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Lezione 3/11

Oggi iniziamo un piccolo ciclo sulle malattie genetiche con il Dr. Santoro Fabio (che lavora
presso l’istituto europeo di oncologia).
Le malattie genetiche possono essere classificate in tre grandi filoni, che sono in funzione
dell’entità della mutazione:
- Mutazioni genomiche, macroscopiche, sono mutazioni a livello del patrimonio
genetico e riguardano le variazioni del numero di cromosomi. Si parla di
aneuploidie. Queste mutazioni sono a carico sia di cromosomi autosomici sia di
cromosomi sessuali. Tali mutazioni riducono di molto la fitness dell’individuo per cui
non sono ereditarie.
- Mutazioni cromosomiche, non abbiamo a che fare con un numero alterato di
cromosomi, ma con la struttura di cromosomi, che può subire traslocazioni e
delezioni. Queste mutazioni possono essere sia ereditarie che non. Sono in
generale meno gravi rispetto al primo gruppo, perché riguardano solo piccole parti
di cromosoma. Le traslocazioni sono spesso causa di diversi tipi di tumori.
- Mutazioni geniche, mutazioni puntiformi, che vengono distinte in malattie
genetiche ereditate secondo il modello mendeliano e quelle ereditate non secondo
questo modello, quindi quelle ereditate con espansioni di triplette o dal mitocondrio.
La patologia genetica studia fenomeni patologici che riconoscono come causa
un’alterazione del genoma. Per cui bisogna distinguere tra malattie genetiche, malattie
ereditarie e malattie congenite.
Nelle malattie genetiche comprendiamo tutte quelle condizioni patologiche che hanno a
carico delle mutazioni del patrimonio genetico. Le malattie ereditarie derivano dai
genitori, quindi sono presenti nei gameti, non hanno un impatto sulla fertilità dell’individuo
e non devono essere letali in età infantile, cioè devono dare all’individuo la possibilità di
riprodursi. Le malattie congenite sono malattie presenti alla nascita, ma non tutte
derivano da mutazioni geniche, pensiamo alla toxoplasmosi che deriva da un’infezione,
quindi si ha un’alterazione durante l’embriogenesi a causa diversi meccanismi (genetici,
fisici, patogeni).
Non tutte le malattie genetiche sono visibili alla nascita, ne è un esempio la Corea di
Huntington, che è ereditaria in modo dominante, è causata da una mutazione per
espansione di triplette del primo esone del gene che codifica per l’huntingtina. L’individuo
non ha un fenotipo subito evidente alla nascita perché richiede del tempo per esprimersi,
infatti questa malattia provoca la distruzione di cellule neuronali, quindi il fenotipo si
manifesta quando viene superata la soglia di cellule distrutte.
Insieme a queste patologie ci sono anche problemi ai sistemi di riparazione del DNA, che
non riescono a riconoscere le mutazioni, che quindi vengono fissate.
Alcune mutazioni portano un vantaggio all’individuo che le porta e quindi vengono
mantenute. Prendiamo come esempi l’HIV e l’anemia falciforme.
HIV
CCR5 è uno dei recettori (delle chemochine, molecole proinfiammatorie) per il virus
dell’HIV. La membrana virale ha un recettore, DP120, che interagisce con il recettore CD4
della cellula da infettare e ciò porta a un cambio conformazionale del DP120 che espone
un’altra porzione che va ad interagire con il CCR5.Successivamente un ulteriore
cambiamento conformazione fa esporre a DP120 un peptide che permette al virus di
fondere la sua membrana con quella cellulare, entrare nella cellula e iniziare il ciclo di
infezione.
Intorno alla fine degli anni ’80 di è visto che esistevano delle persone, chiamate exposed
uninfected, che avevano avuto rapporti con persone affette, ma che non si erano infettate.
Queste persone erano omozigoti dominanti per il recettore CCR5, che era unfoldata male
e quindi non riusciva ad essere esposta in membrana, anche perché veniva degradata
prima. Queste persone erano perfettamente sane, ma questa mutazione le proteggeva dal
virus. Questo è un vantaggio selettivo.
Anemia falciforme
È molto presente dove c’è presenza del virus della malaria. Questo virus completa il ciclo
vitale all’interno degli eritrociti. Persone che hanno anemia falciforme, se sono in
eterozigosi (portatori sani), sono resistenti alla malaria perché l’emoglobina, in questo
caso, è poco solubile quando è deossigenata e quindi l’eritrocita ha una vita media più
breve del normale, quindi muore prima della fine del ciclo vitale del virus.
MUTAZIONI GENOMICHE
Possiamo avere trisomia (un cromosoma in più) o monosomia (un cromosoma in meno). A
carico dei cromosomi autosomici queste mutazioni sono più rare, quelle a livello sessuali
sono più tollerate e in alcuni casi le persone sono anche asintomatiche.
Le aneuploidie possono generarsi sia a livello della mitosi sia della meiosi e normalmente
derivano da non disgiunzione e quindi avremo una cellula con un cromosoma in più
(trisomia) e una con un cromosoma in meno (monosomia).
Per la meiosi abbiamo il gamete alterato e quindi il nascituro avrà l’intero corredo genetico
alterato. Le aneuploidie date da mitosi si generano durante le fasi di sviluppo, in cui
appunto si hanno cicli mitotici, in questo caso l’individuo si dirà affetto da mosaicismo
perché solo alcune cellule presenteranno un numero errato di cromosomi. Il fenotipo di
una persona con mosaicismo è più blando di una con aneuploidie avvenute durante la
meiosi.
Le trisomie più famose sono quelle dei cromosomi 21, 13 e 18. La trisomia 21 o sindrome
di Down ha un’incidenza di 1:700 e normalmente deriva da una non disgiunzione meiotica
a carica dell’oocita e quindi la frequenza di casi aumenta con l’età della donna. In una
piccola percentuale di casi (3%) è dovuta a una non disgiunzione mitotica e quindi il
nascituro avrà un mosaicismo per questa malattia. Una piccola percentuale dei casi è data
da ereditarietà, a causa di una traslocazione che unisce il cromosoma 21 al 14, il portatore
è un portatore sano, ma ha un’altissima probabilità di avere gameti sbilanciati, che alzano
la probabilità di avere figli affetti da sindrome di down. In questa sindrome il fenotipo non è
solo l’aspetto fisico, ma ci sono anche una serie di problemi a livello organico:
malformazioni cardiache, l’esofago non sbuca nello stomaco, deficit immunitario,
predisposizione maggiore a leucemie e ad infezioni batteriche, diabete… La loro
aspettativa di vita è inferiore a persone con cariotipo normale.
La trisomia 18 o sindrome di Edwards ha una frequenza di 1:6000. La trisomia 13 o
sindrome di Patau ha un’incidenza di 1:5000 (1:20000 nati vivi). I fenotipi sono molto più
gravi rispetto alla trisomia 21, perché i cromosomi 21 sono più piccoli dei 13 e dei 18,
quindi il fenotipo è più blando perché lo sbilancio genico è inferiore. Il tredici infatti è il
meno tollerato di tutti, questa trisomia è molto più letale, proprio per la grande quantità di
geni che viene, in questo caso, aggiunta.
Le mutazioni genomiche a livello dei cromosomi sessuali sono molto meglio tollerate,
sempre per il fatto che la quantità di geni è inferiore. Esiste inoltre un meccanismo, nelle
femmine, che inattiva uno dei due cromosomi X oppure due cromosomi X nel caso in qui
se ne abbiano tre. I problemi causati da queste mutazioni sono a livello di infertilità, quindi
vengono alla luce nel momento dello sviluppo sessuale, e a livello mentale, in cui può
svilupparsi ritardo.
Cromosoma X
Nel ’61 uno studio ha scoperto che uno dei due cromosomi nelle femmine veniva
inattivato. Questo cromosoma inattivato è visibile come corpo di Barr a livello della
membrana nucleare. Le femmine sono affette da mosaicismo perché questa inattivazione
avviene in maniera casuale, quindi avremo geni espressi di origine materna oppure di
origine paterna.
Il cromosoma X ha una regione detta X inactivation center che contiene 4 RNA non
tradotti, uno di questi (Xist) viene tradotto e l’enzima prodotto si lega al cromosoma,
compattando la cromatina, che quindi non verrà più trascritta e quindi tradotta. Per
terminare lo spegnimento del cromosoma, Xist è in grado di reclutare complessi
multiproteici (PRC2 e PRC1), che hanno enzimi epigenetici che sono in grado, tramite
metilazione della lisina 27 dell’istone 3 e l’ubiquitinazione della lisina 119 dell’istone 2, di
compattare la cromatina ulteriormente.
Grazie a questo meccanismo, un individuo che ha un cromosoma X in più avrà un fenotipo
blando perché il dosaggio genico rimane praticamente uguale.
Sindrome di Klinefelter (XXY)
Il cromosoma Y determina il sesso del nascituro, quindi avremo un individuo maschio con
due cromosomi X, uno dei quali inattivato. Avranno problemi per la fertilità e talvolta si
notano ritardi mentali, ma comunque il fenotipo è molto leggero.
Sindrome di Turner (X0)
Abbiamo un solo cromosoma X che resta attivo. I problemi sono sempre relativi
all’infertilità perché si ha menorrea. Il fenotipo quindi è comunque diverso, questo significa
che, normalmente, anche se è attivo un solo cromosoma X, l’altro inattivo è importante
che ci sia.
Multiple X female
Abbiamo più di due cromosomi X oppure possiamo avere XYY, il cui fenotipo e intelletto
sono normali, per cui sono “asintomatici”, ma lo scoprono nel corso della vita per eventuali
indagini genetiche.
MUTAZIONI CROMOSOMICHE
Posso essere
- traslocazioni con scambio tra un cromosoma e l’altro senza perdita di materiale
- traslocazione robertsoniana, ovvero la fusione tra due cromosomi (es. 14 e 21),
normalmente acrocentrici e si ha la perdita di una piccola quantità di materiale
genetico
- isocromosomi in cui si ha perdita di una porzione e duplicazione di un’altra
- inversioni paracentriche se sono su uno stesso braccio o pericentriche se
interessano il centromero
- delezioni dove viene persa la regione terminale dei cromosomi
Quando non si ha perdita di materiale genetico, questo tipo di riarrangiamento non
dovrebbe causare problemi. Quello che può accadere è che si creino dei geni di fusione
che portano a un gain of fuction, che si traduce in produzione di oncoproteine. Ne sono un
esempio le leucemie mieloidi acute, che non sono malattie ereditarie. La leucemia
promielocitica acuta era devastante fino a una ventina di anni fa, ma oggi è molto
curabile perché si è capito il meccanismo d’azione. Quello che succede è una
traslocazione tra cromosoma 15 e 17. Abbiamo PML, proteina, il cui gene si trova sul
cromosoma 15, importante per la stabilità del genoma e per la risposta allo stress, e un
recettore nucleare per l’acido retinoico (RARα), il cui gene si trova sul cromosoma 17
importante per il differenziamento. L’acido retinoico legato al suo recettore è in grado di far
staccare un complesso di repressione e, in questo modo, accende i geni per il
differenziamento. Con questa traslocazione abbiamo la fusione dei geni di questi due
elementi e si genera un oncogene (PML-RARα), che regola entrambi i pathway. Quindi da
un lato abbiamo una minor risposta allo stress, dall’altro abbiamo una deregolazione del
processo differenziativo. Quello che avviene è che le molecole di PML vanno sulle regioni
responsive all’acido retinoico e, essendo presenti in maggiori quantità poiché è presente
una regione che funge da catalizzatore, queste molecole danno origine a un grosso
complesso di repressione. Le concentrazioni fisiologiche di acido retinoico non sono in
grado di staccare questo complesso e, per questo motivo, si ha una deregolazione del
differenziamento. Non differenziando la cellula vive più a lungo e, inoltre, in questa
situazione, si ha una minore risposta allo stress, ovvero non si ha riparazione delle
mutazioni. Dopo tot mutazioni fatte, la cellula è tumorale.
Questo meccanismo è stato sfruttato per ottenere una cura farmacologica. Conoscendo
infatti la quantità fisiologica di acido retinoico, possiamo dare un farmaco che fa
aumentare le dosi di acido e quindi fa staccare il grosso complesso di repressione. Si può
agire anche sugli enzimi epigenetici che compattano la cromatina, inibendoli e
promuovendo così il differenziamento.
La traslocazione robertsoniana è una fusione tra cromosomi, come ad esempio quella
tra i cromosomi 14 e 21. Il dosaggio
genico è uguale a una persona
normale e anche il fenotipo è normale.
Quando però andiamo a produrre
gameti, si ha una propensione di
introdurre gameti sbilanciati maggiore.
Un terzo di zigoti vitali ha probabilità di
avere sindrome di down. È l’unica via
ereditaria per la sindrome di down.

Per quanto riguarda le delezioni, possiamo collegarle alle malattie da imprinting


genomico. Nella delezione si ha l’eliminazione di una parte di genoma e i geni in questione
sono sotto imprinting.
Per imprinting genomico si intende una modificazione epigenetica di uno specifico allele,
nel gamete o nello zigote, responsabile per l’espressione differenziale dei due alleli del
gene nelle cellule somatiche della progenie. Normalmente allele materno e paterno sono
entrambi espressi. Alcuni geni però hanno espresso solo l’allele materno o paterno perché
sotto regolazione epigenetica. Pertanto questi geni sono più sensibili ad eventuali
mutazioni perché abbiamo un solo allele espresso e l’altro, silenziato, non può
compensarlo. Le delezioni che cadono in queste regioni causano la totale inespressione
del gene e quindi effetti gravi.
Una modificazione epigenetica è ereditaria, ma non è associata al cambio di sequenza del
DNA. Le modifiche vengono fatte sugli istoni e sulle code istoniche dai writers e tolte dagli
eraser. Queste modifiche inducono o l’apertura o la chiusura della cromatina e quindi una
maggiore o minore trascrizione.
Esempio di H19 e IGF2
H19 è espresso solo dall’allele materno, mentre IGF2 da quello paterno.
ICR, regione nei pressi di H19, dell’allele
paterno è metilata e quindi silente.
L’enancher attiva il gene a monte, quindi
IGF2. ICR dell’allele materno non è
metilato e quindi l’enancher attiva la
trascrizione di H19, anche perché
l’accesso a IGF2 è bloccato dal fattore
CTCF che dimerizza.

La sindrome di Prader-Willi è una malattia genetica rara che colpisce 1:15000 e colpisce il
cromosoma 15 con delezione di basi. Il nascituro ha problemi motori, ritardo mentale,
iperfagia e bassa statura (per cui sono spesso obesi). La regione persa contiene almeno 4
geni la cui funzione non è ben chiara.
La sindrome di Angelmann ha effetti opposti perché colpisce l’altro allele.
Normalmente nel cromosoma materno i geni di Prader-Willi sono sotto imprinting, quindi
non sono espressi. Sono espressi solo i geni dell’Angelmann. Nel cromosoma paterno
avviene esattamente l’opposto. Se abbiamo attivi i geni Prader-Willi avremo la sindrome di
Angelmann, se abbiamo attivi i geni Angelmann avremo la sindrome di Prader-Willi.
MUTAZIONI GENICHE
Le mutazioni geniche possono essere trasmesse alla progenie, non danno problemi di
fertilità e non danno problemi di fitness. Possiamo avere mutazioni puntiformi e frameshift.
Si possono avere amplificazioni di regioni che, una volta superata una certa sogli per
numero di ripetizioni, si incorre in fenomeni ad esempio di gain of function, come nella
Corea di Huntington, che sono però citotossiche.
Le malattie ereditarie possono essere distinte in:
1. mendeliane
2. multifattoriali (es. diabete e celiachia)
3. malattie da singolo gene con trasmissione non mendeliana
Le malattie mendeliane possono essere autosomiche dominanti (ipercolesterolemia
familiare), autosomiche recessive (fibrosi cistica) o legate ai cromosomi sessuali (distrofia
muscolare).
� Per le autosomiche dominanti basta avere un solo allele mutato. Il fenotipo però è
influenzato dalla penetranza e dall’espressività. La penetranza è la percentuale di
individui che esprimono il fenotipo mutato e non sempre è al 100%. L’espressività
indica il fatto che i fenotipi espressi non sono tutti uguali, pur derivando dalla stessa
mutazione. L’ipercolesterolemia familiare è una malattia recettoriale causata
dalla mutazione di un gene che codifica per il recettore di LDL, coinvolto nel
metabolismo del colesterolo. Normalmente le persone con questa mutazione hanno
un aumento di 2/3 volte dei valori normali di colesterolo. Ciò porta ad arteriosclerosi
e maggiore probabilità di avere ictus e infarti. LDL porta il colesterolo in giro per il
corpo, mentre l’HDL lo recupera portandolo al fegato. Il colesterolo esterificato si
trova in lipoproteine che lo immagazzinano e lo trasportano.
Il colesterolo è importante per la produzione di ormoni steroidei, per la produzione
di vitamina D, per la costruzione delle membrane cellulari, per la digestione dei
trigligeridi. Parte del colesterolo viene prodotta dal fegato come sintesi, l’altra parte
(inferiore) deriva dall’alimentazione.
Le lipoproteine, che trasportano il colesterolo, hanno una parte di fosfolipidi, una
parte di proteine (APO E, APO B, APO A) che hanno caratteristiche strutturali e
recettoriali (perché interagiscono con recettori per l’uptake del colesterolo all’interno
delle cellule), mentre internamente a queste lipoproteine troviamo trigliceridi. Le
lipoproteine possono essere distinte in due gruppi: quelle con APO B sono l’LDL,
quelle con APO A sono l’HDL.
I chilomicroni sono i primi ad essere prodotti, a livello dell’intestino, sono ricchi
molto ricchi in trigliceridi, APO B e colesterolo e passano dall’intestino al fegato
(grazie al legame di APO B ai suoi recettori sulle cellule epatiche), dove verranno
rimaneggiati e daranno origine alle VLDL (very low density lipoproteins) che
vengono secrete. Queste VLDL sono ricche in trigliceridi e povere in colesterolo.
Comincia il trasporto di colesterolo e trigliceridi in tutto il corpo e nelle varie cellule
si ha il rimaneggiamento con l’estrusione dei trigliceridi, cosicché questi vadano a
diminuire di numero. Si ha così il passaggio da VLDL a IDL (indermediate density
lipoproteins). Queste possono o tornare al fegato tramite i recettori LDL (che se
mutati danno la malattia dell’ipercolesterolemia familiare) oppure possono
continuare il processo di rimaneggiamento, donando trigliceridi ai tessuti.
L’HDL viene prodotto dal fegato tramite la produzione e la secrezione degli APO A
e, a poco a poco, sequestra il colesterolo dai tessuti, impedendone l’accumulo.
Nell’ipercolesterolemia familiare, a causa della mutazione del recettore LDL,
l’uptake a livello epatico non è più efficiente (o non avviene proprio), per cui
abbiamo un accumulo di IDL e di LDL a livello del corrente circolatorio, che porta
alla formazione di placche aterosclerotiche. L’aumento dell’LDL porta anche
all’inibizione del feedback negativo e quindi la cellula stoppa l’endocitosi e quindi la
sintesi di recettori per il colesterolo. Questo induce ulteriormente a un accumulo di
colesterolo in circolo, perché non viene appunto recuperato dalla cellula.
Le mutazioni che portano a questa malattia sono di 150 tipi diversi e ognuna di
queste porta a effetti diversi e a fenotipi diversi, più o meno gravi.
Più LDL c’è, meno HDL c’è più si è a rischio di aterosclerosi. Le regioni di
biforcazione dei vasi sono quelle più a rischio di formazioni di placche perché si
formano delle imperfezioni a livello dell’endotelio e quindi le LDL si insediano
all’interno e ossidano.
Le LDL aumentano per inibizione del feedback negativo e per mutazione del
recettore per l’uptake a livello epatico, quindi si ha un accumulo a livello ematico,
soprattutto nelle regioni di biforcazione a livello dell’intima. LDL iniziano ad ossidarsi
per produzione di ROS da parte delle cellule endoteliali. Successivamente inizia il
processo infiammatorio (l’infiammazione è una risposta adattativa che hanno i
tessuti per contrastare attacchi), in cui le cellule inziano ad inviare segnali per
richiamare le cellule del sistema immunitario dell’immunità naturale per risanare il
tessuto. LDL ossidate fungono quindi da campanello dall’allarme. I macrofagi
attraversano l’endotelio, arrivano nell’intima e si attivano. I macrofagi, attivati da
citochine, producono altre citochine che attivano altri macrofagi (meccanismo a
cascata). Le LDL producono anche delle proteasi che vanno ad ossidare
ulteriormente le LDL, che iniziano a cambiare anche a livello strutturale, venendo
riconosciute come agenti dannosi. I macrofagi endocitano le LDL, trasformandosi in
cellule ingolfate da colesterolo. Il tutto continua a stimolare l’infiammazione, infatti
l’aterosclerosi è una malattia da infiammazione cronica. Andando avanti così inizia
a formarsi la placca, che ha un cuore necrotico, formato da cellule morte, e anche
le cellule della muscolatura liscia (che servono per rigenerare il tessuto
danneggiato) cominciano a migrare e a produrre collagene. Quindi la placca che si
forma ha anche un cappuccio fibroso.
La placca può avere due destini, può andare incontro a lisi, lasciando così
fuoriuscire il trombo e quindi si ha occlusione dell’arteria, oppure può avere una
progressione più lenta, in cui la placca continua a crescere fino ad occludere
comunque l’arteria.

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