Sei sulla pagina 1di 174

ANATOMIA

INTRODUZIONE (1° lezione)


È la disciplina che studia la struttura delle diverse parti del corpo e nel
particolare le relazioni tra la struttura e la funzione degli organi. È la materia
descrittiva che studia come è organizzato il corpo umano, quindi può essere
studiato sotto vari tipi di approccio, dal livello macroscopico a quello
microscopico. L'organo rappresenta il livello di organizzazione su cui si basa
l'anatomia umana, nonché il frutto dell'associazione e la cooperazione di più
tessuti. Gli organi possono essere pieni o cavi, i primi sono quelli che
generalmente sono formati da un PARENCHIMA, ovvero la componente
funzionale, formato da cellule addette a svolgere la funzione specifica
dell'organo, e uno STROMA, cioè l’impalcatura connettivale che sorregge
tutto l’organo, nel quale decorrono vasi sanguigni, vasi linfatici e nervi. Più
organi, uguali o diversi, posso cooperare per una sola funzione oppure per
una serie di funzioni che permettono di considerare l'insieme di un unico
apparato. Sistema ed apparato esprimono due concetti simili ma non uguali,
un SISTEMA è l'insieme di organi morfologicamente e funzionalmente
omogenei con stessa derivazione embriologica (muscolare, nervoso,
endocrino…), un APPARATO è invece l’insieme di più organi
morfologicamente e funzionalmente eterogenei e con diversa derivazione
embriologica (digerente, riproduttore..). L'insieme di più apparati e sistemi
formano l'organismo, caratterizzato da sei funzioni vitali: organizzazione
(omeostasi), metabolismo, reattività, crescita, sviluppo e riproduzione.

ORGANI E FUNZIONI:
• Supporto e movimento:
- Sistema scheletrico, costituito da una serie di ossa separate
unite insieme da legamenti e articolazioni, le quali ossa
hanno non solo un’importante funzione di protezione e
supporto ma anche di fornire sali inorganici e funzione
ematopoietica (nel midollo osseo);
- Sistema muscolare, costituito da muscoli che consentono il
movimento del corpo, mantengono la postura e producono
calore ed energia;
• Integrazione e coordinamento:
- Sistema nervoso, costituito da cervello, midollo spinale,
nervi e organi di senso, con funzione primaria di ricevere
informazioni dall’ambiente (esterno o interno) e dare degli
stimoli. L’unità funzionale è il neurone;
- Sistema endocrino, comprende tutte le ghiandole che
secernono ormoni , quindi quelle endocrine, in grado di
regolare la maggior parte delle funzioni fisiologiche e
biologiche e di trasportare;

• Trasporto:
- Sistema cardiovascolare, comprende il cuore e i vasi
sanguigni (venosi e arteriosi), distribuisce nutrimento e
ossigeno alle cellule del corpo e permette l'eliminazione dei
prodotti di rifiuto dalle cellule;
- Sistema linfatico, costituito da vasi linfatici, linfonodi,
timo, milza, regola il volume dei liquidi dei nostri tessuti e
trasporta cellule del sistema immunitario.

• Assorbimento ed escrezione:
- Sistema digerente, unico grosso canale che collega la bocca
e l'ano attraverso l'esofago, lo stomaco, l'intestino tenue e
crasso, provvede a ricevere, digerire ed assorbire gli
alimenti;
- Sistema respiratorio, localizzato nella porzione superiore del
tronco, costituito dalle cavità nasali, faringe, laringe, albero
bronchiale e polmoni ed ha l’importante funzione di
assorbire l’ossigeno e scambiarlo con l'anidride carbonica;
- Sistema urinario (o renale), costituito dai reni, gli ureteri, la
vescica e dagli organi di escrezione (apparato emuntorio),
depura il sangue dai prodotti di scarto convogliati ed espulsi
tramite urina, è strettamente legato al sistema genitale, con
funzione di riproduzione e quindi della produzione di un
nuovo individuo, costituito dal sistema riproduttivo maschile,
testicoli e ghiandole accessorie in grado di formare lo
sperma e di trasferirlo al pene, e sistema riproduttivo
femminile, formato
dall’ovaio, dalle tube uterine, utero vagina e genitali esterni.
Ha il compito di formare gli ovuli, e costituisce la sede del
concepimento e delle sviluppo del nuovo organismo.

TERMINOLOGIA ANATOMICA
(2° lezione)
Riferirsi agli organi e allo studio della superficie esterna del nostro organismo
mediante una terminologia corretta che farà riferimento ad una posizione
anatomica, a dei piani di sezione e a specifici termini di direzione. Il corpo
umano viene sempre descritto considerando l’individuo in posizione eretta,
con testa, occhi e alluci rivolti in avanti, arti superiori distesi lungo i fianchi,
con i palmi della mani rivolti anteriormente, gambe leggermente divaricate,
questa tipica posizione anatomica ci permette di definire tutte le posizioni
degli organi o di varie regioni anatomiche individuabili, ricordando che è però
una figura speculare rispetto al nostro corpo.
Piani anatomici: se ne identificano 3, ognuno va a dividere il corpo umano,
oppure gli organi, in due porzioni. Il PIANO SAGITTALE è quello che passa
verticalmente al corpo ed individua una porzione destra ed una sinistra ,
quando il piano sagittale va a tagliare il corpo precisamente a metà, viene
detto MEDIANO SAGITTALE; Il PIANO FRONTALE è quello che divide il corpo
(o l’organo) in una porzione anteriore, o ventrale, ed una posteriore, o
dorsale, si estende da lato a lato, molto diffuso per quanto riguarda questo
tipo di piano è quello coronale, utile a dividere le varie parti del cervello, dalla
porzione anteriore a quella più posteriore, ci permette di osservare i due
emisferi del cervello al livello della stessa profondità contemporaneamente; il
PIANO TRASVERSALE è quello che divide il corpo in una porzione superiore
ed inferiore, è perpendicolare all'asse longitudinale del corpo. È possibile
visualizzare anche piani obliqui, ma sono poco usati in quanto non danno una
visualizzazione corretta di quella che può essere l’organizzazione anatomo-
topografica del nostro corpo. Ogni piano ci permette di studiare diverse
caratteristiche e da diversi punti di vista, una stessa regione corporea.
Termini di direzione: in relazione ad un piano trasversale avremo come
abbiamo già detto una porzione superiore ed una inferiore, e quindi regione
CEFALICA, o craniale, quella più vicina alla porzione alta del nostro corpo
(alla testa), e regione CAUDALE, cioè quella più lontana dalla testa e dal
tronco; DORSALE e VENTRALE rispetto al piano frontale; MEDIALE e
LATERALE rispetto al piano sagittale, rispettivamente verso la linea mediale
del corpo è lontano dalla linea mediale del corpo (verso l’esterno);
PROSSIMALE e DISTALE, il primo si usa per una parte del corpo vicina al
punto di attacco al tronco, generalmente in riferimento agli arti, il secondo si
usa per una parte del corpo lontana dal punto di attacco, viene usato anche
per organi come il duodeno.
Regioni anatomiche fondamentali: TESTA, o regione cefalica, in cui possiamo
distinguere una porzione anteriore, quella del volto, ed una supero-
posteriore, ovvero quella della scatola cranica, è direttamente collegata alla
porzione del tronco mediante il collo, o regione cervicale. La regione del
TRONCO è divisa da una parte superiore, rappresentata dal torace, o regione
toracica, e da una parte inferiore rappresentata superiormente dall’addome, o
regione addominale, ed inferiormente da una regione pelvica, nel quale si
trova la regione inguinale, o pubica. A queste regioni saranno annesse a
livello osseo, mediante il cingolo scapolare ed il cingolo pelvico, la regione
degli ARTI SUPERIORI e la regione degli ARTI INFERIORI rispettivamente,
nella prima abbiamo una porzione brachiale, o braccio, una regione cubitale,
o regione del gomito, la regione dell'avambraccio ed i fine più distante la
regione della mano, nella regione degli arti inferiori troviamo una regione
prossimale che è quella della coscia, una patellare al livello del ginocchio, una
crurale al livello della gamba e distalmente il piede. A livello della testa, per
quanto riguarda le ossa, verranno distinti un NEUROCRANIO ed uno
SPLANCNOCRANIO, il primo costituisce la scatola cranica, la base del cranio
su cui poggia il nostro cervello, il secondo costituito dalle ossa che
compongono la cavità nasale, quella orale e quelle acustiche.
Divisione in quadranti: ci permette di individuare sia sulle superficie che
all'interno del tronco, una serie di regioni all'interno del quale ci saranno i vari
organi, si possono utilizzare o una griglia a 4 quadranti, mediante una linea
sagittale ed una trasversale, che individuano quindi due quadranti superiori,
uno destro e uno sinistro , e due inferiori, uno destro ed uno sinistro;
Migliore, in quanto più preciso, è l’utilizzo della griglia a 9 quadranti mediante
una serie di linee, due verticali che partono dal punto mediale delle clavicole
fino ad arrivare al tubercolo pubico, cioè la porzione anteriore dell'osso
dell’anca, intersecare da altre tre linee perpendicolari a queste che sono una
superiore, detta linea basisternale, che passa a livello della 5-6° costa, quindi
al di sotto dello sterno, una mediale detta sottocostale, appena al di sotto del
diaframma, ed infine la linea basiliaca, che va ad unire le due spine
ischiatiche anteriori, passante superiormente al pube. Avremo quindi una
regione addomino-pelvica divisa in 9 quadranti: nella regione addominale
(superiore) un ipocondrio destro, un epigastrio ed un ipocondrio sinistro,
nella regione mediale una regione lombare destra, un mesogastrio ed una
regione lombare sinistra, nella regione pelvica (inferiormente) una fossa iliaca
(o inguinale) destra, un ipogastrio ed una fossa iliaca sinistra.
Cavità corporee: il corpo può essere diviso in una PARTE APPENDICOLARE ed
una PARTE ASSIALE, la parte appendicolare comprende gli arti mentre quella
assiale comprende testa, collo, cavità dorsale e ventrale, superiori ed
inferiori. La CAVITÀ DORSALE è costituita superiormente dalle ossa della
scatola cranica all’interno della quale è posizionato il cervello, in diretta
continuazione con la CAVITÀ CRANICA è presente la CAVITÀ SPINALE, che
risulterà costituita dalla sovrapposizione delle varie vertebre che andranno a
formare un unico canale, chiuso da una serie di legamenti e muscoli, che
identificherà dorsalmente il rachide, in cui sarà localizzato il midollo spinale.
Le altre due cavità in cui si va a dividere la cavità ventrale sono la CAVITÀ
TORACICA e la CAVITÀ ADDOMINALE (o meglio, cavità addomino-pelvica),
all'interno della quale andremo ad identificare, per la presenza di una
membrana chiamata mesocolon, una porzione sovramesocolica, nella quale si
collocano fegato e stomaco, ed una sottomesocolica, nel quale si collocano
parte dell’intestino tenue mesenteriale, parte del crasso, la cavità toracica è
invece divisa in altre due porzioni, una CAVITÀ PLEURICA, nella quale sono
localizzati i polmoni, ed una CAVITÀ MEDIASTINICA, (o MEDIÀSTINO) nel
quale si colloca il cuore ed altri organi come il timo, parte della trachea e
dell'esofago. Nella regione pelvica sono invece situati gli organi genitali
maschili e femminili e la parte più caudale dell’intestino, quindi colon e retto.
Tutti gli organi che sono posizionati all’interno di cavità sono tutti avvolti da
membrane, possiamo vedere ogni organo infatti come un pugno che colpisce
un pallone sgonfio, quindi identifico una membrana in cui ho una parete
viscerale, a contatto con l’organo, ed una parietale che è invece esterna
all'organo, che costituisce la porzione più esterna della cavità, tra le due ci
sarà generalmente del liquido.
Il mediastino contiene la CAVITÀ PERICARDICA che a sua volta è rivestita da
un pericardio, distinto in pericardio parietale e viscerale, quest’ultimo a
diretto contatto con il cuore, e che quindi rappresenterà la parete più esterna
del cuore. La cavità toracica invece contiene le due cavità pleuriche, una di
destra ed una di sinistra, in cui sono collocati i polmoni, rivestiti da un
foglietto , detto PLEURA, viscerale e parietale. Più complesso è il PERITONEO,
cioè un sacco all’interno della cavità addomino-pelvica in cui sono contenuti
tutti gli organi della cavità addominale, quindi si distingueranno gli organi che
si collocano all'interno del foglietto parietale del peritoneo, chiamati organi
INTRAPERITONEALI, e organi posizionati sempre in cavità addominale ma
non contenuti nel peritoneo, e quindi verranno detti organi
RETROPERITONEALI, come i reni e gli ureteri. Anche alcuni organi della
cavità pelvica saranno in parte intraperitoneali ed in parte retroperitoneali. I
due foglietti parietali peritoneali si possono andare ad accollare l’uno sull’altro
per andare ad avvolgere l’organo presente nella cavità, quindi forma foglietti
che prendono il nome di MESO. Uno di questi è il MESOCOLON TRASVERSO,
ovvero quello che va ad avvolgere la porzione del colon trasverso, ed il quale
permette di individuare una cavità sovramesocolica ed sottomesocolica. Un
altro meso è il MESENTERE, ampia piega a ventaglio che raggiunge digiuno e
ileo, importante perché è quello che va a fissare l’intestino tenue alla parete
addominale posteriore e che ne permette un'elevata mobilità.
(3° lezione) RIPASSO SUI TESSUTI EPITELIALI, CONNETTIVALI, MUSCOLARE
E NERVOSO... E ANATOMIA MACROSCOPICA DELL'APPARATO
LOCOMOTORE
L'apparato locomotore costituisce la struttura portante dei vertebrati e
permette loro il movimento. Tale apparato è costituito da due componenti
che funzionano in stretta correlazione: uno attivo, il sistema muscolare, e uno
passivo, il sistema scheletrico. Il sistema muscolo-scheletrico fornisce forma,
supporto, stabilità e movimento al corpo, oltre che la protezione degli organi
vitali. La porzione scheletrica funge da sistema di stoccaggio
di calcio e fosforo e contiene i componenti fondamentali del sistema
ematopoietico. Il sistema muscolo-scheletrico è costituito dalle ossa,
i muscoli, la cartilagine, i tendini, i legamenti, le articolazioni e i tessuti
connettivi che sostengono e legano insieme i tessuti e gli organi.

SISTEMA SCHELETRICO
Il sistema scheletrico è costituito da uno scheletro, una struttura rigida,
ovvero un insieme di ossa che sostengono il corpo, si parla di circa 206 ossa,
le quali sono unite insieme da una serie di articolazioni e legamenti, che
faranno da attracco ai tendini per coordinare la componente muscolare.
Quindi a comporre il sistema locomotore ci sono le ossa, i muscoli, le
articolazioni e i legamenti. Andranno a delineare una serie di cavità nel nostro
corpo allo scopo di proteggere gli organi, per esempio la scatola cranica che
avvolge e protegge l’encefalo, oppure la gabbia toracica che avvolge e
protegge i polmoni e il cuore. Oltre alla funzione strutturale e meccanica, atta
alla locomozione, e le ossa presentano anche una importante funzione
ematopoietica, quindi la produzione degli elementi figurati del sangue, della
linea mieloide ed eritroide, le quali sono presenti a livello del midollo osseo, in
più hanno funzione plastica, in quanto danno forma ed equilibrio al nostro
corpo, e rappresenta un'importante deposito di sali minerali, in particolare il
calcio, e quindi partecipa all’omeostasi di molti elementi del nostro corpo.
Risulta costituito da uno scheletro assile, da uno appendicolare e da un
cingolo scapolare e pelvico. Il tessuto connettivo, di sostegno, che costituisce
le nostre ossa è il tessuto osseo, il quale si differenzia dagli altri tipi di tessuto
per una matrice calcificata.
Le ossa risultano essere costituite da una porzione di tessuto osseo compatto,
con interposto del tessuto osseo spugnoso. Se andiamo a guardare quella
che è la composizione dell'osso, la parte esterna è sempre rivestita dal
periostio, il quale è sempre formato da uno strato più esterno ed uno più
interno che risulta altamente vascolarizzato, oltre che associato alla
formazione di tessuto osseo compatto. La parte esterna delle ossa risulta
principalmente costituito da tessuto osseo compatto che è organizzato
sempre in strutture estremamente ripetute, osteoni, ognuno dei quali
presenta delle lamelle di tessuto osseo orientate in maniera circolare intorno
ad un canale centrale, il canale di Havers, ed associati agli osteoni, all'interno
delle lacune tra le fibre, sono presenti tutta una serie di elementi cellulari,
che possono essere osteoblasti, osteoclasti ed osteociti. Un altro elemento
fondamentale che costituisce l'osso è il tessuto osseo spugnoso in cui le
trabecole non sono orientate in maniera omogenea attorno al canale di
Havers, ma sono libere nella matrice fondamentale, a costituire tutta una
serie di trabecole che riempiono gli spazi all’interno dell'osso. Risulta
particolarmente abbondante nelle epifisi delle ossa lunghe, cioè le porzioni
terminali dell'osso. Elemento fondamentale della parte esterna dell'osso è il
periostio, sulla superficie della quale non c’è un rivestimento di cartilagine
articolare, quindi il periostio non è presente a livello delle articolazioni, è
costituito da una superficie più interna, che giace sulla superficie esterna
dell'osso costituito da cellule ossee, responsabile della produzione di nuovi
elementi ossei, mentre lo strato più esterno è costituito da tessuto connettivo
fibroso, riccamente vascolarizzato, con un sistema di vasi sanguigni che entra
e si diffonde nel periostio. Nel tessuto osseo compatto i vasi sanguigni
saranno trasversali alle lamelle e andranno a sfociare fino al canale di Havers.
Nella composizione dello scheletro si possono ritrovare 3 tipi di ossa: OSSA
LUNGHE, BREVI e PIATTE.
Le ossa lunghe sono costituite fondamentalmente da un segmento centrale,
DIAFISI, e due estremità, EPIFISI. La diafisi risulta sempre formata nella
porzione centrale da uno spesso strato di osso compatto, che diventa sempre
più sottile mano a mano che si va verso le estremità (epifisi) e risulta molto
sottile a livello delle porzioni articolari. La caratteristica fondamentale del
tessuto osseo compatto a livello delle epifisi è che le trabecole ossee sono
orientate lungo le linee di forza che si esercitano sull'osso stesso. Abbiamo
bisogno di un rivestimento di tessuto osseo compatto al di fuori di un tessuto
osseo spugnoso, perché è molto resistente, rigido, che dà forma e rigidità
all'osso, mentre il tessuto osseo spugnoso fa da tessuto di riempimento con
la caratteristica di rendere leggera la nostra struttura ossea. Nei punti di
giunzione tra l’epifisi e la diafisi è presente la cartilagine di accrescimento
(metafisaria), regione in cui non ancora si ha la costituzione di un vero e
proprio tessuto osseo, ma rimane del tessuto cartilagineo al livello del quale
avviene l’accrescimento delle nostre ossa. Lo scheletro viene semplificato e
distinto in uno SCHELETRO ASSILE ed in uno SCHELETRO APPENDICOLARE.
Il primo risulta costituito dalle ossa della scatola cranica, a sua volta articolate
con le ossa della colonna vertebrale. A livello della porzione dorsale del
tronco e della regione cervicale è presente una sovrapposizione di 33/34
VERTEBRE, il quale costituisce quello che è lo scheletro del rachide, quello
che dà appoggio e supporto a tutto il corpo, sul quale si associano
lateralmente ed anteriormente le ossa della gabbia toracica, costituita da 12
paia di COSTE che si articolano anteriormente ad un osso piatto che prende il
nome di STERNO. Le ossa della porzione assile fanno da punto di ancoraggio
alle ossa degli arti superiori, attraverso il CINGOLO SCAPOLARE SUPERIORE,
formato anteriormente dalla clavicola e posteriormente dalla scapola, mentre
gli arti inferiori risultano uniti allo scheletro assile tramite le ossa del
CINGOLO PELVICO, formato dalle due ossa dell'anca, articolate,
posteriormente dall'osso sacro, mentre anteriormente a formare la sinfisi
pubica, che delinea la cavità pelvica. Lo scheletro appendicolare, in maniera
generale, risulta costituita da vari segmenti ossei che si organizzano in
maniera simile sia a livello superiore che inferiore. Entrambi sono
caratterizzati da un osso più lungo che si va ad annettere al cingolo scapolare
, l'omero, e al cingolo pelvico, il femore, mentre nella porzione più distale,
nella regione dell'avambraccio e della gamba rispettivamente, sono costituiti
da 2 segmenti ossei, parliamo poi nell'arto superiore della mano suddivisa in
una regione carpale, una metacarpale e delle falangi, mentre nel piede
parliamo di una regione tarsale, metatarsale e una serie di falangi.
IL CRANIO
Il cranio risulta costituito da una serie di ossa le quali sono articolate tra di
loro da una serie di articolazioni/giunzioni fisse (suture) le quali formano la
scatola cranica, e quindi le ossa del neurocranio, il quale sono associate,
nella porzione antero-laterale, con un'altra serie di ossa che prendono il nome
di ossa dello splancnocranio, in cui vi troviamo l’unico osso estremamente
mobile della scatola cranica che è la mandibola, l’osso che si articola a livello
dell'osso temporale e permette il movimento di apertura e di chiusura della
cavità orale. In una visione superiore del neurocranio è possibile osservare
come esso risulti essere formato anteriormente dalla porzione superiore
dell'osso frontale, che prende articolazione posteriormente, mediante la
sutura coronale, con le due ossa parietali. Nella porzione posteriore si può
visualizzare la parte più superiore dell'osso occipitale. Le due ossa parietali
sono unite insieme mediante una sutura che prende il nome di sutura
sagittale, la quale è in continuazione anteriormente con la sutura coronale,
mentre posteriormente con la sutura lambdoidea, che va ad unire le due ossa
parietali con quella occipitale e, visualizzando sta volta da un punto di vista
posteriore della scatola cranica, l’osso occipitale continua inferiormente
andando a confinare con le due ossa temporali nella zona più inferiore. Di
ogni osso della scatola cranica può essere distinta una superficie esocranica,
cioè quella esterna, ed una superficie endocranica, ovvero quella interna. Le
ossa della scatola cranica, soprattutto quelle parietali, che costituiscono la
volta del cranio, sono un tipico esempio di ossa piatte, costituite da due
tavolati di osso compatto interposti da uno strato di osso spugnoso, che
prende anche il nome di diploe. Possiamo riconoscere sulla superficie
esocranica dell'osso occipitale una linea nucale superiore ed una linea nucale
inferiore, che si collegano ad una linea nucale centrale la quale termina nella
porzione più superiore dell'osso occipitale con quella che è la protuberanza
nucale. Sono dei punti che permettono attacco a tutta una serie di legamenti,
che senza queste protuberanze troverebbero solo una superficie liscia dove
non potersi attaccare, per permettere i diversi movimenti della testa,
flessione e rotazione. La conformazione delle ossa superiori e laterali della
scatola cranica di un uomo possono essere molto diverse da quelle di un
neonato. Infatti in quest’ultimo, a livello di quelle che diventeranno le suture,
sono presenti delle porzioni di tessuto connettivo fibroso, che va a
congiungere le ossa in quei punti. Tant’è che in questa fase dello sviluppo,
l'osso frontale nasce come due ossa distinte, interposte appunto da tessuto
connettivo che caratterizza la fontanella anteriore, la quale si congiunge con
la fontanella sagittale che posteriormente si chiude con la fontanella
occipitale, cioè quelle che andranno a costituire poi le suture/articolazioni
fibrose. La presenza di queste fontanelle permette al momento del parto, e
quindi del passaggio attraverso lo stretto pelvico inferiore, una modulazione
ed un restringimento della scatola cranica del neonato per agevolarne la
fuoriuscita. Quella più importante è la fontanella frontale (per le analisi),
solitamente tutte le fontanelle si chiudono verso il primo anno di età.
In una visione laterale della scatola cranica, dalla parte anteriore a quella
posteriore, è visibile l’osso frontale, che prende contatti con le due ossa
parietali mediante la sutura coronale, e ognuna di queste a sua volta si
articola con le ossa temporali mediante la sutura squamosa, che
posteriormente continua come sutura lambdoidea a separare l’osso occipitale
dalle ossa parietali.
Lateralmente, a formare una sutura con la porzione squamosa dell'osso
temporale, è presente l’osso sfenoide, o meglio la superficie esocranica della
grande ala dell’osso sfenoide che ha il compito di connettere tutte le ossa
della scatola cranica. La faccia esocranica dell’osso temporale presenta una
porzione squamosa ed una petrosa, o meglio , quella porzione che prende il
nome di processo mastoideo dell'osso temporale, al davanti del quale è posto
il meato acustico esterno, cioè l’apertura del canale acustico , il quale
continuerà internamente con la porzione petrosa dell'osso temporale, nel
quale sono appoggiati gli organi dell'udito e dell'equilibrio. Saranno presenti
degli ossicini che vanno a formare l’organo dell'udito a forma di chiocciola, e
l’organo del Corti che è l’organo deputate all’equilibrio. Nella porzione
inferiore dell'osso temporale ritroviamo invece il processo mastoideo,
importante punto di attracco per i muscoli masticatori, troviamo il meato
acustico esterno, ed un altro processo che è quello stiloideo, altro punto di
attacco per i muscoli masticatori. Lateralmente ritroviamo un altro processo
dell'osso temporale , ovvero il processo zigomatico, il quale anteriormente si
va a fondere con l'osso zigomatico. L'arcata zigomatica risulta costituita
posteriormente dal processo zigomatico dell'osso temporale, ed
anteriormente dal processo temporale dell'osso zigomatico. L’osso
zigomatico, a sua volta, si va ad articolare anteriormente con l’osso
mascellare, posteriormente con l'osso temporale, e va a formare la porzione
laterale della cavità orbitaria. L’osso zigomatico (che è un osso pari) si
articola poi posteriormente con la grande ala dell'osso sfenoide e
superiormente con l’osso frontale, il quale anteriormente va a costituire la
regione frontale dell’osso frontale e la linea supero-anteriore della cavità
orbitaria, la quale si congiungerà poi nella faccia mediale dell'osso frontale
con la porzione superiore dell'osso mascellare (mascella), il quale è un osso
pari che ha l’importante funzione di formare le pareti laterali della cavità
nasale e parte del margine infraorbitario. Il naso sarà costituito
fondamentalmente nella sua parte esterna da una serie di cartilagini, le due
uniche ossa che andranno a costituire la parte esterna del naso, sono le due
ossa nasali, due ossa piatte che si articolano superiormente con la porzione
centrale dell'osso frontale. L'osso frontale è l'osso costituito da una superficie
esocranica che va a formare la fronte, parte superiore della scatola cranica,
nella quale si inserisce una lamina orizzontale che va a formare parte della
cavità cranica anteriore.
L’osso mascellare ha anche l’importante funzione di presentare i processi
alveolari, ovvero i punti di attacco dei denti dell'arcata dentaria superiore. La
cavità orale presenterà degli importanti annessi, i denti, organizzati in
un’arcata dentale superiore ed un’arcata dentale inferiore, quella superiore è
fissata sulle due ossa mascellari, in cui ci sono varie cavità/processi alveolari
su cui si andranno ad inserire i denti mediante articolazioni specifiche
chiamate gonfosi. Sulla faccia inferiore dell’osso mascellare si trovano i due
processi palatini, cioè due lamine ossee orizzontali le quali si fondono insieme
e rimangono aperte solo a livello della fossetta incisiva, dietro i due incisivi
centrali, i quali andranno a formare la parte anteriore del palato duro, che si
articolerà poi posteriormente con le lamine orizzontali delle due ossa palatine.
Il processo palatino dell'osso mascellare + la lamina orizzontale dell'osso
palatino andranno a costituire la porzione del palato duro.
In una visione inferiore del cranio, ritroviamo la porzione esocranica dell'osso
occipitale, la cui porzione fondamentale è rappresentata dal forame magno,
ovvero quel canale che permetterà il passaggio della prima porzione del
midollo spinale, quindi che permette l'attacco della regione dell'encefalo che
chiameremo midollo allungato e che continuerà con il midollo spinale, che si
troverà invece a livello della cavità toracica. Lateralmente al forame magno
sono presenti due strutture chiamate condili occipitali, ovvero due superfici
articolari di forma allungata simile ad una sella le quali si vanno ad articolare
con la prima vertebra, l’atlante, e questo tipo di articolazione permette il
movimento di flessione del capo (movimento di sì). Appena al di fuori del
forame magno, più esternamente, sull'osso temporale, sono presenti una
serie di forami, uno di questi è il forame giugulare, che risulta costituito dalla
chiusura di una parte presente sull'osso temporale e di una parte presente
sull'osso occipitale, è estremamente importante per consentire il passaggio
della vena giugulare che è la vena di uscita che drena il sangue della scatola
cranica verso il sistema della vena cava superiore, verso il cuore , dall'altra
parte invece è presente un altro forame estremamente importante che è il
forame carotideo, a livello della porzione della faccia esocranica della parte
petrosa dell'osso temporale il quale permetterà il passaggio delle due carotidi,
destra e sinistra, e che andranno ad irrorare il cervello.
Da una visione superiore di una sezione trasversale della scatola cranica, è
possibile descrivere quella che è la faccia endocranica della base del cranio.
Identifichiamo una fossa cranica anteriore, una media ed una posteriore.
Quella anteriore risulta costituita fondamentalmente dalla lamina orizzontale
dell'osso frontale, il quale prende articolazioni con le piccole ali dell'osso
sfenoide mediante una sutura. L’osso sfenoide occupa la porzione centrale
della fossa cranica media, costituito da un corpo dal quale dipartono due
gruppi di ali, due grandi e due piccole, le piccole anteriormente vanno a
prendere articolazione con la lamina orizzontale dell'osso frontale, chiudendo
anteriormente la scatola cranica. Inferiormente, sempre nella porzione
centrale della fossa cranica media ritroviamo il corpo, che si va ad articolare
con l’osso occipitale a chiudere la base della scatola cranica, che nella sua
porzione centrale risulta quindi costituita dal corpo e dalle ali dell'osso
sfenoide e da parte delle ossa temporali, sia la porzione squamosa che quella
petrosa. La sella turcica è un avvallamento dell'osso sfenoide, importante in
quanto qui è collocata la sede dell'ipofisi, la ghiandola più importante del
nostro sistema endocrino. Anteriormente (in visuale laterale) e supero-
lateralmente ( in visione superiore) sono presenti le piccole ali dell'osso
sfenoide, a livello delle quali è presente il forame ottico, quello che dà
passaggio al nervo ottico, il nervo sensitivo che parte dalle cellule della retina,
dai bastoncelli e i coni, si uniscono e fuoriescono dal formare ottico, e si
incrociano al davanti della sella turcica dell'osso sfenoide nella regione del
chiasma ottico. Rappresenta un importante punto perché delle alterazioni a
livello dell'ipofisi portano ad uno schiacciamento del chiasma ottico, quindi
alla modificazione del visus, del campo visivo, e quindi un elemento clinico
per capire se ci sono alterazioni tumorali a livello dell'ipofisi. Al di sotto della
giunzione tra la piccola e la grande ala dell'osso sfenoide ritroviamo il forame
infraorbitario che permette il passaggio del nervo oculomotore , importante
nervo cranico che permette il movimento dell'occhio. Altri forami presenti a
livello delle grandi ali dell'osso sfenoide sono il forame rotondo, ovale e
spinoso, ovvero punti di passaggio per rami diversi del nervo trigemino. Nella
fossa cranica posteriore invece ritroviamo la porzione endocranica dell'osso
occipitale, in cui è presente una cresta occipitale interna, longitudinale e
trasversale, a delimitare due fossette occipitali inferiori/cerebellari in cui
prendono alloggiamento i due lobi del cervelletto e le due fossette occipitali
superiori nei quali si trova la porzione postero-inferiore degli emisferi
celebrali, ovvero l'area occipitale dell'emisfero cerebrale.
La fossetta cranica anteriore, come già detto, è costituita anteriormente dalla
lamina orizzontale dell'osso frontale, che prende articolazione con le piccole
ali dell'osso sfenoide , mentre nella porzione centrale l'osso frontale prende
articolazione con l'osso etmoide, un piccolo ossicino che risulta costituito da
due lamine, una perpendicolare e una orizzontale, che si articolano insieme,
dalla lamina orizzontale dipartono due processi laterali i quali costituiscono da
un lato la faccia mediale della cavità orbitaria, la superficie, mentre più
lateralmente vanno a costituire il cornetto nasale superiore ed il cornetto
nasale medio, la lamina perpendicolare, coperta da un altro osso che è il
vomere, invece costituisce la parte posteriore del setto nasale sul quale si
andrà ad articolare il vomere , inferiormente si andrà ad articolare con il
processo palatino dell'osso mascellare, a costituire il setto della cavità nasale,
sul quale anteriormente si andrà ad articolare la cartilagine del setto che
rappresenta la porzione anteriore su cui si andranno ad articolare tutte le
altre cartilagini nasali. La parte che entra in cavità della lamina
perpendicolare, quindi la parte endocranica, costituisce la Crista Galli, quella
che rappresenta un punto di attacco per le meningi encefaliche, ovvero una
serie di avvolgimenti fibrosi che vanno a proteggere il cervello. Dalla lamina
orizzontale dell'osso etmoide, da cui dipartono i processi apofisari trasversi, la
sua porzione centrale, tutta bucherellata, prende il nome di lamina cribrosa,
in quanto formata da una serie di forellini che permettono il passaggio dei
rami del nervo olfattivo. La lamina cribrosa dell'osso etmoide andrà a
costituire il tetto della cavità nasale, la parte superiore. Sulla faccia nasale,
ritroviamo la membrana o mucosa olfattiva, su cui sono presenti i neuroni
olfattivi i cui assoni si uniscono a formare dei fasci che entrano attraverso la
lamina cribrosa.

PANORAMICA DELLE SINGOLE OSSA CHE COMPONGONO IL


NEURO/SPLANCNOCRANIO, COLONNA VERTEBRALE (4°
lezione)
L'osso parietale, come già visto è un osso pari, presente nella porzione
laterale e superiore della scatola cranica , presenta una linea temporale
superiore ed inferiore, importanti perché punto di attacco per il muscolo
temporale ed il muscolo masticatore. L’osso parietale forma la parete laterale
del cranio, insieme ad un altro osso molto importante che è l’osso temporale,
costituito nella sua faccia esterna da una squama, dal quale si riparte il
processo zigomatico, il quale si va ad articolare con il processo temporale
dell'osso zigomatico a formare l’arcata zigomatica, e nella sua faccia interna
da una porzione petrosa. Siamo al davanti del meato acustico esterno,
intorno al quale si andrà ad organizzare la cartilagine auricolare dell'orecchio.
Nella porzione posteriore sono presenti il processo mastoideo e quello
stiloideo. Tra i due si viene a trovare una cavità nel quale trova alloggiamento
il ramo della mandibola, e quindi si articolerà con la mandibola, ovvero l’unico
osso mobile di tutta la scatola cranica. Nella sua porzione interna, o
endocranica, è presente il meato acustico interno, il forame giugulare, che si
viene a formare per interposizione dell'osso occipitale con la docciatura
dell'osso temporale, e quindi il canale carotideo nel quale passerà l’arteria
carotide interna, arteria fondamentale dell'apparato circolatorio interno che
porta sangue al cervello, soprattutto alla porzione anteriore. L'osso frontale
risulta estremamente importante nella formazione della porzione anteriore del
cranio e nella formazione di quella che è la volta orbitaria, nella porzione
centrale si andrà ad articolare con l’osso etmoide, oltre a tutta una serie di
aperture che costituiranno i seni paranasali frontali che si andranno ad unire
con i seni paranasali etmoidali, a formare i seni paranasali nel quale passa
aria, a fare da cassa armonica per il passaggio della voce, sono quelli che si
infiammano quando si ha la sinusite e si parla con una voce nasale. Altro
osso importante è l’osso sfenoide il quale si va ad articolare con l’osso
occipitale, a chiudere la fossa cranica posteriore. Sono presenti inoltre due
lamine che si inseriscono lateralmente alla cavità nasale, le quali costituiscono
la lamina pterigoidea laterale, punto di inserzione per i muscoli della
masticazione, e quella mediale, che costituisce le pareti posterolaterali della
cavità nasale, i quali si andranno a fissare anche con una altro osso posto più
inferiormente che è l’osso ioide. Il corpo centrale dell'osso sfenoide
costituisce delle aperture, dei seni paranasali, il seno sfenoidale nel corpo
sfenoide, la formazione delle grandi e piccole ali, a formare la parete
posteriore della cavità orbitaria. L’osso che chiude la porzione posteriore è
l’osso occipitale, sul quale è presente un importante elemento che è il forame
magno, e lateralmente al forame magno ci sono i 2 condili dell'osso occipitale
che si vanno ad articolare con la prima vertebra che è l'atlante. Sulla faccia
endocranica è visibile la protuberanza occipitale interna , intersecata dalla
cresta occipitale che permette di dividere due gruppi di depressioni, due
cerebellari e due celebrali, la presenza delle linee nucali sulla faccia
esocranica invece permette l’attacco dei muscoli che fissano il cranio alle
vertebre, una sorta di legamento che connette il cranio alla colonna
vertebrale. L’osso etmoide è costituito da una lamina orizzontale ed una
perpendicolare, quest’ultima forma la parte posteriore del setto nasale , la
lamina interna forma la Crista Galli, quindi la parete mediana del setto
orbitale , da una visione superiore si vede la lamina cribrosa dell'osso
etmoide. Nei due processi apofisari si distinguono una lamina orbitaria che va
a formare la parete mediale della cavità orbitaria, un cornetto medio e un
cornetto superiore che vanno a costituire elementi fondamentali nella parete
laterale della cavità nasale, ovvero una cavità non liscia ma caratterizzata da
tutta una serie di protuberanze , i meati, i quali permettono un passaggio
vorticoso, un riscaldamento ed un'umidificazione dell'aria inspirata. Il cornetto
nasale inferiore, o conca nasale, a differenza degli altri due, è un piccolo
ossicino che si articola inferiormente con il processo palatino dell'osso
mascellare e con la porzione mediale interna dello stesso osso, però è un
piccolo osso a se stante. La mandibola è l'osso che anteriormente forma il
mento e che origina come due porzioni ossee che si fondono poi durante lo
sviluppo neonatale, in cui si riconoscono una porzione chiamata corpo ed
un’altra chiamata ramo, che nella loro giunzione formano l’angolo
mandibolare, siamo a livello del meato acustico esterno. Nel margine
superiore del corpo della mandibola sono alloggiati i processi alveolari per
l'inserimento dei denti dell'arcata dentale inferiore. Il ramo della mandibola
termina con il processo condiloideo che si va ad articolare con la cavità
dell'osso temporale, al davanti del meato acustico esterno, una superficie
articolare estremamente liscia, al quale poi si inserisce l’incisura mandibolare
che termina con il processo coronoideo. Sia la faccia interna, che quella
esterna di ramo e corpo della mandibola, non sono lisce, in quanto daranno
attacco ad una serie di muscoli masticatori, quindi presenteranno delle
rugosità, delle estroflessioni. È presente anche il forame mentoniero,
attraverso cui passano una serie di vasi e nervi che vanno a innervare e a
portare nutrimento alle arcate dentarie. Sono presenti inoltre altri due piccoli
ossicini che sono l’osso lacrimale, che va a chiudere la parete mediale della
cavità orbitaria, mentre l’osso nasale è quello che prende articolazione nella
faccia mediale con la controparte dell'osso nasale, nella parte laterale va ad
articolarsi con l’osso mascellare, mentre superiormente con l’osso frontale, ed
è l’unica porzione ossea che va a costituire la formazione del naso esterno,
tutto il resto saranno cartilagini che andranno a formare le aperture delle
cavità nasali, ovvero le narici. Nella formazione del setto nasale partecipano
la lamina perpendicolare dell'osso etmoide, che si articola nella parte inferiore
con un altro ossicino, il vomere, caratterizzato da una forma appuntita e che
si inserisce tra la lamina perpendicolare dell'osso etmoide e il processo
palatino dell'osso mascellare, il quale, insieme alla lamina orizzontale dell'osso
palatino, va costituire la porzione anteriore del palato, ovvero il palato duro.
Al di sopra della porzione anteriore del palato duro, tra la lamina
perpendicolare dell'osso etmoide e il vomere, si inserirà un'importante
cartilagine che è la cartilagine del setto, la quale darà attacco a tutte le altre
cartilagini esterne che andranno a formare le narici.

LA COLONNA VERTEBRALE
La formazione dello scheletro assile continua dal cranio con la colonna
vertebrale, a partire dalla regione cervicale, e sviluppandosi anche nella
porzione del tronco e della regione addominale. Essa è costituita dalla
sovrapposizione di 32/33 vertebre, le quali si articolano tra di loro con una
serie di articolazioni sia a livello del corpo che a livello dei processi articolari,
e risultano unite da una serie di legamenti che formano, nella porzione
dorsale del tronco e dell'addome, questa struttura che prende il nome di
rachide. Nel suo insieme, da una visione laterale, presenta una serie di
curvature, 4, una lordosi cervicale, che risulta essere convessa anteriormente,
una cifosi toracica, con una concavità anteriore, una lordosi lombare,
convessa anteriormente, ed una cifosi sacrale, concava anteriormente.
Queste curvature non sono sempre tutte presenti nella vita di un individuo, ci
sono delle curvature primarie, che sono la cifosi toracica e quella sacrale,
presenti nella vita neonatale, e quindi la colonna vertebrale del feto assume
una forma concava che permette l’accomodamento all'interno della cavità
addomino-pelvica della madre. Le altre due curvature, ovvero le lordosi, dette
secondarie, iniziano a presentarsi nel momento in cui il bambino riesce a
mantenere la posizione eretta del capo, quindi intorno al 6°-7° mese di vita ,
quindi quando riesce a mantenere la posizione seduta, e si stabilizza,
soprattutto la lordosi lombare, nel momento in cui inizia a camminare. Queste
si stabilizzeranno definitivamente alla fine della pubertà, per cui avremo
nell’adulto queste tipiche curvature che potranno essere più o meno
accentuate a seconda dell'individuo o della fase in cui esso si viene a trovare,
negli anziani per esempio risulta molto più pronunciata la cifosi toracica,
oppure la lordosi lombare nei soggetti femminile in fase di gravidanza. La
colonna vertebrale è costituita dalla sovrapposizione delle vertebre,
organizzate in una porzione superiore, o cervicale, costituita dalla
sovrapposizione di 7 vertebre cervicali, 12 vertebre toraciche, 5 nella regione
lombare, la regione sacrale sarà data dalla fusione di altre 5 vertebre a
costituire un unico osso, l’osso sacro, che termina inferiormente con un
piccolo ossicino chiamato coccige, dato dalla fusione di un numero variabile di
ossa, da 3-4 ossa. Le vertebre della colonna vertebrale vengono nominate e
distinte con l'iniziale della regione corrispondente (c-cervicali, t-toraciche, l-
lombari e s-sacrali) seguita da un numero, a partire dalla porzione più cefalica
verso la porzione caudale (c1»c7, t1»t12, l1»l5, s1»s5). La numerazione è
utile soprattutto da un punto di vista clinico per indicare la regione di
fuoriuscita dei nervi spinali (ad esempio un'ernia tra l5-s1…).
Esaminiamo ora la struttura delle vertebre. La vertebra risulta costituita
anteriormente da un corpo, mentre nella parte posteriore da un arco, a
delimitare la faccia posteriore interna del corpo e la faccia anteriore interna
dell'arco, a formare il forame vertebrale. La sovrapposizione di più vertebre, e
quindi di più forami, costituirà il canale vertebrale all'interno del quale
passerà il midollo spinale. Nella porzione vicino al corpo parte la porzione
dell'arco che prende il nome di peduncolo, ai lati del forame vertebrale, il
quale va a fondersi con la porzione centrale dell'arco dal quale dipartono i
processi articolari inferiori e superiori, che permettono l’articolazione tra
vertebra e vertebra, ma dal quale diparte anche il processo trasverso. Nella
parte posteriore invece l’arco risulta costituito da due lamine , le quali si
fondono insieme a formare il processo spinoso. Nel processo articolare
superiore ed inferiore si ha una superficie liscia , per quanto riguarda il
processo articolare superiore, nella sua faccia dorsale, nel processo articolare
inferiore, nella sua faccia ventrale, le quali si sovrappongono incastrandosi tra
di loro. Il peduncolo, in tutte le varie vertebre, presenta in maniera più o
meno accentuata a seconda delle regioni, delle incisure, un'incisura
vertebrale superiore ed una inferiore. Nella formazione della colonna
vertebrale, a livello delle incisure superiori ed inferiori, accade che andandosi
a congiungere tra di loro si viene a creare il forame intervertebrale, che
risulta importante per consentire il passaggio dei nervi spinali. In linea
generale, le vertebre sono articolate tra di loro sia attraverso le faccette
articolari superiori ed inferiori, sia a livello del corpo, che presenta una sorta
di rilievo, che va a delimitare una sorta di concavità, nella quale si va’ ad
alloggiare il disco intervertebrale, diverso nelle varie vertebre, ma con
costituzione comune data da un anello fibroso esterno e da un nucleo
polposo interno. La parte esterna è composta da un tessuto connettivo
fibroso, con abbondanti fibre reticolare, mentre nella parte interna è sempre
presente tessuto connettivo, ma in cui c’è una prevalenza di matrice
fondamentale, soprattutto di proteoglicani, i quali possono assorbire acqua,
quindi si ha una struttura resistente all'esterno e gelatinosa all’interno, in
modo da permettere i movimenti di flessione della colonna vertebrale,
accompagnati dai movimenti di flessione e di scivolamento a livello dei
processi articolari superiori ed inferiori.
Partendo dalla vertebra cervicale c3 e scendendo fino alla vertebra l5, le
vertebre aumentano di dimensioni, in quanto dovranno sorreggere un peso
corporeo mano a mano maggiore scendendo.
Vertebre cervicali c1»c7- sono particolari. La c1 è chiamata atlante, ed è una
vertebra che ha perso il corpo, risulta costituita soltanto da un arco posteriore
e da un arco anteriore, la caratteristica fondamentale è data dal fatto che
possiede sulle due porzioni laterali la faccetta articolare superiore , che
presenta l'articolazione per il condilo dell'osso occipitale. I due condili si
vanno ad inserire all’interno di queste faccette articolari e permettono il
movimento di sì con la testa. L’altra articolazione fondamentale si trova a
livello della seconda vertebra cervicale c2, che prende il nome di epistrofeo, a
livello della porzione del corpo presenta un dente che si porta verso l'alto e va
ad articolarsi a livello della faccetta interna per il dente dell’epistrofeo
presente nell'arco anteriore dell’atlante. È il perno che consente la rotazione
del capo sulla colonna vertebrale (movimento di no). Quindi l’articolazione tra
condili e atlante dà il movimento di flessione (o di sì) , mentre quella
epistrofeo ed atlante, quello di rotazione. Altra caratteristica fondamentale
delle vertebre cervicali e comune a tutte loro è data dal fatto che il processo
spinoso risulta bifido. Un’altra è il fatto che il processo trasverso presenta un
forame, il forame trasverso (o forame del processo trasverso) che risulta
fondamentale per il passaggio dell'arteria intervertebrale, la quale costituirà
un ramo collaterale che passerà entrando dalla c7 e salendo sfociando per il
forame magno dell'osso occipitale e andrà ad irrorare la porzione posteriore
del cervello. (Cose a cui tiene per l’esame: circolazione cerebrale, l’osso
etmoide, il fegato..).
Vertebre toraciche t1»t12- Risultano particolari perché, innanzitutto
presentano un processo spinoso molto lungo e sottile, si porta obliquamente
verso il basso, poi hanno a livello della porzione posteriore del corpo due
faccette articolari accessorie, una superiore ed una inferiore, quindi a livello
del corpo della vertebra piuttosto che a livello del processo articolare, le quali
si andranno ad articolare con la testa della costa. A livello del processo
trasverso avranno un'altra faccetta articolare per il tubercolo della costa.
Quindi la costa si andrà ad articolare alla vertebra non direttamente , ma la
testa della costa si andrà ad articolare a livello dello spazio intervertebrale
formato da due vertebre. Una costa sarà costituita da una testa, un
tubercolo, collegato alla testa mediante il collo, e dal ramo (o corpo della
costa), che si porta anteriormente e che prenderà articolazione con lo sterno.
La costa a sua volta presenterà due emi faccette articolari, una superiore ed
una inferiore, quindi non si articola direttamente con il corpo della vertebra,
ma tra due vertebre, e il tubercolo della costa si andrà ad articolare con il
processo trasverso della vertebra dello stesso livello. È sbagliato quindi
pensare che per ognuno delle 12 vertebre toraciche sia associata una costola,
proprio per permettere i movimenti di inspirazione ed espirazione della gabbia
toracica, l’articolazione avviene a livello di un punto molto mobile della
colonna vertebrale, cioè tra due vertebre. La faccetta articolare inferiore del
corpo di una vertebra si va ad articolare con la faccetta articolare superiore
della costa sottostante, mentre il tubercolo della costa si articola con il
processo trasverso della vertebra dello stesso livello, si incastrano, ad
eccezione delle ultime due paia di coste, undicesima e dodicesima, le quali
invece si vanno ad articolare direttamente con il corpo della vertebra, e
sarebbero quelle denominate come coste fluttuanti, poiché non vanno ad
articolarsi anteriormente con lo sterno.
Vertebre lombari l1»l5- sono molto più tozze e grandi, molto breve e tozzo il
processo spinoso, non è rivolto verso il basso ma è disposto orizzontalmente.
La caratteristica più immediata è il fatto che in queste vertebre aumenta il
corpo vertebrale ma diventa più piccolo il forame vertebrale, in quanto
alloggerà un midollo spinale sempre più piccolo mano a mano che si scende
dalla porzione cervicale a quella lombare e sacrale. Anzi già a livello della 2°-
3° vertebra lombare non sarà più presente il midollo spinale ma una regione
chiamata cauda equina.
Vertebre sacrali- ultima porzione della colonna vertebrale data dalla fusione di
5 vertebre sacrali a formare un unico osso chiamato osso sacro. La parte
superiore è detta promontorio dell'osso sacro in cui si può osservare , da una
visione anteriore, la tipica concavità anteriore dell'osso sacro, l’assenza dei
dischi intervertebrali a causa della fusione delle vertebre, risultano evidenti i
forami intervertebrali, mentre in una visione dorsale si può riconoscere la
fusione dei vari processi spinosi a formare il canale sacrale, mentre la fusione
dei vari processi trasversi forma una regione molto importante a livello
dell'osso sacro, che prende il nome di ala del sacro, in cui si trovano due
faccette articolari, una a destra e l’altra a sinistra, per l’osso dell'anca. L’osso
dell'anca fa parte del cingolo pelvico, e ne sono due, si uniscono
posteriormente con l’ala dell'osso sacro ed anteriormente vengono ad unirsi
con un’articolazione che prende il nome di sinfisi pubica, a costituire quella
regione ossea che va a delimitare la regione pelvica del nostro addome. Nel
cingolo pelvico le due ossa dell’anca risultano costituite ognuna dalla fusione
di tre ossa, le quali risultano particolarmente evidenti nella parte mediale
dell’osso dell’anca, laddove si viene a costituire una cavità che prende il nome
di acetabolo, nella quale si va ad articolare la testa del femore, e quindi dà
attacco all'arto inferiore. Le tre ossa sono, uno che va a costituire la parte
superiore dell'osso dell’anca e prende il nome di ileo, forma i 2/5 circa
dell'osso, gli altri 2/5 sono occupati nella parte postero-inferiore dall'ischio,
mentre l'altro 1/5 nella porzione antero-inferiore è occupato dal pube, i quali
vanno a delimitare un forame, forame otturatorio, il quale si troverà chiuso
da una sorta di membrana alla quale si attaccheranno una serie di muscoli
come i glutei, e i muscoli della coscia. Le regioni che maggiormente si
riconoscono all’intento dell’osso dell’anca sono la cresta iliaca, ovvero la
porzione superiore che termina con la spina iliaca antero-superiore, procede
nella cresta iliaca, quindi con la spina iliaca postero-superiore, la quale
continua ancora con la spina iliaca postero-inferiore per poi dare forma alla
grande incisura ischiatica che continua nella formazione dell’ischio nella quale
posteriormente si trova la spina ischiatica , ovvero la regione su cui poggia
l’intero corpo quando siamo seduti. Anteriormente invece, da una veduta
mediale, è presente una linea , la linea pettinea (si pronuncia pettínea), che
dal pube continua con la linea arcuata, presente invece nell'ileo. Sono molto
importanti perché la congiunzione tra le due linee delle due ossa va a
delineare lo stretto superiore del bacino , e quindi a determinare la regione
iliaca superiore e inferiore, grande pelvi e piccola pelvi , la grande pelvi va a
contenere parte degli organi digerente, parti di quello genitale femminile , la
piccola pelvi parte dei due apparati maschile e femminile . Al di sotto sarà
presente la regione del perineo. L’organizzazione della pelvi assume
un’organizzazione completamente diversa tra maschio e femmina, in quanto
l’angolo che si viene a formare a livello della sinfisi pubica risulta maggiore di
90° nella donna è molto più stretto nell’uomo, a questa apertura maggiore
coinciderà anche una concavità maggiore dell'osso sacro, più staccato dal
resto dell’osso dell’anca, qui di un’apertura maggiore delle grandi ali, quindi
una regione della grande pelvi più grande nelle donne, per accogliere il feto,
l’utero che si ingrandisce durante la gravidanza. L’osso dell'anca è suddivisa
in tre ossa in quanto nello sviluppo pre-natale risultano separate, per poi
andare a fondersi mediante delle suture molto poco evidenti.

GABBIA TORACICA, ARTI, ARTICOLAZIONI


(5° lezione)

GABBIA TORACICA
Elemento fondamentale della componente scheletrica in porzione toracica è la
gabbia toracica, che risulta costituita da 12 paia di coste, le quali sono
articolate posteriormente con la colonna vertebrale, le 12 vertebre della
regione toracica, mentre anteriormente si chiuderanno con un osso piatto,
che è lo sterno, nel quale si identifica, dalla porzione più cefalica a quella più
caudale, un manubrio, un corpo, ed un processo xifoideo, porzioni che
rimangono rimangono separate durante l'accrescimento da delle cartilagini di
accrescimento, presenti tra il processo xifoideo e il corpo e tra corpo e
manubrio, in quello che nell'adulto viene chiamato angolo sternale. Le coste
si articolano allo sterno in maniera differente, un primo gruppo di 7 coste
vere, le quali si vanno ad articolare direttamente allo sterno, di cui la prima e
la seconda a livello del manubrio, nel particolare la seconda nell'angolo
sternale, le coste dalla terza alla settima si articolano direttamente con lo
sterno, dall'ottava alla decima invece sono dette false, perché non si
articolano direttamente allo sterno, ma si articolano con la cartilagine della
settima costa, le ultime due, undicesima e dodicesima, sono dette fluttuanti
perché si dipartono dall’undicesima e dalla dodicesima vertebra
posteriormente, portandosi solo lateralmente senza chiudersi con lo sterno.
Le coste risultano formate , dalla porzione posteriore a quella anteriore, da
una testa, in cui ritroviamo una superficie articolare, alla quale fa seguito una
porzione ristretta, il collo, seguito dal tubercolo costale, dal quale parte la
porzione del corpo della costa, la quale curva anteriormente verso la porzione
sternale, congiungendosi allo sterno mediante la cartilagine costale. Una
caratteristica affrontata precedentemente è stata quella che nelle vertebre
della regione toracica, a livello della porzione
, presentano delle emifaccette articolari per la testa delle coste, quindi la
testa della costa si presenta con due superfici costali, una che si lega alla
faccetta articolare della vertebra superiore e una a quella inferiore, le quali le
permettono alle coste di articolarsi nelle porzioni intermedie tra due vertebre.
Il tubercolo costale invece si va ad articolare con la faccetta articolare
presente nel processo trasverso, altra particolarità delle vertebre toraciche,
infatti le vertebre cefaliche presentano a livello del processo trasverso dei
forami attraverso cui passa l'arteria intervertebrale, e non delle faccette
articolari. Ci sarà un diverso orientamento delle coste, scendendo dalle prime
fino alle più caudali, infatti mentre il corpo del primo paio di coste è orientato
in posizione supero-inferiore, quasi orizzontale, le altre coste si vanno ad
orientare in senso trasversale, perpendicolare all'asse maggiore del corpo,
per cui mentre superiormente ritroveremo un margine della costa mediale ed
un margine della costa laterale, in questo caso andremo a riconoscere un
margine superiore ed uno inferiore (?)… i margini delle coste e le superfici,
laterali e mediali, presenteranno una serie di solchi, i quali andranno a dare
attacco ai muscoli, i muscoli intercostali, interni ed esterni, che sono tra i più
importanti gruppi di muscoli respiratori, in quanto favoriscono il movimento di
sollevamento delle coste, per cui nel loro insieme, permettono i movimenti di
inspirazione e di espirazione.

CINGOLO SCAPOLARE
Alla gabbia toracica fa seguito il cingolo scapolare, che darà articolazione agli
arti superiori. Il cingolo scapolare risulta costituito da due ossa, la clavicola e
la scapola. L'osso della scapola è quello che si viene a trovare nella porzione
posteriore della gabbia toracica, con tipica forma triangolare e apice rivolto
verso il basso, quindi si distingue un margine mediale, o vertebrale, un
margine laterale, o ascellare, ed un margine superiore. Nel margine superiore
si apre la cavità glenoidea, dove si andrà ad articolare la testa dell’omero, a
questo livello si andrà a formare la tipica articolazione sinoviale, che permette
agli arti superiori i movimenti di rotazione, nelle tre linee dello spazio. La
cavità glenoidea è coperta, nella porzione sia posteriore, dall'acromion,
mentre anteriormente dal processo coracoideo. All’estremità superiore
dell’acromion è presente la faccetta articolare per la clavicola. Sulla scapola si
riconosce, su una superficie dorsale, la presenza di una cresta che permette
di individuare una fossa sovraspinata ed una fossa infraspinata, importanti
per l’attacco dei muscoli della porzione toracica. La clavicola è un osso, con
tipica forma ad S, curva, nella quale si riconosce un’estremità acromiale, con
cui prende articolazione con la scapola, ed una sternale, con la gabbia
toracica. Presenta a livello dell’estremità acromiale, il tubercolo conoide, che
fa da attracco ai muscoli della spalla.

SCHELETRO APPENDICOLARE:

ARTI SUPERIORI ED INFERIORI


C’è una certa corrispondenza tra l'arto superiore e quello inferiore, infatti nel
primo caso, a livello del braccio troviamo l’omero, tipico osso lungo che
presenta nella porzione prossimale (apicale) una testa arrotondata che si
inserisce all’interno della cavità glenoidea, quindi ad articolarsi con la scapola.
Presenta a livello della regione della testa un collo anatomico, punto di
continuità appunto tra testa e corpo dell'omero, regione che va a delineare la
porzione più concava della testa, mentre al di sotto della piccola e della
grande tuberosità della testa, il cosiddetto collo chirurgico, chiamato così
perché è la sede dove principalmente si verificano le rotture dell'omero
stesso. L'omero non è un osso completamente liscio, ma sono presenti delle
tuberosità, tra cui la più importante è la tuberosità deltoidea, che dà attacco
al muscolo deltoide. Regione fondamentale dell'omero è la porzione distale,
nel quale si riconoscono due regione, due faccette articolari diverse, da una
parte la troclea, al quale si va ad articolare il processo coronoideo dell'ulna, e
dall'altra una regione più o meno sferica, il capitello, che dà attacco alla testa
del radio. Quindi siamo al livello dell’articolazione del gomito, estremamente
complessa, che permette i movimenti di estensione e flessione
dell'avambraccio sul braccio, ma anche di rotazione dell’avambraccio. Nella
porzione posteriore c’è la fossetta olecranica, nella quale si va ad inserire il
processo dell’ulna. L’ulna si troverà in posizione mediale-interna
dell'avambraccio, mentre il radio si troverà latero-esternamente all'ulna,
ovviamente in posizione anatomica. Quello che abbiamo è quindi una doppia
articolazione a livello del gomito che permettono tutta una serie di movimenti
dell'avambraccio sul braccio. La porzione dell'avambraccio termina
distalmente poi con la porzione della mano, in cui si distingue una regione
carpale ed una meta carpale. Le ossa del carpo sono un insieme di 8 ossa, 4
nella regione più prossimale, 4 in quella più distale. In ordine, da sinistra
verso destra, nella porzione più prossimale, in posizione anatomica (superficie
palmare) dell’arto superiore sinistro, ci sono lo scafoide, il semilunare, il
piramidale ed il pisiforme, mentre in porzione più distale ci sono il
trapezioide, il trapezio, il capitato e l'uncinato. Il radio presenta articolazione
con lo scafoide e il semilunare, mentre l’ulna non prende articolazione diretta
con le ossa carpali, ma si articola all’estremità distale del radio. Le ossa distali
invece prenderanno articolazione con le 5 ossa metacarpali, che a loro volta
prendono articolazione con le ossa delle falangi, mediante articolazioni
sinoviali. Distingueremo delle falangi prossimali, delle falangi medie e delle
falangi distali, nel pollice manca la falange media. Struttura simile la
ritroviamo nella costituzione scheletrica dell'arto inferiore, il quale si articola
allo scheletro assile mediante il cingolo pelvico, o meglio mediante le ossa
dell’anca, inserendosi mediante la testa del femore nella cavità dell'acetabolo.
Il femore è l’osso più lungo del nostro corpo, in analogia con l’omero
distinguiamo una testa, un collo anatomico ed uno chirurgico, il quale passa
al di sotto di due protuberanze, nella porzione laterale il grande trocantere e
nella porzione mediale il piccolo trocantere, siamo a livello dell’epifisi
femorale, in cui troviamo posteriormente la tubercolositá glutea, che insieme
al piccolo e grande trocantere dà attacco al muscolo del gluteo. La diafisi è
formata da un corpo, con una serie di tuberosità per dare attacco ai muscoli
della gamba. Nella porzione distale del femore sono presenti due regioni, un
condilo mediale ed un condilo laterale, all'interno del quale (tra i due),
posteriormente si inserisce la fossa intercondiloidea. I due condili si vanno ad
articolare con la testa della tibia. Anteriormente rispetto alla fossa
intercondiloidea è presente un tipico osso sesamoide, inserito a livello di
legamenti, il quale prende il nome di patella. La tibia è l’osso che in posizione
anatomica si trova in porzione mediale, la fibula (o perone) è quella che si
trova in posizione esterna-laterale. Entrambe si andranno ad articolare con le
ossa prossimali del tarso distalmente, mentre prossimalmente solo la tibia si
articola con il femore, mentre la fibula si associa su una superficie articolare
in posizione laterale sulla testa della tibia. Sia la tibia che il perone
presentano delle protuberanza laterali chiamate malleoli, quindi sulla porzione
distale della tibia sarà presente il malleolo mediale, mentre sulla porzione
distale del perone ci sarà il malleolo laterale. Ci sarà quindi una regione del
tarso con una serie di ossicini, il calcagno, l’osso cuboide, lo scafoide, ed il
talo che va a dare attacco alla tibia. Più distalmente questi prenderanno
articolazione con le ossa cuneiformi, che sono 3, a loro volta articolate con le
ossa metatarsali, che sono 5, ognuna articolata ad una falange prossimale,
che seguitano con una falange mediale ed una distale. L'alluce, come il
pollice, non presenza la falange media.
ARTICOLAZIONI
Le ossa sono unite tra loro da una serie di articolazioni, le quali, in base alla
loro struttura, possono consentire determinati movimenti piuttosto che altri.
Quindi l'organizzazione anatomica di un'articolazione rispecchia il movimento
che devono fare i due capi ossei. Sono il sistema di unione che variano
morfologicamente in base alla funzione che devono assolvere. Nelle ossa del
cranio, in cui la funzione è quella di protezione, l'articolazione tra due capi
ossei ne permetterà una strettissima adesione , non devono permettere
nessun movimento tra le ossa, quelle delle colonna vertebrale hanno una
funzione di sostegno, che non permettono movimenti ampi, le vertebre sono
articolate tra di loro da un disco cartilagineo, permettono movimenti di
torsione, inclinazione e flessione della colonna vertebrale, altre sono quelle
mobili, che permettono dei movimenti molto più ampi, quindi sono quelle
presenti a livello degli arti, dove c’è la necessità di compiere movimenti in
tutte le direzioni dello spazio. Queste articolazioni saranno costituite da ossa
la cui forma permette all’osso di scorrere l’una sull’altra, presenteranno delle
cartilagini articolari, le quali saranno immerse in una soluzione, che prende il
nome di liquido sinoviale (o sinovia), di consistenza albuminosa, che hanno
l’importante funzione di ridurre al minimo l'attrito tra i due capi ossei, e le
ossa si ritroveranno avvolte in prossimità del punto di articolazione, da una
capsula articolare, un manicotto che tiene ferma e chiusa l'articolazione,
all’interno del quale c’è appunto la sinovia. Le ossa quindi non saranno unite
tra di loro, ma saranno distanziate, perciò saranno necessarie delle strutture
accessorie, i legamenti, che si annettono a queste per tenere uniti
maggiormente i due capi articolari. Classificazione in base al tipo di tessuto
presente tra i due capi ossei: articolazioni fibrose, quelle costituite da tessuto
fibroso, e che generalmente sono poco mobili o totalmente immobili, possono
essere classificate a loro volta in suture, in sindesmosi ed in gonfosi. Le prime
sono quelle che articolano le ossa della volta della scatola cranica, i due capi
ossei sono completamente uniti, il tessuto fibroso, se presente, è presente in
minima quantità, eccetto durante la vita neonatale, successivamente
sostituito da tessuto osseo, quindi sono la sutura coronale, la sutura sagittale,
la sutura lambdoidea, la sutura squamosa. Le sindesmosi sono articolazioni
che connettono due ossa mediante tralci di tessuto connettivo fibroso,
presenti per esempio tra radio e ulna, ossa separate unite da tralci di tessuto
connettivo fibroso, che permette un minimo movimento tra le due ossa. Le
gonfosi sono articolazioni specializzate che consistono di un capo osseo
inserito in un alloggiamento e mantenuto in sede da legamenti di tessuto
connettivo fibroso, quindi sono articolazioni fisse, e si ritrovano a livello dei
processi alveolari, dell'osso mascellare e della mandibola, dove si vanno a
localizzare le radici del dente, unite alla porzione più esterna del dente,
porzione alveolare, attraverso dei legamenti periodontali, a formare il
parodonto, il quale può andare incontro a processi infiammatori; Le
articolazioni cartilaginee sono quelle in cui i due capi ossei sono legati da
cartilagine ialina (iálina), anche queste poco mobili o fisse. Quelle più tipiche
sono la sincondrosi, come quelle tra le epifisi e la diafisi, detta anche
cartilagine di accrescimento, o le sinfisi (fibrocartilagine), di cui invece un
tipico esempio è la sinfisi pubica, ad unire anteriormente le due ossa
dell'anca, nella porzione del pube; Oppure, per la massima espressione del
movimento, le articolazioni sinoviali, che sono quelle separate da una cavità,
e oltre ad essere legate da strutture fibrose sono connesse anche da
legamenti e tendini, in quanto i due capi ossei sono fisicamente separati l’uno
dall'altro. Sono le più complesse, anatomicamente legano due capi ossei, i
quali saranno rivestiti nella loro porzione più esterna da della cartilagine
articolare, sempre di tipo ialina, la quale, insieme ai capi ossei, è avvolta da
una capsula fibrosa esterna, la quale si riunirà con lo strato fibroso esterno
del periostio, e da una membrana sinoviale, quindi a formare la capsula
articolare che va ad unire e chiudere i due capi ossei, i quali però saranno
distanziati e ricoperti di cartilagine, in corrispondenza del quale mancherà il
periostio, e avvolti da una capsula fibrosa esterna ed una membrana sinoviale
interna, che riveste tutta la superficie interna della cavità articolare,
all’interno del quale sarà presente del liquido sinoviale, prodotto dalle cellule
della membrana sinoviale, dall'aspetto gelatinoso, che facilita lo scorrimento e
diminuisce gli attriti tra i due capi ossei. Seppur tessuto vivo la cartilagine
articolare è priva di vasi sanguigni. A tenere uniti i due capi ossei distanziati,
ci sono i legamenti, dei cordoni connettivale, ed i tendini, che permettono
l'attacco del muscolo all'osso. All'interno della cavità sinoviale ci possono
essere una serie di specializzazioni, i legamenti interarticolari, presenti tra la
testa del femore e l’acetabolo, in questo caso c’è un legamento che fissa la
testa del femore all'acetabolo. Si possono trovare inseriti a volte anche dischi
e menischi, cioè strutture fibrocartilaginee a forma di disco o che si
incuneano a mezzaluna, che stabilizzano l’articolazione stessa. Un'altra
specializzazione è la borsa, che non è altro che una struttura cava, come una
sorta di palloncino, presente intorno all'articolazione, per facilitarne il
movimento. (Legamento a distanza).
Le articolazioni sinoviali sono ulteriormente classificate in base al tipo di
superficie articolare, e quindi al tipo di movimento permesso, per cui possono
essere dei movimenti uni-assiali, solo su un unico piano, per esempio tra le
ossa delle falangi, movimenti di rotazione mediante articolazioni a perno (o
trocoidi) o delle articolazioni a cardine (o troclea), per esempio presente nella
parte finale del radio, che permetteva l’articolazione con l’ulna, per un
movimento unidirezionale di flessione e di estensione, in quella trocoide
invece è come se i due dischi fossero attaccati ad un perno, per movimenti di
rotazione, per esempio tra l’atlante ed il dente dell’epistrofeo, per la rotazione
del cranio sulla colonna vertebrale. Altri tipi di movimenti sono bi-assiali,
quindi possono avvenire su due assi, le superfici articolari in contatto saranno
curve, un'articolazione tipica è l’articolazione condiloidea, la quale forma tra i
capi ossei è più o meno ellissoide, ed è tipica proprio dei condili dell'osso
occipitale, un'altra è l’articolazione a sella, in cui la superficie articolare è
formata da due superfici concave ruotate di 90° l’una rispetto all'altra, è tipica
nell'articolazione tra la falange prossimale del pollice, è l’osso del metacarpo.
L’articolazione multi-assiale è quella che permette il massimo movimento,
possibili nei tre assi dello spazio, le superfici articolari avranno forma sferica,
classica tra la testa dell'omero e la cavità glenoidea o l’acetabolo che si
articola con la testa del femore, oppure sempre multi-assiale è il movimento
tra due capi ossei piani, Anche se è possibile il movimento lungo i tre assi
sono considerate mono-assiali in quanto il movimento è limitato dai legamenti
e dall’osso adiacente.
Classificazione funzionale, in base al tipo di movimento: le articolazioni
immobili (o sinartrosi) sono quelle che legano strettamente due capi ossei, a
mo’ di “cerniera”, per esempio le ossa della scatola cranica sono articolate tra
loro da delle suture, ovvero da articolazioni immobili che a causa della loro
organizzazione a livello dei margini zigzagante, permettono l’incastro fra un
osso e l’altro mediante le dentellature, sono come fuse l’una all’altra ma mai
in maniera diretta appunto. Le sinartrosi le possiamo dividere in sinostosi,
sincondrosi e sindesmosi (o sinfimbrosi o sinfisi) in base al grado di
movimento, nelle prime il grado di movimento è nullo, in quanto articolano
due ossa tramite tessuto osseo, nelle seconde il movimento è scarso, dal
momento che sono unite da tessuto cartilagineo denso, per esempio nelle
prime coste dello sterno e nelle ultime il grado di movimento è limitato dal
momento che sono tenute insieme da tessuto connettivo fibroso, un leggero
movimento comunque è possibile, per esempio una leggera apertura della
sinfisi pubica permette, durante le fasi di gestazione, di accogliere l’utero in
accrescimento; articolazioni ipomobili (anfiartrosi), che legano due superfici
articolari ricoperte da cartilagine, tramite legamenti interossei, vi può essere
interposto per esempio un disco fibrocartilagineo, tipica tra i corpi vertebrali,
oppure le superfici dei processi articolari delle vertebre, nelle quali le
cartilagini sono poi fissate da una serie di legamenti che decorrono
lateralmente, anteriormente e posteriormente a formare tutto intorno alla
colonna vertebrale una struttura tubulare chiusa a cui abbiamo dato il nome
di rachide; le articolazioni mobili (o diartrosi) permettono un ampio range di
movimenti in una o più direzioni dello spazio, come l’articolazione del
ginocchio, della spalla e delle dita.

SISTEMA MUSCOLARE (6° lezione)


Organizzazione generale: ha l’importante funzione di permettere il movimento
e la postura, tramite la diretta associazione con le ossa del sistema
scheletrico, permette anche sostegno ed equilibrio. La contrazione muscolare
farà sì che vengano mosse determinate ossa per permettere uno specifico
movimento, inoltre contribuirà a regolare l’omeostasi del nostro corpo e la
temperatura, rappresenta anche un’importante sistema di comunicazione tra
varie parti del corpo e soprattutto tra noi e l’ambiente esterno, rispondendo a
degli stimoli provenienti dall'ambiente esterno stesso. Sono presenti in tutto il
nostro corpo, vanno a circondare le ossa e a prendere inserzione con alcuni
gruppi di ossa, dando forma al nostro corpo. In generale il muscolo è
strutturato, a livello microscopico, partendo dall’organizzazione in fibre
muscolari (miociti), in una membrana plasmatica circoscritta, detta
sarcolemma, all'interno della quale sono presenti i miofilamenti di actina e
miosina, che scorrendo tra loro provocano la contrazione muscolare, le fibre
muscolari si organizzano in fasci di fibre a formare il muscolo, mentre
andando ad analizzare l'organizzazione gerarchica interna, troveremo una
serie di avvolgimenti, costituiti da fasci tessuto connettivale denso, e
dall'esterno verso l’interno saranno, l’epimisio, che va’ ad avvolgere
completamente il muscolo, è in stretto contatto con gli elementi della fascia
profonda, cioè quella sorta di connettivo presente all’interno del corpo, che va
ad inserirsi ai muscoli per dare sostegno al muscolo stesso, poi ci sarà il
perimisio, composto da fibre elastiche e collagene, riccamente vascolarizzato,
che va a caratterizzarsi ulteriormente nell'endomisio, strato di tessuto
connettivale che va a rivestire il sarcolemma delle fibrocellule muscolari. Le
fibre muscolari possono essere classificate in tre gruppi, fibre rapide (o fibre
bianche), fibre lente (o fibre rosse), e fibre intermedie, con caratteristiche
appunto intermedie tra i due tipi. Quindi il muscolo, in base alla funzione in
cui è specializzato, sarà costituito da un diverso numero di queste tre
tipologie di fibrocellule. Quelle bianche sono quelle con un diametro più
elevato, hanno delle miofibrille strettamente stipate l’una all'altra, presentano
grande riserva di glicogeno, sono fibre che rispondo molto velocemente agli
stimoli del sistema nervoso centrale, presentano pochi mitocondri, ed è per
questo che la contrazione del muscolo è sostenuta dalla glicolisi di tipo
anaerobio. Le fibre rosse, chiamate così perché caratterizzate da una fitta
rete capillare interposta tra i fascicoli di fibre, presenza di abbondante
mioglobina, le fibre presentano un diametro più piccolo, le miofibrille
all’interno sono più lasse, il metabolismo è di tipo aerobio, proprio per la
presenza di mioglobina e abbondanti mitocondri, per contrazioni più lente ma
più durature. Quindi la diversa percentuale di fibre rapide, lente o intermedie
in un muscolo, ne permette una diversa attività. In base poi all’orientamento
delle fibre muscolari, i muscoli possono essere suddivisi in quattro grosse
classi, muscoli con fibre ad orientamento parallelo, ad orientamento
convergente, muscoli di tipo pennato, e muscoli di tipo circolare. Nelle fibre
parallele, i fascicoli sono disposti parallelamente all’asse maggiore del
muscolo, possono essere interrotti da inserzioni tendinee, per esempio, il
tipico muscolo lungo, il sartorio (muscolo della coscia), presenta fibre
parallele all’asse maggiore del muscolo, le stesse che ritroveremo anche nel
muscolo retto dell'addome, in cui però alle fibre parallele si infrappongono
delle inserzioni tendinee, la classica tartaruga nell’addome; Le fibre
convergenti invece si distribuiscono su un’ampia area del nostro corpo per poi
convergere in un unico punto, per esempio il grande pettorale, che parte
dalla porzione posteriore della gabbia toracica per poi portarsi in avanti
convergendo in un unico punto, i fasci di fibre vanno a ricoprire una
superficie abbastanza ampia; I muscoli di tipo pennato in cui uno o più
tendini corrono lungo il corpo del muscolo e i fasci formano un angolo obliquo
con il tendine, assumendo la tipica forma di una penna dei volatili, possono
essere unipennati, bipennati o multipennati, come il deltoide, in cui ci sono
più gruppi muscolari che vanno a formare il muscolo , ognuno con aspetto
pennato; i muscoli circolari non presentano inserzioni tendinee che
permettono l'attacco a delle ossa, e sono quelli in cui le fibre si dispongono
concentricamente a circondare un’apertura, un recesso, che si restringe in
seguito alla contrazione muscolare, classico esempio è l’orbicolare delle
labbra oppure quello dell’ano, in cui la contrazione chiude l'apertura. Questi
presentano una muscolatura striata scheletrica. Quando invece parliamo di
sfinteri parliamo di muscolatura sempre di forma circolare ma liscia, quindi
presenti all'interno del nostro corpo, lo sfintere pilorico ad esempio è il
muscolo circolare che media il passaggio tra stomaco e duodeno, la cui
struttura istologica-anatomica è diversa da quella delle aperture a diretto
contatto con l’esterno, come le precedenti. I muscoli possono poi essere
classificati in base all'azione che svolgono, muscoli agonisti, muscoli
antagonisti, muscoli sinergici e i muscoli fissatori.
Comunicazione tra sistema nervoso e muscolare: la contrazione del muscolo,
e quindi lo scivolamento dei miofilamenti di actina e di miosina all’interno di
fibrocellule muscolari, sarà attivato da uno stimolo nervoso, e quindi
dall'insorgenza del potenziale d’azione che avviene a livello del sarcolemma,
più nello specifico mediante la triade. La muscolatura è strettamente
associata al sistema nervoso mediante i motoneuroni che originano dal
midollo spinale, attraverso gli assoni che vanno a costituire parte dei nervi
spinali e che portano una diretta innervazione al muscolo, permettendone la
contrazione. L’elemento finale di questa comunicazione è dato dalla placca
motrice, ovvero delle estroflessioni dell'assone che si estendono sul
sarcolemma delle fibre muscolari, a formare delle sinapsi, la sinapsi neuro-
muscolare rappresenta la comunicazione diretta tra l’assone e la fibra
muscolare. Questo è permesso grazie al neurotrasmettitore acetilcolina,
immagazzinata nelle vescicole sinaptiche, che nel momento in cui si ha la
depolarizzazione della membrana dovuta al potenziale d’azione, si ha
l’ingresso di calcio, il quale induce le vescicole di ACH a fondersi con la
membrana plasmatica pre-sinaptica e verrà rilasciata nella fessura sinaptica
dove avrà degli specifici recettori a livello della membrana plasmatica del
sarcolemma, che, essendo canali ionici, permetteranno il passaggio di ioni
sodio , e quindi la depolarizzazione anche della membrana post-sinaptica,
ovvero del sarcolemma, per arrivare poi alla triade, che attiva la contrazione
muscolare. L’elemento finale di quelle che sono le vie motorie, cioè le vie che
portano alla contrazione dei muscoli, è dato dalla placca neuromuscolare (o
motrice).

SISTEMA CIRCOLATORIO
È il sistema di comunicazione fondamentale, la cui esigenza è vitale a partire
dal fatto che siamo organismi pluricellulari, quindi molte cellule si troveranno
distanti dalla fonte di energia o dalla fonte che porta ossigeno (in maniera
dipendente dalla dimensione dell'individuo), tutte le cellule devono ricevere
nutrienti ed ossigeno, per cui abbiamo bisogno di un sistema di trasporto che
permetta di muovere all'interno del nostro organismo i nutrienti, i gas , gli
ormoni. In generale esso è composto da quattro elementi, un elemento di
trasporto, dei condotti, una pompa, ovvero la forza motrice che permette il
movimento, e delle superfici di scambio. Due importanti aree di scambio, una
a livello dell’alveolo polmonare, in cui si ha lo scambio tra ossigeno e anidride
carbonica, tra l’ambiente esterno e il torrente circolatorio, e una a livello di
tutti gli altri organi del nostro corpo, in cui si ha il passaggio di nutrienti
dall'elemento di trasporto alle cellule che compongono l’organo. L’elemento di
trasporto è il sangue, formato da plasma ed elementi corpuscolari (eritrociti,
leucociti, piastrine), che si muove nel torrente circolatorio, il quale è
paragonato ad un sistema idraulico, in quanto risulta formato da due sistemi
chiusi, chiusi perché in nessun momento del percorso che fa il sangue
all’interno del sistema entra in contatto con l’ambiente esterno, a parte in
caso di lesione (a questo punto entrano in gioco dei sistemi di riparazione che
permettono la chiusura del vaso - formazione del tappo di fibrinogeno), in
due tempi, perché il sangue passa attraverso il cuore due volte , ciascuna
volta con un circuito completo attraverso il corpo. I due sistemi chiusi sono,
uno che porta il sangue a tutto gli organi del corpo, chiamata circolazione
sistemica (o grande circolazione), l’altro che lo porta al distretto polmonare,
detta appunto circolazione polmonare (o piccola circolazione). Gli elementi
che compongono il circuito idraulico sono quindi il sangue, i vasi, il cuore ed i
letti capillari. I vasi sono dei dotti all'interno del quale passa il sangue
assieme a tutte le sostanze con esso trasportate, distinguibili in due strutture,
le arterie, ovvero dei vasi con diametro superiore ai 7 mm, le quali
rispondono passivamente alla spinta del sangue dovuta alla forza motrice
esercitata dal cuore, e quindi presenteranno una certa elasticità, avranno
nella componente della parete per lo più un tessuto connettivo di tipo
elastico, diminuendo di calibro e diametro si passa dalle arterie di
distribuzione a delle arteriole, che ancora si assottiglia e ramifica fino a ridursi
a capillari, per poter infiltrarsi nella parete degli organi dove avviene lo
scambio di gas e di nutrienti, ci sarà quindi un torrente circolatorio di ritorno,
che passa attraverso capillari, poi venule ed infine vene, le quali
termineranno in un sistema, il sistema delle vene cave (superiore ed
inferiore), poi c’è la circolazione polmonare, per cui il cuore deve spingere il
sangue verso i due polmoni, che rappresentano l’altra superficie di scambio,
in cui avviene il trasporto di anidride carbonica verso l’ambiente esterno e
l’ossigeno all’interno del torrente. Come in veri e proprio sistemi idraulici,
anche nel sistema circolatorio, per consentire la regolazione del flusso
sanguigno, sono presenti delle valvole, le cosiddette valvole cardiache.

ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO


Il cuore risulta costituito da quattro camere, due superiori, gli atri, e due
inferiori, i ventricoli, dai quali originano sia la circolazione polmonare, nel
compartimento di destra, che circolazione sistemica, in quello di sinistra.
Quindi dal cuore, il sangue viene spinto attraverso il primo grande vaso
elastico, l’aorta, (circolazione sistemica-dal ventricolo di sinistra) la quale si
andrà a diramare ed ad assottigliare fino ad arrivare ai capillari che irrorano
gli organi (fegato, rene, organi dell'apparato digerente, i muscoli..) dai quali
si formerà una rete capillare di ritorno venosa che confluirà nel sistema delle
vene cave che terminano a livello dell'atrio destro del cuore, il sangue
confluirà nel ventricolo destro che spingerà il sangue ai polmoni (circolazione
polmonare dal ventricolo di destra). Dal ventricolo di sinistra, quindi verso la
circolazione sistemica, partirà del sangue ossigenato, per poi passare a
sangue poco ossigenato dalla circolazione di ritorno dalle varie regioni del
corpo, che passerà per il cuore e verrà spinto dal ventricolo destro per la
circolazione polmonare, dove il sangue poco ossigenato torna ricco di
ossigeno. Per convenzione vengono chiamate arterie i rami che partono dal
cuore, e vene i rami che arrivano al cuore. Nella circolazione sistemica il
sangue presente all’interno delle arterie sarà un sangue ossigenato, mentre il
sangue poco ossigenato passerà nella vene, che ripartirà con la circolazione
polmonare in cui invece i ruoli si invertono, e quindi dal tronco polmonare,
che è un'arteria, il sangue poco ossigenato verrà spinto fino agli alveoli
polmonari, in cui avviene lo scambio di gas, formazione di sangue ossigenato,
che attraverso il sistema delle vene polmonari (che sono quattro),
riporteranno il sangue ricco di ossigeno al cuore. Doppia circolazione, due
sistemi completamente chiusi e separati tra loro nell’adulto. Quindi,
l’organizzazione è la seguente: cuore (ventricolo)-> arterie->
capillari-> organo-> capillari-> vene-> cuore (atrio), ma si possono avere
anche delle circolazioni collaterali, il sistema della vena porta infatti vedremo
che connette due reti capillari, dove le reti capillari, come già reso palese,
connettono un'arteria con una vena, e quindi ci saranno due reti capillari
unite da un sistema venoso. Il sistema della vena porta è di fondamentale
importanza in quanto è quel sistema che connetterà la rete capillare
dell’intestino e di tutti gli organi presenti nella cavità addominale,
direttamente con il fegato, il quale lo connetterà, attraverso il sistema della
vena epatica, con la vena cava per un sistema di ritorno venoso al cuore.

IL CUORE
Il cuore risulta posizionato all’interno della cavità toracica, e più nello
specifico in una cavità chiamata mediastino (si legge mediástino), separata
dal resto della cavità toracica, nella quale invece troviamo i due polmoni, che
sono presenti all’interno delle due cavità pleuriche. Nel mediastino, ubicato
centralmente al torace, leggermente spostato verso sinistra, è presente non
solo il cuore, ma anche parte della trachea, dell'esofago e del timo, è
posizionato dietro lo sterno, e l’apice del cuore, si viene a trovare nello spazio
intercostale tra la quinta e la sesta costa. La porzione della base è spostata
verso destra indietro, mentre quella dell'apice risulta rivolta a sinistra
leggermente in avanti, quindi in una visione anteriore, si viene a trovare in
una posizione leggermente obliqua. Nel mediastino saranno presenti anche i
vasi di emergenza del cuore, l’aorta, il tronco polmonare, avvolti
completamente da uno strato di sierosa, che è il pericardio. All’interno del
mediastino si avrà la formazione di un sacco che accoglie completamente il
cuore, si possono riconoscere due strati, un pericardio fibroso esterno ed un
pericardio sieroso interno, il quale a sua volta è suddivisibile in una
componente parietale ed una viscerale. Tra le due componenti è presente
uno spazio, all’interno del quale si trova il liquido pericardico che ammortizza
le contrazioni del cuore. Il pericardio viscerale sarà quello che andrà a
costituire lo strato più esterno del cuore, ovvero l’epicardio, dei tre che
costituiscono la parete del cuore. Il cuore prenderà rapporto con il
diaframma, tant’è che si parla di una superficie postero-inferiore o
diaframmatica, e di una anteriore o costale, che è quella che prenderà
rapporto con le coste, lo sterno e le cartilagini costali delle costole con cui
viene a contatto. Lateralmente il cuore prenderà rapporto con i polmoni, in
particolare con il polmone di sinistra dove lascia l’impronta, essendo il cuore
più spostato verso sinistra, il polmone sinistro sarà leggermente più piccolo
essendo formato da due lobi anziché tre come quello di destra.
Riconosceremo dunque un epicardio, un miocardio, parte muscolare del cuore
(muscolo striato cardiaco), e da un endocardio interno, sottile strato sieroso
costituito da epitelio pavimentoso + componente connettivale, uno stroma di
supporto, che va a rivestire completamente la parete interna del cuore , e
che andrà a costituire all'interno dei vasi l’endotelio vasale. In una visione
frontale del cuore, sulla faccia sterno-costale, si può riconoscere un apice e
una base, dalla quale emergono e a cui arrivano i vasi, la maggior parte della
parete anteriore del cuore risulta quindi costituita dall'atrio destro, o meglio
da una propaggine dell’atrio destro del cuore che è l’auricola. La base del
cuore sarà poi formata dall'aorta (ascendente), la quale origina dal ventricolo
sinistro, e dal tronco polmonare, il quale parte dal ventricolo destro, per poi
diramarsi nelle due arterie polmonari che entrano nell’ilo del polmone,
l’auricola di sinistra non è altro che la propaggine dell'atrio sinistro. Il cuore
risulta diviso in una porzione degli atri, superiormente, e quella ventricolare,
inferiormente, da un solco coronarico, nascosto dal sistema di arterie e vene
cardiache. La faccia sterno-costale del cuore risulterà costituita
maggiormente dalla massa dei ventricoli, e in particolare, dalla parete esterna
del ventricolo destro, e solo una piccola parte da quella del ventricolo sinistro,
in cui si può riconoscere un setto interventricolare, dove decorrono una serie
di vasi interventricolari, che non è altro che la rappresentazione sulla
superficie esterna di quello che è il setto interventricolari che divide i due
ventricoli. Se analizziamo la faccia infero-
posteriore, ovvero diaframmatica, risulterà costituita dalla parete posteriore
dei due atri, dall'atrio sinistro saranno presenti i sistemi di vene polmonari, i
quali trasporteranno sangue ossigenato, perché sono i sistemi di ritorno, dai
polmoni verso il cuore, continua il solco coronarico che divide gli atri dai
ventricoli, lungo questo solco, nella faccia diaframmatica, decorre quello che
è il seno coronarico, una espansione del sistema delle vene cardiache, di
ritorno al cuore. Esisterà una circolazione cardiaca, in quanto anche le cellule
del cuore necessiteranno di ossigeno e nutrimenti, e li riceveranno mediante
il sistema delle vene cardiache, le quali torneranno al cuore passando per la
porzione posteriore dell'atrio destro.
Nella sua organizzazione interna, il cuore risulta costituito da quattro camere,
due atri e due ventricoli, dove atrio e ventricolo sono in comunicazione
attraverso due orifizi atrio-ventricolari, mentre ventricolo destro e sinistro, e
atrio destro con il sinistro, non sono in comunicazione tra loro, quindi la
circolazione di destra e di sinistra è prettamente separata, solo tra atri e
ventricoli si ha continuità mediante la regolazione di orifizi atrio-ventricolari,
l’atrio di destra comunica con il ventricolo di destra, e l’atrio di sinistra
comunica con il ventricolo di sinistra. La parete interna dei due atri risulta più
sottile, liscia, ad eccezione della sporgenza di alcuni muscoli, detti pettinati,
maggiormente visibili a livello delle auricole. Per quanto riguarda l’atrio di
destra, ci sarà l’orifizio della vena cava superiore, inferiore e del seno
coronarico. Nell'atrio sinistro invece sono presenti gli orifizi del sistema delle
vene polmonari di destra e di sinistra, che trasportano il sangue ossigenato di
ritorno dal polmone. Atrio destro e sinistro risultano in comunicazione invece
nel periodo neonatale, fetale, quindi le due circolazioni in questa fase sono in
comunicazione l’una con l’altra, attraverso un forame, forame di Botallo, a
livello della porzione mediale dell'atrio destro rimane una depressione che
costituisce il cosiddetto forame ovale, ovvero la chiusura del forame di Botallo
al primo atto respiratorio. La circolazione nella vita intrauterina risulta quindi
mescolata , risulta invece separata, per l'occlusione del forame di Botallo e la
formazione del forame ovale, nella vita matura. La parete dei ventricoli
rispetto a quella degli atri è molto più spessa, perché la parete del ventricolo
è quella che spinge il sangue verso le arterie, quindi la forza di contrazione
della parete dovrà essere maggiore per pompare il sangue nei vari distretti,
mentre per quanto riguarda gli atri, che dovranno spingere il sangue nei
ventricoli, non necessiteranno di una parete spessa e di una così forte
contrazione. Soprattutto se pensiamo che dal ventricolo sinistro origina l’aorta
che trasporta il sangue a tutti gli organi, la parete del ventricolo sinistro è
ancora più spessa della parete del ventricolo di destra, che invece spinge il
sangue verso la circolazione polmonare, che necessita di una spinta minore.
La parete dei due ventricoli inoltre, non appare liscia come quella degli atri,
ma presenta tutta una serie di estroflessioni della massa muscolare, una serie
di trabecole, che possono essere o semplici estroflessioni della parete, oppure
può formare dei tralci di comunicazione tra parti di pareti opposte, oppure,
ancora, può andare a formare i muscoli papillari, i quali danno attacco alle
corde tendinee, le quali sono attaccate ai lembi valvolari delle valvole atrio-
ventricolari. Quindi, atri e ventricoli sono in comunicazione tra loro mediante
gli orifizi atrio-ventricolari, in cui il flusso sanguigno è regolato dalle valvole
atrio-ventricolari. Quindi le valvole separano il flusso tra atrio e ventricolo. La
valvola bicuspide (o mitrale) è quella che divide atrio sinistro e ventricolo
sinistro, formata da due cuspidi, o lembi, mentre la valvola tricuspide divide
l’atrio destro dal ventricolo destro, formata da tre lembi. Le trabecole
muscolari, che uniscono più pareti o che possono essere fissate alle corde
tendinee, vengono a mancare in alcune parti della parete del ventricolo, cioè
vicino alle porzioni dei coni di emergenza delle arterie, dell'aorta e del tronco
polmonare, perché in questo caso il sangue che viene spinto deve passare. Il
sangue refluo proveniente da tutto il corpo arriverà all'atrio destro del cuore
mediante il sistema della vena cava superiore, inferiore e del seno coronarico,
passa attraverso il ventricolo destro, viene spinto nel tronco polmonare, va’
nei polmoni, viene ossigenato, finisce nell'atrio sinistro del cuore, passa nel
ventricolo sinistro, per poi essere spinto attraverso l’aorta che porterà il
sangue in tutto il corpo, scambio di ossigeno e anidride carbonica, sangue
poco ossigenato che fluisce nel sistema venoso di ritorno che terminerà con il
sistema della vena cava , per riiniziare di nuovo il circolo. Il cuore, in quanto
muscolo, dovrà avere un attacco, e questo attacco è detto scheletro fibroso
del cuore, dato da quattro anelli fibrosi, di cui tre sono disposti sullo stesso
piano. Due anelli daranno attacco ai lembi valvolari, a delimitare l’orifizio
atrio-ventricolare, sia destro che sinistro, mentre gli altri due daranno attacco
alla parete dei grossi vasi, a delimitare l’apertura del tronco polmonare e
dell'aorta. Il tronco polmonare risulterà leggermente disposto più in alto
rispetto agli altri tre anelli che sono tutti sullo stesso piano. Il sistema di
quattro anelli risulta unito da tracce di tessuto fibroso che prende il nome di
trigoni, dei punti di attacco di queste strutture circolari che vanno a delimitare
o gli orifizi o il punto di attacco delle arterie. Quindi, lo scheletro fibroso del
cuore, darà attacco, verso l’interno, ai lembi valvolari, alle cuspidi dei due
orifizi atrio-ventricolari, e darà attacco ad un altro sistema valvolare,
costituito da tre lembi che si distaccano dalla parete del vaso e si uniscono
nella porzione centrale, queste sono le valvole semi-lunari, mentre all'esterno
darà attacco alla muscolatura che costituisce le pareti di atri e ventricoli. Si
distingueranno fasci muscolari propri del ventricolo destro e sinistro, che
originano dall'anello fibroso destro, oppure che mettono in congiunzione
ventricolo destro e sinistro, e fasci i quali partono dalla porzione dell'anello
fibroso di sinistra, scendono verso la parete del cuore girano a mo’ di spirale
all’interno dell’apice, per poi tornare e ricongiungersi all'anello fibroso. Questo
movimento vorticoso delle fibre non fa altro che dare a livello dell’apice del
cuore una maggiore capacità di contrazione e strozzamento, in quanto il
sangue fluisce dall'apice verso la base del cuore, più in alto rispetto all’apice.
La morfologia muscolare del cuore è dunque così organizzata per consentire
la spremitura dei ventricoli all'apice, ed il totale spostamento del sangue
verso i sistemi arteriosi, quindi verso la base.

(7° lezione)
Sia le valvole atrio-ventricolari, che le valvole semi-lunari, regolano il flusso,
le prime impediscono il reflusso del sangue dai ventricoli agli atri, quindi
permettono solo il passaggio dall'atrio al ventricolo, d'altra parte le seconde
impediscono il reflusso del sangue dai grossi vasi verso le trigoni, per cui
l'afflusso è in entrambi i casi unidirezionale. Le due strutture sono
completamente diverse, da un punto di vista funzionale però entrambe
devono regolare il flusso, quindi renderlo unidirezionale. La valvola tricuspide,
che si trova a livello dell’orifizio atrio-ventricolare di destra, è formata da tre
lembi, mentre la valvola bicuspide, presente a livello dell'orifizio atrio-
ventricolare di sinistra, presenta solo due lembi, da cui il nome, detta anche
valvola mitrale. Le valvole, sia della bicuspide che della tricuspide, risultano
unite attraverso delle propaggini dei lembi ai muscoli papillari, queste
propaggini vengono chiamate corde tendinee, e sono fasci di tessuto fibroso,
il quale fissa la parte libera del lembo valvolare ai muscoli papillari. I lembi
delle valvole semi-lunari, che sono in entrambe tre, sia per la valvola aortica
che per quella polmonare, risultano invece come delle tasche che partono
dalla parete del vaso in formazione, e nel momento in cui abbiamo un
afflusso di sangue all’interno di queste tasche, queste si riempiono, si
avvicinano l’una all’altra, in quanto hanno una parte centrale leggermente più
ispessita che permette l’avvicinamento dei tre lembi, e chiudono il vaso, per
cui il sangue non riesce a tornare verso il ventricolo. Quindi i due gruppi di
valvole risultano completamente diversi dal punto di vista
anatomico/istologico. Mentre le valvole atrio-ventricolari (AV) risultano
estremamente rigide, costituite da tessuto connettivo fibroso, che terminano
con le brevi e resistenti corde tendinee, le valvole semi-lunari (SL) sono
costituite da tessuto connettivo elastico, dovendo rispondere in modo passivo
all'afflusso di sangue dai grossi vasi verso i ventricoli, si riempiono e si
chiudono.

CICLO CARDIACO: si hanno una serie di contrazioni e rilassamenti


(essendo un muscolo), e queste due fasi, dette rispettivamente di sistole e
diastole, si alterneranno ritmicamente. 1) Il ciclo cardiaco parte dalla
contrazione atriale (o sistole atriale) che spinge il sangue verso i ventricoli,
quindi le valvole atrio-ventricolari risultano completamente aperte per
permettere il passaggio del flusso sanguigno, a differenza delle valvole semi-
lunari che in questa fase risultano chiuse, in quanto ad una contrazione
atriale corrisponde un rilassamento ventricolare. 2) A questo punto i due
ventricoli sono completamente pieni di sangue, e nel momento della sistole
ventricolare, il sangue viene spinto con forza per fluire verso i vasi, perciò le
valvole semi-lunari saranno aperte passivamente dal passaggio violento del
flusso di sangue spinto dall'apice del cuore verso la base ed i grossi vasi
(aorta e tronco polmonare), quindi le valvole SL si accolleranno lungo le
pareti del vaso, d’altra parte verrà impedito il reflusso di sangue verso gli atri
con la chiusura della valvole atrio-ventricolari, molto rigide e consistenti.
All’interno del ventricolo si vengono ad esercitare due forze uguali ed opposte
per cui la contrazione (o sistole ventricolare) accorcerà il muscolo papillare, il
quale porterà verso il basso la corda tendinea, mentre il sangue che viene
spinto all’interno del ventricolo dalla massa muscolare, spinge verso l'alto i
lembi valvolari, quindi le due situazioni, ovvero lo spostamento verso il basso
della corda tendinea da parte del muscolo papillare e contemporaneamente
quella verso l’alto della valvola atrio-ventricolare da parte della spinta del
flusso sanguigno, entrambi in conseguenza della sistole ventricolare,
permettono la chiusura della valvola AV. 3) Nel momento del rilassamento
ventricolare (o diastole ventricolare), accade che la massa muscolare
ventricolare si rilassa, quindi il sangue tenderà ad essere risucchiato dai
grandi vasi verso il ventricolo per la pressione che si viene a creare, questo
non fa altro che riempire i lembi valvolari semi-lunari, elastici, per cui le
valvole si chiudono, impedendo il reflusso verso le camere ventricolari.
Dopodiché il ciclo sistole-diastole si ripeterà in maniera analoga. (La fase che
non spiega è la diastole atriale, ovvero il rilassamento degli atri, che però è
intuitiva e che dovrebbe avvenire durante la sistole ventricolare).

SISTEMA DI CONDUZIONE DEL CUORE


Il cuore è in grado di contrarsi autonomamente (non è il sistema nervoso a
gestire le sue contrazioni), per la presenza di un tessuto particolare, striato-
cardiaco, che perde la sua funzione di contrattilità per guadagnare quello di
conducibilità, e quindi di assumere la capacità di depolarizzarsi in maniera
autonoma e ritmica, permette dunque il passaggio di un potenziale d’azione
da queste fibre, quelle del miocardio specifico (diverse dalle fibre del
miocardio comune che invece vanno a costituire la parete del cuore), alle
fibre muscolari comuni, facendo contrarre il cuore. Il sistema di conduzione
del cuore risulta costituito da due porzioni di tessuto cardiaco specifico,
localizzato uno nel nodo seno-atriale, ovvero in corrispondenza della parete
dell'atrio destro, vicino allo sbocco della vena cava superiore, il quale
presenta tutta una serie di rami che entrano nella parete dell'atrio, sia destro
che sinistro, e ne permettono la contrazione, e l'altro, il nodo atrio-
ventricolare, ubicato anch’esso a livello della parete dell'atrio destro, ma
vicino al setto inter-atriale, al di sopra della porzione del setto inter-
ventricolare, si estende in un fascio che attraversa lo scheletro fibroso del
cuore, si inserisce all'interno del setto interventricolare, detto fascio atrio-
ventricolare, e si divide in una branca destra ed una sinistra, per poi arrivare
all’apice del cuore, dove i due fasci si flettono verso l’alto e si diramano
completamente all’interno della parete del cuore, in quelle che prendono il
nome di fibre di Purkinje (detto purkiní). L’impulso quindi partirà dal nodo
seno-atriale, detto anche nodo pacemaker, che avvierà il ciclo cardiaco, che
inizia con la diastole ventricolare e quindi con il riempimento delle camere
ventricolari, la sistole atriale, quindi contrazione degli atri, e continua, con un
leggero ritardo dovuto all’interposizione dello scheletro fibroso, con la
contrazione indotta dal nodo atrio-ventricolare, e quindi con la sistole-
ventricolare, ovvero la contrazione dei ventricoli. Ci sarà un momento in cui
risultano chiuse sia le valvole atrio-ventricolari che quelle semi-lunari. Parte la
fase della sistole ventricolare, che spinge il sangue verso i grossi vasi, le
valvole semi-lunari si aprono e quelle atrio-ventricolari si chiudono, per poi
tornare nuovamente al ciclo, regolato dalla presenza sia del sistema di
conduzione del cuore, che ne permette la contrazione ritmica, sia dai sistemi
valvolari, che impediscono il reflusso del sangue. N.B. Non sono le valvole
che permettono il passaggio, parlando di quelle atrio-ventricolari per
esempio, tra atrio e ventricolo, ma questa funzione è svolta dagli orifizi,
quello che fanno le valvole è impedire che il sangue torni nella camera
d'origine, quindi regolano il flusso, non sia tratta di un passaggio passivo.
ARTERIE E VENE DEL CUORE
Altro concetto fondamentale è il fatto che la parete del cuore, e quindi il
cuore stesso, deve essere irrorato, dovrà arrivare perciò un sistema di arterie
e vene, dette rispettivamente coronariche e cardiache, che portano sangue,
quindi nutrimento e ossigeno, alla parete muscolare. La circolazione
sistemica del cuore è costituita da due sistemi che originano direttamente
dalla prima porzione dell'aorta (l'aorta ascendente) a formare il sistema
dell'arteria coronaria di destra ed il sistema dell’arteria coronaria di sinistra.
L'arteria coronaria di destra parte dall'aorta ascendente, si porta in avanti
decorrendo anteriormente all’auricolare di destra, per poi piegare verso la
faccia posteriore, dare dei fasci di rami collaterali, sia per la parete dell'atrio
di destra che di sinistra, portano alla formazione dell'arteria marginale di
destra, che decorre al davanti del ventricolo destro, mentre il ramo principale
flette verso la faccia diaframmatica, lungo il solco coronarico, per poi
distribuirsi a tutta la massa del ventricolo destro e parte del sinistro,
formando l'arteria interventricolare posteriore, l’arteria nodale atrio-
ventricolare, per poi formare l’arteria settale posteriore, mentre forma dei
rami, che sono l’arteria marginale posteriore e l’arteria del margine acuto. La
parte dell'arteria coronaria di sinistra fa più o meno lo stesso percorso,
ovviamente speculare, quindi forma un ramo circonflesso, che va
posteriormente, passando tra il tronco polmonare e la parete dell'atrio di
sinistra, si porta davanti, si dirama nell'arteria circonflessa, che si flette verso
la faccia diaframmatica, mentre il ramo principale forma dei rami nella
porzione anteriore dell'atrio di sinistra, si porta in avanti, e forma l’arteria
interventricolare anteriore, per poi dare dei rami collaterali a tutta la massa
del ventricolo sinistro. La circolazione di ritorno parte da delle vene che si
originano sia dal ventricolo destro che dal sinistro, che formano una grande
vena cardiaca a sinistra ed una piccola vena cardiaca a destra, decorrono
lungo il solco coronarico, si riuniscono con una vena cardiaca media
posteriormente, che decorre all’interno del setto interventricolare, defluiscono
tutte all’interno del seno coronarico, il quale si apre direttamente con l’interno
della parete dell'atrio destro. Quindi nell'atrio destro arriverà una circolazione
venosa, povera di ossigeno, dal sistema della vena cava superiore, dal
sistema della vena cava inferiore e dal sistema delle vene cardiache. La
particolarità di questi vasi è che sono dei vasi terminali, quindi presentano
poche anastomizzazioni tra l’una e l’altra, e ne consegue che se ho
l'occlusione di uno di questi vasi, la regione della massa muscolare irrorata da
quei vasi, va incontro ad ischemia, quindi ad una contrazione non corretta, e
quindi all'infarto. Se quest'area è grande, l’infarto può essere letale oppure si
può recuperare, cercando di ristabilire l'afflusso di sangue verso quella zona.
Le prime arterie coronarie sono quelle maggiormente interessate a fenomeni
di deposizione di materiale lipidico, colesterolo, quindi la formazione di
placche adenosiche, che bloccano l’afflusso di sangue verso la parete del
cuore. Si può o fare un'incisione per andare a ripulire l'arteria, inserendo uno
stand che mantiene aperto il vaso, facendo tornare l'afflusso di sangue in
questi punti, oppure si può fare un bypass, laddove l’occlusione del vaso è
talmente importante da non riuscire ad aprirlo, quindi viene creata una
circolazione collaterale che riporta il sangue alla zona andata incontro ad
ischemia.
VASI SANGUIGNI
Serie di condotti attraverso il quale il sangue scorre e viene portato a tutti i
nostri organi, hanno sempre una parete costituita da tre strati, una tonaca
intima, che va a delineare il lume del vaso, sempre rivestito da uno strato di
epitelio pavimentoso che prende il nome di endotelio, una porzione
intermedia, cioè la tunica/tonaca media, strato che caratterizzerà meglio i vari
tipi di arterie, ed uno più esterno, tunica avventizia, costituito da tessuto
connettivo fibroso, che blocca la struttura del vaso sanguigno e la mette in
relazione con gli altri organi. Sono sia le arterie, che portano il sangue dal
cuore agli organi, sia le vene che lo riportano verso cuore, che i capillari,
inseriti all’interno degli organi a formare una rete capillare, che permette uno
scambio tra il sangue e le cellule dei tessuti. L'endotelio, essendo un epitelio,
avrà un tessuto connettivo di sostegno, quindi una membrana basale, a cui fa
seguito una lamina propria, sempre di tessuto connettivo, con alcune cellule
muscolari lisce, a cui fa seguito la tonaca media e quella avventizia, fasci
fibrosi che fissano il vaso all'organo. Partendo dal cuore e andando verso i
capillari (verso gli organi), la grandezza dei vasi diminuisce e cambierà anche
la struttura che le compone. Quindi ci saranno delle arterie di grosso calibro,
arterie di piccolo calibro, delle arteriole per sfociare in un letto capillare, la
controparte è un sistema di venule, di vene di piccolo calibro e infine di
grosso calibro (vena cava superiore ed inferiore), che riportano sangue refluo
al cuore. La componente che invece cambia nei diversi vasi è la composizione
della tonaca media, in quanto, le arterie di grosso calibro, vicine al cuore,
hanno una tonaca media costituita prevalentemente da fasci di tessuto
connettivo elastico, funzionale al fatto che sono tratti di arterie che devono
rispondere passivamente alla spinta del sangue che arriva al cuore, quindi si
devono dilatare al passaggio del sangue, nelle arterie di piccolo calibro, dette
di distribuzione, invece si ha una tonaca media costituita per lo più da
fibrocellule muscolari lisce, anche se è comunque presente la componente
elastica, in questo caso funzionale al fatto che dovrà essere un tessuto che
andrà incontro a contrazione, per diminuire il calibro dell'arteria e distribuire il
sangue in maniera diversa (se ho un'occlusione del vaso a monte, a valle mi
arriverà meno sangue, ma siccome è un sistema chiuso, questo sangue con
maggiore afflusso arriverà ad un altro organo o zona, per questo sono dette
arterie si distribuzione), classico esempio è la circolazione nelle fasi post-
prandiale, in cui l’afflusso di sangue aumenterà maggiormente a livello della
porzione della cavità addominale, quindi si avrà una maggiore irrorazione
degli organi digerenti, ed un minore afflusso di sangue verso il cervello
(sonnolenza), o verso la cute (brividi di freddo). A contribuire alla diversa
distribuzione di sangue tra le varie regioni del corpo, è sia la componente
nervosa, che ormonale, che porteranno alla contrazione di determinati vasi.
Nelle arterie di grosso calibro, generalmente con diametro superiore ai 7 mm,
che vengono chiamate arterie elastiche o di conduzione, si ha una parete
molto più spessa, quindi gli strati risultano costituiti da più fattori particolari.
La tonaca intima, caratterizzata dall'endotelio e da un sub-endotelio, ovvero
una lamina elastica interna, costituita da fibre elastiche fenestrate, fibre
collagene e fasci di fibre muscolari lisce, nella porzione intermedia ci sono
invece lamelle concentriche di fibre elastiche con interposte fibre collagene e
fibrocellule muscolari (l’aorta presenta nello strato intermedio solo fibre
elastiche), più esternamente ci sarà un altro strato di lamina elastica, a cui fa
seguito una tonaca avventizia, strato di tessuto connettivo fibroso che collega
le arterie agli altri organi. Le arterie risultano così spesse, che risultano
necessari i vasa vasorum e i nervi vascularis, cioè delle diramazioni nervose
che portano innervazione al vaso per permettere la contrazione. I primi sono
letti capillari che portano sangue (nutrimento e ossigeno) alla stessa parete
dei vasi. Le arterie di medio e piccolo calibro, con diametro compreso tra i 0.5
e i 7 mm, presentano una tonaca intima, sempre con cellule endoteliali, che
si inseriscono all’interno delle pieghe formate dallo strato di tonaca elastica
interna, che permette di riconoscere il lume del vaso a causa del suo aspetto
dentellato, aspetto che ritroviamo anche a livello delle arterie di grosso
calibro, ma che risulta particolare evidente nelle arterie di medio e piccolo
calibro. La composizione cambia a livello della tonaca media che sarà
costituita da una maggioranza di fibrocellule muscolari lisce, con
interposizione di fibre elastiche e reticolari, nella tonaca avventizia si hanno
sempre fibre connettivale elastiche e reticolari, che può essere più spessa
rispetto alla tonaca media. Lo spessore della tonaca avventizia è quello che
spesso va incontro a fenomeni di ispessimento che determina una rigidità dei
vasi ad esempio nell’ipertensione, ovvero da un aumento della pressione
sistolica o diastolica all’interno del nostro vaso, o di un ispessimento che
determina la diminuzione del lume vascolare e quindi un mantenimento di
alta pressione arteriosa. Le piccole arterie, dette anche arteriole, o arterie
pre-capillari, risultano formate da solo endotelio, scompare la presenza della
tonaca elastica interna e di quella esterna, risulta costituita da pochi strati di
fibrocellule muscolari lisce (un massimo di 6) a livello della tonaca media, e la
tonaca avventizia da tessuto connettivo lasso, con fibre elastiche e reticolari.
Le arteriole sono quelle che decorrono all’interno del connettivo che forma lo
stroma dell'organo, per poi andare ad assottigliarsi e ramificarsi al suo
interno, per andare a formare un letto capillare formato da vasi
estremamente sottili, costituiti da un singolo strato di cellule endoteliali che
decorrono all’interno degli organi. Il letto capillare è quello che mette in
comunicazione le arteriole con il sistema di venule di ritorno, e molto spesso
nella maggior parte degli organi esistono dei sistemi di collegamento che si
frappone fra arteriole e letto capillare, chiamati metarteriole, molto importanti
perché presentano lungo la parete, esternamente, degli sfinteri precapillari,
più evidenti nel letto vascolare che irrora la pelle per esempio, il tessuto
tegumentario. Questi sfinteri, sotto stimolazione nervosa, vanno incontro a
vaso costrizione, per cui il flusso capillare all’interno dell'organo viene
diminuito, per cui il sangue passa, ma viene deviato verso un altro organo,
similmente a quanto avveniva con le arterie di distribuzione. Nel letto
capillare, si possono riconoscere tre tipi di capillari, il capillare continuo, in cui
le cellule endoteliali sono estremamente vicine le une alle altre, formano uno
strato continuo con una lamina basale completa intorno al capillare, il
capillare fenestrato, in cui la membrana dell’endotelio presenta delle aperture
con una membrana basale che risulta continua tutto intorno al capillare, il
capillare sinusoide invece presenta delle aperture molto più grandi rispetto
alle finestrature del fenestrato, ma risulta interrotta anche la lamina basale,
quindi si avrà un maggiore afflusso di sangue e di scambio tra letto capillare
e organo. Esempi di capillari continui saranno all’interno dell'encefalo,
estremamente chiusi, nella circolazione sanguigna cerebrale, oltre ad essere
presenti i capillari continui, ci saranno anche la formazione della barriera
ematoencefalica, ovvero astrociti che si vanno ad avvolgere completamente
intorno al letto vascolare, a formare una barriera tra i capillari ed il neurone,
cellula estremamente sensibile alle variazioni dell'ambiente esterno, per cui
per isolarlo dal resto del torrente circolatorio ci saranno questi tipi di capillari
e la formazione della barriera, che presenta particolari molecole proteiche che
consentono il passaggio solo di alcune molecole, come le acquaporine, o
trasportatori di glucosio. Il capillare fenestrato troverà la sua massima
espressione nel glomerulo renale, per la filtrazione. Il sinusoide, che è un
sistema molto aperto, che consente il passaggio di più molecole dagli organi
al sangue, per esempio nel parenchima delle ghiandole endocrine, per
permettere il passaggio di ormoni, e la massima espressione a livello del
lobulo epatico, in cui permettono il passaggio di molecole, nutrienti dal letto
vascolare all’epatocita.
Il sistema di ritorno è dato invece dalle vene, che rispecchia specularmente la
circolazione arteriosa in quanto variabilità di composizione e dimensione. Le
vene presentano una parete più sottile rispetto alle arterie, risultano costituite
fondamentalmente da una tonaca media, in cui sono presenti sia fibrocellule
muscolari lisce che fibre elastiche, anch’esse presentano anche gli altri due
strati, ma la cosa particolare è che si formano principalmente tra i muscoli,
per cui la contrazione del muscolo facilita il movimento del sangue all’interno
del torrente circolatorio venoso, d’altra parte, a livello del distretto
diaframmatico, quindi con il sangue che deve tornare verso l'alto, abbiamo la
presenza di estroflessioni della parete, dei lembi valvolari che al passaggio del
sangue si schiacciano sulla parete del vaso, mentre una volta passato le
valvole si distaccano dalla parete e chiudono il passaggio, come se la vena in
queste porzioni fosse compartimentalizzata tra le valvole, impedendo il
reflusso verso il basso. Il fatto che i vasi si diraminino a formare vasi più
piccoli ma più numerosi, fa sì che il flusso diminuisca, in modo da permettere
a livello capillare lo scambio tra il sangue e le cellule.

(8° lezione)
ANATOMIA DEL SISTEMA CIRCOLATORIO

Circolazione arteriosa (sistemica)


L'aorta, detto anche grosso vaso centrale, che origina dall'orifizio del
ventricolo sinistro del cuore, si dirama in arterie sempre più piccole ad
irrorare tutto il nostro corpo. Con essa parte la grande circolazione, regolata
a livello dell'orifizio dalla valvola semi-lunare (o valvola SL aortica), costituita
da tre lembi che si accollano l’uno sull'altro. L’aorta, a partire dal ventricolo
sinistro, forma un primo tratto, aorta ascendente, che si viene a trovare al di
sopra della base del cuore, dietro allo sterno, in prossimità di quello che dà
origine al manubrio costale, per poi formare un secondo tratto, arco aortico,
detto così perché, in prossimità di quella che è la prima costa e a ridosso
dell'articolazione sterno-clavicolare, essa piega verso sinistra, e si viene ad
accollare al tratto corrispondente all'aorta discendente. L'aorta discendente
supererà il centro frenico del diaframma, ed entrerà in cavità addominale, per
cui dell'aorta discendente si possono distinguere una porzione detta aorta
toracica, come dice il nome ancora in cavità toracica, in continuità con l'arco
aortico, fino al diaframma, oltrepassato il quale verrà chiamata aorta
addominale, fino alla diramazione delle due arterie iliache. L'aorta, che
posteriormente si viene a trovare vicino alla colonna vertebrale, leggermente
spostata a sinistra, darà tutta una serie di vasi collaterali per poi terminare, a
ridosso della porzione delle ultime vertebre lombari, si ramifica in due grossi
vasi, le arterie iliache comuni, di destra e di sinistra, ognuna delle quali si
ramifica ancora in un’arteria iliaca esterna ed interna. L’aorta ascendente
presenta due rami collaterali, rappresentati dall'arteria coronaria di destra e di
sinistra, queste poi si ramificano ulteriormente sulla parete del cuore per
portare ossigeno e nutrienti ad esso. La porzione dell'arco aortico si ramifica
anch’esso, formando a destra una prima porzione che prende il nome di
arteria anonima, o arteria brachiocefalica, mentre origina direttamente a
sinistra l’arteria carotide comune di sinistra e l’arteria succlavia di sinistra.
L’arteria brachiocefalica, circa 2-3 cm dopo la sua origine, ramifica per dare
origine all’arteria succlavia di destra e l’arteria carotide comune di destra.
Questi quattro rami andranno verso l’alto, e si occuperanno dell’irrorazione
della testa e degli arti superiori. L’arteria brachiocefalica e le sue
ramificazioni, in parallelo all'arteria carotide comune di sinistra e l'arteria
succlavia di sinistra, andranno ad irrorare rispettivamente l’encefalo,
lateralmente alla zona cervicale, e i due arti superiori. L'arteria carotide di
destra e di sinistra si divideranno ognuna ulteriormente, a costituire un'arteria
carotide esterna ed una interna, specularmente a destra e a sinistra. Mentre
l’arteria carotide esterna si ramificherà ed andrà ad irrorare gli organi esterni
della testa, come i muscoli facciali, la porzione della cavità orale, la porzione
mandibolare della testa…, l'arteria carotide interna passerà attraverso il
forame carotideo dell'osso temporale, ed entrerà all’interno della scatola
cranica. D'altra parte, l’arteria succlavia, prima di andare a formare i rami che
irrorano il braccio, dà un ramo collaterale, l’arteria vertebrale, che passa
attraverso il forame del processo trasverso delle vertebre cervicali ed entra
mediante il forame magno dell'osso occipitale in scatola cranica. Per
l’irrorazione del cervello esisteranno in pratica un'irrorazione che parte
dall'arteria vertebrale ed entra attraverso il forame magno ed una che parte
dall'arteria carotide interna, che entra all'interno della scatola cranica
attraverso il forame carotideo. Questo porta al fatto che la porzione anteriore
del cervello risulta irrorata dai rami che provengono dall'arteria carotide
interna, mentre la porzione posteriore dell’encefalo risulta irrorata dai rami
che originano dalle due arterie vertebrali, o meglio, che i due sistemi, di
irrorazione anteriore e posteriore, si uniscono a livello di un importante
distretto circolatorio rappresentato dal poligono del Willis. Essa è una regione
che si viene a trovare al di sotto dell'encefalo, al di sotto del chiasma ottico,
in corrispondenza della depressione che si viene a formare al davanti della
sella turcica dell'osso sfenoide. Il circolo di Willis, o poligono di Willis, è detto
così perché costituito da un’anastomosi tra vari vasi che formano un circuito,
e che permette che arrivi all'encefalo un sangue proveniente da un ramo
anteriore, ed un sangue che arrivi da una circolazione posteriore, portando
sangue al cervello più o meno alla stessa pressione, d’altra parte
garantiscono che l'irrorazione sia continua, quindi se per esempio ho
un'occlusione di un vaso nella porzione anteriore del cervello, un'irrorazione
sarà comunque garantita dalla circolazione collaterale che si viene ad
instaurare tramite questa circolazione anastomotica. I vasi coinvolti nel
circolo di Willis sono: l’arteria carotide interna, che forma un vaso collaterale,
che prende il nome di arteria cerebrale anteriore, la quale attraverso la
formazione di una cosiddetta arteria comunicante anteriore, comunica con
l’arteria cerebrale anteriore dall’altra parte, che forma dei rami anastomotici a
costituire l’arteria cerebrale media, dalla quale poi partono tutte le
ramificazione che portano sangue alla porzione anteriore del cervello.
Dall'arteria carotide interna, ancora, partono rami che vanno a formare
l’arteria comunicante posteriore, la quale si unisce all'arteria basilare, la quale
origina dalla fusione delle due arterie vertebrali, destra e sinistra, e che si va
ad unire all'arteria comunicante posteriore che chiude lateralmente, ai due
lati, il circolo di Willis. Ci saranno delle regioni che saranno irrorate da rami
che risultano essere terminali, che quindi possono andare incontro a dei
processi ischemici.
Per quanto riguarda i vasi che vanno ad irrorare gli arti superiori, partono
dall'arteria succlavia, che a destra origina dall'arteria anonima, mentre a
sinistra direttamente dall'arco dell'aorta, dà origine a dei vasi collaterali, come
l'arteria toracica interna e l’arteria toracica laterale, che vanno ad irrorare agli
organi rispettivamente della porzione interna della cavità toracica o della
porzione laterale della stessa, prosegue lungo l’arto come arteria ascellare,
per poi ramificarsi in due arterie brachiali. L'arteria brachiale si trova in
corrispondenza della porzione scheletrica del gomito, si ramifica, dando forma
ad altri vasi collaterali, tra cui un'arteria radiale ed una ulnare, che andranno
a decorrere quindi lungo il radio e l’ulna, entrambe formeranno delle
circolazioni che andranno a costituire l'arco palmare profondo e l'arco
palmare superficiale, circolazione che terminerà con la formazione di arterie
digitali, che portano ossigeno e nutrienti alla mano. Le arterie che ci
interesseranno un po’ di più sono quelle che si andranno ad originare dalla
porzione toracica e addominale dell'aorta. L’aorta, a livello della porzione
toracica darà formazione ad una serie di rami collaterali, dalla porzione
definita come aorta discendente, che porteranno sangue agli organi della
cavità toracica, quindi saranno presenti arterie pericardiche, arterie
intercostali posteriori e le arterie freniche superiori, le quali vanno a portare
sangue al diaframma, ecc… superato il centro frenico del diaframma, ovvero
la porzione tendinea del diaframma posto in posizione centrale di questo
muscolo, si arriva in cavità addominale, dove l’aorta discendente forma una
serie di rami collaterali, ne possiamo distinguere 3 impari, 4 pari, più le
diramazioni dell'arteria iliaca comune di destra e sinistra. Il primo ramo
collaterale che si viene a formare a partire dall'aorta addominale è il tronco
celiaco, il quale dà a sua volta una serie di rami, l’arteria splenica, l’arteria
gastrica di destra e sinistra e l’arteria epatica comune. I nomi in questo caso
identificano gli organi che andranno ad irrorare, quindi l’arteria splenica andrà
ad irrorare la milza ed il pancreas, l'arteria gastrica sinistra andrà ad irrorare
lo stomaco, mentre l’arteria epatica comune è uno dei vasi fondamentali, che
entrando al livello dell'ilo del fegato, formerà le ramificazioni che irrorano i
vari lobi del fegato, per poi riformare una serie di rami collaterali che
ritroveremo all’interno della triade portale del fegato. Nel letto capillare del
fegato ci sarà una circolazione di sangue misto, frutto del mescolamento del
sangue proveniente dall'arteria epatica e di quello proveniente dalla vena
porta. L’altro ramo impari che si viene a formare dall'aorta addominale è
l’arteria mesenterica superiore, che dà rami collaterali per irrorare porzioni
dell'intestino tenue, porzioni del cieco, del tronco ascendente e del colon
trasverso. Successivamente alle diramazione dell'arteria mesenterica
superiore si formano vari rami collaterali pari, le arterie surrenali, che irrorano
le ghiandole surrenali, le arterie renali, che irrorano i reni, le arterie genitali
(o gonadiche), che irrorano gli organi genitali, le ovaie nella donna e i
testicoli nell'uomo, le arterie lombari, che danno rami collaterali per
l’irrorazione della parete muscolare addominale anteriore e posteriore.
L’ultima diramazione è rappresentata dall'arteria mesenterica inferiore che dà
rami collaterali per le porzioni del colon discendente, collocato a sinistra della
cavità addominale, per la porzione del colon sigmoideo, ultima porzione del
canale alimentare, ed infine per il retto. A livello dell’ultima porzione lombare,
l'aorta addominale si ramifica nell'arteria iliaca comune di destra e di sinistra,
che termineranno con due vasi, i quali a loro volta si andranno a separare in
un'arteria iliaca interna ed una esterna, sia a destra che a sinistra. Quella
esterna decorrerà all’interno della gamba, quindi ad irrorare l’arto inferiore,
costituendo in un primo tratto l'arteria femorale, che darà una serie di rami
collaterali che irroreranno varie porzioni della coscia, per poi passare ad
arteria poplitea (letto poplítea), a livello del ginocchio, quindi anche in questo
caso come nella circolazione dell'arto superiore, ci saranno delle arterie che
correranno lungo la tibia ed il perone, l'arteria tibiale anteriore e posteriore
ed un’arteria fibulare, per poi formare una circolazione plantare superficiale
ed una profonda, che si anastomizzeranno per formare le arterie digitali, ad
irrorare il piede. L’arteria iliaca interna formerà una serie di rami collaterali
che irrorano gli organi della cavità pelvica, quindi vescica, utero nella donna
ecc….
Circolazione venosa (sistemica)
Nella circolazione sistemica, all’interno delle vene viene veicolato un sangue
poco ossigenato, drenato dal sistema della vena cava superiore e della vena
cava inferiore. Il sangue refluo proveniente dall'encefalo viene raccolto in una
serie di seni venosi (cioè delle estroflessioni del letto venoso a livello
dell'encefalo, che in alcune regioni entrano direttamente a contatto con le
meningi, e quindi con il liquido cerebrospinale) che porteranno il sangue
all'interno della vena giugulare interna, sia di destra che di sinistra, la quale
drenerà il sangue all’interno della vena brachiocefalica, sia di destra che
sinistra, a sua volta questa avrà origine dalla vena succlavia di destra, che
raccoglierà il sangue refluo dall'arto superiore, si unirà alla vena giugulare
esterna, la quale raccoglierà il sangue proveniente dalla regione della testa, si
uniranno le due vene brachiocefaliche, sfociando nella vena cava superiore, e
quindi nell’atrio destro del cuore. Nell'atrio destro quindi arriverà una
circolazione che parte dalla cavità toracica, data dal sistema della vena azigos
e della vena emiazigos. Queste due vene raccolgono il sangue proveniente
sia dalla parete toracica di destra (azigos) che di sinistra (emiazigos), quindi
anche tutto il sangue proveniente dagli organi e i muscoli della cavità
toracica, che andrà a fluire all’interno della vena cava superiore. A livello della
cavità addominale, similmente a quello che si ha nel sistema arterioso, la
circolazione parte dal sistema della vena iliaca, che raccoglierà il sangue da
una vena iliaca interna e da una esterna, le seconde origineranno dalle vene
presenti a livello dell'arto inferiore, mentre le prime prenderanno origine da
tutta la circolazione venosa degli organi della cavità pelvica per dare origine
alla vena iliaca comune di destra e di sinistra, le quali entreranno nella
costituzione della vena cava inferiore, a cui arriveranno tutta una serie di
vene collaterali, come le vene lombari, che raccolgono il sangue refluo della
parete addominale anteriore e posteriore, vene renali, sia a destra che a
sinistra, vena genitale di destra che aggetta direttamente a livello della vena
cava inferiore, a differenza della vena genitale di sinistra che invece è
tributaria della vena renale di sinistra, che riceve anche il sangue della vena
surrenale di sinistra ,a differenza della vena surrenale di destra che entra
direttamente nella costituzione della vena cava inferiore. Rispetto alla
circolazione arteriosa, quello che manca in quella venosa è il corrispettivo del
tronco celiaco, dell’arteria mesenterica superiore ed inferiore, e manca perché
questo importante sistema collaterale sarà dato dal sistema portale. Quindi si
viene a creare una circolazione fondamentale dato dal sistema della vena
porta. La vena porta origina dalla fusione dal ramo della vena mesenterica
superiore, dal ramo della vena splenica e dal ramo della vena mesenterica
inferiore. Quindi i corrispettivi ci sono ma non arrivano direttamente alla vena
cava inferiore, perché si andrà a creare la circolazione collaterale della vena
porta che va’ ad unire i due letti capillari degli organi dell'apparato digerente,
e quindi degli organi presenti a livello della cavità addominale, la vena
mesenterica superiore raccoglierà il sangue refluo proveniente dalle porzioni
dell’intestino tenue, dalla porzione del colon trasverso, dalla porzione del
cieco, la vena splenica riceverà il sangue dallo stomaco, dalla milza e dal
pancreas, la vena mesenterica inferiore invece riceverà il sangue dagli organi
dell’ultima porzione dell'intestino, quindi del colon trasverso, del colon
discendente, sigmoideo e retto. Quindi, il sangue degli organi dell'apparato
digerente, non entrano direttamente all'interno della vena cava inferiore, ma
passa attraverso il sistema della vena portale che entra attraverso l’ilo del
fegato, porta d’ingresso dell’organo. Questi rami si riuniscono, a livello della
porzione esterna del lobulo epatico, quindi a livello delle triadi portali, con le
arterie epatiche, a dare una circolazione a livello dei sinusoidi epatici, e quindi
a caratterizzare una circolazione mista. A questo punto tutto il sangue refluo
verrà raccolto dalle vene epatiche, uscendo dall’ilo del fegato, la quale vena
epatica è tributaria della vena cava inferiore. Si formerà una circolazione
collaterale tra gli organi dell'apparato digerente e la circolazione sistemica.
L’importanza del passaggio della vena porta attraverso il fegato risiede nel
fatto che esso è la nostra centrale energetica, nella quale si vengono a
formare tutta una serie di proteine all’interno del sangue, il glucosio viene
veicolato qui dagli organi digerenti per essere immagazzinato come fonte
energetica di riserva sotto forma di glicogeno. (I primi anatomisti
individuarono nel fegato l'organo responsabile del movimento). Alle cellule
epatiche arriverà un sangue ossigenato dall'arteria epatica ed un sangue
poco ossigenato ma ricco di nutrienti dalla circolazione portale.

SISTEMA LINFATICO
È un sistema collaterale al sistema circolatorio. Nei nostri organi si viene a
creare, per una serie di movimenti di fluidi tra le cellule e l’ambiente
extracellulare, un surplus di liquido, o linfa, che dovrà essere drenato, e
questo ruolo sarà svolto appunto dal sistema linfatico. Esso è costituito da dei
letti capillari che raccolgono il liquido interstiziale presente all’interno degli
organi e viene drenato, attraverso condotti sempre più grandi, nel torrente
circolatorio. Quindi: il sangue arriva agli organi -> gli organi formeranno
questo liquido interstiziale con elementi plasmatici a costituire la linfa -> il
sistema linfatico drena la linfa nel torrente circolatorio. Risulta estremamente
importante per la presenza di linfonodi e organi linfatici, primari e secondari,
sarà in grado di veicolare la maggior parte dei linfociti, di tipo T e B, coinvolti
nella risposta immunitaria rispettivamente di tipo cellula-mediata e mediata
da anticorpi. Per cui è presente a livello di tutti i nostri organi con dei letti
capillari tra cui sono interposti dei piccoli organi, i linfonodi, che ritroviamo a
livello di varie regioni del nostro corpo, definibili come organi sentinella, in
quanto permettono di riconoscere gli agenti patogeni per il nostro organismo,
quindi rappresentano un sistema di difesa verso agenti estranei. Per quanto
riguarda il drenaggio del liquido interstiziale, accade che a livello dei vari
organi si vengono a formare i capillari linfatici, che a differenza dei capillari
della circolazione sanguigna, originano a fondo cieco, a livello degli organi.
Anch’essi sono formati da un endotelio, in cui la lamina basale risulta
interrotta rispetto alla lamina basale continua che invece è presente nei
capillari sanguigni, a seconda dei vari organi, e rispetto a questi, nei capillari
linfatici le cellule risultano più lasse, per permettere l’ingresso del liquido
interstiziale all'interno del capillare linfatico. Inoltre, come nelle vene, anche
nei capillari linfatici sono presenti delle estroflessioni della parete a formare
delle valvole semi-lunari che bloccano il reflusso della linfa, rendendo quindi
unidirezionale il flusso della linfa all’interno del torrente linfatico. Il flusso
linfatico viene drenato attraverso due dotti, un dotto linfatico di destra ed un
dotto toracico, il quale origina a fondo cieco, in quella che prende il nome di
cisterna del chilo. Il dotto toracico raccoglie tutta la linfa proveniente dalle
porzioni inferiori, quindi dagli arti inferiori, dalla porzione pelvica e dalla cavità
addominale inferiore, e dalla regione sinistra superiore del nostro corpo,
mentre la porzione superiore destra, viene drenata dal dotto linfatico destro,
che insieme al dotto toracico terminano a livello rispettivamente della vena
succlavia di destra e della vena succlavia di sinistra. La circolazione linfatica
del distretto superiore e del distretto inferiore ritornano nella circolazione
venosa sistemica, per cui la linfa, che non è data altro che da un movimento
di fluidi tra sangue e cellule, torna comunque poi al sistema circolatorio, per
cui nuovamente poi viene riportata nel circolo sanguigno. Quando parliamo di
edema, è dovuto al ristagno di liquido interstiziale all’interno degli organi per
iperproduzione a causa di un processo infiammatorio, per cui la linfa non
riesce sufficientemente ad essere drenata verso la circolazione sistemica e si
ha l’ingrossamento di quella porzione dell'organo. Quindi il sistema di
drenaggio, reimmette in circolo la linfa in quanto, sia bisogna evitare che si
accumuli e formi edemi, e sia perché in essa sono contenute anche molecole
utili all'organismo, quindi non va persa o eliminata. Il sistema linfatico come
abbiamo già detto, risulta estremamente associato al sistema immunitario, in
quanto rappresenta un sistema di difesa per il nostro organismo, saranno
presenti infatti degli organi linfoidi primari coinvolti nel sistema immunitario
che sono quelli in cui si ha la formazione della componente linfoide del
sangue, e quindi sarà fondamentalmente il midollo osseo, un altro è il timo,
in cui si ha una specializzazione e maturazione dei linfociti, che diventeranno
attivi in tutta una serie di organi linfoidi secondari, che permetteranno di
rispondere all’attacco di agenti patogeni esterni. Il midollo osseo è coinvolto
nel processo di ematopoiesi, e quindi dalla linea linfoide si verranno a creare
delle cellule staminali, che migrando all’interno del timo portano alla
conformazione dei linfociti T. Nei tessuti periferici si ha la formazione invece
dei linfociti B, che andranno incontro alla formazione di anticorpi, quindi una
risposta immunitaria mediata da anticorpi, diversa dalla risposta dei linfociti
T, che è una risposta immunitaria cellula-mediata.
I linfonodi sono dei piccoli organuli presenti a livello del torrente linfatico,
maggiormente posizionati a livello di quelle regioni che possono essere
direttamente o indirettamente a contatto con l’ambiente esterno, per lo più
nella regione pelvica e inguinale, o a livello della regione cervicale, nella
regione addominale, direttamente in rapporto con gli organi dell'apparato
digerente. Sono costituiti da dei capillari di tipo afferente, ed un capillare
efferente, cioè rispettivamente che entrano ed escono dal linfonodo.
All'interno si riconosce una componente midollare, che è la porzione centrale
del linfonodo, in cui saranno presenti dei tralci connettivali, intorno ai quali si
costituisce la porzione corticale, nella quale si trovano i noduli linfatici, ovvero
regioni in cui avverrà la maturazione dei linfociti B, per la presenza di cellule
accessorie, dette cellule dendritiche presentanti l'antigene, che
permetteranno una maturazione specifica del linfocita B verso uno specifico
antigene. Un concetto fondamentale dell’immunologia, riguarda il fatto che il
nostro organismo è in grado di riconoscere degli antigeni e produrre degli
anticorpi specifici e cellule di linfociti T specifici in risposta a questi, contro
quindi elementi patogeni provenienti dall'ambiente esterno. Dopo una forte
laringite ad esempio, o un'infiammazione della gola, si avranno i linfonodi
cervicali ingrossati, prova che i linfonodi sono funzionalmente attivi per poter
rispondere attivamente ad un attacco di agenti patogeni esterni. Altri
elementi coinvolti nel sistema linfatico sono la milza ed il timo. La milza è un
organo linfoide secondario, situato nella porzione sovramesocolica della cavità
addominale, a contatto con lo stomaco, tant’è che si riconosce un'impronta
gastrica sulla parete della milza, ed un’impronta renale, per il contatto che ha
anche con il rene, e quindi viene lateralmente in rapporto con le ultime coste.
Il suo parenchima è formato da due regioni, una chiamata polpa rossa e
l’altra polpa bianca, che presentano due funzioni completamente diverse. La
polpa rossa prende il nome dal fatto che è una regione della milza
estremamente vascolarizzata, con la presenza di sinusoidi, o aperture, a
livello del letto vascolare, presenta tutta una serie di specializzazioni per la
presenza di macrofagi, i quali non fanno altro che andare ad inglobare
elementi di scarto del sangue, e quindi permettere una fagocitosi di elementi
particolari dei globuli rossi che devono essere degradati, perciò la milza
partecipa ai processi di degradazione e riassorbimento dei globuli rossi per
esempio, dovuto ai macrofagi che sono particolarmente sviluppati a livello
della polpa rossa. Intorno alle regioni pre-capillari della polpa rossa si
vengono a formare delle porzioni di polpa bianca, in cui si ritrovano regioni
simili ai nuclei germinativi presenti nei linfonodi, e quindi una regione, visto la
ricca vascolarizzazione, in cui ci sono delle cellule che riconoscono elementi
patogeni in grado di dare origine a linfociti B o T specifici in risposta a questi
specifici agenti patogeni. Il timo è invece un organo, che si viene a
trovare nella cavità mediastinica, al davanti della faccia sterno-costale del
cuore, principalmente nella porzione della base del cuore, quindi al davanti
dell'uscita dei grossi vasi, il quale risulta estremamente più grande in età
puberale, per poi andare incontro a processi di degenerazione dalla maturità
all’invecchiamento, fino a diventare un organo molto piccolo, il cui
parenchima risulta costituito fondamentalmente da tralci di tessuto
connettivale. I setti connettivali che originano dalla sua capsula esterna,
vanno a delineare tutta una serie di lobi in cui si riconoscono sempre una
regione corticale esterna ed una regione midollare interna. È molto
importante perché al suo interno avviene, per la presenza di timociti e cellule
dendritiche che formano la struttura reticolare del timo, tutta una serie di
processi di maturazione dei linfociti T, ovvero cellule coinvolte nella risposta
cellula-mediata contro gli agenti patogeni esterni, quindi, gli agenti patogeni
che vengono in contatto con il nostro organismo, determinano a livello della
porzione corticale del timo, la maturazione, o la differenziazione che quel
linfocita ha verso uno specifico agente patogeno. Con l’invecchiamento i
processi di maturazione dei linfociti T cesseranno in quanto il timo andrà
incontro a processi di degenerazione, per cui tutte le cellule verranno
sostituite da tralci fibrosi.
Altro elemento molto importante è il sistema linfoide diffuso, all’interno dei
nostri organi sono presenti degli elementi cellulari del sistema linfoide,
localizzati in regioni specifiche del nostro corpo, ad esempio nella cute sono
presenti cellule linfatiche specifiche, residenti all’interno della regione del
derma, sottocutanea interna, in cui può essere presente un primo
meccanismo di difesa, ma anche un sistema linfoide associato alle mucose,
quindi a livello dell'apparato respiratorio e gastroenterico avremo quello che
viene indicato come MALT, Mucous Associated Linfoid Tissue (tessuto linfatico
associato alle mucose), cioè che possono venire a contatto con l'ambiente
esterno. Sono linfociti specifici presenti a livello della tonaca sottomucosa del
tratto respiratorio e gastroenterico. Questi elementi potranno essere associati
nel tratto gastroenterico a delle strutture dette placche di Peyer (pronuncia
francese), cioè un tessuto linfoide composto da linfociti associati l’uno agli
altri, presente a livello della tonaca sottomucosa della parete dell'ilo, del
digiuno e del colon. Altro importante tessuto linfoide è rappresentato
dall'anello linfoide faringeo, ovvero da aggregati linfoidi presenti intorno
all’istmo delle fauci, ovvero una regione della parete posteriore della cavità
orale, aperta a ridosso della faringe in cui ritroviamo appunto questi ammassi
che sono le tonsille faringee, che si vengono a trovare nella prima porzione
della rinofaringe al di sopra della parete che costituisce il palato molle, e
quella che normalmente vengono riconosciute come adenoidi. A livello della
rinofaringe viene riconosciuta la tonsilla tubarica, che si viene a trovare in
corrispondenza dell’apertura della tuba d’Eustachio. Riconosciamo a livello di
quelli che sono i processi palatini, ai lati dell’istmo delle fauci, le tonsille
palatine, ovvero le classiche tonsille. Nella porzione superiore della radice
della lingua si ritrova un’altra porzione di tessuto linfoide, ovvero la tonsilla
linguale. Questi ammassi di tessuto linfoide svolgono una funzione che è
quella di protezione di questa apertura.

(9° lezione)
SISTEMA RESPIRATORIO
Una delle funzioni primarie che ha il sistema respiratorio è quella di fornire al
sangue un'estesa area di scambio per ossigeno ed anidride carbonica,
permette di muovere l’aria verso e fuori la superficie di scambio dei polmoni,
inoltre ha l’importante funzione di proteggere la mucosa dell'apparato
respiratorio tramite barriere biologiche dagli agenti patogeni esterni, fornisce
il senso dell'olfatto e la capacità di emettere suoni. La respirazione è quel
fenomeno che permette quindi lo scambio di ossigeno e anidride carbonica
tra l’ambiente esterno e le cellule del nostro corpo, per cui si possono
distinguere una respirazione esterna, cioè che avviene a livello della
superficie dell’alveolo polmonare, quindi tra il sangue ed i polmoni, mentre la
respirazione interna è quella che prevede lo scambio di gas a livello cellulare.
Per quanto concerne invece la meccanica respiratoria, si distinguono un
movimento di inspirazione, cioè che permette l’ingresso di aria all'interno dei
polmoni, ed uno di espirazione, che invece permette l’uscita di aria dai
polmoni all’ambiente esterno. Sono quindi i processi meccanici che muovono
l’aria da dentro i polmoni a fuori e viceversa. Il sistema respiratorio è
costituito da un insieme di organi, i quali si vengono a trovare nella porzione
superiore del corpo, quindi a livello della testa, del collo e della cavità
toracica. Da un punto di vista anatomico possiamo distinguere questi organi
in vie aeree superiori, quindi narici, cavità orale e faringe, e vie aeree
inferiori, ovvero laringe, trachea, albero bronchiale, polmoni, e quindi l’unità
funzionale rappresentata dall’alveolo. La laringe è la porzione che precede la
trachea responsabile di modulare il flusso di aria e le vibrazioni, quindi è
l’elemento che produce il suono, che poi viene modulato in parola, a livello
della cavità orale, grazie al coordinamento tra lingua e labbra. Le strutture
sovra laringee sono la faringe, la cavità orale e la cavità nasale, che hanno
l’importante compito di pulire, riscaldare, umidificare e regolare l’afflusso di
aria. Le strutture sotto laringee sono invece la trachea, l’albero
tracheobronchiale e gli alveoli polmonari all’interno dei polmoni, che hanno la
funzione di distribuire l’aria agli alveoli, dove avviene il processo di
respirazione esterna. Se invece prendiamo come elemento principale l’alveolo
polmonare, e quindi considerando la respirazione esterna, si possono dividere
gli organi del sistema respiratorio, in porzioni di conduzione e in porzioni
respiratorie. Le porzioni di conduzione sono il naso, la faringe, la laringe, la
trachea, i bronchi ed i bronchioli terminali. A questa porzione corrisponderà
una specifica struttura anatomica, dal bronchiolo terminale infatti cambierà
completamente la struttura dell'albero tracheobronchiale, per cui andrà a
formare delle estroflessioni della parete, a formare il bronchiolo respiratorio, il
dotto alveolare, i sacchi alveolari, formati da unità più piccole che sono gli
alveoli. La mucosa sarà presente solo fino al bronchiolo, quindi la parete
subirà delle modificazione nelle strutture successive. Un elemento
fondamentale del sistema respiratorio è dato dalla presenza di componenti
fisiche di difesa dell’albero respiratorio, in grado di riconoscere ed eliminare
gli agenti patogeni, il meccanismo di difesa principale è dato dal tessuto
epiteliale tipico del sistema respiratorio, cioè l’epitelio cilindrico pseudo
stratificato, dove la porzione apicale delle cellule presentano una
specializzazione, le ciglia, con l’importante funzione di muovere il muco,
prodotto sia dalle cellule caliciformi mucipare (intervallate agli elementi
cellulari dell'epitelio) sia dalle ghiandole mucose presenti a livello della tonaca
sottomucosa presente al di sotto della mucosa che costituisce la superficie
interna dall'albero tracheobronchiale. Questo tipo di epitelio lo si ritrova sia a
livello della cavità nasale sia a livello della rinofaringe (prima porzione della
faringe), nella laringe e in tutto l’albero tracheobronchiale fino al bronchiolo
respiratorio dove inizia a cambiare la struttura. La produzione di muco e la
presenza di ciglia sono fondamentali alla protezione del sistema, il muco
intrappola gli agenti patogeni esterni (particelle chimiche) e le ciglia li
muovono verso l’esterno, un movimento dal basso verso l’alto nell'albero
tracheobronchiale e dall'alto verso il basso se ci troviamo nella cavità nasale o
nella porzione della rinofaringe. A livello delle cavità nasali si ha una vera e
propria filtrazione per la presenza nel vestibolo nasale di grossi peli, chiamati
vibrisse, che hanno il ruolo di bloccare le particelle più grandi. I principali
elementi cellulari di difesa sono innanzitutto il tessuto linfoide associato alle
mucose (MALT), presenti a livello della lamina propria e delle porzioni della
tonaca sottomucosa, quindi elementi cellulari di difesa per quegli ambienti
che hanno un diretto contatto con l’esterno, d’altra parte si hanno macrofagi
alveolari presenti a livello della parete dell'alveolo, intervallati agli elementi
cellulari che la compongono, che riescono a fagocitare le particelle più piccole
riuscite ad arrivare a livello dell'alveolo polmonare. I polmoni cambiano colore
dalla fase giovanile a quella matura, fino all’età adulta si ha una tipica
colorazione rosea, mentre nella fase di senescenza si ha un imbrunimento a
causa delle particelle che sono state fagocitate a livello dei macrofagi.

MUSCOLI RESPIRATORI
Permettono le variazioni di pressione all’interno della cavità toracica durante
le meccaniche respiratorie di inspirazione ed espirazione. Risulta
fondamentale la formazione di una pressione negativa all'interno dei polmoni
che richiama aria dall'esterno. Si riconoscono fondamentalmente 3 muscoli
respiratori: il diaframma ed il gruppo di muscoli intercostali, quindi muscoli
intercostali interni ed esterni. Il principale organo coinvolto nella meccanica
respiratoria è il diaframma, muscolo che va a dividere la cavità toracica e la
cavità addominale, i fasci di muscolatura decorrono dalla porzione centrale
tendinea, centro frenico (o tendineo) del diaframma, e si portano in maniera
parallela al davanti, a prendere attacco alle cartilagini costali, nona e decima,
quindi a formare la parete costale del diaframma, mentre posteriormente, in
una visione inferiore del diaframma, i fasci costituiscono la parete posteriore
del diaframma, che si vanno ad attaccare ai legamenti che circondano la
colonna vertebrale, per costituire, insieme ad altri gruppi muscolari, la parete
addominale posteriore. Questi muscoli sono il muscolo quadrato dei lombi ed
il muscolo piccolo psoas. Sulla porzione del centro tendineo del diaframma si
ritrovano quelle che sono le aperture per diverse strutture passanti dalla
cavità toracica a quella addominale, quindi la vena cava inferiore, l’esofago e
l’aorta. Sul centro tendineo si va ad appoggiare la parete diaframmatica dei
due polmoni e si riconosce anche l’impronta cardiaca, quindi l’appoggio della
parete diaframmatica del cuore. Altro gruppo muscolare abbiamo detto che
sono i muscoli intercostali, abbiamo detto che la cassa toracica è formata da
12 paia di coste, le quali si articolano posteriormente con la colonna
vertebrale ed anteriormente con lo sterno, e tra i margini liberi delle coste
sono presenti i fasci muscolari detti intercostali. Tra questi riconosciamo i
fasci intercostali interni e quelli intercostali esterni, maggiormente coinvolti
nella meccanica respiratoria. Essi si differenziano per l’orientamento delle
fibre, entrambi obliqui, dal margine libero della costa inferiore a quella
superiore, ma in maniera opposta. Quelli intercostali esterni hanno un
orientamento obliquo dalla porzione posteriore a quella anteriore, mentre gli
interni, che hanno sempre una disposizione obliqua, sono orientati in maniera
opposta, quindi dalla porzione anteriore a quella posteriore della costa
sottostante. Questo tipo di organizzazione fa si che i corpi delle vertebre si
comportino come delle leve, quindi la contrazione del muscolo intercostale
esterno alza la costa inferiore, e la porta leggermente in avanti, ampliando
questo movimento su tutte le coste, si ha un innalzamento e allargamento
della cavità toracica. I muscoli intercostali esterni saranno coinvolti perciò nei
processi di inspirazione. La contrazione del diaframma, agendo sul centro
tendineo, si abbassa, e contribuirà all’aumento di volume della cassa toracica,
quindi anche la contrazione del diaframma contribuirà al movimento di
inspirazione. Invece il rilassamento del muscolo intercostale esterno, del
diaframma, e la contrazione dei muscoli intercostali interni, riportano il
diaframma verso l’alto, abbassano le coste e quindi la cassa toracica,
determinando una diminuzione del volume della gabbia, che risulta un
movimento passivo in realtà in quanto la pressione negativa che si viene a
creare durante l'espirazione non fa altro che richiamare i muscoli.
L’inspirazione risulta invece un processo attivo. Nei processi respiratori più
profondi, possono entrare in opera altri tipi di muscoli, o meglio,
parteciperanno ai due processi in maniera più importante, per esempio i
muscoli addominali ed il processo trasverso dell'addome che nella loro
contrazione spingeranno la gabbia verso il basso, facilitando l’espirazione,
mentre nell'inspirazione sarà coinvolto il piccolo muscolo pettorale, la
contrazione del muscolo scaleno e del muscolo sternocleidomastoideo, che
tirano verso l’alto la gabbia toracica e ne permettono l'allargamento.

ORGANI DELL'APPARATO RESPIRATORIO

NASO E CAVITÀ NASALI


Il naso esterno, che si viene a trovare nella porzione centrale del viso,
presenta un setto, nella linea mediana, chiamato setto nasale, che si estende
dalla porzione esterna alla porzione interna del naso. La porzione esterna ha
la funzione di delineare le narici, nelle quali possiamo distinguere due
porzioni, una più esterna rappresentata dalla narice vera e propria, ed una
più interna cioè il vestibolo della narice, all’interno della quale si ritrovano le
vibrisse, primo sistema di filtrazione delle particelle. Lo scheletro del naso
risulta costituita unicamente di cartilagine, mentre solo superiormente esso è
caratterizzato da due ossa, le ossa nasali. Il naso esterno, o piramide nasale,
è un rilievo formato da cartilagine, posto al centro della faccia, tra la fronte, il
labbro superiore e le guance, ha una forma piramidale, di cui si può
distinguere una faccia posteriore, triangolare, costituito da scheletro osseo, e
che va a delineare l'apertura piriforme del naso. Le facce laterali sono quelle
che originano dalle due ossa nasali, a partire dall'articolazione con la porzione
centrale dell’osso frontale, presentano una parte superiore che risulta fissa, in
quanto provvista di ossa, lateralmente prende articolazione con la parte
mediale dell'osso mascellare, terminando con le ali del naso (quelle laterali),
in continuità con le guance, la porzione scheletrica sarà in continuità con
l’osso mascellare. I margini laterali sono quelli che delimitano l’insieme del
piano facciale, dati da un solco longitudinale che va dall'alto verso il basso, e
che delimita posteriormente la faccia laterale del naso. La porzione
identificata come dorso del naso va a costituire la porzione più anteriore del
naso, quindi data superiormente dalla fusione delle due ossa nasali, quindi
dalla cartilagine del setto, alla quale si vanno ad attaccare le altre due
cartilagini. Prende origine a partire dalle arcate sopraccigliari, in articolazione
con l’osso frontale, e prosegue fino a terminare nella punta del naso. La
porzione ossea-cartilaginea risulta costituita, quindi, superiormente dalle due
ossa nasali, alle quali fa seguito la porzione del dorso del naso, su cui si
sviluppa la cartilagine del setto, sulla quale si vanno ad articolare le due
cartilagini laterali del naso, articolate superiormente con le due ossa nasali ed
inferiormente con l’osso mascellare, hanno forma triangolare, con base rivolta
verso il basso e apice verso l’alto, nella porzione antero-inferiore del naso si
trovano le due cartilagini alari, che vanno a delineare la narice nella sua
porzione anteriore, mentre la porzione postero-laterale del naso viene
delineata dalla presenza di tessuto connettivo fibroso con del tessuto
adiposo, il quale va a prendere continuità con il periostio dell'osso mascellare.
Sono presenti una serie di cartilagini accessorie, come la cartilagine alare
minore, la sesamoide, che si incunea tra la cartilagine del setto e la
cartilagine alare. La cartilagine presente a livello del dorso del naso risulta
fondamentale nella costituzione delle cavità nasali, che si originano
dall’apertura piriforme del naso, importanti in quanto sede del senso
dell'olfatto. Dalla cartilagine del setto andando indietro si ritrova il setto, che
divide le cavità nasali in una di destra e una di sinistra, costituito
anteriormente dalla cartilagine del setto, che si porta posteriormente e si va
ad incuneare tra la lamina perpendicolare dell'osso etmoide, si articola con il
vomere, il quale si articola a sua volta con il processo palatino dell’osso
mascellare e con le ossa palatine, che vanno a costituire il palato, dove il
palato rappresenta il pavimento della cavità nasale. Posteriormente presenta
porzioni fibrose che terminano nell'ugola, porzione superiore dell'istmo delle
fauci, che costituisce il palato molle, che posteriormente forma la parete
anteriore prima della rinofaringe e poi dell'orofaringe. Tra gli elementi di
difesa del sistema respiratorio va ricordato l'anello di Waldeyer, ammasso di
tessuto linfoide posto a delineare la regione di apertura tra l’ambiente esterno
ed interno. La parete laterale della cavità nasale, a differenza del setto
nasale, non è una parete liscia, ma presenta una serie di meati, un meato
superiore, un meato medio ed uno inferiore. I meati sono dati dai turbinati, le
cosiddette concae, la conca nasale superiore, media ed inferiore. Le prime
due sono porzioni del processo trasverso dell'osso etmoide, ai lati di questo.
Il cornetto nasale inferiore è invece dato da un singolo osso che si fonde
inferiormente con il processo palatino dell’osso mascellare e con l’osso
palatino, quindi un piccolo osso che entra nella costituzione della parete della
cavità nasale, rivestita di mucosa. Questo sistema di camere che si va a
formare all’interno delle cavità nasali ha la funzione di rallentare il flusso di
aria inspirata, formando dei moti vorticosi di questo flusso, e l’aria rallenta
per essere meglio pulita e riscaldata. Il flusso entra infatti in contatto con la
superficie mucosa che riveste completamente le cavità nasali, la mucosa
respiratoria, formata dall'epitelio pseudo stratificato cigliato, che muovono il
muco prodotto dalle caliciformi mucipare, che va ad intrappolare le particelle
presenti nell'aria, le muove verso la rinofaringe, l’orofaringe, e quindi verso
l’esofago, per essere digerite all’interno dello stomaco, oppure se in eccesso
possono essere portati fuori da atti respiratori. Altra importante funzione è
quella di umidificare l’aria, sempre a carico della mucosa, e questa
componente idrica favorirà a livello alveolare gli scambi gassosi. Tra gli strati
della mucosa c’è n'è uno di sottomucosa, riccamente vascolarizzato, dove si
vengono a formare dei plessi di comunicazione tra i letti capillari, dei sinusoidi
del letto vascolare, che porta un grosso afflusso di sangue a livello di questa
regione, sangue che per la presenza di questi sinusoidi viene rallentato,
quindi riscalda l’aria che fluisce attraverso le cavità nasali. Ci dobbiamo
immaginare una fitta rete capillare in cui si ha un ristagno di sangue dovuto a
questi allargamenti del letto vascolare, il sangue fluisce più lentamente e
riscalda l’aria che passa al di sopra di queste porzioni. È quindi una zona
molto vascolarizzata, infatti nei fenomeni di epistasi si ha un'elevata perdita
di sangue proprio per questo motivo. In più si ha la presenza di ghiandole
tubulo-acinose composte, a secrezione sierosa e mucosa (mista), che
aumentano il muco presente al di sopra dell'epitelio pseudo stratificato. A
livello del tetto delle cavità nasali risulta invece costituito dalla lamina
orizzontale dell’osso etmoide, o lamina cribrosa dell’osso etmoide,
caratterizzato da membrana olfattiva, la quale risulta particolare, in quanto da
un lato risulta simile alla membrana respiratoria, presenta sempre uno strato
pseudo stratificato con elementi di sostegno, in cui sono frapposti degli
elementi recettoriali, che sono neuroni modificati con la cresta che si allarga
superficialmente con strutture filamentose che andranno a costituire la parte
estroflessa. Questi recettori verranno stimolati dalle varie sostanze odorose,
che si sciolgono all’interno del muco presente a livello della membrana
olfattiva e respiratoria, e che veicolano le particelle fino ai recettori. L’assone,
che invece è presente al di sotto, entra nella costituzione dei nervi olfattivi, si
uniscono, passano attraverso la lamina cribrosa dell'osso etmoide, e
prendono sinapsi con i neuroni localizzati a livello del bulbo olfattivo, presente
nella porzione inferiore del nostro encefalo, estroflessioni di neuroni che si
vengono ad alloggiare al di sopra della lamina cribrosa dell’osso etmoide, ed i
neuroni formano sinapsi con i neuroni respiratori, e portano il segnale nella
regione temporale che rappresenta l'area olfattiva primaria, dove arrivano le
informazione dal bulbo olfattivo direttamente ai neuroni della corteccia
temporale, senza afferenze talamiche (generalmente gli organi sensitivi
hanno afferenze con il talamo). I seni paranasali sono camere in
collegamento con le cavità nasali, presenti e scavate all’interno di altre ossa
(osso frontale, osso etmoide, ossa mascellari…) rivestite da mucosa
respiratoria, rappresentano un’estensione delle cavità nasali all’interno del
cranio, il quale fa da cassa armonica, modula il suono. È quella che si
infiamma con la sinusite.

FARINGE
La faringe è la porzione posteriore delle cavità nasali, nella regione chiamata
coana, e della regione dell'istmo delle fauci, tonsilla linguale e tonsilla
palatina, entra sia nella costituzione dell'apparato digerente, sia dell'apparato
respiratorio. È una regione in continuità con la coana, quindi con le cavità
nasali, e l’istmo delle fauci, quindi con la cavità orale, e si identificano tre
regioni, la regione superiore è chiamata rinofaringe, o faringe nasale, poi
viene l’orofaringe, ed infine una regione inferiore, detta laringofaringe. La
faringe andrà quindi a delineare posteriormente la cavità nasale e la cavità
orale, e con la porzione della laringofaringe entra in continuità con l’esofago.
Posteriormente entra in contatto invece con il corpo delle vertebre cervicali.
Risulta rivestita completamente di mucosa, ma a livello delle tre regioni la
mucosa cambia, infatti la mucosa della rinofaringe, che è in continuità con le
cavità nasali, è sempre una mucosa con epitelio pseudo stratificato cigliato, a
livello dell'orofaringe, quindi in corrispondenza dell’istmo della fauci, diventa
un epitelio pluristratificato, pavimentoso e non cheratinizzato, mentre torna
nuovamente ad essere costituita da epitelio pseudo stratificato a livello della
laringe, che si porta anteriormente all'esofago.

LARINGE
Il sistema della laringe è aperto, caratterizzato da uno scheletro cartilagineo
che delinea un canale sempre pervio, rigido, in quanto l’aria deve
assolutamente passare, a differenza del canale dell'esofago il quale è
completamente muscolare. Inferiormente al tratto laringeo c’è la trachea. La
laringe è un organo fondamentale in quanto rappresenta l’organo della
fonazione, ed è un organo estremamente complesso, costituito da uno
scheletro cartilagineo dato da delle cartilagini pari ed altre impari. Tra le
cartilagini impari ci sono quella della tiroidea, cricoide e l’epiglottide, mentre
le cartilagini pari sono le cartilagini aritenoidi, corniculate e le cartilagini
cuneiformi, che uniscono l’epiglottide alla parete posteriore della cartilagine
tiroidea. Una cartilagine fondamentale nella costituzione della parete della
laringe è la cartilagine tiroidea, costituita da due porzioni alari laterali, che si
uniscono nella porzione centrale che risulta più sporgente in avanti nel
maschio, sotto influenza ormonale (pomo d’Adamo), andrà quindi a costituire
la porzione antero-laterale della laringe. Le due porzioni laterali terminano
ognuna con delle protuberanza, due superiori e due inferiori, che permettono
l'attacco con il legamento tiroioideo, a livello della porzione cervicale è infatti
presente un osso a forma di ferro di cavallo, chiamato osso ioide, che dà
attacco mediante questo legamento alla cartilagine tiroidea della laringe, e
con altri legamenti si va a fissare con la mandibola superiore. Nella sua
porzione interna, mediante altri legamenti, si va a fissare alle cartilagine
aritenoide. La cartilagine tiroidea inferiormente si va a legare alla cartilagine
cricoide, la quale ha la forma tipica di anello con castone, struttura anulare,
più stretta nella sua porzione anteriore e più slargata nella sua porzione
posteriore. Nella parte superiore della porzione posteriore della cartilagine
cricoide, prende articolazione la base della cartilagine aritenoide, che ha
forma piramidale, con l’apice rivolta verso l’alto e la base che prende
articolazione con la superficie articolare, al di sopra invece si ha la faccetta
articolare per la cartilagine corniculata, piccola cartilagine che formerà la
punta di questo complesso cartilagineo. Tra la faccia posteriore della
cartilagine tiroidea e il complesso cartilagineo di cartilagine cricoide,
aritenoide e corniculata, decorrono dei legamenti, o meglio del pieghe della
mucosa, che presentano degli ispessimenti, chiamati legamento cricotiroideo
e legamento vestibolare. Ci saranno dei muscoli che decorrono lungo la
parete posteriore della laringe, come il muscolo tiroaritenoideo, fissati dai
legamenti. Il legamento vestibolare costituirà la corda vocale falsa,
superiormente, mentre inferiormente c’è il legamento vocale vero, ovvero
quello che forma la corda vocale vera. Si avrà quindi un sistema che andrà a
chiudere l’ingresso della laringe in trachea, mediante il movimento, dovuto
alla contrazione di muscoli che decorrono dalla parete della cartilagine
tiroidea a quella aritenoide, determinando un'apertura o chiusura del
legamento vocale, e quindi lo scivolamento della cartilagine corniculata al di
sopra della cartilagine aritenoide che si muove sulla cartilagine cricoide.
L’apertura del legamento vocale è dato da un allargamento delle due
cartilagini corniculata al di sopra delle due cartilagini aritenoidee. Il
movimento delle cartilagini non fa altro che tirare il legamento e quindi aprirlo
o chiuderlo, e sarà la vibrazione di questo legamento a permettere la
formazione del suono, modulato in parola dalla lingua e le labbra. Tutto
questo sistema sarà rivestito da mucosa. Le corde vocali nei soggetti
femminili sono più sottili, quindi le vibrazioni daranno suoni più alti, mentre
quelle del maschio sono più corte e spesse, dando suoni più bassi. Lo
sviluppo del legamento vocale è sotto influenza ormonale, ecco perché nel
periodo dello sviluppo ormonale, in pubertà, si ha un cambiamento di tonalità
della voce.

(Lezione 10)
EPIGLOTTIDE
Nella porzione antero-superiore della laringe si posizione una cartilagine,
l'epiglottide, la quale si fissa alla faccia interna della cartilagine tiroidea e
dell'osso ioide mediante dei legamenti. A differenza delle altre cartilagini,
costituite da cartilagine di tipo ialino, l’epiglottide risulta costituita da
cartilagine di tipo elastico. Risulta particolarmente importante nei movimenti
di deglutizione, in cui si ha un abbassamento dell’epiglottide, che va a
chiudere la rima buccale, la rima della glottide, per la presenza dei legamenti
tra l’epiglottide e l'osso ioide, e l’epiglottide con la parete centrale interna
della cartilagine tiroidea, al momento della contrazione dei muscoli faringei e
laringei nell’atto della deglutizione, si ha una chiusura della glottide, sopra la
rima della glottide stessa, che permette un'occlusione delle vie respiratorie, e
l'apertura dell'esofago, ovvero della via che porta il bolo alimentare, formatosi
all’interno della cavità orale, verso gli organi digerenti. L’esofago si trova più
vicino alla colonna vertebrale rispetto alla laringe, quindi si trova
posteriormente alla laringe ed al tronco tracheobronchiale.

TRACHEA
Dalla laringe, detto organo della fonazione, iniziano le vie aeree inferiori, che
possono essere individuate e distinte come vie aeree extrapolmonari o vie
aeree intrapolmonari. Dalla prima ramificazione che avviene a livello
tracheale, corrispondente alle vie aeree extrapolmonari, inizia la struttura
nota come albero tracheobronchiale, unica struttura data dalla trachea, che
inizia a dividersi nelle porzione dei bronchi extrapolmonari, per poi dividersi e
ramificarsi notevolmente all’interno del parenchima polmonare. Questa è la
struttura che rappresenta il mezzo per distribuire l’aria per la ventilazione dei
polmoni, dei lobi e dei lobuli polmonari. La struttura che ritroviamo al di sotto
della laringe è rappresentata dalla trachea, di forma tubulare, che decorre per
una lunghezza di circa 10-12cm ed un diametro di circa 16-18mm, si estende
anteriormente alla colonna vertebrale e all'esofago, si estende
approssimativamente dalla sesta/settima vertebra cervicale fino a dividersi
nei due bronchi principali extrapolmonari a livello della quarta vertebra
toracica, quindi a livello dello sterno. La biforcazione che prende il nome di
carena, passa al davanti di un piano a livello delle seconde cartilagini costali.
A livello della trachea, lateralmente corre il fascio vascolo-nervoso del collo,
ovvero una struttura rappresentata dall'insieme dall'arteria carotide comune,
dalla vena giugulare e dal nervo vago, che dal sistema centrale rappresenta
uno dei nervi cranici, che scende all’interno del collo, per innervare diversi
organi sia della cavità toracica che addominale. La trachea risulta costituita
da circa 15-20 anelli cartilaginei. Il primo anello cartilagineo va a legarsi alla
faccia inferiore della cartilagine cricoide, attraverso un legamento fibroso in
cui saranno presenti anche componenti di fibre elastiche. Gli anelli della
trachea risultano costituiti da una forma a ferro di cavallo, quindi incompleti
posteriormente, chiusi dal muscolo tracheale, una struttura nel quale si
ritrovano sia componenti di muscolatura liscia che di tessuto connettivale di
natura fibrosa ed elastica, a confine con l’esofago. Questa struttura è
congeniale al fatto che da un lato la trachea deve rimanere sempre pervia,
ma dato il suo rapporto con l’esofago, nel quale avviene il passaggio del bolo
alimentare, questo rapporto non potrà essere rigido, ma deve potersi
adattare e modificare a questo passaggio. Le pareti che vanno a costituire gli
organi cavi sono 4, a partire dalla porzione interna si ha una tonaca mucosa,
una sottomucosa, una muscolare, ed una sierosa o avventizia più esterna. La
sierosa è presente nelle pareti degli organi presenti in cavità addominale, in
sostituzione di quella avventizia. L’avventizia è uno strato di tessuto
connettivale che fisserà la trachea agli organi vicini. La trachea risulta
costituita dall'interno verso l’esterno, da una tonaca mucosa, costituita da un
epitelio pseudo stratificato ciliato con interposte delle cellule caliciformi
mucipare, importante la presenza in questa tonaca di ciglia vibratili che
muovono il muco in senso infero-superiore, verso l’esofago, per poter essere
ingerito; Presenta una tonaca sottomucosa, in cui sono presenti delle
ghiandole tracheali, tubulo-acinose, a secrezione sia mucosa che sierosa,
immerse a livello del connettivo della sottomucosa, la porzione sottostante
alla tonaca sottomucosa è quella membranosa, diversa dalla faccia anteriore
a quella posteriore, anteriormente sarà occupata dall'anello cartilagineo, con
struttura a ferro di cavallo, con interposte cellule muscolari lisce, tessuto
connettivo, fibroso ed elastico, che diventano più abbondanti nella porzione
posteriore, in diretto rapporto con l’esofago. La trachea, si divide in due
bronchi, a livello della carena, e quindi approssimativamente all'altezza della
sesta/settima vertebra cervicale. Durante gli atti respiratori, movimenti della
trachea e della laringe seguono i movimenti di inspirazione ed espirazione
della gabbia toracica, quindi i rapporti tra queste due strutture cambiano, si
modulano in base a questi atti respiratori. Risulta per questo importante il
collegamento con l’osso ioide, che lega la laringe, e porterà a far scendere,
durante gli atti respiratori, anche la trachea.
A livello della carena la trachea si divide quindi nei bronchi primari, i quali
rappresentano la prima porzione dell’albero bronchiale, vie aeree
extrapolmonari. Il bronco destro risulta più corto e largo, rispetto al sinistro,
che scende più inclinato verso l’ilo del polmone sinistro, ed è più piccolo di
diametro.

ORGANIZZAZIONE DEL PARENCHIMA POLMONARE


L'organizzazione del parenchima polmonare è correlata strettamente a quella
dell'albero tracheobronchiale, quindi la struttura dell'organo riflette quelle che
sono le ramificazioni dell'albero bronchiale. Il connettivo del parenchima
polmonare non fa altro che sorreggere le ramificazioni più piccole dell'albero
tracheobronchiale. La trachea si divide dunque in due bronchi
extrapolmonari, che chiameremo bronchi principali, destro e sinistro, i quali a
loro volta si divideranno in bronchi lobari, che ancora si divideranno nei
bronchi zonali, che daranno ramificazioni chiamate bronchi lobulari, per
passare ai bronchioli ed i bronchioli terminali, negli alveoli. Quindi
nomineremo i bronchi in base alla porzione che andranno a ventilare. I due
polmoni, destro e sinistro, vanno ad occupare totalmente la cavità toracica,
hanno forma triangolare, nelle quali si possono identificare una faccia costale,
a ridosso ed in rapporto con le coste e con i muscoli intercostali che
decorrono a livello delle coste, una faccia diaframmatica, ovvero la base
convessa verso l’interno che poggia sul diaframma, ed una superficie mediale
rivolta verso la porzione centrale della cavità toracica in cui i due polmoni
prendono contatto con il mediastino, e quindi con il cuore, maggiormente il
polmone di sinistra, dato che il cuore è maggiormente spostato in avanti e a
sinistra. I due polmoni arrivano nella porzione superiore, al davanti
dell'articolazione sterno-clavicolare, superandolo con i due apici dei due. La
faccia mediastinica è quella che presenta l'ilo del polmone, nei quali,
rispettivamente, entreranno i due bronchi principali, oltre che l’irrorazione sia
della circolazione polmonare, che di quella sistemica. Ci saranno le arterie
bronchiali che andranno ad irrorare i bronchi, e la parete connettivale degli
alveoli, ed una circolazione capillare polmonare, derivante dall'aorta toracica
che forma dei rami collaterali, tra cui le arterie bronchiali, che sono quelle che
vanno ad irrorare il parenchima polmonare. I due polmoni si portano
posteriormente, nella cavità toracica, prendendo rapporto anche con il
rachide, e vanno ad avvolgere nella porzione anteriore il cuore. La porzione
postero-laterale risulterà più spessa rispetto alla porzione antero-laterale dei
due polmoni. Essi sono divisi da setti connettivale in lobi, il polmone destro
presenta 3 lobi, uno superiore, uno inferiore ed uno medio, tra quello
superiore e quello inferiore è presente una scissura obliqua, mentre tra lobo
superiore e medio una scissura orizzontale, il polmone sinistro invece,
essendo più piccolo, presenta 2 lobi, con una singola scissura obliqua che
divide il parenchima in un lobo superiore ed uno inferiore. Il parenchima
polmonare risulta ulteriormente suddiviso in aree, o zone, che risultano
ventilati dai bronchi zonali. 10 zone sia nel polmone di destra che in quello di
sinistra, fondamentali perché completamente indipendenti dal punto di vista
della ventilazione, ciò significa che nel caso fosse necessaria un’esportazione
chirurgica di una parte del polmone, può essere recisa una zona del polmone,
indipendente per ventilazione e circolazione rispetta alle altre, evitando di
avere la completa ablazione di un lobo, ma solo di una singola zona. Tenendo
conto del percorso dell'albero bronchiale, c’è la trachea che si divide in due
bronchi principali chiamati extrapolmonari a livello della carena, questi
bronchi entrano a livello dell'ilo del polmone, e si ramificano in tre bronchi
lobari per quanto riguarda il polmone di destra, uno per il lobo superiore, uno
per quello inferiore ed uno per quello medio, ed in due bronchi polmonari nel
polmone di sinistra, uno per il lobo superiore ed uno per quello inferiore. A
questo livello si ramifica in bronchi zonali, cioè che vanno a ventilare le varie
zone del polmone. A questo farà seguito la ramificazione in bronchi lobulari,
cioè quelli che vanno a ventilare i lobuli delle varie zone, ovvero quelle piccole
e numerose porzioni in cui sono suddivise le zone polmonari da tralci di
tessuto connettivo fibroso elastico. Questi si andranno ulteriormente a
ramificare in bronchioli, fino ad arrivare alla porzione del bronchiolo
terminale, chiamato così perché si ramifica in maniera dicotomica per formare
due bronchioli respiratori. Mentre quelli zonali possono dare ramificazioni o
dicotomiche o molteplici rami, all’interno del parenchima, e quindi a formare i
bronchi lobulari, ancora a ramificarsi in bronchioli ed in bronchioli terminali.
Terminali perché a questo livello termina la porzione di conduzione dell’aria
dell’albero tracheobronchiale, in cui cambierà anche la struttura. Essendo
comunque organi cavi, risulteranno sempre costituiti da quattro pareti,
tonaca mucosa, sempre costituita da epitelio pseudo stratificato ciliato, con
interposte cellule caliciformi mucipare, tonaca sottomucosa, ma cambierà la
porzione della tonaca fibrosa (muscolare ed avventizia), per il fatto che quelli
che sono degli anelli incompleti a livello della porzione della trachea,
risulteranno invece degli anelli completi in parte a livello dei bronchi lobari,
dei bronchi zonali, per poi modificarsi ulteriormente a livello dei bronchi
lobulari diventando delle semplici placche. La parete del bronchiolo sarà
quindi costituita da, internamente, sempre da tonaca mucosa, una
sottilissima tonaca sottomucosa, ed una tonaca fibrosa solamente costituita
da fibrocellule muscolari lisce, la cui presenza terminerà a livello del
bronchiolo terminale. Nelle ultime porzioni l’epitelio della tonaca mucosa
passa da pseudo stratificato a cubico, non presenta più cellule caliciformi, e
saranno cigliate fino ai bronchioli terminali, ma privi di ciglia nei bronchioli
respiratori. La porzione cartilaginea, di tipo ialina, termina a livello dei
bronchioli segmentale, porzione prima del bronchiolo terminale. Le ghiandole,
che nella trachea si trovavano nello strato di sottomucosa, vengono a
mancare a livello del bronchiolo terminale, in cui la parete si estroflette,
quindi non seguiterà come una struttura tubulare, formando delle
estroflessioni sacciformi, un cosiddetto dotto alveolare, che porterà aria
all’alveolo polmonare, più alveoli andranno a costituire unità più grandi che
prende il nome di acino polmonare. Quindi riassumendo, dal bronchiolo
terminale si ha una suddivisione dicotomica in bronchioli respiratori, da cui
partono estroflessioni della parete a formare l'acino polmonare, a sua volta
formato da alveoli polmonari, unità anatomo-funzionale del polmone.

COSTITUZIONE ALVEOLO POLMONARE


L’alveolo polmonare è una struttura sacciforme costituita da un epitelio
pavimentoso semplice nel quale si riconoscono almeno due tipi cellulari, il
pneumocita di tipo I ed il pneumocita di tipo II. L’epitelio deve essere
estremamente sottile in quanto a livello della parete dell'alveolo avvengono
gli scambi gassosi tra l’ambiente esterno e il capillare alveolare. I rami del
tronco polmonare vanno a dare capillari all’interno del parenchima
polmonare, ad avvolgere completamente la parete degli alveoli, la quale
risulta essere sostenuta da una leggerissima trama di tessuto connettivo di
tipo elastico. Il pneumocita di tipo I è una cellula epiteliale
pavimentosa/squamosa, che formano un singolo strato, è estremamente
piatto, con uno spessore di 0,2micron, e permette di individuare l’area di
scambio tra sangue ed aria esterna. A volte risultano visibili solo i nuclei di
queste cellule, perché il resto della membrana cellulare risulta estremamente
appiattita a ridosso dell’endotelio del capillare. Il pneumocita di tipo II, o
pneumocita alveolare, risulta essere più grande e globulare rispetto al tipo I,
ed ha l’importante funzione di produrre surfactante, prodotto a livello di
vescicole formatesi al suo interno. La parete dell’ultima porzione dell'albero
tracheobronchiale, quindi dell'alveolo, risulta importante perché permette di
individuare la barriera aria-sangue, costituita, dal lume dell'alveolo verso il
capillare, da un sottilissimo velo di liquido, cioè il surfattante secreto dal
pneumocita di tipo II, da un sottilissimo strato di cellule di pneumocita di tipo
I, di cui non si riconosce nemmeno il citoplasma, una lamina basale, che in
alcuni punti si può fondere con la lamina basale della cellula dell'endotelio del
capillare, mentre in altri si può andare a creare un piccolissimo spazio tra la
membrana basale del pneumocita di tipo I e quella della cellula endoteliale, a
cui farà seguito la membrana cellulare della cellula endoteliale. A questo
livello il flusso sanguigno è estremamente lento, i capillari sono molto sottili,
quindi si viene a creare una circolazione al suo interno quasi di singoli globuli
rossi, e quindi a livello di queste porzioni, di barriera sangue-aria, tra cellula
endoteliale e pneumocita di tipo I avverrà lo scambio di ossigeno ed anidride
carbonica, per diffusione. Risulterà fondamentale a questo livello la presenza
di quel sottilissimo velo di liquido di surfattante, costituito fondamentalmente
da fosfolipidi e proteine, come la dipalmitoilfosfatidilcolina e le proteine
idrofobiche, di cui se ne riconoscono quattro classi, che insieme permettono a
questo liquido presente in tutta la superficie alveolare di andare a diminuire la
tensione superficiale sull’interfaccia aria epitelio, soprattutto per la presenza
della componente lipidica. Da un lato permette la pervietà dell'alveolo,
dall'altra ne impedisce il collasso negli atti di espirazione. Gli scambi
avverranno solo attraverso questo strato di liquido, perché avvengono per
diffusione, dall’esterno verso l’interno o viceversa. Il surfattante viene
prodotto a partire dalla 35° settimana di gestazione, quindi intorno all'ottavo
mese di gestazione, e questa fase risulta fondamentale per permettere gli atti
respiratori, senza di questo, al primo atto respiratorio il polmone
collasserebbe. Infatti il feto si considera maturo nel momento in cui si ha la
produzione del surfattante da parte del pneumocita di tipo II, e può compiere
l’atto respiratorio. Tra le cellule della parete dell'alveolo polmonare sono
presenti anche i macrofagi alveolari, che vanno ad inglobare le particelle più
piccole che possono penetrare attraverso la parete, all’interno dell'alveolo. Le
cellule di Clara, o cellule bronchiolari, sono cellule presenti a livello dei
bronchi lobulari, interposte tra le cellule dell'epitelio pseudostratificato e le
caliciformi mucipare, che presentano delle vescicole nella porzione apicale e
che quindi formano la porzione sierosa del muco che andrà a rivestire
soprattutto l’albero tracheobronchiale. Mentre le mucipare producono muco,
sostanza molto densa, le cellule di Clara producono una sostanza sierosa, che
la rendono molto meno vischiosa. La cartilagine a questo livello deve
mancare, in quanto è la porzione che trasporta aria agli alveoli, quindi la
regione di conduzione e che può quindi andare incontro ad una contrazione a
carico della componente muscolare liscia, per portare fuori l’aria, sotto
nervature del sistema autonomo simpatico e parasimpatico. Le fibre elastiche
invece sono sempre presenti, anche nella costituzione della parete alveolare.
Alla domanda “come è costituita la parete dell'alveolo polmonare” bisogna
rispondere: da un epitelio pavimentoso semplice, nei quali si ritrovano
pneumociti di tipo I e di tipo II, macrofagi alveolari, esternamente tralci di
fibre elastiche e sempre esternamente dal letto vascolare che lo avvolge
completamente.
“Com’è strutturato il polmone?” È una diramazione dell'albero
tracheobronchiale sorretta da una componente connettivale, in cui intorno si
organizza la circolazione polmonare, che permette gli scambi di gas, e quella
sistemica. Il polmone è per lo più vuoto al suo interno, è come una spugna.

(11° lezione)
SISTEMA URINARIO

Pochi organi lo costituiscono: due reni, due ureteri che li mettono in


comunicazione con la vescica, ed infine l’uretra. Sono situati in cavità
addominale, più nello specifico nella porzione retro-peritoneale, per poi
portarsi nella cavità pelvica tramite gli ureteri per arrivare nella vescica,
collegata con l’esterno mediante l’uretra. L’uretra è molto diversa in base al
sesso. Quella femminile convoglierà solo urina all’esterno, mentre l’uretra
maschile, molto più lunga, convoglierà all’esterno sia urina che liquido
seminale. Gli organi urinari e riproduttori, genitali, sono quindi in stretta
correlazione. Vescica ed uretra sono due strutture che si occupano di
stoccare l’urina prodotta dai due reni, per poi essere portata all’esterno
dall’uretra. L’organo principale del sistema urinario è il paio di reni, addetti
alla produzione di urina, ovvero il prodotto di scarto veicolato nel sangue e
che deve essere trasportato all’esterno. Gli ureteri sono invece le strutture
incaricate del trasporto dell’urina dai due reni verso la vescica. I reni sono
due organi emuntori, in quanto depurano l’organismo dalle sostanze di
scarto, filtrano il sangue. Una struttura fondamentale del rene è il nefrone,
che presenta una porzione corpuscolare nel quale avviene la filtrazione del
sangue, ovvero il glomerulo, quindi a questo livello, il sangue perde liquidi,
Sali, glucosio, amminoacidi, vitamine e tutte quelle molecole con un peso
molecolare inferiore ai 50 kD, che però non possono fluire direttamente
verso l’esterno, ma attraverso un’altra importante componente, ovvero quella
tubulare del nefrone, si avrà il riassorbimento di acqua e di Sali minerali,
questo è il tubulo renale del nefrone, il quale quindi contribuisce all'omeostasi
delle sostanza nutritive. Ci sarà anche una secrezione delle sostanze nutritive,
dalla porzione tubulare, al lume, agli ureteri. L'ultrafiltrato glomerulare arriva
intorno a volumi di circa 180L, a differenza dell’urina che va intorno ad
1,5/2L, in 24h. La funzione di riassorbimento assume quindi un’importanza
non indifferente, per il rientro in circolo soprattutto di acqua e sali minerali.

RENI
I reni sono due organi pari, classica struttura a fagiolo, allungata in senso
verticale , di 12cm di lunghezza circa, 6cm di larghezza e 3cm di profondità
(antero-posteriormente). Si colloca a livello dell'ultima porzione della regione
toracica della colonna vertebrale, intorno alla 11°-12° vertebra toracica, per
poi arrivare circa alla seconda terza vertebra lombare. Quello di destra si
troverà leggermente più in basso rispetto al rene di sinistra, a causa del suo
rapporto con il fegato. Si trovano quindi nella porzione laterale della colonna
vertebrale, dal quale poi si estendono vicino alla porzione discendente
dell'aorta, maggiormente quello di sinistra, e vicino alla vena cava inferiore,
maggiormente quello di destra. In cavità addominale i reni si ritrovano in
posizione retro-peritoneale, all’interno della sierosa che riveste diversi organi
della cavità addominale e che prende il nome di peritoneo, in questo caso
sono posti posteriormente alla membrana sierosa del peritoneo, che va a
rivestire tutti gli organi dell'apparato digerente. Sono quindi retro-peritoneali,
i quali però sono avvolti da una fascia connettivale, la fascia renale, che
prende origine posteriormente dai piegamenti della colonna vertebrale,
prende posizione in avanti per continuare con le porzioni connettivali dei
grandi vasi. All’interno di questa fascia è presente un’abbondanza di tessuto
adiposo, con il compito di ammortizzare gli urti e quindi di proteggere i due
reni, a loro volta rivestiti da una capsula renale connettivale che si inserirà
all’interno dall'ilo del rene e lo setterà nei cosiddetti lobi renali. È presente sia
del tessuto adiposo bruno che bianco. I reni, trovandosi in porzione retro-
peritoneale, per l’interposizione del peritoneo, prenderanno rapporti con
organi diversi nella loro faccia anteriore, a destra e a sinistra. Nel rene di
destra ritroviamo l'area epatica, ovvero quella a contatto con il parenchima
del fegato (morbido per la scarsa presenza di tessuto connettivo), che lascia
l’impronta renale su di esso, l'area colica del rene è invece quella che prende
rapporto con la flessura colica di destra, ovvero la porzione a vertice destro
del colon, nella faccia mediale, il rene di destra, prende contatto direttamente
con il duodeno, senza interposizione del peritoneo, prima porzione
discendente dell’intestino tenue (a C), che è in posizione retro-peritoneale.
Nella loro faccia superiore, entrambi prendono contatto diretto con la
ghiandola surrenale. Il rene di sinsitra prenderà invece contatto per
l’interposizione del peritoneo centralmente con il pancreas, con lo stomaco,
quindi riconosceremo un’area gastrica, un rapporto diretto con la milza, altro
organo retro-peritoneale, e nella porzione inferiore, per interposizione del
peritoneo, con la flessura colica di sinistra e con le anse del digiuno. Rapporti
diversi anteriormente, tra i due reni. La faccia posteriore entra in rapporto
con gli stessi muscoli a destra e a sinistra, che entrano a far parte della
parete addominale posteriore, quindi si può riconoscere un’area
diaframmatica, in cui i reni prenderanno rapporto con il diaframma,
medialmente con il muscolo psoas maggiore, centralmente con il muscolo
quadrato dei lombi e lateralmente con il muscolo trasverso dell’addome. Tre
gruppi muscolari che entrano nella costituzione dei muscoli addominali
posteriori. Lo psoas maggiore è un muscolo che si origina dai processi
trasversi delle vertebre lombari, scende fusiforme verso il basso, passa
anteriormente coprendo l’articolazione coxo-femorale, per poi andarsi a
fissare a livello del grande trocantere, nel collo. Da queste porzioni parte il
muscolo trasverso dell’addome, che origina lateralmente. L’obliquo esterno
parte dalle coste per prendere connessione con la porzione dell’ischio, con
l’obliquo interno, ed ancora più internamente con il trasverso dell'addome, si
va a fissare con la porzione tendinea del muscolo addominale anteriore, in
quella che prende il nome di linea alba, nella porzione centrale del muscolo
retto dell'addome. Il quadrato dei lombi entra nella costituzione della parete
addominale posteriore, formato da due strati, il primo che entra nelle porzioni
tendinee dei fasci posteriori del diaframma, si porta inferiormente per poi
prendere connessione con l’osso dell’ischio, per poi terminare con il muscolo
iliaco al davanti del muscolo grande psoas, entrambi a livello del piccolo
trocantere del femore.
COSTITUZIONE DEL RENE
Il rene, nella sua costituzione interna, è come se il parenchima fosse
organizzato intorno alle vie urinifere (calici minori, calici maggiori, pelvi
renale), una serie di imbuti che vanno a raccogliere l’apice delle piramidi
renali, o piramidi di Malpighi. In posizione mediale possiamo apprezzare come
il rene sia costituito da una porzione esterna, la corteccia, nella quale si può
distinguere una cortix-corticis, parte più esterna al di sotto della capsula
fibrosa renale, ed una midollare. Quest’ultima risulta formata da una serie di
piramidi renali, in media 8-12, con la base rivolta verso la porzione corticale,
e l’apice rivolto verso l'ilo del rene, avvolto completamente dal calice minore.
Il calice minore va ad avvolgere completamente la punta della piramide, detta
papilla renale. Interposto alle piramidi ci sono porzioni di corticale che
prendono il nome di colonne renali, o colonne del Bertin. La pelvi renale, che
si trova a livello dell’ilo del rene, raccoglie l’urina da tutti i calici del rene e la
trasferisce agli ureteri, che fuoriescono dal rene, si accollano alla parete
addominale posteriore e scendono verso il basso per aprirsi alla base della
vescica (si riempie infatti dal basso verso l’alto). Le piramidi del Malpighi sono
quindi strutture triangolari presenti nella zona midollare del rene, sede del
fenomeno di riassorbimento controcorrente, dove si concentra sale ed acqua.
La papilla renale rilascia l’urina invece nel calice minore.
La corteccia è la porzione costituita dalla porzione corpuscolare del nefrone
più la porzione contorta tubulare del glomerulo, sede della filtrazione, della
secrezione e dell'assorbimento. Dalla parete midollare si dipartono i raggi
midollari, cioè porzioni della midollare, che si andranno a posizionare
all’interno della porzione corticale. Mentre la piramide renale, con la sua
porzione di corteccia, identifica il lobo renale, il lobulo renale è invece
evidenziato dalla porzione del raggio midollare più la porzione di corticale
intorno al raggio midollare. Ad ingrandimento maggiore di sezioni della
corticale, saranno individuabili porzioni dei tubuli contorti prossimali e distali
del nefrone, e lo sfioccamento delle arteriole afferenti, che vanno a formare il
glomerulo. La circolazione renale è strettamente correlata a quella
corpuscolare del glomerulo. Il glomerulo non è altro che lo sfioccamento di
una rete capillare arteriosa mirabile (interposta tra due tronchi arteriosi:
arteriole afferente e arteriole efferente), la quale origina dalla circolazione
arteriosa renale (arteria renale, branca collaterale dell'aorta addominale),
trasportando sangue dal cuore all’organo, e poi nella circolazione di ritorno
con le due vene renali uscenti dall'ilo del rene e tributarie alla vena cava
inferiore, riportano il sangue fino all'atrio destro del cuore. Il letto capillare a
livello renale è notevole, con numerose ramificazioni. L’arteria renale che
entra nell’ilo si ramifica in varie porzioni che prendono il nome di arterie
segmentali, le quali a loro volta si ramificano nelle arterie interlobari, che
decorrono lateralmente alle piramidi renali, si portano verso l’alto,
formeranno dei rami collaterali, ovvero le arterie arcuate, che portano il
sangue alla base delle piramidi, e i quali daranno altre ramificazioni, cioè le
arterie interlobulari, che daranno ancora dei rami collaterali che costituiscono
le arteriole afferenti, che sfioccano nella formazione del letto capillare,
ovvero il glomerulo renale, per poi terminare nell’arteriola efferente, la quale
si porta intorno alla porzione tubulare, scenderà a formare il sistema dei vasi
retti, quali entrano prima nella costituzione dei raggi midollari e poi della
porzione midollare del rene, dove avvengono gli scambi di sostanza nutritive
e gas. Infine formerà il letto capillare di ritorno venoso che uscirà dall’ilo del
rene, formando delle vene interlobulari, delle vene arcuate, delle vene
interlobari, delle vene segmentali, che confluiranno nella vena renale che
uscirà dall’ilo del rene. Nella circolazione mirabile del glomerulo non si avrà lo
scambio di nutritivi e gas tra le cellule, ma solo il passaggio di fluidi dal
glomerulo alla capsula del Bowman.

NEFRONE
Unità anatomo-funzionale del rene, più piccola unità funzionale a produrre
urina, che consiste in varie porzioni. Due tipi, i nefroni corticali e i nefroni
iuxtaglomerulari, i primi sono posizionati nella porzione più esterna della
regione corticale, affondano solo nella prima parte della porzione midollare,
mentre i secondi, con le loro porzioni tubulari, entrano più in profondità a
costituire la parte midollare del rene. Il nefrone risulta costituito da una
porzione corpuscolare e da una tubulare. La prima risulta a sua volta
costituita dal glomerulo e dalla capsula del Bowman, mentre quella tubulare
da una prima parte, ovvero il tubulo contorto prossimale, al quale segue una
porzione tubulare retta, che prende il nome di branca discendente dell'ansa di
Henle, a cui fa seguito una porzione sottile discendente, la porzione dell’ansa,
una branca ascendente dell'ansa di Henle, un ispessimento di questa
porzione, ed una porzione contorta distale, la quale mediante un piccolo
tratto chiamato porzione collettore, entra nella costituzione del dotto
collettore, il quale costituirà l’unione di vari tratti del nefrone per terminare in
una porzione slargata detta dotto papillare, che si apre all’apice della papilla
renale, costituita da una serie di fori dati dalle aperture dei dotti papillari
verso il calice minore. Il sangue viene filtrato a livello della capsula del
Bowman e del glomerulo, il liquido ultrafiltrato viene spinto attraverso la
formazione tubulare, quindi nella formazione del tubulo contorto prossimale,
poi si affonda nella porzione midollare, nell'ansa di Henle, fino al tubulo
contorto distale e la formazione del dotto collettore. La parte corticale del
rene risulterà formata dalla porzione corpuscolare e da quella contorta della
porzione tubulare. Mentre la porzione midollare risulta composta dalla
porzione sottile dell’ansa di Henle, dalle branche ascendenti e discendenti
dell’ansa di Henle, e dai dotti collettori, che termineranno nella porzione del
dotto capillare.
Porzione corpuscolare: risulta formato dal glomerulo, quindi la rete capillare
che origina dall’arteriola afferente e termina in quelle efferente,
completamente avvolto dalla capsula del Bowman (come il pugno avvolto dal
pallone sgonfio), struttura costituita da un epitelio pavimentoso semplice, si
può riconoscere una porzione esterna, ovvero la superficie parietale della
capsula, ed una superficie interna che invece è porzione viscerale della
capsula. Tra quella esterna e quella interna si forma lo spazio pericapsulare,
nel quale sarà presente l’ultrafiltrato glomerulare, raccolto dalla porzione del
tubulo contorto prossimale, il quale è in continuità con la porzione parietale
della capsula del Bowman. A livello del tubulo contorto prossimale si ha il
passaggio delle cellule da pavimentose a cubiche. La parete interna risulta
costituita da elementi cellulari particolari, i podociti, cellule che presentano
una serie di prolungamenti che vanno ad avvolgere completamente
l’endotelio dei capillari del glomerulo con estroflessioni chiamate pedicelli.
Questi si associano con l’endotelio del glomerulo che è di tipo fenestrato,
quindi il filtro che si viene a creare presenterà dei pori, ovvero una struttura
aperta, ma caratteristica fondamentale è che l’endotelio del capillare
fenestrato presenta una membrana basale, che si fonde con quella del
podocita, a formare la vera e propria membrana di filtrazione, che dal sangue
alla capsula del Bowman, risulterà costituita dalla membrana plasmatica
dell’endotelio, dalla fusione della membrana basale dell'endotelio e del
podocita e dalla membrana plasmatica del podocita, tra le quali però ci
saranno degli spazi vuoti, quindi l'unico elemento continuo è la fusione delle
due membrane basali, barriera di filtrazione che permette il passaggio solo di
determinate molecole, con peso inferiore ai 50kD, non passeranno perciò gli
elementi figurati del sangue e tutte le proteine con peso molecolare maggiore
a 50kD. Sali minerali, acqua, glucosio e amminoacidi verranno persi, ma a
livello della porzione tubulare avverranno una serie di meccanismi che
permettono il riassorbimento di questi nutrienti, attraverso trasportatori
specifici. Tra gli elementi cellulari della barriera filtrante si ritrovano anche
delle cellule, dette del Mesangio, che entrano a costituire la matrice
mesangiale, cellule che da una parte danno sostegno al glomerulo ma hanno
anche funzioni fagocitarie, a ripulire gli elementi che vanno a formare la
membrana di filtrazione, per favorire il passaggio di sostanze nutritive.
Ancora gli si attribuiscono funzioni di secrezione di diverse molecole, tra cui
l’interleuchina 1, ed una certa attività contrattile.
Apparato di filtrazione del rene: parliamo di ultrafiltrato perché c’è una forza
che spinge il sangue verso il filtro, che ne aumenta la velocità di filtrazione,
questa pressione meccanica è data da un diverso diametro dell’arteria
afferente, più grande, rispetto a quella efferente. Si formerà quindi una
pressione idrostatica glomerulare a cui farà seguito una contrapposizione di
forze contrarie, una data dalla pressione colloide osmotica del liquido
ultrafiltrato presente a livello della capsula glomerulare verso il circolo
sanguigno, l'altra dalla pressione idrostatica esercitata dalla capsula stessa,
per cui si viene a creare una forza netta di 10mmHg che spingerà il sangue
verso il filtro.
Porzione tubulare: dall'altra parte ci sarà invece la porzione tubulare, che da
un punto di vista anatomico risulta diversa nelle due porzioni del tubulo
contorno prossimale e distale. Quello prossimale presenta un lume più stretto
di quello distale, e la presenza di estroflessioni simili a microvilli sulla porzione
apicale delle cellule cubiche che vanno a costituire il tubulo contorto
prossimale, ad aumentare la superficie di assorbimento. Le cellule cubiche del
tubulo contorto distale presentano invece delle introflessioni della membrana
plasmatica, a formare l'apparato bacillare, nella porzione basale della cellula,
con numerosissimi mitocondri. Qui avverrà un assorbimento attivo, che
necessita di energia, fornita dai numerosi mitocondri caratterizzati da creste
molto più alte rispetto a quelli tipici. L’ansa di Henle invece è costituita da un
epitelio pavimentoso semplice, quindi molto sottile, la prima porzione in cui
avverrà l’assorbimento dell'acqua e la seconda invece impermeabile all'acqua,
si formerà quindi un gradiente di concentrazione che sarà alla base del
meccanismo di riassorbimento. La prima porzione del dotto collettore, o
l’ultima del tubulo contorto distale, che costituirà un elemento fondamentale
che è l’ormone antidiuretico, secreto dalla neuroipofisi, che andranno ad agire
su questa porzione, che generalmente è impermeabile, per favorire il
riassorbimento di acqua, mediante l’apertura specifiche proteine di trasporto.

(Lezione 12)
BREVE RIEPILOGO DELLA LEZIONE PRECEDENTE
Il tubulo contorto distale si va ad associare con la porzione corpuscolare del
nefrone da cui si è originato per formare l’importante sistema dell'apparato
iuxtaglomerulare. Esso continua nella porzione del tubulo contorto distale, più
corto rispetto a quello prossimale, un breve tratto di niente, e poi la
formazione del dotto collettore, su cui si inseriscono altri dotti collettori, a
scendere fino al dotto papillare, una porzione molto più grande del dotto
collettore, che si apre a livello della papilla renale in numero di 14-15.
L’apparato di filtrazione del rene è costituito da: endotelio del capillare
glomerulare, il quale presenta delle fenestrature con un diametro variabile tra
i 70 e i 90 nm, il quale è appoggiato su una membrana basale, che
rappresenta la vera e propria membrana di filtrazione, costituita da tre strati
sovrapposti dati dalla fusione delle membrane basali sia dell’endotelio che del
podocita, e quindi costituito da collagene, glicoproteine, proteoglicani,
glicosamminoglicani ecc.. unica struttura continua, che blocca tutte le
proteine con peso maggiore ai 50kD. (Continua il ripasso…). Tra le cellule
della porzione corpuscolare e quelle della porzione tubulare, più nel
particolare con il tratto del tubulo contorto prossimale, si hanno delle cellule
intermedie e quindi un passaggio graduale da cellule pavimentose a cubiche.
Il tubulo contorto prossimale è costituito da cellule cubiche che presentano
delle estroflessioni microvillari a livello del polo apicale. Il tubulo risulta più
grande, però le cellule risultano più alte, e quindi nel complesso avrà un lume
più piccolo rispetto alla porzione del tubulo contorto distale. La presenza di
microvilli servirà ad aumentare la superficie di assorbimento, in particolare un
tratto di assorbimento di ioni a cui fa seguito un tratto di assorbimento di
acqua. Nella porzione dell'ansa di Henle si riconoscono vari tipi di epiteli con
altezza diversa, sempre monostratificati, costituiti da un unico tipo di cellule,
che diventano piatte squamose a livello dell’ultima porzione dell'ansa,
nell’apice della papilla, l’epitelio risulta estremamente sottile. A questo livello
esistono diversi gradi di permeabilità della parete, al fine di permettere il
fenomeno di riassorbimento controcorrente dell'acqua, grazie ad un diverso
gradiente di concentrazione di soluti nello spazio intorno al tubulo, in cui
saranno coinvolte anche le vasa recta che originano dall’arteriola efferente.
Questo gradiente di soluti permetterà un riassorbimento di acqua. Fa seguito
l’ultima porzione del tubulo contorto distale, nel quale le cellule sono più
basse, non presentano estroflessioni microvillari e presentano l’apparato
bacillare, ricco di mitocondri modificati estremamente attivi, in quanto in
questo porzione avvengono movimenti e trasporti di secrezione dai vasi verso
l’esterno. A questo punto si viene a creare nel tratto di niente un'altra
porzione di secrezione e riassorbimento che portano alla formazione
dell’urina. I 180L di ultrafiltrato che si vengono a formare nelle 24h a livello
dello spazio pericapsulare corrispondono ad un volume di 1,5 massimo 2L di
urina, che viene rilasciata all’esterno.

APPARATO IUXTAGLOMERULARE
A livello della parete del tubulo contorto distale vengono a prendere contatto
delle strutture che lo connettono alla parete dell’arteriola, in particolare di
quella afferente. Quindi si viene a formare l'apparato iuxtaglomerulare, che
risulta formato da diversi elementi, uno di questi è la presenza di cellule
muscolari lisce modificate, dette cellule iuxtaglomerulari (o cellule granulari),
intorno alla parete del vaso, in particolare nell’arteriola afferente, prima della
sua penetrazione nel corpuscolo renale, e se ne trovano, ma in maniera
molto minore, anche sull’arteriola efferente. Queste cellule presentano dei
granuli PAS-positivi, finemente stipati nel citoplasma, nei quali è stata
dimostrata la presenza di renina. Sono cellule estremamente sensibili alle
variazioni di pressione sanguigna a livello dell’arteriola afferente, agiscono
quindi da pressocettori. Ne consegue che l’apparato iuxtaglomerulare risulta
coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna, immettendo in circolo
renina in quantità variabile secondo i valori pressori, dove la renina è un
enzima in grado di stimolare la formazione di un potente vasocostrittore
(angiotensina I, trasformato poi in angiotensina II) in grado di determinare la
vasocostrizione, e quindi un aumento della pressione sanguigna. A livello
della porzione del tubulo contorto distale, d’altra parte, la parete presenta
delle cellule specializzate, molto più alte, che prendono contatto con le cellule
del mesangio extraglomerulare, dette cellule della macula densa, le quali
rappresentano il tratto di parete del tubulo distale in diretto rapporto con il
polo vascolare del corpuscolo renale di origine. Sono cellule tubulari piccole,
povere di citoplasma, i loro nuclei risultano più ravvicinati rispetto alle altre
regioni del tubulo distale, prive anche del labirinto basale. Sono in intimo
rapporto con le cellule iuxtaglomerulari, per la presenza di un mesangio
extraglomerulare, denominato anche cuscinetto polare, rappresentato da un
gruppetto di cellule, dette ilari, che vanno a riempire lo spazio tra l’ingresso
dell'arteriola afferente e l’uscita dell'arteriola efferente, quindi sono in
rapporto con quelle che sono le cellule della macula densa e con le cellule
granulari a livello della parete dell’arteriola afferente. Le cellule della macula
densa rappresentano dei chiemiocettori, cellule sensibili alla composizione
fisico-chimica del contenuto presente a livello del tubulo, quindi nell'apparato
iuxtaglomerulare è presente una sorta di analisi del liquido ultrafiltrato, quindi
si può modulare l’attività di filtrazione per controllare l’urina che viene
prodotta. In poche parole questo sistema è sensibile alle variazioni di
pressione sistolica a livello dell'arteriola afferente ed alla composizione fisico-
chimica del liquido ultrafiltrato all'interno del tubulo contorto distale, quindi in
caso di necessità, le cellule iuxtaglomerulari verranno stimolate da questi
fattori a produrre renina, contenuto all’interno dei granuli di queste cellule,
enzima (diverso dalla rennina invece prodotta a livello della parete dello
stomaco) che sfonderà un'altra molecola prodotta, sta volta dagli epatociti del
fegato, l'angiotensinogeno, in angiotensina I, a sua volta attivato da un altro
enzima prodotto a livello sia dell'endotelio polmonare che renale, ACE, in
angiotensina II, il quale svolge diverse azioni, per esempio agisce a livello
della neuroipofisi andando a stimolare la secrezione dell'ormone ADH
(antidiuretico) che agirà a livello del dotto collettore stimolando il
riassorbimento di acqua (fisiologicamente la parete del dotto collettore è
impermeabile all'acqua e non avviene il suo riassorbimento a questo livello),
oppure può agire a livello della corticale del surrene promuovendo la
secrezione di aldosterone, il quale a sua volta permette a livello della
porzione tubulare dei nefrone del rene il riassorbimento di Na+ e Cl-, la
secrezione di K+ e la ritenzione di acqua, infine l'angiotensina II può indurre
una vasocostrizione dell'arteriola afferente con un conseguente aumento di
pressione sistemica. (Questa parte verrà fatta in fisiologia.. non importa
necessariamente ora).

URETERI
Gli altri organi che compongono il sistema urinario sono gli ureteri, la vescica
e l’uretra. Gli ureteri rappresentano le vie di comunicazione tra i reni e la
vescica. L’urina raccolta a livello dei calici minori, i quali vanno ad avvolgere
completamente la papilla renale, quindi saranno in numero pari alle papille
che compongono la porzione midollare del rene, sfoceranno a livello dei calici
maggiori prima e nella pelvi renale subito dopo, la quale esce dall'ilo del rene
e si congiunge con l’uretere, scende verso il basso per una lunghezza di circa
25-30cm (un diametro intorno ai 12mm) per poi arrivare nella porzione
postero inferiore della vescica, dove si apre agli apici del trigono vescicale. Gli
ureteri presentano dei restringimenti, uno nella porzione in cui la pelvi renale
entra in continuazione con la parete dell’uretere, ed un restringimento a
livello dell’ingresso dell'uretere nella vescica urinaria. Sedi estremamente
importanti dal punto di vista patologico in quanto in queste porzioni spesso si
vanno a bloccare dei possibili calcoli renali, che si formano a livello del
bacinetto renale (nel filtraggio di ioni si ha una presenza massiva di ioni, per
lo più di calcio, che si ammassano tra di loro a formare i calcoli). Questi
calcoli, a livello del passaggio nell’uretere, se più grandi del diametro di
queste vie di comunicazione, risultano molto dolorosi. È frequente il blocco a
livello del restringimento apicale e del restringimento distale. Gli ureteri sono
strutture tubulari che decorrono lateralmente alla colonna vertebrale, ai lati
della vena cava inferiore e dell'aorta addominale, per scendere in porzione
addominale, dove prende contatto con il muscolo grande psoas che lo
percorre, per arrivare in cavità pelvica, dove i due ureteri prendono rapporti
diversi a seconda che si tratti di soggetti maschili o femminili. Sono organi
retro-peritoneali, come i reni, presentano la struttura tipica degli organi cavi:
un’avventizia esterna, una tonaca muscolare, una tonaca sottomucosa ed una
mucosa. La porzione luminare è caratterizzato da un epitelio di transizione,
detto anche uroepitelio, in cui si riconosce un epitelio pluristratificato, cellule
superiori dette ad ombrello, che si vanno ad insinuare tra le cellule a clava
sottostanti, caratterizzate da una struttura citoscheletrica che permette loro
di cambiare forma e distendere la propria parete nel momento in cui fluisce il
liquido urinario. L'urotelio va quindi a delineare il lume, nel quale si
identificano delle estroflessioni della tonaca sottomucosa, costituita da
tessuto connettivo denso, con fibre elastiche, che si inserisce a livello della
tonaca muscolare, formata da tre strati concentrici di muscolatura liscia, una
interna, in cui i fasci decorrono in maniera longitudinale lungo l’asse
dell'uretere, una porzione media in cui le fibre hanno un orientamento
circolare, ed uno strato esterno in cui tornano ad essere longitudinali. Lo
strato esterno si congiunge con la porzione di tessuto fibroso, di tonaca
avventizia, che fissa l’uretere agli altri organi.

VESCICA
L’uretere entra quindi nella vescica urinaria, organo muscolare dove viene
immagazzinata urina. Postero-inferiormente si ha la formazione del trigono
vescicale, dal quale si aprono i due ureteri lateralmente e l’uretra dal vertice
inferiore, l’organo deputato a trasportare l’urina all’esterno. La vescica quindi
si riempirà dal basso verso l’alto, un volume di circa 300mL tale da
determinare una attivazione dei recettori lungo la parete, i quali a loro volta
attivano il sistema simpatico, da cui parte lo stimolo per la minzione. La
capacità della vescica è molto maggiore nell’uomo, che in caso di distrofia
prostatica può distendersi fino a contenere 1L di urina. La vescica è dunque
un organo muscolare estremamente estensibile. Si trova all’interno della
cavità pelvica, in particolare nella piccola pelvi, quindi in quella cavità in
continuazione con la cavità addominale delineata da quello che è il cingolo
pelvico. La parte sottostante del cingolo pelvico risulta chiusa a livello da quel
gruppo di muscoli che va a delineare il perineo. Sezione longitudinale della
cavità pelvica: la vescica anteriormente prende rapporto con la sinfisi pubica,
nella parte antero-superiore, quindi in porzione apicale, prenderà rapporto
con le anse intestinali, mentre nella sua faccia posteriore, prende rapporto
con l’utero. Il peritoneo non avvolge completamente la vescica, è difatti un
organo retro-peritoneale. Il foglietto parietale del peritoneo va ad avvolgere
la parete superiore della vescica, quindi rivestirà la parete superiore
dell'utero, anch’esso organo retro-peritoneale. La parte del trigono vescicale
nella vescica femminile, viene a prendere contatto posteriormente con la
vagina, organo dell’apparato riproduttore femminile che mette in
comunicazione l’utero con gli organi genitali esterni. Quando la vescica è
completamente piena, la porzione del fondo e dell'apice della vescica si
sollevano verso l’alto per prendere meglio rapporto con le anse dell'intestino,
mentre in condizioni di vacuità, la vescica completamente vuota, presenta un
fondo abbassato, le anse intestinali scenderanno più in basso rispetto ad una
posizione sollevata a vescica piena, per cui cambieranno anche i rapporti con
l’utero e la vagina, che risulterà anch’essa schiacciata verso il basso a vescica
piena. Nella vescica maschile, invece, si avrà la stessa collocazione ma
prenderà rapporti diversi: anteriormente sempre con la sinfisi pubica,
superiormente sempre con le anse intestinali per interposizione del peritoneo,
posteriormente con la prima porzione del retto, separato da una tasca
peritoneale che si viene a creare tra vescica e retto, mentre in porzione
vicinale con il trigono vescicale, posteriormente prenderà rapporto con le
vescichette seminali, con l’ampolla del dotto deferente e, particolare,
prenderà rapporto con la prostata, una ghiandola che avvolge completamente
la prima porzione dell'uretra, e si viene a posizionare anteriormente e
posteriormente alla base della vescica, e la divide dall'intestino retto, per cui
prenderà contatto anche con esso. La prostata è un organo estremamente
importante nella formazione del liquido seminale. Sia nel maschio che nella
femmina, la porzione del corpo della vescica, presenta una serie di
estroflessioni del lume che scompaiono mano a mano che la parete
dell’organo si distende. Queste dune sono completamente assenti a livello del
trigono vescicale, presente a livello della porzione postero-inferiore della
vescica, delineata dall’apertura dei due ureteri posteriormente, mentre
anteriormente dall’apertura dell'uretra. Costituzione della parete della vescica:
anche in questo caso organo cavo, quindi lume completamente rivestito
dall'urotelio, quindi mucosa, una tonaca sottomucosa, un’importante tonaca
muscolare, la quale presenta una parete muscolare anche in questo caso
distinta in tre strati, uno longitudinale, uno circolare e di nuovo uno
longitudinale. Grazie alla contrazione di questo organo muscolare l'urina
sfocia verso l’uretra per essere escreta fuori dal nostro corpo.

URETRA
Nel maschio l’uretra non ha il compito di trasportare solo urina, ma anche del
liquido seminale, a differenza dell’uretra femminile che invece trasporta
esternamente solo urina. L’uretra, e quindi l’ultima porzione della vescica,
presenta uno sfintere uretrale interno, un fascio di muscolatura liscia che si
viene a trovare nel piano della vescica, il quale è sotto il controllo del sistema
nervoso autonomo, che di solito è in completa costrizione, quindi allo stimolo
di minzione attivato dai meccanocettori presenti sulla parete della vescica,
viene stimolato il rilassamento della muscolatura liscia, e quindi il passaggio
dell'urina attraverso l’uretra. È presente anche uno sfintere uretrale esterno,
ovvero fasci di muscolatura striata, che si vengono a trovare intorno alla
parete dell'uretra ma che si inseriscono anche all’interno della parete
dell'organo, entrano nella costituzione del pavimento pelvico. Quindi, in
posizioni diverse tra maschio e femmina, sarà presente questo sfintere
uretrale esterno, fasci di muscolatura che originano dai muscoli del
pavimento pelvico, che costringono il lume dell'uretra, sotto stimolazione
cosciente. L’uretra femminile è molto corta, dai 3 ai 5cm, connette
direttamente il meato uretrale interno con il meato uretrale esterno,
attraversa i muscoli che costituiscono il diaframma pelvico, e si apre nei
genitali femminili esterni in una posizione compresa tra il clitoride e l’apertura
della vagina. L’uretra maschile è molto diversa, la posizione dello sfintere
esterno è posizionato molto più in basso per la presenza della prostata. È più
complessa. L’uretra maschile origina dall'orifizio uretrale interno, forma quindi
una prima porzione detta uretra prostatica, alla quale fa seguito una piccola
porzione di 1-1,5cm detta porzione membranosa, che si viene a trovare a
ridosso del pavimento pelvico, in cui si ritrovano i fasci di muscolatura striata
che compongono lo sfintere uretrale esterno. Poi entra nella costituzione del
corpo spongioso del pene, al suo interno, e si apre a livello dell'espansione
del glande. Si distingue quindi un’uretra peniena (o uretra spongiosa) (parte
dalla radice del pene per entrare nell'asse del pene). L’uretra maschile risulta
molto particolare perché rappresenta il punto di contatto tra apparato
genitale ed apparato urinario, all'interno dell'uretra si apriranno infatti anche i
dotti delle ghiandole prostatiche ed i due dotti eiaculatori, oltre che i dotti
delle ghiandole bulbo-uretrali, che si vengono a trovare a livello del
pavimento pelvico, e i quali riverseranno al suo interno le varie componenti
del liquido seminale. Sia nell’uretra maschile che in quella femminile presenta
delle estroflessioni della parete, estremamente abbondanti nel maschio, nella
prima porzione dell'uretra prostatica, per poi essere meno frequenti a livello
dell’uretra peniena. Nella parete dell'uretra, essendo un organo cavo,
ritroveremo la tonaca avventizia che la fissa sia nel maschio che nella
femmina agli organi con cui prenderà rapporto, nel maschio con il corpo
spongiosa del pene, è formato da una parete interna in cui la prima porzione
sarà formata da epitelio di transizione, il quale si trasforma in epitelio cubico
pluristratificato, e poi nelle ultime porzioni, diventa un epitelio pavimentoso
pluristratificato in continuazione con la mucosa esterna del glande e della
vagina. Si ritrovano anche strati di muscolatura, sempre in numero di tre,
diventano due nelle ultime porzioni dell'uretra, uno strato longitudinale
interno ed uno strato circolare esterno, muscolatura liscia.

(Lezione 13)
APPARATO RIPRODUTTORE
L’apparato genitale può essere considerato formato da due gruppi di organi,
gli organi sessuali primari, ovvero le gonadi, che producono le cellule
germinali e producono ormoni sessuali, mentre gli organi sessuali secondari
vanno a modificare il prodotto degli organi sessuali primari, delle gonadi, o
che permette l’incontro tra i due gameti. Sempre ricollegati al sistema
genitale esistono una serie di caratteri secondari che rendono più attraenti o
meno l’uno all’altro, sotto influenza ormonale, nella fascia di pubertà, come
abbassamento della voce, crescita di peli pubici ed ascellari… per permettere
la riproduzione e quindi la fecondazione al fine di formare un nuovo individuo.
Gli organi genitali maschili e femminili sono distinguibili in organi interni ed
esterni, alcuni posizionati in cavità pelvica, altri all’esterno. Alcuni saranno
localizzati nella regione del perineo, cioè la porzione inferiore della cavità
pelvica, delineata dallo stretto inferiore del bacino, quindi la regione che si
estende dalle formazioni ischiatiche, le quali si fondono anteriormente con la
porzione del pube, delineato posteriormente dall'osso sacro e dal coccige. Si
vengono a delineare, sia nel maschio che nella femmina, due regioni
triangolari, uno anteriore ed uno posteriore, in quello posteriore è presente lo
sfintere anale, mentre in quello anteriore, nella femmina, gli organi genitali
esterni, la vulva, la vagina, l'uretra ed il clitoride, nel maschio i testicoli ed il
pene. Questa struttura perineale risulta chiusa da dei gruppi muscolari, alcuni
più profondi altri più superficiali, ricoperti da una fascia superficiale ed
un’epidermide sovrastante (il muscolo ischio-cavernoso, il muscolo bulbo-
spongioso, il centro tendineo del perineo, a cui prendono attacco il muscolo
trasverso del perineo, posteriormente l'elevatore dell'ano, che va ad essere
coperto nella sua porzione più posteriore dal muscolo del grande gluteo.

APPARATO GENITALE MASCHILE


Risulta costituito da organi che si vengono a trovare all’esterno del corpo e da
organi localizzati all’interno. Organo fondamentale che si viene a trovare
all'esterno è il testicolo, vera e propria gonade, posizionato all’interno dello
scroto, quindi seguendo le vie spermatiche, ovvero quelle vie che seguono gli
spermatozoi prima di essere espulsi, dall’epididimo il dotto deferente risale
verso l’interno in cavità pelvica, si porta posteriormente alla vescica, forma
una porzione slargata nel quale, nel dotto eiaculatore, vanno a confluire
anche i dotti delle vescichette seminali, si aprono a livello dell’uretra (organo
che permette nel maschio il passaggio sia di liquido seminale che di urina). La
porzione peniena dell’uretra, una delle tre porzioni di cui è composta, decorre
all'interno del pene e si apre all'esterno a livello del glande. La funzione
dell’apparato genitale maschile è quello di produrre, mantenere e rilasciare
sperma, contenente sia spermatozoi (gamete maschile) che il resto del
liquido seminale prodotto dalla secrezione delle vescichette seminali e della
prostata, oltre a produrre gli ormoni sessuali maschili, i quali vanno a
modulare sia i caratteri secondari sessuali che lo sviluppo degli organi genitali
stessi. Testicoli e pene sono localizzati all’esterno, mentre parte del sistema
deferente, vescichette seminali e prostata all’interno della porzione inferiore
della cavità pelvica.

TESTICOLI
I testicoli rappresentano le gonadi maschili che producono sia sperma che
ormoni, struttura complessa che si ritrova ad essere posizionata all’interno del
sacco scrotale (scroto), all’esterno. È diviso da un setto che separa due
sacche in cui alloggiano in ognuno il testicolo destro e sinistro. Durante il
primo anno di vita c’è una discesa dei testicoli presenti in cavità pelvica in
fase embrionale, si portano, intorno al primo anno di vita, all’interno del
sacco scrotale. Per maturare gli spermatozoi hanno bisogno di una
temperatura inferiore ai 37°C, ecco perché localizzati all’esterno, anche se
una temperatura troppo bassa potrebbe influire sulla produzione degli
spermatozoi. Nel sacco scrotale saranno infatti presenti tutta una serie di
strutture muscolari elastiche che contraendosi e rilassandosi possono
avvicinare o allontanare il testicolo dal corpo e permettere che venga
mantenuta all'interno dello scroto una temperatura costante intorno ai 28-
30°C. Struttura scroto: è settato in due logge dal setto scrotale, è costituito
da vari strati, innanzitutto la pelle nella porzione esterna, la quale andrà a
costituire una fascia superficiale, all'interno della quale ritroviamo del derma e
fasci di muscolatura liscia sottostante, chiamati dartos, che servono a
permettere la contrazione e il rilassamento del sacco scrotale. Altro muscolo
presente al di sotto della fascia, all’interno della parete, è il muscolo
cremastere, anch’esso coinvolto nei movimenti di abbassamento e
innalzamento dei testicoli. Il testicolo è ricoperto da una tonaca sierosa, detta
vaginale, che darà anche origine alla vagina nella donna, ma permane nel
maschio a rivestire completamente i testicoli, a formare una struttura
parietale ed una viscerale. Il testicolo risulta delineato da un setto
connettivale chiamato tonaca albuginea (albugínea), che ha l’importante
funzione, a livello del mediastino testicolare (come se fosse l'ilo del testicolo),
di settare il parenchima del testicolo in vari lobuli, all'interno dei quali si
vengono a trovare i tubuli seminiferi, strutture tubulari che rappresentano le
vere unità funzionali del testicolo, con lunghezza variabile (dai 30 ai 180 cm),
e per poter essere inserita all’interno del testicolo ovviamente dovrà
presentare numerose convoluzioni. Il tubulo seminifero è costituito da epitelio
germinativo. A livello della parete del tubulo seminifero avviene la
maturazione dello spermatozoo, la meiosi (formazione di cellule con corredo
cromosomico dimezzato rispetto alla cellula madre). Formazione quindi del
gamete maschile, cellula profondamente modificata. Cellula particolare che
avrà tutto il materiale nucleare nella testa dello spermatozoo, un corpo ed un
lungo flagello, in cui invece è contenuto la maggior parte del materiale
citoplasmatico e numerosissimi mitocondri. Lo spermatozoo serve a fornire
all’ovulo nella formazione dell'embrione solo il materiale genetico, eliminando
tutto il materiale citoplasmatico superfluo. La coda, (flagello) gli serve a dargli
capacità motorie per raggiungere la tuba uterina dove avverrà la
fecondazione. La parete del tubulo seminifero è costituita da cellule, cellule di
supporto, o del Sertoli, in cui sono posizionati i vari stadi di maturazione dello
spermatozoo, quindi si troverà all’esterno, a ridosso dello strato connettivale
che identifica il tubulo seminifero, saranno presenti gli spermatogoni,
elementi staminali germinali che possono andare incontro a maturazione,
verso l'interno del lume invece si trovano altri elementi come lo spermatocita
primario, il secondario, fino ad avere la formazione degli spermatidi e poi la
maturazione in spermatozoi. La parte centrale del tubulo seminifero presenta
tutta una serie di ciglia che in realtà sono le code degli spermatidi che si
stanno maturando in spermatozoi. Altro elemento fondamentale della parete
dei tubuli seminiferi quindi sono le cellule del Sertoli che vengono definite
come cellule nutrici, di supporto, che hanno una forma che va ad occupare gli
spazi presenti tra i diversi stadi della linea germinale. È parte della parete del
tubulo seminifero, importante è il fatto che a livello della porzione basale
della cellula del tubulo seminifero si vanno a formare una serie di giunzioni
occludenti che formano la barriera emato-testicolare. Nei processi di
maturazione dello spermatozoo, gli spermatozoi sono cellule estremamente
sensibili, quindi questa barriera difende e protegge i gameti da fattori dannosi
per questo, come le variazione del flusso sanguigno, d’altra parte lo
spermatozoo esprime tutta una serie di molecole che normalmente non
vengono espresse a livello degli spermatogoni, per cui se lo spermatocita
fosse direttamente a contatto con il flusso sanguigno, risulterebbe come
cellula estranea del nostro organismo e sarebbe attivato il sistema
immunitario contro queste cellule. La cellula del Leydig è presente tra i setti
connettivali che dividono i tubuli seminiferi, addetta alla produzione di
testosterone, responsabile della maturazione dello spermatozoo (nelle donne
viene prodotto dalla ghiandola surrenale). La cellula del Sertoli presenta
recettori specifici sia per il testosterone che specifici per ormoni come LH
(luteinizzante) ed FSH (follicolo-stimolante) prodotti dall’Adenoipofisi, e che
vanno a modulare la maturazione dello spermatozoo nell’uomo ed il ciclo
mestruale nella donna. C’è una regolazione a feedback positivo o negativo. Il
sistema si autoregola.

VIE SPERMATICHE
Originano a livello del mediastino, in cui i vari tubuli seminiferi si uniscono a
formare una struttura reticolare, la rete testis, da cui partono tutta una serie
di duttuli efferenti che si uniscono tra di loro a livello dell'epididimo, nel dotto
epididimale, nella parte superiore del testicolo, a formare un unico dotto che
scende verso il basso, avvolto da fibre connettivali della tonaca albuginea,
forma la struttura del corpo e della coda dell’epididimo (testa), da cui origina
un unico dotto che è il dotto deferente. Il cordone spermatico è la struttura
che permette la risalita del dotto deferente all'interno della cavità pelvica, ed
al suo interno decorrono sia le arterie e le vene testicolari, per portare
nutrimento al testicolo, fasci nervosi e vasi linfatici, e decorre il dotto
deferente che risale verso l’alto. L'epididimo risulta suddiviso in vari lobuli,
detti coni vascolosi, ciascuno dei quali contiene un dottulo efferente che
emerge dalla rete testis, e va ad accogliere tutti i dottuli efferenti che si
congiungono. Il dotto deferente decorre all’interno del cordone spermatico,
entra all’interno della cavità pelvica per formare posteriormente alla vescica
l’ampolla del vaso deferente, la quale si congiungerà insieme al dotto della
vescicola seminale con il dotto eiaculatore, il quale decorre all'interno della
prostata e si apre nella porzione prostatica dell'uretra. L'uretra nell'apparato
genitale maschile rappresenta la via sia per l’urina che il liquido seminale, non
formato solo da spermatozoi, ma anche dai prodotti di secrezione sia della
prostata che delle vescichette seminali.

GHIANDOLE ANNESSE ALL'APPARATO GENITALE MASCHILE


Le importanti ghiandole associate all'apparato genitale maschile sono
appunto le vescichette seminali, la prostata e le ghiandole bulbo-uretrali.
GHIANDOLE BULBO-URETRALI: si vengono a trovare a livello del
diaframma urogenitale, producono un liquido mucoso fondamentale nelle fasi
di erezione del pene per favorire la penetrazione del pene in vagina, hanno
dimensioni molto piccole, e producono un secreto mucoso di colore chiaro e
denso, drena l’uretra spugnosa, abbassando il pH dell'epitelio che riveste
l’uretra, in quanto elimina le tracce di urina rimaste dopo il suo passaggio.
PROSTATA: le sue dimensioni sono approssimativamente quelle di una noce,
si viene a trovare al di sotto della vescica urinaria, prende rapporto con la
faccia postero-inferiore della vescica urinaria a livello della parte esterna del
trigono vescicale, risulta costituita da vari lobi, e va ad avvolgere la prima
porzione dell'uretra e del dotto eiaculatore. È una ghiandola estremamente
importante perché secerne un liquido alcalino lattiginoso, produce numerosi
enzimi, zinco ed acido citrico, quest’ultimo utile ad agevolare la motilità degli
spermatozoi. Struttura molto complessa, presenta degli alveoli di secrezione
localizzati un tutta la massa ghiandolare, con interposti abbondanti setti
connettivali che possono andare incontro alla formazione di concrezioni, le
quali possono essere sedi di trasformazioni neoplastiche.
GENITALI ESTERNI: il pene rappresenta l’organo di copulazione del
maschio, organizzato intorno all'uretra, in due strutture erettili rappresentate
da due cilindri di corpo cavernoso, i quali si organizzano attorno ad un altro
corpo erettile che è il corpo spongioso, il quale origina alla radice del pene, a
livello del perineo anteriore, si porta avanti a formare la completa massa del
pene, per poi dilatarsi a livello del glande. Risulterà costituito da pelle nella
parte esterna, nella quale sono presenti elementi muscolari ed elastici, due
corpi cavernosi intorno al corpo spongioso all’interno del quale è situata
l’uretra. Sia il corpo spongioso che quello cavernoso sono formati da tessuto
erettile, costituito da tessuto nel quale si vengono a formare delle lacune
sanguigne che vengono riempite completamente da sangue. Quindi, durante
l'erezione del pene, avviene sia la dilatazione delle arterie che lo innervano, le
quali porteranno maggiore apporto di sangue al tessuto erettile, perciò le
lacune sanguigne si riempiranno di sangue, mentre avverrà l'occlusione delle
venule alla base del pene che impediranno una circolazione di ritorno dal
pene, e di conseguenza si avrà un gonfiamento dei corpi sia cavernosi che
spongioso, ed un ristagno all'interno del pene che lo rende turgido. L'erezione
avviene sotto stimolazione del sistema nervoso simpatico e parasimpatico
della porzione sacrale del midollo spinale.

APPARATO GENITALE FEMMINILE


Al pari dell'apparato genitale maschile, anche quello femminile presenta un
paio di gonadi, le ovaie, ed un organo genitale interno che è l’utero,
fondamentale per l'accrescimento del feto. Risulterà quindi costituito
dall'ovaio, dalla tuba uterina, che connette in maniera indiretta l'ovaio
all'utero, il quale si apre all’interno di una struttura tubulare, la vagina, la
quale si apre all'esterno, nella vulva, e quindi organi genitali femminili esterni.
Gli organi genitali interni sono: l’utero, la vagina, la tuba uterina e l’ovaio,
gonade femminile. Sia l’ovaio che la tuba uterina, che l’utero, sono organi
completamente rivestiti dal peritoneo, quindi esisterà una sierosa che a livello
dell'utero prende il nome di perimetrio e rappresenta la parte più esterna
della parete dell'utero e che avvolge gli organi genitali all’interno della cavità
pelvica e attraverso delle formazioni, dei legamenti, fissano l’organo alla
parete pelvica anteriore e posteriore. Il legamento largo è quello che va ad
avvolgere completamente l’utero, la tuba uterina e l’ovaio, si porta in avanti e
fissa le strutture alla parete addominale anteriore, insieme a degli
ispessimenti rappresentati dal legamento ovarico, che fissa direttamente
l’ovaio alla parete laterale dell'utero, il legamento rotondo, che lo fissa alla
parete addominale anteriore, e c’è il legamento sospensorio che fissa l’ovario
alla parete pelvica laterale.

OVAIE
Organo fondamentale dell'apparato riproduttore femminile è l’ovaio, presente
in paio, sono situati in cavità pelvica, ai lati dell’estremità superiore dell'utero,
sono ancorate con diversi legamenti e importanti perché producono la cellula
uovo (oocita) e, come il testicolo, gli ormoni sessuali femminili, in particolare
estrogeni e progesterone. La produzione della cellula uovo è ciclica, un ovulo
viene rilasciato in maniera ciclica durante il periodo mestruale che dura circa
28 giorni. L’utero ha una forma a pera slargata nella porzione apicale a
formare il fondo, e un restringimento, un collo, il quale si inserisce all’interno
della vagina a livello della porzione chiamata muso di tinca, o meglio la
cervice uterina, avvolta dalla parete della vagina. L'ovaio è una struttura
complessa caratterizzata all'esterno da una regione corticale, che prende il
nome di epitelio germinativo che risulta costituito da una serie di cellule che
inizialmente si pensava dessero origine ad ovuli che andavano incontro a
maturazione, invece a livello da questo epitelio germinativo costituito da
cellule cubiche fa seguito una porzione di tessuto connettivale, cioè la tonaca
albuginea, analoga a quella del testicolo. All'interno del parenchima ovarico
invece, caratterizzato da setti di tessuto connettivale, si hanno follicoli con
diverso grado di maturazione. A livello dell'ovaio avviene la maturazione
dell'ovulo, cioè una parte di quella che è la divisione meiotica delle varie
cellule uovo, che poi andranno a costituire elementi fondanti del follicolo.
Nell'ovaio in maturazione, a livello embrionale, gli ovogoni, cellule uovo
primordiali, vanno incontro a divisione mitotica, che rimane quiescente già
allo stato embrionale, quindi non si hanno più delle cellule staminali che
possono andare incontro ad ulteriori divisioni mitotiche. Tutte le cellule della
linea germinale sono indirizzate verso la prima divisione meiotica, quindi la
formazione dell'oocita primario. Manca quindi la controparte staminale che
porta alla formazione di cellule che vanno in divisione mitotiche, quindi più di
quelle cellule iniziali, non possono andare incontro a formazione di un oocita
maturo, e quindi la capacità riproduttiva della donna è limitata nel tempo, a
differenza del maschio in cui le cellule germinali sono prodotte continuamente
e vanno di continuo in divisione mitotica. Nelle fasi di maturazione del
follicolo, le cellule terminano la prima divisione meiotica, che si completa
poco prima dell'ovulazione, quindi dell'espulsione dell'oocita, si ha il
completamento della prima divisione meiotica, e la formazione di una cellula
figlia e di un globulo polare. Questo significa che, mentre da una cellula
madre a livello dello spermatogone si ha la formazione di quattro cellule
figlie, dopo la prima divisione meiotica di una cellula madre si ha la
formazione di una sola cellula uovo, e l’espulsione di due globuli polari, utile
all'espulsione del materiale nucleare, ed una minima quantità di citoplasma,
perché il citoplasma sarà quello che poi dopo servirà alla maturazione della
cellula e nella successiva fecondazione allo sviluppo di questa cellula , mentre
per il maschio serve tutto il materiale nucleare e si elimina tutto il materiale
citoplasmatico, in questo caso avrò cellule molto grandi, gli oociti, che con
l’espulsione dei globuli polari si eliminano limitatissime quantità di cellula che
vengono perse. L'oocita secondario, dopo l’espulsione, andrà in seconda
divisione meiotica se e solo se viene fecondato. Quindi nel parenchima
dell’ovaio si avranno i vari oociti, tutti in prima divisione meiotica, in fase di
pubertà, sotto stimolo ormonale, iniziano la loro maturazione, quindi nel
parenchima follicolare si troveranno i vari stadi di maturazione del follicolo,
inteso come oocita il quale è completamente avvolto da uno o più strati di
cellule, dette cellule della granulosa. Successivamente questi vanno incontro
a successiva maturazione a formare il follicolo secondario, il follicolo terziario,
o follicoli completamente maturi che porteranno ogni 28 giorni all’espulsione
dell'oocita. Da un follicolo primario, in cui si ha un oocita avvolto da un paio
di strati di cellule della granulosa, che origina da un follicolo primordiale, in
cui le cellule follicolari intorno sono in un unico strato, vanno incontro a
maturazione e sono quelle responsabili della formazione degli estrogeni, i
quali vanno a regolare i caratteri sessuali secondari, la regolazione dell'ovaio
ed il ciclo mestruale, fino ad arrivare a delle formazioni in cui il follicolo
cresce, si amplifica la regione esterna, detta zona pellucida, regione in cui è
presente del liquido, che si trova intorno all’oocita in maturazione, fino ad
arrivare alla maturazione del follicolo terziario in cui si riconosce l'oocita, le
cellule della granulosa, che si sono arrangiate a formare una zona detta
radiata, alla quale tutto intorno si sono sviluppate altre cellule della
granulosa, le quali vanno a delimitare una porzione detta antro, delineati da
altre cellule che vanno a formare la guaina tecale. Questo appena descritto è
il follicolo pre-ovulatorio, che porterà, al 14° giorno, al rilascio dell'oocita. Il
parenchima dell'ovaio è quindi formato da una serie di follicoli in diverso
grado di maturazione. Questo serbatoio di cellule primordiali, già presenti
dalla fase fetale, a partire dalle fase prepuberali ed anche durante la fase di
pubertà, diminuiscono gradualmente di numero. Quindi, già sono limitate, in
più queste cellule vengono anche perse durante la vita, per cui il corredo di
gameti che possono essere utilizzati da una donna risulta notevolmente
limitato, ecco perché la vita fertile di una donna va dalla pubertà alla
menopausa, quando ormai il corredo di cellule che possono essere fecondate,
diminuisce fino a terminare. La maturazione del follicolo è mediata dagli
ormoni luteinizzanti e follicolo stimolanti che vengono rilasciati e secreti dalla
porzione dell’adenoipofisi. Il ciclo mestruale parte da una mestruazione, cioè
dallo sfaldamento della parete uterina, alla formazione di una nuova parete
uterina ed ad un nuovo sfaldamento, quindi si ha una fase di mestruazione,
una fase proliferativa ed una fase secretiva del ciclo mestruale, che
corrisponde a variazioni ormonali ed a diversi gradi di maturazione o di
differenziamento sia del follicolo, sia della parete uterina, che della parete
vaginale. La maturazione del follicolo avviene sotto la regolazione dell'ormone
follicolo stimolante, successivamente, dopo l’ovulazione, sotto stimolazione
dell'ormone luteinizzante, va incontro alla formazione del corpo luteo, cioè si
forma una struttura in cui il follicolo va ancora incontro ad accrescimento, ma
produce progesterone, il quale è l’ormone che permette l’accrescimento della
parete uterina, e che mantiene la gravidanza (se avviene la fecondazione). Se
non si ha la fecondazione, il corpo luteo degenera, va incontro alla
formazione del corpo albicante, si viene a formare una cicatrice sulla parete
dell'ovaio, cala il livello di progesterone, non viene mantenuto più
l’accrescimento della parete uterina, e quindi si ha la successiva
mestruazione.

TUBE UTERINE
La tuba uterina è la via di passaggio per gli oociti e la sede del processo di
fecondazione, lo spermatozoo risale in vagina all’interno dell'utero per poi
risalire nella tuba. È una struttura che non risulta completamente aperta,
presenta una serie di creste, tutte completamente avvolte da un epitelio
pluristratificato con delle ciglia, che permettono e facilitano sia lo scorrimento
dell'oocita, ma anche lo scorrimento dello spermatozoo.

UTERO
L’utero è l’organo fondamentale nel processo di maturazione dell'embrione,
perché appunto è quello che ospita il futuro feto durante lo sviluppo e
l'accrescimento, risulta costituito da una lamina esterna, il perimetrio, da un
endometrio e da un miometrio, costituito da fasci muscolari intrecciati,
particolarmente ispessiti dalla parte del fondo dell'utero, e sono quelli che nel
momento della contrazione e del parto permettono l’espulsione del feto
attraverso il canale vaginale. L’endometrio è invece la porzione funzionale
dell'organo, che va incontro, sotto stimolazione ormonale, ad una serie di
modificazioni cicliche. L'aspetto di una parete estremamente sottile, di cui
rimane solo lo strato basale dell'endometrio, con la presenza di poche
ghiandole uterine, durante la fase di mestruazione, quindi di perdita di
tessuto, di sangue, per rottura devi vasi presenti a questo livello. Nella fase
proliferativa del ciclo mestruale, si ha un accrescimento della parete uterina,
la formazione di arterie che diventano spiralizzate, ed aumentano
notevolmente il numero di ghiandole uterine presenti all'interno. La massima
espressione della parete dell’endometrio si ha nella fase secretiva, cioè nella
fase in cui si ha la parete molto ispessita, molto vascolarizzata tramite le
arterie a spirali, con cavernule all’interno delle quali ristagna il sangue, se non
si ha la fecondazione, e quindi l’avvio della gravidanza, al 28° giorno, per
diminuzione del picco di progesterone, si ha un'occlusione delle arterie
spiralizzate, per cui si ha una perdita di sangue ed uno sfaldamento della
parete uterina. Il ciclo mestruale non va quindi solo a regolare le
modificazioni endoteliali, ma va a regolare anche lo sviluppo del follicolo, ma
andrà anche a regolare le secrezioni vaginali.

VAGINA
La vagina è una struttura tubulare, dalla lunghezza di circa 7-8cm, inserita
nella parete del perineo, sorretta dai muscoli del perineo, che si apre
all’esterno a livello degli organi genitali esterni. L’apertura della vagina risulta
chiusa dagli organi genitali esterni, quindi dalle piccole labbra, sormontate da
pieghe di tessuto adiposo ricoperte da cute che costituiscono le grandi labbra,
si chiudono superiormente a formare il monte di Venere, a livello della
porzione della sinfisi pubica. La vagina è quindi una parete interna verso il
lume, costituita da un epitelio pavimentoso pluristratificato, il quale forma
una tonaca mucosa, uno strato intermedio muscolare, ed uno strato fibroso
esterno. Nello strato della mucosa sono evidenti delle estroflessioni sulla
parete vaginale che determinano una capacità elastica dell'organo stesso. Si
identifica in questo epitelio uno strato basale, uno strato medio ed uno strato
superficiale, le cui cellule vanno incontro a modificazioni cicliche durante il
ciclo mestruale, con una diversa secrezione del muco che viene secreto dalle
ghiandole presenti a livello della tonaca sottomucosa, esterne alla parete
vaginale, anch’esse sotto influenza ormonale. Le funzioni della vagina sono
quelle di ricevere il pene e lo sperma, serve come canale del parto e
passaggio per il flusso mestruale.

(Lezione 14)
SISTEMA DIGERENTE
Insieme di organi con la funzione di assimilare il cibo, in particolare saranno
coinvolti gli organi della cavità orale ed addominale, digerire ed eliminare il
materiale non assimilato mediante le feci. Risulta costituito da un unico
canale che origina dalla cavità orale a livello della regione cefalica, prosegue
nella regione cervicale con la faringe, l’esofago nella porzione toracica per poi
continuare in una porzione slargata di questo canale alimentare che è lo
stomaco. Segue con una prima porzione dell'intestino tenue (in tutto sono 6-
7m di intestino tenue), chiamato duodeno, il secondo è l’intestino tenue
mesenteriale, che a differenza della prima porzione, risulta completamente
rivestito da peritoneo, in particolare da un foglietto del peritoneo che è il
mesentere, esso a sua volta si divide in due porzioni, il digiuno e l'ileo, a
differenza delle altre porzioni che sono continue, l’ileo si immette all’interno
dell'intestino crasso. La prima porzione dell'intestino crasso è il cieco, una
seconda porzione è il colon, di cui si distingue una porzione ascendente, un
colon trasverso ed uno discendente, che entra nella porzione della cavità
pelvica, si porta posteriormente, vicino alla colonna vertebrale, per formare
una struttura a forma di ansa detto colon sigmoideo, a cui segue la porzione
del retto, ultima porzione del tubo digerente, che si apre all'esterno mediante
l’ano. Accanto a questo unico canale presente nella porzione centrale del
corpo sono annesse una serie di ghiandole extramurali, fondamentali per le
funzioni digestive del canale alimentare. Queste strutture sono rappresentate,
a livello dell’intestino tenue, dal pancreas, il fegato, con associata la
cistifellea, mentre a livello della regione cervicale, quindi a livello della cavità
orale, tre gruppi di ghiandole salivari, parotidi, sottomandibolari e
sottolinguali, per la digestione in cavità orale. Gli organi in cavità orale sono
specializzati nell’assimilazione del cibo e la sua frammentazione, la
formazione quindi del bolo alimentare in cui il cibo viene amalgamato con la
saliva, prodotta dalle ghiandole salivari maggiori (parotidi, ghiandole
sottomandibolari e sottolinguali). L’amilasi contenuta nella saliva ha la
funzione di digerire i polisaccaridi, in particolare l’amido. Faringe ed esofago
risultano fondamentali, la prima per la funzione di deglutizione, e quindi di
condurre il bolo alimentare nell'esofago, che lo trasporta all’interno dello
stomaco. Lo stomaco ha la funzione di immagazzinare, agitare il cibo, di
frammentare ulteriormente il cibo, affinché la componente proteica entri a
contatto con il succo gastrico presente. Il succo gastrico ha la funzione di
digerire soprattutto la porzione proteica degli alimenti mediante la pepsina
prodotta dalle cellule gastriche, e insieme all'acido cloridrico, sempre prodotto
dalle ghiandole gastriche, denatura la porzione proteica, uccide germi e
batteri che possono essere nel cibo. La parete dello stomaco ha anche la
funzione di produzione di muco che va a rivestire e proteggere la parete dello
stomaco dall'azione degli acidi presenti nel succo gastrico. L’attività digestiva
dell'apparato digerente continua nell’intestino. Nella prima porzione, nel
duodeno, arrivano i prodotti di secrezione sia del fegato che del pancreas, i
quali hanno l’importante funzione di secernere una serie di enzimi che
contribuiscono a degradare le macromolecole biologiche per ridurle a
nutrienti monomerici più facilmente assimilabili. Gli enzimi prodotti a livello di
fegato e pancreas, i quali vengono rilasciati a livello del duodeno, hanno
l’importante funzione di digerire gli alimenti. Nel pancreas verranno prodotti
enzimi come la tripsina, chimotripsina, lipasi, amilasi, con il compito di
digerire le proteine, la componente polisaccaridica, i lipidi e anche una serie
di nucleasi, ovvero enzimi per la digestione e frammentazione degli acidi
nucleici. Il fegato è importantissimo per le funzioni di assorbimento, ma
soprattutto per la riorganizzazione e rimodulazione delle componenti
amminoacidiche, polisaccaridiche, che sono state assimilate a livello
dell'intestino tenue. Il fegato risulta importante anche per la produzione della
bile, sali e acidi biliari risultano fondamentali per l’assorbimento dei lipidi. Le
molecole degradate e ridotte a monomeri verranno assorbite a livello
dell'intestino tenue e dell'intestino crasso. Risulterà fondamentale quel
collegamento portale che collega tutti gli organi digerenti con il fegato. Fino
al duodeno c’è la degradazione delle macromolecole. La struttura
dell’intestino tenue è rivolta a facilitare l’assorbimento delle singole unità
monomeriche che andranno poi a ricomporre macromolecole all’interno del
fegato. Nel crasso si avrà la compattazione della massa fecale, che poi verrà
espulsa a livello del retto e dell'ano. Il retto ha la funzione di accumulo della
massa fecale e di espellere sotto stimolo le feci. Le quattro importanti
funzioni del sistema digerente sono quindi: digestione e frammentazione delle
componenti del bolo, assorbimento dei nutrienti, motilità per l’avanzamento
della massa alimentare (bolo- chimo acido [stomaco] – chilo [intestino tenue]
– massa fecale [intestino crasso]) ed infine secrezione, a partire dalla
formazione della saliva mediante le ghiandole della cavità orale, oppure da
parte di ghiandole annesse come fegato e pancreas, ma anche secrezione da
cellule o ghiandole presenti a livello della parete dello stomaco e dell’intestino
(da parte dello stomaco secrezione di muco che contrasta la forte acidità del
succo gastrico, e secrezione dello stesso succo gastrico). La motilità a livello
della faringe, avviene per contrazione di tipo volontaria, ci saranno tutta una
serie di muscoli coinvolti nella masticazione e nella deglutizione in cavità
orale, una motilità autonoma data dalla contrazione di muscolatura liscia
all’interno dello stomaco e della parete dell’intestino tenue e crasso,
mantenuta oltre che da afferenze del sistema nervoso autonomo, anche dal
sistema nervoso enterico, presente a livello dello stomaco e dell'intestino
tenue e crasso. (Esiste una stretta connessione tra sistema nervoso centrale
ed enterico).
La parete degli organi cavi va a delineare un lume, cioè la porzione più
interna degli organi cavi, rappresentata dalla tonaca mucosa, a cui fa seguito
andando verso l’esterno da una tonaca sottomucosa, una tonaca muscolare e
la tonaca sierosa, tonaca più esterna. La sierosa, soprattutto a livello degli
organi addominali, non sarà altro che il foglietto viscerale del peritoneo,
struttura a sacco che va a rivestire gli organi della cavità addominale, il quale
lo fissa alla parete addominale. Per molti organi sia presenti a livello della
cavità addominale ma anche in altri organi del sistema digerente, anziché la
sierosa ci sarà l’avventizia. Mentre nella sierosa si ha un sottile strato di
cellule, che formano un epitelio pavimentoso semplice, tipico della sierosa,
sorretto da una trama connettivale, molto lassa, nell'avventizia l’epitelio è
sorretto da un tessuto connettivale abbondante, fibroso, che connette
direttamente un organo ad altri organi. La sierosa, per la sua costituzione,
permette un’elevata motilità all’organo che va a rivestire. Nella cavità
addominale ci saranno organi completamente rivestiti dal peritoneo, e che
avranno un’importante motilità. Più internamente a questo foglietto si trova lo
strato muscolare organizzato in due foglietti, uno più esterno, in cui i fasci di
fibrocellule muscolari sono orientate longitudinalmente, mentre più
internamente uno strato di fibre circolari, in cui le fibrocellule muscolari lisce
sono orientate in maniera circolare a definire il lume dell’organo. La porzione
di muscolatura longitudinale in sezione trasversale apparirà come una serie di
fasci muscolari più o meno rotondeggianti, mentre si riuscirà a seguire
l’orientamento circolare dello strato muscolare più interno. Ancora più
internamente è presente la tonaca sottomucosa formata da connettivo, con
interposte una serie di cellule o in alcune regioni anche di ghiandole. La
tonaca mucosa è costituita, dall’interno verso l'esterno, da un epitelio, da
una lamina propria, quindi tessuto connettivale che va a portare nutrimento
all’epitelio che riveste il lume, e da fasci di muscolatura liscia che la dividono
dalla sottomucosa sottostante, prende il nome di muscolaris mucosae. La
mucosa rappresenterà a livello delle varie regioni del sistema digerente, la
parte funzionale dei vari organi. È a livello della mucosa che per esempio
saranno presenti le ghiandole gastriche (nella parete dello stomaco) che
secernono acido cloridrico, sarà a questo livello che saranno presenti delle
modificazioni che costituiranno i villi intestinali (a livello della parete
dell'intestino tenue mesenteriale e del duodeno), i quali permetteranno
l’assorbimento dei vari nutrienti. Questa parte più interna della parete degli
organi cavi rappresenterà quindi la vera unità funzionale di molti organi.
L’epitelio più interno della mucosa sarà specifico per le varie regioni, nello
stomaco sarà di tipo cubico, con funzione anche secernente, oppure cilindrico
a livello dell’intestino tenue o nelle formazioni dell'intestino crasso, nel primo
caso ricco di villi, nel secondo no, a livello della cavità orale e dell'ultima
porzione del retto sarà pavimentoso pluristratificato. Importanti a livello della
parete intestinale sono i due plessi del sistema nervoso enterico, il vero e
proprio plesso mioenterico (plesso di Auerbach) posizionato tra la porzione di
muscolatura longitudinale e quella circolare, ed il plesso sottomucoso del
Meissner, più interno, ad innervare la tonaca sottomucosa. Diversamente dal
sistema nervoso centrale e da quello periferico, il sistema nervoso enterico è
organizzato in una serie di strutture gangliari, gruppi di neuroni, tutti
interamente connessi da una rete assonale. Quindi intorno alla parete
dell’intestino si hanno una serie di gangli, gruppi neuronali la cui attività di
polarizzazione e depolarizzazione si espande lungo la parete dell’intestino, a
permettere quelle contrazioni che prendono il nome di movimenti peristaltici
per l’avanzamento del bolo alimentare.
Gli organi della cavità addominale, sono completamente avvolti dal peritoneo,
porzione di sierosa che va ad avvolgere gli organi della cavità addominale, e
va a formare, come tutte le altre cavità, un foglietto parietale ed uno
viscerale, diversamente però dal pericardio e dalle pleure, il peritoneo risulta
più complicato perché porzione parietale e viscerale si accollano, si va a
costituire una doppia membrana sierosa per formare delle pieghe, o mesi, o
omenti, cioè delle formazioni che partono dalla parete addominale posteriore
e che fissano gli organi alla parete addominale posteriore o fissano tra loro
due organi presenti a livello della cavità addominale. Il piccolo omento è un
piccolo legamento che fissa il fegato allo stomaco , il grande omento (o
grembiule omentale) parte dalla curvatura dello stomaco, si porta
inferiormente al davanti delle anse intestinali, risale verso l’alto a formare il
”grembiule” che va a rivestire la cavità addominale e si va a fissare alla
porzione del colon trasverso. Se ogni omento è formato da due foglietti
sierosi, le porzioni in cui questi si accollano risulteranno formati da quattro
foglietti, i quali si vanno a fissare alla porzione del colon trasverso, che
posteriormente è fissato alla parete addominale posteriore dalla presenza del
mesocolon trasverso. Dall’altra parte si viene a creare la formazione di un
altro importante meso che è il mesentere, un foglietto che parte dalla parete
addominale posteriore, si apre a ventaglio e va a fissare tutte le anse
intestinali, avvolgendo tutta la porzione dell’intestino tenue mesenteriale,
permettendo un’elevata motilità di questo organo, inoltre ne permette una
fissità a livello della parete addominale posteriore. Il mesocolon identifica a
livello della cavità addominale, una cavità sovramesocolica ed una
sottomesocolica, parte superiore della cavità addominale e parte inferiore.

CAVITÀ BOCCALE/ORALE
La cavità orale è costituita da un vestibolo della bocca e da una cavità orale
propriamente detta, la prima è una struttura a ferro di cavallo delimitata
lateralmente dalle guance, anteriormente dalle labbra, medialmente dalle due
arcate gengivo-dentali, la seconda risulta delimitata dalla faccia interna
mediale delle due arcate gengivo-dentali, mentre risulta aperta
posteriormente nella formazione dell’istmo delle fauci.
VESTIBOLO DELLA BOCCA
Il labbro superiore parte dalla porzione inferiore del naso, si porta
inferiormente a formare la porzione rosea del labbro, che nell’occlusione delle
due labbra porta alla formazione della rima buccale. Lateralmente termina ai
margini. Quello inferiore viene delineato dalla linea mentale. Il margine libero
delle due labbra, detta parte rosea, è chiamata così perché è la porzione del
labbro rivestita da epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato molto
sottile, con derma sottostante molto abbondante, che ne da un colore roseo.
Internamente le due labbra e le guance determinano la porzione anteriore e
laterale del vestibolo della bocca, regioni che vanno in continuazione con le
gengive che vanno a rivestire l’arcata dentale superiore ed inferiore, superfici
che entrano in contatto nel solco vestibolare superiore e quello inferiore. Le
gengive sono le porzioni che rivestono i processi alveolari della mandibola per
l'arcata inferiore e di quelle mascellari per l’arcata superiore. Nel vestibolo
della bocca in porzione centrale troviamo due sollevamenti , il frenulo del
labbro superiore e quello del labbro inferiore, pliche di mucosa che fissano le
labbra alle arcate gengivo-dentali. Il vestibolo della bocca è la cavità che
comunica anteriormente con l’esterno tramite la rima buccale, mentre
posteriormente è costituito dalla cavità buccale propriamente detta. Il fornice,
o solco vestibolare superiore, ed il solco vestibolare inferiore rappresentano la
porzione che congiunge il labbro alla rispettiva arcata gengivale. Cavità orale
e vestibolo risultano in comunicazione a bocca chiusa solo a livello degli spazi
retrodentali, spazio delineato nella porzioni posteriore, dietro all'ultimo dente
molare (terzo dente molare o dente del giudizio). Nel vestibolo della bocca, in
questi spazi, sboccano i dotti di molte ghiandole presenti a livello della parete
del labbro, sia superiore che inferiore, utile a tenere lubrificata ed umida
questa zona, ed al davanti del secondo dente molare sbocca il dotto di
Stenone, cioè il dotto secretorio della ghiandola parotide.
Nella parete delle guance e delle labbra sono presenti tutta una serie di
muscoli coinvolti nell'azione della masticazione, i muscoli estrinseci ed
intrinseci, i quali fanno capo alla testa. I muscoli estrinseci hanno origine da
tronco e collo, e prendono inserzione sulle ossa del cranio, mentre i muscoli
intrinseci originano a livello del capo e sono presenti solo a livello della testa,
costituiti da un gruppo di muscoli, detti pellicciai e scheletrici. I primi sono
quelli anche denominati come muscoli mimici, cioè quelli che partecipano alla
fisionomia del volto, si occupano quindi del movimento delle labbra, delle
palpebre, delle ciglia, delle arcate sopraccigliari e del padiglione auricolare. In
particolare nelle labbra è presente un muscolo, detto muscolo orbicolare del
labbro, presenta solo fasci muscolari, connessi tra labbro superiore ed
inferiore, e permettono il movimento delle labbra. La parete della guancia
risulta costituita invece da due muscoli, esternamente il massetere ed
internamente il muscolo buccinatore, tra questi due muscoli è presente il
corpo adiposo della guancia, presente in una loggia, la quale è delimitata
esternamente dal massetere ed internamente dal muscolo buccinatore, più o
meno sviluppata nei vari individui, particolarmente nei bambini piccoli. Su
questi muscoli vanno ad agire i medici estetici per modificare la fisionomia del
volto. Importanti sono i muscoli scheletrici, riconosciuti come muscoli
masticatori, cioè che permettono l’occlusione delle due arcate gengivo-dentali
e quindi favoriscono il movimento di masticazione, sono muscoli innervati dal
quinto paio di nervi encefalici. Sono il muscolo temporale, il muscolo
massetere, il muscolo pterigoideo esterno ed il muscolo pterigoideo interno .
Il muscolo temporale parte dal ramo della mandibola, si porta verso l’alto,
passa al di sotto dell'arcata zigomatica, e quindi si va a fissare con i suoi
rami al muscolo temporale, di forma triangolare, si origina dalla linea
temporale inferiore (si porta verso l’alto, sotto l’arcata zigomatica e si fissa al
ramo della mandibola). Contraendosi solleva la mandibola e la sposta
lateralmente. Il muscolo massetere, che entra nella costituzione della
guancia, è una robusta lamina muscolare di forma quadrangolare, applicata
alla faccia laterale del ramo della mandibola, innervato dal nervo trigemino. È
formato da una parte superficiale ed una profonda, la parte superficiale
prende origine dai 2/3 anteriori del margine inferiore dell’arcata zigomatica,
mentre la parte profonda origina dai 2/3 posteriori del margine inferiore
dell’arcata zigomatica e dalla faccia mediale dell’arcata stessa. Consente
l'elevazione ed insieme allo pterigoideo interno è il muscolo determinante per
la massima occlusione della mandibola. I muscoli pterigoidei, interno ed
esterno, partono dai processi pterigoidei dell'osso sfenoide e si fissano alla
parte mediale interna del ramo della mandibola. Il muscolo pterigoideo
esterno agisce spostando la mandibola in avanti e verso il lato opposto, il
muscolo pterigoideo interno, contraendosi, eleva la mandibola.

CAVITÀ ORALE PROPRIAMENTE DETTA


La cavità orale propriamente detta è la porzione della bocca situata tra le
arcate gengivo-dentarie, delineata anteriormente e lateralmente dalle due
arcate, mentre inferiormente risulta occupata dalla lingua, superiormente dal
palato. Il palato è costituito da una prima porzione detta palato duro ed una
porzione posteriore, il palato molle che, con le sue formazioni muscolari,
delimita la faccia superiore dell'istmo delle fauci, il quale termina
centralmente con la porzione dell’ugula. Il palato, dal punto di vista osseo,
risulta costituito anteriormente dai processi palatini delle ossa mascellari e
posteriormente, all’attacco del palato molle, dalle lamine trasverse delle due
ossa palatine. La parete della cavità orale, organo cavo, esternamente è
costituita da epidermide, dalla fascia dermica sottostante, muscoli,
internamente da una lamina propria ed epitelio che vanno a rivestire anche le
formazioni ossee, si fissa al periostio delle ossa a livello delle regioni del
palato o a livello delle regioni delle arcate dentarie superiori ed inferiori.
Epitelio pluristratificato pavimentoso con elementi di cheratinizzazione, a
livello delle labbra, nelle porzioni delle gengive, in prossimità dei denti, e nelle
porzioni interne laterali delle guance. È quindi una mucosa formata da
epitelio pluristratificato cheratinizzato. Risulta completamente coperto dalle
secrezioni salivari, prodotte da ghiandole salivare intramurarie, come le
ghiandole palatine presenti a livello della lamina propria della mucosa, quindi
sulla volta superiore della cavità orale, ma anche a livello della parete delle
guance, a livello della parete delle labbra, di tipo tubulo-acinose. Le ghiandole
salivari extra murarie sono la parotide, sottomandibolare e sottolinguale.

LINGUA
La parete inferiore della cavità orale propriamente detta è occupata per la
maggior parte dalla lingua, organo muscolo membranoso, di cui riconosciamo
una porzione superiore, dorso o corpo, una porzione inferiore, radice, che
continua con la parete della cavità buccale. La radice si viene a trovare
posteriormente alla linea a V da cui prendono origine vari elementi muscolari
che costituiscono il corpo della lingua. Riconosciamo anche due margini
laterali e l’apice. Il dorso è segnato dal solco mediano, che da un aspetto
concavo, posteriormente una linea a V su cui si trovano elementi importanti
quali le papille circumvallate. Il frenulo della lingua fissa la lingua alla parete
inferiore della cavità orale. Sulle porzioni laterali si trovano gli sbocchi delle
ghiandole sottomandibolari, ed a livello della mucosa, nella porzione più
posteriore, piccoli sbocchi dei dotti delle ghiandole sottolinguali. Quindi le
parotidi aprono nel vestibolo della bocca, mentre la sottolinguale e la
sottomandibolare aprono a livello della porzione inferiore della cavità orale,
quindi in cavità orale propriamente detta. La lingua è un organo muscolo-
membranoso, la massa risulta costituita per lo più da muscoli, intrinseci ed
estrinseci, quindi che originano dalla massa linguale, mentre gli altri partono
da regioni della cavità orale e terminano nella massa della lingua. Tra gli
estrinseci lo stiloglosso, il genio glosso, palatoglosso e l’ioglosso. Il genio
glosso origina dalla spina mentale superiore della mandibola e prende
inserzione sul dorso e sull’apice della lingua e sul corpo dell’osso ioide.
Abbassa la lingua e la spinge in avanti (protrusione). Lo stiloglosso origina
dal margine anteriore del processo stiloideo dell’osso ioide e termina nelle
porzioni laterali della lingua e dorso della lingua. Innalza la lingua e la tira
indietro(retrusione). Il palatoglosso origina dalla porzione anteriore del palato
molle e termina nelle porzioni laterali. Innalza la porzione posteriore della
lingua ed agisce come costrittore dell'istmo delle fauci. L'ioglosso origina dal
grande corno e dal corpo dell’osso ioide e termina nelle porzioni laterali della
lingua. Abbassa la lingua e ne tira indietro le porzioni laterali. Glosso è il
termine per la lingua. I muscoli intrinseci sono quelli presenti esclusivamente
nella massa muscolare. C’è un setto di connettivo fibroso che va a delineare il
solco della lingua e che dà attacco al muscolo trasverso, che decorre
trasversalmente lungo il corpo della lingua fino all'apice , il muscolo verticale,
fasci di muscolatura interposti ai fasci di muscolatura del muscolo trasverso, il
muscolo longitudinale inferiore, che forma la porzione inferiore e laterale del
corpo della lingua, mentre il muscolo longitudinale superiore forma la
porzione superiore del dorso della lingua. La lingua è quindi un organo
muscolo-membranoso importante sia per la masticazione e la formazione del
bolo alimentare, che per la deglutizione, nella fonazione permette il
linguaggio parlato, ma è anche un fondamentale organo di senso.

(Lezione 15)
PAPILLE LINGUALI
A livello della mucosa, sulla superficie della lingua, formata da epitelio
pavimentoso pluristratificato, si ritrovano delle formazioni, le papille, cioè
delle specializzazioni della mucosa, papille filiformi, fungiformi, circumvallate
e foliate. Le filiformi sono presenti sulla superficie della lingua, a livello del
dorso della lingua, sono estroflessioni della porzione sottostante connettivale,
rivestite da epitelio pluristratificato in cui mancano gli elementi gustativi, cioè
il bocciolo gustativo. Nelle papille fungiformi, circumvallate e foliate invece,
lungo la mucosa si ritrova la presenza del bocciolo gustativo. Nelle papille
filiformi mancano completamente gli elementi cellulari presenti sugli altri tre
tipi e sono invece presenti elementi di cheratinizzazione, la loro funzione è
quella di rendere ruvida la superficie della lingua e quindi facilitare l'aderenza
del cibo ed una maggiore presa, nel processo di masticazione. Le papille
foliate, concentrate a livello dei margini laterali della lingua, sono delle
estroflessioni della porzione connettivali sottostante all’epitelio, dall'aspetto a
foglia, più slargato in porzione apicale, rispetto alla papilla filiforme. Le
fungiformi, tipiche per la forma a cupola, sono distribuite più o meno
uniformemente sulla superficie della lingua, in particolare sulla porzione
apicale, mentre le circumvallate, ancora più particolari, sono più grandi delle
altre, presenti nella zona posteriore della lingua, in corrispondenza della zona
a V, presentano la porzione della mucosa che si introflette nel derma
sottostante da cui parte una struttura a cappello, simili alle fungiformi ma di
dimensioni maggiori. Mentre le papille filiformi hanno solo un’azione di presa,
rendono ruvida la lingua, le altre sono sede del gusto, in quanto si ha la
presenza di elementi che costituiscono il calice gustativo (o bocciolo
gustativo), ovvero una struttura con tipica forma a coppa con una apertura, il
poro del calice gustativo, che va verso l’esterno. Il calice gustativo è formato
sia da cellule di supporto che da vere e proprie cellule sensitive, che si
orientano tutte intorno a formare questa coppa, e queste cellule presentano
delle estroflessioni microvillari per aumentare la superficie della cellula stessa,
e quindi a permettere un maggior numero di recettori. Nella porzione basale
del calice gustativo si ritrovano delle cellule basali che vanno a riformare sia
nuovi elementi sensitivi sia altri elementi di sostegno. A differenza dell’epitelio
presente nella mucosa olfattiva, qui si parla di cellule sensitive epiteliali
modificate per ricevere degli stimoli sensoriali per la presenza di recettori
specifici e che presentano dei contatti con delle strutture nervose, non è
come nel neuroepitelio olfattivo un neurone modificato, ma vere e proprie
cellule epiteliali modificate per ricevere stimoli sensitivi, i quali verranno
trasmessi al nervo, cioè si avranno delle afferenze di rami che vanno a
prendere contatto con il calice gustativo. A livello di questi calici gustativi
possono essere presenti diversi tipi di recettori, classificati in cinque sottotipi:
per l'amaro, il dolce, l’acido/aspro, l’umami (stimolato da molecole simili al
glutammato, stimolato da sostanze presenti nelle spezie e dal glutammato)
ed il salato. Dolce amaro e umami sono recettori di superficie, direttamente
associati con un secondo messaggero, quindi una proteina G che attiverà un
AMP ciclico, che indurrà un aumento di calcio a livello della cellula stessa, il
quale può attivare dei canali sodio dipendenti o dei canali del calcio, i quali
portano al rilascio di neurotrasmettitori che possono essere presenti a livello
delle porzioni basali della cellula, a differenza del recettore dell'acido/aspro e
salato che sono veri e propri canali ionici, quindi non c’è un secondo
mediatore all’interno della cellula, ma direttamente l’attivazione da parte di
queste molecole dei canali ionici, in questo caso del calcio, per la liberazione
di vescicole di neurotrasmettitori. Uno dei neurotrasmettitori più importanti
individuati a livello di questo tipo di cellule è la serotonina che attiverà i
recettori post-sinaptici presenti sui terminali assonici dei nervi. È stato
scoperto che si può avere un'attivazione anche per rilascio di molecole di ATP
a livello di queste cellule, le quali vanno ad attivare poi successivamente i
canali presenti a livello dei terminali sensitivi. È stato individuato anche uno
specifico recettore attivato da molecole lipidiche, formate dalla frittura dei
cibi, e che possono costituire un nuovo tipo di recettore presente a livello di
queste papille gustative. C’è un’uguale distribuzione dei vari recettori sulla
lingua. La via sensitiva che viene percorsa consiste in terminazioni sensitive
che provengono sia dal decimo, dal nono, dal settimo e dal quinto nervo
encefalico (cranico), presentano delle afferenze sensitive a livello della lingua,
che termineranno nella regione del midollo allungato per poi dare delle
proiezioni a livello talamico, per arrivare poi a livello della porzione della
corteccia temporale, che rappresenta l’area del gusto. (Le vie sensitive
dell'olfatto non presentavano afferenze talamiche).

DENTIZIONE
Altri organi fondamentali della cavità orale sono i denti, i quali occupano i
processi alveolari, presenti sia a livello delle arcate dentarie superiori che
delle arcate dentarie inferiori, quindi superiormente a livello delle ossa
mascellari, ed inferiormente a livello della mandibola. I margini liberi di questi
due ossa presentano delle cavità, dei processi alveolari, all’interno dei quali
sono posizionati i denti. Nell’adulto ci sarà una dentizione diversa, detta
decidua. Le due arcate, superiore ed inferiore, possono essere talvolta divisi
simmetricamente da una linea sagittale in un'arcata dentale di destra e di
sinistra: per ogni semi arcata è possibile individuare la presenza, partendo
dalla porzione più mediale a quella più laterale, di due denti incisivi, un
canino, due premolari, tre molari, di cui l’ultimo è detto dente del giudizio.
Nei denti da latte, detti anche primari, mancano i due premolari e l’ultimo
molare.
Costituzione dei denti: la cuspide è la superficie libera superiore del dente, di
cui la corona è la più esterna, e assume diverse forme a seconda del dente.
Le cuspidi sono le regioni del dente direttamente coinvolte nei processi di
masticazione e di triturazione del cibo. La corona si organizza intorno alla
struttura centrale del dente, rivestita da dentina, che va a delineare
all’interno del dente la cavità dentale nella quale è situata la polpa dentaria,
nella quale saranno presenti delle afferenze nervose, e quindi anche vasi, per
portare nutrimento al dente stesso. La dentina a livello della radice del dente
è rivestita da un altro tipo di tessuto specializzato che è il cemento, che si va
a legare mediante i legamenti paradontali al periostio del processo alveolare,
a delineare la gonfosi dentaria, cioè l’articolazione specifica che lega il
cemento della radice al periostio dell'osso del processo alveolare. Il colletto è
la porzione del dente rivestita da gengiva, quindi mucosa della cavità orale,
costituita da un epitelio pluristratificato non cheratinizzato, con una lamina
propria a diretto contatto con il periostio del dente, l’altra parte viene invece
in contatto con la superficie libera del dente rivestita da un altro tessuto
specializzato che è lo smalto. Dentina, cemento e smalto delineano quindi il
dente. Anche le radici variano da dente a dente, saranno uniche nei denti
incisivi e nel canino, mentre se ne possono avere due/tre nei denti molari,
due nei premolari.

GHIANDOLE SALIVARI
Possono essere, come già detto, o intramurarie o extra murarie ( tra cui le
salivari maggiori). Entrambe hanno la funzione di produrre la saliva, un
secreto sieroso mucoso, che ha la funzione di mantenere umida la mucosa
della cavità orale e favorire quindi il movimento delle labbra sulle arcate
gengivo-dentali e favorire il movimento della lingua, inoltre modula e forma il
bolo alimentare, importante perché la componente acquosa della saliva
scioglie le sostanze che attivano i recettori presenti nella papilla della lingua
(le molecole che attivano questi recettori si sciolgono, entrano attraverso il
poro del calice gustativo ed attivano i recettori specifici. Ancora , grazie
all’amilasi, si ha una prima digestione in cavità orale dei polisaccaridi, in
particolare dell'amido, per la demolizione in componenti disaccaridiche e
monosaccaridiche, per poi venire assorbite a livello delle cellule che
compongono l’epitelio del villo intestinale. Tra le ghiandole salivari maggiori la
più grande è la parotide, che viene a localizzarsi nella loggia parotidea, al
davanti del meato acustico esterno, quindi davanti al lobo dell'orecchio,
posizionata al davanti del muscolo massetere. Questa struttura presenta un
dotto molto grande, detto dotto di Stenone, che passa davanti al muscolo
massetere, passa attraverso le fibre del muscolo buccinatore, e quindi apre a
livello del vestibolo della bocca, davanti al secondo dente molare (il quale per
questo motivo è quello che maggiormente va incontro a fenomeni di erosione
dello smalto, facile attacco da parte di microorganismi e quindi formazione di
carie). Le altre due sono presenti alla base della cavità orale, nella loggia
mandibolare e nella loggia linguale dell'osso della mandibola. La
sottomandibolare è più grande rispetto alla sottolinguale, ed il dotto della
ghiandola sottomandibolare passa alla base della lingua e si apre
lateralmente al frenulo della lingua, insieme alla ghiandola sottolinguale che
presenta invece piccoli dotti escretori sempre a livello della base della lingua,
ai lati del frenulo stesso. A differenza della parotide, queste aprono a livello
della cavità orale propriamente detta. Mentre la parotide è maggiormente
coinvolta nella funzione di umidificare le pareti del vestibolo, quindi della
parete delle guance e delle pareti laterali delle arcate gengivo-dentali,
sottomandibolare e sottolinguale sono coinvolte nell’attività di umidificare la
cavità orale propriamente detta. Da un punto di vista istologico tutte e tre le
ghiandole sono tubulo-acinose ramificate, che quindi presentano degli acini
che possono essere sia acini mucosi che sierosi. La parotide presenta solo
acini sierosi, quindi produce acqua, enzimi e ioni, a differenza delle altre due
ghiandole che sono invece miste, principalmente sierosa la ghiandola
sottomandibolare, principalmente muscosa la ghiandola sottolinguale,
entrambe con acini sia mucosi che sierosi. Da un punto di vista morfologico
l'acino mucoso presenta cellule occupate completamente da muco, e quindi i
nuclei delle cellule sono schiacciati nella porzione basale, e possono essere
contornati dalla semiluna del Giannuzzi a delineare gli acini sierosi, che
possono o meno essere misto a quelli mucosi. La cellula è completamente
piena di granuli di secrezione nella porzione apicale e presenta dotti sia nelle
ghiandole parotidi che sottomandibolari e sottolinguali. Un acino salivare è
costituito da cellule sierose o mucose, da cellule intercalari del dotto. Il dotto
striato presenta un epitelio cubico o cilindrico monostratificato che presenta
introflessioni in cui si possono trovare numerosissimi mitocondri a formare
l’apparato bacillare, per il riassorbimento di ioni e acqua, della componente
secreta dall’acino, rimodulata quindi a livello del dotto striato, dove si può
avere anche un rilascio a livello del lume del dotto di altri ioni, in particolare
di ioni carbonato. La porzione terminale del dotto escretore è generalmente
un cilindrico o un cubico pluristratificato. L’unità funzionale della ghiandola
salivare varia a seconda delle tre ghiandole, nella parotide si ritrovano
sempre dotti striati, la porzione del dotto escretore, e le cellule che
compongono l’acino sono esclusivamente sierose, mentre l’acino della
sottomandibolare è misto, più sieroso, mentre è più mucoso quello della
sottolinguale. La semiluna del Giannuzzi è un artefatto istologico, sembra
come se ci fosse una porzione mucosa sovrastata dalla porzione sierosa,
come se le cellule sierose fossero presenti nella porzione esterna dell’acino
salivare, invece accade che nel processo di preparazione e fissazione del
preparato istologico, la cellula sierosa, sempre intercalate ad elementi
mucosi, fuoriesce, e quindi dà la formazione di questa tipica semiluna.

FARINGE
Secondo tratto del canale alimentare ed è in comunicazione con la cavità
orale mediante l’istmo delle fauci. L’apertura posteriore della cavità orale
propriamente detta entra in comunicazione con la faringe, in particolare con
la seconda porzione della faringe che è l'orofaringe. (Rinofaringe-orofaringe-
laringofaringe). È possibile individuare la faringe come struttura tubulare
completa solo nella porzione della laringofaringe, in quanto superiormente la
rinofaringe è in comunicazione con le coane attraverso la cavità nasale,
mentre l’orofaringe presenta un’apertura a livello dell'istmo delle fauci, solo
nell’ultimo tratto si avrà un canale completamente formato. La faringe viene
quindi descritta come una struttura ad imbuto con la parte apicale rivolta
verso l’esofago e la parte slargata rivolta verso l’alto. Decorre al davanti della
colonna vertebrale, leggermente appiattita in senso antero-posteriore,
rappresenta un tratto comune al sistema respiratorio e al digerente. Termina
a livello della sesta vertebra cervicale e risulta costituita dall'interno verso
l’esterno da una tonaca mucosa, che varia a seconda della porzione della
faringe, nella rinofaringe sarà un epitelio pseudo stratificato ciliato (classico
epitelio delle vie respiratorie), nell’orofaringe sarà pavimentoso
pluristratificato non cheratinizzato. Il connettivo sottostante presenta delle
ghiandole tubulo-acinose prevalentemente a secrezione mucosa, per la
lubrificazione e umidificazione della superficie della faringe, permette quindi
nella deglutizione uno più facile scivolamento del bolo alimentare verso
l’esofago. La faringe risulta contornata da una caratteristica formazione fibro-
elastica, detta aponeurosi faringea, che finisce alla base del cranio, e
rappresenta il vero e proprio elemento “scheletrico” (in realtà connettivo) che
sorregge la faringe stessa e dà attacco ai muscoli. I muscoli della parete della
faringe, attivati nella fase di deglutizione, sono striati, volontari, possono
essere dei muscoli costrittori o elevatori, di cui si riconoscono il muscolo
costrittore superiore della faringe, il quale contraendosi permette una
costrizione della rinofaringe ed eleva la parete posteriore della faringe stessa,
il muscolo costrittore medio, che contraendosi contrae l’orofaringe, quindi che
viene maggiormente contratto in fase di deglutizione, che spinge il bolo
alimentare verso l’esofago, e partecipa il muscolo costrittore inferiore, che
contraendosi contrae la porzione laringofaringea ed elevatore della laringe.
Tutti i muscoli prendono origine dall’aponeurosi faringea, porzione
connettivale che funge da supporto alla componente muscolare. Ancora
possiamo riconoscere dei muscoli elevatori, che partecipano anche nella fase
di fonazione, o nei movimenti del collo. Il muscolo stilofaringeo contraendosi
eleva la faringe e la laringe. Origina dalla faccia interna del processo stiloideo
dell’osso temporale, in prossimità della base e si porta obliquamente in basso,
in dentro e in avanti, raggiungendo la parete laterale della faringe dove si
mette in rapporto con i muscoli costrittori superiore e medio. Il muscolo
faringopalatino è elevatore della faringe e della laringe, dilata la tuba uditiva
e avvicina tra loro gli archi faringopalatini, cioè quelli che posteriormente
delimitano l’istmo delle fauci. Partecipa alla costituzione dell’arco faringo-
palatino. Origina dalla faccia posteriore dell’aponeurosi palatina, dall’uncino
pterigoideo e dalla lamina mediale della cartilagine della tuba uditiva. Si porta
in basso e in fuori nell’arco faringopalatino e, giunto alla parete laterale della
faringe, si risolve in fasci laterali (margine posteriore della lamina della
cartilagine tiroidea) fasci mediali (terminano sul rafe mediano). A livello della
sesta/settima vertebra cervicale la faringe continua con l'altra porzione del
canale alimentare che è l’esofago.

ESOFAGO
Ha l’importante funzione di muovere il bolo alimentare dalla laringofaringe
allo stomaco, ha solo una funzione di trasporto quindi, nel contesto del
sistema digerente, senza partecipare alle funzioni digestive. Entra in cavità
toracica, passa attraverso il mediastino, cavità della porzione toracica dove è
situato il cuore, supera il centro frenico del diaframma e a livello della
13°/14° vertebra si continua con la regione del cardias con lo stomaco.
Quindi l’esofago è una struttura tubulare strettamente addossata alla colonna
vertebrale, nella quale si possono riconoscere più restringimenti. Il
restringimento cricofaringeo è la porzione dell'esofago che entra in rapporto
con la porzione rigida della cartilagine cricoide della laringe, a cui fa seguito
nella porzione inferiore un restringimento aortico, nella quale l’esofago entra
in contatto con l’arco dell'aorta, un restringimento bronchiale a livello del
mediastino in cui l’esofago prende contatto con il bronco di sinistra ed un
restringimento diaframmatico a livello del punto in cui l’esofago supera il
centro frenico del diaframma, entra in cavità addominale e si continua con il
cardias.
Costituzione parete dell'esofago: ha la stessa costituzione della parete degli
organi cavi, quindi dall'esterno verso l’interno, una tonaca avventizia,
costituita da tessuto connettivo fibroso, che fissa l’esofago alla parete degli
organi con cui verrà in contatto, quindi con il muscolo tracheale, o
posteriormente ai legamenti della colonna vertebrale, a cui fa seguito uno
strato muscolare esterno longitudinale ed uno interno circolare, una tonaca
sottomucosa, in cui potranno essere presenti o meno delle ghiandole, sempre
tubulo-acinose composte, e poi la mucosa, che si estroflette a formare delle
pieghe, quindi il lume non è completamente circolare e liscio, a cui si possono
sovrapporre delle estroflessioni della sottomucosa. C’è un abbondante strato
di muscolaris mucosae, che entra in contatto con la lamina propria e la quale
poi è sovrastata da un epitelio pluristratificato pavimentoso, in cui potranno
essere presenti elementi di cheratinizzazione. La muscolaris mucosae con
fibre a decorso longitudinale è spessa ed è responsabile del tipico aspetto a
pliche longitudinali della superficie interna dell’organo. Nella prima porzione
dell'esofago, quindi nei primi ⅔ dell'esofago, la muscolatura risulta costituita
da muscolo striato, con inframmezzata della muscolatura liscia, la quale
cambia totalmente nell'ultima porzione dell'esofago che risulta invece
costituita solo da muscolatura liscia. Quindi la prima porzione, in continuità
con i fasci muscolari della faringe, prende parte ai processi di deglutizione,
invece diventa un movimento autonomo nell’ultima porzione, in cui il bolo
viene spinto verso lo stomaco.
La cavità addominale può essere divisa in 9 regioni, o in 4 quadranti, a
seconda dei piani di sezione che andiamo a considerare. Considerando due
linee orizzontali, che passano una attraverso l’ultima costa ed una che
congiunge le due tuberosità ischiatiche superiori, e lateralmente due linee
verticali, dette ascellari in quanto partono dalle ascelle e scendono verso il
basso, e altre due linee che partono dalla porzione centrale della clavicola e si
uniscono a livello della sinfisi pubica, lateralmente alle due ossa del pube,
possiamo dividere la cavità addominale in 9 regioni. Le porzioni centrali
prendono il nome di epigastrio, mesogastrio e ipogastrio, nella parte
superiore si avrà quindi un ipocondrio di destra e di sinistra, una regione
lombare di destra e di sinistra, una regione inguinale di destra e di sinistra.
Queste regioni ci consentono di identificare e posizionare all’interno della
cavità addominale i vari organi. Quindi diremo per esempio che il fegato è
posizionato a destra nella cavità addominale, ad occupare la porzione
dell’ipocondrio di destra, parte dell’epigastrio, e parte dell’ipocondrio sinistro,
mentre lo stomaco occuperà l’ipocondrio di sinistra e parte dell’epigastrio.

(Lezione 16)
PARETE ADDOMINALE ANTERIORE
Parete addominale anteriore da un punto di vista muscolare: l’addome è
quella porzione che presenta una struttura scheletrica nella porzione
posteriore data dalla colonna vertebrale, in particolare dalle vertebre della
regione sacrale e lombare, mentre anteriormente da componente muscolare,
strati di muscoli che andranno a delimitare anteriormente la cavità
addominale. In particolare dalla presenza del muscolo retto dell'addome nella
porzione anteriore, mentre nella porzione antero-laterale, e quindi
parzialmente anche posteriore, dalla sovrapposizione di tre gruppi muscolari,
il trasverso dell'addome, l'obliquo interno e l'obliquo esterno, che vanno a
chiudersi sulla linea alba, linea che decorre a partire dal processo xifoideo e a
prendere giunzione con la sinfisi pubica. La linea alba è una porzione di
tessuto connettivale che permette l'attacco di muscoli, in particolare dei
muscoli della porzione anteriore dell'addome. La porzione anteriore è
costituita dal retto dell’addome, posto lungo la parte anteriore della parete
addominale, la porzione latero-anteriore risulta costituita dal muscolo obliquo
esterno, e più internamente, il muscolo obliquo interno, mentre il trasverso
dell'addome decorre interiormente a questi muscoli, quindi posto al di sotto
dei muscoli obliqui, ed è il più profondo tra i muscoli addominali e avvolge la
spina dorsale dando protezione e stabilità a tutta la cavità addominale. Sia il
muscolo trasverso dell’addome, sia il muscolo obliquo esterno e interno, sia il
retto dell'addome, vengono anche classificati come muscoli espiratori, quindi
la contrazione di questi gruppi muscolari permette un movimento forzato
dell’aria verso l’esterno, abbassando le costole. Il muscolo retto dell’addome è
un muscolo allungato, che parte dall’inserzione delle ultime coste e termina
nella pelvi, si inserisce lateralmente sulla linea alba, e presenta delle porzioni
tendinee che vanno ad intervallarsi ai fasci muscolari, il muscolo più profondo
invece è il muscolo trasverso dell’addome, il quale sarà importante per le
connessioni che prenderà con gli organi della cavità addominale
anteriormente (con la loro faccia anteriore), contraendosi porta in dentro le
coste ed aumenta la pressione addominale. I suoi fasci, portandosi
medialmente, continuano nell’aponeurosi del muscolo trasverso che partecipa
alla formazione della guaina del retto e della linea alba.
STOMACO
Porzione slargata del tubo alimentare. L’esofago, oltrepassato il diaframma,
entra in connessione con lo stomaco attraverso il cardias, prima regione dello
stomaco. È un organo che occupa parte dell’epigastrio, parte dell’ipocondrio
di sinistra. Ha una struttura a J la cui curva identifica a livello della parete
dello stomaco, lateralmente una grande curvatura dello stomaco, mentre
medialmente una piccola curvatura. Lo stomaco prenderà rapporto con il
fegato (a destra), che copre la maggior parte dello stomaco (piccola
curvatura, la regione pilorica), superiormente con il diaframma, lateralmente
con la milza (a sinistra), nella sua faccia posteriore con i fasci diaframmatici
che vanno a formare la parete postero-superiore della cavità addominale, con
il rene ed il surrene di sinistra, con il duodeno e con il pancreas. La sua
superficie inferiore prende rapporto con la porzione del colon trasverso.
Permette di identificare nella sua struttura morfologica diverse regioni: la
regione del fondo parte dal punto di giunzione tra esofago e stomaco, a
livello della regione del cardias, si porta superiormente rispetto all'incisura
cardiale, non è in diretta continuazione, quindi permette di identificare a
livello della cupola diaframmatica questa regione del fondo dello stomaco. La
parte più importante dello stomaco, che va dal fondo alla regione pilorica, è il
corpo. Dalla regione pilorica potremo individuare due parti, un antro del
piloro, ed una regione più stretta, quasi imbutiforme, che si congiunge con il
piloro stesso, punto di giunzione tra duodeno e stomaco, il canale pilorico.
Quindi nella porzione pilorica identifichiamo un antro, porzione che continua
con il corpo dello stomaco, ed un canale pilorico, porzione più stretta, che
terminerà a livello del piloro. È un organo intraperitoneale, avvolto dal
foglietto viscerale del peritoneo, che lo avvolge nella sua totalità, fatta
eccezione per la porzione supero-posteriore del fondo dello stomaco, che
entrerà quindi direttamente in contatto con il foglietto parietale del peritoneo
e quindi poi in contatto con i tralci muscolari del diaframma. Il peritoneo va a
formare due importanti mesi, il piccolo omento, formato dai due foglietti
peritoneali che si accollano, che connette la piccola curvatura dello stomaco
con l’ilo del fegato, ed il grande omento. All’interno del piccolo omento si
notano degli ispessimenti, uno dato dal legamento epato-gastrico, che si
viene a trovare più o meno nella porzione centrale del piccolo omento, e che
fissa direttamente la piccola curvatura dello stomaco all'ilo del fegato,
dall'altra parte c’è un ispessimento che forma il legamento epato-duodenale,
e che fissa la prima porzione del duodeno con l’ilo del fegato. A livello della
grande curvatura invece, parte il grande omento, ovvero quell’accollamento
dei foglietti peritoneali che scende verso il basso, va a coprire completamente
le anse intestinali (a mo’ di grembiule), ritorna verso l’alto e si fissa alle tenie
del colon trasverso (porzione dell'intestino crasso). Fissa lo stomaco al colon
trasverso.
Costituzione della parete dello stomaco: dall’esterno verso l’interno troveremo
una tonaca sierosa, una tonaca muscolare, una tonaca sottomucosa ed una
mucosa. A livello della tonaca muscolare, ci sarà uno strato longitudinale
esterno, uno strato circolare interno, ed ancora più internamente un terzo
strato di muscolatura che va a costituire lo strato obliquo, più abbondante a
livello della porzione del corpo dello stomaco. Questo ulteriore strato servirà a
permettere una forte contrazione della parete muscolare, utile ad attuare un
continuo rimescolamento del cibo all’interno della cavità luminale dello
stomaco. A livello del canale del piloro si ha la presenza di un inspessimento
muscolare, in particolare dello strato circolare, che va a formare lo sfintere
pilorico, che permette una continua contrazione, quindi una chiusura dello
stomaco a livello della regione pilorica. Un altro sfintere è lo sfintere esofageo
inferiore, o cardiale, a livello del punto di giunzione tra esofago e stomaco. La
chiusura dello sfintere pilorico e di quello cardiale permette la chiusura dello
stomaco e del rimescolamento del suo contenuto. Il lume dello stomaco
presenta una serie di sollevamenti della tonaca sottomucosa e anche della
tonaca mucosa, le quali vanno a costituire le cosiddette rughe gastriche, cioè
pieghe che risultano visibili nel momento in cui lo stomaco è vuoto, mentre
quando è pieno, e quindi è in fase di contrazione e massima dilatazione,
queste scompaiono, ad eccezione di due rughe che si trovano a livello della
piccola curvatura dello stomaco, nel quale invece rimangono sempre presenti,
e che costituiscono la via gastrica breve, due grosse pieghe longitudinali, in
cui passano più velocemente i liquidi dalla porzione dell'esofago al piloro e
quindi all'intestino. Elemento fondamentale della parete dello stomaco è la
cosiddetta mucosa gastrica, cioè la parte della mucosa costituita da un
epitelio, una lamina propria ed una muscolaris mucosae. Essa rappresenta
l’unità funzionale della parete dello stomaco. La parete dello stomaco
presenta tutta una serie di estroflessioni, le quali vanno a delimitare delle
fossette gastriche, come una serie di forellini sulla parete della mucosa
gastrica, ma che in realtà sono estroflessioni della lamina propria che
delimitano queste fossette gastriche sul fondo delle quali si aprono i dotti
delle ghiandole gastriche. Quindi la mucosa risulterà rivestita da un epitelio
che va a rivestire tutte le fossette gastriche che si vengono a formare, ed è di
tipo cubico, o cilindrico in alcune porzioni, importante perché un epitelio di
tipo secernente, che va a produrre muco, che ha l’importante funzione di
rivestire completamente la superficie della mucosa gastrica e di proteggerla
dall'attacco del succo gastrico, in quanto le ghiandole gastriche secerneranno
succo gastrico. Da un punto di vista anatomico la mucosa gastrica risulta
formata da un epitelio, particolare perché di tipo secernente, il quale va a
rivestire tutte le fossette gastriche, sul fondo del quale si aprono i dotti delle
ghiandole gastriche, quindi la lamina propria della tonaca mucosa dello
stomaco, sarà occupata dalle ghiandole gastriche. Le ghiandole gastriche
risultano costituite da vari tipi cellulari, e ci sono vari tipi di ghiandole
gastriche: ghiandole cardiali, ovvero delle ghiandole tubulari composte,
maggiormente presenti a livello della porzione del cardias, hanno
generalmente una secrezione di tipo mucosa in quanto sono più abbondanti
le componenti della cellula che producono muco, che si va ad aggiungere al
muco prodotto dall’epitelio; ghiandole piloriche, ghiandole tubulari ramificate,
che hanno una secrezione mucosa neutra; mentre a livello delle porzione del
corpo dello stomaco si trovano le ghiandole gastriche propriamente dette, di
tipo tubulare semplice, e la parete di questa ghiandola risulta costituita da
vari tipi cellulari, da cellule del colletto, da cellule principali o adelomorfe, da
cellule di rivestimento o delomorfe, e da cellule endocrine, dette
enterocromaffini o argentaffini. Ci saranno quindi tre tipi di ghiandole
gastriche, e tra queste saranno presenti diversi tipi cellulari.
A livello della porzione del collo della ghiandola, o nella porzione a ridosso e
in continuazione con l’epitelio gastrico, si avrà la presenza delle cellule del
colletto, cellule che hanno una secrezione mucosa neutra, produrranno un
muco che andrà a rivestire la parete interna della ghiandola ma che si andrà
a riversare all'esterno, e va a congiungersi con il muco prodotto dall'epitelio.
Le cellule del colletto sono caratterizzate da numerosi granuli di secreto
(proteoglicani acidi), posti nella parte apicale della cellula, e che si riversano
sulla superficie libera della cellula per esocitosi. Le cellule principali o
adelomorfe sono quelle più numerose a livello della parete della ghiandola
gastrica propriamente detta, e sono quelle che producono pepsinogeno,
precursore inattivo della pepsina, enzima che avrà la funzione di demolire la
componente proteica del chimo, attivato dal valore di pH molto basso del
succo gastrico (pH=1/2). Inoltre queste producono rennina (differente dalla
renina), ovvero un enzima attivo nella digestione delle proteine del latte,
quindi particolarmente abbondante nelle prime fasi di vita. Altro elemento
cellulare della parete della ghiandola è dato dalle cellule di rivestimento o
delomorfe, che riversano all'esterno della ghiandola acido cloridrico, produce
anche il fattore intrinseco, ovvero una glicoproteina che facilita l’assorbimento
della vitamina B12. Una tipica cellula parietale presenta tutta una serie di
capillari di secrezione, cioè introflessioni della membrana plasmatica
all’interno della cellula, delle porzioni dell'ambiente extracellulare all'interno
della cellula. È a livello di questi canalicoli di secrezione che viene secreto
direttamente all’esterno della cellula acido cloridrico, sotto forma di ioni H+ e
Cl-, acido forte completamente dissociato, senza auto-digerirsi. Se la mia
cellula producesse direttamente pepsina, o acido cloridrico, si auto-
digerirebbe, quindi il sistema è la produzione di elementi inattivi, veicolato
all’interno di vescicole di secrezione, e che per esocitosi viene portato
all'esterno, dove viene attivato dal basso pH. In questo caso però non posso
contenere direttamente acido cloridrico all’interno di vescicole di secrezione,
perché verrebbero completamente lisate, quindi verranno trasportati
separatamente ioni H+ e ioni Cl-, che verranno riversati all’esterno grazie alla
presenza di proteine canale specifiche. All'interno delle cellule delomorfe si
avrà una diffusione di anidride carbonica, dove si combina con l’acqua
attraverso una reazione enzimatica catalizzata dall’anidrasi carbonica, formerà
acido carbonico, il quale si dissocerà all’interno della cellula in ioni
bicarbonato e ioni H+, il quale viene riversato all'esterno, per contro-
trasporto dello ione potassio, mentre lo ione bicarbonato, per contro
trasporto, veicola il cloro, il quale passa all'interno del lume gastrico
attraverso una proteina canale. In questo modo l'acido cloridrico viene
riversato direttamente all’esterno della cellula. Il canalicolo di secrezione non
è altro che parte del lume gastrico all’interno della cellula stessa. La fabeola
gastrica è un altro modo per indicare le fossette gastriche. Ultimo elemento
cellulare presente nelle ghiandole gastriche sono le cellule endocrine, o
enterocromaffini, le quali producono diversi tipi di ormoni, in particolare
gastrina, serotonina ed enteroglucagone, ormoni attivi direttamente sulle
pareti gastriche, e che favoriscono la contrazione, e andranno a modulare
l’attività gastrica dello stomaco.
La tonaca sottomucosa gastrica è formata da tessuto connettivo lasso, con
fibre elastiche e cellule adipose, presente anche il plesso nervoso
sottomucoso, o del Meissner, che favorisce la contrazione, modulata dalla
produzione di serotonina prodotte dalle cellule endocrine. La tonaca
muscolare presenta uno strato longitudinale esterno, uno circolare interno
con uno strato profondo di fibre oblique. E’ presente il plesso mioenterico di
Auerbach. La tonaca sierosa è data dal peritoneo.
L’epitelio è particolare perché di tipo secernente, che va a rivestire
completamente la parete dello stomaco ed ha una funzione protettiva sulla
parete dello stomaco (mucosa gastrica). Una diminuzione di questo muco, o
una ipersecrezione di succo gastrico, determina una lesione della parete della
mucosa gastrica, che può poi sfociare in ulcera gastrica, completa lesione
della mucosa gastrica. Il gaviscon e il bionacid sono medicine che aggiungono
un ulteriore film protettivo alla parete della mucosa gastrica. L'alcool agisce in
maniera molto corrosiva verso la mucosa gastrica, produce lesioni puntiformi
su di essa. Oppure un eccessivo consumo di farmaci può indurre ulcere
gastriche. Il gastroprotettore abbassa i livelli di succo gastrico. Anche lo
stress è un forte stimolante di iperacidità gastrica.

INTESTINO TENUE
Risulta in continuità con lo stomaco mediante lo sfintere pilorico, che media il
passaggio della massa alimentare, ed è suddivisibile in tre segmenti: il
duodeno, un intestino tenue mesenteriale, il digiuno e l’ileo. Il duodeno è il
primo segmento, è il sito attivo della digestione, in quanto è a questo livello
che arrivano le secrezioni del fegato, la bile, e le secrezioni pancreatiche,
succo pancreatico. Il digiuno è ancora in parte sito attivo di digestione e
rappresenta un primo sito di assorbimento dei nutrienti. L’ileo è ancora un
sito attivo di assorbimento dei nutrienti, acqua, vitamine e minerali, ed inizia
a questo livello la microflora intestinale. A partire dal duodeno aumenterà il
pH del contenuto luminale, arriverà in questo ambiente un chimico acido. A
livello dell'ileo si arriverà a delle condizioni prossime alla neutralità. Il
duodeno entra direttamente in contatto con lo stomaco attraverso il piloro, e
continua nella porzione della C duodenale, c’è una prima porzione che sale
verso l’alto, prende rapporto con il rene di destra, con il fegato, da questa
porzione parte il legamento epato-duodenale. La prima porzione del duodeno
è intraperitoneale, mentre la parte successiva del duodeno è una porzione
retro-peritoneale, non rivestito quindi da peritoneo (sierosa), ma si avrà
un’avventizia a rivestire la parete più esterna del duodeno in questa porzione.
In questa porzione prenderà rapporto con il rene di destra, con il pancreas (la
testa), posteriormente con la vena cava inferiore e l'aorta addominale,
mentre anteriormente con parte delle anse del digiuno ed il colon trasverso.
Il duodeno torna ad essere intraperitoneale a livello della flessura duodeno-
digiunale, in cui si piega di circa 90°, e continuerà con la prima porzione
dell'intestino tenue mesenteriale, rappresentato dal digiuno. Il mesentere
origina posteriormente lungo la parete addominale posteriore, si apre a
ventaglio, e va ad avvolgere completamente tutte le anse intestinali. Da un
punto di vista macroscopico, se si apre il duodeno, nella sua porzione
discendente presenta due papille: la papilla duodenale maggiore e la papilla
duodenale minore. Non sono altro che due punti di attacco, alla prima sfocia
il coledoco, alla seconda, il dotto pancreatico minore. A livello del duodeno
quindi si riversano la bile attraverso il coledoco, il quale a livello dell'ampolla
duodenale maggiore si fonde con il dotto pancreatico maggiore, a formare il
dotto epato-pancreatico che si apre e sfocia a livello dell'ampolla duodenale
maggiore, da intendere come un'estroflessione macroscopica in cui terminano
delle strutture tubulari, rivestita da mucosa. Il coledoco si collega al dotto di
Wirsung (dotto pancreatico maggiore), formano il dotto epato-pancreatico e
si aprono a livello dell'ampolla duodenale maggiore, il cui orifizio è regolato
dallo sfintere di Oddi, un anello di muscolatura circolare liscia, sistema che
permette l’apertura o la chiusura dell’ampolla duodenale maggiore, e quindi
che regola il flusso della bile e del succo pancreatico all’interno del duodeno.
Chiudendo la papilla duodenale maggiore viene regolato il flusso della bile e
del succo pancreatico nell'ampolla maggiore. A livello della papilla minore
invece sfocia il dotto pancreatico accessorio (o di Santorini), quindi il succo
pancreatico viene raccolto dalla coda verso la testa attraverso il dotto
pancreatico maggiore, da cui diparte un dotto pancreatico accessorio. Se la
presenza del peritoneo permette all'intestino un maggiore movimento,
l’importanza del fatto che il duodeno è un organo retro-peritoneale sta nel
fatto che nel duodeno questo movimento non può esistere. Una struttura
tubulare a cui si attaccano altre due strutture tubulari deve mantenere una
certa rigidità, quindi non potrà essere rivestito da peritoneo il duodeno, nella
porzione discendente della C duodenale diventa retro-peritoneale, quindi
ricoperto di avventizia che fissa i due dotti all'interno del lume duodenale. Se
così non fosse i dotti si staccherebbero. Oltre alle due papille, sulla superficie
del duodeno, ma anche a livello della parete del digiuno e dell’ileo, con
numerosità decrescente nelle sequenza dei tre tratti, sono presenti delle
estroflessioni, dei sollevamenti della parete, pliche intestinali, della tonaca
sottomucosa. Partendo dall'esterno verso l’interno si avrà una tonaca sierosa
a livello del tratto mesenteriale, perché nella porzione discendente del
duodeno si ha una tonaca avventizia, quindi nel duodeno avrò una prima
porzione di sierosa nella prima parte in continuità con il piloro (porzione
ascendente della C duodenale), perché rivestito dal legamento epato-
duodenale, poi diventa retro-peritoneale (porzione discendente della C
duodenale), torna ad essere intraperitoneale a livello del digiuno e dell'ileo
(intestino mesenteriale). La tonaca muscolare è costituita da uno strato
longitudinale esterno ed uno circolare interno, nelle tre porzioni dell'intestino,
tra i quali è interposta l’innervazione della placca mioenterica (o placca di
Auerbach), che compete con la placca sottomucosa (o placca del Meissner),
disposta attorno alla tonaca sottomucosa, per la regolazione dei movimenti
peristaltici dell'intestino. Nella tonaca sottomucosa, costituita da tessuto
connettivo fibroso con presenza di fibre elastiche, si possono trovare delle
pieghe, o pliche, dei sollevamenti di questa tonaca, più presenti e più tozze a
livello del duodeno, per diventare quasi nastriformi lungo tutta la parete
digiuno, per poi quasi scomparire, più basse, nell’ultima porzione dell'ileo.
Inoltre la sottomucosa presenta a livello del duodeno delle ghiandole tubulo-
acinose composte a secrezione mucosa, che sono le ghiandole del Brunner. Il
tipico adenomero mucoso sarà presente a livello di questa porzione
dell'intestino, in quanto arriva il chimo acido, la bile ed il succo pancreatico,
quindi avremo bisogno di qualcosa che andrà a rivestire completamente la
superficie libera del duodeno, di un muco che lubrifica e protegge tutto
l’intestino, ma maggiormente nel duodeno. In tutte le porzioni la parete
intestinale presenta delle estroflessioni della tonaca mucosa, che
costituiscono i villi intestinali. Essi rappresentano la vera unità funzionale
dell'intestino tenue, in quanto elemento assorbente. Quindi, le pliche
intestinali, date dai sollevamenti della tonaca sottomucosa, presentano
ulteriori sollevamenti da parte della mucosa che li riveste a formare i villi
intestinali, unità anatomo-funzionale dell'intestino tenue. La tonaca mucosa
sarà costituita da una lamina propria, che si solleva a formare il villo
intestinale, ricoperto da un epitelio, il quale si introflette all’interno della
lamina propria, a costituire una porzione più interna che prende il nome di
ghiandola intestinale, o cripta intestinale del Lieberkühn. Il villo intestinale
non è altro che un’estroflessione della tonaca mucosa, che sarà più tozza e
meno frequente a livello del duodeno, presenterà la tipica struttura
digitiforme, più alta e sottile a livello dell'intestino tenue mesenteriale, in
particolare nel digiuno, per tornare ad essere più bassa, tozza e meno
frequente nell’ileo. Il villo intestinale, essendo un'estroflessione della tonaca
mucosa, sarà costituito da un epitelio di rivestimento, classico epitelio
assorbente, di tipo cilindrico, gli enterociti, con specializzazioni microvillari
sulla superficie a formare l'orletto a spazzola, utile ad aumentare ancora la
superficie di assorbimento disponibile, e da vari tipi cellulari, come le cellule
caliciformi mucipare, ghiandole unicellulari specializzate nella secrezione di
muco che riverserà al di sopra della parete luminale, ancora altri elementi
cellulari sono le cellule del Paneth, con attività antimicrobica, producono
lisozima, e le cellule endocrine (o enterocromaffini), che producono ormoni,
in particolare presenti a livello della cripta intestinale. Questo epitelio rivestirà
tralci della lamina propria, all’interno del quale sono presenti i vasi chiliferi, a
formare i vasi linfatici che raccolgono i nutrienti a livello intestinale, in
particolare le molecole più grandi e la componente lipidica che forma delle
strutture micellari all’interno del vaso linfatico, a differenza della componente
glucidica e proteica che viene assorbita a livello della fitta rete vascolare
presente a livello del connettivo che sorregge la lamina propria del villo. A
livello dell'asse del villo intestinale saranno presenti tralci di muscolatura liscia
che origina dalla muscolaris mucosae, che si estroflette a formare dei fasci,
che entrano nell'asse del villo, e che consentono il classico movimento del
villo intestinale, contraendosi lo accorciano e quindi gli permettono
allungamento e ritrazione del villo che facilita l'assorbimento dei nutrienti a
livello del dotto chilifero ed a livello del letto capillare. L’epitelio della mucosa
intestinale è continuamente rinnovato. Al processo di rinnovamento
(turnover) provvedono degli enterociti corrispondenti al colletto delle cripte di
Lieberkühn, detto cellule staminali intestinali. Questi elementi si riproducono
attivamente ed avviano le cellule neoformate verso l’alto. Le vecchie cellule
che coprono i lati e la regione apicale dei villi si staccano e cadono nel lume
intestinale man mano che i nuovi elementi giungono dalle cripte. Si calcola
che ogni due o tre giorni l’epitelio di rivestimento dei villi venga
completamente rinnovato.

(Lezione 17)
CELLULE SPECIALIZZATE DELL'EPITELIO INTESTINALE
Le cellule entero-endocrine riversano il proprio secreto ormonale non verso il
lume dell'intestino ma verso i capillari sanguigni.
Turnover: mucosa intestinale in continuo rinnovamento, ogni 2-3 giorni gli
enterociti del villo producono diverse quantità di RNA messaggero che serve a
produrre una serie di glicoproteine che portano al rinnovo della componente
cellulare e quindi la sostituzione di tutte le cellule dell'epitelio della mucosa
intestinale. Le cellule che compongono l’epitelio intestinale saranno presenti
in diverso modo tra i tre tratti intestinali: l’enterocita ha la funzione di
assorbimento, quindi sarà molto più frequente nelle prime porzioni
dell'intestino, quindi molto abbondanti a livello del digiuno, per poi diminuire
a livello dell’ileo, mentre aumenterà il numero di cellule caliciformi mucipare,
in quanto cambia la consistenza del contenuto luminale, la massa alimentare
diventerà sempre più compatta mano a mano che si va verso l'ileo, per cui
servirà molto più muco a favorire il movimento e quindi a favorire la peristalsi
intestinale. L’intestino è il sito principale di assorbimento di aminoacidi,
vitamine, minerali e lipidi, glucosio e altri zuccheri in monosaccaridi.
Generalmente, la maggior parte dell’assorbimento degli zuccheri avviene nella
parte prossimale (superiore) dell'intestino tenue ma per gli altri elementi
l’assorbimento avviene in tutti i segmenti dell’intestino, duodeno, digiuno e
ileo. L’assorbimento avviene per diversi meccanismi, come diffusione
semplice facilitata, o per trasporto attivo.

INTESTINO CRASSO
Ha l’importante funzione di favorire l’ultima fase di assorbimento degli
alimenti, permette l’ultimo riassorbimento soprattutto della componente
acquosa e quindi la formazione delle feci, cioè materiale di scarto che non
verrà assorbito a livello intestinale, e quindi dovrà essere smaltito all'esterno.
Da un punto di vista anatomico le strutture che vanno a formare l’intestino
crasso sono: la prima porzione del cieco, poi un colon ascendente, uno
trasverso, uno discendente, un colon sigmoideo, e l'ultima porzione del retto
che si apre all'esterno con l’ano. A differenza dello stomaco e dell’intestino
tenue, che erano in continuità l’uno con l'altro mediante degli sfinteri, l’ultima
porzione del tenue, l'ileo, si inserisce nel crasso a livello della prima porzione,
ovvero il cieco, che nasce a fondo cieco, nella fossa iliaca destra, sul quale è
presente una estroflessione che costituisce l’appendice vermiforme, mentre il
punto di passaggio tra ileo e cieco è detta valvola ileo-ciecale, altro esempio
di sfintere dato da un ispessimento di muscolatura circolare liscia che
permette il passaggio del contenuto luminale dall’ileo al cieco. Il cieco
prosegue a livello della regione lombare destra nel colon ascendente, che
piega verso sinistra, quasi di 90°, a costituire la flessura colica destra, per poi
passare al davanti della porzione superiore della cavità addominale, portarsi
quasi all’interno dell’ipocondrio di sinistra, piegare nuovamente di 90° nella
flessura colica di sinistra, detta anche flessura splenica, scende verso il basso
a costituire il colon discendente, percorre la regione lombare sinistra, entra
nella regione iliaca di sinistra, per poi portarsi posteriormente a formare
quella che è la porzione del colon sigmoideo, si porta posteriormente nella
porzione della piccola pelvi, entra e si accolla alle ultime porzioni della
colonna vertebrale, in regione sacrale, per poi aprirsi all’esterno verso l’ano.
La regione del cieco viene a trovarsi nella regione inguinale o fossa iliaca
destra, prende rapporto con le anse intestinali nella sua posizione mediale,
prende rapporto con la parete addominale ed il muscolo obliquo interno che
copre proprio la porzione del cieco. La parte del colon ascendente prende
rapporto sempre a livello lombare con le anse dell’intestino tenue per poi
portarsi nell’ipocondrio di destra, la flessura colica di destra risulta in rapporto
con il fegato, su cui lascerà quella che è l'impronta colica, (nella faccia
inferiore del fegato potremo riconoscere una serie di impronte)
posteriormente con il rene di destra, per poi formare il colon trasverso, che
passa al di sotto del fegato, con cui prenderà anteriormente contatto,
prenderà rapporto con lo stomaco, per poi risalire verso l’ipocondrio sinistro,
a livello del quale prenderà rapporto posteriormente con la milza, con il rene
di sinistra e posteriormente con il pancreas ed il duodeno. La flessura colica
di sinistra risulta più in alto di quella di destra. Per quanto riguarda i rapporti
del peritoneo con l'intestino crasso, nella porzione del cieco il peritoneo
avvolge completamente l’intestino, le parti del colon ascendente e
discendente risultano ricoperte da peritoneo solo nelle due facce laterali e
quella anteriore, quella posteriore non risulta rivestita da peritoneo, per cui a
livello di queste due porzioni l’intestino crasso risulterà direttamente
addossato alla parete addominale posteriore. A livello del colon trasverso
invece i rapporti con il peritoneo si complicano, si forma il grande omento,
che parte dalla grande curvatura dello stomaco, si porta anteriormente a
coprire le anse intestinali, ritorna verso l’alto e si fissa al colon trasverso. Il
foglietto riveste completamente il colon, per poi dare la formazione,
posteriormente, del mesocolon trasverso, il quale fissa la porzione del colon
trasverso alla parete addominale posteriore, ed identifica una porzione della
cavità addominale superiore sovramesocolica ed una inferiore
sottomesocolica. In quella discendente il peritoneo torna ad avvolgere solo la
parete anteriore e le due facce laterali, si addossa invece alla parete
addominale posteriore, quello sigmoideo ed il retto risultano rivestiti in parte
da peritoneo, mentre l’ultima porzione della cavità del retto, detta ampolla
rettale, non risulta rivestita da peritoneo ma fissata da avventizia alla
muscolatura del perineo che forma la regione che chiude inferiormente la
cavità pelvica. L’intestino crasso è molto più grande diametralmente
dell'intestino tenue, dai 14 ai 25mm di diametro, presenta una serie di
gibbosità esternamente, non come l’intestino tenue che esternamente è
liscio, dovute ad una diversa localizzazione di fasci di muscolatura nelle varie
porzioni, alle quali internamente corrispondono delle strutture concave, una
serie di tasche che prendono il nome di haustre. Tutto l’intestino crasso
risulta percorso dalle tenie, ovvero linee in cui la muscolatura liscia
longitudinale risulta maggiormente concentrata, una maggiore presenza di
fibrocellule muscolari lisce ad andamento longitudinale, e ne sono presenti 3,
una sulla superficie anteriore, una sulla superficie mediale ed una sulla
superficie posteriore, a partire dalla porzione del cieco, del colon ascendente,
a livello del colon trasverso, del colon discendente, ne diventano due nel
colon sigmoideo, completamente assenti nella porzione del retto, in cui
saranno presenti delle estroflessioni luminali, formate da una diversa
disposizione dei fasci muscolari. La presenza di tenie, e di una maggiore
deposizione di fibrocellule muscolari lisce ad andamento circolare, formano
queste gibbosità.
Costituzione dell'intestino crasso: si ha un diverso comportamento del
peritoneo nelle diverse porzioni, quindi la tonaca sierosa sarà diversa in base
alle diverse porzioni dell’intestino crasso che si vanno a considerare. La
tonaca muscolare è particolare, perché presenta una serie di maggiori
deposizioni di fibrocellule longitudinali a formare le tenie nello strato
longitudinale, una serie di maggiore deposizione di fibrocellule circolari lisce
laddove si vanno a formare le pieghe semi-lunari. Internamente la mucosa
del colon è particolare perché non presenta villi intestinali, quindi è
caratterizzato da una superficie liscia, dove però a livello della lamina propria
sono presenti una serie di introflessioni dell’epitelio, che costituiscono
ghiandole intestinali, fondamentalmente si avranno gli stessi elementi che
caratterizzano l’intestino tenue, quindi enterociti, caliciformi mucipare molto
abbondanti, a livello della porzione basale ci saranno sempre elementi
staminali, cellule entero-endocrine, cellule del Paneth, organizzate in maniera
diversa, non si avrà più il villo intestinale che risale verso l’alto, si avrà
bisogno solo di riassorbire parte di acqua, parte di sali minerali e parte di
vitamine, ma non avrò bisogno di aumentare notevolmente la superficie
assorbente. La tonaca mucosa è caratterizzata, a livello della lamina propria,
di tutta una serie di ghiandole. Nella parte basale si avranno principalmente
gli elementi di sostituzione, cellule rotondeggianti, nucleo molto evidente,
mentre nella parte apicale si avranno alcuni enterociti e numerosissime
caliciformi mucipare. Nell’enterocita è sempre presente l'orletto a spazzola
dato dalla presenza dei microvilli.
Il retto è l’ultima porzione dell’intestino crasso, fa seguito alla porzione del
colon sigmoideo e si apre all’esterno con l'ano. Ha un decorso di circa 15 cm,
è posizionato nella piccola pelvi e parte a livello della muscolatura che va a
formare e chiudere il perineo posteriore, regione a forma di losanga che
divide in due parti il pube, il pube del sacro lateralmente alle due
protuberanze ischiatiche, si può anche identificare un perineo anteriore, dove
sono presenti gli organi genitali ed un perineo posteriore in cui è appunto
presente il retto e l'apertura anale. La parte pelvica è dilatata e prende il
nome di ampolla rettale, mentre la parte perineale è più ristretta e prende il
nome di canale anale. È posizionato a livello della terza vertebra sacrale,
discende anteriormente al sacro con una curvatura sagittale a concavità
anteriore. Il retto quindi non è una struttura completamente rettilinea, perché
va seguire la concavità del sacro e poi si dirige posteriormente ed
inferiormente. Presenta una prima curva sagittale concava anteriormente
detta sacrale, la seconda è invece convessa anteriormente e prende il nome
di curva perineale. Le valvole rettali sono introflessioni della parete, ad
andamento circolare, se ne riconoscono una superiore, una media ed una
inferiore, mentre scompariranno nell'ultima porzione, per essere sostituite da
introflessioni ad andamento longitudinale, dette colonne anali (o del
Morgagni), che terminano nell'ultima porzione del canale anale in cui il retto
si apre all’esterno, decorre lungo la muscolatura del perineo. È
completamente avvolto dal muscolo elevatore dell'ano, ovvero una
muscolatura estrinseca che va a chiudere ad anello l’orifizio anale a cui
corrisponderà internamente una muscolatura interna liscia, ispessita
nell'ultima porzione. La porzione del canale anale presenta nella tonaca
sottomucosa un plesso venoso interno, il plesso emorroidario, in cui i vasi
risultano molto più grandi. Tra donna e uomo, essendo l’ultima porzione del
retto presente nella cavità pelvica dove ritroviamo anche organi dell'apparato
genitale, esso prenderà rapporti diversi. Nella donna la porzione del retto
sarà in rapporto con l’utero, quindi il peritoneo forma il recesso retto-uterino,
mentre anteriormente, quindi la porzione del canale anale, prenderà
rapporto con una piccola parte della vescica e completamente con la vagina.
Nell'uomo il retto è rivestito direttamente dal peritoneo a formare il recesso
retto-vescicale, in quanto il retto prende rapporto con la parete posteriore
della vescica, quindi prenderà rapporto con le vescichetta seminali, con i dotti
deferenti e nell’ultima porzione del canale anale con la prostata.
Costituzione del retto: tonaca fibrosa, tonaca muscolare, tonaca
sottomucosa, tonaca mucosa. La tonaca sierosa sarà presente solo nelle
prime porzioni, mancherà quindi nelle regioni del retto che attraversano i
fasci muscolari del perineo, in quanto si avrà l’avventizia che fissa l’organo
alla componente muscolare. Cambierà la componente muscolare, in quanto
nella prima parte si avrà sia una muscolatura circolare che longitudinale,
quella circolare più ispessita a livello delle valvole rettali mentre quella
longitudinale è più ispessite a livello delle colonne rettali. L’ultima porzione
della muscolatura intestinale va a costituire lo sfintere anale interno, in cui
saranno presenti fasci di muscolatura liscia, i quali saranno direttamente in
rapporto con la muscolatura dello sfintere anale esterno che è invece
costituito da muscolatura di tipo striata. La tonaca sottomucosa è sempre
costituita da connettivo, in cui si ritrova nell'ultima porzione del canale anale
il plesso emorroidale. La mucosa intestinale è la classica mucosa del colon, si
hanno sempre le ghiandole, sempre scarsi enterociti, abbondanti caliciformi
mucipare.. nel tratto dello sfintere anale interno, l’epitelio cambierà, non sarà
più cilindrico con intervallate caliciformi mucipare, ma diventerà nell'ultima
porzione un epitelio costituito da elementi cubici, incomincia ad essere
pluristratificato, pavimentoso pluristratificato non cheratinizzato, che entra in
continuazione dell'epidermide esterna in prossimità dell'ano.

ORMONI GASTROINTESTINALI
Sia nella componente gastrica che intestinale, sono presenti cellule endocrine
(argentaffini o enterocromaffini) che producono un'ammina biogena, la 5-
idrossiptamina o serotonina, elemento ormonale che diventa
neurotrasmettitore, ma queste non secernono solo serotonina, ma producono
tutta una complessa classe di ormoni gastrointestinali, che sono stati
classificati all’interno del sistema gastro-entero-pancreatico (GEP). Hanno
portato alla scoperta di una grande varietà di cellule ed ormoni, se ne
riconoscono almeno di 14 tipi, alcuni possono passare per il sangue, altre
possono avere un'azione di tipo paracrino. Sono presenti intercalate tra le
cellule della mucosa, sono più abbondanti nell'intestino a livello della porzione
delle cripte del Lieberkühn, o a livello delle porzioni basali delle ghiandole
della mucosa colica, ma sempre a livello della mucosa. Il polipeptide
pancreatico (polipeptide a 37 aa) è prodotto dalle cellule PP localizzate nelle
isole pancreatiche e nella mucosa duodenale; Il polipeptide inibitore gastrico
(polipeptide a 43 aa) è prodotto dalle cellule K che si trovano principalmente
nella mucosa del digiuno, poche in quella del duodeno. Gli effetti del GIP
sono quelli di inibire la motilità e l’attività secretiva gastrica, stimolare la
secrezione intestinale e la secrezione di insulina e glucagone da parte delle
cellule endocrine del pancreas; La motilina (polipeptide a 32 aa) è prodotto
da una sottopopolazione di cellule enterocromaffini (EC) dette EC2. Queste
cellule ricche di granuli sono concentrate nella mucosa duodenale e digiunale.
La motilina provoca un aumento della motilità e della attività secretoria a
livello gastrico; L’enteroglucagone (polipeptide a 100 aa) è prodotto dalle
cellule L che si trovano principalmente nell’ileo ma anche nel digiuno,
duodeno. Stimola la glicogenolisi epatica con conseguente aumento della
glicemia; La gastrina (polipeptide a 34 aa) è prodotta dalle cellule G che si
ritrovano nelle ghiandole piloriche, nel duodeno e rare nel digiuno. Queste
cellule contengono molti granuli nel loro citoplasma e microvilli apicali. La
gastrina stimola la secrezione di acido cloridrico da parte delle cellule di
rivestimento delle ghiandole gastriche; La secretina ( polipeptide a 27 aa) è
prodotta dalle cellule S localizzate maggiormente nella mucosa duodenale. E’
un potente stimolatore della secrezione esocrina del pancreas; La
colecistochinina o pancreozimina (polipeptide a 33 aa) è prodotta dalle cellule
G localizzate nella mucosa del duodeno e del tratto superiore del digiuno (sia
nell’epitelio di rivestimento dei villi che nelle ghiandole intestinali). Stimola la
secrezione esocrina del pancreas, la motilità gastrica, intestinale e delle vie
biliari (favorisce il rilascio della bile e del succo pancreatico, il rilassamento
dello sfintere di Oddi a livello dell’ampolla duodenale maggiore), il rilascio
sarà influenzato dal contenuto luminale; Molti degli ormoni prodotti dalle
cellule enterocromaffini sono anche dei neurotrasmettitori, ad esempio la
sostanza P, che regola la peristalsi intestinale, la somatostatina, blocca la
produzione di glucagone ed insulina da parte del pancreas endocrino, il VIP si
trova nel SNC e periferico, agisce anche come potente vasodilatatore.

SISTEMA NERVOSO ENTERICO (SNE)


È identificato come “cervello intestinale”, è formato da due compartimenti, il
plesso sottomucoso del Meissner, il quale si viene a trovare tra lo strato di
muscolatura circolare e la sottomucosa, permettendone la contrazione, ed il
plesso mioenterico, che si viene a trovare tra lo strato di muscolatura
circolare e quella longitudinale. Ci sono tutta una serie di neuroni che
formano una fitta rete di gangli (gruppi di neuroni) all’interno della parete
intestinale, uniti tra loro da diversi prolungamenti assonali. All'interno di
questi gangli si ritrovano dei neuroni di tipo eccitatorio, che permetteranno
una contrazione della muscolatura, ovvero la peristalsi intestinale, e neuroni
di tipo inibitorio, che favoriranno il rilassamento della muscolatura intestinale.
I primi saranno dei neuroni di tipo colinergico, che presentano come
neurotrasmettitore l'acetilcolina, mentre i secondi di tipo nitrinergico, in cui il
neurotrasmettitore è l'ossido nitrico (NO). I motoneuroni innervano i tratti
muscolari longitudinale e circolare e lo strato sottomucosale; sono classificati
in motoneuroni eccitatori, che mediano la contrazione tramite rilascio di ACh,
sostanza P (SP) e neurochinina A (NKA), e motoneuroni inibitori che,
attraverso rilascio di NO, VIP e ATP, inducono il rilassamento muscolare. Nel
plesso intestinale sono presenti anche cellule di sostegno. Ci sono anche
cellule interstiziali del Cajal, particolarmente sensibili all'afflusso di calcio, si
pensava che fossero delle cellule pace-maker che avviano la contrazione
muscolare del plesso mienterico o sottomucoso, che poi permette a sua volta
la contrazione muscolare. Sono elementi estremamente piccoli presenti sia
all'interno dei gangli a livello dello strato sottomucoso, ma anche intervallati a
tutta la rete assonale presente sia a livello mienterico che sottomucoso. Molti
degli ormoni del sistema gastroenterico saranno anche dei neurotrasmettitori
che agiranno a livello del sistema nervoso enterico, regolerà anche la
contrazione microvasi intestinali, ma anche a livello del sistema immunitario
andando a regolare quell'intimo rapporto tra microbiota e la mucosa
intestinale. Molte patologie del sistema digerente sono strettamente correlate
ad alterazioni del sistema enterico intestinale.

(Lezione 18)
FEGATO
L’unità anatomo-funzionale del fegato è rappresentata dal singolo epatocita,
in quanto possiede al contempo la funzione di assorbimento di
macromolecole, e secrezione di macromolecole, come bile e proteine
ematiche. È la ghiandola più grande del nostro organismo, fondamentale
nella secrezione della bile, fortemente associata alla funzione di digestione
della componente lipidica degli alimenti, rappresenta il deposito di molti
nutrienti, come il glicogeno all’interno degli epatociti, e coinvolto in molte
funzione come la sintesi delle proteine ematiche. È una ghiandola che
presenta sia una componente esocrina che endocrina. La funzione esocrina
riguarda la produzione di bile, la quale viene rilasciata all'interno del canale
alimentare, quindi non viene rilasciata direttamente nel sangue. Ci sarà una
netta separazione tra circolazione ematica e quella percorsa dalla bile. Invece
quella endocrina si occupa del rilascio e la produzione sia di glucosio che di
proteine ematiche. Sarà direttamente collegato sia alla circolazione sistemica,
mediante il sistema portale, sia al canale digerente. Il fegato è collegato agli
organi del sistema digerente mediante la vena porta. È presente in cavità
addominale, nella regione sopra-mesocolica, ad occupare l'ipocondrio destro,
parte dell’epigastrio e parte dell'ipocondrio sinistro. Si estende dal quinto
spazio intercostale fino al margine costale destro. Arriva a pesare circa un
chilo e mezzo, nel vivente oltre i due chili. Risulta coperto anteriormente dal
diaframma, nella porzione dell’epigastrio e dell’ipocondrio sinistro va a coprire
lo stomaco. Quindi un primo rapporto è con lo stomaco. Il fegato nella sua
forma è paragonabile a quella di un grosso ovoide che ha subito
l’asportazione della sua porzione inferiore sinistra secondo un piano obliquo
verso il basso da sinistra a destra. Il fegato presenta due facce, una
anteroposteriore o diaframmatica e una posteroinferiore o viscerale. La faccia
postero-inferiore è quella che prende contatto con altri visceri. La faccia
diaframmatica è liscia e convessa, presenta un lungo solco sagittale che
divide il fegato in due parti, un lobo destro ed un piccolo lobo sinistro, e a
livello di questo solco decorre il legamento falciforme del fegato, che ne da
mezzo di fissità. Il fegato è un organo intraperitoneale, quindi risulterà
coperto nella sua superficie diaframmatica da peritoneo, il quale a livello del
solco sagittale si solleva, quindi lembo destro e sinistro si sollevano, danno
formazione al legamento falciforme che fissa il fegato al diaframma. Un altro
mezzo di fissità dovuto ai ripiegamenti dei foglietti peritoneali che rivestono il
fegato è il legamento coronarico (o coronario) del fegato, che decorre lungo il
margine superiore del fegato, quindi i due foglietti, viscerale anteriore e
viscerale posteriore, si sollevano, si accollano, e vanno a fissare il fegato al
diaframma. Nella sua faccia posteriore risulta sempre ricoperto da peritoneo,
tranne a livello di un’area delimitata dai due legamenti triangolari, di destra e
di sinistra, detta area libera, o nuda, non rivestita da peritoneo, quindi il
fegato, in questa zona, direttamente in contatto con la porzione muscolare
posteriore del diaframma e con le strutture anteriori alla colonna vertebrale,
tra la nona e la decima e l'undicesima vertebra toracica. In questa regione il
fegato prenderà rapporto con la vena cava inferiore, l’aorta discendente e
con l’esofago. Altro rapporto e mezzo di fissità del fegato molto importante è
con lo stomaco. Andando a sollevare parte del lobo destro e parte del lobo
sinistro del fegato, a sinistra, entrerà direttamente in contatto con lo
stomaco, e più nel particolare ha un’importante mezzo di fissità con il piccolo
omento, cioè quel meso formato dall’accollamento dei due foglietti viscerali
che partono a livello della piccola curvatura dello stomaco e si fissano all'ilo
del fegato, e permetteranno di evidenziare l’ispessimento epato-gastrico,
mentre nella parte più a destra presenterà un inspessimento dato dal
legamento epato-duodenale, che va a fissare la prima porzione del duodeno,
l'ampolla duodenale, con l'ilo del fegato. L’altra regione è la faccia viscerale
del fegato, si apprezza la presenza di un solco sagittale destro e sinistro,
entrambi attraversati da un solco trasversale nel quale è presente l’ilo del
fegato dal quale entrano la vena porta e l’arteria epatica e fuoriesce il dotto
epatico che si congiunge con il dotto cistico per legarsi al coledoco. Nel solco
sagittale di destra decorre superiormente parte della vena cava inferiore, che
lascerà un’impronta a livello del parenchima epatico, mentre nella porzione
inferiore del fegato è allocata la cistifellea, nella regione detta fossa cistica.
Nella sua faccia viscerale, il fegato prende importanti rapporti con gli organi
della cavità addominale. Il fegato presenta una scarsa componente stromale,
quindi è un organo estremamente morbido, perciò nella sua struttura
rimangono delle impronte per la vicinanza con diverse strutture, sul lobo
destra infatti si ha l’impronta del rene destro e della ghiandola surrenale,
l’impronta colica, cioè il rapporto con la flessura colica di destra, l’impronta
duodenale. A livello del lobo sinistro invece si riconosceranno un’impronta
gastrica ed un'impronta esofagea. La presenza dei due solchi, destro e
sinistro, separati da uno trasverso (ad H, sulla faccia viscerale) individua altri
due lobi, un lobo caudato ed un lobo inferiore detto quadrato, sul quale è
presente l’impronta pilorica, per il rapporto della porzione del piloro sul
fegato. Il lobo destro è il più voluminoso del fegato. Al fegato arrivano circa
l'80% del sangue dalla vena porta e circa il 20% dall'arteria epatica. Quindi il
fegato risulta irrorato dal ramo dell'arteria epatica del tronco celiaco, che
entra nell'ilo del fegato e si dirama in diverse arterie (arterie interlobari,
arterie interlobulari..), e dalla vena porta, che collega direttamente il fegato
con l'apparato digerente.
Costituzione del parenchima epatico: la maggior parte degli elementi cellulari
che compongono il fegato sono soprattutto epatociti, i quali costituiscono
quasi l'80% del parenchima epatico, ci saranno invece altre cellule, non
epatociti, tra cui cellule endoteliali, cellule del Kupfer e cellule le quali
riescono ad inglobare all'interno della componente lipidica.. Accanto a queste
il resto della componente epatica risulta costituita da degli spazi extracellulari
che saranno occupati dai sinusoidi epatici, separati dagli epatociti dal
cosiddetto spazio del Disse e dalla presenza dei canalicoli biliari. Quindi, quasi
un 80% del parenchima epatico sarà costituito da elementi cellulari, in
particolare epatociti, altre sono quelle non epatiche, tra cui quelle endoteliali,
le cellule del Kupfer e altre cellule che riescono ad inglobare la componente
lipidica. Inoltre il parenchima epatico è costituito da uno spazio extracellulare
occupato da sinusoidi epatici, cioè il letto capillare a livello degli epatociti, il
sinusoide rappresenta il capillare con fenestrazioni maggiori con lamina
basale discontinua, una struttura completamente aperta. Il parenchima
epatico risulta quindi organizzato in strutture che prendono il nome di lobuli
epatici, cioè strutture esagonali più o meno, delineati da tessuto connettivo.
Trame connettivali molto sottili li identificano, e queste trame originano dalla
capsula esterna connettivale che riveste completamente il fegato. Nel lobulo
epatico si identifica una porzione centrale, costituita dalla vena
centrolobulare, e attorno epatociti distribuiti a raggiera intorno alla vena
centrolobulare. Agli apici di questo “esagono” è presente la triade portale, in
cui ritroviamo tre elementi sorretti da connettivo: un ramo della vena porta,
un ramo dell'arteria epatica ed un canalicolo biliare, porzione del dotto biliare.
Quindi i quattro lobi epatici risulteranno organizzati in strutture minori, i lobuli
epatici, i quali rappresentano l’unità anatomo-funzionale del fegato. La
porzione centrale del parenchima è costituita da cordoni di epatociti accollati
l’uno all'altro, separati da spazi all’interno del quale decorrono i sinusoidi
epatici. La parete dei sinusoidi non è a diretto contatto con la parete degli
epatociti ma sono separati da uno spazio chiamato del Disse, spazio in cui
verranno rilasciate le molecole del torrente circolatorio o le molecole rilasciate
dall’epatocita, quindi in esso decorre il liquido extracellulare, ovvero le
molecole che veicolano dall'epatocita al sangue dal sangue all’epatocita, che
permangono nello spazio del Disse e poi vengono drenate dalla componente
linfatica presente a livello epatico , quindi rappresenta un elemento di
comunicazione, tra epatociti, sangue e liquido interstiziale. Intervallate tra gli
epatociti ci sono le cellule del Kupfer, cellule di difesa nel fegato. Altre sono
cellule intervallate lungo la parete accumulanti grasso (fat storing).
A livello della componente sinusoidale, il sangue decorre in direzione
centripeta, cioè verso l’interno dove è presente la vena centrolobulare, e sarà
un sangue arterio-venoso, quindi misto. È un sangue che decorre dalla vena
porta verso i sinusoidi, ma anche dall'arteria epatica verso i sinusoidi. Quindi
un sangue arterioso, ricco di ossigeno proveniente dalla circolazione
sistemica, ed un sangue venoso ricco in nutrienti ma povero in ossigeno
proveniente dalla circolazione portale, quindi dai rami della vena mesenterica
inferiore, superiore e splenica, che raccolgono tutto il sangue refluo
proveniente dagli organi dell'apparato digerente. La vena centrolobulare
drenerà il sangue dal fegato, attraverso un sistema di vene sempre più
grandi, intralobulari, che confluiranno nelle vene epatiche, destra e sinistra,
che a loro volta confluiranno nella vena epatica che sarà tributaria della vena
cava inferiore.
Il canalicolo biliare è delineato da un epitelio di tipo cubico sul quale si può
individuare una tonaca fibro-muscolare esterna che si connette direttamente
con la tonaca avventizia, e nei vasi più grandi questa tonaca fibro-muscolare
presenta sia fasci di muscolatura liscia, ma anche fibre connettivali di tipo
elastico, che permettono movimenti di contrazione del canalicolo biliare.
Altra funzione del fegato è la produzione e il rilascio di bile, a livello dei
capillari biliari, che confluiscono nel canalicolo biliare a livello della triade
portale. Il lobulo epatico rappresenta l’unità anatomo-funzionale perché da un
lato rappresenta la componente endocrina del fegato, dall'altra invece, la
produzione e la secrezione di bile da parte dei capillari biliari, giustifica la
funzione esocrina direttamente correlata all'apparato digerente per
l’assorbimento della componente lipidica. Il lobulo portale è la componente di
separazione della bile, regione del lobulo epatico presente tra tre vene
centrolobulari, e che presenta al centro di questa struttura triangolare lo
spazio porto-biliare. La bile, a differenza del decorso che ha nel lobulo
epatico, nel lobulo portale si muoverà in direzione centripeta, verso l’interno
del lobulo portale. Accanto a queste due strutture ne è presente una terza,
che rappresenta la vera struttura funzionale del fegato, ovvero l’acino
epatico, regione del parenchima epatico con una struttura romboidale, il cui
asse maggiore decorre tra due vene centrolobulari, e l’asse minore decorre
tra due spazi porto-biliari. Rappresenta la struttura funzionale, e non
anatomo-funzionale, perché non presenta dei limiti anatomici ben definiti che
lo identificano, ma che meglio caratterizza la funzione dell'epatocita da un
punto di vista di assorbimento di nutrienti. A partire dall’asse minore, tra due
spazi porto biliari, identifica 3 livelli di epatociti a diversa funzionalità, quelli
della zona 1 sono quelli maggiormente attivi, in cui arriva direttamente il
sangue proveniente dagli spazi porto-biliari, un sangue più ricco di nutrienti,
con maggior comparto di molecole coinvolte nel metabolismo epatico.
L’attività diminuirà passando agli epatociti della zona 2 e agli epatociti della
zona 3, vicino alla vena centrolobulare, in cui gli epatociti avranno un'attività
ridotta. Il fegato è anche un organo detossificante, a carico degli epatociti
della zona 1, che modificano con diversi processi le molecole tossiche.
L’accumulo di grasso avviene negli epatociti attorno alla vena centrolobulare,
quindi gli epatociti della zona 3.

VIE BILIARI
La bile viene prodotta a livello dell'epatocita, o meglio dal polo biliare
dell’epatocita, a livello della struttura identificata come capillare biliare.
L’epatocita, attraverso il polo biliare, si affianca agli altri epatociti, polo
vascolare, verso lo spazio del Disse. A livello del polo biliare si forma una
docciatura, un'introflessione della membrana plasmatica, che si accolla
sull'introflessione di un'altra membrana plasmatica dell'epatocita adiacente,
unite a formare un canale, cioè il capillare biliare, che nasce a fondo cieco e
senza una membrana che la va a delineare, perché delimitata da quella
dell’epatocita. Ai lati del capillare biliare sarà fondamentale la presenza di
giunzione serrate (tight junctions) che separano completamente la
circolazione sanguigna da quella biliare, bloccano la membrana a livello dei
poli biliari di due epatociti adiacenti. Un danno a livello di questa porzione
comporterebbe l'afflusso di bile in circolazione e si avrebbe l'ittero. Il capillare
biliare rappresenta il primo elemento delle vie biliari, che non presenta una
membrana propria in quanto delimitato dalle membrane degli epatociti
adiacenti, drenano la bile a livello di sistemi più grandi delimitati da cellule
epiteliali cubiche chiamati colangioli o duttuli di Hering, presenti a livello dei
lobuli epatici, che ancora portano la bile nei canalicoli biliari, che a loro volte
saranno tributari di dotti sotto lobulari, che daranno origine al dotto epatico
destro e sinistro. Queste rappresentano le vie biliari intraepatiche, mentre le
vie biliari extraepatiche sono rappresentate dal dotto epatico comune, che si
collegherà con il dotto cistico, a formare il coledoco, che passa a livello del
parenchima del pancreas e si congiunge al dotto pancreatico per formare il
dotto epato-pancreatico che si apre a livello dell'ampolla duodenale
maggiore. A volte gli epatociti possono essere binucleati, offrono un polo
vascolare ed un polo biliare, formano delle lamine tutte intorno alla vena
centrolobulare. Il polo vascolare presenta delle estroflessioni microvillari, che
sono rivolte verso lo spazio del Disse, cioè a ridosso della parete
dell’endotelio. A livello della componente del polo vascolare saranno
abbondanti i granuli di glicogeno, elementi del reticolo endoplasmatico
rugoso, liberati nel momento in cui servirà glucosio, abbondanti anche
lisosomi e apparato di Golgi. Nel polo biliare, rivolto verso il capillare biliare, è
invece abbondante il reticolo endoplasmatico liscio, in quanto porta alla
sintesi di elementi lipidici.
(Lezione 19)
Il fegato interviene in tutti i principali processi metabolici dell’organismo:
- Metabolismo glucidico → glicogenogenesi e glicogenolisi (mantenimento
della glicemia nel periodo interprandiale)
-Metabolismo dei grassi → del colesterolo e dei derivati; formazione dei
trigliceridi
- Anabolismo delle proteine → sintesi delle proteine plasmatiche (es.
Albumine e fibrinogeno), della protrombina e altri fattori della coagulazione
-Metabolismo della bilirubina, dei farmaci e delle sostanze tossiche che
raggiungono il circolo sanguigno
-Funzione endocrina: sintesi dell’eritropoietina (ormone regolatore
dell’eritropoiesi)

CISTIFELLEA
Sacco membranoso dalla capacità di circa 40 cm3 in cui viene immagazzinata
la bile, e nella quale può essere concentrata, non sempre la bile passa
attraverso la cistifellea, durante i periodi post-prandiali, la bile secreta dal
fegato viene direttamente immessa all'interno del duodeno, oppure può
passare per la cistifellea dove viene concentrata. È presente a livello del solco
sagittale sinistro del fegato. Mediante il dotto cistico, le vie biliari si
connettono con il coledoco, quindi con il dotto epatico comune nella
formazione dell'ultimo tratto del coledoco. Si riconosce un fondo, un corpo ed
un collo, sulla superficie interna si vedono tutta una serie di estroflessioni
della parete anastomizzate a rete ad individuare delle fossette. A livello
ultrastrutturale risulta abbastanza semplice, è formato da una mucosa di
epitelio cilindrico semplice in grado di riassorbire molta dell'acqua presente a
livello della bile per concentrarla, fino a renderla dalle due alle cinque volte
più densa. Non presenta una tonaca sottomucosa ma presenta direttamente
una formazione fibromuscolare, che forma la parete dell'organo per poi
venire rivestita completamente da sierosa.

PANCREAS
Altra ghiandola fondamentale strettamente associata all'apparato digerente è
rappresentata dal pancreas, classificata come ghiandola extramuraria
insieme al fegato. È un organo posto in posizione retro-peritoneale, risulta
costituito da una componente esocrina ed una endocrina. Quella esocrina è
quella strettamente associata all'apparato digerente, in quanto responsabile
della secrezione del succo pancreatico, il quale viene riversato nel duodeno,
invece quella endocrina risulta costituita dall’individuazione degli isolotti del
Langherans, che porteranno alla formazione fondamentalmente di insulina e
glucagone. Anatomicamente risulta allungato, retro-peritoneale, ed è diviso in
tre porzioni, testa, corpo e coda del pancreas. La testa si viene a trovare
nell'ansa duodenale, nella struttura a C, per poi portarsi a sinistra, in alto, a
livello della coda, a prendere contatto con la milza. È rivestito superiormente
dalla parte posteriore della membrana del peritoneo. Prende rapporto con
vari organi: la testa con la porzione più mediale dell'ansa duodenale, con la
porzione superiore del duodeno, con quella discendente e quella trasversale,
per interposizione del peritoneo sarà coperto dalla parete posteriore dello
stomaco, prenderà rapporto anteriormente con parte delle anse intestinali e
parte del colon trasverso, posteriormente con la vena cava e con l'aorta
addominale (aorta discendente), con la porzione del corpo e della coda con il
rene ed il surrene di sinistra, poi mediante la coda, in parte rivestita da
peritoneo, con la milza. Il succo pancreatico viene drenato attraverso due
dotti, un dotto pancreatico maggiore, o dotto di Wirsung, il quale decorre
lungo tutta la porzione centrale del pancreas, a partire dalla coda, lungo il
corpo e la testa, per raccogliere il secreto di tutti i dotti intralobulari. Infatti
possiamo dividere il parenchima pancreatico in diversi lobuli, quindi una serie
di dotti minori che drenano verso il dotto pancreatico maggiore, che si apre a
livello dell'ampolla duodenale maggiore nel coledoco. Superiormente invece la
testa del pancreas può essere drenata mediante un dotto pancreatico
accessorio, o dotto di Santorini, che si apre nel duodeno nell’ampolla (o
papilla) duodenale minore, il dotto pancreatico drena il succo pancreatico
dalla porzione superiore della testa.
Il parenchima pancreatico è costituito da una componente esocrina e da una
endocrina (o isolotto di Langherans). La parte endocrina è totalmente diversa
dal resto del parenchima, delineata da una sottilissima componente
connettivale. Essa rilascerà insulina e glucagone a controllare l'omeostasi di
glucosio. La parte esocrina è invece costituita da una ghiandola tubulo-
acinosa composta a secrezione sierosa pura, costituita da diverse strutture
acinose (presenta una struttura simile alla ghiandola salivare maggiore della
parotide). Gli acini avranno la struttura tipica degli acini sierosi, quindi una
serie di cellule che vanno a delineare una struttura luminare all’interno
dell'acino, sono strutture grandi con il nucleo nella porzione basale o centrale
della cellula, mentre sulla porzione apicale possono essere individuati una
serie di granuli di secreto, che contengono enzimi che partecipano
attivamente ai processi digestivi (proteasi, lipasi, desossiribonucleasi, ecc..).
Granuli perché verranno secreti sotto forma di precursori inattivi, inseriti
all’interno di vescicole di secreto. Mancano quasi completamente i dotti striati
intercalati a differenza delle ghiandole salivari. Sono presenti dei dotti più
piccoli detti interlobulari, rivestiti da un epitelio cubico, con delle strutture
connettivali, a settare il parenchima pancreatico. In questo caso il dotto
partecipa alla secrezione di una componente fondamentale che è lo ione
bicarbonato, di cui è ricco il succo pancreatico, a tamponare il pH molto acido
(1-2), l’acidità del chimo proveniente dallo stomaco. All’interno del dotto
pancreatico è presente nella porzione finale una componente di muscolatura
liscia, a favorire il movimento del succo pancreatico all’interno del dotto
pancreatico stesso. Intorno agli acini pancreatici c’è una struttura
completamente diversa rispetto alla componente esocrina, a costituire una
ghiandola anficrina, cioè che presenta allo stesso tempo una componente
esocrina ed una endocrina. Il succo pancreatico viene secreto sotto controllo
ormonale.

SISTEMA ENDOCRINO
Una funzione fondamentale del nostro organismo è quella di comunicazione,
regolazione e coordinazione dei vari organi. I sistemi deputati a svolgere
queste funzioni, quindi a regolare l’omeostasi del nostro organismo, sono
due: il sistema nervoso, ed il sistema endocrino, i quali ricevono determinati
stimoli dall'ambiente esterno o interno, e sono in grado di dare risposte
adeguate. Il primo, mediante le cellule che lo costituiscono, quindi i neuroni,
formano una rete di cellule comunicanti le une alle altre, e ricevono
informazioni dall’ambiente mediante specifici sistemi recettoriali (olfatto,
gusto, termodolorifica..) riceve informazioni dall’ambiente esterno, o interno,
per dare delle risposte specifiche. Il sistema nervoso risulta strettamente
correlato, il neurone, mediante il rilascio di neurotrasmettitori, agisce
direttamente su una cellula post-sinaptica, un organo effettore (muscolo). Il
sistema endocrino è sempre un sistema di comunicazione tra vari organi,
però si avvale del sistema circolatorio, il sangue veicola i vari elementi del
sistema endocrino, un sistema di comunicazione di tipo cellulare (sistema
autocrino, paracrino, endocrino). Autocrino, la cellula stessa produce una
serie di segnali chimici, ormoni, che hanno come target recettori sulla cellula
stessa, quindi autoregola la sua funzione, paracrina in cui il target è su cellule
vicine a quella che ha prodotto gli ormoni, endocrino è il sistema che invece
prevede che gli ormoni vengano riversati nel sangue per essere veicolati
anche molto lontano dalla cellula che ha prodotto gli ormoni. Il segnale di
comunicazione in questo caso è un ormone a cui sarà associato uno specifico
recettore. La comunicazione rispetto al SN è più lenta, nel precedente c’era
un contatto diretto tra neuroni, che produce il neurotrasmettitore che verrà
rilasciato a livello di una sinapsi, e cellula bersaglio, mentre in questo caso è
veicolata attraverso il torrente circolatorio. Le risposte rapide saranno
mediate dal sistema nervoso, risposte più lente dal sistema endocrino. Il
sistema endocrino è costituito da ghiandole endocrine, a secrezione interna,
che riversano il secreto nel sangue, mentre nella secrezione esocrina, le
cellule riversano il prodotto direttamente all’esterno o in strutture interne al
nostro organismo in comunicazione con l’ambiente esterno, ovvero dei dotti
(pancreas esocrino-duodeno, in continuità con l’ambiente esterno). Possono
essere o cellule endocrine associate a formare organi, oppure singole cellule
che possono produrre ormoni presenti nella parete della mucosa
gastrointestinale, che secernono ormoni lasciati in circolo e che regolano
l’attività di altri organi (colecistochinina, secretina). Importanti ghiandole che
vanno a costituire il sistema endocrino sono l'epifisi, l’ipofisi, strettamente
associata al SNC, a livello dell'ipotalamo, tiroide, alla quale saranno associate
ghiandole paratiroidee, le ghiandole surrenali (completamente separate dal
parenchima renale), la componente endocrina del pancreas, strutture
ghiandolari a livello delle gonadi, testicoli e ovaie. È un sistema diffuso, non
solo individuabile in delle strutture extra murarie, ma in cui rientrano anche
strutture ghiandolari presenti nel parenchima degli organi.
Il sistema ghiandolare quindi produce dei segnali chimici, ormoni, che
verranno intercettati da recettori specifici. Gli ormoni possono essere distinti
in base alla loro componente strutturale: in ormoni di tipo steroideo, di
natura lipidica (cortisolo, aldosterone, estrogeni, testosterone, progesterone)
e non steroideo, ovvero di natura proteica (ormoni proteici, come l’ormone
della crescita, la prolattina, l'ormone paratiroideo, la calcitonina, l'ormone
adrenocorticotropo, l'insulina, il glucagone.. glicoproteici, come l'ormone
luteinizzante, follicolo stimolante, prodotti a livello dell'ipofisi…oppure
possono svolgere azione ormonale anche piccoli peptidi oppure dei derivati
amminoacidici, tra cui la tiroxina e la triiodiotironina, prodotte e rilasciate a
livello della tiroide). Gli ormoni steroidei derivano direttamente dal
colesterolo, sono liposolubili e quindi possono passare attraverso le
membrane cellulari. Di conseguenza per questi ormoni cambierà l’assetto
recettoriale, in quanto essi entreranno nella cellula attraverso la membrana
plasmatica, e troveranno i loro recettori specifici all'interno della cellula. I
recettori specifici saranno presenti all’interno della matrice nucleare, andando
a modificare il suo metabolismo, quindi l’attività di sintesi di alcune proteine.
Gli ormoni non steroidei sono solubili in ambiente acquoso, non liposolubili,
presentano recettori transmembrana specifici sulla membrana plasmatica
della cellula target, andando ad innescare meccanismi di tipo enzimatico
come la proteina G che portano alla formazione di un secondo messaggero,
l’AMP ciclico, intracellulare, il quale andrà ad attivare delle specifiche
proteine, protein chinasi, che attiveranno a loro volta specifici enzimi che
andranno ad agire su specifiche molecole. I segnali di attivazione delle
protein chinasi sono segnali a cascata. Altro primo messaggero può essere
l'aumento di concentrazione di calcio. In ogni caso ci sarà l’attivazione di una
proteina che modifica il metabolismo cellulare.

CONTROLLI DELLA SECREZIONE DEGLI ORMONI


Segnali di risposta a feedback positivo o negativo. L’ormone viene secreto se
riceve uno stimolo specifico che permette un aumento di questa secrezione,
e quindi ha un feedback positivo, ad esempio alti livelli di glicemia nel sangue
indurranno il pancreas (l’isolotto pancreatico) a produrre insulina, che
costituisce un segnale a feedback positivo per molte cellule, gli epatociti, che
attivano il loro metabolismo ed inizieranno ad immagazzinare glucosio al loro
interno per avviare il processo di glicogeno sintesi. Il segnale a feedback
negativo invece è un sistema per cui l’ormone prodotto da una ghiandola va
ad inibire il rilascio dell'ormone della ghiandola stessa andando a produrre un
altro ormone da parte di un'altra ghiandola, che ha la capacità di inibire la
produzione del primo ormone, quindi si autoregola. L’ipofisi è la ghiandola
centrale del sistema endocrino, perché sotto stimolazione di ormoni di natura
ipotalamica, stimoline, produce una serie di ormoni che vanno ad agire su
un'altra ghiandola, questa a sua volta produrrà un ormone che agirà sia
sull'organo bersaglio ma anche sull’ipofisi stessa, o l'ipotalamo stesso, il
quale, per un sistema a feedback negativo, blocca la produzione del primo
ormone. Per esempio la produzione della tiroide è regolata a livello
ipotalamico, che produce stimoline che stimoleranno le cellule
dell’adenoipofisi a secernere un ormone tireo-stimolante, il TSH, il quale
agisce sulla tiroide a rilasciare gli ormoni T3 e T4, che agiranno a loro volta
bloccando la produzione dell'ormone TRH a livello ipotalamico e dell'ormone
TSH a livello adenoipofisario, mantenendo un livello costante di T3-T4
nell'organismo. Asse ipotalamo-ipofisi-ghiandola. La ghiandola pituitaria, o
ipofisi, produce una serie di ormoni che vanno a regolare la funzione
endocrina di altre ghiandole endocrine, e a sua volta l’ipofisi è stimolata da
ormoni che vengono rilasciati a livello dell'ipotalamo. Nella regolazione
dell'omeostasi si viene ad avere un sistema di comunicazione tra sistema
nervoso (ipotalamo, in quanto porzione di encefalo) e sistema endocrino.
Stretta relazione che si verrà ad instaurare anche a livello della ghiandola
surrenale, in quanto essa è suddivisa in una porzione corticale ed una
midollare, l'ultima sarà addetta alla produzione di adrenalina e noradrenalina,
che costituirà un ganglio del sistema nervoso simpatico.

IPOFISI
Piccola ghiandola localizzata inferiormente all'ipotalamo, presente a livello
della sella turcica dell'osso sfenoide, chiusa da un setto connettivale che
origina dalle meningi, dal foglietto più esterno delle meningi cerebrali, la dura
madre, la quale va a formare il diaframma della sella, che chiude l’ipofisi
all’interno della sella turcica dell'osso sfenoide. Al di sopra dell’ipofisi viene a
trovarsi il chiasma del nervo ottico, il punto di unione dei due nervi ottici.
Questa posizione permette di capire eventuali condizioni ipertrofiche (tumori)
dell'ipofisi, in quanto questo provocherebbe uno schiacciamento del chiasma
ottico e quindi ad alterazioni del campo visivo. L’ipofisi, o ghiandola pituitaria,
è divisa in un'adenoipofisi (ipofisi anteriore) ed una neuroipofisi (ipofisi
posteriore). L’adenoipofisi è suddivisibile a sua volta in 3 porzioni, una pars
tuberalis, che forma parte dell’infundibolo, il quale passa il diaframma della
sella e va a prendere comunicazione con nuclei (gruppi di neuroni presenti a
livello del parenchima ipotalamico) presenti a livello dell'ipotalamo, una pars
intermedia, che divide l'adenoipofisi dalla neuroipofisi posteriore, ed una pars
distalis, parte più voluminosa. A livello dell'ipotalamo, risultano fondamentali i
nuclei magno-cellulari e parvi-cellulari. L’infundibolo, o peduncolo ipofisario, è
la porzione tubulare che connette l'ipotalamo con la neuroipofisi. Entrambe,
sia l’ipofisi anteriore che quella posteriore, sono strettamente annesse
all’ipotalamo, però le due porzioni sono profondamente diverse tra loro, per
una diversa origine embriologica ed una diversa struttura anatomica, oltre
che per un differente contatto con l'ipotalamo. Nello sviluppo embriologico
dell'encefalo, la cresta neuronale darà origine alla notocorda, che poi
diventerà il midollo spinale, e nella porzione più cefalica la formazione del
cervello. Nella regione della testa si viene a creare una fusione tra il foglietto
endodermico interno ed il foglietto ectodermico esterno, il quale darà origine
agli organi della cavità orale. A livello della testa si avrà una fusione tra una
porzione ectodermico esterna, che darà origine al sistema nervoso centrale, e
quella endodermica che darà luogo ai visceri. Da questa fusione si viene a
formare l’ipofisi, che rimane in comunicazione, tramite l’infundibolo,
direttamente con il cervello. La neuroipofisi origina dal foglietto embriologico
esterno, mentre l'adenoipofisi dal foglietto embriologico interno. La
neuroipofisi, ghiandola di derivazione nervosa, sarà simile al tessuto nervoso,
e sarà strettamente associata all’ipotalamo. Essa non produrrà ormoni di per
sé, ma verranno prodotti a livello dell'ipotalamo, e poi rilasciati dalla
neuroipofisi, dopodiché essa li secerne. L'origine del foglietto embriologico
interno giustifica invece l’aspetto strutturale dell’adenoipofisi, ovvero di una
tipica ghiandola endocrina. Le cellule sono organizzate a nidi, le une vicine
alle altre, settate da tralci di tessuto connettivali, con una fitta rete capillare,
completamente diversa dalla struttura della neuroipofisi. La neuroipofisi è
costituita dagli assoni dei neuroni il cui corpo cellulare è presente a livello
ipotalamico, quindi da classico tessuto nervoso e pituiciti. Gli ormoni secreti
dalla neuroipofisi e prodotti dall’ipotalamo, sono quello antidiuretico, e
l'ossitocina. Il primo va ad agire a livello del tubulo contorto distale del
nefrone e del dotto collettore per aumentare il riassorbimento di acqua,
inoltre aumenta anche la pressione arteriosa tramite la vasocostrizione delle
arteriole, e l’altra è l’ossitocina che regola le contrazioni della muscolatura
uterina, e durante l’allattamento la contrazione delle ghiandole del latte.

(Lezione 20)
GHIANDOLE DEL SISTEMA ENDOCRINO
Oltre ad essere l’insieme di una serie di ghiandole endocrine, il sistema
endocrino è costituito anche da gruppi di cellule, presenti magari a livello
della parete di alcuni organi, per esempio quelle che caratterizzano il sistema
gastro-enterico, oppure gruppi cellulari presenti nel parenchima di altri organi
ma che producono la funzionalità di questi stessi organi o organi ad esso
correlati (componenti endocrine nel parenchima del testicolo e delle ovaie).
A livello dell'ipotalamo sono state individuati alcuni nuclei, gruppi di neuroni,
detti magnicellulari e parvicellulari, i primi sono suddivisi ulteriormente in
nucleo sovraottico e nucleo para ventricolare. Il nucleo sovraottico è posto al
di sopra del chiasma dei nervi ottici, mentre a livello della parete infero-
laterale del terzo ventricolo è presente il nucleo para ventricolare. All’interno
del cervello saranno presenti infatti delle cavità che prendono il nome di
ventricoli cerebrali, che si vengono a trovare superiormente alla regione
ipotalamica. Il nucleo sovraottico e para ventricolare sono responsabili della
produzione di ormoni di natura proteica, ossitocina e vasopressina (ormone
antidiuretico), ormoni peptidici. Questi due ormoni sono veicolati attraverso
una molecola proteica chiamata neurofisina. I due gruppi di nuclei
(sovraottico e para ventricolare) estendono i loro assoni attraverso
l'infundibulo per arrivare nella neuroipofisi, quindi il prodotto di secrezione
(ossitocina e vasopressina) passerà attraverso le terminazioni assonali di
questi neuroni, per mezzo della neurofisina, passeranno per l’infundibolo, per
prendere poi contatto con il letto vascolare presente a livello della formazione
neuroipofisaria. Di per sé la neuroipofisi non produce ormoni, ma rilascia
quelli prodotti a livello ipotalamica.
La componente neuroipofisaria è costituita da tessuto nervoso, che presenta
delle fibre amieliniche degli assoni ipotalamici, sorretti da elementi cellulari
che prendono il nome di pituiciti, che non hanno funzione di secrezione, ma
solo funzione trofica e di supporto. Da un punto di vista funzionale la
neuroipofisi, che è in contatto con i nuclei magnicellulari della porzione
anteriore dell'ipotalamo, stimoli nervosi integrati inducono i neuroni
ipotalamici a produrre potenziali d’azione, i quali viaggiano lungo gli assoni
del tratto ipotalamo-neuroipofisario sino alla neuroipofisi, qui i potenziali
d’azione causano il rilascio dei neuroormoni da parte dei terminali assonici nel
circolo sanguigno, che passano dal sangue circolante e influenzano gli organi
bersaglio. Questi complessi ormone-proteina che viaggiano lungo i terminali
assonici sono stati rinominati corpuscoli di Herring. A livello dell'ipotalamo è
presente quindi una stretta associazione tra sistema nervoso centrale e
sistema endocrino.
Se esiste una diversa origine embriologica ci sarà una diversa morfologia
anatomica e funzione tra adenoipofisi e neuroipofisi.

STRUTTURA ADENOIPOFISI
Risulta costituita da 3 parti, una pars distalis, una pars tuberalis ed una pars
intermedia, l’ultima delle quali va a costituire parte dell'infundibolo, la
porzione che sale verso l’alto e si collega con l'ipotalamo. Inoltre è
caratterizzata da cordoni cellulari, che possono essere organizzati a formare
delle strutture glomerulari associate le une alle altre, costituiti non più da
elementi nervosi ma da elementi ghiandolari, ed in particolare, in base alle
affinità tintoriali, si riconoscono due gruppi cellulari distinti, le cellule
cromofile e quelle cromofobe. Le prime possono essere divise ulteriormente
in acidofile e basofile. Il letto capillare risulta abbondante in tutte le ghiandole
di natura endocrina. Le cellule cromofobe hanno un citoplasma meno
abbondante rispetto alle cromofile e con pochi granuli, sono costituite per lo
più da elementi di riserva (sono elementi inattivi) rappresentano circa il 40-
50% delle popolazioni cellulari dell'adenoipofisi. Gli elementi attivi sono
invece le cellule cromofile, di cui circa il 35% sono acidofile, che producono
ormoni proteici, 15% basofile, che producono ormoni di tipo glicoproteica.
Tra le cellule cromofile acidofile è possibile distinguere delle cellule alpha,
cellule epsilon e cellule adrenocorticotrope, mentre le cellule basofile possono
essere divise in cellule beta ed in cellule delta. Attraverso tecniche di
immunoistochimica, che rendono possibile evidenziare mediante l’uso di
anticorpi specifici delle strutture proteiche o glicoproteiche, non si tratta di
una vera e propria colorazione, il legame antigene-anticorpo viene
riconosciuto e messo in evidenza da tecniche enzimatiche da un prodotto di
colorazione. Quindi mediante questa tecnica e quella di colorazione istologica
classica, è stato possibile distinguere le cellule acidofile nelle sue sotto
categorie. Le cellule alfa sono quelle responsabili della secrezione dell'ormone
somatotropo, cioè l’ormone della crescita, le cellule epsilon sono responsabili
dell'ormone prolattina, le cellule adrenocorticotrope sono quelle in grado di
secernere l'ormone adrenocorticotropo (o ACTH), che va a stimolare la
ghiandola surrenale a produrre determinati ormoni. Le cellule basofile
producono invece ormoni di natura glicoproteica, come l'ormone follicolo
stimolante (FSH) e quello luteinizzante (LH), prodotte dalle cellule beta
gonadotrope, mentre le cellule delta tireotrope sono responsabili della
produzione dell'ormone tireostimolante (TSH). C’è un ormone prodotto dalle
cellule della pars intermedia chiamato melanocito stimolante. È diversa quindi
la struttura ma anche il rapporto tra adenoipofisi ed ipotalamo, rispetto a
quello instaurato dalla neuroipofisi. I nuclei parvicellulari, situato in varie sedi
dell'ipotalamo, sono responsabili della produzione di una serie di ormoni, detti
fattori liberatori (o prostimoline, o ancora releasing factor), ovvero una serie
di ormoni che stimolano le cellule dell’adenoipofisi a rilasciare il loro secreto,
oppure una serie di ormoni che invece inibiscono le cellule dell’adenoipofisi
(inhibitor factor). Per ogni ormone rilasciato dall'adenoipofisi esiste un
corrispondente ormone rilasciato dall’ipotalamo. Le prostimoline agiscono
direttamente sulle cellule dell’adenoipofisi. Questi ormoni vengono veicolati
dal microcircolo ipofisario (o sistema portale ipofisario), ovvero rami della
carotide interna danno origine all'arteria ipofisaria superiore ed inferiore, dal
quale si viene a creare un letto capillare venoso, presente sia a livello
ipotalamico che a livello del parenchima adenoipofisario, venendosi a creare
un collegamento, a livello dell'infundibolo, cioè il sistema portale ipotalamo-
ipofisario. (Definizione di sistema portale: sistema collaterale alla circolazione
sistemica che connette il letto capillare di due o più organi). C’è necessità di
questo sistema portale per creare una diretta connessione tra ipotalamo e
adenoipofisi. È totalmente diversa dalla connessione tra ipotalamo e
neuroipofisi. Gli organi bersaglio dell’adenoipofisi sono altre ghiandole del
sistema endocrino, per questo si parla di asse ipotalamo (prostimolina)-ipofisi
(adenoipofisi-ormone specifico)-ghiandola, e ci sarà quindi una regolazione
da parte del sistema nervoso.
Ormoni prodotti dalla neuroipofisi: ossitocina e vasopressina. La prima
stimola la contrazione della muscolatura liscia uterina durante il parto, stimola
la contrazione delle cellule mioepiteliali attorno alla porzione lattofora della
ghiandola mammaria, mentre il secondo regola i livelli pressori agendo a
livello dei reni diminuendo il volume di urina, avrà specifici recettori a livello
del tubulo contorto distale e del dotto collettore andando ad aumentare il
riassorbimento di acqua, agendo quindi da antidiuretico, agisce anche sulle
ghiandole sudoripare e sulle arteriole (vasocostrizione).
Gli ormoni dell'adenoipofisi: ormone della crescita (o somatotropina, GH), va
a stimolare la fase di accrescimento e di rinnovamento delle nostre cellule,
l'ormone tireostimolante (o tireotropina, TSH), agisce a livello della tiroide e
stimola la secrezione degli ormoni tiroidei (T3-T4), l’ormone follicolo
stimolante (FSH) agisce a livello delle gonadi (ovaio e testicolo) insieme
all'ormone luteinizzante (LH), a stimolare la componente endocrina delle
gonadi a produrre gli ormoni gonadici (l’FSH nelle femmine promuove lo
sviluppo del follicolo e induce la secrezione ovarica degli estrogeni, nel
maschio induce la secrezione testicolare degli spermatozoi. L'LH nelle
femmine induce la produzione di estrogeni e progesterone, l'ovulazione e la
formazione del corpo luteo, nei maschi invece la produzione di testosterone
del testicolo). Sono quindi ormoni che agiscono su altre ghiandole, come
anche l'ormone adrenocorticotropo (o corticotropina ACTH) che stimola la
produzione di glucocorticoidi (in particolare cortisolo) da parte della zona
corticale del surrene. A livello dell'ipotalamo (nei nuclei parvicellulari) verrà
prodotto il TRH, uno dei releasing hormon, il quale agisce sulle cellule
dell'adenoipofisi a produrre TSH, che a sua volta agisce sulla tiroide
stimolando la produzione degli ormoni T3-T4. La prolattina è quella che va a
stimolare la secrezione del latte da parte della ghiandola mammaria, infine
l'ormone melanocito-stimolante, che viene prodotto dalle cellule della pars
intermedia, può influenzare l’attività cerebrale, stimola i melanociti della pelle
a produrre melanina, una sua over produzione determina una
iperpigmentazione della pelle.
EPIFISI O GHIANDOLA PINEALE
Piccola ghiandola endocrina dalle dimensioni di una noce, posta all’estremità
posteriore del terzo ventricolo, è posta al di sotto dello splenio del corpo
calloso (regione di sostanza bianca che connette i due emisferi), ha una
lunghezza di circa 1cm, una larghezza di circa 0,5cm ed un peso di circa
mezzo grammo, è ricoperta completamente dalla pia madre, quindi sporge
nello spazio sub-aracnoideo. Prende rapporto con il mesencefalo ed è
localizzata nel tratto verticale del solco crociato che divide i due tubercoli
quadrigemini superiori. E’ una formazione del diencefalo (epitalamo)
appoggiata ai tubercoli quadrigemini superiori. Il parenchima è organizzato in
strutture cordonali formate da pinealociti, da uno stroma connettivale (in cui
sarà presente la componente connettivale) e cellule gliali. I pinealociti sono
cellule deputate alla secrezione di melatonina. Quindi l'ormone prodotto a
livello dell'epifisi (o ghiandola pineale) è la melatonina. La ghiandola pineale
era quella che veniva identificata come terzo occhio, perché esiste una diretta
associazione tra la produzione di melatonina ed il ciclo di alternanza di giorno
e notte. Il metodo di impregnazione argentea mette in evidenza la basofilia
del citoplasma e l'aspetto dendritico (con sottili e lunghi prolungamenti che
terminano in prossimità dei capillari). Inoltre i pinealociti producono una
matrice proteica che va incontro a calcificazione. Produce prevalentemente
melatonina, sintetizzata a partire dalla serotonina che svolge
prevalentemente un’azione inibente a livello ipotalamico del LHRH (ormone di
rilascio delle gonadotropine), quindi va ad influenzare la produzione
dell'ormone follicolo stimolante e luteinizzante. La ghiandola pineale è un
organo fotosensibile e un importante regolatore del ciclo notte/giorno (ritmo
circadiano), durante il giorno gli impulsi luminosi inibiscono la produzione di
melatonina, mentre la sua produzione aumenta durante le ore di buio.
Esistono delle afferenze simpatiche a livello dell'ipotalamo (che riceve gli
impulsi luminosi dall’occhio) e vanno ad agire direttamente a livello della
ghiandola epifisaria. Negli esseri umani, questi cambiamenti regolano il ritmo
sonno/veglia.

TIROIDE
È l’unico esempio di ghiandola ad organizzazione follicolare.
Macroscopicamente è costituita da due lobi, un lobo destro ed un lobo
sinistro, uniti da una porzione centrale, che prende il nome di istmo, e si
viene a trovare al davanti dei primi anelli tracheali, tra la laringe e la trachea,
lateralmente prende rapporto con la cartilagine cricoide, e superiormente con
la cartilagine tiroidea. Esternamente risulta circondata da un corpo fibroso,
una capsula connettivale che manda setti all’interno del parenchima, e che
divide la ghiandola in lobuli. È ulteriormente circondata da una guaina
peritiroidea, che fissa la tiroide alla cartilagine cricoide, la fissa ai primi anelli
laterali, e lateralmente la fissa al complesso vascolo-nervoso del collo
(lateralmente alla regione cervicale decorrerà l'arteria carotide comune, la
giugulare, nel quale sono presenti tratti del nervo vago, per cui a livello di
questa porzione, il fascio vascolo-nervoso del collo prenderà rapporto diretto
con la porzione laterale del collo). La struttura risulta costituita da vari lobuli,
a sua volta formato da varie unità elementari che sono i follicoli tiroidei. Non
sono altro che cavità più o meno sferiche delimitate da epitelio cubico, la cui
latezza dipende dallo stato funzionale dell'organo, con interposti del tessuto
connettivale. All'interno il follicolo sarà pieno di colloide, ovvero un liquido nel
quale vengono stoccati gli ormoni T3-T4, prodotte dalle cellule follicolari (o
tireociti). I tireociti sono cellule responsabili della produzione dell'ormone
tiroxina (T4) e della triiodiotironina (T3). All’interno della trama connettivale
si ritrovano altri elementi cellulari, più grandi e fusiformi, che prendono il
nome di cellule parafollicolari, responsabili della produzione dell'ormone
calcitonina. I follicoli con le cellule più alte sono quelli funzionalmente attivi,
cioè in piena produzione degli ormoni T3-T4, quello con l'epitelio più sottile
sono follicoli in uno stato stazionario invece, che contengono all’interno solo
colloide. La calcitonina regola i livelli di calcio nel sangue, in quanto riduce
l’attività degli osteoclasti, agendo in maniera sinergica con il paratormone,
prodotto invece dalle ghiandole paratiroidi. Gli ormoni T3-T4 sono ormoni
particolari perché legano al loro interno delle molecole di iodio. All'interno di
un singolo tireocita, lo ione ioduro viene trasportato attivamente verso
l’interno del tireocita, e da qui verso il lume colloidale, nel frattempo nel
citoplasma del tireocita viene prodotta una componente proteica, la
tireoglobulina, la quale viene immessa anch’essa all’interno della colloide. La
tireoglobulina, a livello dei residui dell’aminoacido tirosina, può legare ioni
ioduro, a formare molecole di tirosina doppiamente iodinate, o molecole di
tirosina mono-iodinate, quindi nella colloide, queste molecole possono andare
a combinarsi tra loro a formare o l'ormone tetraiodiotironina (T4), dato
dall'unione fra due tirosine di-iodinate, oppure triiodiotironina (T3), dato dalla
fusione tra una tirosina di-iodinata ed una mono-iodinate. Questi, per
meccanismi di endocitosi, vengono riportati nel citoplasma della cellula, dove
le tireoglobuline vengono scisse nei singoli amminoacidi, per essere poi
rilasciati in circolo nel sangue. La colloide è quindi la sede in cui si ha la
sintesi degli ormoni T3-T4 ma anche il loro stoccaggio, che sotto la
stimolazione dell'ormone TSH, possono essere rilasciati e reimmessi in circolo.
Gli ormoni tiroidei aumentano il tasso metabolico generale, regolano la
crescita e lo sviluppo, nonché l'inizio della maturità sessuale. Inoltre la
calcitonina è secreta dalle cellule di grandi dimensioni nella tiroide
(parafollicolari), e gioca un ruolo importante nella regolazione del calcio
(omeostasi del calcio). C’è una stretta correlazione tra gli ormoni T3-T4 e tutti
gli altri organi. La produzione di questi due ormoni si autoregola attraverso il
meccanismo di feedback negativo, ovvero il TRH stimola l'adenoipofisi a
produrre TSH, che stimola la produzione di T3-T4 da parte della tiroide, e
questi stimoleranno gli organi bersaglio, allo stesso tempo per feedback
negativo viene interrotta la produzione di TRH e di TSH.

PARATIROIDI
Le paratiroidi sono quattro piccole ghiandole (due per lato) poste
posteriormente al lobo destro e sinistro della tiroide. Se ne riconoscono due
superiori e due inferiori, strettamente associate alla tiroide, c’è solo una
piccola trama connettivale che separa il parenchima tiroideo con quello delle
paratiroidi. Le paratiroidi presentano delle cellule organizzate a nidi all’interno
del parenchima. Due tipi cellulari, le cellule principali e le cellule ossifile. Le
prime sono le più numerose e sono quelle in grado di produrre l'ormone
paratiroideo (o paratormone, PTH), mentre le seconde sono degli elementi
quiescenti, non attive, che probabilmente vengono trasformate in cellule
principali. Recentemente è stato rilevato un terzo citotipo intermedio tra le
cellule principali e quelle ossifile, dette cellule intermedie, per cui si è
ipotizzato che la cellula ossifila sia uno stato quiescente della cellula
principale che viene poi trasformata sotto determinate stimolazioni non
ancora note. La funzione fondamentale del paratormone, piccolo polipeptide
da 84 aminoacidi, è quella di regolare i livelli di calcio, agisce in maniera
antagonista alla calcitonina ed agisce a 3 livelli, a livello delle ossa, dei reni e
a livello dell’intestino tenue. Esso stimola l’attività degli osteoclasti nelle ossa,
quindi induce un aumento del numero di osteoclasti, quindi un aumento di
calcio a livello ematico, mentre la calcitonina agisce a livello delle ossa
inducendo un riassorbimento osseo, riducendo i livelli di calcio nel sangue. Il
paratormone aumenta l'attività litica degli osteoclasti, quindi i livelli di calcio
ematico (calcemia). Il PTH a livello renale induce un riassorbimento del
calcio, ma stimola anche la formazione della forma attiva della vitamina D nei
reni, che a livello dell'intestino tenue è indispensabile per l'assorbimento delle
proteine e del riassorbimento di calcio anche a questo livello.

GHIANDOLE SURRENALI
Sono due ghiandole endocrine localizzate a livello della porzione superiore dei
due reni, quindi a livello della loggia renale, completamente avvolto dalla
capsula renale, e ancora dal tessuto adiposo. C’è una fascia di tessuto
connettivo che avvolge completamente i reni nel quale è presente del tessuto
adiposo, ugualmente vale per le due ghiandole surrenali. Presentano dei
rapporti diversi, la ghiandola surrenale destra è in rapporto con la faccia
viscerale del fegato, mentre posteriormente poggerà sui fasci muscolari, in
particolare sul pilastro laterale del diaframma, che lo separa dalla XII
vertebra toracica e dalla corrispondente costa. La surrenale sinistra è in
rapporto con la faccia posteriore dello stomaco, per interposizione del
peritoneo ( in quanto organi retro-peritoneali), mentre la faccia posteriore è
anch’essa in contatto con il pilastro laterale del diaframma della XII vertebra
toracica ed il margine mediale con l'aorta discendente, in quanto la ghiandola
surrenale di sinistra scende leggermente più in basso di quella di destra.
L'aspetto microscopico della ghiandola surrenale permette di evidenziare
come la ghiandola risulta rivestita da una capsula connettivale e di come il
parenchima connettivale risulti diviso in due parti, da una porzione più
esterna, corticale, ed una midollare. La corticale a sua volta è divisa in tre
porzioni, dall’esterno verso l’interno, una zona glomerulare, una zona
fascicolata ed una reticolare. Cambia solo la disposizione dei cordoni, cioè
gruppi di cellule unite l’una all'altra, con inframmezzati setti connettivali e un
ricco corredo capillare (letto vascolare molto sviluppato). La zona
glomerulare, che costituisce il 15% del volume totale della corticale, prende
questo nome perché i cordoni sono avvolti su se stessi a formare dei
“gomitoli” avvolto da capillari, ed è deputata alla produzione dei minerali
corticoidi, di cui i più importanti sono l'aldosterone ed il desossicorticosterone,
ormoni che influenzano la composizione elettrolitica dei fluidi corporei, vanno
a modulare il riassorbimento di vari ioni e di conseguenza dei fluidi corporei,
quindi sono strettamente coinvolti nella regolazione pressoria della
circolazione sanguigna. La zona fascicolata costituisce il 75% della corticale,
chiamata così perché i cordoni sono organizzati in fascicoli che decorrono
perpendicolarmente alla superficie dell'organo, e che connettono la porzione
glomerulare con quella reticolare. Questa porzione produce gli ormoni
glucocorticoidi, come il cortisolo, il corticosterone ed il cortisone, che
agiscono andando a modulare il metabolismo del glucosio, intervengono
anche nel metabolismo dei lipidi e delle proteine, ma sono anche dotati di
attività antiflogistica ed antiallergica. La zona reticolare costituisce invece il
10% circa del parenchima della zona corticale, i cordoni sono anastomizzati
tra loro, a rete, e sono responsabili della produzione di ormoni androgeni sia
nell'uomo che nella donna.
La porzione della midollare è particolare perché costituita da cellule, dette
cromaffini, in quanto assumono colore scuro sotto tecniche di colorazione, e
sono quelle che vengono considerate come un ganglio del sistema simpatico,
ovvero esistono delle afferenze dirette del sistema simpatico su queste cellule
che stimolano la produzione di adrenalina e noradrenalina (altro elemento di
interazione tra sistema nervoso ed endocrino). I loro effetti amplificano quelli
della divisione simpatica del sistema nervoso autonomo nelle situazioni di
stress.

(Lezione 21)
PANCREAS ENDOCRINO
Ghiandola anficrina che presenta una componente esocrina ed una endocrina.
La componente esocrina consta di una struttura tubulo-acinosa,
strutturalmente identica a quella della parotide, ed è strettamente correlata
alle funzioni digestive (produzione di ormoni coinvolti nel metabolismo dei
glucidi, lipidi, acidi nucleici, o comunque di una serie di enzimi coinvolti nella
degradazione delle macromolecole biologiche per permettere l’assunzione
delle singole unità monomeriche a livello del villo intestinale). (Il pancreas è
un organo retro-peritoneale associata all'interno della C duodenale)…
Presenta delle strutture particolari a costituire la componente endocrina del
pancreas che prendono il nome di isolotti del Langherans, unità isolate
sparse per il parenchima endocrino, responsabili della produzione degli
ormoni pancreatici. Sono piccole formazioni sparse nel tessuto della
ghiandola, presenti per lo più in corrispondenza nella coda dell'organo. Gli
elementi che lo compongono sono riconducibili a tre tipi cellulari, alfa, beta e
delta. Le prime costituiscono il 15-20% dell'isolotto del Langherans, sono
collocate per lo più nella periferia dell'isolotto, presentano un citoplasma con
dei granuli, i quali contengono l'ormone glucagone, che ha la funzione di
aumentare la glicemia promuovendo nel fegato la conversione di glicogeno in
glucosio, quindi promuovendo la glicogenolisi. Le cellule beta rappresentano
circa il 70% della matrice dell'isolotto pancreatico, hanno un citoplasma ricco
di granuli, dove viene accumulata insulina, che agisce in maniera antagonista
al glucagone abbassando i livelli di glicemia nel sangue, favorendo il trasporto
di glucosio nelle cellule, convertono nel fegato il glucosio in glicogeno
(glicogenosintesi), favorendo la sintesi proteica ed inibendo la glicogenolisi e
gluconeogenesi. Sono molto più abbondanti delle cellule alfa. Le cellule delta
costituiscono circa il 5-10% dell’isolotto, come le cellule beta sono distribuite
in maniera omogenea su tutto l’isolotto, producono somatostatina, la quale
inibisce insulina e glucagone, mentre a livello intestinale blocca
l'assorbimento di alcuni nutrienti. Sono state individuate inoltre altre cellule,
le cellule F, le quali producono PP, il polipeptide pancreatico, che inibisce la
somatostatina, inibisce la contrazione della colecisti e la secrezione
pancreatica di enzimi digestivi, quindi è un ormone che va a regolare le
funzioni esocrine del pancreas. Patologie importanti sono: diabete mellito di
tipo I (insulino-dipendente) e di tipo II (insulino-indipendente). Il tipo I è
caratterizzato da livelli inadeguati di secrezione di insulina, mentre il tipo II è
dovuto ad un'alimentazione sbagliata, che portano all’instaurarsi di fenomeni
di insulino-resistenza, le cellule diventano insensibili all’insulina, quindi si
innalzeranno molto i livelli di glicemia nel sangue, portando ad obesità, a
malnutrizione, a sindrome metabolica (sindrome X), cioè una patologia
multifattoriale, contemporanea presenza di almeno 5 fattori di rischio,
obesità, glicemia, valori elevati di pressione sistemica, bassi livelli di
colesterolo HDL ed elevata concentrazione di trigliceridi. Ne bastano almeno
tre per diagnosticare la sindrome metabolica, di cui la nutrizione è il
principale fattore. Può portare a problemi cardiovascolari e cerebrovascolari.

SISTEMA NERVOSO
Sistema di comunicazione che permette di interagire con l’ambiente
circostante , è costituito da un sistema nervoso centrale (SNC), a sua volta
costituito da encefalo e midollo spinale, a cui fanno afferenza tutti i vari nervi,
i quali vanno a costituire il sistema nervoso periferico (SNP), i nervi cranici
partiranno da nuclei presenti a livello del cervello, e i nervi spinali che invece
originano a livello del midollo spinale. Il SNP prende rapporto con gli organi di
senso presenti alle periferie del nostro corpo. Ci saranno tutta una serie di
recettori specifici che permettono di ricevere stimoli dall'ambiente esterno,
poi ci sono recettori di sensibilità specifica come quelli del gusto e dell'olfatto.
Sono quindi sistemi che raccolgono sensazione dall'ambiente esterno o
dall'interno del nostro corpo, ci saranno quindi degli input che arriveranno al
sistema nervoso, prima a quello periferico, che attraverso delle vie afferenti
portano l'informazione al sistema nervoso centrale, e delle vie efferenti che
permetteranno una risposta specifica a quello stimolo.
Le cellule che costituiscono il sistema nervoso sono di due tipi, i neuroni (o
cellule nervose propriamente dette) e cellule della neurologlia (o cellule
gliali). Le prime sono specializzate nel trasporto di messaggi, quindi ricezione
dell'informazione (stimolo) a cui daranno una determinata risposta. I neuroni
sono le unità strutturali e funzionali più piccole del sistema nervoso, sono un
gruppo di cellule abbastanza eterogeneo dal punto di vista strutturale, anche
di dimensioni. I motoneuroni sono per esempio cellule molto grandi con una
morfologia molto particolare. Ovviamente possiedono una membrana
plasmatica, saranno formati da un corpo cellulare, un nucleo, organuli
citoplasmatici, reticolo endoplasmatico, citoscheletro. Presentano quasi
sempre un cono di emergenza dell'assone, ovvero la via efferente della
cellula, e delle arborizzazioni dendritiche, ovvero le vie afferenti della cellula.
All’interno del terminale assonico saranno presenti elementi citoscheletrici
tipici, neurofilamenti specifici, proteine specifiche. Altro elemento specifico
sono le sinapsi, elementi specializzati nella comunicazione cellula-cellula e
cellula-organo bersaglio. La colorazione Niesle è la colorazione base per lo
studio di neuromorfologia, capace di identificare il citoplasma dei neuroni.
Altra peculiarità delle cellule del sistema nervoso è la presenza di elementi
gliali, soprattutto per oligodendrociti e cellule di Schwann, per la formazione
di guaine mieliniche, avvolgimenti dell'assone. I neuroni possono essere
distinti in neuroni anassonici, cellule molto piccole, difficilmente può essere
distinto il terminale assonico dai vari terminali dendritici, neuroni bipolari,
hanno un dendrite che origina dalla fusione di dendriti sottili ed un assone,
con il corpo cellulare situato tra questi, neuroni pseudo unipolari (o neuroni a
T), presentano un cono di emergenza da cui dipartono due prolungamenti di
tipo assonale, uno sarà un prolungamento di tipo afferente, e l'altro di tipo
efferente, sarà il neurone specifico delle vie sensitive, presenti a livello delle
radici dorsali dei nervi spinali che dipartono dal midollo spinale, neuroni
multipolari, classico neurone con numero vario di dendriti ed un unico assone
con diverse terminazioni sinaptiche. Classificazione di tipo funzionale: neuroni
sensitivi (intercettori, esterocettori e propriocettori), spesso associati ad
interneuroni, e neuroni di tipo motorio. I primi sono quelli che ricevono
informazioni da fibre afferenti provenienti da recettori, che porteranno
l’informazione o direttamente ai neuroni motori (somatici o viscerali) oppure
agli interneuroni. Gli altri elementi cellulari che si ritrovano nella costituzione
del SN, sono gli elementi gliali: gli astrociti, cellule stellate irregolari,
importanti per la funzione trofica e di sostegno, possono fungere da
trasmettitori tra vari neuroni, presentano un pirenoforo molto piccolo ma
delle arborizzazioni molto lunghe, queste arborizzazioni possono assumere
diverse funzioni lungo il tratto del prolungamento citoscheletrico, costituisce
la barriera ematoencefalica tra circolazione e sistema nervoso, cellule della
microglia, cellule molto piccole, numerose ramificazioni, sono degli elementi
della linea macrofagica, quindi sono elementi che vanno incontro a
modificazioni in risposta a delle patologie, cellule ependimali, presenti a
definire i ventricoli cerebrali o il canale centrale del midollo spinale, hanno un
aspetto cubico o cilindrico con estroflessioni microvillari/ciliari nella parte
apicale, sono quelli che vanno a formare i plessi corioidei, costituiscono le
cavità vuote dell'encefalo e producono il liquido cerebro-spinale, importante
elemento di comunicazione tra sistema nervoso centrale e circolatorio, gli
oligodendrociti formano un manicotto di guaina mielinica che avvolge
completamente l’assone, la componente citoplasmatiche ed il nucleo saranno
schiacciati in periferia del manicotto di mielina, ci permetterà nel SNC la
distinzione tra sostanza grigia e quella bianca, la prima è costituita dai corpi
cellulari dei neuroni, mentre la sostanza bianca da assonici avvolti da guaina
mielinica. La sostanza grigia all’interno del cervello sarà localizzata
esternamente, a costituire la corteccia cerebrale, area importante nella
recezione degli stimoli e nelle attività motorie, quella bianca all'interno del
cervello. Nel midollo spinale invece, la sostanza bianca è esterna, mentre
quella grigia è interna, a forma di farfalla in sezione trasversale. Nel SNP ci
sono le corrispondenti cellule di Schwann, anziché gli oligodendrociti. La
guaina mielinica è costituita da porzioni di membrana citoplasmatica che più
volte si avvolge attorno all’assone, quindi avrà una costituzione lipidica e
proteica.
Differenza tra sistema endocrino è nervoso: il primo è un sistema di
comunicazione di tipo chimico, prevede l’interazione specifica tra ormone e
recettore veicolato dal sangue, mentre nel secondo caso si ha una diretta
comunicazione con la cellula nervosa dell'organo bersaglio, grazie al
passaggio dalla cellula nervosa all'organo effettore. Da un punto di vista
funzionale quindi il neurone ha tre proprietà: è eccitabile, quindi è in grado di
sviluppare un potenziale d’azione (modificazione del potenziale di membrana,
cambia la normale distribuzione delle cariche elettriche intorno alla
membrana, quindi in quel punto si ha eccitabilità), possiede conducibilità, è
quindi capace di condurre il potenziale d'azione lungo l'assone, dal pirenoforo
verso l'organo bersaglio, è in grado di trasmettere il potenziale d’azione a
regioni vicine, altri neuroni, muscoli o ghiandole.
L’impulso nervoso è un processo elettro-chimico, che determina un
cambiamento di permeabilità della membrana plasmatica del neurone,
permettendo agli ioni sodio di entrare all’interno della cellula (polarizzazione→
depolarizzazione). Una volta iniziato, il potenziale d’azione (impulso nervoso),
si propaga lungo tutta la superficie della cellula. Le condizioni elettriche dello
stato di riposo sono ristabilite per diffusione di ioni potassio all’esterno della
cellula (ripolarizzazione). La concentrazione ionica dello stato di riposo è
ristabilita dalla pompa Na+/K+.
Le fibre dotate di mielina conducono gli impulsi più velocemente, perché
l’impulso nervoso salta da un nodo di Ranvier a quello successivo lungo tutta
la fibra (conduzione saltatoria). Questo tipo di conduzione consente un
risparmio di tempo ed un’economia di energia. La corrente non può
diffondere attraverso la membrana dell’assone dove è presente la mielina.
Gli elementi fondamentali che caratterizzano le cellule nervose riassumendo
quindi sono: la conduzione assonale e la trasmissione sinaptica.
Le sinapsi, oltre a poter essere asso-dendritiche, asso-somatiche ed asso-
assoniche, possono essere fondamentalmente sinapsi chimiche o elettriche.
Le elettriche sono quelle localizzate fra cellula e cellula, frapposte da una
distanza molto piccola (c’è quasi una contiguità fra le due cellule), sono
caratterizzate dalla presenza di gap Junction, quindi da connessoni, canali
che permettono il passaggio di cariche elettriche e quindi della trasmissione
del potenziale d'azione da una cellula nervosa all'altra. La sinapsi chimica
invece è caratterizzata da una distanza fra cellula e cellula molto più ampia
(30-50nm), è la sinapsi classica che prevede un elemento presinaptico,
ovvero il bottone slargato del terminale assonico sul quale sono presenti le
vescicole con i neurotrasmettitori, uno spazio inter sinaptico, in cui i
neurotrasmettitori vengono rilasciati per fusione delle vescicole con la
membrana del terminale assonico presinaptico (esocitosi), ed un elemento
post-sinaptico, dove sono presenti recettori specifici, come canali ionici o
canali accoppiato ad una proteina G. In questo ultimo caso la trasmissione
sinaptica è di tipo quantale, quindi se un quanto di neurotrasmettitori non è
sufficiente all'interno della vescicola sinaptica, a livello della membrana post-
sinaptica non verrà trasmesso l’impulso. Altro elemento importante che si
ritrova a livello dello spazio sinaptico è la presenza di molecole che
permettono un riassorbimento di neurotrasmettitori nella membrana
presinaptica.

(Lezione 22)
ANATOMIA DEL SN
Organizzato in un SNC ed un SNP, il SNC a sua volta è costituito dall’encefalo
e dal midollo spinale, i quali sono organizzati da delle vie afferenti e delle vie
efferenti, le prime ricevono informazioni dall'ambiente esterno, attraverso gli
organi di senso, quindi stimoli sensitivi che attraverso i nervi del sistema
nervoso periferico vengono trasmessi al midollo spinale e da qui all'encefalo,
dove ci sarà una risposta specifica a questi stimoli, a costituire le vie
efferente che passano per il midollo spinale, attraversano i nervi del SNP e
vanno ad attivare organi effettori. Sarà quindi presente un sistema di
ricezione periferico, un organo sensitivo (organo della sensibilità generale o
della sensibilità specifica) ed un sistema di afferenze a livello dei muscoli,
della cute e delle articolazioni. Si distinguono vie afferenti somatiche, le quali
termineranno a livello del SNC, riconosceremo una porzione dell'encefalo che
è la corteccia somatosensitiva primaria, che riceve questi stimoli provenienti
dall’ambiente esterno, direttamente collegato a delle aree motorie centrali, a
costituire sistemi diretti ed indiretti che vanno ad innervare specifici muscoli
per dare una risposta specifica al tipo di informazione ricevuta dall'ambiente
esterno. Tutto il sistema nervoso è organizzato in modo da permettere la
recezione dell'informazione dall'ambiente esterno, e tramite connessioni tra
sistemi sensitivi e sistemi motori, ai quali daranno afferenza anche dei sistemi
motivazionali, dare risposte specifiche, determinati motoneuroni attiveranno
specifici organi.

SNC
Da un punto di vista anatomico si compone di encefalo e midollo spinale,
racchiusi in delle cavità localizzate nella porzione cefalica e nella porzione
dorsale del corpo, quindi cranialmente e dorsalmente al nostro corpo.
L’encefalo è situato nella scatola cranica, mentre la sovrapposizione di più
vertebre invece porta alla formazione del canale vertebrale, per la presenza
su ogni vertebra del forame vertebrale, all’interno del quale è contenuto il
midollo spinale, dal quale partiranno i vari nervi spinali, a costituire il SNP, di
cui distingueremo nervi cervicali, nervi toracici, nervi lombari e nervi sacrali,
direttamente associato al midollo spinale.
Esiste un’evoluzione dell’encefalo, dagli animali di ordine inferiore fino
all’uomo. Il telencefalo è la porzione dell'encefalo solitamente più sviluppata,
mentre la porzione centrale si compone dal midollo allungato e dal
diencefalo, che va a regolare le funzioni vitali. Aumentando la superficie
dell'encefalo, aumenteranno i neuroni, in quanto la maggior parte delle
sostanza grigia (l’insieme dei corpi cellulari dei neuroni) dell'encefalo, è posta
esternamente. Nelle aree centrali saranno presenti neuroni coinvolti nelle
funzioni sensitive, motorie ed in funzioni cerebrali superiori (memoria,
apprendimento, emozioni), quindi aumentando il numero di neuroni
aumenteranno le possibili funzioni e l’efficienza del sistema nervoso. La
struttura rimane pressoché invariata tra i vari organismi, ma cambia la
grandezza dell'encefalo e quindi il numero di neuroni, perciò anche le
prestazioni del cervello.
Il cervello viene diviso in varie parti: a partire dalle porzioni del midollo
spinale, il mielencefalo (midollo allungato, rappresenta la porzione di
connessione tra encefalo e midollo spinale), il metencefalo (raccoglie ponte e
cervelletto), il mesencefalo, diencefalo (talamo ed ipotalamo) e telencefalo
(che normalmente chiamiamo cervello, costituisce le porzioni della corteccia
cerebrale). Il midollo allungato è deputato alla trasmissione delle informazioni
sensitive al talamo ed è coinvolto nella regolazione autonomica delle funzioni
cerebrali. Il metencefalo comprende aree di elaborazione motoria e sensitiva.
Le porzioni centrali del diencefalo saranno divise in quelle del talamo e
dell'ipotalamo. Il telencefalo avvolge completamente le porzioni di diencefalo
e mesencefalo, a costituire i due emisferi cerebrali. Queste regioni cerebrali
derivano dalla formazione del tubo neurale, nella formazione dell'embrione la
parte più esterna dei vari foglietti embrionali si solleva a formare le creste
neurali, le quali si chiudono e nella porzione cefalica del futuro individuo si
vengono a formare tre vescicole, che poi diventano cinque, che
corrisponderanno alle cinque aree cerebrali di cui sopra. Quindi la divisione in
aree che si fa dell’encefalo deriva dalla sua formazione embrionale. L’insieme
delle porzioni del mielencefalo, metencefalo, mesencefalo e diencefalo
costituisce il tronco cerebrale, avvolto dal telencefalo.
Le varie aree cerebrali sono associate tra loro a costituire le diverse regioni
delle vie sensitive e delle vie motorie. Nel telencefalo ci saranno aree
sensitive primarie e aree motorie primarie, ovvero aree da cui originano
impulsi nervosi per la contrazione dei muscoli e dove arrivano le informazioni
sensitive provenienti dai vari corpuscoli sensitivi.
La prima porzione, partendo dal midollo spinale, è costituita dal tronco
cerebrale (o tronco encefalico), costituito dalle porzioni del bulbo, del ponte e
del mesencefalo. Ha una lunghezza di circa 8cm. È costituito dalla prima
parte del midollo allungato, superiormente connesso al ponte, il quale
connette il cervello con le formazioni del cervelletto (esso è connesso al
ponte attraverso dei peduncoli cerebellari, uno superiore, uno medio ed uno
inferiore, nelle quali saranno presenti delle vie sensitive e motorie che
connetteranno il cervelletto al cervello). Il tronco risulta essere quindi l’unità
morfologica funzionale che contiene centri e vie nervose vitali. Dal tronco
emergono tutti i nervi cranici (12 paia) tranne i primi due, quindi non partono
dal midollo spinale. Il bulbo (o midollo allungato) costituisce la diretta
connessione tra cervello e midollo spinale, lungo circa 5cm, ed è localizzato al
davanti del cervelletto, ma separati da esso mediante il quarto ventricolo
cerebrale, cioè una cavità contenente liquido cerebrospinale, presente
all'interno del nostro cervello. Sono presenti anche altre cavità che insieme a
questa prendono il nome di ventricoli cerebrali. Il quarto si affonda a livello
del midollo allungato a dividere il midollo allungato ed il ponte dal cervelletto
e sarà in continuità con il canale centrale presente nel midollo spinale. Il
midollo allungato presenta nella parte anteriore due lunghi rilievi, le piramidi
bulbari, che sono elementi fondamentali delle vie motorie, in quanto a questo
livello si ha la decussazione (incrocio) delle vie motorie, quindi l'emisfero
cerebrale destro regolerà la funzione della parte sinistra del corpo, mentre
l’emisfero sinistro quella destra del corpo. Sia le vie sensitive che quelle
motorie sono vie crociate, se partono dall'emisfero destro, arriveranno alla
porzione controlaterale, quindi sinistra del midollo spinale, andando ad
innervare i muscoli della parte sinistra del corpo, e viceversa. Lateralmente a
queste saranno presenti altre protuberanze ovoidali chiamate olive bulbari,
dovuti alla presenza di gruppi neuronali denominati nuclei olivari inferiori.
All'interno di un bulbo sono presenti dei nuclei specifici, stazioni delle vie
sensitive, nuclei del fascicolo gracile e nuclei del fascicolo cuneato (ovvero
parte delle vie sensitive della sensibilità generale), che portano informazioni
sensitive al talamo, saranno presenti nuclei motori e sensitivi di 5 nervi cranici
(l'VIII, IX, X, XI, XII), nuclei autonomici della formazione reticolare (regione
che raccoglie i gruppi di neuroni coinvolti nella regolazione delle funzioni vitali
autonomiche), quindi i centri cardiovascolari (a modificare la frequenza
cardiaca e l’intensità del flusso sanguigno) e del ritmo del respiro. Se si ha un
danno a livello di questa regione, si muore, è un danno non compatibile con il
conseguimento delle funzioni vitali. È la regione maggiormente conservata
nella scala evolutiva, a costituire un “cervello primitivo”. Altra porzione del
tronco cerebrale è il ponte, a costituire la faccia infero-anteriore, formato da
una voluminosa fascia trasversale di sostanza bianca, che posteriormente va
a connettersi con il cervelletto nella formazione dei peduncoli cerebrali, anche
se bulbo e ponte sono separati anatomicamente dal cervelletto dalla presenza
del quarto ventricolo cerebrale. Superiormente si ha la formazione del
mesencefalo, ovvero una profonda flessura trasversale a livello del tronco
cerebrale, il quale presenta, posteriormente, i due peduncoli cerebrali
superiori, e la faccia dorsale del mesencefalo è occupata da una formazione
detta lamina quadrigemina. Prende questo nome perché è costituita da 4
tubercoli, due superiori e due inferiori, ovvero regioni per il centro di
integrazione e di trasmissione delle vie sensitive visive, una regione che
riceve delle afferenze visive e che mette in connessione le vie visive con
quelle motorie (coordina lo stimolo visivo con la risposta motoria). Il
cervelletto, formazione che si viene a trovare posteriormente al tronco
cerebrale, organo sovra assiale del bulbo e del ponte, si viene a trovare in
una posizione postero-superiore rispetto al tronco cerebrale. Esso è formato
da due emisferi cerebellari, ognuno diviso in un lobo anteriore ed uno
posteriore, uniti da una formazione sagittale mediana detta verme. In
connessione con il verme ci sono due piccole porzioni che si vengono ad
inserire lateralmente, a costituire la formazione del lobo flocculo-nodulare. A
loro volta, ogni lobo risulta costituito da piccoli lobuli che prendono il nome di
folia, come se fossero dei singoli foglietti inseriti l’uno vicino all'altro. Il
cervelletto sarà caratterizzato da una struttura ad “albero della vita”, in cui la
sostanza bianca va ad arborizzarsi all'interno dei vari foglietti e dei vari lobuli,
completamente avvolti dalla corteccia cerebellare. Come nell’encefalo, anche
nel cervelletto la porzione centrale risulterà costituita da sostanza bianca,
mentre la porzione esterna da sostanza grigia, a formare la corteccia
cerebellare, a rivestire le aree di sostanza bianca. La corteccia cerebellare
risulta molto complessa in quanto costituita da vari tipi cellulari: una linea
centrale di cellule, cellule del Purkinje, un unico strato di neuroni molto
grandi, l’uno vicino all'altro, i quali sono inseriti a delimitare altre due porzioni
della corteccia cerebellare, uno più esterno, ovvero lo strato molecolare, ed
uno più interno, strato granulare (o strato dei granuli), per cui, dall'esterno
verso l’interno, la corteccia cerebellare sarà costituita dallo strato molecolare,
lo strato di cellule del Purkinje, e lo strato di cellule granulare. Il cervelletto è
l’area cerebrale che riceve afferenze sensitive e motorie, andando a regolare
sia equilibrio che postura, quindi i neuroni coinvolti in queste funzioni
saranno localizzati esternamente, a livello della corteccia cerebellare, appunto
organizzato in questi tre strati. Il diencefalo è invece una formazione posta
anteriormente al tronco encefalico e quasi completamente circondata dal
telencefalo, è connessa alla porzione del ponte mediante il mesencefalo,
consiste in un insieme di numerosi nuclei, stazioni di vie sensitive ascendenti
e motrici discendenti, che vengono suddivisi in cinque gruppi: il talamo,
organo pari che costituisce la parte supero-laterale del diencefalo, il
subtalamo, porzione impari che si viene a trovare al davanti del mesencefalo,
l’epitalamo, regione impari posizionata supero-posteriormente rispetto al
talamo, entra in rapporto con la lamina quadrigemina, è in connessione con
l'epifisi, l'ipotalamo, porzione inferiore del diencefalo connessa mediante il
peduncolo ipofisario con l'ipofisi, il metatalamo, pari è costituito da due nuclei
che determinano due rilievi ai lati dei tubercoli quadrigemini: i corpi genicolati
mediali e laterali. Il talamo è una porzione costituita da due lobi, i quali a loro
volta sono costituiti da vari nuclei (gruppi di neuroni), i quali sono coinvolti
nelle vie sensitive. Quindi i nuclei del talamo vanno a costituire delle stazioni
intermedie tra il midollo spinale e il tronco cerebrale nelle vie sensitive, le vie
della sensibilità generale e di quella specifica, presentano tutte delle
afferenze talamiche, ad eccezione di una via sensitiva che non presenta
afferenze talamiche, ovvero quella del neuroepitelio olfattivo, ma presenta
un'afferenza diretta dal neurone del bulbo olfattivo al neurone presente a
livello della corteccia cerebrale (in particolare nella corteccia temporale). La
porzione più preponderante della nostra massa cerebrale è rappresentata dal
telencefalo, è costituito da due emisferi cerebrali, più o meno di forma
ovoidale, appiattiti in senso latero-mediale e separati dalla scissura
interemisferica, che però non è completa, quindi i due emisferi non saranno
totalmente separati, ma sono in connessione mediante le fibre di
connessione. Gli emisferi cerebrali hanno un colore grigio-rosato essendo
rivestiti in superficie dalla sostanza grigia. È rivestito dalla porzione più
esterna del nostro cervello, cioè la corteccia cerebrale, insieme dei corpi
cellulari dei neuroni che costituiranno i due emisferi cerebrali. La particolarità
che caratterizza i due emisferi, è che presentano una superficie irregolare per
la presenza di vari rilievi che prendono il nome di circonvoluzioni, solcature
profonde dette scissure e solcature meno profonde dette solchi. Il cervello
dell'uomo presenta quindi tutta una serie di circonvoluzioni separate da solchi
e scissure, a differenza per esempio del cervello di un ratto che invece
presenta una superficie liscia. L’irregolarità della superficie cerebrale fa si che
aumenti la superficie cerebrale e quindi il numero di neuroni. Tra i vari solchi
che sono stati nominati, è da tenere a mente il solco centrale che prende il
nome di scissura di Rolando, che separa la porzione frontale da quella
parietale, e la scissure che separa il lobo frontale dal lobo temporale, detta
scissura laterale di Silvio, poi ci sono la scissura del cingolo (o scissura
limbica) ed il solco del corpo calloso, dove il corpo calloso è l’insieme di fasci
di sostanza bianca provenienti dai neuroni della corteccia cerebrale e che
prendono connessione con il corpo calloso controlaterale, tenendo uniti i due
emisferi cerebrali. Questi fasci di sostanza bianca presenteranno fibre di
connessione che permetteranno l’unione tra i corpi callosi dell'emisfero di
destra e di sinistra. Infine la scissura parieto-occipitale è quella che divide il
lobo parietale dal lobo occipitale. Nella corteccia cerebrale possiamo
identificare varie aree cerebrali il cui nome riprenderà quello delle ossa
craniche con cui prendono direttamente contatto, quindi si distingueranno
un'area frontale, separata dalla scissura centrale con il lobo parietale, a sua
volta separato dalla scissura parieto-occipitale con il lobo occipitale, ed infine
un lobo temporale, all'interno del quale si identifica il lobo dell’insula, lobo in
cui vanno a terminare le proiezioni provenienti dal neuroepitelio della lamina
cribrosa dell'osso etmoide, a costituire l'area olfattiva primaria. L'area frontale
costituirà parte fondamentale delle vie motorie, in quanto è suddivisa in altre
aree specifiche, in particolare l'area 4, corrispondente all’area motrice
primaria, che si viene a trovare al davanti del solco centrale e da cui
partiranno tutti gli impulsi nervosi per il controllo dei nostri muscoli, a questa
fa seguito un'area detta soppressoria (area 4s), in cui saranno presenti dei
neuroni che daranno degli stimoli inibitori che determineranno il rilassamento
dei muscoli, l'area 6 è l’area motrice secondaria, specializzata nel controllo dei
movimenti volontari, l’area 8 è l'area oculare, dove originano gli impulsi
motori volontari che determinano i movimenti dell'occhio. Nella porzione del
lobo frontale si riconosce anche l’area della corteccia prefrontale, ovvero la
porzione più anteriore del nostro cervello, coinvolta in stimoli emotivi, di
memoria e stimoli cognitivi (funzioni superiori del cervello). L'area del lobo
parietale a sua volta presenta varie aree, tra queste l'area sensitiva primaria,
cioè quella che tramuta le sensazioni coscienti degli impulsi della sensibilità
generale della metà etero-laterale del corpo, cioè quell'area che si viene a
trovare posteriormente all'area centrale ed alla scissura di Ronaldo, nella
quale arrivano gli stimoli sensitivi provenienti dalla periferia e che vengono
trasformati in sensazioni coscienti. Un’altra area è quella temporale in cui si
trovano l’area 41-42, sede della percezione dei suoni, rappresenta quindi
l’area acustica primaria, area in cui gli impulsi acustici vengono tramutati in
sensazioni uditive coscienti. Sempre a livello dell'area temporale, è presente
l’area 22 ovvero l'area acustica secondaria, in cui sono conservati i ricordi
mnemonici dei suoni ed è sede della comprensione del linguaggio parlato. La
superficie dorso-mediale del lobo temporale (corteccia piriforme) rappresenta
l’area olfattiva, cioè l'area in cui terminano le proiezioni provenienti dal nervo
olfattivo, che non ha afferenze talamiche. La corteccia occipitale è quella che
si viene a trovare posteriormente, a ridosso dell'osso occipitale, in cui sono
presenti delle fosse cervellari, ovvero cavità dell'osso occipitale in cui sono
alloggiate le porzioni più posteriori dei due emisferi cerebrali, ed in cui è
presente l’area ottica primaria (area 17), in cui gli impulsi luminosi sono
trasformati in sensazioni visive coscienti. Da due nervi ottici, che a livello del
chiasma ottico danno luogo ad una decussazione, proseguono posteriormente
e terminano nelle porzioni più profonde della corteccia occipitale. L’area
motoria primaria e quella sensitiva primaria sono le aree maggiormente
coinvolte nelle vie motorie e le vie sensitive. Una è quella da cui partono le
informazioni motorie e l'altra è l'area a cui arrivano tutte le informazioni della
sensibilità generale (il neurone ultimo delle vie sensitive).
I due emisferi non sono perfettamente speculari l’uno rispetto all'altro, non
sono completamente equivalenti, ma esiste una dominanza di uno dei due
emisferi, di solito l’emisfero dominante è il sinistro, in quanto possiede aree
specifiche coinvolte nel linguaggio, scritto e parlato, e quindi si ha l'area di
Exner specializzata nel linguaggio scritto, l'area del Broca (si legge Brocà),
sede del linguaggio parlato, quindi sono entrambe aree motorie, l'area del
Werniche, area sensitiva che permette la comprensione del linguaggio
parlato, e l’area del Dejerine, coinvolta nella comprensione del linguaggio
scritto. Oltre al fatto che l’emisfero sinistro è quello maggiormente coinvolto
nell'elaborazione del linguaggio, c’è invece il fatto che quello destro è
particolarmente coinvolto nell'elaborazione dei dati relativi allo spazio, quindi
del riconoscimento spaziale del nostro corpo, particolarmente coinvolto anche
nella percezione della musica o delle emozioni nell’attività onirica.
Nella corteccia cerebrale, oltre ai neuroni, sono presenti dei fasci di
associazione e dei fasci di proiezione, cioè i fasci di sostanza bianca possono
essere o fibre arcuate, fasci di connessione che connettono vari neuroni
presenti a livello delle varie circonvoluzioni, oppure è presente il corpo
calloso, o ancora, più in profondità, i fasci della commessura anteriore, cioè
fasci che connettono l’emisfero destro con il sinistro, fibre di associazione. La
sostanza grigia, da un punto di vista istologico, nelle varie porzioni della
corteccia cerebrale risulta costituita sempre allo stesso modo, ed anche nei
mammiferi inferiore, si ha la sovrapposizione di sei diversi strati cerebrali, 3 a
livello della corteccia cerebellare, sei diversi strati di neuroni, tra cui uno dei
più importanti è lo strato 5, che prende il nome di strato ganglionare, in cui i
neuroni sono più grandi e lassi rispetto a quelli dello strato 2,3 o 4. Sono
neuroni motori, particolarmente attivi nelle aree motorie primarie. Fra i
diversi strati ci sono neuroni di diversa grandezza e diversa distribuzione.
Nello strato 1, i neuroni sono molto scarsi, nello strato 2 sono più piccoli e
vicini l’uno all'altro, diventano più grandi e strettamente associati nello strato
3, nello strato 4 sono piccoli e strettamente associati, nel 5 diventano molto
più grandi e molto più lassi, nell’ultimo tornano ad essere molto piccoli e
vicini, di seguito si trovano gli strati di sostanza bianca.

L’OMUNCOLO (HOMUNCULUS)
L'omuncolo sensitivo e l'omuncolo motorio sono delle rappresentazioni
somatotipiche del nostro corpo a livello delle aree sensitive e motorie
primarie. A livello della corteccia motoria primaria, possiamo ritrovare vari
neuroni coinvolti nel movimento di una certa area del nostro corpo. Viene
detto omuncolo perché non c’è un rapporto proporzionale con la relativa
parte del corpo e con le sue dimensioni, esso ha delle grosse mani, delle
grosse labbra e un piccolo torace, perché in quelle zone più grandi
dell’omuncolo esisterà un numero di neuroni sicuramente maggiore per
permettere il movimento e la coordinazione di specifiche aree del corpo. Sarà
coinvolto un maggior numero di neuroni per muovere le labbra mentre
parliamo o la lingua, piuttosto che per alzare un braccio o muovere una parte
del tronco. Lo stesso vale per l'omuncolo sensitivo, in cui la discriminazione
dello stimolo sensitivo a livello delle labbra è maggiore della discriminazione
sensitiva a livello del tronco, delle braccia o delle gambe.
(Lezione 23)

LE MENINGI
Il cervello, all’interno della scatola cranica, risulta completamente avvolto da
tre membrane che lo separano dalla scatola cranica e vanno a costituire un
sistema in cui scorre anche parte del liquido cerebrospinale. Sono dei sottili
strati connettivali localizzati intorno all’encefalo. Se ne distinguono tre: a
partire dalla porzione più esterna, in diretto contatto con il periostio delle
ossa della scatola cranica, si ha la dura madre, separato dallo spazio
subdurale dalla seconda membrana più interna, l’aracnoide, separata dalla
membrana ancora più interna dallo spazio subaracnoideo, infine la pia madre.
La dura madre risulta a sua volta costituita da due strati fibrosi, il più esterno
è lo strato endostiale, fuso ed in continuazione con il periostio delle ossa della
scatola cranica, mentre il più interno è lo strato meningeo, nel quale
decorrono i seni durali. Nello spazio tra i due strati ci sono questi seni venosi.
In quattro regioni la dura madre si estende in profondità nella cavità cranica:
la falce cerebrale si proietta tra gli emisferi cerebrali nella scissura
longitudinale; Il tentorio del cervelletto sostiene e protegge i due lobi
occipitali del cervello e separa gli emisferi cerebellari dagli emisferi cerebrali;
La falce cerebellare divide i due emisferi cerebellari; Il diaframma della sella è
una continuazione del foglietto durale che circonda la sella turcica dell’osso
sfenoide. Il diaframma della sella ancora la dura madre all’osso sfenoide e
ricopre la base dell’ipofisi. L'aracnoide è una delicata membrana disposta tra
la dura madre e la pia madre, nello spazio sub-aracnoideo decorre una sottile
rete di fibre elastiche e collagene (da qui il nome di aracnoide), che la
connettono alla sottostante pia madre. Esternamente lungo l’asse del seno
sagittale, che è quello che decorre superiormente al cervello, uno dei più
importanti seni venosi della dura madre, si vengono a formare le granulazioni
aracnoidee, ovvero l'aracnoide attraverso delle estroflessioni della membrana
si inserisce nello spazio subdurale delle dura madre e permettono il
riassorbimento del liquido cerebrospinale. L’ultima meninge, in diretto
contatto con la corteccia cerebrale, è la pia madre, che aderisce alla
superficie dell'encefalo seguendone i contorni e rivestendone i solchi, è
ancorata alla superficie encefalica mediante i processi astrocitari. Le meningi
dell'encefalo sono in diretto rapporto con la circolazione venosa cerebrale.

CIRCOLAZIONE CEREBRALE
La circolazione cerebrale origina dall'arteria carotide interna, che penetra
all’interno della scatola cranica attraverso il forame carotideo, va a formare
parte della circolazione cerebrale anteriore, mentre posteriormente decorre
l’arteria basilare, che origina dalla fusione delle due arterie vertebrali, che a
loro volta originano dall’arteria succlavia, andando a formare il poligono di
Willis. Il seno venoso è una sorta di vaso, più sslargato rispetto ad una
classica vena, che origina da vene cerebrali che confluiscono all’interno dei
seni venosi della dura madre, prima di convogliare il sangue alla circolazione
sistemica. Il seno più ampio è il seno sagittale superiore, che si trova nella
compagine della falce cerebrale. Se ne riconoscono altri: il seno sagittale
inferiore, il seno retto, il confluente dei seni, i seni trasversi, seni cavernosi e i
seni sfenoparietali. Questi seni venosi convergono all'interno della dura
madre nella regione della sutura lambdoidea nel confluente dei seni, in
corrispondenza del quale si formano i seni trasversi destro e sinistro. Vicino
all’osso temporale, ciascun seno drena in un seno sigmoideo che penetra nel
foro giugulare e lascia il cranio assumendo il nome di vena giugulare interna.
Per cui il sangue della circolazione cerebrale viene drenato, prima di entrare
nella circolazione sistemica, nei seni venosi della dura madre, e questi seni
convergono verso i seni trasversi destro e sinistro, vicino alla porzione
petrosa dell'osso temporale, convergono tutti all’interno del seno sigmoideo,
che penetra nel foro giugulare per dare origine alla vena giugulare interna, la
quale fuoriuscirà dalla scatola cranica, porterà al fascio vascolo-nervoso del
collo, formano la vena brachiocefalica, tributaria della vena succlavia, che
confluirà nella vena cava superiore. La circolazione venosa è importante
perché è in diretta continuazione con i ventricoli cerebrali (all’interno della
massa encefalica sono presenti delle cavità detti ventricoli cerebrali), di cui si
riconoscono i ventricoli laterali, uno per emisfero, con una tipica forma a C, in
cui si riconoscono una porzione anteriore, una longitudinale, una inferiore,
simile a un corno che si inserisce nella porzione occipitale. I due ventricoli
laterali sono in comunicazione tramite il forame di Monro al terzo ventricolo,
presente a livello del diencefalo, il quale, attraverso l’acquedotto di Silvio,
prende rapporto con il quarto ventricolo (che separa ponte e midollo
allungato dal cervelletto), il quale ha una porzione slargata che è in
continuazione con il canale centrale presente a livello del midollo spinale. A
livello del midollo spinale sarà quindi presente una cavità, il canale centrale,
rivestito dall’ependima, in continuazione con il sistema dei ventricoli
cerebrali. La formazione del liquido cerebrospinale avviene a livello dei plessi
corioidei, ovvero letti capillari che si estendono all'interno del ventricolo
cerebrale, completamente ricoperto da cellule ependimali, le quali sono
elementi delle cellule gliali. Queste cellule rivestono completamente
l'endotelio del letto capillare, in mancanza della componente astrocitaria che
doveva costituire la barriera ematoencefalica. A livello di queste cellule, e
quindi del letto capillare, avviene tutta una serie di movimenti di molecole che
mettono in comunicazione l'ambiente ventricolare con la circolazione
cerebrale nelle diverse aree cerebrali, per cui ci sarà un flusso di molecole dal
letto capillare verso il lume del ventricolo o ugualmente un flusso di molecole,
soprattutto di sostanze di rifiuto, che vengono rilasciate da neuroni, e questo
flusso permette la formazione del liquido cerebrospinale. Il liquido
cerebrospinale è un liquido incolore, alcalino, prodotto a livello dei plessi
corioidei, con un meccanismo di dialisi a cui partecipano le cellule ependimali
(volume di circa 100-130cc) Costituzione chimica: acqua (99%) sostanze
organiche (1-2g proteine: 20-40 mg ) e sali ( 8-9g) Parte Corpuscolata:
linfociti, rari monociti e cellule ependimali in sostituzione. Il passaggio
dell’acqua viene modulato dal liquido cerebrospinale al torrente circolatorio e
viceversa tramite una specifica proteina canale, l’acquaporina I, solo ed
esclusivamente presente a livello cerebrale nelle cellule ependimali dei plessi
corioidei. (L’acquaporina IV è invece presente solo a livello cerebrale della
barriera ematoencefalica). Quindi il liquido cerebrospinale è prodotto a livello
dei ventricoli cerebrali, decorre nello spazio sub-aracnoideo, tra l'aracnoide e
la pia madre, in tutto lo spazio che va a rivestire l'encefalo ed il cervelletto,
ma anche nello spazio sub-aracnoideo presente a livello del midollo spinale.
Grazie alle granulazioni aracnoidee si ha che il liquido cerebrospinale torna
nella circolazione sistemica (quindi ci sarà un collegamento tra circolazione
sistemica del plesso corioideo e circolazione cerebrale attraverso il sistema
delle cellule ependimali che rivestono il ventricolo). Il liquido cerebrospinale
fa si che la massa cerebrale “galleggi”, come se pesasse di meno. È un
elemento fondamentale per permettere le analisi di alterazioni a livello
centrale. La circolazione cerebrale è una circolazione il cui letto capillare è
estremamente differenziato rispetto ai letti capillari di altri organi, in quanto,
innanzitutto risulta costituito da un endotelio continuo, quindi non risulta in
comunicazione con l’ambiente neuronale esterno, inoltre intorno al letto
capillare esistono dei prolungamenti degli astrociti che si associano ad altri
elementi cellulari, che prendono il nome di periciti, e l’unione di questi due
fattori porta alla formazione della barriera ematoencefalica. La barriera
ematoencefalica (BDB) è un sistema di protezione e regolazione, è
caratterizzato da capillari con endotelio continuo, cellule unite da tight
Junctions, e letto capillare completamente avvolto dalle membrane delle
cellule astrocitarie. A livello della membrana delle cellule della barriera
ematoencefalica sono presenti proteine canale che permetteranno il
passaggio solo di determinati tipi di molecole, per esempio l’acquaporina IV, il
GLUT1 (per il passaggio di glucosio dal letto vascolare al neurone). La sua
presenza (della BDB) è necessaria in quanto il neurone è estremamente
sensibile alle variazioni dell’ambiente extracellulare, quindi l’astrocita media il
rapporto tra il neurone è il torrente circolatorio, bloccando l’ingresso di
determinate sostanze.

NERVI CRANICI (consiglia le slide)


Parti integranti del SNP, i nervi cranici non originano dal midollo spinale ma
direttamente da nuclei presenti a livello dell’encefalo. Possono essere nervi
motori, nervi sensitivi oppure nervi misti. Si riconoscono 12 paia di nervi
cranici, di cui si riconoscono sempre un’origine apparente, ovvero il punto
della superficie encefalica dal quale fuoriescono ed un'origine reale, cioè più
neuroni che vanno a costituire la porzione dell'area cerebrale in cui saranno
presenti i corpi cellulari dei neuroni, i cui assoni andranno a costituire il nervo
cranico. Il I è il nervo olfattivo, il II il nervo ottico, il III è il nervo
oculomotore, IV nervo trocleare, V nervo trigemino, VI nervo abducente, VII
nervo facciale, VIII nervo acustico, IX nervo glossofaringeo, X nervo vago, XI
nervo accessorio, XII nervo ipoglosso. Possono avere funzione sensitiva,
motrice o mista. Sono sensitivi il I, II e VIII, quelli motori sono il III, IV, VI,
XI e il XII, sono misti gli altri, quindi hanno al contempo una componente
sensitiva ed una motoria, caratteristica dei nervi spinali.
Il primo nervo cranico (I N) è il nervo olfattivo, ovvero quello deputato al
senso dell'olfatto, di tipo sensoriale. Origina dalla mucosa olfattiva delle fosse
nasali, dove si trovano le cellule olfattive (neuroni sensoriali primari). I loro
neuriti amielinici si uniscono in fascetti (filamenti olfattivi) i quali attraversano
la lamina cribrosa dell’etmoide e raggiungono la superficie inferiore del bulbo
olfattivo. Qui prendono contatto con le cellule mitrali del bulbo olfattivo. Il
bulbo olfattivo poi si continua e si collega all'encefalo per creare la via
olfattiva centrale, senza specifiche afferenze talamiche.
Il nervo ottico (II N) è un nervo esclusivamente sensoriale che assicura la
visione. Origina dalle cellule gangliari (multipolari) della retina i loro assoni
emergono dal polo posteriore del bulbo oculare. Nella sua porzione
intraorbitaria, sulla faccia laterale del nervo ottico si appoggia il ganglio ciliare
(III N nervo oculomotore). Nella stessa sede il nervo ottico incontra l’arteria
centrale della retina, ramo dell’arteria oftalmica. Il nervo entra nel cranio
attraverso il foro ottico. A livello del chiasma ottico le fibre che originano dal
lato nasale di entrambe le retine s’incrociano passando contro lateralmente,
mentre quelle che originano dal lato temporale non s’incrociano.
Il nervo oculomotore (III N) è un nervo somatomotore e visceroeffettore
generale. Assicura la motilità dei muscoli estrinseci dell’occhio (che non sono
innervati dal IV dal VI nervo cranico) e dei muscoli intrinseci del bulbo
oculare. Il nucleo delle fibre somatomotrici si trova nel tegmento
mesencefalico. Dal ganglio originano le fibre postgangliari per i muscoli
intrinseci dell’occhio.
Il nervo trocleare (IV N) è un nervo somatomotore che assicura la motilità del
muscolo obliquo superiore. Il suo nucleo di origine si trova nel mesencefalo.
Le sue fibre s’incrociano sulla linea mediana prima della loro emergenza in
corrispondenza del solco trasversale, che segna il confine tra la lamina
quadrigemina e il velo midollare superiore.
Il nervo trigemino (V N) è il più voluminoso dei nervi cranici. E’ un nervo
misto con una componente somatomotrice e una somatosensitiva generale.
Assicura la motilità ai muscoli masticatori, al muscolo milioideo, al ventre
anteriore del digastrico, in parte al tensore del velo palatino e al tensore del
timpano. Assicura la sensibilità della cute e della mucosa della faccia, quindi
le sue terminazioni arriveranno anche all'interno della polpa dentale.
Il nervo abducente (VI N) è il nervo motore somatico che nasce dal suo
nucleo nel ponte, sotto il pavimento del 4° ventricolo. Perfora la dura madre
e scorre sotto il trigemino verso l’osso temporale, in vicinanza all’apice della
piramide e si immette nella estremità posteriore del seno cavernoso
addossato alla arteria carotide interna, avendo lateralmente i nervi trocleare
ed oftalmico. Esce dal cranio attraverso la fessura orbitaria superiore, penetra
nella cavità orbitaria e innerva il muscolo retto laterale dell’occhio. Il nervo
abducente assicura la motilità del muscolo retto laterale.
Il nervo facciale (VII N) è un nervo misto che ha i suoi nuclei nel ponte ed è
formato da due parti: il nervo facciale propriamente detto ed il nervo
intermedio di Wrisberg. Il nervo faciale assicura la motilità della muscolatura
mimica della faccia. Il nervo intermedio raccoglie la sensibilità gustativa dei
due terzi anteriori della lingua e contiene fibre visceroeffettori
parasimpatiche. Nella lesione periferica del nervo facciale manca la motilità
volontaria di tutti i muscoli mimici.
Il nervo vestibolo-cocleare (VIII N) è un nervo esclusivamente sensoriale. E’
costituito di due parti distinte – il nervo vestibolare e il nervo cocleare.
Il nervo glossofaringeo (IX N) è un nervo misto sensitivo somatico, sensitivo
viscerale, motore somatico e viscerale (parasimpatico cerebrale). Il nervo
glossofaringeo è responsabile alla motilità dei muscoli della faringe, la
sensibilità dell’orecchio medio, della lingua e della faringe. Ha importanza
fondamentale nei movimenti della deglutizione, in particolare quella dei cibi
solidi.
Il nervo vago (X N) è un nervo misto che possiede una componente motoria
somatica e motoria viscerale (parasimpatica), sensitiva somatica, sensitiva
viscerale. E’ il nervo più importante del sistema parasimpatico. Il nervo vago
provvede all’innervazione non soltanto di regioni della testa come gli altri
nervi cranici, ma discende nella parete toracica e addominale formando
plessi. Il nervo vago innerva l’albero bronchiale (quindi è coinvolto nella
contrazione e dilatazione dell'albero tracheobronchiale) e l’apparato digerente
fino alla metà del colon trasverso, inoltre partecipa alla deglutizione e alla
mobilità delle corde vocali. Forma dei plessi anche nel cuore, infatti può
diminuire le contrazioni cardiache.
Il nervo accessorio (XI N) è un nervo motore somatico con fibre che
originano dal nucleo spinale del nervo accessorio (al limite fra bulbo e
midollo) posto lateralmente e alla base delle corna anteriori dei primi cinque
segmenti cervicali. Provvede alla innervazione dei muscoli
sternocleidomastoideo e trapezio.
Il nervo ipoglosso (XII N) è un nervo esclusivamente motore somatico che
origina dal nucleo nel nervo ipoglosso nel bulbo. Provvede all'innervazione
della muscolatura della lingua. Il suo nucleo riceve solo fibre crociate (dalla
via piramidale) e perciò nelle lesione monolaterali del nervo è paralizzata la
meta controlaterale della lingua.

MIDOLLO SPINALE
La seconda parte del SNC è rappresentata dal midollo spinale, continuazione
dell'encefalo all’interno del canale della colonna vertebrale. Attraversa il
canale vertebrale che si viene a creare dalla sovrapposizione dei corpi
vertebrali e del loro forame. Il midollo spinale non va ad occupare
completamente il canale vertebrale, perché nello sviluppo dell’individuo, il
midollo spinale non cresce in egual misura allo sviluppo osseo della colonna
vertebrale, quindi la porzione del midollo spinale terminerà a livello delle I-II
vertebre lombari. Dalla porzione centrale del midollo spinale originano i vari
nervi spinali, che fuoriescono dalla colonna vertebrale a livello del forame
intervertebrale, ovvero quello che si veniva a costituire dalla sovrapposizione
di vertebra e vertebra, a livello delle lamine. Come per la colonna vertebrale,
anche a livello del midollo spinale ci sarà una divisione metamerica, quindi ci
sarà una porzione cervicale (da cui fuoriescono 8 paia di nervi), una toracica
(12 paia), una lombare (5 paia), una sacrale (5 paia) ed una piccola porzione
coccigea (1-2 paia). L'ultima porzione del canale vertebrale è chiamata cauda
equina, cioè l’insieme delle porzioni dei nervi spinali che devono uscire dal
forame vertebrale. Mentre a livello delle porzioni cervicali il nervo spinale
fuoriesce dal canale vertebrale nella precisa corrispondenza, mano a mano
che si scende, accorciandosi il midollo spinale, il forame intervertebrale sarà
posizionato più in basso, quindi il nervo spinale dovrà, nella prima porzione,
essere inserito all'interno del canale vertebrale, per poi fuoriuscire dal forame
intervertebrale corrispondente, e l’ultima porzione del canale vertebrale sarà
quindi occupato dalla cauda equina, fasci nervosi che originano dal midollo
spinale, decorrono all'interno del canale vertebrale, e fuoriescono dal forame
intervertebrale. In sezione trasversale, il midollo spinale risulta organizzato
esternamente in cordoni di sostanza bianca, dai quali fuoriescono delle
radicole, che si vanno a fondere all’interno del canale, per poi formare il
nervo spinale che fuoriuscirà dal forame intervertebrale. A sua volta la
porzione di sostanza bianca del midollo spinale risulta avvolta da varie
meningi, le meningi spinali. Quella esterna è la dura madre, separata
dall'aracnoide dallo spazio subdurale, però la dura madre esterna non si viene
a trovare in diretto contatto con il periostio delle vertebre, ma sarà
completamente staccato, poi più internamente l'aracnoide, con uno spazio
subaracnoideo che fissa l'aracnoide alla pia madre più interna. Il midollo
spinale risulta costituito esternamente da sostanza bianca organizzata in
cordoni (fasci di sostanza bianca), ad avvolgere completamente la porzione di
sostanza grigia, la quale presenta una tipica forma ad H, o ad ali di farfalla, di
cui si riconoscono una porzione anteriore ed una posteriore, e le due porzioni
laterali sono unite da una commessura centrale di sostanza grigia. In sezione
trasversale i vari metameri del midollo spinale non sono tutti uguali, perché
cambia lo spessore, partendo dalla porzione cervicale fino alla porzione
sacrale coccigea, il diametro, la dimensione delle corna anteriori e posteriori.
[Slide 4].
Un singolo metamero è organizzato in una porzione di sostanza grigia, in cui
si riconoscono un corno posteriore, uno anteriore ed uno piccolo laterale, sia
nella parte destra che nella parte sinistra del midollo spinale. La sostanza
grigia è completamente avvolta dai cordoni di sostanza bianca, nel quale
riconosciamo un cordone anteriore, un cordone laterale ed un cordone
posteriore, da entrambe le parti. Il cordone anteriore sarà presente tra la
fessura mediana anteriore e la fuoriuscita delle radicole anteriori, il cordone
laterale è presente tra le corna anteriori e quelle posteriori, mentre il cordone
posteriore è presente tra il corno posteriore del midollo spinale ed il solco
mediano posteriore, meno profondo rispetto alla fessura mediana anteriore.
Le due metà del midollo spinale, destra e sinistra, risultano divise
anteriormente dalla fessura mediana anteriore e posteriormente dal solco
mediano posteriore. Per la commessura centrale passa il canale centrale,
rivestito dalle cellule ependimali.
La sostanza grigia risulta organizzata in diversi nuclei di neuroni, definiamo
una porzione anteriore, una posteriore ed una laterale, in cui saranno
presenti diversi tipi di neuroni. Da un punto di vista anatomico, ogni
metamero del midollo spinale risulta organizzato con una distribuzione ben
precisa dei neuroni, la porzione anteriore presenterà motoneuroni spinali
(nuclei somato-motori), nelle corna laterali saranno presenti motoneuroni
(nuclei viscero-motori) del sistema nervoso autonomo, in quello posteriore ci
saranno le afferenze dei neuroni sensitivi, presenti a livello del ganglio della
radice dorsale. Quindi da un punto di vista funzionale, da ogni metamero del
midollo spinale, fuoriusciranno le radicole che andranno a formare il nervo
spinale, ed il cui nervo spinale sarà un nervo misto, in quanto costituito
sempre da una porzione sensitiva ed una motrice. La porzione sensitiva
deriva dalle corna posteriori del midollo spinale, ma il cui neurone sensitivo,
pseudo unipolare, il cui cono di emergenza si divide in due assoni, da una
parte entra a livello della radice dorsale e termina a livello delle corna
posteriori del midollo, mentre l'altro entra nella costituzione del nervo spinale,
cioè la parte sensitiva che prenderà afferenza dai corpuscoli sensitivi che
ricevono segnali dall'ambiente esterno. Questo corpo cellulare del neurone
sensitivo è presente a livello del ganglio della radice dorsale. I neuroni motori
sono invece presenti a livello delle corna anteriori del midollo spinale, da cui
escono assoni che entrano nella radice ventrale del midollo spinale. I neuroni
motori del sistema nervoso autonomo, avranno i neuroni a livello delle corna
laterali. Il primo neurone coinvolto nella via sensitiva della sensibilità generale
sarà sempre il neurone presente a livello del ganglio della radice dorsale. Il
cordone anteriore, laterale e posteriore non sono altro che fasci di assoni
mielinici che entrano nella costituzione delle vie motorie e delle vie sensitive.
(Lezione 24- ultima)
Se da un punto di vista anatomico il midollo risulta organizzato esternamente
in cordoni di sostanza bianca, uno anteriore, uno laterale ed uno posteriore, a
questa divisione di sostanza bianca e di sostanza grigia corrisponde una
diversa struttura anatomo-funzionale. A livello delle corna anteriori del
midollo spinale abbiamo la presenza dei motoneuroni (somatici) spinali, da
cui fuoriusciranno dei fasci, che vanno a costituire la radice ventrale del nervo
spinale, mentre nel corno laterale sono presenti i corpi cellulari dei
motoneuroni del sistema nervoso autonomo, i cui fasci entreranno nella
costituzione del midollo spinale che fuoriesce dal forame intervertebrale,
invece nel ganglio della radice dorsale saranno presenti i corpi cellulari dei
motoneuroni sensitivi, ovvero neuroni pseudo unipolari (a T), di cui l’assone
si ramificherà in due parti, di cui una entrerà nelle corna posteriori, dove
potrà fare o meno sinapsi con degli interneuroni oppure potrà salire
attraverso o il cordone laterale o il cordone posteriore a costituire i fasci di
sostanza bianca del midollo spinale, mentre l’altra parte dell’assone del
neurone entra nella costituzione del nervo spinale e va a prendere sinapsi con
gli organuli di senso (per la sensibilità tattile o termo-dolorifica, quindi le vie
della sensibilità generale). Quindi, da un punto di vista funzionale, le corna
posteriori rappresentano la porzione sensitiva, le corna anteriori e laterali
quella motoria (autonoma e somatica), tenendo ben presente che però i corpi
cellulari non sono localizzati direttamente in queste porzioni. Il nervo spinale
che esce dal forame intervertebrale è misto, perché presenta una
componente motoria (autonoma e somatica) ma anche una componente
sensitiva. Il ganglio della radice dorsale, gruppi di neuroni definiti da degli
avvolgimenti connettivali, nel quale possiamo trovare anche cellule
accessorie, ovvero le cellule satelliti. Altri tipi di neuroni del midollo spinale
sono i motoneuroni spinali, somatici o viscerali, che rappresentano forse i
neuroni più grandi del nostro corpo. I neuroni afferenti invece sono
particolarmente numerosi e di dimensioni medie. L’assone di tali elementi
cellulari attraversa orizzontalmente la sostanza grigia del midollo spinale,
quindi l’abbandona, si riveste di mielina e sale o scende nella sostanza bianca
per raggiungere altri centri nervosi. I corpi cellulari di questi fasci assonici
saranno quindi presenti a livello del corno posteriore del midollo spinale a
costituire quelli che chiameremo interneuroni, i quali prendono sinapsi con il
neurone sensitivo per poi risalire verso l’alto. Infine sono presenti neuroni di
associazione, ovvero altri tipi di interneuroni di cui l’assone non lascia mai la
sostanza grigia, anche questi mettono in contatto vari neuroni tra il lato
destro e il lato sinistro del midollo spinale.

NERVI SPINALI
Dal midollo spinale fuoriescono gruppi di nervi spinali, se ne identificano 8
cervicali, 12 toracici, 5 lombari, 5 sacrali ed 1-2 coccigei. Ognuno deputato ai
vari movimenti di specifiche porzioni del corpo, quindi i nervi cervicali saranno
coinvolti nei movimenti della testa, dei muscoli respiratori, i movimenti del
collo, dell'arto superiore, i nervi toracici saranno coinvolti nel mantenimento
della postura, nel movimento della colonna vertebrale, nel movimento della
gabbia toracica durante la respirazione, le ultime porzioni toraciche e quelle
lombari sono deputate ai movimenti dei muscoli dell’anca, e da quelli lombari
in giù sono tutti coinvolti nella contrazione dei muscoli dell'arto inferiore.
(Bastano queste informazioni, non bisogna sapere i vari plessi dei nervi
spinali).
Da un punto di vista anatomico i nervi spinali sono costituiti da un insieme di
fibre nervose di tipo mielinico e amielinico. Le fibre mieliniche, che
costituiscono la principale componente di un nervo, sono rappresentate da
fibre motrici somatiche. Dall'esterno all'interno, un nervo risulta essere
rivestito da 3 guaine che lo avvolgono: un epinervio, un perinervio, e un
endonervio. L’epinervio è costituito da tessuto connettivo lasso ad avvolgere
l'intero nervo (avvolge anche il ganglio della radice dorsale del nervo spinale).
Si compone di una parte esterna che circonda la circonferenza del nervo ed
una interna che delimita i vari fascicoli. Il perinervio va a formare una guaina
attorno ai singoli fascicoli nervosi. A loro volta, i singoli assoni, avvolti da
guaina mielinica, sono immersi nell’endonervio, una matrice di collagene
lasso con ampio spazio extracellulare. All'interno del nervo saranno presenti
anche i vasi sanguigni, una serie di arteriole intra fascicolari (interne) che
portano nutrimento alle guaine mieliniche e agli assoni che compongono il
nervo stesso. Una delle patologie più comuni che affliggono i nervi spinali
(indicata come neuropatia periferica) è la sciatica, dovuta ad
un'infiammazione del nervo spinale, causata generalmente da una
compressione del nervo e dalla sua fuoriuscita dal midollo spinale, si ha
schiacciamento dei dischi intervertebrali (erniazione). Ce ne sono anche altre,
per esempio anche i muscoli possono provocare danno di schiacciamento ai
nervi e causare problemi di deambulazione.

ARCO RIFLESSO
I riflessi sono risposte autonomiche ed immediate ad uno stimolo esterno o
interno. Sono classificati in base allo sviluppo (innati o acquisiti), al sito di
elaborazione (spinali o cranici), al tipo di risposta (somatica o viscerale), o in
base alla complessità, e quindi del numero di neuroni coinvolti nel riflesso
spinale (monosinaptici o polisinaptici). L’arco riflesso è un sistema in cui è
coinvolta sia una componente motoria che sensitiva, ma la cui risposta
rimane solo a livello del midollo spinale, quindi la risposta allo stimolo
sensitivo non arriva al centro encefalico superiore. Il sistema rimane chiuso a
livello del midollo spinale, viene elaborata una risposta automatica ad uno
stimolo esterno o interno (dagli organi interni), consentendo una risposta
molto più rapida ed immediata. È costituito da 5 elementi fondamentali (ne
possono anche essere presenti 4): una componente sensitiva, un recettore
sensitivo, che riceve lo stimolo e che lo trasmetterà attraverso l'assone del
nervo sensitivo, sempre presente a livello del ganglio della radice dorsale del
nervo spinale, che lo porterà nel midollo spinale attraverso le corna
posteriori, ci può essere o meno la presenza di un interneurone, per poi
diffondere l’informazione ad un motoneurone spinale a livello delle corna
anteriori del midollo, da cui partirà l’assone che fuoriuscirà dalle radici ventrali
anteriori, andando nella costituzione del nervo spinale ed infine portare lo
stimolo di contrazione o rilassamento ad un organo effettore (che può essere
un muscolo scheletrico). Un classico esempio di riflesso è quello di
allontanamento: percepisco una superficie che mi procura dolore ed
immediatamente allontanerò via la porzione di corpo interessata al dolore.
Terminazioni nervose libere avvertiranno la sensazione di dolore, il segnale
arriverà al neurone sensitivo delle corna posteriori del midollo spinale, sinapsi
con un interneurone, di tipo eccitatorio, che andrà a stimolare il motoneurone
alfa (quello che determina la contrazione del muscolo), e quindi si ha
l'allontanamento della porzione del corpo stimolata dal dolore. Ci saranno
comunque delle fibre che portano verso i centri encefalici e che
successivamente mi daranno la consapevolezza dell'accaduto ed
eventualmente verrà memorizzato come riflesso acquisito a quello stimolo. È
un sistema che coinvolge solo i neuroni sensitivi e motori del midollo spinale.
Un altro esempio è il riflesso di stiramento: all'interno dei nostri muscoli sono
presenti degli organuli sensitivi che costituiscono i fusi neuromuscolari,
porzioni di muscolo allargate centralmente e ristrette verso la periferia, che
servono a mantenere il normale stato di rilassamento e di contrazione del
muscolo, e che quindi sono coinvolti per esempio nel mantenimento
dell’equilibrio e della postura. La parte centrale è innervata da un neurone
sensitivo, laddove ci sarà un eccessivo stiramento del muscolo, la parte
centrale sente questo stiramento e parte l’informazione sensitiva, la quale dal
fuso neuromuscolare arriva alle corna posteriori del midollo spinale, c’è una
diretta sinapsi con il motoneurone alfa, il quale induce la contrazione del
muscolo, e quindi l'accorciamento della fibra. Questo riflesso è correlato al
riflesso patellare per esempio, colpendo il tendine situato sotto il ginocchio, si
ha uno stiramento del muscolo, il fuso neuromuscolare sente l’eccessivo
stiramento del muscolo e si ha la contrazione del muscolo, quindi si ha la
risposta involontaria di alzare la gamba. È usato come controllo per verificare
la corretta funzionalità del midollo spinale. Il riflesso di stiramento è quello
più semplice, perché si ha un organulo sensitivo, un neurone sensitivo, e si
ha direttamente la sinapsi con un motoneurone a livello delle corna anteriori
del midollo spinale. Un altro riflesso, più complesso, è il riflesso tendineo del
Golgi, che impedisce ai muscoli in contrazione di esercitare un’eccessiva
trazione sui tendini, quindi il muscolo che si sta contraendo potrebbe stirare,
nella sua eccessiva contrazione, il tendine a cui è associato, il quale permette
l’attacco del muscolo alle ossa, ci saranno quindi dei corpuscoli sensitivi
tendinei, innervati da un neurone periferico sensitivo, che manderà
l'informazione alle corna posteriori, in questo caso mediato da un
interneurone, di tipo inibitorio, che andrà a fare sinapsi con il motoneurone e
ne bloccherà l'attivazione, e quindi bloccherà la contrazione del muscolo. Da
un punto di vista anatomico l’unità anatomo-funzionale del sistema nervoso
centrale è l'arco riflesso. (Il meccanismo di trasmissione del segnale e la
localizzazione dei vari neuroni e delle varie porzioni del midollo spinale le
chiede spesso all'esame [slide 9]).

VIE MOTORIE
Sono vie che determinano la contrazione dei muscoli, quindi sono vie in cui è
coinvolto il sistema nervoso somatico. Le vie motrici possono essere dirette o
indirette. La via motrice diretta (piramidali) regola la contrazione del muscolo,
il tono muscolare e la loro coordinazione, per movimenti volontari, mentre la
via motrice indiretta (extrapiramidali) regola i movimenti inconsci,
determinano la coordinazione muscolare, regola la postura, è coinvolta nella
respirazione, quindi nel movimento di testa e collo in relazione agli stimoli
visivi. Bisogna individuare le tappe da cui sono costituite queste vie motrici
(dove originano, dove terminano, la sede di decussazione e l’azione). A livello
della circonvoluzione prerolandica, anteriormente alla scissura di Rolando,
della corteccia frontale, è presente l'area motrice primaria, cioè in cui sono
presenti i motoneuroni, ovvero i neuroni che determinano la contrazione del
muscolo. La corteccia motrice primaria è l’ubicazione del motoneurone
superiore (almeno nella via cortico-spinale), ci saranno poi dei fasci di assoni
mielinici che andranno ad attraversare varie porzioni dell'encefalo e del
midollo spinale, per poi andare a prendere direttamente sinapsi con i
motoneuroni presenti a livello delle corna anteriori del midollo spinale. Di
queste vie bisogna quindi sapere dove si trova il motoneurone primario, il sito
di destinazione, e dove queste fibre decussano. Abbiamo infatti detto che una
delle caratteristiche del nostro sistema nervoso è il fatto che una parte
dell'emisfero cerebrale va a regolare le attività della parte opposta del corpo,
quindi ci sarà un punto in cui queste fibre si incrociano. In ogni via cortico-
spinale (o via motrice diretta) ci sarà quindi un primo motoneurone a livello
del SNC, i cui fasci assonici percorrono il nostro cervello per arrivare al
midollo spinale, dove prenderanno sinapsi con il secondo motoneurone,
ovvero il motoneurone spinale delle corna anteriori del midollo spinale.
Questa via è responsabile dei movimenti consci dei muscoli scheletrici. La via
cortico-spinale risulta divisa in un fascio cortico-bulbare, un fascio cortico-
spinale laterale ed un fascio cortico-spinale anteriore. Tutte e tre le vie
avranno il primo motoneurone a livello della corteccia motoria primaria, però
la via cortico-bulbare avrà come destinazione i motoneuroni inferiori dei
nuclei dei nervi cranici nel tronco encefalico, e la sede di decussazione nel
tronco encefalico, mentre le vie cortico-spinali laterale e anteriore avranno
come destinazione i motoneuroni inferiori delle corna grigie anteriori del
midollo spinale. La sede di decussazione del fascio laterale sono le piramidi
bulbari, mentre di quello anteriore a livello dei motoneuroni inferiori. La via
cortico-bulbare è quella che si occupa di innervare i muscoli della parte
superiore del corpo, quindi i suoi fasci andranno a terminare a livello dei
nuclei dei nervi cranici dei muscoli scheletrici della testa. La via cortico-
spinale, o piramidale, origina dalla porzione della corteccia motoria primaria,
scende verso il basso, attraversa prima il mesencefalo, poi il ponte, e a livello
delle piramidi del midollo allungato, circa l'85-90% delle fibre, ovvero quelle
della via cortico-spinale laterale, subisce una decussazione, scende verso la
porzione del cordone laterale controlaterale del midollo spinale, rientra a
livello delle corna anteriori e va a fare sinapsi con il motoneurone inferiore, i
cui assoni faranno afferenza ai muscoli scheletrici degli arti superiori ed
inferiori. Invece, la via cortico-spinale anteriore, scende a livello del midollo
allungato, passa attraverso la piramide senza subire decussazione, scende nel
cordone anteriore del midollo spinale, e solo una volta entrato a livello delle
corna anteriori, decussa attraverso la commessura grigia e va nel corno
anteriore controlaterale. Quindi si può dire che tutte le vie piramidali dirette
sono vie crociate.
Le vie extra-piramidale hanno diverse stazioni intermedie prima di arrivare al
midollo spinale e andare ad innervare determinati muscoli, per risposte
autonomiche a stimoli provenienti dall'ambiente esterno. Ci saranno delle
stazioni di motoneuroni a livello del talamo (nel nucleo lentiforme), a livello
del mesencefalo (nucleo rosso e sostanza nera, sedi di decussazione), a
livello del ponte (formazione reticolare) ed infine nel midollo spinale. Le vie
motorie extra-piramidali sono: il fascio vestibolo-spinale, il fascio tetto-
spinale, il fascio reticolo-spinale, ed il fascio rubro-spinale. L’informazione
parte in questo caso dalla corteccia motoria primaria, però poi ha una
stazione intermedia a livello del vestibolo, a livello del tetto, a livello della
formazione reticolare e a livello del nucleo rosso del mesencefalo. Sono vie
quindi più complesse con funzioni più complesse, che prevedono l'interazione
tra informazioni sensitive e informazioni motorie. L’elemento effettore finale
delle vie motorie è la placca motrice del muscolo scheletrico. Nell'area
motrice primaria (area 4) c’è una rappresentazione del nostro corpo,
l'omuncolo motorio, in cui la grandezza di una parte del corpo corrisponde al
numero di neuroni che sono coinvolti nel movimento di quella parte del corpo
(lingua, labbra grandi, piccolo tronco ecc..).

VIE SENSITIVE
La via sensitiva è la via opposta in un certo senso a quella motoria, è la via
afferente che porta l'informazione al nostro cervello. Parliamo della via della
sensibilità generale, cioè vie coinvolte nella sensibilità propriocettiva, tattile e
termo-dolorifica. Il primo elemento presente nella via sensitiva è l’organulo
sensitivo, posizionato all'interno della cute. Avremo quindi una serie di
corpuscoli sensitivi presenti a livello del nostro sistema tegumentario, e che
possono essere di diversi tipi. Il recettore più semplice è il nocicettore (o
recettore del dolore), costituito da delle terminazioni nervose libere. Il
neurone sensitivo termina a livello della porzione sottostante all'epidermide
per ricevere gli stimoli sensitivi dolorosi. Altri, più complessi, sono i dischi
tattili di Merkel, strutture in cui la terminazione nervosa presenta una
porzione slargata, organizzata a livello del punto di intersezione tra il derma
e l’epidermide, e sono recettori ad adattamento lento di tatto fine.
Permettono una discriminazione molto fine degli oggetti che tocchiamo, nel
punto preciso della porzione corporea con cui riceviamo la sensazione tattile.
Il corpuscolo del Meissner, che ci permette una discriminazione più
grossolana, senza identificare chiaramente il punto preciso di contatto. I
corpuscoli del Ruffini sono anch’essi recettori ad adattamento lento di tatto
fine, infine i corpuscoli del Pacini, presenti nelle porzioni più profonde del
derma, sono recettori ad adattamento rapido di tatto grossolano, per
sensazioni che arrivano negli strati più profondi del derma (stimoli pressori),
sono costituiti da un terminale assonico avvolto da un sistema di lamelle
connettivali. Il sistema delle vie sensitive risulta più complesso perché sono
coinvolti tre tipi di neuroni (non due come in quelle motorie) polineuronica. Il
primo neurone (neurone di primo ordine) sarà sempre il neurone sensitivo il
cui corpo cellulare sarà presente a livello del ganglio della radice dorsale del
midollo spinale. Il secondo può essere posizionato in varie parti, a seconda
delle varie vie. Il terzo è quasi sempre presente a livello del talamo. La
maggior parte delle vie sensitive della sensibilità generale presenta afferenze
talamiche, come anche quelle della sensibilità specifica (via ottica, via
acustica, via vestibolare, via olfattiva) fatta eccezione per l'olfatto. La via del
cordone posteriore (o via del lemnisco mediale), è la via coinvolta nella
ricezione tattile epicritica (discriminazione fine), pressoria, vibratoria e
propriocettiva (ci rende coscienti della nostra posizione del corpo all’interno
dell'ambiente), cosciente dalla metà inferiore del corpo al di sotto del T6.
Questa via può essere ulteriormente suddivisa in altre due parti: la via del
fascicolo gracile e la via del fascicolo cuneato. Avrà il neurone di secondo
ordine a livello del nucleo gracile del bulbo e a livello del nucleo cuneato del
bulbo (nel midollo allungato). La via del cordone posteriore è la via che parte
dal ganglio della radice dorsale, entra nel midollo spinale, sale verso l’alto in
corrispondenza del cordone posteriore di sostanza bianca, entra nel midollo
allungato, e termina a livello del nucleo del fascicolo gracile o del nucleo del
fascicolo cuneato, decussa, sale verso l’alto a formare la via del lemnisco
mediale, in cui i fasci prendono il nome di fasci del lemnisco mediale,
attraversano il ponte, il mesencefalo e hanno afferenze talamiche, da qui il
neurone parte e termina verso la corteccia sensitiva primaria. La via spino-
talamica è la via della sensibilità tattile protopatica (discriminazione
grossolana) e pressoria. Questa via si divide in un fascio spino-talamico
laterale ed in un fascio spino-talamico anteriore. Il fascio parte dal midollo e
va direttamente al talamo, non ha delle afferenze a livello di altre porzioni del
cervello, quindi entra nel midollo spinale, sempre dal ganglio della radice
posteriore, fa sinapsi con un neurone di secondo ordine a livello delle corna
posteriori del midollo spinale, decussa a livello della commessura grigia, sale
verso l'alto a formare il fascio spino-talamico laterale ed anteriore, per fare
afferenza direttamente al talamo e alla corteccia sensitiva primaria,
localizzata a livello della corteccia parietale, lì dove abbiamo la
rappresentazione dell'omuncolo sensitivo, in cui la dimensione risulta
proporzionale al numero di recettori presenti in quella porzione e al numero
di neuroni che raccolgono la sensibilità di quei recettori.
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO
Si compone di due parti: il sistema nervoso simpatico ed il sistema nervoso
parasimpatico. Sono due sistemi che regolano la funzionalità degli organi
interni e quindi l’omeostasi del corpo. Da un punto di vista funzionale
possiamo distinguere una componente somatica, che regola la contrazione
dei muscoli scheletrici attraverso le vie dirette e indirette, ed una autonoma
del sistema nervoso, coinvolta nella funzionalità degli organi interni, quindi
regola la contrazione del cuore, della muscolatura liscia di arterie e organi
interni (digerente e respiratorio), è coinvolto nella secrezione delle ghiandole
sia esocrine che endocrine, nella funzionalità del tessuto adiposo ecc, quindi
l’omeostasi del nostro organismo in diretta correlazione con il sistema
endocrino. Da un punto di vista anatomico, i due sistemi, somatico ed
autonomo, sono collaterali, in quanto quello somatico origina dalle corna
anteriori del midollo spinale, il cui motoneurone entra nella costituzione del
nervo spinale a partire dalla radice anteriore del nervo spinale per poi dare
afferenza al muscolo effettore (vie motrici), mentre il sistema nervoso
autonomo è sempre organizzato in un sistema multisinaptico (o
polisinaptico), non riceve informazioni sensitive ma porta informazioni
efferenti, quindi origina dalle corna laterali del midollo spinale, esce dalle
radici anteriori del nervo spinale, e presenta sempre una stazione intermedia
rappresentata da un ganglio autonomo, un gruppo di neuroni posizionato in
diverse parti del corpo che raccolgono dei neuroni post-gangliari. Quindi nel
sistema nervoso autonomo individueremo sempre un neurone pre-gangliare
(neurone spinale delle corna laterali del midollo spinale) che farà sinapsi con
un neurone a livello del ganglio, per cui ci sarà un neurone post-gangliare
che sarà un neurone effettore, cioè quello che andrà ad innervare l'organo. È
più complesso di quello somatico, in quanto sono coinvolti più gruppi
neuronali, i neuroni del cordone laterale e i neuroni gangliari. Il sistema
autonomo viene diviso in una componente simpatica (un tempo detta
ortosimpatica) ed una parasimpatica, due sistemi molto vicini tra di loro e che
lavorano per molti organi in maniera opposta. Mentre, in generale, il sistema
simpatico ci mette nella condizione di allerta e che porta alla contrazione
degli organi interni ed i muscoli del nostro corpo, che permette di rispondere
agli stimoli esterni, il parasimpatico è il sistema della calma, della
vasodilatazione, che rilassa il nostro organismo. Molta della funzionalità di
ognuno dei due sistemi sarà in antitesi con quella dell'altro. Per molti organi,
laddove un sistema attiva, l'altro rilassa.
SISTEMA NERVOSO SIMPATICO
È quello che presenta i neuroni pre-gangliari che originano a livello delle
corna laterali del midollo spinale dei segmenti spinali che vanno dalle prime
porzioni del metamero toracico alle prime porzioni di quello lombare. I
neuroni gangliari, presenti a livello del ganglio simpatico, possono presentare
diverse condizioni: o possono costituire una catena gangliare simpatica pari,
cioè gangli che decorrono da T1 a L2 lateralmente alla colonna vertebrale,
che andrà direttamente agli organi bersaglio del sistema nervoso centrale, da
cui originano delle fibre post-gangliari, oppure possono costituire catene
gangliari collaterali, impari, o ancora possono essere presenti nella sostanza
midollare del surrene, pari, (avevamo detto che la porzione midollare del
surrene poteva essere considerata un ganglio del sistema simpatico) in
quanto fibre afferenti dei neuroni pre-gangliari terminano a livello della
sostanza midollare della ghiandola surrenale, attivando la liberazione di
adrenalina e noradrenalina, quindi rilascia neurotrasmettitori a livello del
circolo sanguigno, e quindi gli organi bersaglio saranno diversi, quelli che
presentano recettori adrenergici specifici per adrenalina e noradrenalina. La
catena gangliare simpatica (via simpatica) parte dalle corna laterali del
midollo spinale, da cui fuoriescono fasci che entrano nella radice anteriore del
midollo spinale, vanno attraverso il ramo comunicante bianco per entrare in
sinapsi a livello del neurone gangliare, a questo punto l’informazione può
viaggiare o lungo la catena gangliare, e quindi interessare altri gangli della
catena gangliare (può salire verso l’alto o verso il basso) oppure, attraverso
un vaso comunicante grigio, rientrare nella costituzione del nervo spinale. Il
nervo spinale è misto perché presenta una componente sensitiva, una
motoria ed una autonoma.
La catena dei gangli simpatici, destinati agli organi della cavità toracica,
direttamente entrano nella costituzione del ramo anteriore, passano per il
vaso comunicante grigio, salgono o scendono verso la catena gangliare, per
poi andare ad innervare gli organi viscerali della cavità toracica, quindi verso
polmoni, cuore, bronchi. (Sono sempre gangli pari).
La catena dei gangli collaterali invece, entra nella costituzione del vaso
comunicante bianco, entra nella catena simpatica, non hanno connessione
con la catena gangliare presente ai lati della colonna vertebrale per poi
fuoriuscire e terminare a livello di tre grossi gangli specifici, il ganglio celiaco,
il ganglio mesenteriale superiore ed il ganglio mesenteriale inferiore,
posizionati anteriormente alla colonna vertebrale, sono impari. Sono quelli da
cui origina la componente simpatica post gangliare che va ad innervare i
visceri, o che danno direttamente afferenza alla midollare del surrene.
I gangli simpatici cervicali sono quelli che poi origineranno le porzioni
simpatiche dei nervi cranici che presentano delle efferenze autonome, ovvero
il III, il VII, il IX e il X. Il nervo vago per esempio è quello che porta
l'innervazione simpatica al cuore, e che ne regola la frequenza della
contrazione delle cellule cardiache.

IL SISTEMA NERVOSO PARASIMPATICO


Presenta i neuroni pre-gangliari nella porzione del tronco encefalico, e nelle
porzioni di midollo spinale dei segmenti da S2-S4. I neuroni gangliari della
regione del tronco encefalico sono il ganglio ciliare, il ganglio sfenopalatino e
sottomandibolare, il ganglio ottico ed i gangli terminali o intramurali, i quali
entrano nella costituzione dei 4 nervi cranici, che hanno anche una
componente autonomica. Dai neuroni pre-gangliari della regione sacrale
origineranno i nervi pelvici. In maniera generale , i gangli non sono
posizionati lateralmente alla colonna vertebrale, ma sono posizionati o molto
vicino all'organo che vanno ad innervare o nella compagine dell’organo. I due
sistemi sono quindi completamente differenti da un punto di vista anatomico.
C’è sempre l'organizzazione che prevede un neurone pre-gangliare, un
ganglio ed una fibra post-gangliare, però sono posizionati anatomicamente in
punti diversi. Altra differenza tra simpatico e parasimpatico, è il tipo di
neurotrasmettitore che viene rilasciato. A livello del simpatico il neurone pre-
gangliare rilascia acetilcolina (neurone colinergico), quindi il neurone post-
gangliare avrà recettori o nicotinici o muscarinici. La regione del neurone
post-gangliare invece, generalmente rilascia adrenalina o noradrenalina, sia a
livello dell'organo bersaglio che nella circolazione sanguigna, quindi si
avranno, a livello degli organi bersaglio, dei recettori adrenergici alfa e beta,
in alcuni casi può però rilasciare acetilcolina. La componente parasimpatica
presenterà sempre neuroni pre-gangliari colinergici, quindi che rilasciano
acetilcolina, la risposta dipenderà quindi dal tipo di recettore, se nicotinico o
muscarinico. La porzione post-gangliare è sempre colinergica nelle fibre
parasimpatiche. I recettori colinergici ed adrenergici del sistema nervoso
autonomo innescano il tipo di reazione. Il sistema di recettori adrenergici si
divide in alfa1, alfa2, beta1, beta2, di cui il primo ha una risposta eccitatoria,
quindi stimola il metabolismo, il secondo ha una risposta inibitoria sulla cellula
effettrice, beta1 innesca la stimolazione e l'incremento del consumo di
energia e beta2 determina un'inibizione del recettore stesso, e quindi
dell'organo effettore. Tra i recettori adrenergici invece, quelli nicotinici
determinano sempre una stimolazione, un’eccitazione o una contrazione
muscolare, mentre quelli muscarinici determinano una risposta variabile. Il
tipo di recettore ed il tipo di fibra post-gangliare vanno a determinare una
regolazione diversa dell'organo (eccitazione/inibizione). Gli organi interni
hanno sempre una doppia innervazione, dal sistema simpatico e quello
parasimpatico, e questo comporta un controllo opposto ed antitetico da parte
dei due sistemi.

Potrebbero piacerti anche