Sono microrganismi di natura cellulare poiché presentano alcune delle strutture tipiche della
cellula, ma sono anche organismi molto semplici, poiché sono privi di alcune delle strutture
tipiche delle cellule eucariotiche.
Hanno dimensioni dell’ordine di grandezza del μm, per cui sono visibili anche al
microscopio ottico.
Possono assumere varie forme, in particolare possono essere cocchi (a forma sferica), bacilli
(a forma di bastoncino), spirilli (a forma elicoidale). I batteri possono poi aggregarsi in varie
strutture che prendono nomi diversi a seconda della loro morfologia: diplococchi (associazione
di due batteri), streptococchi (i batteri si associano per formare una catenella), stafilococchi (i
batteri si associano costituendo una particolare struttura a grappolo).
I batteri presentano poi alcune strutture essenziali per la loro esistenza ed altre strutture
accessorie.
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peptidoglicano, la quale è un polimero formato da monomeri fra di loro simili. Ciascun
monomero è costituito da due ammino-zuccheri chiamati NAM e NAG; al NAM è
legata una corta catena di 5 aminoacidi in cui il primo è sempre una L-Ala, mentre il
quarto ed il quinto sono D-Ala. NAM e NAG sono legati fra loro a costituire il
monomero per mezzo di un legame di tipo β1-4. Ciascun monomero è poi legato al
successivo per mezzo di un legame β1-6.
La parete è poi costituita da più strati di peptidoglicano; il legame fra i vari strati è consentito da
legami fra gli aminoacidi delle catene aminoacidiche legate a NAM: il terzo aminoacido della
catena legata ai NAM del polimero superiore è legato covalentemente al quarto aminoacido
della catena legata ai NAM del polimero inferiore. La formazione di tale legame è catalizzata
dall’enzima transpeptidasi, mentre l’energia necessaria affinché la reazione avvenga è fornita
dall’idrolisi del legame peptidico fra il quarto ed il quinto aminoacido di ciascuna catena.
La natura della parete cellulare è però diversificata a seconda che si parli di batteri Gram+ e
batteri Gram-.
Nei batteri Gram+ il legame fra il terzo aminoacido di una catena ed il quarto dell’altra è
intervallato da cinque Gly, per cui la parete dei Gram+ è più spessa di quella dei Gram-. Fra le
maglie della loro parete, i Gram+ presentano degli acidi teoicoici, la cui funzione è quella di
legare alla superficie dei batteri degli ioni positivi, indispensabili per il loro metabolismo.
Nei batteri Gram-, invece, il legame fra le catene aminoacidiche è diretto e compare una
struttura assente nei Gram+, la membrana esterna.
Questa struttura è un doppio foglietto
la cui parte interna è di natura
lipidica, mentre la parte esterna è di
natura lipopolisaccarididica (LPS).
Il foglietto esterno è a sua volta
formato da tre strati: internamente si
ha il lipideA, l’endotossina di questi
batteri, intermediamente si ha lo
strato C, di natura saccaridica e
uguale per tutti i Gram-, mentre
esternamente si ha l’antigene O, di
natura saccarifica.
In questa membrana sono poi immerse delle proteine chiamata porine, che permettono il
passaggio di piccole molecole idrofile, che altrimenti non riuscirebbero a passare questa
barriera.
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avvicinarlo a sostanze nutritizie (chemiotassi positiva) o allontanalo da sostanze
pericolose (chemiotassi negativa).
I pili sono appendici più corte dei flagelli che hanno funzione di ancoraggio ai tessuti
o ad altri batteri, particolari pili sono i pili sessuali, che permettono lo scambio di
materiale genetico fra batteri.
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I filamenti di mRNA spesso codificano per più proteine e mancano di CAP e sequenza di
poliA. Inoltre giungono immediatamente ai ribosomi, dal momento che il DNA batterico si
trova immerso nel citoplasma.
La maggior parte delle proteine batteriche comincia con l’amminoacido metionina,
convertito normalmente in formil-metionina, proteina riconosciuta da macrofagi e linfociti.
Il controllo della traduzione è dato da particolari geni chiamati operon, che codifica per
enzimi costitutivi, sempre presenti nella cellula, ed enzimi inducibili, prodotti solamente quando
il substrato è presente.
Il DNA batterico viene replicato allo stesso modo del DNA eucariotico, discorso diverso
vale per i plasmidi.
1. In corrispondenza dell’origine O una delle due catene viene tagliata e la polimerasi3
comincia ad aggiungere nucleotidi in direzione 5’→ 3’.
2. L’aggiunta di nucleotidi fa ruotare la molecola di DNA in senso antiorario, mentre
l’estremità 5’ si linearizza, formando una coda libera.
3. Con il procedere della sintesi, si forma una molecola figlia di DNA a doppia elica
circolare e una molecola figlia di DNA a doppia elica lineare.
4. Infine anche la molecola figlia lineare si circolarizza.
Questo meccanismo è stato ideato per spingere il plasmide replicato in un batterio figlio o in un
batterio ricevente.
I plasmidi sono molecole di DNA esterne al cromosoma batterico, che non codificano per
proteine essenziali per la sopravvivenza del batterio, ma per tossine, adesine, enzimi
responsabili della resistenza ai farmaci e batteriocine (proteine che uccidono i batteri di altre
specie).
All’interno vi si trovano sequenze chiamate TRA, che permettono il trasferimento dei plasmidi
da una cellula ad un’altra, sequenze responsabili della replicazione autonoma del plasmide e
sequenze di inserzione, per inserirsi nel cromosoma batterico.
I batteri hanno la possibilità di scambiarsi o trasferire materiale genetico da una cellula
all’altra o all’interno della stessa cellula da un sito all’altro. Questo trasferimento avviene per
mezzo di alcuni meccanismi specifici:
1. Trasformazione: in questo caso, il genoma di un batterio morto, che rimane ancora
attivo, viene in contatto con quello di un batterio vivo e lo modifica, creando così un
nuovo ceppo.
Per prima cosa, si ha l’attacco del genoma al batterio ricevente nel momento in cui
quest’ultimo è competente, ovvero nel momento in cui il suo livello di sintesi proteica è
massimo e quello di DNA è minimo. Il genoma, quindi, penetra nella cellula e va in
eclisse, cioè diventa non-trasformante dal momento che uno dei due filamenti della
doppia elica è stato digerito. Dopo la riparazione di questo filamento, si ha la
ricombinazione e la comparsa del nuovo fenotipo.
Durante la competenza, la cellula batterica sintetizza anche particolari proteine chiamate
fattori di competenza, che si legano a recettori di membrana specifici, attivando la sintesi
delle autolisine, proteine che producono dei fori nella parete cellulare consentendo così
l’aggancio di altre proteine che legano il DNA ricombinante e ne digeriscono un
filamento.
2. Coniugazione: nei batteri Gram-, cellule donatrici, chiamate F+ , presentano un
plasmide, nel quale si trovano geni per la sintesi del pilo sessuale, geni per il
trasferimento del DNA e geni per la replicazione autonoma del plasmide. Le cellule
riceventi F- sono invece prive di questo
plasmide.
Nel momento in cui donatore e ricevente entrano
in contatto per mezzo del pilo sessuale, il
donatore replica il plasmide e la molecole figlia
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lineare viene inserita nel canale di coniugazione per raggiungere la cellula ricevente. Al
termine del processo si avranno quindi solamente cellule F+.
Talvolta, il plasmide si integra all’interno del cromosoma batterico, per cui, assieme ad
esso, può essere trasferito l’intero cromosoma. In questi casi, però, non è detto che la
cellula ricevente diventi F+, dal momento che questo trasferimento è molto lungo ed il
pilo in questo lasso di tempo può rompersi, impedendo quindi l’intero trasferimento del
cromosoma ed eventualmente del plasmide F in esso integrato.
Nei batteri Gram+, invece, il contatto fra cellule non avviene per mezzo del pilo
sessuale, ma per mezzo di proteine specifiche secrete dal donatore.
Nei plasmidi, oltre al fattore F, possono comparire altri fattori come i fattori R, che
conferiscono resistenza ai farmaci dal momento che sintetizzano enzimi che bloccano i
principi attivi, fattori col, che permettono la sintesi di colicine, sostanze che uccidono i
batteri competitori, fattori ent, che producono enterotossine.
3. Trasduzione: è un meccanismo mediato da un virus che infetta i
batteri (batteriofago, virus a DNA con testa icosaedrica, collare,
coda a struttura spiralizzata, corona ad uncini e fibre). In
particolare, per questo tipo di trasferimento, sono utili i fagi
temperati, ovvero quelli il cui genoma si integra in quello
batterico e solo in seguito ad opportuni stimoli cominciano a
moltiplicarsi, dando così un ciclo lisogeno.
Si distinguono quindi una trasduzione generalizzata e una
traduzione specifica.
Nella traduzione generalizzata, durante la fase d’assemblaggio, la
testa del fago acquisice un frammento, di dimensioni opportune,
di DNA batterico. Con la lisi della cellula, quindi, questi fagi
trasducenti potranno attaccare altre cellule provocando
l’inserimento di nuovi geni. Si parla di traduzione generalizzata
dal momento che l’inserimento del frammento di DNA è del tutto
casuale.
Nella traduzione specifica, invece, il DNA fagico per riattivarsi ha bisogno di essere
exciso dal DNA batterico; questo “taglio”, però, può non essere preciso e possono essere
inglobati anche geni batterici, portando quindi alla formazione di un DNA virale ibrido.
A questo punto, comincia il ciclo litico; se il DNA virale è sufficiente per formare
virioni maturi, verrà integrata anche la parte di DNA batterico che potrà integrarsi nel
batterio-ospite che sarà infettato dal virione formatosi. In questo caso si parla di
specificità dal momento che vengono inglobati solamente i geni batterici adiacenti al
genoma virale.
4. Trasposizione: in un batterio esistono sequenze poste sul cromosoma o sul plasmide
chiamate elementi trasponibili. Questi elementi hanno la capacità di spostarsi da una
zona all’altra della molecola di DNA o di passare da una molecola di DNA ad un’altra.
Affinchè si abbia la trasposizione, le sequenze trasponibili devono essere copiate; in
questo modo si avranno due sequenze identiche in due punti diversi della molecola.
Gli elementi trasponibili possono essere di tre tipi: sequenze di inserzione (tratti piccoli
formati da brevi sequenze ripetute ed invertite che codificano per l’enzima deputato alla
trasposizione e alla duplicazione della sequenza); trasposoni (sequenze più complesse
alle cui estremità si hanno le sequenze di inserzione); elementi invertibili (sono simili ai
trasposoni, ma in questi casi è presente l’enzima invertasi che ha il compito di invertire
l’orientamento della sequenza).
Patogenesi batterica
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Generalmente i atteri sono parassiti, che possono vivere da simbionti, da commensali o da patogeni
all’interno dell’ospite.
Per tale motivo, è necessario distinguere tra infezione e malattia, dal momento che spesso, la
presenza e la riproduzione dei batteri, ovvero l’infezione, è del tutto asintomatica, mentre in altri
casi porta alla comparsa di sintomi clinici, ovvero alla malattia.
La patogencità di un batterio è provocata da alcuni fattori come la sua capacità di
moltiplicarsi nell’ospite e la capacità di produrre particolari sostanze tossiche responsabili della
comparsa dei sintomi.
Generalmente i primi siti di infezione sono la mucosa enterica o le prime vie respiratorie; a
questo livello i batteri aderiscono per mezzo di sostanze di natura proteica chiamate adesine e
cominciano a riprodursi costituendo un biofilm, utile perché permette alla colonia di essere
meno attaccabile dal sistema immunitario.
La moltiplicazione può essere favorita da alcuni fattori come l’attività antifagocitaria, conferita
da alcune strutture batteriche o da alcune sostanze che allontanano o uccidono le cellule del
nostro sistema immune, permettono di ricoprire il batterio di fibrina, o degradano H 2O2, ovvero
la sostanza impiegata dai macrofagi per digerire gli elementi estranei.
Durante la colonizzazione, i batteri cominciano a secernere sostanze tossiche chiamate
agressine (che favoriscono la penetrazione dei batteri nei tessuti più profondi) e tossine.
Fra le agressine, sono da ricordare la collagenasi, che degrada le fibre collagene presenti nel
connettivo e nei muscoli, la ialorunasi, che degrada l’acido ialuronico presente nel connettivo,
la lipasi, che attacca i lipidi, la chinasi, che degrada i coaguli di fibrina che si formano durante i
processi di infiammazione, la proteasi, che degrada le proteine, e la nucleasi, che degrada gli
acidi nucleici.
Le tossine devono essere invece suddivise in endotossine ed esotossine.
Le endotossine sono di natura lipidica, derivano infatti dal lipideA, e sono presenti unicamente
nei batteri Gram-. La loro azione è generalizzata, così come è generalizzato il quadro clinico che
provocano.
Le esotossine sono invece di natura proteica e sono presenti sa in batteri Gram+, sia in batteri
Gram-. La loro azione, di natura enzimatica, è estremamente specifica ed anche la
sintomatologia ad esse connesse è particolarmente peculiare.
Esotossine: ogni esotossina ha un suo bersaglio specifico ed un preciso meccanismo
d’azione. Generalmente le tossine sono proteine dimeriche in cui si riconoscono due
subunità distinte, una subunità A di natura enzimatiche che interferisce con il metabolismo
cellulare provocando gli effetti della tossina ed una subunità B che funge da antirecettore e
riconosce la cellula-bersaglio. Le due subunità sono fra loro legate da ponti disolfuro e, una
volta entrate nella cellula, vengono ridotte in modo da dividersi nelle due parti funzionali.
Tossine con azione diretta sulla membrana: due esempi sono la tossina epidermolitica e le
citolisine. Entrambe vengono prodotte da Stafilococcus aurus. La prima agisce a livello
dello strato granuloso dell’epidermide provocando la rottura delle proteine che compongono
la matrice intracellulare, il che si traduce nella “sindrome della cute ustionata”, mentre la
seconda agisce sulla membrana plasmatica provocando la formazione di canali e quindi una
massiccia entrata di acqua, che porta a lisi osmotica della cellula.
Tossine che agiscono in seguito alla penetrazione nella cellula: esiste un gruppo molto
ampio di tossine dette ADP-ribosillanti, che alterano alcuni meccanismi di segnalazione
intercellulare poiché agiscono sulle proteine G: agiscono infatti sulle proteine Gs
mantenendole sempre attive e portando ad una produzione massiccia di cAMP, ciò avviene
perché tali tossine agiscono sul NAD staccando da esso l’adenosil-difosfato-ribosio e
legandolo alle proteine G. Esempi di queste tossine sono la tossina del colera, la tossina
della pertosse e la tossina difterica.
La tossina del colera è formata da 5 subunità B e una subunità A, divisa in A1 e A2. Le
subunità B si legano a gangliosidi presenti sulla membrana degli enterociti dell’intestino
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tenue. Questo legame favorisce l’entrata della subunità A nella cellula, che al suo interno si
divide nelle subunità A1 e A2. la parte A1 provoca un aumento di cAMP con conseguente
perdita di acqua ed elettroliti da parte della cellula.
La tossina della pertosse viene liberata a livello della trachea e dei bronchi e poi, per mezzo
della circolazione sanguigna, raggiunge varie cellule, fra cui quelle del pancreas e della
tiroide, provocando la liberazione dell’insulina e di altre sostanze che portano a ipotensione
e vasodilatazione. Ciò è dovuto al fatto che questa tossina interagisce con la proteina Gi che
non riceve più stimoli inibitori e non modula più la produzione di cAMP, che diventa quindi
eccessivamente concentrato.
La tossina della difterite è codificata dal gene TOX, presente nei profagi. L’infezione
difterica si localizza a livello della prime vie respiratorie, mentre la tossina, per mezzo della
circolazione sanguigna, diffonde nell’intero organismo. È divisa in due subunità, unite da
ponti disolfuro, che vengono separate dopo l’endocitosi. La subunità A va ad interagizire
con il fattore di inizio EF2, che innesca l’inizio della sintesi proteica. In questo modo la
sintesi viene bloccata e la cellula muore.
Tossine neurotrope: sono tossine che bloccano la trasmissione degli impulsi nervosi:
Tossina del tetano: il tetano è un batterio che vive nel terreno sottoforma di spora e viene
riattivato nel momento in cui viene a contatto con le ferite. A questo punto il batterio si
replica e comincia a produrre la tossina, che si lega a siti neuronali specifici, bloccando
l’impulso inibitore da stiramento (quando noi contraiamo un muscolo, contemporaneamente
altri muscoli vengono stirati e mandano impulsi al cervello; per avere movimenti corretti è
però necessario inibire queste contrazioni sinergiche). Uno dei sintomi classici
dell’infezione da tetano è infatti la paralisi spastica, dovuta al fatto che i muscoli rimangono
sempre contratti. A livello molecolare, l’azione è dovuta all’interazione fra subunità A della
tossina ed proteina sinaptobrevina, localizzata sulle vescicole che trasportano i
neurotrasmettitori regolandone il trasporto; quest’interazione provoca il blocco del
passaggio dell’impulso nervoso da neurone a neurone.
Tossina del botulino: questa tossina agisce a livello delle sinapsi neuro-muscolari, bloccando
il rilascio dell’acetilcolina, responsabile della trasmissione dell’impulso nervoso da neurone
a muscolo. Il botulino è un batterio che può contaminare i cibi mal sterilizzati e infetta
l’intestino, mentre la tossina va in circolo, colpendo il sistema nervoso.
Tossine che agiscono come superantigeni: normalmente gli antigeni, sostanze estranee,
vengono fagocitate da cellule specifiche come i macrofagi e quindi presentate ai linfociti T,
che riconosceranno l’antigene e daranno la risposta immune specifica. La risposta immune
deve però essere bilanciata, in modo da essere efficace, ma non pericolosa per l’organismo.
Le tossine che agiscono da superantigene sono tossine capaci di stimolare il sistema immune
senza essere presentate dai macrofagi, ma si legano in maniera aspecifica a tutte le cellule
del sistema immunitario provocando una massiccia produzione di citochine, necessarie per
la comunicazione fra le cellule del sistema immune; questa spropositata risposta immune
porta quindi a vari
sintomi, come nausea, vomito, febbre e altri sintomi.
Tossine ciliostatiche: bloccano i movimenti ciliari e provocano la necrosi degli epiteli ciliati,
come quelli della mucosa intestinale o delle vie respiratorie. Questa condizione permette
quindi una maggiore possibilità di sviluppo dell’infezione batterica.
Eendotossine: hanno struttura analoga per tutti i batteri Gram-, hanno come unico precursore
chimico il lipideA e presentano quindi tutte lo stesso meccanismo d’azione.
Normalmente le endotossine sono presenti nel nostro organismo e, a piccole dosi, sono
benefiche poiché stimolano il sistema immune; la patogenicità deriva da una massiccia presenza
di queste molecole, che provocano febbre (le tossine raggiungono l’ipotalamo, dove stimolano
la produzione di prostaglandine, che hanno il compito di regolare la temperatura corporea; un
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eccesso di prostaglandine porta ad un innalzamento della temperatura corporea), formazione di
trombi e vasodilatazione.
Siccome sono frequenti contaminanti di vari prodotti, è stato ideato un test per individuarle, il
limulus test, che si serve dell’endolinfa di un crostaceo, che ha la proprietà di gelificare in
presenza di endotossine.
Farmaci antibatterici
I farmaci antibatterici si dividono in due grandi classi: i chemioterapici e gli antibiotici. Questi
farmaci, diversamente dai disinfettanti, vanno ad agire su momenti specifici del metabolismo del
batterio. Possono poi dividersi in due categorie: i batteriostatici, che bloccano la replicazione dei
batteri senza ucciderli, rendendoli così più vulnerabili all’attacco del sistema immunitario, e i
battericidi, che uccidono le cellule batteriche.
Chemioterapici: i chemioterapici sono farmaci artificiali.
Sulfamidici: agiscono come antimetaboliti, dal momento che sono competitori con il substrato
dell’enzima diidropteroato-sintetasi. Questo enzima fa parte del metabolismo dei derivati
dell’acido folico, che fungono da donatori di unità carboniose nella sintesi di acidi nucleici ed
aminoacidi. Questi farmaci sono poi selettivi, dal momento che le cellule umane assumono
l’acido folico dalla dieta e non esistono vie metaboliche al loro interno. Questi farmaci non sono
utili nelle infezioni da enterococco, poiché questo batterio assorbe l’acido folico dall’ambiente
circostante, e nel caso di infezioni con necrosi cellulare o tissutale, dal momento che in questi
ambienti la sintesi dell’acido folico è inutile per i batteri dal momento che l’ambiente è
comunque ricco di aminoacidi ed acidi nucleici.
Isoniazide: è un analogo della nicotin-ammide ed inibisce la sintesi del NAD; inoltre è un
analogo della vitamina B6 per cui può inibire l’azione di tutti quegli enzimi che hanno come
cofattore questa vitamina.
Chinoloni: derivano dall’acido nalidixico e inattivano la subunità A della topoisomerasi II,
responsabile del taglio della doppia elica di DNA in siti specifici. Esiste poi un antibiotico, la
Novobiocina, che agisce sulla subunità B, per cui chinoloni e Novobiocina sono spesso
impiegati sinergicamente.
Antibiotici: sono farmaci naturali, prodotti da batteri e miceti coltivati opportunamente.
Possono essere distinti in classi a seconda del loro meccanismo d’azione.
Antibiotici che agiscono sulla sintesi della parete cellulare: la sintesi della parete cellulare
inizia a livello citoplasmatico, dove il NAG viene condensato con il fosfoenolpiruvato e
successivamente ridotto ad acido lattico e NAM, al NAM vengono poi legati i cinque
aminoacidi per mezzo dell’enzima transpeptidasi. A questo livello della sintesi della parete
agisce la cicloserina, che impedisce la trasformazione della L-Ala in D-Ala e di conseguenza la
formazione del dimero di D-Ala.
A questo punto le molecole di NAM e NAG sintetizzate vengono legate al bactoprenolo, un
trasportatore di natura lipidica, e portate a livello della parete cellulare: il bactoprenolo, cui è
legato un gruppo fosfato, lega in NAM-pentapeptide; al NAM viene poi legato il NAG, per
mezzo dell’enzima transglicosilasi, e si forma quindi il monomero. Il bactoprenolo in questo
momento del ciclo ha legato un secondo gruppo fosfato. In prossimità della parete il monomero
viene rilasciato e, grazie ad opportuni enzimi, viene legato al polimero di peptidoglicano in via
di formazione. Questi enzimi, chiamati PBP, sono il target d’azione della penicillina, che agisce
come analogo strutturale delle due D-Ala e rende inattivo il sito attivo dell’enzima
transpeptidasi. Si hanno poi la vancomicina, che impedisce che il monomero si stacchi dal
bactoprenolo, e la bacitraccina, che impedisce che il bactoprenolo, fosforillato alla fine del
ciclo, possa essere defosforillato e ritorni attivo.
Nella penicillina, il nucleo fondamentale è l’acido 6-amminopenicillanico, a sua volta costituito
da un anello βlattamico e un anello tiazolidinico. All’anello
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βlattamico è legato un gruppo amminico, importante perché a questo livello possono essere
legati diversi radicali che conferiscono così alla molecola proprietà differenti. L’anello
βlattamico può poi essere degradato da enzimi specifici chiamati βlattamasi; questi enzimi, che
non sono presenti in tutti i batteri, costituiscono un fattore di resistenza alla penicillina.
La penicillina è attiva solamente sui batteri Gram+ per cui tutte le penicilline sintetiche vertono
ad essere ad ampio spettro (devono agire anche sui batteri Gram-) e resistenti alle βlattamasi. Di
solito, però, i farmaci sintetici tendono ad avere solo una di queste due caratteristiche; ad
esempio la ampicillina è ad ampio spettro, ma non è resistente alle βlattamasi; la oxacillina non
è ad ampio spettro, ma è resistente alle βlattamasi.
Le cefalosporine hanno un meccanismo d’azione simile a quello della penicillina (come la
penicillina, possiedono l’anello βlattamico), ma hanno il vantaggio di essere ad ampio spettro e
di resistere alle βlattamasi; nonostante ciò sono meno consigliabili delle penicilline.
Antibiotici che agiscono sulle membrane plasmatiche: i principali sono le pimixine, attive sui
Gram- perché s legano allo strato di LPS, che compone la loro membrana esterna.
Antibiotici che agiscono sulla sintesi degli acidi nucleici: due esempi sono la novobiocina e la
rifomicina; il primo farmaco si lega alla girasi batterica e per questo agisce in sinergia con i
chinoloni; il secodo è un inibitore della sintesi dell’RNA ed è ad ampio spettro e selettivo, dal
momento che la RNApolimerasi batterica è diversa da quella umana.
Antibiotici che agiscono sulla sintesi proteica: gli antibiotici che agiscono sulla subunità 30s
(tetracicline e aminoglicosidi, come la gentamicina, la neomicina e la streptomicina) agiscono
legandosi alla subunità, sottraendola al pool ribosomiale ed impedendo la formazione del
ribosomi completi. Agiscono in sinergismo con gli anelli βlattamici. Gli antibiotici che agiscono
sulla subunità 50s, come i macrolidi o il cloramfenicolo, bloccano la formazione del ribosomi
completo e, dal momento che hanno azione analoga, non possono essere utilizzati in sinergia fra
loro.
La resistenza ai farmaci è una caratteristica di alcuni batteri, che viene in genere acquisita
per mezzo di mutazioni genetiche; le mutazioni possono provocare cambiamenti di vario tipo,
ad esempio possono essere sviluppati enzimi che degradano il principio attivo, oppure vengono
modificati i bersagli del farmaco, o ancora, può diminuire la permeabilità al farmaco, infine,
possono essere sviluppate vie metaboliche alternative a quelle che il farmaco va a bloccare.
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