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Esistono diversi meccanismi dell’induzione della senescenza: non sempre una cellula senescente è
una cellula vecchia. Questo fenomeno è stato descritto inizialmente negli anni ’60 osservando in
studi di colture cellulari in vitro di cellule umane primarie normali (es. fibroblasti) messe in coltura
dopo un numero limitato di replicazioni cellulari (limite di Hayflick) vanno incontro ad erresto
irreversibile del ciclo cellulare e a modificazioni morfologiche denominate ‘’senescenza replicativa’’
(incapacità a rientrare in ciclo).
Le cellule tumorali, invece, sono definite immortali: esse non smettono di replicare. Le prima linea
cellulare che venne messa in coltura furono le cellule Hela circa agli inizi del ‘900.
Il fenomeno della senescenza è interessante perché se prendiamo cellule normali di diversi
organismi (topo, cavallo, uomo ecc..) abbiamo una variabile aspettativa di vita: tanto più l’organismo
vive in termini di anni, tanto più le cellule avranno più capacità di proliferare. Il tutto potrebbe essere
visto attraverso una retta.
La cellula senescente è più grossa rispetto ai fibroblasti giovani. Inoltre questo tipo di microfotografie
sono state fatte trattando le cellule con un substrato dell’enzima Beta-galattosidasi acida espressi
ad alti livelli nelle cellule senescenti. E’ un saggio che viene utilizzato per rilevare cellule senescenti.
Non sono più in grado di proliferare in quanto esprimono diversi inibitori del ciclo cellulare.
Un’altra caratteristica delle cellule senescenti è che cambia la cromatina perché ci sono
zone estese che vanno incontro a riorganizzazione della cromatina e all’interno del
nucleo si formano degli addensamenti ricchi di marcatori di eterocromatina (geni spenti).
In questa zona si ritrovano geni coinvolti nella proliferazione cellulare. Quando la cellula
va incontro a questa riorganizzazione morfologica associata alla senescenza cellulare, ci
sono zone molto più addensate e colorate chiamate SAHF (senescence-associated
heterochromatin foci) dove vengono ritrovati anche geni coinvolti nella proliferazione
cellulare. Una volta che la cellula va in rimodellamento, non torna indietro, a meno che
non ci siano mutazioni che le portano a diventare cellule tumorali.
Le cellule senescenti non sono però sinonimo di cellule che vanno incontro a
morte: la particolarità è che le cellule senescenti sono molto più forti a contrastare gli
stimoli apoptotici, tanto che in vitro si è visto che possono rimanere in coltura per molti
mesi senza però riprodursi. Si pensa che all’interno dei tessuti, le cellule senescenti
possano stare per anni.
Si è visto che una componente molecolare fondamentale per mediare la senescenza replicativa è
costituita dai telomeri, estremità dei cromosomi, selezionate attraverso meccanismi evolutivi per
proteggere l’integrità del DNA impedendo di perdere pezzetti di DNA ad ogni ciclo cellulare. La
telomerasi riconosce la fine del cromosoma e inserisce delle sequenze che mantengono la
lunghezza del telomero.
La telomerasi è l’enzima responsabile per formare i telomeri e per mantenere ad ogni ciclo cellulare
la lunghezza normale del telomero perché ad ogni ciclo cellulare la DNA polimerasi non riesce a
sintetizzare anche la fine della molecola, quindi, se non ci fosse la telomerasi, ad ogni ciclo si
perderebbe materiale genetico. Il problema è che in molte cellule umane la telomerasi non è
espressa e quindi ogni volta che questa cellula duplica assistiamo ad un accorciamento dei telomeri
perché la DNA polimerasi normale non riesce a sintetizzare tutta la molecola di DNA.
La telomerasi è espressa invece nel compartimento staminale, ma la sua attività non è sufficiente a
contrastare completamente l’accorciamento dei telomeri. La quantità di enzima telomerasi non è
sufficiente a contrastare completamente l’accorciamento dei telomeri.
Quando i telomeri raggiungono una determinata lunghezza minima, le cellule vanno incontro a
senescenza replicativo. L’invecchiamento cellulare sembrerebbe un meccanismo volto a ridurre il
massimo numero di divisioni possibili, e sfavorire così l’accumulo di un numero elevato di mutazioni.
Quando il telomero raggiunge una lunghezza soglia TRF1 e TRF2 si staccano e il DNA presente
alla fine del cromosoma viene esposto all’interno del nucleo: a questo punto il DNA ‘’viene cambiato’’
dalla cellula come una zona di danno e parte una riparazione del DNA e la cellula ha due vie:
• Lievito: organismo unicellulare. Il lievito replica per gemmazione: la cellula figlia nascente,
lascia sulla cellula madre una sorta di ‘’cicatrice’’, che l’operatore può vedere. Contando
queste ‘’cicatrici’’ si può capire quante volte il lievito abbia replicato. Nel tempo la cellula
madre da origine solo ad un certo numero di cellule figlie. Abbiamo anche qui quindi
senescenza replicativa.
• C-elegans: dalla nascita alla fase di morte il verme possiede sempre le stesse cellule, che
vanno incontro a dei cambiamenti e l’invecchiamento viene definito cronologico, che
potrebbe essere equivalente come l’invecchiamento delle cellule post mitotiche del nostro
organismo (es. neuroni).
L’invecchiamento dovrebbe essere dovuto al gene Sir2, identificato inizialmente nel lievito, perché
se il gene veniva deleto, si riduceva in maniera significativa il numero di replicazioni, mentre se
veniva over espresso aumenta i cicli di replicazione. (NE PARLA NELLA LEZIONE 8)