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30/03
ANTIBIOTICI
TETRACICLINE queste molecole agiscono impediscono l’inserimento degli aa-tRNA nel sito A.
sono essenzialmente atossiche per gli eucarioti in quanto non capaci di passare le membrane
citoplasmatiche. La resistenza dei batteri è dovuta all’evoluzione di un sistema di trasporto di
membrana che espelle tutte le molecole non endogene.
PUROMICINE sono analoghi della Tyr-tRNA e, grazie a questa similarità, riesce a legarsi al sito
A indipendentemente da EF-Tu e causa la terminazione precoce. Questa molecola è attiva anche
negli eucarioti.
TOSSINA DIFTERICA questa tossina è resa tale dall’infezione di un fago che inserisce il suo
genoma all’interno di quello di un batterio ospite rendendolo patologico. La tossina agisce
modificando l’ADP-ribosio al fattore eEF-2 (simile al fattore EF-G) inibendo la fase di
allungamento.
- La catena B (lectina) che si lega alla superficie cellulare della cellula bersaglio e media
l’ingresso mediante endocitosi
- La catena A, che è un enzima con attività N-glicosidasica, taglia un’Adenina in posizione
4324 dell’rRNA 28S della subunità maggiore eucariotica inattivandola (questa attività è
altamente efficace facendo sì che una sola molecola possa uccidere una cellula intera)
Questa molecola, e le sue catena, è stata utilizzata per creare le immunotossine coniugate alla
catena B in modo che ci sia un dominio in grado di riconoscere una cellula bersaglio specifica,
come ad esempio una cellula tumorale.
Teoricamente la sequenza di amminoacidi che costituisce una proteina è sufficiente a far sì che
la proteina si ripieghi a ottenere la sua struttura nativa.
La denaturazione è il processo tramite il quale una proteina perde la sua struttura nativa per
alterazione di una condizione ambientale mentre la rinaturazione è il processo inverso; questi
due processi sono generalmente reversibili per proteine semplici.
03/04/17
Il ripiegamento di una proteina è un processo cooperativo nel quale molte interazioni si formano
in maniera concertata cosi che un piccolo numero di interazioni iniziali favorisce la formazione
di quelle successive. Molto raramente si possono trovare degli stadi intermedi sufficientemente
stabili e questi rappresentano forme della proteina che non porta ma alla struttura nativa (vicoli
ciechi): queste strutture intermedie si possono formare sia nel caso si formino delle interazioni,
ma non tutte, cosicché la proteina non sia totalmente strutturata (on pathway) sia nel caso in
cui si formino veri e propri vicoli ciechi in cui le interazioni che si sono formate sono sbagliate
e non permettono di
raggiungere lo stato
nativo (off pathway).
Quando si formano gli
stadi intermedi liberi
può accadere che
siano esposte le
regioni idrofobiche
della proteina
all’esterno; diverse
proteine che espongono queste regioni possono aggregare in maniera aspecifica; questa
condizione spesso porta a condizioni patologiche (come la neuro degenerazione). Gli intermedi,
quando aggregano, possono indurre stati non fisiologici sia sottraendo proteina nativa, formando
interazioni con essa, sia precipitato e portandosi con se proteine funzionali.
PONTI DISOLFURO
Molte proteine poi contribuiscono al ripiegamento corretto delle proteine in vivo; prossimo
dividere queste proteine in tre categorie (le prime due delle quali sono formati da enzimi):
Gli chaperon molecolari, a loro volta, possono essere divisi in due classi:
Nella prima classe troviamo proteine (di prevenzione) che si occupano di prevenire
l’aggregazione. Tra queste troviamo la Hsp70 (heat shock protein) che ha il compito di
legare e rilasciare le porzioni polipeptidiche esposte in stati non nativi delle proteine
prevenendo l’aggregazione legando il polipeptide in fase di sintesi.
Nella seconda classe troviamo proteine (di cura) che si occupano di rimettere in strada
gli intermedi ripiegati non correttamente. Tra queste troviamo le Chaperonine come la
Hsp60 che legano stati non nativi delle proteine, forniscono un microambiente protetto
per il folding e, per fare ciò, esse legano il polipeptide rilasciato dal ribosoma ma non
strutturato.
CHAPERONINE
La proteina da foldare viene riconosciuta dalla regione idrofobica del dominio apicale, che ha
anche il compito di denaturare e inserire all’interno del complesso i substrato; in seguito, il
legame tra GroEL e GroES chiude l’ingresso ad uno degli anelli di GroEL e la proteina substrato
viene sequestrata all’interno del complesso che presenta amminoacidi idrofilici cosicché gli
amminoacidi idrofobici esposti tendono a interagire tra loro e a ripiegarsi per repulsione. Ogni
subunità di ciascun anello può legare e idrolizzare una molecola di ATP (nel complesso quindi
abbiamo la possibilità di legare 7 molecole per anello e 14 per complesso); per facilitare la
distinzione dei due anelli, chiamiamo l’anello cis quello superiore e trans quello inferiore. Nel
complesso, solo 7 molecole
possono legarsi a ogni
subunità di un singolo anello
e l’idrolisi di queste avviene
molto lentamente (circa
10/15 secondi): questo
tempo è quello che ha la
proteina internalizzato per
riuscire ad ottenere la
struttura nativa. Questo
processo temporizzato fa sì che la proteina possa uscire dal complesso strutturata
completamente, come intermedio o come vicolo cieco dato che non c’è garanzia di funzionamento.
Se per esempio pensiamo che si siano legate 7 molecole di ATP sull’anello cis, allora il legame
con altre 7 molecole con l’anello trans induce una modificazione che induce il rilascio di GroES
e della proteina. (Definiamo questo ciclo una cooperatività negativa: i due anelli non possono
funzionare contemporaneamente dato che se uno lega la proteina l’altro non potrà interagire
con nessun substrato).
Nei procarioti il 100% delle proteine prodotte vengono correttamente foldate mentre negli
eucarioti questa percentuale si abbassa al 20/30%; questo avviene perché la maggior parte di
queste proteine sono intrinsecamente destrutturate, ovvero possiedono dei domini che non
hanno una struttura secondaria definita e che quindi può assumerla solo nel caso la sequenza
amminoacidica interagisca con altre molecole.
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Per essere indirizzata verso una certa regione cellulare, la proteina in oggetto deve presentare
un sequenza collocata o all’N-terminale, al C-terminale o, più raramente, all’interno della
sequenza codificante con la funzione di puntatore verso un compartimento ben definito dove
deve svolgere la sua azione biologica; in biotecnologie questa considerazione è molto importante
perché possiamo cambiare la localizzazione di una proteina maneggiando la suq sequenza ai due
terminali in modo da, per esempio, inter convertire unna proteina che si localizza nel citosol con
una che si localizza nel RE.
PROTEINA INTEGRALI DI MEMBRANA un discorso alternativo seve essere fatto per tutte
quelle proteine integrali di m membrana che non
son completamente solubili all’interno del
solvente citosolico o del lume ma che devono
essere integrate all’interno delle membrane:
queste vengono inserite co-traduzionalmente
nel reticolo per poi essere trasportate
mediante vescicole verso la loro localizzazione
finale (come ad ex le membrane cellulari).
Generalmente le proteine integrali di
membrana (come i recettori associati a proteine g o i trasportatori de glucosio) hanno più di un
elica transmembrana idrofobica. Affinché una proteina sia integrale di membrana, essa deve
contenere all’interno della sua sequenza amminoacidica una sequenza di arresto; questa
sequenza ha come scopo quello odi bloccare temporaneamente la sintesi del polipeptide nel
canale di traslocazione. Questo dal tempo al complesso di aprirsi i che permette il passaggio
dell’elica (che contiene la sequenza di arresto) all’interno delle membrane. Questo processo
viene ripetuto tante colte quante sono le eliche (che contengono la sequenza) che devono essere
inserite. Le proteine integrali di membrana vengono sintetizzate e traslocate i modo simile a
quello delle proteine solubili ma periodicamente avviene l’apertura del complesso.
TRASPORTO NEI MITOCONDRI il trasporto a livello dei mitocondri è più complesso rispetto
agli altre per il fatto che ci sono 4
diversi compartimenti vero i quale
si possono indirizzare le proteine: la
membrana esterna, lo spazio inter
membranale, la membrana interna e
matrice mitocondriale. I
trasportatori a livello delle
membrane che mediano la
traslocazione sono TOM
(translocate outer membrane) e
TIM (translocate inner membrane)
anche se da soli essi non possono
funzionare, essi dipendono infatti
dal corretto gradiente
elettrochimico del mitocondrio.
Nella regione in cui i sistemi
mediano il trasporto verso la
matrice si ha un avvicinamento
fisico, chiamato sito d i contatto,
che mette in comunione i
sistemi TIM e TOM in modo
che la proteina possa passare
agevolmente da un sistema
all’altro. Il trasporto verso la
matrice è post traduzionale:
essa viene sintetizzata
compleatemnte nel citosol
ma viene ricoperta
imediatamente da proteine Chaperon in modo che essa sia mantenuta denaturata; in seguit,
l’interazione della sequenza di localizzazione con i recettori specifici associati al complesso
della membrana interna determina l’apertura dello stesso permettendo il passaggio del
polipeptide all’interno de icanaeli e, se necessario, al’interno della matrice. L’energia per il
processo deriva dall’idrolisi di molecole di ATP e dal gradiente biochimico transmembrana: il
rilascio delle Hsp70 citosoliche consuma ATP, il trasferimento attraversoi l complesso
necessita di un potenziale ben definito e le Hsp70 mitocondriali consumano ATP. Questa
regolazione molto fine avvinee perche il mitocondrio è il sito primario in cui viene prodotta
energia sotto forma di ATP per mezzo della glicolisi che, tramite la catena di trasporto degli
elettroni,, pompa verso lo spazio intermembrana degli ioni H+, producendo un ben definito
graziente elettrochimico in un mitocondrio funzionale. Solo se il potenziale è ben definito allora
i canali di traslocazione (e in particolare quell iinterni) si aprono; questo avviene perche se un
mitocondri presenta una mutazione (che rende superflua qualuqneu altra sua funzione, in
particolar modo la traslocazione delle proteine) che gli ipedisce di far funzionare
correttamente l’ultimo ppassggio della glicolisi allora non si formera quel corretto gradiente
che induce l’apertura dei complessi di traslocazione. Ci sono pero delle eccezioni che riguardano
proteine che possono diffondere direttamnte dal citosol fino allo spazio intermembrana: questo
riguarda ad esempio la proteina idrosolubile citocromo C che deve attaversare solo la membrana
piu esterna, piu permeabile di quella interna (cosa che si riscontra anche nei bateri andando ad
avvalorare ancora di piu l’ipotesi endosimbiontica).
TRASPORTO NEI PEROSSISOMI i perossisomi sono organelli particolari poiché sono rivestiti
si u unico strato fosfolipidico, al contrari od i altri
organelli quali i cloroplasti o mitocondri; è un odei
pochi esempi di trasporto post traduzionale in cui
la sequenza di segnale si trova al C-terminale, dove
interferisce anche con il folding corretto della
proteina, e in cui la proteina viene traslocata in uno
stato pseudo nativo.
PORO NUCLEARE (trasporto bidirezionale nucleo-citosol)
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La degradazione delle proteine può prendere due vie diverse: la via lisosomiale, a carico degli
enzimi lisosomiali che inducono un idrolisi acida a pH di 4.8 degradando le proteine in monomeri,
serve alla distruzione di proteine di membrana o provenienti da sistemi di membrana; la via di
ubiquitina/proteosoma è invece quella preferita per tutte le proteine citoplasmatiche. La via
citosolica comprende due componenti: l’ubiquitina, che funge da segnale di degradazione, e il
proteosoma, che è una proteasi di degradazione. Questa via di degradazione è sia specifica che
aspecifica permettendo una degradazione generalizzata. Il proteosoma vinee anche interpellato
anche quando è necessario produrre peptidi antigenici da esporre sulla superficie cellulare
legati al complesso di istocompatibilità MHC; è anche importante per la degradazione di
proteine importanti coinvolte nel ciclo cellulare come le cicline nella mitosi.
UBIQUITINA
PROTEOSOMA
Il proteosoma è formato da subunità alfa e beta che vanno ad associarsi a formare 4 anelli
sovrapposti da 7 subunità ciascuno; nel complesso, i quattro anelli eptamerici sovrapposti vanno
a formare i core del proteosoma. Gli anelli più esterni sono formati da subunità alfa mentre
quelli più intendi da unita di tipo beta. Il proteosoma poi, oltre a presentare la regione centrale
catalitica, si associa alle estremità ad altre due strutture definite regolative; queste subunità
hanno i doppio compito di regolare l’attività del core catalitico e di svolgere la proteina, dato
che una proteina globulare in forma nativa non sarebbe in grado di entrare nel complesso. Onde
evitare danni proteici generalizzati, il proteosoma è sintetizzato sotto forma di zimogeno,
esattamente come la tripsina e la chimotripsina sintetizzate come tripsinogeno e
chimotripsinogeno poi attivate dall’ambiente acido dello stomaco; l’attivazione del complesso
avviene quando esso prende contatto con le due subunità regolatrice.
Il proteosoma è capace di diverse idrolisi al suo interno: esso è sia una peptidasi a treonina ma
anche a serina in modo che possano essere degradate ogni tipo di proteina cosi che esso abbia
un ampia specificità di substrato; in ogni caso, il proteosoma catalizza la rottura dei legami
peptidici che tengono insieme una proteina. La degradazione è un processo molto dispendioso,
richiedendo diverse molecole di ATP per poter funzionare.
Tutte le proteine che vengono sintetizzate nella cellula devono superare un controllo di qualità
affinché venga evitato la situazione in cui ci sia un misfolding che può portare all’aggregazione
sia intra che extracellulare delle suddette proteine. Quando una cellula non riesce a controllare
la qualità delle proteine che produce allora ci si trova di fronte a una situazione non fisiologici,
generalmente causa di malattie neurodegenerative. Questo accade perché le cellule nervose
sono quelle che riescono a rigenerarsi di meno e in questo distretto la morte cellulare diviene
un fenomeno radicale: le patologie per cui è stato riscontrato come causa un accumulo di
proteine sono l’ALZHAIMER, il PARKINSON, la corea di HUNTINGTON etc. queste malattie
possono essere causate sia da un fattore genetico che da mutazioni occasionali del genoma di
un individuo. Fanno eccezioni le malattie da PRIONI che sono vere e proprie malattie infettive.
MALATTIA DI ALZHAIMER
La malattia può essere anche dovuta a delle aggregazioni intracellulari, chiamati neurofibrille,
dovute alla proteina tau che normalmente è associata al citoscheletro ma che può subire una
variazione conformazionale che trasforma nuovamente delle strutture da alfa eliche a beta
foglietto producendo l ostessa effetto delle placche mieloidi.
COREA DI HUNINGTON
MALATTIE DI PRIONI
Queste malattie vengono anche definite encefalopatie spongiformi e prendono i nome dal fatto
oche, una volta aperto il cervello di un individuo affetto da questa malattia, esso appare come
una spugna tanto era stata la morte cellulare. Na delle malattie più conosciute è la Creutzfeldt-
Jacob che presenta sintomi drammatici e la morte sopraggiunge con estrema rapidità data la
veloce degenerazione del tessuto nervoso. Si trovo pero una variante della stessa malattia che
colpiva individui più giovani, durava più a lungo e andata a colpire gli organi linfatici, cosa che
normalmente non accadeva nella variante classica, e nervosi; ciò accadde perché questi individui
avevano mangiato tessuto indetto di bovini o ovini facendo pensare al salto della specie. Si è
quindi iniziato a parlare di malattie infettive anche se non per la presenza di un virus ma per la
presenza di una proteina che cambiava conformazione. Per dimostrare ciò si fece un
esperimento: si presero dei topi transgenici in cui la proteina wild era stata soppressa e un topo
in cui la produzione della stessa era a livelli normali; in seguito si prese un estratto cerebrale
da un terzo topo infetto e si inietto nei due topi. Si noto che si ammalava solo il topo che riusciva
a produrre la proteina wild type mentre il knock out sopravviveva normalmente. Questo permise
di elaborare l teoria secondo la quale la presenza di una proteina mutata induce la mutazione
delle altre proteine wild type (questo può accadere perché il folding di una proteina presenta
un energia equivalente a poche calorie il che fa pensare che basta poca energia affinché questa
struttura possa essere destabilizzata).
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INGEGNERIA PROTEICA
Data una proteina di cui si conosce la struttura o la sequenza si possono operare diverse
modificazioni in modo da stabilizzarne o cambiare delle funzioni: ad esempio aumentando i
residui idrofobi esposti possiamo modularne la solubilità, modificazioni a livello odei siti di legai
inducono modulazioni di affinità per un substrato, possiamo anche stabilizzare la proteina
fondendo quella di partenza con peptidi che ci permettono in alcuni casi anche di purificarla o
si può aumentare la resistenza a proteolisi aggiungendo ei loops. Esistono due approcci
concettuali diversi per fare ciò: nel design razionale abbiamo bisogno di diverse informazioni
riguardanti la proteina, quali la struttura e la sequenza amminoacidica, che ci permettono di
operare delle modifiche mirate in modo da modulare a nostro piacimento il comportamento della
molecola in esame, mentre nell’evoluzione guidata noi andiamo alla ricerca di un fenotipo
interessante senza curarci i non primo momento del genotipo dell’organismo di provenienza. Ella
maggior parte dei casi le die tecniche sono sovrapposte per ottenere in effetto migliore.
Il tipo di prodotto poi dipende anche dall’organismo eterologo che si sceglie per la produzione
e questa scelta è influenzata anche dal motivo di produzione (rapporto qualità e resa): se
bisogna studiare la struttura della proteina necessito di una grande quantità di essa; se devo
iniettarla come farmaco allora si ha bisogno di passaggi più complessi che ci permettano di
produrre proteine funzionali, soprattutto dal punto di vista delle modificazioni post
traduzionali. Infine bisogna anche considerare se la molecola prodotta rappresenta un agente
infiammatorio nel caso in cui sia utilizzato come farmaco come nel caso in cu si utilizza un
retrovirus come vettore eterologo che deve essere reso non pericoloso per il paziente prima di
essere utilizzato.
FASI SPERIMENTALI
L’ESPRESSIONE
L’espressione di una proteina segue le regole della cellula ospite: se si prende una cellula
procariotica bisogna tenere contro che la maggiore regolazione dell’espressione dei geni avviene
a livello trascrizionale e che quindi è molto più importante tenere conto del promotore che si
usa piuttosto che delle regolazioni a livello traduzionale, che sono minime nei procarioti; nel caso
degli eucarioti invece bisogna innanzitutto tenere presente che la cellula è divisa in
compartimenti e la localizzazione è scandita dalla presenza o meno di segnali all’interno della
sequenza amminoacidica; inoltre, bisogna considerare che le modificazioni post traduzionali
sono estremamente importanti per le funzioni delle proteine prodotte nelle cellule eucariotiche,
mentre sono pressoché assenti nei procarioti (come ad esempio l’insulina che è attiva solo dopo
proteolisi).
Procarioti o eucarioti (vantaggi e svantaggi):
- Compartimentalizzazione
- Modificazioni post-traduzionali
- Resa in biomassa
- Purificazione
- Costo
Prima di poter passare alla produzione della proteina dobbiamo progettare del materiale
genetico che ci permetta di esprimere all’interno d i un sistema eterologo la molecola di
interesse: per fare ciò necessitiamo di un vettore di espressione (come un virus o un plasmide
batterico). Generalmente, l’ospite più usato è E.coli. Un vettore classico di espressione contiene
un marker di selezione, che nei batteri generalmente è un gene per la resistenza a un antibiotico,
un’origine di replicazione, in modo che il materiale genetico sia mantenuto nelle cellule, la
sequenza codificante del gene che deve essere preceduta da sequenze regolatorio come un
promotore per la regolazione trascrizionale e deve trovarsi a monte e a valle di sequenze che
permettono la regolazione traduzionale. Il vettore cosi formato si inserisce all’interno
dell’ospite mediante trasformazione in modo che diversi batteri presentino il materiale genetico
in diverse copie in funzione del plasmide selezionato. Le cellule che si sono divise poi
cominceranno anche ad esprimere la proteina che potrà essere purificata mediate lisi della
parete cellulare.
VETTORE DI ESPRESSIONE
- perdita di resistenza
- potenzialmente allergenica
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-costo dell’induttore
-efficacia dell’induzione e della repressione in condizioni di noninduzione per bilanciare
produzione di biomassa e resa in proteina
La scelta di un promotore per l’espressione di un gene deve essere ben studiata anche in
funzione dello scopo del nostro studio; se dobbiamo produrre della biomassa per scopi
industriali necessitiamo di migliaia di litri e, percio, abbiamo isogno di promotori con un costo
relativamente basso mentre, nel caso in cui si stia studiandoin laboratorio, allora avremo bisogno
di un promotore piu fine.
Un'altra cosa molto importante da tenere conto è il rapporto tra la forza del promotore e la
resa in proteina: in questo caso andiamo ad analizzare quante molecole di rna si riescono a
trascrivere e quanta proteina effettivamente verra prodotta dal promotore. Un promotore che
induce la formazione di una concentrazione elevata di proteina puo sembrare un fattore positivo
anche se, talvolta, puo accadere che una produzione cosi repentina di proteina puo cambiare la
sua conformazione e di conseguenza anche la sua funzione (dato che potrebbe anche cambiare
la solubilita all’interno di un sistema eterologo).
L’IPTG (iso propil tio galattoside) è un analogo del lattosio che pero non puo essere idrolizzato
dalle cellule, il che gli permette di permanere all’interno del mezzo di coltura, come fonte di
carbonio ma che comunque mantiene la sua capacita di indurre i geni regolati dal lattosio. Tac e
trc sono dei promotori analoghi di quelli naturali ma che hanno subito delle modifiche che li
rende piu efficienti. araBAD è il rpomotore dei geni per il metabolismo dell’arabinosio ed indotto
dallo stesso (lo useremo nell’esercitazione per esprimere la GFP). Altri promotori invece sono
sempre di origine naturale ma sono stati resi responsivi all’aumento della temperatura della
coltura.
SISTEMA pET
Sorge un problema quando la proteina presenta un endogeno livello di tossicita per l’ospite:in
quel caso, l’alta concentrazione del target all’interno della cellula indurra la sua morte. un'altra
problematica insorge quando si utilizzano dei mezzi molto ricchi per le colture industriali, dato
che essi contengono sempre del lattosio come fonte di carbonio il quale andrebbe a indurre il
promotore per la polimerasi facendo si che la proteina sia espressa basalmente (togliendoci
anche la capacita di regolare la proteina). In questi casi, allora insorge un problema sin dai primi
stadi di coltura. Non potendo agire sulla composizione della della coltura, si vanno a
ingegnerizzare dei ceppi batterici (come coli p lys S) che hanno un secodno plasmide con un
gene target per il lisozima dell stesso T7 che in questo caso non ha il compito di uccidere il
batterio ma serve a inibire la sua stessa polimerasi: questo fa si che anche se c’è del lattosio
contaminante nel mezzo, noi impediamo il suo effetto indesiderato innibendo la polimerasi in
modo costitutivo. Per indurre poi il gene target sul primo plasmide aggiungiamo IPTG che ha un
azione inducente molto piu elevata rispetto al semplice lattosio cosi che il lisozima non possa
funzionare.
5’-UAAGGAGG-3’
-SECONDO CODONE: di solito ricco in A nei geni molto espressi. AAA(lys) è frequente (13%).
(PBAD).
*USARE PLASMIDE A BASSO NUMERO DI COPIE
*VETTORI PET: USARE CEPPI CON T7 Lisozima from a compatible pLysS or pLysE plasmid
(Novagen). IL LISOZIMA SI LEGA ALLA POLIMERASI ED INATTIVA L’ENZIMA IN
ASSENZA DI INDUTTORE
LA PROTEINA E’ TOSSICA
CORPI INCLUSI
La proteina che stiamo esprimendo deve rimanere solubile nell’amiente citosolico dell’ospite;
spesso pero questo fattore non si realizza e si ha la formazione dei cosi detti corpi inclusi,
aggregati proteici insolubili in acqua che precipitano. Per vedere se effettivamente una proteina
formi corpi inclusi occorre fare una prima centrifugazione per separare le cellule dalla colture;
dopo averle recuperate bisogna lisarle e fare una seconda centrifugazione che permette di
separare i corpi inclusi dalle restanti componenti cellulare; con questo ultimo passaggio possiamo
definire le percentuali di proteina in soluzione e quella in aggregati.
AUMENTARE LA SOLUBILITA’
*GroES-GroEL
*DnaK-DnaJ-GrpE
*ClpB
FOLDASI
•DISULFURO-OSSIDOREDUTTASI (DsbA)
•DISULFURO ISOMERASI (DsbC) se una proteina contiene diversi residui di cisteina allora
sara piu probabile che si formino delle conformazioni errate dato che verranno saturate tutte
le proteine endogene; con l’aggiunta di isomerasi eterologhe si puo ovviare a questo probema
•N-TERMINALE VERO
Svantaggi: livelli di espressioni minori
CEPPI COMMERCIALI
MALTOSE-BINDING PROTEIN
UBIQUITIN
DsbA
TIOREDOSSINA
IgG-BINDING DOMAIN
(e.g. DTT).
EPISOMALE P= promotore
t= terminatore + poli-adenilazione
I vettori di espressione eucariotici vengono definiti shuttle o navetta per la loro capacità di
essere replicati sia nei procarioti che negli eucarioti: per fare questo, i vettori necessitano sia
di una origine di replicazione procariotica che di una eucariotica (questo è favorevole nel caso
in cui si voglia clonare in diverse copie il vettore per poi recuperarlo e usarlo in un sistema
eucariotico); necessitiamo quindi di due geni marker, uno per ognuno dei due sistemi considerati,
che generalmente è una resistenza ad un antibiotico per i procarioti e un gene che codifica per
un amminoacido per il quale la cellula è auxotrofa; necessitiamo inoltre della sequenza da
esprimere con le relative sequenze per la trascrizione e traduzione; una differenza sostanzaile
tra i vettori procariotici e eucariotici è che nel primo caso si parla di plasmidi episomali (che
rimangono sempre al di fuori del cromosoma batterico) mentre nei secondi è possibile far
avvenire l’integrazione cromasomale.
OSPITI
Pichia Pastoris è la specie di lievito più utilizzata in questo momento dato che è quello che
permette di avere la migliore resa in biomassa, crescite in fermentazione (130g/l), fermenta
poco, cresce in aerobiosi su glicerolo. In origine questo lievito era utilizzato per la produzione
di mangimi proteici per altri organismi. Con il tempo si è capito che si tratta di un lievito metanol-
trofico che lo rende in grado di utilizzare il metanolo come fonte di carbonio convertendolo in
un intermedio dei diversi metabolismi (come la glicolisi o la riduzione del NAD). Tutte queste
capacità sono dovute alla presenza della alcol ossidasi (AOX) che lo ossida alla corrispondente
aldeide. L’alcol ossidasi è codificata da due geni diversi, AOX1 e AOX2, che danno come
prodotto finale lo stesso enzima ma che hanno una regolazione dell’espressione diversa: AOX1
è controllato da un promotore molto forte, è inducibile da metanolo e represso dal D-glucosio.
il vettore di espressione
utilizzato per Pichia è molto
simile a quelli già descritti ma
è un plasmide da integrazione:
presenta il promotore di
AOX1 ed il suo terminatore;
inoltre è anche presente la
sequenza 3’-AOX1 che
’
corrisponde al 3 del gene
dell’alcol ossidasi. Quando
introduciamo il vettore all’interno della cellula avverrà una ricombinazione omologa tra il
rpomotore del gene e della sua sequenza al 3’ che porterà alla sostituzione del gene per AOX1
sul cromosoma con la sequenza interposta tra le due sequenze che si trovano sul plasmide.
Possiamo ora selezionare qauli cellula abbiano integrato il plasmide tramite la crescita su terreni
minimi (in questo caso è presente il gne per His in modo che solo le cellule che hanno integrato
il plasmide possano sopravvivere in terreni senza istidina) e per crescita lenta su metanolo
(causata dalla mancanza del gene AOX1 ma della presenza di AOX2, il quale è meno efficiente
del primo).
Vantaggi:
Svantaggi:
Modificazioni post-traduzionali:
-Fosforilazione ( ≠)
Il primo sistema che ci permette di lavorare con celluel eucariotiche superiori, quali quelle di
mammifero, è quello del baculo virus che generalmente infetta cellule di larve di insetto. Esso
ha un genoma a dna a doppio filamento circolare di 80-200 kb.
FASE PRECOCE
FASE INTERMEDIA
FASE TARDIVA
La poliedrina è espressa a partire da un gene non essenziale che può essere per questo
manipolato; questa va a costituire l’involucro più esterno del virus che però non è essenziale alla
sua capacità di entrare all’interno delle cellule e di replicarsi in sede (la differenza risiede nela
fatto che i virus sprovvisti di questo geen non sono in grado di produrre i nucleocapsidi che
permettono al virus di fuoriuscire dalla cellula). Il promotore e il terminatore del gene di
interesse sono quelli della poliedrina.
Il problema di questo virus è che presenta un genoma molto vasto il che rende difficile la
manipolazione dello stesso; per ovviare a questo problema, in un prim omomento si pensò di
costruire un plasmide di trasferimento più piccolo in cui ci fosse il gene target compreso tra le
sequenze regolative della poliedrina che fosse
introdotto all’interno di una cellula insieme a un
genoma di virus wild type così che avvenisse
ricombianzione omologa tra le sequenze con
risultante formazione della molecola da noi
ricercata. La selezione poi si fa vedendo quale
cellule lisano, dato che i virus senza poliedrina
causano lisi. Il problema d iquesta tecnica è la
bassa percentuale (1%) di ricombinazione
dovuta al fatto che si instaura un fenomeno di
competizione tra virus wild e quello mutato.
Ora, per ottenere una prcentuale di
ricombinazione più alta, si pate da un virus già
trattato con un enzima di restrizione che
taglia la sequenza del genoma a monte e a valle
del gene per la poliedrina (a monte troviamo
un altro gene non essenziale mentre a valle
tagliamo una sequenza per un gene
fondamentale per la sua replicazione). Si
prende poi il vettore di trasferimento che non
solo deve contenere la sequenza del gene
target racchiuso tra le sequenze regolative
per la poliedrina, ma anche, alle estremità, le
sequenze che sono state interrotte nel genoma del virus. Se poi immettiamo all’interno della
cellula il genoma di baculo virus ristretto e il vettore di ttrasferimeneto avverrà un evento di
ricombianzione che ci porta al prodotto interessato solo che in questo caso non può esserci
alcun evento di competizione in quanto si tratta di un genoma mutato che non permette la
replicazione del virus.
Vantaggi:
Svantaggi:
- Clonaggio indiretto
-Glicosilazione diversa
L’utilizzo di questo ci permette anche di allestire delle banche genetiche in cui esponiamo sulla
superficie della particella virale o della cellula infettata parti o tutta la proteina ricombinante.
03/05
L’espressione di proteine all’interno di cellule di mammifero può avere diversi scopi come quello
della ricerca (cellule in coltura: struttura, funzione e regolazione di un gene o per la produzione
di proteine o farmaci; animali transgenici: modelli di malattie, xenotrapianti, animali che
esprimono proteine e quindi organi umanizzati a scopi trapiantistici, e bioreattori, utilizzo di
animali o piante come produttori della proteina ricombinante a scopo clinico in una regione
commestibile) o per la clinica (terapia genica: ripristino di vie metaboliche alterate o per
aumento delle difese del paziente).
Vettori non virali che sono plasmidi di origine artificiale e che quindi non esistono in
natura (in quanto effettivamente i mammiferi non presentano plasmidi all’interno del
nucleo) e che devono essere sintetizzati ad hoc in laboratorio.
Vettori virali gia essitenti in natura che avendo già una tecnica di immissione nella cellula
devono solo essere resi inefficaci sulle cellule in coltura.
Sequenze introniche tra promotore e gene (sono regioni non codificanti che possono essere
definite dei 5’ UTR
MARCATORI SELEZIONABILI
Tecniche Biologiche
•Trasformazione (microoorganismi)
•Trasfezione (eucarioti)
•Elettroporazione
•Microiniezione diretta, permette di indirizzare il DNA nella sede che decidiamo noi a priori
mediante l’utilizzo di siringhe estremamete sottili e di microscopi molto sofisticati
(nel caso in cui si voglia introdurre DNA esogeno all’interno dei un organello bisognerò estrarre
ad esempio il mitocondrio a priori, modificarlo a piavere e reintrodurlo successivamente)
TRANSIENTE
STABILE
Per esperimenti a lungo termine con possibilità di isolare e propagare singoli cloni
contenenti il DNA transfettato
Il plasmide si integra nel genoma, processo lungo e laborioso
L’integrazione è casuale
Necessario marker selezionabile
Popolazione cellulare omogenea: molte cellule con poco plasmide
ESPRESSIONE TRANSIENTE EPISOMALE (EX SV40 e ANTIGENE T)
VANTAGGI
SVANTAGGI
VETTORI VIRALI
I vettori virali vengono utilizzati perché hanno la capacità d iinfettare cellule bersaglio
specifiche in uno stadio ben definito del ciclo cellulare
•IL GENE TARGET VIENE INSERITO NEL GENOMA VIRALE sotto il controllo di un
promotore forte.
•IL VIRUS ORIGINALE E’ DIFETTIVO (no replicazione autonoma in modo che non possa essere
patogeno una volta inserito nella cellula da modificare)
VETTORI
•Lentivirus: derivati del virus HIV, possono infettare cellule quiescenti e si integrano
stabilmente in maniera casuale.
•Adenovirus: esprimono ad alti livelli, non si integrano stabilmente e danno grosse reazioni
immunitarie.
•Virus adeno-associati (AAV): integrazione sito specifica ed espressione stabile nel tempo,
difficile produrli ad alto titolo.
•Herpes simplex: infezione molto selettiva dei neuroni, ma importanti effetti citotossici.
RETROVIRUS
GENI
• ψ: sequenze per il packaging necessaria per permettere lo storage del DNA nella particella
RETROVIRUS DIFETTIVI NELLA REPLICAZIONE
Possiamo usare delle linee di packaging, cellule mutate geneticamente che presentano
all’interno del loro genoma i geni che mancano sul genoma virale in modo che il virus possa
essere imesso all’interno di particelle virali infettive lasciando però l’acido nucleico
impossibilitato a essere patogeno nelle successive infezioni
Possiamo infettare una cellula ,oltre che con il virus di interesse, con un virus helper che
è un virus normale mancante però delle sequenze psi e LTR: il virus helper produrrà
l’envelope che però sara disponibile solo per gli acidi prodotti dal nostro virus di
partenca, che contiene le sequeenze di riconoscimento
VANTAGGI
SVANTAGGI
•SI nuovi virus patogeni per ricombinazione con virus presenti nell’ospite (anche se il nostro
virus è reso difettivo, non possiamo escludere che all’interno del genoma della cellula da studiare
ci sia la sequenza di un virus quiescente il quale potrebbe andare a ricombinare con quello
inserito producendo un nuovo virus con potenzialità patogena)
•SI Mutagenesi inserzionale (solo quelli ad integrazione casuale) (può accadere che il virus si
integri in siti importanti per la regolazione di geni fondamentali alla sopravvivenza cellulare
causandone la morte oppure può integrarsi a valle di un promotore attivato da un induttore
diverso da quello selezionato coischè venga a mancare il nostro controllo sulla regolazione
dell’espressione del vettore)
Lo studio delle proteine espresse negli organismi transgenici serve principalmente allo studio
del ruolo di una proteina in un contesto fisiologico, per la produzione di modelli di animali per
malattie umane, per i xenotrapianti (produzione di organi da utilizzare per trapianti umani,
oppure per la produzione di biorettori.
I TOPI TRASGENICI
La produzione della proteina poi però non sarà per forza omogena ma dipenderà dal promotore
che controlla l’espressione del gene: esistono promotori attivati da un segnale ubiquitario che
da segnali specifici, per esempio neurali. Un'altra variabile da considerare è il vettore
utilizzato: se utilizzaimo quelli virali c’è una certa probabilita che avvenga un inserzione non
corretta che causi una differente espressione del gene. Proprio pe questi motivi e poi
necessario uno studio dei tessuti per verificare l’efficacia del nostro operato.
-Vantaggi: possibilità di facilitare la purificazione del prodotto se questo si trova in una parte
commestibile e conservabile (semi, latte; si cerca di far esprimere il gene solo in determinati
tessuti e non in modo obiquitario). Bassi costi di produzione.
Svantaggi:
Il primo animale è molto costoso eTempi di generazione e resa, qui si parla di animali che non
sono facilmente allevabili come i topi
In questi casi non solo bisogna accertarsi che la proteina venga espressa nlla sede designata ma
bisogna anche essere sicuri che questa non venga prodotta in modo incontrollato in tutti gli altri
tessuti
Problemi di Biosicurezza, bisogna confinare gli organismi in un ambiente sicuro onde evitare
contaminazione delle linee wild
Ultimamente ci si sta focalizzando sull’utilizzo delle uova con un alta concentrazione di anticorpi
all’interno di esse cosi da poter somministrare la proteina ai pazienti semplicemente facendogli
mangiare l’’alimento.
PROTEINE A SCOPO TERAPEUTICO E DIAGNOSTICO
INGEGNERIA PROTEICA
SCOPI PRINCIPALI
(D)PROTEINE ARTIFICIALI in questo caso si sidegnano proteine ad hoc per funzioni che
possono essere da noi scelte (come la formazioni difibre o monostrati proteici) allo scopo non
tanto terapeutico quanto industriale dato che la sua imisione in un organismo potrebbe causare
una risposta immunitaria molto severa
–Tipo di struttura secondaria, bisogna considerare quanto una mutazione possa influenzare la
struttura secodnaria di una proteina
–Residui vicini, bisogna considerare la sequenza in cui andiamo a fare questa mutazione dato che
se sostituiamo un aa impeganto in un ponte salin oandiamo a perdere l’energia derivante dal quel
legame
•L’effetto dipende da una combinazione di questi fattori e quindi l’effetto complessivo della
mutazione non è mai perfettamente prevedibile
Design razionale: Le variazioni vengono introdotte singolarmente o in piccoli gruppi sulla base
di informazion i strutturali e/o funzionali. Oggi si conoscono la maggior parte delle
caratteristiche di una proteina e, in mancanza di queste, si può sempre ricorrere alle
informazioni proveenienti dall studio di proteine omologhe.
Evoluzione guidata: Le variazioni vengono introdotte per mutagenesi casuale, ispirandoci alla
pressione evolutiva della selezzione naturale, di una sequenza (genotipo) e si seleziona la
funzione (fenotipo) voluta con metodi vari. Da una popolazione di genotipi molto vasta, si fanno
delle mutazioni tali che ci permettono di selezionare i fenotipi interessanti
Negli ultimi anni di sperimentazione questa divisione così netta è venuta sempre meno e spesso
quello che si fa è un approccio definito semirazionale: nella sperimentazione razionale si
selezionano le mutazioni che si vogliono indurre, nell’evoluzionistica le mutazioni sono indotte
casualmente e in quella semirazionale si mettono insieme questi due approcci selezioando una
regione della sequenza che si pensa essere importante per il raggiungimento della funzione della
proteina e si inducono delle mutazioni casuali in quella regione selezionata.
DESIGN RAZIONALE
Struttura:
INGEGNERIA DI ENZIMI
1.Specificità di substrato
2.Richiesta di cofattori
3.Stereochimica di reazione
4.Catalisi
L’idea di questa mutazione era quella di rendere la lattico deidrogenasi capace di riconoscere
l’ossalacetate, un acido bicarbossilico a 4 atomi di carbonio, invece che il convenzionale piruvato,
a tre atomi di carbonio.i ricercatori, in questo caso, sono riusciti nel loro intento mediante
un'unica mutazione specifica: essi hanno notato che nel sito attivo sono presenti diverse catene
laterali atte a stabilizzare il legame del piruvato, tra le quali c’è un arginina, incaricata di
stabilizzare mediante formazione di un ponte salino la carica negatica del gruppo carbossilico
del piruvato. Se noi sostituissimo il piruvato con l’ossalacetato ci troveremmo nella situazione
in cui un altro gruppo carbossilico sarebbe esposto in vicinanza della catena laterale di un
amminoacido polare ma non carico che non riesce a stabilizzare questa seconda carica negativa.
La mutazione di questo amminoacido in una seconda arginina ha permesso di formare un altro
ponte salino che può efficientemente stabilizzare l’ossalacetato creando un enzima in grado di
convertirlo in malato (è bastato un ragionamento razionale per arrivare allasoluzione ricercata).
ASPARTATO-AMINOTRASFERASI (AT) --> TIROSINA-AMINOTRASFERASI (mutazioni
multiple)
Per arrivare alla soluzione si sono ricercate tutte le sequenze amminoacidiche delle aspartato-
aminotrasferasi di diverse specie onde ritrovare gli amminoacidi critici che quindi risultavano
conservati perché importanti o alla reazione catalitica o a quella di riconoscimento del
substrato. In questo caso si conservano tutti quei residui incaricati della funzione catalitica
mentre si immaginano le possibili mutazioni da attuare per peremttere di accomodoare, in
questo caso, un amminoacido molto più grande e idrofobico di quello di partenza: sono state
necessarie 6 mutazioni che però non sono state inserite tutte insieme ma si è valutata
l’importanza di una alla volta per poi passare alle mutazioni combinatoriali (questo si fa perché
non è possibile affermare che le mutazioni siano aditive e perciò non si può essere neanche
sicuri dell’effetto che esse avranno tutte insieme).
DIIDROSTREROIDE-DEIDROGENASI (HSD)
Questi enzimi sono importanti nella catalisi di molecole steroidee e quindi molto complesse. Il
sito attivo dell’enzima si trova in una posizione relativamente inusuale, sulla superficie del
complesso, e inoltre non ha una struttura definita ma è costituita da una serie di loop senza una
struttura ben definibile. La molecola di partenza aveva il compito di inattivare di androgeni
mentre quella a cui si voleva arrivare doveva essere attiva sugli estrogeni: in questo caso si
estratta e trainata la regione catalitica dalla proteina di partenza ed è stata impiantata sulla
proteina che riconosceva specificamente il progesterone (i loop della 3α-HSD sono stati
sostituiti con quelli della 20α-HSD). In questo caso quindi si parla di proteina chimerica e non
di mutazioni vere e proprie.
a.Gli intermedi di reazione vengono utilizzati per formare prodotti diversi da quello originale
c.Si modifica il sito catalitico pre-esistente in modo da catalizzare una nuova reazione
Per queste sperimentazioni si prendono delle proteine che svolgono già una reazione ricercata
all’interno del sistema biologico, ma con un efficienza minima, e gli si massimizza l’attività di
questa funzione. Esempio molto studiato è quello della mioglobina, che presenta un sito che
ricorda molto quello delle perossidasi (nonostante l’attività sia molto bassa non si può dire che
non ci sia): si è quindi passati allo studio dei due siti attivi per vedere cosa li distinguesse e ci
si è accorti che la differenza risiedeva nella presenza nella mioglobina di una leucina idrofoba
che prende contatti con l’istidina distale, interazione fondamentale per la formazione del
legame a H con l’ossigeno; nella perossidasi, non essendoci questo residuo, l’istidina è libera di
muoversi nel sito attivo dell’enzima e di catalizzare lla reazione. Scambaindo le catene laterale
dei due residui nella mioglobina si ha fatto acquistare alla prtoeina la capacità di catalizzare
reazioni che comprendevano substrati aromatici.
Era necessario trovare una proteasi specifica per quei legami che coinvolgessero le proline,
amminoacidi molto particolari; per fare ciò si è ricorsi allo studio di proteine che possedessero
già la capacità di interagire con questi residui (come le peptidil-prolil-cis-trans isomerasi) e gli
si è aggiunto in prossimità del sito catalitico la triade catalitica della proteasi serina dipendente.
10/05/17
EVOLUZIONE GUIDATA
Nell’evoluzione normale si parte da una popolazione con un alta variabilità genomica e in questo
bacino l’evoluzione seleziona gli individui con le caratteristiche necessarie alla sopravvivenza
nell’arco di moltissimi anni. Ora in laboratorio possiamo mimare questo meccanismo e ottenere
gli “stessi” risultati in pochi mesi.
IL PERCORSO SEGUITO DA UNA PROTEINA NEL CORSO DELLA SUA EVOLUZIONE PUO’
ESSERE DESCRITTO COME:
Fitness landscape (scenario del successo evolutivo): descrive le possibilità che si presentano ad
una data proteina in termini di fitness. Per esplorare queste possibilità la sequenza della
proteina deve variare all’interno di uno Spazio di sequenza: La complessità della diversità dei
sistemi proteici (20n, in una proteina di 100 residui allora per ogni residuo può esserci uno dei
20 amminoacidi). è pero molto difficile esplorare tutte le possibilità in un tempo ragionevole
tanti sono i cloni che bisognerebbe controllare in laboratorio. Nel complesso possiamo dire che
questo è un processo che somiglia al processo naturale ma che, per questioni di necessità, è reso
più veloce e meno efficiente.
STRATEGIA DI EVOLUZIONE DIRETTA
1. dopo aver
selezionato il gene
da cui si vuole far
partire la
sperimentazione,
la prima cosa da
fare è creare una
librearia di
varianti tramite
mutagenesi di
diverso tipo
2. In seguito è necessario introdurre tutte queste varianti geniche all’interno di vettori di
espressione da imettere all’interno d icellule ospiti per ottenerne i prodotti proteici
3. Infine dobbiamo ricercare le caratteristiche, e quindi il fenotipo, interessato mediante
screening di vario tipo
Questo processo può essere ripetuto per diversi cicli in moche che in un primo giro di selezione
riusciam oa identificare una variante interessante per poi andare a ottimizzarne la funzione
mediante cicli di mutagenesi successivi.
Il problema che incontriamo ee che dobbiamo risolvere immediatamente quando usiamo questa
tecnologia è quello del dover maneggiare un numero enorme di cloni tutti diversi; perciò si rende
necessatrio utilizzare dei metodi che ci permettano di semplificare il compito rendendo il
processo ad alta resa.
SELEZIONE CELLULARE
SCREENING
•mutageni chimici
-MnCl2
-pH
Una mutazione casuale su tutta la sequenza codificante però può portare nella maggior parte
dei casi a mutazioni deleterie, come nel caso della conversione di un codone di senso in uno di
stop, perciò si preferisce fare delle modifiche su una regione che si sa essere importante per
la formazione di uno specifico sito.
-sottoframmenti semi-casuali
Nel caso in cui esploriamo le mutazioni derivanti da mutagenesi specifica allora prediamo in
considerazione sequenze che sono molto simili a quella di partenza e lo spazio di sequenza quindi
è limitato; nel caso in cui si ricorre alla mutazione per ricombinazione allora lo spazio si dequenza
aumenta enormementa (le sequenze sono simili ma non uguali dato che sono state sottoposte a
milioni di anni di pressione evolutiva).
L’evoluzione guidata ha avuto ottimi risultati su proteine come gli interferoni, proteine anti
virali e anti tumorali. La caratteristica dei geni di queste proteine è di presentare un’alto grado
di similarietà ma con una specializzazione specifica. La ricombinazione di diversi frammenti
delle diverse proteine ci ha permesso di ottenere nuove proteine che riconoscevano
specificamente un bersaglio.
Alcuni esperimenti però non hanno avuto i risultati sperati, anche eprchè già si sapeva che
migliorare funzioni già esistenti è molto più semplice di trovarne di nuove. Questo accade perché
le proteine hanno già un profilo analizzabile e che può essere modificato di conseguenza in modo
razionale per le caratteristiche già esistenti.
Tutte queste informazioni che cmq abbiamo ottenuto dalla mutagenesi mirata ci hanno permesso
di capire che le proteine odierne, essendo frutto di pressione evolutiva, sono considerate
specializzate mentre quelle ancestrali probabilemnte erano delle “tutto fare” ssenza una ben
definita specializzazione.
I più recenti esperimenti di evoluzione guidata sono concettualmente diversi e forse più simili
all’evoluzione naturale.
Tre domande aperte e cinque o sei a scelta multiplea. Nelle tre la risposta è una rispsota
schematica ma mirata e una sulle tre sezione (traduzione, folding, sistem di espressioni) quielle
6 sono solo una. Ù
Compito di tecniche: organizzato con due domande a aperte e un certo a multipla. Melledue
aperte si riferisce a quello che abbiamo fatto nelle esercitaioni (concetti che abbiamo tattato
anche nelle lezioni ex esperimento sulla GFP magari nella domando saggio lespressione di unna
proteina ion un eu o proca e cose cosi, parto da esperimenti ma alla fine arrivo a cappire). Le
scelte mutliple hanno piu di una soluzione e vengono da ttute gli altri prof.