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Morgan condusse i suoi studi sui geni portati dai cromosomi sessuali
I geni che si trovano sui cromosomi sessuali portano informazioni ereditarie non seguono le
leggi di Mendel e quindi si parla di caratteri legati al sesso. Il primo ad accorgersene fu
Morgan che scelse il moscerino della frutta Drosophila melanogaster come organismo
modello, poiché si allevavano facilmente in bottiglia e si riproducevano velocemente, ma
anche il fatto che la drosofila ha solo quattro paia di cromosomi(2n= 8).
Il primo obiettivo fu quello di individuare le differenze genetiche presenti tra i vari moscerini e
tra le più evidenti notarono il colore rosso degli occhi. Una femmina con occhi rossi fu
incrociata con un maschio dagli occhi bianchi e la prima generazione F1 nacque tutta con
occhi rossi: voleva dire che il carattere degli occhi bianchi era recessivo. Poi incrociò tra di
loro gli individui della F1 e ottenne che gli esemplari con occhi bianchi erano solo maschi.
Formularono così l’ipotesi che il gene recessivo degli occhi bianchi si trovava solo sul
cromosoma X, che le femmine hanno sempre gli occhi rossi e che i maschi che possiedono
l’allele con gli occhi bianchi dovrà per forza avere gli occhi bianchi, e quindi si dice
EMIZIGOTE per il carattere in questione perché possiede la metà delle informazioni della
femmina.
3) Le mappe cromosomiche
Le nostre conoscenze sul DNA sono frutto delle ricerche di molti scienziati
Non vi erano più dubbi sull’esistenza dei geni e sul fatto che fossero localizzati sui
cromosomi,ma era meno chiaro il modo in cui la cellula agisse per usare teli geni.
Una volta chiarita la composizione chimica delle biomolecole che si trovano nei cromosomi,
si sarebbe potuto comprendere il loro ruolo come vettori delle informazioni genetiche.
Quest'ultima intuizione segnò l'inizio di un fruttuoso campo di ricerche nella
genetica molecolare.
Le regole di Chargaff e la diffrazione ai raggi X offrirono indizi sulla struttura del DNA
Ora era fondamentale capire come fosse la vera struttura tridimensionale del DNA; per fare
ciò vennero utilizzati esperimenti e considerazioni teoriche. Si sapeva che il DNA era un
polimero di nucleotidi e che ciascun nucleotide era formato da tre componenti:
● una molecola di desossiribosio, cioè uno zucchero a cinque atomi di carbonio;
● un gruppo fosfato;
● una base azotata, cioè una molecola organica con struttura ad anello che contiene
azoto (debolmente acida).
La differenza tra i quattro nucleotidi risiede nella base azotata, che può essere una molecola
di guanina (G), adenina (A), citosina (C) o timina(T). La guanina e la citosina sono chiamate
purine, mentre la citosina e la timina sono dette pirimidine.
Nel 1950 Chargaff pubblicò uno studio i cui punti fondamentali erano:
● la composizione percentuale delle basi del DNA è diversa da una specie all'altra;
● i campioni di DNA isolati da tessuti diversi di organismi della stessa specie mostrano
a stessa composizione di basi;
● la composizione percentuale delle basi non è influenzata dall'età dell'organismo, dal
suo stato di nutrizione o dalle condizioni ambientali;
● in tutti i DNA cellulari A = T e G = C, quindi A + T = G + C.
Tutte queste regole, dette di Chargaff, furono fondamentali per capire la struttura del DNA e
in che modo le informazioni sono codificate.
Nello stesso periodo Franklin e Wilkins utilizzarono i raggi X per studiare la disposizione
degli atomi nelle molecole di DNA: ottennero che la molecola di DNA ha una struttura
fortemente simmetrica e la forma di un’elica destrogira con diametro costante di 2 nm.
La doppia elica è sorretta dai legami zucchero-fosfato ed è stabilizzata dai legami a idrogeno
Secondo il modello di Watson e Crick, il DNA è composto da una doppia elica costituita da
due catene di polinucleotidi e ciascuna catena forma un singolo filamento di DNA. La parte
laterale è formata dallo scheletro zucchero fosfato, mentre ogni parte centrale di
collegamento è formata dalle due basi azotate. Lo scheletro ha un'elevata carica negativa
causata dai gruppi fosfato e forma facilmente legami a idrogeno con le molecole d'acqua,
mentre le basi azotate sono apolari.
I nucleotidi sono tenuti insieme da un legame covalente tra il gruppo fosfato
legato al carbonio in posizione 5’ di un nucleotide e il carbonio in posizione 3’ del
nucleotide successivo. Questo legame è detto legame fosfodiesterico e costituisce
la struttura portante dello scheletro zucchero-tostato. Esso attribuisce anche a ciascun
filamento una direzionalità, perché il 5’ termina con un gruppo fosfato libero è il 3’ con un
gruppo OH- non legato a gruppi fosfato, permettendo di definirli come filamenti antiparalleli.
Al centro della doppia elica si trovano le basi azotate che si accoppiano con la loro
corrispondente sul filamento opposto tramite legami idrogeno che sono abbastanza deboli
ma conferiscono stabilità. Un altro fattore di stabilità è l’impilamento delle basi, fenomeno in
cui le basi (idrofobiche) rimangono vicine per allontanarsi dall’acqua.
Lavorando sul loro modello i due scienziati scoprirono che, essendo il DNA una molecola
lunga migliaia di nucleotidi essa può presentare migliaia di combinazioni differenti, anche se
rimane la regola che l’adenina può appaiarsi soltanto con
la timina mediante due legami a idrogeno (A=T) e la guanina soltanto con la
citosina, formando tre legami a idrogeno (G=C); questo permette di capire la sequenza della
catena complementare tramite un solo filamento. Quando i due filamenti si avvolgono a
formare la doppia elica, tra i gruppi fosfato restano esposti due solchi di diversa ampiezza: il
solco minore e il solco maggiore.
Il modello di Watson e Crick mette in relazione la struttura del DNA con le sue funzioni
Un requisito fondamentale del materiale genetico è la capacità di contenere informazioni. Il
modello della struttura del DNA dimostra che le informazioni genetiche sono indicate dalla
sequenza delle basi azotate nella molecola di DNA.
Un'altra caratteristica del materiale genetico è la capacità di produrre copie identiche di se
stesso ogni volta che la cellula si divide. La replicazione del DNA si realizza facilmente
grazie alla complementarietà delle basi appaiate: ogni filamento può funzionare da stampo
per produrre un nuovo filamento complementare.
I due filamenti della doppia elica si replicano con velocità e modi diversi
Le DNA polimerasi sono enzimi molto grandi, dalla forma che ricorda una mano
semiaperta: il palmo contiene il sito attivo dell'enzima e avvicina i nucleotidi
allo stampo, mentre le dita riconoscono la forma delle diverse basi nucleotidiche.
Tutte le DNA polimerasi sono capaci di allungare una catena polinucleotidica preesistente,
lavorano in una direzione sola , ma non riescono a iniziare dal nulla una nuova catena. Per
questo motivo hanno bisogno di un primer, ovvero una breve sequenza di RNA
sintetizzata dall'enzima RNA primasi, che al termine della replicazione viene rimossa e
sostituita dal DNA. L'allungamento del due filamenti procede in modo diverso:
● un filamento è detto veloce perché può allungarsi in maniera continua senza
interruzioni ed è quello complementare al filamento stampo, che ha un solo primer;
● l'altro filamento è lento perché procede in modo discontinuo e a ritroso su segmenti
relativamente piccoli di DNA, detti di Okazaki e ha più primer.
Nei filamenti lenti la DNA polimerasi non può catalizzare la sintesi dei frammenti di Okazaki
se non trova una punto di attacco sul filamento, quindi man mano che la doppia elica si
srotola, essa sintetizza i frammenti in direzione opposta al movimento della forcella (5’-3’).
Dopo l’utilizzo i primer vengono eliminati è sostituiti dal DNA reale, che viene legato insieme
dall’enzima DNA ligasi.
Il controllo della replicazione è attuato dalla selezione delle basi e dal proofreading
La replicazione del DNA avviene con un grado di precisione molto elevato grazie
alla presenza di diversi sistemi di controllo:
● PRIMO MECCANISMO: è la selezione delle basi poiché le DNA polimerasi formano
il legame fosfodiesterico tra due nucleotidi solo se questi sono già appaiati in modo
corretto ai loro nucleotidi complementari sul filamento stampo. La distinzione avviene
per i legami a idrogeno e alla geometria delle coppie di basi (A=T e G=C), poiché
solo le coppie di basi che presentano questa geometria riescono a entrare nel sito
attivo dell'enzima.
● SECONDO MECCANISMO: è il proofearing o correzione di bozze che si basa sulla
capacità della DNA polimerasi di controllare ogni nucleotide dopo che è stato
aggiunto; l’enzima rimuove quello sbagliato e incorpora al suo posto quello giusto.
La replicazione del DNA può avvenire anche in laboratorio grazie alla PCR
Nel 1986 Mullis, mise a punto una tecnica di laboratorio per replicare il DNA in
Questa tecnica è detta reazione a catena della polimerasi o PCR e necessita:
● un campione di DNA a filamento doppio;
● due primer di DNA sintetizzati in laboratorio;
● i quattro desossiribonucleosidi trifosfato: guanosina trifosfato (GTP), adenosina
trifostato (ATP), citidina trifosfato (CTP), timidina trifosfato (TTP);
● una DNA polimerasi in grado di resistere a temperature elevate senza denaturarsi;
● sali di magnesio.
È una reazione a catena di tre fasi cicliche:
● denaturazione, ovvero si riscalda la soluzione a circa 90 °C per separare i due
filamenti del DNA;
● rinaturazione, cioè si raffredda la soluzione in modo da permettere al primer di
appaiarsi alle sequenze complementari;
● allungamento, nella quale l'enzima DNA polimerasi aggiunge nucleotidi a un primer,
sintetizzando un nuovo filamento di DNA complementare alla sequenza compresa tra
i due primer.
Il ciclo si ripete con una nuova denaturazione e l'intera sequenza dura alcuni minuti e
ripetendosi il DNA si riproduce in modo esponenziale. La peculiarità di questa tecnica è
quella di poter partire da una piccola quantità di DNA e arrivare alla quantità desiderata in
poco tempo.