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Malattie monogeniche
Abbiamo visto che ci sono malattie determinate da più geni, poligeniche, e altre determinate da
alterazioni a livello di un singolo gene (in eterozigosi o in monozigosi), le monogeniche.
Ad oggi conosciamo circa 4500 geni associati a fenotipi di tipo monogenico, la caratteristica dei quali
è la manifestazione di patologie già in età pediatrica (alla nascita o addirittura in epoca prenatale).
Ci sono diversi esempi di malattie di tipo autosomico dominante, tra cui acondroplasia, malattia di
Huntington e il rene policistico [che verranno affrontati successivamente nella lezione].
La polidattilia, per esempio, viene già diagnosticata durante la gravidanza: è facile vederla durante
le ecografie di routine perché è molto evidente guardando le mani. In alcuni casi è anche un
marcatore di malattie cromosomiche perché ci sono alterazioni che la accompagnano, quindi si tratta
di un campanello di allarme e un invito ad eseguire accertamenti.
ACONDROPLASIA
Nelle slide troviamo un codice (acondroplasia, MIM: 100800) relativo alle patologie: si riferisce ad
un database, OMIM, dove vengono raccolte tutte le malattie mendeliane con un proprio codice di
identificazione. Ci sono tutte le informazioni riguardo alle malattie, vengono indicati i singoli geni
coinvolti, la modalità di trasmissione, la frequenza e sezioni dedicati a fenotipo, segni clinici,
complicanze e informazioni utili per inquadrare la patologia.
RENE POLICISTICO
Un secondo esempio di malattia autosomica dominante è il rene policistico.
Al contrario dell’acondroplasia, che si può osservare già in epoca prenatale, è tipicamente una
malattia dell’adulto. Ci sono delle forme di rene policistico recessive, più gravi e che si possono
manifestare già in età pediatrica. È la malattia cistica renale più frequente nella nostra popolazione.
È peculiare perché non ci sono distinzioni di etnia: osservando la frequenza in tutte le popolazioni
non si trovano differenze. Non è così rara, colpisce infatti 1 individuo su 400-1000, ed è leggermente
più prevalente nei maschi.
È caratterizzata dall’essere a progressione: si manifesta nell’adulto e man mano nel tempo il numero
di cisti aumenta fino ad arrivare ad una totale compromissione del rene, che necessita di trapianto.
In alcune situazioni, se il volume renale aumenta considerevolmente per cisti molto grandi e non c’è
disponibilità di trapianto, viene tolto il rene per evitare problemi a livello addominale.
Sono 2 i geni che possono causare questa patologia: PKD1 e PKD2. Si possono avere alterazioni
in uno dei due, che comportano a varianti diverse per cui ci sono due pagine diverse dell’OMIM:
https://www.omim.org/entry/173900?search=polycystic%20kidney&highlight=kidney%20polycystic
https://www.omim.org/entry/613095?search=polycystic%20kidney&highlight=kidney%20polycystic
I geni PKD1 (gene molto lungo, 46 esoni, e complesso) e PKD2 codificano rispettivamente per la
policistina 1 e 2. Questi due recettori lavorano in maniera coordinata e formano degli eterodimeri,
che permettono la trasduzione del segnale e il passaggio degli ioni calcio.
Le mutazioni in questi geni sono abbastanza distribuite lungo gli esoni: nel caso di PKD1 ci sono
esoni in cui è più frequente trovare delle mutazioni, come gli esoni 15, 23, 46.
Cosa significa che troviamo più mutazioni in determinati esoni? Questi arricchimenti in determinati
esoni sono spiegabili perché gli esoni codificano per domini funzionali che, se alterati, danno un
fenotipo. Ci sono alcuni esoni che codificano per porzioni della proteina che non hanno un ruolo
critico e per cui possono non dare fenotipo.
Di tutto il nostro genoma abbiamo dei frammenti, le macchine hanno dei riferimenti: questi pezzetti
in termini tecnici sono indicati come letture (reads). La macchina legge le sequenze e man mano le
mappa. Altri sistemi informatici, invece, permettono di mappare e identificare le varianti dopo averle
allineate.
Se la macchina trova una cosa diversa dal genoma di riferimento lo segnala: il resto, se ha
corrispondenza perfetta con il genoma di riferimento, è tutto grigio. C’è un codice colore per
identificare le varianti diverse: le 4 basi hanno un colore ciascuna, la A verde, la T rossa, la C blu e
la G gialla.
Istogramma
Esempio: Possiamo vedere nell’immagine che una C, normalmente blu, è stata
sostituita con una T, rossa. Inoltre, l’altezza dell’istogramma dice anche quanto è
frequente il cambio nucleotidico: su queste 10 letture, per 3 volte la macchina ha
letto un cambio, cioè ha letto una G al posto di una C. 3 su 10 non è 0,5, ma si
avvicina a 0,5, ciò significa che si tratta di un’eterozigosi. Quindi, 3-4-5 su 10 o
una frequenza vicino allo 0,5 indica una variante in eterozigosi.
Se la colonna fosse stata tutta rossa, allora avrebbe indicato una variante in
omozigosi in cui al posto della C è sempre stata letta una T.
Bisogna poi capire cosa fanno queste varianti: ci sono tutta una serie di database che dicono cosa
fanno queste varianti, quanto sono frequenti, se sono rare… quindi se sono da includere o meno,
cioè si eseguono valutazioni e poi classificazioni.
(Dalle slides, i database sono: ClinVar, OMIM, GnomAD, HGMD, COSMIC, dbSNP, ExAC per la
frequenza nella popolazione e Varsome.)
Altro caso: paziente maschio di 50 anni, già in insufficienza renale bilaterale cronica, con presenza
di cisti epatiche riscontrate in età giovane. La famiglia presentava una storia di cisti renali, anche
madre e fratello, perciò viene effettuato il test genetico
e risulta una delezione di due nucleotidi sul gene
PKD2, che causava uno slittamento della cornice di
lettura.
Osservando la proteina, c’è un cambio a livello 273
di una leucina con una valina e uno fs, frameshift
ovvero slittamento della cornice di lettura a partire da
questo punto, che crea un codone di stop prematuro
29 aminoacidi dopo (Ter sta per terminazione).
Anche in questo caso il test genetico è stato chiesto
per iniziare la terapia con il farmaco.
Ci sono 3 catene polipeptidiche, che s associano tra di loro e vanno a costituire il collagene di tipo 1
in maniera corretta.
L’effetto dominante negativo significa che ci sono varianti in una di queste catene che “danno
fastidio” alle altre due catene. Questo multimero non si forma in maniera corretta perché una delle
catene ha conformazione alterata e ciò comporta una perdita di funzionalità (ha bisogno di essere
perfetta per funzionare). Il collagene di tipo 1 non funziona più, nonostante le altre due siano perfette.
Spesso queste alterazioni di struttura rendono la proteina instabile, motivo per il quale viene
degradata, con una conseguente mancanza di funzionalità.
Le varianti importanti avvengono spesso nelle catene gialle (indicate nell’immagine sotto) e sono
sostituzioni: sono catene ricche di glicine, che vengono sostituite con amminoacidi che interferiscono
con la struttura e non le permettono di organizzarsi correttamente.
Ci sono 3 concetti importanti da tenere a mente quando si parla di malattie autosomiche dominanti
e mendeliane:
• Penetranza: È la proporzione di persone con un determinato fenotipo sulla base del loro
genotipo. Come nell’acondroplasia, c’è una mutazione e c’è esattamente quel fenotipo: tutti
i soggetti con quella mutazione hanno esattamente quel fenotipo. In questo caso si parla di
penetranza completa. Ci sono invece delle malattie che a parità di genotipo non manifestano
quel fenotipo: si parla di penetranza incompleta. È un elemento confondente nel momento in
cui si vanno a studiare gli alberi genealogici: ci sono soggetti che hanno la variante, ma non
manifestano il fenotipo, per cui nella storia familiare i pazienti affermano di non avere altri
casi in famiglia.
• Espressività: Stesso genotipo, quadro clinico differente. Nel caso del rene policistico, se si
studia la famiglia si nota che la variante è la stessa, che si passa di generazione in
generazione, ma ci possono essere delle differenze. In alcuni casi sono differenze poco
marcate, in altri molto.
• Pleiotropia: Uno stesso gene con alterazioni, non necessariamente le stesse, con fenotipo
molto diverso. Come detto all’inizio, su 4500 geni circa conosciuti, ci sono 6000 fenotipi
diversi. Questo significa che ci sono dei geni che causano fenotipi molto diversi fra loro.
MALATTIA DI HUNTINGTON
È stata descritta e studiata dalla dottoressa Wexler che ha riportato la presenza di questa malattia
in maniera frequente in una popolazione chiusa.
Ha visto che alcuni soggetti avevano movimenti incontrollati (all’inizio si pensava fossero ubriachi).
È stato raccolto il sangue di questi soggetti e si è visto che, essendo una comunità chiusa c’era stato
un effetto fondatore, con un passaggio delle mutazioni. Sono poi stati notati proprio questi effetti di
anticipazione e di espansione di triplette.
Questi soggetti hanno movimenti involontari spesso associati a disturbi psichiatrici e cognitivi.
È una malattia neurodegenerativa, quindi progressiva, con una frequenza molto bassa in Europa e
ancora più bassa in Giappone (a differenza dell’acondroplasia che non presenta differenze nelle
diverse popolazioni).
A livello cerebrale c’è una degenerazione dei gangli basali
(immagine cerebrale); la proteina implicata è la Huntingtina,
che presenta tante ripetizioni di glutammine (CAG). Il numero
corretto è fino a 35-36: in questi soggetti, le ripetizioni
aumentano di numero, portando a degenerazione neuronale.
Ci sono soglie che distinguono un fenotipo
normale da un intermedio e, appena
aumentano, si arriva ad un effetto fenotipico.
Se l’aumento è relativamente contenuto ci può
essere penetranza ridotta, mentre si arriva a
una penetranza completa quando si è a 40
ripetizioni.
In una piccola parte di casi può essere una
mutazione de novo (nessun famigliare affetto),
nella maggior parte dei si ha una premutazione
ereditata: una progressiva espansione nelle
generazioni, con anticipazione dell’età.
A seconda del numero di ripetizioni che si identificano, progressivamente c’è un’anticipazione
dell’età di malattia.
La diagnosi è genetica, perché si va a valutare il numero di triplette con una conta delle triplette
presenti. È una di quelle malattie che non hanno trattamenti risolutivi, per cui vengono adottate
alcune terapie di supporto che trattano solo alcuni dei fenotipi.