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BIOLOGIA DELLO SVILUPPO

Ontogenesi e filogenesi
Tutti gli organismi multicellulari iniziano la propria vita come una singola cellula: un uovo
fecondato.
Questa cellula va poi incontro a ripetute divisioni cellulari, per cui dal semplice e singolo zigote
iniziale si arriva a un organismo con un livello di complessità e pluricellularità altissimo.
Animali e vegetali sono totalmente diversi tra loro, e all’interno di questi regni è riconoscibile
un’altissima varietà di sottoregni, phyla, classi, ecc. Tanto che un regno come quello degli animali
comprende allo stesso tempo il C. Elegans e l’uomo.
Nonostante questa enorme varietà morfologica, che riflette una enorme varietà genetica, molti dei
meccanismi dello sviluppo dell’embrione (ontogenesi) di una specie sono simili, se non identici, a
quelli di tutte le altre specie.
Lo sviluppo dell’embrione, inoltre, sembra ricapitolare la filogenesi, ossia il particolare percorso
evoluzionistico che ha portato quella specie ad evolversi dall’eucariote ancestrale (lo zigote)
all’organismo attuale, passando per una miriade di stati intermedi via via più complessi.
Sono esemplificativi in tale senso i disegni di Haeckel, per quanto controversi (e falsi), volevano
provare e rendono bene un concetto, comunque accettato dalla comunità scientifica: l’ontogenesi
ricapitola la filogenesi.

Come si può vedere la tabella deve essere letta in verticale, e infatti sulle colonne è rappresentata
l’ontogenesi di 8 organismi ritenuti progressivamente più complessi.
Eppure i disegni, ovvero la morfologia degli stadi embrionali, è così simile tra i vari organismi, che
è possibile leggere la tabella anche in orizzontale, quasi come fosse descritta l’ontogenesi di 1 solo
organismo.
Ma in orizzontale non se ne legge la ontogenesi, bensì una ipotetica filogenesi. Per cui da un
organismo inizialmente acquatico (il pesce) si è poi passati a uno anfibio (la salamandra e poi la
tartaruga), poi pian piano a organismi completamente terrestri sempre più complessi (il pollo fino al
coniglio e all’uomo).

Dalla morfologia alla genetica


I disegni di Haeckel rappresentano uno dei primi tentativi di comprendere il processo attraverso cui
si sviluppa un organismo, eppure furono capaci di cogliere uno dei fondamenti di questa branca
della biologia come vedremo alla fine di questo capitolo.
Questi disegni sono, inoltre, esemplificativi dei primi studi di embriologia, che consistevano
appunto nell’osservazione e nella descrizione, ossia in embriologia descrittiva, in quanto non si
possedevano strumenti necessari alla manipolazione delle cellule.
Non appena ciò fu possibile si procedette ai primi esperimenti, dando inizio alla embriologia
sperimentale.
Non a caso i primi tentativi furono effettuati su organismi modello come il pollo e la rana che hanno
uova molto grandi.
Lo step successivo fu il passaggio alla genetica, grazie all’isolamento di mutanti dello sviluppo
negli organismi modello più utilizzati tutt’ora: Drosophila M., C. Elegans, Mus Musculus, Danio
Rerio.
Infine quando furono disponibili le tecniche di biologia molecolare e in particolare il
sequenziamento, l’analisi di genomi e quindi la genomica comparativa si confermarono i sospetti
iniziali:
I geni regolanti lo sviluppo presentano un altissimo livello di conservazione e omologia tra specie. I
meccanismi con cui si sono evoluti organismi a complessità maggiore sono essenzialmente basati
sulla duplicazione genica.
Infatti i set di geni regolanti lo sviluppo sono gli stessi, ma via via che si procede in organismi più
complessi aumentano le copie di ogni singolo gene del set, sebbene queste copie svolgano una
funziona identica in tutti gli organismi.
Spesso è possibile sostituire tali geni omologhi tra specie diverse senza ottenere anomalie nello
sviluppo, indicando quindi che questi geni svolgono funzioni identiche (e quindi sono
interscambiabili) in specie anche molto diverse tra loro (per es engrailed in drosophila e topo).
Questi geni regolano soprattutto l’adesione e il signaling, cioè la comunicazione cellulare, e oppure
codificano per proteine leganti il dna.
Mentre questi geni sono altamente conservati, si nota una gran variabilità a livello delle sequenze di
regolazione dell’espressione genica.
Quindi in questo senso l’ipotesi per cui l’ontogenesi ricapitola la filogenesi è corretta.

Sviluppo
Lo sviluppo è un aumento regolato del numero di cellule, associato ad un aumento della diversità
cellulare, coordinato nello spazio e nel tempo.
L’aumento del numero di cellule è intrinseco dalla divisione cellulare.
La diversità cellulare consiste in cellule diverse che svolgono funzioni diverse. Poiché il materiale
genetico è identico in tutte le cellule di uno stesso organismo, le differenti funzioni sono ottenute
attraverso differenti set di espressione genica.
Tuttavia deve esistere un meccanismo per cui una cellula dividendosi genera 2 figlie, che prendono
ognuna una strada diversa. Esistono, infatti, centinaia di tipi di versi di cellule in un organismo,
eppure sono tutte originate dallo stesso zigote.

Differenziazione
La diversità può essere dovuta a influenze interne alla cellula o esterne.
Con influenza interna, si intende soprattutto il concetto di divisione asimmetrica, per cui le 2 cellule
risultanti dalla divisione hanno una qualche serie significativa di molecole suddivisa in modo
ineguale. Queste molecole faranno da determinante del destino, per cui la cellula che le possiede
differenzierà in un modo, quella che non le possiede in un altro.
Un diverso modo di determinare il destino di una cellula può essere dovuto a influenze esterne
come nel caso del signaling cellulare. Per cui altre cellule, anche materne, secernono molecole
captate dall’embrione, oppure attraverso adesione cellulare, o altri meccanismi di comunicazione
cellulare, attivano determinati pathway nelle cellule target, che attivano geni determinanti il destino.
In pratica si tratta di una segnalazione di tipo induttivo per cui cellule inizialmente identiche,
vengono esposte ad ambienti diversi, e in conseguenza di questi diversi stimoli ambientali si
adattano in modi differenti.
Un esempio di metodo di differenziazione ce lo offre il sistema di determinazione dell’oocita in
Drosophila Melanogaster.
Come nello sviluppo si devono indirizzare le cellule ognuna verso il proprio destino, così in un
organismo adulto ci sono tessuti in continua proliferazione e differenziazione. Ad esempio nel
midollo osseo umano ci sono progenitori tutti identici dai quali originano tutti i tipi di cellule del
sangue, che hanno funzioni ben differenti tra loro.
Lo stesso vale per la linea germinale: ci sono dei progenitori dai quali originano tutti gli oociti.
Ovviamente deve esistere un sistema per cui un progenitore non è più un progenitore, ma una
cellula committed, cioè indirizzata e quindi destinata a diventare un oocita.
In Drosophila questa decisione è effettuata in seguito a 4 divisioni cellulari.
Il progenitore iniziale di divide, e le 2 cellule figlie subiscono un’altra divisione, e le 4 figlie
un’altra divisione, le 8 figlie un’ultima divisione, per cui si avrà un totale di 16 cellule.
Tuttavia tali divisioni sono tutte incomplete, cioè il processo di citodieresi (divisione vera e propria
delle 2 cellule) è incompleto, così che resta un ponte citoplasmatico di comunicazione tra le cellule
figlie.
Ne segue che dopo 4 cicli di divisioni, le 2 cellule della prima generazione avranno 4 ponti, la
seconda generazione 3, la terza 2 e l’ultima generazione solo un ponte.

In questa figura sono schematizzate le divisioni successive del progenitore, e in arancione sono
segnati i probabili oociti, che sono, infatti, le uniche cellule a possedere 4 ponti.
Di questi 2 oociti candidato, in ogni caso, solamente 1 diverrà l’oocita vero e proprio fecondabile.

Morfogenicità
Nell’oocita di Drosophila abbiamo analizzato un caso relativamente semplice, in cui il sistema non
subisce influenze esterne.
Invece, nello sviluppo di un organismo, sono molto più frequenti i casi in cui le cellule vengono
differenziate in base a interazioni induttive, cioè in base all’ambiente diverso, alle influenze esterne
cui sono esposte.
Un primo esempio è quello dell’inibizione laterale, per cui cellule adiacenti cominciano una gara
verso la differenziazione, per cui alcune cellule cominciano a specializzarsi e contemporaneamente
inviano segnali inibitori a quelle adiacenti, per evitare che prendano il loro stesso cammino. Per cui
alla fine la cellula che avrà specializzato più in fretta o avrà resistito all’inibizione sarà quella che
avrà differenziato.
La strategia più usata, però, è quella dell’interazione induttiva in cui cellule esterne mandano
segnali induttivi a cellule di un gruppo, per cui queste poi differenziano. Il segnale è solitamente
limitato sia nello spazio che nel tempo, così che solo le cellule più vicine alla sorgente del segnale
manifesteranno il carattere indotto e consiste ovviamente in un qualsiasi metodo di comunicazione
tra cellule, per cui può essere a corto o lungo raggio, mediato da molecole o dovuto a contatto
diretto.
In linea di principio qualsiasi molecole potrebbe essere utilizzata come induttore morfogenico, ma
nella pratica, nello sviluppo di tutti gli organismi sono utilizzate sempre le stesse, poche famiglie e
sistemi di induzione.
Le vie di segnalazione utilizzate sono: recettori tirosina chinasi, la superfamiglia TGF-beta, Wnt,
Hedgehog e Notch.
Le cellule competenti a rispondere al segnale costituiscono il gruppo di equivalenza o campo
morfogenetico.
Bisogna tener conto che queste cellule target sono caratterizzate solo dalla capacità di rispondere,
questo non esclude che possano essere già differenziate diversamente tra loro e quindi rispondere in
maniera diversa a uno stesso stimolo.
Questo perché mentre le proteine della cascata di segnalazione sono le stesse, gli effettori delle vie
di segnalazione, che sono per lo più le proteine regolanti la trascrizione, cambiano e sono diverse in
memoria di stimoli precedentemente avuti o in base a segnali che la cellula sta ricevendo in quel
momento.
Inoltre bisogna immaginare che intrinsecamente al fatto che le cellule sorgente diffondono il
segnale intorno la concentrazione di segnali induttivi sarà più alta alla fonte e più debole man mano
che ci si allontana.
Quindi la risposta potrebbe essere radicalmente diversa in base alla diversa concentrazione di
induttore cui la cellula è esposta.
In effetti la creazione di gradienti di morgogenicità è una strategia di induzione largamente
utilizzata nello sviluppo di un organismo, perché grazie l’organizzazione di risposte differenti in
funzione di concentrazioni differenti è possibile ottenere una larga varietà di effetti grazie a un solo
segnale.
A questo quadro bisogna affiancare all’esistenza di induttori anche quella di inibitori che modulano
la risposta. Per cui ad esempio si potrebbe ottenere un gradiente morfogenico con un morfogeno
distribuito uniformemente e un induttore distribuito a gradiente.
Fin’ora abbiamo parlato di induzioni a livello spaziale, ma ad essere precisi esistono metodi di
induzione basati anche sul tempo di stimolazione. Ad esempio i progenitori dei neuroni di corteccia
e di midollo di topo si dividono per 23 o 11 cicli cellulari a seconda che debbano diventare del
primo o del secondo tipo. Questo avviene sia in vivo (cioè in presenza di un ambiente che muta) sia
in vitro (quindi a condizioni costanti). Questo riflette l’esistenza di un programma interno alla
cellula che ne definisce il corso temporale del suo sviluppo.
Nel concetto di gradiente di morfogenicità è intrinseca un’idea di gradualità, di una miriade di
elementi intermedi compresi tra 2 estremi. In realtà nello sviluppo di un organismo si osservano
campi morfogenici molto netti, risposte tutto-o-niente. Il solo concetto di gradiente morfogenico
sembra non poter spiegare queste evidenze.
In realtà l’organismo utilizza un sistema di induzione sequenziale, in cui su uno stesso luogo
cellulare si trovano sovrapposti più gradienti sia spazialmente che temporalmente, come se a un
disegno inizialmente semplice, abbozzato, sono via via aggiunti sempre più particolari, livelli su
livelli, per cui alla fine si vede solo il quadro finale dettagliato.

Teoria dei segnali


In risposta a un segnale una cellula può avere una sola o una serie di risposte, e la varietà di queste
risposte è altissima, tuttavia è possibile classificarle in:
Cambiamento dell’espressione genica
Mitosi
Cambiamento nella morfologia e nelle proprietà adesive
Cambiamento dello stato fisiologico
Apoptosi
Tuttavia prima di raggiungere l’effetto ci sono parecchi passi da fare, rappresentati nello schema
seguente:

Nei capitoli precendenti abbiamo detto che le vie di segnalazione intracellulare, cioè le cascate di
segnalazione, fanno parte per lo più di queste famiglie:
Recettori tirosina chinasi
Superfamiglia TGF-beta
Wnt
Hedgehog
Notch
Le proteine bersaglio abbiamo già detto che variano in base allo stato differenziativo della cellula.
La maggiore varietà, quindi, si trova a livello del sistema recettore/ligando.
Quindi vale la pena soffermarci sui sistemi di segnalazione tra cellule.
Una prima classificazione può essere fatta sulla distanza d’azione:
Già sulla base di questa classificazione è possibile fare alcune riflessioni.
Considerando segnali di tipo autocrino, quella in cui una cellula secerne segnali per sé, se si riflette
a livello di una singola cellula, questa emana un segnale debole per sé stessa, ma se si riflette a
livello di più cellule, queste si stimolano a vicenda in un circuito che si autoalimenta.
Prendiamo ora in considerazione i 2 tipi di segnalazione a maggior distanza: endocrina e sinaptica.
Quella endocrina è più lenta, inoltre dato che il ligando diffonde per il torrente circolatorio, questo
passa a contatto con molte altre cellule, per cui per evitare stimolazioni illegittime il ligando deve
essere molto specifico per il target, così quest’ultime esprimono recettori ad alta affinità, così che il
ligando può circolare per questioni di sicurezza (riguardo le stimolazioni illegittime) anche a
bassissima concentrazione.
Quella sinaptica è molto più veloce, la specificità di segnalazione è data dall’assone, che contatta un
numero ristretto e molto ben definito di cellule, a differenza di quella endocrina che segnala a tutte
le cellule competenti dell’organismo. Grazie al sistema assone che rilascia il segnale in uno spazio
chiuso è possibile utilizzare ligandi e recettori a specificità più bassa, tuttavia a causa di questa
specificità minore bisogna utilizzare molecole di ligando in eccesso, che vengono poi ricaptate.
Per quanto riguarda le stimolazioni dipendenti da contatto intendiamo serie interazioni tra proteine
transmembrana di cellule diverse, i cui domini intracellulari vengono attivati in seguito a tale
interazione avviando la cascata di segnalazione.
Talvolta però l’interazione può essere ancora più intima, è questo il caso delle Gap Junctions in cui i
citoplasmi di cellule differenti sono in comunicazione diretta tra loro mediante proteine canale,
attraverso le quali si possono scambiare piccole molecole come cAMP e Ca2+, che sappiamo essere
essenziali nella trasduzione. Questo tipo di scambio è un’efficiente modo per “omogeneizzare” le
risposte metaboliche.
Le cellule follicolari, ad esempio, sono in contatto diretto tra loro e hanno protrusioni di membrana
che attraversano la zona pellucida e formano gap-junction con l’oocita, scambiando con esso
metaboliti.
Dopo questa panoramica sui vari sistemi di segnalazione, allarghiamo il nostro modello includendo
la possibilità di combinazioni di segnali.
Differenti ligandi stimolano differenti recettori, e la particolare combinazione di vie attivate può
dare origine a risposte differenti.
Alcuni segnali possono fungere da stimolatori, altri da inibitori di una stessa via.
Segnali diversi possono competere per stimolare lo stesso recettore.
La sequenza di stimolazione può influenzare risposte differenti.
Ricordiamo inoltre che a questa varietà “a monte” si aggiunge la varietà “a valle” di proteine
effettrici, mentre invece sono quasi identiche le proteine intermedie che si occupano della
trasduzione del segnale.

Phage display biopanning


Il Phage display biopanning è una tecnica mediante la quale è possibile identificare ligandi per
recettori e sapere per quale tipo cellulare sono specifici.
In questa metodica si utilizzano fagi ricombinanti, in cui le proteine strutturali del fago sono fuse
con proteine endogene cellulari, i ligandi di cui si vuole conoscere la specificità.
Ogni fago è rappresentativo di un ligando, in quanto strutturalmente è parte di esso, e perché al suo
interno porta la sequenza di cDNA da cui le proteine di fusione sono state espresse.
La miscela con tutti i fagi candidato viene fatta adsorbire su cellule (1), tutti i fagi non specifici non
avranno aderito alla membrana e quindi saranno eliminati decantando il sovranatante (2).
A questo punto i fagi adsorbiti vengono recuperati e fatti nuovamente adsorbire sul tipo cellulare
interessato (3). Con lo stesso principio di prima vengono eliminati i fagi non specifici per quel tipo
cellulare (4) e recuperati, invece, quelli che si sono adsorbiti (5).
Questo passaggio è effettuato varie volte (6) per ottenere una miscela di fagi molto ristretta, in cui
sono compresi solamente quelli veramente specifici per quel tipo cellulare.
Ottenuti i fagi, si procede al recupero e al sequenziamento dei cDNA in essi contenuti, così si potrà
risalire alle proteine di fusione che esprimevano e di conseguenza ai ligandi.
I ligandi trovati saranno, ovviamente, quelli specifici per il tipo cellulare su cui il test è stato
eseguito.

Cromatografia
Una volta identificati i ligandi e le cellule con le quali interagiscono, è ora necessario risalire alle
proteine che effettivamente captano il ligando.
In una colonna cromatografia vengono caricate delle sferette coatate col ligando di cui si vuole
individuare il recettore.
A questo punto viene fatto eluire l’estratto cellulare, in cui tra tutte le proteine presenti ci sarà anche
il recettore per il ligando sulle sferette.
Mentre tutto l’estratto eluirà via, i recettori specifici verranno trattenuti nella colonna perché
adsorbiranno sulle sferette.
A questo punto facendo fluire nella colonna un eccesso di ligando libero (cioè non coatato sulle
sferette) il recettore coatato interagirà preferibilmente con esso e quindi verrà recuperato nel volume
di eluizione.

Clonaggio di espressione
Si può sfruttare il clonaggio di espressione per identificare il gene codificante i recettori di un
particolare ligando.
Si può, infatti, far esprimere a cellule un pool di possibili recettori per il ligando interessato.
Queste cellule vengono stimolate con il ligando, se all’interno del pool con cui sono state trasfettate
è presente il gene per il recettore specifico, esse reagiranno allo stimolo.
A questo punto tale pool costituisce un insieme di geni candidato molto più ristretto, e su questo
base di questo si allestisce un altro test, e così via fino ad ottenere 1 solo gene, che sarà quello
codificante per il recettore specifico per il ligando studiato.

Organismi modello e interazione ligando-recettore


In Drosophila è possibile forzare una ricombinazione mitotica a livello di uno specifico locus, per
cui in seguito a una mitosi una cellula inizialmente eterozigote in quel punto produrrà una progenie
di cellule omozigoti. Spesso l’allele mutante è fatto in maniera da essere fuso con la GFP e quindi
risultare fluorescente e quindi facilmente rintracciabile.
Se tale procedimento è attivato a livello embrionale, si otterrà un embrione con isole di cellule
omozigoti per uno o l’altro allele.
L’epitelio dell’ala di Drosophila presenta una polarità planare, infatti i peli dell’ala sono tutti
orientati nello stesso senso.
Mutanti per il gene Frizzled presentano mancanza di tale orientamento, tale mutazione è recessiva,
per cui è un caso perfetto per applicare questa tecnica.
L’ala di questa Drosophila modello conterrà isole mutanti e isole normali. Se le isole mutanti
saranno caratterizzate in ogni caso dalla fluorescenza, se poi esprimeranno il fenotipo, ossia
l’assenza di polarità, vorrà dire che in tale caratteristica sono indipendenti dalle cellule circostanti,
autonome. Si dice appunto che l’effetto cellulare è autonomo, o non-autonomo.
In caso di un effetto cellulare autonomo è probabile che l’espressione del fenotipo mutante dipende
dalla singola cellula, e dato che l’unica differenza sta in quel gene ricombinante, vorrà dire che il
gene Frizzled è responsabile del fenotipo mutante.
Se il gene in questione, come si è scoperto poi essere Frizzled, codifica per un recettore, il
verificarsi di un effetto cellulare del tipo autonomo vuol dire che questo in seguito a mutazione non
capta più il ligando.
Classificazione dei ligandi
Classificazione sulla distanza d’azione:
autocrino
paracrino
endocrino
Classificazione sulle dimensioni
Molecole a basso PM
Peptidi
Proteine

Identificazione di ligandi e recettori

Classificazione dei recettori


Recettori ad attività enzimatica o legati ad enzimi (tirosina chinasi, serina/treonina chinasi,
fosfatasi)
Recettori a sette domini transmembrana (associati a proteine G, frizzled)
Recettori legati a canali ionici
Recettori a domini transmembrana multipli (ptc)
Recettori Notch
Proteine segnale come recettori (efrine)
Recettori serina/treonina chinasi della superfamiglia TGF-beta

Recettori Frizzled e Wnt


Wnt è il ligando di Frizzled.
Frizzled è strutturalmente simile ai recettori 7-TM, e talvolta è capace di operare come essi in
presenza di proteine G, ma in realtà trasduce il segnale a una proteina chiamata Dishevelled.
In assenza di Wnt, Frizzled è inattivo e di conseguenza anche Dishevelled.
Esiste poi il complesso assina-apc-GSK3beta che in questa condizione è attivo, e in particolare la
GSK-3 fosforila la beta-catenina.
La beta-catenina fosforilata è instabile viene ubiquitinata a e degradata. E comunque la stragrande
maggioranza si trova impegnata a fare da ponte tra le caderine e i filamenti di actina.
La beta-catenina in eccesso, se non fosse degradata, e se avesse saturato tutti i posti a livello dei
filamenti di actina, si legherebbe a un fattore trascrizionale, LEF-1 / TCF, che data la sua assenza è
complessato con la proteina Groucho inibendo la trascrizione.
I domini Frizzled extracitololici in collaborazione con LRP legano Wnt. I legame attiva i loro
domini citosolici che attivana Dishevelled. Questa proteina inibisce la GSK-3beta, che non fosforila
la beta-catenina. La beta-catenina, ora stabile, si accumula nel citosol, si trasferisce nel nucleo e
scalza Groucho. Viene reclutata la trascrittasi e si esprimono i geni rispondenti a Wnt (tra cui c-
myc).
La proteina APC nominata prima è proprio quella dell’adenomatosi poliposa del colon, che se
mutata altera proprio questo meccanismo inibendo costitutivamente la GSK-3. La beta-catenina si
accumula e viene trascritto c-myc che è l’oncogene più famoso di tutti.

Recettori Patched Smoothened e Hedgehog


Hedgehog è un ligando coinvolto in numerosi processi di sviluppo, nell’uomo ad esempio tramite
un gradiente morfogeno guida lo sviluppo delle dita della mano.
Tutte le risposte innescate da Hedgehog sono trasdotte all’interno della cellula da un recettore, anzi
una collaborazione tra 2 recettori: Patched e Smoothened.
Patched è un recettore ptc, in quanto attraversa la membrana 12 volte. Smoothened è una 7-TM
simile a Frizzled.
In assenza di Hg (hedgehog) Patched inibisce Smoothened e quindi non c’è cascata di segnale.
All’interno della cellula legati su microtubuli si trovano alcuni complessi di costal-soppressore di
fused-chinasi fused-Ci.
Ci è cubitus interruptus ed è l’unica proteina di cui si conosce il ruolo preciso in questa via di
segnalazione. Ci viene, in questo caso, ubiquitinata e degradata nei proteasomi. La degradazione
non è completa, e uno dei suoi prodotti si accumula e migra nel nucleo dove si complessa a un
corepressore e spegne i geni rispondenti a Hg.
In presenza di Hg, Smoothened inibisce la degradazione e fa rilasciare il complesso dai microtubuli.
Ci non viene processato e così com’è si accumula, migra e invece di complessarsi a un corepressore
si complessa a un coattivatore attivando la trascrizione.

Recettore Notch e Delta


Il sistema Notch/Delta è un esempio di inibizione laterale.
Sappiamo che dall’ectoderma originano cellule epiteliali e neuronali, e Notch è coinvolto nella
decisione della differenziazione nell’uno o nell’altro tipo.
In Drosophila le cellule precursore epiteliali proseguono lungo la loro strada di differenziazione, al
contempo mandano alle cellule circostanti segnali di inibizione della differenziazione. In questa
gara le cellule perdenti, cioè inibite, differenziano in neuroni invece che in epitelio.
Notch è considerato il recettore, e Delta il ligando, ma in realtà entrambe sono proteine
transmembrana. Entrambe queste proteine per funzionare necessitano di attivazione proteolitica.
Mentre il meccanismo di segnalazione di Delta nella futura cellula nervosa è poco conosciuto, si
conosce bene quello di Notch.
Notch subisce un primo taglio proteolitico nell’apparato di Golgi da parte della furina, ma tale
taglio è da considerare necessario solamente alla sua maturazione, che lo converte in un
eterodimero.
Una volta esposto in seguito al legame con Delta, subisce un taglio a livello della porzione
extracitosolica, immediatamente sopra la membrana cellulare. Segue poi rapidamente un altro taglio
nella porzione citosolica della proteina. In questo modo la parte trasmembrana resta nella membrana,
e la coda di Notch migra nel nucleo.
Nel nucleo Notch si complessa con il fattore trascrizionale CSL e questo costituisce il primo passo
per reclutare la trascrittasi e iniziale la trascrizione dei geni chiamati anch’essi CSL.

Efrine
Le efrine fanno parte dei recettori tirosina chinasi, dei quali sono il tipo più numeroso. I recettori
Eph, nella porzione esoplasmica hanno 2 domini simili alla fibronectina III, un dominio ricco di
Cys e un dominio globulinico, nella porzione citoplasmatica hanno dominio a attività tirosino-
chinasica.
Le Eph sono al tempo stesso ligandi e recettori, operano cioè una segnalazione bidirezionale. Tale
tipo di segnalazione può attivare le 2 cellule in sensi completamente diversi.
Questo tipo di recettori sono sfruttati nel cervello dai neuroni per riconoscersi fra loro ed evitare di
confondersi tra zone diverse.

Recettori serina-treonina chinasi della famiglia TGF-beta e Smad


I ligandi della superfamiglia TGF-beta operano come ormoni o mediatori locali per un grandissimo
numero di funzioni biologiche. Nello sviluppo di organismi il TGF è sfruttato per formare schemi e
influenzare comportamenti cellulari di proliferazione, differenziamento, produzione di matrice e
morte.
I recettori per il TGF sono tutte proteine transmembrana ad 1 solo passaggio con attività enzimatica
serino-treonino-chinasi nella parte citosolica. Sono di 2 tipi e agiscono solo in cooperazione, sono
entrambi necessari alla segnalazione.
Il recettore di tipo II è il primo a legare TGF-beta e in seguito a ciò attiva il suo dominio catalitico.
Il recettore di tipo I normalmente è complessato con una proteina inibitrice, quando si lega
anch’esso a TGF, viene fosforilato dal recettore di tipo 2, la proteina di inibizione si dissocia e
inizia la cascata di trasduzione reclutando e fosforilando Smad 2 o 3.
Le proteine Smad quando fosforilate si aprono mostrando una superficie di dimerizzazione. Smad 2
o 3 si associano con Smad 4 e l’oligomero formato recluta proteine regolatrici e fattori di
trascrizione.
Come si vede questa via è molto più immediata e diretta di tutte le altre cascate di trasduzione.
Alcuni membri della famiglia TGF-beta creano gradienti morfogeni. La risposta specifica delle
cellule dipende dalle diverse Smad nel citoplasma e dalla loro concentrazione. Poi data la diversa
affinità dei siti di legame al DNA per le Smad, a differenti concentrazioni di Smad
corrisponderanno diversi geni trascritti.
Esistono poi Smad inibitrici che si legano al recettore di tipo I e ne coprono il sito catalitico
impedendo alle altre Smad di essere fosforilate. Queste sono codificate dai geni bersaglio attivati
per cui il meccanismo funziona a feedback negativo.

Recettori intracellulari
Ne esistono di 2 tipi
Recettori presenti nel nucleo e nel citoplasma che legano il DNA in seguito a interazione con il
ligando.
Recettori nucleari sempre legati al DNA come corepressori, ma quando interagiscono col ligando
diventano attivatori (per esempio nel caso delle vitamine A e D).
I recettori intracellulari sono possibili in quanto captano ligandi diffusibili, come gli ormoni
stereoidei, che attraversano la membrana senza problemi.
I complessi ormone-recettore sono essi stessi capaci di reclutare i fattori e il macchinario di
trascrizione. I geni trascritti sono chiamati geni della risposta primaria.
Tra le proteine codificate da questi geni possono essercene alcune regolatorie che spengono o
accendono altri geni chiamati della risposta secondaria.

Esempi sulla regolazione dell’interazione recettore-ligando


Specificità, intensità, frequenza e durata sono tutti fattori influenzanti il meccanismo di trasduzione.
Differenti intensità di segnalazione possono essere interpretate in maniera diversa dalla cellula.
L’EGF e l’NGF stimolano entrambi la via di segnalazione delle MAPK.
La segnalazione di EGF nel tempo forma uno spike, mentre quella di NGF si alza fino a
raggiungere un plateau e resta stabile. Questa differenza causa 2 risposte diverse: nel caso dell’EGF
la cellula prolifera, nel caso dell’NGF differenzia.

Proprietà intrinseche del ligando come l’emività, l’affinità, la concentrazione, interazione con altre
proteine e formazione di multicomplessi recettoriali, modifiche posttraduzionali di ligandi e
recettori sono altri fattori influenzanti.

La zona spaziale in cui avviene l’interazione può essere delimitata da attivazione o in attivazione
del ligando mediante taglio proteolitico come nell’interazione Toll/Spatole in Drosophila.

Il ligando o il recettore possono essere down o upregolati tramite la conservazione in compartimenti.


E’ questo il caso dell’insulina. Quando una cellula è stimolata con insulina questa deve aumentare
l’introduzione di glucosio, che passa la membrana grazie a un trasportatore del glucosio. Queste
cellule conservano pool di trasportatori in vescicole interne. Quando la cellula è stimolata con
insulina, viene promossa la fusione di tali vescicole con la membrana cellulare. Il risultato è la
upregolazione dei trasportatori e quindi una maggiore quantità di glucosio entrante.
Il recettore può anche essere sequestrato dalla membrana per impedire alla cellula di captare il
ligando, questo può avvenire tramite endocitosi nel caso di recettori trasmembrana o con lo
spostamento del recettore tra nucleo e citoplasma in caso di proteine di segnalazione intracellulari
(beta-catenina e Ci).
L’endocitosi mediata da recettore, quindi, è il processo attraverso il quale la cellula monitora il
numero di recettori presenti sulla membrana plasmatica.
La porzione intracellulare dei recettori può associarsi alla Clatrina che è una proteina capace di
assemblarsi in omopolimeri. In particolare, per la forma tipica di questa proteina, le clatrine
finiscono per formare una sfera. Poiché ogni molecola è associata con una proteina trasmembrana,
provocheranno una invaginazione della membrana, fino a formare una vescicola mediante l’aiuto
della dinamina.
Le varie vescicole si fondono insieme in endosomi precoci di smistamento. Poi questi possono
subire diversi destini: ad esempio convertirsi in endosomi tardivi e poi lisosomi in cui i recettori
compresi nella membrana vengono degradati, oppure convertirsi in endosomi precoci di riciclo in
cui i recettori vengono recuperati e riesposti sulla membrana.
Data questa via di endocitosi, che non è l’unica, si può immaginare che il recettore possa
teoricamente segnalare anche a livello endosomiale oltre che quando si trova sulla membrana
cellulare vera e propria.
Prima abbiamo descritto il pathway di traduzione dei recettori TGF-beta. L’attività del recettore
dipende da una proteina chiamata SARA (Smad anchor for receptor activation), senza la quale non
può esserci signaling.
Questa proteina possiede un dominio FYVE finger, che si è visto essere essenziale nella
localizzazione cellulare della proteina. Tale dominio rende affine SARA solo per gli endosomi
precoci, dimostrando che il signaling di TGF-beta inizia a livello di tali organelli e non sulla
membrana plasmatica.
Infatti se si colorano sezioni istologiche mettendo in evidenza SARA e l’antigene EEA specifico per
gli endosomi precoci, è possibile notare che il pattern di fluorescenza di entrambe le proteine è
identico, completamente sovrapponibile.
Disfunzioni nella regolazione degli endosomi come quelle causate dal dominante negativo rab5,
causano una ridistribuzione di SARA in maniera diffusa in tutto il citoplasma, piuttosto che in foci.
Saggi per il legame ai lipidi dimostrano che il dominio FYVE interagisce con il fosfaditil-inositolo-
3P. Se si somministra un inibitore delle PI3 chinasi, si causa ancora una volta la ridistribuzione di
SARA da foci sugli endosomi a dispersione nel citosol. Inoltre crolla la risposta cellulare al TGF.
Quindi il dominio FYVE è sufficiente e necessario per la localizzazione di SARA a livello degli
endosomi precoci, mediante l’interazione con PI3. Tale localizzazione è probabilmente richiesta per
un’efficiente signaling.
Un altro studio riguardo all’EGF evidenzia, invece, che il recettore è capace di tradurre per 2
pathway differenti a seconda se, al momento della segnalazione, si trovi a livello della membrana o
su un endosoma. Inoltre un corretto traffico endosomiale è necessario per l’upregolazione di molte
proteine del pathway.
Tuttavia l’assenza di endosomi provoca una maggiore risposta più efficiente della cellula stimolata,
questo probabilmente in conseguenza del fatto che il sequestro del recettore per EGF in endosomi è
essenziale per modulare la risposta ed evitare iperstimolazioni.
Oltre all’endocitosi via clatrina esistono altre vie endocitiche come le caveole, piccole invaginazioni
di 50-100 nm che possono fondersi in caveosomi.
I recettori per il TGF-beta possono seguire 2 distinte vie endocitiche, una specifica per il signaling
che abbiamo visto essere quella degli endosomi e una per il turnover che li immagazzina in
caveosomi.
Infatti se si blocca via degli endosomi, l’attivazione cellulare crolla, mentre se si blocca quella dei
caveosomi il recettore non viene down-regolato in seguito a stimolazione.
Esiste un equilibrio tra le 2 vie e se si inibisce una, il TGF-beta-rec entra maggiormente nell’altra e
viceversa.

Network di segnalazione
Abbiamo fin’ora parlato dei singoli casi e solamente accennato all’esistenza di una rete, un network
di segnalazione in cui i ligandi, i recettori, le proteine di segnalazione hanno un ruolo nel proprio
pathway, ma interagiscono anche con altri.
Ecco i concetti da tener presente:
Ogni segnale può attivare uno schieramento complesso di risposte
Ogni cellula riceve più segnali
Le vie di segnalazione sono interconnesse internamente alla cellula
L’inteconnessione può essere a livello della membrana, della cascata o del nucleo
E’ proprio il concetto di interconnessione a essere alla base del network, in gergo esso è chiamato
“crosstalk”.
Si tratta di un vero e proprio sistema, in cui i vari moduli, cioè le varie vie di segnalazione, sono in
realtà così strettamente legate e interdipendenti tra loro, che studiarle “singolarmente” è quasi una
forzatura.
Dobbiamo immaginare le vie di pathway come in una enorme rete, in cui i nodi sono le proteine di
segnalazione e i fili, le connessioni tra queste proteine.
I pathway studiati sono semplicemente una via preferenziale lungo i fili della rete, ma scendere
lungo una strada o un’altra è lo stesso, la scelta di proseguire verso quel particolare “nodo” dipende
solamente dalla concentrazione e dalla disponibilità delle proteine di quel nodo.
Network di membrana
E’ possibile che per innescare una stessa via di segnalazione sia necessaria l’attivazione
contemporanea di più recettori, come EGFR e FGFR i cui recettori attivano entrambi Grb che inizia
la cascata.
Network intracellulare
L’attività catalitica di una proteina può avere ad oggetto più substrati appartenenti a diversi pathway
cellulari.
Le attività di proteine di pathway diversi possono confluire su una singola proteina.
Esistono circuiti di amplificazione in cui una proteina attivata è capace di attivare altre proteine a lei
identiche amplificando, appunto, il segnale.
Network nucleare
I geni per essere trascritti hanno bisogno della presenza di fattori di trascrizione. Questi sono già
presenti nella cellula sotto forma inattiva e la loro attivazione è solo il “penultimo” step del
signlaling.
Un gene può aver bisogno della presenza di fattori di trascrizione attivati da pathway differenti,
come il gene even skipped di drosophila.
Quindi più vie di segnalazione possono confluire sulla regolazione di uno stesso gene, questo
accade per esempio con Groucho che è capace di switchare tar le vie di segnalazione di EGF e
Notch.
Nell’ala di Drosophila sono presenti alcune venature. La formazione delle venature è indotta
dall’EGF, mentre invece Notch fa sviluppare le altre parti dell’ala. Nelle cellule in cui è attivo il
pathway dell’EGF non deve essere attivo quello di Notch e viceversa.
Nel caso di overespressione di Groucho non-fosforilato l’ala si sviluppa con le venature appena
accennate e molto disordinate.
Nel caso di overespressione di Groucho fosforilato l’ala presenta delle venature molto marcate e
spesse.
Infatti lo stato di fosforilazione di Groucho è proprio la “manopola” dell’interruttore, che accende
certi geni e ne spegne altri e viceversa.
Network post-attivazione
Ok, ora siamo arrivati dal segnale extracellulare all’attivazione della trascrizione. Ma tutti gli step
successivi, che portano all’espressione della proteina effettrice, sono altrettanto regolati e integrati
in un network. Questo è uno schema dei principali punti di controllo dell’espressione, tutti
contemporaneamente presenti.

Destino e memoria cellulare


Dopo questa lunga introduzione sui pathway di segnalazione, passiamo all’effettivo utilizzo di
questi. A cosa serve attivare geni in una cellula?
Serve per darle un destino. Cioè per farla specializzare, darle un compito preciso, diventare “tipica”
in quel tessuto, e quei tessuti in quell’organo e quegli organi in un apparato, e quegli apparati in un
organismo.
E una volta affidatole un destino, la cellula committed dovrà creare una progenie specializzata in
quel programma cellulare. Quindi la progenie dovrà ricordare il proprio destino, il proprio ruolo
all’interno dell’organismo.

Affidamento del destino


Abbiamo appena detto che sono i pathway a determinare il destino. I pathway sono attivati dai
ligandi, e la presenza di questo o quel ligando dipende solo dal campo morfogenico, o
microambiente in cui si trova la cellula target.
Il campo di morfogenicità, abbiamo già detto, non cambia nettamente tra una zona e l’altra, tuttavia
con stratagemmi, campi sovrapposti è possibile ottenere campi molto distinti tra loro.
Tuttavia almeno nei primi stadi dello sviluppo embrionale la divisione dei destini non dovrebbe
essere così netta, secondo questa ipotesi, e infatti non è possibile dire con sicurezza se le cellule
della blastula diverranno ecto-meso-endoderma, piuttosto c’è una preferenza per uno dei 3 tipi di
foglietti.
Il committement non sempre è collegato a un fenotipo particolare.
E’ facile immaginare che l’affidamento di un destino sia precedente alla manifestazione di un
fenotipo, per il tempo fisico che deve intercorrere tra l’attivazione del pathway e l’attività delle
proteine effettrici.
Ma possono esistere anche cellule fortemente specializzate, ma senza destino, in tal caso sono dette
“impegnate”.
Il destino una volta affidato può essere o no reversibile. Quando è irreversibile la cellula si dice
determinata e non sarà più capace di rispondere adattivamente al campo morfogenico in cui si trova.
Per riconoscere se una cellula sia determinata o no, basta trapiantare un blocchetto di cellule da un
embrione a un altro, ma in una zona differente.
Se non si avrà nessun fenotipo alterato, probabilmente le cellule avranno risposto al microambiente
in cui sono state trapiantate e avranno acquisito lo stesso destino di quelle del campo morfogenico
in cui sono state trapiantate.
Se si avrà un’alterazione questo sarà dovuto, probabilmente, al fatto che le cellule avevano un
destino già determinato.

Un altro fenomeno importante è l’induzione per cui una cellula o una popolazione di cellule guida il
programma di espressione genica in altre cellule, mediante contatto o ligandi solubili.
Negli embrioni di Xenopus (e non solo) il polo animale differenzia in ectoderma, quello vegetale in
endoderma, le cellule a metà strada in mesoderma. Infatti se si isolano le cellule dei 2 poli questa
ipotesi è confermata. Ma se si isolano e si mettono a contatto, alcune cellule del polo animale a
contatto con quelle del polo vegetale finiscono per differenziarsi in mesoderma.
Una volta ricevuto il destino la cellula deve ricordarlo, non solo, dovrà ricordarlo anche la sua
progenie.
Questo è possibile grazie all’instaurazione di feedback positivi, per cui innescata l’attivazione di
certe proteine la loro espressione resta permanente, poiché queste, magari, attivano esse stesse i
pathway che portano alla propria traduzione.
Altri metodi possono essere modificazioni epigenetiche, come la regolazione del compattamento
della cromatina, la metilazione per silenziare geni, l’imprinting.
In ogni caso la cellula avrà stratagemmi per mantenere attive le proteine effettrici che la
differenziano. Trasmettere questa memoria alla progenie sarà molto semplice poiché se la divisione
è simmetrica le 2 cellule figlie erediteranno un citoplasma simile. In questo saranno presenti in
egual misura proprio quelle proteine che provvederanno a mantenere la specializzazione.

Effetto materno
Le cellule non hanno organi sensoriali, non sono a loro volta organismi, quindi non percepiscono
l’ambiente esterno, l’unico modo di conoscere quello che hanno intorno e attraverso la membrana
cellulare, ma comunque questo metodo è confinato a interazioni cellula-cellula.
Nonostante ciò, c’è bisogno, nello sviluppo, di mantenere la percezione di un quadro generale, di
fare in modo che le cellule anteriori restino anteriori, quelle posteriori posterino, ecc.
Il mantenimento di tale percezione è garantito dai meccanismi di memoria cellulare, ma deve
esserci un momento iniziale in cui, ad esempio, tali assi di simmetria (antero-posteriore e dorso-
ventrale) sono stabiliti.
Poiché, abbiamo detto, le cellule non hanno percezione di sé stesse nello spazio, ne risulta che in un
embrione tutte le cellule sono uguali alle altre. Quindi tutti gli eventi asimmetrici, che sono poi
quelli che determinano il destino differente delle cellule, devono avere un’origine esterna
all’embrione, da un ambiente già differenziato che crei un campo morfogenico all’interno
dell’embrione, almeno per avviare le prime asimmetrie che poi porteranno all’enorme varietà di tipi
cellulari nell’organismo finale.
La causa di questi primi eventi è da ricercare nella madre. Esistono infatti dei cosiddetti geni ad
effetto materno, che sono espressi dalla madre, per esempio dalle cellule nurse per causare effetti
necessari allo sviluppo nell’embrione.
Per esempio la proteina Bicoid in drosophila crea un gradiente morfogenico nell’embrione
instaurando l’asse anteroposteriore.
Le cellule nurse dell’embrione sono già polarizzate in quanto sono materne. Queste a un polo
producono il messaggero di Bicoid, e poiché sono in comunicazione diretta con l’embrione grazie a
ponti cellulari, il messaggero diffonde all’interno dello zigote. Ovviamente si crea un gradiente
perché la sorgente si trova a uno solo dei poli della cellula e in base a questo viene organizzato
l’asse antero-posteriore dell’insetto.
Quindi, bisogna tener presente che una parte fondamentale dello sviluppo dell’embrione è nelle
mani della madre. Infatti Bicoid nell’embrione può anche essere non funzionante, la drosophila non
solo nascerà, ma sarà normalissima. Tuttavia non potrà avere prole, perché in nessuno dei suoi
embrioni si riuscirà ad instaurare un asse anteroposteriore, e tale mancanza è letale nello sviluppo.

CAENORHABDITIS ELEGANS

E’ un piccolo verme nematode, di quasi un migliaio di cellule. Si conosce l’origine di ciascuna di


queste, cioè tutto il loro percorso a ritroso fino allo zigote, cioè se ne conosce la “mappatura del
destino cellulare”. Però data la semplicità del suo organismo non sono possibili studi di
organogenesi.
Il suo sviluppo dura circa 3 giorni suddivisi in embriogenesi, 4 stadi larvali e mute. Vive circa 3
settimane.

Assi di simmetria e gastrulazione


Lo zigote comincia con una divisione asimmetrica dell’uovo che riflette l’asse anteroposteriore
dell’embrione e la creazione della cellula che sarà poi fondatrice della linea germinale.
La maggior parte delle cellule si differenzia in uno stadio tardivo dello sviluppo, fatta eccezione per
intestino e gonadi.
Ci sono 6 geni ad effetto materno, organizzatori del citoscheletro, e quindi degli assi di simmetria
dell’embrione.
Schemi progressivamente più complessi vengono creati da interazioni cellula-cellula.
Per esempio nello stadio a 4 cellule, ci sono 3 tipi cellulari distinti: P2 che è la cellula posteriore, le
cellule ABa e ABp che sono identiche, e la cellula EMS.
P2 segnala alla cellula ABp tramite Delta, facendola
specializzare. E instaurando l’asse dorso-ventrale. ABa in quanto
identica potrebbe rispondere anch’essa, ma di fatto non può
perché non è in contatto diretto con P2. La scelta di un metodo di
segnalazione tramite contatto e non tramite ligando solubile
infatti non è casuale, poiché a questo stadio l’embrione è così
piccolo che una molecola solubile diffonderebbe ovunque,
segnalando a tutte le cellule competenti.
P2 inoltre segnala tramite Wnt, una molecola solubile, alla
cellula EMS, creando un gradiente morfogenico per cui questa
organizza il proprio fuso mitotico e origina 2 cellule che avranno
un destino differente: una genererà l’endoderma e l’altra il
mesoderma.

Più avanti nello sviluppo la progenie di ABa e di ABp si


troveranno di nuovo a essere stimolate, entrambe dal signaling di
Notch, da una cellula della progenie EMS.
Stavolta a rispondere saranno le cellule ABa che differenzieranno
in faringe mentre quelle ABp non seguiranno questo destino
nonostante vengano stimolate.
Si può dedurre quindi che le cellule cambiano nel tempo la loro
capacità di rispondere a uno stesso segnale, non solo, lo stesso
segnale produce risposte differenti a seconda che segnali ai progenitori o alla progenie. Questo
perché le cellule target mantengono una memoria, una impronta di tutti i cambiamenti passati.
Quindi pochi tipi di sistemi di segnalazione (i soliti 6) sono utilizzati ripetutamente in tutte le fasi
dello sviluppo causando effetti sempre diversi.

Schemi di divisione cellulare e differenziazione


E’ possibile riconoscere in C. Elegans, schemi di divisione cellulare, per cui da una cellula di arriva
per divisioni a una progenie. Tali schemi sono tipici di alcuni stadi di sviluppo, larva di 1°, 2° stadio,
adulto, ecc.
Esistono però mutanti in cui cellule larvali si comportano secondo schemi di divisione adulti e
viceversa. Come se esistesse un tipo di comportamento cellulare giovanile e uno adulto.
Mutazioni in questo tipo di comportamento vengono imputate a geni chiamati eterocronici.
Tali geni, si è visto, innescano cascate regolatrici agendo in serie. Quelli in cima alle cascate
regolatorie sono in particolare 2 miRNA: lin-4 e let-7, che tramite il fenomeno della iRNA
modificano l’espressione di altri geni. Livelli crescenti di lin-4 fanno evolvere la larva dal primo al
terzo stadio. Livelli crescenti di let-7 accompagnano lo sviluppo della larva tardiva all’adulto.
Geni simili sono stati riscontrati in tutti gli organismi, compreso l’uomo.

Proprio questo fenomeno, l’interferenza a RNA, è stata scoperta nei C. elegans ed è effettuata
mediante 3 metodi: microiniezione di dsRNA, nutrire i vermi con batteri che producono il dsRNA,
immersione in soluzioni di dsRNA.
Data l’esistenza di questi schemi di divisione e poiché i passaggi di specializzazione devono essere
coordinati con le divisioni, si è suggerito spesse volte che il ciclo cellulare possa servire da
segnatempo per gli stadi di differenziazione, implicando che una certa parte delle informazioni
necessarie a passare da uno stadio all’altro sia contenuta o legata agli eventi del ciclo cellulare.
Tuttavia esistono numerose prove che tale ipotesi è sbagliata.
Infatti la differenziazione cellulare continua anche quando la divisione cellulare è inibita
artificialmente. Man mano che si procede si hanno anomalie, è vero, ma questo è dovuto
probabilmente al fatto che una cellula singola non può differenziare contemporaneamente in 2 tipi
diversi.
Quindi la specializzazione cellulare non è legata ai cicli di divisione cellulare, anzi, una cellula può
differenziare anche in assenza di segnali, ma per le semplici catene di eventi innescate
dall’espressione di certi geni: sono i meccanismi interni alla cellula, insieme ai segnali passati e
presenti ricevuti, che dettano una specifica sequenza di cambiamenti biochimici ma anche i tempi
delle sue divisioni cellulari. Essa è solo parzialmente dipendente dalle stimolazioni esterne e quindi
è capace di operare cambiamenti e differenziarsi in autonomia da tali segnali.

Apoptosi e sviluppo
L’apoptosi è parte integrante del progetto di un organismo. Dei 1030 nuclei somatici generati dalle
divisioni dell’embrione di C. Elegans, 131 di questi muoiono. E la loro morte è essenziale per
sviluppare un individuo wild-type.
In questo organismo modello è facile rintracciare le cellule morte per apoptosi, poiché se ne
conosce la mappa del destino, negli altri organismi tali morti passano inosservate, perché i corpi
apoptotici sono velocemente assorbiti dalle cellule circostanti.
Mutanti per l’apoptosi hanno permesso di identificare dei geni chiamati ced (cell death abnormal)
che sono necessari per la morte delle 131 cellule normali.
In casi di inattivazione di questi geni, le 131 cellule differenziano in neuroni, che in C Elegans però
danno solo iperplasia e non sono letali. Fenomeni del genere sono riconoscibili nello sviluppo di
tutti gli organismi compreso l’uomo. Si sa bene che il numero di neuroni iniziale nel feto è molto
più alto di quello di un neonato, questo perché durante lo sviluppo un enorme numero di neuroni è
eliminato con questo sistema.
Si è poi visto che i geni ced codificano per omologhi delle caspasi, Apaf-1, Bcl-2 e Bad.
In particolare si è visto che l’apoptosi dipende dall’attività di ced-3 e ced-4 e dal silenziamento di
ced-9. Infatti ced-3 e 4 sono rispettivamente una caspasi e apaf-1 mentre ced-9 è Bcl-2.

DROSOPHILA MELANOGASTER

E’ un insetto dell’ordine Diptera, facile da allevare, con un ciclo riproduttivo molto rapido.
E’ un organismo di circa 100000 cellule e ha solo 14000 geni, meno del C. Elegans. I geni sono
conservati, hanno poca ridondanza, e c’è un enorme patrimonio di mutazioni identificate già in
genetica classica.
Lo sviluppo embrionale dura 1 giorno. La larva ha 3 stadi separati da mute, dopo 5 giorni si forma
la pupa. Questa affronta la metamorfosi e diventa un individuo adulto.

Embrione di Drosophila
Abbiamo già descritto precedentemente la scelta dell’oocita.
Questo è il follicolo come si presenta prima della fecondazione.

Dopo la fecondazione l’uovo fecondato comincia una serie di 9 mitosi rapidissime senza citodieresi.
Quindi si trovano molti nuclei in un sincizio, questa struttura è chiamata blastoderma sinciziale.
Dopo altri 4 cicli cellulari i nuclei migrano verso la periferia e la membrana cellulare si invagina tra
essi convertendo il blastoderma sinciziale in un blastoderma cellulare. Le cellule polari daranno
luogo alla linea germinale.
Come si può vedere anche qui la prima decisione presa nello sviluppo embrionale è dividere il pool
di cellule in 2: quelle somatiche e quelle germinali.

Morfologicamente l’embrione di drosophila è divisivile in segmenti ben distinti, che poi


nell’individuo adulto corrisponderanno effettivamente a zone morfologicamente diverse procedendo
dalla testa verso la coda. Per esempio un segmento corrisponderà alla zona del torace, una serie di
altri all’addome, ecc
Si è visto che tali segmenti hanno una
corrispondenza genetica. Cioè tali segmenti
corrispondono a fasce di espressione di
particolari geni. La corrispondenza non è
proprio segmento-gene, ma è possibile
riconoscere dei parasegmenti, che si trovano a
cavallo della linea di demarcazione di 2
segmenti.
Abbiamo quindi 3 livelli di organizzazione
nell’embrione di drosophila. Una polarità
antero-posteriore e una dorso-ventrale come in
C. Elegans e in più questa divisione del corpo
in segmenti lungo l’asse antero-posteriore.

Polarità dell’uovo
Abbiamo visto in C. Elegans come sia necessario che la polarità sia instaurata dalla madre.
Drosophila non fa eccezione infatti i geni della polarità dell’uovo sono ad effetto materno.
Le cellule del follicolo (follicolo non nurse!) sono in contatto diretto con l’uovo (lo sono anche le
nurse, ma qui il compito lo svolgono quelle del follicolo).

Come si vede dallo schema, c’è un gruppo di cellule che forniscono un segnale terminale, per creare
l’asse antero-posteriore e un altro gruppo che fornisce un segnale ventrale per l’asse dorso-ventrale.
Queste cellule del follicolo durante la formazione del blastoderma sinciziale pompano all’interno
mRNA codificante per alcune proteine. Poiché le sorgenti sono localizzate si formeranno gradienti
di concentrazione di tali mRNA. Quando si forma il blastoderma cellulare, le cellule formatesi
avranno ognuna una quantità di mRNA tipica della zona in cui si trovano e saranno questi mRNA a
comunicare alla cellula in che zona dell’embrione si trova, cioè se fa parte della testa, della coda,
del ventre o del dorso.
In particolare si hanno quattro geni coinvolti.
Bicoid ha una concentrazione più alta nelle zone che diventeranno la testa e più bassa verso la coda,
quindi fa parte del sistema anteriore.
Nanos al contrario è maggiormente localizzato alla coda, sistema posteriore.
Torso è un recettore transmembrana localizzato alle regioni terminali dell’embrione, cioè in testa e
coda, ma non al centro del corpo.
Toll è un altro recettore transmembrana che si trova su tutta la zona che sarà il ventre della larva.
E’ evidente che Bicoid e Nanos si occupano della determinazione dell’asse antero-posteriore e della
differenza tra cellule somatiche e germinali.
Torso e Toll determinano le strutture terminali e la distinzione tra mesoderma e ectoderma.

Asse dorso-ventrale
Il risultato di toll è che la proteina Dorsal e il suo mRNA si spostano dal citoplasma in cui si
trovano nel nucleo. Poiché ci troviamo in un “livello precoce” di progettazione, noteremo che man
mano che si va verso il ventre la localizzazione della proteina Dorsal cambia, aumentando sempre
di più la sua quantità nel nucleo.
Il ligando di Toll è Spatzle. Come abbiamo detto Spatzle è attivato da taglio proteolitico, infatti in
una particolare zona della membrana vitellina e solo lì viene innescata la cascata proteolitica capace
di attivarlo.
Spatzle attivo lega Toll che trasduce il segnale. Il risultato di questo pathway è la traslocazione di
Dorsal nel nucleo.
Più saranno i recettori Toll stimolati,
maggiore sarà la quantità di Dorsal nel
nucleo.
Si creerà quindi un gradiente
morfogenico riguardo la localizzazione
di Dorsal.
La particolarità inizia proprio ora. Infatti
a seconda della differente
concentrazione di Dorsal, verranno
attivati particolari geni.
Concentrazione di Dorsal:
Nulla -> Zerknullt -> Produzione
DPP
Bassa -> Short Gastrulation ->
Produz Sog / Inibiz DPP
Media -> Rhomboid
Alta -> Twist e Snail
In realtà non si creano 4 fasce precise,
ma altrettanti gradienti.
DPP e Sog sono ligandi solubili ed entro
la membrana vitellina formano un altro
gradiente dorsale morfogeno, che
innesca altre modificazioni che portano alla distinzione tra tessuto extraembrionale, epidermide
dorsale e ectoderma neurogenico.
Snail invece dove è ad alta concentrazione attiva Single-Minded, dove è a bassa concentrazione lo
inibisce.
La zona di Twist sarà quella che diventerà l’endoderma e si invaginerà con la gastrulazione.
L’asse dorso-ventrale dell’insetto corrisponde all’asse ventro-dorsale dei vertebrati, che risulta
invertito. Mentre gli insetti hanno il sistema circolatorio sul dorso e quello nervoso sul ventre, i
vertebrati sono al contrario.
Segmentazione
Esistono 3 tipi di geni coinvolti nella segmentazione:
Geni gap: organizzano ampie regione lungo l’asse anteroposteriore
Geni della regola della coppia: sviluppo di segmenti alternati del corpo
Geni della polarità segmentale: orientamento antero-posteriore dei segmenti
Possiamo capire meglio la loro funzione vedendo cosa succede quando sono mutati.
Knuppel è un gene gap, quando mancano
questi geni nell’embrione manca tutta la
zona in cui essi sono espressi. Knuppel si
esprime in tutto il corpo tranne le parti
terminali, l’embrione senza Knuppel è
formato solo dalle parti terminali.
Even-skipped è un gene della regola della
coppia, si esprime solo nei segmenti con
numero pari, e infatti con questo si intende
sviluppo di segmenti alternati. Un embrione
senza even-skipped è formato solo da
segmenti pari.
Gooseberry è un gene della polarità segmentale. Quando questi geni sono assenti la polarità
anteroposteriore viene persa, e infatti l’embrione senza gooseberry presenta tutti i segmenti, ma
questi presi singolarmente hanno una simmetria interna, non è possibile distinguere la testa dalla
coda di un segmento.

L’induzione di tali geni è sequenziale, che riflette il loro ordine gerarchico.


I primi ad essere espressi sono i geni gap, che determinano a grandi linee quali sono le zone del
corpo. Poi vengono espressi i geni della regola della coppia che definiscono precisamente tutti i
segmenti. Infine intervengono i geni della polarità segmentale che agiscono all’interno di ogni
segmento.
Tutte e 3 le classi di geni inducono poi i geni selettori omeotici o geni orchestranti che fanno
sviluppare particolari strutture in un determinato segmento, per esempio le antenne, le zampe, le ali,
ecc.

Geni della regola della coppia


Questi si esprimono solo nei segmenti pari o solo in quelli dispari. Il gene even-skipped si esprime
solo in quelli pari, fushi tarazu solo in quelli dispari.
Prendiamo ad esempio il gene even-skipped.
Il suo promotore è possibile suddividerlo in moduli, uno per ogni segmento pari. Per modulo qui si
intende una parte del promotore in cui sono presenti siti di legame per fattori di trascrizione tipici di
quel segmento.
Per esempio il modulo per il segmento 2 possiede 5 siti di legame per Bicoid, 3 siti per Giant, 3 per
Kruppel, e 1 per Hunchback. Alcuni di questi competono tra loro. I siti che competono tra loro sono
ad esempio tra Bicoid e Kruppel o Bicoid e Giant. Questa opposizione non è casuale infatti nel
secondo segmento, di questi 3, solo Bicoid deve essere espresso e la sua presenza insieme a quella
di altri fattori innesca la trascrizione di even-skipped. Negli altri segmenti lo è anche uno degli altri
2 geni (Kruppel o Giant), pertanto si legano sul DNA e creano una combinazione diversa di fattori
per cui alla fine il gene ha una bassa probabilità o nulla di essere trascritto.
Come si può vedere i gradienti morfogeni, i vari livelli sovrapposti
di geni della polarità dell’uovo e geni gap seppure singolarmente
“sfumati” collaborano tra loro a definire in maniera netta e precisa
il secondo segmento.
A livello molecolare bisogna ragionare con le concentrazioni dei
fattori di trascrizione, infatti l’affinità di tali fattori e la sequenza
dei siti di legame è tale che solamente in specifiche condizioni si
attiva la trascrizione, e il luogo in cui si verifica il microambiente adatto è proprio il secondo
segmento.

Una volta creati i segmenti questi geni non servono più perciò possono restare accesi o anche
spegnersi, per la cellula non fa differenza.
Nel giro di poche ore i geni gap e i geni della regola della coppia sono attivati l’uno dopo l’altro. I
loro mRNA compaiono prima in schemi approssimati rispetto al quadro finale; poi in un tempo
breve, attraverso una serie di aggiustamenti, la distribuzione sfumata si dispone in un sistema netto
di strisce. Mentre l’embrione procede verso la gastrulazione, lo schema delle strisce si disintegra,
ma la loro precedente attivazione ha impresso dei valori posizionali sulle cellule del blastoderma,
che sapranno sempre la propria posizione e ruolo all’interno del corpo.
Engrailed è un gene il cui RNA è presente nel blastoderma in 14 bande, che corrispondono alla
porzione anteriore dei futuri parasegmenti. Essendo un gene della polarità segmentale viene
espresso in seguito al lavoro dei geni della regola della coppia e il suo schema di espressione
persisterà tutta la vita, sopravvivendo alla scomparsa dei segnali che lo hanno organizzato.

Geni Hox
I geni Hox sono detti geni omeotici o orchestranti. Si esprimono in determinati segmenti per
organizzare lo sviluppo di strutture complesse come arti, antenne, ecc.
Cioè organizzano la formazione di strutture basate sulla ripetizione modulata.
I vari arti, le dita, sono tutte strutture simili tra loro e a se stesse, e le componenti, cioè muscoli,
tendini, ossa, e i tessuti, i tipi cellulari, hanno poca variabilità, sono sempre gli stessi, come fossero
moduli ma ripetuti, combinati, e organizzati con variazioni.
I geni Hox sono responsabili di tale modularità all’interno del corpo e sono caratterizzati da un
Homeodomain (omeodominio) che è una sequenza di 60 nt molto conservata che lega il dna in un
sito chiamato Homeobox. Quindi gli hox codificano per fattori di trascrizione.
Sono organizzati in un complesso. In drosophila ci sono 8 geni Hox, organizzati in 2 complessi di 5
e 3 geni, chiamati bithorax e antennapedia.
L’espressione dei geni Hox dura per tutta la vita, ricorda alla cellula le proprie coordinate
posizionali, cioè dove si trova rispetto all’intero organismo. Il mantenimento di questa memoria è
ottenuto mediante feedback positivi (molti geni Hox favoriscono la propria espressione) e i 2
complessi funzionano in maniera opposta: l’espressione di uno comporta la repressione dell’altro
mediante compattamento della cromatina e in particolare non-acetilazione dell’istone H4. In questo
meccanismo sono implicate le proteine trithorax e polycomb che funzionano in maniera opposta.
Trithorax sono necessarie a mantenere attiva la trascrizione dei geni Hox nelle cellule in cui questa
è già stata accesa.
Polycomb forma complessi stabili con la cromatina mantenendo allo stato represso i geni Hox nelle
cellule in cui questi non sono stati attivati al momento opportuno.
Praticamente il cluster Hox sarà formato da geni accesi e geni spenti. Quelli accesi vengono tenuti
allo stato di eucromatina tramite iperacetilazione di H4, quelli spenti vengono tenuti compattati
mediante ipoacetilazione di H4.
Il cluster dei geni Hox specifica differenze anteroposteriori del tipo testa-torace-addome ed è
curioso che l’ordine 5’-3’ di tali geni corrisponda all’ordine testa-coda del corpo. Man mano che si
procede dalla testa verso la coda vengono attivati progressivamente tutti i geni a partire dal primo
fino a quello specifico di quel segmento, tuttavia prevale il fenotipo di quest’ultimo.
Per capirci meglio, nell’addome vengono espressi tutti i geni hox sia di testa, sia del torace, più
quelli dell’addome, ma il fenotipo è solo quello dell’addome. I complessi Hox di Drosophila e
uomo provengono dallo stesso complesso ancestrale, infatti nei mammiferi l’asse anteroposteriore è
controllato da geni selettori omeotici.

I geni Hox operano attraverso le proteine da loro codificate, ma queste non sono a loro volta
proteine leganti il DNA. Proprio per il loro lavoro di “progettazione modulare”, esse, piuttosto,
reclutano complessi di proteine che nel loro insieme legandosi al DNA decideranno quali saranno i
geni da trascrivere e quali quelli da reprimere.

Ricombinazione somatica indotta


Per studiare l’organogenesi si utilizzano i soliti sistemi basati ad esempio sullo studio di mutanti
deficitari per l’espressione dei geni coinvolti.
Dato che però tali meccanismi coinvolgono sempre i soliti pochi pathway utilizzati anche nello
sviluppo precoce, così, spesso, capita che mutazioni in questi causino scompensi talmente gravi che
l’embrione muore prima che si possano osservarli.
Un modo di aggirare tale problema è quello di creare mutanti condizionali, modificare ill DNA di
sottopopolazioni cellulari a stadi tardivi di sviluppo, come se operassimo una sorta di chirurgia
genetica per generare gruppi mutanti con un genotipo specifico ad un dato momento.
Per fare ciò, in Drosophila, abbiamo preso in prestito 2 elementi genetici derivati dal lievito: il gene
della ricombinasi sito specifica FLP e la sequenza FRT bersaglio di tale ricombinasi.
La sequenza FRT è posta vicino al centromero su un braccio del cromosoma scelto, sia materno che
paterno. Il gene FLP può trovarsi in un sito qualsiasi del genoma.
Il nostro gene interessato si trova su entrambi i cromosomi in eterozigosi, una variante sarà wild
type e una variante mutata.
Per tutto il tempo l’aplosufficienza del gene non mostrerà il fenotipo mutante, poiché la copia wild
type basterà a mantenere i normali livelli di espressione e lo sviluppo andrà avanti normalmente.
Ad un dato momento però, è
possibile scatenare la ricombinazione
e quindi un crossing over mitotico,
subito dopo la replicazione dei
cromosomi a livello del sito FRT.
Come risultato di tale fenomeno i 2
cromosomi iniziali, si saranno
scambiati un braccio e avranno 2
copie diverse del gene d’interesse.
Sui cromatidi fratelli saranno presenti
non 2 copie identiche, bensì la
variante wild type e la variante
mutante.
Poiché i cromatidi vengono divisi tra
le 2 cellule figlie, ne risulta che,
considerando il singolo cromosoma,
in una cellula finirà la copia
funzionante, e nell’altra quella
inattivata. Se prendiamo in
considerazione entrambi i cromosomi,
con una certa frequenza, i 2 cromatidi
wild type potranno segregare nella stessa cellula, e quindi nell’altra finiranno i 2 cromatidi mutati.
In questo modo da una cellula madre eterozigote si ottengono 2 figlie omozigoti per tutti i geni sul
braccio scambiato.

In seguito a proliferazione clonale si creeranno zone omozigoti in varie regioni del corpo.
Poiché alcuni di questi cloni sono omozigoti per l’allele malato, manifesteranno un fenotipo malato,
ma solo in determinate zone e a uno stadio tardivo di sviluppo.
Per far ciò, l’espressione di FLP deve essere inducibile. Per esempio si può porlo sotto un
promotore dello shock termico, così che esponendo l’embrione o una larva ad alte temperature per
pochi minuti se ne causa l’attivazione. Se l’esposizione è abbastanza breve si potrà localizzare
l’attivazione e quindi la ricombinazione a livello di poche cellule.
Un metodo più fine è quello di porre FLP sotto sequenze attivate e quindi espresse in un dato
momento e in un dato punto del corpo, così che la ricombinazione sarà scatenata proprio nel
momento e nel luogo in cui vogliamo studiare il gene di nostro interesse.
Intrappolamento di Enhancer
E’ un metodo che permette di guidare l’espressione di un gene scelto A nei punti e nei momenti in
cui è normalmente espresso un gene B.
Per fare ciò si prendono in prestito altri 2 elementi del lievito: il gene GAL4, che produce una
proteina che attiva la trascrizione dei geni sotto il nostro secondo componente, cioè una sequenza
chiamata elemento UAS.
Il gene GAL4 viene posto vicino alla regione regolatrice che controlla il gene B, così che quando il
gene B è attivo, è attivo anche GAL4, che codificherà la propria proteina.
UAS viene posto a monte del gene A, così che quando la proteina espressa da GAL4 è in giro, viene
espresso anch’esso.
In teoria si otterrebbe lo stesso effetto “driver” ponendo il gene A sotto una zona regolatrice simile
a quella del gene B, ma la strategia GAL4/UAS permette una strategia più efficiente a lungo
termine.
Infatti vengono create 2 library di Drosophile transgeniche, una con vari inserti GAL4 in punti
random del genoma, cioè a monte di vari geni B casuali, e un’altra con elementi UAS in a monte di
geni A specifici che vogliamo studiare.
Le mosche delle 2 library vengono fatte incrociare a caso, fino a quando si trova la combinazione
giusta, quella cioè in cui GAL4 è capitato proprio nella regione del gene B che viene espressa nel
momento e nel luogo in cui vogliamo studiare il gene A.
In questo modo con questo stratagemma è possibile individuare sequenze regolatrici interessanti nel
menoma, tale tecnica è chiamata infatti “intrappolamento di un enhancer”.

Altre metodiche con trasposasi e ricombinasi


Le ricombinasi sito specifiche sono enzimi capaci di operare appunto, ricombinazioni, a livello di
sequenze particolari: fanno quindi uno scambio di materiale genetico tra 2 molecole di dna a livello
di siti non omologhi. Esiste una ricombinasi sito specifica particolare chiamata CRE, capace di
ricombinare siti LoxP.
L’impiego di trasposasi invece può essere finalizzato a spostare sequenze da un cromosoma all’altro
o da zone all’altre del genoma.

I DISCHI IMMAGINALI
I dischi immaginali sono gruppi di cellule apparentemente non differenziate che si trovano in alcuni
segmenti della larva. Hanno l’aspetto di palloni accartocciati ed appiattiti, derivati da tasche di
epitelio.
Queste strutture restano quiescenti fino al momento della metamorfosi in cui si estroflettono, si
estendono a formare numerose strutture anche complesse come occhi, ali, zampe.
Nonostante le cellule che li compongono sembrano tutte uguali tra loro, tali dischi hanno una
autonomia di sviluppo per cui anche se vengono trapiantati in altre zone seguono il loro programma,
sviluppando la struttura da cui provengono.
Questo accade perché le cellule sono state determinate, così che hanno una memoria posizionale, e
sono già state condizionate a creare una certa parte del corpo.
I geni selettori omeotici hanno un ruolo fondamentale nel creare questa memoria. Infatti se si
eliminano per ricombinazione somatica entrambe le copie del gene omeotico, queste cellule
differenzieranno in strutture non corrette, come se appartenessero a un segmento differente del
corpo.

L’ala
Prendiamo l’ala come esempio per descrivere i meccanismi dell’organogenesi e in particolare come
dal disco immaginale si arrivi a un’appendice matura.
Alcune cellule vanno a formare il disco immaginale, ovviamente, a causa delle condizioni
particolari cui vengono esposte cioè i vari campi morfogenici.
In particolare i dischi immaginali si formano in punti di intersezione tra i gradienti dorsoventrali,
anteroposteriori e segmentali.
In termini molecolari in queste cellule quello che succede è l’accensione del gene “distal-less”, dal
nome del gene e dalla solita usanza di chiamare i geni di Drosophila dal fenotipo che causano, è
ovvio che mutazioni in tale gene causano il mancato sviluppo delle estremità corporee. Tale gene è
essenziale ad indurre quella proliferazione sostenuta necessaria a sviluppare un’estremità allungata.
Eyeless svolge l’azione corrispondente nel disco immaginale dell’occhio.

Polarità dell’ala
Fin dall’inizio il disco immaginale possiede i rudimenti di uno schema interno, ereditato dai campi
morfogeni precedenti. Tale schema stabilisce la polarità dell’ala
anteroposteriore e dorsoventrale.
Engrailed per esempio è espressa nella metà inferiore del disco,
stabilendo un’asse anteroposteriore. Apterous è invece espressa nella
metà dorsale, stabilendo un’asse dorsoventrale.
L’espressione è netta così che l’ala è divisa in 4 quadranti, a cui
corrisponderanno future regioni dell’ala, tali quadranti sono chiamati
compartimenti e tra loro non c’è scambio di cellule.
A partire da questo schema le cellule ai confini dei compartimenti
finiscono poi per creare bande strette di cellule specializzate sulle
quali costruire uno schema più dettagliato dell’ala.
Le cellule del compartimento posteriore esprimono Hedgehog ma non possono rispondere ad essa a
differenza di quelle del compartimento anteriore. Poiché Hedgehog agisce su breve distanza,
saranno attivate dal segnale solo le cellule facenti parte di una stretta banda di confine.
Le cellule di questa banda producono Dpp in risposta stabilendo un gradiente morfogeno.
Eventi simili si verificano sul confine dorsoventrale dove le cellule della banda sono attivate ad
Notch e rispondono esprimendo Wingless creando un ulteriore gradiente.

Notch
Regolazione delle dimensioni
Esistono sicuramente meccanismi genetici che regolano le dimensioni dell’organismo e delle sue
singole parti. Infatti è possibile causare mutazioni nel macchinario del ciclo cellulare, e creare cloni
mitotici iperproliferanti. Questi, però, anche se si replicano con una frequenza molto alta, non
invadono mai i compartimenti esterni, anche a costo di creare zone con numeri anormalmente alti di
cellule molto piccole.
Questo accade perché le cellule, probabilmente, sono capaci di conoscere l’estensione del gradiente
morfogenico, e quanto è ripido e pertanto crescere solamente entro i confini di questo.
Un esperimento interessante è quello della rigenerazione intercalare in cui parte di un arto di insetto
viene amputato e trapiantato su un altro arto amputato. I segmenti trapiantati, però, non devono
essere di zone corrispondenti, così che l’arto finale sarà di dimensioni ridotte.
Nonostante ciò, le cellule cominciano a proliferare fino a coprire lo spazio mancante e ripristinare la
dimensione originaria.
Arti di insetto e di vertebrati sembrano molto differenti in struttura e organizzazione eppure se
esaminiamo i meccanismi molecolari ritroviamo strategie molto simili.
Infatti vengono stabiliti assi di polarità anteroposteriori, dorsoventrali e anche prossimo-distali, e i
geni coinvolti sono gli omologhi di Distal-less, wingless, Notch, Hedgehog, Engrailed e Dpp.

La setola sensoriale
E’ una delle strutture che origina dal disco immaginale dell’ala, può rispondere a stimoli chimici o
meccanici, ma sono tutte strutturalmente simili.
La più semplice è quella meccanocettrice, è costituita da solo 4 cellule: una cellula assiale, un
manicotto, una guaina neurale e un neurone. Quando la cellula assiale viene mossa, questa eccita il
neurone e parte lo stimolo sensoriale. Esse originano tutte da una cellula sensoriale madre.
Achaete e Scute sono 2 geni coinvolti nella genesi di queste cellule madri. Questi codificano
proteine che regolano altre della classe elica-giro-elica basica, cioè leganti il DNA, e sono infatti
espressi in tutte le zone del disco immaginale che formeranno setole.
In realtà, però, non tutte quelle che esprimo questi 2 geni diventeranno strutture sensoriali, esse si
trovano a uno stato precedente chiamato “proneurale” e infatti achaete e scute sono geni chiamati
proneurali. Tra questi poi tramite un sistema di inibizione laterale vengono scelte le future cellule
sensoriali tra i molti candidati proneurali.
Anche in questo caso il sistema di inibizione laterale è basato su Notch/Delta. Inizialmente tutte le
cellule esprimono entrambi i recettori, dalla competizione emergerà una singola cellula
overesprimente Delta, che non è capace di rispondere all’inibizione e così manda un forte segnale
inibitore alle cellule circostanti che esprimono Notch.
Questa diventerà una cellula sensoriale madre, il resto delle cellule normale epidermide. La
competizione è abbastanza vasta, per cui da un gruppo di 30 cellule emerge solo 1 cellula sensoriale.
La cellula sensoriale madre, continua a sfruttare il sistema Notch/Delta per guidare la
differenziazione delle sue figlie nei 4 tipi diversi della struttura della setola, se infatti a questo
momento si spegne la segnalazione tramite ricombinazione mitotica, la cellula madre differenzierà
in 4 neuroni uguali. Così se si riduce la capacità delle cellule di esprimere Delta, le cellule della
zona mutante diventeranno quasi tutte cellule sensoriali madre.
La competizione è truccata, così come in tutti i casi di inibizione laterale. Se infatti le cellule
fossero tutte uguali tra loro, nessuna risulterebbe vincitrice, per cui c’è sempre una cellula che sin
dall’inizio, per posizione, possiede un vantaggio intrinseco.
In questo caso la differenza è data dalla distribuzione asimmetrica di alcune proteine nella divisione
tra cui Numb e Prospero. Questa è capace di interagire con Notch bloccandone l’attività, così che la
cellula Numb + non risponde all’inibizione, mentre la cellula Numb – resta comunque sensibile ai
segnali inibitori delle cellule circostanti.
Alterazioni nell’espressione di Numb causano, come è facile immaginare, alterazioni nello schema
di differenziazione, per cui la sua overespressione rende tutte le cellule insensibili a Delta e si
differenziano in neuroni o glia, mentre la sua perdita rende tutte le cellule troppo sensibili a Delta e
diventeranno tutte cellule assiali o del manicotto.

Perché la divisione asimmetrica funzioni deve esistere un meccanismo per cui i fattori determinanti
migrino preferibilmente da un lato della cellula e che il fuso mitotico, sia allineato con tale
gradiente.
Questa polarità all’interno della cellula si riflette a in una polarità più ampia dell’intero piano
epiteliale, per cui tutte le setole sono allineate e pendono dallo stesso lato, come fossero spazzate
dal vento. Questo orientamento uniforme è diverso dalla polarità apicale delle cellule, anzi coesiste
nelle cellule insieme ad essa, ed è chiamata polarità planare.
Responsabili di questa polarità sono Frizzled e Dishvelled che hanno preso il proprio nome proprio
dall’aspetto disordinato che prendono le setole quando essi sono mutati.
Abbiamo già incontrato questi geni e le loro proteine, ma in situazioni riguardanti l’espressione
genetica. La polarità non c’entra nulla con questo ma piuttosto dipende dall’organizzazione del
citoscheletro.
E infatti Dishvelled che si trova sul
pathway di Frizzled ha 2 domini
separati e uno di questi attiva un
pathway che finisce per controllare
geni che regolano lo scheletro di
actina.
I meccanismi descritti fin’ora che
hanno portato alla differenziazione
delle cellule in epidermide o neuroni a
partire dagli stessi progenitori sono
simili se non identici ai meccanismi
dei vertebrati. Essi coinvolgono infatti
analoghi dei geni proneurali Achaete
e Scute, e sfruttano il meccanismo di
inibizione laterale Notch/Delta.
Fondamentalmente tale sistema serve
per creare una esatta “miscela” di cellule all’interno di un tessuto, bilanciando i vari tipi cellulari tra
loro. E infatti lo stesso meccanismo e riutilizzato, con piccole variazioni, anche nello sviluppo di
organi completamente diversi come muscoli, rivestimento dell’intestino, pancreas, ecc.
Quindi a partire da un singolo meccanismo di comunicazione cellulare (Notch/Delta) vengono
attivati pochi geni che codificano per “proteine regolatrici master”, che a catena attivano la
trascrizione di tutta quella collezione di geni specifica per quel tipo cellulare. Queste proteine
spesso appartengono alla famiglia delle proteine basiche elica-giro-elica, spesso codificate da geni
omologhi a quelli proneurali di Drosophila.
Un numero limitato di meccanismi, usati ripetutamente e in circostanze e combinazioni diverse, è
responsabile del controllo di molti aspetti dello sviluppo di tutti gli animali multicellulari.

Xenopus
E’ un vertebrato, dallo sviluppo esterno e rapido (18 ore). Le rane possono essere ottenute in gran
numero ed è facile mantenerle e manipolarle in laboratorio. Vengono utilizzati soprattutto i suoi
oociti per studi sul ciclo cellulare, ma l’organismo in sé è molto utilizzato per trapiantologia e
embriologia sperimentale.
E’ possibile ottenerne animali transgenici manipolando nuclei spermatici. Questi vengono resi
permeabili con lisolecitina, e viene introdotto dna plasmidico linearizzato.
Il nucleo col dna ingegnerizzato viene poi iniettato nelle uova non fertilizzate, da cui segue la
fusione dei pronuclei maschile e femminile e la segmentazione.
Altri metodi utilizzati sfruttano la strategia degli RNA antisenso che mimano i microRNA. Una
variante di questa tecnica prevede l’utilizzo di oligont di Morpholino che sono più stabili e offrono
un’efficacia più duratura in quanto non sono degradati dalle RNAsi H, ma sono molto aspecifici e
tossici.

Polarità dell’uovo (anteroposteriore e dorsoventrale)


Come per tutti gli organismi descritti fin’ora, Xenopus non fa eccezione e ha bisogno, per prima
cosa, di organizzare i 3 assi principali del corpo: anteroposteriore, dorsoventrale e mediolaterale.
L’ovulo ha già una propria asimmetria: è diviso in 2 emisferi, chiamati polo animale e polo
vegetavio, e questa distinzione corrisponde al futuro asse anteroposteriore del corpo.
A livello molecolare questa asimmetria è dovuta alla diversa localizzazione di mRNA e proteine.
Tra i messaggeri coinvolti troviamo VegT (una proteina di adesione), e VG1 (della famiglia TGF-
beta), tra le proteine compaiono alcune del pathway di Wnt tra cui Dishvelled. Questi sono tutti
accumulati nel polo vegetativo.
Il prossimo evento scatenante una seconda asimmetria è la fecondazione. Infatti lo spermatozoo
entra in un punto casuale del polo animale, da tale punto sono scatenati meccanismi che fanno
ruotare la corteccia di actina immediatamente sotto la membrana, verso quel punto, così che il polo
animale della corteccia è ruotato leggermente verso il futuro lato ventrale, dal lato opposto, lungo
fasci di microtubuli paralleli alla corteccia, è stata trasportata Dishvelled che si troverà quindi nel
futuro lato dorsale.

Clivaggio -> Blastula


A questo segue il clivaggio, cioè una serie molto rapida di divisioni mitotiche, con cicli cellulari
ridotti all’essenziale (solo fasi S e M), in cui la cellula uovo si suddivide rapidamente in numerose
cellule più piccole, i blastomeri, senza variare la sua dimensione iniziale.
Con questo sistema, praticamente, le cellule avranno un citoplasma diversificato che corrisponderà
alla particolare miscela asimmetrica di mRNA e proteine che erano inizialmente distribuite
nell’uovo. Infatti in questo processo non c’è trascrizione genica, e l’uovo procede attraverso queste
fasi sulla scorta di riserve accumulatesi durante la gametogenesi dell’oocita.
Dopo circa 12 cicli di clivaggio la divisione cellulare rallenta e compaiono le fasi Gap, inizia la
trascrizione del genoma embrionale: transizione alla blastula intermedia.
Già a questo livello è possibile notare una differente quantità di divisioni cellulari ai 2 poli, in
particolare le cellule del polo vegetativo si dividono molto meno rispetto a quelle del polo animale.
Alla fine del clivaggio, si è formata la blastula, una struttura simile a una sfera il cui emisfero
animale ha al suo interno una cavità, il blastocele, ripiena di liquido.

Blastula -> Gastrula


Poco dopo la formazione della blastula iniziano una serie di movimenti ordinati di cellule, che
vengono chiamati gastrulazione. Alla fine di questo processo la blastula sarà diventata una struttura
a 3 strati con un tubo intestinale centrale, orientamento anteroposteriore, dorsoventrale e anche
simmetria bilaterale, chiamata gastrula.
I 3 foglietti sono chiamati ecto-, meso- ed endoderma, in base alla loro posizione, rispettivamente
esterna, mediana e interna.
La gastrulazione consiste, grossolanamente, nell’invaginazione delle cellule del futuro endoderma
all’interno dell’embrione, fino a sbucare dal polo opposto nel punto che diventerà la bocca.
Le prime cellule ad invaginarsi saranno quelle che arriveranno per prime al polo opposto e quindi
quelle che formeranno le strutture anteriori dell’apparato intestinale, le ultime, al contrario,
formeranno le strutture posteriori. Insieme alle cellule dell’endoderma migreranno anche quelle del
mesoderma, che come le prime formeranno le strutture della testa o della coda a seconda della
successione con cui invagineranno. Le cellule dell’ectoderma invece si estenderanno man mano su
tutta la superfice esterna dell’embrione.
Per capire meglio il processo bisogna immaginare che le cellule possiedono la marcatura
“anteroposteriore” e “dorsoventrale”, e che spostandosi, non ne acquisiscono una nuova, ma si
comporteranno secondo quella che hanno acquisito alla fine della formazione della blastula.
Per cui se per esempio quando nella gastrulazione una cellula del polo dorsale si sposta dal lato
opposto cioè nella zona descritta come ventrale, non formerà una struttura del ventre, bensì una del
dorso.
Quindi la definizione delle asimmetrie iniziali nella blastula serve solo a marcare le cellule, e solo
alla fine della gastrulazione saranno definiti in maniera stabile gli assi corporei, per cui potremo dire
che quel punto diventerà il dorso e il punto opposto il ventre.
Tuttavia i movimenti di tale fenomeno sono così prevedibili che si possono rintracciare già nella
blastula queste le cellule, soprattutto perché in quel momento sono già state etichettate.
La gastrulazione inizia quando diventa visibile il blastoporo, una corta indentatura proprio sul polo
dorsale dell’embrione. Questa “piega” si estende man mano tutt’intorno all’embrione a circondare
un tappo di cellule contenenti vitello. Fogli di cellule migrano a livello del blastoporo e
approfondiscono l’invaginazione, strisciando sul foglietto ectodermico. A mano a mano che queste
cellule entrano dentro, esse si spostano facendo forza su ciò che sta sotto di loro cioè il futuro
ectoderma, che viene spinto e si estende.
Solidalmente con la sua estensione, il labbro del blastoporo viene tirato giù, restringendo man mano
la sua circonferenza, fino a ridurlo quasi a un punto.
Nel frattempo l’endoderma raggiunge il polo dorsale e lì formerà la bocca, il lato opposto, dove è
iniziata l’invaginazione costituirà l’ano, così in questo modo è stabilito l’asse anteroposteriore del
corpo.
Allo stesso modo bisogna tener presente che a invaginarsi sono soprattutto le cellule di un punto
preciso della blastula, cioè quelle dove compare per prima il blastoporo, che era marcato come
dorsale da dishvelled. Quindi le cellule del mesoderma che si invaginano saranno marcate come
dorsali e formeranno infatti tutte le strutture dorsali centrali dell’asse corporeo principale.

Entriamo ora nei particolari molecolari che definiscono il punto in cui compare il blastoporo.
Il blastoporo compare sulla blastula, che, ricordiamo, conserva le asimmetrie iniziali dell’uovo, cioè
una distinzione animale-vegetativa e dorso-ventrale.
Le cellule del polo vegetativo si distinguono per la loro espressione VegT. Questa dirige la sintesi
di una proteina di segnale Xnr. Il segnale Xnr viene inviato alle cellule immediatamente a contatto
con il polo vegetativo e sotto il blastocele, che saranno indotte a esprimere BMP4 specifico del
mesoderma.
Esiste però una zona, quella del polo dorsale in cui l’espressione di Xnr si sovrappone a quella di
Dishvelled. La combinazione di queste 2 indurrà l’espressione di Chordin, tipica della notocorda.
Al confine tra le cellule esprimenti Chordin, struttura del mesoderma dorsale, e quelle del polo
vegetativo che diventeranno endoderma, compare il blastoporo, cioè al polo dorsale, sul confine tra
endoderma e mesoderma.

Il labbro dorsale del blastoporo se trapiantato in un altro embrione inizia in quel punto una
gastrulazione in più oltre a quella che si verifica normalmente nell’embrione, formando alla fine il
doppio delle strutture corporee, formando un embrione doppio come i gemelli siamesi.
Quindi risulta evidente che il blastoporo è una fonte di forti segnali che ordinano sia la
gastrulazione sia la differenziazione. Proprio per la sua fondamentale importanza è chiamato
Organizzatore di Spemann (per gli amici solo l’Organizzatore, lettera maiuscola).
Il movimento cellulare della gastrulazione inzia grazie a cellule “a bottiglia” che aprono la strada.
Queste si muovono su uno strato di fibronettina e forzano la curvatura. Una volta segnata la piega, il
percorso, le cellule in fila possono strisciare all’interno come un foglio, il metodo che utilizzano per
allungarsi è chiamato estensione convergente.
In vitro è possibile notare come avviene: gruppi di cellule si restringono e si allungano
spontaneamente, mettendosi in fila, strisciando l’una sull’altra con i propri lamellipodi.
L’allineamento dei loro movimenti dipende dallo stesso meccanismo della polarità planare ed è
infatti guidato da frizzled/dishvelled.
Un altro fattore fondamentale nel movimento sono le molecole di adesione:
I 3 foglietti hanno profili di espressione genica differenti, e cosa molto importante, hanno una serie
di molecole di adesione che servono a riconoscersi tra simili.
Gli effetti di adesione selettiva cellula-cellula sono facilmente dimostrati da questo esperimento: se
si separano le cellule di un embrione e le si mischiano tra loro, queste dopo un po’ riprendono una
conformazione che ricorda quella di un embrione normale con endoderma al centro, ectoderma
all’esterno e mesoderma in mezzo.
In questo fenomeno hanno una grande importanza le caderine. E’ stato dimostrato infatti che le
cellule sono capaci di aggregarsi tra loro per pattern di caderine. Cioè non solo si aggregano tra loro
cellule che esprimono caderine simili, ma anche quelle che esprimono concentrazioni simili della
stessa caderina.
Le caderine sono perfette per lo sviluppo embrionale perché infatti creano un legame omofilico
(caderina-caderina) che permette alle cellule di riconoscersi tra loro, hanno bassa affinità di legame,
in maniera da lasciare le cellule abbastanza libere di eseguire tutti i movimenti cellulari richiesti, per
esempio nella gastrulazione, e inoltre intracellularmente forniscono un ancoraggio ai filamenti di
actina.
Cambiamenti negli schemi di espressione di caderine sono strettamente correlati con i cambiamenti
di schemi di associazione tra cellule durante la gastrulazione, neurulazione e formazione di somiti.

Notocorda e tubo neurale


Appena dopo la gastrulazione una snella bacchetta di cellule, derivata direttamente
dall’Organizzatore, separa in 2 il mesoderma lungo l’asse dorsale, finendo con ectoderma sopra di
essa, endoderma sotto e mesoderma ad entrambi i lati.
Questa struttura è chiamata Notocorda e caratterizza il phylum dei Chordata di cui i vertebrati fanno
parte. Le cellule della notocorda sono caratterizzate dalla proteina Brachiury.
Queste cellule sono responsabili dell’allungamento dell’embrione, per cui dalla sfera iniziale si
arriva una struttura oblunga. Infatti non appena le cellule della notocorda si invaginano formano una
colonna di tessuto che si allunga per estensione convergente. L’allungamento è esasperato dal fatto
che tali cellule si rigonfiano con vacuoli.
Una striscia di ectoderma immediatamente sopra la notocorda è chiamata piastra neurale. Qui i
microtubuli delle cellule si allungano formando strutture colonnari, immediatamente sotto la zona
apicale, poi corre un anello di filamenti di actina. Ad un dato momento questi fasci si contraggono
facendo passare le cellule da una forma colonnare a una trapezoidale. Ma siccome a livello di questi
fasci le cellule sono tutte saldate con tight junction, si ripiegano su sé stesse passando da una piastra
a un tubo: il tubo neurale, da cui originerà cervello e midollo spinale.
Non è finita qui. Alcun cellule del tubo neurale cambiano profilo di espressione di caderine e si
staccano dal tubo neurale a formare la cresta neurale. Queste rimarranno in sede o migreranno e
saranno le future cellule gliali, il sistema nervoso periferico, cellule pigmentate della pelle, tessuti
connettivi della testa.

Somiti
Cambiamenti regolati nell’adesione cellulare sono alla base della formazione dei somiti.
La lunga striscia di mesoderma ai lati della notocorda, si spezza in blocchi separati chiamati somiti.
Queste strutture poi formeranno vertebre, costole e muscoli.
La formazione dei somiti procede dalla testa verso la coda, la parte più immatura del mesoderma è
chiamata mesoderma presomitico e fornisce il tessuto necessario: si accorcia progressivamente
verso la coda e nel frattempo deposita via via i somiti.
La formazione dei somiti dipente dall’espressione ciclica di una serie di geni, infatti la formazione
di un somita avviene in un intervallo di tempo ben definito e sempre uguale.
Tra questi geni uno è c-hairy-1. Le cellule vengono arrestate o al picco massimo di c-hairy o nel
cavo (niente c-hairy). A seconda che si fermino in un momento o nell’altro del ciclo, le cellule
esprimono serie diverse di geni.
In questo modo l’oscillazione temporale nell’espressione di c-hairy-1 si riflette in uno schema
spaziale.
I vari somiti poi si separano tra loro perché la parte anteriore e posteriore di ciascun somita esprime
molecole di adesione diverse, per cui inizio e fine di ogni somita si repellono (?) a vicenda.
I meccanismi molecolari con cui è realizzata questa oscillazione ciclica non sono conosciuti, ma
esistono ipotesi e meccanismi simili in altri organismi:
Il meccanismi del ritmo circadiano di Drosophila, per esempio, sono in parte conosciuti, e sono
dovuti a espressione ciclica di geni, in particolare Tim e Per.
Tim e Per formano un eterodimero nel citoplasma e sono capaci di inibire la trascrizione di sé stessi
e di altri geni.
Però Tim viene degradato in risposta alla luce, cioè di giorno viene degradato. Con un meccanismo
simile Per è fosforilato e degradato.
Per cui di giorno, con la luce i dimeri non si formano, quindi non c’è inibizione, e quindi si
trascrivono certi geni. Di notte invece, la luce scompare, Tim e Per si accumulano, formano gli
eterodimeri e inibiscono la trascrizione.

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