotomo mentre lo sclerotomo è destinato a migrare e
circondare il tubo neurale e si può definire come arco
neurale.

Ventralmente al tubo neurale, la zona che va a circondare la


notocorda è quella che formerà il corpo delle vertebre,
quindi mi aspetto un corpo pieno da cui parte un arco che andrà a circondare il tubo neurale: si viene a
formare la vertebra. I cuscinetti di mesenchima infilati uno sull'altro si differenziano in modo tale che la
singola vertebra non deriva dal corrispondente somite, ma ciascun somite è diviso in due porzioni: una
craniale e una caudale. La porzione craniale andrà a fondersi con la parte caudale del somita sovrastante,
per cui il corpo vertebrale che si viene a formare è formato dalla fusione della parte inferiore del blocchetto
sovrastante e della parte superiore del blocchetto sottostante. In mezzo rimane un residuo della notocorda
che viene a creare un cuscinetto connettivale, interposto tra una vertebra e l'altra: è un cuscinetto rivestito
da tessuto connettivo denso, quindi avrà una capsula fibrosa piuttosto resistente in periferia e avrà invece
al centro un nucleo polposo più molle.

FORMAZIONE DI UNA VERTEBRA

La formazione di una vertebra è il risultato della migrazione dello


sclerotomo intorno al tubo neurale. La porzione ventrale darà origine al
corpo vertebrale, al centro rimane imprigionata la notocorda (destinata a
regredire ma non completamente). La vertebra è formata anche da un
arco neurale (al suo interno è contenuto il canale neurale). Inoltre c'è
una massa laterale che prende il nome nell'embrione di processo
costale. Questa è una sporgenza ossea, su ciascun lato, situata
lateralmente all'altezza del passaggio del corpo con l'arco vertebrale.
Non tutte le vertebre saranno destinate ad articolarsi con le coste (solo
le vertebre toraciche) ma tutte, anche le altre, hanno sporgenze laterali che in qualche modo richiamano le
coste, per questo viene dato il nome di processo costale.

In generale, dove troviamo una sporgenza, un promontorio, una protuberanza, una spina, qualcosa di
appuntito e sottile, questo si sarà formato nel momento in cui l'osso era ancora deformabile; lì ci sarà
l'inserzione di una struttura che tirava, un tendine, un muscolo che si attacca lì e tira, provoca una trazione
che gradualmente andrà a modellare e a formare una sporgenza.

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Quindi abbiamo un soma, un centro pieno, un arco vertebrale (o neurale), all'altezza della giunzione tra il
corpo e l'arco avremo un processo costale (una massa laterale) e posteriormente impari mediano un
processo spinoso o spina.

La spina è uno dei punti di ossificazione su cui andrà a formarsi l'osso definitivo e dove originariamente
c'era tessuto cartilagineo. Può capitare che il processo di ossificazione sia incompleto e che posteriormente
si venga a creare un anello incompleto, con diversi livelli di gravità (spina bifida). A questo livello succede
che il tubo neurale, non adeguatamente contenuto, tende ad adeguarsi alla forma dell'arco e quindi si
forma una dilatazione: la morfologia e la funzione del midollo spinale da quel livello in giù possono risultare
compromessi.

COLONNA VERTEBRALE

Il nostro corpo poggia su una struttura che non è dritta ma presenta delle curvature
che servono per scaricare meglio il peso a terra senza gravare sulle basi. In alto c'è la
testa: le ossa della testa non sono tutte piene ma sono forate, altrimenti non
avremmo la forza di reggerla. Un altro problema sarebbe trasportare la gabbia
toracica e gli organi. La colonna deve sostenere un grosso peso; sono soprattutto i
muscoli superiori che devono essere molto sviluppati per reggere il peso del tronco
che altrimenti cadrebbe in avanti.

• A livello superiore c'è una curva a convessità anteriore:


siamo nel segmento cervicale e questa curva si chiama
lordosi cervicale formata dalle 7 vertebre cervicali.

• Alla lordosi cervicale fa seguito una curva più ampia a


convessità posteriore a livello toracico, la cifosi toracica.
Questa curva è più ampia perché è formata da un
numero di vertebre maggiore rispetto a quello della
lordosi cervicale (le vertebre toraciche sono 12).

• Poi abbiamo ancora una curva a convessità anteriore, la


lordosi lombare, formata dalle 5 vertebre lombari, a cui
fa seguito un'altra curva posteriore, l'osso sacro.
All'osso sacro segue un'appendice rudimentale,
costituita da vertebre appena accennate, il residuo
dell'attacco della coda: le vertebre coccigee.

Se guardiamo la colonna dal davanti, le curve non ci appaiono perché la colonna è


abbastanza dritta. C'è una lieve curvatura fisiologica: quando l'asse frontale della
colonna devia verso destra o verso sinistra di una certa entità si parla di scoliosi. In
genere la scoliosi è accompagnata anche da un'accentuazione della curvatura toracica
per un fenomeno di riequilibratura. Quindi la scoliosi è la deviazione sul piano
frontale dell'asse verticale della colonna verticale.

Sul piano frontale osserviamo che lateralmente abbiamo quei processi costiformi,
presenti bilateralmente in tutte le vertebre con delle peculiarità tipiche di ciascun

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segmento osseo. Guardando di profilo si possono vedere invece i processi posteriori, le spine o processi
spinosi. Anche qui vedremo delle differenze nei vari segmenti.

Nell'immagine vediamo il
prototipo di una vertebra vista di
profilo, dall'alto e in proiezione
posteriore. Vista di profilo
abbiamo il corpo (1), che è
grossomodo come un cilindro, con
un profilo laterale curvo,
posteriormente invece è concavo.
Poi abbiamo l'arco vertebrale (2). Tra l'arco e il corpo c'è un peduncolo di attacco (3). L'altezza della
vertebra è maggiore dell'altezza del peduncolo: a livello del peduncolo il suo margine inferiore presenta
una curvatura più accentuata di quella superiore. Immaginando di assemblare una vertebra sull'altra,
questa incisura corrisponderà all'incisura superiore della vertebra sottostante (meno accentuata).
Un'incisura con un'altra incisura formano un foro, il foro intervertebrale. Questo foro metterà in
comunicazione l'interno con l'esterno, qui passano i nervi spinali; a ogni livello ne avremo un paio, uno che
uscirà a destra e uno a sinistra. Inoltre abbiamo le masse laterali (4) che contengono i processi trasversi.
Posteriormente c'è la lamina (5) che presenta il processo spinoso. Nella massa laterale abbiamo un
processo articolare superiore (uno per lato) e ci sarà un omologo nella faccia inferiore. I processi articolari
superiori si articolano con la vertebra sovrastante, gli inferiori con la vertebra sottostante, quindi tengono
unite le vertebre.

Questi processi (processo articolare superiore e inferiore) avranno delle superfici articolari con cui si
articolano con le vertebre contigue. Queste articolazioni si chiamano zigapofisi: sono quelle apofisi che
hanno l'articolazione che serve per tenere accoppiate la vertebra superiore con quella inferiore. Sono delle
superfici articolari e sono quindi superfici di contatto tra queste faccette articolari. A livello del corpo, sulla
faccia superiore del corpo e sulla faccia inferiore, è presente il disco intervertebrale. In questo caso
l'articolazione è data da una struttura interposta fisicamente e che quindi fa da contatto tra un corpo
vertebrale e l'altro. Nella massa laterale inoltre, oltre ai processi articolari superiori e inferiori (i processi
articolari su una singola vertebra sono quindi 4: 2 sopra e 2 sotto) ci sono i processi trasversi. Nell'arco
distinguiamo il peduncolo (che forma il foro intervertebrale), la massa laterale (dove ci sono processi
articolari superiori e inferiori, che possiamo chiamare zigapofisi, e i processi trasversi) e la lamina.
Posteriormente c'è, impari mediano, il processo spinoso.

LE ARTICOLAZIONI

Il disco intervertebrale è presente tra una vertebra e l'altra. Si tratta di


una massa connettivale che perifericamente è rinforzata (con un tessuto
molto resistente) mentre al centro presenta una zona di consistenza
molto più molle che sembra gelatina, il nucleo polposo, l'unica parte
residua nell'adulto della notocorda. Il disco intervertebrale inserito nei
corpi costituisce una sinfisi, cioè un'articolazione del tipo della sinartrosi.

Tra le due estremità ossee si viene a formare un connettivo


indifferenziato, un mesenchima interzonale; poi c'è un ispessimento, il
pericondrio, la parte più esterna del futuro osso. Vediamo quale può

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essere la tipologia di giunzione che si può venire a creare tra queste due estremità ossee destinate a venire
in contatto:

1. Il mesenchima interzonale si differenzia in modo tale che viene a


formare una cavità al centro che chiameremo cavità articolare.
Vedremo che all'esterno si forma un manicotto fibroso che
avvolge le due estremità ossee, la capsula articolare; ciascuna
delle estremità delle due ossa (la parte più scura) presenta una
struttura grigia: quella sarà la futura cartilagine articolare.
Sostanzialmente le due ossa non sono in continuità ma presentano un intervallo, una cavità
articolare. Questa categoria di articolazioni si chiama DIARTROSI. Le due ossa non sono in
continuità fisica ma c'è un intervallo.

2. Se invece non c'è la cavità ma c'è un tessuto che unisce le due ossa allora
parliamo di SINARTROSI. Le sinartrosi le chiamiamo in base al tipo di tessuto
connettivo interposto:

• potrebbe essere una cartilagine fibrosa: in questo caso si viene a


creare una SINFISI;

• se invece c'è connettivo fibroso duro la chiamiamo SINDESMOSI.

Tornando alla vertebra, il disco intervertebrale determina una continuità di


tessuto, quindi è una sinartrosi ed è una sinfisi; mentre a livello delle faccette articolari delle masse laterali
si viene a creare una soluzione di continuità quindi avremo faccette articolari che sono in contatto ma che
sono fisicamente separate le une dalle altre.

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ANATOMIA - ANA03 – "VERTEBRE"

ID lezione ANA03
Data lezione 18 marzo 2011
Autore Giulia Leoni
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Vertebre cervicali, vertebre toraciche, vertebre lombari, osso sacro

“Hic est locus ubi mors gaudet succurrere vitam”

La scorsa lezione abbiamo detto che le vertebre hanno un corpo e un arco neurale o vertebrale e nell’arco
hanno un punto di attacco che è il peduncolo. C’è la massa laterale sulla quale agiscono le forze di trazione
esercitate dai muscoli nella fase in cui l’osso è ancora plastico, malleabile. Queste forze provocano la
formazione dei processi trasversi. Posteriormente c’è un
fronte robusto, il processo spinoso, che è impari mediale.
Fra un corpo vertebrale e l’altro c’è un dispositivo a
cuscinetto costituito da una struttura a lamelle concentriche
che perifericamente è più densa (1) e che circoscrive una
zona centrale, il nucleo polposo (2), che ha una consistenza
più molle e gelatinosa.

Nel caso in cui il perimetro fibroso del nucleo polposo, per traumi o sollecitazioni eccessive, si dovesse
sfilacciare, può provocare, specialmente in soggetti giovani in cui il nucleo polposo è fresco e non
sclerotizzato, la fuoriuscita del nucleo stesso nel perimetro esterno. Questa erniazione è chiamata ernia del
disco che, a seconda del punto di rottura e quindi della direzione dell’ernia, può essere del tutto silente e
quindi non dare problemi (l’ernia del disco silente si scopre soltanto con una risonanza o una tac fatte per
altre cause) oppure, se va a comprimere il nervo in uscita, può provocare una sintomatologia dolorosa.
La presenza di materiale interposto tra le due ossa comporta una continuità tra le ossa stesse e perciò si
parla di sinartrosi, che in questo caso è una sinfisi.

Questo è uno spaccato, una sezione sagittale,


quindi è come se noi guardassimo l’osso di
profilo e ne guardassimo la superficie laterale.

L’immagine mostra due corpi vertebrali


contigui e i cuscinetti posti tra loro. Si ha il
peduncolo di attacco della lamina e
posteriormente si intravedono i processi
spinosi. Questa immagine serve a rivelare che
sulla faccia anteriore del corpo vertebrale e su
quella posteriore ci sono dei nastri fibrosi che
formano dei legamenti:

• legamento longitudinale anteriore (5): va dalla base dell’osso occipitale al sacro. L’osso occipitale
è quell’osso che forma la parte posteriore della scatola cranica, ma che ha le caratteristiche di una

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Anatomia ANA03 – VERTEBRE (18mar2011)

vertebra modificata. In un certo senso può essere considerata la prima vertebra. In una vertebra
abbiamo un corpo, l’arco vertebrale con le due masse laterali e il processo spinoso. L’osso
occipitale è una vertebra un po’ particolare poiché si è avuto uno sviluppo notevole
dell’equivalente del processo spinoso che si è fuso con le masse laterali dando origine a una
formazione ossea che è la squama dell’occipitale (le vedremo in dettaglio);

• legamento longitudinale posteriore (7): parte da C2 (epistrofeo) e prosegue distalmente, da C2


verso l’alto (cranialmente) il legamento si dilata e continua con una membrana, la membrana
tectoria, che arriva fino all’occipitale. Guardare il corpo vertebrale da dietro (si deve immaginare di
togliere via gli archi vertebrali) consente di osservare il legamento longitudinale posteriore, che va a
saldare le vertebre in senso longitudinale. A livello di ciascun disco vertebrale, il legamento
presenta una dilatazione grazie alla quale va a legarsi ai rispettivi cuscinetti presenti tra una
vertebra e l’altra;

• il foro intervertebrale è costituito dall’assemblaggio della vertebra sovrastante con quella


sottostante, l’incisura inferiore della vertebra superiore coincide con l’incisura superiore della
vertebra inferiore, andando a determinare il foro. Sulla lamina, nella faccia interna dell’arco
vertebrale, è presente un altro tipo di legamento, il legamento giallo (9). A livello di ciascun disco
vertebrale, il legamento giallo presenta una dilatazione con cui va a legarsi ai rispettivi cuscinetti
presenti tra una vertebra e l’altra. Andando a guardare la faccia interna del canale vertebrale, che
guarda verso il legamento longitudinale posteriore, si intravede la spina (nella parte superiore). Le
lamine vertebrali o neurali sono unite, per cui posteriormente il canale è completato da queste
strutture connettivali di colore giallognolo, da questa caratteristica il nome legamento giallo.

Riassumendo, i corpi vertebrali sono racchiusi da:

• legamento longitudinale anteriore che ricopre la faccia anteriore dei corpi vertebrali;

• legamento longitudinale posteriore che ricopre la faccia posteriore dei corpi vertebrali;

• legamenti gialli che racchiudono le lamine contigue.

CARATTERISTICHE DELLE VERTEBRE

VERTEBRE CERVICALI

L’idea di base che si deve avere sulle vertebre cervicali è che hanno il corpo, l'arco vertebrale, i processi
trasversi e il processo spinoso.

Le vertebre cervicali hanno due caratteristiche


essenziali:

1. hanno dei fori nei processi trasversi che non


hanno riscontro negli altri segmenti del
rachide.
I fori trasversari sono molto netti, questo
significa che sono stati scavati da un vaso, ad
esempio un’arteria, in questo caso qui passa

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Anatomia ANA03 – VERTEBRE (18mar2011)

l’arteria vertebrale che attraversa i fori di 6 delle 7 vertebre cervicali e, arrivata alla prima vertebra
cervicale, entra nella fossa cranica posteriore attraverso il grande forame occipitale (ad esempio, in
una doccia ossea altrettanto netta ci passa un tendine che sarà frequentemente sollecitato dalla
contrazione del muscolo, anche in questo caso si hanno delle tracce molto precise);

2. hanno i processi spinosi bifidi (non tutte le 7 cervicali!).

Un’altra caratteristica delle vertebre del segmento cervicale è che nel corpo il margine anteriore sporge un
po’ in basso, andando a coprire, in parte, il corpo della vertebra sottostante. Le vertebre cervicali tipiche
sono C3-C4-C5-C6, quelle che fanno eccezione sono atlante (C1), epistrofeo (C2) e C7.

Varianti delle vertebre cervicali

Atlante (C1)

L’atlante non ha il corpo (in una vertebra tipo, il corpo


si trova anteriormente) e nemmeno il processo
spinoso. Si hanno due tubercoli, uno anteriore e uno
posteriore, una massa laterale per ogni lato e due
archi, uno anteriore, più stretto e corto, e uno
posteriore, più largo e lungo. Oltre ai fori trasversari ci
sono le faccette articolari che sono decisamente
allungate, con gli assi maggiori disposti in direzione
antero-posteriore e le due estremità anteriori che
convergono leggermente tra loro. Le faccette sono le
superfici articolari per l’osso occipitale e sono
lievemente concave, dovendo ospitare strutture
altrettanto allungate ma convesse. Sono articolazioni
di tipo sinoviale, cioè articolazioni tra le quali si
creano delle cavità. Queste cavità sono rivestite di
cartilagine, un tessuto resistente ma che, al contrario
delle ossa, permette il movimento. Una coppia di
faccette articolari deve essere presente anche sulla
superficie inferiore, perché l'atlante si articola con la
seconda vertebra chiamata epistrofeo o asse. Ciò che
si nota osservando l’atlante è la differenza tra le
superfici articolari della faccia superiore, strette e lunghe, e quelle della faccia inferiore, il cui contorno
della superficie laterale è più corto, largo e decisamente più arrotondato.

Sulla faccia superiore dell’arco posteriore c’è il solco per l’arteria vertebrale, quella che era entrata
attraverso i fori vertebrali. Quest’arteria si muove dal basso verso l’alto, entra nella sesta vertebra
cervicale, cioè alla base del collo, e sale nei fori trasversi di tutte le cervicali. Arrivata all’atlante, l’arteria
attraversa entrambi i fori trasversali, gira intorno alla massa laterale e va a collocarsi sulla faccia posteriore
dell’arco superiore. Pulsando, l’arteria modella l’osso e crea questo solco.

Sulla faccia interna dell’arco anteriore (faccia posteriore dell’arco anteriore) è presente una faccetta
articolare.

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Anatomia ANA03 – VERTEBRE (18mar2011)

La faccetta articolare superiore dell’atlante si articola con l’osso occipitale, ha forma allungata ed ellittica e
si chiama articolazione condiloidea, quindi le masserelle arrotondate e allungate dell’occipitale si chiamano
condili dell’occipitale.

Epistrofeo o Asse (C2)

La seconda vertebra è caratterizzata dall’avere un corpo nel


quale c’è un processo che si rivolge verso l’alto, il processo
odontoideo, che va a collocarsi al posto del corpo mancante
dell’atlante.
Il processo odontoideo dell’epistrofeo ha sulla sua faccia
anteriore una faccetta articolare che si articola con la
faccetta articolare che si trova sulla faccia interna dell’arco
anteriore dell’atlante.

Il dente o processo odontoideo può essere rappresentato


geometricamente da un cilindro pieno, questo cilindro pieno
si articola (si contraffaccia) con un emicilindro vuoto. Questo tipo di articolazioni è una diartrosi
(articolazione in cui c’è una cavità tra i due capi articolari, nelle sinartrosi c’è continuità) ed ha un nome
particolare, si chiama ginglimo laterale o trocoide e permette il movimento rotatorio della testa. Esiste un
altro tipo di ginglimo, il ginglimo angolare o troclea, ed è l’articolazione che permette di piegare il braccio.
Il dente dell’epistrofeo si va ad inserire con la faccetta articolare presente nella faccetta presente nell’arco
anteriore dell’atlante.

Il dente ha una faccetta articolare sul versante posteriore e una su quello anteriore. Nelle masse laterali
sono presenti, superiormente la coppia delle faccette articolari superiori dedicate all’atlante, e
inferiormente e posteriormente la faccetta articolare inferiore per C3. Dal versante posteriore
dell’epistrofeo si vede che le faccette articolari superiori guardano in alto e leggermente indietro e quelle
inferiori, in basso. La spina è bifida, presenta due tubercoli.

Cenni sulla settima vertebra

La settima vertebra cervicale non ha il processo spinoso


bifido, ma lo lo ha molto sviluppato (è palpabile alla base
posteriore del collo). La C7 non è attraversata dall’arteria
vertebrale ma solo dalla vena. Dalla C6 all’atlante
passano sia l'arteria che la vena. L’arteria vertebrale,
attraversato il foro trasverso dell’atlante, si porta
posteriormente e poggia sulla faccia superiore dell’arco
posteriore dell’atlante, poi fora la membrana ed entra
nel grande forame occipitale.

Sull’osso occipitale c’è una piccola sporgenza, un


bottoncino apprezzabile palpatoriamente, chiamata
tubercolo faringeo, davanti al piano osseo si inserisce
quella struttura muscolare, la faringe, che mette in
comunicazione la via respiratoria e la via digerente con il
prosieguo del tubo digerente.

Autore: Giulia Leoni per Medicina08.it 4 di 7


Anatomia ANA03 – VERTEBRE (18mar2011)

Osso occipitale

L’osso occipitale è un osso


assimilabile ad una vertebra
modificata ed ha un forame
attraverso cui passa il midollo
osseo.

Dal profilo dell’osso occipitale si


vede che in corrispondenza dei
processi spinosi bifidi, c’è una lamina connettivale molto robusta, il legamento nucale, a destra e sinistra
del quale è sistemata una muscolatura longitudinale che ci permette la posizione eretta.

A livello dell’atlante c’è una membrana, la membrana atlanto-occipitale anteriore.

ELIMINAZIONE DI STRATI

Togliendo il legamento
longitudinale posteriore si vede la
membrana tectoria, ai cui lati c’è
una parte profonda o accessoria.

Togliendo la membrana tectoria, si


vede bene questa parte profonda o
accessoria e si osserva un
legamento a croce, il legamento
crociato dell’atlante (non quello
del ginocchio!!) che ha delle fibre
longitudinali superiori e inferiori ed
il legamento trasverso dell’atlante.

Togliendo il secondo strato


costituito dal legamento crociato
dell’atlante si osserva il dente, che
presenta due alucce laterali, due
legamenti chiamati legamenti alari
che tengono, ognuno dal proprio
lato, il dente.

L’immagine dall’alto consente di


vedere come è posizionato il dente
rispetto al canale vertebrale cioè a
ridosso della lamina dell’arco anteriore. E’ tenuto in questa posizione da:

• membrana tectoria;

• legamenti alari;

• legamento crociato dell’atlante.

Autore: Giulia Leoni per Medicina08.it 5 di 7


Anatomia ANA03 – VERTEBRE (18mar2011)

VERTEBRE TORACICHE

Le vertebre toraciche sono 12. I corpi vertebrali aumentano in


direzione distale mentre diminuisce il diametro del canale
vertebrale. Nel midollo spinale passano ed entrano i nervi e quindi
anche tutte le afferenze che vengono dalla periferia. In basso ci
saranno meno fibre in entrata, perché si immettono solo le fibre
nervose che provengono dalla periferia; man mano che si sale
invece, le fibre aumentano per cui il canale vertebrale sarà molto
ampio in alto e meno in basso. Viceversa, il corpo vertebrale, che è
quello che deve sostenere il peso, aumenterà in senso distale.

Oltre alle faccette articolari superiori ed inferiori, la caratteristica


essenziale che permette di riconoscere una vertebra toracica
isolata è la presenza delle faccette articolari per le coste. Queste
faccette articolari sono sia sul corpo sia sui processi trasversi, quindi sui processi trasversi non si vedrà più il
foro trasversario ma si avranno le faccette articolari e le zigapofisi per le vertebre contigue.

Vista dall’alto, una vertebra toracica tipica (qui la T6) ha i due processi articolari, le zigapofisi superiori, che
guardano posteriormente, mentre quelle inferiori guardano in basso, anteriormente.

Nella parte posteriore del corpo, fra il corpo stesso e l’attacco del peduncolo, iniziano a comparire due
faccette costali. C’è una faccetta costale per ogni processo trasverso, la faccetta trasversaria.
Per ciascuna costa, considerando che c’è una costa per lato, ci sono tre faccette.

La dodicesima vertebra presenta una sola faccetta costale.

Un’altra cosa da notare nelle vertebre toraciche è che il peduncolo


presenta un’incisura molto accentuata sul margine inferiore, quindi il
foro intervertebrale è dato soprattutto dalla vertebra sovrastante
mentre nelle vertebre cervicali il peduncolo è posto circa a metà altezza
rispetto alla lamina, quindi l’incisura superiore corrisponde, come
profondità, a quella inferiore.

Nelle prime vertebre toraciche il processo spinoso è diretto verso il basso e procedendo in senso distale il
processo spinoso diventa quasi orizzontale.

VERTEBRE LOMBARI

Le 5 vertebre lombari hanno dei processi trasversi


molto sviluppati che in qualche modo ricordano le
coste e che quindi sono chiamati processi trasversi
costiformi. I processi spinosi sono molto sviluppati e
orizzontali. Nelle masse laterali, i processi trasversi
presentano diverse sporgenze. Si distinguono un
piccolo processo, il processo accessorio e un processo
mammillare.

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Anatomia ANA03 – VERTEBRE (18mar2011)

Il piano della superficie articolare guarda medialmente. A livello lombare si ha una curva a convessità
anteriore, quindi si parla di lordosi lombare.

OSSO SACRO

E’ costituito da cinque vertebre saldate ed ha forma


complessivamente trapezoidale, con una base minore posta
inferiormente, molto più corta della maggiore. La superficie
anteriore è concava e regolare, presenta quattro fori tra una
vertebra e l’altra. A livello della base, la prima vertebra sporge in
avanti e forma un promontorio.

La faccia posteriore è convessa e rugosa e sulla linea mediana


presenta gli equivalenti dei processi spinosi, la cresta sacrale
media. Partendo dalla cresta e spostandosi lateralmente da
ciascun lato, sempre in direzione cranio-caudale (longitudinale) si
ha un’altra cresta, meno evidente. Continuando a
spostarsi lateralmente da entrambi i lati si hanno i fori
sacrali posteriori, che naturalmente corrispondono a
quelli anteriori. Proseguendo ancora lateralmente, si
ha un’altra cresta. Complessivamente quindi, l’osso
sacro ha tre creste:

• cresta sacrale media che è impari-mediale;

• cresta sacrale intermedia che è bilaterale;

• cresta sacrale laterale che è bilaterale.

L’osso sacro, da ciascun lato, ha una superficie auricolare per l’osso dell’anca.

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ANATOMIA - ANA04 – "SACRO, COCCIGE E GABBIA TORACICA"

ID lezione ANA04
Data lezione 21 marzo 2011
Autore Francesca Gonnelli
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Sacro e coccige, gabbia toracica: sterno e coste, articolazioni

SACRO E COCCIGE

Riprendiamo dal termine della lezione precedente, quando ci eravamo lasciati parlando del sacro, e
concludiamo con il coccige.

Per quanto riguarda il sacro, il corpo centrale è costituito da 5 vertebre che sono fuse e che quindi
possiamo considerare, dal punto di vista funzionale, come un blocco unico. Di questo blocco unico va
sottolineato che anteriormente presenta una superficie concava, abbastanza liscia e regolare, nella quale si
osservano 4 coppie di fori, i FORI SACRALI ANTERIORI, che hanno una corrispondenza sulla faccia
posteriore. La base di questo blocco di vertebre è rivolta verso l’alto, mentre l’apice tronco è rivolto verso il
basso, cosicché l’apice del sacro corrisponde, a sua volta, alla base del coccige, che può essere anch’esso
considerato come blocco unico. Consta di un numero variabile di rudimenti di vertebre che possono essere
da 3 a 5; questi rudimenti di vertebre diventano sempre meno delineati andando verso il basso.

(Su questa parte dovremo ritornare, trattandola in maniera molto più approfondita, parlando dell’arto
inferiore, il quarto capitolo del nostro programma.)

Per ora ci limitiamo a dire che in questa parte del corpo, la PELVI, vengono a collocarsi tutti gli organi
pelvici, ovvero la parte distale del canale alimentare (retto e canale anale), in posizione posteriore,
l’apparato genitale femminile e la vescica, mentre nel maschio, sotto la vescica, si trovano la prostata e le
vescichette seminali.

Il primo riferimento di cui va tenuto conto trattando della zona sacro-coccigea è la prima vertebra sacrale,
la quale presenta una sporgenza in avanti, chiamata PROMONTORIO DEL SACRO; inoltre si individua la
porzione laterale, che è quella parte delle masse laterali di una vertebra che richiama, per quanto riguarda
l’embrione, il processo costale e che viene definita come ALA DEL SACRO; questa parte termina con la
SUPERFICIE AURICOLARE (con auricola si intende un’appendice laterale) che si articola, da ciascun lato, con
l’osso coxale (o osso iliaco), formando il BACINO.

LA GABBIA TORACICA

Adesso passiamo alla gabbia toracica: abbiamo la parte avanti che, assieme al suo contenuto, tende a farci
cadere in avanti, perciò si vede necessaria la presenza di robusti tiranti muscolari posteriori che sostengono
il dispositivo osseo del rachide, al fine di mantenere la posizione eretta.

Autore: Francesca Gonnellu per Medicina08.it 1 di 8


Anatomia ANA04 – SACRO, COCCIGE E GABBIA TORACICA (21mar2011)

La gabbia toracica è capace di


un'escursione durante l’atto
respiratorio e, al suo interno, si va
a posizionare il MUSCOLO
DIAFRAMMA che ha la forma di
una cupola e si trova più meno a
metà, nell’interno della gabbia
toracica. Questo muscolo non è
l’unico diaframma del nostro
corpo, poiché esistono anche il
diaframma pelvico, il diaframma
uro-genitale e altri, ma è quello
che per antonomasia viene
chiamato muscolo diaframma;
questo muscolo è di fondamentale importanza durante i movimenti di espansione della respirazione.

Possiamo perciò concludere dicendo che la gabbia toracica è una struttura ossea dotata di una certa
mobilità, al fine di consentire l’atto respiratorio stesso.

Questa struttura è costituita da un osso centrale impari mediano, lo STERNO, su cui si inseriscono 12 paia di
COSTE, che quindi hanno un’inserzione anteriore sullo sterno e un’inserzione posteriore sul rachide, e in
particolare sulle 12 vertebre toraciche.

LO STERNO

Lo sterno è un osso che ha un’estensione


longitudinale, l’asse maggiore, che supera
notevolmente le dimensioni della larghezza e dello
spessore. Si individuano due facce, una anteriore e
una interna intratoracica, con due margini laterali,
destro e sinistro, su cui si inseriscono le coste,
attraverso le CARTILAGINI COSTALI.

Lo sterno è costituito da tre componenti:

1. MANUBRIO STERNALE: è la parte superiore


dello sterno e il suo margine superiore è
palpabile nella fossetta del giugulo; vi si
inseriscono l’estremità mediale dell’osso della clavicola, attraverso l’articolazione sterno-claveare
(o sterno-clavicolare) e il primo paio di coste, mediante una faccetta articolare che si trova sulla
superficie laterale del manubrio stesso. Al di sotto della prima costa, il manubrio ha un margine
obliquo che tende a restringersi verso il basso e medialmente, per cui il margine inferiore è più
stretto, tanto che questa componente del manubrio può essere paragonata a un rombo, con una
base superiore e una base inferiore piuttosto ristrette rispetto al margine laterale. Il manubrio dello
sterno può essere considerato lungo quanto tre dita traverse (indice, medio e anulare posti
orizzontalmente).

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Anatomia ANA04 – SACRO, COCCIGE E GABBIA TORACICA (21mar2011)

2. CORPO DELLO STERNO: è decisamente più lungo del manubrio, cui si trova in posizione subito
sottostante, e arriva fino a quella che, in linguaggio corrente, è conosciuta come bocca dello
stomaco, ovvero fino alla parte svasata della parte anteriore della gabbia toracica, che è anche la
porzione più alta di tutto il profilo inferiore della gabbia stessa.

3. PROCESSO XIFOIDEO (dal latino “xifos” = pugnale corto): è una sporgenza inferiore, più o meno
appuntita, che si inserisce sulla parte inferiore del corpo dello sterno.

Per concludere, nel complesso, lo sterno funge da articolazione anteriore per l’estremità anteriore delle
coste.

Prima di passare ad analizzare quali coste si inseriscono nello sterno, è necessario soffermarsi sul punto di
passaggio tra manubrio dello sterno e corpo: questo punto, che corrisponde alle nostre tre dita trasversali,
forma un angolo, detto ANGOLO STERNALE o DI LOUIS, che è molto importante poiché, tracciando un piano
ideale che dall’angolo sternale va a incrociare posteriormente T4, cioè la quarta vertebra toracica, si divide
l’interno della gabbia toracica in due porzioni.

Lo spazio centrale della gabbia toracica, ovvero dietro al profilo dello sterno alla parte più anteriore delle
coste e delimitato lateralmente su ciascun lato dai polmoni, prende il nome di MEDIASTINO (o cavità
mediastinica), il quale è uno di quegli spazi topografici che, come la pelvi, contiene un certo numero di
organi interni. Questa area topografica si trova al di sopra del muscolo diaframma, il quale divide il tronco
in torace (superiore) e cavità addominale (inferiore). Grazie all’angolo sternale definito sopra, si individua il
piano che divide il mediastino in MEDIASTINO SUPERIORE (contiene l’arco dell’aorta, la prima parte
dell’arteria aorta, che di dirige da destra verso sinistra ed è disposto su un piano obliquo) e MEDIASTINO
INFERIORE (contiene il cuore).

[INCISO: in sede autoptica, per aprire la gabbia toracica si incide con la forbice lungo il margine sterno-
cartilagineo e si toglie quello che viene chiamato il PIASTRONE STERNALE con attaccate le cartilagini costali;
ciò permette una visione piuttosto ampia dell’interno della gabbia toracica.]

LE COSTE

Esternamente, è possibile individuare il passaggio tra manubrio e corpo dello sterno, andando a osservare
l’inserzione delle coste sullo sterno:

• la prima costa si inserisce decisamente sul manubrio e non è palpabile perché è sormontata dalla
clavicola;

• la seconda costa è la prima palpabile e si inserisce esattamente a cavallo tra il manubrio e il corpo,
perciò, individuata la seconda costa, si trova immediatamente anche il punto di passaggio tra le due
parti dello sterno, quindi l’angolo sternale. È perciò evidente che il mediastino superiore, proiettato
sulla parte anteriore del torace, è alto tre dita;

• la terza, la quarta, la quinta, la sesta e la settima costa si inseriscono lungo il margine laterale del
corpo dello sterno.

Dalla prima alla settima, le coste si definiscono STERNALI, poiché si inseriscono individualmente
lungo i margini laterali dello sterno;

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Anatomia ANA04 – SACRO, COCCIGE E GABBIA TORACICA (21mar2011)

• dall’ottava alla decima, le coste si inseriscono ognuna su quella precedente, ovvero la cartilagine
dell’ottava si inserisce su quella della settima, la nona sull’ottava e la decima sulla nona e perciò
sono dette ASTERNALI, poiché non hanno un attacco diretto, autonomo sullo sterno;

• l’undicesima e la dodicesima costa sono dette FLUTTUANTI, cioè non arrivano ad articolarsi e non
hanno la porzione anteriore che gira fino allo sterno.

N.B. Sul processo xifoideo non si inseriscono coste.

In alcune etnie anche la decima costa può essere fluttuante; a questa possibile variazione possono
aggiungersi variazioni che comportano coste soprannumerarie, non visibili esteriormente né pratiche o
utili, ciononostante non creano problemi. Generalmente le coste soprannumerarie si ritrovano in partenza
dalle vertebre contigue a quelle toraciche (es. T7 o L1, L2), cioè laddove la porzione cosiddetta costale delle
vertebre, ovvero quella che origina i processi trasversi delle vertebre, si sviluppa in maniera autonoma e
quindi dà origine a vere e proprie ossa.

Fra le tre componenti dello sterno si trova un sottile strato di cartilagine, che però nel corso della vita tende
a calcificare, quindi nell’adulto e nell’anziano questa struttura diventa un osso unico.

[INCISO 2: la zona delle cartilagini costali é il punto in cui andrebbe effettuato il massaggio cardiaco proprio
per l’elasticità che la gabbia toracica ha a livello delle cartilagini costali; tuttavia, spesso, nonostante un
massaggio cardiaco correttamente effettuato, in sala anatomica si trovano fratture costali derivanti proprio
dal massaggio cardiaco stesso. All’altezza del mediastino inferiore si trova il cuore e in particolare circa il
65-70% della massa cardiaca si viene a collocare dietro lo sterno. Da qui l’utilità di effettuare il massaggio
all’altezza dello sterno.]

Caratteristiche delle coste

Adesso andiamo a focalizzare l’attenzione su quella che è la struttura delle coste, prendendo prima una
costa tipo, con delle caratteristiche di riferimento, e poi analizzando le eccezioni.

La prima costa, paragonata all’ottava, è decisamente più piccola, ha un raggio di curvatura più corto e
perciò è più curva. Il raggio di curvatura va aumentando dalla prima costa, che è la più piccola, fino a metà
torace, dove, a livello della sesta-settima costa, si raggiunge il massimo raggio di curvatura, per poi tornare
a ridursi fino alla fine, ma non certo come le prime coste (tra il torace e il collo c’è decisamente la parte più
ristretta della gabbia toracica, perciò la prima costa deve essere più corta delle altre).

Ogni costa è caratterizzata da un corpo e da due estremità: l’estremità posteriore presenta una TESTA,
quindi una porzione relativamente allargata, seguita da una parte che si assottiglia, il COLLO, e poi, in
corrispondenza di quello che viene chiamato ANGOLO COSTALE, c’è una piccola sporgenza che prende il
nome di TUBERCOLO COSTALE; al tubercolo della costa segue, con un raggio di curvatura variabile, il
CORPO DELLA COSTA, che termina nell’estremità anteriore.

L’estremità anteriore del corpo presenta una superficie finale piuttosto netta, che termina con un piccolo
incavo, abbastanza liscio e regolare, in cui si viene a porre la cartilagine costale, attraverso la quale le coste
si articolano allo sterno; perciò, ai margini dello sterno, la superficie delle coste è rivestita da cartilagine e a
questo livello i primi 2-3 cm della costa sono appiattiti.

La testa della costa presenta una superficie articolare che è composta da due porzioni: quella inferiore, più
ampia, e quella superiore; le due superfici sono separate da una cresta perciò, vista di profilo, la testa non è

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Anatomia ANA04 – SACRO, COCCIGE E GABBIA TORACICA (21mar2011)

perfettamente piana ma ci sarà una specie di rilievo che divide le due faccette articolari. Come abbiamo
detto, le faccette articolari della testa della costa si articolano con il corpo delle vertebre e, in particolare, la
superficie inferiore si articola con la vertebra dello stesso numero (es. il corpo della seconda vertebra
toracica si articola con la superficie articolare inferiore della testa della seconda costa) mentre la superficie
superiore si articola con il corpo della vertebra sovrastante, quindi la testa della costa si va ad articolare a
cavallo tra due vertebre contigue, con le dovute eccezioni. In linea di massima, per concludere, la cresta è
in rapporto con il disco intervertebrale.

Il tubercolo presenta una sporgenza che ci segnala l’angolo costale e che dispone di una faccetta articolare
con cui la costa si articola al processo trasverso della vertebra.

Disposizione delle coste nello spazio

Tutte le coste hanno pressappoco la stessa disposizione spaziale, sono cioè disposte verticalmente, a
eccezione della prima che, come dicevamo, non è palpabile perché sovrastata dalla clavicola. La
disposizione verticale fa sì che andremo a descrivere un margine inferiore, un margine superiore, una faccia
esterna anteriore e una faccia interna posteriore che guarda all’interno della gabbia toracica.
Complessivamente quindi, le coste sono disposte verticalmente su di un piano pressoché orizzontale.

La prima costa fa eccezione alla disposizione delle altre e, chiudendo in alto la gabba toracica, è disposta
orizzontalmente sul piano orizzontale, perciò parleremo non più di margini superiore e inferiore, bensì di
facce superiore e inferiore e non più di facce interna ed esterna, ma di margini anteriore, convesso e
posteriore, concavo.

La seconda costa comincia a disporsi in maniera più obliqua finché, dalla terza in poi, tutte le coste sono
disposte in verticale.

I margini superiore e inferiore non sono uguali fra loro e perciò è possibile distinguerli perché queste ossa,
che sono metameriche (segmentali), devono accogliere tutti i vasi (vene ,arterie e nervi) che sono anch’essi
metamerici e passano in corrispondenza del margine inferiore: questo presenta un piccolo ma evidente
solco, il SOLCO COSTALE. A causa della presenza del solco, il margine inferiore appare più assottigliato e più
tagliente, mentre il margine superiore è più arrotondato e più spesso.

[INCISO 3: l’internista che deve effettuare quella che si chiama toracentesi infilerà l’ago in prossimità del
margine superiore, in modo tale da evitare di andare a forare un vaso o un nervo.]

Solchi e inserzioni muscolari sulla prima e sulla


seconda costa

La prima costa, sulla faccia superiore, è


sormontata dalla clavicola e qui scorre
l’ARTERIA SUCCLAVIA, un’importante arteria
che nasce dall’arco dell’aorta (mediastino
superiore), destinata all’arto superiore: proprio
per la pulsazione del sangue nell’arteria
succlavia, sulla prima costa si è formato un
solco, che prende il nome di SOLCO PER
L’ARTERIA SUCCLAVIA; vi sono inoltre due
superfici che danno inserzione a dei muscoli: il

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Anatomia ANA04 – SACRO, COCCIGE E GABBIA TORACICA (21mar2011)

MUSCOLO SCALENO ANTERIORE, che è un muscolo laterale del collo e che quindi, dai processi trasversi
delle vertebre cervicali, scende fino alla prima costa, e il MUSCOLO SCALENO MEDIO; è proprio fra queste
superfici rugose di inserzione per i due muscoli che si viene a collocare il solco per l’arteria succlavia.

Sulla seconda costa si inserisce un terzo muscolo scaleno, il MUSCOLO SCALENO POSTERIORE.

Davanti alla superficie di inserzione dello scaleno anteriore si trova un altro solco, meno evidente e meno
accentuato di quello dell’arteria succlavia, il SOLCO PER LA VENA SUCCLAVIA, che si trova in posizione più
superficiale e in prossimità della parte anteriore della costa, affiancato da un muscolo, il MUSCOLO
SUCCLAVIO.

Cenni sull'arteria succlavia

L’arteria succlavia va verso il braccio passando sotto la clavicola, portandosi a livello del cavo ascellare
(diventa ARTERIA ASCELLARE) e poi nel braccio (ARTERIA BRACHIALE/OMERALE, dal nome dell’osso del
braccio, “omero”). Uno dei rami dell’arteria succlavia è l’ARTERIA VERTEBRALE che, passando all’interno dei
fori trasversari e attraverso il grande forame occipitale, contribuisce a vascolarizzare tutta la parte
posteriore dell’encefalo.

Sul corpo della prima costa, in corrispondenza del margine ottuso, si trova la superficie di inserzione
prossimale del MUSCOLO DENTATO ANTERIORE. Ovviamente esiste anche un muscolo dentato posteriore,
diviso in superiore e inferiore, che però tratteremo in seguito. In generale i dentati sono quei muscoli che
rivestono la superficie laterale del torace al di sotto del cavo ascellare.

Cenni di legenda dell’atlante: generalmente, negli atlanti, in blu si colora l’inserzione del muscolo, mentre
con il rosso si indica l’origine del muscolo. Convenzionalmente si tende a chiamare con il termine di
inserzione sia l’origine, sia l’inserzione vera e propria, talvolta precisando se si tratti di inserzione prossimale
o distale.

Alla luce di quanto detto, gli scaleni sono considerati come


originanti dalle vertebre cervicali e come inserzione finale
sulla prima –anteriore e medio- o sulla seconda costa –
posteriore-.

Passiamo alla superficie posteriore della gabbia toracica,


dove si trova una grande superficie triangolare piatta, la
SCAPOLA, che però tratteremo a proposito dell’arto
superiore.

Le linee verticali blu in figura rappresentano la linea che


unisce gli angoli costali che si trova dopo il tubercolo,
all’inizio del corpo costale, e quella che unisce i processi
spinosi: tra queste due linee si viene a creare un
incavo/doccia che corre lungo la colonna e che va dalla base
cranica fino al livello sacrale: questa è una superficie che è
sede della massa longitudinale dei muscoli dorsali.

Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08.it 6 di 8


Anatomia ANA04 – SACRO, COCCIGE E GABBIA TORACICA (21mar2011)

ARTICOLAZIONI

[Per quanto riguarda l’ultima parte della lezione, ho ritenuto opportuno riassumere in tabella tutte le
articolazioni che abbiamo incontrato fin’ora. N.d.F.]

SINARTROSI (non c'è soluzione di continuità) DIARTROSI (c'è soluzione di continuità: cavità)
Condilartrosi: articolazione tra due capi
ossei ellissoidali, uno convesso e uno
Sinfisi: articolazione tra due ossi continui separati da concavo.
cartilagine fibrosa. OSSO OCCIPITALE-ATLANTE

Ginglimo laterale (trocoide):


articolazione tra due cilindri, uno cavo
Sindesmosi: articolazione tra due ossi continui e uno pieno, con l'asse del cilindro
separati da tessuto connettivo fibroso. parallelo all'asse longitudinale delle
ossa.
DENTE DELL’EPISTROFEO-ATLANTE

Ginglimo angolare (troclea):


articolazione tra due cilindri con l'asse
del cilindro perpendicolare all'asse del
capo longitudinale delle ossa.
GOMITO

Enartrosi: articolazione tra due corpi


sferici, uno concavo e l'altro convesso.
ART. COXO-FEMORALE
SCAPOLA-OMERO

Artrodia: articolazione tra due superfici


piane. Permette un movimento di
scivolamento, di scorrimento una
sull’altra, ma non la rotazione, né il
ripiegamento.
ART. STERNO-COSTALE
ART. COSTO-VERTEBRALE

A sella: articolazione tra due corpi


biassiali convessi e concavi a reciproco
incastro.
ART. STERNO-CLAVICOLARE

Immagini da www.medicinapertutti.altervista.org

Tra le articolazioni che si individuano nella regione toracica abbiamo:

Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08.it 7 di 8


Anatomia ANA04 – SACRO, COCCIGE E GABBIA TORACICA (21mar2011)

1. articolaz. Sterno-costale: artrodie doppie (tranne la 1°: sincondrosi);

2. Articolaz. Costo-vertebrali:

• testa-corpi vertebrali: artrodie (piane) (diartrosi doppie, tranne 1°,10°, 11°, 12°);

• tubercolo-processi trasversi: artrodia (sebbene arcuata) è alcuni le considerano sferiche


proprio per la curvatura delle superfici a contatto e, perciò, in tal caso si parla di enartrosi
(sono simili alle condilioidee anche se più sferoidali);

3. Articolaz. Sterno-clavicolare: sella.

[INCISO 4: in sede autoptica questa articolazione si disarticola –in gergo si “sclavicola”- facendo attenzione
a non far uscire il sangue.]

[Tralascio la macabra visione dei medici che scommettono sulla riuscita della disarticolazione della coppia
sterno-clavicola!! Non me ne vogliate. N.d.F.]

Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08.it 8 di 8


ANATOMIA - ANA05 – "MUSCOLI DEL DORSO 1"

ID lezione ANA05
Data lezione 23 marzo 2011
Autore Davide Soldato
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Muscoli del rachide.

MUSCOLI DEL DORSO

La muscolatura longitudinale dorsale è quella che ci permette di mantenere una posizione eretta, deriva
dalla porzione epiassiale dei miotomi ed è un blocco muscolare esteso dal sacro alla base cranica. Abbiamo
poi un gruppo muscolare ventrale che deriva dalla parte ipoassiale dei miotomi (anche detta parte ventrale)
che però si sviluppa solo a livello delle vertebre cervicali ed è implicata nei movimenti della testa.

Nell’embrione abbiamo lo sviluppo dei miotomi,


blocchetti mesenchimali che accrescono l’embrione in
senso craniale. Nella futura testa ci sono dei muscoli
che dal punto di vista istologico sono striati ma hanno
una duplice derivazione e avranno dunque una
duplice innervazione: i muscoli che vanno a muovere
il bulbo oculare insieme alla muscolatura estrinseca
della lingua e i muscoli facciali (o muscoli mimici)
insieme a quelli della masticazione che derivano da
strutture transitorie che sono chiamati archi
branchiali, presenti nella regione latero-faringea.

Cerchiamo di interpretare questa immagine: è


una sezione trasversale fatta nel momento
dello sviluppo dell’arto superiore e difatti
abbiamo la regione delle ossa del cingolo
scapolare, abbiamo il primo segmento che darà
origine all’omero, abbiamo poi l’avambraccio
con le due ossa, abbozzo del radio e dell’ulna, e
poi abbiamo le ossa della mano. Nel disegno
vediamo inoltre che si sta sviluppando la
vertebra intorno alla sezione del midollo
spinale (la struttura a righe che sembra una X) e
dal midollo spinale escono due rami neri che formano un nervo spinale. Per ogni vertebra avremo una
coppia di nervi: quello dell’emisoma di destra e quello dell’emisoma di sinistra.

I due blocchetti rappresentano la muscolatura epiassiale del tronco e presenta un segmento più mediale e
uno più laterale; a questi due blocchetti arrivano le ramificazioni posteriori del nervo spinale. Davanti al
corpo vertebrale in formazione abbiamo altri due blocchetti che sono la muscolatura ipoassiale.
Osserviamo inoltre che lungo l’arto abbiamo i blocchetti che circondano il segmento osseo dell’omero e che

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Anatomia ANA05 – MUSCOLI DEL DORSO 1 (23mar2011)

andranno a formare la muscolatura del braccio (che si dividerà in muscolatura flessoria ed estensoria). A
livello dell’avambraccio vediamo i due blocchetti, i due abbozi muscolari, che andranno a costituire la
muscolatura flessoria ed estensoria dell’avambraccio. Abbiamo poi lo sviluppo di un grosso segmento
muscolare servito dalla porzione ventrale dei nervi che forma a livello toracico la muscolatura intercostale.
A livello addominale avremo i muscoli larghi dell’addome. Questa sezione contiene dunque la muscolatura
epiassiale ed ipoassiale del tronco e gli abbozzi dei muscoli del braccio.

Si possono vedere i blastemi ipoassiali in mediale e in laterale e vediamo il nervo spinale che si forma dalla
congiunzione della radice anteriore e di quella posteriore. Il ramo primario di ciascun nervo spinale subito
dopo l’emergenza si biforca e avremo il ramo dorsale che va alla muscolatura epiassiale mentre il ramo
ventrale più grosso va alla muscolatura ipoassiale e poi va alla muscolatura dell’arto. Il numero 1 indica i
blastemi epiassiali, il numero 5 i blastemi ipoassiali per i muscoli prevertebrali del collo, il numero 6 nella
regione laterale del collo vede la presenza dei muscoli scaleni, il numero 9 è l’abbozzo del cingolo scapolare
mentre il numero 11 indica i blastemi estensorio e flessorio dell’arto superiore.

MUSCOLATURA DEL RACHIDE

Avremo a che fare con i processi trasversi e i processi


posteriori delle vertebre a cui andremo ad agganciare
i vari muscoli di questo gruppo muscolare che si
estende in senso longitudinale dall’osso occipitale fino
alla regione del coccige.

Muscoli spino-appendicolari

E' un piano muscolare molto ampio ed esteso; sono i


muscoli larghi che collegano l’asse alle appendici.
Sono muscoli che dai processi spinosi vanno a finire
sull’omero. Questi muscoli sono organizzati su due
strati:

1. strato superficiale che comprende il muscolo


trapezio (1) e il muscolo gran dorsale (2):

• muscolo trapezio: questo muscolo parte


dalla linea nucale superiore, dalla
protuberanza occipitale esterna e dalla
mastoide del temporale (o processo
mastoideo); sulla linea mediana abbiamo l’inserzione sui processi spinosi delle vertebre
cervicali e toraciche (fino a T11). L’inserzione appendicolare è sulla scapola e in parte sulla
clavicola. È presente inoltre l’aponeurosi del muscolo trapezio che è una lamina connettivale
(una piccola losanga) che si trova a cavallo tra le ultime cervicali e le prime toraciche;

• muscolo gran dorsale: da T6 scende lungo le vertebre lombari arrivano fino alla cresta sacrale
media dove si inserisce sul margine superiore dell’osso coxale. L’inserzione appendicolare si ha
sulla faccia anteriore dell’omero sul labbro mediale del solco bicipitale;

2. strato profondo che comprende il muscolo elevatore della scapola (3) e il muscolo romboide (4)

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Anatomia ANA05 – MUSCOLI DEL DORSO 1 (23mar2011)

• muscolo elevatore della scapola: dai processi trasversi delle prime 4 vertebre cervicali fino
all’angolo superiore mediale della scapola (quello dell’amico Giovanni ndD);

• muscolo romboide: dalle spine delle ultime tre cervicali e delle prime quattro toraciche fino alla
scapola.

Fascia lombo-dorsale: cerniera connettivale che ha complessivamente la forma di una losanga, presenta
inserzione sui processi spinosi a livello cervicale e toracico, sulla linea mediana (colonna) e continua
coinvolgendo l’osso sacro e anche l’osso coxale (nella parte posteriore dell’osso).

Muscoli toraco-appendicolari

Sono i muscoli che si trovano sulla regione anteriore. Questi muscoli uniscono appunto la porzione
anteriore dell’asse con le appendici.

La massa longitudinale della vertebra è inglobata dal foglietto profondo dell’aponeurosi lombo-dorsale.
Fra la cresta iliaca (osso del cingolo pelvico) e il margine inferiore dell’arcata costale abbiamo una regione
formata da due muscoli: uno è esteso in medio laterale ed è più laterale (numero 3 con profilo semilunare)
ed è posteriore rispetto ad un blocco muscolare che ha una pianta quadrata e possiamo immaginare come
un muscolo fusiforme. Questi due sono i muscoli che formando la parete lombare al di sotto dell’arcata
costale fino alla cresta iliaca: sono il muscolo quadrato dei lombi (numero 3, più laminare e posto più
posteriormente) e il muscolo psoas e dalle vertebre lombari va a terminare all’interno della pelvi e va verso
l’arto inferiore. Il numero 4 è il muscolo gran dorsale con il rivestimento in superifice della fascia lombo-
dorsale; passiamo alla regione anterolaterale dell’addome con i muscoli larghi dell’addome che sono tre:
uno più esterno, uno intermedio e uno interno; sono tre lamine muscolari da ciascun lato e dalla regione
lombare di ciascun lato vanno verso la linea mediana dove abbiamo una striscia longitudinale che sono i
muscoli retti dell’addome e qui arrivano i muscoli larghi dell’addome che sono i muscoli di rivestimento
antero-laterali della parete.

Muscoli spino-costali

Secondo strato di muscoli che


unisce le spine alle coste. Sono due
muscoli, uno posto più in alto e
uno più in basso. Questi due
muscoli sono uniti dalla fascia dei
dentati e può essere considerata
come il continuo della fascia nucale
in alto e della lombo-dorsale in
basso. Secondo alcuni autori
servono con il loro grado di
tensione al sistema di controllo
incoscio dei muscoli che viene
detto tono muscolare e fa parte
della sensibilità propriocettiva e
che regola momento per momento
il tono muscolare.

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Anatomia ANA05 – MUSCOLI DEL DORSO 1 (23mar2011)

• Dentato postero superiore: siamo a livello delle ultime cervicali e delle ultime toraciche. È un
muscolo inspiratorio (aiuta a sollevare le coste);

• Dentato postero inferiore: a livello lombare. Viene considerato come un muscolo espiratorio (aiuta
ad abbassare le coste).

Muscoli spino-dorsali

Sono i muscoli propri del dorso e vengono organizzati su tre piani differenti:

1. superficiale: sono muscoli lunghi che vanno dal sacro fino alla nuca. Questo strato viaggia al di sotto
dei dentati:

• massa comune: blocco muscolare che arriva fino al collo; viene anche detto erettore della
colonna o, ricordando le inserzioni, sacro-spinale. Da ciascun lato inizia con un blocco unico (a
livello sacrale ed iliaco) ma salendo si biforca in due linee muscolari: la linea più mediale viene
detta lunghissimo del dorso mentre la linea più laterale viene detto ileo-costale. Molti
considerano un terzo capo che invece noi
inseriremo nel gruppo dei muscoli intermedi;

• a livello cervicale possiamo aggiungere i muscoli


spleni:

a) lo splenio del capo (1): si inserisce sulla


linea nucale superiore e sulla mastoide;

b) lo splenio del collo (1’): parte dai processi


trasversi dell’atlante e dell’occipitale.

2. Intermedio: unisce segmenti tra loro abbastanza


distanti ma non lontanissimi.

3. Profondo: segmentali e metamerici, unisce le vertebre con quella immediatamente continua,


sovrastante o sottostante. In questo strano abbiamo tre categorie di muscoli differenti:

• interspinosi;

• intertrasversi;

• trasverso-spinosi (direzione obliqua, permettono movimenti di rotazione e torsione).

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ANATOMIA - ANA06 – "MUSCOLI DEL DORSO2, DEL COLLO E DEL TORACE"

ID lezione ANA06
Data lezione 24 marzo 2011
Autore Francesca Giustozzi
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Muscoli propri del dorso, muscolatura sub-occipitale e prevertebrale del collo,
Argomento
muscoli del torace: toraco-omerali, propri del torace, diaframma.

MUSCOLI SPINO-DORSALI O PROPRI DEL DORSO

Come già detto nella scorsa lezione, i muscoli spino dorsali sono disposti su tre piani, uno superficiale, uno
intermedio e uno profondo.

Strato superficiale

Lo strato più superficiale è dato dalla massa comune e dagli spleni.

La massa comune (o erettore della colonna o sacro spinale) è così chiamata perchè la linea di inserzione
coinvolge non solo i processi spinosi delle vertebre lombari, ma anche l'osso sacro (cominciamo a
coinvolgere come punto di origine o di inserzione l'osso iliaco, l'osso dell'anca o coxale). In questo muscolo
si possono distinguere due masse che si dirigono verso l'alto e che sono una più mediale e una più laterale:

• quella più mediale è lunghissima e la chiamiamo il lunghissimo del dorso;

• l'altra ha un’inserzione rispetto al lunghissimo un po’ più laterale; essa va ad inserirsi sugli angoli
costali: è il muscolo ileo- costale.

Per altri autori questo bidente è in realtà un tridente perché considerano nell'erettore della colonna non
solo questi due segmenti muscolari ma anche un altro mediale, il muscolo spinale, che invece in questa
classificazione che stiamo facendo vi inserisco nel secondo strato perchè la sua estensione non è
equiparabile a quella degli altri due.

Strato intermedio

Lo strato intermedio comprende muscoli di estensione intermedia, minore rispetto a quelli dello strato
esterno. Questi collegano vertebre distanti tra di loro 3 o 4 segmenti vertebrali.

Quelli che vanno dai processi spinosi ai processi spinosi di quattro vertebre lontane li chiameremo muscoli
spinosi o spinali; quelli che vanno dai processi trasversi ai processi spinosi di 3-4 vertebre lontane li
chiameremo trasverso-spinali.

I muscoli spinali, collegando i processi spinosi ai processi spinosi, sono abbastanza prossimi alla linea
mediana, cioè sono para-mediani, si trovano subito medialmente rispetto alla massa laterale dello strato
superficiale. Abbiamo il muscolo spinale che possiamo sottocapitolare in spinale del dorso, del collo e del
capo; con gli ultimi due arriviamo alla regione cervicale.

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Anatomia ANA06 – MUSCOLI DEL DORSO2, DEL COLLO E DEL TORACE (24mar2011)

I trasverso spinali uniscono i processi trasversi ai processi spinosi; la loro direzione rispetto agli spinali è un
po’ più obliqua: quanto più la loro direzione, a causa della loro inserzione, è obliqua tanto più questi
muscoli oltre ad estendere la colonna conferiranno anche dei piccoli movimenti rotatori. Nei trasverso
spinali abbiamo questi sottogruppi ( io non ve li chiederò!): semispinale e multifido.

Strato profondo

Lo strato profondo è costituito da muscoli rigorosamente segmentali, che uniscono una vertebra con quella
immediatamente contigua, secondo tre modalità diverse:

• gli interspinosi collegano processi spinosi-processi spinosi;

• gli intertrasversi collegano processi trasversi-processi trasversi;

• i trasverso spinosi collegano processi spinosi-processi trasversi; hanno una componente di tipo
rotatorio.

Per completare c'è un altro muscolo che unisce S4, S5 con il coccige ed è il muscolo sacro-coccigeo.

MUSCOLATURA SUB-OCCIPITALE DEL COLLO

Nella testa abbiamo quattro muscoli che ci interessano. Ci concentraimo su quella vertebra particolare che
non è una vertebra ma gli assomiglia molto come organizzazione, che è l'osso occipitale. Abbiamo
anticipato alcune cose dell'occipitale: il grande forame dell'occipitale, i condili dell'occipitale per
l'articolazione con l'atlante, la protuberanza occipitale esterna (sporgenza che potete palpare sulla vostra
nuca). Da questa protuberanza occipitale esterna partono due linee arcuate a concavità verso il basso, che
costituiscono la linea nucale superiore. Quest'ultima termina lateralmente dietro l'orecchio, sulla
bombatura ossea che è il processo mastoideo dell'osso temporale.

Questi 4 muscoli che ci interessano prendono inserzione


sulla linea nucale inferiore che sta un paio di centimetri più
in basso sulla squama dell'occipitale. Ci sono due muscoli
rettilinei più mediali (8 e 9) e due obliqui che sono più
laterali (10 e 11).

Entrambi i muscoli 8 e 9 si inseriscono sulla linea nucale


inferiore. Quello piu mediale (9) si ferma al tubercolo
postreriore dell'atlante : è il piccolo retto dorsale del capo.
L'altro (8), che è piu lungo perchè scende piu in basso di una
vertebra, arriva fino al processo spinoso bifido
dell'epistrofeo: questo è il grande retto dorsale.

Il 10 è l'obliquo superiore che unisce la porzione piu laterale


della linea nucale inferiore con il processo trasverso
dell'atlante. L’11, l'obliquo inferiore, unisce questo al
processo spinoso dell'epistrofeo.

Siamo sulla faccia posteriore del cranio quindi questi


muscoli stanno dietro al grande forame occipitale e il midollo spinale sta davanti rispetto a questi muscoli.

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Anatomia ANA06 – MUSCOLI DEL DORSO2, DEL COLLO E DEL TORACE (24mar2011)

Vi ripropongo questo schema perchè dobbiamo


occuparci dei blastemi ipoassiali da cui si origina la
muscolatura distale; diciamo che questa è sviluppata
solo a livello cervicale perchè a livello toracico
abbiamo i visceri e altre strutture, quindi non
abbiamo questa muscolatura. La muscolatura di cui ci
siamo occupati fino ad ora deriva dai blastemi
epiassiali (mediale e latelare). Dai blastemi ipoassiali
derivano dei muscoli che sono localizzati solo nella
regione cervicale e che sono detti prevertebrali
perche stanno immediatamente davanti ai corpi delle
vertebre. I due retti che abbiamo visto prima stanno
dietro, quindi derivano dai blastemi epiassiali.

MUSCOLATURA PREVERTEBRALE DEL COLLO

Sulla porzione basilare dell'osso occipitale abbiamo un


bottoncino poco rilevato che apprezzate meglio
palpatoriamente che non visivamente guardando il cranio
(chiesto spesso all'esame!): si chiama tubercolo faringeo ed
è l'inserzione piu posteriore sulla base cranica della faringe.

Numero 1: muscolo lungo del capo. Parte dalla parte


inferiore della porzione basilare dell'occipitale e va a
inserirsi sulla porzione anteriore dei processi trasversi di C3,
C4, C5. C6. Ha un azione di flessione se si contrae
bilateralmente oppure un'azione flessoria e torcente se si
contrae solo da un lato.

Numero 2: è un blocco unico detto lungo del collo. Unisce le


prime tre vertebre toraciche e le ultime tre vertebre
cervicali alle prime vertebre cervicali. E’ formato da tre
componenti, da tre capi: uno retto, uno obliquo superiore e
uno obliquo inferiore.

Poi abbiamo due muscoli piccoli posti lateralmente: il


numero 5, il piccolo retto anteriore che va dall'osso
occipitale alla faccia anteriore dell'atlante e il numero 6, il
retto laterale che va sulla faccia anteriore del processo trasverso dell'atlante.

FASCE DEL COLLO

Altro argomento controverso nell'organizzazione sono le fasce di cui vediamo solo un anticipo:
nell'immagine alla pagina seguente ci sono tre colori fondamentalmente: il blu-viola esterno, il verde e una
fascia profonda grigia che sta a ridosso delle vertebre. Secondo un‘organizzazione europea noi parliamo di
fascia cervicale superficiale, media e profonda. Sul Gray per esempio troverete solo quella profonda ma in
questa vengono distinte una componente superficiale, una pretracheale e una prevertebrale.

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Anatomia ANA06 – MUSCOLI DEL DORSO2, DEL COLLO E DEL TORACE (24mar2011)

Il gruppo anteriore dei muscoli del collo è rivestito dalla fascia


cervicale media (per gli americani la fascia pretracheale), in verde.

Il numero 1 corrisponde alla muscolatura dorsale, grossa massa fra


il processo trasverso e il processo spinoso. Questa massa è
ricoperta da uno sdoppiamento della fascia superficiale che è
chiamata fascia nucale. All'esterno, nello spazio rappresentato dal
numero 12 abbiamo uno dei muscoli spino appendicolari, il
trapezio ( siamo a livello di C6).

MUSCOLI DEL TORACE

Come abbiamo visto gli spino appendicolari , quì abbiamo i toraco omerali, che sono i muscoli più esterni;
poi come abbiamo visto gli intrinseci dorsali, quì abbiamo gli intrinseci del torace. Un discorso a parte
merita il diaframma.

MUSCOLI TORACO-OMERALI

Abbiamo quattro muscoli tra i toraco omerali: uno piu esteso, ampio che ha una linea di inserzione lungo la
linea mediana del manubrio del corpo dello sterno e una linea di inserzione alla clavicola, al 3° medio di
questo osso. Le lamine muscolari di questo muscolo, dall'alto e dal basso, convergono lateralmente e vanno
a finire all'omero: è il gran pettorale, omologo del gran dorsale. Esso si inserisce sul versante latero laterale
del solco bicipitale dell'omero; è un muscolo che ricopre gran parte della superficie superiore del torace.

Sotto al muscolo grande pettorale è presente il piccolo pettorale che ha un inserzione molto piu ristretta: si
inserisce solo su tre coste e non arriva come il grande pettorale sull'omero ma si ferma piu medialmente a
una sporgenza della scapola. Sul margine superiore della scapola vedremo che c'è un grosso processo un
po' inclinato in basso che si chiama processo coracoideo della scapola, dove si inserisce non solo il muscolo
pettorale ma anche altri due muscoli che vedremo in seguito.

Fra il grande pettorale e il piccolo pettorale, ognuno rivestito da una propria fascia connettivale, c'è un
piano di clivaggio: è uno spazio virtuale dato da due strutture che sono avvicinate ma non stanno accollate
tanto da non poter essere separate. Si può clivare per via smussa, senza ricorrere a un bisturi. Questa
inoltre, è una tasca naturale usata dai cardiologi per posizionare il pacemaker che si mette quando il cuore
non ha un ritmo regolare. Per rendere ben clivabili le fasce muscolari sui cadaveri, bisogna usare una
miscela di formalina, glicerolo e alcool.

Sotto la clavicola c'è un muscolo piccolo che si chiama succlavio. Sulla prima costa abbiamo l'arteria e la
vena succlavia.

Infine abbiamo il dentato anteriore o gran dentato che dal margine mediale della scapola si inserisce con
delle lingue sulle prime 8-9 coste.

MUSCOLI INTRINSECI O PROPRI DEL TORACE

I muscoli propri del torace comprendono i muscoli intercostali, gli elevatori delle coste, i sotto costali e il
muscolo trasverso del torace.

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Anatomia ANA06 – MUSCOLI DEL DORSO2, DEL COLLO E DEL TORACE (24mar2011)

I muscoli intercostali uniscono le coste tra loro: comprendono gli intercostali interni e gli intercostali
esterni. Ciascuno dei due non copre completamente tutta l'estensione della costa, cioè dalla testa della
costa fino allo sterno: uno degli intercostali, quello esterno, copre tutta la parte verso la vertebra, l'altro,
quello interno, copre tutta la parte verso lo sterno. L'intercostale esterno arriva posteriormente fino alla
colonna vertebrale ma anteriormente si ferma più o meno all'altezza dell'inserzione sulla costa della
cartilagine costale. Il tratto anteriore-mediale sarà coperto dall’intercostale interno che a sua volta non
arriva dietro.

Sulla faccia interna dello sterno e delle ultime coste abbiamo il muscolo trasverso del torace.

Andiamo ad analizzare le coste in sezione trasversale. Vediamo cosa succede tra queste due coste contigue.
Ricordiamo che il margine inferiore delle coste è quello più stretto, più appuntito, che presenta una piccola
scanalatura; in prossimità di questa scanalatura è inserito il fascio vascolo-nervoso VAN (vena-arteria-
nervo).

A è il gran dentato.

B è la fascia intercostale.

C è l'intercostale esterno: va dall'apice appuntito inferiore


della vertebra sovrastante alla porzione anteriore più
rotondeggiante del margine superiore della vertebra
sottostante.

D è l'intercostale interno. Ancora più all'interno rispetto


all'intercostale interno c'è una fascia connettivale, la fascia
endotoracica, che riveste dall'interno la gabbia toracica.

Ancora più internamente c'è la pleura, un rivestimento


mesoteliale che ricopre il polmone ed è fatto da due
foglietti: un foglietto viscerale che riveste il polmone in
modo molto preciso; poi questo si ribalta e si riflette e va a
costituire la pleura parietale che va a tappezzare la faccia
interna del torace ed è accollato anche al pavimento che è formato dal muscolo diaframma.

Quindi se dalla fascia endotoracica andiamo ancora più internamente troviamo il foglietto parietale
pleurico e ancora più dentro il viscerale. Il polmone è quindi rivestito da un foglietto di natura mesodermica
che, arrivato in prossimità dell'ilo, non può continuare quindi si riflette e si continua con il foglietto
parietale. Tra il foglietto parietale e quello viscerale c'è uno spazio virtuale riempito da pochi cc di liquido
pleurico prodotto dalle cellule di rivestimento della pleura.

MUSCOLO DIAFRAMMA

E’ una cupola muscolare che si trova cucita anteriormente all'interno delle coste; in avanti è inserito sulla
faccia interna dello sterno, posteriormente ha un inserzione sulle vertebre lombari. Al centro presenta una
componente tendinea che ha la forma di un trifoglio.

Autore: Francesca Giustozzi per Medicina08.it 5 di 6


Anatomia ANA06 – MUSCOLI DEL DORSO2, DEL COLLO E DEL TORACE (24mar2011)

L'inserzione costale segue il profilo dell'arcata costale (arriva fino all'undicesima), mentre in prossimità del
passaggio tra il corpo e il processo xifoideo abbiamo la parte più alta dell'inserzione anteriore. L'inserzione
lombare è complessa.

Il diaframma funziona come principale organo della respirazione: contraendosi nella inspirazione, si
abbassa e quindi aumenta lo spazio della gabbia toracica. All'interno della gabbia toracica, della cavità
pleurica, c'è una pressione negativa: se aumenta lo spazio a pressione negativa all'interno della cavità
pleurica, il polmone con il foglietto viscerale che lo riveste, segue questa espansione della gabbia toracica e
l'abbassamento del pavimento che è il diaframma. Nella espirazione avviene l'inverso.

Il diaframma, oltre a funzionare come principale organo della respirazione, è una struttura di passaggio tra
la gabbia toracica e la cavità addominale: diverse strutture anatomiche attraversano questo muscolo.
L'aorta deve passare dal torace all'addome; la vena cava inferiore lo deve attraversare in direzione opposta
all'aorta perché deve portare il sangue venoso dagli arti inferiori al cuore; poi ci deve passare il tubo
digerente perché l'esofago, che inizia nel collo, si trova in mezzo al torace in quello spazio che si chiama
mediastino e deve attraversare il diaframma per entrare nello stomaco. Bisogna quindi vedere dove far
passare queste strutture.

A livello lombare il diaframma presenta delle inserzioni che si chiamano pilastri. Ci interessano le vertebre
che vanno da T12 a L4.

Dobbiamo sistemare tre coppie di pilastri. Abbiamo dei pilastri mediali, dei pilastri intermedi e dei pilastri
laterali:

• i pilastri mediali hanno delle origini asimmetriche: partono dalla faccia antero mediale del corpo di
L2, L3 , L4 nella parte destra, mentre nella parte sinistra solo a livello di L2 e L3. I pilastri mediali
formano poi un arco in alto rigorosamente tendineo e non muscolare: questo arco tendineo,
delimitato dai pilastri mediali, dà passaggio alla aorta addominale. Questo tendine mediale dopo
aver fatto l'arcata si incrocia e forma una sorta di numero 8, con una seconda arcata, muscolare
però: attraverso questa porzione muscolare passa l'esofago. Quello inferiore è lo iato aortico,
quello superiore è lo iato esofageo. Con l'aorta passa anche il dotto toracico, dotto principale della
linfa, mentre con l'esofago passa il nervo vago, uno di destra e uno di sinistra;

• a livello del corpo di L3 abbiamo un pilastro più sottile vicino a quello mediale, il pilastro
intermedio. Fra il pilastro mediale e quello intermedio c'è un piccolo spazio in cui si infilano due
nervi da ciascun lato: il grande splancnico e il piccolo splancnico, destinati agli organi interni. Ci
passa anche una vena: a destra la vena azigos, a sinistra la vena emiazigos;

• dal processo costiforme di L2 parte il pilastro laterale, il quale come si dirige verso l'alto, si biforca
in una arcata mediale, che si va ad inserire sul corpo di L2, e un'arcata laterale più lunga che va
sulla dodicesima costa. Abbiamo quì l'arcata dello psoas e l'arcata del quadrato dei lombi, i quali
formano la parete lombare posteriore e derivano dal pilastro laterale. Il quadrato dei lombi è
piuttosto appiattito ed esteso in senso latero-laterale, lo psoas è fusiforme, è piu mediale ed è a
ridosso della colonna vertebrale.

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ANATOMIA - ANA07 – "MUSCOLI DEL COLLO 2 E MANDIBOLA"

ID lezione ANA07
Data lezione 28 marzo 2011
Autore Rebecca Micheletti
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Zone del collo, mandibola e osso ioide, muscoli del collo

IL COLLO

LIMITI

• Superiore: margine osseo della mandibola, processo mastoideo e linea nucale superiore fino alla
protuberanza occipitale esterna.

• Inferiore: clavicola.

• Posteriore: vertebre fino alla prominente (C7).

ZONE DEL COLLO

• Piano sottocutaneo

• Regione laterale dominata dallo sternocleidomastoideo

• Anteriormente tra i 2 muscoli sternocleidomastoidei c’è una regione triangolare anteriore

• Regione profonda (prevertebrale)

Piano sottocutaneo

C’è un muscolo appartenente alla muscolatura mimica ed è il


platisma: un foglio muscolare molto sottile disposto sotto la cute
che prende inserzione prossimale sulla mandibola, riveste
obliquamente il collo, incrocia lo sternocleidomastoideo, ricopre la
clavicola e si inserisce qualche centimetro al di sotto della
clavicola. La muscolatura mimica è innervata dal nervo facciale.

Regione laterale

In superficie c’è lo sternocleidomastoideo. Sul suo margine


anteriore, a metà, sentiamo la pulsazione di un’arteria che è la
carotide comune. Questa regione è detta carotidea. Ha 2 capi: uno
sul manubrio dello sterno e uno sul terzo prossimale della clavicola. Si inserisce sul processo mastoideo e
sulla linea nucale superiore. I 2 capi sternali delimitano la fossetta del giugulo che può essere palpata.

Tra il margine anteriore del trapezio e il margine posteriore dello sternocleidomastoideo si evidenzia una
regione triangolare, la fossa sovraclaveare, che ha come base il terzo medio della clavicola (la clavicola può

Autore: Rebecca Micheletti per Medicina08.it 1 di 5


Anatomia ANA07 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E MANDIBOLA (28mar2011)

essere divisa in tre parti: sul terzo mediale si inserisce lo sternocleidomastoideo, sul terzo laterale il
trapezio) ed è rivestita da cute.

Al di sotto di questa fossa c’è un gruppo muscolare che appartiene alla regione laterale e si trova in uno
strato profondo. Sono i muscoli scaleni: lo scaleno anteriore, medio e posteriore. Tra lo scaleno anteriore e
medio passa l’arteria succlavia per uscire dalla gabbia toracica. Lo scaleno anteriore e medio si inseriscono
sulla prima costa. Lo scaleno posteriore si inserisce sulla seconda costa. L’inserzione prossimale avviene a
livello dei processi trasversi delle prime vertebre cervicali.

Medialmente allo scaleno anteriore c’è la vena succlavia quindi in ordine dal davanti all’indietro troviamo:

• vena succlavia;

• scaleno anteriore;

• arteria succlavia;

• scaleno medio.

In questa regione troviamo anche il


muscolo omoioideo che è un muscolo
digastrico, cioè ha un tendine intermedio
e 2 ventri muscolari. Questo muscolo
appartiene alla regione anteriore ma il
suo ventre posteriore incrocia lo
sternocleidomastoideo e lo scaleno
anteriore e lo troviamo nella profondità
della fossa sovraclaveare.

MANDIBOLA

Deriva una membrana precedente,


la cartilagine di Meckel, da cui la
mandibola deriva per ossificazione
diretta. Il corpo deriva da due
strutture ossee che poi si saldano
tra loro in corrispondenza della
linea mediana che prende il nome
di sinfisi mentoniera. E’ a forma di
ferro di cavallo dalle cui estremità
posteriori si stacca da ciascun lato
un ramo. Si articola con l’osso
temporale nell’articolazione
temporo-mandibolare (ATM). E’
l’unica articolazione mobile del cranio. La mandibola è collegata ai muscoli del collo.

Autore: Rebecca Micheletti per Medicina08.it 2 di 5


Anatomia ANA07 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E MANDIBOLA (28mar2011)

Il corpo della mandibola, sulla


linea mediana anteriore presenta il
residuo dell’unione delle due parti
che si sono ossificate insieme e in
basso c’è una protuberanza
mentale che sporge sotto il piano
cutaneo e può essere più o meno
accentuata. C’è una faccia
anteriore o esterna e una faccia
posteriore o interna. Inoltre è
presente un margine inferiore che
ha un certo spessore e un margine
superiore in cui sono presenti gli
alveoli. In corrispondenza del
primo premolare c’è il foro
mentale da cui fuoriesce il nervo
che attraversa tutto il corpo della
mandibola e invia rami per ogni
alveolo. C’è poi l’angolo della
mandibola da cui parte la lamina
rettangolare del ramo della
mandibola, che ha un margine
anteriore più acuto di quello
posteriore. Ogni ramo della
mandibola presente un processo
anteriore e uno posteriore. Quello anteriore è il processo coronoideo sul quale si inserisce il muscolo
temporale che occupa la fossa temporale sulla regione laterale del cranio. E’ un muscolo masticatorio
(questi muscoli hanno il compito di avvicinare la mandibola alla mascella). Il processo posteriore è il
processo condiloideo della mandibola con il condilo che presenta asse maggiore trasversale. I condili si
articolano con una fossa presente nell’osso temporale.

Sulla faccia interna del corpo, sulla linea mediana, si ha una sporgenza interna che è detta apofisi geni. C’è
poi una linea che decorre obliquamente dall’apofisi geni verso l’alto ed è la linea miloioidea che è
inserzione del muscolo miloioideo che farà da pavimento al cavo orale. La linea miloioidea divide la faccia
interna del corpo della mandibola in due porzioni: una inferiore in cui è presente la fossetta per la
ghiandola sottomandibolare, che si viene a trovare sotto il muscolo miloioideo. Questa ghiandola ha però
una propaggine posteriore che si va ad inserire lungo il bordo posteriore ibero del muscolo miloioideo. La
porzione superiore presenta la fossetta per la ghiandola sottolinguale.

La faccia interna del ramo della mandibola presenta il solco miloioideo che termina in corrispondenza di un
foro presente nel ramo della mandibola, il foro mandibolare, ed è il foro d’ingresso del nervo e dell’arteria
che entrano dentro al ramo e poi al corpo della mandibola e successivamente si suddividono per i singoli
alveoli. Questo foro è chiuso da una lamina ossea, la spina dello spyx, che il dentista va a cercare per
l’anestesia in caso di lavori su denti dell’arcata inferiore.

Autore: Rebecca Micheletti per Medicina08.it 3 di 5


Anatomia ANA07 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E MANDIBOLA (28mar2011)

OSSO IOIDE

Ha un corpo a ferro di cavallo che termina con delle sporgenze:


grande e piccolo corno. E’ presente il legamento stiloioideo che
unisce processo stiloideo del temporale al piccolo corno dell’osso
ioide. Su questo osso si inserisce la muscolatura della regione
anteriore del collo.

MUSCOLI DEL COLLO

Regione anteriore

C’è il pavimento del cavo orale (sulla linea mediana del pavimento del cavo orale c’è un rafe, che è
l’equivalente del tendine intermedio di un muscolo digastrico, cioè il connettivo che unisce le due lamine. E’
il rafe del muscolo miloioideo che va dalla linea miloioidea all’osso ioide), la muscolatura della lingua, le
strutture cartilaginee della laringe che continuano con gli anelli cartilaginei della trachea.

Questa regione è suddivisa dalla presenza dell’osso ioide in regione sopraioidea e regione sottoioidea. Ci
sono quindi muscoli sopraioidei e muscoli sottoioidei.

Regione sopraioidea

E’ di forma triangolare ed è delimitata dal margine inferiore del corpo della mandibola e dall’osso ioide.
Comprende:

• il muscolo miloioideo;

• i muscoli genioioidei: si trovano sopra i muscoli miloioidei e vanno dalle apofisi geni all’osso ioide.
Sono muscoli cilindrici che si trovano all’interno del cavo orale;

• il muscolo digastrico: ha un ventre anteriore, che si trova inferiormente al muscolo miloioideo, un


tendine intermedio in corrispondenza del piccolo corno dell’osso ioide, e un ventre posteriore che
sale lateralmente nel collo, sotto allo sternocleidomastoideo e si inserisce al processo mastoideo
del temporale;

• il muscolo stiloioideo: dal processo stiloideo del temporale all’osso ioide, ma prima di inserirsi
all’osso ioide si biforca e sotto questo tunnel passa il tendine intermedio del digastrico.

Dall’apofisi geni e dall’osso ioide originano anche due muscoli che fanno parte della muscolatura della
lingua: genioglosso ed ioglosso.

Regione sottoioidea

Comprende:

• il muscolo omoioideo: è il muscolo più laterale. Il ventre inferiore si porta lateralmente e lo


troviamo nella profondità della fossa sovraclaveare, al di sotto dello sternocleidomastoideo ma al di
sopra degli scaleni. Va dalla scapola all’osso ioide;

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Anatomia ANA07 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E MANDIBOLA (28mar2011)

• il muscolo sternoioideo: dallo sterno all’osso ioide. Si inserisce sulla faccia interna del manubrio
dello sterno. Ricopre un secondo muscolo che non arriva all’osso ioide ma 4-5 cm più in basso, alla
cartilagine tiroidea della laringe ed è il muscolo sternotiroideo;

• il muscolo tiroioideo: dalla cartilagine tiroidea della laringe all’osso ioide.

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ANATOMIA - ANA08 – "MUSCOLI DEL COLLO 2 E OSSO OCCIPITALE"

ID lezione ANA08
Data lezione 30 marzo 2011
Autore Sara Falzetti
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Regione anteriore e prevertebrale del collo, introduzione al cranio, osso
Argomento
occipitale.

REGIONE ANTERIORE DEL COLLO

1. Mm. Sottoioidei (dall’osso ioide alla fossetta del giugulo): fra di essi abbiamo operato una
distinzione, suddividendoli in:

a) muscoli dello strato superficiale:

• sternoioideo;

• omoioideo (ricordando: “omoplata” = scapola);

b) muscoli dello strato profondo:

• sternotiroideo;

• tiroideo;

2. Mm. Sopraioidei (dal margine inferiore della mandibola allo ioide):

• digastrico;

• stilo ioideo;

• miloioideo;

• genioioideo.

Nota: la cartilagine della tiroide è articolata all’osso ioide tramite la MEMBRANA TIROIDEA (di natura
connettivale). La cartilagine in questione rientra fra le strutture cartilaginee della laringe, le quali
completano la parte anteriore del collo. Dunque la tiroide è un organo ghiandolare ma consta anche di parti
cartilaginee.

REGIONE PREVERTEBRALE

Composta da muscoli situati nella zona profonda del collo, direttamente addossati alla porzione anteriore
della colonna vertebrale. Sono:

a) muscolo lungo del capo (1): prende inserzione sui processi trasversi delle vertebre cervicali 3, 4, 5, 6
e a livello dell’occipitale, sul davanti del grande forame (ricordiamo che l’occipitale dà inserzione
anche ad altri muscoli);

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Anatomia ANA08 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E OSSO OCCIPITALE (30mar2011)

b) muscolo lungo del collo: unisce le prime tre vertebre


toraciche e le ultime tre cervicali alle prime tre
cervicali. È costituito da tre fasci di fibre:

• fibre laterali superiori (3), che uniscono i


processi trasversi di C2, C3, C4, C5 al tubercolo
anteriore dell’atlante;

• fibre laterali inferiori (4), che originano dai corpi


delle prime tre vertebre toraciche e si
inseriscono sui processi trasversi delle ultime
due cervicali;

• fibre mediali (2), che raggiungono i corpi delle


vertebre C2, C3, C4 a partire dai corpi di T1, T2,
T3 e C5, C6, C7.

c) muscolo retto anteriore della testa (5): è un piccolo


muscolo situato tra la base del cranio e l’atlante. Si
inserisce sulla massa laterale di quest’ultimo e
termina sulla faccia anteriore della superficie
inferiore dell’occipitale.

LE FASCE DEL COLLO (o FASCE CERVICALI)

[Premessa: gli scaleni sono posizionati ai lati dei processi trasversi, mentre i muscoli prevertebrali si trovano
anteriormente alle vertebre cervicali.]

Le fasce cervicali sono 3:

• fascia superficiale;

• fascia intermedia;

• fascia profonda.

La fascia superficiale si trova al di sotto dello strato sottocutaneo; essa riveste tutto il collo. In
corrispondenza della linea mediana, la fascia aderisce alla lamina pretracheale. Lateralmente si sdoppia,
aderendo allo sternocleidomastoideo (che da essa è circondato); in seguito ritorna unica, per poi sdoppiarsi
ancora e avvolgere il trapezio.

In alto si fissa alla mandibola, al processo mastoideo e alla protuberanza occipitale esterna (a livello della
linea nucale superiore); in basso aderisce al manubrio dello sterno, al margine anteriore della clavicola e
alla spina della scapola.

Sopra allo sterno si sdoppia in due foglietti, delimitando uno spazio soprasternale. Sul davanti del trapezio,
in profondità, si originano dalla fascia superficiale, due prolungamenti i quali si connettono ai tubercoli
anteriori dei processi trasversi delle vertebre cervicali e si continuano con la fascia profonda.

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Anatomia ANA08 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E OSSO OCCIPITALE (30mar2011)

La fascia intermedia è posta al di sotto della precedente, tra l’osso ioide e l’apertura superiore del torace.
Si sdoppia ed avvolge i muscoli sottoioidei (in particolare il più laterale, cioè l’OMOIOIDEO); più
profondamente si connette con la guaina che riveste gli organi del collo e il fascio vascolo nervoso
(ricoperto dalla guaina carotidea, con la quale la fascia si connette).

La fascia profonda origina dalla parte basilare dell’occipitale, si fissa anteriormente ai processi trasversi
delle vertebre cervicali, dove si connette con il prolungamenti della fascia superficiale; termina a livello dei
corpi delle prime vertebre toraciche. Sdoppiandosi in due foglietti avvolge lo scaleno e i muscoli
prevertebrali.

IL CRANIO

[Del cranio era stato introdotta solo la mandibola che, di esso, è l’unico osso mobile → articolazione
temporomandibolare = condilo]

Iniziamo con il dire che le ossa del cranio non sono “tutte piene”, ma conferiscono una certa robustezza alla
struttura.

Il cranio si compone di due parti, in continuità fra di esse:

1. NEUROCRANIO (o SCATOLA CRANICA), formato da ossa piatte che andranno a costituire la struttura
che accoglie l'encefalo. Si divide in:

• volta;

• base cranica;

2. SPLANCNOCRANIO: delimita cavità (nasale, orbitale, orale) che sono rivestite da mucosa.

ENDOCRANIO (faccia interna della base cranica)

È costituita dalla parte orbitale dell’osso frontale, dall’osso SFENOIDE, dal TEMPORALE e dall’OCCIPITALE.

Essa si suddivide in tre cavità, definite fosse craniche


(anteriore, media e posteriore).

• La fossa cranica anteriore è la meno profonda; essa


è delimitata dal corpo dello SFENOIDE, dalle piccole
ali dello stesso e dal piano che separa la volta dalla
base cranica.

• La fossa cranica media prende contatto, sul davanti,


con il limite posteriore della fossa anteriore;
lateralmente è delimitata dalla linea che divide la
volta dalla base cranica e, posteriormente, si
connette con la fossa cranica posteriore, tramite la
cresta della piramide del temporale (o massiccio
petroso à è una “piramide distesa”): il lato, meno

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Anatomia ANA08 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E OSSO OCCIPITALE (30mar2011)

scosceso, di detta piramide guarda la fossa cranica media, mentre quello più scosceso scende fino
alla fossa cranica posteriore.

• La fossa cranica posteriore accoglie il grande forame occipitale, in corrispondenza della sua base.
Tale cavità è la più ampia delle tre (costituisce il 50% dell’endocranio), ed anche la più profonda. È
separata dalla fossa cranica media da un “percorso in salita”: ciò è dovuto alla presenza del clivo
dell’occipitale (il midollo spinale arriva all’atlante, poi si addentra nella scatola cranica percorrendo
una struttura denominata NEVRASSE o TRONCO ENCEFALICO, lungo 8 cm, che poggia sul clivo
dell’occipitale: è proprio intorno al nevrasse che si sviluppa la massa encefalica).

Il cranio è come una conchiglia le cui valve sono costituite dall’occipitale e dal frontale, l’uno che fa da
contraltare all’altro.

[Repetita iuvant: “Nel complesso, le 3 ossa principali che compongono la scatola sono l’osso frontale,
l’occipitale e lo sfenoide, tutte e tre imparti mediane.”]

Ai lati del cranio si posizionano le ossa temporali (pari e simmetriche), nell’ambito dell’endocranio, in
corrispondenza delle fosse media e posteriore, ed anche le ossa parietali.

Nota: lo sfenoide è cavo al suo interno. Presenta un corpo cubico, sulla cui faccia superiore troviamo un
incavo, adibito ad accogliere l’ipofisi e denominato SELLA TURCICA. Lo sfenoide divide in due metà la fossa
cranica media (in pratica si hanno due pianure su cui scendono i pendii di tale rilievo centrale).

Le articolazioni del neurocranio (la maggior parte sono sinartrosi)

Si tratta per lo più di strutture dentate. Abbiamo:

• la SUTURA CORONALE tra frontale e parietali;

• la SUTURA SAGITTALE tra le parietali;

• la SUTURA LAMBDOIDEA tra le parietali e occipitale;

• la SUTURA METOPICA tra i due abbozzi del frontale (tale articolazione non sempre è presente);

• la SUTURA SQUAMOSA tra il parietale e la porzione squamosa del temporale;

• c’è inoltre una SINCONDROSI (che in età adulta ossifica) tra il corpo dello sfenoide e la parte
basilare dell’occipitale;

• la A.TM (= ARTICOLAZIONE TEMPOROMANDIBOLARE) di tipo condiloideo, si stabilisce tra i condili


della mandibola e le fosse mandibolari dell’osso temporale.

La superficie articolare del temporale consta della fossa mandibolare posteriormente, e anteriormente del
tubercolo articolare; la mandibola partecipa con la testa del condilo. Le superfici articolari, discordanti,
sono connesse da un disco articolare, a sua volta aderente alla capsula articolare è rinforzata dai legamenti
mediale e laterale; inoltre troviamo anche i legamenti STILOMANDIBOLARE e SFENOMANDIBOLARE, a
conferire maggior stabilità.

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Anatomia ANA08 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E OSSO OCCIPITALE (30mar2011)

L’OSSO OCCIPITALE

Avevamo, in precedenza, schematizzato tale osso come una vertebra primitiva, che si sviluppa attorno ad
un asse (nevrasse). Potremmo supporre che la parte anteriore al grande forame sia il corpo vertebrale, ai
lati del grande forame si estendono due piastre ossee, equivalenti alla fusione fra processo spinoso e masse
laterali della presunta vertebra (in realtà si tratta del pavimento della fossa cranica posteriore = SQUAMA
DELL’OCCIPITALE). I processi trasversi, similmente, corrispondono ai condili (laterali).

È un osso impari e mediano, delimita posteriormente e inferiormente la scatola cranica; esso collega il
cranio al rachide, articolandosi con l’atlante. Attorno al grande forame occipitale distinguiamo 4 zone:

• squama (posteriore al forame);

• due porzioni laterali;

• zona basilare (al davanti del grande forame).

Mediante la parte basilare, l’occipitale si articola allo sfenoide, formando il clivo.

Esternamente (esocranio)

Troviamo la protuberanza
occipitale esterna, che si continua
fino al forame con la cresta
occipitale esterna e inserzione al
legamento nucale. Da tale
protuberanza si diparte la linea
nucale superiore (dà inserzione ai
muscoli dorsali del collo). Questa
linea divide in due parti la faccia
esocranica della squama in: piano
occipitale (sul quale risulta trovarsi la linea nucale suprema, appena accennata) e piano nucale. Su
quest’ultimo piano viene ad essere disegnata la linea nucale inferiore, parallela alla superiore.

La superficie esterna, a livello delle parti laterali, presenta i CONDILI DELL’OCCIPITALE, orientati in senso
antero-posteriore e latero-laterale, per l’articolazione con l’atlante (sono rivestiti da una capsula articolare).
Alla base di ciascun condilo, posteriormente, troviamo un foro, che dà passaggio alla vena emissaria, che va
nel canale condiloideo; lateralmente ai condili sono presenti altri fori, ovvero i CANALI DELL’IPOGLOSSO.

Al centro della faccia esterna, a livello della zona basilare, troviamo il TUBERCOLO FARINGEO, che è la prima
parte, ovvero l’inserzione, della faringe (PARTE OSSEA DEL TUBO DIGERENTE) sul cranio → base cranica.

Internamente (endocranio)

Troviamo l’eminenza cranica che è formata da un rilievo centrale, cioè la protuberanza occipitale interna,
da cui si dipartono 4 raggi: due sono trasversali e sono formati dai rilievi percorsi dai solchi per i seni
trasversi, e due verticali. Di questi ultimi vediamo che l’uno va fino al forame, ed è la cresta occipitale
interna; l’altro è un rilievo che accoglie il solco per il seno sagittale superiore.

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Anatomia ANA08 – MUSCOLI DEL COLLO 2 E OSSO OCCIPITALE (30mar2011)

Dalla metà dell’asse maggiore del


grande forame dell’occipitale, in
corrispondenza dei condili, si
staccano due sporgenze, i
tubercoli giugulari. Dietro di essi si
apre un piccolo solco (solco per il
seno sigmoideo) attraverso cui
passano tre dei 12 nervi cranici (IX,
X, XI).

La doccia che troviamo a livello


della parte basilare dell’osso si
continua con il clivo, che arriva fino allo sfenoide.

I due margini superiori si articolano con le ossa parietali e sono detti margini lambdoidei; i margini inferiori,
mastoidei, sono divisi in due dal processo giugulare, davanti al quale vi è l’incisura giugulare a sua volta
divisa a metà dal processo intragiugulare. Andando ad articolarsi con l’atlante a questo livello, viene a
creare un foro, appunto detto giugulare, attraverso cui passa la vena giugulare interna che raccoglie il
“sangue sporco” proveniente dall’encefalo e che si porta fino all’atrio destro del cuore.

[Si precisa che il foro giugulare si forma per giustapposizione delle incisure del margine mastoideo
dell’occipitale e della piramide del temporale. È diviso in due dal processi intragiugulare: nella metà
superiore passa il nervo glosso-faringeo, mentre dall’altra parte scorre la vena giugulare e passano i nervi
vago ed accessorio.]

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ANATOMIA - ANA09 – "OCCIPITALE 2 E SFENOIDE"

ID lezione ANA09
Data lezione 31 marzo 2011
Autore Francesco Gasparroni
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Osso occipitale, osso sfenoide, cavità orbitaria, fossa temporale,
Argomento
infratemporale e pterigopalatina.

RIEPILOGO DELLE CARATTERISTICHE DELL'OSSO OCCIPITALE

Faccia esterna

La faccia esterna della squama, schematizzabile come una losanga, presenta la protuberanza occipitale
esterna, in corrispondenza della quale sulla faccia interna si trova la protuberanza occipitale interna.

Dalla protuberanza occipitale esterna parte la


linea nucale superiore, che arriva lateralmente
fino alla mastoide o processo mastoideo
dell'osso temporale. Sempre dalla
protuberanza occipitale esterna, parte
verticalmente la linea d'inserzione per il
legamento nucale, lungo il decorso della quale,
inferiormente e perpendicolare ad essa, si trova
la linea nucale inferiore. Meno evidente, al di
sopra della linea nucale superiore, può essere
segnalata la linea nucale suprema, supeiormente alla quale si trova una superficie abbastanza liscia che si
estende fino alla sutura lambdoidea. La regione al di sotto della protuberanza occipitale esterna e della
linea nucale superiore invece, è abbastanza scabra, poiché dà inserzione ai muscoli posteriori.

Faccia interna

Sulla faccia interna si ha un incrocio avente come centro la protuberanza occipitale interna, posta circa a
metà tra il margine posteriore del grande forame occipitale e l'apice della squama: tale incrocio è costituito
verticalmente da un solco impari mediano che continua sulla
faccia interna della sutura sagittale tra le due parietali,
provenendo dalla squama dell'osso frontale; in questo solco
decorre la vena che porta il sangue refluo dell'encefalo. Si hanno
quindi per ogni lato due ingressi arteriosi e un'uscita principale,
che abbiamo identificato nel foro giugulare, alla delimitazione del
quale contribuisce il margine laterale della porzione basilare
dell'occipitale. Da questo solco se ne dipartono due trasversi, che
proseguono poi sulla faccia interna del temporale, formando una
“s”: si parla quindi di solco sigmoideo o seno sigmoideo. Il sangue
che arriva dalla linea mediana si porta dunque lungo i solchi
trasversi, esce momentaneamente dal margine dell'occipitale e va

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 1 di 6


Anatomia ANA09 – OCCIPITALE 2 E SFENOIDE (31mar2011)

nel temporale per formare il seno sigmoideo, dopodiché rientra al livello dell' incisura giugulare, un'ansa
che costituisce la parete posteriore del foro omonimo (foro giugulare). Da qui il sangue verrà scaricato sui
due lati nella regione laterale del collo, si raccorderà con quello proveniente dagli arti superiori, formando
le vene anonime o brachio-cefaliche di destra e di sinistra, dalla cui confluenza si avrà la vena cava
superiore, che drenando tutto il sangue della parte superiore del corpo (arti superiori, spalle, testa e collo)
torna al cuore, e precisamente all'atrio destro.

Si ricordi che la forma dell'osso occipitale è mimabile ponendo la mano con il palmo giacente su un piano
orizzontale e le dita su uno verticale, e fa da contraltare alla squama dell'osso occipitale, rappresentabile
con una mano posta specularmente nella medesima posizione.

LO SFENOIDE

Lo sfenoide è un cuneo che si insinua tra l'occipitale, i due


temporali e il frontale. Quest'osso presenta un corpo, di
forma cubica (con sei facce) e impari mediano. Sul corpo si
inseriscono lateralmente le grandi ali.

Per farsi un'idea della forma dello sfenoide, si immagini un


rapace in picchiata: di esso si vedono la faccia, il profilo
anteriore delle ali e gli artigli in basso.

Sopra le grandi ali sono riscontrabili dei processi più piccoli,


le piccole ali. Grandi e piccole ali non sono a contatto tra di
loro, cioè non formano una sutura, bensì una fessura, la
fessura orbitaria superiore: essa mette in comunicazione la
fossa cranica media con la cavità orbitaria; inoltre il fatto che
sia definita “superiore” lascia intendere che ce ne debba
essere quantomeno un'altra (inferiore).

Quelli che sarebbero gli artigli del rapace prendono il nome


di processi pterigoidei.

Studiando il corpo dello sfenoide bisognerà aprire la scatola


cranica e guardare la base cranica. Lo sfenoide costituisce gran parte del pavimento della fossa cranica
media e proprio il suo corpo, sporgendo come un altopiano quadrangolare, la divide in due porzioni a
conca. Le grandi ali dovranno invece essere guardate da varie angolazioni: dalla faccia endocranica, dalle
cavità orbitarie (che contribuiscono a formare) e dal lato della tempia.

Va ricordato che lo sfenoide appartiene come derivazione al neurocranio cartilagineo.

Il corpo

Al centro dello sfenoide si trova il corpo, una sorta di cubo a sei facce.

1. La faccia superiore si può vedere aprendo la scatola cranica e guardandone il pavimento.

2. La faccia posteriore invece non è visibile, in quanto su di essa si appoggia il clivus dell'occipitale.

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Anatomia ANA09 – OCCIPITALE 2 E SFENOIDE (31mar2011)

3. Le facce laterali sono quelle che degradano da ciascun lato verso la parte più bassa del pavimento e
si continuano con le grandi ali.

4. Vedi punto 3.

5. La faccia inferiore è quella da cui si staccano i processi pterigoidei ed è rivolta verso la faccia
esocranica della base cranica.

6. La faccia anteriore guarda verso la cavità nasale e presenta due aperture irregolari, i seni sfenoidali
(paragonabili agli occhi del rapace), e al centro una cresta (il becco), la cresta sfenoidale, sporgente
un paio di millimetri che, vista di profilo in proiezione laterale, continua inferiormente e deborda
dal margine inferiore della faccia formando il rostro sfenoidale (parecchi atlanti considerano cresta
e rostro un tutt'uno), una piccola sporgenza sulla linea mediana che scende anche sulla faccia
inferiore. Anteriormente alla cresta prende inserzione la lamina che costituisce il setto nasale.

Il neurochirurgo, per rimuovere un adenoma ipofisario, entra da una fossa nasale in uno dei seni sfenoidali,
dopodiché non ha che da forarne il tetto, ossia il pavimento della sella turcica.

Il seno sfenoidale sarebbe un'unica cavità


divisa da un setto, incostante e
asimmetrico, ragion per cui si parla di
due seni sfenoidali.

La faccia superiore del corpo presenta un


margine anteriore leggermente
irregolare, un paio di centimetri di
superficie pianeggiante e un solco
trasversale con ai capi due fori, uno per
lato.

L'incavo denominato sella turcica, il cui profilo ricorda effettivamente una sella, presenta un margine
anteriore e uno posteriore: quest'ultimo presenta due processi.

La parte anteriore del corpo, estesa per circa 8-9 mm, prende il nome di giogo sfenoidale e termina con un
solco trasversale, il solco del chiasma ottico. Alle estremità di tale solco sono presenti due fori (uno per
lato), i fori ottici per i due rami del nervo ottico che, passando attraverso questi fori, vanno ad incrociarsi
sulla linea mediana: una parte delle fibre del nervo ottico di destra passa in quello di sinistra, e viceversa.
L'incrocio avviene al livello del solco del
chiasma (che proprio a ciò deve il suo
nome) dopodiché i nervi ottici
proseguono ai lati dello sfenoide, per poi
raggiungere il lobo occipitale del cervello,
precisamente l'area visiva.

Il solco del chiasma si trova subito al


davanti della sella turcica, nel cui incavo
è ospitata l'ipofisi. Quindi un adenoma
ipofisario disturba prima di tutto il nervo
ottico, comprimendolo al livello del

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Anatomia ANA09 – OCCIPITALE 2 E SFENOIDE (31mar2011)

chiasma o della porzione retrochiasmatica e provocando un restringimento del campo visivo, con quadri
clinici variabili a seconda della sede di compressione.

I fori ottici si trovano alla base delle piccole ali, che posteriormente terminano con dei processi triangolari, i
processi clinoidei anteriori. È dunque sotto di essi che sono scavati i fori ottici. All'estremità anteriore della
sella sono poi presenti i processi clinoidei medi e sul margine posteriore i processi clinoidei posteriori.

Scendendo lungo le superfici laterali del corpo si trovano gli attacchi delle grandi ali, che lateralmente si
continuano con le squame dei temporali, formando una concavità con risalita verso l'esterno, sia laterale
che anteriore. Ecco allora che le grandi ali sono poste su un piano inferiore rispetto alle piccole ali: queste
ultime infatti, in una veduta dall'alto sovrastano le prime. Si ricordi che il contatto tra grande e piccola ala si
ha solo lateralmente, mentre medialmente c'è la fessura orbitaria superiore.

Le grandi ali

Della grande ala dello sfenoide è indispensabile ricordare alcune caratteristiche:

• il foro rotondo: guardando


dall'alto si fa fatica a scorgerlo,
poiché si trova sulla parte più
anteriore della grande ala che sta
risalendo, per vederlo bene
bisogna osservare la fossa cranica
media dal posteriore e un po'
tangenzialmente. In esso passa il
nervo mascellare o mascellare
superiore, uno dei tre rami (o
branche) del nervo trigemino;

• il foro ovale: si trova circa un centimetro più posteriormente e lateralmente rispetto a quello
rotondo. In esso passa un'altra branca del trigemino, il nervo mandibolare o mascellare inferiore;

• il foro spinoso: piccolo foro sito ancora più indietro e più laterale, deve il suo nome al fatto che si
trova nell'angolo posteriore della grande ala, dalla cui faccia inferiore si stacca la spina angolare;

• la spina angolare: si tratta di una laminetta ossea che scende verso il basso e dà inserzione a
qualcosa.

LE FOSSE PTERIGOPALATINA E INFRATEMPORALE

Le fosse della faccia esocranica stanno sotto la grande ala dello sfenoide.
La cavità della fossa pterigopalatina o sfenopalatina (i processi
pterigoidei fanno parte dello sfenoide, il prefisso pterigo- offre un
riferimento più preciso), in cui si apre il foro rotondo per il nervo
mascellare, è diversa dalla fossa infratemporale che ha come tetto la
porzione della grande ala in cui si trova il foro ovale per il mandibolare.
Quindi i due nervi, benchè divisi da uno spazio minimo, verranno a
trovarsi in ambienti completamente distinti.

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Anatomia ANA09 – OCCIPITALE 2 E SFENOIDE (31mar2011)

LA CAVITA' ORBITARIA

La cavità orbitaria può essere disegnata schematicamente come due quadrati concentrici, i cui angoli siano
uniti da dei segmenti, a rappresentare prospetticamente un tronco di piramide, di cui il quadrato più
piccolo costituisce il fondo della fossa orbitaria, una superficie piuttosto ristretta. La base della piramide è
aperta. Nel disegno vengono inoltre delineate altre quattro superfici: una mediale, una laterale, un tetto e
un pavimento.

La superficie mediale può essere anche chiamata nasale e quella laterale temporale.

Il pavimento è dato sostanzialmente dall'osso mascellare (vedi lezioni successive), mentre il tetto
appartiene all'osso frontale, la cui parte orizzontale al di sotto della squama fa appunto da tetto alla cavità
orbitaria e da pavimento alla fossa cranica anteriore.

Nella parete laterale della fossa orbitaria vanno segnalate due fessure, le quali vanno a comporre una
forma a boomerang (o a “baffo della Nike”, cit. Barby):

1. la fessura orbitaria superiore (già citata nell'ambito della trattazione sulla fossa cranica media), che
si apre nello sfenoide tra la grande e la piccola ala, formando il braccio superiore del baffo;

2. la fessura orbitaria inferiore, che segna il confine tra la grande ala dello sfenoide (posteriore) e
l'osso mascellare (anteriore) formando il braccio inferiore del baffo.

Alla base della piccola ala dello sfenoide, ossia appena sopra la fessura orbitaria superiore, si apre il foro
ottico.

Lo sfenoide costituisce quindi parte della parete laterale della cavità orbitaria. Lo stesso sfenoide fa anche
parte della fossa cranica media. Va comunque ricordato che alla delimitazione di quest'ultima dà comunque
un contributo molto importante anche la squama del temporale.

Il margine infero-laterale della carità orbitaria è dato da un osso tozzo e irregolare, l'osso zigomatico, quindi
la grande ala dello sfenoide non arriva fino al bordo ma fino alla base della piramide.

Asportando l'osso zigomatico si può notare che la porzione orbitaria della grande ala, tramite una zona
rugosa che dava inserzione all'osso rimosso, si continua in realtà con la faccia laterale o temporale, con la
quale forma un angolo pressoché retto.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 5 di 6


Anatomia ANA09 – OCCIPITALE 2 E SFENOIDE (31mar2011)

LA FACCIA LATERALE O TEMPORALE: LE TRE FOSSE

La faccia laterale o temporale, come detto, è in continuazione con quella orbitaria.

In una visione d'insieme di un cranio, risulta evidente che la grande ala dello sfenoide vanta dimensioni di
gran lunga inferiori rispetto alla squama del temporale. Per poter vedere bene la faccia laterale della
grande ala è necessario abbattere parte dell'arcata zigomatica, che si va ad articolare con il processo
zigomatico del temporale.

Tra la faccia mediale dell'arcata zigomatica e la parete laterale del cranio costituita
dalla squama del temporale e dalla grande ala, rimane uno spazio di 12-13 mm, in cui
si infila il muscolo temporale, uno dei quattro masticatori.

Il limite superiore dell'arcata zigomatica segna anche il limite della sovrastante f ossa
temporale. In essa, la faccia laterale della grande ala è
una superficie liscia, che non presenta fori o processi particolari. A voler
essere pignoli, da un punto di vista frontale, appare leggermente obliqua e
rientrante.

Ad un certo punto però, più o meno al livello dell'arcata zigomatica, essa


presenta una rientranza: quindi il profilo della grande ala in sezione coronale
forma una L, che poi continua con i processi pterigoidei.

L'arcata zigomatica segna dunque il passaggio tra una zona superiore, la fossa temporale, molto estesa in
senso antero-posteriore ma poco profonda, e una inferiore che presenta una porzione laterale senza tetto
e una più mediale che invece ha come tetto la grande ala, che piega a 90 gradi formando una rientranza, e
da verticale diventa orizzontale, dopodiché diviene di nuovo verticale, continuandosi con il processo
pterigoideo. Si delinea così un profilo a sedia. A questo livello c'è l'apertura del foro ovale per il nervo
mandibolare.

Quindi la fossa temporale continua inferiormente con un'altra fossa, il cui limite è segnato esternamente
dall'arcata zigomatica e internamente dalla rientranza della grande ala dello sfenoide: si tratta della fossa
infratemporale. La cresta irregolare che la delimita nel
passaggio dalla parte verticale a quella temporale si
chiama cresta infratemporale.

Se poi, dopo aver asportato l'arcata zigomatica, si guarda


nella profondità, si vede che tra l'osso mascellare e il
processo pterigoideo c'è una fessura strettissima, la
fessura pterigo-mascellare, che introduce nella fossa
sfenopalatina o pterigopalatina. Dal nome si può intuire
che alla delimitazione di tale fossa contribuirà anche un
osso che viene nominato ora per la prima volta, l'osso
palatino.

Quindi dalla fossa temporale si scende in quella infratemporale, più profonda, e successivamente, tramite
la fessura pterigo-mascellare, nella fossa pterigopalatina, ancora più mediale.

È tuttavia importante ricordare che ci si trova sempre al di fuori della scatola cranica.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 6 di 6


ANATOMIA - ANA10 – "PALATINO E FRONTALE"

ID lezione ANA10
Data lezione 4 aprile 2011
Autore Martina Sbarbati
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Sfenoide, fossa temporale, infratemporale, pterigopalatina, osso palatino,
Argomento
cavità nasali, osso frontale, fossa cranica anteriore, etmoide.

SFENOIDE

Ricordiamo che stavamo parlando delle tre facce della grande ala dello sfenoide:

1) faccia endocranica laddove notiamo il foro rotondo il foro ovale il foro spinoso, mentre sul versante
esocranico:

2) faccia temporale che si vede abbattendo l'arcata zigomatica;

3) faccia orbitaria che sarebbe la faccia temporale o laterale della cavità orbitaria.

Se consideriamo la faccia inferiore dello sfenoide si vede, guardandola da sotto, una lineetta ossea di
forma più o meno triangolare, molto sottile: è una lamina di 2 o 3 mm di base e di altezza, sottilissima, la
spina angolare, alla base della quale è localizzato il foro omonimo, cioè il foro spinoso. Dietro a questa
lamina si trova la base cranica, che a questo livello è costituita dalla fossa cranica media (quella per
intenderci che è divisa in due metà dal blocco del corpo dello sfenoide). Dalla faccia inferiore del corpo
dello sfenoide discendono i due processi pterigoidei, che sono uno per lato e si staccano dal corpo dello
sfenoide, allo stesso livello in cui si stacca la grande ala dello sfenoide. La faccia temporale della grande ala
dello sfenoide che è abbastanza liscia e regolare, simile a una parete verticale, a un certo punto presenta
una rientranza a livello della quale questa regione diventa più profonda andando in direzione latero
mediale. Il margine che segna il passaggio tra le due regioni si chiama cresta infratemporale, e si trova alla
stessa altezza dell'arcata zigomatica.

FOSSA TEMPORALE E INFRATEMPORALE

A livello della cresta infratemporale c'è il passaggio dalla fossa temporale alla sottostante fossa
infratemporale. Quindi, più in alto c’è la fossa
temporale, che è piuttosto alta in senso antero
superiore e si estende dall'osso frontale fino
alla squama del temporale, poi a livello della
cresta infratemporale abbiamo il passaggio
nella fossa infratemporale che invece è
decisamente più profonda, in direzione latero
mediale, della sovrastante fossa temporale.
Nella fossa infratemporale cominciamo a
intravedere grazie all’abbattimento dell'arcata
zigomatica, una fessura molto stretta: l’incisura

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08.it 1 di 8


Anatomia ANA10 – PALATINO E FRONTALE (4apr2011)

pterigoidea, che divide ogni processo pterigoideo (inizialmente emergenti dal corpo dello sfenoide come un
blocco unico), in una lamina laterale e in una lamina mediale, non in continuità l’una con l’altra.

FOSSA PTERIGOPALATINA

Se guardiamo il processo pterigoideo in proiezione laterale vediamo che, anteriormente a ciascuno dei due
processi pterigoidei, a pochissimi millimetri di distanza, c'è la formazione dell'osso mascellare. E allora si
viene a creare una fessura fra il processo pterigoideo e l'osso mascellare: si tratta della fessura pterigo-
mascellare, al cui interno è possibile isolare ulteriormente la fossa pterigo-palatina. Per cui dalla fossa
infratemporale troviamo che c'è un passaggio stretto che ci porta in questo ambiente, sito ancora più in
profondità e medialmente. Dunque c'è continuità tra queste tre fosse: fossa temporale, fossa
infratemporale, fossa pterigopalatina.

La fossa pterigopalatina é una fossa molto stretta, ma molto importante


strategicamente, perchè lì è collocato un ganglio nervoso che distribuisce
i suoi rami a diverse strutture dello splancnocranio; inoltre ci passa
l’arteria mascellare che è uno dei rami principali dell'arteria carotide
esterna e andrà a vascolarizzare le arcate dentarie e varie altre strutture
e cavità dello splancnocranio.

Se dalla fossa pterigopalatina mi sposto ancora più medialmente entro all’interno delle cavità nasali.

Consideriamo la sezione orizzontale dei processi pterigoidei. Hanno una forma ad anfiteatro, quindi
avremo una faccia concava e una convessa. La faccia concava è quella che guarda dietro mentre la faccia
convessa guarda in avanti. Subito al davanti dei processi pterigoidei dovremo immaginare la faccia convessa
dell'osso mascellare che guarda dietro, in modo tale che queste due facce convesse, del processo
pterigoideo e dell'osso mascellare, si fronteggino.

L’osso mascellare nel punto in cui fronteggia i processi pterigoidei ha una tuberosità, la tuberosità del
mascellare.

I processi pterigoidei sono costituiti da una lamina laterale e una lamina mediale. La lamina mediale, cioè
quella più interna, presenta in basso una sporgenza ossea: l'uncino pterigoideo, l'uncino intorno al quale a
mò di puleggia girerà il tendine di un muscolo che serve a rilevare il palato molle.

La regione tra l'arcata zigomatica e il processo pterigoideo indietro rappresenta la fossa infratemporale, e
più precisamente ci troviamo nel piano ideale che segna il passaggio tra la fossa temporale e la fossa
infratemporale.

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Anatomia ANA10 – PALATINO E FRONTALE (4apr2011)

La fossa pterigopalatina, molto stretta in senso antero posteriore, è delimitata da tre pareti: quella
posteriore sarebbe la faccia anteriore dei processi pterigoidei, quella anteriore è la tuberosità del
mascellare, la parete mediale è un osso simile a una lamina verticale. La fossa pterigopalatina (questo ve lo
chiedo spessissimo all'esame!) anche se piccola è strategicamente molto importante perché da qui noi
accediamo: alla cavità orale, alla cavità nasale e alla cavità orbitaria, quindi da lì passano le fibre nervose e i
vasi sanguigni diretti a gran parte dello splancnocranio.

OSSO PALATINO E PALATO DURO

Se con il pollice vi toccate il tetto della cavità orale sentite una superficie ossea, quello è il palato duro. Al
disopra del palato duro ci sono le cavità nasali.

Parte del palato duro è costituito dall’osso palatino. L’osso palatino è un osso pari,
formato da due componenti principali: una lamina verticale e una lamina orizzontale:

• la lamina verticale dell’osso palatino è quella lamina che costituisce anche la


parete mediale della fossa pterigopalatina, e che in questo disegno immaginate
venga al di sopra del piano della lavagna, quindi è una lamina verticale che viene verso di noi;

• la lamina orizzontale dell'osso palatino è delimitata lateralmente dalla sua lamina verticale. Le
lamine orizzontali delle due metà si uniscono sulla linea mediana, formando la parte più posteriore
del palato duro. Più precisamente diciamo che il terzo posteriore del palato duro è formato dalla
lamina orizzontale dell'osso palatino.

I due terzi anteriori del palato duro invece sono costituiti da una parte dell’osso mascellare chiamata
appunto processo palatino del mascellare. Per cui il terzo posteriore del palato duro è costituito dalla
lamina orizzontale del processo palatino mentre i due terzi anteriori dal processo palatino dell'osso
mascellare. I processi pterigoidei hanno la convessità rivolta in avanti e sono aperti posteriormente. Di
dietro c'è una fossa riempita da due muscoli, uno dei quali è un muscolo masticatorio, il muscolo
pterigoideo interno, che occupa la gran parte di questa fossa. L’altro muscolo parte dalla cavità
dell'orecchio medio, all'interno della piramide del temporale dove è localizzato l'ossicino del martello che è
uno dei tre ossicini della catena degli ossicini, e arriva a questo livello.

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Anatomia ANA10 – PALATINO E FRONTALE (4apr2011)

TETTO DELLA FOSSA PTERIGOPALATINA

La fossa pterigopalatina non ha un pavimento, però c'è un tetto. Il tetto sarebbe una parte della grande ala
dello sfenoide. La grande ala dello sfenoide arriva più o meno alla stessa altezza dell'arcata zigomatica e,
come abbiamo detto, la cresta infratemporale delimita la parte verticale della grande ala dello sfenoide
dalla parte orizzontale, che rientra. Per cui voi immaginate che a livello della cresta: andando verso l'alto, ci
sia quella parte verticale che è la faccia
temporale della grande ala; andando
medialmente, ci sarebbe il tetto della fossa
pterigopalatina costituito appunto dalla grande
ala dello sfenoide. Subito alla base del processo
pterigoideo, c'è il foro ovale, mentre nel tetto
della fossa pterigopalatina abbiamo l'apertura
del foro rotondo. Quindi passando attraverso il
foro rotondo, della grande ala dello sfenoide
vengo a trovarmi nella fossa sfenopalatina o
pterigopalatina; passando un centimetro un po'
più indietro e più lateralmente, cioè passando
dal foro ovale, già non mi trovo più nella fossa
pterigopalatina ma mi trovo nella fossa
infratemporale.

Attraverso il foro rotondo passa un nervo molto importante che fa parte del V paio di nervi cranici, il
trigemino. Il trigemino, come vi suggerisce il nome, ha tre formazioni, cioè tre rami:

• il primo ramo del nervo trigemino è il nervo oftalmico (Va) che è destinato all'occhio, quindi deve
andare all'interno della cavità orbitaria e per andarci passa dalla fessura orbitaria superiore.
Attenzione anche il nervo ottico che è il II paio di nervi cranici è destinato all’occhio. Che differenza
c'è dal punto di vista funzionale tra il nervo oftalmico e il nervo ottico? Il nervo ottico è quello
responsabile della vista, il nervo oftalmico trasporta invece la sensibilità dolorifica;

• il secondo ramo del trigemino (Vb) si chiamo nervo mascellare, che passa dalla fossa cranica
media, passando attraverso il foro rotondo della grande ala dello sfenoide. Quindi il nervo
mascellare viene a trovarsi nella fossa sfenopalatina;

• il terzo ramo (Vc) si chiama nervo mandibolare, questo passa nel foro ovale e lo attraversa; in
questo modo viene a trovarsi al di sotto della grande ala dello sfenoide, in quella porzione della
fossa infratemporale che è coperta dal tetto, mentre l'altra porzione, quella che va dalla fossa
infratemporale all'arcata zigomatica, è a cielo aperto. La parte che presenta il tetto è alla base dei
processi pterigoidei, si vede benissimo che il foro ovale sta appunto alla base dei processi
pterigoidei. Il foro rotondo non ce la fate a vederlo perchè la fossa pterigopalatina è talmente
stretta che dentro non ci potete arrivare.

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08.it 4 di 8


Anatomia ANA10 – PALATINO E FRONTALE (4apr2011)

SFENOIDE (riassunto)

Faccia anteriore

1. Grande ala:

• margine zigomatico per cui ci dobbiamo


inserire l'osso zigomatico;

• cresta infratemporale, si percepisce che ci


immette in questo vortico sottostante;

• spina angolare con il foro spinoso.

2. Fessura orbitaria superiore: sta tra la piccola e la grande ala dello sfenoide. Come dicevamo, il
nervo oftalmico attraversa la fessura orbitaria superiore per andare al bulbo oculare cioè al
contenuto della cavità orbitaria.

3. Piccola ala: si intravede alla base della piccola ala dello sfenoide, bello netto e rotondo, il foro
ottico, che raggiunge la cavità orbitaria e dà passaggio al nervo ottico, il quale passa all'interno
della scatola cranica sulla faccia superiore del corpo dello sfenoide dove c'è il solco del chiasma
ottico.

4. Processo pterigoideo:

• solco sfenopalatino o pterigopalatino;

• lamina laterale dei processi pterigoidei;

• lamina mediale con alla sua estremità l'uncino pterigoideo;

• tra le due lamine (mediale e laterale) c'è l'incisura pterigoidea, che nel cranio completo non la
vedete come tale perché c’è un processo che si incastra e va a chiudere l'incisura pterigoidea: è
un processo corto e tozzo e ha la forma piramidale e si chiama processo piramidale dell'osso
palatino.

CAVITÀ NASALI (viste da dietro)

Guardando il cranio da dietro, in alto vediamo la faccia posteriore del corpo dello sfenoide, quella che in
realtà è coperta perchè ci si appoggia il clivo dell'occipitale, poi vediamo il retro dei processi pterigoidei.
Vediamo inoltre un’apertura simile a una finestra a due ante, che non è altro che la faccia posteriore della
cavità nasale, di cui noi osserviamo qui il margine posteriore che presenta al centro la spina nasale
posteriore. Notate che quest’apertura è divisa da un setto mediano. Poi abbiamo, ai lati di queste due
aperture, la concavità della fossa pterigoidea delimita dalla lamina mediale e dalla la lamina laterale dei
processi pterigoidei. Il suo fondo è rugoso in quanto dà inserzione al muscolo pterigoideo interno.

“La lamina mediale del processo con la sua faccia mediale delimita la parte posteriore della parete laterale
della cavità nasale, mentre con la sua faccia laterale delimita medialmente la fossa pterigoidea. La lamina
laterale con la sua faccia mediale delimita in fuori la fossa pterigoidea, mentre con la sua faccia laterale
partecipa alla formazione della fossa infratemporale.” Cit.

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08.it 5 di 8


Anatomia ANA10 – PALATINO E FRONTALE (4apr2011)

Subito dietro al pavimento della cavità nasale c'è la faringe, che collega la base cranica col tubo digerente, e
a questo livello siamo nella parte alta della faringe che si chiama rinofaringe che guarda nel naso, al di
sotto, divisa dal palato duro, ci sarebbe la orofaringe.

L'istmo delle fauci è una struttura muscolare, non ossea, che si va ad inserire sul margine posteriore
dell'osso palatino, quindi sarebbe il palato molle che si va ad inserire sul palato duro, e se voi guardate il
cavo orale dal davanti vedrete il profilo dell'apertura dell'istmo delle fauci. L'istmo delle fauci è la superficie
di passaggio tra la cavità orale e la retrostante orofaringe. Al piano superiore, troviamo un'apertura che si
chiama coane nasali, che segna il passaggio tra la cavità nasale e il retrostante rinofaringe. Il rinofaringe è in
continuità con l'orofaringe.

OSSO FRONTALE

L'osso frontale è il terzo osso impari mediano, è situato davanti allo sfenoide, ed è costituito da:

• una porzione verticale, la squama;

• una superficie orizzontale, che formerà il pavimento della fossa cranica anteriore.

L’osso frontale è un osso che, come osteogenesi, fa parte del neurocranio membranoso.

La faccia esterna della squama presenta le due bozze frontali, di


cui c'è da segnalare il margine inferiore arcuato, che rappresenta il
margine sovraorbitario con le arcate sopraccigliari. Se voi seguite
col dito il margine orbitario, a un certo punto, al terzo mediale
dovete sentire una piccola incisura che è l’incisura sovraorbitale:
da qui esce il nervo sovraorbitario che poi scorre sulla faccia
anteriore. Fra le due arcate abbiamo una superficie pianeggiante
che si chiama glabella.

Se invece seguite il profilo laterale del vostro osso frontale, potete


palpare la linea temporale, lateralmente alla quale avete la fossa
temporale, quindi vedete la grande ala dello sfenoide. La linea temporale scende e termina in basso con un
processo che va a costituire l'angolo superiore esterno della cavità orbitaria,si tratta del processo
zigomatico dell'osso frontale. Quindi c'è un processo zigomatico nel temporale, e c'è questo breve
proceasso zigomatico anche nell'osso frontale.

La faccia interna della squama presenta sulla linea mediana una cresta che, arrivata circa a metà altezza
nella squama, si sdoppia in un solco sagittale. Immaginate che continui in alto e indietro, con le due ossa

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08.it 6 di 8


Anatomia ANA10 – PALATINO E FRONTALE (4apr2011)

parietali, e poi ce lo ritroviamo sula faccia interna della squama


dell'osso occipitale a formare quindi un solco impari mediano che
solca tutta la faccia interna della calotta cranica, dove scorre
quella vena che trovavamo nell'osso occipitale. Quindi il solco
sagittale (frontale) si continua nel seno sagittale superiore, che
diventa seno trasverso e seno sigmoideo (occipitale). La faccia
orizzontale dell'osso frontale rappresenta il pavimento della fossa
cranica anteriore: è un po' irregolare e un po' convessa, e prende il
nome di bozza orbitaria. L'osso frontale forma il tetto della cavità
orbitaria. Da dietro riusciamo ad apprezzare i corti processi
zigomatici. Al centro vedete uno squarcio che prende il nome di spina nasale (c'era anche la spina nasale
dell'osso palatino).

La faccia orizzontale costituisce il tetto delle cavità orbitarie sottostanti e rappresenta la fossa cranica
anteriore. Guardandola da sotto si apprezza bene la profonda incisura mediana che separa due superfici
abbastanza regolari e concave della cavità orbitaria.

FOSSA CRANICA ANTERIORE

La fossa cranica anteriore è quella meno profonda tra le fosse craniche. Il pavimento è dato dall'osso
frontale. Al di sotto abbiamo: ai lati, le due cavità orbitarie e al centro la cavità nasale, di cui finora abbiamo
parlato soltanto guardandola da dietro. La fossa cranica anteriore è delimitata posteriormente dal corpo
dello sfenoide e dal margine anteriore della piccola ala dello sfenoide. Osservate che al centro della faccia
orizzontale dell’osso frontale, l’incisura mediana è occupata da un osso bucherellato, l’osso etmoide, il
quale si incastra attraverso una lamina forata ,detta lamina cribrosa o cribra, in questa incisura del frontale
che prende il nome di incisura etmoidale, andando a costituire il tetto della cavità nasale.

ETMOIDE

L'osso etmoidale è un osso impari mediano. La lamina cribrosa dell’etmoide, che costituisce la bombatura
del pavimento della fossa cranica anteriore, è costituita da due laminette una a destra e una a sinistra; al
centro sporge una spigola, una lamina ossea che vista di lato ha un profilo triangolare, che assomiglia alla
cresta del gallo e si chiama apofisi crista galli.

Lo schematizziamo visto dal davanti come una T, costituito da:

1. una lamina orizzontale con al di sopra, sulla linea mediana, l’apofisi crista galli che sporge nella
fossa cranica superiore. La lamina orizzontale abbiamo detto che è forata (lamina cribrosa);

2. una lamina perpendicolare, al centro dell’etmoide. Avevamo cominciato a farne la conoscenza


perchè ne avevamo apprezzato il margine posteriore, quando avevamo visto le coane da dietro.
Avevamo detto che il margine posteriore del setto è dato in parte dalla lamina perpendicolare
dell'osso etmoidale;

3. se adesso alle due estremità della lamina cribrosa immaginiamo di applicare due strutture solide,
due parallelepipedi, più o meno abbiamo presentato la quarta componente di questo osso: le
masse laterali dell'etmoide. Le masse laterali presentano la superficie laterale, che è liscia,
regolare, molto sottile, e il suo nome deriva dal fatto che gli antichi anatomici per descrivere

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08.it 7 di 8


Anatomia ANA10 – PALATINO E FRONTALE (4apr2011)

qualcosa di molto delicato avevano presente il foglio di papiro, allora l'hanno chiamata lamina
papiracea dell'etmoide.

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08.it 8 di 8


ANATOMIA - ANA11 – "BASE CRANICA, MASCELLARE E PALATINO"

ID lezione ANA11
Data lezione 6 aprile 2011
Autore Andrea e Mattia Brescini
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Osso frontale, osso etmoide, setto nasale, osso mascellare, osso palatino.

OSSO FRONTALE

Questa è l'immagine del frontale visto da sotto.


Vediamo il tetto della cavità orbitaria e l'incisura
etmoidale del frontale, dove appunto si va ad
incastrare la lamina cribrosa dell'etmoide, cioè la
lamina orizzontale.

• Per prima cosa, vediamo che l'osso frontale


presenta queste emicavità che, immaginando
di incastrarlo con l'etmoide, vanno ad
articolarsi con le emicellette presenti nella massa laterale dell'etmoide, quindi si verrà a formare il
cosiddetto labirinto etmoidale che vedremo sbucherà, come tutte le cavità pneumatiche presenti
attorno alla cavità nasale, all'interno della cavità nasale stessa.

• Seconda cosa da ricordare: la parte più laterale, esterna del tetto dell'orbita (formato dal frontale)
presenta un infossamento che dà alloggio alla ghiandola lacrimale, che è quindi collocata nella
parte più esterna della cavità orbitaria. Quando la ghiandola lacrimale viene stimolata alla
produzione delle lacrime vedremo che, da questa posizione laterale, le ghiandole si andranno ad
espandere per tutta la superficie anteriore dell'occhio, quindi del contenuto della cavità orbitaria, e
poi dalla cavità orbitaria sappiamo che (dato che quando piangiamo ci si riempie il naso) c'è un
canale naso-lacrimale che porterà queste lacrime a defluire nella cavità nasale.

• Sulla parte opposta a questa fossa per la ghiandola lacrimale, quindi medialmente, troviamo una
piccola sporgenza, una spina: questa spina, che si trova quindi sulla parte mediale del tetto, è
dovuta alla trazione che esercita a questo livello il tendine di un muscolo dell'occhio che gira
intorno a questa sporgenza, per cui si ha la formazione di questa struttura, che si chiama spina
trocleare; questo muscolo è il muscolo obliquo superiore, il cui nervo, quello che lo muove
(essendo un muscolo volontario), si chiama nervo trocleare ed è il IV paio di nervi cranici, quindi il
tendine gira intorno a questa spina che fa da puleggia e va sul muscolo che appunto si chiama
obliquo superiore.

OSSO ETMOIDE

Nell'immagine alla pagina seguente c'è un vecchio schema visto da davanti che rende conto di come è fatto
l'osso etmoide. Ci sono quattro componenti:

Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08.it 1 di 8


Anatomia ANA11 – BASE CRANICA, MASCELLARE E PALATINO (6APR2011)

1. siamo partiti dalla lamina cribra, cioè la lamina orizzontale


che è forata perché da lì passano i filuzzi del nervo
olfattivo. Chi tira la coca, oltre a tanti altri problemi, ha la
distruzione di questo osso. Il nervo olfattivo, dall'interno
della cavità nasale, passa nella fossa cranica anteriore;

2. abbiamo visto poi la lamina perpendicolare che è una


componente del setto nasale;

3. la terza componente è l'apofisi crista galli, sulla quale poi


si inserirà la falce cerebrale, che è un setto connettivale
che divide l'emisfero cerebrale destro dal sinistro, e che in alto va ad inserirsi su quel solco su cui
passa il seno venoso che raccoglie il sangue venoso;

4. il quarto elemento che pende dalla lamina orizzontale è la massa laterale.

Dobbiamo considerare che la lamina perpendicolare è una superficie, quindi nello schema è un segmento
perché è visto dal davanti, però questa immagine è bella perché ci ricorda il rapporto fra la massa laterale
dell'etmoide e la cavità orbitaria.

Notiamo allora che l'osso frontale, che forma il tetto della cavità orbitaria, presenta una cavità che si
completa andandosi ad articolare con questa emicavità della massa laterale. La superficie laterale della
massa laterale dell'etmoide forma la parete mediale della cavità orbitaria, ed è liscia e sottile come un
foglio di papiro e prende il nome appunto di lamina papiracea, che quindi costituisce la maggior parte della
parete mediale, o se volete nasale, della cavità orbitaria. Sul versante laterale invece c'è l'osso zigomatico
sul bordo esterno, mentre se andiamo un po' più all'interno troviamo la grande ala dello sfenoide. Quindi
sul versante lato-temporale, cioè esterno, abbiamo la grande ala dello sfenoide; sul lato nasale abbiamo
invece la lamina papiracea dell'etmoide. Il pavimento è dato dall'osso mascellare: abbiamo detto che il
braccio inferiore del “baffo della nike”, e cioè la fessura orbitaria inferiore, è formato da un lato dal
mascellare, cioè la fessura orbitaria inferiore si trova tra il margine posteriore della superficie orbitaria
dell'osso mascellare e la grande ala dello sfenoide che sta dietro. La fessura orbitaria superiore invece, sta
tra la grande e la piccola ala dello sfenoide.

Riguardo la massa laterale dell'etmoide, abbiamo detto che la sua superficie esterna forma la parete
mediale della cavità orbitaria, ed è liscia. Invece sulla superficie interna, cioè quella che guarda all'interno
della cavità nasale, abbiamo un profilo osseo molto irregolare, cioè ci sono delle sporgenze.

Una cosa da notare è che la cavità nasale che vediamo è ovviamente una metà, perché la cavità nasale è
divisa in due dal setto nasale; inevitabilmente ognuno di noi ha il setto nasale un pochino deviato, per cui le
due cavità non sono mai identiche. L''unica cosa che manca nell'immagine è il pavimento della cavità
nasale, che però dobbiamo immaginare un po' più in basso rispetto al punto inferiore della lamina
perpendicolare dell'etmoide. Sotto manca una componente ossea ulteriore, cioè in basso il setto deve
essere completato da un altro osso che fra un po' vedremo. Il pavimento della cavità nasale, ovvero volta
della cavità orale, è il palato duro: il palato duro è formato da due parti ossee, di cui i due terzi anteriori
dell'osso mascellare, e il terzo posteriore è formata dalla lamina orizzontale dell'osso palatino.

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Anatomia ANA11 – BASE CRANICA, MASCELLARE E PALATINO (6APR2011)

La cosa più impegnativa da immaginarsi è capire com'è fatta la


parete laterale della cavità nasale: solo nella sua porzione più alta
è data dall'etmoide, dalla massa laterale dell'etmoide. Qui in
basso, dove finisce l'etmoide, abbiamo un buco che sotto non è
completo, perché sotto abbiamo il corpo del mascellare; quindi la
superficie laterale della cavità nasale è data dall'osso mascellare e
andando più indietro dalla lamina verticale dell'osso palatino,
quindi dobbiamo collocare, nel descrivere la cavità nasale, il
mascellare e il palatino.

Ritornando all'etmoide: le masse laterali sono molto vicine alla lamina perpendicolare, non le dobbiamo
immaginare molto distanti. La lamina cribra si intuisce appena perché è larga pochissimi millimetri; in alto
vediamo la crista galli; vediamo anche una struttura tozza che alla base ha queste due piccole ali dovute
all'inserzione di strutture all'interno della fossa cranica anteriore che stirano l'osso. Poi vediamo il blocco
delle cellette etmoidali, queste cavità pneumatiche vuote dove passa l'aria, e si intravede sulla superficie
esterna, un po' tangenzialmente, la superficie laterale liscia che è la lamina papiracea. Cominciamo a
vedere che, mentre nella parte laterale abbiamo la lamina papiracea, nella parte mediale abbiamo delle
sporgenze che sono i cornetti nasali. Sulla superficie interna della massa laterale abbiamo una superficie
molto irregolare, abbiamo delle lamine ossee che si chiamano cornetti: cornetto superiore, medio e, fra il
superiore e la massa laterale, dobbiamo immaginare una fessura che si dirige in direzione antero-
posteriore. In basso c'è il cornetto inferiore che è un osso a se stante, che quindi non appartiene alla massa
laterale dell'etmoide. Quindi il cornetto superiore e medio fanno parte dell'etmoide, il cornetto inferiore è
una struttura autonoma.

Si vengono dunque a creare queste fessure molto strette e più o meno lunghe in direzione antero-
posteriore. Immaginiamo poi il tutto rivestito dalla mucosa della cavità nasale, quindi il derma, l'epitelio di
rivestimento e tutto il connettivo. Si viene a creare all'interno della cavità nasale un percorso molto
tortuoso per l'aria che inspiriamo, tenendo presente che da questo percorso la tortuosità è aumentata dal
fatto che l'aria passa poi in queste cavità aeree, pneumatiche che si trovano tutt'attorno alla cavità nasale
propriamente detta, e che prendono complessivamente il nome di seni paranasali: lo scopo è quello di
rendere l'aria, in tutte le stagioni, il più possibile omogenea, quanto a temperatura e a percentuale di
umidità, con la temperatura e l'umidità che l'aria poi incontra nelle vie aeree inferiori, in modo tale che non
ci siano dei forti sbalzi di temperatura ed umidità tra l'esterno e l'interno, sia quando fuori è caldo e secco,
sia che sia freddo e umido.

Già tra le cavità pneumatiche abbiamo visto i seni presenti nel corpo dello sfenoide; un'altra cavità è
presente all'interno dell'osso frontale, quindi abbiamo i seni frontali, che sono quelli che danno dolore
quando si soffre di sinusite frontale. Questi seni
frontali poi comunicano con la cavità nasale, come
pure le cellette nasali.

Faccia laterale

Vediamo la lamina papiracea, la lamina


perpendicolare del palatino e la sporgenza del
cornetto nasale medio. Il cornetto nasale medio
presenta un ricciolo, un uncino, che è il processo

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uncinato del cornetto nasale medio. La lamina papiracea non copre lateralmente tutte le cellette
etmoidali, alcune rimangono scoperte.

Vista da sopra

Questa è l'immagine vista da sopra, dalla fossa cranica superiore:


vediamo i fori della lamina cribrosa che danno passaggio ai filuzzi
del nervo olfattivo (che in realtà non è un vero e proprio nervo ma
fa comunque parte della linea olfattiva: per ora accontentiamoci di
considerarlo il I paio di nervi cranici). Vediamo la crista galli con le
due alucce, e le cellette etmoidali, che in alto sono scoperchiate
perché a questo livello vanno ad articolarsi con le emicellette
presenti sul contorno della incisura etmoidale dell'osso frontale.
Osserviamo anche che fra le varie cellette etmoidali sono presenti
dei solchi che vanno ad incastro con l'osso frontale e che
formeranno dei canalicoli di passaggio.

SETTO NASALE

In questa immagine vediamo che lo scudo superiore è il


corpo dello sfenoide, che al centro presenta un setto:
vediamo che è molto asimmetrico, quindi i seni sfenoidali
non sono rigorosamente uguali: poi vediamo il setto nasale
(quindi siamo a livello della cavità nasale). Si intravedono il
cornetto nasale medio (o conca nasale media) la conca
nasale inferiore. Il cornetto superiore non è segnalato
perché di queste tre lamine ossee che sono disposte in
direzione antero-posteriore, la conca superiore è quella più
corta, cioè meno estesa in senso antero-posteriore, quindi
evidentemente la scansione fatta in questa immagine non ha colto il cornetto nasale superiore che quindi si
trova in un altro piano, quindi qualche millimetro più in profondità. Vediamo anche il corpo dei processi
pterigoidei, cioè tutta la struttura, sia mediale che laterale. Qui il setto nasale sembra sospeso, come se non
toccasse il pavimento. Adesso cerchiamo di capire perché.

Questo (in rosso) è il corpo dello sfenoide: quello


giallino che posteriormente continua con il bianco è il
palato duro, cioè il pavimento della cavità nasale, con
i due terzi anteriori formati dall'osso mascellare e il
terzo più posteriore formato dalla lamina orizzontale
dell'osso palatino. Il setto nasale consiste in una parte
ossea e una cartilaginea, quella che viene chiamata in
latino pars cartilaginea septi.

Vediamo adesso come è formato il setto nasale;


abbiamo il profilo del corpo dello sfenoide con la sella
turcica e dentro vediamo il profilo del seno sfenoidale, anteriormente al corpo dello sfenoide, sulla linea
mediana, abbiamo la cresta sfenoidale che poi in basso continua con il rostro sfenoidale. Il setto nasale, la

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sua parte ossea, consiste, nella parte più alta, della lamina perpendicolare dell'etmoide (il grigio nel
disegno). Inferiormente, che va ad articolarsi con il rostro dello sfenoide e va a formare il margine
posteriore libero, c'è questo un osso che si chiama vomere, che va a formare quindi la parte inferiore del
setto: quindi la parte ossea è data da una piccola sporgenza (la cresta sfenoidale) che si continua sotto con
il rostro; sul davanti della cresta si articola quindi superiormente la lamina perpendicolare dell'etmoide,
nella parte inferiore il vomere. Fra il vomere e la lamina perpendicolare dell'etmoide si crea uno spazio che
è completato da cartilagine: quella anteriore è la parte cartilaginea del setto, che quindi forma la parte
inferiore più sporgente. Quindi tra la lamina perpendicolare e il vomere, si viene ad incastrare la parte
cartilaginea del setto. E' il vomere che poggia sul pavimento
ed è anche la parte del setto nasale che possiamo vedere
guardando un cranio da dietro (quindi dalle coane).

Visto il setto nasale in proiezione laterale e immaginando di


guardare le coane nasali da dietro, il margine posteriore del
setto nasale che si intravede dalle coane è dato dal vomere
perché in questa visuale non possiamo apprezzare la lamina
perpendicolare dell'etmoide (perché questa lamina è posta
superiormente al vomere). Quindi la lamina perpendicolare
è nella parte superiore del setto, il vomere nella parte
inferiore. In altre parole il vomere è quello che va ad
articolarsi con il palato duro. Il vomere, e solo il vomere, lo
possiamo vedere dalla apertura posteriore delle coane.

OSSO MASCELLARE

Il mascellare è un blocco unico che in realtà è fatto da


due parti che si saldano. Possiamo schematizzarlo
come un blocco centrale, un corpo, dal quale si
staccano quattro sporgenze. Questo corpo lo
potremmo descrivere come una sorta di cuneo di
forma molto irregolare, come quella del profilo di un
pianoforte a coda. Abbiamo un corpo che ha una
superficie anteriore che si continua lateralmente e
posteriormente, una superficie superiore che è il
pavimento della cavità orbitaria, laddove il tetto è
dato dal frontale, la parete mediale è data dalla
lamina papiracea dell'etmoide e la parete laterale è
data dallo sfenoide. A questo livello posteriore
abbiamo la fessura orbitaria inferiore che sarebbe il
ramo inferiore del baffo e quindi a questo livello c'è la grande ala dello sfenoide.

Il corpo presenta quattro processi. Un processo si stacca e va ad articolarsi con l'osso zigomatico, cioè con il
processo zigomatico del mascellare, quindi sarebbe nella parte esterna. Un processo di stacca verso l'alto
dalla porzione mediale e andrà a formare il processo frontale e si potrà raccordare con il processo frontale
controlaterale e dovrà delimitare l'apertura a forma di pera della cavità nasale, cioè la cosiddetta apertura
o fossa piriforme che è chiusa, in alto sulla linea mediana, dalle due ossa nasali. Un altro processo è posto
inferiormente ed è il processo alveolare, quello che va a formare l'arcata dentaria superiore. L'altro

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processo, il quarto si estende medialmente e va a formare il palato duro, cioè i due terzi anteriori del
palatino: il processo palatino del mascellare (in questa immagine non lo vediamo perché sta nella parte
interna).

Quindi vediamo inferiormente il processo alveolare, lateralmente il processo zigomatico e la faccia


esocranica del mascellare che presenta una regione anteriore che ci possiamo palpare. Sotto la sporgenza
dell'osso zigomatico è presente una superficie piatta che è chiamata fossa canina. A livello della fossa
canina, spingendo si sente un foro infraorbitario da cui esce il nervo infraorbitario: è un ramo terminale del
nervo mascellare. Il corpo presenta questa faccia anteriore che è interrotta dal massiccio del processo
zigomatico e si continua poi nella parte posteriore; la parte posteriore prende anche il nome di faccia
infratemporale. Siamo in quella parte che sta al di sotto dell'arcata zigomatica, per questo si chiama
infratemporale, e costituisce la faccia posteriore o infratemporale di questa superficie esterna del
mascellare.

Se scendiamo un pochettino più in basso dal livello dell'arcata zigomatica troviamo questa faccia posteriore
o infratemporale che presenta una superficie un po' rugosa e un po' irregolare (perché lì vanno a inserirsi
fibre muscolari) che prende il nome di tuberosità del mascellare. La tuberosità del mascellare l'avevamo
chiamata in causa quando parlavamo dei processi pterigoidei.

Proviamo a guardarlo dall'alto: la tuberosità del mascellare è una superficie convessa che guarda
posteriormente verso la convessità, rivolta anteriormente, dei processi pterigoidei. La cavità è la fossa
pterigosfenopalatina che è delimitata anteriormente dalla tuberosità del mascellare, posteriormente dai
processi pterigoidei, medialmente c’è la lamina verticale dell'osso palatino. Nell'angolo fra la lamina
orizzontale e la lamina verticale dei processi dell'osso palatino si stacca il corto e tozzo processo piramidale
del palatino.

Adesso andiamo ad analizzare cosa c'è all'interno di


questo corpo del mascellare. Abbiamo detto che sono
presenti quattro processi: il processo zigomatico, il
processo alveolare (in basso), il processo frontale
(vero l'alto) e il quarto, il processo palatino del
mascellare che si stacca medialmente al corpo e va a
formare i due terzi anteriori del palato duro. In basso,
inferiormente, si stacca il tozzo processo alveolare
che contiene gli alveoli dentali dell'arcata dentale
superiore. Il corpo del mascellare, questo blocco
voluminoso, presenta all'interno una grossa cavità; è
forato perché altrimenti peserebbe, andrebbe ad
appesantire il cranio. All'interno del corpo del
mascellare è presente una di quelle cavità cha fanno
da corona alla cavità nasale: il seno mascellare, che ha una grossa apertura. Quindi il corpo è bucato,
questa apertura guarda sulla superficie mediale del corpo del mascellare, che possiamo anche chiamare
superficie nasale, che guarda all'interno della cavità nasale. Guardandolo dalla superficie nasale possiamo
apprezzare inferiormente il processo alveolare, dall'angolo supero-anteriore si stacca il processo frontale e
medialmente verso di noi si stacca il processo palatino che forma i due terzi anteriore del palato duro.

Il margine posteriore del processo palatino del mascellare non arriva al livello del margine posteriore del
corpo, manca dello spazio. Questo è lo spazio che è occupato dalla lamina orizzontale dell'osso palatino. La

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struttura a forma di L dell’osso palatino, formato da una lamina verticale e una lamina orizzontale, non va
ad allinearsi in corrispondenza del margine posteriore ma si sovrappone in parte alla faccia nasale dell'osso
mascellare: qui dobbiamo immaginare che vada a inserirsi la lamina verticale. Inoltre la lamina verticale
dell'osso palatino termina un pochettino più indietro, più posteriormente. In questo modo, andando a
inserirci la lamina verticale dell'osso palatino, otteniamo che la sua lamina orizzontale va a continuare il
palato duro. L'altra conseguenza importante del fatto che la lamina verticale del palatino si sovrappone in
parte a questa faccia nasale del corpo del mascellare, è che l'ampia apertura del seno mascellare viene in
parte ridotta, ridimensionata, dalla sovrapposizione della lamina verticale dell'osso palatino che in parte
riduce l'ampiezza del seno mascellare, e il seno mascellare si getta nella cavità nasale.

OSSO PALATINO

Questo è l'osso palatino. Finora lo abbiamo visto parlando


del palato duro e parlando della lamina verticale dell'osso
palatino come della parete interna della fossa
pterigopalatina. Adesso cominciamo ad analizzare le varie
parti.

Partiamo dalla faccia interna dell'osso palatino: vediamo


sostanzialmente la lamina verticale e la parte orizzontale. Il
margine superiore della lamina verticale dell'osso palatino
non è dritto ma presenta una sporgenza più anteriore e una
sporgenza più posteriore; in mezzo c'è un'incisura che è
l'incisura sfenopalatina. Sopra s'incastra con il corpo dello
sfenoide e infatti la sporgenza posteriore si chiama processo
sfenoidale mentre la sporgenza anteriore si chiama processo orbitario perché è una piccolissima parte che
troviamo sul fondo della cavità orbitaria. Sul fondo
della cavità orbitaria, quando dicevamo che la parete
mediale era data dalla lamina papiracea dell'etmoide
e il pavimento era dato dalla cavità orbitaria del corpo
del mascellare, abbiamo detto anche che c'è un
pezzettino di pochissimi millimetri che è il contributo,
seppur minimo, che l'osso palatino dà alla costruzione della cavità orbitaria. Quindi lì in fondo c'è il
processo orbitale dell'osso palatino.

Pensate al ramo della mandibola che presenta il condilo, il processo condiloideo e il processo coronoideo,
in mezzo c'è un'incisura; invece l’incisura sfenopalatina, essendo il palatino incastrato con il corpo dello
sfenoide, va a formare un foro: il foro sfenopalatino. La cavità sfenopalatina o pterigopalatina, tramite
questa incisura che diventa foro sfenopalatino, comunica nella sua parte alta con l'interno della cavità
orbitaria. Quindi dei nervi e dei vasi entreranno dalla fossa sfenopalatina
attraverso questo foro.

Ripetiamo, adesso che abbiamo fatto il mascellare, le pareti che


delimitano la fossa pterigopalatina. Anteriormente la tuberosità del
mascellare, posteriormente i processi pterigoidei, medialmente la lamina
verticale dell'osso palatino. Cosa c'è da ricordare essenzialmente della
lamina verticale? Senz'altro quest'incisura che diventa foro; l'incisura è

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Anatomia ANA11 – BASE CRANICA, MASCELLARE E PALATINO (6APR2011)

delimitata da un processo orbitario e da un processo sfenoidale. L'altra cosa importante da segnalare sulla
faccia interna, quella nasale, sono due piccolissime creste trasversali: una sta più in alto, più o meno a
livello dell'incisura sfenopalatina, l'altra sta più in basso. Sono delle sporgenze che si chiamano l’una cresta
etmoidale, l'altra cresta concale. Qui vanno a incastrarsi il cornetto medio dell'etmoide e il cornetto
inferiore dell'etmoide.

Abbattiamo l'arcata zigomatica e vediamo la fessura


pterigopalatina, la parete posteriore è data dai processi
pterigoidei, la parete anteriore dalla tuberosità del
mascellare, sul fondo c'è la lamina verticale dell'osso
palatino. Nella parte alta c'è il foro sfenopalatino che ci
mette in comunicazione con la cavità nasale.

Questa è la faccia esterna o mascellare. In avanti c'è il


processo orbitario, dietro il processo sfenoidale che
delimitano questa incisura. La lamina verticale vista da
dietro presenta un solco sul margine posteriore. Il processo
piramidale va a incunearsi nella incisura pterigoidea; sono
presenti due solchi su questa faccia.

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ANATOMIA - ANA12 – "OSSO TEMPORALE 1"

ID lezione ANA12
Data lezione 7 aprile 2011
Autore Denis Aiudi
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Osso mascellare, osso temporale, sviluppo del temporale, accenni sul condotto
Argomento
uditivo

Visione frontale del cranio

Dalla fossa piriforme si intravede il cornetto nasale medio che fa parte


dell’etmoide mentre non si vede il cornetto nasale superiore perché si
trova più dietro. Il cornetto nasale inferiore invece non appartiene
all’etmoide ma è un osso a parte. Le due ossa nasali delimitano in alto la
fossa piriforme. L’osso zigomatico forma l’angolo inferiore esterno della
cavità orbitaria. Scorrendo la parete esterna della cavità orbitaria dietro
allo zigomatico c’è la grande ala dello sfenoide che delimita con la piccola
ala la fessura orbitaria superiore. Medialmente alla porzione superiore
del baffo c’è il foro ottico, attraversato dal nervo ottico e scavato nella
radice della piccola ala. Guardando il mascellare da davanti si vede il foro
infraorbitario (che approfondiremo dopo). Si nota poi l’incisura
sovraorbitaria che invece riguarda il frontale.

MASCELLARE, RAPPORTI CON LE ALTRE OSSA DEL CRANIO E


CAVITA’ ORBITARIA

Per quanto riguarda il mascellare ci sono due porzioni suturate sulla linea mediana. Anteriormente sul
corpo del mascellare sono riconoscibili tre dei quattro processi del mascellare. Il quarto non si vede
anteriormente.

Si notano il processo zigomatico, il processo frontale e


quello alveolare che si stacca inferiormente. Non si vede
il processo palatino che è presente medialmente e che
forma i due terzi anteriori del palato duro e su cui si
inserisce il vomere. Nel corpo dello sfenoide si
distinguono una faccia anteriore che presenta al di sotto
della sporgenza dell’osso zigomatico una superficie
lievemente incavata che è la fossa canina. Si vede la
faccia superiore del corpo (faccia orbitaria) che forma
gran parte del pavimento della cavità orbitaria mentre
non si nota la faccia interiore (faccia nasale) e non si
vede neanche la faccia posteriore (infratemporale) che è
dietro al profilo della linea che dal frontale va sullo zigomatico (linea temporale) in quanto è coperta dal

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Anatomia ANA12 – OSSO TEMPORALE (7apr2011)

massiccio dell’osso zigomatico. Questa faccia è la tuberosità del mascellare cioè quella superficie che
guarda indietro e si va a contraffacciate ai processi pterigoidei nel delimitare la fossa pterigopalatina.

L’osso lacrimale si trova subito internamente alla cavità orbitaria dietro al processo frontale dell’osso
mascellare e contribuisce a formare la parete mediale della cavità orbitaria. Gran parte della parete
mediale della cavità orbitaria è data dalla lamina papiracea dell’etmoide. L’osso lacrimale va a inserirsi al di
sopra del solco lacrimale e quando questi si svrappomgomo si forma il canale naso lacrimale.

Il margine posteriore della faccia orbitale dell’osso mascellare va a delimitare con la grande ala dello
sfenoide la fessura orbitaria inferiore. Da questa fessura la faccia orbitaria viene solcata dal solco
infraorbitario che arrivato a metà si approfonda formando un canale detto infraorbitario, che poi sbuca dal
foro infraorbitario. Il nervo che esce da questo foro, emerso dalla fessura orbitaria inferiore, attraversa il
solco e il canale infraorbitario uscendo poi sulla faccia anteriore del corpo del mascellare dal foro
infraorbitario. Ricapitolando abbiamo: solco infraorbitario, canale infraorbitario e foro infraorbitario.

Sul fondo de canale orbitario (punta della


piramide) c’è il foro ottico. La fessura orbitaria
inferiore è tra la grande ala ello sfenoide e il
margine posteriore della superficie orbitaria del
mascellare. Dove la fessura orbitaria inferiore e
quella superiore vanno quasi a convergere c’è
un pezzettino di osso palatino che è quel
processo orbitale dell’osso palatino che
compare nella cavità orbitarla; l’osso palatino
contribuisce quindi con la sua lamina
orizzontale a formare il pavimento della cavità nasale e il tetto della cavità orale.

La lamina verticale dell’osso palatino è tra la fossa pterigo


palatina e la cavità nasale. Il processo piramidale del
palatino va a incastrarsi fra la lamina mediale e quella
laterale dei processi pterigoidei. Il processo orbitario
contribuisce a determinare la cavità orbitaria.

Ricapitolando: le ossa che troviamo all’interno della cavità


orbitaria partendo dall’alto sono: il frontale, lo sfenoide
(grande e piccola ala), lo zigomatico, il mascellare, il
lacrimale, la lamina papiracea dell’etmoide e il processo
orbitario del palatino.

Nella faccia mediale del mascellare il solco naso lacrimale è chiuso dall’osso lacrimale tramite una piccola
sporgenza detta lunula. Il mascellare e il palatino si incastrano tramite la lamina orizzontale del palatino
che si pone dietro il processo palatino del mascellare mentre la lamina verticale si sovrappone
diversamente contribuendo a ridurre l’ampiezza del seno mascellare. Sul processo palatino del mascellare
ci sono una cresta in alto (abdominale) e una in basso (concale). La faccia mediale del palatino presenta due
creste che hanno lo stesso nome delle precedenti.

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Anatomia ANA12 – OSSO TEMPORALE (7apr2011)

In questa sovrapposizione (lamina verticale palatino e osso mascellare) la cresta etmoidale del palatino è in
continuità con la cresta etmoidale del mascellare così come la cresta concale del palatino lo è con la
concale del mascellare.

Osservando il corpo del mascellare in


posizione laterale si nota il processo
zigomatico su cui si articola l’osso
zigomatico che poi a sua volta si va a
articolare con il processo zigomatico
dell’osso temporale. Quindi sia il
mascellare che il temporale hanno un
processo zigomatico. La spina nasale
anteriore fa parte dell’osso
mascellare, quella posteriore della
lamina orizzontale dell’osso palatino e
c’è anche una spina nasale nell’osso
frontale. Sia l’anteriore che la posteriore fanno parte del palato duro. Girando intorno all’osso zigomatico e
al processo zigomatico si ha la faccia posteriore detta infratemporale dove c’è un angolo arrotondato che
permette di passare dalla faccia anteriore che è quella con la fossa canina a quella posteriore o
infratemporale che presenta la tuberosità mascellare.

Sopra la fossa pterigopalatina c’è il foro


sfenopalatino al di là del quale c’è
medialmente la cavità nasale. Sul
pavimento si vede il solco infraorbitario
che diventa canale e poi foro
infraorbitario. In sezione saggitale il
blocco del corpo del mascellare presenta
il seno del mascellare. Sul processo
piramidale del palatino la fessura
pterigomascellare sfocia nella fossa
sfenopalatina da cui in alto attraverso il
forosfenopalatino si entra nella cavità
nasale. Il vomere costituisce la porzione inferiore e più posteriore del setto nasale, la lamina
perpendicolare ne costituisce la parte superiore mentre fra i margini anteriori della lamina perpendicolare e
del vomere va a inserirsi la cartilagine del setto nasale.

OSSO TEMPORALE

L’osso temporale è un osso bilaterale, è pari e simmetrico e si inserisce nella base cranica tra l’osso
occipitale e lo sfenoide. Si trova tra la fossa cranica posteriore e la fossa cranica media tenendo presente
che nella fossa cranica anteriore c’è la lamina cribra con la crista galli e che il corpo dello sfenoide è con i
processi clinoidei anteriori. Sulla grande ala dello sfenoide si inseriscono i processi clinoidei posteriori del
massiccio centrale del corpo dello sfenoide e il clivo dell’occipitale con il grande forame occipitale. I due
angoli posteriori del corpo dello sfenoide sono inclinati a 45° circa (inclinazione della cresta della piramide
del temporale).

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Anatomia ANA12 – OSSO TEMPORALE (7apr2011)

Ogni osso temporale è formato dall’assemblaggio di quattro parti (immaginiamo una struttura a forma di
tetto a base triangolare in cui si distinguono una faccia antero-laterale, una postero-mediale che guarda
verso la fossa cranica posterioree una esocranica cioè inferiore):

1. la prima struttura si sviluppa come se fosse una barretta informe e termina sul versante esterno
con una sporgenza che è la prima delle quattro parti che compongono l’osso detta porzione petro-
mastoidea. L’estremità più
esterna, cioè la più laterale, è
quella che dà origine al processo
mastoideo. Questa è la parte più
superficiale e esterna di questa
struttura che si sviluppa verso
l’interno;

2. la seconda struttura è una


squama che si va ad interporre
fra la parte interna endocranica e
quella esterna. Guardandola
dall’esterno è un semicerchio
detta porzione squamosa;

3. la terza struttura è un blocco


osseo che ha una forma a doccia
dove si ha un pavimento concavo, un bordo anteriore e uno posteriore. All’estremità laterale (cioè
esternamente) la doccia forma il pavimento del condotto uditivo esterno. Quindi il meato uditivo
esterno (non considerando la cartilagine dell’orecchio) ha un’apertura ovale con l’asse maggiore
verticale da cui si ha un blocco osseo che si dirige in direzione latero-mediale (internamente)
trovandosi poi all’interno della piramide del temporale. Questa struttura è detta timpano. Davanti,
la parete anteriore del timpano forma la parete posteriore della cavità dell’osso temporale per
l’articolazione temporo-mandibolare cioè la fossa mandibolare. Dietro al condilo c’è quindi il meato
acustico esterno.

In proiezione laterale: squama del temporale, in corrispondenza della quale posteriormente si trova
la mastoide (con dietro il condotto uditivo esterno con dietro la fossa mandibolare davanti a cui c’è
un’estroflessione detta tubercolo articolare) e sulla prosecuzione del cerchio il processo
zigomatico.

Il condilo della mandibola quindi si va a articolare su una superficie data non solo dalla fossa
mandibolare ma anche dal tubercolo articolare;

4. la quarta struttura si sviluppa in basso e si chiama processo stiloideo. Considerando la parete


posteriore della cavità del mandibolare che costituisce la parte più anteriore dell’osso timpanico, si
osserva che sotto si crea una sorta di “gonnellino” di forma quadrangolare (cioè una guaina) detto
processo vaginale del processo stiloideo. Questo si trova nella parte superiore del processo
stiloideo, avvolgendolo.

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Anatomia ANA12 – OSSO TEMPORALE (7apr2011)

SVILUPPO DEL TEMPORALE

Partendo da una porzione grigia, che è quella


barretta che ha una direzione latero-mediale un
po’ obliqua a 45° di cui c’è una parte più
esterna, si originerà la mastoide. L’altra
porzione si svilupperà più medialmente
all’interno e darà origine alla piramide del
temporale (rocca petrosa). Fra la parte laterale
(la futura mastoide) e tutto il resto si viene a
creare una parete semicircolare che è la
squama del temporale. Inferiormente, a frapporsi fra la parte mastoidea, la futura piramide del temporale
e la squama, c’è un blocco osseo che di profilo è una doccia: il timpano. Nello sviluppo successivo questa
parete anteriore della cavità del timpano formerà la fossa mandibolare.

In alcuni libri il processo stiloideo viene considerato diviso in due parti (stilo-iale e timpano-iale).

Osservando internamente il temporale si osserva la faccia


interna della squama del temporale e lo sviluppo in senso
mediale della parte petromastoidea (dall’esterno si vede
solo la mastoide). Si vede poi la piramide del temporale che
si può considerare come una catena montuosa che ha una
direzione obliqua e una cresta. Ha quindi un versante
anteriore verso la fossa cranica media e un versante
posteriore verso la fossa cranica posteriore. Siccome la fossa
cranica posteriore è più profonda di quella media, dalla
cresta della piramide per andare sul pavimento della fossa cranica posteriore c’è un dislivello maggiore
rispetto a quello che c’è per andare alla fossa media. Di conseguenza anteriormente la piramide scende in
maniera più graduale. Se si scalfisse la faccia anteriore della piramide si scoperchierebbe un ambiente
interno dove c’è la camera dell’orecchio che contiene la catena degli ossicini.

ACCENNO SUL CONDOTTO UDITIVO

Si trova sulla faccia posteriore della piramide del temporale, quella che guarda verso la fossa cranica
posteriore. Circa a metà altezza della piramide
c’è un foro, il condotto uditivo interno o meato
acustico interno. Dietro la squama del
temporale si trova invece il condotto uditivo
esterno.

L’orecchio consiste in tre parti: l’orecchio


esterno, l’orecchio medio e l’orecchio interno.
L’orecchio esterno è quello scavato nella parte
timpanica dell’osso temporale (che ha forma ad
U) ed è quel canale che dal meato acustico
esterno arriva a una barriera membranosa che
è la membrana del timpano. L’osso timpanico

Autore: Denis Aiudi per Medicina08.it 5 di 6


Anatomia ANA12 – OSSO TEMPORALE (7apr2011)

alla sua estremità esterna laterale presenta il condotto uditivo esterno mentre a quella mediale c’è un solco
su cui si inserisce la membrana del timpano che si trova alla fine di un canale che incanala i suoni. Le onde
sonore fanno vibrare la membrana del timpano ed e qui che finisce l’orecchio esterno. Medialmente (cioè
internamente) alla membrana del timpano c’è l’orecchio medio che presenta una catena di tre ossicini. Il
primo ossicino poggia sulla membrana del timpano e si chiama martello. La membrana vibrando fa
muovere il martello il quale poggia sull’incudine alla quale trasmette la vibrazione che a sua volta è
collegato alla staffa che è inserita in una finestra detta ovale. La staffa in vibrazione entrando nel foro ovale
mette in movimento il liquido contenuto nell’orecchio interno che muove le estroflesioni di cellule che
hanno altezza diversa: se vibrano quelle più alte si apprezzano i suoni acuti, se vibrano quelle più basse si
percepiscono i suoni gravi. Quindi l’onda sonora si è trasformata nell’orecchio medio in onda meccanica
ossea che si è poi trasformata in quello interno in un onda liquida che scatena i potenziali d’azione dei
recettori delle cellule.

Autore: Denis Aiudi per Medicina08.it 6 di 6


ANATOMIA - ANA13 – "OSSO TEMPORALE 2"

ID lezione ANA13
Data lezione 11 aprile 2011
Autore Tania Cernetti
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Osso temporale, condotto uditivo

OSSO TEMPORALE

L'osso temporale è un osso che andiamo a posizionare fra la fossa cranica posteriore e la fossa cranica
media, tanto che la piramide temporale ci segna proprio il confine tra queste due fosse.

Quest'osso risulta embriologicamente


dall'assemblaggio di 4 parti ossee:

1. una porzione darà origine alla piramide


e alla mastoide, la parte petro-
mastoidea;

2. una seconda porzione è la squama del


temporale, che si va ad incastrare tra la
mastoide, quindi la parte più esterna
della porzione petro-mastoidea, e la piramide del temporale, che è la parte più interna;

3. inferiormente mettiamo il timpano, un blocco osseo con una forma a doccia, che andrà a formare il
condotto uditivo esterno; la parte opposta, quella mediale, è la porzione su cui si inserisce la
membrana timpanica, che dividerà l'orecchio esterno dall'orecchio medio;

4. la quarta porzione è quella del processo stiloideo: “stilum”=pugnale: il processo stiloideo è dunque
una sporgenza appuntita, lunga circa 20-25 mm.

Faccia esocranica

La faccia esterna dell'osso temporale presenta il


semicerchio della squama del temporale;
posteriormente abbiamo la mastoide; davanti
alla mastoide c'è l'apertura del condotto uditivo
esterno, il cui pavimento risulta formato dal
timpano.

La parete anteriore del condotto uditivo fa da


confine tra il condotto uditivo esterno e la fossa
mandibolare, l'incavo su cui va ad inserirsi il
condilo della mandibola per formare
l'articolazione temporo-mandibolare.

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Anatomia ANA13 – OSSO TEMPORALE 2 (11apr2011)

Davanti alla fossa mandibolare troviamo un'estroflessione, il tubercolo articolare. Fossa e tubercolo
rappresentano la superficie sigmoidale su cui scorre il condilo della mandibola nel meccanismo di apertura
della mandibola (diartrosi → cartilagine articolare). Inferiormente rispetto al meato acustico esterno, in
basso, spunta il processo stiloideo, che presenta nella parte prossimale una laminetta ossea che deriva
dalla componente simpatica dell'osso temporale: un processo vaginale.

Faccia endocranica

La faccia endocranica è un po' concava a livello


della squama. Medialmente compare il
massiccio della piramide del temporale, che ha
un versante antero-laterale che guarda nella
fossa cranica media.

Alla base della piramide del temporale abbiamo


la faccia interna della squama del temporale,
che costituirà la parte più laterale del
pavimento della fossa cranica media.

Sulla faccia antero-laterale della piramide del


temporale notiamo un solco longitudinale e poi
notiamo che la porzione basilare della fossa cranica media pertinente all'osso temporale, ha una superficie
irregolare che degrada al piano zero: il tegmen timpani (tetto del timpano). Se noi andassimo a
scoperchiare il tegmen timpani, vedremmo la cavità timpanica, la porzione dell'orecchio medio che
contiene la catena degli ossicini (martello, che poggia sulla membrana timpanica e che si appoggia
medialmente sull'incudine; l'incudine, che è collegata alla staffa; la staffa, l'ossicino più interno, a ridosso
della parete più mediale).

Sulla faccia posteriore c'è il clivius dell'occipitale con il grande forame occipitale. Da segnalare l'apertura
del condotto uditivo interno. La via acustica passa all'interno della piramide del temporale, fino ad arrivare
al condotto uditivo esterno (naturalmente le onde sonore faranno il percorso inverso: entrano dal condotto
uditivo esterno favorite dal padiglione auricolare che ne facilita la convergenza, entrano all'interno
dell'osso del timpano, vengono trasmesse dalla catena degli ossicini alla struttura del condotto uditivo
interno).

Sul meato acustico interno passa il nervo stato-acustico (VIII paio di nervi cranici), formato da due
componenti: acustica e vestibolare (equilibrio). Questo raggiunge il tronco encefalico. Insieme al nervo
stato-acustico passa anche il nervo facciale (VII paio).

Se noi andassimo ad ingrandire il condotto uditivo esterno, vedremmo che è diviso da una cresta
orizzontale, che a sua volta è divisa da una cresta verticale, che divide il condotto in 4 spicchi:

• in due passa la componente del nervo vestibolare;

• in una la componente del nervo uditivo;

• in una la componente del nervo facciale.

Autore: Tania Cernetti per Medicina08.it 2 di 5


Anatomia ANA13 – OSSO TEMPORALE 2 (11apr2011)

La faccia della mastoide che guarda all'interno presenta un breve incavo: il solco sigmoideo, che parte dal
solco trasverso dell'osso occipitale, che a sua volta riceve dal solco sagittale superiore. Il solco sigmoideo
finisce sul foro giugulare (parte del foro lacero), tra l'osso occipitale e l'osso temporale.

Faccia inferiore

La faccia inferiore (alla base cranica) dell'osso


temporale permette di riconoscere la mastoide
posteriormente e il processo stiloideo che viene
verso di noi; davanti abbiamo l'ampia fossa
mandibolare con anteriormente il tubercolo
articolare. La fossa mandibolare è inserita alla
radice del processo zigomatico del temporale.

Nella mastoide (dietro al padiglione auricolare,


sotto al muscolo sternocleidomastoideo), sulla
faccia interna, abbiamo un solco dove si
inserisce il ventre posteriore del muscolo
digastico: il solco del muscolo digastico. Di
fianco a questo c'è un solco per l'arteria.

Fra la mastoide (sporgenza, bozza) e il processo


stiloideo (appuntito, lungo e sottile) c'è un foro: il foro stilo-mastoideo, da cui (molto importante) fuoriesce
il nervo che aveva imboccato una delle 4 aperture del meato acustico interno: il nervo facciale. Il nervo
facciale ha una componente motoria dedicata ai muscoli mimici.

Sulla faccia inferiore del cranio, medialmente al processo stiloideo, abbiamo la fossa giugulare (profilo
irregolare, allungato) da cui parte una cresta che la separa dal foro di ingresso dell'arteria carotide interna
nella piramide del temporale: il foro carotico (o canale carotico).

LE ARTERIE

Tornando sul versante endocranico, immaginiamo per trasparenza (guardando dall'alto) che sulla base ci sia
il foro carotico: l'arteria carotide interna di destra e di sinistra (che si chiama così perché ce n'è una esterna
e una comune, che sale lateralmente al collo da ciascun lato) va diretta a questo foro; l'arteria vertebrale
passa attraverso il foro intervertebrale, nelle vertebre, arriva all'atlante ed entra attraverso il grande
forame occipitale.

L'arteria carotide fa dunque un percorso all'interno della piramide del temporale e si dirige verso l'apice,
passando in vicinanza dell'orecchio. Tenete presente che in caso di trauma cranico con rottura della base
del cranio e in presenza di otoraggia (sangue dall'orecchio) è possibile che ci sia stato il danneggiamento
dell'arteria carotide ed è quindi molto grave. Una volta attraversata la piramide del temporale, sbuca nella
fossa cranica media, appoggiandosi sul solco dell'arteria carotica (tra il corpo e l'ala dello sfenoide).

In prossimità dell'apice della piramide (che non è appuntito) c'è una sorta di sfiatatoio ( tuba uditiva), che
dall'orecchio medio va a finire nella faringe, dietro alle cavità nasali. La tuba uditiva mette dunque in
comunicazione l'orecchio medio (che contiene i tre ossicini) con la faringe, che si va ad inserire nella base
cranica in corrispondenza di:

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Anatomia ANA13 – OSSO TEMPORALE 2 (11apr2011)

• tubercolo faringeo (osso occipitale);

• spina angolare della grande ala dello sfenoide;

• lamina mediale dei processi pterigoidei dello sfenoide.

La faringe si attacca alla base cranica attraverso una membrana connettivale, la membrana basifaringea o
faringobasilare, che va a rivestire questi tre punti d'attacco. Il foro carotico resta esterno, laterale. Dalla
parte alta, che si chiama nasofaringe o rinofaringe, sbucano da ciascun lato le due tube uditive, canali di
sfiato che evitano lacerazioni dovute a brusche variazioni di pressione.

CONDOTTO UDITIVO

Ora proviamo a fare una sezione para-sagittale della piramide del temporale ed “abbattiamo” la parte del
condotto uditivo esterno, arrivando al cavo del timpano. Quella sul fondo è la parete mediale dell'orecchio
medio. Immaginiamo di togliere la catena degli ossicini, per concentrarci meglio sulla parete ossea di fondo.
Questa è bombata verso la cavità del timpano (si chiama promontorio); al di là del promontorio c'è
l'orecchio interno. Nella parte alta del promontorio abbiamo una finestra ovale, quella in cui si inserisce la
base della staffa, il 3° osso della catena degli ossicini. La parete laterale della cavità del timpano è data dalla
membrana del timpano.

Anche la mastoide è forata, contiene delle cellette mastoidee per non appesantire l'osso: queste
comunicano con una cavità più grande, l'antro timpanico, che a sua volta comunica con la cavità del
timpano.

Sempre all'apice della piramide, ma più in basso rispetto al canale carotico, c'è lo sbocco della tuba uditiva,
un canale scavato nelle viscere della piramide del temporale.

Nella parte alta (nel terzo superiore) della parete arrotondata della tuba uditiva, immaginate di porre una
specie di sporgenza, un cornicione, che divide questa cavità in due porzioni: un emicanalicolo più in alto e il
resto dell'emicanale più in basso. Fra il tetto e questa spicola si viene a creare un canalicolo più stretto
rispetto al passaggio più ampio della tuba uditiva.

All'interno della tuba uditiva c'è un solco in cui passa un muscoletto responsabile dell' “attappamento”
delle orecchie, il muscolo tensore del timpano. [Può capitare che su alcuni libri non trovate questo
muscolo. A questo punto direte: <<quello stronzo del pelato ci ha detto una delle sue solite cagate!!>> In
realtà, dato che sulla membrana del timpano si appoggia il martello, questo muscolo si può chiamare anche
tensore del martello.]

Il condotto uditivo interno (o meato acustico interno) presenta una cresta trasversale e una ulteriore
suddivisione verticale tale da dividerlo in 4 quadranti:

• 2 spicchi sono per il nervo vestibolare;

• 1 spicchio ha forma a spirale (tratto spirale del forame), attraverso cui passa la componente
acustica;

• 1 spicchio è per il nervo facciale.

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Anatomia ANA13 – OSSO TEMPORALE 2 (11apr2011)

La membrana del timpano


ha una forma a pagoda e
sporge verso l'interno, come
pure sporge la parete
mediale. Se noi guardiamo
uno spaccato, il profilo di
questa cavità sembra una
clessidra. Nella parte
superiore vediamo il
martello che poggia sulla
membrana del timpano.
All'interno del promontorio
abbiamo la chiocciola,
l'orecchio interno.

Tra la mastoide e la regione del timpano che è in rapporto con la cavità del timpano, c'è un canale che
ripiega in basso e sbocca nel foro stilo-mastoideo. E' il canale per il nervo facciale. Qualche millimetro
prima del foro stilo-mastoideo, è presente il canale per la corda del timpano, un nervo che è in rapporto
col timpano.

La tuba uditiva presenta un'appendice cartilaginea rivestita da mucosa (che nella visione cranica non
possiamo apprezzare), dove è presente un aggregato di tessuto linfoide e se uno ha un'ipertrofia, ha
un'ostruzione a quel livello.

Immaginiamo di stare all'interno della cavità del timpano e di guardare la parete membranosa (quella a
forma di pagoda): ci accorgeremo che nella parte alta si inserisce il manico del martello. La corda del
timpano passa tra il martello e l'incudine [quindi per voi da oggi il detto “mi sento come chi sta tra il
martello e l'incudine” equivarrà a dire “mi sento come la corda del timpano”!]

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ANATOMIA - ANA14 – "MUSCOLI DEL CRANIO E CINGOLO PETTORALE"

ID lezione ANA14
Data lezione 13 aprile 2011
Autore Giulia Mariotti
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Muscoli del cranio, muscoli mimici e masticatori, scapola e omero.

Nel cranio ci sono due gruppi di muscoli:

• masticatori;

• mimici.

Nel cranio ci sono dei muscoli che sono scheletrici, quindi volontari, ma hanno una derivazione diversa, cioè
dall’arco branchiale. Gli archi branchiali sono strutture embriologiche transitorie; si chiamano branchiali
perché sono localizzati ai lati della faringe primitiva, laddove nei pesci si sviluppano le branchie. Noi non
sviluppiamo le branchie ma condividendo dei punti della scala evolutiva partiamo da strutture comuni.
Questi muscoli sono i muscoli masticatori e mimici; altri muscoli che troviamo nel blocco facciale sono
invece muscoli che hanno una derivazione non branchiale ma somitica; questo ha delle implicazioni
importanti per quanto riguarda la loro innervazione. I muscoli non brachiali, cioè quelli somitici, sono i
muscoli che muovono i bulbo oculare, cioè i muscoli estrinseci dell’occhio e i muscoli estrinseci della lingua.

I muscoli masticatori derivano dal 1° arco branchiale, quelli mimici dal 2° arco branchiale. Il nervo cranico,
che deriva dal 1° arco branchiale si chiama nervo trigemino, quindi i muscoli che derivano dal 1° arco
branchiale saranno innervati dal nervo che deriva dallo stesso arco branchiale. Il nervo che deriva dal 2°
arco branchiale è il facciale. Abbiamo visto l’osso ioide e la mandibola: li abbiamo paragonati a due ferri di
cavallo uno più grande e uno più piccolo. Sono posti in parallelo. Sono messi in comunicazione da legamenti
che vanno dallo ioide al processo stiloideo (vedi osso temporale). L’osso ioide è in vicinanza alla laringe e
c’è una membrana tiro-ioidea che collega lo ioide alla laringe. L’osso ioide fa da snodo centrale ed è
collegato a:

• base cranica;

• mandibola;

• laringe;

• faringe.

Inferiormente al condotto uditivo esterno, medialmente, c’è il processo stiloideo, rivestito da una laminetta
ossea che deriva dall’osso timpanico formante il pavimento del condotto uditivo esterno e la parete
posteriore della fossa mandibolare.

Autore: Giulia Mariotti per Medicina08.it 1 di 6


Anatomia ANA14 – MUSCOLI DEL CRANIO E CINGOLO PETTORALE (13apr2011)

MUSCOLI MIMICI (o pellicciai o facciali)

Sono muscoli circolari intorno all’orbita e


al cavo orale da cui partono dei rami che
vanno verso l’osso zigomatico e l’angolo
della bocca. Derivano dal 2° branchiale e
sono innervati dal VII paio di nervi cranici
(nervo facciale).

In particolare segnaliamo:

1. orbicolare dell’occhio (16);

2. orbicolare della bocca (14);

3. buccinatore (15);

4. risorio del Santorini (10).

Questo è lo schema dell’orbicolare della bocca sulla cui


porzione più laterale vanno ad inserirsi le fibre del muscolo
buccinatore che ha una linea di inserzione sul ramo della
mandibola e che continua anche oltre. E’ il muscolo che
gonfia le labbra suonando uno strumento a fiato.
Posteriormente termina con un rafe connettivale: rafe
pterigo-mandibolare. Il rafe pterigo-mandibolare è a sua
volta inserzione del muscolo costrittore superiore della
faringe che curva posteriormente e si continua con
l’omologo contro-laterale; forma la parete posteriore
superiore della faringe, tubo muscolare incompleto anteriormente (ha la forma di una doccia aperta in
avanti). La membrana faringobasilare si inserisce sulla faccia esocranica della base cranica. Dall’orbicolare
della bocca partono verso l’alto altri muscoli mimici: piccolo zigomatico, elevatore del labbro superiore, ecc.
Il buccinatore è trapassato dal dotto della ghiandola parotide.

Domanda: il muscolo che va dall’osso ioide e va sulla faccia interna del collo della mandibola, qual è? Il
milo-ioideo. Fa parte del pavimento del cavo orale ed è in relazione con la faringe e il buccinatore. Nel collo
il sottile muscolo mimico che sta immediatamente sotto il piano cutaneo è il platisma e va dalla mandibola
al collo alla clavicola estendendosi per qualche centimetro inferiormente ad esse: riveste prossimalmente il
moncone della spalla.

I muscoli sopra ioidei formano il pavimento del cavo orale; all’interno del milo-ioideo si trova il genio-
ioideo.

MUSCOLI MASTICATORI

Sono in tutto 4, derivano dal 1° arco branchiale e devono collegare la mandibola con il resto del cranio. Il
movimento è di innalzamento della mandibola nella masticazione. Abbiamo nella fossa temporale questo
ampio e sottile lenzuolo muscolare, il muscolo temporale. Ha un profilo circolare di inserzione; le fibre

Autore: Giulia Mariotti per Medicina08.it 2 di 6


Anatomia ANA14 – MUSCOLI DEL CRANIO E CINGOLO PETTORALE (13apr2011)

convergono verso il basso e passa all’interno dell’arcata zigomatica. Il tendine si va a inserire sul processo
coronoideo della mandibola.

Il temporale è rivestito da una guaina


fibrosa dura che ne rende difficile la
percezione alla palpazione. A coprire gran
parte del ramo della mandibola fino
all’arco zigomatico c’è un robusto
muscolo quadrangolare, il massetere.
Asportando il massetere si vede come
questo muscolo abbia un’ampia
superficie di inserzione che ricopre i 4/5
del ramo della mandibola. Con
l’asportazione del massetere si può
apprezzare internamente all’arcata
zigomatica la convergenza del tendine
del muscolo temporale sul processo
coronoideo. L’arcata zigomatica segna il
piano ideale che separa la fossa temporale dalla fossa infratemporale; dalla fossa infratemporale ci si
approfonda medialmente nella fossa pterigo-palatina o sfeno-palatina. A questo livello intuiamo anche
l’incisura sigmoidea, cioè quell’incavo tra il processo coronoideo anteriormente e il condilo della mandibola
posteriormente. Il condilo della mandibola ha un collo, a questo livello c’è anche il condotto uditivo
esterno. In questa zona si inserisce la capsula articolare dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM), cioè
quella guaina che avvolge tutte le articolazioni diartrosiche.

Ci sono altri due muscoli masticatori che hanno a che fare con i processi pterigoidei:

• muscolo pterigoideo esterno (o laterale);

• muscolo pterigoideo interno (o mediale).

Abbattendo la porzione più anteriore del ramo


della mandibola (processo coronoideo +
inserzione temporale su di esso) appare il rafe
pterigo-mandibolare e si intravede il costrittore
posteriore della faringe. Il massetere parte
dall’angolo della mandibola e ricopre gran
parte della faccia esterna del ramo della
mandibola; sulla faccia interna del ramo della
mandibola invece c’è un muscolo con forma del
tutto simile al massetere: a partire dall’angolo
interno della mandibola si ha il muscolo
pterigoideo interno. Questo muscolo si inserisce
nella fossa pterigoidea, cioè nella parte concava
tra le due lamine del processo pterigoideo.

Autore: Giulia Mariotti per Medicina08.it 3 di 6


Anatomia ANA14 – MUSCOLI DEL CRANIO E CINGOLO PETTORALE (13apr2011)

Nella parte alta della fossa pterigoidea c’è un’altra


piccola fossa, detta fossa scafoidea nella quale si
inserisce il muscolo elevatore del velo del palato. La
lamina mediale del processo pterigoideo si
caratterizza per la presenza di un uncino, l’uncino
pterigoideo. Intorno all’uncino gira il tendine del
tensore del velo del palato. Il velo del palato è il palato
molle, ossia quella struttura muscolare che completa
il palato duro posteriormente e che si inseriscono sul
margine posteriore del palato duro (lamina
orizzontale osso palatino). Sulla faccia esterna del
processo pterigoideo va ad inserirsi un altro muscolo
che raggiunge con l’altro capo la capsula articolare
dell’ATM, per la precisione si inserisce a livello del collo del condilo della mandibola e sulla cresta
infratemporale, parliamo del muscolo pterigoideo esterno.

Riassumendo quello che unisce l’angolo della mandibola con la fossa pterigoidea è il pterigoideo interno;
quello che unisce il collo del condilo della mandibola alla cresta infratemporale e alla faccia esterna della
lamina laterale del processo pterigoideo è il pterigoideo esterno.

SCHELETRO APPENDICOLARE

Passiamo ora dall’asse del tronco alle appendici superiori e alle appendici inferiori. Le appendici presentano
delle analogie:

• hanno entrambe uno snodo (cingolo pettorale e cingolo pelvico);

• hanno un segmento osseo prossimale (omero/femore= braccio/coscia);

• hanno un segmento osseo intermedio (avambraccio/gamba);

• hanno un segmento osseo distale (mano/piede).

L’arto superiore rispetto all’arto inferiore è ruotato di 90° (consideriamo per definizione la posizione
anatomica del cadavere con le palme delle mani rivolte verso l’avanti). Abbiamo una superficie anteriore
che è flessoria nell’arto superiore mentre nell’arto inferiore è estensoria.

CINGOLO SCAPOLARE

OMOPLATA (o SCAPOLA)

E’ un osso appiattito a forma triangolare. La clavicola prende un’inserzione mediale con lo sterno e una
laterale con la scapola che possiamo osservare meglio guardando posteriormente la gabbia toracica.
Riconosciamo tre lati della scapola: laterale, mediale e superiore. Il margine mediale può essere chiamato
lato vertebrale. I tre margini sono uniti da angoli: angolo inferiore, supero mediale e supero laterale.

Osservando invece un’inquadratura dall’alto si osserva una componente anteriore (CLAVICOLA) che ha una
convessità prima anteriore e poi posteriore (direzione laterale). Sormonta la prima costa e si articola con la

Autore: Giulia Mariotti per Medicina08.it 4 di 6


Anatomia ANA14 – MUSCOLI DEL CRANIO E CINGOLO PETTORALE (13apr2011)

scapola che si trova posteriormente alla gabbia toracica. Sulla faccia inferiore della clavicola c’è un solco per
il succlavio.

Posteriormente è presente
un processo, la spina della
scapola che si porta in avanti
con il processo acromiale o
acromion che si articola con
il capo laterale della
clavicola. Sono presenti nella
faccia posteriore della
scapola due fosse: sopra la
spina c’è la fossa
sopraspinata; la superficie
più ampia al di sotto è la fossa sottospinata. La faccia posteriore è divisa in due dalla sporgenza della spina.
Sotto l’acromion, come se fosse una “tettoia”, vediamo sporgere una struttura semi-sferica, la testa
dell’omero, che presenta due tuberosità: una laterale (grande tuberosità o trochite) e una mediale (piccola
tuberosità o trochine). Nel femore parleremo di grande e piccolo trocantere. Tra le due sporgenze c’è un
solco che vedremo scendere per qualche centimetro lungo la diafisi di quest’osso ed è il solco formato da
un tendine che scorre in questo punto, ovvero il tendine del bicipite omerale. La faccia anteriore della
scapola è concava perché segue il profilo della gabbia toracica.

Il margine superiore presenta al suo terzo laterale un’incisura che è l’incisura omojoidea. (L’omojoideo
collega l’omoplata con l’osso joide ed è digastrico). A volte questa incisura è chiusa ad anello. Più
lateralmente si stacca dal margine superiore un processo che sembra un dito ripiegato, tozzo e storto, il
processo coracoideo. Il piccolo pettorale si inserisce su questo processo. Non è però l’unico muscolo che si
inserisce su questo processo perché sono tre i muscoli che complessivamente si inseriscono sul processo
coracoideo:

1. piccolo pettorale;

2. coracobrachiale;

3. un capo del bicipite dell’omero.

Più lateralmente lungo il margine superiore abbiamo l’angolo laterale che presenta la fossa ovoidale che
accoglie la testa dell’omero. Questa superficie articolare è preceduta da una strozzatura, il collo della
scapola. La faccia anteriore è coperta da uno dei muscoli intrinseci della scapola: il sottoscapolare che è
nella fossa sottoscapolare. La faccia posteriore è invece convessa e può essere divisa in due parti: il terzo
superiore presenta un processo che portandosi lateralmente si allarga (spina della scapola), infine si
estroflette in un processo, l’acromion, che sormonta la superficie articolare con l’omero. (N.B.: l’acromion
non tocca con l’omero!!!). Abbiamo quindi una fossa sopraspinata e sottospinata (o infraspinata). Le tre
fosse della scapola sono occupate da muscoli omonimi che fanno parte dei muscoli della spalla.

OMERO

E’ un osso lungo composto da una diafisi e due epifisi, una prossimale e una distale. L’epifisi prossimale
presenta la testa dell’omero che ha una forma che ricorda una sfera alla cui base è presente una

Autore: Giulia Mariotti per Medicina08.it 5 di 6


Anatomia ANA14 – MUSCOLI DEL CRANIO E CINGOLO PETTORALE (13apr2011)

strozzatura, il collo anatomico su cui si inserisce la capsula articolare. La testa dell’omero si articola con la
cavità glenoidea della scapola. Il diametro dell’emisfera è più ampio della cavità che la raccoglie; essendo
superfici articolari poco congruenti è possibile una grande mobilità dell’articolazione. Ricordiamo la grande
e la piccola tuberosità con il solco bicipitale. Al terzo medio della diafisi, sulla superficie anterolaterale, c’è
una tuberosità per l’inserzione del deltoide, tuberosità deltoidea. La sezione dell’omero va appiattendosi in
senso distale.

Per quanto riguarda il solco bicipitale troviamo due labbri o creste, uno laterale e uno mediale, che
vengono anche detti cresta della grande tuberosità e della piccola tuberosità. Il grande dorsale si inserisce
sul labbro mediale e il gran dorsale sul labbro laterale. Gli spino appendicolari e i toraco appendicolari si
inseriscono su queste due creste. Sotto la tuberosità deltoidea compare un solco che viene dalla faccia
posteriore. E’ una linea spiraliforme che dalla faccia posteriore compare su quella anteriore. L’epifisi distale
permette l’articolazione con l’estremità prossimale dell’ulna e del radio.

Autore: Giulia Mariotti per Medicina08.it 6 di 6


ANATOMIA - ANA15 – "ARTO SUPERIORE"

ID lezione ANA15
Data lezione 15 aprile 2011
Autore Giulia Principi
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Omero, ulna e radio, mano, spalla.

OMERO

All'epifisi distale dell'omero troviamo una troclea, come se


fosse un ''cilindretto''. Questa si appiattisce in senso antero-
posteriore: abbiamo un condilo mediale e un condilo laterale.
Ricordiamo che va presa in considerazione la posizione
anatomica del cadavere, radio esternamente (1° dito) e ulna
medialmente (5° dito).

L'asse maggiore della troclea (cilindretto) rispetto all'asse


dell'osso su cui è posizionato è perpendicolare! Quando va ad
articolarsi con la porzione di cilindro cavo che la avvolge (in
questo caso appartiene all'epifisi dell'ulna, detta incisura
semilunare o trocleare), otteniamo un movimento di flesso-
estensione. Se sul versante mediale abbiamo la troclea, sul
versante laterale troviamo una porzione di sfera (condilo
omerale) che si articola con la testa del radio (capitello).

Sopra queste due sporgenze abbiamo due fosse:

• fossa coronoidea sopra la troclea;

• fossa radiale lateralmente.

L’epifisi è slargata in direzione latero-laterale. Troclea e condilo presentano al di sopra due sporgenze:

• epitroclea (epicondilo mediale);

• epicondilo laterale.

Nella faccia posteriore troviamo una fossa più profonda delle anteriori che accoglie l’estremità dell'ulna:
fossa olecranica. Fra epitroclea e estremità laterale della troclea c'è un solco in cui passa il nervo ulnare
(solco per il nervo ulnare) coperto da un piccolo legamento (è quello che si ''addormenta'' durante la
notte!). Nella diafisi dell'omero avevamo visto il solco dove passa il nervo radiale che inizia nella parte
medio-alta della diafisi omerale e poi passa sulla faccia anteriore andando nel terzo distale della diafisi.

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Anatomia ANA15 – ARTO SUPERIORE (15apr2011)

AVAMBRACCIO:ULNA e RADIO

Sono due ossa lunghe; avremo epifisi


prossimali e distali e diafisi (segmento
intermedio). Sembrano disposte in testa-
coda, poiché l'estremità maggiore
dell'ulna è quella prossimale, mentre il
contrario è per il radio (epifisi distale del
radio è maggiore della prossimale).

L'estremità prossimale dell’ulna presenta


un robusto processo che si porta verso
l'alto: olecrano, superficie articolare
anteriore che si continua nella superficie
superiore della testa dell'ulna (incisura
semilunare o trocleare). Di profilo l'ulna,
grazie al “becco” dell'olecrano, sembra
avvinghiarsi attorno al cilindro della
troclea. Quindi abbiamo una superficie
superiore che si incurva verso l'alto e va ad avvolgere la troclea. Al centro c'è una lieve incisura che la divide
in due porzioni, però funzionalmente è una superficie unica. Il margine anteriore dell'incisura trocleare
presenta una sporgenza: il processo coronoideo. Nella massima flessione dell'avambraccio, sul braccio va a
occupare la fossa omonima, l'olecrano si inserisce nella fossa olecranica. Alla base dell'olecrano c'è la
tuberosità dell'ulna; il radio ne presenta una analoga (tuberosità del radio) su cui si inseriranno dei
muscoli.

Faccia anteriore dell'ulna: il margine che guarda verso il margine del radio è detto margine interosseo: per
l'ulna sarà il margine laterale, per il radio sarà quello mediale. Su questi due margini si inserisce una
membrana connettivale (membrana interossea). Verso il basso abbiamo l’epifisi distale dell'ulna, più
piccola della prossimale e che termina con un piccolo processo allungato ma con l'apice arrotondato
(processo stiloideo dell'ulna). C'è anche il processo stiloideo del radio, più tozzo di quello dell'ulna.

La superficie laterale della testa del radio (capitello radiale) si va ad articolare con la faccia laterale della
testa dell'olecrano. La superficie laterale dell'epifisi prossimale dell'ulna presenta un incisura (rientranza
della superficie) che si articola con la superficie laterale del radio (capitello radiale): è una struttura piena
che si articola con un emicilindro vuoto. La differenza con la troclea omerale e l'incisura semilunare sta
nella diversa posizione del cilindro: l'asse di questo cilindro (capitello radiale) non è perpendicolare all'asse
dell'osso, ma parallelo; tutto sta dell'orientamento degli assi che conferisce diverse rotazioni. Il risultato è
che, dalla posizione anatomica del cadavere con il pollice all'esterno, a palmo supino, possiamo fare il
movimento di prono-supinazione. Seguendo con la mano (appoggiata sulla piega del gomito) il movimento
di prono supinazione, ci rendiamo conto che le due ossa restano su un piano frontale grazie al fatto che la
testa del radio ruota nell'incisura che lo accoglie. Invece, nella prono-supinazione della mano, il pollice da
esterno diventa interno. All'estremità distale, ruotando l’avambraccio, il radio si sovrappone all'ulna dal
terzo medio in giù. Questo tipo di articolazione si chiama trocoide.

• Troclea: ginglimo angolare.

• Trocoide: ginglimo laterale.

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Anatomia ANA15 – ARTO SUPERIORE (15apr2011)

Nel gomito abbiamo un articolazione complessa, una diartrosi: non c'è soluzione di continuo fra le ossa,
non c'è interposizione di tessuto, ma c'è uno spazio.

Ricapitolando i tipi di articolazione:

• articolazione piana= artrodia;

• articolazione tonda= enartrosi o sferartrosi;

• articolazione cilindrica= condilo;

• ginglimo angolare o troclea;

• ginglimo laterale o trocoide.

Nel gomito abbiamo tre articolazioni che si incontrano: articolazione omero-ulnare (troclea o ginglimo
angolare), articolazione omero-radiale fra condilo dell'omero e superficie superiore del capitello radiale, e
articolazione radio-ulnare (trocode o ginglimo laterale).

Superficie posteriore del radio: presenta un margine posteriore che va a sfumare e all'estremità distale si
allarga. Sulla faccia posteriore dell'epifisi distale del radio, che è più grande in un rapporto di 2 a 1 con
quella dell'ulna, dobbiamo segnalare il processo stiloideo del radio, più tozzo di quello dell'ulna; poi
notiamo dei solchi, scanalature, provocati da tendini di muscoli che dall'avambraccio vanno alla mano;
siccome sono sulla faccia posteriore saranno per muscoli estensori.

MANO

Sull'estremità distale si inseriranno quelle otto


ossa corte che nell'insieme costituiscono il
carpo (snodo del polso). La linea distale
dell'avambraccio è una linea curva fatta per i
2/3 dal radio e per il terzo mediale dall'ulna.
Alla terminazione distale dell'avambraccio si
forma una nicchia in cui si inserisce una
struttura convessa. Dobbiamo dividere questo
spazio che in direzione prossimale ha il profilo
di una cupola e che in direzione distale
possiamo delimitare con una linea abbastanza
dritta, in due file: fila prossimale e distale. Nella fila prossimale (che si articola con radio e ulna) troviamo
tre segmenti ossei. Nella fila distale (che si articola con metacarpo) ne troviamo quattro. Le ossa del carpo
sono 8: il 4° osso della fila prossimale si trova anteriormente all'osso n° 3 (come un "bernoccolo"), quindi
anche le ossa della prima fila sono in realtà quattro. Queste ossa sono: (dalla più laterale, che segue il
profilo della concavità del radio):

1. scafoide (forma di scafo);

2. semilunare;

3. piramidale;

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Anatomia ANA15 – ARTO SUPERIORE (15apr2011)

4. sulla faccia anteriore del piramidale si articola il n° 4: pisiforme.

Mettiamo a fuoco qualche particolare importante: lo scafoide presenta una sporgenza detta "tubercolo
dello scafoide". Questa sporgenza fa il paio con il pisiforme, che non è una sporgenza del piramidale, ma un
osso autonomo. Fra le due sporgenze dobbiamo immaginare un ponte connettivale dentro cui dovremo far
passare i tendini di muscoli che dall'avambraccio vanno alla regione palmare della mano, i muscoli flessori
della mano: questo si chiama tunnel carpale.

Seconda fila: abbiamo quattro ossa tutte appaiate, partendo dal più laterale troviamo:

5. trapezio;

6. trapezoide;

7. capitato;

8. uncinato.

Il capitato è detto anche grande osso, l’uncinato ha un


“uncino” (sporgenza sotto cui passa un tendine).

Il margine prossimale del carpo si incurva


notevolmente rispetto all'estremità dell'ulna, tanto da
lasciare un ampio spazio vuoto, infatti il piramidale si
trova in corrispondenza dell'ulna ma talmente
staccato che l'articolazione si chiama radio-carpica.
Questo spazio è riempito da un disco (il menisco,
cuscinetto interposto che va a colmare questa
superficie). Seconda fila: il trapezio e il trapezoide
occupano l'ampiezza dello scafoide; il capitato sporge
nel semilunare, la faccia concava del semilunare
accoglie la testa del capitato (i nomi richiamano un
po’ la struttura!).

Le ossa fila distale sono quattro, appiate, mentre i metacarpi sono cinque cilindretti che hanno base, corpo
e testa:

• base= estremità prossimale;

• testa= estremità distale.

Metacarpo:

• il 1° metacarpale si articola con il trapezio;

• il 2° con il trapezoide;

• il 3° con il capitato, che ha superficie articolare sia con lo scafoide che con il semilunare, mentre
medialmente si articola con la faccia laterale dell'uncinato;

• il 4° e il 5° con l'uncinato. Il 5° è dislocato un pò di lato.

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Anatomia ANA15 – ARTO SUPERIORE (15apr2011)

Al metacarpo fanno seguito le falangi, le ossa delle dita. Anche qui distinguiamo: base verso la parte
prossimale e testa. Abbiamo falange prossimale o falange, falange intermedia o falangina, falange distale
o ungueale o falangetta.

SPALLA

La superficie del cingolo scapolare deve


accogliere la testa dell'omero.

Spalla: segmento prossimale dell'arto


superiore che lo collega al torace.

La scapola (o omoplata) è
schematizzabile con un triangolo con tre
margini, tre angoli, una faccia posteriore
e una anteriore, spina, acromion che gira
in avanti e davanti la clavicola. Nella
faccia posteriore troviamo fossa sopraspinata, fossa sottospinata o
infraspinata, mentre sulla faccia anteriore c'è la fossa sottoscapolare. Fra il collo e il braccio abbiamo
l'inserzione del deltoide, quel muscolo che ci arrotonda il profilo della spalla.

In questa zona abbiamo l'inserzione del grande pettorale, che arriva


sul labbro laterale del solco bicipitale. Se dividiamo la clavicola
idealmente in due metà, con una linea che chiamiamo linea
emiclaveare, abbiamo quel piano che separa il moncone della spalla
dal torace. Posteriormente, se consideriamo il margine vertebrale
(laterale), abbiamo il limite mediale della spalla.

Andando a fare l'anatomia di superficie, cioè il profilo esterno


abbiamo la regione posteriore detta anche scapolare,fossa
sopraspinata e
fossa
sottospinata,regione triangolare (il delta) del muscolo
deltoide che arriva alla tuberosità deltoidea.
Lateralmente parliamo di regione deltoidea.

Il cavo ascellare lo possiamo paragonare a una


piramide a quattro lati con apice all'interno e base nel
piano sottocutaneo dell'ascella: quello che riusciamo
a palpare è il pilastro anteriore dell'ascella
(precisamente il grande
pettorale e sotto il
piccolo pettorale).

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ANATOMIA - ANA16 – "MUSCOLI DELLA SPALLA E DEL BRACCIO"

ID lezione ANA16
Data lezione 18 aprile 2011
Autore Edoardo Cipolletta
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Muscoli della spalla, muscoli del braccio, accenni generali sulla membrana
Argomento
sinoviale e sulle borse sinoviali, cavo ascellare

MUSCOLI DELLA SPALLA E DEL BRACCIO

Parleremo della spalla e del cavo ascellare. L'ascella la rappresentiamo come una piramide a base quadrata
o anche come una piramide a base triangolare. In ogni caso avremo che la base è il piano sottocutaneo che
noi ci palpiamo e l'apice è diretto verso l'interno. La superficie anteriore è il pilastro anteriore che collega
l'epifisi prossimale dell'omero con la regione toracica anteriore, il pilastro posteriore collega l'epifisi
prossimale dell'omero con i muscoli spino appendicolari. La superficie mediale è uno strato muscolare che
riveste la gabbia toracica e la superficie laterale è data dall'osso dell'omero. Per alcuni viene considerato
come un margine e così facendo la piramide diventa triangolare.

Vi ricordo brevissimamente i muscoli che


collegano l'asse con l'arto: posteriormente
abbiamo gli spino-appendicolari e
anteriormente i toraco-omerali. A livello della
spalla invece abbiamo anche un gruppo di
muscoli propri, intrinseci. Degli spino-omerali
ricordiamo il trapezio e il gran dorsale che sono
i più superficiali; più in profondità invece ci
sono l'elevatore della scapola, il grande e il
piccolo romboide. Dei toraco-omerali invece
ricordiamo il grande pettorale. Sulla clavicola si
inseriscono sia il gran pettorale che il deltoide
che il trapezio. Vale la pena ricordare anche i punti di inserzione su questo osso.

Una vena separa il margine mediale del deltoide e il margine laterale del gran pettorale. Il grande dorsale si
inserisce poi sul labbro mediale dell'omero e il grande pettorale sul labbro laterale dell'omero. Più in
profondità rispetto al grande pettorale troviamo anche il piccolo pettorale che raggiunge il processo
coracoideo della scapola. Ancora un'altra piccola nota: il labbro laterale è la prosecuzione della grande
tuberosità o trochite e il labbro mediale la prosecuzione della piccola tuberosità o trochine. Gli altri due
muscoli toraco-appendicolari sono il succlavio e il gran dentato o dentato anteriore. Ricordiamo ancora che
esistono altri due dentati: il dentato postero superiore e postero inferiore che sono due piccoli muscoli
detti spino costali. Il pilastro anteriore è costituito dal gran pettorale mentre quello posteriore
principalmente dal gran dorsale.

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Anatomia ANA16 – MUSCOLI DELLA SPALLA E DEL BRACCIO (18apr2011)

MUSCOLI PROPRI DELLA SPALLA

A questo punto vediamo i muscoli propri della


spalla. Il muscolo deltoide è il primo che
affrontiamo. La sua inserzione sul cingolo
scapolare è curva e va sulla spina della scapola,
sull'acromion e sulla clavicola. È il muscolo della
mostrina di un militare ed è il muscolo che
modella il profilo del moncone della spalla. Da
qui il fascio muscolare scende lungo la diafisi
dell'omero e, circa a metà, si inserisce sulla
tuberosità deltoidea. Il sottoscapolare ha una
ampia inserzione sulla faccia anteriore della
scapola cioè la faccia costale. Riempie la
concavità di questa faccia e si frappone tra torace e scapola e si inserisce anche sulla piccola tuberosità
dell'omero.

Ci spostiamo poi all'angolo inferiore della scapola


sulla faccia dorsale. Qui si inserisce il muscolo
grande rotondo che giunge al labbro mediale
dell'omero, in prossimità del gran dorsale. I
muscoli che si inseriscono sul processo coracoideo
sovrastano e coprono il muscolo sottoscapolare.
Nella regione posteriore abbiamo la spina della
scapola che divide la faccia in due fosse; in
ciascuna fossa si inserisce il muscolo omonimo.
Pertanto avremo il muscolo sopraspinato nella
fossa sopraspinata e quello sottospinato o
infraspinato nella fossa sottospinata. Il
sottospinato si inserisce sulla grande tuberosità e
lo stesso fa il sopraspinato, però in punti diversi. Il
sopraspinato passa sotto l'acromion e la sua
funzione è di tirare in alto la spalla evitando che la
testa dell'omero scivoli troppo verso il basso.
L'ultimo ad inserirsi sulla grande tuberosità è il
piccolo rotondo. L'altro capo del piccolo rotondo si
inserisce sul margine laterale, faccia posteriore
della scapola. Piccolo rotondo e sottospinato fanno movimento di extrarotazione. Le inserzioni di questi tre
muscoli sulla grande tuberosità sono sulla faccia posteriore e dall'alto in basso sono: sopraspinato,
sottospinato e piccolo rotondo. Lungo il margine inferiore del sottospinato decorre il fascio muscolare del
piccolo rotondo che è in parte coperto dallo stesso.

CUFFIA DEI ROTATORI

I muscoli di cui abbiamo parlato compongono la cuffia dei rotatori. Superiormente troviamo il tendine del
muscolo sovraspinato, anteriormente quello del muscolo sottoscapolare e posteriormente i tendini dei
muscoli sottospinato e piccolo rotondo. L'unico a intraruotare è il sottoscapolare, mentre gli altri tre

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Anatomia ANA16 – MUSCOLI DELLA SPALLA E DEL BRACCIO (18apr2011)

extraruotano. Più esternamente a questi quattro muscoli c'è anche il deltoide che copre l'articolazione e
compie abduzione e la flessione.

Bisogna ricordare che la cavità glenoidea della scapola è


poco profonda rispetto alla testa dell'omero, per cui in ogni
posizione, solo una piccola parte della superficie articolare
della testa dell'omero è in contatto con l'altra superficie
articolare. Per questo è un'articolazione debole. Tuttavia ci
sono 2 meccanismi per rafforzarla:

1. il labbro glenoideo, un cercine di fibrocartilagine che


si inserisce sul bordo della cavità glenoidea e amplia
di 1 cm circa l'ampiezza della cavità glenoidea,
tuttavia questo è poco sufficiente;

2. per rafforzare la capsula fibrosa dell'articolazione intervengono i muscoli, cioè questa cuffia dei
rotatori che contribuiscono sostanzialmente a mantenere l'articolazione funzionale e la testa
dell'omero in sede.

MUSCOLI DEL BRACCIO

Il braccio ha una loggia anteriore a


funzione flessoria e una posteriore ed
estensoria. Per l'arto inferiore vale il
contrario.

Della loggia anteriore abbiamo già fatto


conoscenza grazie al bicipite omerale. Il
bicipite ha due capi: il capo lungo
fuoriesce dalla capsula articolare della
spalla e scende tra le due tuberosità
lungo il solco bicipitale della diafisi
dell'omero ed è inguainato da una guaina
sinoviale; il capo breve invece si inserisce
sul processo coracoideo della scapola. I
due capi a livello della diafisi dell'omero
si uniscono e il tendine comune giunge
ad inserirsi sulla tuberosità del radio. Il
tendine del bicipite, inserendosi alla
tuberosità del radio, manda alcune delle
sue fibre a formare una aponeurosi
chiamata lacertus fibrosus, che sovrasta i
muscoli epitrocleari. Se asportiamo il
bicipite, sotto ad esso appare il secondo
muscolo della loggia anteriore: il coraco-
brachiale. Questo muscolo si trova più
medialmente del tendine breve del bicipite, anch'esso origina dal processo coracoideo e si inserisce a metà

Autore: Edoardo Cipolletta per Medicina08.it 3 di 4


Anatomia ANA16 – MUSCOLI DELLA SPALLA E DEL BRACCIO (18apr2011)

della diafisi del braccio. La linea di inserzione distale si trova sul versante anteriore della diafisi grosso modo
all'altezza della tuberosità deltoidea. L'ultimo muscolo della loggia anteriore è il muscolo brachiale.
Dall'inserzione del coraco-brachiale in giù c'è l'inserzione del brachiale che è comunque coperto dal
bicipite. Il brachiale scende fino alla tuberosità dell'ulna. Nella loggia posteriore invece abbiamo solo il
tricipite (dal nome si capisce che ha tre capi). Nell'arto inferiore lo stesso ruolo è svolto dal quadricipite
della coscia. Il primo capo, il capo lungo, origina dal margine laterale della scapola in prossimità della
superficie glenoidea; il capo mediale parte dalla faccia posteriore dell'omero sotto al solco del nervo ulnare;
il capo laterale parte dalla faccia posteriore dell'omero sopra al solco del nervo ulnare. Convergono in un
unico robusto tendine che si inserisce sul becco dell'olecrano.

GUAINE BORSE E MEMBRANA SINOVIALI

Le guaine sinoviali sono dispositivi associati alle


articolazioni sinoviali che servono a ridurre lo
sfregamento e quindi il traumatismo dei tendini
quando scorrono in posti ristretti come docce ossee.
Le borse invece sono cuscinetti che si interpongono
tra tendini e ossa e si posizionano in punti strategici.
Tra acromion, spina e clavicola ci sono dei legamenti
che aiutano a mantenere in sede l'articolazione
claveo-scapolare come il legamento coraco-claveare e
coraco-acromiale. Sotto al legamento coraco-acromiale c'è una borsa sinoviale che deborda lateralmente e
che facilità lo scorrimento dei tendini al di sotto.

Guaine e borse sinoviali derivano dalla membrana sinoviale che riveste la maggior parte delle superfici non
ossee all'interno della capsula articolare. All'interno della capsula articolare abbiamo le superfici ossee
direttamente coinvolte nell'articolazione (cioè le superfici ossee a contatto) rivestite di cartilagine
articolare, mentre tutto il resto delle superfici ossee e della faccia interna della capsula articolare sono
rivestite da questa membrana sinoviale. La membrana sinoviale è costituita da un monostrato pavimentoso
di cellule che secernono un liquido che riempie la cavità sinoviale e che si chiama liquido sinoviale o sinovia.
È un liquido lattescente, simile all'albume dell'uovo, che ha il comppito di nutrire le varie superfici articolari
non vascolarizzate (cartilagine articolare) e di lubrificare le superfici articolari durante lo sfregamento. Per
concludere dentro la capsula articolare le superfici sono o rivestite da membrana sinoviale o da cartilagine
articolare a meno che non ci sono traumi o patologie.

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ANATOMIA - ANA17 – "SPALLA, AVAMBRACCIO E MANO"

ID lezione ANA17
Data lezione 20 aprile 2011
Autore Gianluca Cotti
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Conclusione spalla, strati muscolari dell'avambraccio e della mano.

SPALLA

Tutto quello che in una diartrosi si trova


all'interno di una capsula articolare è
rivestito o da cartilagine articolare (che
riveste le superfici ossee che sono in
contatto fra di loro; importante per
diminuire l'attrito) mentre tutto il resto
delle superfici, sia ossee che la fascia
interna della capsula, è rivestito dalla
membrana sinoviale. Questa produce un
fluido "filante" (sembra il bianco dell'uovo
fresco; da qui il nome di sinovia) che serve
a nutrire e a lubrificare le varie componenti articolari. Il rosso è la faccia interna della sporgenza del "labbro
glenoideo" che è rivestita all'interno dalla membrana sinoviale, mentre la superficie grossomodo ovalare
con l'asse maggiore verticale è quella della cavità articolare della scapola. Questa è ricoperta dalla
cartilagine. La testa dell'omero, anch'essa rivestita di cartilagine, ruota e viene in contatto con la cartilagine
articolare di questa cavità. Questa viene amplificata, resa più profonda, da un "cercine", una sporgenza
(non ossea ma fibrosa) che serve ad ampliare, quindi ottimizzare, l'articolazione della testa sferica
dell'omero con la cavità. Rispetto alle dimensioni della testa dell'omero è più ristretta e poco profonda (un
labbro fibroso simile lo troveremo anche nell'articolazione coxo-femorale).

Sezione sagittale: l'azzurro della testa è la cartilagine articolare


che la riveste, e riveste anche la cavità glenoidea della scapola.
Notare come siano disuguali le dimensioni. E' l'articolazione che
gode dell'escursione più amplia. I movimenti che possiamo
effettuare sono:

• estensione;

• flessione;

• allontanamento dall'asse del corpo o "ab-duzione";

• "circumduzione".

Il movimento che scaturisce da questa circumduzione, nello


spazio, è un cono che ha per apice il punto di articolazione della

Autore: Gianluca Cotti per Medicina08.it 1 di 7


Anatomia ANA17 – SPALLA, AVAMBRACCIO E MANO (20apr2011)

testa dell'omero, sulla cavità, e per base l'escursione più amplia. L'interno della capsula, quella in rosso, è la
membrana sinoviale che ritroviamo anche nella sua parte inferiore e nel suo attacco sotto la testa
dell'omero (a livello del collo anatomico della testa dell'omero).

Nella parte inferiore si viene a creare una tasca, un recesso, che non è ricoperto da cartilagine articolare
bensì da membrana sinoviale. Sotto l'acromion e sotto al deltoide si viene a creare questa fessura (borsa
sinoviale o sotto-deltoidea) che ha un rivestimento sinoviale e al suo interno scorre il fluido in grado di
evitare l'attrito nel lavoro di questo muscolo con le superfici sottostanti. Questo è importante perchè,
seguendo l'andamento della fessura
dell'articolazione, si nota che al di sopra
passa il tendine del muscolo sopra-
spinato. Fra il sovra-spinato, l'acromion
che lo sovrasta (come se fosse una
"piccola tettoia sporgente") e l'attacco
laterale a forma di U del deltoide
abbiamo la “bosrsa sinoviale”; serve a
ridurre al massimo l'attrito fra il lavoro
del tendine del sovra-spinato e il lavoro
del muscolo deltoide.

Il legamento sospensore dell'ascella deriva dalla fascia che avvolge il muscolo piccolo pettorale che a sua
volta cranialmente deriva dalla fascia "clavi-pettorale", la quale avvolge il muscolo succlavio. Questo
dispositivo legamentoso forma il legamento sospensore dell'ascella.

Fra il grande pettorale e il piccolo, in virtù dei dispositivi fasciali che ricoprono questi muscoli si viene a
creare un piano di clivaggio. Incidendo la cute lateralmente al pilastro anteriore del cavo ascellare (dietro
al muscolo pettorale) è situata una
cavità naturale che viene utilizzata per
inserirci il pace-maker. Il pilastro
posteriore dell'ascella comprende il
muscolo grande rotondo e un pò di gran
dorsale.

Togliendo il gran dorsale (che è quello


più in basso) abbiamo rappresentati in
sezione sagittale i muscoli propri
dell'ascella:

• sotto-scapolare;

• sopra-spinato;

• infra o sotto-spinato;

• piccolo e grande rotondo.

[NB: il muscolo elevatore della scapola fa parte degli spino-appendicolari.]

La vena cefalica superficiale del braccio segna il limite fra il grande pettorale e il deltoide.

Autore: Gianluca Cotti per Medicina08.it 2 di 7


Anatomia ANA17 – SPALLA, AVAMBRACCIO E MANO (20apr2011)

AVAMBRACCIO E MANO

L’avambraccio ha tre logge: anteriore, posteriore e laterale. Rispettando la posizione anatomica del
cadavere, l'osso che corrisponde alla regione laterale sarà il radio, di conseguenza nella mano avremo il
primo dito.

LOGGIA ANTERIORE

E' la loggia flessoria. Come riferimento partiamo dalla sporgenza dell'omero che sta sopra la troclea, quindi
l'epitroclea. L’avambraccio è composto da quattro strati muscolari, per un totale di otto muscoli. Questi
arrivano per la maggior parte sulla mano. Sono a ponte fra due ossa, quindi sono muscoli estrinseci della
mano.

• 1o strato: è composto da quattro muscoli;

• 2o strato: è composto da un muscolo;

• 3o strato è composto da due muscoli;

• 4o strato è composto da un muscolo.

Strato superficiale

Lo chiamiamo strato dei muscoli epitrocleari; sono quattro muscoli che arrivano (non tutti però) sul
segmento distale. Uno si ferma prima: è il
muscolo che arriva dalla sua inserzione
dall'epitroclea al terzo medio della diafisi
del radio; se si contrae tira il radio
medialmente provocando una pronazione,
è il muscolo pronatore rotondo (dalla
posizione anatomica del cadavere noi
agiamo sul ginglimo laterale fra l'incisura
radiale dell'ulna e il capitello del radio
provocando una intra-rotazione. Il risultato
sarà che mentre le due ossa, radio e ulna, a
livello prossimale, restano sullo stesso
piano frontale, ruotando la testa del radio,
a livello distale, l'epifisi del radio da laterale
si porta a mediale. Il primo dito da esterno
si porta a toccare la coscia).

Gli altri tre muscoli, invece, arrivano nella


regione del carpo. Sono flessori, perchè la loggia è flessoria. Uno va verso l'estremità laterale (o radiale),
l'altro verso l'estremità ulnare. Uno è il flessore radiale del carpo, l'altro è il flessore ulnare del carpo o
cubitale anteriore (da cubito, l'antica misura che aveva come riferimento la misura dell'avambraccio; circa
44 cm).

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Anatomia ANA17 – SPALLA, AVAMBRACCIO E MANO (20apr2011)

Partono vicini dall'epitroclea, il flessore ulnare del carpo però, scende medialmente e va a finire sul
pisiforme (che è anteriore al piramidale). In mezzo a questi due muscoli c'è il palmare lungo. L'estremità
distale non va ad inserirsi su un osso ma su una guaina connettivale che sarà disposta sul palmo della mano.
E' una fascia triangolare, che prende il nome di aponeurosi palmare. Riveste, sotto il piano della cute, il
palmo della mano (nel disegno notare la differenza con le altre inserzioni indicate con una linea nera).

[Nella foto non compaiono solo i 4 muscoli appena descritti, ma ce ne sono altri nella mano. Questo
schema visivo è logico da un punto di vista funzionale perchè quando si studierà l'innervazione e lo schema
motorio sia l’avambraccio che la mano andranno considerati insieme.]

Al primo strato muscolare dell'avambraccio, corrisponde anche un primo strato nella mano.

Nella mano

Abbiamo due sporgenze con al centro una parte relativamente più piatta, che corrisponde alla parte dove è
presente l’aponeurosi palmare. La bombatura dalla parte del pollice prende il nome di eminenza tenar,
mentre quella dalla parte del quinto dito si chiama eminenza ipo-tenar. Quindi troveremo i muscoli
classificati appartenenti all'eminenza tenar o ipo-tenar.

A livello della mano, sempre in questo strato, abbiamo due muscoli dalla parte del pollice e due omologhi
dalla parte del quinto dito che prendono inserzione da quelle sporgenze o tubercoli delle ossa. L'osso
laterale della fila prossimale, lo scafoide, presenta un tubercolo. L'osso mediale della prima fila non
presenta un tubercolo, ma presenta un osso, il pisiforme. Nella prima fila abbiamo la sporgenza del
tubercolo dello scafoide e il pisiforme; nella seconda fila abbiamo il tubercolo del trapezio e un uncino,
perchè la base di questa sporgenza è scavata da un tendine che gli passa sotto per andare al quinto dito,
che non è altro che l'uncino dell'osso uncinato. Questi muscoli originano dai rispettivi tubercoli. Dal
tubercolo dello scafoide alla base della prima falange del primo dito, in posizione laterale, abbiamo
l'inserzione di questo muscolo che quando si contrae allontana il pollice dalla linea mediana, si chiama
abduttore breve del pollice. Ha la funzione di allontanare il pollice dall'asse del dito medio. [NB: per l'arto
superiore ed inferiore l'abduzione è riferita al tronco, mentre nelle dita della mano e dei piedi l'abduzione è
riferita al dito centrale.]

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Anatomia ANA17 – SPALLA, AVAMBRACCIO E MANO (20apr2011)

Sul versante del quinto dito, con inserzione sul pisiforme, abbiamo l'abduttore del mignolo. In una
posizione più mediale, abbiamo un muscolo che si inserisce sulla base della prima falange del primo dito, la
sua contrazione provoca la flessione del pollice,
si chiamerà flessore breve del primo dito. Dal
processo uncinato abbiamo un muscolo analogo,
il flessore breve del mignolo.

In questa prima fila nella mano che contribuisce


a formare la bombatura nel metacarpo, che
prende il nome di eminenza tenar e poi di
eminenza ipo-tenar, abbiamo: l'abduttore breve
del pollice, il flessore breve del primo dito,
l'abduttore del mignolo e il flessore breve del
mignolo.

NB: Il pollice fa eccezione: ha due sole falangi,


quindi la seconda falange è quella ungueale. la
maggior parte degli autori considera il carpo composto da 5 ossa (I, II, III, IV e V metacarpale). Il I
metacarpale si articola con il laterale della fila distale, cioè il trapezio (è una articolazione particolare, a
sella).

Le falangi hanno una base, un corpo e una testa; la base è quella prossimale. L'abduttore e il flessore
arrivano sulla base della prima falange o falange prossimale del pollice, lo stesso vale per i due muscoli del
mignolo omologhi.

Secondo strato

E' costituito da un muscolo solo ed è il flessore


superficiale delle dita. Questo muscolo ha questa
lunga e sinuosa linea di origine (o di inserzione
prossimale) che si trova obliqua alla faccia anteriore
della diafisi del radio, poi passa sulla membrana
interossea (qui è presente un "buco" quindi è meglio
definirlo spazio interosseo) e continua sulla faccia
anteriore dell'ulna fino ad arrivare con una piccola
inserzione estrema all'epitroclea. Dall'inserzione
abbiamo un grosso ventre muscolare unico che
termina in un unico tendine che si sfrangia in 4
tendini. Il flessore superficiale delle dita si dirige con
quattro tendini, uno per ognuna delle ultime quattro
dita (non si occupa del pollice!) e arriva alla base
della falangi mediali. Durante il tragitto lungo la
falange prossimale ciascuno dei 4 tendini si biforca, si inserisce con due punti di attacco su ciascuna base.

Il flessore superficiale della dita, nello strato immediatamente sottostante (il terzo) ricopre il flessore
profondo delle dita. Anche questo prende contato con le 4 dita tramite 4 tendini. Il tendine rispetto al
superfiale è un pò più lungo, quindi arriva sulla falange distale. Le biforcazioni del superficale servono per
faci passare sotto i tendini del flessore profondo. Il tendine più mediale, cioè diretto al quinto dito, scava la

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Anatomia ANA17 – SPALLA, AVAMBRACCIO E MANO (20apr2011)

base dell'uncino.

Nella mano

In questo secondo strato abbiamo un muscolo per il primo dito e un muscolo per il quinto. Si chiama
muscolo opponente. Questo muscolo porta il pollice sul palmo della mano come se volesse toccare il
mignolo. Ha inserzione dal trapezio alla porzione più laterale del primo metacarpale. L'opponente del
mignolo si inserisce sull'uncino e arriva al margine ulnare del quinto metacarpale (il flessore del mignolo
arriva alla base della prima falange). L'attacco è più prossimale.

Terzo strato

Abbiamo due muscoli. Il flessore profondo delle


dita, il cui tendine arriva sulla falange ungueale
dopo aver attraversato il tunnel della
biforcazione del tendine del flessore superficiale.
La linea di inserzione prossimale è meno estesa di
quella del flessore superficiale (è circa la metà),
ristretta quasi esclusivamente all'ulna, e soltanto
una piccolissima parte del radio è coperta
dall'inserzione. L'inserzione sull'epitroclea è
assente. Sul radio è presente questa lunga linea
obliqua di inserzione del flessore lungo del
pollice.

Nella mano

Abbiamo i muscoli lombricali. Sono quattro, dei quali il primo ed il


secondo si definiscono unipennati, mentre il terzo e il quarto
bipennati. Ci troviamo sempre sulla faccia palmare. Sono muscoli
che troviamo all'altezza dei metacarpi. Il muscolo origina dal
flessore profondo delle dita come se fosse una sua espansione e
riguarda tutti e quattro i capi muscolari; tutti partono dal lato
radiale (partono tutti da destra). I tendini girano e si inseriscono
dorsalmente. Contraendosi, flettono la prima falange ed
estendono la seconda e la terza delle ultime quattro dita.

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Anatomia ANA17 – SPALLA, AVAMBRACCIO E MANO (20apr2011)

Il primo dito non ha il lombricale, sono presenti solo sul II, III, IV e V dito. Il secondo e il quinto dito li hanno
solo sul lato radiale, il terzo e il quarto li hanno sia sul versante radiale che su quello ulnare. Vanno dal
muscolo flessore profondo delle dita al margine radiale dei tendini dell'estensore delle dita che si trova
sulla faccia dorsale.

Quarto strato

Possiede solo un muscolo. E' il muscolo del "polsino del tennista" cioè il pronatore quadrato. Unisce l'epifisi
distale del radio con l'epifisi distale dell'ulna, lasciando scoperto il processo stiloideo dell'ulna e il più tozzo
processo stiloideo del radio.

Nella mano

Abbiamo l'adduttore del pollice che ha un capo sul trapezoide, sul grande osso e in minima parte
sull'uncinato (tre ossa della fila distale) e si dirige obliquamente verso la base della falange prossimale del
primo dito. L’ altro capo invece è trasversale e parte dal terzo metacarpo. Questi due capi, obliquo e
trasverso, confluiscono sulla base della falange prossimale.

Ci sono dei muscoli interossei


palmari che sono primo, secondo
e terzo interosseo. Sono presenti
sul secondo, quarto e quinto
metacarpale. L'inserzione su questi
tre metacarpali è quella del
versante che guarda l'osso
mediano. Il secondo metacarpale
in sezione guarda verso il terzo,
cioè l'osso mediano; la stessa cosa
fanno il quarto e il quinto. Gli
interossei girano al II, IV e V dito dell'estensore delle dita.

Il palmare breve si dirige verso l'aponeurosi palmare però ha un decorso trasversale (muscolo atrofico,
spesso assente). Va trasversalmente dall'eminenza ipotenar verso il centro, cioè verso l'aponeurosi
palmare.

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ANATOMIA - ANA18 – "MANO E AVAMBRACCIO"

ID lezione ANA18
Data lezione 28 aprile 2011
Autore Francesco Gasparroni
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Mano, muscoli estrinseci, tunnel carpale, muscoli dell'avambraccio, osso coxale

Nella lezione precedente si è parlato della loggia anteriore dell'avambraccio e della mano. Queste due
sezioni anatomiche sono state presentate in parallelo, e si è detto che in ognuna si possono distinguere
quattro strati. Si era altresì chiarito che in molti libri i muscoli della mano vengono trattati a parte.

Il palmo della mano può essere diviso in tre zone:

• la loggia dell'eminenza tenar (la bombatura in corrispondenza del primo


dito);

• la loggia dell'eminenza ipotenar (la bombatura, meno prominente, dalla


parte del quinto dito);

• la porzione intermedia, una zona più o meno pianeggiante che presenta una
fascia aponeurotica triangolare con l'apice rivolto verso il carpo e la base
verso l'articolazione metacarpo-falangea.

In questa lezione si tratteranno:

1. la loggia anteriore della mano, ragionando nella logica dell'eminenza tenar e dell'ipotenar;

2. la loggia dorsale della mano e dell'avambraccio, nella quale si trovano due strati e non quattro
come in quella anteriore;

3. la loggia mediale, alla quale appartengono tre o quattro muscoli;

4. le logge laterale e mediale del'avambraccio.

Bisogna però prima ricordare che i piani muscolari sono rivestiti da fasce connettivali che anche durante la
dissezione al tavolo anatomico non sono per nulla facili scollare, a meno che non si pratichi prima una
perfusione con dei fissativi particolari (formalina, glicerolo e alcol) in grado di esaltare i piani di clivaggio.
Perciò in una dissezione autoptica, in cui non si fa uso di fissativi, si vede qualcosa di simile a ciò che si
troverebbe sul banco di un macellaio: una conglutinazione di tessuti molli che non è facile distinguere.

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Anatomia ANA18 – MANO E AVAMBRACCIO (28apr2011)

I RIVESTIMENTI APONEUROTICI

Al livello del carpo, ossia del polso, è presente un ispessimento della fascia simile a
un polsino da tennista, il cosiddetto legamento comune o legamento palmare del
carpo, che si continua anche sul versante dorsale.

Si osservi poi come la


mano sia rivestita da una
guaina connettivale
particolarmente spessa nel triangolo centrale,
all'apice del quale si inserisce il tendine del
muscolo palmare lungo, uno dei quattro muscoli
dello strato superficiale della loggia anteriore. Il
palmare lungo non si inserisce quindi su un punto
osseo, bensì si continua proprio con l'aponeurosi
palmare. Da quest'ultima si stacca poi la guaina
fasciale che riveste le eminenze tenar e ipotenar.
Un ulteriore ispessimento trasversale è presente al
livello metacarpo-falangeo e serve qui a tenere
accollate sul piano osseo le varie strutture: tendini,
vasi e nervi.

IL COMPORTAMENTO DELLE GUAINE CONNETTIVALI DI RIVESTIMENTO

Si notino ora le modalità d'inserzione di una guaina connettivale


sottocutanea di rivestimento su dei muscoli qualsiasi, nella profondità
dei quali viaggia un fascio vascolo-nervoso ed è presente un moncone
osseo generico. Da tale guaina (in verde) partono dei setti fibrosi (in blu)
che vanno ad inserirsi in profondità sull'osso. In questo modo si possono
distinguere diverse logge. A loro volta i singoli muscoli sono rivestiti
ciascuno da una propria fascia (in arancio), in aggiunta a quella esterna.
Non solo: il fascio vascolo-nervoso viaggia all'interno di una guaina
propria.

In presenza di una fissazione ottimale sarebbe possibile scollare per via


smussa, senza adoperare il bisturi, questi piani connettivali.

LE BORSE MUCOSE DI RIVESTIMENTO

Viene ora mostrata l'immagine di un tendine che viaggia in un canale fibroso,


cioè rivestito da una spessa guaina connettivale con all'interno un dispositivo
che ha lo scopo di permettere lo scorrimento con il minor danno possibile. Il
tendine è quindi tipicamente avvolto da un doppio rivestimento: un foglietto
viscerale che si ribalta e si ripiega su se stesso a formare un foglietto parietale.
Tra i due è interposto uno spazio riempito da materiale semifluido, che riduce
al massimo l'attrito derivante dallo scorrimento. Laddove avviene il ribaltamento del foglietto parietale su
quello viscerale si viene a formare l'attacco, chiamato meso. Questo tipo di rivestimento, denominato

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Anatomia ANA18 – MANO E AVAMBRACCIO (28apr2011)

borsa mucosa, è presente particolarmente in punti ove un tendine passa a ridosso di un piano muscolare e
quindi sarebbe sottoposto a un logorìo continuo.

In altri casi, il tendine, sempre con il suo dispositivo a doppio rivestimento,


viaggia in un canale osteo-fibroso: la componente fibrosa non avvolge
completamente il tendine con la sua guaina mucosa (come avveniva invece
nell'esempio precedente), bensì va ad inserirsi direttamente sull'osso.
Dunque circa i ¾ della circonferenza del tendine hanno un rivestimento
fibroso, mentre il restante ¼ è in rapporto con il canale osseo.

RIPASSO DEI MUSCOLI ESTRINSECI DELLA MANO

Ecco un rapido ripasso dei muscoli estrinseci della mano. È utile ragionare con la logica primo dito – quinto
dito. Si ricordi la regola generale: la presenza di un tubercolo è sempre dovuta ad una trazione in quella
zona.

Si ha quindi il tubercolo dello scafoide, e dall'altra parte un ossicino a sé stante, il pisiforme.


Inoltre, le 8 ossa carpali trovano una corrispondenza nelle 7 ossa tarsali; queste ultime sono di meno
perché manca l'equivalente del pisiforme.

Il 1o strato:

• abduttore breve del pollice (5), a


cui corrisponde l'abduttore del
mignolo (7);

• flessore breve del pollice (6) e


flessore breve del mignolo (8).

Il flessore preve del mignolo parte dall'uncino dell'uncinato. Il muscolo estrinseco che viene
dall'avambraccio è il palmare lungo.

Nel 2° strato è presente un unico


muscolo da ogni lato, gli opponenti:

• opponente del pollice (2);

• opponente del mignolo (3).

Anche l'opponente del mignolo, come il


flessore, parte dall'uncino. Cambia il
muscolo estrinseco proveniente
dall'avambraccio, che ora è il flessore
superficiale delle dita (1). Si noti che il
tendine per il 5o dito passa sotto
all'uncino, dal quale parte appunto l'opponente.

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Anatomia ANA18 – MANO E AVAMBRACCIO (28apr2011)

Nel 3° strato ci sono i lombricali.

Quando si afferra qualcosa di piccolo,


di solito lo si fa con il pollice e l'indice:
tenendo il primo leggermente
abdotto, si flette il secondo, e quindi
la metacarpo-falangea, tenendo
invece estese le altre due falangi. Ecco
appunto l'azione dei lombricali che
originano dal versante anteriore
flessorio del tendine del flessore profondo delle dita, il quale termina a sua volta sulla base della falange
distale o ungueale, dopo essere passato sotto alla biforcazione del rispettivo tendine del flessore
superficiale. Quest'ultimo si inserisce invece, biforcandosi appunto, alla base della falange precedente,
quella intermedia.

Da ciascuno dei quattro tendini del flessore profondo si staccano dunque i lombricali che, in corrispondenza
della falange intermedia, curvano e si portano sulla superficie dorsale della falange stessa. Da questa
inserzione si capisce come mai la falange distale venga flessa e le altre rimangano estese.

Il 4° strato è quello più


semplice: nell'avambraccio si ha
soltanto il pronatore quadrato,
mentre nella mano si ha
l'adduttore del pollice, con due
capi:

• trasversale, che parte


dal III metacarpale,
sull'asse mediano;

• obliquo, che viene dal trapezoide, dal capitato (grande osso) e dall'uncino.

Si ha poi la cosiddetta spalliera dei muscoli palmari, ossia quelli che formano il palmo della mano. Ce ne
sono quattro: gli interossei, tre sul versante palmare e quattro sul versante dorsale.

Gli interossei palmari

Il terzo dito non ha interosseo. Dal ciascun metacarpo delle altre dita
parte un muscoletto che si porta dorsalmente e guarda verso l'asse
mediano. Il I interosseo palmare nasce dal II metacarpale e si rivolge
con il suo piccolo ventre muscolare all'osso di mezzo. La stessa cosa fa
il II interosseo, palmare che parte dal 4 o dito. Analogamente si
comporta il III interosseo palmare che parte dal V metacarpale.

Quindi gli interossei palmari vanno dal margine del II, IV e V


metacarpale, guardando l'asse del III dito, al margine corrispondente
dei tendini per il I, II, IV e V dito dell'estensore comune delle dita (appartenente alla loggia dorsale).

L'eminenza ipotenar presenta quindi:

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Anatomia ANA18 – MANO E AVAMBRACCIO (28apr2011)

1. abduttore e flessore del mignolo;

2. opponente del mignolo;

3. lombricale;

4. interosseo.

A livello superficiale, proprio al di sotto della cute, è presente nell'eminenza ipotenar


un muscoletto, il muscolo palmare breve (3). Si è visto in precedenza il palmare
lungo (7), muscolo del 1o strato proveniente dall'epitroclea o epicondilo mediale, il
cui tendine si continua con l'aponeurosi palmare. Il palmare breve si trova proprio
tra l'aponeurosi e il margine mediale della mano.

Resecando il palmare breve appaiono vasi e nervi del versante ulnare.

IL TUNNEL CARPALE

Sul versante del 5° dito vi è la sporgenza palpabile dell'osso pisiforme, il più mediale della prima fila, e un
po' più avanti c'è l'uncino dell'uncinato. Dall'altra parte spiccano il tubercolo dello scafoide, che fa il paio
con l'osso pisiforme, e nella seconda fila versante radiale il tubercolo del trapezio, che fa il paio con
l'uncino.

Ribaltando il legamento palmare del carpo si toglie anche il tendine del muscolo palmare lungo, che quindi
non viaggia nel tunnel carpale, ma sta sopra, sul versante esterno.

Resecando il legamento palmare del carpo e l'aponeurosi palmare si porta alla luce il legamento trasverso
del carpo, detto anche retinacolo dei flessori. Sotto tale retinacolo passano:

• il nervo mediano, l'unico nervo del tunnel carpale;

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Anatomia ANA18 – MANO E AVAMBRACCIO (28apr2011)

• i quattro tendini del flessore superficiale delle dita (2o strato), che a un certo punto si
sovrappongono a coppie (tendine del II dito con il V e tendine del III con quello del IV);

• i quattro tendini del flessore profondo delle dita (3o strato), in profondità rispetto ai tendini del
flessore superficiale, ma con più spazio a disposizione in senso latero-laterale;

• il tendine del flessore lungo del pollice;

• il tendine del flessore radiale del carpo.

L'arteria radiale e l'arteria ulnare (quest'ultima accompagnata dal nervo omonimo) viaggiano ai lati,
all'esterno del tunnel.

Proprio in questa zona e più distalmente sono presenti i dispositivi delle guaine mucose o sinoviali che
tipicamente accompagnano i tendini in posti stretti, in cui sarebbero esposti a forti sfregamenti e quindi a
notevole usura. Asportando l'aponeurosi palmare si può vedere che tali guaine sono presenti lungo questi
tendini al livello delle singole dita, e addirittura il 5° dito ha una guaina unica, che va ininterrottamente
dalla porzione centrale fino all'estremità distale.

CENNI D'ANGIOLOGIA DELL'ARTO SUPERIORE

Un consiglio per lo studio dell'angiologia: spesse volte è utile abbinare i vasi alle ossa. Ad esempio l'omero
sta nel braccio, e difatti ci sarà unì'arteria omerale o brachiale; più distalmente ci sono l'arteria radiale e
l'arteria ulnare. La radiale è fondamentale poiché fornisce un contatto diretto al letto del paziente: con il
pretesto di sentire il polso radiale si va ad instaurare un rapporto diretto tramite il dialogo non parlato,
abilità che è bene che tutti gli operatori sanitari abbiano.

L'arteria radiale e l'ulnare danno luogo al livello del palmo della mano ad un'arcata anastomotica:

• l'arcata palmare superficiale;

• l'arcata palmare profonda.

Dall'ansa di questa arcata partono dei rami per ciascun lato, prima dei metacarpi e poi delle falangi.

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LA REGIONE DORSALE

La regione dorsale è estensoria. Consta di due strati, uno superficiale e uno profondo.

Lo strato superficiale

Sul versante radiale (laterale) si trova l'epicondilo (laterale). Il versante ulnare presenta invece l'epitroclea
(o epicondilo mediale).

I muscoli del 1o strato (superficiale) sono quattro, e partono proprio dall'epicondilo laterale:

• l'anconéo, un piccolo muscolo posto sulla sporgenza


dorsale;

• l'estensore comune delle dita, il cui tendine al livello


dell'estremità distale dell'avambraccio si sfiocca nei
capi tendinei che vanno alle ultime quattro dita (il 1°
dito anche in questa occasione è servito a parte).

• l'estensore proprio del mignolo, il cui tendine si unisce


con il 4° tendine del muscolo estensore comune,
anch'esso destinato al 5° dito.

I tendini dell'estensore comune delle dita e quello dell'estensore proprio del mignolo prendono inserzione
sulla base delle falangi intermedie e sulle falangi distali.

• l'estensore ulnare del carpo o cubitale posteriore, in prossimità dell'ulna (cubito).

Si ricordi che nella regione anteriore s'è visto il flessore ulnare del carpo o cubitale anteriore.

Lo strato profondo

Le origini dei muscoli del 2o strato si trovano a partire dal


terzo superiore della diafisi ulnare, sulla membrana
interossea e sulla regione postero-mediale del radio. In tutto
si contano quattro muscoli, tre destinati al pollice e uno al
secondo dito. I tendini di due dei muscoli destinati al pollice
e i loro tendini formano una struttura visibile nel piano
sottocutaneo, la cosiddetta tabacchiera anatomica.

Si hanno dunque:

• l'abduttore lungo del pollice, che con un


movimento avvolgente e spiraliforme si va ad
inserire sulla base del I metacarpo;

• l'estensore breve del pollice, che dalla sua origine al


terzo medio del radio e sulla membrana interossea
va ad inserirsi sulla falange prossimale del pollice (considerando, come la maggior parte degli
studiosi, il pollice munito di due falangi e un metacarpo, e non di tre falangi e nessun metacarpo).

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Anatomia ANA18 – MANO E AVAMBRACCIO (28apr2011)

Il tendine dell'abduttore lungo del pollice, nei pressi della


propria inserzione, da laterale si porta medialmente a
quello dell'estensore breve del pollice, passandogli sotto;

• l'estensore lungo del pollice parte un po' più


prossimalmente rispetto all'estensore breve, origina
dall'ulna (invece che dal radio) e dalla membrana
interossea, e si porta fino alla base della falange distale
(invece che prossimale) del pollice;

• l'estensore proprio dell'indice.

Si ricordi che l'indice è servito anche dall'estensore comune delle


dita.

Sono poi da segnalare gli interossei dorsali che, come precedentemente accennato, sono quattro (gli
interossei palmari sono tre) e vanno a formare una spalliera dorsale partendo dalle ossa metacarpali.

LA TABACCHIERA ANATOMICA

L'immagine a lato mostra la tabacchiera


anatomica vista di profilo, con l'arteria
radiale che passa in profondità alla sua base.
Si vede il tendine dell'estensore lungo del
pollice arrivare sulla falange ungueale del 1°
dito appunto, il tendine dell'estensore breve
giungere invece sulla falange prossimale.
Sotto a quest'ultimo tendine va ad inserirsi,
come detto, l'abduttore lungo del pollice.

I limiti della tabacchiera anatomica sono dati


quindi da:

• estensore lungo del pollice;

• estensore breve del pollice;

• abduttore del pollice.

LA REGIONE LATERALE

La regione laterale è quella del 1° dito e del radio. Si può classificare questa regione come costituita da
quattro muscoli, tenendo però conto del fatto che alcuni considerano uno di questi, il corto supinatore,
come un muscolo appartenente alla loggia posteriore. Sono quindi presenti:

• il supinatore lungo o brachio-radiale, che va dall'omero al processo stiloideo del radio;

• il supinatore breve fa da contraltare al supinatore lungo, ha un'ampia inserzione prossimale


sull'ulna e in parte sull'omero, “gira intorno alla porzione prossimale della diafisi omerale, e

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Anatomia ANA18 – MANO E AVAMBRACCIO (28apr2011)

sembra, visto che l'ora lo consiglia, una fetta di prosciutto intorno ad un grissino” (cit.), che si
arrotolerà o srotolerà sul radio a seconda del movimento di prono-supinazione.

Nella loggia anteriore si sono visti il pronatore rotondo (1 o


strato) e il pronatore quadrato (4o strato). Ci sono poi due
muscoli che arrivano sulla base del II e III metacarpale, e
sono:

• l'estensore radiale lungo del carpo, che inizia


dall'omero e va sulla base del II metacarpale;

• l'estensore radiale breve del carpo, che origina al


livello del condilo omerale laterale e si dirige alla
base del III metacarpale.

Proprio questi estensori radiali del carpo, lungo e breve,


delineano il profilo della loggia laterale.

Il robusto ed unico tendine che si inserisce sul contorno del


becco dell'olecrano appartiene al tricipite omerale (loggia
posteriore del braccio); da qui scendono i due estensori
radiali del carpo (regione laterale). Fra l'olecrano e gli
estensori radiali si trovano i quattro muscoli dello strato
superficiale della loggia posteriore:

• l'anconéo;

• l'estensore comune delle dita;

• l'estensore proprio del mignolo, che si stacca


dall'estensore comune;

• l'estensore ulnare del carpo.

Il profilo mediale dell'avambraccio non è dato tuttavia dall'estensore ulnare del carpo, bensì dal flessore
ulnare del carpo e quindi da una debordanza della loggia anteriore.

Le successive 5 diapositive sono affidate, con “un atto di fiducia nei confronti degli studenti”, allo studio
individuale. In esse, estrapolate dal Netter, si cerca di mettere in evidenza particolarmente la disposizione
dei tendini, sia sul versante palmare che su quello dorsale, laddove passano al livello dell'aponeurosi
carpale.

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ARTO INFERIORE

L'OSSO COXALE

L'osso coxale è l'osso dell'anca, che forma il cingolo pelvico. Sul cingolo scapolare si inserisce l'arto
superiore, il cingolo pelvico dà attacco all'arto inferiore. Contrariamente al cingolo scapolare, il cingolo
pelvico forma una struttura ossea circolare chiusa, al cui esterno è inserita la testa del femore, l'estremità
più prossimale dell'arto inferiore.

L'osso coxale, o osso iliaco, o osso dell'anca, è formato da


tre ossa, che anteriormente si vanno a sinostosare per
formarne uno unico. Posteriormente invece, le due ossa
coxali si articolano medialmente con la struttura triangolare
mediana (che inferiormente si continua con il coccige)
costituita dalle cinque vertebre sacrali, saldate tra loro a
formare l'osso sacro.

L'osso coxale è palpabile lateralmente, al margine superiore della sua porzione iliaca, al livello della cresta
iliaca, il che fornisce una percezione precisa della larghezza del bacino. All'interno della cavità pelvica tra le
ossa coxali andranno poi collocati nel modulo di splancnologia gli organi della pelvi. C'è inoltre un
diaframma pelvico, un pavimento muscolare che fa da contraltare alla cupola del muscolo diaframma,
inserito all'interno della gabbia toracica. Tutta la cavità addominale è riempita quindi dai visceri addomino-
pelvici, di cui la pelvi costituisce il pavimento.

La cresta iliaca

Come detto, il limite superiore dell'osso coxale è dato dalla cresta iliaca, che non ha un margine aguzzo,
bensì arrotondato, largo circa un centimetro, approssimativamente come il dito indice.

Al di sopra di esso sono palpabili i muscoli larghi dell'addome, che non abbiamo
ancora trattato, e che prendono inserzione proprio su questo margine superiore
smusso. Tali muscoli continuano i muscoli posteriori. Si ricordi che il muscolo
posteriore che copre lo spazio compreso tra l'arcata costale e la cresta iliaca è il
quadrato dei lombi, che lateralmente si continua appunto con i larghi dell'addome,
che formano la muscolatura antero-laterale addominale: si tratta di tre muscoli
stratificati l'uno sugli altri, che saranno trattati in seguito.

Nella parte inferiore dell'osso coxale c'è un foro (presente anche


nel coniglio) non proprio rotondo, ma leggermente allungato. Esso,
poiché è chiuso quasi completamente da una membrana con la
sola eccezione di uno spiraglio superiore, prende il nome di foro
otturato o otturatorio. La membrana, per l'appunto, è la
membrana otturatoria.

Si ha poi un ramo superiore (o orizzontale) del pube e un ramo


inferiore (o obliquo) del pube.

Il ramo inferiore del pube, dal momento che si continua nell'ischio, può essere denominato ramo ischio-
pubico.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 10 di 11


Anatomia ANA18 – MANO E AVAMBRACCIO (28apr2011)

Le spine iliache

Alle estremità dell'arcata della cresta iliaca e un po' più inferiormente vi sono quattro sporgenze, le spine
iliache:

• anteriore superiore;

• anteriore inferiore;

• posteriore superiore;

• posteriore inferiore.

Il profilo posteriore

Sul profilo posteriore dell'osso coxale spicca una spina, la spina


ischiatica.

Se si parte dalla spina iliaca postero-inferiore, si incontra subito un'ampia


insenatura divisa in due dalla spina ischiatica. Le due rientranze che si
formano non sono uguali tra loro: la superiore è nettamente più ampia
dell'inferiore. Si parlerà quindi di grande incisura ischiatica e di piccola
incisura ischiatica. Appena al di sotto di quest'ultima incisura, sul
versante posteriore dell'ischio, c'è una porzione rugosa, che è poi quella
con la quale si poggia nella seduta: si tratta della tuberosità ischiatica.
Sulla faccia esterna o laterale, nei pressi del foro otturato, proprio nella
zona in cui si incrociano le giunzioni tra le tre componenti dell'osso
coxale, si trova il cratere che
accoglie la testa del femore: la cavità dell'acetabolo, omologa della
cavità glenoidea scapolare per la testa dell'omero.

Quindi l'osso coxale deriva dalla fusione di tre parti ossee, che sono:

• l'ileo o osso iliaco o osso innominato, che occupa all'incirca la


metà superiore;

• l'ischio, che costituisce il 25% infero-posteriore;

• il pube, che è dato dal restante 25% infero-anteriore.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 11 di 11


ANATOMIA - ANA19 – "ANCA, FEMORE, TIBIA E PERONE"

ID lezione ANA19
Data lezione 2 maggio 2011
Autore Saba Ancillai
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Osso dell'anca, femore, tibia e perone

OSSO DELL’ANCA (O COXALE O INNOMINATO)

Vediamo nel dettaglio le parti principali da memorizzare dell’osso coxale.


L’osso coxale presenta 3 porzioni: il 50% superiore appartiene alla
componente iliaca (che ospita l’arteria iliaca, così detta perché l’aorta,
quando arriva nella cavità addominale, si biforca all’incirca all’altezza
dell’osso iliaco nell’iliaca comune di destra e di sinistra); il restante 50% è
diviso equamente in un 25% anteriore e un 25% posteriore. Per
disegnarlo, consideriamo la forma del numero 8: il cerchio superiore
dell’8 è tutto appannaggio dell’osso iliaco, la parte inferiore è data per
metà dalla porzione antero-inferiore (se si considera l’osso di destra) che
è il pube e per metà dalla porzione postero-inferiore che è l’ileo.

Da considerare sulla faccia esterna è che, circa al centro, il corpo delle tre
ossa si intersecano a Y a livello di una struttura rotondeggiante che è la
cavità dell’acetabolo, collocata dunque sulla faccia esterna, che accoglie la testa del femore ed è quindi
l’omologa della cavità glenoidea che accoglie la testa dell’omero. Sul bordo dell’acetabolo c’è una
discontinuità, non esattamente nella parte inferiore ma nella parte infero-anteriore (se immagino questa
circonferenza come il quadrante dell’orologio, a ore 5).

Il secondo aspetto riguardante la cavità dell’acetabolo è che presenta un margine rilevato di un paio di
centimetri per i ¾ della circonferenza, una sorta di mezza luna che dal bordo esterno va verso il centro
all’inizio dell’incisura: si tratta della superficie lunata. Questa è il bordo più esterno della cavità ed è la
superficie della cavità dell’acetabolo rivestita da cartilagine articolare. Questa cartilagine non è presente al
centro perché il contatto tra la testa del femore e la cavità dell’acetabolo avviene solo lungo questa
circonferenza lunata, cioè la testa del femore non tocca tutta la superficie della cavità aceta bolare ma solo
il bordo.

Al centro, la testa del femore presenta un legamento, detto legamento rotondo della testa del femore (di
legamenti rotondi ne esistono almeno tre: del femore, del fegato e dell’utero). Per schematizzarlo facciamo
una circonferenza a livello dei confini fra ileo anteriormente, ischio postero-inferiormente e pube postero-
anteriormente. Sotto questa circonferenza si trova l’incisura inferiore, cioè l’interruzione del margine, che
prende anche il nome di limbus (anche in questo caso ci sono diversi limbi: il limbus sclero-corneale, lobo
limbico e il limbus che riguarda l’osso inguinale). Al di sotto di questa circonferenza ne disegniamo una più
ovoidale con l’asse maggiore obliquo: è il foro otturato, così chiamato perché è coperto quasi per intero da
una membrana otturatoria di tipo connettivale che lascia solo un piccolo passaggio in alto (il foro otturato)
in cui passa l’arteria otturatoria, il nervo otturatorio; la membrana otturatoria è rinforzata sulla faccia
esterna da un muscolo, il muscolo otturatore esterno, e sulla faccia interna dal muscolo otturatore interno

Autore: Saba Ancillai per Medicina08.it 1 di 7


Anatomia ANA19 – ANCA, FEMORE, TIBIA E PERONE (2mag2011)

(vedi muscoli dell’anca). Avendo suddiviso la cavità acetabolare con una linea a forma di Y, il foro otturato è
delimitato posteriormente dall’osso ischiatico e anteriormente dall’osso del pube.

Analizziamo il margine superiore dell’osso coxale: se lo si disegna partendo da un rettangolo, il lato


superiore, che è uno dei due lati corti del rettangolo, va arrotondato. Tale linea arrotondata, dello spessore
di circa un dito, è detta cresta iliaca. Essa presenta diverse linee di inserzione dei muscoli larghi
dell’addome.

Sull’osso iliaco si notano la cresta, con sopra le linee di inserzione dei muscoli larghi antero-laterali
dell’addome, e le linee glutee, ovvero delle linee arcuate dove si inseriscono i muscoli glutei (quelli che
definiscono il profilo delle natiche): si ha la linea glutea anteriore, la linea glutea posteriore e la linea
glutea inferiore verso il basso, cioè verso la regione subito al di sopra della cavità acetabolare. Sulla faccia
esterna dell’osso iliaco si viene dunque a creare una superficie pianeggiante caratterizzata da queste linee
poco elevate: l’ala iliaca, detta anche superficie glutea essendo occupata dai tre muscoli glutei, di cui la
cresta iliaca è il margine superiore.

Seguiamo ora il margine anteriore dell’osso, che corrisponde a uno dei lati lunghi del rettangolo: un punto
importante è la spina iliaca anteriore-superiore: infatti c’è un’altra spina iliaca più in basso che è anteriore-
inferiore, mentre dietro ho la spina iliaca posteriore-superiore e posteriore-inferiore. Dalla spina iliaca
postero inferiore, cioè lungo il margine posteriore dell’osso, parte un’insenatura profonda, la grande
incisura ischiatica, che arriva a una sporgenza appartenente all’ischio, la spina ischiatica. L’ischio, al
contrario dell’ileo, ha solo questa spina, peraltro molto importante: intorno ci passa il nervo pudendo, che
va alle pudenda, cioè ai genitali esterni (l’ostetrica per fare l’anestesia alla partoriente cerca la spina
ischiatica e va a anestetizzare il nervo pudendo). La grande incisura ischiatica sta tra la spina iliaca postero-
inferiore e la spina ischiatica. Scendendo, c’è un’altra piccola insenatura: la piccola incisura ischiatica.
Scendendo ancora lungo il margine inferiore si incontra una superficie molto scabrosa che prende il nome
di tuberosità ischiatica.

Quindi lungo il margine posteriore dell’osso si trovano la cresta iliaca, la spina iliaca postero-superiore e
quella postero-inferiore da cui parte la grande incisura ischiatica, la spina ischiatica, la piccola incisura
ischiatica e la tuberosità ischiatica: questi sono i punti salienti del profilo posteriore. La cavità dell’acetabolo
va in corrispondenza della spina ischiatica e al di sotto della cavità acetabolare, sul territorio dell’ischio e
del pube, si indica l’incisura del foro otturato.

Sul margine anteriore ho la spina iliaca anteriore-superiore, che delle quattro spine iliache è la più
importante perché da lì parte il legamento inguinale su cui si costruisce il canale inguinale; un po’ più in
basso c’è la spina iliaca anteriore-inferiore, poi si trovano il ramo superiore del pube e il ramo inferiore. Il
ramo superiore è tutto in territorio pubico, mentre quello inferiore confina in basso posteriormente con
l’ischio, tanto che si chiama non solo ramo inferiore del pube ma anche ramo ischio pubico, proprio per
ricordare che posteriormente è in continuità con la tuberosità ischiatica.

Queste dono dunque le particolarità dell’osso coxale da ricordare sulla faccia esterna: la cresta iliaca, con le
linee per l’inserzione dei muscoli larghi dell’addome, le linee glutee, le 4 spine iliache, la grande e piccola
spina ischiatica e infine i 2 rami orizzontali del pube, a livello dei quali si ha la sinfisi pubica.

Autore: Saba Ancillai per Medicina08.it 2 di 7


Anatomia ANA19 – ANCA, FEMORE, TIBIA E PERONE (2mag2011)

Vediamo ora la faccia interna: la prima cosa da osservare è che non c’è la
cavità acetabolare. Laddove sulla faccia esterna c’è questa cavità,
internamente si trova una superficie piatta che rappresenta il corpo
dell’ischio con sopra il corpo dell’ileo; il territorio iliaco è solcato da una
linea arcuata, non molto elevata ma comunque evidente (contrassegnata
con il n° 4) che assomiglia a una S.

La faccia interna dell’osso iliaco è lievemente concava nei suoi 2/3


anteriori, andando a costituire la fossa iliaca; qui si trovano l’appendice
cecale e, nel sesso femminile, gli annessi uterini. La fossa non presenta le
linee glutee; nella parte posteriore, superiormente, compare una
superficie lievemente rilevata e irregolare, la tuberosità iliaca, simile alla
tuberosità ischiatica posta inferiormente. In basso la tuberosità iliaca
continua con una superficie liscia e regolare (n°3) detta faccia auricolare
per l’articolazione con l’osso sacrale, che va ad articolarsi medialmente con l’osso sacro. Alla fossa iliaca
sulla faccia esterna corrisponde la superficie glutea.

La cosiddetta linea arcuata o innominata, che parte posteriormente dall’alto, dalla superficie articolare,
continua sulla branca superiore del pube con una cresta, detta cresta pettinea. A un centimetro circa dalla
sinfisi pubica c’è una piccola sporgenza detta tubercolo pubico; il legamento inguinale, come vedremo, va a
ponte dalla spina iliaca anteriore superiore al tubercolo pubico nella sinfisi pubica.

Seguendo il margine posteriore della faccia interna, individuiamo dunque la superficie auricolare per
l’articolazione con il sacro in corrispondenza della spina iliaca posteriore inferiore, nonché il profilo della
grande incisura ischiatica, visibile anche sulla faccia esterna.

Il foro otturato è rivestito sulla faccia interna dal muscolo otturatore interno, quindi partendo dall’esterno
ho il muscolo otturatore esterno, la membrana otturatoria e il muscolo otturatore interno. Tale muscolo,
come tutti i muscoli, è rivestito da una fascia connettivale che presenta un ispessimento a circa metà
altezza. Questo ispessimento connettivale arriva posteriormente a livello della spina ischiatica e
anteriormente a livello della branca orizzontale del pube: questa è la linea di inserzione all’interno dell’osso
iliaco del diaframma pelvico che in basso chiude a mo’ di imbuto muscolare la grande cavità addominale.
Mentre superiormente, a livello delle coste, con inserzione sullo sterno e sulle vertebre, si ha il muscolo
diaframma, attraversato dal tubo digerente, più in basso si trova l’imbuto del diaframma pelvico che
prende inserzione lateralmente in corrispondenza della sinfisi pubica sulla faccia anteriore e
posteriormente sull’ispessimento del muscolo otturatore che arriva con la sua inserzione fino alla spina
iliaca. Tale diaframma pelvico va dunque cucito sulla faccia interna delle due ossa inferiori, l’ischio e il pube;
esso è attraversato dalla porzione più caudale del canale digerente, che si trova in posteriore a ridosso del
sacro e anteriormente dalla via urinaria e dalle vie genitali, con variazioni dunque nei due sessi; inoltre vi
passano l’aorta che da toracica diventa addominale e, in direzione opposta, dalla vena cava inferiore che da
addominale deve entrare a livello del mediastino. Ci sono poi altre vene, il dotto linfatico, il dotto toracico.

Il nervo pudendo, che deve arrivare ai genitali esterni, esce dal midollo spinale a livello del bacino dal sacro
e per andare in basso trovandosi chiuso dal diaframma pelvico deve uscire da questo imbuto: allora il nervo
pudendo, per passare dalla linea intrapelvica a quella sottopelvica, gira attorno alla spina ischiatica ed è per
questo che l’ostetrica indica questo punto per individuare il tronco nervoso da anestetizzare.

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Anatomia ANA19 – ANCA, FEMORE, TIBIA E PERONE (2mag2011)

FEMORE

Rivediamo brevemente la struttura dell’omero per individuare le analogie tra questo e il femore, tendendo
presente che l’omero rispetto al femore è ruotato e quindi le somiglianze vanno valutate tra lati opposti.
L’omero presenta una testa (una porzione di sfera), un collo stretto e due sporgenze a livello dell’epifisi: la
grande tuberosità o trochite e la piccola tuberosità o trochine. Da queste sporgenze partono due creste e si
viene a creare il solco bicipitale, dove passa il tendine del muscolo bicipite e il corpo lungo del bicipite,
mentre sui due lati vanno posizionati il grande pettorale, il gran dorsale e il grande rotondo.

Vediamo le analogie tra l’estremità prossimale dell’omero e


quella del femore. Il femore possiede analogamente una
testa sferica ma il collo anatomico è decisamente più lungo
e in alto, latero-superiormente, presenta una sporgenza che
prende il nome non di grande tuberosità, come nell’omero,
ma di grande trocantere. In basso, sebbene di lato si
apprezzi poco perché guarda soprattutto sulla faccia
posteriore, ho il cosiddetto piccolo trocantere; sulla faccia
anteriore il restringimento del collo, che ha quindi da una
parte la sezione di sfera della testa dell’omero e dall’altra i
due trocanteri, presenta una linea rilevata, la linea
intertrocanterica, che avrà un corrispettivo sulla faccia
posteriore: la cresta intertrocanterica.

Scendendo verso l’epifisi distale, la diafisi, la cui sezione è


abbastanza rotondeggiante, si allarga e si appiattisce in
latero-laterale, nonché posteriormente. L’epifisi distale
presenta due condili (due sporgenze) verso il basso che
anteriormente si continuano l’uno nell’altro in una gola, la
superficie articolare per l’osso della rotula, la quale si
posiziona appunto davanti a questi condili. Per apprezzare le
caratteristiche dei condili non ci dobbiamo soffermare solo
sulla faccia anteriore. I condili formano dunque la superficie
articolare; in laterale i condili hanno la loro estensione
maggiore, cioè si sviluppano in antero posteriore, ovvero
l’asse maggiore si estende in sagittale con la parte posteriore che è più sporgente di quella anteriore. In
corrispondenza dei condili abbiamo la sporgenza degli epicondili. Si avrà dunque un epicondilo laterale e
uno mediale. L’epicondilo mediale è sulla faccia mediale, cioè sulla faccia interna del ginocchio, ed è più
accentuato del laterale; sull’epicondilo mediale è presente il tubercolo adduttorio, una piccola ma precisa
sporgenza che può dirsi tubercolo in quanto è una sporgenza sessile, con base larga, non è molto alta ma è
netta. Sulla faccia interna della coscia, detta anche loggia mediale della coscia, ho i muscoli della loggia
degli adduttori e almeno uno di questi adduttori è responsabile, con la sua inserzione, della formazione di
questo tubercolo: infatti sul tubercolo adduttorio va a inserirsi il grande adduttore. L’adduzione è il moto di
richiamo dall’allontanamento rispetto all’asse mediale (il contrario di abduzione) ed è dato da almeno tre
muscoli che si trovano in questa regione nella faccia mediale della coscia, appunto la loggia mediale.

Ricapitoliamo cosa bisogna ricordare della faccia anteriore del femore. In alto e all’esterno sporge il grande
trocantere mentre medialmente si intravede, a maggiore espressione posteriore, il piccolo trocantere, e la

Autore: Saba Ancillai per Medicina08.it 4 di 7


Anatomia ANA19 – ANCA, FEMORE, TIBIA E PERONE (2mag2011)

linea intertrocanterica li unisce sulla faccia anteriore. Sulla parte inferiore si trova il condilo laterale con
l’epicondilo laterale e il condilo mediale con l’epicondilo mediale, più evidenziato e su cui è presente il
tubercolo adduttorio. Qui si viene a creare un’arcata e vedremo che a questo livello passa l’arteria femorale
che dalla regione antero-laterale si porterà nella regione posteriore del ginocchio, la fossa poplitea. La
faccia anteriore del collo del femore si appiattisce fino a formare la superficie patellare, una gola che unisce
le due sporgenze dei condili la cui superficie è rivestita da cartilagine articolare per l’articolazione con la
rotula.

Sulla faccia posteriore si trova qualche analogia con il solco bicipitale. Qui dal grande trocantere si scende in
basso al piccolo trocantere attraverso la cosiddetta cresta intertrocanterica, cioè posteriormente il collo del
femore è delimitato da queste sporgenze e la cresta intertrocanterica. Una cosa importante è che alla base
del grande trocantere, tra questo e il collo, c’è una fossetta dove si inseriscono dei muscoli, cioè come
sempre è il frutto della trazione di alcuni muscoli.

Dal grande trocantere tracciamo una linea che scende in basso e un’altra dal piccolo trocantere (questo è
uno dei punti anatomici la cui descrizione è diversa nei testi). Mentre la faccia anteriore del femore è liscia,
la faccia posteriore della diafisi è attraversata da una linea, detta linea aspra del femore, che verso l’epifisi
prossimale si biforca in due linee: quella più mediale, verso il piccolo trocantere, prende il nome di linea
pettinea. Abbiamo visto la cresta pettinea sulla branca orizzontale (o superiore o innominata) della
superficie del pube, che continua la linea arcuata (o innominata) dell’osso iliaco: da essa parte un muscolo
che dal pube va su questa linea e si chiama muscolo pettineo. Quindi ho la cresta pettinea sul pube, la linea
pettinea sulla faccia posteriore del femore come prosecuzione del piccolo trocantere e il muscolo pettineo
che va dalla cresta alla linea pettinea che è quello più in alto dei muscoli adduttori, cioè dei muscoli della
loggia mediale quello più prossimale al sacro. La linea che invece sale più in alto, al grande trocantere, è
detta linea glutea. Qui si inserisce il grande gluteo, che dei glutei è quello più esterno e forma quindi il
rivestimento muscolare esterno delle natiche. Dalla faccia inferiore del grande gluteo fuoriesce verso il
basso una struttura abbastanza dura e grande come un pollice, il nervo sciatico (cioè ischiatico), che si trova
nella loggia posteriore.

Lungo la linea aspra del femore vanno a inserirsi diversi muscoli. Scendendo verso il basso, così come al
terzo superiore della diafisi del femore si ha la biforcazione nelle due linee, al terzo inferiore della diafisi la
linea aspra si apre dirigendosi verso gli epicondili e delimitando una superficie posteriore piatta e piuttosto
alta: una linea va verso l’epicondilo mediale, dove c’è il tubercolo adduttorio, e si chiama linea
epicondiloidea mediale, l’altra va verso l’epicondilo laterale ed è la linea epicondiloidea laterale.

Dunque sulla superficie posteriore il margine mediale della biforcazione è quello che prosegue per la linea
pettinea verso il piccolo trocantere e il labbro laterale della linea aspra prosegue verso la tuberosità glutea,
dove si ha l’inserzione del grande gluteo, fino al grande trocantere.

Nell’epifisi distale le due linee che scendono verso l’epicondilo mediale e laterale delimitano una faccia
pianeggiante, che è la faccia poplitea; sulla faccia posteriore, tra femore e ossa della gamba, si trova una
regione romboidale individuata da quattro tendini, detta losanga poplitea; la regione poplitea è
attraversata dall’arteria omonima, data dall’arteria femorale che, aggirando il tubercolo adduttorio entra
nella faccia posteriore, e dai nervi che scendono nella regione posteriore, cioè dal nervo ischiatico che poi si
biforca per entrare nella regione della gamba. Posteriormente i due condili sporgono maggiormente, per
cui mentre davanti si ha la gola che accoglie la faccia posteriore della rotula, posteriormente c’è una fossa
più profonda, detta fossa intercondiloidea poiché in proiezione laterale i due condili si estendono

Autore: Saba Ancillai per Medicina08.it 5 di 7


Anatomia ANA19 – ANCA, FEMORE, TIBIA E PERONE (2mag2011)

maggiormente in antero-posteriore e sporgono posteriormente più di quanto sporgano anteriormente. In


corrispondenza dell’epicondilo laterale, tra questo e il condilo laterale, da segnalare è il solco popliteo.

TIBIA E PERONE

Le ossa della gamba corrispondono a quelle dell’avambraccio. Come nell’avambraccio, anche nella gamba ci
sono due ossa, di cui una decisamente più grande, la tibia, e una più piccola che è il perone o fibula.

Le epifisi prossimale e distale della tibia hanno caratteristiche un po’


diverse da quelle del perone. Anzitutto, l’estremità prossimale della
tibia presenta anch’essa un condilo mediale della tibia,
corrispondente al condilo mediale del femore, che guarda la tibia
dell’altro arto inferiore, e un condilo laterale, rivolto verso l’esterno.
Guardandoli sia da davanti che da dietro, posso schematizzare con
una linea orizzontale che al centro presenta due sporgenze, i tubercoli
intercondiloidei: una sporgenza è verso il condilo laterale ed è detta
tubercolo laterale, il tubercolo mediale è verso il condilo mediale.
Sulla faccia anteriore della tibia si segnala una sporgenza anteriore, la
tuberosità della tibia (si può palpare sotto il ginocchio facendo un
moto di flesso estensione), la quale dà inserzione a una struttura
legamentosa che va verso l’alto in direzione del femore, cioè della
coscia. La faccia anteriore del condilo laterale (quella verso il perone)
ha una superficie dove si inserisce una struttura fasciale legamentosa
che unisce la regione iliaca alla faccia anteriore del condilo laterale della tibia e andrà a inserirsi sulla tibia,
tanto che questo ispessimento viene chiamato tratto ileo-tibiale. Palpando la regione anteriore dalla gamba
si avverte una linea sporgente, lievemente arcuata: il margine anteriore della tibia, che parte dalla
tuberosità tibiale.

In basso la tibia si slarga sulla sua epifisi distale e analogamente all’ulna, che ha un processo stiloideo
dell’ulna, qui ho una sporgenza che è il malleolo tibiale, cioè il malleolo mediale, e la faccia inferiore
presenta una superficie articolare che va ad articolarsi con il piede.

Il perone o fibula presenta anch’esso, essendo un osso lungo, una epifisi prossimale, una diafisi e una epifisi
distale. La testa presenta un apice verso l’alto, perché lì si inserisce un muscolo della loggia posteriore che
fa da trazione verso l’alto; in basso si restringe con una strozzatura, un collo, poi abbiamo la diafisi. La
diafisi presenta un margine, che in realtà sono due creste molto vicine: il margine anteriore è quello più
laterale, più esterno; quello invece più mediale che dista circa 2 mm dall’alto è detto margine interosseo,
dato dalla inserzione su di sé della membrana interossea, similmente all’avambraccio. Dunque un margine
interosseo è presente anteriormente sulla fibula e un margine interosseo si trova lateralmente sulla tibia.

La testa del perone tipicamente non arriva all’altezza del piatto tibiale ma si trova più in basso, sovrastato
in parte dal condilo mediale della tibia, andando ad articolarsi a questo livello. Perciò il perone non ha nulla
a che vedere con l’articolazione tra femore e tibia e tra questi e la rotula: la testa ne resta fuori, mentre
inferiormente l’epifisi distale del perone forma una sporgenza, il malleolo laterale, un po’ più grosso del
mediale, che con la sua faccia interna partecipa all’articolazione fra gamba e piede.

Autore: Saba Ancillai per Medicina08.it 6 di 7


Anatomia ANA19 – ANCA, FEMORE, TIBIA E PERONE (2mag2011)

Sulla faccia posteriore della tibia notiamo, inferiormente ai tubercoli tibiali, una linea posteriore detta linea
del soleo (il soleo è un muscolo che fa parte dei tricipiti della sura, quindi è un muscolo a tre capi della
loggia posteriore).

Proviamo a disegnare la faccia superiore della tibia vista dall’alto: l’osso ha un asse
latero-laterale più lungo dell’asse antero-posteriore, quindi disegno un rettangolo;
questo è sormontato da due superfici più o meno circolari, una laterale e una
mediale, che sono separate dai due tubercoli fra i condili: il tubercolo
intercondiloideo laterale e quello mediale. Sulla faccia anteriore del rettangolo va
collocata la tuberosità tibiale, poi la testa del perone che, oltre ad essere più in basso,
come si apprezza nel disegno è posizionata un po’ posteriormente, quindi è postero-laterale rispetto al
condilo laterale.

Andiamo a osservare i tubercoli interni: essi hanno una superficie liscia davanti e una superficie posteriore;
mentre sul profilo anteriore abbiamo disegnato la tuberosità tibiale, sul profilo posteriore c’è una piccola
membrana, in corrispondenza della quale, dietro ai tubercoli intercondiloidei, c’è un’altra superficie. La
superficie che sta davanti è quella su cui si inserisce il legamento crociato anteriore; la superficie
inercondiloidea che sta dietro ai tubercoli intercondiloidei è quella su cui si inserisce il legamento crociato
posteriore. Tali legamenti sono detti crociati perché si incrociano e il crociato anteriore va verso il condilo
laterale del femore, quindi è antero-laterale, mentre il crociato posteriore andrà verso il condilo mediale
del femore e quindi è postero-mediale.

Autore: Saba Ancillai per Medicina08.it 7 di 7


ANATOMIA - ANA20 – "PIEDE E MUSCOLI DELL'ADDOME"

ID lezione ANA20
Data lezione 5 maggio 2011
Autore Elisa Montrone
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Ossa del piede, astragalo, osso navicolare e cuboide, muscoli dell'addome,
Argomento
parete addominale e tratto inguinale

LE OSSA DEL PIEDE

Vediamo in cosa consiste l'articolazione tibio-tarsica,


valutando come sono disposte le ossa del piede. Noi non
poggiamo il piede con tutta la supeficie ma soprattutto con
la parte esterna (basta vedere come si consumano le suole
delle scarpe) e con quella posteriore del tallone (il calcagno).
Segue un punto di appoggio anteriore che corrisponde al
metatarso (prima che partano le falangi delle dita) e alla
facce inferiori più sporgenti delle dita.

Le ossa del piede, in condizioni normali, quindi, non


poggiano tutte sulla superficie, altrimenti si dovrebbe
parlare di "piede piatto". Queste ossa formano un'arcata
longitudinale molto flessuosa, necessaria per ammortizzare
il peso del nostro corpo che scarichiamo proprio a questo
livello. Per cui, quando poggiamo il piede è come se questo
arco si appiattisse sotto la spinta del nostro peso. Cerchiamo
di vedere come sono fatte le ossa.

Analizziamo le sette ossa del tarso iniziando dalla parte posteriore


per poi giungere alla regione anteriore. Immaginiamo un
parallelepipedo stondato ai lati, il calcagno, su cui si pone
l'astragalo o talo, con il versante mediale che guarda il calcagno.
Quest'ultimo, dividendolo in tre parti, circa all'altezza del terzo
medio (fra il terzo medio e il terzo anteriore) presenta uno
"scalino" e sulla faccia mediale un piano sporgente. Infatti, se noi
guardassimo i due calcagni da dietro, vedremmo questa sporgenza
(triangolare) che guarda medialmente. Il parallelepipedo presenta
una testa, collegata al resto del corpo da un cenno di collo, ed
ovviamente la testa guarda in avanti. Questa struttura ossea
presenta sulla superficie superiore tre facce articolari, di cui quella
intermedia si appoggia sull'estroflessione triangolare. Una quarta
superficie articolare sarà presente sulla testa, anteriormente.

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Anatomia ANA20 – PIEDE E MUSCOLI DELL'ADDOME (5mag2011)

L'ASTRAGALO O TALO

L'astragalo, visto di profilo, presenta testa, collo e corpo. Il corpo si


pone sulle superfici articolari in modo tale che il talo salga sul
calcagno. Quindi è più in alto il talo, che viene visto con la testa in
avanti ed è posto al di sopra del calcagno. Visto da sopra,
l'astragalo presenta una superficie non perfettamente arrotondata
ma con una faccetta articolare superiore che si continua in due
faccette articolari, una sul versante mediale, l'altra sul versante
laterale. Guardando l'estremità anteriore, la testa del talo è
appaiata anteriormente con quella del calcagno, quindi ciascuna
delle due teste si articolerà con un osso in posizione mediale e con
uno in posizione laterale (che sono il terzo e quarto osso che
vedremo). Posteriormente, il corpo dell'astragalo presenta due
tubercoli, con un'incisura in mezzo (quindi abbiamo una superficie
articolare superiore, una esterna o laterale e una interna o
mediale).

Sul corpo dell'astragalo si vanno ad articolare la tibia e il perone, che presentano come superfici articolari la
faccia interna del malleolo tibiale e la faccia interna del malleolo peroniero. Il malleolo peroniero andrà ad
articolarsi con il perone; sulla faccia interna si articola il malleolo tibiale e sul dorso la faccia interna della
tibia. L'artricolazione, essendo fra la tibia (la parte maggiore) e l'astragalo, viene definita articolazione
tibio-tarsica o tibio-astragalica. L'astragalo rappresenta, con il corpo, la superficie articolare che va a
formare la troclea astragalica, la quale permette la flesso-estensione (o flessione dorsale) del piede, il
movimento maggiore.

L'astragalo si posiziona superiormente e in modo decentrato rispetto all'asse anteroposteriore del


calcagno, medialmente. Una sporgenza mediale dà appoggio all'astragalo, il sustentaculum tali.

L'OSSO NAVICOLARE (SCAFOIDE) E IL CUBOIDE

La seconda fila è fatta da due ossa:

• il navicolare (o scafoide), a forma di semiluna, che si


articola con la testa mediale dell'astragalo;

• il cuboide, di forma appunto cubica, si articola invece con


la testa del calcagno.

La linea limite anteriore delle


ossa della seconda fila è
alquanto asimmetrica, a
differenza di quella del calcagno
e dell'astragalo che invece risultano allineati: qui sporge maggiormente
l'osso laterale, il cuboide. Per ripristinare la linea anteriore del tarso,
dobbiamo aggiungere tre ossa: a partire dal più mediale abbiamo il
primo, il secondo e il terzo cuneiforme.

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Anatomia ANA20 – PIEDE E MUSCOLI DELL'ADDOME (5mag2011)

Ricapitolando: siamo partiti dall'osso


posteriore, il calcagno. Sul calcagno
posizioniamo l'astragalo (non esattamente
sopra al calcagno ma un pò più medialmente,
sfruttando l'appoggio del sustentaculum tali). Il
profilo mediale del piede inoltre, non tocca
terra fisiologicamente perchè l'astragalo è
sollevato sul calcagno. Se il piede tocca per
terra deve aver subito una rotazione, per cui le
ossa della gamba si sono inclinate: il peso del
corpo causerà conseguenze a carico della
colonna, del collo e della masticazione. Bisognerà apportare delle correzioni ortopediche fin dai primi mesi
di vita per evitare il piede piatto e i disagi sopra citati.

Data la posizione dell'astragalo, iniziamo a capire perchè, dal punto centrale del calcagno, abbiamo un arco
longitudinale mediale che, rispetto a un arco longitudinale laterale, è più alto. Segue un arco trasversale.
Abbiamo poi un fronte anteriore del tarso che presenta quattro ossa su cui andranno a collocarsi i 5
metatarsi (che hanno una morfologia simile a quella dei metacarpi).

I METATARSI

Le teste dei metatarsi andranno ad articolarsi con le falangi. I 5 metatarsi si devono articolare su 4 ossa:

• i primi tre metatarsi (i più mediali) si articolano con i rispettivi cuneiformi (primo metatarso con
primo cuneiforme, secondo con secondo, ecc);

• gli ultimi due metatarsi (il quarto e il quinto, i più laterali) si


dovranno articolare sul cuboide, anche se staranno un pò
stretti, tanto che il quinto metatarsale sporgerà un pò; basti
guardare la sporgenza esterna sul margine laterale, più o
meno accentuata).

La sporgenza del quinto matatarso vede l'inserimento dei muscoli


della regione laterale della gamba, che addirittura passano sotto esso.
Nella regione laterale della gamba ci sarà il perone, quindi parleremo
di muscoli peronieri.

Precisazioni

Nell'arto inferiore inoltre, ci saranno una loggia laterale, una anteriore e una posteriore.

L'astragalo non raggiunge il margine posteriore del calcagno, quindi quest'ultimo deborda posteriormente.
Sulla faccia superiore del calcagno che resta scoperta, andrà ad inserirsi il robusto tendine noto come
tendine d'Achille, cioè il tendine dei muscoli più superficiali della loggia posteriore della gamba. Il talo
presenta tre faccette articolari (superiore, mediale e laterale), necessarie per l'articolazione con la tibia e la
faccia interna del malleolo peroniero. La testa dell'astragalo è allineata con l'estremità anteriore del
calcagno, mentre le ossa della seconda fila, il navicolare e il cuboide, presenteranno un divario che è
colmato dai tre cuneiformi. Di profilo, in basso, notiamo il bordo mediale e l'arco plantare molto più alto a

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Anatomia ANA20 – PIEDE E MUSCOLI DELL'ADDOME (5mag2011)

differenza dell'arco longitudinale laterale, decisamente pù basso. Dl profilo poi sarà visibile uno spazio sul
calcagno, su cui si sovrappone il corpo del talo e poi il seno del tarso.

IL SENO DEL TARSO

Il calcagno presenta una faccetta articolare superiore in avanti per il cuboide e


altre tre: anteriore, media (che poggia tutta sul sustentaculum tali) e
posteriore; fra la media e la posteriore (sulla parte più rialzata del calcagno)
passa il seno del tarso, poi completato dalla sovrapposizione del calcagno. Nel
seno del tarso vedremo passare un'arteria che dalla regione mediale del piede
passa sotto. Quando ci sono problemi di arteriopatia ostruttiva dei vasi
periferici, nel corso di malattie che colpiscono i vasi come l'arterosclerosi e il
diabete, questo è uno dei punti in cui ci potrebbe essere un restringimento dei vasi del piede, quindi
difficoltà di irrorazione sanguigna.

I MUSCOLI DELL'ADDOME

Per parlare dei muscoli dell'arto inferiore dobbiamo innanzitutto analizzare i muscoli dell'addome,
partendo dalla parte posteriore. Andremo a vedere la muscolatura addominale del tronco, per poi scendere
ai muscoli che collegano il cinto pelvico con le ossa dell'arto inferiore.

L'arcata costale prosegue posteriormente con la dodicesima costa che è una delle due fluttuanti. Seguono 5
vertebre lombari che presentano l'articolazione lombo-sacrale. L'ala del sacro guarda la prima delle 5
vertebre sacrali: il passaggio fra quinta lombare e prima sacrale segna una sporgenza anteriore della prima
vertebra sacrale, il promontorio del sacro.

L'ala del sacro, che si porta lateralmente, ha due caratteristiche:

• la sua altezza arriva ad L5;

• la sua superficie laterale si va ad articolare con la faccia auricolare dell'ileo, dando luogo
all'articolazione sacro-iliaca (l'ala del sacro si articola con la faccetta articolare dell'ileo).

L'ileo presenta la cresta iliaca con il suo labbro interno, l'intermedio e l'esterno: abbiamo un accenno di
tristratificazione dove si andranno a inserire i tre muscoli larghi dell'addome. La cresta iliaca arriva a livello
del corpo di L4 come altezza ma non ci si articola.

Di profilo, per spostarci dal promontorio del sacro (estremità posteriore) alla sinfisi pubica (estremità
anteriore), immaginiamo una linea che va a segnare il passaggio fra la parte superiore dell'osso coxale o
innominato (che forma la grande o falsa pelvi) e la parte inferiore a questa linea (che costituisce la pelvi
vera). Questa linea, dietro, parte dal promontorio del sacro, per poi proseguire con l'ala del sacro e la linea
arcuata o innominata, che ci divide la parte superiore, la fossa iliaca, facente parte della grande pelvi, dalla
linea arcuata (dove finisce l'ileo); qui troviamo la branca orizzontale del pube, quindi la linea arcuata o
innominata continua nella cresta pettinea che sta sul ramo pubico orrizzontale, arrivando a un centimetro
circa dalla linea mediana col tubercolo pubico. Visto dall'alto intravediamo il profilo posteriore dell'osso
innominato e la spina ischiatica.

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Anatomia ANA20 – PIEDE E MUSCOLI DELL'ADDOME (5mag2011)

Ricapitolando:

1. promontorio del sacro;

2. ala del sacro;

3. linea arcuata;

4. linea pettinea;

5. tubercolo pubico;

6. sinfisi pubica.

Su questa direttrice poggia il piano che segna il confine tra grande o falsa pelvi e la piccola o vera pelvi.

LA PARETE ADDOMINALE

Il gran dorsale posteriormente ha la fascia lombodorsale o aponeurosi, arrivando alla parte più posteriore
della la cresta iliaca, per poi scendere medialmente.

Distalmente, inferiormente al profilo della cresta iliaca, ci


sono i muscoli glutei. In sezione trasversale vediamo il
processo spinoso e il processo trasverso: il n.1 è il
foglietto superficiale della fascia, il n.2 è il foglietto
profondo (insieme vanno ad inglobare la massa comune
della muscolatura del dorso). Il n.3 è il quadrato dei
lombi, che chiude posteriormente, rispetto allo psoas,
più mediale e anteriore. Dall'estremità laterale del
quadrato dei lombi parte il
gran dorsale; la
continuazione del quadrato
dei lombi, sulla parte laterale
e anteriore dell'addome, è
dato dal muscolo obliquo
esterno, l'obliquo interno e il
trasverso dell'addome, il più
interno. L'obliquo esterno
non arriva a toccare il gran dorsale, per cui c'è una regione
triangolare, ovvero una rientranza, chiusa e coperta dal piano
cutaneo e dalle fasce sottostanti.

L'obliquo interno e il trasverso


dell'addome sono la prosecuzione
della fascia lombodorsale. Si
inseriscono posteriormente sulla
aponeurosi lombodorsale.
Lateralmente, sulla faccia anteriore
dell'addome, abbiamo due nastri

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Anatomia ANA20 – PIEDE E MUSCOLI DELL'ADDOME (5mag2011)

piatti, rettangolari, posti ai lati, che sono i retti dell'addome; vanno dalle ossa del torace alla regione della
sinfisi pubica.

Seguendo le fasce dell'obliquo interno, dell'esterno e del trasverso, vediamo come si comportano questi
muscoli: sono in continuazione, tre lamine muscolari che chiudono lateralmente e anteriormente fino ad
arrivare ai margini laterali di ciascuno dei due retti dell'addome, che non sono due nastri ininterrotti ma
presentano delle fasce connettivali trasversali (i quadratini).

Vediamo come si comporta ciascun muscolo: ciascuno è avvolto da una fascia. Si comportano
diversamente: un tipo di comportamento ce l'hanno al di sopra della linea dell'ombelico, segue poi una
variazione a livello dell'ombelico e al di sotto. Sopra all'ombelico, la fascia posteriore e quella anteriore
dell'obliquo esterno si riuniscono e, dove il muscolo finisce medialmente, passano davanti al retto
dell'addome.

Il muscolo del secondo strato, l'obliquo interno, arrivato in prossimità del retto dell'addome, si sdoppia:

• il lembo anteriore passa davanti al retto dell'addome;

• il lembo posteriore dietro al retto stesso.

Quindi l'obliquo esterno passa davanti, l'interno si sdoppia per poi incrociarsi sulla linea mediana (su cui
arriva anche l'aponeurosi dell'obliquo esterno). L'aponeurosi del trasverso dell'addome invece passa dietro
e anch'essa incrocia.

Dietro a questi tre muscoli con le rispettive fasce, c'è la linea continua che si chiama fascia trasversalis, la
fascia che sta dietro. Più internamente vediamo la fascia peritoneale (peritoneo parietale). Quindi l'obliquo
interno e il trasverso posteriormente si inseriscono sulla fascia lombodorsale, l'esterno si stacca dal
muscolo gran dorsale.

Il muscolo retto dell'addome arriva sulla sua fascia che va a ricoprire il muscolo sottostante; si notano i
segmenti trasversali connettivali che fanno sì che il nastro anteriore del retto presenti delle inserzioni
intermedie. In basso, la parte connettivale è abbastanza ampia e si inserisce sulla cresta iliaca, mentre il
margine inferiore è dato dal legamento inguinale, un ponte connettivale fra la spina iliaca anteriore
superiore e la regione della sinfisi pubica. In reatà questa aponeurosi, quando arriva sulla linea mediana, si
sdoppia, per cui abbiamo un capo più mediale e uno più laterale: un pilastro interno mediale e uno laterale,
che arriva circa all'altezza del tubercolo pubico.

Segue un muscoletto, una derivazione del retto: il piramidale.

L'inserzione dell'obliquo esterno parte dalla 7 a costa, per poi giungere alla 12a (sulla 7a è anteriore, ma via
via che si scende in basso l'inserzione prossimale si porta più lateralmente perchè le coste girano; infatti
sulla 12a è abbastanza posteriore). L'inserzione, a partire dal terzo posteriore della cresta iliaca, è occupata
dall'obliquo esterno fino alla spina iliaca anteriore superiore e da qui c'è un ponte che arriva alla regione del
pube.

A livello mediale anteriore l'aponeurosi dell'obliquo esterno si sdoppia: abbiamo un pilastro laterale e un
pilastro mediale. Seguono delle fasce che chiudono superiormente, anche se i pilastri costituiscono, nella
regione anteriore sovrapubica, i margini dell'anello inguinale esterno. Fra il pilastro mediale e il laterale nel
sesso maschile passa il funicolo spermatico, che deve raggiungere l'esterno (la gonade maschile deve uscire

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Anatomia ANA20 – PIEDE E MUSCOLI DELL'ADDOME (5mag2011)

dalla cavità addominale, perchè lì la temperatura non è favorevole alla vitalità degli spermatozoi. Il testicolo
deve stare fisiologicamente fuori dalla cavità addominale.

IL TRATTO INGUINALE

Dobbiamo sistemare tre fogli muscolari, uno sovrapposto all'altro che, andando a inserirsi lungo l'osso
iliaco, nel passaggio del ponte fra la spina iliaca superiore e il tubercolo/sinfisi pubica, lasciano passare uno
spazio tra di loro, destinato al funicolo spermatico, con tutto ciò che lo riguarda (i vasi, l'arteria per la
gonade, la vena, i nervi). Nella regione posteriore vediamo un triangolino che segna la discontinuità tra il
margine laterale del gran dorsale e il margine posteriore dell'obliquo esterno. Il triangolino non è rivestito
né dall'uno né dall'altro: ci sarà una piccola fossa rivestita dalla cute, dove troviamo solo i muscoli dello
strato sottostante; posteriormente il trasverso dell'addome e l'obliquo interno si inseriscono sulla fascia o
aponeurosi lombodorsale.

La fascia lombodorsale del gran dorsale è strettamente colllegata con l'obliquo interno e il trasverso
dell'addome.

I muscoli del secondo e terzo strato arrivano a livello del legamento inguinale: l'obliquo esterno ha una
larga fascia che in basso non ha un margine semplice ma si ripiega, formando una doccia che guarda verso
l'interno. Quello che poggia tra la spina iliaca e il tubercolo pubico non è semplicemente il margine inferiore
di questa aponeurosi, in quanto si sdoppia. Quando arriviamo al tubercolo pubico, all'estremità più
mediale, questa aponeurosi si sdoppia in tre capi (o pilastri): due anteriormente, il terzo posteriormente
(che attraversa la linea mediana e va a inserirsi sul pube controlaterale). Ciò avviene sia a sinistra che a
destra. In pratica abbiamo il pilastro mediale e il laterale che sono più anteriori: tra questi due passa il
funicolo spermatico (che nella donna è sostituito dal legamento rotondo dell'utero).

L'aponeurosi dell'obliquo esterno si colloca a


ponte fra spina iliaca anteriore superiore con i
tre pilastri:

• con il capo laterale sul tubercolo


pubico;

• con il capo mediale sulla sinfisi pubica;

• con il capo posteriore che attraversa la


linea mediana e si va a collocare
controlateralmente.

L'obliquo interno e il trasverso dell'addome


hanno i margini inferiori che non arrivano a
chiudere posteriormente, sono come una
serrandina difettosa; entrambi i muscoli si
inseriscono su un tendine, in comune. Il tendine
congiunto dell'obliquo interno e del trasverso
dell'addome non arriva a coprire il legamento
inguinale. I due muscoli, posteriormente, si
fermano inclinandosi. Il tendine congiunto è un

Autore: Elisa Montrone per Medicina08.it 7 di 8


Anatomia ANA20 – PIEDE E MUSCOLI DELL'ADDOME (5mag2011)

arco, fa da tetto al contenuto del tragitto inguinale che poggia su un pavimento, l'aponeurosi dell'obliquo
esterno. La parete posteriore non è formata da muscolatura, perchè "la serranda si è inceppata", per cui ci
sarà la fascia trasversalis che poggia sull'aponeurosi dell'obliquo esterno e il peritoneo parietale. Questo è il
punto di maggiore debolezza della parete addominale, dove possono fuoriuscire le ernie inguinali.

Autore: Elisa Montrone per Medicina08.it 8 di 8


ANATOMIA - ANA21 – "CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI"

ID lezione ANA21
Data lezione 9 maggio 2011
Autore Simone Ajello e Davide Ajello
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Muscolatura larga dell'addome, canale inguinale, muscoli pelvitrocanterici,
Argomento
diaframma pelvico, diaframma urogenitale, muscoli dell'anca

MUSCOLATURA LARGA DELL’ADDOME (continua)

Riprendiamo dalla muscolatura larga dell’addome,


ovvero la muscolatura antero-laterale. Questa è
costituita da tre strati di muscoli larghi e appiattiti
che, dall’esterno all’interno, sono:

• grande obliquo (2);

• obliquo interno (3);

• trasverso dell’addome (4).

L’obliquo interno e il trasverso originano dalla


aponeurosi (fascia) lombo-dorsale (8). Di questa
fascia avevamo già parlato, dicendo che costituisce la
parte terminale del gran dorsale (7) e che è una fascia
connettivale di forma “romboidale”.

Invece il grande obliquo (anche detto obliquo


esterno) non ha rapporti con tale fascia;
nell’immagine proposta in precedenza
possiamo solo vedere che tra esso e il muscolo
posteriore, ovvero il gran dorsale, esiste un
intervallo. Per quanta riguarda nel dettaglio
l’inserzione/origine di questi muscoli,
riportiamo di seguito quanto scritto sulle immagini mostrate da Barbatelli.

Origini: faccia esterna delle coste V/VI – XII costa.


GRANDE OBLIQUO
Inserzioni: cresta iliaca, margine anteriore dell’osso iliaco, pube, linea alba.
Origini: aponeurosi lombo-dorsale, cresta iliaca, metà (o terzo) laterale del
OBLIQUO INTERNO legamento inguinale.

Inserzioni: X – XII costa, linea alba, pube.


TRASVERSO DELL'ADDOME Origini: faccia interna della VII – XII costa aponeurosi lombo-dorsale, cresta
iliaca, metà (o terzo) laterale del legamento inguinale.

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 1 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

Inserzioni: linea alba, pube.


In questa nuova immagine, oltre alle origine e alle
inserzioni del muscolo gran dorsale, possiamo
osservare anche la sua fascia aponeurotica. Questa
aponeurosi, dalla spina iliaca anteriore superiore si
dirige medialmente in basso fino ad inserirsi sul
tubercolo pubico e, durante questo tragitto, viene a
formare una sorta di ponte, di doccia, in quanto al di
sotto di essa il profilo dell’osso coxale è avvallato.
Dunque, la linea che parte dalla spina iliaca anteriore
superiore e termina presso il tubercolo pubico viene
detta legamento inguinale. Approfondiremo questo
discorso quando parleremo del canale inguinale.

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 2 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

Abbiamo quindi visto che i muscoli grande


obliquo (2), obliquo interno (3) e traverso
dell’addome (4), una volta originatisi vanno a
fasciare il fianco per poi portarsi nella regione
anteriore del tronco, cioè nell’addome. Qui le
loro rispettive fasce aponeurotiche si
dispongono, rispetto ai muscoli retti
dell’addome (1), in modo diverso a seconda
che stiamo prendendo in esame la regione
sopra o sotto l’ombelico.

Infatti, come possiamo notare nell’immagine,


nella regione sopra l’ombelico, il grande
obliquo con la sua fascia aponeurotica passa
davanti ai retti dell’addome, mentre il trasverso
passa dietro. Quanto invece all’obliquo interno,
la sua aponeurosi si sfiocca in due foglietti, dei quali uno passa davanti ai retti, l’altro dietro. Ciò che è
interessante notare è che al centro, cioè a metà
tra i retti del’addome, le fasce aponeurotiche
appena descritte s’intersecano, si intrecciano a
formare la cosiddetta linea alba, che può
essere descritta come un sottile cordoncino
fibroso biancastro. Nella regione sotto
l’ombelico invece, tutte e tre le fasce
aponeurotiche passano al davanti dei muscoli
retti dell’addome, dietro ai quali infatti
troviamo solo la fascia trasversalis (25) e il
peritoneo laterale (28), presenti comunque
anche nella regione sopra l’ombelico.

CANALE INGUINALE

Abbiamo già detto che l’aponeurosi del grande obliquo (1’), giunta nei
pressi della spina iliaca anteriore superiore dell’osso coxale, poggia “a
ponte” fino alla regione del tubercolo pubico - sinfisi pubica, poiché il
profilo dell’osso coxale in questo “tratto” è leggermente avvallato.
Questa porzione di aponeurosi (tra la
spina iliaca anteriore superiore e il
tubercolo pubico) è detta anche
legamento inguinale.

Nell'immagine qui a sinistra (schizzo di


Barbatelli) vediamo in rosso il
legamento inguinale, in verde il profilo
dell’osso cocsale sottostante al
legamento inguinale. Nell’immagine a destra invece, vediamo di profilo il

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 3 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

legamento inguinale (in grigio) che salta proprio a ponte dalla spina iliaca anteriore superiore sino al
tubercolo pubico.

Quello che non abbiamo visto fin’ora però, è il fatto che


l’aponeurosi del grande obliquo non termina di netto ma si riflette
all’interno formando una “doccia” (in altre parole la linea rossa
non rappresenta il limite ultimo dell’aponeurosi). Quindi tra la
spina iliaca anteriore superiore e il tubercolo pubico, vi poggia il
margine inferiore ripiegato all’interno dell’aponeurosi del grande
obliquo. È chiaro che questo ripiegamento della fascia
aponeurotica lo possiamo notare solo in una sezione sagittale.
Nella seconda immagine (sezione sagittale) infatti, possiamo
proprio vedere come l’aponeurosi del grande obliquo (tracciata in
nero – 1’) si ripieghi all’interno a formare una “doccia”, una sorta
di amo. È molto importante capire bene e fissare questo punto
poiché tale doccia è di fatto il pavimento del canale inguinale,
nonché la sua parete anteriore. Ora mancano solo da individuare il tetto e la parte posteriore del canale
inguinale.

Il “tetto” del canale inguinale è costituito dal tendine congiunto: questo tendine è così detto perché unisce
appunto le aponeurosi dell’obliquo interno (3) e del trasverso dell’addome (4); è infatti un tendine a due
fasce. Questi due muscoli non arrivano ad inserirsi sulla fascia aponeurotica del grande obliquo (legamento
inguinale), perché rispetto a questa si pongono un po’ di traverso non arrivando così con il loro margine
inferiore allo stesso livello dell’aponeurosi. L’obliquo interno e il trasverso, dunque, poiché non arrivano al
livello dell’aponeurosi
ma terminano prima
di essa, vengono a
creare uno spazio
libero. In altre parole,
il tetto del canale
inguinale non arriva
fino in fondo
(esempio: serranda
che non arriva fino al
piano della finestra)
ma viene a formare un
arco obliquo
trasversale sotto cui
dovrà passare per
forza una qualche
struttura.

E questa struttura è il
cosiddetto funicolo
spermatico. È una
struttura circolare
(nell’immagine

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 4 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

precedente è vista in sezione), cioè una sorta di condotto che attraversa la parete addominale con
direzione obliqua dall’interno verso l’esterno e dall’alto verso il basso. Questa struttura cava, in genere, è
più importante nel sesso maschile. Il funicolo infatti è essenziale perché collega il testicolo con la cavità
addominale, dove il testicolo stesso è stato originato. I testicoli, infatti, non permangono nella cavità
addominale ma scendono nel sacco scrotale e questo perché la temperatura della cavità addominale non è
quella fisiologica per le cellule germinali maschili. Infatti, rispetto ai testicoli discesi normalmente, i testicoli
ritenuti presentano non solo sterilità, ma anche una più alta tendenza al tumore. Nel maschio, in definitiva,
il testicolo scende dalla cavità addominale fino al sacco scrotale e durante questo tragitto esso si porta
dietro il rivestimento peritoneale, formando una sorta di ernia fisiologica e portando con sé la cavità.
Durante la sua discesa, infine, il testicolo segue la “guida” del legamento tubernaculum. Nella donna,
invece, le cui gonadi non vengono portate all’esterno bensì rimangono localizzate nella piccola pelvi,
anziché il legamento tubernaculum troviamo il legamento rotondo, che non serve praticamente a niente.
Nel sesso femminile, dunque, questa regione è meno sollecitata e di conseguenza è meno soggetta a
sviluppare un ernia inguinale.

A proposito di legamento rotondo, ricordiamo che con questo termine ci si


riferisce a più strutture. Esistono infatti diversi legamenti rotondi:
• dell’utero;
• del fegato;
• della testa del femore (lega la testa del femore all’interno della cavità
acetabolare).

Quanto invece alla parete posteriore del canale inguinale, questa è molto sottile perché è costituita
soltanto dalla fascia trasversalis (7): si tratta di una fascia connettivale che sta dietro al 3° muscolo, cioè
l’obliquo interno. Dal momento che la parte posteriore è molto sottile, se in questo punto si vengono ad
esercitare delle pressioni particolari, possono originarsi delle ernie.

Ancora più internamente, cioè dietro alla fascia trasversalis, troviamo un altro strato sottilissimo, ovvero il
peritoneo parietale (8): questo è uno dei due foglietti (peritoneo parietale e peritoneo viscerale) che
avvolge la cavità peritoneale. Questa è
una delle 3 grandi cavità sierose che
caratterizzano il nostro corpo: cavità
peritoneale, cavità pleurica, cavità
pericardica (questa, in particolare,
avvolge il cuore). Sono tutte rivestite da
un sistema a doppio strato, cioè un
foglietto parietale e un foglietto
viscerale, entrambi di origine
mesodermica (cellule mesoteliali), tra cui
è compreso un ristretto spazio virtuale
tale da impedire lo sfregamento.

Nell'immagine a sinistra vediamo proprio


il funicolo spermatico (10) che fuoriesce
dalla biforcazione dell’aponeurosi del
grande obliquo (1’). Infatti avevamo già
detto che questa aponeurosi, dirigendosi

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 5 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

in direzione mediale, ad un certo punto si sfiocca in tre pilastri: il mediale (2), il laterale (2’) e il profondo
(2’’). I pilasti mediale e laterale sono uniti tra loro da fibre connettivali arciformi (2’’’) ed è proprio questa
biforcazione a forma di “arco” a costituire l’apertura sottocutanea da cui fuoriesce il nostro funicolo
spermatico.

Le immagini riportate di seguito mostrano sempre il funicolo e la regione da cui fuoriesce, da prospettive di
volta in volta diverse (i numeri, però, sono sempre gli stessi).

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Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

MUSCOLI PELVI-TROCANTERICI

I muscoli pelvi-trocanterici, come suggerisce il nome stesso, sono quei muscoli che uniscono la pelvi, cioè il
cingolo, al tronco. Questi muscoli rivestono l’osso cocsale sia internamente che esternamente, cioè sia sulla
faccia interna che su quella esterna.

MUSCOLI DELLA FACCIA INTERNA MUSCOLI DELLA FACCIA ESTERNA


• Ileo-psoas Strato superficiale:

• Piccolo psoas • grande gluteo;

• tensore della fascia lata.

Strato intermedio:

• medio gluteo.

Strato profondo:

• piccolo gluteo;

• piriforme;

• otturatore interno ed esterno;

• gemello superiore e inferiore;

• quadrato del femore.

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Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

Iniziamo con i muscoli otturatore esterno e otturatore interno. Immaginate di fare una sezione frontale del
cingolo pelvico passante per il foro otturato dell’osso cocsale. Mettete i due avambracci verticali con il
palmo della mano allargato: in questo modo stiamo abbozzando la
struttura dell’osso coxale. Infatti:

• i palmi delle mani sarebbero la parte slargata dell’osso


coxale, cioè la parte A, vale a dire la fossa iliaca, anche
detta grande pelvi o falsa pelvi;

• invece la parte abbozzata dagli avambracci, ovvero la parte


B, rappresenterebbe la piccola pelvi (o pelvi vera).

Grande pelvi e piccola pelvi sono tra di loro separate dalla linea innominata, anche detta linea arcuata (nel
disegno precedente è tratteggiata). Come possiamo osservare nell’immagine che segue, la linea arcuata
parte dall’ala del sacro e arriva al tubercolo pubico.

Gli organi contenuti nella piccola pelvi


sono:

• la vescica (dietro la sinfisi


pubica);

• nella donna, dietro la vescica,


abbiamo l‘utero; nel maschio,
invece, sotto la vescica, abbiamo
la prostata e le vescichette
seminali;

• (dietro l’utero)il retto e il canale


anale, vale a dire la parte distale
del canale alimentare.

Sempre soffermandoci sulla piccola pelvi, le sue pareti laterali sono costituite dall’ischio (posteriore) e dal
pube (anteriore). In queste pareti laterali notiamo il foro otturato rivestito dalla membrana otturatoria (in
arancione). Questa membrana, a sua volta, è ricoperta da entrambi i lati:

• sul versante esterno


dal muscolo
otturatore esterno
(in verde);

• sul versante interno


dal muscolo
otturatore interno
(in celeste). Quindi
tra i due muscoli
quello che guarda
nella piccola pelvi è
l’otturatore interno.

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 8 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

Quanto all’otturatore interno, questa presenta la sua fascia connettivale di rivestimento la quale, circa a
metà altezza del muscolo (quindi circa a metà altezza del foro otturato), presenta un ispessimento sul quale
poi si viene a “cucire” un muscolo: il diaframma pelvico. Questo è in pratica costituito dai due muscoli che
si dipartono dall’ispessimento della fascia connettivale dell’otturatore interno e che, unendosi l’uno con
l’altro sulla linea mediana, formano appunto un “imbuto” muscolare concavo verso l’alto. Questo imbuto è
appunto il nostro diaframma pelvico che:

• in avanti arriva alla sinfisi pubica;

• posteriormente arriva tra S5 e il coccige;

• lateralmente s’inserisce, oltre che sull’aponeurosi dell’otturatore interno, anche sulla spina
ischiatica (un po’ più indietro).

Al di sotto di questo diaframma pelvico non c’è subito il piano cutaneo ma c’è un altro piano muscolare,
ovvero un altro diaframma: il diaframma uro-genitale. Questo diaframma uro-genitale, a differenza del
diaframma pelvico, non è presente su tutta l’estensione della piccola pelvi, ma solo e soltanto nella regione
anteriore, ovvero solo e soltanto dove passano la via urinaria e la via vaginale (è per questo che è detto
diaframma uro-genitale).

A proposito di diaframmi, ricordiamo anche il diaframma toracico, con inserzione sulla 5 a costa.

In questa immagine vediamo il profilo del piano che,


partendo posteriormente dal promontorio del sacro,
passa poi per l’ala del sacro, per la linea innominata, sino
a scendere sul ramo orizzontale del pube fino al
tubercolo e alla sinfisi pubica. Il piano così individuato è
detto piano dello stretto superiore.

Invece, nell’immagine seguente, possiamo notare il


piano dello stretto inferiore: questo parte non più da S1,
cioè
dal
promontorio del sacro, ma dalla punta del coccige per
arrivare infine sempre alla sinfisi pubica, ma non sul suo
margine superiore, bensì in quello inferiore.

Nei pochi centimetri che separano il margine superiore e


quello inferiore della sinfisi pubica notiamo una piccola
variazione dell’ampiezza della sinfisi stessa.

Nell’immagine nella pagina seguente notiamo che dalla


spina ischiatica parte il legamento sacro-spinoso che
unisce la spina ischiatica appunto con il sacro. Più
esternamente a questo legamento, e con un’ampiezza e lunghezza maggiori, il sacro si unisce anche alla
tuberosità ischiatica con il legamento sacro-tuberoso. Se guardassimo l’osso coxale da dietro, vedremmo
che il sacro tuberoso copre per buona parte il sacro-spinoso.

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Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

Tra la grande incisura ischiatica, la spina ischiatica e il


legamento sacro-spinoso si viene a formare il grande
forame ischiatico, mentre tra la spina ischiatica, la
piccola incisura ischiatica e il legamento sacro-
tuberoso c’è il piccolo forame ischiatico. Questi fori li
dovremmo tenere presenti quando vedremo uscire
dalla porzione posteriore dell’osso cocsale il nervo
ischiatico, cioè quel nervo che esce appunto
posteriormente nella regione posteriore della coscia
al di sotto della natica.

DIAFRAMMA PELVICO

Il diaframma pelvico si compone di due muscoli:

1. elevatore dell’ano: è una sorta di “fionda” intorno all’ano suddiviso a sua volta in 2 componenti:

• pubo-coccigeo: parte più anteriore che si va ad inserire sulla faccia anteriore, cioè sulla sinfisi
pubica;

• ileo-coccigeo: parte più laterale;

2. ischio-coccigeo (o semplicemente
“coccigeo”): si inserisce sulla spina
ischiatica e termina sul coccige e su
S4/S5.

Le due metà del diaframma pelvico si uniscono


su un rafe mediano che dal retto canale anale si
porta alla punta del coccige: rafe ano-coccigeo.

Risalendo ancora più in alto, lungo la faccia


interna del sacro, arriviamo fino al promontorio
del sacro: superiormente al’ischio-coccigeo, la
faccia interna del sacro è rivestita su ciascuna metà da un altro muscolo che però non fa parte del
diaframma pelvico: è il muscolo piriforme.
Questo muscolo si estende da S1 a S4
compresa, e si porta dalla linea mediale del
sacro lateralmente ed esce dal grande forame
ischiatico; il piriforme, in pratica, continua
all’indietro la concavità del diaframma pelvico
pur non facendone parte. Dopo essere uscito
dal forame ischiatico, va a finire sul piccolo
trocantere, cioè sulla estremità prossimale del
femore.

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Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

DIAFRAMMA UROGENITALE

Abbiamo già detto che questo diaframma non è completo come il diaframma pelvico ma è incompleto:
infatti non copre tutta l’estensione della piccola pelvi ma si trova solo e soltanto nella parte anteriore, dove
troviamo la via urinaria e la via vaginale. Guardandolo da sotto si vede l’apertura del canale anale e si può
osservare che c’è un muscolo sfintere striato, atto a controllare la funzione anale; si può notare la punta del
coccige e possiamo vedere il diaframma pelvico nella sua parte più posteriore (siamo a livello dell’ischio
coccigeo, visto da sotto).

Mentre dal canale anale in avanti ecco che ci appare quel piano triangolare che è il secondo piano, cioè
quello più sottocutaneo, più superficiale, che prende il nome di diaframma urogenitale e che è incompleto,
dato che non è presente nella parte posteriore, a livello del canale anale. Quindi il diaframma urogenitale è
presente sotto il diaframma pelvico ma solo nella sua parte anteriore: infatti arriva posteriormente solo
fino a livello della tuberosità ischiatica. E’ costituito da una lamina muscolare triangolare che prende il
nome di muscolo trasverso profondo del perineo.

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 11 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

Guardando la regione inferiore dell’addome a gambe divaricate, tracciamo una losanga a livello delle
tuberosità ischiatiche, con una linea che unisce appunto le due tuberosità, la linea bis ischiatica, che divide
questa regione in una regione posteriore, dove abbiamo il canale anale con il suo sfintere circolare attorno
e in una regione anteriore, detta regione GENITO-URINARIA. Il muscolo trasverso profondo del perineo è un
muscolo triangolare che si trova nella metà anteriore, per cui se noi togliessimo la cute nella regione
posteriore dove c’è il rafe ano-coccigeo noi appezzeremmo la faccia inferiore dell’ischio coccigeo. Il
trasverso profondo del perineo arriva posteriormente sulla linea bis ischiatica, mentre il suo margine
laterale è sul ramo inferiore o obliquo del pube, cioè sul ramo ischio pubico, che unisce la tuberosità
ischiatica alla sinfisi pubica. Questo piano muscolare è una lamina caratterizzata da una fascia connettivale
che guarda all’interno (cioè verso l’elevatore dell’ano) e una fascia che guarda all’esterno. Inoltre è
rinforzato da tre muscoli fusiformi, cioè non piatti, posizionati lungo i tre lati di questo triangolo muscolare.
Il lato posteriore è rinforzato dal muscolo trasverso superficiale del perineo (impari mediano): il nome non
ci deve trarre in inganno; infatti, anche se si chiama TRASVERSO come il trasverso profondo del perineo, non
è una lamina come quest’ultimo, bensì è un ventre muscolare, ed è detto “superficiale” perché si trova più
superficialmente rispetto al trasverso PROFONDO del perineo. Abbiamo inoltre due muscoli lungo i due lati
laterali di questo triangolo muscolare (un muscolo a destra e uno a sinistra), che partono dalla tuberosità
ischiatica e arrivano fino alla sinfisi pubica, decorrendo quindi lungo la branchia ischio-pubica. Questi due
muscoli laterali si chiamano muscoli ischio-cavernosi perché al di sotto vi sono contenuti i corpi cavernosi
(rispettivamente del pene nell’uomo e della clitoride nella donna), ossia delle strutture vascolari, delle
“caverne” che si riempiono di sangue. Inoltre questi due muscoli laterali si riuniscono al di sotto della sinfisi
pubica e poi da qui parte il corpo cavernoso del pene o della clitoride. Infine sulla linea mediana, in
corrispondenza di questi orifizi, localizziamo il muscolo bulbo-cavernoso con delle differenze tra uomo e
donna.

Adesso osserviamo questa sorta di


fionda che circonda il retto e che
arriva al coccige. E’ importante
ricordare questo arco tendineo
dell’elevatore dell’ano che arriva
fino alla spina ischiatica, su cui
poggia questa impalcatura
cupoliforme che è il diaframma
pelvico, il quale ricordiamo essere
formato dall’elevatore della ano in
avanti e dall’ischio coccigeo
indietro; poi a sua volta l’elevatore
dell’ano lo dividiamo in pubo-
coccigeo e in ileo-coccigeo. Vedete
che superiormente al muscolo coccigeo, che di questo diaframma forma la parte posteriore, si intravede il
muscolo piriforme che quindi copre la faccia interna del sacro al di sopra del ischio coccigeo. Abbiamo detto
che, se noi prendiamo scolasticamente il margine superiore dell’ischio coccigeo, lo localizziamo a livello di
S5, ecco che da S1 a S4 abbiamo l’inserzione, da ciascun lato, di questa fascia muscolare triangolare che si
porta lateralmente e tende a restringersi, per poi uscire dal grande forame ischiatico. Vediamo l’arco
tendineo di inserzione e osserviamo la parte più posteriore che è l’ischio-coccigeo; inoltre possiamo
apprezzare la spina ischiatica (guardate che qui è stato sezionato il legamento sacro spinoso) mentre al di

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 12 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

sopra dell’ischio coccigeo possiamo osservare il muscolo piriforme (triangolare) che di fatto esce dal grande
forame ischiatico.

MUSCOLI DELL’ANCA

Questi muscoli li troviamo sia sulla faccia interna dell’osso coxale, sia sulla faccia esterna, in questo caso più
numerosi.

Sulla faccia interna abbiamo due muscoli, l’ileo-psoas e il piccolo psoas, mentre sulla faccia esterna ne
abbiamo diversi, a partire dal rivestimento più esterno che è dato dai muscoli glutei, il grande, medio e
piccolo gluteo, disposti l’uno sull’altro e sovrapposti in buona parte anche se non completamente; inoltre
abbiamo già conosciuto l’otturatore interno, l’otturatore esterno e abbiamo sentito parlare del muscolo
piriforme. Ne mancano sostanzialmente altri tre, che sono il gemello superiore, il gemello inferiore, più il
quadrato del femore.

Quindi, ricapitolando i muscoli della faccia esterna, abbiamo: grande, medio e piccolo gluteo, muscolo
piriforme, otturatore interno ed esterno, gemello superiore e inferiore, quadrato del femore.

MUSCOLI DELLA FACCIA INTERNA

Aiutiamoci con lo schema: abbiamo l’ileo-psoas


e il piccolo psoas.

Che cos’è l'ileo-psoas? Ne abbiamo già parlato


trattando la regione lombare, la regione
addominale posteriore. Questo muscolo origina
dalle vertebre lombari con delle piccole arcate
tendinee poste da un disco intervertebrale
all’altro, quindi arcate dell’altezza di un corpo
vertebrale, e dai processi trasversi delle
vertebre lombari, cioè dai processi costiformi;
abbiamo quindi, a livello di ciascuna vertebra
lombare, un piccolo arco tendineo più anteriore

sul corpo e un’inserzione sul processo trasverso, più posteriore. In definitiva si vengono a creare due piani
di origine attraverso i quali passano dei nervi della regione lombare; quando questo muscolo scende in
basso, i fascetti tendinei dati da questa duplice origine si riuniscono in unica massa, scendono a livello di L5
ed entrano di fatto all’interno della pelvi. A questo punto questi due grossi tiranti della regione lombare
laterale si uniscono a un muscolo largo e piatto che occupa tutta la faccia interna dell’osso iliaco, cioè la
fossa iliaca; questo ultimo muscolo largo rappresenta la componente iliaca dell’ileo-psoas, mentre quello
che abbiamo visto prima è lo psoas: questi due muscoli, quindi, si fondono in un unico tendine a dare l’ileo-
psoas, anche detto grande psoas.

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 13 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

Questo muscolo passa al di sotto


del legamento inguinale, nella
lacuna dei muscoli, cioè al di sotto
di questa struttura a doccia che
abbiamo appoggiato a ponte tra la
spina iliaca antero-superiore e il
tubercolo sinfisi pubica. A questo
punto l’ileo-psoas si porta alla
regione mediale dell’epifisi
prossimale del femore, in
corrispondenza del piccolo
trocantere (non in corrispondenza
della testa del femore).
Ricapitolando: il grande psoas
proviene dalle regione lombare
posteriore, entra nella pelvi, gira
dietro alla testa del femore e si
porta sulla sua faccia postero-
mediale, dove è localizzato
appunto il piccolo trocantere.

Vediamo infine quali movimenti determina: contraendosi tira il piccolo trocantere, ruotando quindi
all’esterno la coscia; ha anche una componente adduttoria, cioè richiama la coscia dall’esterno verso la
linea mediana; infine ha anche funzione di flessione, visto che ha un’inserzione alta (quindi la flessione
dell’osso prossimale è intesa rispetto al tronco).

Oltre al grande psoas (o ileo-psoas), c’è poi il piccolo psoas, un fascio muscolare non costante che parte da
T12 e si porta al ramo orizzontale del pube.

Lo schema ci segnala anche l’otturatore interno, visto che questo si trova appunto sulla faccia interna.
Abbiamo già ampiamente trattato questo muscolo, in quanto sito d’inserzione del diaframma pelvico.
Osserviamo comunque che va a finire alla base del grande trocantere, più precisamente fra il grande
trocantere e il collo del femore, dove c’è la fossa trocanterica; inoltre il tratteggio ci dice che passa dietro il
collo del femore, quindi raggiunge la fossa trocanterica da dietro.

Osserviamo il disegno del Netter: non citiamo tutti questi nervi, ma dobbiamo sapere che fuoriescono a
livello lombare dai due capi del grande psoas; inoltre nella fossa iliaca, tra muscolo iliaco e muscolo psoas,
si insinua e fuoriesce il nervo femorale che poi esce insieme al muscolo grande psoas al di sotto del
legamento inguinale, in uno spazio laterale detto lacuna dei muscoli (notare che nel disegno manca il
legamento inguinale) per decorrere infine sulla regione anteriore della coscia.

MUSCOLI DELLA FACCIA ESTERNA

Dobbiamo vedere i tre muscoli glutei (grande, medio e piccolo), i due gemelli (superiore e inferiore),
l’otturatore esterno e il quadrato del femore.

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 14 di 15


Anatomia ANA21 – CANALE INGUINALE E MUSCOLI PELVITROCANTERICI (9mag2011)

Il grande gluteo ha una


ampia linea d’inserzione che
parte dalla regione più
posteriore della cresta iliaca,
scende lungo il sacro e arriva
al legamento sacro tuberoso
(vedi disegno del Netter). È
un muscolo rettangolare che
decorre obliquamente, cioè
dall’alto in basso e da
mediale a laterale, e che
viene infine ad inserirsi sulla
cresta glutea, ossia sulla
tuberosità glutea del
femore. Il suo margine
anteriore continua con una fascia connettivale, la fascia glutea, che riveste questa regione alta dell’anca,
che quindi non è occupata dal grande gluteo. Sotto questa fascia glutea abbiamo il muscolo medio gluteo, il
quale non è quindi coperto dal grande gluteo nella sua porzione anteriore. Dalla fascia glutea parte infine
un ispessimento connettivale di rinforzo alla regione laterale della coscia detto tratto ileo-tibiale, perché
arriva appunto alla tibia. Togliamo il grande gluteo che copre il legamento sacro tuberoso e troviamo il
medio gluteo, questo muscolo triangolare che, come abbiamo già detto, nella sua parte antero-superiore è
rivestito solo dalla fascia glutea e non dal grande gluteo (il medio gluteo, invece, copre completamente il
sottostante piccolo gluteo). Il medio gluteo si inserisce ampiamente sul grande trocantere. Seguiamo
adesso il disegno in alto: abbiamo sezionato il grande gluteo e il medio gluteo e quindi possiamo osservare
questo strato profondo occupato
da vari muscoli. Immaginiamo ora
di tracciare una serie di raggi a
partire dal grande trocantere del
femore: il raggio superiore è il
piccolo gluteo, sotto c’è il muscolo
piriforme, poi abbiamo gemello
superiore, otturatore esterno,
gemello inferiore, infine sotto il
gemello inferiore osserviamo un
muscolo rettangolare piuttosto
largo che è il quadrato del femore.
Possiamo inoltre notare che tra il
muscolo piriforme, più
precisamente tra il suo margine
inferiore e il gemello superiore
compare il nervo ischiatico, che è
più esterno, più posteriore, cioè
passa sopra al gemello superiore. Da ricordare il fatto che il muscolo piriforme si porta al grande trocantere
dal davanti, mentre abbiamo visto che il grande psoas si porta indietro al piccolo trocantere.

Autore: Simone Ajello e Davide Ajello per Medicina08.it 15 di 15


ANATOMIA - ANA21a – "MUSCOLATURA DELL'ARTO INFERIORE"

ID lezione ANA21a
Data lezione 7 giugno 2011
Autore Francesco Gasparroni
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Bacino, grande psoas, ileopsoas, muscoli glutei, logge della coscia, quadricipite
Argomento
femorale, cavo popliteo, logge della gamba

LO STRETTO SUPERIORE DEL BACINO

La branca superiore del pube, come s'era detto in


precedenza, viene chiamata anche branca
orizzontale del pube e concorre a delimitare il
contorno dello stretto superiore, quel piano
inclinato che parte posteriormente dal
promontorio del sacro, all'altezza di S1, e prosegue
su ciascun lato con l'ala del sacro. Quest'ultima si
continua con la linea arcuata o linea innominata,
che rappresenta la linea di torsione dell'osso
dell'anca e fa quindi parte della porzione superiore
dell'osso dell'anca (ileo o osso innominato).
Scendendo verso il basso, la linea arcuata si continua con la cresta pettinea, che si trova sulla branca
orizzontale (o superiore) del pube. Sulla branca orizzontale ha la sua origine un muscolo, come si vedrà in
seguito.

Scendendo ancora, anche la branca inferiore, o


branca discendente, o branca ischio-pubica,
presenta le origini o inserzioni di diversi muscoli,
che scendono verso il basso e prendono quindi
rapporti con la regione mediale della coscia, la
regione degli adduttori: dunque tali muscoli
delimitano la loggia mediale della coscia. La loggia
mediale della coscia è a sua volta divisibile in:

• loggia anteriore;

• loggia posteriore;

• loggia mediale, o adduttoria.

Va ricordato che la fossa


iliaca, la parte interna e
leggermente concava
dell'osso iliaco, è occupata da un'ampia superficie d'inserzione per il muscolo
omonimo, il muscolo iliaco, che prende rapporti con lo psoas, con cui forma
l'ileopsoas, che scende passando al di sotto del legamento inguinale, il quale va
Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 1 di 8
Anatomia ANA21a – MUSCOLATURA DELL'ARTO INFERIORE (7giu2011)

dalla spina iliaca antero-superiore fino alla linea


mediana, al livello del tubercolo pubico e della
sinfisi pubica. Il legamento inguinale contribuisce a
delimitare il triangolo femorale, insieme al muscolo
sartorio e al muscolo gracile.

Ci sono altri punti di origine muscolare:

• la spina iliaca antero-superiore: il muscolo


sartorio, che ha la forma di una lunga S e
attraversa obliquamente dall'alto in basso
tutta la regione anteriore della coscia,
portandosi medialmente fino alla zampa
d'oca, una regione caratteristica del
ginocchio;

• la spina iliaca antero-inferiore: il muscolo


retto del femore, uno dei quattro capi, il
più rettilineo, del grosso muscolo che
forma la regione anteriore della coscia, il
quadricipite femorale.

Sulla parte posteriore si vedono,


embricate l'una sulle altre, le tre
superfici d'inserzione dei muscoli
glutei:

1. mediale, a ridosso del sacro;

2. nella parte alta della faccia


esterna dell'osso iliaco;

3. subito al di sotto della zona 2.

IL GRANDE PSOAS

Nella regione anteriore si trovano il grande e il piccolo psoas. Il grande psoas


origina dai processi costiformi e dai corpi delle vertebre lombari (quindi per
ogni vertebra ha una duplice origine e tra i due capi si inseriscono alcuni nervi
della regione lombare), scendendo si riunisce al muscolo iliaco all'interno della
fossa iliaca e forma così l'ileopsoas. A questo livello l'aorta addominale si
biforca nelle due iliache comuni.

Breve excursus sull'uretere

L'uretere, entrando nella pelvi, incrocia i vasi iliaci, e ciò provoca un restringimento. Un altro restringimento
si ha all'incrocio con i vasi gonadici che nascono direttamente dall'aorta addominale, poiché la loro
posizione originaria era nella cavità addominale. Ogni uretere va poi a terminare nella vescica urinaria,
prendendo rapporti importanti con le vie spermatiche nel maschio e con l'utero e l'arteria uterina nella

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 2 di 8


Anatomia ANA21a – MUSCOLATURA DELL'ARTO INFERIORE (7giu2011)

femmina; decorre quindi subito al di sopra del legamento cardinale del Mackenrodt, che sta alla base del
legamento largo.

L'ILEOPSOAS E IL NERVO FEMORALE

L'ileopsoas passa al di sotto del legamento inguinale, gira intorno alla capsula articolare dell'articolazione
coxo-femorale e si inserisce postero-medialmente sul piccolo trocantere.

Il nervo femorale fuoriesce dalla pelvi al di sotto del legamento


inguinale e viaggia insieme all'ileopsoas: difatti lo troveremo in
relazione all'ileo-psoas nella cosiddetta lacuna dei muscoli,
posta alla radice della coscia al di sotto del legamento
inguinale, lateralmente alla lacuna dei vasi. Il nervo femorale si
distribuisce poi a tutta la regione anteriore della coscia: un suo
ramo molto importante è il nervo safeno, che dalla regione
anteriore si porta medialmente al ginocchio e alla gamba,
decorrendo parallelamente alla vena grande safena. Lo psoas
iliaco extraruota, adduce e flette il femore.

Nella regione laterale della


coscia c'è poi il tratto ileo-
tibiale, che si porta lateralmente
fino alla testa del femore o alla
fibula. A raccogliere e tenere
serrato tale tratto in alto c'è il
muscolo tensore della fascia lata, un breve muscolo che origina dalla spina
iliaca antero-inferiore allo stesso livello d'origine del sartorio. Va notato che
tale muscolo non termina su un punto osseo ma s'inserisce direttamente
con uno sfioccamento sul tratto ileo-tibiale (allo stesso modo del muscolo
palmare lungo che si continua sull'aponeurosi palmare).

I MUSCOLI GLUTEI

Il muscolo grande gluteo ha una linea d'inserzione


che dalla parte più posteriore della cresta iliaca
scende lungo il margine laterale dell'osso sacro, si
porta alla porzione prossimale del coccige e va a

sovrapporsi al legamento sacro-tuberoso, fino ad inserirsi


sul femore. Il grande gluteo, con la fascia glutea posta al di

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 3 di 8


Anatomia ANA21a – MUSCOLATURA DELL'ARTO INFERIORE (7giu2011)

sotto del proprio margine superiore obliquo, va a rivestire i due terzi del muscolo medio gluteo,
lasciandone scoperta solo la porzione più laterale.

Il muscolo medio gluteo, di forma triangolare, ricopre completamente il sottostante muscolo piccolo
gluteo.

IL MUSCOLO PIRIFORME E IL NERVO ISCHIATICO

Nello strato più profondo, assieme al piccolo gluteo, si trova il


muscolo piriforme, al di sotto del margine inferiore del quale
esce il grosso nervo ischiatico: si tratta di un nervo di
dimensioni paragonabili a quelle del pollice, molto grosso,
palpabile al di sotto del grande gluteo, che emerge appunto nel
grande forame ischiatico, nella cosiddetta regione
sottopiriforme. Decorrendo verso il basso passa davanti al
gemello superiore, al gemello inferiore e al muscolo
otturatore esterno, che si trova incastrato tra i due gemelli.
Parlando di gemelli, va ricordato che ci sono anche i gemelli
nella regione posteriore della gamba.

Per ultimo, bisogna menzionare il quadrato del femore.

LE LOGGE DELLA COSCIA

La loggia anteriore

Nella regione anteriore si trovano:

1. il sartorio, che origina dalla spina iliaca antero-superiore e si


inserisce sulla regione mediale del ginocchio detta zampa d'oca.
Alla zampa d'oca arrivano:

• il sartorio (loggia anteriore);

• il semitendinoso (loggia posteriore);

• il gracile (loggia mediale);

2. il quadricipite femorale, un grosso muscolo che


ricopre tutta la regione anteriore della coscia,
antigravitario, di peso, di fatica.

La loggia posteriore

Ci sono due pilastri:

1. il bicipite femorale (laterale), con funzione


flessoria;

2. il semimembranoso e il semitendinoso (mediali):

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 4 di 8


Anatomia ANA21a – MUSCOLATURA DELL'ARTO INFERIORE (7giu2011)

• il semimembranoso è più largo e piatto, e si trova in profondità,

• il semitendinoso è posto esternamente e posteriormente, e si porta, come già accennato in


precedenza, alla regione mediale del ginocchio fino alla zampa d'oca.

La loggia mediale (degli adduttori)

La loggia mediale è la loggia degli


adduttori, che sono cinque:

1. il muscolo pettineo, il più


prossimale, che parte dalla
cresta pettinea;

2. il muscolo gracile, anch'esso


con origine dalla cresta
pettinea;

3. l'adduttore breve;

4. l'adduttore lungo, che copre


l'adduttore breve;

5. il grande adduttore, un grande ventaglio muscolare più posteriore che arriva con un occhiello
tendineo sul tubercolo adduttorio, una sporgenza presente sul condilo mediale del femore. Il
grande adduttore forma una serie di piccole arcate tendinee inserendosi sul femore e in basso
l'arcata più ampia lascia passare, in corrispondenza dell'occhiello fibroso, l'arteria femorale che
dalla regione mediale della coscia si porta alla regione posteriore del ginocchio, per poi proseguire
nel cavo popliteo.

Secondo alcuni gli adduttori sarebbero in


realtà 5+1, considerando il minimo
adduttore, associato al grande adduttore.

IL QUADRICIPITE FEMORALE

I quattro capi del quadricipite femorale


sono:

1. il retto del femore, che ha un


decorso piuttosto verticale e
centrale;

2. il vasto laterale, laterale rispetto al


retto femorale;

3. il vasto mediale, mediale sempre


rispetto al retto, il suo ventre
muscolare arriva più in basso
rispetto a quello del vasto laterale.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 5 di 8


Anatomia ANA21a – MUSCOLATURA DELL'ARTO INFERIORE (7giu2011)

I due vasti vanno ad inserirsi, uno lateralmente e uno medialmente, con delle lunghe linee
d'inserzione, sul margine posteriore del femore, al livello della linea aspra;

4. il vasto intermedio, al di sotto del retto femorale.

Questi quattro capi muscolari si riuniscono in un unico grosso tendine


che fa capo alla rotula, dopodichè dalla rotula alla tuberosità della tibia si
ha il robusto tendine rotuleo, che entra in gioco nella dinamica della
flesso-estensione dell'articolazione del ginocchio. Sulla faccia posteriore
della diafisi femorale sono presenti anche delle linee d'inserzione dei
muscoli della loggia mediale o adduttoria, che originano al livello
dell'ischio e della branca ischio-pubica. Si ricordi che sul femore arriva
anche il muscolo grande gluteo, la cui linea d'inserzione rappresenta una
delle due che formano la biforcazione in senso prossimale della linea
aspra.

Nella regione antero-laterale dell'estremità prossimale della


gamba sono palpabili tre strutture:

• la tuberosità della tibia;

• il tubercolo del Gerdy;

• la testa della fibula (su cui ci sono inserzioni di muscoli


importanti come il tensore della fascia lata e il bicipite
femorale).

LA FOSSA POPLITEA

La fossa poplitea ha la forma di una losanga,


il cui margini sono delineati da:

• il tendine semitendinoso (superiore


mediale), che si sovrappone al
tendine semimembranoso;

• il bicipite femorale (superiore


laterale);

La losanga è attraversata dalla solita triade


arteria-vena-nervo:

• l'arteria femorale, che diventa


poplitea;

• la vena poplitea;

• il nervo tibiale e nervo peroneo comune.

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Anatomia ANA21a – MUSCOLATURA DELL'ARTO INFERIORE (7giu2011)

LA GAMBA

In una sezione trasversale della gamba, l'osso più grosso è la tibia, con una sezione triangolare e un margine
anteriore acuto e facilmente palpabile. In realtà nella tibia il margine anteriore è dato da una scanalatura,
da due margini molto vicini:

1. il margine anteriore;

2. il margine interosseo, appena più mediale.

L'altro osso, anch'esso di sezione pressappoco triangolare, è il perone, o fibula.

LE LOGGE DELLA GAMBA

Le due ossa sono unite da una membrana interossea che divide la


gamba sostanzialmente in due parti:

• una loggia anteriore;

• una loggia posteriore, più prominente.

La loggia posteriore è divisibile in due porzioni:

• una profonda, appena dietro alla membrana interossea;

• una superficiale, posteriore alla profonda.

Mentre la coscia presenta una loggia anteriore, una posteriore e


una mediale, la gamba presenta:

• una loggia anteriore, che comprende la massa muscolare posta lateralmente al margine anteriore
della tibia;

• una loggia laterale, con i muscoli che formano il profilo laterale della
gamba;

• una loggia posteriore, costituita da tutti quei muscoli che si trovano


sia medialmente rispetto al margine anteriore della tibia, sia
posteriormente rispetto alla membrana interossea.

La loggia anteriore

I muscoli della loggia anteriore, procedendo in senso laterale a partire dal


margine anteriore della tibia, sono:

• il tibiale anteriore, che viaggiando sulla faccia dorsale del piede va a


inserirsi sullo scafoide (o navicolare) e sul primo cuneiforme; quindi
flette e solleva il piede, ed in particolare il margine mediale;

• l'estensore lungo delle dita, che arriva alle falangi;

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Anatomia ANA21a – MUSCOLATURA DELL'ARTO INFERIORE (7giu2011)

• l'estensore lungo dell'alluce, il cui tendine compare in superficie tra gli altri due circa al terzo
medio della gamba;

• il peroneo terzo, o anteriore, o superficiale.

La loggia laterale

L'osso che si trova lateralmente è il perone, quindi nella loggia laterale si troveranno i muscoli peronei:

• il peroneo lungo;

• il peroneo breve.

Si parlerà di questi due muscoli in rapporto al malleolo mediale, o malleolo peroniero. Va ricordato che il
malleolo peroniero si trova circa un centimetro e mezzo più in basso rispetto al malleolo tibiale.
I peronei breve e terzo (o anteriore), al contrario del tibiale anteriore, vanno a finire al livello del V
metatarsale, palpabile come una sporgenza più o meno accentuata sul bordo laterale del piede.
Il tendine del peroneo lungo invece, giunto con gli altri due in prossimità del V metatarsale, passa sulla
faccia inferiore del piede e la attraversa tutta, fino ad inserirsi sotto al I metatarsale. Il risultato funzionale è
che le azioni dei peronei sono le stesse, ossia di pronazione del piede: mentre il peroneo breve e il peroneo
terzo sollevano il bordo laterale del piede, il peroneo lungo ne abbassa il bordo mediale. Una notazione: il
tendine del peroneo lungo scorre nel solco posto sotto alla troclea fibulare del calcagno.

N.B.: la loggia posteriore verrà trattata nella prossima lezione.

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ANATOMIA - ANA21b – "LOGGIA POSTERIORE DELLA GAMBA E PIEDE"

ID lezione ANA21b
Data lezione 10 giugno 2011
Autore Francesco Gasparroni
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Loggia posteriore della gamba, piede

LA LOGGIA LATERALE: I PERONEI

Riprendiamo dalla regione laterale, dove, come abbiamo detto, ci sono essenzialmente due muscoli, che
hanno a che fare con l'osso esterno della gamba, il perone, e sono infatti i due peronei della loggia laterale:

• il peroneo lungo, che ha origine


in alto, dalla testa del perone e
da parte della faccia laterale del
condilo tibiale;

• il peroneo breve, che ha origine


al terzo medio del perone.

Nel loro decorso, i tendini di questi


muscoli passano dietro al malleolo
laterale.

Il peroneo breve si porta poi alla base del


5° metatarsale, che sporge un po' dal
bordo laterale del piede. Questo muscolo
svolge dunque un'azione di pronazione
del piede, ossia di sollevamento del
margine laterale. Si ricordi che il fronte
distale del tarso è costituito da 4 ossa (i
tre cuneiformi, mediali, e il cuboide,
laterale) che si articolano con i 5 metatarsi: i tre cuneiformi prendono rapporti ognuno con un metatarso,
mentre il 4° e il 5° metatarsale si interfacciano con il cuboide.

Il peroneo lungo, incrociando il malleolo fibulare, lo scavalca da sopra, poi passa sotto al piede e si porta
trasversalmente al livello del margine
mediale. La sua azione avrà quindi effetti
simili a quella del peroneo breve, ma
consisterà nell'abbassamento del
margine mediale del piede. Come s'era
detto a conclusione della lezione
precedente, il tendine del peroneo lungo
scorre nel solco posto sotto alla troclea
fibulare del calcagno.

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Anatomia ANA21b – LOGGIA POSTERIORE DELLA GAMBA E PIEDE (10giu2011)

In corrispondenza dell'inserzione del peroneo breve sul 5° metatarsale c'è anche quella del peroneo
anteriore, o peroneo terzo, che però, come visto nella lezione precedente, appartiene alla loggia anteriore,
ed in particolare è il più laterale dei muscoli di tale loggia (il più mediale è il tibiale anteriore, posto subito
lateralmente rispetto al margine anteriore acuto della tibia). Il peroneo anteriore collabora con gli altri
peronei alla pronazione del piede ma, data la sua posizione anteriore, la sua azione contribuisce anche ad
innalzare la punta del piede, provocando cioè una flessione dorsale. Il peroneo breve e il peroneo lungo
hanno invece una componente di flessione ventrale, opposta.

LA LOGGIA POSTERIORE

La loggia posteriore costituisce una porzione più consistente rispetto alle altre due logge (sia laterale che
anteriore), tanto che vi si distinguono:

• uno strato superficiale, più posteriore ed esterno;

• uno strato profondo, a ridosso della membrana interossea


tra tibia e perone.

Si ricordi che il perone anteriormente ha una sorta di piccola


scanalatura con due bordi: un margine anteriore e subito
medialmente un margine interosseo. Nella loggia anteriore ci sono
due muscoli che appaiono più in superficie: il tibiale anteriore e
l'estensore delle dita. Al terzo medio parte l'estensore dell'alluce,
che però si trova in profondità rispetto all'estensore delle dita ed
affiora solo al terzo distale della gamba, proseguendo poi sul dorso
del piede. In una veduta frontale della gamba, il profilo laterale è
dato dalla loggia laterale, mentre medialmente alla tibia debordano i muscoli della loggia posteriore. La
loggia posteriore, come detto, si compone di uno strato superficiale e di uno profondo, divisi da una
membrana.

Strato superficiale

Nello strato superficiale si trova il tricipite della sura, formato da:

• i due gastrocnemi, o gemelli, laterale e mediale, più superficiali: si


tratta di due muscoli di forma fusata che si inseriscono al livello dei
condili femorali e che vanno a delimitare i margini inferiori della
losanga poplitea (i margini superiori sono dati dal bicipite femorale
lateralmente e dal semitendinoso medialmente). (Nell'anca si erano
visti il gemello superiore e il gemello inferiore, in rapporto con
l'otturatore esterno);

• il soleo, un muscolo a ventre unico, piuttosto largo e posto più in


profondità rispetto ai gemelli. Parte dalla tibia e dalla testa del perone, con una inserzione anche
lungo il terzo prossimale del perone stesso.

In rapporto con il soleo c'è un altro muscolo con un ventre muscolare molto piccolo e corto, localizzato
quasi esclusivamente al livello del cavo popliteo, ma con un tendine molto lungo: si tratta del muscolo
plantare (o gracile plantare lungo). Esso origina dall'epicondilo mediale femorale e il suo tendine si fonde

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Anatomia ANA21b – LOGGIA POSTERIORE DELLA GAMBA E PIEDE (10giu2011)

con quello del tricipite, formando il tendine più robusto presente nel nostro corpo, il tendine d'Achille, che
arriva alla parte più posteriore del calcagno, dietro all'astragalo (o talo). Nei dispositivi fasciali che
delimitano i piani di clivaggio, le tre logge presentano ciascuna una zona connettivale in cui decorrono vasi
e nervi.

Strato profondo

Lo strato profondo è costituito da tre muscoli:

• il tibiale posteriore: subito posteriore alla membrana


interossea, quindi il più profondo di tutti, con una
inserzione intermedia, centrale, sulla faccia posteriore
della tibia, sulla membrana interossea e sulla fibula, si
porta poi fino alla stessa zona d'inserzione del tibiale
anteriore (tuberosità scafoidea e 1° cuneiforme),
escludendo però la base del 1° metatarso. La sua
azione produce una supinazione (opposta quindi alla
pronazione data dai peronei) con una componente di
flessione plantare;

• il flessore lungo delle dita, in profondità al soleo e in rapporto con la tibia;

• il flessore lungo dell'alluce, anch'esso in profondità al soleo, ma in rapporto con il perone. Il suo
tendine poi obliqua, incrociando quello del flessore lungo delle dita, e si porta medialmente per
andare a inserirsi appunto sulla falange ungueale del primo dito.

Quindi, seguendo la logica dissetoria, procedendo dall'esterno verso l'interno si trovano:

1. i due gastrocnemi, laterale e mediale;

2. il soleo e il plantare;

3. il flessore lungo delle dita medialmente e il flessore lungo dell'alluce lateralmente;

4. il tibiale posteriore.

Fa parte della loggia posteriore anche il muscolo popliteo, che però è localizzato esclusivamente alla fossa
poplitea a rivestire la capsula articolare del ginocchio. Per giungere ad esso bisogna dunque abbattere
prima i due gastrocnemi e il plantare.

Osservando il cavo popliteo, è interessante notare il


tendine del muscolo semimembranoso, la colonna
mediale della faccia posteriore della coscia, un
muscolo largo e piatto. Dall'inserzione principale del
semimembranoso parte un prolungamento
connettivale legamentoso che va a formare il
cosiddetto legamento popliteo obliquo, considerato
una sorta di rinforzo posteriore della capsula articolare del ginocchio. Va sottolineata l'importanza della
testa del perone, che dà inserzione a muscoli della coscia (come ad esempio il bicipite femorale) e origine a
muscoli della gamba. Su di essa si inserisce anche il legamento collaterale laterale o fibulare.

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Anatomia ANA21b – LOGGIA POSTERIORE DELLA GAMBA E PIEDE (10giu2011)

IL PIEDE

In una visione laterale del piede si notano:

• il retinacolo, una fascia connettivale che tiene


i tendini addossati alla gamba;

• la borsa sinoviale del malleolo, che serve ad


attutire i colpi.

Si ricordi che il palmo della mano è suddivisibile in:

• una loggia tenar, in prossimità del primo dito;

• una loggia ipotenar;

• un palmo della mano propriamente detto.

Anche nel piede sono riconoscibili tre logge:

• mediale, in relazione con l'alluce;

• laterale;

• intermedia.

GLI ARCHI PLANTARI

Il nostro piede ha tre punti d'appoggio principali, al livello di:

• testa del 1° metatarsale;

• testa del 5° metatarsale;

• tuberosità del calcagno.

Tra questi tre punti sono evidenziabili altrettanti archi plantari:

• l'arco longitudinale mediale va dalla tuberosità del calcagno


(versante mediale) al 1° metatarsale;

• l'arco longitudinale laterale va dalla tuberosità del calcagno


(versante laterale) al 5° metatarsale.

L'arco mediale è notevolmente più alto e non tocca il piano


d'appoggio, mentre quello laterale sì.

• l'arco trasversale va dal 1° al 5° metatarsale.

Guardando il piede dai lati, si nota che da un punto di vista laterale l'astragalo è visibile solo in minima
parte, mentre da uno mediale la chiocchiolina è ben evidente.

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Anatomia ANA21b – LOGGIA POSTERIORE DELLA GAMBA E PIEDE (10giu2011)

Inoltre va ricordato che, lateralmente, solo il


cuboide si interpone tra la testa del calcagno e
la base del 5° metatarsale, mentre
medialmente tra la testa dell'astragalo e il 1°
metatarsale si vedono due ossa: questo perchè
il cuboide ha una lunghezza pressochè doppia
rispetto allo scafoide (navicolare) e tale divario è colmato dai cuneiformi.

LE LOGGE DEL PIEDE

Da una sezione frontale del piede sono evidenziabili tre logge:

• loggia dorsale, non molto spessa;

• loggia interossea;

• loggia plantare.

La loggia plantare, analogamente alla mano, è suddivisibile a sua volta in:

• loggia plantare mediale;

• loggia plantare intermedia;

• loggia plantare laterale.

MOVIMENTAZIONE DEL PIEDE

Alla supinazione (sollevamento del bordo mediale) del piede concorrono:

1. per la loggia anteriore:

• tibiale anteriore;

• estensore lungo delle dita;

• estensore lungo dell'alluce;

2. per la loggia posteriore:

• tibiale posteriore;

• flessore lungo delle dita;

• flessore lungo dell'alluce.

Della pronazione (sollevamento del bordo laterale) sono invece responsabili:

1. per la loggia anteriore:

• peroneo anteriore o terzo;

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Anatomia ANA21b – LOGGIA POSTERIORE DELLA GAMBA E PIEDE (10giu2011)

• estensore lungo delle dita;

2. per la loggia laterale:

• peroneo lungo;

• peroneo breve.

I MUSCOLI PROPRI DEL PIEDE

Loggia dorsale

Sulla faccia dorsale c'è un solo muscolo proprio,


l'estensore breve delle dita o muscolo pedidio,
nel quale può essere compreso l'estensore breve
dell'alluce. Taluni però considerano quest'ultimo
un muscolo a parte: esso va dal 1° metatarsale alla
falange ungueale del primo dito. L'estensore breve
sta al di sotto dell'estensore lungo, muscolo
estrinseco. Possono poi essere menzionati i
muscoli interossei dorsali, che formano una
spalliera di muscoli negli spazi interossei.

Loggia plantare

Asportando il piano cutaneo plantare si trova un grosso ispessimento di


tessuto connettivale molto denso che forma dei fasci intrecciati a
costituire una sorta di alveare: dentro ciascuna celletta si trova del
tessuto adiposo, per dare consistenza alla parte del piede che poggia.
Infatti questa componente presente nel sottocutaneo è localizzata
particolarmente sotto la tuberosità calcaneare e lungo tutto il bordo
esterno del piede. Asportando anche questo ispessimento connettivale
(e anche dopo una perfusione ottimale occorre una forza incredibile per
scollarlo col bisturi), appare l'aponeurosi plantare.

Si ricordi il muscolo palmare lungo che si inserisce sull'aponeurosi


palmare, di forma triangolare, che ha un rinforzo trasversale, al livello
delle teste dei metacarpi, e delle espansioni connettivali digitiformi verso
le dita. Similarmente, sotto al piede si ha una robusta aponeurosi
plantare, lunga, stretta prossimalmente, di forma triangolare, che prende
inserzione sulla parte inferiore del calcagno, che presenta una fascia trasversale di rinforzo per poi dirigersi
verso le rispettive dita. Anche qui è presente del tessuto adiposo che è tenuto serrato da fasci connettivali.

Vista di profilo, l'aponeurosi


appare piuttosto piatta e decorre
orizzontalmente alla base delle
arcate ossee. Va tenuto presente
che, durante la deambulazione, le
arcate godono di una certa

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Anatomia ANA21b – LOGGIA POSTERIORE DELLA GAMBA E PIEDE (10giu2011)

elasticità, il che è fondamentale poiché fornisce una certa spinta elastica. Tuttavia l'ampiezza delle arcate
va sempre mantenuta entro certi limiti e proprio a ciò contribuisce anche l'aponeurosi plantare.

Asportando anche l'aponeurosi plantare, appare il piano muscolare. Nella loggia mediale è presente
l'abduttore dell'alluce, mentre centralmente si trova il flessore breve delle dita, che nasce dalla tuberosità
calcaneare.

Nella loggia laterale ci sono:

• l'abduttore del 5o dito;

• il flessore breve del 5o dito;

• l'opponente del 5o dito.

Nella loggia intermedia si trovano:

• il flessore breve delle dita: origina


centralmente dalla tuberosità
calcaneare e si divide poi in 4 tendini
che vanno alle rispettive dita;

• il quadrato della pianta o muscolo


accessorio del flessore lungo delle
dita: è posto più in profondità
rispetto al flessore breve e si
inserisce sul flessore lungo;

• i lombricali;

• gli interossei.

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Anatomia ANA21b – LOGGIA POSTERIORE DELLA GAMBA E PIEDE (10giu2011)

Va ricordato anche l'adduttore dell'alluce, che fa coppia con l'abduttore del 5 o dito.

Un'ulteriore analogia con la mano è data dal fatto che ciascuno dei 4 tendini del flessore breve delle dita si
biforca e lascia passare sotto il flessore lungo. Tuttavia, nella mano il flessore lungo e il flessore breve sono
entrambi dell'avambraccio, mentre nel piede il flessore lungo viene dalla gamba, ma il flessore breve è
intrinseco del piede.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 8 di 8


ANATOMIA – “ORGANOGENESI DEL CUORE”

ID lezione ANA21c
Data lezione 21 giugno 2011
Autore Giulia Pretelli
Liberamente
Lezione Prof. Barbatelli
ispirata da
Argomento Organogenesi del cuore e circolo fetale

ORGANOGENESI DEL CUORE

EMBRIOLOGIA DEL CUORE

Il cuore nella gabbia toracica è posi-


zionato nel mediastino, ed è come se
stesse sdraiato con la schiena sul cen-
tro tendineo del diaframma, quindi
immaginando di aprire il torace per
primo incontreremo il ventricolo de-
stro (gli atri sono più posteriori).

LA CIRCOLAZIONE DEL SANGUE

Vediamo nell’immagine le vene cave


superiore e inferiore che si portano
all’atrio destro, da qui il sangue va al
ventricolo destro e successivamente
nel tronco polmonare (davanti all’aor-
ta ascendente) che si biforca poi a T: il
ramo di destra passa dietro all’aorta
ascendente, quello di sinistra incrocia
l’aorta discendente passandogli da-
vanti. Il tratto più anteriore dell’aorta
è quindi quello ascendente, e l’arco
aortico è posizionato nel mediastino
non su un piano frontale né sagittale
ma obliquo dall’avanti all’indietro e da destra verso sinistra. Nel setto interatriale vediamo il forame ovale:
un foro transitorio che funziona fino a un certo punto e poi si chiude. Notiamo anche il legamento rotondo
del fegato (esistono anche il legamento rotondo dell’utero e della testa del femore) e la vescica urinaria;
entrambi prendono rapporto con l’ombelico, in particolare la vescica è connessa attraverso una struttura
impari mediana che è la continuazione del suo apice, l’uraco. Un'altra struttura pari e simmetrica è in rap -
porto con l’ombelico: sono i due legamenti ombelicali mediali.

Dovremo chiarire:

• la posizione del cuore nel mediastino e come arriva a quella posizione;


Anatomia ANA21c – ORGANOGENESI DEL CUORE (21giu2011)

• le strutture transitorie che si trasformano in qualcos’altro nella vita postnatale come l’uraco, il lega -
mento ombelicale mediale, il forame ovale (attenzione non sempre in tutti i cuori è chiuso anatomi -
camente poiché pur avendo i lembi accollati potrebbe passarci uno specillo, è la differenza di pres -
sione fra piccolo e grande circolo a tenerlo in questo caso emodinamicamente chiuso);

• perché negli atri una parte della superficie interna è liscia e una parte rugosa;

• le modifiche dell’ingresso delle quattro vene polmonari nell’atrio di sinistra;

• l’origine del legamento arterioso (legamento che tiene unito la faccia inferiore dell’arco dell’aorta
con la polmonare).

Cerchiamo di capire com’è fatto il cuore: immaginando di guardare il futuro cuore di profilo osserveremo
che la parte della vena primitiva avrà un ingresso nella direzione del flusso e un’uscita (quindi un’arteria, in -
dipendentemente dal tipo sangue ricco o povero di ossigeno). Nel cuore vedremo quattro porzioni successi -
ve che partono dall’imbocco, cioè dalle vene in entrata; inizialmente si tratta di un’unica vena poiché il tubo
cardiaco non è ancora diviso in parte destra e sinistra. Il sistema è dato da un tubo unico che poi si ripiega:
assistiamo a un rigonfiamento del tubo primitivo, un po’ asimmetrico, tanto che questa struttura si piega a
livello della parte che costituisce il futuro ventricolo.

In futuro, quando avremo la distinzione in parte destra e parte sinistra, il percorso del sangue all’interno del
cuore sarà a forma di U: il sangue entra nell’atrio, passa nel ventricolo sottostante e qui avviene l’inversio -
ne. Per cui, seguendo il flus-
so del sangue dalla valvola
atrioventricolare alla valvola
semilunare (sempre quando
il cuore si sarà sepimentato),
avremo nel ventricolo inizial-
mente una branca che scen-
de verso la punta del cuore
e, a causa del ripiegamento
ad U, avremo la branca che
risale verso il vaso (a destra
l’arteria polmonare, a sini-
stra l’aorta).

18° GIORNO DAL CONCE-


PIMENTO

Siamo a metà della terza set-


timana, vediamo l’embrione
da sopra dopo aver asporta-
to la cavità amniotica; in
questo stadio abbiamo tutti
e tre i foglietti: ectoderma,
mesoderma (ultimo a com-

Autore: Giulia Pretelli per Medicina08 2 di 9


Anatomia ANA21c – ORGANOGENESI DEL CUORE (21giu2011)

parire) e l’endoderma. L’embrione è già orientato, da una parte troviamo l’estremità cefalica e dall’altra l’e -
stremità caudale.

Guardando di profilo, vediamo lo sviluppo in senso longitudinale e, cranialmente alla struttura “testa”, ab-
biamo un’area destinata al cuore, l’area cardiogenica (come se avessimo il futuro cuore sopra la testa o, im -
maginando l’embrione disteso, davanti). Da questa posizione il cuore si dovrà portare ventralmente e tra-
scinerà con sé il sacco che lo avvolge, cioè il futuro pericardio.

In sezione frontale vediamo: ectoderma (azzurro), mesoderma (rosso) e endoderma (giallo). L’ectoderma
costituisce il pavimento della cavità amniotica, mentre l’endoderma costituisce il tetto del sacco vitellino. Il
mesoderma della porzione centrale svolge il ruolo di induttore, provocando la differenziazione dell’ectoder-
ma soprastante che si ispessisce e va a formare il neuroectoderma.

L’ispessimento è detto placca e su di esso si forma un infossamento, una doccia che si approfondirà e si
chiuderà sempre più sui lati fino a trasformarsi in canale neurale.

Cosa succede nel mesoderma?

Quello che si trova al centro (mesoderma intermedio) ha indotto la differenziazione dell’ectoderma in neu-
roectoderma e tra le altre cose darà origine al rene e alla gonade indifferenziata; ai lati abbiamo il mesoder-
ma parassiale che darà origine ai somiti (blocchi di mesenchima che aumentato mano a mano che l’embrio -
ne si accresce e formano le strutture metameriche di tutto il corpo, la muscolatura longitudinale del dorso),
abbiamo infine un mesoderma laterale.

Nel mesoderma laterale si forma una cavità unica che segue il peri-
metro del corpo circa dalla metà fino al davanti della testa (circon-
da ad U l’embrione) dove troviamo l’area cardiogenica, il nucleo
che darà origine al cuore. Quindi l’ansa di questa cavità si trova da-
vanti al cuore e, quando esso si porterà in posizione ventrale, farà
questo spostamento portando dietro anche l’ansa che diventerà il
celoma pericardico, con il cuore primitivo posto ventralmente al
segmento del tubo enterico. Nei due tratti laterali, invece, cresce
la gemma polmonare: è come se da ciascun lato gonfiassimo il pol-
mone dentro al tratto più craniale dei due bracci della cavità. Que-
sto tratto di celoma diventerà la cavità pleurica. Il tratto più cauda-
le verrà gradualmente invaso dagli abbozzi che daranno origine al
muscolo diaframma; resterà un canale pericardio-peritoneale.

Le sierose hanno quindi un’unica matrice, e, di fatto, hanno caratteristiche finali comuni: hanno un foglietto
parietale e uno viscerale, sono rivestite da un monostrato di cellule piatte di derivazione mesoteliale che
producono un liquido (nel cuore è detto liquido pericardico, nel polmone liquido pleurico e nella cavità ad -
dominale liquido peritoneale) e che impedisce lo sfregamento fra i foglietti e permette i movimenti (es. si -
stole-diastole, peristalsi, espansione del polmone).

Come arriviamo da tre foglietti a una struttura cilindrica (com’è il nostro corpo)?

Le strutture laterali si porteranno ventralmente verso il basso e l’angolo di sinistra andrà a toccarsi con l’an -
golo di destra sulla linea mediana ventralmente, per cui la cavità interna è destinata a unirsi sulla linea me -

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Anatomia ANA21c – ORGANOGENESI DEL CUORE (21giu2011)

diana ventralmente con quella contro laterale e, di fatto, i due segmenti tubulari della cavità andranno a
formare, unendosi, la grande cavità peritoneale che al centro avrà il tubo digerente.

IL CIRCOLO FETALE

Servirà un organo provvisorio per gli scambi ossigeno-anidride carbonica finché alla nascita non comincerà
ad espandersi il polmone. Il tubo cardiaco primitivo si trovava cranialmente e si porta ventralmente. Inizial -
mente abbiamo una coppia di tubi cardiaci. In cosa consiste il circolo sanguigno dell’embrione?

Vediamo la coppia di aorte


dorsali dell’embrione (poi ne
rimarrà una sola) con all’e-
stremità due arterie che su-
perano l’ombelico e vanno
verso la placenta, sono le
due arterie ombelicali; sono
arterie poiché per definizio-
ne le arterie sono quei vasi
che partono dal cuore indi-
pendentemente dal tipo di
sangue che in questo caso è
non ossigenato. Vediamo
nell’immagine un villo della
placenta dove avviene lo
scambio di ossigeno: il sangue carico di anidride carbonica si riossigena e ritorna al cuore grazie alla vena
ombelicale (vena poiché ritorna al cuore, ma ha sangue ossigenato). La vena ombelicale va verso l’embrio -
ne, attraversa il fegato e torna al cuore: viene saltata completamente la piccola circolazione (polmonare).
Osserviamo poi le arterie segmentali, che raggiungono le varie parti dell’embrione, e le vene cardinali che
portano il sangue poco ossigenato che ha circolato nell’embrione. Dalle arterie dorsali partono poi arterie
(arterie vitelline) che vanno a vascolarizzare il sacco vitellino e ritornano come vene vitelline all’embrione.

Quindi a ciascun tubo cardiaco primitivo arriva-


no: le vene ombelicali, le vene vitelline e le
vene cardinali.

SPOSTAMENTO VENTRALE DELL’AREA CAR-


DIOGENICA

Vediamo l’area cardiogenica con il suo celoma


pericardico; vediamo anche la membrana buc-
cofaringea che si trova a livello dell’istmo delle
fauci (passaggio dalla cavità orale alla faringe).
Davanti all’area cardiogenica si trova il setto

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Anatomia ANA21c – ORGANOGENESI DEL CUORE (21giu2011)

trasverso che contribuirà a formare parte del muscolo diaframma; il cuore sarà appoggiato sul centro tendi -
neo del diaframma.

Intanto i due tubi cardiaci si uniscono: la prima porzione, che è la camera di arrivo del sangue, costituisce gli
atri, poi abbiamo i ventricoli e il bulbo cardiaco che è la porzione iniziale dei vasi che nascono dal ventrico -
lo; teniamo presente che il ventricolo è la struttura che si svilupperà maggiormente.

I due lati del ventricolo crescono in maniera asimmetrica


creando una piega (piega bulbo ventricolare) che assu-
me una forma a U e si porta anteriormente all’atrio. Il
sangue arriva al seno venoso dove convergono i vasi ve-
nosi che arrivano all’atrio, poi passa alla camera di af-
flusso ventricolare (prima parte del ventricolo che riceva
sangue dall’atrio) e poi alla camera di eiezione e al bulbo
cardiaco.

Al seno venoso arrivano 3 vene da entrambi i lati:

• la vena ombelicale fondamentale per la so-


pravvivenza dell’embrione poiché assicura,
finché non si attiva la respirazione polmo-
nare, l’ossigenazione;

• la vena vitellina dal sacco vitellino che è di


scarsa importanza funzionale e transitoria;

• la vena cardinale comune, risultato della


confluenza delle vene cardinali anteriore e
posteriore, che rappresenta la parte venosa del circolo dell’embrione.

In questo momento il seno venoso è qualcosa di diverso rispetto all’atrio, la loro fusione successiva ci fa ca -
pire perché l’atrio in alcune parti è liscio mentre in altre è rugoso, poiché deriva quindi dall’assemblaggio di
porzioni diverse.

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Anatomia ANA21c – ORGANOGENESI DEL CUORE (21giu2011)

Vediamo le cavità che si stanno formando dall’interno

Dopo il seno venoso vediamo l’atrio (in questo momento sono ancora due cose distinte), poi vediamo la
zona dei cuscinetti endocardici, che daranno origine alla valvola, e il ventricolo, con la porzione iniziale in
cui il sangue scende (camera di afflusso ventricolare) e il secondo tratto in salita (camera di eiezione) che si
forma in seguito alla piega bulbo ventricolare, dopodiché abbiamo il bulbo cardiaco .

Valvole cardiache

Il livello a cui sono posizionate le valvole atrioventricolari è lo stesso nel quale troviamo le valvole semiluna -
ri, proprio perché dalla valvola atrioventricolare alla valvola semilunare il percorso del sangue discende e
poi risale allo stesso livello. Aprendo il pericardio vediamo che il vaso più anteriore è la polmonare mentre
l’aorta è nascosta per circa l’80 % dietro a quest’ultima.

Dall’immagine successiva capiamo perché le coronarie si chiamano così: vanno nel solco coronario e poi gi -
rano, quella di sinistra da il ramo circonflesso sinistro che si porta dietro e una discendente anteriore inter -
ventricolare sinistra (nel solco anteriore che corrisponde al setto interventricolare), quella di destra da il
ramo circonflesso dentro e da anche la interventricolare posteriore (nella maggior parte dei soggetti).

Osserviamo ora che il tubo cardiaco viene ad essere formato da 5 componenti: il seno venoso, l’atrio, il ven -
tricolo, il bulbo cardiaco e il tronco arterioso.

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Anatomia ANA21c – ORGANOGENESI DEL CUORE (21giu2011)

Proviamo a guardare il cuore da dietro: vediamo la parte posteriore dell’atrio, posto dietro rispetto al ven -
tricolo che gli deborda davanti. Vediamo
subito i due terzetti di vene e notiamo l’a-
simmetria tra la destra e la sinistra: il seno
venoso presenta due corni non speculari;
intravediamo anche il tronco arterioso.

Guardando da davanti, tagliando il pericar-


dio, vediamo in profondità l’atrio e davanti
il ventricolo con il bulbo cardiaco e il tron-
co arterioso il cui primissimo tratto si trova
dentro il pericardio (da qui si formerà
l’aorta definitiva).

RIEPILOGO SULLA CIRCOLAZIONE FETALE

Partiamo dalla placenta: il sangue ossi-


genato viaggia nella vena ombelicale e
arriva all’ilo epatico dove c’è un gioco
sfinteriale per cui a seconda del fabbiso-
gno il sangue può prendere due percorsi
diversi. Il principale e più diretto è il
dotto venoso che, dopo un percorso in-
traepaticao, con la vena cava inferiore
oltrepassa lo iato del diaframma tra la
fogliola destra e la fogliola anteriore del
centro tendineo (zona fibrosa che non si
contrae, il diaframma si deve compri-
mere per la respirazione senza schiac-
ciare il vaso) arrivando all’atrio destro. Il
sangue va a sbattere sul setto interatria-
le, dove troviamo un lembo che funge
da valvola, e passa dall’atrio destro al-
l’atrio sinistro. Un po’ di sangue resta
nell’atrio destro dove arriva anche san-
gue con poco ossigeno con la vena cava
superiore e passa attraverso la valvola
tricuspide nel ventricolo destro (è un
sangue misto con una componente
poco ossigenata e una ossigenata). Dal
ventricolo destro il sangue va nell’arteria polmonare che è però connessa col dotto arterioso con l’arco del-
l’aorta: un altro po’ di sangue può quindi guadagnare l’aorta discendente come quello che era arrivato all’a -
trio sinistro tramite la comunicazione interatriale (una piccola parte va comunque all’arteria polmonare per
vascolarizzare il polmone).

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La parte alta dell’embrione riceve sangue ricco di ossigeno, l’encefalo deve essere infatti vascolarizzato in
maniera ottimale; dal tratto discendente dell’aorta invece la saturazione di ossigeno nella parte periferica
dell’embrione tende un po’ ad abbassarsi (pur essendo una quantità sufficiente per il fabbisogno).

Destino dell’aorta

L'aorta si biforca nelle iliache comuni che poi diventano esterna e interna. L’iliaca interna si continua nelle
arterie ombelicali (due arterie che viaggiano nel cordone ombelicale insieme alla vena ombelicale). Quando
inizia la respirazione polmonare si chiuderà il setto interatriale, il dotto arterioso tenderà a chiudersi, la
vena ombelicale diventerà legamento ombelicale e le arterie ombelicali in parte rimarranno come arterie
vescicali (fino alla vescica), in parte (fino all’ombelico) si trasformeranno in legamento ombelicale mediale.

Formazione e chiusura del setto interatriale

Nell’atrio si viene a creare un


setto: immaginiamo di far scen-
dere una serranda (septum pri-
mum) che ha la forma di una
semiluna, viene dall’alto e si
estrinseca posteriormente, e
anche allungandola non arriva
fino al fondo così resta un
ostium primum. Immaginiamo
di tirare troppo: il tessuto si
strappa e si viene a formare un
ostium secundum nella parte
alta. La serranda non è chiusa
completamente: guardandola in
sezione frontale vediamo che
scende dall’alto.

Intanto che facciamo scendere


la serranda, l’ostium primum in
basso resta pervio e si va a for-
mare l’apertura dell’ostium se-
cundum.

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Anatomia ANA21c – ORGANOGENESI DEL CUORE (21giu2011)

Immaginiamo ora di tirare giù una seconda


serranda (septum secundum) provando a in-
clinarla in modo diverso dalla prima in modo
che siano complementari. Questa aumenta
di ampiezza e in parte copre l’ostium secun-
dum scendendo in basso: ci sono ora due
“tendine” incomplete, ma complessivamen-
te la superficie di apertura è coperta. Il sep-
tum secundum chiude la parte alta del setto,
inferiormente c’è un lembo del septum pri-
mum che si muove: il getto sanguigno diret-
to qui dalla vena cava inferiore riesce a su-
perare la resistenza di questo lembo e il san-
gue dall’atrio destro va a finire all’atrio sini-
stro.

Al momento della nascita con l’inizio dell’at-


to respiratorio e l’espansione dei polmoni, le
resistenze periferiche del polmone aumen-
tano e si crea una pressione maggiore nell’a-
trio sinistro rispetto all’atrio destro (contra-
rio di ciò che avveniva nella vita fetale). L’in-
versione della differenza di pressione fa si
che diminuisca la pressione del sangue che
veniva dalla vena cava inferiore e che au-
menti nell’atrio sinistro tanto da essere suffi-
ciente a tenere chiuso il septum primum. Attenzione la chiusura del foro ovale non è sempre anatomica!

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ANATOMIA – ANA21d – “CANALE INGUINALE E GINOCCHIO”

ID lezione ANA21d
Data lezione 22 settembre 2011
Autore Francesco Gasparroni
Lezione
Prof. Barbatelli
tenuta da
Argomento Canale inguinale e ginocchio

IL CANALE INGUINALE

PUNTI DI REPERE DI RIFERIMENTO

Per poter parlare del canale inguinale, occorre prima ricordare alcuni importanti punti di repere palpabili
nelle regioni rispetto ad esso distale (inferiore) e prossimale (superiore):

• la spina iliaca anteriore superiore;

• la spina iliaca anteriore inferiore, un paio di


centimetri più in basso rispetto alla spina iliaca
anteriore superiore, dà inserzione al retto del
femore, uno dei capi del quadricipite femorale;

• il tubercolo
pubico, a
circa 14-15 mm dalla linea mediana e dalla sinfisi pubica;

• la cresta iliaca, il margine superiore arrotondato dell'osso


coxale (e precisamente dell'osso iliaco, o innominato), di
larghezza paragonabile a quella del dito indice, quindi sui 12-
13 mm. Sui suoi tre labbri (esterno, intermedio e interno) si
inserisce la muscolatura larga dell'addome, tre muscoli piatti
stratificati uno sull'altro, che prendono inserzione ognuno su
un labbro.

Si ricordi che l'osso iliaco costituisce circa il 50% dell'osso coxale,


mentre la restante parte è più o meno equidivisa tra l'ischiatico (25%)
e il pubico (25%). L'ischio, in
particolare, è l'osso su cui si poggia
nella seduta.

Si immagini ora un ponte di 12 cm circa


che colleghi la spina iliaca anteriore
superiore al tubercolo pubico: ecco il
legamento inguinale. Dietro al
legamento inguinale si trova il ramo
superiore, o orizzontale, del pube (il
ramo inferiore del pube, o ramo ischio-pubico, è quello arcuato

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Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

posto inferiormente), slargato lateralmente e più stretto (anche se solo di pochi millimetri) in prossimità del
tubercolo pubico. Tale ramo presenta una cresta, non molto pronunciata, che inizia in corrispondenza della
fine della linea arcuata o linea innominata (linea di torsione dell'osso coxale): si tratta della cresta pettinea,
o pecten pubis. Su questa superficie si va a stratificare la fascia del muscolo ileopsoas, che dalla faccia
interna dell'osso iliaco va verso il collo del femore, passando sotto al legamento inguinale.

Dalla faccia superiore del ramo orizzontale del pube si stacca anche un altro muscolo, che affianca
medialmente l'ileopsoas: si tratta del muscolo pettineo. Ancora più medialmente c'è il passaggio dei vasi
che dalla pelvi vanno verso l'arto inferiore: tra questi il principale è l'arteria iliaca esterna, che proprio in
corrispondenza del suo passaggio sotto al legamento inguinale prende il nome di arteria femorale.

I MUSCOLI LARGHI DELL'ADDOME

I tre muscoli larghi dell'addome sono:

• l'obliquo esterno, il più esterno;

• l'obliquo interno, quello intermedio;

• il trasverso dell'addome, il più interno.

Dopo aver fasciato il fianco, le aponeurosi di questi muscoli si portano anteriormente verso la linea
mediana, e quindi verso i nastri muscolari che sono i due retti dell'addome.

Nella regione compresa tra l'apofisi xifoidea e


l'ombelico, per giungere ad incrociarsi sulla linea
mediana con la controlaterale:

• l'aponeurosi dell'obliquo esterno passa


davanti al retto dell'addome e al foglietto
anteriore dell'aponeurosi dell'obliquo interno;

• l'aponeurosi dell'obliquo interno si sdoppia in


due fasci che passano uno davanti al retto
dell'addome e dietro all'aponeurosi dell'obliquo
esterno, l'altro dietro al retto dell'addome e
davanti all'aponeurosi del trasverso dell'addome;

• l'aponeurosi del trasverso dell'addome passa


dietro al retto
dell'addome e al foglietto posteriore
dell'aponeurosi dell'obliquo interno.

Al di sotto dell'ombelico, le aponeurosi dei tre


muscoli passano tutte davanti al retto dell'addome.

Si ricordi che si può distinguere l'obliquo esterno


poiché la sua parte al di sotto del livello della spina
iliaca anteriore superiore non è muscolare ma

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Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

aponeurotica (si ricordi il caratteristico angolo di 90 o). Proprio questa aponeurosi dell'obliquo esterno va a
costituire il legamento inguinale o di Poupart. Esternamente appare un margine inferiore obliquo, latero-
mediale e supero-inferiore. Da una visione in sagittale si vede un particolare non apprezzabile
frontalmente: tale margine è in realtà ripiegato verso l'interno a formare una doccia con la concavità rivolta
verso l'alto, non molto profonda. Quindi l'aponeurosi dell'obliquo esterno forma sia la parete anteriore che
il pavimento del legamento inguinale.

Dalla spina iliaca anteriore


superiore al tubercolo pubico,
dietro all'obliquo esterno si
stratificano l'obliquo interno e il
trasverso, ma l'obliquo interno
arriva circa a metà del legamento
inguinale, dopodiché nella metà
più mediale va a formare un arco,
la cosiddetta falce inguinale,
lasciando una zona scoperta
posteriormente. È come se,
chiudendo una serranda (l'obliquo
interno) sul margine posteriore
ripiegato del pavimento (l'obliquo
esterno), tale serranda non arrivi fino in fondo ma lasci una luce in basso. Il trasverso, dal canto suo, segue
il comportamento dell'obliquo interno. Nessuno dei due muscoli del 2° e del 3° strato arrivano dunque in
basso e questi si fondono insieme, formando il tendine congiunto, che appunto lascia tra sé e il legamento
inguinale un paio di centimetri di spazio.

Il contenuto del canale inguinale è il funicolo spermatico e i relativi vasi nel maschio, il legamento rotondo
dell'utero nella femmina. Da notare che esistono anche il legamento rotondo del fegato e il legamento
rotondo del femore.

Il tendine congiunto è posto trasversalmente al decorso del funicolo spermatico, per cui si dice che esso
parte da dietro al canale inguinale.

Internamente al trasverso dell'addome si trova una fascia connettivale, la fascia trasversalis, e ancora più
internamente il foglietto del peritoneo parietale.

Quindi, dall'esterno verso l'interno si incontrano:

1. obliquo esterno;

2. obliquo interno;

3. trasverso dell'addome;

4. fascia trasversalis;

5. peritoneo parietale.

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Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

COMPORTAMENTO DEL PERITONEO PARIETALE

Il peritoneo è un sacco che anteriormente si adatta alla parete addominale anteriore, a tal punto che, come
si vedrà meglio in seguito, forma delle pieghe, dovute alla presenza di alcune strutture anatomiche. Queste
pieghe, distanziate tra loro di 2-3 cm, sono in tutto cinque:

• una piega ombelicale mediana,


impari mediana, dall'ombelico alla
cupola della vescica;

• due pieghe ombelicali medie, pari e


simmetriche;

• due pieghe ombelicali laterali,


anch'esse pari e simmetriche.

Per semplicità, si consideri un solo lato, l'altro è speculare. Tra le pieghe vengono a formarsi delle fossette:

• fossetta mediale tra la piega ombelicale mediana e la media;

• fossetta intermedia tra la piega ombelicale media e la laterale;

• fossetta laterale lateralmente alla piega ombelicale laterale.

La fossetta laterale rappresenta l'ingresso addominale del canale inguinale, quindi darà passaggio al
funicolo spermatico con i relativi vasi (nel maschio) o al legamento rotondo dell'utero (nella femmina). Si
consideri d'ora in poi un modello maschile, poiché più complesso. Le vie spermatiche passano dunque
attraverso la fossetta laterale, andando dal sacco scrotale alla pelvi e mettendosi in rapporto con la parte
più inferiore della vescica. Dunque la piega inguinale, visibile in modo più o meno evidente, è dovuta al
ripiegamento dell'aponeurosi dell'obliquo esterno.

I PILASTRI DELL'APONEUROSI DELL'OBLIQUO ESTERNO

Andando medialmente l'aponeurosi si triforca, dividendosi in:

• un pilastro mediale o interno;

• un pilastro laterale o
esterno;

• un pilastro posteriore,
o legamento inguinale
riflesso (Netter).

Nello spazio compreso tra il


pilastro mediale e quello
laterale, detto anello inguinale
esterno, passa il contenuto del
canale inguinale.

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Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

Infilando un dito “a dito di guanto” nel sacco scrotale (“non è una manovra molto divertente....” Cit.) si può
risalire a palpare tale anello, dopodiché, invitando il paziente a tossire, bisogna verificare se sotto la
pressione addominale qualcosa arriva a spingere contro il dito: si tratterebbe di quella che una volta i
chirurghi chiamavano “punta d'ernia” (oggi termine obsoleto).

La porzione più mediale dell'aponeurosi dell'obliquo esterno viene a delimitare con questa biforcazione il
margine sottocutaneo del canale inguinale.

Il pilastro posteriore non è apprezzabile frontalmente, perché è posto in profondità e coperto dal resto
dell'aponeurosi stessa. Esso è un po' più lungo degli altri e si inserisce sul legamento inguinale
controlaterale. Quindi, ad esempio, il pilastro posteriore di destra va ad affiorare sulla cresta pettinea di
sinistra. Ciò contribuisce a rinforzare almeno la porzione più mediale della parete dell' anello inguinale
esterno.

DISSEZIONE DI UN CADAVERE

Un cadavere, al fine di una dissezione anatomica, va opportunamente fissato e perfuso con un mix di:

• formalina: blocca i fenomeni degenerativi e putrefattivi;

• alcool e glicerolo: esaltano i piani di clivaggio, permettendo di scollarli.

Ovviamente la fissazione non viene effettuata per una normale procedura di autopsia, quindi nella
dissezione autoptica i piani di clivaggio risultano meno facilmente riconoscibili e scollabili.

IL CANALE INGUINALE

Asportando il piano cutaneo nella regione posta medialmente alla spina iliaca
anteriore superiore, si arriva ben presto a vedere l'aponeurosi dell'obliquo esterno
e quindi il legamento inguinale. Togliendo poi anche questa aponeurosi, appare
l'anello inguinale, con il funicolo spermatico.

Si può facilmente notare l'importanza della spina


iliaca anteriore superiore, dalla quale partono:

• i tre muscoli larghi dell'addome;

• il muscolo sartorio, ipotenusa del triangolo di Scarpa;

• il muscolo tensore della fascia lata.

IL TRIANGOLO DI SCARPA

Si ricordi che il triangolo di Scarpa è delimitato dal:

• legamento inguinale (superiormente);

• muscolo sartorio (lateralmente);

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Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

• muscolo piccolo adduttore


(medialmente).

La bisettrice dell'angolo tra sartorio e piccolo


adduttore è data dalla triade N.A.VE., che passa
sotto al legamento inguinale. La N.A.VE., andando
in senso latero-mediale, è composta da:

• nervo femorale;

• arteria femorale;

• vena femorale.

Sotto al
sartorio
passa
anche il
muscolo
ileopsoas.
È visibile inoltre il muscolo pettineo, che tra tutti i muscoli della
loggia mediale è quello posto più in alto.

Si ricordi che il nervo femorale viaggia addossato al ventre


muscolare del muscolo iliaco, che tappezza la faccia mediale dell'osso innominato, e nel triangolo di Scarpa
il nervo femorale decorre nella lacuna dei muscoli,
appoggiato all'ileopsoas, tra la componente iliaca e la
quella derivante dal grande psoas. Sempre nei pressi
dell'anello inguinale, si possono notare la vena
epigastrica inferiore e la vena circonflessa iliaca, che
convergono verso la vena grande safena (la quale poi si
getta nella vena femorale). C'è poi una vena superficiale
dorsale del pene, a formare un quadrivio con le altre tre.
In questa zona è inoltre palpabile un grosso linfonodo, il
linfonodo di Clochè. D'altronde la regione inguinale è
molto ricca di stazioni linfonodali che drenano dalla cute,
dai genitali, dal perineo, dalla regione laterale della
coscia, dai glutei.

Il triangolo di Scarpa, e in generale la regione al di sotto del canale inguinale, è ricoperto da una fascia, che
presenta una finestra ovale, rivestita da tessuto connettivale areolare, sotto al quale si intravedono i vasi.
La regione del triangolo di Scarpa al di sotto del legamento inguinale è occupata in parte dal muscolo
ileopsoas, il quale ha una fascia che, ispessendosi, viene a creare il limite tra la lacuna dei muscoli e la
lacuna dei vasi, la banderella ileo-pettinea. Quest'ultima si congiunge poi al legamento inguinale.

Informazioni generali sul canale inguinale

Lo spazio tra il tubercolo pubico e la sinfisi pubica dà inserzione ai pilastri mediale e laterale dell'obliquo
esterno.

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Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

Spostando il funicolo spermatico si possono apprezzare i pilastri mediale e laterale, che delimitano l'anello
inguinale esterno. Si tenga presente che il fondo di tale anello è rivestito solo dalla fascia trasversalis e dal
peritoneo parietale, poiché, come si è detto, il tendine congiunto dei due muscoli del 2 o e 3o strato non
arriva in basso, quindi si forma un locus minoris resistentiae.

Invaginando il dito nel sacco scrotale, come detto, e risalendo, si può arrivare a palpare l'anello inguinale
esterno,

Si ricordi che il pavimento del canale inguinale è costituito dalla parte dell'aponeurosi dell'obliquo esterno
ribaltata a doccia.

Nel canale inguinale si impegna anche il nervo ileo-inguinale, che proviene dagli strati dei muscoli
addominali, passando nel piano di clivaggio tra obliquo interno e trasverso dell'addome.

Incidendo e ribaltando verso il basso la sottile aponeurosi dell'obliquo esterno (lo scollamento è possibile
solo previa opportuna fissazione del cadavere), si scopre l'obliquo interno, con il tendine congiunto e la
falce inguinale: quest'ultima fa da tetto al canale inguinale, e sotto di essa passano appunto i nervi ileo-
inguinale e genito-femorale.

È possibile infilare uno specillo tra l'obliquo interno e il pilastro posteriore dell'aponeurosi dell'obliquo
esterno.

Per circa tre o quattro dita trasverse lateralmente alla


linea mediana si ha la fascia, pari e simmetrica, del retto
dell'addome, che costituisce un rinforzo. In più nella
stessa zona, un ulteriore rinforzo è dato dalla presenza
del pilastro posteriore proveniente dall'aponeurosi
dell'obliquo esterno controlaterale. Perciò risulta difficile
che nella regione più mediale ci possa essere uno
sfondamento da parte di un'ernia.

I VASI EPIGASTRICI E LE ERNIE DIRETTE O INDIRETTE

Sulla parete addominale anteriore, sotto al piano cutaneo, decorrono i vasi epigastrici inferiori:

• l'arteria epigastrica inferiore, ramo dell'iliaca esterna, che si anastomizza con l'epigastrica
superiore, ramo della mammaria/toracica interna, dando così un'anastomosi succlavia-iliaca;

• la vena epigastrica inferiore.

I vasi epigastrici delimitano lateralmente l'anello


inguinale, e soprattutto costituiscono un'argine
all'erniazione. Perciò un'ernia può essere:

• diretta se sfonda lateralmente al pilastro


posteriore e medialmente ai vasi
epigastrici;

• indiretta se passando lateralmente ai vasi epigastrici prende la via dell'anello inguinale profondo
assieme al funicolo spermatico.

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Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

LA DISCESA DEL TESTICOLO

Durante il periodo di vita intrauterina, in posizione


retroperitoneale, a livello della cavità addominale, è
presente la gonade. Con la crescita del feto in senso
craniale, anche grazie all'azione ormonale, (verso il settimo
mese, ndr) la gonade, e per scelta arbitraria il testicolo,
scende verso
il basso, guidato da una struttura chiamata gubernaculum
testis, fino a fissarsi (parzialmente) con essa sul fondo dello
scroto. Durante questa discesa il testicolo si trascina dietro
un lembo di peritoneo, formandone così un'evaginazione a
dito di guanto, il dotto peritoneo-vaginale.

In condizioni fisiologiche, nel 95-97% dei casi tale dotto regredisce, ma ne residua un involucro sieroso a
doppio foglietto, per cui si parla di sierosa parietale e di sierosa viscerale del testicolo, separate da un
sottilissimo film di liquido, prodotto dalle cellule peritoneali
di rivestimento. Nel caso in cui tale produzione dovesse farsi
sovrabbondante, alla
radice dello scroto si
renderebbe palpabile una
sorta di cisti, in gergo
idrocele.

Nel 3-4% dei nuovi nati il dotto peritoneo-vaginale può restare pervio.

LE PIEGHE OMBELICALI

Si è già accennato che il peritoneo parietale che riveste internamente la parete addominale anteriore
presenta cinque pieghe:

• la piega ombelicale mediana (impari), dovuta al passaggio del legamento ombelicale mediano
(impari), residuo dell'uraco, quella struttura che nel feto va dalla vescica all'ombelico, e che poi
nella vita post-uterina regredisce;

• le pieghe ombelicali mediali (pari), in corrispondenza dei legamenti ombelicali medi (pari), residui
delle due arterie ombelicali, altre strutture embriologiche transitorie che portano il sangue povero
d'ossigeno dal feto verso la placenta.

Si ricordi che per definizione dicesi arteria ogni vaso che porta il sangue lontano dal cuore. Inoltre
va ricordato che il tratto prossimale delle arterie ombelicali permane anche nella vita post-uterina,
come arterie vescicali, rami delle ipogastriche; tuttavia, i loro tratti che vanno dalla vescica
all'ombelico regrediscono, si sclerotizzano e si trasformano appunto nei legamenti ombelicali medi,
sui quali si stratifica poi il peritoneo parietale;

• le pieghe ombelicali laterali (pari), date dal passaggio dei vasi epigastrici.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 8 di 13


Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

LE FOSSETTE INGUINALI

Tra le pieghe vengono a formarsi delle fossette, pari:

• fossette inguinali mediane, tra il legamento inguinale mediano e i legamenti inguinali medi;

• fossette inguinali mediali, tra i legamenti inguinali medi e i vasi epigastrici;

• fossette inguinali laterali, lateralmente ai vasi epigastrici ed in corrispondenza dell'anello inguinale


profondo.

Come riferimento, si tenga presente che i vasi epigastrici prendono rapporti con i muscoli retti dell'addome.

Si è detto che un'ernia può forzare sia medialmente che lateralmente ai vasi epigastrici nella regione della
falce inguinale del tendine congiunto e, a seconda della zona in cui s'infila, viene detta diretta o indiretta.

RIPASSO

La faccia esterna della porzione iliaca dell'osso coxale è ricoperta dal muscolo
iliaco che si unisce allo psoas. Tra l'iliaco e lo psoas si adagia il nervo femorale, che
accompagna poi l'ileopsoas fino al legamento inguinale, passando sotto al quale
esce dalla lacuna dei muscoli.

La membrana otturatoria, che chiude il foro


otturato, ha sul suo versante esterno il muscolo otturatore esterno e su
quello interno l'otturatore interno. A circa metà altezza dell'otturatore
esterno la sua fascia di rivestimento si ispessisce, formando la linea
d'inserzione del muscolo elevatore dell'ano, quello che va a formare il
diaframma pelvico. Tale ispessimento giunge posteriormente a un punto
di repere molto importante, la
spina ischiatica. Il diaframma
pelvico si continua inferiormente con il diaframma urogenitale, che
però non lo chiude completamente, ma solamente nella sua metà
anteriore.

Da una sezione sagittale del canale inguinale se ne vedono bene:

• la parete anteriore, data dall'aponeurosi dell'obliquo esterno;

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 9 di 13


Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

• il pavimento, dato sempre dalla doccia dell'aponeurosi dell'obliquo esterno, che accoglie il
funicolo spermatico e portandosi verso la cresta pettinea si ispessisce a formare il legamento di
Cooper;

• il tetto, dato dal tendine congiunto dell'obliquo interno e del trasverso;

• la parete posteriore, data dalla fascia trasversalis con all'interno il peritoneo parietale anteriore.

IL GINOCCHIO

LA REGIONE ANTERIORE

La parte distale della coscia presenta una sporgenza mediale (data dal vasto mediale) che
arriva più in basso rispetto a quella laterale (data dal vasto laterale). Appena più in basso
è evidente l'eminenza rotulea, al di sotto della quale ne vanno ricordate altre tre:

• la tuberosità anteriore della


tibia, sulla quale si inserisce il
robusto tendine rotuleo, prosecuzione del tendine
del muscolo quadricipite femorale;

• il tubercolo di Gerdy, o tuberosità laterale della


tibia;

• la testa del perone.

Il cavo popliteo ha la forma di una losanga ed è facilmente


palpabile dietro al ginocchio.

Asportando il piano cutaneo, si vede che i piani fasciali


presentano al di sotto della rotula una sorta di fascia,
costituita dai retinacoli del ginocchio o ali chirurgiche,
interna ed esterna. Sotto tale fascia, al livello pre-rotuleo,
oltre ad una borsa adiposa, è solitamente presente
(non nel 100% dei casi) anche una borsa sinoviale.
Bisogna tener presente che il nastro tendineo non è
rigorosamente saldato, tanto che ci si può infilare
dietro la punta di uno specillo.

Quattro dita trasverse più superiormente rispetto alla


rotula si trova il margine superiore muscolare del
tendine del quadricipite, e a quello stesso livello vi è
l'inserzione superiore della capsula articolare del
ginocchio. Questa anteriormente sale in alto, vista l'escursione che deve compiere l'osso.

Una decina di centimetri più medialmente rispetto al margine anteriore della rotula decorre la vena grande
safena, accompagnata dal nervo safeno, ramo del nervo femorale.

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Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

LA REGIONE LATERALE

Lateralmente si vedono la testa del perone, che dà inserzione al bicipite femorale, e la tuberosità laterale
della tibia (tubercolo di Gerdy), alla quale arrivano i fascetti del tratto ileo-tibiale e il tensore della fascia
lata. Proprio da questi fasci è costituita l'ala chirurgica esterna, che incrocia sulla linea mediana, e con l'ala
chirurgica interna forma una sorta di collare al di sotto e al davanti della rotula. Esse hanno principalmente
il compito di tenere in posizione il tendine rotuleo alla contrazione del quadricipite femorale, potente
muscolo antigravitario.

I legamenti collaterali

Si può notare la differenza tra i due legamenti:

• il legamento collaterale laterale, o collaterale fibulare, è più


stretto e più spesso;

• il legamento collaterale mediale, o collaterale tibiale, risulta


decisamente più largo e nastriforme.

LA REGIONE MEDIALE

Il profilo mediale del ginocchio


presenta la zampa d'oca. Ad essa
convergono tre muscoli, uno da ogni
loggia:

• il sartorio (anteriore);

• il gracile (mediale);

• il semitendinoso (posteriore).

Sul condilo mediale del femore c'è il


tubercolo adduttorio, su cui si
inserisce il grande adduttore.

LA ROTULA

Resecando il tendine rotuleo e ribaltando la


rotula, si vede che la sua faccia interna presenta
due emifacce, data la presenza di un margine
mediale. Tali emifacce si articolano con una
gola, scavata tra i due condili femorali, e in
basso la rotula si approfonda portandosi
posteriormente.

Tolta la rotula, si può vedere il legamento


crociato anteriore, che si va a inserire sulla
faccia mediale del condilo laterale del femore.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 11 di 13


Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

Si vede anche il menisco laterale, o esterno, che si intuisce non essere completo: infatti al suo centro è
presente un buco.

LA LOSANGA POPLITEA

L'asse della losanga poplitea è attraversato dai vasi (mediali) e dal nervo (laterale). Quest'ultimo è il nervo
ischiatico, che poi diventa peroneo comune, il quale a sua volta si divide più in basso in peroneo profondo e
peroneo superficiale. Si ricordino i margini della losanga:

• il bicipite femorale (supero-laterale), che arriva ad inserirsi sulla testa del perone;

• il semitendinoso (supero-mediale), che arriva alla zampa d'oca ed è più superficiale rispetto al
semimembranoso, che però è più largo e ha diversi capi tendinei, uno dei quali, riflettendosi
obliquamente, va a formare il pavimento profondo del cavo popliteo;

• i due gemelli o gastrocnemi (inferiori, mediale e laterale).

Addossato al muscolo bicipite femorale c'è il


nervo peroneo comune, che poi si biforca in
peroneo superficiale e peroneo profondo.
Togliendo il nervo peroneo comune, più in
profondità si possono vedere i vasi: la vena
piccola safena, che va a formare la vena
poplitea, e l'arteria poplitea. Quest'ultima
manda molti rami, sia medialmente che
lateralmente, a vascolarizzare tutta la
regione del ginocchio.

L'arteria poplitea rappresenta il piano più profondo (dall'esterno nervo-vena-arteria) e poggia sul muscolo
popliteo, diagonale.

Asportando anche l'arteria e il muscolo, si arriva finalmente all'articolazione del ginocchio. Ovviamente le
superfici articolari sono rivestite da cartilagine ialina articolare.

In una situazione di massima flessione, i condili femorali poggiano con la loro faccia posteriore.

I MENISCHI

Si noti ora la differenza tra la pianta del menisco interno e quella


del menisco esterno: il corno anteriore e il corno posteriore del
menisco esterno sono più vicini tra loro rispetto a quelli del
menisco interno. Per ricordare meglio questa conformazione, si
può tenere a mente la sigla O.E.C.I., ossia O-Esterno, C-Interno: il
menisco esterno, più chiuso, ha la forma di una O, mentre il
menisco interno, più aperto, può essere paragonato ad una C.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08.it 12 di 13


Anatomia ANA21d – CANALE INGUINALE E GINOCCHIO (22set2011)

Dietro al menisco mediale si trova


il tendine del muscolo
semimembranoso.

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ANATOMIA – “APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 1”

ID lezione ANS22 Modulo Splancnologia


Data lezione 11 maggio 2011
Autore Giulia Leoni
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Apparato cardiocircolatorio: cuore, sistole e diastole, rivestimento del cuore,
Argomento
valvoledel cuore, pressione nei capillari

APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO

Il cuore è una pompa che serve ad inviare il sangue verso la periferia e a riceverlo da essa. Il sangue è tra -
sportato alla periferia grazie a dei vasi specifici, le arterie.

Classificazione dei vasi: Sono arterie tutti i vasi che partono dal cuore e portano sangue verso la periferia.
Sono vene tutti i vasi che partono dalla periferia e portano il sangue al cuore.

IL CUORE

Il cuore è un organo composto da 4 camere. Due a destra e due a sinistra. Le camere di destra possono co -
municare tra loro, così come le camere di sinistra. Non ci sono vie di comunicazione tra le camere di destra
e quelle di sinistra, in quanto le camere di destra sono separate da quelle di sinistra dal cosiddetto tramez-
zo del cuore. Le due camere superiori sono chiamate atri; le inferiori sono chiamate ventricoli.

Immaginiamo che ci sia un’arteria che porti il sangue alla periferia, verso l’arto inferiore. Il sangue parte dal
ventricolo di sinistra e, attraverso un’arteria, sarà portato verso l’arto inferiore. Quando il sangue sta per
arrivare all’organo bersaglio, i vasi rimpiccioliscono in dimensioni. Questo effetto aumenta fino alla forma-
zione dei capillari, piccoli vasi con diametro che permette il passaggio da 1 a 3 eritrociti contemporanea-
mente. I capillari giungono ad irrorare efficacemente tutte le cellule dell’organo.

Ricapitolando: dal cuore di sinistra partono le arterie con sangue carico di ossigeno; queste giungono all’or -
gano bersaglio, si diramano diventando sempre più piccole, fino a divenire capillari che rilasciano ossigeno
alle cellule; rilasciano ossigeno e lentamente si caricano di anidride carbonica. Il sangue carico di CO 2 lascia
l’organo bersaglio e si dirige verso il cuore. Il sistema di ritorno verso il cuore è formato da un sistema di
vene che (per ora) chiameremo genericamente sistema delle vene cave. Le vene cave sono due, una infe-
riore e una superiore. Queste vene giungono all’atrio di destra. Dall’atrio di destra, il sangue carico di CO 2
ha bisogno di essere ossigenato. Per l’ossigenazione del sangue siamo forniti di un solo organo deputato, i
polmoni, quindi è chiaro che il cuore deve inviare il sangue ricco di CO 2 ai polmoni per farlo ossigenare e
rinviarlo perifericamente. Il sangue passa dall’atrio di destra al ventricolo di destra e da qui, attraverso
un’arteria, arriverà ai polmoni.

[Perché arteria? Perché va dal cuore alla periferia.]

Quest’arteria, l’arteria polmonare (indicata con A.P.) porta il sangue a entrambi i polmoni. Giungendo ai
polmoni, il diametro delle arterie diminuisce fino a diventare capillari, ma aumenta il numero dei vasi. Que -
sti rilasceranno CO2 in una prima fase e prenderanno O 2 in una seconda fase. Dopo la seconda fase, il san-
Anatomia ANS22 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 1 (11mag2011)

gue verrà riportato al cuore, giungendo all’atrio di sinistra, attraverso le 4 vene polmonari. Dall’atrio di sini -
stra il sangue passa al ventricolo di sinistra e il circolo riparte.

Territori di irrorazione

Ci sono due grandi territori di irrorazione:

• il grande circolo, che può riguardare qualsiasi organo;

• il piccolo circolo, che corrisponde alla circolazione polmonare. Il piccolo


circolo è altamente specializzato nell’ossigenare il sangue e riguarda i pol-
moni.

Noi non viviamo solo di ossigeno e anidride carbonica, ma abbiamo bisogno di al-
tre sostanze nutritizie, che devono entrare nel nostro organismo tramite l’alimen-
tazione. Con la dieta immettiamo sostanze che non sono già pronte per essere as-
sorbite ma che molto spesso devono essere modificate chimicamente. La più gran-
de “centrale chimica” del nostro organismo è il fegato. Il sangue assorbito dall’apparato digerente con tutte
le sostanze varie, deve passare attraverso il fegato. Qui possono essere detossificate e immagazzinate. In
ogni caso il fegato svolge una funzione importante.

Il sangue parte da un grande vaso, l’aorta, che origina dalla parte dinistra del cuore. Un ramo dell’aorta por-
ta sangue a una parte dell’intestino. Si formano i capillari che rilasciano ossigeno e si caricano di sostanze
nutritizie. Una vena, la vena porta (VP) trasporta sangue ricco di CO 2 e sostanze nutritizie dall’intestino al
fegato. Qui, la vena si ramifica in sottilissimi capillari che hanno il vantaggio di poter rilasciare le varie so-
stanze alle cellule epatiche, che le assorbono e le detossificano. Subita la trasformazione biochimica, le so -
stanze lasciano il fegato soprattutto grazie alle vene epatiche (o sovraepatiche), che poi si gettano nel siste-
ma delle vene cave.

Ricapitolando: la vena porta è un vaso molto importante che origina a livello dell’apparato digerente e por-
ta il sangue ricco di sostanze nutritizie dall’apparato digerente stesso fino al fegato, permettendo a que-
st’ultimo di elaborarle chimicamente e renderle utilizzabili dalle cellule dei vari tessuti.

Arterie, arteriole e capillari: cenni sulla struttura

Le arterie hanno una parete interna formata da endotelio, una intermedia formata da muscolatura e una
esterna, l’avventizia. A mano a mano che il diametro dell’arteria diminuisce, le pareti diventano più sottili e
si parla di arteriole. Le arteriole hanno la caratteristica di avere da uno a tre strati di cellule muscolari lisce
(se ne hanno 4 sono arterie). Dall’arteriola si forma il capillare. Nel capillare scorrono:

• cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi, ecc);

• proteine (albumina, fibrinogeno, globuline, anticorpi, ecc);

• plasma.

Che cosa avviene nei capillari

Nella prima parte del capillare (ricordiamoci che il capillare ha una parete sottilissima, non ci sono più le
cellule muscolari lisce intorno al vaso) esisterà una pressione, chiamata pressione idrostatica (Pidrostatica),
Autore: Giulia Leoni per Medicina08 2 di 6
Anatomia ANS22 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 1 (11mag2011)

creata dal liquido che “sbatte” contro le pareti. Essendo le pareti del capillare piuttosto sottili, la P idrostatica
permetterà la fuoriuscita del liquido e delle sostanze nutritizie in esse contenute. Liquidi e sostanze nutriti -
zie fuoriusciti andranno a bagnare le cellule circostanti. Quindi, nella prima parte del capillare la P idrostatica
sarà molto elevata ma, man mano che si scorre lungo il capillare, questa diminuirà (causa la fuoriuscita di li -
quido nella prima parte).

L’altra pressione esistente all’interno del capillare è quella colloidoosmotica o oncotica (Poncotica). Questa è
data dalle proteine presenti nel vaso, le quali tendono a trattenere i liquidi all’interno del vaso stesso.

Perciò all’interno del vaso si hanno due diverse pressioni:

• Pidrostatica : tende a far fuoriuscire i liquidi fuori dal vaso;

• Poncotica : tende a trattenere i liquidi nel vaso

Nella prima parte del percorso del capillare prevale la P idrostatica, cioè prevale la tendenza del liquido ad usci-
re, successivamente la Pidrostatica diminuisce, ma quella oncotica rimane stabile.
Circa a metà del capillare si avrà che P oncotica > Pidrostatica e quindi il liquido fuoriuscito sarà richiamato dall’e-
sterno. Dopodiché si arriva ad una venula postcapillare.

I liquidi usciti dal capillare grazie alla P idrostatica rientreranno tutti? No, rima-
ne un 10% di liquidi all’esterno. Questo 10% aumenta a ogni passaggio di
sangue e quindi in poco tempo si arriverebbe ad una quantità di liquidi
tale da comprimere e uccidere le cellule. Per questo motivo il 10% deve es-
sere drenato dal tessuto. Il sistema linfatico, rappresentato da vasi che
hanno una parete molto lassa e con apertura tra cellula e cellula, serve
proprio a questo scopo. Il sistema linfatico si organizza con il cardiocircola -
torio; infatti, tutti i liquidi drenati sono poi riversati nel sistema venoso.

Correlazione tra sbilanciamento delle pressioni e patologie

La “questione” dei liquidi è legata all’equilibrio tra P oncotica e Pidrostatica. E’ evidente che la mancanza di proteine
causi una bassa Poncotica. Se Pidrostatica >> Poncotica rimane fuori il 30-40% di liquidi invece del 10% fisiologico. Indi-
vidui con alta pressione sanguigna hanno una talmente elevata P idrostatica da far si che, anche a metà del vaso,
la Pidrostatica sia superiore all’oncotica e quindi basso rientro di liquidi. Dopo un certo periodo, questi individui
hanno gli arti gonfi a causa dell’accumulo di liquidi nell’area (per verificare si preme con un dito sull’area
per vedere se resta l’impronta).

Ritornando al cuore: il cuore è l’organo per eccellenza della circolazione sanguigna. Pesa circa 300-350
grammi. Si trova nel torace in posizione sinistra, nettamente spostato verso il polmone sinistro che, infatti,
è più piccolo del destro. Il solco interventricolare anteriore corrisponde esternamente al limite tra ventri-
colo di destra e ventricolo di sinistra, e si porta fino alla vicinanza della punta del cuore. Solitamente è pie -
no di tessuto adiposo. Le auricole o orecchiette di destra e sinistra appartengono al sistema degli atri e
sono delle camere aggiuntive che si pongono al davanti del cuore. L’arteria polmonare origina dal ventrico-
lo di destra e sotto all’aorta si divide in un ramo per il polmone destro e uno per il sinistro.

Dai ventricoli originano due grandi vasi, uno dal destro, uno dal sinistro: dal sinistro origina l’aorta, il più im -
portante vaso arterioso dell’organismo, dal destro origina l’arteria polmonare che poi si divide in due rami.

Autore: Giulia Leoni per Medicina08 3 di 6


Anatomia ANS22 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 1 (11mag2011)

Agli atri giungono dei vasi. La vena cava superiore è un vaso che raccoglie sangue principalmente dalla te-
sta e dall’arto superiore. Esiste anche una vena cava inferiore, che raccoglie il sangue dall’addome e dagli
arti inferiori. Queste due vene giungono all’atrio di destra. Le vene che dai polmoni giungono all’atrio di si -
nistra sono quattro, due dal destro e due dal sinistro.

Aorta e arterie polmonari sono arterie di tipo elastico: questo significa che nella parete media di questi vasi
si trovano tantissime fibre elastiche; questo li rende vasi fortemente dilatabili. Le arterie continuano ad es -
sere elastiche fino ad una certa distanza dal cuore. Da una determinata distanza in poi diventano arterie di
tipo muscolare, caratterizzate da molte cellule muscolari e poche fibre elastiche.

All’origine dell’arteria polmonare c’è una specie di rilievo chiamato infundibulum. Esiste un solco tra l’atrio
e il ventricolo di destra chiamato solco atrio-ventricolare coronarico di destra: è chiamato coronarico per-
ché nel mezzo passa la arteria coronaria.

E’ possibile il passaggio tra atrio e ventricolo di destra e tra atrio e ventricolo di sinistra grazie all’esistenza
delle valvole atrio-ventricolari che si aprono e si chiudono:

• la valvola atrio-ventricolare di destra è la valvola tricuspide o atrio-ventricolare di destra.


È formata da tre lembi valvolari: uno si attacca al tramezzo del cuore ed è chiamato setto interatria -
le; oltre a questo ce ne sono uno anteriore e uno posteriore;

• la valvola atrio-ventricolare di sinistra è la valvola mitrale, formata da due soli lembi.

Sistole e diastole

Il cuore si contrae, sistole e si rilassa, diastole .

Atrio di destra in diastole: arriva il sangue dalle vene cave. L’atrio di destra fa passare il sangue nel ventrico -
lo di destra (la stessa cosa, contemporaneamente avviene a sinistra). Il ventricolo di destra si riempie fino a
quando la dilatazione è talmente forte da far si che la muscolatura inizi a contrarsi. Il sangue viene spinto
verso l’alto e i tre lembi valvolari vengono chiusi così da impedire il passaggio retrogrado. Il sangue va verso
l’arteria polmonare in cui c’è una valvola, la semilunare della polmonare, composta anch’essa da tre lembi,
che sono posti al contrario di quelli delle atrio ventricolari. Il sangue passa nell’arteria polmonare, giunge ai
polmoni e torna all’atrio di sinistra. Avverrà di nuovo la sistole e il sangue verrà spinto, stavolta, nell’aorta.
Anche alla base dell’aorta c’è una valvola, detta semilunare dell’aorta, che ha struttura simile alla polmona-
re.

La colonna di sangue va nell’aorta, la colonna sale, dilata l’aorta (ricordare, vaso elastico) che si restringe
subito dopo la fine della spinta. Per un momento la colonna, finita la spinta da parte del ventricolo, tenderà
a tornare indietro. Immediatamente riempie i lembi valvolari che quindi si chiudono, impedendo che il ven -
tricolo si riempia di sangue proveniente dall’aorta. Lo stesso meccanismo avviene nella parte destra: il san-
gue parte dal ventricolo di destra, sale nell’arteria polmonare, anche essa vaso elastico, che si dilata, facili -
tando l’invio del sangue ai polmoni e nello stesso tempo, nel momento in cui si restringe, la colonna di san -
gue tenderà a ritornare indietro per una frazione di secondo e sbatterà contro i lembi valvolari della semilu -
nare polmonare che si chiuderanno, impedendo il reflusso al ventricolo di destra. Sistole e diastole sono
contemporanee nei ventricoli mentre gli atrii hanno un comportamento diverso, ma comunque molto sem -
plice.

Ritorniamo al riempimento di uno dei ventricoli, ad esempio quello di destra. Si riempie il ventricolo di de -

Autore: Giulia Leoni per Medicina08 4 di 6


Anatomia ANS22 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 1 (11mag2011)

stra; nell’ultima fase della diastole ventricolare le pareti degli atri si contraggono e sbattono l’ultima parte
di sangue che ancora contengono dentro i ventricoli; a questo punto la dilatazione dei ventricoli è massima
e inizia la sistole. Quindi, la sistole atriale precede di pochissimo la sistole ventricolare perché avviene nel-
l’ultima fase della diastole ventricolare.

È ovvio che la sistole dei ventricoli è uguale sia a destra che a sinistra, così come la sistole negli atri avviene
contemporaneamente a destra e sinistra. Però sistole atriale e ventricolare non sono contemporanee.

Quando il sangue spinge contro una delle valvole atrio ventricolari è difficile immaginare che i lembi valvo -
lari si chiudano perfettamente. C’è il rischio che siano sbattuti verso l’alto, con la spinta proveniente da sot -
to. Questa possibilità è reale ma impedita da strutture specifiche: sono delle corde tendinee, strutture fili -
formi molto sottili che agganciano soprattutto il margine libero dei lembi valvolari alla parete del ventrico-
lo. Queste corde tendinee si inseriscono su strutture molto sottili, i muscoli papillari. Le corde tendinee tese
impediscono che il lembo si fletta verso l’alto, perché in quel caso il sangue passerebbe nell’atrio stesso.

Rivestimento del cuore

Tutto il cuore è rivestito da endotelio. E’ un vaso modificato quindi ha tutte le strutture dei vasi. Interna -
mente è rivestito da endotelio, più esternamente dalla muscolatura che nel caso del cuore si chiama mio-
cardio e esternamente dal pericardio.

Durante la diastole ventricolare, il sangue entra nell’atrio. Non esistono valvole all’interno della base delle
cave superiore e inferiore quindi il sangue circola liberamente.

Quando si parla di sistole cardiaca, si intende sempre la sistole dei ventricoli. Si deve specificare sistole
atriale o ventricolare se si intende altro. La cavità dei ventricoli non è una cavità liscia, l’esistenza dei mu-
scoli papillari e delle corde tendinee fa capire che si tratta di una cavità anfrattuosa. Le anfrattuosità sono
ancora di più, si parla di colonne carnose presenti in entrambi i ventricoli. Queste colonne sono di tre tipi:

1. I ordine: quello delle corde tendinee e dei muscoli papillari;

2. II ordine: è una muscolatura che forma un arco chiamato colonna libera che si inserisce in due punti
della parete ventricolare. Questa colonna libera può essere un solo arco o due messi in sequenza.
Tra queste ce n’è una importantissima, molto sviluppata nel ventricolo di destra, che si chiama tra-
becola di Leonardo da Vinci o fascio moderatore. È una colonna carnosa con molti archi ed è im-
portante perché si ritiene che limiti la dilatazione del ventricolo tenendo fissi due punti della parete
e che faciliti la contrazione del ventricolo, contribuendo all’avvicinamento dei due punti;

3. III ordine: chiamate anche colonne murali, sono degli ispessimenti della parete ventricolare.

Dettaglio delle valvole semilunari aortica e polmonare

I lembi valvolari sono come dei nidi di rondine e hanno al centro un inspessimento che permette un mag -
giore contatto quando le valvole si chiudono. Appena sopra la semilunare aortica ci sono due aperture, una
a destra e una a sinistra, che costituiscono l’origine delle arterie coronariche.

Il sangue va nelle coronarie non nel momento della sistole, ma nel momento in cui la sistole è terminata e
la colonna di sangue torna indietro riempendo i lembi delle semilunari e nello stesso tempo entra nelle co -
ronarie permettendo l’inizio dell’ossigenazione del cuore.

Autore: Giulia Leoni per Medicina08 5 di 6


Anatomia ANS22 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 1 (11mag2011)

Chiusura e apertura delle valvole in sistole/diastole

• Diastole ventricolare: valvole atrioventricolari aperte, valvole semilunari chiuse.

• Sistole ventricolare: valvole atrioventricolari chiuse, valvole semilunari aperte insieme a valvola pol -
monare e aortica.

Proiezione del cuore sulla superficie del torace

• Parte sinistra → limite superiore: cartilagine della seconda costa di sinistra a 3-4 cm dal piano sagit -
tale mediano; limite inferiore: a livello del 5° spazio intercostale a circa 9 cm dal piano sagittale me -
diano;

• Parte destra → limite superiore: cartilagine della 3° costa a 3 cm circa dal piano sagittale mediano;
limite inferiore: cartilagine della 6° costa a 3 cm dal piano sagittale mediano.

Autore: Giulia Leoni per Medicina08 6 di 6


ANATOMIA – “APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2”

ID lezione ANS23 Modulo Splancnologia


Data lezione 12 maggio 2011
Autore Francesca Gonnelli
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Rumore cardiaco, mediastino, tramezzo del cuore, tessuto di conduzione
Argomento specifico del cuore, ossigenazione del cuore (coronarie), struttura esterna del
cuore.

RUMORE CARDIACO

Riprendiamo da dove ci siamo lasciati


ieri, quando abbiamo visto l’immagine
della proiezione dell’area cardiaca sulla
superficie del torace. Da questa proiezio-
ne si nota che le pareti laterali sono piut-
tosto convesse, mentre quelle superiore
e inferiore sono delimitate da linee pres-
soché diritte.

Ieri abbiamo anche visto il limite esatto


del cuore, che può essere paragonato a
una specie di quadrato, mentre adesso
andiamo a osservare i punti dove si pro-
iettano esattamente i suoni propri delle
valvole, che prendono il nome di rumore
cardiaco: questi punti indicano dove è
possibile sentire in maniera ottimale il ru-
more della valvola, utilizzando l’endoscopio. Le quattro valvole possono essere percepire in questi punti:

• mitrale → 5-6° spazio intercostale;

• tricuspide → 7° spazio intercostale, vicino al processo xifoideo dello sterno;

• polmonare → 2° spazio intercostale di sinistra;

• semilunare aortica → 2° spazio intercostale di destra, vicino allo sterno.

In poche parole, la posizione anatomica delle valvole non coincide affatto con il punto in cui si può udire
meglio il rumore cardiaco, eliminando il più possibile i rumori di fondo.

MEDIASTINO

Il cuore è collocato all’interno del torace, che è una cavità delimitata esternamente dalle coste, anterior -
mente dallo sterno, posteriormente dalla colonna vertebrale, nonché dai muscoli intercostali e dal muscolo
diaframma inferiormente. Questa cavità è occupata lateralmente dai polmoni, uno a destra e uno a sinistra,
i quali lasciano libero uno spazio, che è compreso fra la faccia mediastinica (lateralmente), lo sterno (ante-
Anatomia ANA23 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2 (12mag2011)

riormente), la colonna vertebrale e le coste (posteriormente): questo spazio è chiamato mediastino. Nel
mediastino, appunto, si situa, fra l’altro, il cuore.

Sul piano sagittale, lo spazio mediastinico può essere sintetizzato in que-


sto modo: al davanti abbiamo il manubrio dello sterno con l’angolo di
Louis, cioè l’angolo che si viene a creare tra il manubrio stesso e il corpo
dello sterno (facilmente palpabile), inferiormente si trova il muscolo dia-
framma che corrisponde circa a T9, mentre superiormente è delimitato
da un piano che passa fra l’incisura giugulare e il confine fra T2 e T3 (o se -
condo alcuni autori fra T1 e T2).

In verità, il mediastino può essere suddiviso in due parti ben visibili sul
piano sagittale: il mediastino superiore e il mediastino inferiore. Il limite
fra mediastino superiore e inferiore è dato da un piano che passa fra l’an -
golo di Louis e T4-T5. Questa divisione implica che, per esempio, il cuore si troverà nel mediastino inferiore
e che l’arco dell’aorta si collocherà nel mediastino superiore; scendendo, l’aorta, posizionandosi dietro al
cuore, diventa aorta discendente toracica e si viene a trovare nel mediastino inferiore. Naturalmente molti
altri organi si troveranno nel mediastino superiore, come anche nel mediastino inferiore.

Analizzando il tutto in sezione coronale (abbastanza vicino al diaframma), prendendo sempre in considera -
zione la posizione del cuore all’interno del torace (affiancato dai polmoni con le loro pleure viscerale e pa -
rietale) vediamo altre strutture che si collocano in vicinanza del cuore, come per esempio i nervi frenici che
hanno a che fare con l’innervazione del pericardio e, soprattutto, del diaframma. A questo riguardo occorre
ricordare che il nervo frenico di sinistra termina a livello del diaframma, mentre quello di destra passa nel -
l’addome e sarà responsabile dell’innervazione delle vie biliari. Come detto in precedenza l’aorta discen -
dente passa dietro al cuore; questa si trova al davanti del sistema della vena Azygos, il quale è collocato in
vicinanza della colonna vertebrale. Dietro al cuore si trova inoltre l’esofago, che scende nel mediastino su -
periore e poi in quello inferiore e si porta dietro al cuore proprio nella parte bassa del mediastino inferiore.

C’è, inoltre, da dire che il mediastino inferiore generalmente viene diviso in tre spazi, i cui limiti sono segna -
ti dalla posizione del cuore:

• il mediastino inferiore anteriore comprende tutto ciò che è al davanti del cuore: per esempio, die-
tro lo sterno troveremo il timo;

• il mediastino inferiore medio è individuato dallo spazio in cui è collocato proprio il cuore, con altre
strutture come i nervi frenici;

• il mediastino inferiore posteriore comprende tutto ciò che si trova dietro al cuore, come per esem-
pio l’esofago.

N.B. In alcuni testi anche la parte del mediastino superiore può essere divisa in tre parti, che però sono
meno precise rispetto a quelle del mediastino inferiore: semplicemente ci si limita a dire che alcuni organi
sono posti più anteriormente e altri più posteriormente.

Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08 2 di 9


Anatomia ANA23 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2 (12mag2011)

COLLOCAZIONE DELLE STRUTTURE ALL’INTERNO DEI VARI SPAZI DEL MEDIASTINO

Mediastino superiore

• Arco dell’aorta

• Tronco brachio-cefalico

• Parte iniziale dell’arteria carotide comune sinistra

• Arteria succlavia sinistra

• Vena cava superiore

• Vene brachio-cefaliche

• Timo

• Nervi vaghi (X paio di nervi cranici)

• Nervo laringeo ricorrente sinistro

• Nervi cardiaci

• Nervi frenici, che si trovano anche nel mediastino inferiore

• Trachea, che per metà è nel collo e per metà nel mediastino superiore, ove termina

• Esofago, che prosegue anche nel mediastino inferiore

• Dotto toracico, che è un importante dotto linfatico

Mediastino inferiore anteriore

• Connettivo lasso tra sterno e pericardio

• Timo

• Vasi linfatici

• Piccoli vasi

Il mediastino infero-anteriore è uno spazio che, fatta eccezione per il timo, non contiene organi estrema -
mente rilevanti.

Mediastino inferiore medio

• Cuore e pericardio

• Aorta ascendente

• Ultimo tratto della vena cava superiore

• Vena azygos
Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08 3 di 9
Anatomia ANA23 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2 (12mag2011)

• Tronco della polmonare con le sue diramazione: come già detto nelle precedenti lezioni, partendo
dal ventricolo di destra, si porta sotto l’arco dell’aorta per poi dividersi in due rami, uno per il pol -
mone destro e uno per il polmone sinistro

• Vene polmonari (due per ogni polmone), le quali giungono all’atrio sinistro e portano sangue ossi-
genato al cuore

• Nervi frenici con i vasi pericardio-frenici, cioè vasi che irrorano pericardio e diaframma

Mediastino inferiore posteriore

• Esofago

• Nervi vaghi

• Aorta toracica con le sue diramazioni

• Dotto toracico

• Vena azygos

• Vena emiazygos

• Tronco simpatico e nervi splancnici maggiori e minori

[La vena cava superiore viene formata da una serie di vene, le vene brachio-cefaliche, che si trovano tutte
dietro il manubrio dello sterno.]

TRAMEZZO DEL CUORE

È la parete che divide il cuore destro dal cuore sinistro, ovvero l’atrio destro dall’atrio sinistro e il ventricolo
destro dal ventricolo sinistro. Come nomenclatura, la parte del tramezzo del cuore che divide gli atri è detta
setto interatriale, mentre quella che divide i ventricoli prende il nome di setto interventricolare.

Il tramezzo del cuore, partendo dalla punta del cuore, dove è abbastanza spesso, si porta verso la base dei
ventricoli, cioè in vicinanza delle valvole atrioventricolari, e si assottiglia leggermente. Resta una parte,
chiamata pars membranacea, la quale è sottilissima ma abbastanza ampia (ca. 20 mmq) ed è collocata
poco al di sotto della valvola semilunare aortica e superiormente alla valvola atrioventricolare di destra.
Questa componente è di fondamentale importanza per il funzionamento del miocardio specifico, poiché,
come vedremo, esiste un pace-maker del cuore (il nodo del seno atriale) che trasmette lo stimolo di con-
trazione anche al ventricolo sinistro proprio grazie alla pars membranacea.

[Prendendo un ago e immaginando trovarci all’interno dell’atrio destro e di bucare a livello del setto intera -
triale, all’altezza del pavimento dell’atrio destro, teoricamente ci aspetteremmo di entrare con l’ago a livel -
lo del pavimento dell’atrio sinistro; in realtà, l’ago sbuca nella parte alta, ovvero posteriore, del ventricolo
di sinistra. Questo sta a indicare che i due ventricoli e i due atri non sono esattamente paralleli, perché il
ventricolo sinistro è più grande e quindi si porta un po’ più indietro rispetto al ventricolo di destra (NdF: ri-
cordare la posizione orizzontale del cuore!!!!!). Anche la posizione della pars membranacea rispetto alle
due valvole conferma che il ventricolo sinistro è più grande del destro.]

Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08 4 di 9


Anatomia ANA23 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2 (12mag2011)

Il tramezzo del cuore non va giù dritto, ma forma una convessità verso destra, il che indica che la cavità del
ventricolo sinistro è più ampia. Per concludere, il tramezzo del cuore si compone della pars membranacea,
che è soprattutto vicina all’area delle valvole atrioventricolari e di una pars muscularis, che corrisponde a
tutto il resto, cioè alla parte muscolare.

N.B. la pars membranacea è talmente sottile da esser composta solo da poche cellule, che separano cuore
destro e sinistro.

TESSUTO DI CONDUZIONE SPECIFICO DEL CUORE

Prendendo il cuore e togliendolo dall’organismo in cui si trova, se lo si pone in una soluzione fisiologica,
questo continuerà a contrarsi: questo indica che questo organo funziona indipendentemente dal SNC o dal
SNP, perciò ha un suo proprio pacemaker che gli permette di contrarsi a un ritmo di circa 70 bpm. Questo
naturalmente ha un’importanza notevole, poiché indica che il cuore ha una sua vitalità, anche se, ovvia-
mente, lasciando il cuore in soluzione, questo dopo una settimana circa smetterà di battere. Il sistema ner -
voso può agire sul cuore solo aumentando o diminuendo la frequenza dei battiti, poiché, dato che è presen-
te comunque una frequenza di base, sarà possibile regolare solo quella frequenza di base. Per esempio, se
dovessimo incontrare una tigre, la frequenza cardiaca aumenterà notevolmente e questo avviene a seguito
di uno stimolo nervoso.

Tutto questo sistema che permette al cuore di regolare autonomamente la sua contrazione è azionato da
cellule specializzate che si trovano a livello del miocardio (miocardio specifico o tessuto di conduzione spe-
cifico del cuore), le quali stimolano il cuore a contrarsi.

[Come sappiamo i cardiomiociti sono in comunicazione fra loro grazie a gap junctions e perciò si comporta -
no come un sincizio funzionale. Inoltre, presa in considerazione una cellula cardiaca con la sua classica for -
ma a Y, questa è composta da tutta una serie di sarcomeri affiancati e delimitati dalle linee Z, che fungono
anche da limite per la membrana: se la linea Z non coincidesse con il termine della cellula (membrana pla -
smatica), il cardiomiocita non potrebbe contrarsi.]

Tornando al pacemaker del cuore, che è il nodo del


seno atriale, questo invia tutta una serie di segnali a
tutte le cellule specializzate nel portare questo segna-
le (sono cellule muscolari poste nella parete del tra-
mezzo); queste cellule lo trasducono a un altro pace-
maker che si trova a livello della valvola atrioventrico-
lare di destra: questo prende il nome di nodo atrio-
ventricolare (o nodo di Aschoff-Tawara) proprio per-
ché si trova al confine tra l’atrio e il ventricolo. Dal
nodo atrioventricolare partirà un segnale per il ventri-
colo destro e uno per il ventricolo sinistro. Sappiamo
però che il nodo atrioventricolare si trova a destra, il
che significa che questo segnale deve poter passare a
sinistra: questo è possibile grazie all’esistenza della
pars membranacea, che è talmente sottile da poter trasdurre il segnale di cellule, tutte appartenenti al mio -
cardio (N.B. il sistema del conduzione del cuore è tutto a livello del miocardio!!!!), anche al cuore sinistro,
stimolando il ventricolo sinistro.
Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08 5 di 9
Anatomia ANA23 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2 (12mag2011)

RIASSUMENDO:

Come abbiamo detto, esiste un centro di stimolo che è il nodo del seno atriale; questo è posto a livello dello
sbocco della cava superiore ed è un vero e proprio pacemaker che invia segnali che viaggiano tra cellule al -
tamente modificate del miocardio (sono cellule sparse in tutti gli atri). Queste cellule portano il segnale al
secondo centro di stimolo che è il nodo atrioventricolare, posto medialmente alla valvola atrioventricolare
di destra e lateralmente al setto interatriale. Sappiamo che proprio a quel livello si trova la pars membrana -
cea, grazie alla quale è possibile portare il segnale da destra a sinistra: dal nodo atrioventricolare parte un
grosso fascio che passa anche a sinistra e che prende il nome di fascio di His; questo fascio, che è piuttosto
breve, si divide in due branche, una a destra, che giunge al ventricolo destro, e una a sinistra, che attraversa
la pars membranacea e raggiunge il ventricolo sinistro.

Queste branche non sono altro che una sequela, un cordone di cellule modificate del miocardio, capaci di
condurre lo stimolo e portarlo fino ai muscoli papillari dei ventricoli. Qui le fibre del miocardio specifico
sono sottilissime e raggiungono il miocardio comune: queste fibre prendono il nome di fibre del Punkinje.
Questo tessuto di conduzione specifico del cuore ha delle frequenze ben specifiche:

• nodo del seno atriale = 70 bpm;

• nodo atrioventricolare = 40 bpm (funziona come pacemaker qualora fosse “distrutto” il nodo del
seno atriale e permette di preservare la contrazione del cuore, sebbene a frequenza più bassa);

• fascio di His = 30 bpm (funziona in assenza sia del nodo del seno atriale, sia del nodo atrioventrico -
lare).

Questi dispositivi fungono da sistemi di sicurezza che proteggono il cuore, mantenendo sempre un minimo
di contrazione.

Ricordiamo che le due branche che si dipartono dal fascio di His decorrono a livello del miocardio, immedia -
tamente al di sotto dell’endocardio e perciò sono abbastanza interne.

OSSIGENAZIONE DEL CUORE: LE CORONARIE

L’origine delle arterie coronarie si trova immediatamente al di sopra della valvola semilunare aortica. Seb -
bene in alcuni casi piuttosto rari si possono trovare in numero di tre, nella maggior parte dei casi abbiamo
due coronarie, una a destra e una a sinistra; queste si portano in superficie a irrorare varie parti del cuore,
grazie ai loro rami, dopodiché entrano anche all’interno della muscolatura a irrorare il setto interatriale, il
setto interventricolare, ecc.

• CORONARIA DESTRA → decorre al confine tra atrio e ventricolo, in superficie (a livello del solco
atrioventricolare coronarico) e da qui partono vari rami, tra i quali uno per il ventricolo destro
(ramo ventricolare destro) e uno più in basso che è il ramo marginale destro. Inoltre, la coronaria
di destra si porta posteriormente al cuore, raggiungendo varie strutture tra le quali il nodo di
Aschoff-Tawara e il fascio di His.

[Esistono numerose variazioni individuali delle coronarie, che sono già evidenti nelle arterie ma ancor più
nelle vene. La versione qui riportata è quella considerata più comune.]

• CORONARIA SINISTRA → si dirama immediatamente in tre grandi rami principali:


Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08 6 di 9
Anatomia ANA23 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2 (12mag2011)

1. ramo interventricolare anteriore: discende nel solco interventricolare anteriore, arriva fino alla
punta del cuore e le passa sotto per tornare dietro;

2. ramo diagonale: parte dalla interventricolare anteriore e irrora la parte sinistra del ventricolo sini -
stro;

3. ramo circonflesso: passa al di sotto dell’orecchietta di sinistra e si porta posteriormente al cuore.

Per quanto riguarda il ritorno venoso, questi vasi decorrono parallelamente alle arterie coronarie, perciò
avranno gli stessi nomi delle rispettive arterie. In particolare, vi è un vaso importante, la grande vena coro-
naria, che decorre nel solco interventricolare anteriore; partendo dalla punta, si porta verso l’alto, gira po-
steriormente, si allarga al confine tra
atrio e ventricolo (solco atrioventricolare
posteriore) a livello del seno coronario,
ove giungono anche le altre vene corona-
rie. Il seno coronario, carico di sangue ric-
co di anidride carbonica, sbocca nell’atrio
destro.

[Poiché le coronarie si portano dalla su-


perficie verso l’interno, un’occlusione dei
vasi a livello superficiale comporterà dan-
ni ingenti, a volte recuperabili, altre no,
che provocheranno necrosi del tessuto
interessato dal ramo danneggiato.]

Territorio di irrorazione dei vasi coronarici

In alcuni casi può prevalere una coronaria rispetto all’altra: presi in esame due casi estremi, può verificarsi il
caso in cui prevalga nettamente la coronaria di destra, che può arrivare a irrorare anche parte del cuore si -
nistro, oppure può avvenire che la coronaria sinistra prevale su quella destra, così che il territorio di irrora -

Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08 7 di 9


Anatomia ANA23 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2 (12mag2011)

zione della coronaria destra è molto piccolo, rispetto a quello della sinistra. Naturalmente esistono casi in -
termedi (per il 70% circa), sebbene i casi estremi non sono rari, bensì rappresentano più o meno il 30% dei
casi.

SUPERFICIE ESTERNA DEL CUORE

Il cuore è posizionato orizzontalmente, perciò possiamo immaginare che ci sia un asse che va dalla parte
posteriore alla punta, con un andamento dall’alto verso il basso e da destra verso sinistra. La superficie
esterna del cuore è una piramide a base triangolare che presenterà:

• una faccia antero-superiore/ sterno-costale;

• una faccia postero-inferiore/diaframmatica;

• una faccia sinistra/polmonare;

• un margine destro acuto;

• un margine sinistro inferiore;

• un margine sinistro superiore;

• una base;

• un apice, cioè la punta del cuore (vi parte la contrazione dei ventricoli).

Descrizione dettagliata della faccia sterno-costale:

✔ porzione antero-inferiore → vi si trovano una gran parte del ventricolo destro, una minima parte
del ventricolo sinistro, il solco interventricolare anteriore, il ramo discendente della coronaria di si -
nistra (corrisponde all’arteria interventricolare anteriore), il tratto ascendente della grande vena
coronaria, alcuni vasi linfatici e l’infundibulum (slargamento che si trova all’origine dell’arteria po-
monare);

✔ porzione media → vi si trovano le origini dell’aorta e dell’arteria polmonare;

✔ porzione superiore → corrisponde ad atri e orecchiette.

(NdF: la descrizione in dettaglio è limitata a una sola faccia, perché il prof. non ha dato molto peso alla cosa.
Cito letteralmente le parole di Castellucci a riguardo: “Naturalmente possiamo andare a descrivere il cuore
con tutta questa serie di dettagli, che però trovo utile fino a un certo punto, perché tanto, a grandi linee,
quando la sapete è sufficiente, però, purtroppo, è un sistema che viene usato in diversi libri, quindi potete
trovarlo.” ).

STRUTTURE DEL CUORE (intro)

ATRIO DESTRO: può essere paragonato a un cubo.

Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08 8 di 9


Anatomia ANA23 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 2 (12mag2011)

La faccia mediale corrisponde al setto interatriale, mentre la faccia CDHG corrisponde alla valvola atrioven -
tricolare.

La prossima volta apriremo il cubo in modo da collocare le varie strutture presenti all’interno dell’atrio de -
stro.

Autore: Francesca Gonnelli per Medicina08 9 di 9


ANATOMIA – “APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 3”

ID lezione ANS24 Modulo Splancnologia


Data lezione 16 maggio 2011
Autore Ilaria Rossiello
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Il cuore: atrio destro, ventricolo destro, ventricolo sinistro, sceletro del cuore,
Argomento
pericardio, innervazione

IL CUORE

Atrio destro

Si sviluppa più inferiormente rispetto all’atrio sinistro e in posizione antero-laterale destra; possiamo stiliz -
zare l’atrio destro prendendo come modello un cubo, su di esso evidenziamo:

• una faccia anteriore: corrisponde alla valvola atrio-ventricolare;

• una faccia mediale: dove si trova il setto interatriale; mostra una rilevatezza a forma di cercine chia -
mata anello di Vieussens, che circoscrive la fossa ovale (questa struttura è il residuo di un’apertura
presente nel periodo embrionale, ma chiusa in un individuo adulto in condizioni normali);

• una faccia laterale: si affaccia sulla parte anteriore della faccia mediastinica del polmone destro;
ospita un’apertura che mette in comunicazione l’atrio destro con l’orecchietta o auricola corrispon-
dente.

L'atrio destro raccoglie lo sbocco delle due vene cave e del seno coronarico. La vena cava superiore entra,
priva di valvole, nella parte posteriore della parete superiore dell'atrio. La vena cava inferiore sbocca nella
parte posteriore al confine con la parete inferiore, la sua parte terminale presenta un cambiamento nella
conformazione identificabile in un ispessimento delle pareti tale da definirlo in alcuni testi valvola di Eusta -
chio, pur non avendo le caratteristiche proprie di una valvola. Il seno coronario (slargamento della grande
vena coronaria dietro al cuore, dove si immettono tutte le vene coronarie) entra nel cuore attraverso la
valvola di Tebesio, che impedisce il reflusso di sangue nel verso erroneo durante la sistole atriale.

Sul piano sagittale si manifesta uno sfasamento tra l’ingresso della cava superiore rispetto a quella inferio-
re; in esso origina una convessità verso l’interno della parete posteriore chiamata tubercolo intervenoso di
Lower. Tra il seno coronario e la cava inferiore c’è una piccola rilevatezza che alcuni anatomici chiamano
tendine. Mentre la superficie interna di entrambi gli atri è liscia, le orecchiette presentano delle anfrattuosi -
tà dovute alla presenza dei muscoli pettinati (rivestiti da endotelio, si dirigono dall’alto verso il basso e la -
sciano piccoli spazi l’uno dall’altro).
Anatomia ANA24 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 3 (16mag2011)

Ventricolo destro

Ha una forma piramidale, quindi possiamo distinguere una base, un apice e delle pareti: quella anteriore è
anche chiamata sterno-costale, la postero-inferiore o diaframmatica e la parete sinistra o settale. Ha uno
spessore minore delle pareti rispetto al ventricolo di sinistra perché la pressione del piccolo circolo è netta -
mente inferiore a quella che troviamo nel grande circolo, ma maggiore rispetto agli atri. Si trova inferior-
mente alla tricuspide, le altre pareti sono costituite da muscolatura miocardica con trabecole carnee di pri -
mo (muscoli papillari, da una parte si legano alla parete e dall’altra alla tricuspide per mezzo di corde tendi -
nee), secondo e terzo ordine (muscoli pettinati). La trabecola di Leonardo (dagli americani chiamata fascio
moderatore) è una colonna carnosa di secondo ordine con una sequenza di archi che impedisce un’eccessi-
va dilatazione del ventricolo destro e ne facilita la contrazione durante la sistole.

Autore: Ilaria Rossiello per Medicina08 2 di 5


Anatomia ANA24 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 3 (16mag2011)

Ventricolo sinistro

Ha la forma di un cono schiacciato, ciò spiega perché la valvola ha due lembi; anche qui possiamo individua-
re due pareti (la parete antero-laterale corrisponde alla faccia sterno-costale e al margine ottuso del cuore,
la parete infero-mediale corrisponde alla faccia diaframmatica e al setto interventricolare), due angoli (su -
periore e inferiore), una base e un apice, che corrisponde alla punta del cuore.

Scheletro del cuore

Le valvole cardiache (eccetto quella di Tebesio) sono circondate da un anello fibroso di tessuto connettivo
denso dal quale si dipartono numerosi fasci fibrosi che connettono i vari anelli o tornano all'anello di par-
tenza, formando una rete molto resistente su cui s’attaccano i muscoli atriali e ventricolari, indipendenti tra
loro per permettere una sistole asincrona. Dello scheletro del cuore fanno parte anche i due trigoni fibrosi:
il primo è compreso tra l'anello fibroso aortico, anteriormente, e quelli atrioventricolari, posteriormente; il
secondo è localizzato tra il lato posteriore sinistro dell'anello aortico e la parte anteriore dell'anello atrio -
ventricolare sinistro; il trigono sinistro è molto più piccolo di quello destro, dove passa anche parte del fa-
scio di His.

Le fibre muscolari cardiache hanno tre andamenti diversi, il più importante è quello elicoidale perché per-
mette al cuore di avvitarsi su se stesso con una contrazione che parte dalla punta, questo movimento è
detto avvitante. Le fibre si riuniscono sulla punta del cuore a formare il vortice cardiaco. La pulsazione della
punta del cuore si percepisce nell’adulto nel margine superiore della quinta cartilagine intercostale sinistra,
nel bambino invece nel quarto spazio intercostale, infine nell’anziano lo apprezziamo nel sesto spazio (ptosi
degli organi).

Pericardio

E’ una struttura fibro-sierosa (a differenza della pleura e del peritoneo) che avvolge il cuore e l’origine dei
grandi vasi (tronco della polmonare, arco dell’aorta, vene cave nella parte anteriore perché la parte poste -
riore rimane “nuda”), bisogna tenere a mente che è il cuore è un vaso modificato in cui l’endotelio non è fe -
nestrato.

Si compone di:

Autore: Ilaria Rossiello per Medicina08 3 di 5


Anatomia ANA24 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 3 (16mag2011)

1. una parte fibrosa: tessuto connettivo ricco in collagene e povero di fibre elastiche, preposta a man -
tiene il cuore nella sua giusta posizione all’interno del mediastino. Lega il cuore:

• al diaframma: mediante il legamento freno-pericardico anteriore e posteriore;

• allo sterno: attraverso il legamento sterno-pericardico inferiore che si inserisce sul corpo men-
tre il legamento sterno-pericardico superiore sul manubrio;

• alla colonna vertebrale: tramite i legamenti vertebro-pericardici che partono sia dal cuore che
dai vasi;

2. una parte sierosa: avente un foglietto viscerale o epicardio (aderisce all’organo) che si riflette all’al-
tezza dell’aorta per formare il foglietto parietale; in mezzo ai due foglietti c’è un piccolo spazio chia -
mato cavum pericardi o cavità del pericardio, con un liquido di pochissimi ml (che può aumentare
in casi patologici).

Nella cavità del pericardio si viene a creare uno spazio definito seno traverso; quando il foglietto viscerale si
flette e si continua nel parietale tra gli atri e i due vasi (aorta e vena cava superiore), questa fessura permet -
te di separare l’aorta e la cava superiore dagli altri vasi situati posteriormente.

Innervazione

Il sistema nervoso centrale può influire sulla frequenza cardiaca in maniera totalmente involontaria, ad
esempio aumentandola in risposta ad uno stress (così accade anche in altri organi: intestino e vescica).Il
battito cardiaco è regolato dal sistema nervoso vegetativo, il quale innerva gli organi interni. Si basa sul:

• sistema nervoso simpatico o ortosimpatico: aumenta la frequenza cardiaca;

• sistema nervoso parasimpatico: fa lavorare il cuore “in economia”, rallenta la frequenza cardiaca, il
maggiore rappresentante è il nervo vago.

Autore: Ilaria Rossiello per Medicina08 4 di 5


Anatomia ANA24 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 3 (16mag2011)

Essi sono antagonisti; in alcuni organi uno prevale sull’altro, in altri organi sono equamente influenti. Posso -
no avere neurotrasmettitori diversi, quindi dare stimoli dissimili, ovvero opposti ad alcuni organi bersaglio:
per esempio la digestione viene favorita e quindi l’intestino sollecitato in una situazioni di riposo e di calma,
quando il cuore non viene stimolato ad aumentare la frequenza.

Ai lati del collo discendono i due nervi vaghi (attraverso i forami giugulari) e il cordone nervoso del simpati -
co o latero-vertebrale fino alla cavità toracica, le loro diramazioni originano i plessi cardiaci: uno superficia-
le e uno profondo, molto vicini tra loro perché devono modulare finemente la frequenza cardiaca, sono po-
sti in vicinanza del cuore e trasmettono informazioni al seno atriale. Dalla porzione cervicale del vago si di -
parte il nervo cardiaco superiore, il nervo α dà origine al nervo cardiaco medio, infine dalla porzione toraci-
ca del vago nasce il nervo cardiaco inferiore. Nel collo del cordone nervoso del simpatico ci sono tre gangli
nervosi: noduli di sostanza nervosa ben palpabili e visibili ad occhio nudo. A livello dei gangli arrivano fibre
pre-gangliali (il neurotrasmettitore utilizzato è l’acetilcolina) e partono fibre post-gangliari (noradrenalina)
che trasmettono il segnale direttamente al cuore.

Autore: Ilaria Rossiello per Medicina08 5 di 5


ANATOMIA – “APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 4”

ID lezione ANS25 Modulo Splancnologia


Data lezione 18 maggio 2011
Autore Francesca Giustozzi
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Argomento Costituzione dei plessi cardiaci, circolazione fetale, arteria polmonare, aorta.

L'ultima volta abbiamo parlato del nervo vago e abbiamo detto che il ramo di destra e quello di sinistra
scendono a livello del collo, poi vanno giù nel torace. A livello del collo mandano da destra e da sinistra dei
nervi cardiaci superiori. Il nervo cardiaco medio deriva da un nervo che è un ramo del nervo vago, che per
ora chiamiamo nervo alfa, ma che poi vedremo essere il nervo laringeo ricorrente. Il nervo cardiaco inferiore
si origina dalla regione toracica del vago.

COSTITUZIONE DEI PLESSI CARDIACI

Vediamo come si formano i plessi cardiaci. Sono strutture a cui partecipano sia i nervi simpatici sia i para -
simpatici.

Vediamo che al plesso cardiaco


superficiale giungono poche fi-
bre, mentre a quello profondo
molte di più. I nervi cardiaci su-
periori vanno al plesso cardiaco
superficiale, mentre i nervi car-
diaci medi e inferiori vanno al
plesso cardiaco profondo. Ag-
giungiamo anche le fibre dell'or-
tosimpatico. Al plesso cardiaco
superficiale arriva solo il nervo
cardiaco superiore di sinistra del-
l'ortosimpatico, mentre tutti gli
altri vanno al plesso cardiaco
profondo. I plessi cardiaci super-
ficiale e profondo sono ampia-
mente collegati l'uno all'altro,
non sono plessi separati.

Per quanto riguarda il plesso cardiaco superficiale, questo è coperto dall'epicardio e si trova in vicinanza
della base cardiaca, a livello dell'arco dell'aorta, dell'arteria polmonare di sinistra e del dotto di Botallo (o
legamento di Botallo).

Si parla di dotto di Botallo nel periodo fetale e poco dopo la nascita, poi si parla sempre di legamento di
Botallo. È un vaso che mette in comunicazione la polmonare nel punto di divisione tra polmonare di sinistra
e polmonare di destra e che unisce la polmonare con l'aorta. Questo dotto di Botallo normalmente dopo la
Anatomia ANS25 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 4 (18mag2011)

nascita si occlude, diventa un legamento. Quindi parliamo di dotto di Botallo quando siamo nel periodo fe -
tale, di legamento di Botallo subito dopo la nascita. C'è qualche caso in cui il dotto permane; noi sappiamo
che alla nascita aumenta la pressione nella parte sinistra della circolazione rispetto a quella destra. In que -
sto caso, se il dotto dovesse permanere ci sarebbe del sangue che va dall'aorta alla polmonare, quindi ci
sarà un appesantimento del piccolo circolo. Per risolvere questa situazione si potrebbe intervenire chirurgi -
camente.

Ricordiamoci che siamo a livello dell'epicardio, quindi siamo molto vicini al cuore.

Il plesso cardiaco profondo si trova posteriormente e a destra dell'arco aortico. Non è più legato all'epicar-
dio. Si trova davanti alla biforcazione tracheale ed è in rapporto con la biforcazione tracheale stessa. È posi-
zionato più profondamente nel torace. In entrambi i plessi troviamo dei gangli, di numero e volume variabi-
li. Il più noto è il ganglio che appartiene al plesso superficiale. Questo vuol dire che le fibre in arrivo hanno
delle stazioni, che sono appunto questi gangli, da cui partono anche delle fibre in uscita. Il numero dei gan -
gli implica una forte modulazione dei segnali. Infatti il cuore, come anche altri organi, ha un sistema molto
sofisticato di segnali per cui c'è tutto un sistema di gangli che rappresenta proprio una centrale di smista-
mento dei segnali.

Abbiamo visto le fibre postgangliari del parasimpatico. Le fibre pregangliari del simpatico derivano dalle
corna laterali dei segmenti toracici 2 e 5 del midollo spinale.

Esiste anche un drenaggio linfatico del cuore. Bisogna ricordare che i vasi linfatici formano delle reti basali
che sono a livello
sottoepicardico,
sottoendocardico
e miocardico,
comprese le valvo-
le cardiache. Que-
ste vie linfatiche
vanno ai linfonodi
del mediastino: ci
sono stazioni linfo-
nodali a varie al-
tezze.

CIRCOLAZIONE
FETALE

La cellula uovo
una volta feconda-
ta si impianta nel-
l'utero. Questa
cellula uovo si svi-
luppa e darà luogo
all'embrione che
potrà vivere grazie
a un organo fon-
Autore: Francesca Giustozzi per Medicina08 2 di 7
Anatomia ANS25 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 4 (18mag2011)

damentale, la placenta, che ha una funzione molto complessa: funziona da fegato, da polmone, ecc. La pla-
centa si inserisce nella parete uterina permettendo lo scambio dell'ossigeno tra il sangue della madre e
quello del feto. La placenta è fatta più o meno come un disco; abbiamo una parte superiore da cui parte il
cordone ombelicale, al cui apice c'è il feto. Inoltre giungono alla placenta vasi arteriosi materni e partono
dalla placenta vasi venosi. Entro questo spazio entrerà sangue ossigenato materno che deriva dalle arterie
che irrorano l'utero e da questo spazio uscirà sangue carico di CO 2.

Il punto decisivo è lo spazio intervilloso in cui ci sono delle strutture ad albero con il tronco in alto e i rami
in basso. Alcune arrivano alla base.

Ci sono due arterie che partono dal feto e che portano il sangue attraverso il cordone ombelicale. Queste
vanno in queste strutture arborescenti che vengono chiamate villi placentari.

Andiamo ad ingrandire un villo. All'interno abbiamo vene, arterie e cellule di tessuto connettivo (stroma).
All'esterno ci sarà epitelio (è uno dei pochissimi casi in cui l'epitelio è a contatto con il sangue). Nella parte
esterna non ci sono cellule singole ma dei nuclei che costituiscono un tutt’uno: lo chiamiamo sincizio. Al di
sotto ci sono delle cellule che si chiamano citotrofloblasti le quali proliferano attivamente e man mano che
gli alberi diventano sempre più lunghi e compatti e con ramificazioni più estese queste cellule si fondono
con il sovrastante sincizio, tanto che il sincizio si ingrandisce sempre di più.

Il sangue materno circola ossigenato, bagna queste strutture, dà l'ossigeno a questa struttura che scarica
l'anidride carbonica. Praticamente questo spazio tra i villi (spazio intervilloso) serve a ossigenare il sangue
fetale che a sua volta scarica la CO 2. Il sangue fetale, una volta ossigenato, ritorna verso l'alto grazie a una
vena che decorre nel cordone ombelicale. Notiamo che nel cordone ombelicale, le arterie trasportano san-
gue ricco di CO2 mentre la vena porta sangue ossigenato, l'opposto di ciò che abbiamo nel sistema adulto.
Nel cordone abbiamo due arterie e una vena.

Autore: Francesca Giustozzi per Medicina08 3 di 7


Anatomia ANS25 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 4 (18mag2011)

Andiamo a vedere cosa succede nel cuore. La vena ombelicale, che porta sangue ossigenato al fegato (ricor -
da che nel fegato i polmoni non funzionano, si stanno solo lentamente sviluppando) andrà a portare il suo
sangue nella cava inferiore. Questa vena infatti risale nell'ombelico, si porta al fegato a cui dà un po’ di san -
gue, dopo di che si getta nella vena cava inferiore . Questa porta sangue ossigenato al cuore, che proviene
proprio dalla placenta. Giungendo in vicinanza dell'atrio di destra, la vena cava inferiore nella sua ultimissi -
ma parte ha una specie di valvola, un andamento un po' elicoidale della struttura del vaso che è particolar -
mente accentuato nel fegato. Questo porta che il sangue va a sbattere contro il setto interatriale. Però nel
periodo fetale esiste un’apertura a livello del setto iteratriale, forame ovale (o foro ovale o apertura di Bo-
tallo), che permette al sangue ossigenato di andare dall'atrio di destra a quello di sinistra. La direzione del
sangue è in grandissima parte questa: entra sangue ossigenato nell'atrio sinistro grazie a questo forame.

Concetto da tenere presente: nella vita del feto il sangue cerca di dare la massima parte di ossigeno a due
organi: il cervello e il cuore. Sono i due organi che devono svilupparsi più rapidamente. Per attuare questa
strategia, all'atrio di sinistra arriva una grande quantità di sangue ossigenato. Questa passa dall’atrio di sini -
stra al ventricolo di sinistra; da questo il sangue viene inviato nell'aorta. I primissimi vasi che diramano dal -
l'aorta sono le coronarie e le coronarie le troviamo a livello della valvola semilunare aortica. Quando parte
questa gettata di sangue, il sangue sale, poi, terminata la spinta, scende la colonna e irrora immediatamen -
te il cuore attraverso le coronarie. Dopo di che il sangue sale e abbiamo tre vasi, tre rami che partono dal -
l'arco dell'aorta. Questi vasi sono implicati nell'irrorazione del sistema nervoso centrale, in particolar modo
del cervello. Da qui il sangue ossigenato va al cervello principalmente.

Il sangue continua e, passati questi tre vasi per il cervello, succede qualcosa. Riportiamoci nell'atrio di de -
stra; qui un minimo di sangue ossigenato andava a finire nel ventricolo di destra ma lì andava anche sangue
ricco di CO2 che entrava attraverso la vena cava superiore e che derivava dall'alto, dall'arto superiore, dal
cervello, ecc. Questo sangue ricco di CO 2, insieme a quella minima quantità di sangue ossigenato, scendeva
nell’atrio di destra e da qui nell'arteria polmonare. Questo sangue viene inviato ai polmoni e in parte, attra -
verso il dotto di Botallo, va anche nell'aorta e qui continua a scendere. Quindi nel tratto iniziale dell'aorta
abbiamo sangue ricco di CO 2 e anche di ossigeno (sangue misto). A tutti gli altri organi, intestino, stomaco
ecc, andrà sangue abbastanza mescolato. Con questa strategia viene permessa solo una eccellente ossige -
nazione del cuore e del cervello, gli altri si prendono un sangue con scarso ossigeno. Il sangue continua a
scendere e all'ultimo (e qui l'ossigeno sarà ancora diminuito) ci saranno le due arterie ombelicali che porta -
no il sangue nello spazio intervilloso; il sangue scorre nei villi, lascia la CO 2 e si ricarica di ossigeno, per ritor-
nare poi verso il feto.

È chiaro che tutti gli organi fetali vivono con una pressione parziale di ossigeno molto inferiore rispetto a
quella dell'adulto. La placenta deve funzionare come un polmone, ma in questo caso il sangue non arriva
del tutto ricco di CO2 ma arriva un po’ misto perché ancora si deve distribuire.

La vena ombelicale, ad esempio, che va verso il fegato, ha una sorta di bypass: manda un po’ di sangue ossi -
genato al fegato ma principalmente si getta nella cava inferiore. Da quel momento la cava inferiore è ricca
di ossigeno; la CO2 che c'era conta ormai poco, perché la quantità di ossigeno è molto più alta.

Nel feto il sangue rimane sempre piuttosto misto: non abbiamo situazioni di sangue completamente ossige -
nato. Bisogna vedere solo dove prevale l'uno o l'altro.

Alla nascita abbiamo l'espansione dei polmoni e la chiusura dei vasi ombelicali. Avviene quindi un'inversio -
ne: mentre nel periodo fetale la pressione maggiore era a livello dell'atrio di destra, quando i polmoni si di -
Autore: Francesca Giustozzi per Medicina08 4 di 7
Anatomia ANS25 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 4 (18mag2011)

stendono si ha un cambiamento radicale delle pressioni all'interno degli atri cardiaci: l'atrio di sinistra finirà
per avere una pressione di gran lunga superiore all'atrio di destra. Si ha chiusura del foro ovale. La differen -
za è notevole: a livello del piccolo circolo abbiamo una pressione intorno ai 15-20 mm di mercurio, quindi
enormemente inferiore rispetto a quella del circolo sistemico. Una permanenza del foro ovale può esistere:
generalmente se ciò avviene è una minima quantità di sangue che si scambia, quindi è assolutamente com-
patibile con una vita normale. Se invece il foro è piuttosto grande è chiaro che bisogna intervenire chirurgi -
camente. Ricordiamo che si chiude rapidamente anche il dotto di Botallo: se voi volete far crollare dei vasi,
basta cambiare la pressione. Quando la pressione scende rapidamente, il vaso tende a chiudersi, le cellule
endoteliali si staccano, il vaso tende a collassare e a formare un legamento.

ANASTOMOSI

Un'arteria riceve il sangue da un'altra arteria: questa è una anastomosi tra due arterie, ma può esserci an -
che tra due vene. Ci sono vari tipi di anastomosi: un altro tipo può essere due vasi che si anastomizzano per
formarne uno solo.

Esistono anche anastomosi artero-venose. Sono abbastanza frequenti nella cute, nel naso, nei villi intestina-
li. Sono dei sistemi di collegamento tra arteria e vena molto veloci. Prima del contatto arteria-vena attra -
verso i capillari esistono queste anastomosi, le quali permettono di passare il sangue (in entrambe le dire -
zioni) senza passare dai capillari, quindi molto più rapidamente. Questo può essere utile per il mantenimen -
to di una certa temperatura, per i problemi di riassorbimento, ecc.

ARTERIA POLMONARE

Nasce dal ventricolo destro. Ha una parte intrapericardica, cioè ancora avvolta dal pericardio, e una parte
extrapericardica. In vicinanza della valvola semilunare c'è un infundibulum, una certa dilatazione della pol-
monare, dopo di che questa si porta al davanti della biforcazione della trachea. Al di sotto dell'arco dell'aor -
ta questa si divide in un ramo per il polmone sinistra e un ramo per il polmone di destra. Il ramo per il pol-
mone destro si porta dietro l'aorta ascendente e anche dietro alla cava superiore. Dopo di che giunge al
polmone insieme ai bronchi principali. Da questo momento in poi, l'arteria polmonare si dividerà sempre
accompagnando le divisioni dell'albero bronchiale. Nelle sezioni istologiche, affianco al bronco vedrete un
vaso: quello è un ramo dell'arteria polmonare.

L'arteria polmonare inoltre sta a sinistra dell'aorta: questo rapporto è importante.

AORTA

L'aorta origina dal ventricolo sinistro. Si porta in alto e verso destra: questa è la parte ascendente, dopo di
che forma l'arco dell'aorta a partire dal limite tra mediastino superiore e inferiore. Si trova praticamente
tutto nel mediastino superiore. Questo arco si porta dall'avanti all' indietro e da sinistra verso destra, per
poi riportarsi a sinistra. Quindi sale verso destra, si riporta verso sinistra, scavalcando il bronco principale di
sinistra. Il termine dell'arco sarà il limite del mediastino superiore con il mediastino inferiore, quindi T4,T5.

A questo livello inizia l'aorta toracica. Questa generalmente è posizionata un po' a sinistra della colonna
vertebrale, ma vicina ad essa. Si porta verso il basso e a livello di T7-T8 si riporta un po’ in posizione centra -

Autore: Francesca Giustozzi per Medicina08 5 di 7


Anatomia ANS25 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 4 (18mag2011)

le. Tra T12 e L1 entra nell'addome, dove prende il nome di aorta addominale, e termina a livello di L4 divi-
dendosi in due rami che sono le arterie iliache comuni: avremo un'arteria iliaca comune di destra e una di
sinistra.

L'aorta ha una posizione vicina alla colonna vertebrale e quando entra nell'addome al davanti dell'aorta
avremo il pancreas. A questo livello la vena cava inferiore sarà a destra dell'aorta. L'esofago entra nell'ad-
dome a livello di T10, quindi l'aorta entra ancora più in basso dell'esofago.

Qual è la distanza dell'aorta dalla superficie dell'addome in una persona magra? È importante perché in una
emorragia importante delle femorali etc, potete comprimere l'aorta fortemente rallentando un po' l'emor -
ragia e lasciando tempo di intervenire. La distanza è sui 5 cm, proprio perché la colonna vertebrale a livello
addominale ha una grande curvatura, quindi spinge l'aorta molto in superficie.

Il primo tratto dell'aorta, l'arco dell'aorta, abbiamo visto che


forma tre vasi:

1. il primo si chiama tronco brachio cefalico o arteria


anonima. Questo vaso dopo un breve tragitto si di-
vide in due rami: uno è l'arteria succlavia di destra,
che andrà ad irrorare principalmente tutto l'arto su-
periore, poi abbiamo la carotide comune di destra;

2. il secondo è la carotide comune di sinistra: entram-


be le carotidi sono vasi importantissimi per l'irrora-
zione della testa;

3. il terzo è l'arteria succlavia di sinistra.

A ben osservare, la carotide comune e la succlavia di destra


partono dal tronco brachio cefalico, mentre quelli di sinistra
partono direttamente dall'arco dell'aorta.

Andiamo a vedere ora i vasi che partono dall'aorta toracica:

• esistono dei rami parietali, che riguardano ovvero la


parete del torace: i più importanti sono le arteria in-
tercostali posteriori; sono 10 paia, di cui 9 sono per
gli spazi intercostali dal terzo all'undicesimo, e uno
decorre sotto la XII costa e si chiama arteria sotto-
costale;

• poi abbiamo le cosiddette arterie freniche superiori


che sono in numero di due e irrorano la parte lom-
bare del diaframma(livello di L4);

• poi abbiamo i rami viscerali, che riguardano i visceri.

Le arterie bronchiali sono una per il polmone destro e due


per il polmone sinistro. Abbiamo poi le arterie esofagee che
sono quattro o cinque. Vedremo che l'esofago decorre vici-

Autore: Francesca Giustozzi per Medicina08 6 di 7


Anatomia ANS25 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 4 (18mag2011)

nissimo all'aorta toracica. Poi abbiamo dei piccoli rami pericardici che irrorano il pericardio stesso. E poi
avremo i rami mediastinici che andranno a irrorare le strutture mediastiniche. Una volta passato il diafram -
ma, l'aorta addominale inizia ad avere tutta una serie di rami importanti per vari organi. I rami dell'aorta
addominale vengono generalmente divisi in pari e impari, cioè ci sono rami che sono unici e rami che sono
doppi. Un ramo pari è l'arteria renale per esempio.

Li vedremo la prossima lezione.

Autore: Francesca Giustozzi per Medicina08 7 di 7


ANATOMIA – “APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 5”

ID lezione ANS26 Modulo Splancnologia


Data lezione 19 maggio 2011
Autore Francesco Gasparroni
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Aorta addominale, vene cave, sistema della Azygos, vascolarizzazione parietale
Argomento
del torace, vasi epigastrici, arteria succlavia, circolo di Willis

AORTA ADDOMINALE

Oltrepassato lo iato aortico nel muscolo diaframma, l'aorta toracica entra nella cavità addominale e prende
quindi il nome di aorta addominale. Da essa partono molti rami importanti, che sono alla base di tutta l'ir-
rorazione degli organi dell'addome.

Procedendo dall'alto verso il basso, si staccano:

1. le freniche inferiori, pari, che irrorano la parete inferiore


del diaframma, e biforcandosi da esse partono le surre-
nali superiori, pari, che appunto vanno a irrorare le
ghiandole surrenali;

2. il tronco celiaco o tripode celiaco, un tronco comune, impari, uno dei rami più importanti tra quelli
del settore addominale, e da esso partono tre vasi:

• la gastrica di sinistra, che irrora lo stomaco

• la splenica o lienale per la milza;

• l'epatica comune, che porta san-


gue ossigenato al fegato e ad altri
organi, tra i quali il duodeno e lo
stomaco.

3. Le surrenali medie, pari, che partono


direttamente dall'aorta addominale
(le surrenali superiori si staccano inve-
ce dalle freniche);

4. la mesenterica superiore, poco al di


sotto del tronco celiaco e più o meno
allo stesso livello delle surrenali me-
die, è la responsabile principale del-
l'irrorazione dell'intestino tenue e di
parte del colon;

5. le renali, pari, che vanno ai reni;


Anatomia ANA26 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 5 (19mag2011)

6. le genitali, pari, che irrorano nell'uomo i testicoli (arterie testicolari), nella donna le ovaie;

7. la mesenterica inferiore, impari, non lontana dalla biforcazione dell'aorta nelle due iliache comuni.

Dall'aorta stessa partono anche le arterie lombari, posizionate posteriormente e responsabili quindi dell'ir -
rorazione della parete addominale posteriore. Al livello di L4 l'aorta addominale si biforca nelle due iliache
comuni, di destra e di sinistra, e proprio in questo punto si stacca anche l'arteria sacrale mediana.

Dopo un breve tratto, ciascuna iliaca co-


mune si divide anch'essa, formando:

• l'iliaca esterna, che generalmen-


te è responsabile dell'irrorazione
dell'arto inferiore;

• l'iliaca interna, i cui rami irrorano


vari organi pelvici, quali ad esem-
pio l'utero e la vescica.

In generale dall'iliaca interna, che si continua poi


nell'arteria ischiatica e nell'arteria pudenda inter-
na, partono numerosi vasi: le arterie vescicali su-
periori e inferiori, quelle per la prostata, le rettali,
ecc. I rami dell'iliaca interna verranno meglio trat-
tati nell'ambito della presentazione dei vari organi
di competenza. E' utile ricordare che l'arteria iliaca
interna viene spesso chiamata, soprattutto in am-
biente chirurgico, arteria ipogastrica.

L'iliaca esterna, passando sotto al legamento in-


guinale, diventa arteria femorale, che poi prose-
gue nell'arto inferiore.

IL SISTEMA VENOSO

Le vene, come si sa, hanno un percorso a ritroso rispetto


alle arterie, spesso portano lo stesso nome, spesso ne
hanno di specifici. E' importante sapere che mentre le ar-
terie hanno un certo numero di variazioni nel loro decor-
so, le vene ne hanno molte di più.

VENA CAVA SUPERIORE

La cava superiore si trova in gran parte nel mediastino superiore e si forma dall'unione di due importanti
vene, le vene anonime o brachiocefaliche, di destra e di sinistra. Si ricordi che la vena anonima di destra è
più breve di quella di sinistra.

Le formazione delle anonime o brachiocefaliche è dovuta a sua volta all'unione di due vene:
Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08 2 di 8
Anatomia ANA26 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 5 (19mag2011)

• la giugulare interna, che raccoglie il sangue proveniente da tutto il cranio, cervello compreso;

• la succlavia.

La cava superiore ha un unico affluente diretto, la vena azygos.

VENA CAVA INFERIORE

La cava inferiore si forma dall'unione di vasi


venosi che decorrono parallelamente alle ar-
terie addominali appena descritte e che hanno
gli stessi nomi:

• la vena iliaca esterna, che raccoglie il


sangue dall'arto inferiore;

• la vena iliaca interna, che drena gli or-


gani addominali e pelvici irrorati dalla
relativa arteria.

Le iliache interna ed esterna confluiscono nel-


la vena iliaca comune, che unendosi alla con-
trolaterale dà luogo alla formazione appunto
della cava inferiore.

Alla cava inferiore si aggiungono anche le vene renali: i reni sono quindi drenati sul piano venoso dal siste-
ma della cava inferiore.

Anche le vene genitali, che raccolgono il sangue dall'ovaio o dal testicolo, si gettano nella cava inferiore, ma
non in modo identico per quello che riguarda la destra e la sinistra:

• la destra si getta direttamente nella cava;

• la sinistra generalmente si getta nella vena renale, che poi giunge alla cava.

Lo sbocco a T della vena testicolare maschile nella vena renale può essere una concausa della patologia co-
nosciuta come varicocele, più frequente appunto a sinistra.

IL SISTEMA DELLA AZYGOS

In virtù di quanto detto finora, le due cave sboccherebbero nel cuore in maniera
indipendente l'una dall'altra. Esistono però dei vasi che mettono in comunicazio-
ne questi due sistemi venosi separati: si tratta del sistema della vena azygos.

La vena azygos vera e propria origina dall'unione della vena lombare ascendente
di destra con la sottocostale di destra: la lombare ascendente parte dall'iliaca co-
mune e decorre verso l'alto, finchè, a livello dell'ultima costa, raccoglie il sangue

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08 3 di 8


Anatomia ANA26 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 5 (19mag2011)

della sottocostale. Da qui in poi sale un vaso che decorre vicino alla colonna vertebrale fino a sboccare di -
rettamente nella cava superiore, da unico affluente diretto.

A sinistra si verifica una situazione simile: la


lombare ascendente di sinistra, che parte dall'i-
liaca comune di sinistra, sale fino a congiungersi
con la sottocostale di sinistra, dando luogo ad
un vaso che sale anch'esso vicino alla colonna
vertebrale a sinistra. Tale vena però, a livello di
T9 si flette medialmente, passando davanti alla
colonna e andando a gettarsi nella azygos: si
tratta della vena emiazygos.

Più superiormente siste anche l'emiazygos ac-


cessoria: essa scende dal 2 o-3o spazio interco-
stale fino al livello di T7-T8, per poi flettersi me-
dialmente ed andare a confluire anch'essa nella
azygos.

Quindi, a destra c'è solo la azygos, mentre a si-


nistra ci sono l'emiazygos e l'emiazygos acces-
soria.

Il sistema della azygos drena principalmente la


parte inferiore della parete addominale, men-
tre nella parte superiore raccoglie i vasi che
a
provengono dagli spazi intercostali. A destra solo la 1 vena intercostale si getta nella vena brachiocefalica
di destra, tutte le altre vanno a finire nella azygos. A sinistra la 1 a vena intercostale va anch'essa nella bra-
chiocefalica. La 2a e la 3a si uniscono in un vaso che poi si getta anch'esso nella brachiocefalica. Tutti gli altri
vasi vanno a finire nella emiazygos accessoria e nella emiazygos. Bisogna comunque tener presente che esi-
stono variazioni.

Va ricordato che azygos e emiazygos non raccolgono solo il sangue degli spazi intercostali, ma anche da altri
organi, come ad esempio l'esofago, che è drenato in gran parte
da questo sistema.

Il sistema della azygos ha grande importanza nella cardiochi-


rurgia a cuore aperto. È importante inoltre ricordare che l'aor-
ta addominale è più spostata verso sinistra rispetto alla cava
inferiore. Ciò implica che l'arteria renale sinistra sia più breve
rispetto a quella di destra, e viceversa per le vene.

IRRORAZIONE DELLA PARETE TORACICA

All'irrorazione della parete toracica concorrono innanzitutto alcuni importanti vasi che derivano dalla suc -
clavia:

• l'arteria toracica interna;


Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08 4 di 8
Anatomia ANA26 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 5 (19mag2011)

• l'arteria intercostale suprema o superiore.

Inoltre danno il loro contributo anche:

• l'arteria ascellare, che dà rami importanti, come ad esempio la toracica laterale;

• le intercostali posteriori, derivanti dall'aorta;

• le sottocostali, anch'esse rami dell'aorta.

Le intercostali posteriori partono dall'aorta toracica e arri-


vano al livello della linea ascellare. La parte anteriore è di
competenza delle intercostali anteriori, rami della toracica
interna (chiamata dai chirurghi mammaria interna), ramo a
sua volta della succlavia. La succlavia scavalca la 1a costa, al
di sotto della clavicola. Va tenuto ben presente che, mentre
l'aorta ovviamente è impari, la toracica interna è pari: essa
decorre da ciascun lato accanto al manubrio e al corpo del-
lo sterno, subito profondamente alle coste. Quindi l'aorta
toracica dietro e le arterie toraciche interne davanti sono i
pilastri su cui si fonda tutta la circolazione arteriosa della
parete toracica.

È interessante notare che l'aorta invia inizialmente un vaso


unico che poi si biforca dando luogo a due vasi che si uni-
scono a due provenienti dalla toracica interna o mammaria interna. Quindi per ogni spazio intercostale dal -
l'aorta parte un solo vaso (che poi si biforca),
mentre dalla toracica interna ne partono due.

Per quanto riguarda l'irrorazione della parte po-


steriore del torace, dall'aorta partono tutti i vasi
dalla 3a alla 12a arteria intercostale. Le prime due
intercostali, le intercostali superiori, provengono
invece dal tronco costo-cervicale, un ramo della
succlavia.

Per la parte anteriore si è detto che la principale


responsabile dell'irrorazione degli spazi intercostali è la toracica interna o mammaria interna (pari), che
proviene anch'essa dalla succlavia, decorre ai lati dello sterno al di sotto delle cartilagini costali e manda di -
rettamente due rami per ogni spazio. A livello del 6 o spazio (poco più superiormente rispetto al processo xi-
foideo) questa arteria si biforca in:

• arteria muscolo frenica: che va fino al diaframma ed è responsabile dell'irrorazione del 7 o, 8o, e 9o
spazio.

• arteria epigastrica superiore, di cui si parlerà in seguito.

Restano il 10o e l'11o spazio: essi non hanno bisogno di arterie intercostali anteriori, in quanto si ricordi che
l'undicesima e la dodicesima costa sono fluttuanti, quindi tali spazi hanno solo le intercostali posteriori.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08 5 di 8


Anatomia ANA26 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 5 (19mag2011)

LE INTERCOSTALI POSTERIORI E ANTERIORI

Le intercostali posteriori sono molto importanti, poiché esse non hanno a che fare solo con l'irrorazione dei
muscoli intercostali (respiratori), ma da esse partono anche rami per il midollo spinale. Come detto, l'arte -
ria intercostale unica che parte dall'aorta si biforca poi dando due rami: uno decorre al di sotto di una costa
superiore e l'altro superiormente a una inferiore.

Questi rami arteriosi non sono isolati, ma vengono accompagnati


sempre da una vena e da un nervo. Il ramo superiore ha la vena
superiormente e il nervo inferiormente, il ramo inferiore l'oppo-
sto. Quindi per aspirare liquido dalla pleura bisogna pungere in
una posizione centrale, non troppo vicino a nes-
suno dei due margini costali.

Dalla toracica interna partono generalmente due


rami intercostali anteriori per ogni spazio, ma in
alcuni individui si può trovare per un brevissimo tratto un ramo
unico, che poi si biforca immediatamente. I due vasi, comunque,
vanno ad anastomizzarsi con i due rami intercostali posteriori pro-
venienti dall'aorta toracica.

È da notare che, più o meno al livello dell'anastomosi tra intercostali posteriori e anteriori, partono dei vasi
che irrorano la cute e la ghiandola mammaria. Il ramo principale per l'irrorazione della mammaria è la tora -
cica laterale, proveniente dall'arteria ascellare, ma questi vasi giocano un ruolo comunque importante.

Per riepilogare, i rami più importanti della toracica interna sono:

• l'arteria pericardio-frenica, che irrora il pericardio, la pleura e la parte anteriore del diaframma;

• le arterie mediastiniche inferiori per i linfonodi, i residui timici e il pericardio;

• i rami sternali, che irrorano il muscolo trasverso del torace e la faccia posteriore dello sterno;

• i rami intercostali anteriori, già abbondantemente descritti.

L'ARTERIA EPIGASTRICA SUPERIORE

L'epigastrica superiore è uno dei due rami in cui si divide ciascuna


toracica interna al livello del 6 o spazio intercostale (l'altro è la mu-
scolo-frenica). Si tratta di un ramo abbastanza superficiale che
scende fino al livello dell'ombelico, dove forma un'ampia serie di
anastomosi con l'epigastrica inferiore, arteria che si stacca dall'i-
liaca esterna appena prima che essa passi sotto al legamento in-
guinale e diventi arteria femorale.

Quindi il sangue parte dal cuore, va nella succlavia, scende nella


toracica interna, la quale si continua nell'epigastrica superiore,
che si anastomizza con l'epigastrica superiore, proveniente dall'i-
liaca esterna. Ciò significa che in teoria, e a volte anche in pratica,
Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08 6 di 8
Anatomia ANA26 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 5 (19mag2011)

il sangue dal cuore può, attraverso le epigastriche, andare direttamente all'iliaca esterna e alla femorale. Vi
sono dunque due circoli che conducono all'arto inferiore:

• anteriore: aorta-iliaca comune-iliaca esterna (è il principale);

• posteriore: aorta-succlavia-toracica interna-epigastrica superiore e inferiore-iliaca esterna.

In una particolare situazione patologica, definita “coartazione dell'aorta”,


ci può essere un restringimento verso la fine dell'arco aortico, nei pressi
del legamento arterioso di Botallo: esso può essere congenito o anche
acquisito. Uno dei sintomi potrebbe essere un basso polso femorale, do-
vuto al minore afflusso di sangue. In questo caso vengono ad essere dila-
tati tutti i circoli della succlavia, con sintomi particolari.

ARTERIA SUCCLAVIA

L'arteria succlavia rifornisce di sangue


una grande quantità di strutture: gli arti
superiori, la parete toracica, il diafram-
ma, il collo, il midollo spinale e il cervel-
lo. La succlavia, partendo dall'arco del-
l'aorta, scavalca la 1a costa passando
dietro al muscolo scaleno anteriore
(mentre la vena succlavia nello scavalca-
re la stessa costa passa davanti allo stes-
so muscolo) e trovandosi quindi tra la
costa e la clavicola. Il muscolo scaleno
anteriore divide quindi l'arteria succla-
via in 3 parti: mediale, posteriore e late-
rale (sempre rispetto al muscolo).

Il tratto mediale ha diversi rami:

1. l'arteria vertebrale (pari), un vaso molto


importante che risale, passando attra-
verso i forami trasversi delle prime 6
vertebre cervicali (nel settimo foro pas-
sa solo la vena), fino a giungere al clivus
dell'occipitale, dove si anastomizza con
il controlaterale per formare l'arteria
basilare, la quale con la carotide interna
è uno dei pilastri per l'ossigenazione del-
l'encefalo. L'arteria basilare va a creare
un circolo anastomotico importantissi-
mo, il circolo di Willis, il quale gira attor-
no alla base della sella turcica e crea
un'anastomosi con i vasi provenienti dalla carotide interna.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08 7 di 8


Anatomia ANA26 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 5 (19mag2011)

2. l'arteria toracica interna, già descritta;

3. il tronco tireo-cervicale, da cui partono vari rami:

• la tiroidea inferiore, che con la tiroidea superiore (proveniente dalla carotide esterna) irrora la
tiroide;

• l'arteria trasversa della scapola o soprascapolare;

• l'arteria cervicale superficiale.

Il tratto posteriore ha come rami:

1. il tronco costo-cervicale, già menzionato con un suo ramo, l'arteria intercostale suprema, parlando
dell'irrorazione dei primi due spazi intercostali posteriori;

2. la cervicale profonda, che irrora i muscoli cervicali profondi.

Dal tratto laterale, infine, parte l'arteria trasversa del collo.

La succlavia giunge fin sotto la parte media


della clavicola, dopodiché si continua nell'arte-
ria ascellare. Al livello della scapola si crea poi
una rete anastomotica complessa tra i rami
della succlavia e quelli dell'ascellare: questo
circolo sarà descritto nel dettaglio nell'ambito
della trattazione sull'arteria ascellare.

Un aspetto importante da considerare è la vi-


cinanza della vena e dell'arteria succlavia con
l'apice polmonare: quest'ultimo supera la pri-
ma costa e la clavicola, e può dare dei proble-
mi nel caso in cui si renda necessario pungere
la vena. Per un prelievo venoso o l'inserzione
di un catetere al livello della vena succlavia si poggia l'ago sulla 1 a costa passando sotto alla clavicola. Il ri-
schio in questa procedura è di andare a toccare e ledere la pleura, causando così un collasso del polmone,
poiché esso si trova appena dietro la vena.

Autore: Francesco Gasparroni per Medicina08 8 di 8


ANATOMIA – “APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6”

ID lezione ANS27 Modulo Splancnologia


Data lezione 23 maggio 2011
Autore Alessandro Carletti
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Arteria ascellare, circolo anastomotico della scapola, carotide esterna, caroti-
Argomento de interna, poligono di Willis, arterie dell'arto superiore, rami dell'arteria fe-
morale.

ARTERIA ASCELLARE

L’arteria ascellare par-


te dal margine inferio-
re della clavicola e ar-
riva fono al tendine
del grande pettorale.
Il piccolo pettorale di-
vide questa arteria in
tre porzioni: porzione
superiore (o prima),
media (o seconda) e
porzione inferiore (o
terza) a seconda che si
trovi medialmente, al
di sotto o lateralmen-
te al muscolo. Ogni
porzione dà luogo a
specifici rami che
sono classificabili pro-
prio in base al fatto di
essere al di sopra o
dietro o sotto il piccolo pettorale. L’arteria ascellare poi si continua al di sotto del bordo inferiore del gran -
de pettorale con l’arteria brachiale. I rami sono dell’arteria ascellare sono questi:

• nella porzione superiore troviamo l’arteria toracica suprema o superiore che irrora anche i muscoli
dell’area come il piccolo pettorale, ecc, e anche i primi 2 spazi intercostali, ha a che fare con la mu -
scolatura dei primi due spazi intercostali;

• dalla porzione media partono due rami: la toracoacromiale e la toracica laterale. La toracoacromia-
le irrora ad esempio i pettorali, grande e piccolo, il deltoideo. La toracica laterale o mammaria
esterna è uno dei vasi che ha a che fare con l’irrorazione delle pareti laterali del torace e in partico -
lare con la ghiandola mammaria, per la cui irrorazione è uno dei rami più importanti. Viene chiama-
ta mammaria esterna per separarla dalla mammaria interna che sarebbe uguale alla toracica inter -
na;
Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

• infine dalla porzione inferiore si dipartono un’arteria sottoscapolare, che è forse il ramo più consi-
stente e ha a che fare con il circolo della scapola (le due a. sottoscapolari, quella che deriva dalla
succlavia e quella che deriva dall’arteria ascellare formano un circolo importante) e poi le arterie
circonflesse anteriori e posteriori dell’omero. L’a. circonflessa posteriore è un vaso che contorna il
confine tra epifisi e diafisi, praticamente contorna l’omero stesso.

I rami della sottoscapolare sono la circonflessa della scapola e la toracodorsale. La toracica laterale (che
viene considerata parallela alla toracica interna) arriva fino al settimo spazio intercostale, la toracica interna
arriva fino al sesto. Questi due vasi possono essere considerati paralleli ed entrambi irrorano la ghiandola
mammaria, uno lateralmente e uno medialmente.

CIRCOLO ANASTOMOTICO DELLA SCAPOLA

Adesso vediamo l’arteria soprascapolare che fa parte del sistema della succlavia. Questa soprascapolare
porta dei vasi che si anastomizzano con dei rami che provengono dall’arteria ascellare (ad esempio il ramo
circonflesso). La stessa cosa avviene per un’altra arteria derivata dalla succlavia che è la a. cervicale trasver-
sa la quale scende e si porta medialmente. Questa avrà dei rami che si anastomizzano con quelli delle inter-
costali. Durante la coartazione dell’aorta, in cui c’è un allargamento di tutti i circoli a monte, dipendenti dal-
la succlavia ,dalle intercostali, ecc, bisogna vedere i collegamenti che avvengono tra questi vasi della cervi -

Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 2 di 11


Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

cale profonda che scende medialmente alla scapola e si anastomizza con i rami delle intercostali. Poi c’è
tutta una rete, un circolo, a livello della scapola in cui rami dell’ascellare e rami della succlavia si anastomiz -
zano. Importante ricordare che questo circolo entra anche in comunicazione e in contatto anastomotico
con le arterie intercostali, soprattutto le posteriori ma anche le anteriori.

Il circolo anastomotico della scapola si basa principalmente sulla sottoscapolare (che è un ramo dell’ascella -
re) e sui rami che provengono proprio dall’ascellare come ad esempio il tronco tireocervicale, tra cui l'arte -
ria cervicale trasversa . Quindi tra questi due sistemi, della sottoscapolare e della ascellare, si crea un circo-
lo anastomotico. I due rami principali, i due pilastri principali di questo circolo, sono la sottoscapolare e il
tronco tirocervicale che invia dei rami medialmente alla scapola.

CIRCOLAZIONE DELLA GHIANDOLA MAMMARIA

Al di là della toracica laterale (o mammaria esterna) che abbiamo già visto, ci sono dei rami che provengono
proprio dalla toracica interna, soprattutto nel punto in cui i rami intercostali anteriori della toracica interna
si anastomizzano con gli intercostali posteriori. In questo punto ci sono dei rami chiamati rami perforanti
che raggiungono la superficie della cute e quindi irrorano anche la ghiandola mammaria.

VASI DEL COLLO E DELLA TESTA

La a. carotide comune sale lungo il collo nel fascio vasculo-nervoso del collo (in cui si hanno il nervo vago, la
carotide e la giugulare). La carotide a livello di C4 si divide in carotide esterna ed interna. La carotide inter-
na avrà a che fare principalmente con il cranio (cervello, ecc), la carotide esterna con l’irrorazione della
parte anteriore del cranio (faccia, ecc). A livello di questa biforcazione si forma il cosiddetto seno carotideo
in cui si hanno degli importanti recettori per la pressione (che comunque verranno approfonditi in fisiolo -
gia). Mentre la carotide esterna da dei rami immediatamente dopo la biforcazione, la carotide interna da
dei rami solo una volta entrata nella scatola cranica.

CAROTIDE ESTERNA

La carotide esterna sale verso l’alto e il ramo terminale considerato più importante è l’arteria temporale
superficiale che passa davanti all’orecchio. Nella temporale superficiale si può sentire bene il polso se si
preme contro il processo zigomatico e l’apertura esterna della tempia. Il polso viene usato dall’anestesista
quando questo, per motivi chirurgici, di strategia del tavolo operatorio, può stare solo dalla parte della te -
sta del paziente e non può controllare le arterie degli arti.

Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 3 di 11


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Rami più importanti: uno dei primi rami è l’arteria tiroidea superiore che ovviamente irrora la ghiandola ti-
roide.(la tiroidea inferiore proveniva dai rami della succlavia); poi c’è un ramo linguale (a. linguale), quindi
importante per la lingua, e un altro per la faringe (a. faringea ascendente). Dopo questo importante vaso,
la carotide esterna viene considerata arteria facciale. Questa in una prima fase passa dietro l’angolo della
mandibola poi si porta anteriormente, decorre ai lati della bocca per portarsi fino all’angolo dell’occhio. In
questo percorso da alcuni rami che sono importanti che sono: l'arteria sottomentale e, prima del ramo ton-
sillare, ci sono dei rami anche per le ghiandole salivari. Giunti al livello della bocca ci sono delle labiali supe-
riori e labiali inferiori che formano un ciclo anastomotico con le corrispettive controlaterali. Poi c’è la a. la-
terale del naso e poi l’arteria angolare (dall’arteria angolare, in alcuni individui ci sono dei rami che si diri-
gono in alto verso la fronte). Dalla carotide esterna, superiormente alla facciale, partono dei rami che si
portano posteriormente, due rami importanti, uno dietro l’orecchio che si chiama auricolare posteriore, un
altro che si porta verso l’osso occipitale che si chiama arteria occipitale. Dalla temporale superficiale parto-
no due rami, uno per la mascella, ramo mascellare, e l’altro trasverso della faccia.

Il ritorno venoso della circolazione della faccia e del cranio in generale, si basa su due vasi: la giugulare
esterna e la giugulare interna. Mentre per le arterie che abbiamo visto la situazione è abbastanza rigida (la
carotide esterna invia rami che interessano soprattutto la parte anteriore del cranio e invece quella interna
nulla ha a che fare, almeno nella sua prima fase, in questo, finché non arriva nel cranio), per quello che ri -
guarda i due pilastri del ritorno venoso, giugulare esterna ed interna, i confini non sono così rigidi. Ad esem -
pio nella giugulare interna arriva anche sangue che proviene dalla faccia, quindi interna ed esterna non
sono così rigidamente divise come invece sono le corrispondenti carotidi. I nomi delle vene rispetto a quello
delle arterie sono piuttosto simili (eccetto che ‘giugulare’), quindi abbiamo ad esempio la v. angolare, c’è la
vena facciale, che prende anche dall’area del frontale, scende e si getta in parte nella giugulare interna che
Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 4 di 11
Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

poi viene appunto dal cranio (attraverso il forame giugulare) e in parte attraverso un ramo che è la cosid -
detta v. comunicante si porta invece nel sistema della giugulare esterna. Quindi non c’è una rigidità assolu-
ta, praticamente il sangue che previene dalla faccia si può gettare in parte nella giugulare esterna e in parte
nella giugulare interna. L’auricolare posteriore e anche l’occipitale si possono gettare più facilmente diret -
tamente nella giugulare esterna ma altrimenti il sistema è abbastanza intercomunicante. I dettagli delle
vene nessuno li va a chiedere, basta sapere il concetto generale: che c’è una raccolta di sangue dalla faccia,
che in parte va alla giugulare esterna e in parte alla giugulare interna essendo i due sistemi abbastanza co -
municanti grazie alla vena comunicante, grazie all’arco della giugulare. La giugulare interna va a defluire
con la succlavia e l’unione di queste due vene viene chiamato tronco brachicefalico o vena anonima.

Non è possibile ancora mettersi a fare in dettaglio la circolazione all’interno del cranio in quanto non sono
state date ancora informazioni sull’encefalo, verrà quindi trattato più in dettaglio in seguito. È però impor -
tante sapere già che, i vasi venosi che hanno a che fare con la superficie triangolare che va dall’angolo del -
l’occhio ai lati della bocca, possono defluire il sangue verso l’interno del cranio. Ad esempio la vena angola -
re può almeno in parte essere drenata da una vena che si trova sopra l’occhio, la vena superiore oftalmica,
la quale va a finire nel seno cavernoso. Il seno cavernoso è uno dei seni importanti per la circolazione veno-
sa della scatola cranica; esso è pari e si trova a destra e a sinistra della sella turcica. Questo significa che fo-
runcoli della parete del naso, infiammazioni dell’angolo dell’occhio, tagli o infiammazioni dei lati delle lab-
bra (soprattutto di quella superiore) devono essere assolutamente curati da specialisti del settore. Questo
perche i batteri possono arri-
vare all’interno per queste vie
venose e creare delle infiam-
mazioni all’interno del cervello
che poi sono difficilissime da
dominare. E' successo che un
giovane, non molto tempo fa,
sia morto per un foruncolo
nella parete del naso e il medi-
co lo aveva trattato solo su-
perficialmente. Questo riguar-
da anche la traumatologia fac-
ciale. Questi seni venosi sono
spesso una duplicatura della
dura madre, ovvero la dura
madre, che è una delle mem-
brane che avvolge il cervello, a
volte fa una sdoppiatura, e lì
scorre il sangue venoso.

CAROTIDE INTERNA

La carotide interna inizia a li-


vello di C4, si porta verso l’alto
non dando nessun ramo, fino
ad entrare nel canale carotico
del temporale. Nel suo ultimo
Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 5 di 11
Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

tratto si trova ad essere abbastanza vicina alla giugulare interna, solo che questa dopo un po’ si sposta po -
steriormente alla carotide perché deve passare attraverso il forame giugulare. La carotide interna compie
all’interno del sistema cranio ben 6 curve e queste sei curve sono molto importanti perché permettono un
abbassamento della pressione che vige all’interno della carotide interna. Questo perché la carotide interna,
non avendo rami, deve arrivare nella scatola cranica con una pressione inferiore ed è necessario che com -
pia una serie di curve. I rami terminali della carotide interna sono la a. comunicante posteriore, l’a. corioi-
dea anterire, la a. cerebrale media e la a. cerebrale anteriore. Alcuni di questi faranno parte del cosiddetto
poligono di Willis che è un poligono arterioso che si trova alla base del cervello e che gira intorno alla sella
turcica.

Sezione trasversale della carotide, C6

A questo livello si trova il fascio vasculo nervoso del collo che è delimitato, arteria carotide comune prima
della divisione (la divisione avviene al livello di C4) poi abbiamo la giugulare interna e poi il nervo vago. Poi
la carotide sale e si divide in carotide interna ed esterna e la carotide interna entra nel canale carotico. Nel
canale carotico questa incomincia a compiere tutta una serie di curve per portarsi (uscirà poi vicino al nervo
ottico) verso il seno cavernoso (che è come già detto prima un seno venoso ai lati della sella turcica). Qui
avviene una cosa del tutto particolare in quanto la carotide entra nel seno cavernoso e una curva la compie
anche lì. Quindi entra in un sistema venoso, è una vena che passa in un ambiente venoso (come se nel seno
cavernoso entrasse un tubo che è la carotide stessa). Questo naturalmente per ammortizzare sempre la
pressione. La carotide interna, entrata nel seno cavernoso, perfora la dura madre che forma il tetto del
seno cavernoso per poi andare ad irrorare il cervello che sta al disopra. Una volta perforata la dura madre
ed entrando vicino al cervello, comincia ad inviare rami (tra i quali abbiamo già visto i rami terminali).

Il seno cavernoso è una struttura che ha come delle impalcature che facilitano e permettono una maggiore
dilatazione della carotide durante la sistole. Quando la carotide lascia la dura madre ed esce nel cranio si
trova vicinissima, appena lateralmente, al nervo ottico e da qui in poi può inviare rami per le varie strutture
del cervello.

POLIGONO DI WILLIS

Uno dei punti importanti di quet’area è appunto il poligono di Willis il quale non è nient’altro che un siste-
ma anstomotico tra il circolo della carotide interna e il circolo delle aa. vertebrali. Sappiamo, quando sono
state trattate le vertebrali, che questi due pilastri della circolazioni per il cervello (vertebrali e carotide in -
terna) giungono nella scatola cranica in posizioni diverse: le due vertebrali entrano nel grande forame del -
l’occipitale, si uniscono al livello del clivus, vanno in avanti e formano l’arteria basilare. Carotide interna e
arteria basilare, formano un circolo molto importante a livello della sella turcica che permette l’anastomosi
di questi due sistemi circolatori. È un sistema di sicurezza importante perché dovesse uno dei due vasi non
essere di grande efficienza c’è sempre l’altro che può supplire.

Le vertebrali formano la basilare che invia rami per il cervelletto dopodiché la basilare giunge contro la pa -
rete della sella turcica (il clivo è proprio dietro a questa). A questo punto si divide in due rami che si chiama -
no cerebrali posteriori, quindi questa parte qui è tutta un’area che dipende dalle arterie vertebrali, fino alle
cerebrali post comprese. Ora occorre mettere in comunicazione il sistema della carotide interna con il siste -
ma delle vertebrali che si esplicita con le cosiddette cerebrali posteriori e infatti esiste il vaso comunicante
posteriore (vaso piuttosto sottile) che unisce la carotide interna con le cerebrali posteriori. Dalla carotide
partono due vasi importanti che sono le aa. cerebrali anteriori, che vanno in avanti e che sono unite dal co-
Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 6 di 11
Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

siddetto vaso comunicante anteriore. Il tutto forma un poligono, detto di Willis, ed esso è in parte formato
dal circolo che deriva dalla carotide e in
parte da quello che deriva dalla basilare e
quindi dalle vertebrali. Questo circolo è
molto delicato nella sua formazione, quan-
do embriologicamente si viene a formare,
ed è chiaro che è un’area in cui col tempo
ci possono essere anche lesioni, emorragie
cerebrali, ecc.

Uno dei punti deboli di questo circolo è


quello in cui il sangue arriva piuttosto rapi-
do verso le cerebrali posteriori e poi si deve
separare. Infatti alcune rotture di questo
circolo avvengono in quest’area, è una del-
le più colpite, proprio per il fatto che c’è
una divisione abbastanza netta, secca, a T,
quella dalla basilare alle cerebrali posterio-
ri. In ogni caso ci sono delle situazioni di
malformazione congenita di questo circolo
(proprio perché biologicamente la sua for-
mazione è molto complessa) che alle volte
possono spiegare delle morti improvvise,
specialmente in giovani che non hanno al-
tro motivo. Questo può avvenire durante
immersioni profonde nelle piscine oppure
in mare, ecc: se c’è una lesione a livello del
circolo di Willis cambiamenti importanti di
pressione possono provocare un cedimen-
to.

ARTERIE DELL’ARTO SUPERIORE

L’arteria brachiale praticamente continua la ascellare, viaggia anteriormente in maniera abbastanza media -
le fino a portarsi al gomito. Al gomito questa arteria si divide in due rami che sono la a. radiale e la a. ulna-
re. Ovviamente la radiale è laterale e la ulnare è mediale. La brachiale pur essendo un vaso importante e
quindi abbastanza consistente ha un percorso piuttosto superficiale e quindi in alcuni tratti si può sentire
anche il suo polso (qui non si entra in nessun dettaglio, nessuno vuole avere dei dettagli complessi sulla cir -
colazione dell’arto superiore, basta avere alcuni concetti che saranno molto semplici). A questo livello si ha
il problema del gomito: se noi flettiamo il gomito in teoria il sangue non potrebbe più passare dalla brachia-
le verso la radiale e l’ulnare o per lo meno si avrebbe un ritardo notevole accompagnato ad un rapido senso
di dolore. Esiste perciò un sistema di circolazione parallelo, di rami che partono dalla brachiale, dalla radiale
e dalla ulnare, i quali si portano sia al davanti che posteriormente al gomito e permettono quindi al sangue
di arrivare alla radiale e alla ulnare anche quando il gomito è fortemente flesso (ovviamente c’è comunque
Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 7 di 11
Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

una leggera diminuzione del-


la quantità di sangue però
non è tale da creare un pro-
blema in tempi stretti). Ge-
neralmente questi vasi ven-
gono chiamati collaterali
(collaterale ulnare, radiale,
brachiale) o ricorrenti. In
ogni caso a partire dalla bra-
chiale c’è la cosiddetta arte-
ria profonda del braccio o
brachiale profonda, la quale
si porta posteriormente nel-
l’omero e poi va ad irrorare
il sistema gomito sia poste-
riormente sia anteriormen-
te. Le ricorrenti/brachiale
creano un circolo completo
intorno al gomito stesso, un
circolo sia anteriore sia po-
steriore. Poi esiste un siste-
ma di arterie che si porterà tra radio e ulna, nel connettivo che unisce queste due ossa, costituito da arterie
dette interossee che si spingono in avanti fin quasi al polso. Radiale e della ulnare, viaggiando piuttosto in
profondità, non hanno un polso facilmente palpabile.

A livello del palmo della mano si può creare una specie di grande circolo che viene chiamato arco palmare
superficiale e arco
palmare profondo.
Questi due archi fini-
scono per unire il cir-
colo della radiale con
quello della ulnare e
fanno partire delle ar-
terie dirette alle dita.
Tali arterie decorrono
principalmente late-
ralmente al dito e poi
creano una fitta rete
di capillari a livello
dell’unghia; ci sarà poi
un ritorno venoso.

Il sistema venoso di ri-


torno del sangue nel-
l’arto superiore si pone invece su due piani: uno profondo e uno superficiale:

Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 8 di 11


Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

• il circolo profondo consiste in due vene che accompagnano sempre le arterie importanti che sono
state viste, queste vene vengono chiamate satelliti oppure comitantes (trad: accompagnatrici);

• il circolo superficiale è quello da cui si preleva il sangue più facilmente. Si compone di una vena ce-
falica in posizione laterale e di una vena basilica in posizione mediale. Generalmente, soprattutto
negli uomini più che nelle donne, si distingue molto bene la cefalica. Queste due vene, a livello del
gomito, formano un’anastomosi l’una con l’altra che si chiama vena mediana o cubitale mediana.
La vena mediana è la classica vena da cui si fa il prelievo del sangue (è il modo più ordinario e più
semplice). Sia la cefalica che la basilica vanno a finire nella vena ascellare; la vena ascellare conti -
nua con la succlavia, dopodiché la succlavia si unisce con la giugulare interna per formare il tronco
brachicefalico e l’anonima. Sono tutte vene che corrono parallelamente alle arterie già conosciute.

Esiste un doppio sistema, superficiale e profondo, anche nell’arto inferiore anche se più complesso.

ARTO INFERIORE

La femorale costituisce la continuazione della iliaca


esterna che passando al di sotto del legamento inguina-
le diventa appunto a. femorale. Quindi questa entra nel
triangolo femorale dietro la cosiddetta fascia lata e al di
sopra dei muscoli grande psoas, pettineo e adduttore
lungo. L’arteria femorale nei suoi primi 6-7 cm è in posi-
zione nettamente superficiale, dopodiché entra nel ca-
nale degli adduttori e allora non è più palpabile facil-
mente. In ogni caso nel suo primo tratto si può palpare
e si sente benissimo il polso della femorale. Da ricordar-
si che in posizione nettamente mediale rispetto all’arte-
ria femorale abbiamo la vena femorale e invece in posi-
zione laterale abbiamo il nervo femorale. Questo è mol-
to importante nel momento in cui bisogna fare una ma-
novra con la vena: bisogna trovare il polso e poi pungere
medialmente, se si vuole fare un prelievo di sangue in
quest’area, assolutamente non lateralmente perché al-
trimenti si rischia di toccare il nervo (e il paziente non è
contento).

Sulla parte più superficiale si ritornerà in seguito, perché è un punto importante.

RAMI DELLA ARTERIA FEMORALE

La femorale decorre sempre in posizione mediale, quindi scende medialmente verso il ginocchio e invia un
ramo dopo i primi 6 cm, quello importante, che è la cosiddetta femorale profonda. La femorale profonda
invia i cosiddetti rami perforanti che vanno ad irrorare i muscoli della coscia; dopodiché la femorale giunge
al livello del ginocchio in posizione posteriore, arriva nel cavo popliteo e prende il nome di arteria poplitea:
questa in parte continua il suo percorso verso il basso in posizione arretrata, quindi dietro la parte posterio -
re della gamba, e si chiamerà tibiale posteriore, e in parte invece continua con un altro ramo che passa al
Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 9 di 11
Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

davanti tra le due ossa tibia e perone e diventa tibiale anteriore. Poi ci sarà anche un ramo più laterale che
si chiamerà arteria peroniera. La tibiale anteriore e la tibiale posteriore creano un'arcata importante al li-
vello del piede che si chiama arcata plantare dorsale e plantare dorsale superficiale; ci sono anche altre ar-
cate che si chiamano plantare laterale, mediale, ecc. Ci sono varie arcate tra questi vasi a vari livelli che per -
mettono di unire la circolazione della tibiale anteriore con quella della tibiale posteriore. Una cosa simile a
quello che è già stato visto a livello del palmo della mano. Dalla tibiale posteriore parte l’arteria peronea,
quella più laterale.

Per quanto riguarda l’arteria femorale nella sua porzione superiore superficiale, c’è un rapporto molto im -
portante da un punto di vista clinico tra arteria e vena femorale. C’è questo vaso che sbocca nella vena fe -
morale e che si chiama grande safena, questo è un vaso venoso che raccoglie il sangue medialmente nel -
l’arto inferiore e finisce per gettarsi nella vena femorale vicino alla fine di questa. Nel primo tratto dell'arte -
ria femorale partono vari rami, tra cui l’arteria femorale profonda, e partono due rami importanti: la pu-
denda esterna superiore e la pudenda esterna inferiore. Di questi due vasi uno passa al di sopra dello
sbocco della safena, l’altro passa al di sotto. Questi due vasi sono importanti nell’uomo per l'irrorazione
dello scroto e nella donna delle grandi labbra, quindi hanno a che fare con il circolo arterioso delle pareti
dei genitali esterni.

VENE DELL’ARTO INFERIORE

Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 10 di 11


Anatomia ANS27 – APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 (23mag2011)

Il ritorno venoso dell’arto inferiore avviene contro la gravità, quindi occorrono dei meccanismi particolari.
Anzitutto tutte le vene dell’arto inferiore sono caratterizzate dalla presenza di valvole che hanno una strut -
tura con lembi valvolari simili a quelli che sono stati già visti, ad esempio, nelle valvole semilunari. Ci sono
due o tre (generalmente tre) lembi, per cui il sangue che nel suo ritorno viene spinto dal basso verso l’alto:
questi lembi si aprono, passa il sangue e, terminata la spinta, si richiudono e impediscono il ritorno inferior-
mente del sangue stesso. Poi esiste un sistema un po’ simile a quello dell’arto superiore: un sistema venoso
superficiale e uno profondo. Nel sistema profondo ci sono due vene per ogni arteria, le cosiddette vene ac-
compagnatrici o comitantes. Il sistema superficiale è invece più indipendente e si basa principalmente su
due vene, una che decorre dal piede fin verso l’inguine, ed è la grande vena safena che decorre medialmen -
te, un’altra è invece la cosiddetta piccola safena che decorre sempre dal piede fino alla vena poplitea. Que-
sti sono i due pilastri della circolazione superficiale dell’arto inferiore. Naturalmente non è sufficiente la
presenza delle valvole a livello di queste vene per permettere il ritorno venoso, occorre che ci siano anche
degli altri sistemi. Infatti vedremo che tutto si basa sulla cooperazione della sistole che fa dilatare le vene e
della contrazione dei muscoli circostanti. La cooperazione del sistema sistolico e della contrazione dei mu -
scoli dell’arto inferiore insieme facilitano il ritorno venoso, insieme ovviamente alle valvole.

Autore: Alessandro Carletti per Medicina08 11 di 11


ANATOMIA – “APPARATO RESPIRATORIO 1”

ID lezione ANS28 Modulo Splancnologia


Data lezione 25 maggio 2011
Autore Martina Sbarbati
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Argomento Vene dell'arto inferiore, faringe, naso, laringe

VENE DELL'ARTO INFERIORE

Distinguiamo:

• SISTEMA VENOSO PROFONDO

• SISTEMA VENOSO SUPERFICIALE

VENE PROFONDE

Sono vene che decorrono mono-satellite parallele all'arterie omonime.

A livello del piede abbiamo vene della pianta e del dorso che si anastomizzano tra di loro, formando archi
che andranno poi a formare delle vene che corrisponderanno alle arterie tibiali che abbiamo già descritto:
vena tibiale anteriore e posteriore. Queste vene poi si uniranno nella parte più profonda, si fermeranno
nella fossa poplitea dove appunto c'è la vena poplitea che dopo l'essersi situata dietro il ginocchio continua
con la vena femorale che poi nell'ultimo suo tratto andrà a sboccare nella grande safena che appartiene al
circolo superficiale.

VENE SUPERFICIALI

Il circolo superficiale è composto


principalmente da due vene: una
piccola e una grande.

La grande safena è quella che decor-


re medialmente, anteriormente nel
suo primo decorso al malleolo me-
diale, dopo di che sale sempre me-
dialmente e si porta poi nella femo-
rale.

Decorso differente quello della co-


siddetta piccola safena che origina
sempre dal piede, però questa volta
lateralmente, si porta in una primis-
sima fase in posizione laterale, poi
lentamente si sposta in posizione
Anatomia ANS28 – APPARATO RESPIRATORIO 1 (25mag2011)

dorsale e finisce per sboccare nella vena poplitea. Quindi ha un decorso piuttosto breve: parte dal piede e
termina nella vena poplitea.

Esistono a diversi livelli le vene perforanti che mettono in comunicazione il circolo superficiale delle safene
con quello profondo. Quindi il circolo superficiale e profondo sono in comunicazione tra loro grazie alle
vene perforanti. Questo gioca un ruolo importantissimo nella chirurgia vascolare venosa dell'arto inferiore.
Le vene perforanti perforano anche le fasce.

Il sangue nelle vene scorre contro la forza di gravità e per queste tutte le vene sono dotate di valvole con
struttura a nido di rondine che impediscono il ritorno del sangue verso il basso. Il meccanismo di ritorno del
sistema venoso nell'arto inferiore è legato alla presenza non solo delle valvole ma anche alla posizione delle
vene. Le vene satelliti sono proprio molto vicine alle arterie e quindi in diversi casi formano proprio una
rete intorno all'arteria, con anastomosi tra le due vene. Poi è naturale che quando l'arteria si dilata per la si-
stole la vena viene schiacciata contro la parete laterale, che consiste in muscoli presenti nell'arto inferiore.
Non solo, quando noi ci muoviamo, anche un minimo di movimento, noi contraiamo dei muscoli. Il muscolo
contratto crea uno schiacciamento della vena e quindi facilita il ritorno venoso. Una volta che il muscolo si
è rilasciato non c'è più la possibilità per il sangue di ritornare indietro in quanto le valvole si chiudono; quin -
di è un gioco combinato tra sistole delle arterie e contrazione muscolare: praticamente quando la vena vie -
ne sbattuta dall'arteria contro il muscolo, se anche il muscolo a sua volta si contrae, lo schiacciamento della
vena è molto evidente e facilita il ritorno del sangue verso l'alto.

APPARATO RESPIRATORIO

ARIA ESPIRATA ARIA INSPIRATA

O₂ 16% 20,93%

CO₂ 4% 0,03%

N 80% 79,04%

Le differenze di concentrazione tra l’aria che inspiriamo e quella che espiriamo riguardano quasi unicamen -
te la quantità di ossigeno e anidride carbonica. L'aria espirata è il risultato di tutta una serie di processi che
avvengono lungo l'albero respiratorio, in particolare a livello degli alveoli polmonari in cui avviene lo scam -
bio gassoso tra sangue e aria. Alla respirazione però partecipano tutta una serie di altri organi: questi organi
sono importantissimi, perchè l'aria esterna così com'è, se arrivasse a contatto direttamente con l'alveolo,
sarebbe dannosa. In quanto l'aria esterna è ricca di pulviscolo, di batteri ecc, e inoltre è un'aria che ha una
certa temperatura e una certa umidità a seconda dell’ambiente esterno. Quindi esistono degli organi che
servono appunto a purificare, umidificare e creare la temperatura ottimale per l'aria respirata, i quali non
partecipano allo scambio ossigeno anidride carbonica. Questi organi sono: le cavità nasali, la faringe, la la -
ringe, la trachea e i bronchi. Gli organi responsabili dello scambio ossigeno anidride carbonica sono i polmo -
ni soprattutto l'albero alveolare. Nel polmone ci sono varie strutture ma quelle che partecipano allo scam -
bio ossigeno anidride carbonica sono i sacchi alveolari.

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08 2 di 9


Anatomia ANS28 – APPARATO RESPIRATORIO 1 (25mag2011)

FARINGE

È una struttura retrostante il naso e retrostante la bocca, a forma di cono con l'apice rivolto in basso e la
parete anteriore mancante, ed è piuttosto larga in alto. Questa struttura a cono che si trova dietro le cavità
nasali, dietro la bocca, dietro la laringe, si chiama faringe. E' una struttura cava a forma di cono e forma la
parete posteriore rispetto al naso, rispetto alla bocca e rispetto alla laringe. La sua ampienza è intorno ai 15
cm e il suo tetto si trova più o meno sotto lo sfenoide.

La faringe normalmente si divide in tre parti:

1. la prima parte è quella dietro il naso che rac-


coglie l'aria inspirata e viene chiamata ap-
punto nasofaringe o rinofaringe;

2. la seconda porzione che è dietro la cavità


orale viene chiamata orofaringe o mesofa-
ringe;

3. la terza parte che si trova dietro la laringe


viene chiamata laringofaringe oppure ipofa-
ringe.

La faringe termina a livello di c6 e a questo livello alla faringe segue l'esofago. L'inizio della trachea avviene
alla stessa altezza ovvero a livello di c6: l'esofago segue la faringe, la trachea segue la laringe.

A livello dell'orofaringe c'è l'incrocio della via digestiva con quella respiratoria:

• nella via respiratoria l’aria respirata passa dal naso alla nasofaringe, arriva nell'orofaringe, dopo di
che va a incanalarsi nella laringe, poi andrà nella trachea;

• nella via digestiva il cibo entra nella bocca, posteriormente si porta nella mesofaringe e poi viene
spinto nell'ipofaringe o laringofaringe a questa seguirà poi l'esofago.

Andiamo a studiare adesso l'apparato respiratorio, che inizia col naso.

NASO

Il naso si distingue in due componenti:

• NASO ESTERNO

• NASO INTERNO

Naso esterno

E' costituito da:

• le due ossa nasali;

• le cartilagini laterali del naso;

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08 3 di 9


Anatomia ANS28 – APPARATO RESPIRATORIO 1 (25mag2011)

• le cartilagini alari, più o meno sviluppate a seconda della razza, in ogni modo sono quelle che ci
permettono di mantenere l'apertura delle narici;

• la piega nasolabiale, che è accentuata in maniera diversa a seconda dell'individuo, e in ogni modo
si accentua con l'età. Si chiama piega nasolabiale perchè va dal naso alle labbra.

Naso interno

Setto nasale

Il setto nasale che divide nettamente la narice destra dalla narice sinistra è formata da una parete piuttosto
liscia rivestita da mucosa, formata da due ossa e da una cartilagine. Le due ossa sono:

• una superiore: lamina perpendicolare dell'etmoide, che si trova al davanti dello sfenoide;

• una inferiore: vomere.

Queste due ossa articolandosi determinano un certo spazio tra di loro, in cui ci si inserisce al davanti: la car-
tilagine del setto nasale.

Parete laterale

Tutt'altro che liscia è la parete laterale del naso, sia quella destra sia quella sinistra, perché a livello della
parete laterale esistono i cosi detti cornetti nasali o turbinati: sono tre strutture che partono dalla parete e
si portano verso il setto, poi a un certo punto si piegano, terminando a una certa distanza dalla parete

I cornetti nasali sono tre: il superiore e il medio appartengono all'osso etmoide, mentre quello inferiore è
un osso a sé stante.

I seni occupano una notevole quantità di superficie nel cranio, dando il vantaggio di far pesare meno la te -
sta.

Questi cornetti sono rivestiti da abbondante mucosa di tipo respiratorio, molto vascolarizzata. Hanno un
ruolo importante nell'aumentare la superficie di contatto del naso con l'aria inspirata (ecco perchè si dice
che è importante inspirare col naso e non con la bocca, perchè l'aria deve fare questo percorso, per essere
adeguatamente purificata e umidificata).

Dietro al cornetto inferiore c'è una piccola apertura, che è lo sbocco verso le cavità nasali della tuba uditiva
o tuba di Eustachio che mette in comunicazione le cavità nasali con l'orecchio medio, la tuba è rivestita da
cartilagine.

Seni paranasali

Sono quattro cavità presenti a livello di quattro ossa importanti:

• seni etmoidali (cellette etmoidali);

• seni sfenoidali;

• seni frontali;

• seno mascellare.

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08 4 di 9


Anatomia ANS28 – APPARATO RESPIRATORIO 1 (25mag2011)

I seni occupano una notevole quantità di superficie nel cranio, dando il vantaggio di far pesare meno la te -
sta. Hanno importanza perché sono delle cavità ripiene di aria rivestite da epitelio respiratorio, i quali sono
in comunicazione con le cavità nasali grazie a degli stretti canalicoli, rivestiti anch’essi da mucosa respirato -
ria. Se si infiammano questi seni paranasali, e con questi anche i canalicoli, si avrà una difficoltà nello svuo -
tare il contenuto infiammatorio di queste cavità (sinusite).

I seni sboccano nello spazio tra il cornetto e la parete laterale del naso,questo spazio viene chiamato mea-
to. I meati dunque sono tre:

• superiore;

• medio;

• inferiore.

I due seni frontali (in comunicazione tra loro) vanno a sboccare nel meato medio.

Le cellette etmoidali: alcune sboccano nel meato superiore, altre nel meato medio, a seconda se sono ante-
riori o posteriori.

Il seno mascellare sbocca a livello del meato nasale medio. Questo seno ha uno svantaggio rispetto agli al-
tri, perché la sua apertura è in alto e la parete che lo separa dalla cavità orbitaria è abbastanza sottile, e an -
cora più sottile è la distanza tra la parte inferiore del seno mascellare e le radici dei molari. Questo implica
che, se c'è un'infiammazione, un sintomo può essere un dolore all'arcata dentaria superiore. Qualora lo
svuotamento non fosse possibile e l'accumulo di sostanze infiammatorie fosse tanto da preoccupare il clini -
co in modo da dover liberare il seno mascellare, è chiaro che l'otorino entrerà con uno strumento che andrà
a rompere alla base questa struttura e quindi va a creare un'apertura attraverso cui il seno mascellare può
svuotarsi.

I seni sfenoidali sboccano nel meato nasale superiore.

Nel meato nasale inferiore non si aprono seni paranasali ma qui c'è l'apertura del canale naso-lacrimale. É
un canale in cui scorrono le lacrime: dopo che hanno lavato la superficie dell'occhio scendono e si portano a
livello del naso. La ghiandola lacrimale che le produce si trova sotto l'arcata orbitaria posta molto lateral -
mente, le lacrime scendono medialmente e poi si scaricano in questo canale a livello del meato nasale infe -
riore.

Tonsilla faringea o adenoide

La parte posteriore delle cavità nasali (coane), sbocca nel nasofaringe o rinofaringe, in cui, nello spessore
della mucosa respiratoria che la riveste, c'è la tonsilla faringea chiamata anche adenoide. Quando questa
tonsilla, che appartiene al sistema immunitario, viene stimolata, diventa ipertrofica, si ingrandisce e ingran-
dendosi può occupare parte delle coane. È ben sviluppata nei primi anni di vita e si riduce notevolmente di
volume dopo la pubertà. La tonsilla faringe fa parte dell'anello di Waldeyer.

L'anello di Waldeyer è costituito da tre tonsille chiave:

• tonsilla palatina;

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08 5 di 9


Anatomia ANS28 – APPARATO RESPIRATORIO 1 (25mag2011)

• tonsilla linguale che è messa nella parte posteriore della lingua;

• tonsilla faringea.

Queste tonsille controllano sia il sistema respiratorio sia il sistema dige-


rente in entrata.

Palato

Possiamo distinguere:

• palato duro;

• palato molle: è dovuto alla presenza di muscoli che hanno a che fare con la deglutizione, si contrag -
gono per spingere il cibo verso la faringe e poi verso l'esofago.

Arterie

Per quanto riguarda la vascolarizzazione, ci sono alcune variazioni a seconda dei testi.

1. Arterie etmoidali che sono rami della oftalmica:

• l'anteriore irrora le pareti mediali e laterali anteriori;

• la posteriore irrora le pareti posteriori.

2. Arteria sfenopalatina è un ramo della mascellare.

Vene

Le vene della mucosa nasale defluiscono nelle vene dell'orbita, nel plesso venoso pterigoideo e nelle vene
del viso. Questo è un fatto importante da tenere presente, in quanto nella traumatologia del naso rappre -
senta un grosso problema, a causa della comunicazione con l'interno del cranio.

LARINGE

La laringe è un organo impari e mediano posto nel collo, interposta tra la faringe e la trachea:

1. consente il passaggio dell’aria;

2. partecipa alla produzione di suoni;

3. aumenta la pressione delle vie aeree.

1) La laringe fa parte dell'apparato respiratorio e ha il compito di chiudersi quando deglutiamo e/o in-
goiamo cibo, in modo che questo segua il processo digestivo nell'esofago, impedendogli così di en-
trare nelle vie respiratorie. L'entrata nella laringe si chiama adito della laringe. Questo adito viene
chiuso e aperto dall'abbassarsi e dall'alzarsi dell'epiglottide, che è una cartilagine della laringe. Si
tratta di un meccanismo importantissimo, perché è necessario che nell'apparato respiratorio non ci
vada nulla (tant'è che non appena qualcosa ci va "di traverso" tossiamo abbondantemente cercan -

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08 6 di 9


Anatomia ANS28 – APPARATO RESPIRATORIO 1 (25mag2011)

do di espellere ciò che vi è entrato, questo è dovuto al fatto che queste vie sono estremamente in -
nervate in modo da rendere questo stimolo il più efficiente possibile): se ciò avvenisse si creerebbe -
ro delle infezioni gravi a livello dell'apparato respiratorio.

2) La laringe è l'organo principale della fonazione, quindi gioca un ruolo nel parlare, nell'emettere suo-
ni. La possiamo immaginare come tubo in cui sono poste le cosiddette corde vocali. Quando noi
parliamo espiriamo e quest'aria che viene dal basso verso l'alto fa vibrare le corde vocali. Queste
corde, grazie a un gioco di cartilagini, possono variare le loro dimensioni e la loro forma: possono
restringersi o allargarsi, allungarsi quindi assottigliarsi o ispessirsi. Questo naturalmente ci permette
di produrre suoni diversi, perchè noi appunto facciamo vibrare queste corde in modo diverso,
quando sono più sottili emetteranno suoni più acuti, più spesse suoni più gravi e così via.

3) Fa aumentare la pressione delle vie aeree chiudendo la glottide. Per glottide si intende lo spazio
che c'è tra le due corde vocali (molti autori considerano per glottide l'intero sistema, cioè sia le cor-
de vocali sia lo spazio compreso). Questo avviene in determinate situazioni, ad esempio:

• quando alzo un peso: trattengo il fiato per avere maggiore potenza sull'addome e sul torace;

“l'organismo è impegnato in sforzi che comportano un ancoraggio sicuro per la muscolatura de-
gli arti. Poiché il primo risultato della contrazione dei muscoli lombari e addominali è l'abbassa-
mento delle costole, e quindi il cedimento dell'ancoraggio dei muscoli degli arti, nasce nuova-
mente l'esigenza della chiusura delle vie aeree che, impedendo la fuoriuscita dell'aria ovvii al-
l'inconveniente”;

• durante la defecazione faccio pressione comprimendo il torace sull'addome. Infatti i laringetto -


mizzati, cioè gli individui a cui è stata tolta la laringe durante un intervento, devono essere rie -
ducati a rifar funzionare l'intestino in un altro modo;

“durante la defecazione, la minzione od il parto, l'organismo deve espellere dagli orifici inferiori
i prodotti della digestione, della secrezione o del concepimento. La chiusura a monte delle vie
aeree è indispensabile perché la cavità toracica si comporti come una camera d'aria compressa,
offra sufficiente resistenza e la forza esercitata dalla muscolatura addominale venga orientata
nella direzione opportuna”.

É una valvola aperta durante la respirazione controllando il passaggio dell'aria in uscita e in entrata. Sporge
ventralmente tra i grandi vasi del collo, è coperta dalla cute, è palpabile soprattutto nell'uomo più che nella
donna, rappresenta il cosi detto “Pomo d'Adamo” che è una delle cartilagini più importanti della laringe, in -
fatti se uno deglutisce o parla sentiamo che vibra.

Si trova a livello di c3 c4 c5 c6 . Termina a livello di c6 dove si continua con la trachea, e a questo livello po -
steriormente inizia l'esofago. Ha una lunghezza di circa 45 mm. É più elevata nel bambino e nella donna che
nell'uomo. Ai lati vediamo la carotide comune che a livello di c4 si viene a separare in carotide esterna e ca -
rotide interna.
Autore: Martina Sbarbati per Medicina08 7 di 9
Anatomia ANS28 – APPARATO RESPIRATORIO 1 (25mag2011)

Ha uno scheletro composto da varie cartilagini ricoperte da mucosa, su cui si inseriscono legamenti e mu -
scoli, i quali permetteranno il movimento di queste cartilagini una rispetto all'altra .

Le cartilagini della laringe

Cartilagine epiglottide

È costituita da cartilagine elastica, ha la forma di una


foglia, si abbassa durante la deglutizione, per cui il
cibo e i liquidi scivolano e si portano verso l'esofago.
L'epiglottide si va ad inserire mediante un sottile lega-
mento, che viene chiamato peduncolo dell'epiglotti-
de, sulla parete posteriore della cartilagine tiroide.

Cartilagine tiroidea

Questa cartilagine ha l'aspetto della prua di una nave,


è formata da due grandi lamine unite al davanti, an-
dando a costituire una parte molto sporgente che vie-
ne chiamata prominenza laringea, volgarmente
“Pomo d'Adamo”. Sopra la prominenza laringea è pre-
sente un incavo, l'incisura laringea. Al davanti è pre-
sente la ghiandola tiroide che è unita da una specie di
istmo o ponte tra i due lobi che raggiungono circa la
metà della cartilagine tiroide. Nella parte posteriore
c'è una linea, la linea obliqua, su cui si inseriscono dei
muscoli. Sono inoltre presenti quattro corna: due cor-
na superiori e due corna inferiori, i cui apici piegano
antero-medialmente. Le corna superiori hanno ha che fare con l'aggancio all'osso ioide che si trova supe-
riormente. Le corna inferiori si inseriscono ai lati di un'altra cartilagine sottostante: la cartilagine cricoide.

Cartilagine cricoide

La cartilagine cricoide è la cartilagine posta più in basso, quella che precede la trachea, volgarmente si dice
che questa cartilagine ha la forma di anello con castone (il castone è la parte dell'anello con la pietra) per -
chè ha al davanti un parte sottile chiamata arco della cricoide e una parte posteriore chiamata lamina che
corrisponderebbe al castone. La cartilagine tiroide con le corna inferiori si va ad inserire ai lati della cartila -
gine cricoide, dove è appunto presente una faccetta articolare per le corna inferiori. Essendo questo l'unico
punto di inserzione della cartilagine tiroide sulla cricoide, la cartilagine tiroide può vasculare.

Cartilagini aritenoidi

Sono due, pari e simmetriche, si vanno a porre superiormente sulla lamina della cartilagine cricoide. Poggia -
no sulla lamina e hanno un processo anteriore che si chiama processo vocale e una prominenza laterale
che si chiama processo muscolare che serve per l'inserzione di vari muscoli. Il processo vocale è il punto da
cui partiranno i legamenti vocali che formano la base delle future corde vocali. Le due corde vocali, il cui
capo posteriore è trattenuto saldamente dalle aritenoidi e dalla loro muscolatura, si portano in avanti e
vanno ad inserirsi dietro la cartilagine tiroide.

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08 8 di 9


Anatomia ANS28 – APPARATO RESPIRATORIO 1 (25mag2011)

La cartilagine tiroide sappiamo che può vasculare, quindi se si abbassa tira le corde vocali allungandole in
avanti, le assottiglia, basta ciò per cambiare nettamente il suono.

Le parti superiori mostrano la presenza dell'inserzione di due piccole strutture cartilaginee chiamate cartila-
gini corniculate.

Autore: Martina Sbarbati per Medicina08 9 di 9


ANATOMIA – “APPARATO RESPIRATORIO 2”

ID lezione ANS29 Modulo Splancnologia


Data lezione 26 maggio 2011
Autore Davide Soldato
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Laringe: legamenti, muscoli ed innervazione; trachea; polmoni: organizzazione
Argomento
dei lobi, dei bronchi e delle pleure.
Eventuali
Tavole del Netter: 77, 78, 79, 80, 204
riferimenti

LARINGE

Per quello che riguarda la laringe abbiamo visto ieri l’impo-


stazione riguardo la struttura delle cartilagini. E abbiamo vi-
sto che ci sono dei legamenti che permettono l’articolazio-
ne tra le varie cartilagini; per rendere più stabile questo si-
stema e per strutturare la laringe in base al rivestimento
della mucosa abbiamo dunque dei legamenti che sono im-
portanti e che uniscono o facilitano l’unione tra le cartilagini
dopo il movimento.

A livello della laringe questi legamenti sono molto ricchi in


fibre elastiche che permettono il rapido ritorno alla posizio-
ne che le varie cartilagini hanno le une rispetto alle altre in-
sieme all’azione dei muscoli; la minima variazione nella po-
sizione delle cartilagini viene “corretta” dalla presenza dei
legamenti.

Legamenti laringei

I legamenti vengono divisi in due gruppo principali:

• legamenti laringei interni (o intrinseci), sono abbastanza numerosi e collegano le varie cartilagini
laringee; sonoi legamenti: tiroepiglottico, vocali, cricotiroideo, vestibolare;

• legamenti laringei esterni (o estrinseci) che hanno la caratteristica di collegare la laringe nel suo in-
sieme con l’osso ioide e con la trachea.

Osservando la laringe dall’alto vediamo l’epiglottide il cui peduncolo si aggancia alla cartilagine tiroide me -
diante il legamento tiroepiglottico; l’epiglottide inoltre si inserisce sull’osso joide mediante il legamento
joepiglottico che facilita il ritorno dell’epiglottide nella sua posizione naturale. Una struttura molto impor-
tante è la plica ariepiglottica: questa deve restare molto aderente all’epiglottide quando questa si abbassa
al fine di evitare al massimo il passaggio di liquidi; a livello ariepiglottico vediamo una formazione cartilagi -
nea detta tubercolo cuneiforme e questo è volta ad aumentare la stabilità della plica ariepiglottica.
La plica ariepiglottica presenta un andamento semicircolare e l’unione di quella di destra con quella di sini -
stra viene complessivamente detta lamina quadrangolare.
Anatomia ANS29 – APPARATO RESPIRATORIO 2 (26mag2011)

Dal processo vocale delle cartilagini aritenoidi partono i due legamenti vocali, che rivestiti dalla mucosa sa-
ranno le corde vocali: questi legamenti sono ricchi in fibre elastiche e si portano fino alla cartilagine tiroide.
Al di sotto dei legamenti vocali andando lateralmente a destra e a sinistra vediamo il legamento cricotiroi-
deo che va dalla cricoide e termina sulle corde vo-
cali stesse. Questo legamento forma un cono aper-
to verso il basso e stretto verso l’alto e tutta questa
struttura viene detta cono elastico: è una parte del-
la laringe (la prima delle tre in cui la divideremo)
delimitata superiormente dai due legamenti vocali,
lateralmente dal cricotiroideo e anteriormente si
trova a livello dell’arco della cartilagine cricoide e si
trova dunque al di sotto dei legamenti vocali. Que-
sta struttura, il cono elastico, tenderà dunque a ri-
portare perfettamente in ordine la struttura ad ogni
minimo cambiamento. Abbiamo posteriormente il
cricoaritenoideo posteriore che unisce le aritenoidi
a livello del processo muscolare con la lamina della
cricoide. Al di sopra dei legamenti vocali vediamo
un legamento che va dalle aritenoidi alla cartilagine
tiroide che viene detto legamento vestibolare
(ndD: secondo il Netter è il legamento cricoarite-
noideo laterale).

Divisione della laringe

La laringe può essere divisa in tre parti:

1. cavo sottoglottico, da sotto al legamento vocale fino al confine della laringe con la trachea;

2. ventricolo, zona tra i legamenti vocali e il legamento vestibolare;

3. vestibolo, zona posta al di sopra del legamento vestibolare che sembra avere un ruolo nel determi -
nare la potenza della voce

Queste tre parti in realtà esistono perché quando la laringe viene ricoperta dalla mucosa questa scende, ri -
veste l’epiglottide e arriva fino al legamento vestibolare e rivestendolo passa sotto, si porta nuovamente
verso l’alto e riveste il legamento vocale per poi
scendere nuovamente. Il legamento vestibolare
viene dunque rivestito creando una struttura a
fondo cieco che viene detta appunto ventricolo.
La suddivisione della laringe è importante per
comprendere come la mucosa utilizza tutte le
strutture di cui abbiamo parlato. Al di sotto del-
la mucosa abbiamo la membrana elastica, una
struttura molto sottile ma ricchissima di fibre
elastiche a cui partecipano i legamenti visti fino
ad ora e questa membrana è al di sotto della
mucosa che riveste la laringe e ne favorisce il ri-
Autore: Davide Soldato per Medicina08 2 di 6
Anatomia ANS29 – APPARATO RESPIRATORIO 2 (26mag2011)

torno rapidissimo nella posizione iniziale. Vediamo adeso i legamenti laringei estrinseci o esterni che sono
particolarmente coinvolti nei rapporti con l’osso joide: uno è la membrana tirojoidea costituita dal lega-
mento tirojoideo mediano (regione inspessita tra l’osso joide e l’incisura tiroidea) e dai legamenti tirojoi-
dei laterali. Questa membrana va dalla cartilagine tiroide all’osso joide e presenta due aperture importanti
per il passaggio dei nervi. I legamenti tirojoidei laterali vanno dalle corna superiori della cartilagine tiroide al
grande corno dell’osso joide e mostrano la presenza di una piccola cartilagine che viene detta cartilagine
triticea.

Movimenti della laringe e muscoli annessi

Una volta compresa la struttura della laringe è importante capire quali movimenti sono permessi e quali
sono le deformazioni che possono subire le corde vocali. I muscoli della laringe sono diversi: li citiamo ma
non dobbiamo conoscerli nel dettaglio tuttavia è fondamentale capire la loro azione per capire il movimen -
to delle cartilagini.

• Il muscolo cricotiroideo è il solo esterno, e va dall’arco della cricoide alla cartilagine tiroide e ne
permette il basculaggio (permette alla cartilagine tiroide di abbassarsi e di alzarsi) ed è innervato
dal nervo laringeo superiore. Questo muscolo è formato da due capi: uno più obliquo e uno più
dritto; questi partono dalla cricoide e arrivano alla tiroide e contraendosi abbassano la cartilagine
tiroide e allungano le corde vocali, assottigliandole; la tiroide viene fatta basculare e la cricoide ri -
mane fissa.

Tutti gli altri muscoli sono innervati dal nervo laringeo inferiore o ricorrente.

• Il muscolo cricoaritenoideo posteriore è l’unico a separare le corde vocali mentre tutti gli altri ten-
dono invece a chiudere le corde vocali e questo dimostra come la laringe sia strutturata per impedi -
re che ci possa essere arrivo di cibo o di liquido a livello dell’apparato respiratorio. Il cricoaritenoi-
deo posteriore permette l’apertura delle corde vocali; questo muscolo va dalla lamina della cartila -
gine cricoide posteriormente fino al processo muscolare della aritenoidi e per questo contraendosi
allarga e divarica le aritenoidi ed apre la rima glottidea.

• Abbiamo poi il cricoaritenoideo laterale: questo muscolo si inserisce sul processo muscolare delle
aritenoidi ma si porta in basso verso la cartilagine cricoide nella sua parte anteriore e per questo fa
il lavoro opposto al muscolo precedente spostando il processo muscolare in basso e in avanti chiu -
dendo la rima della glottide.

• Segue il muscolo tiroaritenoideo mediale: spesso e consistente, parte della parete laterale delle
aritenoidi, va alla cartilagine tiroide e porta in avanti le aritenoidi e le avvicina l’una all’altra.

Il professore non chiede in dettaglio questi muscoli: vuole sapere solo il muscolo che fa dilatare la
plica vocale e il muscolo esterno mentre sugli altri un cenno veloce. Non risponde tuttavia per gli al-
tri colleghi che in genere chiedono ciò che lui spiega, ma non si può mai sapere.

• Abbiamo poi l’aritenoideo trasverso: muscolo che va da una aritenoide a quella opposta e serve ad
avvicinare le due cartilagini chiudendo lo spazio tra le corde vocali.

• Segue l’aritenoideo obliquo che dal processo muscolare di una aritenoide va verso la cartilagine
corniculata di quella controlaterale e sale con fibre muscolari nella plica ariepiglottica; questo se-
condo gruppo di fibre che sale viene detto muscolo ariepiglottico: questo muscolo è importante in

Autore: Davide Soldato per Medicina08 3 di 6


Anatomia ANS29 – APPARATO RESPIRATORIO 2 (26mag2011)

quanto nella sua contrazione con le due componenti muscolari avviene che le due aritenoidi si avvi -
cinano e l’epiglottide si chiude; è un muscolo importante della deglutizione perché, per proteggere
la laringe, abbiamo la chiusura dell'epiglottide e inoltre fa chiudere la rima della glottide.

• In sezione trasversale: vediamo le aritenoide e la corda vocale o legamento vocale e ai lati di questa
abbiamo il muscolo vocale che è un muscolo importante che fa accorciare le pliche vocali o corde
vocali quando si contrae e ai lati di questo muscolo vedo il tiroaritenoideo già visto precedente-
mente.

Un’ultima cosa prima dell’innervazione: quando andiamo con il laringoscopio per vedere come appaiono le
corde vocali, vediamo che queste hanno un colorito madreperlaceo mentre le corde vestibolari che stanno
ai lati presentano un colorito rosato come tutta la mucosa. Qualora le corde vocali abbiano un colorito ro-
sato in qualunque zona significa che c’è un’infiammazione; inoltre se vediamo che cambiamenti della voce
permangono per più di qualche giorno o anche fino ad una settimana, è fondamentale inviare il paziente da
uno specialista.

Innervazione (tavola 204 del Netter)

Innanzitutto abbiamo accennato un po’ ai nervi ma l’innervazione più importante della laringe proviene dal
parasimpatico, sono dei rami del vago che manda il nervo laringeo ricorrente o inferiore e il nervo laringeo
superiore.

Il nervo vago dà un ramo che scende, va verso l’arco dell’aorta passando al di sotto e poi torna verso l’alto
decorrendo tra trachea ed esofago, si avvicina alla laringe e vi entra a livello dell’articolazione cricotiroidea,
questo per quanto riguarda la parte sinistra. Nella parte controlaterale, quella del vago di destra, parte un
ramo dal vago di destra che passa al di sotto della succlavia destra, corre nuovamente verso l’alto tra tra -
chea ed esofago ed entra a livello dell’articolazione cricotiroidea nella laringe. Il nervo ricorrente origina a
livello del mediastino superiore in quanto passa sotto l’arco dell’aorta, mentre a destra il ricorrente origina
a livello della succlavia e dunque a livello del collo. Il percorso del ricorrente sinistro è dunque molto più
lungo di quello di destra e dunque problemi e
patologie legati a quest’area sono maggior-
mente legati al nervo ricorrente sinistro. Il la-
ringeo ricorrente inferiore presenta fibre mi-
ste sia sensitive che motorie; questo nervo in-
nerva tutti i muscoli della laringe fatta ecce-
zione per il muscolo cricotiroideo, unico mu-
scolo esterno. Inoltre le sue fibre sensitive in-
nervano il cavo sottoglottico dalla faccia infe-
riore della plica vocale fino al limite tra tra-
chea e laringe. Il nervo laringeo superiore, che
origina poco sopra all’osso joide, si divide ra-
pidamente in due rami: uno con fibre sensiti-
ve e l’altro con fibre motorie. Uno viene detto
laringeo esterno in quanto passa esternamen-
te alla laringe innervando in modo specifico il
cricotiroideo. Le fibre invece sensitive entre-
ranno attraverso l’apertura della membra tiro-
joidea nella laringe innervando dall’interno il
Autore: Davide Soldato per Medicina08 4 di 6
Anatomia ANS29 – APPARATO RESPIRATORIO 2 (26mag2011)

vestibolo, il ventricolo e la faccia superiore delle corde vocali. Il ramo delle fibre sensitive viene detto larin -
geo interno (o ramo interno). Ovviamente basta che uno solo dei quattro nervi non sia perfettamente effi-
ciente per provocare dei cambiamenti nella voce che vanno indagati in modo accurato. In basso è presente
la trachea e il percorso dei laringei ricorrenti posti nell’angolo tra trachea ed esofago; qui abbiamo la tiroide
avvolta da una capsula interna ed una esterna e abbiamo poi le paratiroidi (importanti nella regolazione
della calcemia), è presente poi VAN del collo e varie fasce che già conosciamo.

TRACHEA

Andiamo ora a analizzare la trachea; questo è un organo che segue alla laringe nell’apparato respiratorio, è
lungo tra i 10 e i 12 centimetri ed è caratterizzata dalla presenza di numerosi anelli cartilaginei che sono
aperti posteriormente e dunque hanno una forma a ferro di cavallo; le parti terminali dell’anello cartilagi -
neo, formato da cartilagine ialina, sono uniti da un muscolo che viene detto muscolo tracheale dietro al
quale abbiamo l’esofago. Tra un anello e quello successivo abbiamo inoltre i legamenti anulari, delle fibre
elastiche poste tra una anello e l’altro e questo ci permette ad esempio di portare la testa all’indietro in
quanto la trachea segue questo movimento facendo distendere questi legamenti. La trachea termina a li-
vello della carena tracheale dove la trachea si divide nei due bronchi, quello di destra e quello di sinistra.

Per quello che riguarda la disposizione della trachea vediamo che la prima metà dell’organo si pone nel col -
lo mentre la seconda si pone all’interno del mediastino superiore dietro al manubrio dello sterno.
L’esofago si trova al davanti di C6 (emergenza dell’esofago e della trachea) e da T4-T5, dove abbiamo la ra -
mificazione della trachea nei due bronchi, l’esofago si troverà davanti il cuore e soprattutto davanti al ven -
tricolo sinistro. Davanti della biforcazione della trachea abbiamo la biforcazione del tronco della polmonare
in arteria polmonare di destra e di sinistra. Al di sopra del bronco principale di sinistra abbiamo l’arco del -
l’aorta: il sangue arterioso va dall’avanti verso l’indietro mentre al di sopra del bronco di destra abbiamo lo
scavalcamento della vena azygos che decorre vicino alla colonna vertebrale e per arrivare alla vena cava su -
periore deve scavalcare il bronco di destra e il sangue venoso va dal di dietro in avanti. Abbiamo due vasi
che scavalcano l’origine dei bronchi principali e le loro diramazioni si accompagnano sempre ad una dira -
mazione dei rami della polmonare.

BRONCHI

Il bronco di destra rispetto a quello di sinistra è posto in modo differente: il bronco di destra rimane quasi
in asse con la trachea scendendo dritto, mentre il bronco sinistro fa un angolazione retta: questo spiega
perché quando i bambini ingeriscono delle piccole strutture andando a fare l’esame con il broncoscopio li
troviamo sempre nel bronco destro. Una volta che il bronco è entrato nell’ilo polmonare questo si divide al -
meno in tre bronchi a destra e in due a sinistra. A destra avremo il bronco lobare superiore, medio e infe -
riore; a sinistra avremo invece, essendo il polmone più piccolo per la presenza del cuore, il bronco lobare
superiore e quello inferiore. A cosa servono questi bronchi lobari? Il polmone non è un organo compatto
ma è composto da tre strutture indipendenti a destra e due a sinistra che sono funzionalmente e morfologi -
camente indipendenti con un proprio vaso arterioso; all’interno del lobo i bronchi si dividono nei bronchi
segmentali: 10 a destra e 9 a sinistra e anche queste sono delle strutture indipendenti. Questo è talmente
vero che a livello chirurgico se eliminiamo il lobo superiore il soggetto vive comunque pure avendo una ri -
dotta capacità polmonare.

Autore: Davide Soldato per Medicina08 5 di 6


Anatomia ANS29 – APPARATO RESPIRATORIO 2 (26mag2011)

POLMONI

Il polmone ha una struttura piramidale con una base e un apice; l’apice non solo supera la prima costa ma
supera anche la clavicola arrivando piuttosto in alto; un’ottima percussione dell’apparato respiratorio deve
cominciare dalla spalla. Il polmone viene diviso in: faccia mediastinica che si affaccia sul mediastino e nella
quale è presente l’ilo polmonare, ovvero quell’area dove entrano i bronchi e i vasi; abbiamo poi una faccia
diaframmatica in contatto con il diaframma ed una faccia costale che si pone in contatto con le coste stes-
se.

Il polmone viene rivestito dalle pleure, membrane sierose (ricordiamo che il pericardio è invece una mem -
brana fibrosierosa); una viscerale molto attaccata al polmone e difficilissima da staccare che, giunta a livel-
lo dell’ilo polmonare, si riflette formando la pleura parietale: avremo dunque un foglietto parietale e un fo-
glietto viscerale. L’ilo polmonare non viene rivestito dalla pleura. Vediamo che la pleura si approfonda nel -
l’angolo tra coste e diaframma. Il polmone sinistro presenta un lobo superiore ed inferiore e sappiamo che
la pleura non riveste, come abbiamo appena detto, l’ilo polmonare; abbiamo il bronco, le due vene polmo -
nari che portano il sangue all’atrio sinistro e l’arteria polmonare. È inoltre presente una sorta di “coda” del -
l’ilo polmonare che scende verso il basso andando verso il diaframma: questo è il legamento polmonare o
mesopneumonio ma perché esiste questo legamento? Quest’area è libera da pleura perché l’arteria polmo -
nare è elastica: nel momento della sistole si dilata parecchio; se la pleura fosse arrivata intorno a queste
strutture strettamente, la dilatazione dell’arteria polmonare avrebbe potuto portare alla lacerazione della
pleura. Inoltre dobbiamo ricordare che la pleura viscerale riveste i polmoni ma sappiamo anche che questi
sono divisi in lobi nettamente separati da quella che viene detta scissura polmonare: uno spazio tra un lobo
e quello adiacente. La pleura viscerale scendendo dall’apice riveste e arrivata alla scissura polmonare si in -
troduce tra il lobo e quello successivo; riveste la scissura e si riflette inserendosi dunque tra un lobo e l’al -
tro. Ecco perché i lobi sono ancora di più isolati gli uni dall’altro. La pleura parietale non si introduce nella
scissura ma procede dritta verso il diaframma.

Dobbiamo dire ancora una cosa riguardo le pleure e i due foglietti del pericardio: noi abbiamo visto che lo
spazio tra le due pleure viene detta cavità pleurica e al suo interno troviamo del liquido che serve ad attuti -
re l’attrito del polmone contro la parete toracica ma in verità la parte interna delle due pleure è rivestita da
cellule piatte; queste cellule che delimitano la cavità pleurica sono dette cellule mesoteliali e sono cellule
che hanno la stessa funzione e la stessa posizione nel pericardio. Queste cellule aiutano a produrre il liquido
all’interno dello spazio pleurico e sono molto soggette a sostanze come ad esempio l’amianto, e portano a
trasformazioni tumorali detti mesoteliomi. Sembra inoltre che nei prossimi anni a New York ci sarà un gran -
de aumento dei mesoteliomi in quanto pare che le Torri Gemelle fossero costruite con una grande quantità
di amianto; addirittura in Canada sembra che organizzino dei tour guidati alle cave di amianto nonostante
questo sia estremamente tossico: la particella di amianto che è più piccola della metà di un’unghia se va
nell’aria nel giro di pochissimo si divide in frammenti infinitesimali che sono molto efficaci ed aggressivi per
le cellule mesoteliali.

Autore: Davide Soldato per Medicina08 6 di 6


ANATOMIA – “APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1”

ID lezione ANS30 Modulo Splancnologia


Data lezione 30 maggio 2011
Autore Elettra Carini
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Apparato respiratorio: i polmoni, recessi pleurici, radice del polmone, mem-
Argomento brana di Hayek, suddivisione di bronchi e polmoni, albero bronchiale, dotto al-
veolare, vasi pubblici e privati. Addome: diaframma. Apparato urinario: rene

POLMONI

Avevamo visto che al livello dell’ilo si ha una struttura non rivestita dalla pleura, poiché in questo livello ha
luogo la riflessione della pleura parietale in quella viscerale. La presenza di questa zona priva di pleura faci -
lita la dilatazione dei vasi in modo particolare dell’arteria polmonare e altre vene (i vasi sono elastici, se ci
fosse la pleura tutta intorno, la dilatazione di questa rischierebbe di rompere la pleura). Al di sotto dell’ilo i
due foglietti sierosi, che corrispondono al passaggio tra pleura parietale mediastinica e la pleura viscerale, si
prolungano inferiormente dal peduncolo polmonare al diaframma formando i legamenti polmonari o meso -
pneumonio. La pleura inoltre ha un apparato sospensore che mantiene la pleura nella sua posizione (si in -
serisce principalmente sulla pleura parietale). La pleura costale, ma soprattutto la parte parietale della
pleura costale, si aggancia alla parete costale grazie alla fascia endotoracica. Durante l’inspirazione la cassa
toracica si alza e si dilata e quindi la pleura parietale viene tirata. La pleura parietale però è agganciata alla
pleura viscerale che a sua volta è agganciata al polmone e quindi trascina con sé il polmone. Il polmone è
estremamente elastico e si dilata con la cassa toracica. Se si inserisce una certa quantità d’aria tra le due
pleure il polmone può collassare diventando poco più grande di un pugno. Ciò accade perché tutto il siste-
ma polmone ha inserite all’interno fibre elastiche che si estendono durante l’inspirazione e durante l’espi -
razione si decontraggono ma non sono mai completamente rilasciate. Se si rilasciano completamente, il
polmone collassa. Le fibre elastiche polmonari sono in una situazione diversa rispetto a quelle dei vasi ela -
stici. Quelle dei vasi si dilatano durante la sistole e dopo si rilasciano completamente. Il polmone invece le
tiene sempre un po’ contratte altrimenti collasserebbe.

RECESSI PLEURICI

Essenzialmente esistono due recessi pleurici:

• il recesso costo-diaframmatico;

• il recesso costo-mediastinico.

La pleura si estende sia verso il diaframma sia nell’angolo che si viene a formare tra diaframma e coste e
anche anteriormente verso lo sterno. L’eccesso di pleura parietale viene a formare questi recessi pleurici.

Recesso costodiaframmatico

La pleura parietale si porta fino alla X costa. In questo recesso, che è appunto quello costo-diaframmatico
posto tra coste e diaframma, rimane uno spazio vuoto senza polmone che è utile nell’inspirazione profon -
da. Espirando prima e inspirando poi profondamente si possono raggiungere anche i 4800 ml di aria che en -
Anatomia ANA30 – APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1 (30mag2011)

tra nel polmone. Ma nonostante l’inspirazione così profonda il polmone non arriva a riempire tutto lo spa -
zio costo-diaframmatico. Il recesso comunque è un’area che serve all’inspirazione.

È importante conoscere
dove si estende il recesso
perché, qualora si avesse
una pleurite o comunque un
versamento di liquidi all’in-
terno dello spazio pleurico
(tra i due foglietti pleurici),
facendo sedere il paziente
questi liquidi si raccolgono in
quest’area. Lo specialista
deve poi pungere questa
zona e aspirare il liquido per
farlo esaminare e vedere
quali sostanze sono presenti.

Estensione del polmone: ar-


riva alla trachea, termina a
T4-T5, si divide in 2 bronchi
principali che giungono all’i-
lo. Gli altri parametri di valutazione sono: X costa, dalla X alla XII non c’è pleura, c’è solo vuoto, un po’ di
tessuto connettivo e poi si ha il diaframma. La pleura si estende tra l’VIII e la IX: nell'inspirazione profonda
qui viene a portarsi il polmone, ma quando si devono prelevare i liquidi il paziente non deve inspirare pro-
fondamente e quindi non risulta difficile prelevarli.

Recesso costo mediastinico

La pleura parietale si porta fino al davanti del cuore. La parte che si porta in avanti a sinistra è più accentua -
ta. Si trova tra le coste e il mediastino e si porta davanti al mediastino.

Quindi di recessi ne esistono tre ma il terzo ha un importanza secondaria. I due descritti sono i più impor -
tanti.

RADICE DEL POLMONE (o peduncolo polmonare)

Al di là dello spazio costo-mediastinico ci sono le radici del polmone. Gli autori anglosassoni considerano
con il termine radice del polmone le strutture che giungono o escono dall’ilo polmonare. Queste strutture
entrano con una certa inclinazione. Conoscere dove si estende la radice del polmone ha un’importanza sia
anatomica che clinica perché serve ad auscultare in modo ottimale il passaggio d’aria nei bronchi. Le strut -
ture che entrano o escono dall’ilo sono: i bronchi principali, l’arteria polmonare, le due vene polmonari, i
vasi bronchiali, il plesso nervoso polmonare, i vasi linfatici, i linfonodi broncopolmonari e tessuto connetti -
vo lasso.

Per capire dove si estende la radice del polmone, prendiamo come riferimento la scapola di sinistra: l’ango -
lo superiore è all’incirca al livello di T2, quello inferiore a livello di T7, la spina invece sta a livello di T3. La ra -

Autore: Elettra Carini per Medicina08 2 di 9


Anatomia ANA30 – APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1 (30mag2011)

dice del polmone si estende tra T4 e T6. A T4 circa termina la trachea e comincia la discesa dei due bronchi
verso l’ilo polmonare. La scapola quindi aiuta molto nell’auscultare il passaggio dell’aria nei bronchi poiché
fa trovare più semplicemente la radice del polmone.

MEMBRANA DI HAYEK

Si era detto che dietro la trachea c’è l’esofago che continuando il suo percorso si trova al davanti l’atrio sini -
stro. Si ha una situazione in
cui c’è il pericardio, l’esofago
e la trachea; queste tre sono
attaccate tra loro dalla cosid-
detta membrana di Hayek:
davanti c’è il pericardio, die-
tro l’esofago che viene ag-
ganciato alla membrana e il
tutto viene mantenuto abba-
stanza in sede. A livello della
biforcazione della trachea
troviamo molti linfonodi, i
linfonodi tracheali o media-
stinici, poiché non sono solo
a livello della biforcazione. Si
ha quindi una serie di strut-
ture: pericardio, esofago, bi-
forcazione tracheale e sta-
zione linfonodale di drenag-
gio che vengono agganciate
e tenute abbastanza in sede
da questa membrana.

Del sistema chiamato pe-


duncolo polmonare o radice
del polmone fanno parte i
bronchi principali, i rami del-
l’arteria, la vena polmonare,
i vasi linfatici e i nervi.

SUDDIVISIONE DEI BRONCHI

I bronchi si dividono nel percorso verso gli alveoli. All’inizio si dividono in bronco sinistro e destro, poi nei
bronchi lobari (3 a destra e 2 a sinistra in quanto corrispondono ai lobi polmonari), questi a loro volta si
suddividono nei bronchi segmentali o zonali (10 a destra e 9 a sinistra): questo è l’albero bronchiale princi -
pale. I bronchi segmentali si dividono varie volte all’interno del polmone fino poi ad arrivare ai cosiddetti
bronchioli. La differenza principale tra bronchi e bronchioli sta nel fatto che mentre i bronchi hanno plac-
che cartilaginee intorno alla loro parete (che un po’ ricordano gli anelli cartilaginei della trachea), nei bron -

Autore: Elettra Carini per Medicina08 3 di 9


Anatomia ANA30 – APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1 (30mag2011)

chioli queste mancano del tutto.


Quindi per definizione si può chia-
mare bronchiolo una struttura in
cui mancano le placche cartilagi-
nee. Ora sappiamo che la struttura
del bronco è formata da placche
cartilaginee ma, man mano che ci
si avvicina ai bronchioli, queste
placche, che soprattutto all’inizio
sono formate da cartilagine di tipo
ialino, lentamente possono assu-
mere (non obbligatoriamente) l’a-
spetto di cartilagine elastica. Al di
sotto di questa copertura cartilagi-
nea c’è abbondante muscolatura li-
scia che però ha minima funzione
nel bronco perché questo rimane
sempre aperto a causa della pre-
senza delle strutture cartilaginee
rigide (la parete dei bronchi si at-
tacca a queste strutture che non
danno ai bronchi la possibilità di
chiudere il polmone). Nei bron-
chioli invece la muscolatura liscia
contraendosi ha la capacità di va-
riare il lume del bronchiolo stesso. Alcune malattie come l’asma possono influire nella contrattilità di que -
sta muscolatura. Se ciò avviene si ha una restrizione dei bronchioli per cui arriva meno aria agli alveoli e lo
scambio tra aria espirata e inspirata diventa più difficile. I bronchioli a loro volta si suddividono in vari rami.
Alcuni degli ultimi si chiamano bronchioli terminali che a loro volta si dividono in bronchioli respiratori. I
bronchioli respiratori sono strutture in cui è possibile lo scambio ossigeno-anidride carbonica. In tutto l’al-
bero bronchiale lo scambio anidride carbonica-ossigeno non è possibile mentre nei bronchioli respiratori
sì, quindi anticipano l’attività degli alveoli.

Suddivisione dei bronchi:

• bronco principale destro e sinistro;

• bronchi lobari;

• bronchi segmentali o zonali (10 a destra 9 a sinistra);

• bronchioli;

• bronchioli terminali;

• bronchioli respiratori.

Autore: Elettra Carini per Medicina08 4 di 9


Anatomia ANA30 – APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1 (30mag2011)

SUDDIVISIONE DEI POLMONI

Alle strutture sopra descritte devono corrispondere le strutture polmonari. Alcune le abbiamo già viste: ai
bronchi principali corrispondono i due polmoni destro e sinistro, ai bronchi lobari corrispondo i lobi, ai
bronchi segmentali i segmenti lobari, i lobuli polmonari sono suddivisioni dei segmenti, all’interno dei lo-
buli avremo gli acini. La denominazione “acini” oggi è in disuso perché è una suddivisione più teorica senza
pareti vere e proprie.

Suddivisione del polmone:

• lobi polmonari;

• segmenti bronco-polmonari;

• lobuli polmonari;

• acini (denominazione in disuso).

I bronchi lobari si suddividono in bronchi segmentali via via fino a arrivare i bronchioli, il terminale dà luogo
ad alcuni bronchioli respiratori che arrivano ai sacchi alveolari che sono le aree dove avviene lo scambio os -
sigeno-anidride carbonica.

Segmenti: sono la suddivisione dei lobi polmonari, hanno forma piramidale con apice verso l’ilo del polmo -
ne e la base verso la superficie. Queste piramidi hanno posizioni (ad esempio all’interno di un lobo) varie
ma ripetitive e sono rivestite da connettivo che proviene da sotto la pleura viscerale. La pleura viscerale
nella superficie è rivestita da mesotelio che poggia sulla membrana basale e sotto c’è il connettivo. Questo
connettivo entra dentro il polmone e suddivide i lobi in segmenti, che sono avvolti da connettivo e sono
unità totalmente indipendenti. Vi giunge il bronco segmentale e un ramo dell’arteria polmonare e quindi
sono responsabili di ossigenazione. Per il fatto che sono rivestiti da connettivo, e quindi sono unità indipen -
denti, possono essere asportati lasciando il polmone in condizioni migliori rispetto a quando si asporta il lo-
bulo intero. In ogni polmone ci sarà sempre il segmento apicale del bronco lobare superiore destro, un seg -
mento anteriore e uno posteriore.

Ad esempio i segmenti corrispondenti ai vari lobi del polmone destro sono:

1. lobo superiore:

• segmento apicale;

• segmento posteriore;

• segmento anteriore;

2. lobo medio:

• segmento laterale;

• segmento medio;

3. lobo inferiore:

• segmento superiore;

Autore: Elettra Carini per Medicina08 5 di 9


Anatomia ANA30 – APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1 (30mag2011)

• segmento basale anteriore;

• segmento basale mediale;

• segmento basale laterale.

Il polmone quindi ha una distribuzione ben precisa di aree e segmenti.

Abbiamo che il lobo superiore ha


un segmento apicale, uno anterio-
re e uno posteriore. Il lobo medio
ne ha uno laterale e uno medio. La
stessa cosa riguarda il polmone si-
nistro che ha solo due lobi: supe-
riore e inferiore. Si è detto che il
segmento è una struttura molto
importante, che ha una struttura
piramidale rivestita di connettivo
con apice verso l’ilo del polmone. Il
punto fondamentale è che a livello dell’apice entrano il bronco segmentale e l’arteria polmonare (più preci -
samente il ramo che va a questo segmento). Dove escono ora le vene polmonari che porteranno sangue os-
sigenato al cuore, dove escono dal segmento? Le vene non escono dall’apice ma passano tra un segmento e
quello adiacente. Perché? Ammettiamo che le vene non siano presenti alla periferia del segmento ma di
fianco al bronco; man mano che si va a ritroso nel bronco, questo ha una parete ricca di cellule (muscolari
ed epiteliali); queste cellule assorbirebbero gran parte dell’ossigeno e quindi all’atrio sinistro del cuore arri -
verebbe un sangue sì ossigenato, ma molto meno di quello che arriverebbe normalmente perché molto os-
sigeno è stato assorbito dalle cellule. Invece facendo passare le vene alla periferia del segmento, cioè nel
connettivo, si ha che il connettivo contiene pochissime cellule (fibroblasti); le fibre collagene ed elastiche
invece non assorbono l’ossigeno; inoltre il passaggio delle vene a questo livello non ruba spazio agli alveoli.
Dallo spazio tra i segmenti le vene si portano allo spazio tra i lobi dove c’è sempre connettivo e da qui la -
sciano l’ilo per andare all’atrio sinistro. Il passaggio nei connettivi permette di mantenere un’alta percen -
tuale di ossigeno in queste vene polmonari.

Motivi per cui le vene polmonari passano tra un segmento e l’altro:

• non rubano spazio agli alveoli;

• nel connettivo ci sono poche cellule e quindi si riduce la possibilità che altre cellule assorbano l’ossi -
geno che trasporta la vena.

Tutta questa superficie è rivestita dalla pleura. I segmenti sono molto vicini, attaccati l’uno altro.

Sulla superficie pleurica dei segmenti ci sono delle strutture poligonali che sono più evidenti nei fumatori o
in soggetti che hanno vissuto in ambienti inquinati. Questi sono le delimitazioni dei lobuli polmonari, ulte -
riori suddivisioni del segmento. I lobuli sono disposti in posizione superficiale, non se ne trovano in profon -
dità verso l’ilo. Il connettivo li suddivide in parte ma non li isola completamente. Quando il pulviscolo atmo -
sferico, proveniente da zone inquinate, viene fagocitato dai macrofagi polmonari che stanno sulla superficie
degli alveoli, questi macrofagi si portano al connettivo interstiziale (che separa i lobuli). In questa area cer-
cano di demolire le sostanze fagocitate e se non ci riescono le depositano lì. Perciò queste zone appaiono

Autore: Elettra Carini per Medicina08 6 di 9


Anatomia ANA30 – APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1 (30mag2011)

piuttosto nerastre. Questo fatto è una forma di sicurezza messa in atto dal polmone; i macrofagi servono a
ripulire gli alveoli da queste sostanze, ma quando il macrofago si porta tra i lobuli per demolire le sostanze
scarica una serie di enzimi tutt’altro che benefici per il nostro organismo. Gli enzimi attaccano sì queste so -
stanze ma finiscono anche per danneggiare le fibre elastiche e connettivali che sono presenti nel connetti -
vo. Ciò comporta che, se le fibre elastiche diventano poche o danneggiate, il polmone non riesce ad espan -
dersi in maniera ottimale e tantomeno riesce a dilatarsi e a restringersi. Ciò causa problemi respiratori per -
ché il polmone perde elasticità.

All’interno del lobulo prima si descrivevano anche gli acini, gruppi di alveoli. Oggi questa denominazione è
in disuso e si intende il lobulo come ultima suddivisione.

ALBERO BRONCHIALE PER IL TRASPORTO DELL'ARIA

Tutte le seguenti strutture sono accompagnate dai vasi e


non si ha scambio ossigeno-anidride carbonica:

• bronchi principali (sinistro e destro);

• bronchi lobari;

• bronchi segmentali;

• bronchioli (hanno diametro maggiore di 1 mm);

• bronchioli terminali (diametro minore di 1 mm).

Poi si ha la parte alveolare, essenziale per lo scambio gas-


soso, che è composta da:

• bronchioli respiratori;

• dotti alveolari;

• alveoli.

Il dotto alveolare è una sorta di corridoio ai cui lati si aprono delle stanze rappresentate dagli alveoli, sepa-
rati tra loro da una sottile membrana. Al di sotto dell’alveolo ci sono i capillari. Un ramo dell’arteria polmo -
nare circonda a canestro l’alveolo per permettere lo scambio ossigeno-anidride carbonica, per poi riportare
sangue ossigenato nel setto interlobulare. Da qui si porta prima nei segmenti intersegmentali e poi nel con -
nettivo dei lobi polmonari. Quindi fin dall’inizio il sangue ricco di ossigeno passa in zone ricche di fibre con -
nettivali ma povere di cellule per impedire l’assorbimento di ossigeno.

I vasi del polmone sono l’arteria e vene polmonari. Questi vasi vengono detti pubblici perché servono a tut-
ti gli organi. Da dove provengono i vasi privati che servono all’ossigenazione dei bronchi? L’albero bron-
chiale come abbiamo visto non può usufruire del ritorno venoso ricco di ossigeno in quanto le vene passano
alla periferia delle strutture. I vasi che irrorano i bronchi sono i rami bronchiali dell’aorta toracica. Le vene
che drenano i bronchi e che sono quindi cariche di CO 2 vanno a finire nel sistema delle vene azygos. Ricapi-
tolando si hanno arterie bronchiali che provengono dall’aorta toracica, vene bronchiali che finiscono nel si-
stema della azygos.

Autore: Elettra Carini per Medicina08 7 di 9


Anatomia ANA30 – APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1 (30mag2011)

ADDOME

Il diaframma è attraversato da varie aperture, iati. Uno di questi è lo iato aortico che sta a livello di T12 in
cui passa l’aorta, il dotto toracico e spesso la vena azygos. A livello di T10 c’è il passaggio dell’esofago con i
2 nervi vaghi, destro e sinistro. A livello di T8 si ha poi lo iato della vena cava inferiore in cui passa la vena
cava inferiore e il nervo frenico di destra (il sinistro termina a livello del diaframma). Ricordiamo che i due
nervi frenici sono importantissimi per l’innervazione del pericardio e del diaframma e se c’è una lesione del
nervo frenico si ha che nell’inspirazione avverrà un effetto paradosso: la pressione degli organi addominali
porta in su il diaframma invece di abbassarsi, il diaframma viene spinto verso l’alto.

Riassumendo le aperture del diaframma sono:

• iato aortico (T12). Vi passano: l’aorta, il dotto toracico e spesso la vena azygos;

• iato esofageo (T10). Vi passano: esofago, nervo vago destro e sinistro;

• orifizio della vena cava inferiore (T8). Vi passano: vena cava inferiore e nervo frenico di destra.

APPARATO URINARIO
L'organo principale delle vie urinarie è il rene. Ha la forma di un fagiolo con lunghezza di 10-12 cm. Si ha un
polo superiore e uno inferiore, una superficie anteriore e una posteriore. Anche qui si ha un cosiddetto ilo
renale in cui entra l’arteria renale che proviene dall’aorta addominale e esce la vena renale che andrà a fini -
re nella vena cava inferiore. A livello dell’ilo si affaccia anche il bacinetto o pelvi renale che continuerà poi
con l’uretere che è un tubo che porta l’urina dentro la vescica.

Le strutture che si trovano a livello dell’ilo renale sono:

• l'arteria renale;

• la vena renale;

• il bacinetto renale.

A livello del polo superiore invece si trova la ghiandola surrenale, importante per la produzione di ormoni
quali adrenalina, noradrenalina, cortisolo, ecc.

Il rene è posto lateralmente alla colonna vertebrale, quindi ha una posizione nettamente posteriore. Si tro -
va nell’addome ma in parte posteriormente è ancora ricoperto dal diaframma. Il polo superiore più o meno
raggiunge il margine superiore della XII vertebra toracica mentre il polo inferiore arriva fino alla III lombare.
L’ilo è tra la I e la II vertebra lombare. Il rene di destra è circa una vertebra più in basso di quello di sinistra
perché quello di destra ha il fegato al disopra.

Rapporto tra vena cava inferiore e aorta addominale: l’arteria renale di sinistra è più breve di quella di de -
stra e viceversa per quello che riguarda la vena (la sinistra è più lunga della destra). Ciò perché l’aorta è spo -
stata più a sinistra rispetto alla cava. Inoltre si vede che il rene con l’ilo si affaccia sul muscolo psoas e pog -
gia inoltre sul quadrato dei lombi: ha quindi un rapporto con i muscoli. L’uretere scende e incrocia la bifor -
cazione dell’iliaca comune in interna ed esterna.

Autore: Elettra Carini per Medicina08 8 di 9


Anatomia ANA30 – APPARATO RESPIRATORIO 3 E URINARIO 1 (30mag2011)

Nel rene i vasi sono posti più anteriormente e la pelvi più posteriormente. Inoltre se si apre l’ilo renale si ve -
dono delle strutture a cono che sporgono nel lume del bacinetto. Queste strutture sono le papille renali da
cui esce l’urina: ce ne sono 11-12 che escono dal bacinetto e sono quelle da cui esce l’urina.

Sezione sul piano trasversale: il rene sta di fianco alla colonna vertebrale poi si ha il muscolo psoas verso cui
si affaccia l’ilo. Principalmente però bisogna osservare che il rene è rivestito da una capsula di tessuto con -
nettivo; questo connettivo si può staccare se il rene non è andato incontro a patologie infiammatorie di lun -
ga durata. Al di fuori c’è del tessuto adiposo che è detto grasso perirenale. Al di fuori di questo c’è una fa-
scia importante di tessuto connettivo che risulta dallo sdoppiamento della fascia trasversale dell’addome
che dietro al rene si sdoppia in un foglietto anteriore e uno posteriore. Questi due foglietti circondano il
rene e nell’insieme vengono chiamati fascia renale. Fuori della fascia renale c’è nuovamente del tessuto
adiposo che è detto grasso pararenale. La fascia si porta: verso l’alto andando a rivestire il diaframma, in
avanti chiudendo abbastanza il rene nella loggia renale e nella parte inferiore si continua verso il basso ma
non si chiude. La loggia renale quindi è chiusa al di sopra dal diaframma, ai lati dalla loggia renale, inferior -
mente invece è aperta. Il tessuto connettivo più è spesso (e qui lo è), più protegge l’area da lui circondata
dall’espandersi di infiammazioni (batteri, macrofagi che agiscono, linfociti, ecc). Negli ascessi perinevrici si
trova la sintomatologia a distanza, nel basso addome, proprio perché la fascia è aperta inferiormente. La
presenza di tessuto adiposo è molto importante perché il rene è molto sensibile ai cambiamenti di tempe -
ratura e ai traumi; le coliche renali ad esempio possono avvenire anche solo per un colpo di freddo. In indi -
vidui che dimagriscono molto rapidamente il rene può abbassarsi e determinare un inginocchiamento del -
l’uretere: ciò è un problema perché può favorire la formazione di calcoli renali. Da ricordare che il rene po -
steriormente è percorso da alcuni nervi soprattutto il nervo ileoipogastrico e l’ileoinguinale.

Autore: Elettra Carini per Medicina08 9 di 9


ANATOMIA – “APPARATO URINARIO 2”

ID lezione ANS31 Modulo Splancnologia


Data lezione 31 maggio 2011
Autore Andrea e Mattia Brescini
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Argomento Reni, ureteri e vescica

RENE

Il rene è posizionato posteriormente, vicino alla colonna vertebrale, e naturalmente al davanti di questo ci
sono vari organi che si proiettano sullo stesso. Queste proiezioni implicano che naturalmente alcune sinto -
matologie che abbiamo a carico, per esempio, dello stomaco o di altri organi, si possono proiettare sul rene
e viceversa, cioè dolori renali si proiettano per esempio su vari organi, cosicché si può per esempio avere la
sensazione di un bruciore allo stomaco invece si ha un calcolo renale. Quindi occorre avere ben chiaro quali
sono gli organi che si proiettano sul rene e come questi si proiettano. Ora, proiettiamo sullo schema dei
reni i vari organi: vediamo appunto che nella parte superiore, in alto, del rene destro abbiamo la proiezione
del fegato, che si trova appunto anteriormente; inferiormente abbiamo la fessura colica di destra, cioè il
confine tra colon ascendente e trasverso; poi abbiamo il duodeno, che si proietta sull'ilo del rene destro.
Per quello che riguarda il rene sinistro, nella parte superiore abbiamo lo stomaco, che si proietta in gran
parte sul surrene ma anche su circa metà del rene sinistro; abbiamo una parte orizzontale, compreso l'ilo,
sulla quale si proietta la coda del pancreas; in basso abbiamo la fessura colica di sinistra e, nel margine più
laterale, la milza. Queste corrispondenze dei vari organi possono dare sintomatologie di proiezione su altri
organi, quindi bisogna sapere dove questi si proiettano anatomicamente.

Cenni di anatomia microscopica

Ora dovremo fare un cenno all'anatomia microscopica del


rene, perché alcune strutture le vediamo anche macroscopi-
camente quando dissezioniamo il rene, altre invece dobbia-
mo analizzarle anche microscopicamente.

Qui vediamo il rene, questa volta sezionato, e vediamo l'in-


terno di questo organo. Innanzitutto abbiamo detto che
quando si apriva l'ilo renale, sporgevano delle papille nell'ilo
stesso; con il termine papille si intendono quei coni da cui si
ha l'urina che poi si portava nel bacinetto renale. Qui abbia-
mo queste papille però sezionate, sono dei coni che sporgo-
no in certe strutture qui presenti che vengono chiamate cali-
ci, i quali vanno poi a finire nel bacinetto renale. Queste strutture a cono fanno parte di una struttura che
ha una forma a piramide, la quale si proietta tutta verso la papilla stessa. Vedete però che il tessuto che fa
parte di questa piramide è, almeno nello schema, diverso dal resto del parenchima renale.

Possiamo vedere la capsula fibrosa che riveste il rene, ed esiste un tessuto diverso tra capsula stessa e pira-
mide, la quale termina proprio con la papilla renale che si proietta nei calici. Questo tessuto, tra piramide e
capsula, viene chiamato corticale del rene. Quello che fa parte della piramide viene chiamato midollare del
rene; non solo, la corticale non sta solo tra piramide e capsula ma si introduce anche tra piramidi adiacenti.
Anatomia ANS31 – APPARATO URINARIO 2 (31mag2011)

Questa corticale, che si inserisce tra piramidi adiacenti, viene


chiamata colonna renale, oppure colonne di Bertin.

Abbiamo visto, quindi, che nel rene esistono due tipi di struttu-
re: la corticale, tra piramide e capsula oppure tra due piramidi
adiacenti, e la midollare che principalmente costituisce le pira-
midi, la quale termina con la papilla renale a cono che sbocca
nei calici renali. In questa immagine vediamo sempre i calici, il
bacinetto, la papilla, le colonne di Bertin, vediamo che lo spa-
zio tra metà di una colonna e metà della colonna successiva
viene chiamato lobo renale e comprende una piramide, la cor-
ticale tra piramide e capsula, e anche metà più o meno della
colonna renale adiacente alla piramide: questa struttura è appunto il lobo renale.

Circolazione renale

Per capire bene l'organizzazione microscopica degli organi, bisogna conoscere bene la circolazione micro -
scopica; questo è un principio generale, perché la circolazione microscopica di un organo è il punto decisivo
nella struttura dell'organo.

Abbiamo qui l'arteria renale che entra nel rene e si divide in alcuni rami: questi, a loro volta, cominciano a
dividersi in arterie che decorrono proprio nelle colon-
ne renali, quindi immaginate che decorrano tra un
lobo e l'altro. Queste arterie vengono chiamate arterie
interlobari: sono i primi rami della divisione microsco-
pica dell'arteria, anche se si vedono anche ad occhio
nudo. Queste arterie, giunte al confine tra corticale e
midollare, si piegano, formando un arco e vengono
chiamate appunto arterie arcuate, che decorrono al
confine tra corticale e midollare. Da queste partono
poi arterie che si portano perpendicolarmente verso la
capsula e vengono chiamate arterie interlobulari. In
questo disegno, andiamo a fare una piramide e facciamo l'arteria interlobare da un lato; quest'arteria sap-
piamo che forma l'arteria arcuata una volta giunta al confine tra midollare e corticale. Nel disegno si vede
che due arterie arcuate si anastomizzano tra loro: in realtà questo caso è piuttosto raro, è più frequente
che le arterie terminino formando due arterie interlobulari e poi da qui partono altre arterie interlobulari.

Se adesso andiamo a vedere cosa avviene sempre nella microcircolazione, vediamo che dall'arteria interlo -
bulare partono delle arteriole che si portano ad una struttura all’incirca circolare. Vediamo cosa avviene:
ammettiamo di avere una delle arteriole, chiamata afferente (afferente a una struttura tondeggiante che
poi vedremo cos'è); questa fa un certo percorso, dopodiché si divide formando una rete di capillari; questi
si continuano e si uniscono con un'arteriola efferente, che esce da questo gomitolo di capillari, che appunto
non sono distesi ma formano un vero e proprio gomitolo. Questo gomitolo viene chiamato glomerulo, chia-
mato anche rete mirabile, perché è estremamente complessa, e per risparmiare spazio il tutto viene messo
in questa posizione. Quindi avremo un'arteriola afferente al glomerulo ed un’arteriola efferente dal glome-
rulo. Vediamo che quella efferente, uscendo, andrà ad irrorare la corticale del rene; le arteriole efferenti
dei glomeruli che si trovano vicino al confine tra midollare e corticale (ricordiamoci che il confine è a livello
dell'arteria arcuata), vanno ad irrorare la midollare stessa, creando una serie di vasi che vanno giù dritti e
Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08 2 di 9
Anatomia ANS31 – APPARATO URINARIO 2 (31mag2011)

che si chiamano vasi retti. Questi vasi retti della midollare provengono principalmente dai glomeruli vicini
alla midollare stessa, dalle arteriole efferenti: per quanto riguarda i glomeruli che si trovano invece a metà
della midollare ed in alto, le loro arteriole efferenti hanno invece a che fare con l'irrorazione della corticale
stessa.

Cosa avviene? Una volta avvenuta l'ossigenazione, c'è ovviamente un ritorno venoso; queste vene ritorna -
no verso l'alto andando a formare una vena arcuata, sempre al confine tra corticale e midollare. Allo stesso
modo nella corticale, a seguire le arteriole efferenti che hanno irrorato la corticale, si formerà una rete ve -
nosa e quindi avremo le vene interlobulari che si porteranno nelle vene arcuate. Questo lo rifarete in micro -
scopica, però siccome andremo abbastanza a fondo su questo argomento è bene che le basi non vacillino.

I vasi retti provengono quindi sia dalla vena arcuata che dai glomeruli? Bisogna per prima cosa distinguere
tra vena e arteria: l'arteria proviene generalmente dall'arteriola efferente dei glomeruli posti vicino alla mi -
dollare, tranne in qualche raro caso nel quale possono provenire direttamente dall'arteria arcuata. Questi
vasi scendono e formano tutta una serie di vasi retti che scendono giù diritti, questo perché sono in paralle -
lo con dei tubuli, che vedremo successivamente. In ogni caso questi vasi sono retti, ma giunti alla fine rila-
sciano ossigeno e si caricano di anidride carbonica e passano ad essere vene. Queste ritornano sempre se -
guendo lo schema, cioè andando sempre verso l’alto dritte, infatti fanno parte del sistema dei vasi retti, per
portarsi nelle vene arcuate. Per quel che riguarda la corticale invece, abbiamo le arterie interlobulari; da
queste partono le arteriole afferenti al glomerulo, vanno al glomerulo, escono poi dal glomerulo le arteriole
efferenti che formeranno poi una rete che ossigenerà la corticale e da questa rete poi si formano delle vene
che confluiscono nelle interlobulari, che a loro volta vanno nella vena arcuata.

Glomerulo

Nella corticale i glomeruli non sono ovunque, sparsi in modo omogeneo, ma occupano delle aree abbastan -
za delimitate, e ci sono anche aree nelle quali i glomeruli sono del tutto assenti. Queste aree dove sono as -
senti, nello schema, sono delimitate da una linea tratteggiata. Si alterna un'area con glomeruli ad una senza
glomeruli: vedremo che l'area con i glomeruli si chiama labirinto renale (poi vedremo perché ha questo
nome), l'area dove invece non si trovano si chiama raggi midollari: quindi questi due settori si alternano
per tutta la corticale.

In questa immagine vediamo proprio il glomerulo, con l'arteriola afferente ed efferente, e se guardate
bene, vedete che i vasi sono nettamente in continuità l'uno con l'altro e sono piuttosto convoluti appunto
per non occupare spazio.

Se andiamo a vedere in dettaglio il glomerulo, possiamo vedere i capillari, l'arteriola afferente e l'efferente;
vediamo che il glomerulo però è circondato da una capsula di tessuto connettivo che si inserisce proprio
sull'arrivo e sull'uscita dei vasi stessi, delle due arteriole: que-
sta capsula è foderata internamente da un epitelio piatto,
sottile. La capsula rivestita da un epitelio piatto viene chiama-
ta capsula di Bowman, che è appunto costituita da connetti-
vo all'esterno ed epitelio all'interno. La capsula di Bowman in-
feriormente termina con un tubulo, vedete che le cellule piat-
te si modificano e diventano cellule cubiche o qualche volta
cilindriche, con un notevole orletto a spazzola: inizia qui il co-
siddetto tubulo prossimale, la prima parte dei tubuli renali,
dove arriverà la pre-urina. Questo spazio che si crea tra i ca-
Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08 3 di 9
Anatomia ANS31 – APPARATO URINARIO 2 (31mag2011)

pillari e la parete della capsula di Bowman è lo spazio di filtrazione, cioè i vasi sanguigni dei capillari del glo -
merulo permettono la filtrazione del sangue e si formerà qui la pre-urina che poi andrà a finire nel tubulo
prossimale; quindi nel glomerulo avremo un polo vascolare, dove ci sono l'arteriola afferente ed efferente,
e un polo urinario, nella parte opposta. Vediamo qui che i capillari del glomerulo sono stranamente rivestiti
da cellule particolari. Cosa avviene? Avviene che queste cellule che rivestono la capsula di Bowman, nel mo -
mento in cui giungono a contatto con i vasi in arrivo al glomerulo (le due arteriole), queste si fondono in
contatto con i capillari e cambiano forma, assumono completamente un'altra forma: la forma, detta banal -
mente, della mia mano. La cellula avrà un corpo cellulare e vari prolungamenti, che diventano nella parte
periferica molto sottili, che si chiamano pedicelli, e queste cellule molto particolari vengono chiamate po-
dociti; quindi il podocita è una cellula epiteliale che avvolge il capillare ed è caratterizzata dalla presenza dei
pedicelli, sottili prolungamenti. Questa cellula interseca i suoi prolungamenti con quelli di una cellula in po -
sizione adiacente, cioè immaginate che la mia mano sinistra sia un'altra cellula, questa si pone anche lei in -
tersecandosi intorno ai capillari, incastrando i suoi pedicelli con quelli della cellula adiacente, lasciando un
piccolo spazio tra un pedicello e l'altro.

Le più rilevate sono le zone del corpo cellulare, dove ci sono i nuclei. Guardando una sezione più ingrandita,
vediamo il capillare: ci sarà una membrana basale sulla quale poggiano le cellule del capillare, e poi di fuori
ci sono queste cellule particolari, i podociti, che hanno dei prolungamenti abbastanza consistenti e da que -
sti partono i pedicelli; i pedicelli di una cellula si incastrano con i pedicelli proveniente da un'altra cellula.
L'endotelio dei capillari è fenestrato, ha dei piccoli pori, al di sotto c'è una membrana basale e poi ci sono i
pedicelli dei podociti; quindi la barriera di filtrazione nel rene, nel glomerulo, è costituita da un endotelio
fenestrato, da una membrana basale unica (cioè ce n'è una sola disposta tra endotelio e podocita) e dai po -
dociti caratterizzati dai pedicelli: questa è la vera barriera di filtrazione.

Qui abbiamo una sezione di glomerulo in cui riconosciamo facilmente le cellule epiteliali che rivestono al-
l'interno la capsula di Bowman, riconosciamo i podociti e le interdigitazioni sono state sezionate, in grigio
scuro vediamo la membrana basale e all'interno i capillari fenestrati. Vediamo però che esiste un altro tipo
di cellule, un terzo tipo, che vengono chiamate
cellule del mesangio: queste cellule si pongono
in contatto direttamente con l'endotelio, hanno
anche prolungamenti sottili che si possono por-
re tra membrana basale ed endotelio stesso, e
vedete anche il comportamento della membra-
na basale che non riveste tutto il capillare, ma
circa un 80% dello stesso, infatti rimane sempre
una parte di capillare non rivestita da membra-
na basale, ma a contatto diretto col mesangio.
Questo mesangio si chiama mesangio intraglo-
merulare ma abbiamo anche del mesangio che
è posto tra i due vasi l'afferente e l'efferente, e
uno dei tubuli renali, che poi vedremo, che si
porta vicino al glomerulo: il tubulo distale. In
ogni caso questo che si porta tra arteriola afferente, efferente e tubulo distale si chiama invece mesangio
extraglomerulare. Le cellule del mesangio sono tutte tra loro in comunicazione attraverso gap junctions, il
che vuol dire che il mesangio intraglomerulare è in comunicazione anche con quello extraglomerulare, c'è
continuità. Che cosa sono le cellule del mesangio? Sono cellule che hanno una capacità contrattile e posso-
no far variare, circondando il capillare, il lume dei capillari stessi. Hanno anche la capacità di fagocitare so -
Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08 4 di 9
Anatomia ANS31 – APPARATO URINARIO 2 (31mag2011)

stanze che possono essere dannose. Noi sappiamo che il rene è l'organo chiave della filtrazione del sangue
e quindi viene percorso svariate volte al giorno da tutto il nostro sangue. Da questo sangue deve formarsi
l'urina ed è importantissimo il modo in cui si forma. Abbiamo visto che il sangue si filtra a livello del glome -
rulo: qual è il destino di questo filtrato?

Nefrone

Dal glomerulo entrerà in un sistema di tubuli, di cui il primo è chiamato tubulo prossimale e si divide in una
parte contorta e in una parte retta. Quello che potete già notare da questo disegno è che la parte tratteg -
giata, già vista prima, veniva chiamata raggio midollare e in questa parte non sono presenti glomeruli, per -
ché i glomeruli si trovano nella parte adiacente al raggio midollare. Che cosa avviene? Il glomerulo si trova
all'interno del labirinto renale e nello stesso labirinto renale si trova la parte contorta del tubulo prossima -
le, mentre la parte retta del tubulo prossimale si trova nel raggio midollare. Già si incomincia a capire il per -
ché del termine labirinto renale: quando si fa una sezione del rene, di fianco al glomerulo si trovano sezioni
di tubuli molto contorti, così anticamente fu dato il nome di labirinto renale a quest'area. La parte retta del
tubulo prossimale si approfonda fino ad arrivare alla midollare; la stessa midollare si divide poi in tante par -
ti, ma questo lo vedrete in anatomia microscopica. In ogni caso entra nella midollare e a un certo punto for-
merà una parte sottile a forcina, un'ansa. Quest'ansa sottile fu scoperta da un anatomico tedesco che si
chiamava Henle, quindi si chiama ansa di Henle. Nei glomeruli che si trovano in alto nella corticale, l'ansa di
Henle è generalmente piuttosto breve, sottile e breve, dopodiché si ripiega e il tubulo ritorna verso l'alto,
formando il cosiddetto tubulo distale, il quale procede in modo retto verso la corticale, procede prima nella
midollare e poi nel raggio midollare. Questo tubulo retto distale a un certo punto si avvicina al glomerulo, si
porta vicinissimo ad esso e, da questo punto in poi, si forma la parte contorta del tubulo distale. Quindi an -
che il tubulo distale avrà una parte retta e una parte contorta, che segue al contatto con il glomerulo. La
parte contorta termina con un piccolo tubulo che si chiama tubulo reuniente che si getta in un grande dot -
to, che scende giù perpendicolarmente, comincia vicino alla capsula e scende giù fino alla papilla renale.
Questo grande dotto si chiama dotto collettore e raccoglie appunto l'urina. Tutta questa struttura, cioè glo-
merulo, tubulo contorto prossimale, tubulo retto prossimale, ansa di Henle, tubulo retto distale e tubulo
contorto distale, si chiama nefrone ed è l'u-
nità funzionale del rene.

Quindi il nefrone è composto dal glomerulo


e dai suoi tubuli. C'è da dire che oggi molti
autori considerano l'ansa di Henle molto più
estesa di quella che lo stesso Henle descrisse
(questo lo posso dire con assoluta precisione
perché comprai il libro di Henle in un merca-
tino in Germania). Oggi si tende a dire che
l'ansa di Henle parte dal tubulo retto prossi-
male, comprende la parte sottile dell'ansa di
Henle. Dell'ansa di Henle “moderna” fa par-
te anche la parte retta del tubulo distale. Si
tratta semplicemente di mettersi d'accordo,
ma questa è una questione abbastanza ba-
nale.

Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08 5 di 9


Anatomia ANS31 – APPARATO URINARIO 2 (31mag2011)

Il comportamento dei tubuli dei nefroni che si trovano in alto nella corticale, cioè quelli che hanno i glome -
ruli posti vicino alla capsula o perlomeno nella parte media della corticale, è diverso invece da quello dei
glomeruli posti vicino alla midollare perché qui la parte contorta del tubulo prossimale è sempre nella corti-
cale, nel labirinto renale; la parte retta del tubulo prossimale è piuttosto breve ed entra nella midollare,
non più nei raggi midollari, ma direttamente nella midollare. La classica ansa di Henle, la parte stretta, è
molto lunga e arriva addirittura vicino alla papilla, risale con la parte retta del tubulo distale che si avvicina
comunque al glomerulo e forma la parte contorta. Nella sostanza, la caratteristica di questi glomeruli o di
questi nefroni che si trovano vicino alla midollare, è quella di avere una parte retta del tubulo prossimale
piuttosto breve ma una lunghissima ansa di Henle, parte stretta classica, che si approfonda molto nella mi -
dollare. In ogni caso le parti rette non stanno nei raggi midollari ma stanno nella midollare del rene. Questo
schema, che è stato a volte malamente altre volte positivamente copiato su vari libri, è quello creato da Wi -
lhelm Kriz, uno dei più grandi studiosi del rene del novecento e ancora oggi, all'età di 85 anni, è direttore
dell'Istituto di Anatomia ad Heidelberg. Gli è stato dato un posto speciale perché ha studiato il rene più di
tutti.

Il tubulo distale si avvicina appunto al glomerulo del suo nefrone. In quest'area ci sono alcune strutture im -
portanti che hanno a che fare con la pressione sanguigna, strutture che approfondirete molto nella parte di
fisiologia ma che già dovete metodicamente conoscere. Quello che vedremo è l'apparato iuxtaglomerulare
che si compone di alcune strutture.

➔ La prima struttura è composta dalle cellule iuxtaglomerulari. Sono delle cellule muscolari dell'arte-
riola afferente che sono modificate e presentano numerose vescicole che contengono un enzima
chiamato renina: questo enzima viene rilasciato nel sangue con una secrezione di tipo quasi ormo -
nale, perché viene gettato nel sangue e agirà a livello dell'angiotensinogeno, facendolo passare in
angiotensina. Ha un controllo sullo sviluppo della pressione sanguigna. Le cellule iuxtaglomerulari
sono la prima componente dell'apparato iuxtaglomerulare.

➔ Un'altra componente sono le cellule del mesangio extraglomerulare. Il mesangio extraglomerulare


appartiene all'apparato iuxtaglomerulare; queste cellule vengono chiamate anche cellule del Goor-
matigh (Goormatigh era uno studioso olandese che le descrisse per la prima volta).

➔ La terza componente dell'apparato iuxtaglomerulare sono le cellule del tubulo distale che si affac-
ciano sul mesangio extraglomerulare. Queste cellule si chiamano cellule della macula densa. Perché
macula densa? Perché anticamente gli studiosi a quel livello vedevano una specie di macchia piut -
tosto compatta, cellule poste una di
fianco all'altra, piuttosto alte, per-
ciò la chiamavano macula densa.
Queste cellule hanno il nucleo rivol-
to verso il lume del tubulo mentre
l'apparato del Golgi, la parte di se-
crezione, rivolto invece verso la
membrana basale e verso le cellule
del Goormatigh, cioè del mesangio
extraglomerulare. Queste cellule
hanno anche loro una funzione nel
controllo della pressione.

Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08 6 di 9


Anatomia ANS31 – APPARATO URINARIO 2 (31mag2011)

Questo è l'apparato iuxtaglomerulare che approfondirete parecchio in fisiologia perché ha una netta in -
fluenza sulla pressione sanguigna. Le componenti cellulari sono quelle che abbiamo descritto.

Ricordiamo alcune cose, da sottolineare. Ricordiamoci che i tubuli nella midollare sono tutti retti, vanno giù
diritti: parte retta del tubulo prossimale, parte retta del tubulo distale, lunga ansa di Henle, ecc. Tutte que -
ste strutture rette sono parallele ai vasi retti. Nei raggi midollari della corticale vi sono parti rette, quindi i
raggi midollari sembrano una continuazione, almeno macroscopicamente, della midollare stessa nell'ambi-
to della corticale. Ecco perché si chiamano raggi midollari, perché s'erano viste delle strutture che salivano
su nella corticale, raggi che provenivano dalla stessa corticale. Quindi non ci sono parti contorte nei raggi
midollari, le parti contorte stanno solo nei labirinti renali e solo nel labirinto renale ci sono i glomeruli, i
quali si trovano solo nella corticale. Possono essere anche nelle colonne di Bertin, purché siano nel tessuto
corticale, mai nella piramide midollare.

Le papille renali sboccano nei calici, che vanno a circondare


la papilla e arrivano verso il bacinetto renale. Ora c'è da do-
mandarsi come fa ad arrivare l'urina nella vescica perché,
come sappiamo, l'urina passa dal bacinetto all'uretere e
dall'uretere alla vescica urinaria. Le possibilità possono es-
sere queste: l'urina viene prodotta, scende, cade per gravi-
tà. Il problema viene quando si è sdraiati perché senza l'a-
zione della gravità il processo non cammina più. Come vie-
ne portata allora l'urina nella vescica? Grazie ai movimenti
peristaltici che partono dai calici renali. Questi calici hanno
delle strutture, nel disegno rossastre, formate da una mu-
scolatura liscia con un pacemaker dentro, che permettono
la contrazione ritmica. Il calice circonda la papilla, ed essen-
do ricco di fibre di muscolatura liscia, si contrae e spreme
la papilla, facendo uscire l'urina presente. La contrazione continua dal bacinetto all'uretere, dall'uretere alla
vescica, dopodiché si rilascia e si crea un vuoto che attrae ancora urina da altri tubuli, poi si ricontrae e que -
sto lavoro continua. Così si spiega come il trasporto dell'urina sia un trasporto attivo dovuto a contrazioni
peristaltiche a partire dal calice renale per portarsi fino alla vescica stessa, proprio come una mungitura, in -
fatti anticamente la chiamavano mungitura della papilla. Questo spiega come calcoli che possono formarsi
in quest'area possano a volte spostarsi, con il tempo. Se non ci fosse questa contrazione starebbero lì per
sempre, immobili, invece se si riesce a rinforzare queste contrazioni, oppure bevendo molto, il calcolo può
essere spostato nel bacinetto e poi portato nell'uretere. Qui vedete molto bene i calici minori e i maggiori, il
bacinetto e l'uretere. Ci possono essere bacinetti ridottissimi oppure grandi calici che trasportano tutto al -
l'uretere.

URETERE

L'uretere è un tubo lungo circa 25 cm, varia da individuo a individuo ed è rivestito da muscolatura esterna -
mente e da epitelio di transizione internamente, come anche i calici sono rivestiti da epitelio di transizione.

Epitelio di transizione

Cos'è? Quali caratteristiche ha? Vi spiego cos'è per evitare la tragedia dell'epitelio di transizione! Si tratta di
un tessuto che ha delle piccole cellule in basso, molto grandi in superficie. Queste cellule di superficie han -
Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08 7 di 9
Anatomia ANS31 – APPARATO URINARIO 2 (31mag2011)

no una caratteristica fondamentale: hanno una membrana apicale e laterale molto spessa, tant'è vero che
gli antichi anatomici l'avevano chiamata crusta, come fosse una crosta. Se si opera un ingrandimento sulla
crusta, si vede una membrana asimmetrica contenente delle piccole vescicole, un po' fusiformi. Questo fat-
to cosa implica? Sono vescicole prodotte dall'apparato del Golgi e nel momento in cui la vescica si deve di -
stendere e deve contenere molta urina, queste vescicole si dilatano e si agganciano alla membrana facen -
dola diventare molto più lunga; le vescicole si inseriscono sulla membrana e permettono la dilatazione.
Questo fatto è abbastanza rapido, considerando che man mano che il segnale per la distensione arriva,
queste cellule inseriscono automaticamente le vescicole nella membrana e permettono una maggiore dila -
tazione. Ricordiamoci che questa membrana è abbastanza asimmetrica: c'è una parte più spessa e una par -
te più sottile, ma queste vescicole che fanno parte della crusta sono quelle che sono principalmente re-
sponsabili. Le cellule ad ombrello che stanno sopra hanno la possibilità rapidissima di ingrandire e allungare
la membrana grazie a decine e decine di piccole vescicole che stanno al di sotto.

L'uretere scende in posizione retroperitoneale, come il rene. Ancora il peritoneo non l'abbiamo fatto ma ad
ogni modo sappiamo che è una membrana sierosa che riveste vari organi e che lascia il rene in posizione re-
troperitoneale. Anche l'uretere è in posizione retroperitoneale, scende e giunge ad incrociare i vasi iliaci,
esattamente nel punto in cui questi si biforcano, cioè in cui l'arteria iliaca comune si divide in iliaca esterna
ed iliaca interna. C'è da dire che l'uretere nel suo percorso fino ad arrivare alla vescica, presenta tre restrin -
gimenti fisiologici:

• il primo restringimento è quello vicino al bacinetto renale;

• il secondo si trova all'incrocio dell'uretere con i vasi iliaci. Nelle donne che non hanno avuto ancora
una gravidanza questa è l'area dove si trova l'ovaio;

• il terzo si trova allo sbocco della vescica.

Questo sbocco dell'uretere nella vescica è fatto a "becco di clarino", cioè è piuttosto fusato, entra molto an -
golato ed è fatto così perché la vescica riempita comprima questo sbocco e non ci sia un ritorno verso l'ure -
tere. È fondamentale che non ci siano ritorni, soprattutto quando giaciamo in una posizione supina o in
ogni caso quando ci sdraiamo, perché il ritorno dell’urina comporta gravi problemi. Come avviene nel caso
di certe patologie, dove l'urina ritorna fino ai calici, che sono deboli, e lì l’aumento di pressione (l’urina ha
infatti 1000 mOsm (milliosmoli) di concentrazione mentre il sangue ha 300 mOsm) comincia a colpire il tes -
suto renale creando dei danni importanti. Può avvenire in età pediatrica, nei bambini, perché il terzo re-
stringimento non è ancora perfettamente formato. Nei bambini le infezioni delle vie urinarie vanno ricon -
trollate dopo 6 mesi, va verificato che tutto il tragitto sia a posto perché purtroppo spesso ci si accorge solo
a vent'anni, quando c'è bisogno della dialisi. La nefropatia da reflusso è una malattia subdola che avviene
per tanti motivi, uno di questi è anche la non chiusura del terzo restringimento.

VESCICA

La vescica è un organo che può contenere diversi millilitri di urina. A 350 ml arriva lo stimolo alla cosiddetta
minzione, a rilasciare l'urina. Ovviamente può contenerne molta di più, fino ad arrivare a 800/900 ml. Ha
una capacità enorme di dilatarsi, rivestita da una muscolatura liscia piuttosto intrecciata, per permettere
una contrazione della vescica in modo ottimale. Nell’uomo c'è la prostata al di sotto della vescica, ci sono le
vescichette seminali, tutte strutture che studieremo nell'apparato genitale maschile. Gli ureteri giungono
posteriormente alla vescica, quindi sboccano posteriormente.

Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08 8 di 9


Anatomia ANS31 – APPARATO URINARIO 2 (31mag2011)

Come si comporta il peritoneo nella vescica? Questa lamina sierosa scende e riveste la parete anteriore del -
l'addome, giunge in basso e, arrivata alla vescica, le passa sopra portandosi dietro e la lascia in posizione
sottoperitoneale. Portandosi fin dietro alla vescica, il peritoneo crea un'abbondanza di tessuto. Abbiamo
come un soffietto, una fisarmonica, praticamente un eccesso di tessuto, e si formano delle pliche. Poi il pe -
ritoneo continuerà a rivestire altre strutture, nell’uomo ad esempio rivestirà il retto. Quando la vescica si di -
stende, questo soffietto, ovvero questa specie di fisarmonica del peritoneo, serve all’allungamento. Il peri -
toneo rimane sempre in quell'area, sempre lì, si allunga solo il soffietto verso l'alto. Si distende perfetta -
mente rimanendo liscio, però il peritoneo rimane sempre lì.

La vescica è posizionata dietro al pube. Questa posizione è importante perché se fate riempire la vescica
questa può arrivare molto al di sopra del pube ed è ciò che si deve fare quando si deve prelevare l'urina di -
rettamente dalla vescica. Ci sono situazioni in cui con un ago bisogna prendere direttamente l'urina, allora
si deve far riempire molto la vescica, passare al di sopra del pube ed entrare. Perché dovete far riempire la
vescica? Perché ci potrebbe essere il rischio di toccare il peritoneo, mentre seguendo questa procedura non
ci può essere rischio di toccarlo. Se la guardiamo posteriormente vediamo, oltre alle pliche del peritoneo,
che è tenuta in sede da un legamento importante che giunge fino all'ombelico. Questo è il legamento om-
belicale mediano che è un residuo dell'uraco, struttura embrionale. Ai lati di questo ci sono due strutture
che sono i legamenti ombelicali mediali, questi sono residui delle arterie ombelicali obliterate. Anche que-
sti raggiungono l'ombelico.

La vescica ha una faccia superiore, una inferolaterale, ha un apice del legamento ombelicale mediano, un
fondo posteriore, il collo e l'uretra. La superficie interna della vescica sembra in gran parte molto rugosa
per lo svuotamento dell'urina. Posteriormente vediamo anche l'origine dell'uretra che si divide in tre parti;
nell'uomo la prima parte è detta uretra prostatica. Davanti alla prostata, davanti anche alla base della vesci-
ca, avremo un grande circolo venoso, molto importante perché il circolo venoso che circonda la prostata e
che circonda la base della vescica sono in comunicazione. Il circolo è uno solo, non è che ce ne siano due.
Praticamente questo circolo venoso molto grande circonda la base della vescica e tutta la prostata, impor -
tante da sapere per tante questioni di patologia chirurgica che vedrete successivamente. Quindi il perito -
neo si porta più in basso, riveste la vescica per portarsi poi posteriormente a rivestire il retto, nell'uomo.

Trattiamo la vescica aperta, vista interiormente. Esiste un'area triangolare della vescica che è sempre liscia,
sia che la vescica sia svuotata sia che sia piena che si chiama trigono vescicale: è un triangolo che agli angoli
ha lo sbocco degli ureteri e l'origine dell'uretra. Lo sbocco degli ureteri e l'origine dell'uretra mantengono
questo triangolo sempre perfettamen-
te liscio. Il trigono vescicale è la prima
cosa che l'urologo deve controllare
quando introduce un endoscopio per
esaminare la vescica; è un'area molto
delicata. Nell’uomo abbiamo la pro-
stata con l'uretra prostatica e si può
vedere una struttura particolare, det-
ta collicolo seminale, che fa parte del-
l'apparato genitale maschile. Ai lati
del collicolo abbiamo delle piccole
aperture: lo sbocco delle ghiandole prostatiche. Vedremo che la prostata è un organo che è composto da
numerose ghiandole tubulo alveolari e queste ghiandole producono un secreto che viene riversato nella
parte prostatica dell'uretra, ai lati del collicolo seminale.
Autore: Andrea e Mattia Brescini per Medicina08 9 di 9
ANATOMIA – “APPARATO GENITALE MASCHILE”

ID lezione ANS32 Modulo Splancnologia


Data lezione 1 giugno 2011
Autore Denis Aiudi
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Argomento Testicolo, prostata, pene, peritoneo.

PANORAMICA DEGLI ORGANI GENITALI INTERNI PRINCIPALI

L’organo che nella donna corrisponde all’ovaio e che produce le cellule importanti per la riproduzione, nel -
l’uomo si trova nello scroto ed è il testicolo. Lo scroto è un sacchetto rivestito da un prolungamento della
cute addominale e si trova all’esterno. Gli spermatozoi prodotti nel testicolo si portano nell’epididimo che è
un organo posto dietro e sopra il testicolo. Da qui vanno nel dotto deferente che, attraverso il canale ingui -
nale, si porta all’interno dell’addome dietro la vescica e la prostata, attraversandola con il dotto eiaculato -
re fino a sboccare nell’uretra prostatica. Le vescichette seminali producono un liquido importante per la so -
pravvivenza degli spermatozoi.

TESTICOLO

Il testicolo si trova nello scroto ad una temperatura inferiore di 4 gradi rispetto a quella della cavità addo -
minale. Questo è fondamentale in quanto questa è la temperatura ottimale per lo sviluppo dello spermato -
zoo.

Il testicolo nel periodo fetale si trova vicino al rene e da qui si porta verso la fine della gravidanza (7°-8°
mese) verso il basso grazie al gubernaculum testis che gli permette di scivolare verso il canale inguinale po-
sizionandosi in posizione retro peritoneale. La discesa nello scoto avviene all’ 8°-9° mese. Qualora la discesa
non avesse successo, cioè se alla nascita il testicolo non è posizionato nello scroto, si attende per un po’
(ma non troppo perché si può andare incontro a tumori del testicolo intorno ai 25-30 anni). Dopo una setti -
mana il chirurgo può portare il testicolo nello scroto. Nella sua discesa il testicolo porta anche l’epididimo e
da questo quello che segue è il dotto deferente. Questo ha una struttura resistente in quanto durante l’eia-
culazione deve portare gli spermatozoi verso la prostata. Si porta prima dietro la vescica e poi dietro la pro -
stata dove, poco prima di entrarci, si unisce alle vescichette seminali. Poi attraversa la prostata con il dotto
eiaculatore che infine sbocca nell’uretra prostatica e in quella membranosa.

Vasi del testicolo

Le arterie genitali originano dall’aorta


addominale vicino al rene in quanto
quella era la sede del testicolo nel pe-
riodo fetale. Portandosi verso il basso
si porta infatti dietro le arterie e i ner-
vi, per poi entrare nel canale inguina-
le arrivando nello scroto. Le vene ori-
ginano da entrambi i testicoli e cir-
condano le arterie con il plesso pampiniforme. La sinistra si porta nella vena renale e la destra direttamente
Anatomia ANS32 – APPARATO GENITALE MASCHILE (1giu2011)

nella cava inferiore. Lo sbocco a T della vena sinistra non facilita il ritorno venoso e può portare a patologie
(varicocele) in cui la vena si ingrossa con stasi del sangue nel testicolo provocando, a lungo andare, la sterili -
tà. Questa patologia si può curare intervenendo a livello chirurgico.

Gli spermatozoi a livello del testi-


colo vengono portati nella rete
testis da cui entrano nei condot-
tini efferenti che sono presenti
nell’epididmo e sono lunghi circa
20 cm e molto attorcigliati (at-
torcigliati sono lunghi 1 cm). L’e-
pididimo viene suddiviso in te-
sta, corpo e coda la quale si con-
tinua con il dotto deferente. La
maggior parte degli spermatozoi
si raccolgono nella testa anche
se ce ne sono alcuni anche nel
corpo. Queste strutture devono
essere convolute per occupare
poco spazio e per permettere la
sopravvivenza degli spermatozoi.

Il dotto deferente è lungo circa


50-60 cm. Si porta attraverso il
canale inguinale dietro la vescica per poi giungere posteriormente alla prostata. Nel giungere alla prostata
si allarga e forma l’ampolla del dotto deferente che è una parte più larga che precede appunto l’ingresso
nella prostata nella quale si
versano le vescichette semi-
nali; attraversandola prende
il nome di dotto eiaculatore
(abbiamo quindi due dotti
eiaculatori: uno a destra e
uno a sinistra). Questi sboc-
cano nell’uretra prostatica.

A livello del testicolo c’è una


membrana che lo circonda
che si chiama tunica albugi-
nea ed è la più interna (ce ne
sono altre) che suddivide
con tratti di connettivo il te-
sticolo in lobuli.

Lo scroto è un prolungamen-
to della cute addominale di-
viso in due dal setto dello
scroto. Al di sotto c’è una

Autore: Denis Aiudi per Medicina08 2 di 7


Anatomia ANS32 – APPARATO GENITALE MASCHILE (1giu2011)

membrana che si chiama fascia spermatica esterna. Immediatamente al di sotto di questa c’è il muscolo
cremastere che è un prolungamento dell’obliquo interno dell’addome, che avvolge il testicolo come un ca -
nestro. Quando questo muscolo si contrae porta il testicolo vicino all’addome. Questo movimento avviene
anche durante l’eiaculazione. Sotto le fibre del cremastere c’è la fascia spermatica interna.

Immaginando la discesa del testicolo lungo il canale inguinale (ricordiamo che è retroperitoneale) questo si
porta con sé la doppia lamina di peritoneo che lo copre al davanti (cioè spinge questa doppia lamina verso
lo scroto). Alla fine del periodo fetale c’è una continuazione tra il perineo che ricopre il testicolo con quello
addominale. Questa continuazione dura per un certo periodo per poi atrofizzarsi lasciando una doppia lami-
na con tutte le caratteristiche del peritoneo che avvolge il testicolo nella parte antero-laterale che non è in
più in comunicazione con il peritoneo da cui era partita. Ci sono casi in cui questa comunicazione permane
causando patologie. Queste
due lamine vengono chiamate
tunica vaginale del testicolo.
C’è una lamina parietale che si
trova subito sotto la fascia
spermatica interna sotto la
quale c’è la lamina viscerale.
Al di sotto della tunica vagina-
le c’è la tunica albuginea, di
colore biancastro. Ci possono
essere dei versamenti con ac-
cumulo di liquido in queste la-
mine per varie cause (come in-
terventi sull’intestino) che
causano processi infiammato-
ri.

Le vie linfatiche che drenano


lo scroto non sono le stesse
del testicolo; quelle dello scroto vanno nei linfonodi inguinali superficiali, vicino all’inguine, le vie di dre-
naggio del testicolo vanno nei linfonodi addominali profondi. In caso di tumore del testicolo è quindi im-
portante controllare i linfonodi profondi in quanto dal controllo di quelli superficiali si può individuare solo
un tumore che ha invaso anche lo scroto.

PROSTATA

La prostata ha la grandezza di una castagna e un diametro di 4 cm. È posta intorno all’uretra sotto la vesci -
ca, tra la base e il trasverso profondo del peritoneo. È ricoperta da una capsula di connettivo e contiene 30-
40 ghiandole tubulo-alveolari che producono un secreto dal ph leggermente acido (6,4). Il suo secreto è re -
sponsabile per la sopravvivenza degli spermatozoi che contiene anche acido citrico e proteoglicani.

È suddivisa dall’uretra in una parte posteriore e in una anteriore. La parte posteriore è caratterizzata da due
lobi: uno destro e uno sinistro. Tra questi due c’è una parte più vicino all’uretra che si chiama lobo medio.
Anteriormente c’è una porzione definita lobo anteriore che non ha molte ghiandole ripetto alle altre parti.
La divisione in lobi laterali e medi (senza quello anteriore) è utilizzata dagli anatomisti inglesi e tedeschi. Il

Autore: Denis Aiudi per Medicina08 3 di 7


Anatomia ANS32 – APPARATO GENITALE MASCHILE (1giu2011)

lobo intermedio, nei popoli oc-


cidentali soprattutto, può anda-
re incontro ad ipertrofia com-
primendo l’uretra e diminuen-
done il volume. Le conseguenze
sono un frequente stimolo ad
urinare e un ispessimento della
muscolatura della vescica con
conseguenze sullo sbocco degli
ureteri.

I lobi laterali invece (che sono in


posizione posteriore) vanno in-
contro a tumori della prostata
che sono abbastanza frequenti.

Le ghiandole della prostata


sboccano ai lati del collicolo se-
minale. Nella parte anteriore ci
sono poche ghiandole ma ci sono delle differenze da individuo a individuo.

Il diaframma urogenitale si trova sotto la prostata e la sostiene. La capsula della prostata ha al di fuori un
plesso venoso che si porta fino alla base della vescica. I vasi che si portano alla base della vescica sono quin-
di in comunicazione con quelli
che si portano nella prostata.
Al di fuori della prostata c’è
una struttura connettivale
detta fascia della prostata
che è particolarmente consi-
stente, con legamenti che si
portano verso il pube aggan-
ciandola in avanti. La prostata
è quindi circondata da due
strutture connettivali: la cap-
sula e la fascia. Tra queste
due si trova il plesso venoso.

La prostata si trova dietro al


retto e può essere apprezzata
attraverso la palpazione ret-
tale e l’ecografia rettale. Il
muscolo pubo rettale passa
ai lati della prostata insieme a
dei legamenti. Davanti alla fascia che avvolge la prostata c’è uno spazio riempito da tessuto adiposo.

Autore: Denis Aiudi per Medicina08 4 di 7


Anatomia ANS32 – APPARATO GENITALE MASCHILE (1giu2011)

ORGANI GENITALI ESTERNI

PENE

Il pene è formato
da due strutture
principali: i corpi
cavernosi e il corpo
spongioso, con la
parte iniziale slar-
gata chiamata bul-
bo spongioso.

I corpi cavernosi
iniziano separati
dalla radice del
pene e si trovano
vicino all’ischio.
Queste due parti si
portano in avanti e
si uniscono lascian-
do uno spazio infe-
riormente in cui si
inserisce il corpo spongioso che termina con la corona del glande. Il corpo spongioso si inserisce nello spa-
zio tra i corpi cavernosi i quali durante il rapporto sessuale si riempiono di sangue formando la parte di so -
stegno per l’entrata nella vagina. La parte spongiosa contiene l’uretra e termina con il glande e con il meato
uretrale esterno. Il glande si inserisce sulla punta dei due corpi cavernosi.

Nella radice del pene i corpi cavernosi sono


avvolti da una muscolatura costituita dal mu-
scolo ischio-cavernoso che se contratto spin-
ge il sangue dalla radice verso il corpo caver-
noso che durante il rapporto sessuale si deve
riempire per sostenere la struttura del pene.

Il bulbo della spongiosa è avvolto dal musco-


lo bulbo-spongioso o bulbo spugnoso che
aiuta a comprimere il contenuto dell’uretra
facilitando lo scorrimento dello sperma du-
rante l’eiaculazione. Il glande copre sia la
parte terminale della spongiosa che i corpi
cavernosi.

Il pene è ricoperto da cute che non ha tessu-


to adiposo al di sotto ed è molto sottile.
Questa arriva a rivestire il glande fino al
meato uretrale esterno per poi ripiegarsi per
Autore: Denis Aiudi per Medicina08 5 di 7
Anatomia ANS32 – APPARATO GENITALE MASCHILE (1giu2011)

inserirsi sulla corona del glande. Questa durante l’erezione generalmente viene retratta. Ci sono condizioni
patologiche in cui questa sia troppo stretta da impedire la retrazione e in questi casi si interviene chirurgica -
mente. Per mantenere l’erezione nei corpi cavernosi il sangue arriva dalle arterie e viene bloccato a livello
delle vene fino all’eiaculazione.

Nella spongiosa l’uretra nell’ultimo tratto si slarga nella fossetta navicolare prima del meato uretrale ester-
no. I due corpi cavernosi sono uniti tra loro da una fascia connettivale (tunica albuginea). Nonostante il
connettivo che unisce queste strutture, esse rimangono indipendenti. La spongiosa è invece circondata in-
sieme ai cavernosi dalla fascia profonda del pene. La tonaca albuginea (più interna) circonda quindi i due
corpi cavernosi mentre quella profonda circonda tutte e tre le componenti.

Vasi del pene

L’arteria pudenda interna origina dall’iliaca interna, si porta posteriormente ed entra nel pene. Da questa
nasce l’arteria profonda del pene da cui dipartono delle arterie elicine che portano il sangue nei corpi ca-
vernosi.

Il tutto ritorna con un sistema venoso con una vena dorsale profonda e una vena dorsale superficiale.
Queste passano sopra i corpi cavernosi e non dentro come le arterie.

Percorso dell'uretra

Partendo dalla vescica trovia-


mo l’orifizio uretrale interno.
Proseguendo c’è l’uretra pro-
statica con il cunicolo seminale
e l’uretra membranosa. Que-
sta è avvolta dalla muscolatura
e nel suo decorso si piega (nel-
l’inserimento di cateteri è il
punto più delicato). Ai lati della
membranosa ci sono due
ghiandole bulbo uretrali o di
cowper che sboccano a questo
livello con un secreto che facili-
ta lo scivolamento dello sper-
ma nell’uretra. Poi c’è il bulbo
della spongiosa e la spongiosa
seguiti dalla fossetta navicola-
re che termina con l’apertura
dell’orifizio uretrale esterno.
Prima della fossetta navicolare
ci sono due lembi che sono le valvole della fossetta navicolare.

Autore: Denis Aiudi per Medicina08 6 di 7


Anatomia ANS32 – APPARATO GENITALE MASCHILE (1giu2011)

PERITONEO

Nell’addome ci sono una serie di organi che possono aumentare enormemente di volume (utero, vescica,
stomaco) e che si possono inoltre muovere (stomaco nella fase digestiva, intestino). Un loro spostamento
sarebbe un problema perché potrebbero comprimere altri organi. Il peritoneo è una sierosa (è come un
lenzuolo) costituito da una doppia lamina che permette il movimento degli organi riducendo l’attrito ma
che impedisce loro di spostarsi andando a comprimere altri organi. Ha un’estensione di 1750 cm 2. Gli organi
che riveste completamente sono detti organi intraperitoneali, quelli su cui passa davanti sono detti retro-
peritoneali o sottoperitoneali.

A livello embrionale l’intestino è circondato dal peritoneo. Il peritoneo riveste la parete addominale sia an -
teriormente che posteriormente ma invia due doppie lamine: un paio va verso l’intestino che lo riveste
completamente e poi continua riagganciandosi al peritoneo addominale.

La parte del peritoneo che riveste l’organo si chiama peritoneo viscerale. Quella che riveste la parete addo-
minale si chiama peritoneo parietale. Il parietale lascia posteriormente una parte di organi che si trovano
quindi in posizione retro peritoneale (vena cava, aorta e tutte le strutture vicine alla colonna vertebrale).

Del peritoneo fanno parte i mesenteri che sono doppie lamine che circondano organi cavi.

Il peritoneo ha anche omento. L’omento è una doppia lamine del peritoneo che lega lo stomaco agli organi
circostanti. Quindi lo stomaco ha una terminologia a parte.

Il mesentere è utilizzato per l’intestino e per gli altri organi cavi. Questi organi circondati da peritoneo han -
no bisogno di vasi sanguigni. Per irrorare gli organi i vasi avrebbero due possibilità : o i vasi sanguigni perfo -
rano il peritoneo e giungono all’organo bersaglio (ma questo creerebbe un grande problema perché se fos -
sero arterie si dilaterebbero) o utilizzano le doppie lamine per far arrivare i rami del vaso agli organi bersa -
glio (soluzione ovvia e semplice). Quindi tra questi mesenteri passeranno sempre vasi.

Il peritoneo che avvolge gli organi in sequenza e non tutti insieme. Non ci sono organi nella cavità perito-
neale ma ce ne sono in quella addominale. Per capire meglio immaginiamo il peritoneo come un pallone e
immaginiamo gli organi che gli si formano dietro. Questi sviluppandosi andranno a comprimerlo e vi ci si in -
castreranno dentro ma non potranno mai entrare nella camera d’aria del pallone.

Autore: Denis Aiudi per Medicina08 7 di 7


ANATOMIA – “APPARATO GENITALE FEMMINILE”

ID lezione ANS33 Modulo Splancnologia


Data lezione 6 giugno 2011
Autore Tania Cernetti
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Peritoneo; apparato genitale femminile: ovaio, utero, tuba, vagina, ghiandola
Argomento
mammaria.

PERITONEO

Ora vediamo lo schema dell'addome.


Possiamo vedere il peritoneo in sezione
sagittale che avvolge alcuni organi: il fe-
gato è considerato un organo intraperito-
neale perché è avvolto completamente
dal peritoneo: il peritoneo viscerale è at-
taccato al fegato; giunto in una certa
zona, nella parte posteriore del fegato, il
peritoneo diventa peritoneo parietale. Il
parietale si porta a costituire inferior-
mente il diaframma, scende lungo la pa-
rete anteriore dell'addome, fino a portar-
si alla vescica (sottoperitoneale). Dalla
vescica, si porta poi a rivestire l'utero e
posteriormente a rivestire il retto. Una
parte del retto è posta dietro al peritoneo
(retroperitoneale), una parte no (extrape-
ritoneale); dopodiché il peritoneo parietale continua, finché due lamine si portano ad avvolgere una serie di
anse intestinali dell'intestino tenue, formando il mesentere del piccolo intestino.

Il peritoneo parietale continua con la doppia lamina, che va ad avvolgere il colon trasverso. Questa lamina
lascia il pancreas in posizione retroperitoneale, si porta verso il basso e, dopo aver formato una piega, si
porta verso lo stomaco, organo intraperitoneale. Le doppie lamine che agganciano lo stomaco ad organi ad-
dominali vengono chiamate epiploon o omenti. La struttura formata da addirittura 4 lamine, viene chiama-
ta grande omento. Dallo stomaco, una doppia lamina si porta al fegato e lo aggancia allo stomaco stesso,
prendendo il nome di piccolo omento. Tra lo stomaco e il pancreas c'è una cavità tutta foderata da perito -
neo, detta borsa omentale, che giunge superiormente fino al fegato. Il fegato è tutto rivestito da peritoneo
eccetto un'area: l'area nuda.

Esaminando invece la sezione sagittale di un uomo, vediamo che nella sua parte inferiore abbiamo il grande
omento, lo stomaco, il pancreas, il colon trasverso, il mesocolon. Il mesentere che va ad avvolgere le anse
dell'intestino tenue, le va ad avvolgere singolarmente, seguendo il loro andamento contorto. Qui ci saranno
delle arterie che passeranno per le doppie lamine e irroreranno l'intestino tenue.

La borsa omentale, tra stomaco e pancreas, si pone davanti ad alcune anse dell'intestino tenue.
Anatomia ANS33 – APPARATO GENITALE FEMMINILE (6giu2011)

Col tempo il recesso inferiore, parte della borsa omentale, tende ad occludersi (le lamine si accollano le
une alle altre, lasciando scomparire il recesso). In ogni caso la borsa omentale (immaginatela come una spe -
cie di borsa dell'acqua calda) ha un'apertura sul lato destro che viene chiamata forame epiploico (o forame
di Winslow), proprio perché si porta dietro questo grande epiplon. Questo permette l'accesso alla borsa
omentale, che per la restante parte è chiusa.

APPARATO GENITALE FEMMINILE

OVAIO

E' un organo piuttosto piccolo, di 4 cm di diametro massimo e di circa 2 cm di spessore. Ha una posizione
sagittale e dunque avrà una parte mediale e una laterale; un margine anteriore e un margine posteriore; un
polo inferiore e un polo superiore. E' posto nella cavità a circa 1,5 cm dallo stretto superiore del bacino e a
2 cm in avanti rispetto all'articolazione sacro-iliaca. Si trova in vicinanza dell'incrocio delle due arterie con i
vasi iliaci (questo vale nelle donne nullipare, quelle che non hanno avuto figli e quindi modificazioni nell'o-
vaio).

I legamenti dell'ovaio sono quelli che trattengono l'ovaio in sede. Essi sono 3:

• il sospensore dell'ovaio: si inserisce sul polo superiore dell'ovaio ed è costituito da una serie di fi-
brocellule muscolari lisce compatte, da connettivo e soprattutto dai vasi ovarici. Per quanto riguar-
da questi vasi: l'arteria deriva dall'aorta addominale, che fa parte delle arterie genitali (che nel caso
della donna sono le arterie ovariche); la vena di destra si porta alla vena cava inferiore, quella di si -
nistra si porta alla vena renale;

• il proprio dell'ovaio o utero-ovarico: si inserisce sul polo inferiore e unisce l'ovaio con la parete la-
terale dell'utero;

• il mesovario: la descrizione ha bisogno di un quadro un po' più ampio. Il peritoneo scende, va a ri-
vestire la vescica al di sotto dell'utero, riveste quest'ultimo passandogli prima sotto e poi sopra, for -
mando una piega inferiore tra l'utero e la vescica e una piega superiore tra l'utero e il retto. Imma-
ginate che il peritoneo sia un asciugamano che riveste l'utero e si porta ai lati del bacino. Questo
doppio legamento viene chiamato legamento largo dell'utero, proprio perché è molto ampio, e si
porta verso le pareti laterali del bacino. Il foglietto superiore (o parte supero-anteriore) giunge a
contatto con l'ovaio stesso ed è come se lo pizzicasse. La parte “pizzicata” corrisponde al mesova -
rio. A causa del mesovario, l'ovaio non è considerato un organo intraperitoneale: una parte è rico-
perta da epitelio embrionale germinativo. Attraverso il mesovario passano dei vasi.

UTERO

E' l'organo principale per quanto riguarda la gravidanza. Ha un'estensione di circa 7-8 cm. Ha forma a pera,
si porta in avanti con la parte anteriore verso l'addome. Ha una parete piuttosto spessa, formata principal -
mente da muscolatura liscia chiamata miometrio. L'interno è rivestito da una mucosa chiamata endome-
trio, che presenta numerose cellule mucose, numerose cellule ciliate, cellule caratteristiche anche delle
tube stesse.

Autore: Tania Cernetti per Medicina08 2 di 6


Anatomia ANS33 – APPARATO GENITALE FEMMINILE (6giu2011)

Si divide in una parte ante-


riore, chiamata fondo dell'u-
tero, da cui partono delle
tube; la parte successiva, che
ha una forma piuttosto trian-
golare, viene chiamata corpo
dell'utero. Postero-inferior-
mente, il corpo si restringe,
formando il canale dell'ist-
mo o orifizio uterino inter-
no, dove inizia il canale cer-
vicale, che fa parte del collo
dell'utero. Il canale cervicale
sbocca nella vagina attraver-
so l'orifizio uterino esterno.

Nel canale cervicale trovia-


mo le cosiddette pliche pal-
mate, pezzi di mucosa che
facilitano la chiusura del col-
lo dell'utero attraverso un
tappo di muco, contro i bat-
teri. Ad eccezione del perio-
do fertile (circa nel periodo
centrale del ciclo), in cui il
tappo di muco si scioglie, il
collo dell'utero è generalmente chiuso.

L'utero sporge notevolmente, con la portio uterina (o cervice), ed è circondato dalla vagina. Proprio a livel-
lo della portio uterina c'è il cambiamento di epitelio. L'attacco della vagina all'utero forma delle strutture a
fondo cieco chiamate forbici (anteriore e posteriore). Il forbice posteriore arriva molto in alto, vicinissimo
allo sfondato del Douglas o cavo retto-uterino (zona di peritoneo che riveste la parte tra vescica e retto). I
legamenti dell'utero sono:

• il largo dell'utero: doppia lamina di peritoneo (v. ovaio) che passa nella parte infero-anteriore e po -
stero-superiore;

• il rotondo: origina al di sotto del legamento proprio dell'ovaio, in corrispondenza del collo; si porta
in avanti nel canale inguinale, fino ad arrivare alle grandi labbra. Vi sono contenuti i vasi linfatici,
che vanno a finire nei linfonodi inguinali superficiali. Questo legamento preme dunque verso il fo-
glietto anteriore del peritoneo.

Durante la gravidanza l'utero aumenta notevolmente di dimensioni comprimendo gli organi circostanti,
come per esempio la vescica, i grandi vasi, ecc, non sono solo dunque questi due legamenti che possono es-
sere considerati importanti: occorrono anche dei legamenti che mantengano l'utero in una posizione preci -
sa, gli unici veri legamenti, i retinacoli. Questi legano il collo dell'utero al sacro (retinacoli utero-sacrali); ag-
ganciano il collo dell'utero al pube; uniscono l'utero alle pareti laterali del bacino: i legamenti cardinali. Col

Autore: Tania Cernetti per Medicina08 3 di 6


Anatomia ANS33 – APPARATO GENITALE FEMMINILE (6giu2011)

tempo questi retinacoli, come tutti i legamenti, tendono un po' a cedere e a lasciar scendere l'utero (prolas -
so dell'utero: avviene soprattutto in menopausa).

Il collo dell'utero durante il parto deve allargarsi ma rimanere esattamente nella stessa posizione: ha dun -
que bisogno di questi legamenti molto resistenti. (“Poss togliere?”)

Irrorazione sanguigna di utero e ovaio

L'arteria uterina, ramo dell'iliaca interna, giunge all'utero e decorre lateralmente all'utero, con una forma a
spirale (distendendosi l'utero questa struttura si distende). Questa decorre per tutto il collo, fino al fondo
dell'utero, dove si anastomizza con l'arteria ovarica. L'arteria ovarica manda poi dei rami anche alla tuba,
divenendo arteria tubarica. Questi rami si anastomizzano a loro volta con l'ultima parte dell'arteria uterina,
creando un ponte tra l'arteria uterina e l'arteria ovarica (a livello del fondo dell'utero). Durante l'ingrossa -
mento dell'utero (in gravidanza), alcune arterie vengono schiacciate (insieme agli altri organi), ma l'arteria
principale non viene compressa. L'arteria uterina si incrocia con l'uretere: questo incrocio è importante so-
prattutto per la chirurgia (nell'isterectomia: rimozione dell'utero).

TUBA

Ha una lunghezza di 10-12 cm; viene divisa solitamente in 4 parti:

1. intramurale: andando dall'utero verso l'ovaio, a livello dello spessore della parete dell'utero (alcuni
autori inglobano questa parte della tuba nell'istmo);

2. istmo: è la parte più stretta della tuba, dove avviene l'aggancio con l'utero;

3. ampolla: parte in cui la tuba diviene più ampia e contorta;

4. infundibolo: la tuba si allarga molto. Presenta delle digitazioni (1-2 cm massimo) che si portano so-
pra l'ovaio e, probabilmente attraverso un sistema di chemiattrazione, si portano esattamente nel -
l'area in cui ci sarà l'ovulazione. La cellula uovo entra nella tuba che ha un epitelio ciliato molto con -
sistente che la trasporta in direzione del lume dell'utero.

La fecondazione avviene nell'ampolla. La cellula uovo ha tra le 6 e le 18-20 ore di tempo per essere fecon -
data (un tempo molto ristretto); mentre la sopravvivenza degli spermatozoi è di 72 ore.

La tuba è rivestita dal legamento largo dell'utero, in particolare dalla mesosalpinge (o salpinge).

Il drenaggio linfatico dell'utero è molto complesso. Al di là di una parte del corpo, che va verso i linfonodi
inguinali superficiali grazie al legamento rotondo, la maggior parte della linfa va nei linfonodi profondi paro -
tici e lombari.

VAGINA

E' un condotto muscolo-membranoso; è l'organo della copula; ha una parete anteriore e posteriore (è ab -
bastanza appiattita); è lunga 10 cm (la parete anteriore è di 7 cm; quella posteriore è di 8,5 cm, essendo
quella del fornice posteriore che arriva più in alto). In gravidanza la vagina si allunga e raggiunge i 15 cm (di -

Autore: Tania Cernetti per Medicina08 4 di 6


Anatomia ANS33 – APPARATO GENITALE FEMMINILE (6giu2011)

viene leggermente più lunga anche durante il rapporto sessuale); con l'asse del collo dell'utero forma un
angolo di circa 100°.

E' divisa in 3 parti:

1. fondo (estremità superiore) dove c'è il punto del fornice vaginale;

2. corpo (parte centrale);

3. orifizio vaginale (estremità inferiore).

Nella donna che non ha avuto ancora un rapporto sessuale troviamo una piega cutanea mucosa che può es -
sere di diverso aspetto (integra o già spezzettata, filamentosa), chiamata imene.

Rapporti

Anteriormente:

• vescica (con la prima parte della vagina);

• uretra (con la seconda parte della vagina).

Posteriormente:

• retto.

Drenaggio linfatico

Avviene principalmente nei linfonodi iliaci interni, mentre la parte delle grandi labbra, dell'orifizio esterno,
è drenata nei linfonodi inguinali superficiali.

LINFONODI DEL TRONCO ANTERIORE

Prima di studiare la ghiandola mammaria, dobbiamo dare un'occhiata ai linfonodi superficiali, essendo al-
cuni di essi coinvolti nel drenaggio della ghiandola stessa:

• linfonodi parasternali: sono 4 per lato e si trovano ai lati dello sterno (alcune volte sono anche 5);

• linfonodi ascellari: sono facilmente palpabili, come quelli inguinali, quelli cervicali profondi e quelli
sottomandibolari.

Tutto il drenaggio della superficie al di sopra di una certa linea si porta nei linfonodi ascellari o parasternali;
tutto ciò al di sotto si porta nei linfonodi inguinali superficiali.

(Questo sarà importante poi nelle patologie della cute).

GHIANDOLA MAMMARIA

E' posta anteriormente al grande pettorale; è costituita da tessuto adiposo e tessuto ghiandolare (per la
produzione di latte); generalmente ha una forma a cupola. E' suddivisa in vari lobi (15-20) dai cosiddetti re-

Autore: Tania Cernetti per Medicina08 5 di 6


Anatomia ANS33 – APPARATO GENITALE FEMMINILE (6giu2011)

tinacoli (tessuto connettivo): questi retinacoli sono posti come i raggi di una bicicletta e vanno dalla cute
che riveste la ghiandola, fino all'aponeurosi del grande pettorale.

Le ghiandole che costituiscono la mammaria sboccano a li-


vello del capezzolo grazie a dei condotti detti dotti galatto-
fori (ogni lobo ha il suo sbocco). Il capezzolo è circondato da
un'aureola mammaria (che generalmente ha una colorazio-
ne diversa), ricca di protuberanze: i tubercoli di Montgome-
ry: questi sono dei piccoli noduli che contengono ghiandole
apocrine, eccrine e sebacee. Le ghiandole sebacee produco-
no una sostanza (il sebo) che durante la gravidanza riveste
l'aureola proteggendola dallo sfregamento delle labbra del
neonato e permette l'aderenza ottimale delle labbra del
neonato stesso per la suzione di latte.

La ghiandola mammaria si estende anche a livello dell'ascel-


la.

Nel periodo dell'allattamento il tessuto adiposo si trasforma in tessuto ghiandolare e, una volta concluso
l'allattamento, questo si ritrasforma in tessuto adiposo (questo è dimostrato negli animali, si pensa che an -
che nell'uomo sia così).

Analizzandola in sezione vediamo che i dotti galattofori hanno uno slargamento prima dello sbocco nel ca-
pezzolo, detto seno galattoforo.

Convenzionalmente la ghiandola mammaria viene divisa in 4 quadranti:

• supero-laterale (il più colpito da tumori);

• infero-laterale (molto colpito da tumori);

• supero-mediale;

• infero-mediale.

In più c'è un'area centrale, l'area dell'aureola.

Drenaggio linfatico

I quadranti mediali drenano verso i linfonodi parasternali; i quadranti laterali drenano verso i linfonodi
ascellari. Vi sono stazioni linfonodali lungo i vasi principali; c'è una stazione linfonodale poco al di sotto del -
la clavicola, in posizione profonda (i cosiddetti linfonodi apicali). Tutti i linfonodi della parte ascellare (po-
steriori, anteriori e centrali) convergono la linfa nei linfonodi apicali.

Autore: Tania Cernetti per Medicina08 6 di 6


ANATOMIA – “APPARATO DIGERENTE 1”

ID lezione ANS34 Modulo Splancnologia


Data lezione 7 giugno 2011
Autore Sofia Bedini
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Apparato genitale femminile: ghiandola mammaria; apparato digerente: farin-
Argomento
ge, esofago, stomaco.

Nella lezione precedente abbiamo osservato quelli che sono i linfonodi, dove c'è il drenaggio della ghiando -
la mammaria e abbiamo visto che ci sono linfonodi ascellari che drenano soprattutto i quadranti laterali e i
linfonodi parasternali (ai lati dello sterno) che drenano principalmente i quadranti mediali.

GHIANDOLA MAMMARIA (continua...)

Adesso vediamo una sezione sul piano trasversale della ghiandola mammaria: vediamo il drenaggio verso i
linfonodi ascellari e parasternali che
si trovano ai lati dello sterno. E' stata
sottolineata l'importanza dei linfono-
di parasternali (prima venivano sotto-
valutati dai chirurghi), ora invece il
controllo è di entrambi; ci sono vie
linfatiche tra questi linfonodi e i con-
trolaterali, questo può spiegare in al-
cuni casi che tumori di questa parte
della ghiandola mammaria si portano
dall'altra parte se non sono stati ben
controllati i linfonodi parasternali. Ci
sono anche vie linfatiche dai para-
sternali verso la parte posteriore, ma
questi sono casi estremamente rari,
non hanno molta importanza clinica.

APPARATO DIGERENTE

FARINGE

Iniziamo l'apparato digerente dalla faringe, argomento che in parte abbiamo già svolto. Questo organo è un
cono lungo 15 cm circa, la parte anteriore è aperta ed è chiusa posteriormente; delimita posteriormente le
coane, la bocca e poi si porta dietro la laringe. Si divide in rinofaringe, orofaringe e laringofaringe. La farin-
ge ha dei muscoli striati: posteriormente abbiamo dei muscoli che chiudono la faringe posteriormente, i co -
sidetti muscoli costrittori. Prima di passare alla parete posteriore osserviamo la struttura interna della farin-
ge stessa.
Anatomia ANS34 – APPARATO DIGERENTE 1 (7giu2011)

La struttura interna della faringe ha cin-


que strati importanti (dall'interno verso
l'esterno):

• mucosa: in cui manca la muscola-


ris mucosae;

• sottomucosa;

• fascia faringobasilare: dove si in-


seriscono i muscoli;

• tonaca muscolare: muscoli farin-


gei costrittori;

• fascia buccofaringea: copre il mu-


scolo buccinatore (posto anterior-
mente) e continua con l'epimisio
che copre il buccinatore e i mu-
scoli faringei.

La fascia faringobasilare si inserisce in alto


alla base del cranio e anteriormente al processo pterigoideo mediale, e quindi delimita l'entrata della cavità
nasale nella faringe. Su questa fascia terminano posteriormente i muscoli della faringe stessa, particolar-
mente i muscoli costrittori.

Muscoli della faringe

Avvolgono posteriormente e lateralmente la faringe. Sono tre, i cosidetti costrittori:

1. costrittore superiore;

2. costrittore medio;

3. costrittore inferiore.

Sono disposti come le tegole di una casa. Il costrittore superiore è il più interno, poi appogiato su questo c'è
il costrittore medio e ancora più esternamente c'è l'inferiore. La deglutizione è un atto che, superata una
certa fase, diventa poi involontaria, non riusciamo più a controllarla oltre un certo limite. Il primo a contrar -
si, per spingere il bolo alimentare verso l'esafago, è il costrittore superiore (spinge verso il basso, tramite la
porzione faringe-esofago), successivamente sarà la volta del costrittore medio e poi del costrittore inferio -
re. Se la posizione dei costrittori fosse stata inversa, cioè il costrittore superiore più esterno, la sua contra -
zione avrebbe bloccato anche gli altri, ecco perchè sono messi in sequenza e il costrittore inferiore è il più
esterno. Sono muscoli striati; le fibre hanno un'andamento avvolgente, circolare (andamento circolare od
obliquo).

Ci sono anche dei muscoli longitudinali, che sono tre, questi sono interni. Questo andamento è esattamen -
te opposto rispetto a quello che avremo in tutto il resto dell'apparato digerente; cioè nel resto avremo i
longitudinali sempre all'esterno e i circolari all'interno. Nel passaggio dalla faringe all'esofago vedremo que-
sto cambiameto della muscolatura che avrà delle conseguenze sull'esofago. Il muscolo costrittore superiore
si inserisce dal legamento pterigomandibolare (che parte da dietro l'ultimo molare superiore e si porta infe-
Autore: Sofia Bedini per Medicina08 2 di 7
Anatomia ANS34 – APPARATO DIGERENTE 1 (7giu2011)

riormente dietro l'ultimo molare inferiore) al davanti del quale abbiamo il buccinatore, e si porta posterior -
mente sulla fascia faringobasilare. Il costrittore medio abbraccia posteriormente il superiore, si porta al di
sopra di quello superiore ma parte sia dalle grandi corna che dalle piccole corna dell'osso joide. Il costritto -
re inferiore prende origine dalla linea obliqua della cartilagine tiroide (linea posteriore) e anche dalla carti -
lagine cricoide, si porta posteriormente sul rafe faringeo. Questi muscoli lasciano degli spazi (più o meno
quattro spazi): qui passano sia i longitudinali che si inseriscono poi all'interno, sia vasi e i nervi che vedremo
poi in dettaglio.

Per quanto riguarda il costrittore medio, abbiamo un plesso nervoso sulla sua superficie esterna: il ramo
faringeo del vago che è un nervo motore, il ramo faringeo del glossofaringeo che è un nervo sensitivo e il
ramo faringeo del ganglio superiore del simpatico. In generale i muscoli costrittori sono innervati dal plesso
faringeo. Il costrittore inferiore riceve anche rami dal nervo laringeo ricorrente e dal nervo laringeo esterno.
Il plesso faringeo venoso postreriore drena i muscoli faringei e sbocca nella vena giugulare interna (poste-
riore ai muscoli faringei). Per ciò che riguarda le arterie, quelle responsabili sono: l'arteria tiroidea superiore
e i rami della carotide esterna; la tiroidea superiore ha un ramo nella carotide esterna e poi altri rami.

Muscoli longitudinali

Sono:

1. lo stilofaringeo: proviene dal processo stiloideo, si porta in basso, si inserisce tra il costrittore supe-
riore e quello medio, e si porta nelle pareti laterali principalmente della faringe stessa; ha anche
rami sull'epiglottide;

2. il palatofaringeo: muscolo piuttosto consistente che fa parte del palato molle; dal palato molle si
porta ai lati della faringe e, contraendosi durante la deglutizione, partecipa sia all'azione del palato
molle sia alla contrazione della faringe stessa;

3. il salpingofaringeo: si inserisce sulla cartilagine che circonda in gran parte la tuba uditiva detta tuba
di Eustachio (che unisce cavità nasali con orecchio medio), sfiocca ai lati della faringe, a questo livel-
lo si aggancia sulla tuba e, contraendosi, oltre ad alzare il sistema faringoesofago dilata la tuba stes -
sa. Ecco perchè quando ci si alza in altezza velocemente o ci abbassa rapidamente ci può essere una
coartazione della tuba (orecchio chiuso), ma il contrarsi di questo muscolo fa dilatare la tuba stessa.

Lo stilofaringeo come il palatofaringeo vanno a finire quasi sull'epiglottide, hanno un'andamento arcuato
con concavità verso l'interno. I muscoli elevatori palatofaringeo e il salpiangofaringeo sono molto importan -
ti perchè, contraendosi durante la deglutizione, spostano in alto tutto il sistema esofagofaringeo, verso la
base del cranio, e trascinano con se non solo l' esofago ma anche laringe e la trachea. Tutto questo appara -
to è legato da varie fasce, per questo avviene uno spostamento totale. Tra la faringe e la colonna vertebrale
ci deve essere uno spazio che permette il movimento di tutto il sistema, questo si chiama spazio retrofarin -
geo. Ci sono vari strati, cominciando dall'interno e andando posteriormente alla faringe abbiamo: la muco -
sa, la muscolatura, la fascia buccofaringea, poi c'è lo spazio e poi iniziano le strutture posteriori: la fascia
prevertebrale, il muscolo lungo del collo insieme alla muscolatura posta a livello della colonna vertebrale, il
legamento longitudinale anteriore, poi i dischi intervertebrali e le vertebre. Lo spazio retrofaringeo si apre
inferiormente nel mediastino superiore: questo è importante per certe patologie; superiormente è chiuso
dalla base del cranio e ai lati dal fascio vascolonervoso del collo. La fascia prevertebrale si estende dalla
base del cranio alla terza vertebra toracica, dove si fonde con il legamento longitudinale anteriore: siamo
nel mediastino posteriore.

Autore: Sofia Bedini per Medicina08 3 di 7


Anatomia ANS34 – APPARATO DIGERENTE 1 (7giu2011)

La prima parte dell'esofago mostra all'interno un'andamento di fibre circolari, mentre quelle longitudinali
non iniziano immediatamente, iniziano con una forma a “V”. Lasciano un'area triangolare libera di fibre lon -
gitudinali, posta immediatamente dietro l'esofago. Quest'area viene chiamata triangolo di Laimer ed è un
punto debole della parete esofagea: vedremo che questo primo tratto corrisponde al restringimento fisiolo-
gico dell'esofago.

Spazi

Avevamo detto che si formavano degli spazi tra i costrittori, ora vediamo cosa troviamo in questi spazi. Il
primo spazio al di sopra del costrittore superiore troviamo il muscolo elevatore del velo palatino, la tuba
uditiva e l'arteria palatina ascendente (ramo della facciale). Nel secondo spazio posto tra il costrittore supe -
riore e il costrittore medio ci passa il muscolo stilofaringeo, il legamento stilojoideo e il nervo glossofarin -
geo (IX paio dei nervi cranici). Nello spazio tra il costrittore medio e il costrittore inferiore passa il nervo la -
ringeo interno (è un ramo del nervo laringeo superiore che si divide appunto in due rami interno e esterno):
questo entra nella membrana tirojoidea e innerva sensitivamente tutta la mucosa della laringe, fino alla
faccia superiore delle corde vocali comprese; inoltre in questo spazio abbiamo anche l'arteria e la vena la -
ringea superiore. L'ultimo spazio al di sotto del costrittore inferiore abbiamo un passaggio per il nervo larin -
geo ricorrente che sale su e poi si inserisce a livello dell'articolazione cricotiroidea, è dotato di fibre miste,
innerva sul piano motorio tutti muscoli della laringe ad eccezione del cricotiroideo, che è esterno, e sul pia -
no sensitivo la mucosa della laringe al di sotto delle corde vocali ma compresa la faccia inferiore di quest'ul-
tima. C'è anche un'arteria laringea inferiore che è un ramo della tiroidea inferiore, che proviene dal sistema
della succlavia.

Guardando posteriormente la faringe vediamo la zona di passaggio tra faringe ed esofago. C'è la ghiandola
tiroide che è una giandola molto importante sul piano endocrino, la quale è formata da due lobi a forma pi-
ramidale uniti da un ponte anteriore, posteriormente a questa si vedono le quattro ghiandole paratiroidi
che servono per il controllo della calcemia. A questo livello c'è il passaggio della muscolatura circolare e si
viene a formare il triangolo di Laimer. Il triangolo di Leimar è importante perchè come abbiamo già detto
forma un punto molto debole della parete posteriore dell'esofago e non solo, proprio a questo livello c'è un
restringimento fisiologico; con l'andar del tempo possono formarsi dei diverticoli dovuti alla pressione del

Autore: Sofia Bedini per Medicina08 4 di 7


Anatomia ANS34 – APPARATO DIGERENTE 1 (7giu2011)

cibo, che può spostare o comprimenre questa parete posteriormente, creando dei disturbi anche alle volte
importanti.

ESOFAGO

E' un tubo che continua la faringe, inizia a livello di C6, si trova dietro la trachea alla quale è agganciata tra -
mite connettivo; terminata la trachea si troverà poi al davanti del cuore, più precisamente dell'atrio sini -
stro, e a livello di T10 passa poi nell'addome. Generalmente viene suddiviso in tre parti:

1. parte cervicale: dietro la trachea, nel collo;

2. parte toracica: passa dietro all'atrio sinistro del cuore;

3. parte addominale: piuttosto breve.

Durante questo percorso presenta tre restringimenti fisiologici:

• a livello dell'origine, in vicinanza della cartilagine cricoide, restringimento più importante;

• a livello dell'arco dell'aorta, l'aorta facendo un arco si porta posteriormente e tende un po' a com -
primere l'esofago, soprattutto nelle situazioni di sistole;

Autore: Sofia Bedini per Medicina08 5 di 7


Anatomia ANS34 – APPARATO DIGERENTE 1 (7giu2011)

• a livello del diaframma, quando l'esofago passa nell'addome.

Alcuni autori pongono anche un quarto restringimento: sarebbe più o meno alla stessa altezza dell'arco del -
l'aorta, a livello del bronco principale di sinistra. E' importante sapere la distanza tra l'arcata dentaria e lo
stomaco, che è di circa 41 cm (serve per i sondini nasogastrici, ecc). La lunghezza dell'esofago è circa tra 26-
27 cm, può variare molto da individuo a individuo. L'esofago ha un andamento abbastanza retto, si porta un
po' verso sinistra nella sua parte terminale, entra nell'addome e si incrocia con l'aorta che è tra T12. Il cuore
naturalmente rimane al davanti; se ci sono delle carditi molto consistenti il cuore può comprimere l'esofa -
go, dando sintomatologie all'apparato digerente.

Vasi dell'esofago

Principalmente sono rami dell'aorta toracic,a i cosidetti rami esofagei; a livello addominale l'esofago riceve
dei rami che provengono dalle arterie gastriche, più precisamente la gastrica di sinistra, che irrorano l'ulti-
ma parte dell'esofago.

Drenaggio venoso dell'esofago

Si basa su uno schema: il cosidetto sistema dell'anastomosi porta-cava. In condizioni normali le vene che
drenano l'esofago nella parte toracica sono il sistema delle vene azygos; la parte addominale viene drenata
dalle vene gastriche che si gettano direttamente nella vena porta; ricordiamo che è un vaso venoso che rac -
coglie il sangue da tutto l'apparato digerente e dalla milza, e lo porta direttemente al fegato. La vena porta
è formata dall'unione di due vasi: la vena splenica e la vena mesenterica superiore. Se abbiamo una patolo -
gia che rende difficile il percorso del sangue a livello del fegato (cioè la vena porta porta il sangue al fegato
ma l'individuo ad esempio ha una cirrosi) ci sarà uno sconvolgimento della struttura vascolare, il sangue
non riuscirà più a defluire e incomincerà a portarsi a ritroso. Ciò a livello dell'esofago significa che le vene
gastriche che drenano il fegato cominceranno a percorrere posteriormente e porteranno il sangue verso il
sistema della azygos (quello che drenava l'esofago nella parte toracica). Queste vene dell'esofago che veni -
vano drenate nella parte toracica con il sistema della azygo,s con l'arrivo del sangue delle gastriche, si dila -
tano; queste non hanno una parete particolarmente resistente e sono piuttosto superficiali, per cui c'è un
ingrossamento delle vene, visibile con il gastroscopio: in un individuo che ha la cirrosi da tempo risultano
dilatate. Queste vene possono rompersi e ciò può essere una delle maggiori cause di morte dei pazienti con
cirrosi: rottura delle vene esofagee. Il sangue non potendo passare prende una via a ritroso: si dilatano le
vene gastriche, poi quelle esofagee che tornano nelle azygos, le quali si gettano nella cava superiore.

Drenaggio linfatico dell'apparato digerente

Nell'apparato digerente c'è un drenaggio abbondate di linfa da tutte le parti: il tutto viene convogliato at -
traverso una serie numerosa di linfonodi verso la cisterna chily, una grande camera piuttosto ampia dalla
quale parte il dotto toracico che decorre vicino allla colonna vertebrale, si porta verso l'alto e sbocca nel si -
stema venoso, nel cosidetto angolo venoso di sinistra, tra la giugulare interna di sinistra e la succlavia di si-
nistra. Il dotto toracico raccoglie la linfa da gran parte dell'apparato digerente, dalla parte sinistra del tora -
ce, dalla parte sinistra della testa e dall'arto superiore sinistro. Ci sono altre parti che sono drenate da un
piccolo dotto toracico secondario, detto dotto linfatico di destra, che sbocca nell'angolo venoso di destra,
cioè tra la giugulare interna di destra e la succlavia di destra. Questo raccoglie il sangue dalla parte destra
della testa, dal torace di destra e dall'arto superiore di destra. Tutto il resto è raccolto dal dotto toracico.
Qui parliamo di vie linfatiche profonde, quelle che abbiamo visto per la ghiandola mammaria erano vie lin -
fatiche di superficie; ma anche queste fluiscono in questi due sistemi. Le stazioni linfonodali sono molto ric -

Autore: Sofia Bedini per Medicina08 6 di 7


Anatomia ANS34 – APPARATO DIGERENTE 1 (7giu2011)

che anche a livello dell'aorta e delle mesenteriche, abbiamo linfonodi paraortici e quelli iliaci interni ed
esterni che stanno rispettivamente attorno all'arteria iliaca interna ed esterna.

PERITONEO

Prima di andare a vedere lo stomaco guardiamo il peritoneo perchè qui gioca un ruolo complesso. Lo sto-
maco è un organo intraperitoneale, dietro lo stomaco abbiamo la borsa omentale che separa lo stomaco
dal pancres, permette la dilatazione e i movimenti dello stomaco durante la digestione, la borsa omentale
arriva in alto fino all'area nuda del fegato, si porterà in basso e si troverà tra le due lamine che formano il
grande omento.

STOMACO

Lo stomaco viene
definito un organo
con la forma di una
“cornamusa”, una
sacca, con una
grande curvatura
posta verso sinistra
e una piccola cur-
vatura posta verso
destra. L'esofago si
inserisce con una
struttura valvolare
e vediamo che for-
ma un'incisura che
viene a separare
l'esofago dalla cu-
pola dello stoma-
co. La cupola viene
chiamata fondo.
L'area di sbocco
dello stomaco vie-
ne chiamata car-
dias. L'incisura si chiama incisura cardiale. Tra le due curve abbiamo piccola e grande curvatura. Tra le due
curve abbiamo la parte più estesa dello stomaco il corpo dello stomaco. A seguire, in basso abbiamo due
strutture: una si chiama antro pilorico che segue il corpo dello stomaco, e tra il corpo e l'antro pilorico ab-
biamo l'incisura angolare. A seguire all'antro pilorico abbiamo il canale pilorico e poi il piloro stesso, una
valvola posta tra stomaco e l'organo che lo segue, il duodeno. Nel fondo si porta l'aria che può essere elimi -
nata tramite eruttazioni. I limiti dello stomaco sono: il cardias che è a livello di T10 e il piloro che è a livello
di L1-L2 (può però abbassarsi durante la fase digestiva fino L4). I confini dello stomaco verranno ripresi nel -
la prossima lezione.

Autore: Sofia Bedini per Medicina08 7 di 7


ANATOMIA – “APPARATO DIGERENTE 2”

ID lezione ANS35 Modulo Splancnologia


Data lezione 8 giugno 2011
Autore Stefano Sbacco
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Stomaco: muscolatura, struttura, legamenti, vascolarizzazione, drenaggio lin-
Argomento
fatico, innervazione; i quadranti addominali.

STOMACO

Lo stomaco è un organo intraperitoneale la cui forma può variare molto durante la digestione. Origina a li -
vello di T10 e termina inferiormente col piloro, a livello di L1-L2 (alla stesso livello troviamo anche
l’ilo renale), anche se in fase digestiva può arrivare a L3-L4.

E’ posizionato a sinistra; anteriormente abbiamo il lobo sinistro del fegato che corrisponde all’area del pilo -
ro (lobo quadrato del fegato). Il lobo sinistro del fegato copre dunque anteriormente una parte dello sto -
maco; abbiamo poi sempre anteriormente la parete addominale, il margine sinistro delle coste, il diafram -
ma. Posteriormente troviamo la borsa omentale, il colon trasverso (mesocolon), il rene sinistro con la
ghiandola surrenale sinistra, l’arteria splenica e un contatto con la milza attraverso il legamento gastro-
splenico. L’arteria splenica gioca un ruolo importante per l’irrorazione dello stomaco.

La superficie interna dello stomaco mostra delle pliche sollevate, le pliche gastriche, le quali vanno dall’alto
verso il basso e delimitano strutture pianeggianti, le aree gastriche. Tutto ciò serve ad aumentare il contat-
to della parete dello stomaco col suo contenuto. Man mano che lo stomaco si distende, la quantità di pliche
diminuisce ma non scompare mai del tutto. Le pliche terminano a livello del piloro, valvola che fa passare
“a spruzzo” il contenuto dello stomaco nel duodeno. Ricordiamo che lo stomaco partecipa alla digestione,
ma non partecipa all’assorbimento; è sostanzialmente impermeabile con prevalenza di giunzioni tight tra le
cellule. Il vero assorbimento inizia nel duodeno.

MUSCOLATURA

Distinguiamo 3 strati muscolari:

1. longitudinale, è lo strato più esterno;

2. circolare, situato sotto lo strato longitudinale;

3. obliqua, posta sotto lo strato circolare, decorre dal confine tra cardias e fondo alla grande
curvatura.

L’organo ha grandi capacità di movimento ed è l’unico organo nell’apparato digerente con tre strati di cellu -
le muscolari.
Anatomia ANS35 – APPARATO DIGERENTE 2 (8giu2011)

STRUTTURA

La parte che segue


l’esofago prende il
nome di cardias e
forma con l’esofago
stesso un’angolo det-
to incisura cardiale
che continua col fon-
do dello stomaco. Sot-
to il fondo troviamo il
corpo dello stomaco
che forma due curva-
ture, la grande curva-
tura a sinistra e la pic-
cola curvatura a de-
stra. Segue al corpo
l’antro pilorico, il ca-
nale pilorico e infine
lo sfintere pilorico
(in alcuni testi chia-
mato semplicemente
piloro). Corpo e antro
pilorico formano su-
periormente l’incisura
angolare e inferiormente raggiungono il punto più basso dello stomaco.

LEGAMENTI

Lo stomaco è un organo intraperitoneale ed è posto tra il grande omento ed il piccolo omento. Il piccolo
omento unisce lo stomaco e in parte anche il duodeno al fegato, il grande omento va dallo stomaco al co -
lon.

Il piccolo omento risulta diviso in due parti:

• legamento gastroepatico (o epatogastrico), tra fegato e stomaco;

• legamento epatoduodenale, tra fegato e duodeno.

Il piccolo omento si inserisce a livello dell’ilo del fegato e sul legamento venoso.

Dall’altra parte a livello della grande curvatura abbiamo invece il grande omento, che scende verso il basso,
poi si piega e risale verso il colon trasverso, e scendendo ricopre le anse dell’intestino tenue che vedremo
successivamente. Dietro al piccolo omento, in particolare dietro al legamento epatoduodenale, si trova l’in -
gresso della borsa omentale: il forame epiploico (o di Winslow). La borsa omentale si trova dietro lo stoma-
co, raggiunge superiormente il fegato con il recesso superiore arrivando fino alla cosiddetta area nuda del
fegato. Inferiormente la borsa omentale arriva a livello del colon trasverso. A questo livello le due doppie

Autore: Stefano Sbacco per Medicina08 2 di 5


Anatomia ANS35 – APPARATO DIGERENTE 2 (8giu2011)

lamine di peritoneo che formano la borsa omentale si trovano vicine tra loro nel bambino, ma con lo svilup -
po queste si uniranno per formare una struttura unica.

Nel legamento epatoduenale passano 3 strutture:

• arteria epatica;

• dotto coledoco (porta la bile dal fegato al duodeno);

• vena porta.

Dunque all’entrata del forame di Winslow, al davanti abbiamo il legamento epatoduenale, posteriormente
abbiamo la vena cava inferiore. L’aorta (in una sezione della parte iniziale dell’addome) è posizionata netta -
mente al davanti della colonna vertebrale e esattamente dietro al pancreas. Entrambi, vena cava inferiore e
aorta, sono retro peritoneali. In una sezione di questo tipo è interessante anche osservare la milza, organo
intraperitoneale; alla milza arriva la vena lienale che decorre dietro al pancreas.

Tra stomaco e milza abbiamo il legamento gastrolienale, che ha da un lato il peritoneo che circonda lo sto -
maco, dall’altro la borsa omentale. Questo legamento permetterà il passaggio di alcune arterie che vanno
allo stomaco, provenienti dall’arteria lienale, ramo del tripode celiaco. L’arteria lienale decorre dietro al
pancreas e irrora la milza, dopo aver inviato dei rami che irrorano lo stomaco.

Il peritoneo venendo dallo stomaco, prima di andare a circondare la milza, forma una doppia lamina con la
borsa omentale. Questa doppia lamina è uno dei legamenti dello stomaco ed è chiamato gastro-splenico.
In questo legamento decorre un ramo dell’arteria splenica in direzione dello stomaco. Questo legamento in
realtà sarebbe il terzo tipo di omento (gli omenti sono infatti quei legamenti che uniscono lo stomaco agli
organi circostanti).

Piccolo omento → stomaco-fegato


Grande omento → stomaco-colon
Legamento gastro –splenico (o terzo omento) → stomaco-milza

C’è poi un ulteriore legamento, il frenico-lienale, tra il rene e la milza. In questo legamento decorre l’arteria
splenica e la vena splenica.

VASCOLARIZZAZIONE

Lo stomaco è irrorato dai rami del tronco celiaco e dall’arteria mesenterica superiore.

Dal tronco celiaco parte l’arteria lienale (o splenica) che decorre posteriormente allo stomaco e si porta
verso la milza, ma poco prima di entrare nella milza, un suo ramo entra nel legamento gastrolienale. Tale
arteria darà due rami:

• arterie gastriche brevi che, portandosi verso l’alto, irrorano il fondo dello stomaco;

• arteria gastroepiploica sinistra, che irrora gran parte della grande curvatura per poi anastomizzarsi
con la gastroepiploica di destra.

Sempre dal tronco celiaco parte l’arteria gastrica sinistra che irrora l’ultima parte dell’esofago (mediante
appositi rami esofagei), il cardias e, dopo essersi ripiegata, la piccola curvatura. A livello della piccola curva-
Autore: Stefano Sbacco per Medicina08 3 di 5
Anatomia ANS35 – APPARATO DIGERENTE 2 (8giu2011)

tura si anastomizza con l’artertia gastrica destra (ramo dell’arteria epatica comune); entrambi questi vasi
sono contenuti nel legamento epatogastrico. La piccola curvatura è dunque irrorata, nel complesso, dalle
arterie gastriche destra e sinistra, che decorrono in mezzo alle due lamine che formano il legamento epato -
gastrico, parte del piccolo omento.

L’arteria gastroduodenale, provieniente sempre dall’epatica, si contraddistingue per avere un diame-


tro notevole, ma una parete non troppo spessa. Tale arteria scende molto attaccata dietro il duodeno (la
prima parte,che prende il nome di bulbo duodenale) e si dividerà in due rami:

• arteria gastroepiploica destra, che decorre lungo la grande curvatura dello stomaco e terminerà
anastomizzandosi con la gastroepiploica di sinistra (che provenica dalla gastrolienale). Tale anasto-
mosi è racchiusa nelle due lamine peritoneali che formano il grande omento;

• arteria pancreatico-duodenale superiore ed inferiore.

La sottile parete dell’arteria gastroduodenale può essere interessata da possibili ulcere del duodeno,essen -
do le due pareti, quella del vaso e quella del duodeno, molto attaccate. Si può avere così perforazione del -
l’arteria e conseguente grave emorragia interna.

Le arterie pancreatico-duodenali superiori sono due, una anteriore e una posteriore. Irrorano il pancreas e
si collegano con la mesenterica superiore. Dunque è possibile far arrivare il sangue alla gastroepiploica di
destra anche se ci fosse una resezione della gastroduodenale, arrivando il sangue anche dalla mesenterica
superiore.

Le vene dello stomaco vanno direttamente nella vena porta e solitamente decorrono parallele alle corri -
spondenti arterie.

DRENAGGIO LINFATICO

Si basa su stazioni linfonodali presenti a livello della milza, lungo la grande curvatura e lungo la piccola cur -
vatura. Generalmente la linfa da queste stazioni viene drenata in un grande numero di linfonodi che stanno
intorno al tronco celiaco, immersi nell’abbondante tessuto adiposo. Da questi partono 2 vie:

• verso i linfonodi del fegato;

• verso la cisterna chyli.

INNERVAZIONE

Gli organi dell’apparato digerente sono a doppia innervazione, sotto l’influenza del parasimpatico e dell’or -
tosimpatico.

Nello stomaco il parasimpatico ha un’azione eccitatoria, stimola la produzione di HCl e di tutti i succhi ga -
strici e stimola la motilità gastrica. Esattamente l’opposto fa l’ortosimpatico.

Il vago destro e sinistro scendono nell’addome, ai lati dell’esofago, fino ad entrare nell’addome dove il vago
di destra innerverà la parete posteriore dello stomaco, mentre quello di sinistra la parete anteriore. Una di -

Autore: Stefano Sbacco per Medicina08 4 di 5


Anatomia ANS35 – APPARATO DIGERENTE 2 (8giu2011)

ramazione importante del vago innerva l’atro pilorico fino alla valvola del piloro, presente sia nella parete
anteriore che posteriore.

I QUADRANTI ADDOMINALI

Due linee, dette emiclaveari, che partono dalla metà della clavi-
cola e scendono giù perpendicolarmente, servono a dividere
l’addome in 9 parti precise:

Regione centrale

Il piano sottocostale permette di delimitare superiormente la


regione epigastrica,al di sotto della quale troviamo la regione
ombelicale. Il piano trans-tubercolare (il riferimento è ai tuber-
coli di ciascuna cresta iliaca) delimita, sotto alla regione ombeli-
cale, la regione ipogastrica.

Regioni laterali

Analogamente, ai lati delle linee emiclaveari abbiamo dall’alto


verso il basso la regione ipocondriaca sinistra e destra. La regio-
ne lombare destra e sinistra e la regione inguinale desta e sini-
stra.

La regione epigastrica naturalmente ha a che fare con lo stomaco il quale si trova in parte anche nella regio -
ne ipocondriaca di sinistra.

Autore: Stefano Sbacco per Medicina08 5 di 5


ANATOMIA – “APPARATO DIGERENTE 3”

ID lezione ANS36 Modulo Splancnologia


Data lezione 9 giugno 2011
Autore Giulia Mariotti
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Argomento Mesenteri, intestino tenue

Il legamento gastrocolico fa parte del piccolo omento. Abbiamo una parete inferiore che presenta il colon
trasverso e un recesso inferiore della borsa omentale. Nella parete posteriore abbiamo il pancreas, l’aorta,
il tronco celiaco, arteria e vena lienali, surrene sx e polo renale sx superiore. Superiormente abbiamo il fe -
gato con il lobo caudato. La parete laterale sinistra presenta la milza e il legamento gastrolienale; la laterale
destra fegato e duodeno. Vediamo ora i legamenti che abbiamo già descritto:

• gastrofrenico: sarebbe il peritoneo che si porta in alto per inserirsi sul diaframma;

• gastrolienale: legamento con la milza, ci passano dei vasi importanti e sarebbe il terzo omento;

• grande omento: legamento con il colon;

• piccolo omento di cui fa parte il…

• … legamento gastroepatico che unisce lo stomaco al fegato, più precisamente all’ilo.

Sollevato lo stomaco si osserva il pancreas che è rivestito dal peritoneo parietale. Questa struttura è il me-
socolon che va dal bordo inferiore del pancreas verso il colon trasverso.

INTESTINO TENUE

Passiamo ora all’intestino tenue che è laddove avviene sia la digestione che l’assorbimento di importanti
sostanze. Segue lo stomaco ed è lunga 5-6 metri; il crasso è lungo circa 1,5 m. E’ costituito dal duodeno (20-
30 cm), digiuno (2/5 superiori del tenue mesenteriale, ovvero la parte intraperitoneale; il duodeno ha solo il
bulbo intraperitoneale, per la maggior parte è retro peritoneale), ileo (3/5 inferiori del tenue mesenteriale).

DUODENO

Il duodeno forma una “C” duodenale; è composto da un bulbo, l’unica parte intraperitoneale, collegato al
fegato tramite il legamento epatoduodenale. Dopo il bulbo c’è una parte discendente importante per la di -
gestione, poi c’è una parte orizzontale e una parte ascendente. Infine si forma un angolo, il cosiddetto an -
golo di Treitz, che segna l’inizio del digiuno. Questa “C” duodenale circonda la testa del pancreas (diviso in
testa, corpo e coda) e questa vicinanza delle due strutture indica che c’è un’importante relazione tra pan -
creas e digiuno. Il bulbo è lungo circa 4 cm e inizia dopo il piloro, è quindi piuttosto breve. Siamo all’altezza
di L1 e ricordiamo che è intraperitoneale. Dopo il bulbo si forma la flessura duodenale superiore. Il lega -
mento epatoduodenale unisce il duodeno al fegato e contiene vena porta, vena epatica e dotto coledoco. Il
bulbo duodenale è in contatto con:
Anatomia ANS36 – APPARATO DIGERENTE 3 (9giu2011)

• lobo dx del fegato;

• collo della cistifellea;

• dotto coledoco;

• vena porta;

• arteria gastroduodenale.

La cistifellea è un piccolo sacco che raccoglie la bile nelle pause interdigestive; la bile si concentra nella cisti -
fellea. La bile è un succo molto importante nella digestione dei grassi. La parete della cistifellea è in grado di
contrarsi e di svuotare la bile nel coledoco. Il coledoco si porta dietro il duodeno per poi sboccare nella par -
te discendente del duodeno.

Parte discendente

Vediamo ora la parte discendente del duodeno che è lunga circa 10 cm e scende fino a L3-L4. E’ secondaria-
mente retro peritoneale. Cioè all’inizio è intraperitoneale, poi diventa retro peritoneale. E’ in contatto con il
pancreas e c’è lo sbocco delle vie biliari e del dotto pancreatico principale. Il pancreas ha funzione sia endo -
crina che esocrina; produce ormoni che regolano la glicemia e produce enzimi importanti per la digestione.
E’ costituito da un dotto pancreatico principale che porta i proenzimi nel duodeno stesso e a questo livello
si ha l’azione enzimatica. Per quanto riguarda il rapporto con il fegato, come sappiamo questo produce la
bile che attraverso il coledoco giunge alla parte discendente del duodeno. A livello del coledoco abbiamo
un allargamento che va a formare la papilla di Vater dove si getta anche il dotto di Wirsung, ovvero il dotto
pancreatico principale. Posteriormente il duodeno ha a che fare con il rene dx e il surrene dx (e l’abbiamo
visto quando abbiamo fatto le proiezioni renali); questo è a livello dell’ilo renale dx.

Il dotto di Wirsung raccoglie tutti i prodotti del pancreas esocrino: inizia dalla coda e si porta verso la testa e
a livello della testa sbocca nel duodeno discendente. Quello che è interessante è che la parte endocrina del
pancreas è sparsa (isolotti) ed è più consistente nel corpo e nella coda. Questi isolotti pancreatici sono per -
corsi come tutte le zone endocrine da capillari: gli ormoni vengono riversati nei capillari (insulina, glucagone
e somatostatina che ha funzione regolatrice). Il sangue che passa attraverso le isole irrora poi anche la zona
esocrina e questi ormoni possono quindi agire anche sulla zona esocrina. La papilla di Vater ha un’abbon -
dante muscolatura per cui è probabile che in alcune situazioni si chiude o si rilascia. Il pancreas è un organo
a forma di “martello”,
uncinato, e ha appunto
un processo uncinato
attraversato dai vasi
mesenterici (arteria e
vena mesenterica) che si
porteranno inferior-
mente passando davanti
alla parte orizzontale
del duodeno. Questi
vasi entrano nel mesen-
tere e irroreranno le
anse mesenteriche. Ol-
tre al dotto pancreatico
Autore: Giulia Mariotti per Medicina08 2 di 4
Anatomia ANS36 – APPARATO DIGERENTE 3 (9giu2011)

principale c’è un altro dotto che raccoglie soprattutto il prodotto del processo uncinato che si porta verso
l’alto e sbocca un po’ più in alto dell’ampolla di Vader: apparato accessorio del Santorini.

VENA PORTA

Dobbiamo vedere come si forma la vena porta. La vena lienale, cioè quella che raccoglie il sangue dalla mil-
za si porta dietro al pancreas. Portandosi dietro al pancreas raccoglie la vena mesenterica inferiore che a
sua volta raccoglie il sangue dall’intestino crasso. Se continuiamo il percorso si unisce anche la vena mesen -
terica superiore. Da questo momento parliamo di vena porta che porta il sangue al fegato. Quindi si forma
dall’unione della mesenterica superiore con la vena splenica. La mesenterica superiore raccoglie il sangue
dall’intestino tenue, soprattutto da quello mesenteriale, è ricca di sostanze assorbite. Siccome la milza ha
funzione di demolizione degli eritrociti, le sostanze derivanti da questo processo vengono portate al fegato
per essere rielaborate o immagazzinate.

Parte orizzontale

Parte orizzontale del duodeno: lunga circa 8 cm. Inizia alla flessura duodenale inferiore. Davanti ci sono ar-
teria e vena mesenterica superiore. Posteriormente c’è la vena cava. Superiormente abbiamo la testa del
pancreas e inferiormente le anse digiunali.

Parte ascendente

Parte ascendente del duodeno: lunga 5 cm. Raggiunge la flessura duodeno digiunale (L1-L2) dove inizia il di -
giuno che è intraperitoneale. Dorsalmente c’è l’aorta.

Che percorso fa l’arteria mesenterica superiore per raggiungere i mesenteri? Parte dall’aorta addominale,
passa dietro al corpo del pancreas, si inserisce tra la testa e il processo uncinato del pancreas, scende, passa
davanti al duodeno orizzontale e si inserisce nel mesentere.

La vena lienale o splenica passa dietro il pancreas e si unisce alla vena mesenterica superiore. Nella vena
porta sboccano le vene gastriche. L’inserzione del coledoco nella testa del pancreas non è sempre una rego-
la ma è interessante perché ci fa capire come nel tumore della testa del pancreas uno dei primi sintomi è
l’itterizia, dovuta alla compressione del coledoco.

Esiste un muscolo sospensore del duodeno che forma una “x” e va ad agganciarsi nel punto in cui l’ascen -
dente passa con il digiuno.

DIGIUNO

Il digiuno prende il suo nome dal fatto che gli anatomici quando andavano a fare una dissezione lo trovava -
no pressoché vuoto; questo perché avendo una muscolatura piuttosto consistente, il transito in questo
punto è particolarmente veloce. Non c’è un confine netto tra digiuno e ileo. Generalmente il digiuno è so -
praombelicale a sx e il resto delle anse appartengono all’ileo.

Per poter osservare l’intestino tenue si deve innanzitutto sollevare il grande omento. Le anse intestinali
sono rivestite da peritoneo. Per vedere come è allacciato l’intestino al peritoneo, si spostano le anse a de-
stra ed è visibile la radice del peritoneo. Se l’intestino tenue fosse un “tubo” avvolto da mesentere, per iso -
larlo bisogna tagliare e sarebbe visibile anche il mesentere con i vasi. Esistono due parti del peritoneo parie -
Autore: Giulia Mariotti per Medicina08 3 di 4
Anatomia ANS36 – APPARATO DIGERENTE 3 (9giu2011)

tale che giunte ad un certo livello formano il mesentere. Tra queste anse ci sarà l’arteria mesenterica supe -
riore che manda una serie di arcate molto ampie che diventano più frequenti inferiormente. La mesenterica
superiore manda anche rami a destra con arcate più grandi che andranno ad irrorare il crasso. Nel digiuno
le anse sono più distanti le une dalle altre e nell’ileo le arcate sono più numerose. Perché esistono queste
arcate? Perché essendoci una continua motilità nella peristalsi, questi vasi possono chiudersi, ma appena si
riallenta la muscolatura il sangue riprende il transito. Serve quindi all’ottimale ossigenazione.

Autore: Giulia Mariotti per Medicina08 4 di 4


ANATOMIA – “APPARATO DIGERENTE 4”

ID lezione ANS37 Modulo Splancnologia


Data lezione 13 giugno 2011
Autore Elisa Montrone
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Drenaggio linfatico dell'intestino tenue, intestino crasso, circolazione del co-
Argomento
lon, appendice vermiforme

Nella scorsa lezione, si è parlato dell'ileo, che presenta arcate anastomotiche molto frequenti ma brevi, a
differenza di quelle del digiuno, che sono invece molto più consistenti ma poco numerose. Questo spiega an-
che il motivo per cui nell’ultima parte dell’ileo, il transito è molto più lento che nel digiuno: rappresenta i 3/5
dell’intestino tenue, è più esteso del digiuno ed è soggetto a peristalsi maggiori. Ciò è dovuto alla presenza
di queste arcate più frequenti, che permettono una contrazione e una distensione maggiore.

Anche la mesenterica superiore, vaso che irrora digiuno e ileo, manda anse alla parte sinistra; mentre dalla
parte destra sono visibili anse molto più grandi, uniche, che servono principalmente per irrorare l'intestino
crasso, non il tenue (irrorano il cieco, il colon ascendente, il trasverso). Ci sarà poi anche una grande arcata
che mette in comunicazione la mesenterica superiore con quella interna. Questo concetto verrà spiegato
successivamente nell’ambito dell’irrorazione dell'intestino crasso.

Drenaggio linfatico dell'intestino tenue

Per quello che riguarda il drenaggio linfatico dell'intestino tenue, c'è un gran numero di linfonodi, che ren -
dono quest’ultimo molto complesso. Essi portano a stazioni linfonoidali situati nei pressi della mesenterica
superiore. È bene ricordare anche che a livello del pancreas, dove l'arteria e la vena passano davanti al pro -
cesso uncinato e dietro la testa, ci sono molti linfonodi: si è notato che, asportandoli durante gli interventi
chirurgici, si aveva una maggiore sopravvivenza. Questa tecnica è stata messa però in discussione a causa di
disturbi collaterali nei pazienti. La mesenterica superiore è ricca di linfonodi nelle sue vicinanze, come an-
che in tutto il mesentere: possiamo dunque parlare di nodi linfatici mesenterici. Tutto viene portato al
tronco intestinale linfatico, per poi raggiungere la cisterna chyli e infine il dotto toracico.

È quindi un drenaggio ricco di numerose stazioni linfonoidali, proprio grazie ai cosiddetti nodi linfatici me -
senterici.

INTESTINO CRASSO

Proseguiamo ora nell’analizzare l'intestino crasso, lungo circa 1,5 metri. Si compone di:

• cieco, lungo 7,5 cm;

• un'appendice, lunga 8-10 cm (variabile nella sua lunghezza). In questa regione non ci sono tenie
(strutture di muscolatura liscia);

• colon ascendente, lungo 12-20 cm;

• colon trasverso, lungo 45 cm;


Anatomia ANS37 – APPARATO DIGERENTE 4 (13giu2011)

• colon discendente, lungo 22-30 cm;

• sigmoideo, con una lunghezza media di


35 cm;

• retto, lungo 12 cm.

Alcuni testi, riuniscono nel retto sia il retto vero


e proprio sia il canale anale, con una lunghezza
complessiva di 15 cm. Possiamo tuttavia anche
separarlo: il retto lungo 12 cm e il canale anale
lungo 4 cm . Anche in questa regione non sono
presenti tenie.

L'intestino crasso, accoglie le sostanze che non


possono essere più facilmente assorbite, poi di-
strutte dai germi qui presenti. C'è un forte riassorbimento di acqua e sali minerali. Le feci giungono al crasso
in condizioni semiliquide, avendo dapprima percorso l’ileo. Dal crasso al retto si compattano, con un forte
riassorbimento di acqua e di vitamine idrosolubili (quelle liposolubili le abbiamo già assorbite a livello del
tenue). Inoltre, sono stati fatti studi sul tempo ideale di permanenza delle feci nel colon dato che i tumori
del colon e retto sono i più frequenti nel mondo occidentale; negli anni '50 degli scienziati belgi si sono re -
cati in Africa per studiare, sulle popolazioni limitrofe, il tempo di permanenza delle feci nel colon, che era di
circa 24 ore. Da questo studio si è compreso che alimenti come crusca e pane integrale trattengono acqua,
che non viene riassorbita del tutto. Le feci aumentano di volume, ma sono più morbide. L'aumento di volu -
me stimola la contrazione del colon e un passaggio più rapido attraverso esso. Quindi il mantenimento di
acqua rende le feci meno consistenti.

Struttura del crasso

I villi sono assenti in tutto il crasso, presenti invece nel tenue. Dalla valvola ileocecale in poi mancano e, per
facilitare il transito delle feci attraverso il colon, aumentano le cellule a muco.

La muscolatura del colon e del crasso può variare: c'è una muscolatura circolare completa internamente e
una longitudinale scarsa e addensata in tre strutture longilinee, le tenie. Esse sono intese come addensa-
menti di muscolatura liscia longitudinale. La prima è la tenia libera, seguita dalla mesocolica e dalla omen-
tale, situata dapprima dietro e poi anteriormente. La muscolatura liscia è fortemente ridotta nel crasso, le
tenie sono assenti nell'appendice, che è intra-peritoneale. L’appendice si getta nel cieco ed è avvolta da
una mesoappendix, una doppia lamina peritoneale nella quale decorre l'arteria appendicolare. In seguito,
la muscolatura circolare e longitudinale tornano ad essere complete a livello del retto poiché l'ampolla ret -
tale deve svuotarsi verso l'esterno.

Le tenie, mostrano delle appendici epiploiche, estroflessioni della sotto-sierosa, molto ricche di connettivo
adiposo. Sono scarse e quasi inesistenti a livello del cieco ma sono presenti per tutto il colon, che è dotato
di strutture sacciformi, le gibbosità; ci sono delle pieghe semilunari tra una e l'altra gibbosità. Il discendente
e il sigmoideo sono ricoperti invece dalle anse del tenue.

Autore: Elisa Montrone per Medicina08 2 di 5


Anatomia ANS37 – APPARATO DIGERENTE 4 (13giu2011)

Rapporti con il peritoneo

Il crasso inizia con la valvola ileocecale, che facilita il passaggio dall'ileo al cieco e impedisce il reflusso delle
feci. Il cieco è caratterizzato anche dalla presenza dell'appendice vermiforme. La sezione ascendente, de-
corre fino al limite inferiore del fegato e determina la flessura colica destra, è retro peritoneale. Segue il co -
lon trasverso che giunge fino alla flessura colica di sinistra, a livello del polo inferiore della milza ed è intra -
peritoneale. Il colon discendente decorre lungo la parete addominale di sinistra, ricoperta dalle anse del te -
nue; è retro peritoneale. La parte sigmoidea è intraperitoneale, il retto è in parte retro peritoneale e in par -
te extra peritoneale.

Il peritoneo che ricopre gli organi retro peritoneali, è sempre parietale. Quello viscerale è quello che circon-
da gli organi. L’unione di questo peritoneo con quello che viene dal pancreas forma una doppia lamina che
darà origine al mesocolon. Il sigmoideo, intraperitoneale, è avvolto da una doppia lamina, il mesosigma.

Il legamento frenico colico, unisce la flessura colica di sinistra al pavimento della milza. Vediamo come si
comporta il peritoneo. Il peritoneo scende, forma un'ansa e si riporta in avanti. Ci sono due aree per il colon
sinistro e due per il destro; quindi abbiamo 4 aree nelle quali si viene a formare una piega peritoneale a
fondo cieco. Sia l'ascendente che il discendente sono retro peritoneali e lasciano solo uno spazio libero in
posizione posteriore non rivestito dal peritoneo. Nelle restanti parti sono rivestiti dal peritoneo. Queste
strutture a fondo cieco si chiamano docce paracoliche, una laterale e una mediale per il colon discendente.
La stessa cosa avviene per l'ascendente: abbiamo una laterale e una mediale. Le docce fanno parte di reces -
si peritoneali e sono dovute al comportamento del peritoneo intorno al colon ascendente e discendente.
Queste parti del peritoneo, si portano in avanti, abbandonano la muscolatura e vanno a formare il mesen -
tere del piccolo intestino, avvolgendo l'ileo e tutte le anse dell'intestino tenue.

Rispetto al cieco, il peritoneo ha un comportamento molto variabile, da individuo a individuo. Ci sono diffe -
renti possibilità:

• cieco fisso, se aderisce alla fascia del muscolo iliaco. È retro peritoneale;

• cieco mobile, se c'è poca continuità tra il peritoneo viscerale del cieco e quello parietale. Il cieco
mobile è in questo caso intraperitoneale;

• cieco libero, quando è presente il mesocieco.

CIRCOLAZIONE DEL COLON

Il vaso che irrora il colon è l'arteria mesenterica superiore. I principali rami che riguardano il crasso sono:

• arteria ileocolica (che invia rami anche al tenue), manda un ramo, l'arteria appendicolare, per l'ap-
pendice e dei rami per il cieco, per l'ultima parte dell'ileo e per il colon;

• arteria colica destra, ramo della mesenterica superiore, irrora il colon ascendente;

• arteria colica media, si porta in alto verso il trasverso e irrora i 2/3 di esso, si avvicina alla flessura
colica di sinistra e forma un'anastomosi molto ampia con un ramo che proviene dalla mesenterica
inferiore, la colica di sinistra. Essa sale poi verso l'alto e forma un'arcata anastomotica con la colica
media. L'arcata è coinvolta nell'irrorazione dell'ultima parte del trasverso, della flessura colica di si -
nistra e dell'inizio del colon discendente. Prende il nome di arcata di Riolano, ampia a livello della
Autore: Elisa Montrone per Medicina08 3 di 5
Anatomia ANS37 – APPARATO DIGERENTE 4 (13giu2011)

flessura colica di sinistra. È un’anastomosi importante sul piano chirurgico perché permette di
asportare parti del colon, mantenendo l'irrorazione nelle restanti zone.

La mesenterica inferiore, grazie alla colica di sinistra irrora una parte del colon discendente e invia anche al-
tri rami per il colon sigmoideo e il retto. Quindi la mesenterica inferiore ha a che fare con il colon, sigma e
retto. La doppia lamina di peritoneo, nei pressi dell’appendice, forma la meso-appendice; qui si creano due
cavità, la fossa ileocecale superiore e la fossa ileocecale inferiore, date da due pieghe: la piega vascolare e
la piega avascolare, priva di vasi. A queste segue una fossa retrocecale, in cui molte volte è situata l'appen-
dice.

APPENDICE VERMIFORME

Quando il chirurgo interviene per individuare l'appendice, poiché e presente nella fossa retro-cecale e infe -
riormente al cieco, deve mobilizzare il cieco. Ciò è facilitato quando c'è il cieco libero, in altri casi bisogna
staccarlo alla fascia dell'iliaco, se aderisce ad esso. Il punto in cui l'ileo sbocca nel cieco, si trova al davanti
della tenia mesocolica, che è interna e rivolta medialmente. Con la colonscopia totale possiamo arrivare
fino alla prima parte dell'ileo, quindi possiamo controllare tutto, compresa la valvola ileocecale.

Ci sono numerosi linfonodi a livello dell’appendice. L'appendice è un organo linfatico, con una grossa massa
di follicoli linfatici. Ha una doppia muscolatura consistente, utile per il suo svuotamento, sia circolare che
longitudinale, ma è priva di tenie. É un organo che ha un'arteria e una vena. Una sua infiammazione, detta
appendicite, qualora interessi anche l'arteria appendicolare (se batteri o sostanze infiammatorie arrivano a
contatto con l’arteria), potrebbe comportare un trombo dell'arteria: in questi casi l'appendice va in necrosi.
Quindi non solo si determinerà una peritonite, ma avremo anche una conseguente necrosi. Situazioni in -
fiammatorie, spesso vengono superate perché l'appendice è ricchissima di strutture linfatiche e si difende
molto bene.

Lo sbocco dell'ileo nel cieco segna il confine tra cieco e colon ascendente. La valvola ha la forma di una lo -
sanga ed è attiva. Nel 70 % dei casi l'appendice si trova in posizione retrocecale, nei 5% è preileare o retroi -
leare, oppure in posizione subcecale nel 20 %dei casi. Le tre tenie si uniscono a livello del cieco. Per indivi-
duare l'appendice, il chirurgo segue col dito la tenia libera: quando essa termina incontra l’appendice sul
cieco. C'è una linea tra la spina iliaca anterosuperiore e l'ombelico (tra il primo terzo più esterno e gli altri
due terzi più interni), che fa individuare l'appendice. È il punto di Mcburney. Se si sospetta un'appendicite,
analizzando l’esame del sangue, si va a guardare un eventuale aumento dei linfociti neutrofili (aumentano
sempre in situazioni infiammatorie).

I diverticoli

Giungendo nel sigma, dove le feci iniziano a prendere una consistenza, la compressione di esse, opera su
una muscolatura debole, priva di componente longitudinale. Quindi abbiamo una parete debole che com-
prime le feci, invece abbastanza rigide. Ciò comporta la formazione dei diverticoli del colon, frequenti con
l'avanzare dell'età, quando tutte le strutture tendono ad essere meno efficienti. I vasi per arrivare alla mu-
cosa, devono attraversare la muscolatura circolare, creando punti di minore resistenza; inoltre, non esisten -
do la longitudinale, se non nei pressi delle tenie, la mucosa si estroflette vicino al vaso che arriva e può in -
fiammarsi: si parla di diverticolite.

Autore: Elisa Montrone per Medicina08 4 di 5


Anatomia ANS37 – APPARATO DIGERENTE 4 (13giu2011)

Un paziente, aveva un diverticolo: i batteri sono passati alla vena mesenterica inferiore, che va nella spleni -
ca, poi nella porta. Quindi un coagulo di batteri è partito dal sigma, si è diretto nella splenica, poi nella por -
ta e si è creata una grave infiammazione al fegato. I medici, inizialmente, non capivano come mai avesse sia
problemi peritoneali sia epatici.

Autore: Elisa Montrone per Medicina08 5 di 5


ANATOMIA – “APPARATO DIGERENTE 5”

ID lezione ANS38 Modulo Splancnologia


Data lezione 14 giugno 2011
Autore Roberta Amenini
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Argomento Intestino crasso, retto, canale anale, fegato.

Recessi del peritoneo e flusso dei liquidi nella cavità peritoneale

I recessi peritoneali sono spazi che si creano tra organi e tessuti in cui i liquidi dell'addome possono porsi.
Il peritoneo che avvolge il fegato si riflette e si continua con il foglietto parietale al di sotto il diaframma
stesso, creando una zona non rivestita da peritoneo: la cosiddetta area nuda. Lo spazio invece rivestito dal
peritoneo e che si trova tra diaframma e fegato, si chiama recesso sub frenico (detto anche epatofrenico
anche se poco usato), mentre lo spazio compreso tra fegato (intraperitoneale) e rene (retro peritoneale) è
chiamato recesso epatorenale.

Il mesocolon tradizionalmente divide l’addome in due parti: uno spazio sopra mesocolico e uno spazio sot-
to mesocolico. Considerando appunto lo spazio sopra mesocolico e sotto mesocolico andiamo dunque a ve-
dere il comportamento dei liquidi.

• Nello spazio sovramesocolico essi hanno 2 possibilità: nel lato destro abbiamo il legamento falci-
forme (legamento che unisce il fegato portandosi in avanti alla parete addominale anteriore); i li -
quidi in tale zona si muovono nello spazio delimitato dal legamento falciforme e giungono fino al
basso bacino. La stessa cosa non avviene nel lato sinistro dove i liquidi si fermano in prossimità del
mesocolon trasverso che presenta un legamento a livello della flessura colica di sinistra e che for -
ma il pavimento della doccia della milza.

• Nello spazio sottomesocolico, i liquidi che si fermano nello spazio che va dalla radice del mesentere
fino al colon ascendente, sono intrappola-
ti in una struttura costituita dal mesente-
re, dalla doccia parietocolica mediana e
dal colon ascendente (possono solo anda-
re su e giù in tale struttura senza possibili-
tà di muoversi diversamente). I liquidi in-
vece racchiusi dal mesentere e dal colon
discendente hanno anche la possibilità di
portarsi in basso.

Se il corpo del paziente si pone più sdraiato i li-


quidi si possono portare fino allo spazio sub freni-
co (tra fegato e diaframma) nel lato destro, men-
tre nel lato sinistro rimangono più bloccati dalla
presenza del legamento frenico colico.
Anatomia ANS38 – APPARATO DIGERENTE 5 (14giu2011)

INTESTINO CRASSO

INTESTINO RETTO

Continuando lo studio del crasso passiamo dal sigma al retto. Esso inizia a livello di S3 e ha un'altezza di 15
cm comprendendo lo spazio da S3 fino al canale anale. Il retto è tutto fuorché retto; anzitutto prendendo
una sezione sul piano sagittale si può vedere un andamento sinuoso creato da due flessure: la flessura sa-
crale con convessità rivolta posteriormente (il retto è molto aderente al sacro) e la flessura perineale. A tali
flessure segue poi il canale anale.

Il peritoneo pone il retto nella sua prima parte in posizione retro peritoneale. Qua troviamo la fossa para-
rettale (in realtà la ritroviamo anche nell’ ultima parte del sigma) attraversata anche dall’ uretere. Tale fos -
sa è delimitata dalla piega vescico sacrale. La prima porzione del retto (quella più estesa) è costituita dal-
l'ampolla del retto, struttura che può dilatarsi per contenere le feci. Nell'ultima parte della flessura sacrale
al confine con la flessura perineale, parte non rivestita da peritoneo, abbiamo poi quella parte del retto che
corrisponde nell’uomo al trigono vescicale (struttura liscia compresa tra gli ureteri all’interno della vescica,
che rimane sempre distesa, in qualunque condizione di funzionalità), mentre nella donna corrisponde in
gran parte alla vagina (il retto si trova, infatti, dietro la vagina).

Nel retto non abbiamo tenie ma la presenza di una consistente muscolatura circolare all'interno e longitudi-
nale all' esterno.

Autore: Roberta Amenini per Medicina08 2 di 6


Anatomia ANS38 – APPARATO DIGERENTE 5 (14giu2011)

Le flessure rettali non sono solo sul piano sagittale ma le abbiamo anche sul piano coronale. Sul piano co -
ronale il “tubo dritto” è sottoposto a forze provenienti sia da destra che da sinistra che ne determinano la
deformazione. Si creano quindi tre curve:

• superiore;

• media (particolarmente evidente e definita piega di Kohlrausch);

• inferiore.

Queste tre curve sono molto evidenti quando il retto è vuoto e meno evidenti quando è pieno.

Rapporti del retto nel maschio e nella femmina

Nell’apparato genitale maschile il retto ha un rapporto molto preciso con la prostata, si trova dietro la ve-
scica, nelle vicinanze delle vescichette seminali. Nella donna abbiamo invece che il retto si trova dietro la
vagina e solo nella parte alta del retto, al limite del peritoneo, abbiamo una corrispondenza con l’utero.

Circolazione del retto

Per le arterie abbiamo un’arteria rettale superiore e un’arteria rettale inferiore; generalmente è assente
quella media. La rettale superiore proviene dalla mesenterica inferiore e irrora la flessura colica di sinistra e
quindi il colon discendente , il sigma e una parte del retto. La rettale inferiore proviene dalla pudenda inter-
na.

Differente è il discorso che riguarda le vene. Per quanto riguarda le vene abbiamo infatti tre vene rettali
(superiore, media e inferiore). La rettale superiore si getta nella mesenterica inferiore la quale si getta poi
nella vena splenica. Quindi praticamente possiamo definire la rettale superiore come affluente del sistema
della porta. La rettale media e inferiore si gettano invece nel sistema dell’ iliaca interna che confluisce nell’i-
liaca comune e a sua volta nella cava inferiore. Questo circolo è dunque un circolo anastomotico della por -
ta-cava esattamente come quello visto per l'esofago. Questo circolo ha risvolti importanti soprattutto nelle
condizioni patologiche epatiche perché nel fegato ci può essere un ostacolo alla circolazione, come avviene
per esempio nella cirrosi, per cui avviene che il sangue non riesce a passare nella vena porta, prende la via
delle vene rettali media e inferiore (c’è un reflusso verso queste vene), dilata tali vasi e si scarica nella vena
cava inferiore (si crea un sistema di anastomosi vena porta-vena cava). Questa dilatazione dei vasi è meno
problematica di quella che abbiamo nell'esofago.

CANALE ANALE

Il canale anale rappresenta l’ultima parte del retto. Il confine tra ano e retto è definito come giunzione
ano-rettale. Al di sotto di tale giunzione abbiamo la presenza di colonne (protuberanze che sporgono verso
il lume del retto stesso), le cosiddette colonne anali o colonne rettali o di Morgagni (a seconda se lo stu-
dioso intende l'ano come facente parte del retto o come struttura a sé) che terminano con delle strutture
arcuate, le valvole anali, in cui sboccano delle ghiandole. Gli spazi presenti tra le colonne anali vengono de -
finiti come solchi anali.

Le valvole anali poggiano su una linea, che corrisponde alla linea pettinata. Ad essa fa seguito una zona
biancastra, chiamata zona anale di transizione o pecten analis (di transizione in riferimento agli epiteli pre-
senti in questa zona ). Al di sotto abbiamo inoltre una linea piuttosto chiara, la linea ano-cutanea di Hilton.
Autore: Roberta Amenini per Medicina08 3 di 6
Anatomia ANS38 – APPARATO DIGERENTE 5 (14giu2011)

Per quanto riguarda l’epitelio, esso passa lentamente da cilindrico monostratificato (tipico anche del retto)
ad un epitelio piatto (tipico della cute). A livello della pecten analis troviamo un epitelio piatto non corneifi -
cato che diventa corneificato scendendo al di sotto della linea ano-cutanea di Hilton. Nella parte invece so -
pra la pecten analis abbiamo un epitelio ancora cilindrico (a livello dei solchi anali) che diventa cubico a li -
vello delle colonne del Morgagni.

Nelle colonne di Morgagni sono presenti dei gomitoli vascolari che formano delle anastomosi artero-veno -
se. Per inciso, quando si parla di anastomosi artero-venose si parla di anastomosi fisiologiche che permetto -
no il passaggio di sangue da un vaso arterioso a uno venoso senza l'intervento di capillari. In alcuni casi tut -
tavia abbiamo delle anastomosi artero-venose che si possono formare nel corso della vita ad esempio a li -
vello polmonare o a livello del midollo spinale. Un’ anastomosi artero-venosa a livello polmonare può pro-
vocare anche un ascesso cerebrale. Qui invece abbiamo delle anastomosi artero-venose "normali", che for -
mano il gomitolo a livello delle colonne anali. La zona delle colonne viene chiamata zona delle emorroidi
interne, definendo come emorroidi le dilatazioni fisiologiche delle vene a questo livello .

Muscolatura del retto

Nel retto troviamo due importanti muscoli sfinteriali:

• il muscolo dello sfintere anale interno (involontario);

• il muscolo sfintere anale esterno (volontario). Esso è molto più consistente di quello interno e ge-
neralmente viene suddiviso in tre strati : parte profonda, parte superficiale e parte sottocutanea.

Intorno al retto esiste infine la cosiddetta fossa ischio rettale, molto ricca in tessuto adiposo. Tale zona è
particolarmente importante dal punto di vista patologico. In alcune patologie croniche, infatti, soprattutto
in quelle auto aggressive come il Morbo di Crohn, si vengono a creare delle situazioni di comunicazione tra
il retto e la fossa ischio rettale: il passaggio di germi dal retto o dal canale anale nella fossa per mezzo di fi-
stole (passaggi che sono creati dal lavoro di enzimi tipo proteasi), può portare alla formazione di ascessi
(che possono interessare a tutto tondo il retto). Se gli ascessi sono cronici e continui, portano al danneggia -
mento dei muscoli (le cellule muscolari sono sostituite da collagene e fibroblasti): si perde la funzione di
sfintere. Se lo sfintere perde funzionalità ci può essere un restringimento del canale anale e un non conteni-
mento delle feci.

FEGATO

Il fegato è un organo molto importante non solo per la posizione che occupa ma soprattutto per la funzione
che ha (detossificazione, immagazzinamento). Esso ha una posizione intraperitoneale e presenta 4 facce:
superiore, inferiore, posteriore e anteriore.

In sezione sagittale si può notare come il peritoneo rivesta il fegato fino a giungere all'area nuda (posta
principalmente nella faccia posteriore e priva di rivestimento peritoneale) dove forma due recessi : il reces-
so sub frenico e il recesso epatorenale.

Autore: Roberta Amenini per Medicina08 4 di 6


Anatomia ANS38 – APPARATO DIGERENTE 5 (14giu2011)

Guardando il fegato dal davanti possiamo vedere due lobi uno destro e uno sinistro. Qui il peritoneo riveste
i due lobi fino all’area nuda; si riflette e forma una doppia lamina (il legamento falciforme) che si porta in
avanti e in basso fino all’ombelico. L’ultima parte di tale legamento prende il nome di legamento rotondo.
Quindi il legamento falciforme (termine dovuto al suo particolare andamento) parte dall'area nuda, si porta
in avanti, aggancia il fegato e si prolunga sino a terminare a livello dell’ ombelico con il legamento rotondo.
Nella faccia postero-inferiore del fegato possiamo creare una H con due aste verticali, di cui la destra molto
più spessa dell’ altra, e una trasversale. La parte superiore dell’asta più spessa è occupata dalla vena cava
inferiore. La parte inferiore è invece occu-
pata dalla cistifellea che raccoglie la bile
prodotta dal fegato. Nell’asta trasversale
troviamo il cosiddetto ilo del fegato, aper-
tura che permette l’ingesso della vena por-
ta, dell’ arteria epatica derivante dal tronco
celiaco e l’uscita delle vie biliari. Il sangue
dunque entra nel fegato mediante l’ilo ma
fuoriesce mediante le vene epatiche o sovra
epatiche di fianco alla vena cava inferiore
per gettarsi poi all'interno di questa.

Nella faccia postero-inferiore abbiamo poi


la presenza di due ulteriori lobi : il lobo cau-
dato (al di sopra dell’ilo) e il lobo quadrato
(al di sotto dell’ilo).

La parte inferiore dell’asta sottile corrispon-


de proprio al legamento rotondo che giunge
fino all’ombelico entrando in rapporto con
la vena ombelicale(nel cordone ombelicale
abbiamo una vena e due arterie). Nel perio-
do fetale il sangue attraverso il cordone
ombelicale arriva alla placenta, dove è ossi-
genato e prende sostanze nutritizie tramite
due arterie; dalla placenta il sangue torna al
feto attraverso una vena che arriva all’om-

Autore: Roberta Amenini per Medicina08 5 di 6


Anatomia ANS38 – APPARATO DIGERENTE 5 (14giu2011)

belico fetale. Tale vena, una volta all’interno del corpo del feto, si porta in alto e va verso il fegato. Questa
vena contiene sangue ricchissimo di ossigeno: è pertanto fondamentale che l’ossigeno trasportato dal san -
gue non sia completamente utilizzato dal fegato (è indispensabile la massima ossigenazione al livello cere -
brale e cardiaco). In questo periodo il fegato è un organo piuttosto grosso, di tipo emopoietico, cui deve es -
sere data una certa quantità di ossigeno. La vena ombelicale passa nel legamento rotondo del fegato, si
porta dietro, va verso l’ilo e cede un po’ di sangue ossigenato al fegato. Continua poi il suo percorso attra-
verso il dotto venoso che va a finire nella vena cava inferiore. Il sangue ossigenato passa così nella vena
cava inferiore che sbocca nell’atrio di destra e passa poi nell’atrio di sinistra (mediante il setto interatriale
che in periodo fetale è ancora aperto). Dall’atrofizzarsi della vena ombelicale (a livello epatico) e del dotto
venoso originano il legamento rotondo e il legamento venoso.

Autore: Roberta Amenini per Medicina08 6 di 6


ANATOMIA – “APPARATO DIGERENTE 6”

ID lezione ANS39 Modulo Splancnologia


Data lezione 15 giugno 2011
Autore Gianluca Cotti
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Argomento Fegato, pancreas.

FEGATO (continua)

Nella lezione precedente avevamo visto che nella faccia postero-inferiore del fegato sono presenti due altri
lobi: lobo caudato e lobo quadrato (classicamente questi due lobi sono assegnati al lobo destro; nelle
tecniche moderne dello studio del fegato, invece, questi due lobi sono attribuiti al lobo sinistro).

Sulla parte sinistra troveremo il


legamento rotondo (termina poi nel
falciforme) e il legamento venoso
(che nel periodo fetale è costituito
dal dotto venoso, portatore dalla
vena ombelicale direttamente nella
vena cava inferiore). Queste strutture
vanno con l'età in atrofia. Si
trasformano: di quella che era la vena
ombelicale contenuta nel legamento
rotondo rimarrà solo il legamento
rotondo, e successivamente il dotto
venoso diventerà legamento venoso.

Circolazione fetale

Nel periodo fetale il sangue


attraverso il cordone ombelicale
arriva alla placenta, dove è
ossigenato e prende sostanze
nutritizie, tramite due arterie (i resti
delle arterie li abbiamo già ritrovati a
livello dei legamenti laterali della
vescica); dalla placenta il sangue
torna al feto attraverso una vena che
arriva all’ombelico fetale. Tale vena,
una volta all’interno del corpo del
feto, si porta in alto e va verso il
fegato. Questa vena contiene sangue
ricchissimo di ossigeno: è pertanto
fondamentale che l’ossigeno trasportato dal sangue non sia completamente utilizzato dal fegato (è
indispensabile la massima ossigenazione al livello cerebrale e cardiaco). In questo periodo il fegato è un
organo piuttosto grosso, di tipo emopoietico, cui deve essere data una certa quantità di ossigeno. La vena
Anatomia ANS39 – APPARATO DIGERENTE 6 (15giu2011)

ombelicale passa nel legamento rotondo del fegato, si porta dietro, va verso l’ilo e cede un po’ di sangue
ossigenato al fegato. Continua poi il suo percorso attraverso il dotto venoso che va a finire nella vena cava
inferiore. Il sangue ossigenato passa così nella vena cava inferiore che sbocca nell’atrio di destra e passa poi
nell’atrio di sinistra. Dall’atrofizzarsi della vena ombelicale (a livello epatico) e del dotto venoso originano il
legamento rotondo e il legamento venoso (condizione che cambierà nell’adulto).

C'è un limite tra faccia anteriore e faccia posteriore:

• faccia posteriore: vena cava inferiore, lobo caudato, legamento rotondo;

• faccia inferiore: cistifellea, lobo quadrato e in gran parte l'ilo del fegato e anche il legamento
gastro-epatico (che unisce lo stomaco al fegato) si inserisce a questo livello.

Autore: Gianluca Cotti per Medicina08 2 di 10


Anatomia ANS39 – APPARATO DIGERENTE 6 (15giu2011)

Abbiamo il legamento venoso nella parte sottile dell'aste dell'h. (lobo sinistro visto da dietro e da sotto). Il
peritoneo non ricopre bene la cistifellea; la borsa omentale arriva dietro il fegato: arriva fino al lobo
caudato (piuttosto in alto). Guardando meglio i limiti dell’area nuda del fegato vediamo che tale area è
circondata dal legamento coronario, che si continua in avanti con il legamento falciforme.

Area nuda

E’ il limite del peritoneo (non vi viene rivestita); si riflette in parte deviando nel muscolo diaframma, in
parte andando posteriormente, e in parte, quella inferiore, a rivestire il rene mettendosi in posizione retro-
peritoneale. La forma è una losanga in cui esistono "2 triangoli" di cui uno ben evidente sulla sinistra, e
l'altro più abbozzato sulla destra. In posizione superiore, centralmente, abbiamo il legamento falciforme. Il
peritoneo si porta in avanti a formare il legamento falciforme. I suoi limiti formano il legamento triangolare
di sinistra e di destra. A livello dell'area nuda abbiamo la vena cava inferiore, il cui limite risulta il lobo
caudato (il limite superiore, quello che la borsa omentale aveva dietro al fegato). Il peritoneo non ricopre
l’area intorno alla vena cava inferiore, la cistifellea e l’area intorno a questa. L'area nuda mostra con
evidenza la divisione tra superficie inferiore e posteriore e risulta nettamente posizionata nella porte
posteriore del fegato.

Circolazione: la vena porta,


quando entra nel fegato
insieme all'arteria epatica a
livello dell'ilo, comincia a
dividersi all'interno dell'organo,
e ogni volta che c'e divisione
dell'arteria epatica ci sarà anche
divisione della vena porta;
quindi le divisioni sono
parallele. Queste divisioni
finiscono quando si trovano a
circondare delle aree molto
precise, chiamate lobuli epatici.

Lobulo epatico

Ha una forma
principalmente esagonale
(molto evidente in alcuni
tipi di fegato come quelli di
maiale e ratto). Il fegato è
circondato dal peritoneo,
ma non solo; al di sotto
abbiamo una capsula di
tessuto connettivo
denominata "capsula di
Glisson" che circonda il
fegato e manda del
connettivo al suo interno.
Questo connettivo viene
Autore: Gianluca Cotti per Medicina08 3 di 10
Anatomia ANS39 – APPARATO DIGERENTE 6 (15giu2011)

poi a rivestire i vari lobuli epatici. E' questa la ragione della netta evidenza della forma esagonale dei lobuli
nel fegato di determinati animali; nell'uomo la possibilità di intravedere la netta distinzione tra i lobuli varia
da individuo ad individuo.

Al centro di questo esagono è presente una vena, detta "vena centro-lobulare", mentre ai vertici
dell'esagono troviamo un ramo della vena porta, uno dell'arteria epatica e un ramo del dotto biliare.
Queste strutture vengono chiamate triadi portali (o per alcuni autori "triade di Glisson"), immerse in
connettivo che è una diramazione della capsula di Glisson. L'interno di questo lobulo presenta delle lamine
di singoli epatociti, le quali sono tutte dirette verso la vena centro-lobulare (a forma di raggiera tutta
intorno) che sono fortemente addensate tra loro all'interno del lobulo. Tra questi cordoni di epatociti
troviamo i sinusoidi che sono dei vasi molto ampli e presentanti ampie fenestrazioni tra le cellule
endoteliali; presentano solo dei resti di una membrana basale, è molto interrotta. C'è un certo spazio tra
l'epatocita e la parete del sinusoide. Gli epatociti non sono direttamente a contatto con le cellule
endoteliali ma c'è uno spazio, definito spazio del disse; in questo troviamo delle cellule con grandi
prolungamenti che circondano il sinusoide (in parte), queste prendono il nome di cellule di Ito o peri-
sinusoidali o stellate. Circondando in parte il sinusoide e avendo la capacità di contrarsi sono in grado di
diminuirne il diametro.

[Inoltre queste cellule contengono vescicole con al loro interno vitamina A (presente nell'uomo in minor
quantità, ma in animali come l'orso è abbondantemente presente nel fegato).]

Troviamo altre cellule che si trovano al centro del


sinusoide conosciute come cellule di kupfer che sono
macrofagi specializzatisi nel fegato che possono anche
inviare dei prolungamenti nello spazio del disse. Questi
svolgono la funzione fagocitaria nei confronti di sostanze
tossiche o possono non essere utilizzate. Il sangue passa
attraverso i sinusoidi fenestrati, entra in contatto con gli
epatociti che elaborano le varie sostanze (gli epatociti
hanno doppia polarità, cioè sono in contatto con almeno
due sinusoidi). L'epatocita riversa la bile in uno spazio tra
un epatocita e l'altro. Poichè la bile è tossica se entrasse
in contatto con il sangue, sono presenti delle tight-
juncion che sono poste vicino ai canalicoli biliari. Queste
tight isolano i
condotti in cui
viene riversata
la bile che poi si
direzionerà
verso la
periferia del
lobulo dove è
presente un
condotto biliare
più amplio. La
direzione del
sangue nel
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Anatomia ANS39 – APPARATO DIGERENTE 6 (15giu2011)

lobulo epatico è dalla periferia verso il centro, mentre la bile si sposta dal centro verso la periferia.

Essendoci agli estremi del esagono un'arteria e una vena, è chiaro che solo una serie di sinusoidi è diretto
all'interno del lobulo. Ci sono due teorie:

1. in alcuni sinusoidi scorre solo sangue arterioso ed in altri sangue venoso;

2. che ci sia un mescolamento dei due sangui all'interno del sinusoide (è la soluzione esistente!).

Abbiamo, all'interno del sinusoide, un mescolamento di sangue arterioso e sangue venoso. Sia l'arteria che
la vena entrano nel sinusoide [E' un sangue misto!]. Da considerare però che, mentre scorre dalla periferia
verso il centro, il sangue ossigenato rilascia più O 2 ai primi epatociti e non tanto a quelli limitrofi alla vena
centro-lobulare. Gli epatociti posizionati vicino alla vena centrale riceveranno meno O 2 perchè già
consumato da quelli in posizione più periferica. Gli epatociti più giovani sono quelli posti in periferia, quelli
più vecchi son posti vicino alla vena centrale con minore apporto di O 2.

Il sangue scorre mescolandosi tra arterioso e venoso, dalla periferia verso il centro del lobulo epatico,
oppure va dal centro del lobulo verso la periferia. Lo schema che rappresenta la struttura microscopica del
fegato è a oggi quello più attuale sia sul piano funzionale, che su quello clinico. Il sangue portato nella vena
centro lobulare verrà raccolto dalle "vene sotto-lobulari" che sono grandi tronchi venosi con la funzione di
convogliare il sangue nelle vene sovra-epatiche o epatiche che fuoriescono dal fegato (questa suddivisione
ricorda quella molto precisa che c'era nel segmento polmonare).

Trapianti

Già nel '800 studiosi tedeschi scoprirono che il fegato avesse unità indipendenti, i così detti segmenti;
questa informazione rimase per molti anni puramente anatomica, senza utilizzo sul piano pratico. Il vero
utilizzo si è riscoperto con la chirurgia dei trapianti. Generalmente vengono considerati 8 segmenti del
fegato (molto simili a quelle del polmone). Inizialmente si trapiantava l'intero organo, perfuso con
determinati materiali; poi per scarsità di donatori si è cominciato a ricorrere alle vecchie conoscenze
maturate nel '800 dei segmenti. Si è cominciato ad isolare parti del fegato (che come sappiamo ha la
capacità di rigenerarsi, almeno in parte!) e solo pochi anni fa si è riusciti ad eseguire più interventi con lo
stesso donatore. I segmenti sono delle aree in cui arrivano rami dell'arteria epatica, rami della vena porta
che hanno un loro drenaggio biliare specifico.

Riassumendo: il fegato è un organo con una capsula di tessuto connettivo che è avvolto dal peritoneo,
quindi intra-peritoneale. Ha una zona libera da peritoneo "l'area nuda". Il peritoneo forma alcuni dei
legamenti più importanti che sono: il falciforme (non è un legamento che divide il fegato in lobo destro e
sinistro, è nettamente di superficie, è un legamento peritoneale, è la struttura del fegato stesso ad essere
divisa in questi lobi), i triangolari di destra e sinistra dell'area nuda, il gastro-epatico (questo ha più
importanza per lo stomaco che per il fegato). Il peso del fegato generalmente si aggira attorno ad 1,5 kg. Da
ricordare di specificare se contiene o meno sangue, il peso è nettamente differente.

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Anatomia ANS39 – APPARATO DIGERENTE 6 (15giu2011)

PANCREAS

La sua lunghezza oscilla tra i 13-15 cm, si porta tra la prima e la seconda lombare, ed in ogni caso nella
parte più bassa della regione epigastrica. Si proietta sulla parete addominale anteriore con una linea che
passa circa a 10 cm sopra la linea ombelicale trasversale. Si porta dalla C duodenale alla milza dove è
collegato con il legamento spleno-pancreatico. Lo dividiamo in testa, collo (o Istmo, in alcuni testi), corpo e
coda.

Testa

E' una struttura abbastanza consistente. E' circondata della C duodenale, è a destra dei vasi mesenterici
superiori (vena e arteria) ed è caratterizzata dalla presenza del processo uncinato, posto posteriormente
all’arteria e alla vena mesenterica superiore. Posteriormente sono visibili i due vasi mesenterici. A destra di
questi c'è la testa del pancreas (l'arteria è più spostata a sinistra rispetto alla vena). Il processo uncinato è
posto posteriormente all'arteria mesenterica superiore. Ha un suo drenaggio e degli enzimi, perchè
possiede il dotto accessorio del Santorini. Embriologicamente il processo uncinato non viene originato
dalla stessa gemma del pancreas.

Autore: Gianluca Cotti per Medicina08 6 di 10


Anatomia ANS39 – APPARATO DIGERENTE 6 (15giu2011)

La testa giace:

• sulla vena cava inferiore;

• sulla vena renale di destra;

• sull'arteria renale di destra;

• sulla vena renale di sinistra.

La vena cava inferiore è posizionata nella parte destra rispetto all'aorta, posta più a sinistra. E’ chiaro che
nel momento in cui arriva la
vena renale da sinistra, questa
è posta dietro alla testa del
pancreas. Infatti non è presente
l'arteria renale di sinistra
proprio perché l'aorta è più
spostata a sinistra.
Anteriormente abbiamo il colon
trasverso. L'origine del meso-
colon è più o meno a questo
livello. Mentre nella parte del
corpo e della coda il meso-
colon rimane al limite inferiore,
nella parte della testa non
scende più di tanto, rimane
davanti alla testa del pancreas.
Troviamo di fronte i vasi
mesenterici superiori in gran
parte, e dietro, la vena cava
inferiore, l'aorta e il dotto biliare. Il dotto coledoco giace o in un incavo sulla superficie postero-superiore
della testa o incluso nel parenchima (se né è già parlato nei riguardi dei tumori al pancreas che possono
dare una possibile occlusione del dotto, di conseguenza l'ittero da stasi).

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Anatomia ANS39 – APPARATO DIGERENTE 6 (15giu2011)

Istmo o collo

E' molto limitato in ampiezza, 1,5 cm massimo 2. E' sovrapposto ai vasi mesenterici che formano un incavo
sulla superficie posteriore. Giace al davanti del punto in cui la vena mesenterica superiore si congiunge con
la vena splenica, e questo punto è adiacente al punto in cui l'ilo dello stomaco si unisce al duodeno, proprio
a livello del piloro. Da questo punto di unione in poi parliamo di vena porta; davanti a questo troviamo il
colon. Questo punto ha un'area di circa 1,5 cm 2 ed è molto utile come punto di riferimento. Ci sono casi in
cui la vena mesenterica inferiore non giunge proprio nella vena splenica si getta a livello di questo angolo. Il
nostro punto di riferimento è la vena mesenterica con la vena splenica che gli passa dietro, in quanto
l'arteria è più spostata a sinistra.

Corpo

Giace a sinistra dei vasi mesenterici superiori, passando sopra l'aorta e la vertebra L1 e L2. Si trova dietro la
parte posteriore della borsa omentale, corrispondente alla parte dello stomaco (basti pensare che il collo
corrispondeva al piloro ed è chiaro che il corpo si trova proprio dietro la borsa omentale stessa). Ha la
forma di un prisma ed ha una superficie anteriore, posteriore ed inferiore con relativi margini.

• Parte anteriore: abbiamo lo stomaco e l'arteria splenica.

• Parte posteriore: abbiamo l'aorta (appena entrata nell'addome), mentre la vena cava inferiore si
trova dietro il forame epiploico, dietro, a livello del piloro, perchè è a quel livello che è presente il
legamento epato-renale che delimita anteriormente il forame epiploico. Quindi se questo
legamento è avanti, nella cava inferiore è dietro (è retro-peritoneale). Quindi davanti alla cava
inferiore c'è il forame epiploico, al davanti ancora troviamo il legamento epato-renale. Il confine tra
duodeno e stomaco è proprio a livello del legamento epato-renale, è la prima parte del duodeno,
che è l'unica intra-peritoneale; invece l'aorta è posizionata più a sinistra, proprio dietro al corpo del
pancreas. La cava inferiore ha il pancreas alla sua sinistra (non gli sta dietro), al davanti ha già il
legamento epato-renale, quindi il bulbo duodenale (la prima porzione del duodeno) che andrà poi
a circondare la testa. La vena splenica decorre in lunghezza in un incavo del pancreas.

• Parte inferiore: abbiamo il tronco simpatico di sinistra, l'arteria mesenterica superiore (posta più a
sinistra rispetto alla vena omonima, perchè è quella che ha davanti il collo, in quanto vi entra la
vena splenica; di conseguenza tutto quello che vi sta a sinistra è il corpo), il grande psoas, la
ghiandola surrenale sinistra, il rene sinistro e i vasi renali. Il mesocolon trasverso è attaccato al
margine inferiore-anteriore di questo prisma.

Coda

E' lunga tra i 1,5 e i 3,5 cm. Si trova nell'ipocondrio sinistro a contatto con la milza che è davanti al rene
sinistro. E' in stretta relazione con l'ilo della milza e con la flessura colica di sinistra. E' collocata tra gli strati
del legamento spleno-pancreatico (è uno strato particolare che circonda parte della punta della coda). E'
prismatica ed ha anch'essa una superficie anteriore, posteriore ed inferiore. Da qui inizia il dotto
pancreatico principale (o dotto di Miles) [NdG: sul Gray il dotto pancreatico principale viene chiamato
"dotto di Wirsung"] che decorre all'interno piuttosto posteriormente. Il "dotto di Miles" inizia dalla punta
della coda per poi decorrere in posizione posteriore nel pancreas, fino a sboccare nel duodeno con
l'ampolla di Vater.

Autore: Gianluca Cotti per Medicina08 8 di 10


Anatomia ANS39 – APPARATO DIGERENTE 6 (15giu2011)

Vascolarizzazione

Le arterie che irrorano il pancreas sono i rami pancreatici provenienti dall’arteria splenica, l’arteria
pancreatica duodenale superiore e quella inferiore.

Le vene, invece, dal corpo e dalla coda si gettano nella vena splenica, mentre quelle provenienti dalla testa
confluiscono direttamente nella porta. Anche alcune vene gastriche si gettano direttamente nella porta.

Due sono i grandi sistemi : il tronco celiaco e la mesenterica superiore.

Il ramo dell’arteria splenica proveniente dal tronco celiaco è posto sul margine superiore e invia una serie di
rami all’interno del pancreas, ad esempio la grande arteria pancreatica che è al confine tra coda e corpo.
Anche altri rami provengono dalla splenica. L’arteria splenica giunge alla milza e si divide in vari rami tra cui
la gastroepiploica di sinistra. Due sono i grandi vasi che partono dalla splenica e si dirigono allo stomaco
passando per il legamento
gastrolienale o gastrosplenico: le
gastriche brevi, che irrorano il
fondo dello stomaco (si dirigono
verso l’alto), e la gastroepiploica di
sinistra, che invece va verso il
basso irrorando la grande
curvatura nella sua parte sinistra.

Altro ramo importante che origina


dal tronco celiaco è l’arteria
epatica comune, la quale poi si
dirama nell’arteria
gastroduodenale. Quest’ultima
passa dietro il bulbo duodenale,
anzi vi è proprio attaccata, si porta
verso il basso e crea due
diramazioni: la gastroepiploica di
destra, che andrà ad irrorare la
grande curvatura dello stomaco nella parte di
destra, e un altro ramo che si dividerà
ulteriormente in due andando a formare le
pancreaticoduodenali superiori anteriore e
posteriore, poste a cavallo della testa del
pancreas. N.B.: La gastroduodenale si trova
dietro il bulbo duodenale ed in caso ulcere della
parete posteriore del bulbo duodenale rischia di
essere perforata.

La pancreaticoduodenali scendono verso il basso


e si anastomizzano creando la
pancreaticoduodenale inferiore, che origina
dalla mesenterica superiore. Quindi le
pancreaticoduodenali superiori originano dalla
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gastroduodenali. Dalla mesenterica superiore originano le pancreaticoduodenali inferiori, una anteriore e


una posteriore, che si anastomizzano tra loro. Le vene gastriche si gettano direttamente nella vena porta,
così come i rami pancreatici.

Autore: Gianluca Cotti per Medicina08 10 di 10


ANATOMIA – “RIPASSO 2”

ID lezione ANS42 Modulo Splancnologia


Data lezione 23 giugno 2011
Autore Elisa Montrone
Liberamente
Lezione Prof. Castellucci
ispirata da
Argomento Apparato urinario, genitale maschile e femminile, peritoneo, digerente.

Il rene

Nella lezione precedente avevamo parlato del glomerulo, composto da cellule diverse, tra cui le endoteliali,
le connettivali, le epiteliali e infine le cellule del mesangio.

Il mesangio è una cellula connettivale che ha la caratteristica di essere contrattile, di produrre sostanze ca -
paci di contrarre il capillare e di fagocitare piccole particelle contenute nel sangue (è un microfagocita). Il
mesangio, a differenza dei monociti, è spesso in contatto con l'endotelio senza l'interposizione della mem -
brana basale ed è per questo che ha la capacità di fagocitare. Arriva a contatto dell'endotelio direttamente;
la membrana basale ha sempre un'area in cui sono contenute le cellule del mesangio, che sono a diretto
contatto con l'endotelio.

Abbiamo visto che il glomerulo è la prima componente del nefrone, che si compone di varie parti:

1. tubulo contorto prossimale che inizia a livello del polo urinario e si continua nel labirinto renale
(parte della corticale che è interposta tra i raggi midollari). Nella corticale esiste un sistema alterna -
to in cui ci sono tubuli dritti e raggi midollari; segue poi un labirinto renale in cui troviamo i glome -
ruli, di nuovo un raggio midollare e infine una parte del labirinto renale;

2. ansa di Henle (il tubulo prossimale è la parte retta, mentre la "forcina" sottile è l'ansa di Henle vera
e propria). L'ansa congiunge il tubulo retto prossimale con il distale. La posizione dell'ansa di Henle
è differente se ci troviamo nei glomeruli in alto nella corticale o in quelli che stanno nella midollare.
In quelli che stanno in alto nella corticale, non lontano dalla capsula, la parte retta si trova nel rag -
gio midollare. L'ansa può sia rimanere nel raggio midollare sia arrivare nella midollare stessa. Quin -
di, se il glomerulo è in alto, è chiaro che anche la parte sottile stia nel raggio midollare, se il glome -
rulo è a metà è possibile che l'ansa stia nella midollare vera e propria;

3. parte retta del tubulo distale.

Tutto il sistema tubulo prossimale-parte retta-parte sottile e parte retta-tubulo distale in generale si trova
nella midollare vera e propria. Notiamo che i glomeruli fanno parte del nefrone, unità funzionale del rene,
che parte dai glomeruli vicino alla midollare. In questa zona, la parte sottile dell'ansa di Henle è molto più
lunga della stessa parte delle anse che stanno vicino alla capsula. I glomeruli che stanno vicino alla midolla -
re, hanno un ansa di Henle molto lunga che si continua nella midollare fino alla papilla. Abbiamo, inoltre, la
parte contorta del tubulo distale che si porta nella corticale e, nel momento in cui la parte retta cambia in
parte contorta, il tubulo distale si avvicina al glomerulo e al polo vascolare e lì formerà la macula densa, si -
tuata solo e soltanto vicino al glomerulo. Seguono i dotti collettori che iniziano vicino alla capsula e scendo -
no giù dritti fino alla papilla. Quindi, il passaggio dell'urina dal rene alla vescica, è un passaggio dovuto alla
contrazione peristaltica che parte dal camice che avvolge la papilla: sotto il camice abbiamo una gran quan -
Anatomia ANS42 – RIPASSO 2 (23giu2011)

tità di muscolatura liscia, che si contrae ritmicamente facendo una "spremitura", creando un vuoto, attrae
urina dai tubuli, poi si ricontrae di nuovo.

L'uretere

L'uretere misura 25 cm di lunghezza, in parte anche questo è retro peritoneale. Ricordiamo che incrocia i
vasi iliaci nel momento in cui questi si biforcano. Quando l'uretere incrocia i vasi iliaci, forma un'area trian -
golare, in cui si trova l'ovaio nelle donne che non hanno ancora avuto figli; quelle che hanno avuto figli, spo -
standosi l'ovaio è chiaro che non lo si trova in quell'area precisa. Segue l'arrivo dell'uretere nella vescica,
entra a forma di becco di clarino.

La vescica

La vescica ha una muscolatura che prende varie direzioni proprio perché la contrazione deve permettere la
minzione. La vescica può contenere 450 ml di urina all'interno e quindi può mandare il segnale della minzio -
ne; è un organo sotto peritoneale ed ha legamenti importanti tra cui quello mediano che deriva dall'uraco.
La vescica è un organo che presenta una base, facce laterali e una superficie superiore, coperta dal perito -
neo. La sua posizione è generalmente dietro il pube e, se si riempie notevolmente, può superare l'altezza
del pube stesso. Alla base della vescica c'è una gran quantità di tessuto adiposo ma anche un importante
circolo venoso che avvolge sia la base della vescica sia la prostata. Nella donna, dietro la vescica, si trova
principalmente la vagina mentre nell'uomo dietro la vescica abbiamo il retto. Nella donna sopra la vescica
abbiamo l'utero, antiflesso, che si porta con la parte del fondo verso avanti.

APPARATO GENITALE MASCHILE

La prostata

Al di sotto della vescica, nell'uomo abbiamo la prostata (con la grandezza di una castagna in condizioni nor-
mali), che può andare in contro ad ipertrofia, comportando tumori, oggi non rari. La prostata poggia sull'u -
retra prostatica: ecco perché l'ipertrofia può, comprimendo l'uretra prostatica, rendere più difficile lo svuo -
tamento della vescica stessa. La prostata produce un secreto importante per la sopravvivenza degli sperma-
tozoi ed è organizzata in una ventina di ghiandole tubulo-alveolari che vengono riversate nell'uretra prosta -
tica nel momento dell'eiaculazione: hanno la funzione di facilitare la sopravvivenza degli spermatozoi.

Il testicolo

Abbiamo un altro componente dell'apparato genitale maschile, il testicolo, situato nello scroto che, nel pe-
riodo fetale, da essere posizionato vicino al rene si porta verso il basso, spinge il peritoneo in avanti, lo fa
entrare nel canale inguinale, lo porta fino allo scroto ottenendo la guaina viscerale del testicolo, formata da
due lamine peritoneali, una viscerale e una parietale. Quindi la tunica vaginale del testicolo è appunto que -
sta, che deriva dal peritoneo. Questa continuazione del peritoneo addominale in un certo periodo va in
atrofia. Ci sono naturalmente altre strutture che avvolgono il testicolo come il muscolo cremastere. Il testi -
colo si trova nello scroto perché è fondamentale che abbia temperature intorno ai 3-4 gradi più basse di
quelle dell'addome. Si sospetta che la questione dell'aumentata infertilità maschile nel mondo occidentale
sia dovuta ad uno stile di vita dove il corpo viene sempre tenuto al caldo.

Autore: Elisa Montrone per Medicina08 2 di 9


Anatomia ANS42 – RIPASSO 2 (23giu2011)

L'epididimo

Sopra il testicolo, a livello dello scroto, si trova l'epididimo, un organo deputato alla raccolta degli sperma-
tozoi, alla loro terminale maturazione. Si trova dietro e un po' sopra il testicolo, è formato da un capo, cor -
po e coda e si continua con il dotto deferente, lungo 50-60 cm, per poi entrare nel canale inguinale e termi-
nare dietro la prostata. Prima di entrare nella prostata forma una dilatazione: l'ampolla del dotto deferen-
te. In essa sboccano le due vescichette seminali, lunghe circa 10 cm, che si trovano dietro la vescica e pro -
ducono anche loro un secreto (non ci sono spermatozoi nelle vescichette seminali). Queste strutture parte -
cipano durante l'eiaculazione alla formazione dello sperma perché il dotto deferente, dopo aver formato
l'ampolla, nella prostata si organizza in due dotti eiaculatori che sboccano a livello del collicolo seminale, a
livello dell'uretra prostatica. Questi due dotti sono la prosecuzione dei dotti deferenti.

Il pene

Per quanto riguarda il pene, ricordiamo che c'è un'uretra prostatica, un'uretra membranosa (la parte più
delicata) e l'uretra peniena. Quindi ci sono due componenti che formano il pene, una che forma i corpi ca -
vernosi e l'altra che forma il corpo spugnoso (o spongioso), che contiene l'uretra. I corpi cavernosi servono
solo e soltanto per i rapporti sessuali perché rigonfiandosi, grazie all'accumulo di sangue all'interno, per-
mette l'erezione in modo ottimale. I corpi cavernosi sono costituiti all'interno dalle arterie elicine, che por -
tano il sangue nel corpo cavernoso stesso e impediscono che il sangue possa ritornare indietro, quindi ri-
mangono chiuse. La parte spongiosa, che contiene l'uretra, termina con la corolla del glande. Il pene è rive -
stito da cute che non contiene tessuto adiposo e giunge fino al rivestimento del glande; la cute è retrattile e
prosegue fino alla corona del glande.

PERITONEO

Il peritoneo, membrana di 1750-1760 cm quadrati, è una doppia lamina che ha la funzione di:

• proteggere gli organi che si muovono notevolmente;

• mantenerli in sede evitando gli attriti con gli organi circostanti;

• proteggere gli organi che si ingrandiscono e diminuiscono il loro volume;

• rivestire l'addome.

Inoltre, permette anche l'arrivo dei vasi agli organi grazie ai legamenti. Dividiamo tutti gli organi in retrope -
ritoneali (primariamente retroperitoneali: si è formato lì e lì è rimasto, per esempio il rene), secondaria-
mente retroperitoneali come ad esempio il duodeno: inizialmente è intraperitoneale e poi diventa seconda-
riamente retroperitoneale. Ci sono anche organi intraperitoneali, in gran parte avvolti dal peritoneo.

Ricordiamo il concetto di epiploon o omento: sono legamenti peritoneali dello stomaco grazie ai quali ha
modo di congiungersi con gli organi con cui entra in comunicazione. Ci sono il piccolo omento, il grande
omento e il legamento gastrosplenico che teoricamente sarebbe il terzo omento ma ormai non lo si defini -
sce più tale. I mesenteri, invece, sono doppie lamine che avvolgono organi intestinali cavi, come il mesente-
re per l'intestino tenue, il mesocolon che avvolge il colon trasverso, il mesosigma che avvolge il sigma.

Autore: Elisa Montrone per Medicina08 3 di 9


Anatomia ANS42 – RIPASSO 2 (23giu2011)

APPARATO GENITALE FEMMINILE

Passiamo all'apparato genitale femminile, che ha più rapporti col peritoneo.

L'utero

Ha una forma di pera, con la parte larga verso la parete anteriore dell'addome, che si chiama fondo. Dal
fondo partono le tube, due strutture che giungono all'ovaio con le fimbrie, terminazioni che si applicano
sull'ovaio proprio nel punto in cui avviene l'ovulazione. Le fimbrie facilitano l'entrata della cellula uovo nelle
tube, che proseguono col fundibulo, l'ampolla, l'istmo o la parte sottile. Infine abbiamo la parte intramura -
le, dentro la parete dell'utero. L'ultima parte dell'istmo e della parete intramurale, è la parte più stretta del -
le tube e c'è il rischio che questa si chiuda in caso di infiammazioni. La fecondazione della cellula uovo gene-
ralmente avviene nell'ampolla, in un tempo tra le sei e le venti ore. Dopo di che, impiega circa sei-sette
giorni per giungere nell'utero e qui impiantarsi.

La tuba è una struttura irrorata dall'arteria tubarica, che proviene dal ponte che si crea tra l''ovarica e l'ar -
teria uterina. L'utero, antiflesso, va verso la parete addominale dove viene rivestito dal peritoneo, che rico -
pre anche la vescica. Questa cavità molto sottile, tra l'utero e la vescica, si chiama cavo-utero-vescicale. Il
peritoneo si porta verso il collo dell'utero, per poi rivestire il retto. Nel passaggio da utero e ultima parte
della vagina a retto, il peritoneo forma un punto molto basso, lo sfondato del douglas (o cavo retto-uterino)
e si interpone tra questi due organi. L'utero ha una muscolatura molto consistente che si chiama miome -
trio; ha, inoltre, una mucosa all'interno, l'endometrio, che subisce una variazione di struttura durante il ci -
clo mestruale. La parte esterna invece si chiama perimetrio. Il miometrio si sviluppa notevolmente durante
la gravidanza in modo da espellere poi il feto. Al momento del parto la muscolatura del corpo e del fondo si
contrae notevolmente, mentre quella del collo si rilascia. Aumentano le gap-junctions tra le cellule della
muscolatura liscia: c'è quindi un sistema coordinato delle contrazioni uterine.

Il corpo è triangolare e le cellule che rivestono l'utero sono cellule ciliate (o cellule mucose). Sono cellule
adatte al sistema di trasporto della cellula uovo. Il collo o cervice, piuttosto breve, presenta strutture che ri -
vestono la mucosa a livello dell'epitelio, che prendono il nome di pliche palmate. Il collo sbocca a muso a
tinca nella vagina, formando i fornici, una struttura a fondo cieco, perché la vagina arriva un po' più su dello
sbocco dell'utero stesso. Avremo un fornice anteriore, posteriore e fornici laterali. Quella parte che sporge
nella vagina viene chiamata portio uterina, che può andare in contro a lesioni date da fattori virali o infiam -
matori. Per quanto riguarda la vascolarizzazione, l'utero è irrorato principalmente dall'arteria uterina, un
ramo dell'iliaca interna, che si porta lateralmente all'utero con andamento spiraliforme, per poi procedere
verso il fondo. A questo livello forma un'anastomosi nel fondo con l'arteria ovarica, che proviene dall'aorta
addominale. Una parte dell'utero, quindi, è irrorata anche dall'arteria ovarica.

Il peritoneo, avvolgendo l'utero, lo lega lateralmente formando un "lenzuolo" e lo assicura lateralmente alla
parete del bacino: questo legamento è definito legamento largo dell'utero. Il legamento rotondo, invece,
parte dal corpo dell'utero, in posizione laterale, si porta verso il basso, entra nel canale inguinale e termina
sulle grandi labbra o sul monte di venere. Questo è un legamento connettivale, ma contiene vasi linfatici
che affluiscono ai linfonodi inguinali superficiali. Poi abbiamo il legamento più importante, che fa parte di
quella serie di legamenti che terminano presso la cervice dell'utero, i retinacoli. Essi sono di vario tipo, tra
cui citiamo il legamento cardinale che lo assicura al bacino. Sono molto elastici ma perdono l'elasticità nel
tempo, creando un prolasso uterino, una discesa dell'utero nella vagina stessa. Durante la gravidanza, l'in-
grandimento dell'utero comporta una pressione sulla vescica e quindi l'incapacità della donna di riempire
completamente la stessa. Proprio per questo è costretta a minzioni più frequenti.
Autore: Elisa Montrone per Medicina08 4 di 9
Anatomia ANS42 – RIPASSO 2 (23giu2011)

L'ovaio

È un piccolo organo di pochi centimetri, si trova nel triangolo precedentemente segnalato ed è un organo
irrorato dall'arteria ovarica che proviene dall'aorta addominale. La vena ovarica di destra ritorna nella cava
inferiore e quella di sinistra nella vena renale. La stessa cosa avviene per le vene che drenano il testicolo.
L'ovaio presenta alcuni legamenti tra cui il legamento sospensorio dell'ovaio che è dato principalmente dai
vasi, strutture connettivali e muscolari . Segue il legamento mesovario, un po' più complesso. La parte infe -
riore viene toccata dal mesovaio, struttura peritoneale, appartenente al foglietto superiore del legamento
largo dell'utero. Qui passano i vasi per l'ovaio, rivestito dall'epitelio germinativo. È definito cosi perché si
pensava che fosse l'epitelio che da origine alla cellula uovo, ma non è così.

APPARATO DIGERENTE

La faringe

La faringe è lunga 15 cm, la sua muscolatura è striata con un andamento circolare esterno, e una parte lon -
gitudinale interna. Quella circolare è rappresentata dai tre costrittori (superiore, medio, inferiore) posti
come delle tegole: il superiore parte da un legamento che si trova dietro i molari, si porta verso il rafe farin -
geo, il connettivo proprio dietro la faringe. Qui si inseriscono tutti e tre i costrittori, su questa struttura con -
nettivale che sta dietro la faringe. Questi costrittori hanno origini diverse: per esempio, il medio origina a li -
vello dell'osso ioide e della cartilagine della faringe. Il fatto che abbiano origini diverse comporta la presen -
za di quattro spazi laterali tra questi costrittori, utilizzati sia dai muscoli longitudinali sia da nervi e vasi per
portarsi all'interno della faringe. I muscoli longitudinali sono:

• palatofaringeo;

• stilofaringeo;

• salpingofaringeo.

Hanno il compito, nella loro contrazione durante la deglutizione, di portare in alto la faringe. "Trascinano"
tutte le strutture collegate, come esofago, laringe, trachea: c'è tutto uno spostamento verso l'alto. Patolo -
gie a carico di questi muscoli possono comportare disturbi nella deglutizione.

L'esofago

La faringe termina a livello di C6 e si continua con l'esofago con il cambiamento della muscolatura, che inco -
mincia nella prima parte dell'esofago ad essere liscia. Nella prima parte c'è una porzione striata, ma man
mano che si prosegue, la muscolatura si trasforma in liscia. Al di là di ciò, ora la circolare sarà interna e la
longitudinale sarà esterna. Questo cambiamento che avviene tra la faringe e l'esofago risulta nella forma-
zione del triangolo di Laimer, posteriormente all'esofago e responsabile della formazione dei diverticoli
esofagei (proprio perché manca la muscolatura longitudinale). Scendendo, l'esofago mostra tre restringi-
menti:

1. il primo è quello che si trova a livello di C6;

2. il secondo si trova a livello dell'aorta (che si porta dal davanti verso dietro);

3. l'ultimo a livello di T10, quando l'esofago giunge nell'addome.

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Questi tre restringimenti diventano quattro perché c'è un contatto nel bronco di sinistra, anche se funzio -
nalmente i più importanti sono i tre restringimenti.

Questi tre restringimenti sono importanti perché qui avvengono più facilmente le lesioni a carico dell'esofa -
go; quindi quando si utilizza il gastroscopio, sono i tre punti che vengono guardati maggiormente: essendo
così ristretti, è chiaro che se una persona ingerisce delle sostanze molto calde, permangono lì più a lungo
(anche sostanze alcoliche ad alta gradazione possono essere lesive proprio in quei tre punti). Infatti i tumori
all'esofago sono quanto più frequenti in queste zone nelle persone che bevono alcolici frequentemente e
fumano. Il cancro esofageo è molto difficile da operare, perché è in una posizione molto arretrata. Anche le
sostanze caustiche, se ingerite, possono rimanere di più in quei tre punti, creare un'ulcera dell'esofago e
addirittura in alcuni casi perforare la trachea, che è davanti.

Ci sono vasi che provengono dall'aorta e tutta la parte toracica viene drenata dal sistema della vena azygos
che va a finire nella cava superiore. Invece, quella addominale viene drenata dalle vene gastriche, che si
gettano direttamente nella vena porta: abbiamo un'anastomosi porta-cava che può essere importante in
patologie come la cirrosi, in quanto in quel caso il sangue, non passando più per il fegato, ritorna indietro,
dilata le vene esofagee, avendo una parete sottile e superficiale. Questa dilatazione può dare origine alla
rottura di queste vene.

Lo stomaco

L'esofago, poi, si unisce con lo stomaco, organo intraperitoneale, mostrando una grande e una piccola cur -
vatura. La grande curvatura misura 40 cm, è piuttosto grande. Presenta legamenti importanti come il picco -
lo omento, in cui troviamo il legamento gastroepatico e l'epatoduodenale. Il gastroepatico va a finire sull'ilo
del fegato. Segue il gastrosplenico, che si unisce alla milza e in questo legamento passano dei vasi, rami del-
la splenica perioscopica: le arterie gastriche brevi e l'arteria gastroepiploica di sinistra.

Questi due vasi originano dalla splenica e vanno nello stomaco. Le gastriche brevi sono responsabili dell'a -
zione del fondo dello stomaco. La gastroepiploica di sinistra percorre la grande curvatura e si anastomizza
con la gastroepiploica di destra, che deriva dalla gastroduodenale, un ramo dell'epatica. Per quello che ri-
guarda la piccola curvatura, abbiamo l'anastomosi tra la gastrica di sinistra e quella di destra: quella di sini -
stra nasce direttamente dal tripode celiaco, la gastrica di destra deriva dall'arteria epatica. Questi sono i
vasi principali dello stomaco. I legamenti più importanti sono il gastroepatico, il gastrosplenico e il gastro-
frenico, che unisce il fondo al diaframma. Abbiamo anche il grande omento che unisce lo stomaco al colon
trasverso: il grande omento scende davanti all'intestino tenue e forma una parte a fondo cieco, che si chiu -
derà col tempo. Quindi questa parte esiste solo nei primi anni di vita.

Funzione dello stomaco: ha pH acido e produce HCl, che facilita la trasformazione di alcuni enzimi prodotti
dallo stomaco come il pepsinogeno, che si trasforma in pepsina. Inoltre le stesse cellule che producono HCl
producono anche il fattore intrinseco, che facilita l'assorbimento della vitamina B12. Quando un paziente
ha subito una gastrectomia, è importante somministrargli la B12, a causa della mancanza del fattore intrin -
seco.

Dietro lo stomaco abbiamo la borsa omentale a cui si accede attraverso il forame di Winslow, delimitato an-
teriormente dal legamento epatoduodenale e posteriormente dalla vena cava inferiore. Il tutto è rivestito
dal peritoneo. Il legamento epatoduodenale circonda la prima parte del duodeno e si collega con il dotto
coledoco, vena porta e arteria epatica. La borsa omentale si porta dietro la parete dello stomaco, avendo
davanti il piccolo omento e dietro il pancreas, in posizione retroperitoneale.

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Il nervo parasimpatico stimola la secrezione gastrica, il simpatico la reprime. Il nervo vago di sinistra innerva
la parete anteriore dello stomaco, quello di destra la parete posteriore.

Il duodeno

È un organo importante per la digestione, maggiormente retroperitoneale (solo il bulbo duodenale è intra -
peritoneale). Tutto il resto è secondariamente retroperitoneale.

Si divide in:

• bulbo;

• parte discendente;

• parte orizzontale:

• parte ascendente.

Nella parte discendente giungono gli enzimi della digestione prodotti dal pancreas e la bile. Il dotto pan -
creatico principale è il dotto di Wirsung, che sbocca nell'ampolla di Vater insieme al coledoco. Segue un
dotto pancreatico accessorio, quello del Santorini, che raccoglie gli enzimi dal processo uncinato del pan-
creas e li porta nella parte discendente del duodeno. Ha una muscolatura circolare interna e longitudinale
esterna: qui iniziano i villi intestinali che andranno dal duodeno fino all'ileo compreso. Non ci saranno più
nel crasso.

Il duodeno avvolge la testa del pancreas e a questo livello si origina la vena porta, formatasi dalla confluen-
za della vena splenica che decorre dietro al pancreas con la mesenterica superiore. Nella parte ascendente
si forma l'angolo di Treitz, complesso nella struttura anatomica. Qui inizia il peritoneo e l'intestino tenue
mesenteriale, avvolto dal peritoneo. Il duodeno appartiene già all'intestino tenue che nel totale è lungo cir -
ca 6 metri, ma il mesenteriale è proprio quello avvolto dal peritoneo. Il digiuno, poi, rappresenta i 2/5 supe -
riori, l'ileo i 3/5 inferiori; non c'è un confine tra i due. Nel duodeno i villi intestinali sono molto vicini e man
mano che si procede verso la fine dell'ileo, i villi si distanziano. L'ileo è irrorato anche dalla mesenterica su-
periore. Questi rami, dalla parte sinistra, sono una serie di arcate molto complesse che facilitano l'irrorazio -
ne di questa parte dell'intestino, che è sottoposta a continui peristalti, allungamenti e accorciamenti della
struttura dell'intestino stesso. La radice del mesentere ha un andamento obliquo che va da sinistra verso
destra e dall'alto verso il basso e si porta fino al confine dell'ileo; origina vicino alla testa del pancreas e poi
si porta verso il basso.

Drenaggio: la mesenterica superiore va a formare la vena porta.

L'intestino crasso

È lungo 1,5 metri ed è caratterizzato da:

• cieco;

• colon ascendente;

• flessura colica di destra;

• colon trasverso;

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• flessura colica di sinistra;

• colon discendente;

• colon sigmoideo;

• retto.

La parte del cieco dove sbocca l'ileo è data da una valvola molto efficiente, che impedisce che le feci torni -
no indietro. Passando nel cieco, arriviamo al confine tra cieco e colon ascendente. Nel cieco sbuca anche
l'appendice vermiforme, con una lunghezza variabile. Generalmente si trova dietro al cieco ed è intraperito -
neale: c'è una mesoappendice che la sostiene. È irrorata da un ramo dell'arteria ileocolica. Il cieco ha un
rapporto col peritoneo molto variabile: può essere intraperitoneale, retroperitoneale e abbiamo anche una
"situazione a metà" in cui peritoneo lo avvolge solo in piccole parti. In una parte del crasso (cieco compre-
so), abbiamo la presenza di una muscolatura liscia longitudinale ridotta. Le uniche parti di muscolatura lon -
gitudinali consistenti sono le cosidette tenie; sono tre e sono disposte attorno al colon, a livello del cieco
ascendente e discendente, fino al sigmoideo. Non sono più visibili a livello del retto, che riacquista una
completa muscolatura longitudinale esterna. È importante tener conto della presenza nel colon di strutture
a sacco, chiamate haustrae, con pieghe semilunari all'interno. Sono visibili anche delle appendici epiploiche,
estroflessioni della sottosierosa di tessuto adiposo. Il colon ascendente è retroperitoneale; abbiamo la fes-
sura colica di destra, sotto al fegato, e poi il colon trasverso intraperitoneale, avvolto dal mesocolon, che
origina nella parte bassa del pancreas che è a forma di prisma.

Il mesocolon abbraccia il colon trasverso, termina a livello della flessura colica di sinistra, presso la quale ab-
biamo un legamento importante che forma il pavimento della loggia della milza, il legamento frenico-colico.
Il discendente è retroperitoneale.

Segue il sigma, intraperitoneale, con andamento molto sinuoso. Infine è visibile il retto.

Irrorazione: l' arteria mesenterica superiore irrora tutta la parte dal cieco alla flessura colica di sinistra. Dal -
la mesenterica superiore nascono alcuni rami, tra cui la ileo-colica, da cui partiranno arterie che irrorano il
cieco e l'ultima parte dell'ileo. Abbiamo, inoltre, l'arteria colica di destra che irrora il colon ascendente, e la
colica media che irrora il colon trasverso. Questi sono rami della mesenterica superiore. La media però si
unisce a un ramo della mesenterica inferiore, che sarà la principale responsabile dell'irrorazione della re -
stante parte del crasso. La colica media, si unisce alla colica di sinistra, che irrora il colon discendente e for -
ma una grande arcata, la quale si trova a livello della flessura colica di sinistra: la grande arcata anastomoti -
ca. C'è un'anastomosi tra le due mesenteriche, inferiore e superiore.

Drenaggio venoso: anche qui viene effettuato dalle due vene corrispondenti, vena mesenterica superiore e
vena inferiore. La mesenterica inferiore va a terminare nella splenica, quindi fa parte del sistema della vena
porta.

Il retto, ultima parte dell'intestino, ha un andamento molto sinuoso. La prima parte è retroperitoneale, cor -
rispondente all'ampolla rettale, ha una muscolatura completa, sia circolare sia longitudinale. Quindi è retro -
peritoneale nella prima parte, mentre la seconda parte è extraperitoneale. Ci saranno delle flessure nel ret-
to: le più importanti sono la flessura sacrale e la flessura perineale con convessità anteriore, visibile più o
meno a livello del coccige, quando il retto si porta posteriormente per andare a formare poi il canale. Sul
piano coronale, abbiamo una serie di curve. Quindi ci sono tre pliche (superiore, media e inferiore); la più
evidente è quella media. L'andamento sinuoso implica che il retto si può dilatare molto facilmente e si può

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svuotare altrettanto velocemente grazie ad una muscolatura consistente. Le feci, nel passaggio attraverso il
crasso, passano dall'essere liquide (nel cieco) all'essere consistenti (nel sigma e nel retto).

Muscolatura del retto: abbiamo due muscoli, uno esterno e uno interno. Quello esterno è volontario, quel-
lo interno è involontario. Inoltre, è bene ricordare la fossa ischio-rettale, ai lati del retto, dove si nota molto
tessuto adiposo. Può andare in contro a varie patologie.

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