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Lezione 5 (20 ottobre)

ALTRE PROTEINE RILASCIATE DAL MITOCONDRIO

Ci sono altre proteine coinvolte nella degradazione del dna nucleare che possono essere rilasciate dal
mitocondrio:

Questo schema ci fa vedere come queste


proteine dal mitocondrio vanno all’interno del
nucleo e sono necessarie per la
frammentazione del Dna. Inoltre, con
l’attivazione delle caspasi che avviene grazie
all’attività dell’apoptosoma, ci sono altre
proteine presenti nel citoplasma come la
proteina CAD. Normalmente questa proteina si
trova nel citoplasma in una forma inattiva
perché complessata con l’inibitore KCAD.
Quando poi le caspasi vengono attivate,
l’inibitore viene degradato e la CAD può andare
nel nucleo dove contribuisce alla
frammentazione del Dna. (molte cose che
succedono nel nucleo sono dipendenti dal rilascio di proteine mitocondriali o dall’attivazione delle caspasi
citoplasmatiche.

PROTEINE Bcl-2

La famiglia di proteine Bcl-2 si ritrova nei mammiferi e comprendono proteine codificate da 20 geni diversi.
Queste proteine hanno un ruolo chiave nell’integrazione dei vari segnali di stress e quindi poi portano la
cellula ad orientarsi verso la sopravvivenza o verso l’inizio del processo apoptotico.
Ci sono tre sottofamiglie, una sottofamiglia Bcl-2 con azione anti-apoptotica (verso la sopravvivenza della
cellula), una sottofamiglia Bax con azione pro-apoptotica (attività diretta sulla permeabilità del
mitocondrio), e una sottofamiglia BH3-only che ha anch’essa azione pro-apoptotica e vengono distinte a
loro volta in “attivatori” che agiscono e attivano bax e in “sensibilizzanti” che antagonizzano Bcl-2 (non
agiscono quindi direttamente sulla permeabilità del mitocondrio, ma regolano l’attività dei fattori pro-
apoptotici o anti-apoptotici).
I geni che codificano per queste proteine sono altamente conservati durante l’evoluzionee possono essere
trovati anche in organismi in cui non ci si aspetterebbe come in c. elegans, drosophila, adenovirus e virus di
Epstein-Barr. Questo perché l’apoptosi è anche un meccanismo di difesa contro le infezioni virali, il virus ha
quindi escogitato la capacità di produrre delle proteine simili a quelle con attività anti-apoptotica per
carcare di contrastare l’azione apoptotica indotta dall’infezione, se il virus riesce a bloccare l’apoptosi la
cellula infettata sopravvive e il virus può continuare a replicarsi.
Struttura proteica: nella parte
superiore viene indicato un
membro con attività anti-
apoptotica, tipico della famiglia
Bcl-2. Sulla destra si vede la
regione TM (trans membrane) che
rendono queste proteine in grado
di inserirsi nelle membrane, in
particolare quella mitocondriale
ma anche in altre membrane
citoplasmatiche. Nel resto della
proteina, i domini più importanti
sono BH1, BH2, BH3 e BH4. Si
tratta di regioni che hanno una
certa omologia tra di loro, BH sta
per Bcl-2 homology domains e il
numero indica i diversi membri anti-apoptotici.
Le informazioni tridimensionali di queste proteine ci hanno consentito di capire perché molti membri della
famiglia anti-apoptotica hanno 4 di questi domini rispetto alle altre sottofamiglie pro-apoptotiche. La
sottofamiglia Bax ha una struttura molto simile a quella delle proteine Bcl-2, la differenza principale è che
ha solo 3 dei domini BH (si pensa che questo sia molto importante per le interazioni proteina-proteina che
si possono instaurare tra i membri di queste sottofamiglie).
L’ultima categoria è quella delle BH-only che sono in numero abbastanza elevato, circa una decina di geni
nei mammiferi, e sono proteine che hanno una struttura abbastanza diversa tra di loro. Alcune di queste
hanno il dominio TM mentre altre non ce l’hanno. La caratteristica comune a queste BH-only proteins, è il
dominio BH3 che come omologia è simile a quello degli altri membri della super famiglia. Questo dominio è
coinvolto in interazioni proteina-proteina con i membri delle altre due sottocategorie. Ognuna di queste
proteine poi ha ulteriori caratteristiche a livello della sequenza che però sono specifiche per ognuna di loro.
Mentre l’azione dei geni anti-apoptotici è almeno in parte costitutiva in quanto spingono per la
sopravvivenza cellulare, le proteine BH3-only sono diverse perché si tratta di geni regolati dal danno. In
funzione del tipo di danno ci sono proteine diverse che vengono espresse che andando a bilanciare
l’equilibrio fanno passare la bilancia apoptotica da una fase anti a una fase pro-apoptotica.

Nel caso della sottofamiglia Bcl-2, il membro più studiato è Bcl-2 che è stato il primo oncogene identificato
che promuove la sopravvivenza cellulare. Come è stato identificato? In alcuni tipi particolari di tumori,
come i linfomi, ci sono traslocazioni cromosomali. Il gene che codifica per Bcl-2, in seguito alla
traslocazione, perde il contatto con l’estremità del cromosoma contenete le regioni regolatrici responsabili
della sua espressione normale, e prende invece contatto con le regioni regolatrici della catena pesante
delle immunoglobuline. I geni che codificano per le immunoglobuline sonno espressi ad altissimi livelli,
quindi, la traslocazione fa si che i livelli di Bcl-2 espressi in queste cellule, siano molto più alti dei livelli
fisiologici. La bilancia apoptotica in questo caso è molto sbilanciata in favore della sopravvivenza cellulare.
Anche stimoli che normalmente porterebbero a morte queste cellule, non ce la fanno perché i livelli di
proteine anti-apoptotiche sono troppo elevati.
Nell’immagine si vedono le
strutture dei membri della
sottofamiglia Bcl-2, incluso CED-9
che è l’ortologo di c. elegans.
Queste proteine hanno una
struttura abbastanza simile, quello
che si discosta di più dalle altre è il
gene che codifica per la proteina
Mcl-1. La proteina Mcl-1 ha
un’attività anti-apoptotica ma non
ha alcuni domini come il BH4 e ha
una regione N-term molto più
estesa delle altre proteine perché subisce una regolazione post-trascrizionale. La sua stabilità è controllata
principalmente dal proteasoma e in diverse cellule, i livelli di questa proteina sono mantenuti bassi grazie
ad una degradazione continua. In diverse condizioni, sia fisiologiche per resistere allo stress che
patologiche, viene alterato il meccanismo di degradazione di Mcl-1 per aumentarne i livelli e quindi per
aumentare la capacità di sopravvivenza della cellula.

Le proteine della
sottofamiglia Bax sono Bax,
Bak e Bok e sono anche
queste proteine che hanno i
domini BH1, BH2, BH3 in
omologia con Bcl-2 e la
regione transmembrana TM.
hanno la capacità di formare
oligomeri per formare canali
nel mitocondrio necessari per favorire l’uscita del citocromo c.
Ci sono diversi membri di questa sottofamiglia e questo è molto importante perché questi membri sono
parzialmente ridondanti tra di loro.
In questi due grafici si possono
vedere in due condizioni diverse
cellule che provengono da
animali KO o per il singolo gene
di Bax, o per il singolo gene di
Bak, o per entrambi questi due
geni. Il comportamento di
queste cellule in vitro è
confrontato con le cellule WT
per questi geni. Perché si parla
di ridondanza? Nel pannello D queste cellule sono esposte a raggi UV mentre nel pannello F sono
sottoposte al Serum Withdrawal (mezzo di coltura senza siero). Quando diamo raggi UV, quanto è più alta
la dose di raggi UV, maggiore è il numero di cellule wt che muoiono. Quello che si osserva per le cellule KO
di Bax è che c’è una lieve riduzione della mortalità, lo stesso si osserva per le cellule Bak KO. Lo stesso
andamento si osserva nel pannello F e quindi senza la presenza di siero. Una conclusione frettolosa di
questo esperimento potrebbe essere che la morte cellulare che si verifica in queste condizioni, non dipende
dai membri della famiglia Bcl-2 e quindi o l’apoptosi non p coinvolta, o il segnale di induzione dell’apoptosi
viene da qualcos’altro.
Gli studiosi hanno pensato che facendo il KO solo per Bax o Bak, gli altri geni della sottofamiglia pro-
apoptotica potessero comunque funzionare favorendo l’apoptosi. Hanno quindi pensato di fare il KO di
entrambi i geni vedendo che così i risultati di morte cellulare scendono praticamente a zero. La ridondanza
delle attività delle funzioni di questi geni, fa si che il KO di uno solo di essi non abbia un effetto marcato.
La terza sottofamiglia è quella BH3-only e nell’immagine
è indicata solo una parte delle proteine che la
compongono e l’unica regione conservata tra di loro è la
regione BH3 necessaria per l’attività pro-apoptotica.
Queste proteine BH3 possono funzionare in maniera
diversa e informazioni strutturali hanno portato a capire
come una di esse riesca a interagire con uno dei membri
anti-apoptotici chiamato Bcl-XL perturbandone la
funzione.

Se si guarda la parte sinistra


dell’immagine, si vede la cristallografia
della proteina Bcl-XL in cui si identificano i
4 domini BH1, BH2, BH3 e BH4 con colori
diversi. Si intravede in particolare, tra BH1,
BH2 e BH3 una specie di solco che può
essere un buon dominio di interazione con
un’altra proteina. Nella figura centrale si
vede infatti l’interazione di questa
proteina con la regione BH3 di una delle
proteine BH3-only (pallini giallo-dorato che si incastrano perfettamente nel solco di Bcl-XL. Questo tipo di
interazione cambia leggermente la conformazione della proteina Bcl-XL bloccandone la sua attività anti-
apoptotica. Per questo motivo, le proteine BH-only vengono definite “sensibilizzatori” → non sono in grado
di attivare direttamente l’apoptosi ma sono in grado di ridurre l’attività anti-apoptotica.
A destra è mostrato il perché le proteine Bax con attività pro-apoptotica non possono agire con le BH3-
only: la struttura d Bax non è molto diversa dalla struttura di Bcl-XL ma contiene una regione C-term (giallo
paglierino) la quale si ripiega su se stessa andando ad interagire con i domini BH1, BH2 e BH3 impedendo
che questi domini possano formare il solco in grado di interagire con le proteine BH3-only. Questa, quindi è
la conformazione nativa delle proteine Bax che possono essere attivate da altre proteine BH3-only per
indurre la formazione dei canali nel mitocondrio.
In questo modo, i membri sensibilizzatori della famiglia BH3-only possono legarsi solo a proteine anti-
apoptotiche come Bcl-2, Bcl-xl ecc., con risultato un effetto pro-apoptotico, in quanto quando BH3-only
lega le proteine della famiglia Bcl-2 le neutralizza, spostando la bilancia verso l’apoptosi.

Sono stati poi proposti 3 modelli di interazione:


- Attivazione diretta → Le proteine della famiglai BH3-only (indicate in arancione) agiscono in
maniera preponderante sulle proteine Bcl-2 (celeste) bloccandone l’attività.
Alcuni membri della sottofamiglia BH3-only con attività diretta possono interagire anche con Bax
favorendo la sua attivazione.
Quindi da un lato si legano agli anti-apoptotici e dall’altro direttamente ai pro-apoptotici, che nel
caso di Bax porta alla formazione di un polimero che si dispone come un poro sulla membrana
mitocondriale.
- Attivazione indiretta → le proteine BH3-only agiscono esclusivamente bloccando l’attività dei
membri anti-apoptotici che a loro volta sono importanti per bloccare l’attività di Bax. L’attivazione
è quindi indiretta perché viene inibito l’inibitore Bcl-2 portando all’attivazione di Bax.
- Modello unificato → Unisce entrambi i meccanismi, quindi le BH3-only da un lato bloccano Bcl-2
che a loro volta bloccano Bax (e così non può farlo), dall’altro attivano direttamente Bax così che si
crei il polimero.
Sono stati fatti molti studi biochimici sull’attività di queste proteine e chiaramente all’interno della cellula
non è super definito cosa stia accadendo e se in tutte le cellule avvengano interazioni simili. Esperimenti di
live imaging sono importanti per definire all’interno della cellula le interazioni tra queste proteine.
Complessivamente è chiaro come il ruolo di queste proteine può fungere molto bene da regolatore del
programma di apoptosi.

ANTAGONISMO TRA LE PROTEINE CON ATTIVITA’ PRO-APOPTOTICA E PROTEINE CON ATTIVITA’ ANTI-
APOPTOTICA

Si vede una preparazione istologica di rene colorata con ematossilina eosina, si tratta del rene di un topo wt
a 5 settimane di vita. Se si fanno dei topi KO per Bcl-2, sbilanciamo la bilancia dell’apoptosi perché abbiamo
eliminato un gene anti-apoptotico ma il topo nasce, quindi la sua assenza non è sufficiente per la morte
durante lo sviluppo in quanto c’è ridondanza tra i geni anti-apoptotici. Questo topo però muore intorno al
mese di età perché ha difetti a livello di molti organi, in particolare a livello del rene in cui si inizia ad avere
apoptosi massiva. Probabilmente in questi organi, dopo lo sviluppo, Bcl-2 gioca un ruolo fondamentale e se
viene a mancare si attiva il programma apoptotico. La figura al centro mostra il rene di un topo KO per Bcl-2
e si vedono chiaramente dei buchi che sono cisti formate in seguito alla morte delle cellule in quei punti
rimpiazzate da liquido.
Successivamente si è eliminata oltre a Bcl-2, anche una sola copia del gene Bim, un gene che codifica per
una proteina BH3-only e che ha quindi attività pro-apoptotica.
Nell’immagine di destra si può vedere come il rene del topo KO per
Bcl-2 e Bim sia simile a quello del topo wt. Questo significa che basta
avere il 50% della proteina pro-apoptotica (eterozigote per Bim) che
la bilancia torna a favore della sopravvivenza cellulare.

Qual è il ruolo delle proteine appartenenti alla superfamiglia delle


Bcl-2?
Il cartoon seguente ci mostra il modello prevalente per cui ci sono
evidenze sperimentali molto solide e che mostra la membrana
mitocondriale e la matrice mitocondriale. Quando c’è una situazione in cui viene attivata l’apoptosi, grazie
all’attività delle proteine BH3-only, viene distrutta l’interazione tra le proteine pro-apoptotiche e quelle
anti-apoptotiche e le proteine come Bax oligomerizzano e formano un canale in grado di fare uscire dal
mitocondrio i citocromi C.
Nel cartoon di sopra (?) è indicata una possibilità alternativa per la quale ci sono meno evidenze che però è
consistente con un possibile ruolo del PTP (permeability transition pore) anche nell’apoptosi. In particolare,
sembra che il PTP possa essere anch’esso regolato da proteine della famiglia di Bcl-2 in quanto i membri
anti-apoptotici sono in grado di legarsi e bloccarne l’apertura mentre i membri pro-apoptotici sono in grado
di regolarne l’apertura facendo poi fuoriuscire il citocromo c.
(il modello più accettato è che le proteine Bax formino i canali sulla membrana mitocondriale per la
fuoriuscita del mitocondrio ma ci sono appunto evidenze sperimentali che in alcuni casi possa svolgere un
ruolo importante anche il PTP)

CONDIZIONI DI MALATTIA (tumorigenesi)

Il tumore è sicuramente una condizione in cui c’è una deregolazione di questo equilibrio in quanto i fattori
anti-apoptotici sembrano essere in gioco per mantenere la sopravvivenza delle cellule tumorali.
È possibile, mediante studi in vitro, dare delle scale dell’attività dei membri della superfamiglia Bcl-2
all’interno di una cellula. Utilizzando quindi dei peptidi sintetici che mimano l’attività pro-apoptotica di
BH3-only, si può vedere quanto di questo peptide sintetico venga captato dalle cellule e vada ad interagire
con i membri pro e anti-apoptotici → se c’è bisogno di tanto peptide per spingere la cellula verso
l’apoptosi, vuol dire che la cellula in questione ha alti livelli di membri anti-apoptotici. Se invece basta poso
del peptide sintetico per spingere la cellula verso l’apoptosi, vuol dire che quella cellula è già abbastanza
sensibile all’azione pro-apoptotica.
Si può così costruire una scala di sensibilità di vari tipi di tumore, ad esempio riferendosi a diverse linee
cellulari leucemiche: quanto più queste cellule sono sensibili a farmaci antitumorali, tanto più sono sensibili
ai peptidi sintetici. È come se la sensibilità al trattamento antitumorale fosse una funzione di quanto la
bilancia è spostata a favore dei membri anti o pro-apoptotici. Se la bilancia è spostata molto a favore della
sopravvivenza cellulare, queste cellule saranno più resistenti ai farmaci chemioterapici. Se invece queste
cellule hanno una bilancia più spostata verso la morte cellulare, allora la cellula va più facilmente in
apoptosi.
In questo studio si è visto quindi che si può ridurre il livello dei membri anti-apoptotici (nel pannello A
vengono ridotti i livelli di Bcl-2 mediante Rna interference) per portare la bilancia a favore dell’apoptosi.
Se si guardano le curve di sotto, la sensibilità a due tipi di chemioterapici diversi aumenta di molto quando
c’è il KD di Bcl-2 rispetto alle condizioni wt. Questo è un’ulteriore indicazione che la sensibilità di queste
cellule ai farmaci chemioterapici dipende dall’attività pro o anti-apoptotica dei membri della famiglia Bcl-2.

Gli studiosi hanno poi preso campioni di cellule provenienti da


pazienti leucemici e le hanno trattate in vitro coi peptidi sintetici
per vedere quali erano le cellule più sensibili e quali erano quelle
più resistenti. Questa risposta in vitro è predittiva della risposta in
vivo nel paziente alla chemioterapia.
Nel pannello B CR sta per complete remission, i pallini rossi
indicano quindi i pazienti che sono considerati curati in quanto
hanno risposto bene alla terapia in vivo. I pallini rossi
corrispondono al risultato nel test in vitro delle cellule provenienti
da quei pazienti e corrispondono ad un punteggio molto alto,
questo vuol dire che se in vitro sono state aggiunte piccole
quantità del peptide pro-apoptotico, le cellule sono andate in
apoptosi.
I pallini blu invece, indicano una risposta non completa al trattamento chemioterapico, il loro score è quasi
sempre più basso del 50%. In questi casi ci è quindi voluta una quantità maggiore di peptide pro-apoptotico
per ottenere una risposta anche in vitro da parte di queste cellule.
I pallini rosa indicano i pazienti che hanno avuto una prima risposta alla terapia ma che poi nel tempo
hanno avuto una recidiva della malattia. Il loro punteggio è molto più eterogeneo, in vitro la risposta è stata
peggiore ed è quindi come se essa ci desse una buona indicazione di come andrà la terapia in vivo e nel
tempo.
Sulla base di queste osservazioni sperimentali, sono in corso attualmente altri studi clinici per cercare di
capire se questi test fatti al momento di diagnosi della malattia, possano essere utili anche per stabilire il
trattamento nel paziente: se il paziente ha uno score molto alto in questo test, allora la chemioterapia da
sola può avere un’ottima probabilità di successo. Se invece il paziente ha uno score peggiore in vitro, c’è la
probabilità che risponda male alla chemioterapia, in questo caso o si danno dosi più elevate di
chemioterapico o si cerca di trattare il paziente con altre terapie sperimentali.

CASPASI

Le caspasi sono delle proteasi e il loro nome deriva da Cisteina ASPartato-specifiche proteASI: all’interno
del sito attivo dell’enzima è presente una cisteina che è chiave per l’attività enzimatica stessa.
L’aspartato è invece il substrato amminoacidico riconosciuto dall’enzima: le caspasi possono effettuare tagli
proteolitici sulle proteine solo se l’amminoacido N-terminale del legame peptidico che devono tagliare è un
aspartato. È importante capire che le caspasi per tagliare devono riconoscere sequenze altamente
specifiche, e questo è correlato con il processo apoptotico stesso, che è un processo altamente preciso.
Ci sono vari membri di queste caspasi nei mammiferi ma non tutti sono coinvolti nella regolazione
dell’apoptosi, alcuni sono coinvolti in altri fenomeni come l’infiammazione.
Eistono 2 categorie di caspasi di cui la prima è semplificata alla caspasi 9 che si trova nell’apoptosoma ed è
la categoria delle caspasi iniziatrici. Queste, sono caspasi presenti in forma inattiva all’interno della cellula
e sono le prime ad essere coinvolte nell’attivazione dell’apoptosi, per questo motivo hanno la capacità di
interagire con proteine che hanno ruoli diversi. Le caspasi iniziatrici hanno delle regioni d’interazione più
complesse con le proteine e quindi hanno un pro-dominio inattivo piuttosto lungo. Queste caspasi hanno
la capacità di autoattivarsi.

Ci sono poi le caspasi esecutrici che agiscono a valle e che fanno la maggior parte del lavoro in quanto
eseguono la distruzione vera e propria. Anche loro sono presenti in forma inattiva nella cellula ma sono
attivate dalle caspasi iniziatrici che riconoscono il loro sito di attivazione e le tagliano per renderle attive.
Hanno un pro-dominio più breve.

Struttura delle caspasi: osserviamo che è presente un pro-dominio, ossia il dominio di regolazione, più
esteso nelle iniziatrici che nelle esecutrici e presente solitamente all’ N-term; osserviamo poi una subunità
maggiore ed una subunità minore unite da un linker, che ha la funzione di collegare le due subunità, che
verrà eliminato con l’attivazione della proteina. Tra la subunità large e il pro-dominio c’è inoltre un residuo
di aspartato che verrà utilizzato per il taglio che serve all’attivazione. Sono presenti anche altri due residui
di aspartato a inizio e fine della subunità linker. Ovviamente il fatto che le caspasi vengano prodotte in
forma inattiva è essenziale: se fossero sempre attive le cellule continuerebbero a morire, è necessario però
che le caspasi siano sempre pronte ad attivarsi in caso di bisogno di morte cellulare programmata.
Quando avviene l’attivazione delle caspasi, avvengono i tagli a livello dei residui di aspartato, vengono persi
il prodominio e la subunità linker e la subunità large e quella small diventano due catene polipeptidiche
separate che si uniscono tra di loro a formare dei tetrameri. Questi tetrameri formati da due subunità large
e due small, costituiscono la caspasi in forma attiva finale.
Nel caso delle caspasi iniziatrici questo step di attivazione è uno step di autoattivazione, mentre nel caso
delle caspasi esecutrici questi tagli sono dovuti ad una trans-attivazione in quanto sono le caspasi iniziatrici
che vanno a tagliare i residui di aspartato delle esecutrici attivandole.
Come avvengono questi tagli? Per quanto riguarda l’attivazione delle caspasi iniziatrici si sa poco, sembra
che sia la formazione dell’apoptosoma che dà il via all’attivazione, in quanto il complesso prevede molte
caspasi vicine tra loro che hanno una maggiore probabilità di attivarsi a vicenda (e noi lo intendiamo come
auto-attivarsi), anche perché quando sono inattive non è che sono “morte”, ma semplicemente hanno una
bassissima attività enzimatica, che ovviamente aumenta quando ce ne sono tante vicine tra loro,
scatenando così l’attivazione. Una volta che si è formata la caspasi attiva, questa va ad attivare la caspasi
esecutrice.
L’attività proteasica di queste caspasi è il meccanismo principale delle alterazioni morfologiche che portano
all’apoptosi. Essendo delle proteasi, è possibile sintetizzare degli agenti chimici in grado di bloccare la loro
attività enzimatica e quando appunto le blocchiamo, riusciamo a rallentare o a prevenire la morte cellulare
(se il danno persiste poi la cellula va in necrosi).
Tra i substrati delle caspasi, vi sono le caspasi stesse e le proteine anti-apoptotiche della famiglia Bcl-2, oltre
che altre proteine. È facilmente intuibile, quindi, che le caspasi portano avanti l’esecuzione del programma
apoptotico eliminando le proteine anti-apoptotiche e facendo tendere quindi la bilancia verso l’apoptosi.
Hanno come substrato anche proteine strutturali, per esempio le lamine, che sono proteine che
costituiscono il nucleo, oppure anche le citocheratine, le spectrine, le gelsoline e l’actina, tutte componenti
del citoscheletro. La cellula perde quindi la sua unità, in quanto viene colpita nelle molecole chiave della
sua struttura (come quando si demolisce un palazzo con esplosivo in modo controllato, in cui si colpiscono
le strutture portanti e il palazzo crolla senza troppi danni) e questa è la principale ragione per cui alla fine si
formano i corpi apoptotici e la cellula non si disintegra in modo disordinato.

PROTEINE IAP

Le proteine IAP (Inibitor of Apoptosis Protein) sono normalmente presenti all’interno del citoplasma e
agiscono tenendo le caspasi sotto controllo. Sono quindi degli inibitori fisiologici dell’attivazione delle
caspasi → ci possono essere stimoli dannosi che portano ad un’attivazione iniziale delle caspasi che, se poi
la cellula è in grado di fronteggiare il danno, vengono inibite dalle IAP. Il programma apoptotico viene
rallentato e se la cellula risolve il danno, non si va incontro a morte cellulare.
Questi inibitori non solo bloccano l’attività enzimatica, ma sono anche in grado di degradare le caspasi
regolandone quindi i livelli.
Le IAP sono state identificate per la prima volta nel Baculovirus, in grado di infettare le cellule di insetto e si
pensa che la presenza di questi geni all’interno delle sequenze virali, sia necessaria per bloccare l’apoptosi
per il tempo sufficiente alla replicazione del virus stesso.
La presenza delle proteine IAP favorisce due tipi di regolazione delle caspasi:
- Ubiquitinazione non degradativa → le caspasi in questo caso sono ubiquitinate. Questo blocca la
loro attività ma non le porta a degradazione.
- Ubiquitinazione degradativa → può essere che altri membri della famiglia IAP poliubiquitinino
diversi residui che portano quindi alla degradazione della caspasi.

DEATH RECEPTORS

I death receptors ci consentono di parlare dell’altra modalità di apoptosi e cioè del meccanismo estrinseco
(quella intrinseca è quella di cui abbiamo parlato fino ad ora).
Il meccanismo estrinseco è dovuto proprio alla presenza di questi death receptors e dei loro ligandi: il
legame del legando al recettore porta, all’interno della cellula che esprime il recettore, una cascata di
segnale che porta come effetto finale all’attivazione delle caspasi.
I death receptors più studiati sono il TNF-R (Tumor Necrosis Factor Receptor), il Fas e il TRAIL.
Questi recettori sono dei recettori di membrana, che presentano quindi:
- Regione extracellulare → è la porzione N-terminale del recettore ed è responsabile del legame con
il ligando. Questa regione è formata da diversi domini ricchi in cisteina che hanno una vaga
somiglianza con il dominio delle immunoglobuline.
- Regione transmembrana
- Regione intracitoplasmatica che è la porzione C-terminale del recettore ed è coinvolta nei
meccanismi di trasduzione del segnale quando il ligando si lega alla porzione extracellulare.
Nella regione intracellulare osserviamo il Death Domain (DD) che è il domino responsabile della
trasduzione del segnale apoptotico all’interno della cellula mediante l’interazione con altre
molecole.

Come avviene l’attivazione della via estrinseca?


Ci deve essere chiaramente l’interazione del recettore con il ligando che porta ad una trimerizzazione: il
recettore è presente in forma monomerica sulla superficie della cellula e quando lega il ligando trimerizza
portando all’attivazione delle regioni intracitoplasmatiche con la formazione del DISC, equivalente
dell’apoptosoma nella via intrinseca mitocondriale.
Il DISC (Death Inducing Signaling Complex) è il complesso che induce i segnali di morte cellulare ed è
formato dalla porzione citoplasmatica del death receptor e da altre proteine adattatrici che mettono in
relazione l’esterno della cellula con l’interno della cellula. In particolare, la proteina FADD interagisce con
alcune caspasi iniziatrici come la procaspasi 8 che viene quindi attivata e porta all’attivazione a valle delle
caspasi esecutrici.

I ligandi dei death receptors sono di vario tipo, tra cui le citochine, e possono essere in forma solubile (nel
plasma o tessuti interstiziali) rilasciati da altre cellule che vogliono segnalare la presenza di uno stato di
infiammazione o infezione tissutale, oppure possono anche essere esposti sulla membrana di altre cellule,
creando così una cellula ricevente, che esprime il death receptors e quindi muore quando le due cellule
entrano in contatto, ed una cellula donatrice, che esprime il ligando ma lei non muore (es: diversi linfociti T
possono indurre apoptosi di proteine bersaglio esprimendo le proteine dei ligandi. Quando vogliono
indurre la morte di una cellula bersaglio, interagiscono con essa e trovano il death receptor, la cellula
bersaglio va quindi incontro ad apoptosi).
Nell’immagine si vede il TNF-R in forma non
legata al ligando al centro. Quando il recettore è
monomerico il dominio della morte
intracitoplasmatico interagisce con delle
proteine chaperon che lo tengono bloccato. Il
recettore quindi non sta segnalando. A destra si
vede cosa succede quando il TNF lega il
recettore: tre molecole di recettore si uniscono
tra di loro e le proteine chaperon si staccano
dalla regione intracitoplasmatica rendendo cos’ i
death receptors liberi di interagire con le
proteine adattatrici. Tra queste molecole
adattatrici c’è FADD che attiva la procaspasi 8 la
quale fa partire il programma apoptotico.
In realtà, il signaling di questi recettori non media sempre e solo apoptosi, ma dipende molto dal contesto.
Possono anche essere attivati altri pathway (c) che portano all’attivazione di fattori di trascrizione che
attivano altri tipi di processi, per esempio quello infiammatorio o di sopravvivenza cellulare.

TRAIL sta per TNF Related Apoptosis Inducing Ligand ed è quindi un ligando per i death receptors che è
espresso in molti tessuti diversi e che è stato studiato in relazione a molti tumori. I tessuti in cui viene
espresso potrebbero potenzialmente andare incontro ad apoptosi ma si è visto come invece siano più
resistenti al segnale apoptotico rispetto alle cellule tumorali. Per questo motivo TRAIL è stato studiato
molto nei tumori.
A sinistra nell’immagine osserviamo i recettori TRAIL 1 e 2, che sono legati ai loro ligandi TRAIL e sono
quindi già aggregati che portano al reclutamento di proteine adattatrici e la conseguente attivazione della
caspasi 8 per l’inizio dell’apoptosi.

Per TRAIL è stato identificato anche un altro tipo di


recettori (a destra nell’immagine) i quali hanno la porzione
extracellulare identica ai recettori funzionali ma possono
essere o privi della porzione intracitoplasmatica, o
presentano delle varianti amminoacidiche nella regione del
Death Domain che impediscono di segnalare all’interno del
citoplasma.
La cellula è in grado quindi di esprimere diversi tipi di
recettori TRAIL, quelli funzionali che mediano apoptosi e
altri recettori detti Decoy Receptors, i quali sono in grado
di legare il ligando ma non sono in grado di segnalare
apoptosi all’interno della cellula.
All’inizio si è pensato che la presenza di recettori Decoy
nelle cellule normali a livelli più alti rispetto alle cellule
tumorali, potesse essere una delle spiegazioni per la
maggiore sensibilità delle cellule tumorali all’apoptosi.
Questo nel tempo è stato parzialmente confutato dagli
studi.
Il pannello in alto a sinistra (MDA 231) e quello
in basso a destra (NHA) si riferiscono a cellule
tumorali mentre tutti gli altri si riferiscono a
cellule normali. Queste cellule vengono esposte
a diverse concentrazioni del ligando, sulle
ordinate viene misurata la vitalità cellulare.
Aumentando la concentrazione del ligando,
diminuisce la vitalità cellulare delle cellule
tumorali ma non quella delle cellule normali. Le
altre cellule, che sono cellule normali, sono
resistenti a dosi maggiori di TRAIL infatti, la loro
vitalità rimane pressoché invariata.

Questo fenomeno non avviene solo in vitro ma


avviene anche in vivo come si vede in un altro
esperimento in cui vengono analizzate sezioni di
fegato di diversi animali: nel pannello (a) il fegato
proviene da un animale non trattato, il pannello (b)
proviene da un animale trattato con TRAIL, quindi un
induttore dell’apoptosi, ma istologicamente sembra
identico ad a, a conferma del fatto che gli epatociti
normali ne siano resistenti. Nel pannello (c), abbiamo un controllo positivo, ossia un fegato trattato con
FAS, i cui recettori sono espressi sugli epatociti e infatti si ha una chiara evidenza di apoptosi, a
dimostrazione che queste cellule non sono resistenti a tutti gli stimoli apoptotici, ma proprio a quello
indotto tra TRAIL.
Questo è un modello in cui gli stessi
topi avevano dei tumori che sono
stati monitorati nel tempo. Nel
grafico di destra, nelle condizioni di
controllo il tumore nel tempo cresce
sempre di più mentre nel topo
trattato con TRAIL, il tumore cresce
molto molto meno. A sinistra viene
misurata la sopravvivenza di questi
animali e i topi di controllo muoiono
nel tempo mentre quelli trattati con
TRAIL sopravvivono più a lungo, il
30% di loro sembra essere curato per mesi dalla fine del trattamento.
Osserviamo ora 4 sezioni istologiche del tumore: la sezione (a)
e la sezione (b) sono diversi ingrandimenti del tumore di
controllo. La sezione (c) e la sezione (d) sono sezioni del
tumore proveniente dall’animale trattato con TRAIL. Nella
sezione (d), ad alto ingrandimento, notiamo la presenza dei
corpi apoptotici (che non vediamo in b), ad indicare proprio
che TRAIL sta avendo una funzione apoptotica nei confronti
delle cellule tumorali.
Questi risultati nei modelli preclinici hanno portato all’inizio di
una serie di studi clinici per vedere l’efficacia di TRAIL sulle
cellule tumorali. Effettivamente TRAIL è efficace, ha scarsa
tossicità ma il problema principale è che le cellule tumorali
sono in grado di sviluppare molto facilmente resistenza. Nella maggior parte dei casi, dopo una fase iniziale
di sensibilità, sopravvengono molto rapidamente meccanismi di resistenza nei pazienti.
Resta però la possibilità di potenziare il trattamento con TRAIL combinandolo con altri trattamenti.

CROSS-TALK TRA VIA INTRINSECA E VIA ESTRINSECA

Spesso la via estrinseca, dovuta all’attivazione dei Death Receptors, da sola non è sufficiente per portare
alla morte cellulare.
Esiste una proteina BH3-only chiamata BID che è presente in forma inattiva all’interno della cellula e che
quindi non ha attività pro-apoptotica.
Quando si attiva la via estrinseca e quindi un recettore della morte attivato dal ligando, si forma il DISC,
viene attivata la caspasi 8 la quale è ingrado di riconosce e proteolizzare BID in maniera limitata ma
sufficiente per formare una forma tronca di BID. La T-BID (Troncated BID) ora è attiva è ha un’azione pro-
apoptotica, può entrare nel mitocondrio ed associarsi a BAX, bloccare Bcl-2 e quindi attivare la via
intrinseca.
Se, infatti, eliminiamo BID da queste cellule, queste non vanno più incontro a morte cellulare perché si
perde il cross-talk. L’attivazione del death receptor può quindi essere sufficiente per portare a morte la
cellula in modo diretto oppure può richiedere un cross-talk con la via intrinseca.

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