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Genetica Umana Prof.

ssa: Tiziana Vaisitti


Lezione 3 Sbobinatore: Sofia Scotto
14/12/2023 Revisore: Elisabetta Piola

LE MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI


Nel corso della lezione verranno affrontati alcuni esempi di malattie autosomiche dominanti,
approfondendo le loro principali caratteristiche, i geni alterati e i fenotipi con cui si presentano.
È la prima delle lezioni dedicate alle malattie di tipo mendeliano [le successive, a gennaio,
tratteranno delle malattie autosomiche recessive e legate ai cromosomi sessuali].
Questo gruppo di lezioni si distingue da quelle che affronteranno le malattie non mendeliane, cioè
che non seguono le leggi di Mendel e, quindi, nell’albero genealogico non si osserva una
segregazione particolare (in questa classe troviamo la grossa classe delle malattie mitocondriali).

I presupposti delle malattie autosomiche dominanti sono le leggi di Mendel:


• 1° legge o principio della segregazione: due alleli (la coppia genica) segregano l’uno dall’altro
con la formazione dei gameti. Questo significa che avremo una metà dei gameti che contiene
un allele e l’altra parte che contiene l’altro allele, fatto fondamentale per la creazione della
variabilità.
• 2° legge o legge dell’assortimento indipendente: i geni che controllano caratteri diversi si
distribuiscono in modo indipendente nel momento della formazione dei gameti.

Alcune definizioni utili per trattare questo argomento:


- Carattere autosomico: un elemento è codificato da un gene che mappa sugli autosomi.
- Carattere legato al sesso: un elemento è codificato da un gene che mappa sui cromosomi
sessuali (X, Y).
- Se in un determinato locus un solo allele è sufficiente a determinare il fenotipo, questo viene
definito carattere dominante. In questo caso, quindi, l’eterozigosi è sufficiente per avere il
fenotipo.
- Se per un determinato gene è necessario che entrambi gli alleli partecipino al fenotipo, si
tratta di un carattere recessivo. Per vedere il fenotipo, è cioè necessario uno stato di
omozigosi (in eterozigosi non si manifesta).
- Ci sono alcuni casi più complicati, come i caratteri codominanti: il fenotipo è distinto dai due
stati (dominante e recessivo) ed è determinato da entrambi i due alleli diversi [vedremo
nell’ultima lezione i geni HLA o MHC che ne sono un esempio classico: abbiamo alleli di
origine paterna e origine materna che coesistono, quindi partecipano entrambi al fenotipo].
- Si definisce dominanza incompleta il caso in cui l’eterozigote esprime un fenotipo
intermedio. Ci sono patologie determinate da un fenotipo che non è ben definito perché i
caratteri presentano dominanza incompleta.

Malattie monogeniche
Abbiamo visto che ci sono malattie determinate da più geni, poligeniche, e altre determinate da
alterazioni a livello di un singolo gene (in eterozigosi o in monozigosi), le monogeniche.
Ad oggi conosciamo circa 4500 geni associati a fenotipi di tipo monogenico, la caratteristica dei quali
è la manifestazione di patologie già in età pediatrica (alla nascita o addirittura in epoca prenatale).

Guardando l’albero genealogico si può notare


che sono presenti molti pallini/quadratini blu, in
tutte le generazioni. Quando c’è un
coinvolgimento di almeno un soggetto in tutte le
generazioni che presenta la malattia, l’albero fa
pensare ad una malattia dominante (c’è una
trasmissione verticale).
Questo albero racchiude tutte le caratteristiche
che una malattia (ereditarietà) di tipo
autosomico dominante.
Caratteristiche:
1. Un individuo affetto ha almeno un genitore che presenta la malattia. Tuttavia, sono
sempre presenti delle eccezioni: immaginiamo di avere davanti un probando, che presenta
la malattia autosomica dominante con fenotipo palese, ma i cui genitori non presentano la
malattia -> È una mutazione de novo, sorta con questo soggetto, e da questo momento
l’albero presenterà la malattia.
2. Non c’è una segregazione con il sesso: osservando l’albero vediamo soggetti malati
maschili e femminili in proporzioni simili, fattore che fa escludere che sia di carattere
sessuale -> autosomico.
3. Il figlio di un genitore affetto e uno no ha il 50% di probabilità di essere malato, dal
momento che la dominanza in eterozigosi porta un rischio di questo tipo.
4. Se ci sono individui sani, questi non possono trasmettere la malattia (riprende
l’eccezione del primo punto, nel caso di soggetti con mutazioni de novo).
5. C’è una trasmissione di tipo verticale: questo aiuta a distinguere le malattie dominanti
dalle recessive, dove si vedono salti di generazione perché ci sono portatori sani che non
manifestano la malattia dal momento che l’eterozigosi non è sufficiente.
6. È una malattia che si presenta dunque in tutte le generazioni.
Questi sono i sei elementi che aiutano a comprendere, di fronte ad una famiglia con il fenotipo
presentato, che la malattia è di tipo autosomico dominante (come ad un pedigree in sede di esame).

Ci sono diversi esempi di malattie di tipo autosomico dominante, tra cui acondroplasia, malattia di
Huntington e il rene policistico [che verranno affrontati successivamente nella lezione].
La polidattilia, per esempio, viene già diagnosticata durante la gravidanza: è facile vederla durante
le ecografie di routine perché è molto evidente guardando le mani. In alcuni casi è anche un
marcatore di malattie cromosomiche perché ci sono alterazioni che la accompagnano, quindi si tratta
di un campanello di allarme e un invito ad eseguire accertamenti.

ACONDROPLASIA
Nelle slide troviamo un codice (acondroplasia, MIM: 100800) relativo alle patologie: si riferisce ad
un database, OMIM, dove vengono raccolte tutte le malattie mendeliane con un proprio codice di
identificazione. Ci sono tutte le informazioni riguardo alle malattie, vengono indicati i singoli geni
coinvolti, la modalità di trasmissione, la frequenza e sezioni dedicati a fenotipo, segni clinici,
complicanze e informazioni utili per inquadrare la patologia.

È la principale causa di nanismo, con una frequenza relativamente bassa: è una


malattia rara che si manifesta ogni 15.000-30.000 individui.
Spesso è causata da mutazioni missenso (mutazioni che cambiano
l’amminoacido) ed è il classico esempio di malattia autosomica dominante.
È una malattia conosciuta da tempo: era già stata descritta dagli egizi, come si
può vedere nell’immagine.
Presenta un’alterazione nel bilancio dello sviluppo della cartilagine, in particolare
durante l’accrescimento delle ossa lunghe degli arti.
Nella maggior parte dei casi (90%) è a carattere sporadico, quindi è un primo esempio delle
eccezioni sopra nominate. Ci sono genitori che presentano un fenotipo normale con un figlio affetto
da questa patologia: avvengono delle mutazioni de novo nelle cellule della linea germinale dei
genitori. Essendo un evento casuale, la probabilità che avvenga ad altri figli della stessa coppia è la
stessa di quella della popolazione generale. Tuttavia, ciò fa pensare ad un mosaicismo: alcune
cellule germinali possono avere questa mutazione e quindi portare un rischio maggiore per la coppia,
seppur totalmente casuale. In questi casi, infatti, non si può dare una probabilità di rischio del 50%.
Per il restante 10% ha carattere dominante.

Il gene in cui troviamo le varianti che causano la patologia


è il recettore per il fattore di crescita dei fibroblasti di tipo 3
(FGFR3). Si tratta principalmente di mutazioni puntiformi:
c’è un cambio amminoacidico che altera la funzione del
recettore.
In questa malattia ci possono essere hot spot
mutazionali: tutti i soggetti con acondroplasia hanno una
mutazione missenso in uno specifico punto, il nucleotide in
posizione 1138.
Nel 98% dei casi c’è un cambio dal nucleotide originale G
ad A, con sostituzione di una glicina da parte di
un’arginina, mentre per il 2% viene sostituito con una C.
È piuttosto peculiare che venga colpito lo stesso nucleotide, perché spesso troviamo mutazioni che
si sono susseguite lungo il gene oppure delle zone di arricchimento di esoni.

Cosa succede? È un recettore tirosin-chinasico, che quando trova il


ligando inizia la cascata di fosforilazione.
È coinvolto nello sviluppo della cartilagine, con regolazione positiva e
negativa in base a segnali diversi che vengono controbilanciati. Questa
regolazione permette la crescita, il differenziamento e lo sviluppo.
Il problema si verifica quando il recettore presenta delle alterazioni
(Attenzione al recettore CNP, che controbilancia l’FGFR3 -> si è cercato
di targettarlo in ottica traslazionale per controbilanciare l’effetto della
mutazione).
Nell’acondroplasia, l’aminoacido che mappa nel dominio
transmembrana del recettore altera la funzionalità del FGR3: le due
varianti possibili causano un acquisto di funzione perché quando il
recettore risulta essere alterato funziona anche senza ligando.
Quando presenta il cambio glicina-arginina, porta avanti la cascata di
fosforilazione indipendentemente dalla presenza o meno del ligando.
Ciò si traduce in un mancato sviluppo armonico delle ossa lunghe, che
porta ad una mancata regolazione tra proliferazione e differenziamento.

È una malattia 100% di penetranza: se c’è la mutazione, c’è il


fenotipo univoco (100% espressività).
Si sviluppa già dalla nascita, con fenotipo caratterizzato da arti corti,
macrocefalia, alterazioni dello sviluppo del tronco e ipoplasia
facciale. Spesso soffrono di apnee notturne e otiti, perché le
alterazioni riguardano anche altri organi, come le vie respiratorie.
Si possono individuare dei fenotipi classici, tre cui una forma
peculiare delle mani, detta a tridente (visibile anche in radiografie).

Domanda e risposta: Il problema che comporta lo sviluppo della


malattia è che non c’è più un bilanciamento tra la proliferazione delle
cellule e il loro differenziamento. Si creano delle cellule che non
riescono a diventare altro, sostanzialmente morendo e impedendo
l’allungamento per differenziamento progressivo del gene.
Se uno dei genitori è affetto da acondroplasia il rischio è del 50%, ma se una coppia non ha la
malattia il rischio è uguale a quello della popolazione generale. In questo secondo caso, può esserci,
infatti, un mosaicismo della linea germinale: alcuni spermatozoi o ovuli hanno questa mutazione,
ma non tutti a differenza degli individui affetti.
Se entrambi i genitori hanno la malattia, il rischio è sempre del 50%, ma c’è un 25% di rischio di
omozigosi, che in questo caso risulta letale cioè non compatibile con la vita.
Dato che ci sono segni chiari di fenotipo, spesso viene già diagnosticata in epoca prenatale e, se un
genitore è affetto, si può effettuare un’indagine genetica prenatale.

Cosa si può fare a livello dei trattamenti?


Si devono trattare le complicanze associate (otiti, apnee notturne) e, poiché sono soggetti deboli a
livello degli arti, non possono svolgere determinate attività e spesso sono sottoposti a trattamento
con l’ormone della crescita o chirurgico.
Questa via di segnale è controbilanciata dal recettore NPR-B,
che va ad inibire la cascata di segnale e che perciò è stato
individuato come possibile target terapeutico.
L’idea è quella di somministrare un analogo del peptide che
attiva questa via che bilancia la cascata dell’FGFR3 per provare
a modulare la via di segnale in maniera esogena.
Un farmaco è in trial con bambini intorno ai 10 anni e, in quanto
non sembra avere effetti collaterali, in fasi più precoci di
sviluppo. Si pensa possa controllare questa cascata di segnale
e bilanciare proliferazione e differenziamento. I primi risultati
sono abbastanza buoni: non c’è una reversione completa del
fenotipo, ma si sono evidenziati dei processi di allungamento e
differenziamento delle ossa.

RENE POLICISTICO
Un secondo esempio di malattia autosomica dominante è il rene policistico.
Al contrario dell’acondroplasia, che si può osservare già in epoca prenatale, è tipicamente una
malattia dell’adulto. Ci sono delle forme di rene policistico recessive, più gravi e che si possono
manifestare già in età pediatrica. È la malattia cistica renale più frequente nella nostra popolazione.
È peculiare perché non ci sono distinzioni di etnia: osservando la frequenza in tutte le popolazioni
non si trovano differenze. Non è così rara, colpisce infatti 1 individuo su 400-1000, ed è leggermente
più prevalente nei maschi.

È caratterizzata dall’essere a progressione: si manifesta nell’adulto e man mano nel tempo il numero
di cisti aumenta fino ad arrivare ad una totale compromissione del rene, che necessita di trapianto.
In alcune situazioni, se il volume renale aumenta considerevolmente per cisti molto grandi e non c’è
disponibilità di trapianto, viene tolto il rene per evitare problemi a livello addominale.

Sono 2 i geni che possono causare questa patologia: PKD1 e PKD2. Si possono avere alterazioni
in uno dei due, che comportano a varianti diverse per cui ci sono due pagine diverse dell’OMIM:
https://www.omim.org/entry/173900?search=polycystic%20kidney&highlight=kidney%20polycystic
https://www.omim.org/entry/613095?search=polycystic%20kidney&highlight=kidney%20polycystic

Si iniziano a manifestare queste cisti in età adulta, tra i 45-50 anni.


La maggior parte dei casi sono causati da alterazioni di PKD1
(80% dei casi sottoposti a test genetico). Il restante è causato da
PKD2, ma manca una quota per arrivare al 100% perché c’è
anche una forma recessiva causata da un terzo gene della
famiglia, il PKHD1, che lavora in omozigosi, quindi entrambi gli
alleli devono essere alterati per avere il fenotipo.
Si sviluppano progressivamente queste cisti che compromettono
l’attività e il funzionamento del rene. Si verifica anche ipertensione,
che può esserci già anche in età pediatrica.
Nel caso di alterazioni di PKD1 possono essere presenti cisti anche a livello epatico, visibili
progressivamente durante le ecografie e che, nella maggioranza dei casi, portano a malattia renale
cronica e insufficienza renale (ESRD) già a 60 anni.

I geni PKD1 (gene molto lungo, 46 esoni, e complesso) e PKD2 codificano rispettivamente per la
policistina 1 e 2. Questi due recettori lavorano in maniera coordinata e formano degli eterodimeri,
che permettono la trasduzione del segnale e il passaggio degli ioni calcio.

Le mutazioni in questi geni sono abbastanza distribuite lungo gli esoni: nel caso di PKD1 ci sono
esoni in cui è più frequente trovare delle mutazioni, come gli esoni 15, 23, 46.
Cosa significa che troviamo più mutazioni in determinati esoni? Questi arricchimenti in determinati
esoni sono spiegabili perché gli esoni codificano per domini funzionali che, se alterati, danno un
fenotipo. Ci sono alcuni esoni che codificano per porzioni della proteina che non hanno un ruolo
critico e per cui possono non dare fenotipo.

Questa malattia è un esempio del concetto di espressività variabile (diversamente


dall’acondroplasia): ci sono soggetti con stessa variante, che presentano un fenotipo in maniera
diversa, ad esempio sviluppando la malattia più tardi, con una progressione delle cisti diversa (più
lenta o meno lenta), uno sviluppo dell’ipertensione differente e che magari non arrivano agli stadi
terminali della malattia. Questo complica le analisi: soggetti di una stessa famiglia con mutazione
uguale possono presentare fenotipo diverso.

Nei soggetti con varianti in PKD1 e PKD2, la sola


variante germinale non basta: il rene policistico è un
esempio di malattia causata da un secondo evento
mutazionale affinché si inneschi il meccanismo
patogenetico (in inglese si chiama “double hit”).
Sono soggetti che hanno ereditato un’alterazione
presente in tutte le cellule germinali e poi, per un
evento casuale, avviene una seconda alterazione
somatica (“second hit”) che riguarda le sole cellule
renali che, sommata alla prima, causa la
trasformazione. La cellula che ha ereditato la
mutazione inizia a proliferare di più rispetto alle altre
attorno, creando poi dell cisti che accumulano
liquido.
Il rene policistico è quindi una malattia che viene racchiusa nella classe delle autosomiche dominanti,
ma che presenta espressività variabile e che necessita una seconda mutazione somatica per lo
sviluppo della malattia (Il concetto di second hit verrà ritrovato nella parte di genetica dei tumori: una
teoria sostiene che una mutazione può non bastare, ma viene ereditato un primolite mutato poi ad
un secondolite di origine somatica che innesca poi la trasformazione. Si dice infatti che il rene
policistico si sviluppa in modalità tipica tumorale.).

La presenza di hot spot mutazionali è


importante perché ci sono regioni a
livello della policistina 1 e della
policistina 2 maggiormente implicate e,
quindi, domini maggiormente sensibili:
il dominio delle ripetizioni PKD è
codificato dall’esone 15, in cui troviamo
maggiormente delle varianti, oppure
dall’esone 46, che codifica per una
purina che media l’interazione con
PC2.
Se ci sono varianti a livello di questo
dominio la policistina 1 non è più in
grado di interagire con la policistina 2 e
il canale del calcio non funziona più.

Vediamo la rappresentazione di PKD1: in


rosso ci sono le alterazioni patogeniche,
con una quota significativa di varianti
frameshift (slittamento della cornice di
lettura), nonsenso (codoni di stop
prematuri) e alterazioni di splicing (nella
parte non codificante, nei nucleotidi
prima e dopo gli esoni). Ci sono spesso
inserzioni e delezioni, che sono anche
molto grandi. È un esempio di gene in cui
si trovano alterazioni di tipo diverso.
In verde ci sono le varianti che si trovano
ma con carattere benigno, che non
causano la malattia.

Come troviamo queste varianti?


L’altra volta abbiamo parlato di NGS
(sequenziamento di nuova
generazione). Questo è molto utilizzato
per fare test genici.
Quando si esegue un sequenziamento,
si prende un DNA genomico, lo si
frammenta e amplifica, per poi
sequenziarlo. Questa fase richiede
alcuni giorni di lavoro: il solo
sequenziamento richiede un tempo
macchina di circa 2 giorni (ormai si
analizzano solo alcuni geni specifici per
le malattie, escluse quelle
oncologiche). Per le malattie
monogeniche spesso si fa l’analisi
dell’esoma: si catturano e sequenziano
tutti gli esoni.
Le tappe del NGS:
1. Normalmente c’è una settimana di preparazione e sequenziamento, in seguito
bisogna analizzare le sequenze randomiche di DNA, sottoponendoli ad un
processo di allineamento. Ci sono dei sistemi informatici che presentano un
genoma di riferimento e permettono di allineare i pezzetti con questo, la
cosiddetta mappatura del DNA.
2. Bisogna poi identificare le alterazioni in base al genoma di riferimento: questa
fase prende il nome di chiamata varianti. Attraverso sistemi informatici si
trovano tutte le differenze tra varianti.
3. Bisogna poi filtrare queste varianti: togliere i polimorfismi e tutte quelle che non
hanno significato funzionale, per restringere il campo alle varianti patogeniche
che possono/devono giustificare il fenotipo.
4. Di varianti patogenetiche se ne trovano tante, a noi interessano quelle che
giustificano il fenotipo. C’è quindi un ulteriore passaggio, di ranking, in cui viene
eseguita una prioritizzazione delle varianti, con al primo posto quelle che sono
nei geni che giustificano il fenotipo. Nel caso del rene policistico in cima
troveremo PKD1 e PKD2.

Di tutto il nostro genoma abbiamo dei frammenti, le macchine hanno dei riferimenti: questi pezzetti
in termini tecnici sono indicati come letture (reads). La macchina legge le sequenze e man mano le
mappa. Altri sistemi informatici, invece, permettono di mappare e identificare le varianti dopo averle
allineate.
Se la macchina trova una cosa diversa dal genoma di riferimento lo segnala: il resto, se ha
corrispondenza perfetta con il genoma di riferimento, è tutto grigio. C’è un codice colore per
identificare le varianti diverse: le 4 basi hanno un colore ciascuna, la A verde, la T rossa, la C blu e
la G gialla.
Istogramma
Esempio: Possiamo vedere nell’immagine che una C, normalmente blu, è stata
sostituita con una T, rossa. Inoltre, l’altezza dell’istogramma dice anche quanto è
frequente il cambio nucleotidico: su queste 10 letture, per 3 volte la macchina ha
letto un cambio, cioè ha letto una G al posto di una C. 3 su 10 non è 0,5, ma si
avvicina a 0,5, ciò significa che si tratta di un’eterozigosi. Quindi, 3-4-5 su 10 o
una frequenza vicino allo 0,5 indica una variante in eterozigosi.
Se la colonna fosse stata tutta rossa, allora avrebbe indicato una variante in
omozigosi in cui al posto della C è sempre stata letta una T.

Bisogna poi capire cosa fanno queste varianti: ci sono tutta una serie di database che dicono cosa
fanno queste varianti, quanto sono frequenti, se sono rare… quindi se sono da includere o meno,
cioè si eseguono valutazioni e poi classificazioni.
(Dalle slides, i database sono: ClinVar, OMIM, GnomAD, HGMD, COSMIC, dbSNP, ExAC per la
frequenza nella popolazione e Varsome.)

Quando prioritizziamo le varianti guardiamo se sono patogeniche o verosimilmente patogeniche.


Spesso c’è una categoria di varianti di significato incerto (VUS) che non possono essere escluse,
ma non sono nemmeno sicure cause del fenotipo. Sono quelle che, quando presenti in eterozigosi,
dobbiamo comunque riportare nel referto genetico.
Nel caso di varianti recessive in eterozigosi non
vengono riportate, perché non hanno significato.
Quindi si cercano le varianti e si includono nel referto
finale quelle che possono giustificare il fenotipo.
Davanti ad un referto genetico troveremo indicato cosa
è stato trovato, il tipo di variante e la classificazione
della variante: C4 verosimilmente patogenica, C5
patogenica, C3 VUS.
Esempio: soggetto di 39 anni, femmina, alla quale durante la gravidanza hanno riscontrato cisti renali
multiple bilaterali (di solito il rene policistico è monolaterale, perché la probabilità che avvenga un
double hit in due cellule diverse su due reni è bassa, ma avviene).
Non presentava cisti epatiche, viene studiata la famiglia e apparentemente non ci sono casi.
Si fa un test genetico (un’analisi di PKD1 e PKD2) e si trova una variante missenso, che causa il
cambio dell’aminoacido, che viene classificata come variante C4 quindi verosimilmente patogenica.
Per il rene policistico c’è un database, dato che è una malattia diffusa, diffuso dalla Mayo Clinic, che
raccoglie e classifica tutte le varianti trovate per il rene policistico.

Perché è importante il test genetico per il rene policistico?


Perché c’è una terapia che non cura, ma allevia gli effetti collaterali. La somministrazione del
farmaco, TOLVAPTAN, può avvenire solo in seguito a conferma genetica.
Quindi molto spesso i soggetti al di sotto dei 51 anni, vengono inviati per eseguire un test genetico
per avere la conferma e quindi poter avviare la terapia (farmaco mutuabile in Italia se c’è evidenza
di malattia).

Altro caso: paziente maschio di 50 anni, già in insufficienza renale bilaterale cronica, con presenza
di cisti epatiche riscontrate in età giovane. La famiglia presentava una storia di cisti renali, anche
madre e fratello, perciò viene effettuato il test genetico
e risulta una delezione di due nucleotidi sul gene
PKD2, che causava uno slittamento della cornice di
lettura.
Osservando la proteina, c’è un cambio a livello 273
di una leucina con una valina e uno fs, frameshift
ovvero slittamento della cornice di lettura a partire da
questo punto, che crea un codone di stop prematuro
29 aminoacidi dopo (Ter sta per terminazione).
Anche in questo caso il test genetico è stato chiesto
per iniziare la terapia con il farmaco.

1. MALATTIE DOMINANTI DA ECCESSO DI FUNZIONE


Ci sono delle malattie autosomiche dominanti che, dal punto di vista funzionale, sono caratterizzate
da un eccesso di funzioni.
Ci sono varianti a livello del DNA che inducono la formazione di proteine con funzione o espressione
alterata (ci può essere una sovraespressione o un’espressione non regolamentata). Ci sono dei geni
espressi in determinati tessuti e non in altri perché le cellule hanno funzioni diverse, quindi questi
sono regolati molto finemente in maniera tessuto-specifica o tempo-specifica.
Questo eccesso di funzione, causata da determinate varianti, fa perdere la regolazione tessuto-
specifica o tempo-specifica.
➢ Malattia di Charcot-Marie-Tooth
È un esempio di malattia da eccesso di funzione. È
una patologia neurologica, genetica ed ereditaria.
Rientra tra le malattie rare, con una frequenza molto
bassa nella popolazione, ma tra i disordini neurologici
una delle più comuni. Nella popolazione caucasica ha
frequenza di 1/2500.
Avviene la perdita di funzione di controllo dei nervi e
quindi del movimento, tra cui quello degli arti.
Deriva da una grossa duplicazione: avviene una
ricombinazione non corretta tra i cromosomi, per cui il gene PMP22, che codifica per la proteina
della mielina periferica, è presente in 3 copie intere che porteranno ad una produzione maggiore di
proteina.
È il classico esempio di espressione non corretta, perché di per sé la proteina non presenta delle
varianti, è assolutamente funzionale, ma il problema è che ce n’è troppa.
2. MALATTIA DOMINANTI DA APLOINSUFFICIENZA
Ci sono malattie dominanti da aploinsufficienza: presentano una riduzione di circa il 50% della
copia del gene, che porta ad avere meno proteina del necessario, con conseguenti effetti dannosi.
➢ Ipercolesterolemia
È un esempio di malattia da aploinsufficienza.
È una malattia caratterizzata dalla presenza di livelli molto alti di colesterolo.
È causata da alterazioni del recettore delle lipoproteine a bassa densità (LDL),
che portano il recettore ad essere meno presente. Ad esempio, invece di avere
100 copie ne avrò 50 e quindi legherò meno colesterolo. Non sono in grado cioè
di fare una pulizia del colesterolo in maniera efficiente: ci sarà dunque una quota
di colesterolo che continua a rimanere circolante, che avrà il suo impatto sul
sistema cardio-vascolare.
È una malattia familiare, autosomica dominante, quindi studiando gli alberi
genealogici si può notare come ci siano più soggetti in ogni generazione che
presentano un fenotipo con elevati livelli di lipoproteine.
Sono soggetti che spesso sviluppano malattie coronariche precocemente,
causate proprio dai livelli elevati di colesterolo che hanno un effetto a livello
cardiaco.
In eterozigosi c’è una malattia che si manifesta in età precoce e, in caso di soggetti in omozigosi,
già in età pediatrica, quindi con elevato rischio di malattie cardiache fin da bambini.
Questa malattia ha come fenotipo ipercolesterolemia e complicazioni legate all’aterosclerosi,
formazione di xantomi e problemi a livello cardiaco, quindi angine.
Ci sono 3 geni che possono essere alterati e che causano questo
fenotipo: il recettore proprio delle proteine (LDLR), in alcuni casi le
varianti si possono trovare nel gene ApoB (che interagisce con
LDLR) e infine nel gene che normalmente è coinvolto
nell’omeostasi del colesterolo (PCSK9).
Nella maggior parte dei casi le varianti si trovano nel primo
recettore, LDRL, con un fenotipo autosomico dominante di
ipercolesterolemia.
Questi 3 geni causano un diverso riciclo con meccanismi diversi
perché a volte è implicata la capacità di legame del colesterolo,
altre volte l’internalizzazione (a seconda di dove mappano le
varianti magari il recettore è in grado di legare, ma non di
internalizzare). Il risultato in ogni caso non cambia, dal momento
che il colesterolo rimane alto in circolo.
È quindi importante capire dove mappano per comprendere il meccanismo della malattia.
Nell’LDLR in particolare ci sono varianti di diverso tipo: anche in questo caso si possono avere delle
delezioni, spesso ci sono mutazioni missenso e nonsenso… A seconda di dove mappano le varianti
cambia l’effetto: si possono avere un legame alterato con conseguente alterato trasporto, piuttosto
che ricircolo o terminazione.
La differenza tra i soggetti è data, oltre che a livello genetico (con una malattia dominante,
l’eterozigosi è sufficiente, ci sono varianti anche in omozigosi per cui cambiano l’effetto e la capacità
di internalizzare ed eliminare il colesterolo), anche a livello ambientale: ci sono soggetti altamente a
rischio (più elevato della popolazione generale), che è importante che cambino comportamenti
perché possono variare la prognosi della malattia (devono essere controllati dal punto di vista della
dieta e di tutta una serie di complicazioni).
L’ipercolesterolemia familiare, se non viene trattata in soggetti che presentano mutazioni in
omozigosi, può essere letale anche in età giovanile.
I trattamenti si basano su controllo della dieta e si usano delle statine che vanno a controllare i livelli
di colesterolo.

3. MALATTIE DA VARIANTI DOMINANTI NEGATIVE


È un’ulteriore categoria di malattia autosomiche dominanti, caratterizzata da varianti che risultano in
una proteina non funzionale e che va ad alterare e interferire con altre vie di segnale, quindi con
altre proteine che svolgono la loro funzione.
➢ Osteogenesi imperfetta
È un esempio di malattia da variante dominante negativa.
In questa malattia, la proteina multimerica detta collagene di tipo 1 è
solitamente formata da 3 polipeptidi.
Vediamo un esempio: un neonato presenta una testa più grande del
normale, sclere e una serie di fratture ossee (fenotipo tipico).
Sono soggetti che normalmente in pediatria vanno monitorati, perché
ad una prima analisi, quando si osservano fratture, bisogna escludere
cause non genetiche. Viene richiesta un’analisi genetica.
Si raccogli dalla storia familiare e, in questo caso, si scopre che ci sono
dei fenotipi diversi in famiglia, come fragilità ossee, sordità associata a
fratture, sordità cin sclere blu... C’è un’eterogeneità (espressività
variabile come abbiamo visto prima) e, se non si hanno altre idee, si
consulta il database, che sulla base dei sospetti formula un’ipotesi di
diagnosi (in questo caso, osteogenesi imperfetta).
È codificata dai geni che codificano per il collagene COL1 e COL2.
È molto eterogenea, l’albero con fenotipi diversi in famiglia è normale
per questo tipo di malattia.
Ci sono delle classificazioni diverse in base al fenotipo riscontrato: in alcuni casi le fratture sono
presenti già dalla nascita, in altri casi non ci sono oppure ci sono forme meno gravi di altre, con un
fenotipo quasi normale e una fragilità ossea molto meno marcata. Si passa da un estremo di malattia
già fatale in epoca prenatale o perinatale ad un fenotipo quasi normale.
La professoressa non si sofferma sulle classificazioni, ma indica di leggerle dalla slide seguente:

Ci sono 3 catene polipeptidiche, che s associano tra di loro e vanno a costituire il collagene di tipo 1
in maniera corretta.
L’effetto dominante negativo significa che ci sono varianti in una di queste catene che “danno
fastidio” alle altre due catene. Questo multimero non si forma in maniera corretta perché una delle
catene ha conformazione alterata e ciò comporta una perdita di funzionalità (ha bisogno di essere
perfetta per funzionare). Il collagene di tipo 1 non funziona più, nonostante le altre due siano perfette.
Spesso queste alterazioni di struttura rendono la proteina instabile, motivo per il quale viene
degradata, con una conseguente mancanza di funzionalità.
Le varianti importanti avvengono spesso nelle catene gialle (indicate nell’immagine sotto) e sono
sostituzioni: sono catene ricche di glicine, che vengono sostituite con amminoacidi che interferiscono
con la struttura e non le permettono di organizzarsi correttamente.
Ci sono 3 concetti importanti da tenere a mente quando si parla di malattie autosomiche dominanti
e mendeliane:
• Penetranza: È la proporzione di persone con un determinato fenotipo sulla base del loro
genotipo. Come nell’acondroplasia, c’è una mutazione e c’è esattamente quel fenotipo: tutti
i soggetti con quella mutazione hanno esattamente quel fenotipo. In questo caso si parla di
penetranza completa. Ci sono invece delle malattie che a parità di genotipo non manifestano
quel fenotipo: si parla di penetranza incompleta. È un elemento confondente nel momento in
cui si vanno a studiare gli alberi genealogici: ci sono soggetti che hanno la variante, ma non
manifestano il fenotipo, per cui nella storia familiare i pazienti affermano di non avere altri
casi in famiglia.
• Espressività: Stesso genotipo, quadro clinico differente. Nel caso del rene policistico, se si
studia la famiglia si nota che la variante è la stessa, che si passa di generazione in
generazione, ma ci possono essere delle differenze. In alcuni casi sono differenze poco
marcate, in altri molto.
• Pleiotropia: Uno stesso gene con alterazioni, non necessariamente le stesse, con fenotipo
molto diverso. Come detto all’inizio, su 4500 geni circa conosciuti, ci sono 6000 fenotipi
diversi. Questo significa che ci sono dei geni che causano fenotipi molto diversi fra loro.

Un elemento importante nei cambiamenti di trasmissione è il fenomeno di anticipazione, associato


a malattie causate da mutazioni dinamiche.
Il concetto di dinamismo fa capire che esistono malattie causate da quella che in genetica viene
definita un’espansione di ripetizioni di triplette nucleotidiche.
Ci sono dei geni che presentano triplette di nucleotidi ripetute un determinato numero di volte
(spesso arginine): questo numero di ripetizioni, spesso 25-30, codifica per arginine che sono
fisiologiche e funzionali alla proteina.
A volte aumentano di numero, sono dinamiche: da una generazione a quella successiva aumenta il
numero di triplette. Se 30 è il numero fisiologico, quando inizia a diventare 33, 35, 39,40, ecc. non
lo è più.
Spesso queste malattie da mutazioni dinamiche si associano ad un fenomeno di anticipazione: se
guardiamo l’albero genealogico è importante scrivere sull’albero o l’età della diagnosi o l’età della
comparsa dei sintomi perché nelle generazioni successive si anticipa l’età della manifestazione dei
sintomi.
Con il passare delle generazioni la malattia si manifesta prima e spesso si associa anche ad un
fenotipo sempre più grave.

Esempi di queste malattie sono la malattia di


Huntington, la distrofia muscolare miotonica e
la sindrome da X fragile.
Nella lezione di oggi affronteremo la malattia
di Huntington, o Corea di Huntington (corea
perché è caratterizzata da movimenti
involontari che descrivono la malattia).
Nell’albero genealogico, ad esempio, ci sono
soggetti affetti in tutte le generazioni (pattern
verticale dominante) e sono indicate le età in
cui è stata fatta la diagnosi.
Sono riportati anche dei numeri vicino ai
soggetti, che si riferiscono al numero di
triplette (32 è il numero fisiologico): ad
esempio 28/30, il primo allele è normale e il
secondo allele presenza espansioni.

MALATTIA DI HUNTINGTON
È stata descritta e studiata dalla dottoressa Wexler che ha riportato la presenza di questa malattia
in maniera frequente in una popolazione chiusa.
Ha visto che alcuni soggetti avevano movimenti incontrollati (all’inizio si pensava fossero ubriachi).
È stato raccolto il sangue di questi soggetti e si è visto che, essendo una comunità chiusa c’era stato
un effetto fondatore, con un passaggio delle mutazioni. Sono poi stati notati proprio questi effetti di
anticipazione e di espansione di triplette.

Questi soggetti hanno movimenti involontari spesso associati a disturbi psichiatrici e cognitivi.
È una malattia neurodegenerativa, quindi progressiva, con una frequenza molto bassa in Europa e
ancora più bassa in Giappone (a differenza dell’acondroplasia che non presenta differenze nelle
diverse popolazioni).
A livello cerebrale c’è una degenerazione dei gangli basali
(immagine cerebrale); la proteina implicata è la Huntingtina,
che presenta tante ripetizioni di glutammine (CAG). Il numero
corretto è fino a 35-36: in questi soggetti, le ripetizioni
aumentano di numero, portando a degenerazione neuronale.
Ci sono soglie che distinguono un fenotipo
normale da un intermedio e, appena
aumentano, si arriva ad un effetto fenotipico.
Se l’aumento è relativamente contenuto ci può
essere penetranza ridotta, mentre si arriva a
una penetranza completa quando si è a 40
ripetizioni.
In una piccola parte di casi può essere una
mutazione de novo (nessun famigliare affetto),
nella maggior parte dei si ha una premutazione
ereditata: una progressiva espansione nelle
generazioni, con anticipazione dell’età.
A seconda del numero di ripetizioni che si identificano, progressivamente c’è un’anticipazione
dell’età di malattia.
La diagnosi è genetica, perché si va a valutare il numero di triplette con una conta delle triplette
presenti. È una di quelle malattie che non hanno trattamenti risolutivi, per cui vengono adottate
alcune terapie di supporto che trattano solo alcuni dei fenotipi.

Al giorno d’oggi ci sono dei test


genetici di lettura del DNA oppure di
visualizzazione di microdelezioni e
microduplicazioni, quindi è molto facile
fare diagnosi.
Storicamente queste malattie sono
state studiate con un sistema di
clonaggio posizionale: alcuni
polimorfismi fungono da “bandierine”
che si trovano nel nostro DNA per cui
sono stati utilizzati come marcatori
genetici.
Il clonaggio posizionale sfruttava la
vicinanza di marcatori sulla base della
ricombinazione. Più sono distanti due porzioni, più facilmente ricombinano fra di loro, più sono vicinie
più è probabile che vengano ereditate insieme. Questo sistema prende il nome di linkage
disequilibrium: due alleli che mappano in loci vicini fra di loro sul cromosoma, vengono ereditati molto
più probabilmente insieme rispetto a due loci distanti fra loro.
Si dice che gli alleli sono in linkage disequilibrium quando vengono ereditati insieme, quindi sono
posizionati vicini.

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