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CAP.

1 - GLI SVILUPPI DELLA GENETICA

1) Gli studi sui cromosomi sessuali

Esiste una relazione tra le teorie di Mendel e la meiosi


All'inizio del secolo scorso, i biologi capirono l'importanza degli esperimenti di Gregor
Mendel. Fu in questo periodo, per esempio, che vennero individuati i cromosomi e furono
osservati per la prima volta i loro movimenti durante la mitosi e la meiosi.
Nel 1902 Sutton stava studiando la produzione di gameti nei maschi di cavalletta e notò che
i cromosomi risultavano appaiati sin dall'inizio della prima divisione meiotica e i due
cromosomi che costituivano ogni coppia erano quasi identici. Fu colpito dal parallelismo tra
le sue osservazioni e la legge della segregazione di Mendel. Emerse l'ipotesi che i
cromosomi fossero i portatori del geni e che i due alleli di ogni gene si trovassero sui
cromosomi omologhi.
La legge di Mendel sull'assortimento indipendente afferma che gli alleli di geni differenti
segregano indipendentemente gli uni dagli altri.
Questo poteva essere accettato solo se veniva rispettata la condizione che i geni non
fossero situati sullo stesso cromosoma; durante la melosi finiscono inevitabilmente nello
stesso gamete, a meno di essere stati separati da un crossing over e quindi ritenne che i
geni fossero portatori di cromosomi.
Nello stesso anno Boveri giunse alla conclusione che il cancro era una
patologia dovuta a errori avvenuti nel corso della mitosi, con conseguente forma-
zione di cariotipi anomali.

La presenza di specifici cromosomi determina il sesso di un individuo


Alcuni anni dopo si pensava ancora che i geni non avessero una consistenza fisica e che la
teoria cromosomica fosse poco attinente agli studi sull’ereditarietà.
Il contributo decisivo per dimostrare la localizzazione dei geni fu grazie alle ricerche sul
moscerino della frutta Drosophila melanogaster: veniva dimostrato che molti caratteri
ereditari dipendono dal sesso, ovvero che i geni a essi riferiti si trovano sui cromosomi
sessuali.
Grazie a Sutton sappiamo che i cromosomi di un organismo dipliode sono presenti in coppie
simili tra loro nei maschi e nelle femmine (AUTOSOMI) tranne una coppia che lo è solo in
uno dei due individui (CROMOSOMI SESSUALI).
Nei mammiferi (compresa la specie umana), e in molti altri gruppi di animali,
è la femmina ad avere i due cromosomi sessuali uguali (XX). I cromosomi sessuali del
maschio sono costituiti da un X e da uno Y, molto più piccolo (XY).
Il sesso della prole dipende dal fatto che il gamete femminile venga fecondato dal gamete
maschile portatore di X oppure da Y, ma visto che sono prodotti in numero uguale la
probabilità di uno o dell’altro è la medesima.

Morgan condusse i suoi studi sui geni portati dai cromosomi sessuali
I geni che si trovano sui cromosomi sessuali portano informazioni ereditarie non seguono le
leggi di Mendel e quindi si parla di caratteri legati al sesso. Il primo ad accorgersene fu
Morgan che scelse il moscerino della frutta Drosophila melanogaster come organismo
modello, poiché si allevavano facilmente in bottiglia e si riproducevano velocemente, ma
anche il fatto che la drosofila ha solo quattro paia di cromosomi(2n= 8).
Il primo obiettivo fu quello di individuare le differenze genetiche presenti tra i vari moscerini e
tra le più evidenti notarono il colore rosso degli occhi. Una femmina con occhi rossi fu
incrociata con un maschio dagli occhi bianchi e la prima generazione F1 nacque tutta con
occhi rossi: voleva dire che il carattere degli occhi bianchi era recessivo. Poi incrociò tra di
loro gli individui della F1 e ottenne che gli esemplari con occhi bianchi erano solo maschi.
Formularono così l’ipotesi che il gene recessivo degli occhi bianchi si trovava solo sul
cromosoma X, che le femmine hanno sempre gli occhi rossi e che i maschi che possiedono
l’allele con gli occhi bianchi dovrà per forza avere gli occhi bianchi, e quindi si dice
EMIZIGOTE per il carattere in questione perché possiede la metà delle informazioni della
femmina.

2) Malattie genetiche e alberi genealogici

Le malattie autosomiche possono essere dominanti o recessive


Le leggi di Mendel sono state formulate sulla base di moltissimi incroci e calcoli statistici, ma
la genetica umana è molto più complessa e può contare solo sullo studio delle genealogie.
Per esempio, quando due individui eterozigoti (Aa)
hanno dei figli, ognuno di essi ha una probabilità del 25% di essere omozigote
recessivo (a). In una famiglia con due figli ciascuno di essi potrebbe essere aa oppure Aa o
AA.
Per capire la genetica umana, ad esempio per sapere se un allele raro sia dominante o
recessivo, si può usare un albero genealogico, ovvero un albero familiare che mostra la
comparsa di un fenotipo (e relativi alleli) in molte generazioni di individui.
Malattia autosomica dominante:
● ogni persona malata ha un genitore malato;
● circa metà dei figli di un genitore malato è malata;
● il fenotipo compare con la stessa frequenza nei due sessi.
Malattia autosomica ereditaria:
● le persone malate hanno di solito due genitori sani;
● nelle famiglie colpite dalla malattia, circa un quarto dei figli di genitori sani è malato;
● il fenotipo compare con la stessa frequenza nei due sessi.
Se un certo allele recessivo è raro nella popolazione in generale, la probabilità che entrambi
i genitori siano portatori di quell'allele è molto bassa. Se quell'allele è presente in una
famiglia, due cugini potrebbero condividerlo. In genetica hanno aiutato molto anche gli studi
su popolazioni isolate come gli Amish negli Stati Uniti.

L'ereditarietà legata al sesso si manifesta anche in alcune malattie


Nella specie umana il cromosoma X porta un numero maggiore di geni rispetto al
cromosoma Y, anche per le maggiori dimensioni. Un esempio di carattere legato al sesso è
la presenza di peli sulle orecchie presente sull’Y, anche se è più frequente la situazione
opposta (assente sull’Y).
L'ereditarietà dei caratteri recessivi legati a X è studiata per alcune malattie umane. La
peculiarità di questa ereditarietà è il manifestarsi in modi diversi:
● le femmine eterozigoti, dette portatrici sane, sono in genere fenotipicamente sane in
quanto la presenza dell'allele sano dominante, posto su uno dei due cromosomi X,
permette alle cellule di svolgere normalmente le proprie funzioni;
● i maschi, se sono portatori dell'allele recessivo, manifestano il fenotipo della malattia
perché il cromosoma Y è privo dell'allele per quel carattere e quindi essi possiedono
un allele solo;
● se un uomo sano e una donna portatrice sana hanno dei figli, le figlie femmine hanno
il 50% di essere sane e il 50% di essere portatrici sane, mentre i figli maschi hanno il
50% di essere sani e il 50% di essere malati;
● una donna può manifestare la malattia solo se il suo genotipo è nella forma
omozigote recessiva, ciò accade solo se eredita entrambi gli X recessivi dai genitori.

Alcune malattie umane legate al sesso sono il daltonismo e l'emofilia


Il daltonismo consiste nell'incapacità di percepire in modo corretto alcuni
colori, come il rosso e il verde. I geni che codificano per i pigmenti sensibili alla luce rossa e
verde sono sull’X. Un maschio con un gene difettoso per il verde non può riconoscere il
verde dal rosso e viceversa; una femmina eterozigote ha una visione normale, mentre quelle
omozigoti recessive manifestano la malattia.
Un altro esempio è l’emofilia, che consiste in un gruppo di malattie in cui il sangue non
coagula normalmente, dovuta alla mancanza di speciali proteine nel plasma;in questo caso
anche le ferite più superficiali comportano un alto rischio di emorragia. Come per il
daltonismo, le femmine eterozigoti sono portatrici sane, ma possono trasmettere la malattia
ai figli maschi.
La distrofia muscolare di Duchenne provoca una grave insufficienza dei
muscoli volontari, essa indebolisce progressivamente i pazienti e Ii costringe su
una sedia a rotelle. La malattia è prevalentemente maschile in quanto e difficile
trovare femmine omozigoti; in genere la malattia si manifesta nei primi anni d'e-
ta e i maschi che ne soffrono non riescono a riprodursi e quindi non trasmettono
alle figlie il cromosoma X con l'allele malato. La problematica è causata da una proteina
fibrillare, la distrofina, che lega il citoscheletro è la matrice extracellulare e che in questo
caso è assente o difettosa. Oltre alla distrofia di Duchenne esiste anche un'altra forma meno
grave e più rara: la distrofia muscolare di Becker.
Un'altra patologia legata a sesso è la sindrome dell'X fragile, il cui nome de-
riva dall'osservazione del cariotipo: in metafase, il cromosoma X sembra avere
un punto di rottura (zona fragile) a livello del braccio lungo. Essa è la seconda causa di
ritardo mentale nei maschi dopo la sindrome di Down, anche se ⅓ delle femmine eterozigoti
possono essere colpite.
Anche la carenza congenita di un enzima presente nei globuli rossi è una malattia legata al
cromosoma X. In casi estremi, con la somministrazione di alcuni tipi di farmaci può
provocare l’emolisi, la comparsa di forte anemia è il collasso cardiocircolatorio; questa
malattia è chiamata anche favismo.

3) Le mappe cromosomiche

Geni posti sullo stesso cromosoma appartengono a un gruppo di associazione


Tramite gli esperimenti di Muller, si notò che nelle drosofile le mutazioni aumentavano in
modo esponenziale se venivano messe sotto i raggi X, ultravioletti o altri prodotti chimici.
Mendel aveva dimostrato che gli alleli di due geni differenti possono segregare in maniera
indipendente solo se i geni sono posti su cromosomi diversi; se,
invece, gli alleli dei due geni si trovano abbastanza vicini sullo stesso cromosoma,
allora la segregazione degli alleli di un gene non potrà essere indipendente dalla
segregazione degli alleli dell'altro gene. I geni che vengono ereditati insieme perché sono
posti sullo stesso cromosoma si dicono associati, o concatenati, in quanto appartengono allo
stesso gruppo di associazione (in inglese, linkage).

Alcune ricombinazioni geniche si spiegano con il crossing over


Studi condotti su vasta scala mostrarono che la maggior parte delle drosofile possiede il
corpo marrone chiaro e le ali lunghe (caratteri dominanti). Alcuni di essi omozigoti furono
incrociati con moscerini mutanti con corpo nero e ali corte (caratteri recessivi) e tutti gli
individui della F1 avevano corpo marrone e ali lunghe.
Poi la F1 venne fatta incrociare fra di loro e si ipotizzarono delle soluzioni:
● i geni per il colore del corpo e la lunghezza delle ali potevano segregare
indipendentemente e dare origine al rapporto mendeliano 9:3:3:1 nei fenotipi della
generazione F2, indicando così che i geni per questi due caratteri si trovavano su
coppie differenti di cromosomi omologhi;
● i geni per i due caratteri potevano essere associati e il 75% dei moscerini della F2,
sarebbe stato marrone con ali lunghe e il 25%, omozigote per i due caratteri
recessivi, sarebbe stato nero con ali corte determinando un rapporto fenotipico di
3:1.
I risultati sperimentali si avvicinavano molto alla seconda ipotesi, ma non in
modo perfetto. In qualche discendente comparvero alcuni moscerini con
corpo marrone e ali corte e alcuni con corpo nero e ali lunghe.
Come si poteva spiegare questo fatto?
L’unico modo per spiegare il fenomeno era supporre che ci potesse essere uno scambio di
alleli tra cromosomi: oggi sappiamo che realmente avviene i crossing over.

Mediante studi sulle ricombinazioni si possono costruire le mappe cromosomiche


Con la scoperta del crossing over divenne chiaro non solo che i geni sono portati dai
cromosomi, ma anche che devono essere localizzati in punti particolari, detti loci dei
cromosomi. Risultò evidente che gli alleli devono occupare loci corrispondenti su cromosomi
omologhi, altrimenti Io scambio darebbe luogo a un caos genetico e non a uno scambio
preciso.
Con il passare degli studi Morgan scopri che le percentuali di ricombinazione di ogni
carattere era differente per ognuno di essi (es. colore corpo e lunghezza delle ali) ed erano
fisse e prevedibili.
In seguito si capì che la percentuale di ricombianazione poteva avere a che fare con la
distanza fisica tra i geni che si ricombianano: questo permise lo sviluppo delle mappe
cromosomiche.
Le basi delle osservazioni erano che:
● i geni fossero disposti sui cromosomi in una serie lineare;
● i geni vicini tra loro fossero separati da crossing over meno frequentemente dei geni
più lontani;
● determinando la frequenza di ricombinazione, dovrebbe essere possibile tracciare la
sequenza del geni lungo i cromosomi e conoscerne la distanza tra essi.
A cassa del crossing over la previsione dei caratteri è molto più complessa, a causa anche
del fatto che i geni vengono ricombinati più lontani sono tra loro.
Per sapere quanto i geni siano tra loro lontani, è sufficiente conoscere il numero dei
discendenti ricombinati; ad esempio se sono 300 su 1000, disterebbero 30 mu o
centiMorgan (cM).
I cromosomi giganti furono scoperti nella saliva di drosofila
Il fenomeno del crossing over venne notano, dal francese Balbiani, soprattutto nei
cromosomi giganti contenuti nella saliva della drosofila, che presenta una tipica struttura a
bande chiare e scure, ben visibili al microscopio ottico.

CAP. 2 - STRUTTURA E FUNZIONE DEL DNA

1) Il ruolo del DNA

Le nostre conoscenze sul DNA sono frutto delle ricerche di molti scienziati
Non vi erano più dubbi sull’esistenza dei geni e sul fatto che fossero localizzati sui
cromosomi,ma era meno chiaro il modo in cui la cellula agisse per usare teli geni.
Una volta chiarita la composizione chimica delle biomolecole che si trovano nei cromosomi,
si sarebbe potuto comprendere il loro ruolo come vettori delle informazioni genetiche.
Quest'ultima intuizione segnò l'inizio di un fruttuoso campo di ricerche nella
genetica molecolare.

La scoperta della nucleina dà inizio allo studio sui cromosomi


Il materiale ereditario fu isolato per la prima volta nel 1869 da Miescher, essa proveniva dal
nucleo dei globuli bianchi presenti sulle bende usate negli ospedali e per questo tu
denominata nucleina, una sostanza acida e zuccherina, ricca di azoto e fosforo. Essa venne
poi rinominata in acido nucleico e pol acido desossiribonucleico(DNA), per distinguerla da
una sostanza simile, l'acido ribonucleico (RNA), e pochi anni dopo venne dimostrato che
queste strutture sono la sede dell'informazione ereditaria.
L’attenzione dei biochimici si concentrò sulle proteine, e in particolare sui quattro tipi diversi
di nucleotidi che costituivano il DNA.

Griffith scoprì il fattore di trasformazione grazie ai batteri della polmonite


Il primo esperimento fondamentale per la scoperta del ruolo del DNA fu condotto da Griffith,
che stava studiando il batterio dello pneumococco. Lo scopo della ricerca era trovare un
vaccino,perché non erano ancora stati scoperti gli antibiotici. Egli stava analizzando due
ceppi diversi del batterio:
● il ceppo S era formato da cellule che producevano colonie dalla superficie liscia e
lucida. Erano ricoperte da una capsula di polisaccaridi che le proteggeva dal sistema
immunitario dell'ospite. Si scoprì che era un ceppo altamente patogeno perché se
iniettato in topi di laboratorio provocavano polmonite;
● il ceppo R produceva colonie dalla superficie irregolare. Questi batteri non avevano
la capsula protettiva, non erano patogeni e se venivano inoculati nel topi non erano
in grado di generare la malattia.
Griffith notò che quelli del ceppo S ad altro calore erano in capaci di produrre l’invenzione;
poi mise i batteri S uccisi in quelli R vivi non virulenti è noto che i topi morivano. Facendo poi
un’autopsia vide che alcuni R si erano trasformati in S e questo accadeva anche i provetta.
Da questi esperimenti si capì che nei batteri doveva esistere una sostanza che produceva
un cambiamento ereditario negli R: il fattore di trasformazione.

Avery dimostrò che il fattore di trasformazione è il DNA


I risultati di Griffith furono ripresi da Avery, che fece vari trattamenti per distruggere
selettivamente i diversi tipi di biomolecole (acidi nucleici, proteine, carboidrati e lipidi).
Gli esperimenti indicavano che se si distruggeva il DNA, il campione
perdeva la sua capacità trasformante, mentre distruggendo proteine, lipidi
o carboidrati ciò non avveniva; egli riuscì anche a isolare del DNA
quasi puro e a dimostrare che era sufficiente a indurre la trastormazione.
Gli studi di Avery sono fondamentali per stabilire che il materiale genetico è costituito dal
DNA e non dalle proteie, ma essendo costituita solo da quattro nucleotidi sembra troppo
semplice per essere alla base dei meccanismi ereditari.

Gli esperimenti di Hershey e Chase confermarono che il DNA è il materiale genetico


Nello stesso periodo un gruppo di biologi e fisici iniziò a interessarsi alla genetica dei batteri
e dei virus che li intettano, i batteriofagi o fagi che portano alla nascita della genetica dei
microrganismi, soprattutto grazie a Hershey e Chase.
Essi cercarono di determinare se il materiale genetico fosse formato da DNA o da proteine
tramite un esperimento:
● un campione era costituito da fagi T2 cresciuti in una coltura batterica contenente
l'isotopo radioattivo 32P del fosforo; il DNA virale aveva incorporato il fosforo
radioattivo;
● il secondo campione era formato da fagi T2 cresciuti in una coltura batterica
contenente l'isotopo radioattivo 35S dello zolfo; qui lo zolfo radioattivo era stato
incamerato dalle proteine.
Venti minuti dopo l'infezione, le soluzioni vennero omogeneizzate e poi centrifugate per
separare i batteri dalle particelle virali: le cellule batteriche (più pesanti) precipitano sul
fondo, mentre le particelle virali (più leggere) restano in sospensione.
Venne quindi dimostrato che il fosforo radioattivo era stato traferito mentre lo zolfo no, quindi
si arrivò alla conclusione che il materiale genetico è costituito da DNA.

2) La struttura molecolare del DNA

Le regole di Chargaff e la diffrazione ai raggi X offrirono indizi sulla struttura del DNA
Ora era fondamentale capire come fosse la vera struttura tridimensionale del DNA; per fare
ciò vennero utilizzati esperimenti e considerazioni teoriche. Si sapeva che il DNA era un
polimero di nucleotidi e che ciascun nucleotide era formato da tre componenti:
● una molecola di desossiribosio, cioè uno zucchero a cinque atomi di carbonio;
● un gruppo fosfato;
● una base azotata, cioè una molecola organica con struttura ad anello che contiene
azoto (debolmente acida).
La differenza tra i quattro nucleotidi risiede nella base azotata, che può essere una molecola
di guanina (G), adenina (A), citosina (C) o timina(T). La guanina e la citosina sono chiamate
purine, mentre la citosina e la timina sono dette pirimidine.
Nel 1950 Chargaff pubblicò uno studio i cui punti fondamentali erano:
● la composizione percentuale delle basi del DNA è diversa da una specie all'altra;
● i campioni di DNA isolati da tessuti diversi di organismi della stessa specie mostrano
a stessa composizione di basi;
● la composizione percentuale delle basi non è influenzata dall'età dell'organismo, dal
suo stato di nutrizione o dalle condizioni ambientali;
● in tutti i DNA cellulari A = T e G = C, quindi A + T = G + C.
Tutte queste regole, dette di Chargaff, furono fondamentali per capire la struttura del DNA e
in che modo le informazioni sono codificate.
Nello stesso periodo Franklin e Wilkins utilizzarono i raggi X per studiare la disposizione
degli atomi nelle molecole di DNA: ottennero che la molecola di DNA ha una struttura
fortemente simmetrica e la forma di un’elica destrogira con diametro costante di 2 nm.

Watson e Crick definirono il modello tridimensionale a doppia elica del DNA


All'inizio degli anni Cinquanta Watson con l’aiuto di Crick volevano scoprire in che modo
l'intormazione genetica fosse custodita all'interno del DNA.
Essi considerarono tre tattori:
● le analisi delle immagini ai raggi X di Franklin e Wilkins mostravano che la molecola
di DNA aveva la forma di un'elica destrogira;
● i dati fisici e chimici suggerivano che nella molecola ci fossero due catene
polinucleotidiche affiancate;
● la regola di Chargaff indicava che la quantità totale delle purine fosse pari a quella
delle pirimidine.
Per la loro scoperta ottennero il Nobel per la medicina nel 1962.

La doppia elica è sorretta dai legami zucchero-fosfato ed è stabilizzata dai legami a idrogeno
Secondo il modello di Watson e Crick, il DNA è composto da una doppia elica costituita da
due catene di polinucleotidi e ciascuna catena forma un singolo filamento di DNA. La parte
laterale è formata dallo scheletro zucchero fosfato, mentre ogni parte centrale di
collegamento è formata dalle due basi azotate. Lo scheletro ha un'elevata carica negativa
causata dai gruppi fosfato e forma facilmente legami a idrogeno con le molecole d'acqua,
mentre le basi azotate sono apolari.
I nucleotidi sono tenuti insieme da un legame covalente tra il gruppo fosfato
legato al carbonio in posizione 5’ di un nucleotide e il carbonio in posizione 3’ del
nucleotide successivo. Questo legame è detto legame fosfodiesterico e costituisce
la struttura portante dello scheletro zucchero-tostato. Esso attribuisce anche a ciascun
filamento una direzionalità, perché il 5’ termina con un gruppo fosfato libero è il 3’ con un
gruppo OH- non legato a gruppi fosfato, permettendo di definirli come filamenti antiparalleli.
Al centro della doppia elica si trovano le basi azotate che si accoppiano con la loro
corrispondente sul filamento opposto tramite legami idrogeno che sono abbastanza deboli
ma conferiscono stabilità. Un altro fattore di stabilità è l’impilamento delle basi, fenomeno in
cui le basi (idrofobiche) rimangono vicine per allontanarsi dall’acqua.
Lavorando sul loro modello i due scienziati scoprirono che, essendo il DNA una molecola
lunga migliaia di nucleotidi essa può presentare migliaia di combinazioni differenti, anche se
rimane la regola che l’adenina può appaiarsi soltanto con
la timina mediante due legami a idrogeno (A=T) e la guanina soltanto con la
citosina, formando tre legami a idrogeno (G=C); questo permette di capire la sequenza della
catena complementare tramite un solo filamento. Quando i due filamenti si avvolgono a
formare la doppia elica, tra i gruppi fosfato restano esposti due solchi di diversa ampiezza: il
solco minore e il solco maggiore.

Il modello di Watson e Crick mette in relazione la struttura del DNA con le sue funzioni
Un requisito fondamentale del materiale genetico è la capacità di contenere informazioni. Il
modello della struttura del DNA dimostra che le informazioni genetiche sono indicate dalla
sequenza delle basi azotate nella molecola di DNA.
Un'altra caratteristica del materiale genetico è la capacità di produrre copie identiche di se
stesso ogni volta che la cellula si divide. La replicazione del DNA si realizza facilmente
grazie alla complementarietà delle basi appaiate: ogni filamento può funzionare da stampo
per produrre un nuovo filamento complementare.

3) La replicazione del DNA

Il processo di replicazione del DNA comprende due fasi


Le ricerche di Watson e Crick suggerivano una modalità di replicazione del DNA
di tipo semiconservativo, poiché ogni filamento della molecola originale funziona da stampo
in modo tale che le due molecole di DNA neoformate contengono un filamento vecchio e
uno neosintetizzato.
La replicazione del DNA si svolge in due fasi e richiede:
● DNA;
● enzimi;
● nucleotidi.
PRIMA FASE: gli enzimi elicasi e topoisomerasi spezzano i legami a idrogeno tra le coppie
di basi appaiate e despiralizzano la doppia elica del DNA.
SECONDA FASE: avviene la sintesi dei nuovi filamenti grazie alle DNA polimerasi, enzimi
che aggiungono i nucleotidi all'estremità 3' del filamenti in formazione, saldan
doll mediante legami fosfodiesterici.
Tutto avviene sempre per il principio della complementarietà tra le basi.

La replicazione è catalizzata dal complesso di replicazione ed è bidirezionale


Il meccanismo mediante il quale la cellula realizza l'intera replicazione è molto complesso e
richiede un gran numero di proteine ed enzimi:
1. un complesso di replicazione si lega al DNA in corrispondenza di una specifica
sequenza di basi detta origine di replicazione;
2. a partire da essa il DNA si replica in entrambe le direzioni, formando una bolla di
replicazione;
3. a entrambe le estremità della bolla la molecola forma una struttura a Y, detta forcella
di replicazione;
4. siccome è bidirezionale, quando le due forcelle adiacenti si incontrano i due filamenti
si dividono.
Oggi si sa che il DNA scorre attraverso il complesso di replicazione che resta fermo, mentre
in passato si credeva il contrario. Negli eucaristici per far si che la divisione avvenga
rapidamente sono presenti più origini della replicazione. Il primo evento che ha luogo
nell’origine della replicazione, catalizzato dall'enzima DNA elicasi, subito dopo i filamenti
devono essere srotolati dalla topoisomerasi. Le proteine SSB si attaccano poi ai singoli
filamenti per tenerli stabilmente separati. In questo
modo si rende possibile l'effettiva sintesi del nuovo filamento.

I due filamenti della doppia elica si replicano con velocità e modi diversi
Le DNA polimerasi sono enzimi molto grandi, dalla forma che ricorda una mano
semiaperta: il palmo contiene il sito attivo dell'enzima e avvicina i nucleotidi
allo stampo, mentre le dita riconoscono la forma delle diverse basi nucleotidiche.
Tutte le DNA polimerasi sono capaci di allungare una catena polinucleotidica preesistente,
lavorano in una direzione sola , ma non riescono a iniziare dal nulla una nuova catena. Per
questo motivo hanno bisogno di un primer, ovvero una breve sequenza di RNA
sintetizzata dall'enzima RNA primasi, che al termine della replicazione viene rimossa e
sostituita dal DNA. L'allungamento del due filamenti procede in modo diverso:
● un filamento è detto veloce perché può allungarsi in maniera continua senza
interruzioni ed è quello complementare al filamento stampo, che ha un solo primer;
● l'altro filamento è lento perché procede in modo discontinuo e a ritroso su segmenti
relativamente piccoli di DNA, detti di Okazaki e ha più primer.
Nei filamenti lenti la DNA polimerasi non può catalizzare la sintesi dei frammenti di Okazaki
se non trova una punto di attacco sul filamento, quindi man mano che la doppia elica si
srotola, essa sintetizza i frammenti in direzione opposta al movimento della forcella (5’-3’).
Dopo l’utilizzo i primer vengono eliminati è sostituiti dal DNA reale, che viene legato insieme
dall’enzima DNA ligasi.

Il controllo della replicazione è attuato dalla selezione delle basi e dal proofreading
La replicazione del DNA avviene con un grado di precisione molto elevato grazie
alla presenza di diversi sistemi di controllo:
● PRIMO MECCANISMO: è la selezione delle basi poiché le DNA polimerasi formano
il legame fosfodiesterico tra due nucleotidi solo se questi sono già appaiati in modo
corretto ai loro nucleotidi complementari sul filamento stampo. La distinzione avviene
per i legami a idrogeno e alla geometria delle coppie di basi (A=T e G=C), poiché
solo le coppie di basi che presentano questa geometria riescono a entrare nel sito
attivo dell'enzima.
● SECONDO MECCANISMO: è il proofearing o correzione di bozze che si basa sulla
capacità della DNA polimerasi di controllare ogni nucleotide dopo che è stato
aggiunto; l’enzima rimuove quello sbagliato e incorpora al suo posto quello giusto.

Le mutazioni possono essere spontanee o indotte da agenti chimici e fisici


Il DNA infatti può essere danneggiato per cause spontanee o indotte, cioè determinate da
fattori ambientali. Si definiscono mutazioni i cambiamenti permanenti nella sequenza di basi
del DNA che possono essere trasmessi da una generazione cellulare all'altra.
Quelle spontanee insorgono in seguito a errori nel processo di replicazione, mentre quelle
indotte sono invece dovute ad agenti mutageni chimici o fisici. Alcuni esempi sono:
● l'acido nitroso (HNO), che converte la citosina in uracile;
● il benzopirene, che modifica chimicamente la guanina, impedendole di appaiarsi con
la citosina;
● i raggi X;
● i raggi ultravioletti.
Gli effetti delle mutazioni possono essere vari e in molti casi negativi; per questo nelle cellule
sono attivi diversi sistemi di riparazione che si affiancano a
meccanismi di controllo che agiscono durante la replicazione.

La riparazione avviene grazie al sistema mismatch repair e all'escissione


La riparazione degli errori di appaiamento avviene subito dopo che il DNA è stato replicato
grazie al sistema mismatch repair. Esso ha il compito di trovare gli appaiamenti scorretti
sfuggiti alla proofreading, identificare quale filamento è da riparare e infine sostituire il
nucleotide scorretto a opera della DNA polimerasi e della DNA ligasi. Il sistema deve poter
distinguere tra il filamento stampo (copia corretta) e quello neosintetizzato (copia sbagliata).
Le proteine del sistema di riparazione per escissione agiscono invece sulle
basi anomale spezzando i legami fosfodiesterici, poi la DNA polimerasi sintetizza il
frammento mancante che viene saldato dalla DNA ligasi.

La replicazione del DNA può avvenire anche in laboratorio grazie alla PCR
Nel 1986 Mullis, mise a punto una tecnica di laboratorio per replicare il DNA in
Questa tecnica è detta reazione a catena della polimerasi o PCR e necessita:
● un campione di DNA a filamento doppio;
● due primer di DNA sintetizzati in laboratorio;
● i quattro desossiribonucleosidi trifosfato: guanosina trifosfato (GTP), adenosina
trifostato (ATP), citidina trifosfato (CTP), timidina trifosfato (TTP);
● una DNA polimerasi in grado di resistere a temperature elevate senza denaturarsi;
● sali di magnesio.
È una reazione a catena di tre fasi cicliche:
● denaturazione, ovvero si riscalda la soluzione a circa 90 °C per separare i due
filamenti del DNA;
● rinaturazione, cioè si raffredda la soluzione in modo da permettere al primer di
appaiarsi alle sequenze complementari;
● allungamento, nella quale l'enzima DNA polimerasi aggiunge nucleotidi a un primer,
sintetizzando un nuovo filamento di DNA complementare alla sequenza compresa tra
i due primer.
Il ciclo si ripete con una nuova denaturazione e l'intera sequenza dura alcuni minuti e
ripetendosi il DNA si riproduce in modo esponenziale. La peculiarità di questa tecnica è
quella di poter partire da una piccola quantità di DNA e arrivare alla quantità desiderata in
poco tempo.

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