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24/2/2020 Aterosclerosi - Disturbi dell'apparato cardiovascolare - Manuali MSD Edizione Professionisti

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Aterosclerosi
Di George Thanassoulis , MD, MSc, McGill University;
Mehdi Afshar , MD, University of Toronto
Last full review/revision March 2017 by George Thanassoulis, MD, MSc; Mehdi Afshar, MD

L'aterosclerosi è caratterizzata dalla presenza di placche intimali disomogenee (ateromi) che invadono il lume delle
arterie di medio e grosso calibro; le placche contengono lipidi, cellule infiammatorie, cellule muscolari lisce e tessuto
connettivo. I fattori di rischio comprendono dislipidemia, diabete, fumo di sigaretta, anamnesi familiare, vita
sedentaria, obesità e ipertensione. I sintomi compaiono quando la crescita o la rottura della placca ostruisce o riduce il
flusso ematico; i sintomi variano in base all'arteria interessata. La diagnosi è clinica e viene confermata mediante
angiografia, ecografia o altre diagnostiche di imaging. Il trattamento si basa sulla modificazione dello stile di vita e della
dieta e dei fattori di rischio, sull'attività fisica e sull'utilizzo di farmaci antiaggreganti e sostanze antiaterogene.

(Vedi anche Arteriosclerosi non ateromatosa.)


L'aterosclerosi è la forma più comune di arteriosclerosi, che è un termine generico utilizzato per numerose patologie che provocano
l'ispessimento e la perdita di elasticità della parete arteriosa. L'aterosclerosi è anche la forma più grave e clinicamente rilevante di
aterosclerosi poiché responsabile delle patologie coronarica e cerebrovascolare. Le forme non ateromatose dell'arteriosclerosi
comprendono l'arteriolosclerosi e l'arteriosclerosi di Mönckeberg.

Placca aterosclerotica

BSIP VEM/SCIENCE PHOTO LIBRARY

L'aterosclerosi può interessare tutte le arterie di grosso e medio calibro, incluse le arterie coronarie, carotidi e cerebrali; l'aorta; le sue
branchie; e le arterie maggiori delle estremità. Rappresenta la principale causa di morbilità e mortalità negli Stati Uniti e nella maggior
parte dei paesi sviluppati. In anni recenti, la mortalità età-correlata dell'aterosclerosi si è andata riducendo, tuttavia, nel 2015, le
malattie cardiovascolari, soprattutto l'aterosclerosi coronarica e cerebrovascolare hanno causato quasi 15 milioni di morti in tutto il
mondo (> 25% di tutti i decessi [1]). Negli Stati Uniti, > 800 000 persone sono morte di malattie cardiovascolari nel 2014, corrispondenti
a quasi 1 su 3 di tutti i decessi (2). La prevalenza dell'aterosclerosi è in rapida crescita nei paesi in via di sviluppo e, dato l'allungamento
della vita nei paesi industrializzati, l'incidenza tende ad aumentare. L'aterosclerosi è la prima causa di morte nel mondo.

Riferimenti generali
1. WHO Global Health Estimates 2000-2015. http://www.who.int/healthinfo/global_burden_disease/estimates/en/index1.html

2. Benjamin EJ, Blaha MJ, Chiuve SE, et al: Heart Disease and Stroke Statistics—2017 update: A report From the American Heart
Association. Circulation 135:1–459, 2017. doi.org/10.1161/CIR.000000000000048.

Fisiopatologia
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La prima lesione visibile dell'aterosclerosi è la striscia grassa, che è un accumulo di cellule schiumose cariche di lipidi nello strato
intimale dell'arteria.
La placca aterosclerotica è il segno distintivo dell'aterosclerosi; è un'evoluzione della striscia grassa e dispone di 3 componenti
principali:
Lipidi

Cellule muscolari infiammatorie e lisce

Una matrice di tessuto connettivo che può contenere trombi in varie fasi di organizzazione e depositi di Ca

Formazione della placca aterosclerotica


Tutti gli stadi dell'aterosclerosi, dall'inizio e durante la crescita fino al verificarsi delle complicanze della placca, sono considerati una
reazione infiammatoria al danno mediato da specifiche citochine. Si ritiene che la lesione endoteliale svolga un ruolo incitante o d'inizio
primario.
L'aterosclerosi colpisce preferenzialmente alcune aree dell'albero arterioso. Un flusso ematico non laminare o turbolento (p. es., nei
punti di diramazione dell'albero arterioso) provoca disfunzione endoteliale e inibisce la produzione endoteliale di ossido nitrico,
molecola a spiccata azione vasodilatatrice e antinfiammatoria. Inoltre, tale flusso stimola le cellule endoteliali a sintetizzare molecole di
adesione, che reclutano le cellule infiammatorie e si legano a esse.
Anche i fattori di rischio per l'aterosclerosi (p. es., dislipidemia, diabete, fumo di sigaretta, ipertensione), stressor ossidanti (p. es.,
radicali superossido), angiotensina II e infezioni e infiammazioni sistemiche inibiscono la produzione di ossido nitrico e stimolano la
sintesi di molecole di adesione, citochine proinfiammatorie, proteine chemiotattiche e fattori di vasocostrizione; i meccanismi esatti
sono sconosciuti. L'effetto finale è il legame di monociti e linfociti T all'endotelio, la loro migrazione verso lo spazio sottoendoteliale e
l'avvio e il mantenimento di una risposta infiammatoria vascolare locale. A livello subendoteliale i monociti si trasformano in macrofagi.
Anche i lipidi circolanti, specialmente le lipoproteine a bassa densità (LDL) e le lipoproteine a densità molto bassa (VLDL), si legano alle
cellule endoteliali e vengono ossidate a livello subendoteliale. La captazione dei lipidi ossidati e la trasformazione dei macrofagi in
cellule schiumose ricche di lipidi, provoca le tipiche lesioni aterosclerotiche precoci dette strie lipidiche. La degradazione delle
membrane eritrocitarie conseguente alla rottura dei vasa vasorum e all'emorragia intraplacca, può essere un'importante fonte
aggiuntiva di lipidi all'interno delle placche.
I macrofagi elaborano citochine proinfiammatorie che reclutano le cellule muscolari lisce migrate dalla media, attraggono i macrofagi e
ne stimolano ulteriormente la crescita. Vari fattori promuovono la replicazione delle cellule muscolari lisce e aumentano la sintesi della
matrice extracellulare densa. Ne risulta una placca fibrosa subendoteliale con cappuccio fibroso, costituita da cellule muscolari lisce
intimali circondate da tessuto connettivo e lipidi intra ed extracellulari. Un processo simile alla formazione del tessuto osseo causa la
calcificazione all'interno della placca.
Un collegamento tra l'infezione e l'aterosclerosi è stato osservato, in particolare un'associazione tra evidenza sierologica di certe
infezioni (p. es., Chlamydia pneumoniae, cytomegalovirus) e coronaropatia. Meccanismi ipotetici comprendono gli effetti indiretti
dell'infiammazione cronica nel torrente ematico, gli Ac cross-reagenti e gli effetti infiammatori dei patogeni infettivi sulla parete
arteriosa.

Stabilità e rottura della placca


Le placche aterosclerotiche possono essere stabili o instabili.
Le placche stabili regrediscono, restano stabili o si accrescono lentamente nell'arco di molti decenni fino a causare stenosi o
occlusione.
Le placche instabili possono andare incontro a erosione spontanea, fissurazione o rottura, causando trombosi acuta, occlusione e
infarto molto prima di provocare stenosi emodinamicamente significativa. La maggior parte degli eventi clinici deriva da placche
instabili, che non sembrano di entità grave all'angiografia; pertanto, la stabilizzazione della placca può essere un modo per ridurre la
morbilità e la mortalità.
La forza del cappuccio fibroso e la sua resistenza alla rottura dipendono dall'equilibrio relativo tra deposizione e degradazione di
collagene. La rottura della placca implica la secrezione di metalloproteinasi, catepsine e collagenasi da parte dei macrofagi attivati nella
placca. Questi enzimi digeriscono il cappuccio fibroso, soprattutto ai margini, causandone l'assottigliamento fino alla rottura finale. Le
cellule T presenti nella placca entrano in gioco mediante la secrezione di citochine. Le citochine inibiscono la sintesi e il deposito del
collagene, che normalmente rinforza la placca, da parte delle cellule muscolari lisce.
Con la rottura della placca, si verifica l'esposizione del contenuto al sangue circolante, con inizio del processo trombotico; inoltre, i
macrofagi stimolano la trombosi in quanto contengono un fattore tissutale, che favorisce la sintesi della trombina in vivo. Si può
verificare uno tra i seguenti 5 esiti:
Il trombo risultante può organizzarsi ed essere incorporato nella placca, modificandone la forma e causandone la rapida crescita.

Il trombo può occludere rapidamente il lume vascolare e scatenare un evento ischemico acuto.

Il trombo può embolizzare.

La placca può riempirsi di sangue, rigonfiarsi come un palloncino ed e occludere immediatamente l'arteria.

Le sostanze contenute nella placca (piuttosto che il trombo) possono embolizzare, occludendo i vasi a valle.

La stabilità delle placche dipende da molti fattori, tra cui la composizione della placca (rapporto relativo di lipidi, cellule infiammatorie,
cellule muscolari lisce, tessuto connettivo e trombo), lo stress parietale (indebolimento del cappuccio), la dimensione e la localizzazione
del core e la morfologia della placca in relazione al flusso sanguigno. Contribuendo alla rapida crescita e alla deposizione lipidica,
l'emorragia intraplacca può svolgere un ruolo importante nel trasformare una placca stabile in una placca instabile. In generale, le
placche coronariche instabili sono ricche di macrofagi, possiedono uno spesso core lipidico e un cappuccio fibroso sottile; esse
restringono il lume vascolare < 50% e tendono alla rottura in modo imprevedibile. Le placche instabili carotidee hanno un'analoga
composizione, ma tipicamente le conseguenze a esse riferibili sono dovute alla stenosi grave e all'occlusione o alla deposizione di
trombi piastrinici più che alla rottura. Le placche a basso rischio di solito hanno un cappuccioCookies
e un minore contenuto lipidico; spesso
tali placche restringono il lume vascolare > 50% e possono provocare angina da sforzo stabile e prevedibile.

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Le conseguenze cliniche della rottura di una placca nelle arterie coronarie dipendono non solo dalla sua anatomia, ma anche
dall'equilibrio relativo, nel sangue, tra attività procoagulante e attività anticoagulante e dalla tendenza miocardica alle aritmie.

Fattori di rischio
Vi sono numerosi fattori di rischio per l'aterosclerosi (1, Fattori di rischio per aterosclerosi). Alcuni fattori tendono a raggrupparsi nella
sindrome metabolica che sta diventando sempre più importante. Questa sindrome comprende obesità addominale, dislipidemia
aterogenica, ipertensione, insulino-resistenza, stato protrombotico e stato proinfiammatorio nei pazienti sedentari. L' insulino-
resistenza non è sinonimo di sindrome metabolica ma può esserne la chiave eziologica.

Fattori di rischio per aterosclerosi


Stato Fattore di rischio
Età
Non modificabili Anamnesi familiare di aterosclerosi precoce*
Sesso maschile
Alcune dislipidemie (elevati livelli di colesterolo totale o LDL, HDL basso, un aumento del
rapporto colesterolo totale-HDL)
Modificabili, accertati Diabete mellito
Ipertensione
Fumo di tabacco
Assunzione di alcol (non moderata)
Infezione da Chlamydia pneumoniae
Trapianto di cuore
Alto livello di apolipoproteina B (apoB)
Livelli elevati di proteina C-reattiva
Livelli elevati di LDL piccola, densa
Livelli elevati di lipoproteina (a)
Iperomocisteinemia
Iperinsulinemia
Modificabili, in fase di studio o Ipertrigliceridemia
emergenti Polimorfismi della 5-lipossigenasi
Basso apporto di frutta e verdura
Obesità o la sindrome metabolica
Stati protrombotici (p. es., iperfibrinogenemia, alto livello dell'inibitore dell'attivatore del
plasminogeno)
Fattori psicosociali (p. es., personalità di tipo A, depressione, ansia, caratteristiche del lavoro,
status socio-economico)
Radioterapia al torace
Insufficienza renale
Stile di vita sedentario†
*L'aterosclerosi è precoce quando si verifica in un parente di 1o grado maschio prima dei 55 anni e in un parente di 1o grado
femmina prima dei 65 anni.

Non è chiaro come questo fattore contribuisca indipendentemente da altri fattori di rischio frequentemente associati (p. es.,
diabete, dislipidemia).
CRP  =  proteina C-reattiva, HDL = lipoproteine ad alta densità, LDL =  lipoproteine a bassa densità.

Dislipidemia (livelli elevati di colesterolo totale o di lipoproteine a bassa densità [LDL] o livelli ridotti di lipoproteine ad alta densità
[HDL]), ipertensione e diabete promuovono l'aterosclerosi amplificando o aumentando la disfunzione endoteliale e le vie infiammatorie
a livello dell'endotelio vascolare.
Nella dislipidemia, aumentano i processi di captazione subendoteliale e di ossidazione delle LDL; i lipidi ossidati stimolano la sintesi di
molecole di adesione e di citochine infiammatorie e possono avere potere antigenico, stimolando la risposta immunitaria T-mediata e
l'infiammazione nella parete arteriosa. Le HDL proteggono dall'aterosclerosi mediante il trasporto inverso di colesterolo ( Panoramica
sul metabolismo lipidico : Metabolismo dei lipidi esogeni (di origine alimentare)); inoltre, possono esercitare il loro ruolo protettivo
mediante il trasporto di enzimi antiossidanti, che possono metabolizzare e neutralizzare i lipidi ossidati. Il ruolo dell'ipertrigliceridemia
nell'aterogenesi è complesso, sebbene possa avere un piccolo effetto indipendente (2).
L'ipertensionepuò causare infiammazione vascolare tramite meccanismi mediati dall'angiotensina II. L'angiotensina II stimola le cellule
endoteliali, le cellule muscolari lisce vascolari e i macrofagi a sintetizzare mediatori proaterogeni, come le citochine proinfiammatorie,
gli anioni superossido, fattori protrombotici, fattori di crescita e recettori LDL lectina-simili ossidati.
Il diabete porta alla formazione dei prodotti finali della glicazione avanzata, che aumentano la sintesi di citochine proinfiammatorie da
parte delle cellule endoteliali. Lo stress ossidativo e i radicali reattivi dell'O2, prodotti nel diabete, danneggiano direttamente l'endotelio
e promuovono l'aterogenesi.
Il fumo di tabacco contiene nicotina e altre sostanze chimiche che hanno un effetto tossico sull'endotelio vascolare. Il fumo, compreso
quello passivo, aumenta la reattività piastrinica (probabilmente promuove la trombosi piastrinica) e i livelli plasmatici di fibrinogeno e
dell'ematocrito (aumentata viscosità sanguigna). Il fumo aumenta le LDL e riduce le HDL; inoltre stimola la vasocostrizione,
particolarmente pericolosa nelle arterie già stenotiche per l'aterosclerosi. Le HDL aumentanoCookies di circa 6-8 mg/dL (0,16 to 0,21 mmol/L)
entro 1 mese dall'abolizione del fumo.

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La lipoproteina (a) [Lp (a)] è pro-aterogenica ed è un fattore di rischio indipendente per le malattie cardiovascolari, inclusi l'infarto
miocardico, l'ictus e la stenosi valvolare aortica (3, 4). Ha una struttura simile all'LDL, ma ha anche come componente
un'apolipoproteina(a) idrofila legata in modo covalente a un'apolipoproteina idrofobica B100 (5). I livelli di lipoproteina(a) sono
geneticamente determinati e rimangono abbastanza stabili per tutta la vita. Livelli di lipoproteina(a) superiori a 50 mg/dL sono
considerati patologici.
L'apolipoproteina (B) (apoB) è una particella con due isoforme: apoB-100, che è sintetizzata nel fegato, e apoB-46, che viene
sintetizzata nell'intestino. L'ApoB-100 è in grado di legare il recettore LDL ed è responsabile del trasporto del colesterolo. È anche
responsabile del trasporto di fosfolipidi ossidati e ha proprietà proinfiammatorie. La presenza della particella apoB all'interno della
parete arteriosa è ritenuta essere l'evento iniziale per lo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche.
Un livello elevato delle piccole e dense LDL, caratteristiche del diabete, ha un alto potere aterogeno. Il meccanismo può
comprendere una maggiore tendenza all'ossidazione e al legame endoteliale aspecifico.
Livelli elevati di proteina C-reattiva non predicono in modo affidabile l'estensione dell'aterosclerosi, ma possono predire
un'aumentata probabilità di eventi ischemici. In assenza di altre patologie infiammatorie, elevati livelli possono indicare un aumentato
rischio di rottura, ulcerazione o trombosi della placca aterosclerotica o un'aumentata attività linfocitica e macrofagica. La stessa
proteina C reattiva non sembra avere un ruolo diretto nell'aterogenesi.
Le C. pneumoniaeinfezioni da o altre infezioni (p. es., virali, o da Helicobacter pylori) possono causare una disfunzione endoteliale
attraverso l'infezione diretta, l'esposizione all'endotossina o la stimolazione dell'infiammazione sistemica o subendoteliale.
La malattia renale cronica promuove lo sviluppo di aterosclerosi attraverso svariati percorsi, tra cui l'ipertensione e il peggioramento
dell' insulino-resistenza; diminuiti livelli di apolipoproteina A-I; ed aumentati i livelli di lipoproteina, omocisteina, fibrinogeno e proteina
C-reattiva.
Un trapianto cardiaco è spesso seguito da un'accelerata aterosclerosi coronarica, che è probabilmente correlata al danno endoteliale
immuno-mediato. Un'accelerata aterosclerosi coronarica si osserva anche dopo la radioterapia del torace ed è probabilmente il
risultato di danni endoteliali indotti dalle radiazioni.
Gli stati protrombotici ( Panoramica sulle malattie trombotiche) aumentano la probabilità di aterotrombosi.
Diverse varianti genetiche comuni e rare sono state strettamente correlate con l'aterosclerosi ed eventi cardiovascolari. Sebbene
ciascuna variante abbia un piccolo effetto singolarmente, i punteggi di rischio genetico che sommano il numero totale delle varianti di
rischio hanno dimostrato di associarsi fortemente con l'aterosclerosi più avanzata così come con gli eventi cardiovascolari sia primari
che ricorrenti
I pazienti con iperomocisteinemia (p. es., a causa di carenza di folati o di un difetto genetico metabolico) hanno un aumentato rischio
di aterosclerosi. Tuttavia, a causa dei risultati di studi randomizzati sulle terapie di abbassamento dell'omocisteina che non mostrano
una diminuzione della malattia aterosclerotica, così come si evince dagli studi di randomizzazione mendeliana, non si ritiene più che
l'iperomocisteinemia stessa causi l'aterosclerosi. La causa dell'associazione tra elevati livelli di omocisteina e aterosclerosi non è chiara.

Malattia vascolare documentata


La presenza di malattia aterosclerotica in un territorio vascolare aumenta la probabilità di malattia in altri territori vascolari. I pazienti
con malattia aterosclerotica vascolare non coronarica hanno tassi di eventi cardiaci paragonabili a quelli dei pazienti con coronaropatia
nota, e sono ormai considerati come aventi un rischio equivalente alla coronaropatia e devono essere trattati aggressivamente.

Riferimenti per i fattori di rischio


1. Yusuf S, Hawken S, Ounpuu S, et al: Effect of potentially modifiable risk factors associated with myocardial infarction in 52 countries
(the INTERHEART study): case-control study. The Lancet 364: 937–952, 2004.

2. White J, Swedlow DI, Preiss D, et al: Association of lipid fractions with risks for coronary artery disease and diabetes. JAMA Cardiol
1(6): 692-699, 2016.

3. Emerging risk factors collaboration, Eroquo S, Kaptoge S, Perry PL, et al: Lipoprotein(a) concentration and the risk of coronary heart
disease, stroke, and nonvascular mortality. JAMA 302: 412–423, 2009.

4. Thanassoulis, G, Campbell CY, Owens DS, et al for the CHARGE Extracoronary Calcium Working Group: Genetic associations with
valvular calcification and aortic stenosis. N Engl J Med 368: 503–512, 2013.

5. Nordestgaard BG, Chapman MJ, Ray K, et al and the European Atherosclerosis Society Consensus Panel: Lipoprotein(a) as a
cardiovascular risk factor: current status. Eur Heart J 31: 2844–2853, 2010.

Sintomatologia
L'aterosclerosi è inizialmente asintomatica, spesso per decenni. La sintomatologia si sviluppa quando le lesioni ostacolano il flusso
ematico. Possono comparire sintomi ischemici transitori (p. es., angina da sforzo stabile, attacchi ischemici transitori, claudicazione
intermittente) quando le placche stabili si accrescono e riducono il lume arterioso > 70%. La vasocostrizione può trasformare una
lesione che non limita il flusso di sangue in una stenosi severa o completa. Possono comparire sintomi di angina instabile o infarto
miocardico, ictus ischemico o dolore a riposo agli arti inferiori, in caso di rottura di placche instabili con occlusione improvvisa
un'arteria di grosso calibro e sovrapposizione di trombosi o embolia. L'aterosclerosi può anche causare la morte improvvisa in assenza
di precedente angina stabile o instabile.
L'interessamento aterosclerotico della parete arteriosa può causare la formazione di aneurismi e dissezione arteriosa che può
manifestarsi con dolore, massa pulsante, assenza dei polsi o morte improvvisa.

Diagnosi
L'approccio dipende dalla presenza o dall'assenza dei sintomi.
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Pazienti sintomatici
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Nei pazienti sintomatici per ischemia si valutano il grado e la sede dell'occlusione vascolare mediante diversi test invasivi e non invasivi,
in base all'organo interessato (vedi altrove nEL MANUALE). Tali pazienti devono anche essere valutati per i fattori di rischio
dell'aterosclerosi mediante
Anamnesi ed esame obiettivo

Profilo lipidico a digiuno

Glicemia e di emoglobina glicosilata (HbA1c)

I pazienti con patologia documentata in una data sede (p. es., arterie periferiche), devono essere valutati per l'eventuale presenza della
stessa patologia in altri distretti (p. es., arterie coronarie e carotidi).
Poiché non tutte le placche aterosclerotiche presentano lo stesso profilo di rischio, sono attualmente in studio varie tecniche per
immagini per identificare le placche, specialmente quelle a rischio di rottura; tuttavia, queste tecniche non sono ancora utilizzate
clinicamente. L'ecografia vascolare tridimensionale, l'angio-TC e l'angio-RM possono valutare in modo non invasivo la morfologia e le
caratteristiche della placca. Gli esami invasivi basati su cateteri, incluse l'ecografia endovascolare (che utilizza un trasduttore a
ultrasuoni posto sulla punta di un catetere per riprodurre le immagini del lume arterioso e della parete), l'angioscopia, la termografia
della placca (per rilevare l'aumento di temperatura nelle placche con infiammazione in atto), la tomografia a coerenza ottica (che
utilizza la luce laser infrarossa per l'imaging) e l'elastografia (per identificare le placche soffici ricche di lipidi) sono anche usate.
L'immunoscintigrafia è un'alternativa non invasiva che utilizza dei traccianti radioattivi che si localizzano nella placca a rischio di rottura.
Lo studio della vascolarizzazione tramite PET è un altro approccio emergente per valutare una placca vulnerabile.

Placca aterosclerotica nell'aorta


discendente

© SPRINGER SCIENCE+BUSINESS MEDIA

Alcuni medici dosano gli indicatori sierici dell'infiammazione. Livelli di proteina C-reattiva > 3 mg/dL (> 3000 μg/L) sono altamente
predittivi di eventi cardiovascolari.

Pazienti asintomatici (screening)


Nei pazienti con fattori di rischio per l'aterosclerosi ma asintomatici per ischemia, il ruolo di altri test oltre il profilo lipidico non è chiaro.
Sebbene vengano studiati studi per immagini come l'ecografia carotidea per misurare lo spessore mediale intimale e altri studi in grado
di rilevare la placca aterosclerotica, questi non migliorano in modo affidabile il potere predittivo degli eventi ischemici sulla valutazione
dei fattori di rischio o degli strumenti predittivi codificati e non sono raccomandati. Un'eccezione è rappresentata dall'imaging TC per il
calcio coronarico, per il quale esistono prove più affidabili per la riclassificazione del rischio; può essere utile per raffinare le stime di
rischio e per decidere la terapia con statine in pazienti selezionati (p. es., quelli con rischio intermedio, storia familiare di malattia
cardiovascolare prematura).
La maggior parte delle linee guida raccomanda uno screening del profilo lipidico nei pazienti con una delle caratteristiche seguenti:
Uomini ≥ 40 anni

Donne ≥ 50 anni e donne in post-menopausa

Diabete di tipo 2

Anamnesi familiare di ipercolesterolemia familiare o malattia cardiovascolare prematura (ossia, età di insorgenza < 55 anni nel
parente di primo grado maschile o < 65 anni in parente di 1° grado femminile)

Sindrome metabolica

Ipertensione

Condizioni infiammatorie croniche

Attualmente, l'American Heart Association (AHA) raccomanda l'utilizzo delle equazioni di valutazione del rischio di coorte globale (vedi
Downloadable AHA Risk Calculator) per stimare la durata della vita e il rischio a 10 anni di una malattia cardiovascolare aterosclerotica.
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Questo calcolatore ha sostituito strumenti di calcolo del rischio precedenti (p. es., Framingham score). Il nuovo calcolatore di rischio è

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basato su sesso, età, razza, colesterolo totale e HDL, pressione sistolica (e se la pressione sanguigna è in trattamento), diabete e
abitudine al fumo (1). La linea guida dell'European Cardiovascular Society (ESC) e dell'European Atherosclerosis Society (EAS) del 2016
suggeriscono l'uso della stima sistemica del rischio coronarico (SCORE), che calcola il rischio in base all'età, al genere, al fumo, alla
pressione sistolica e al colesterolo totale, per stimare il rischio a 10 anni del primo evento aterosclerotico fatale (2). Per i pazienti
considerati a rischio intermedio, è stata suggerita la misurazione della lipoproteina (a) per aiutare a perfezionare la classificazione (3).
Un'albuminuria (> 30 mg di albumina/24 h) è un marker di alterazioni renali e della loro progressione, così come un potente fattore
predittivo di morbilità e mortalità cardiovascolari e non cardiovascolari; tuttavia, non è stata accertata una relazione diretta tra
l'albuminuria e l'aterosclerosi.

Riferimenti bibliografici di diagnosi


1. Goff DC Jr, Lloyd-Jones DM, Bennett G, et al: 2013 ACC/AHA guideline on the assessment of cardiovascular risk: A report of the
American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines. Circulation 129:S49–S73, 2014.

2. Catapano AL, Graham I, De Backe G, et al: 2016 ESC/EAS guidelines for the management of dyslipidaemias: The task force for the
management of dyslipidaemias of the European Society of Cardiology (ESC) and European Atherosclerosis Society (EAS) developed with
the special contribution of the European Association for Cardiovascular Prevention and Rehabilitation (EACPR). Eur Heart J 37: 2999–
3058, 2016. doi:10.1093/eurheartj/ehw272. Epub ahead of print.

3. Willeit P, Kiechl S, Kronenberg F, et al: Discrimination and net reclassification of cardiovascular risk with lipoprotein(a): prospective
15-year outcomes in the Bruneck Study. J Am Coll Cardiol 64: 851–860, 2014. doi: 10.1016/j.jacc.2014.03.061.

Trattamento
Modificazioni dello stile di vita (dieta, fumo, attività fisica)

Trattamento farmacologico dei fattori di rischio diagnosticati

Farmaci antiaggreganti piastrinici

Statine, possibilmente ACE-inibitori, beta-bloccanti

Il trattamento comprende la modificazione aggressiva dei fattori di rischio per rallentare la progressione e indurre la regressione delle
placche esistenti. L'abbassamento delle LDL al di sotto di un determinato valore non è più raccomandato e attualmente l'approccio
preferito è "più basso è, meglio è".
I cambiamenti dello stile di vita comprendono la modificazione della dieta, l'abolizione del fumo e un regolare svolgimento di attività
fisica. Spesso sono necessari farmaci per trattare la dislipidemia, l'ipertensione e il diabete. Le modificazioni dello stile di vita e i farmaci
migliorano in modo diretto e indiretto la funzione endoteliale, riducono l'infiammazione e migliorano la prognosi. Le statine possono
ridurre la morbilità e la mortalità correlate all'aterosclerosi anche quando il colesterolo è normale o leggermente elevato. Gli
antiaggreganti piastrinici sono utili in tutti i pazienti affetti da aterosclerosi. I pazienti con coronaropatia possono beneficiare inoltre di
ACE-inibitori e beta-bloccanti.

Dieta
Varie modificazioni sono benefiche:
Meno grassi saturi

No grassi saturi

Più frutta e verdura

Più fibre

Moderare il consumo di alcol (o eliminare)

Si raccomandano riduzioni significative dell'apporto dei grassi saturi e carboidrati raffinati e trattati e un aumento dei carboidrati con
fibre (p. es., frutti, verdura). Queste modificazioni dietetiche sono un prerequisito per il controllo lipidico e la riduzione del peso e sono
essenziali in tutti i pazienti. L'apporto calorico deve essere limitato per mantenere il peso entro i valori normali.
Piccole riduzioni dell'apporto lipidico non sembrano ridurre o stabilizzare l'aterosclerosi. Una modificazione efficace richiede la
limitazione dell'apporto lipidico a 20 g/die, con 6-10 g di grassi polinsaturi con ω-6 (acido linoleico) e ω-3 (acido eicosapentaenoico,
acido docosaesaenoico) acidi grassi in uguale percentuale, ≤ 2 g di grassi saturi e il resto come grassi monoinsaturi. Si devono evitare gli
acidi grassi saturi, che sono altamente aterogeni.
L'aumento dei carboidrati per compensare la riduzione di acidi grassi saturi nella dieta, aumenta i livelli di trigliceridi plasmatici e riduce
i livelli di HDL. Pertanto, qualsiasi deficit calorico deve essere colmato con proteine e acidi grassi insaturi piuttosto che con carboidrati
semplici. Si deve evitare l'eccessivo apporto di zucchero grasso e raffinato specialmente nei soggetti a rischio di diabete, sebbene esso
non sia stato direttamente associato al rischio cardiovascolare. Invece dello zucchero, si invita a consumare carboidrati complessi (p.
es., verdure, cereali integrali).
Sembra che la frutta e la verdura (5 porzioni giornaliere) riducano il rischio di aterosclerosi coronarica, anche se non è chiaro se tale
effetto sia dovuto a sostanze fitochimiche o a una proporzionale riduzione dell'apporto di grassi saturi e a un aumento dell'apporto di
fibre e vitamine. I fitochimici noti come flavonoidi (presenti nell'uva rossa e nera, nel vino rosso, nel tè nero e nella birra scura)
sembrano avere un ruolo particolarmente protettivo; le alte concentrazioni presenti nel vino rosso possono spiegare perché l'incidenza
dell'aterosclerosi coronarica sia relativamente bassa in Francia, nonostante la maggiore diffusione del fumo e il maggiore consumo
lipidico rispetto agli USA. Tuttavia non esistono dati clinici indicativi di una prevenzione dell'aterosclerosi mediante il consumo di cibi
ricchi in flavonoidi o l'assunzione di integratori al posto dei cibi. Cookies

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L'aumento dell'apporto di fibre riduce il colesterolo totale e può avere un effetto benefico sui livelli del glucosio e dell' insulina. Si
raccomanda di assumere ogni giorno almeno 5-10 g di fibre solubili (p. es., avena, fagioli, prodotti di soia, psyllium); questa dose riduce
le LDL di circa il 5%. Le fibre insolubili (p. es., cellulosa, lignina) non sembrano influenzare il colesterolo ma possono conferire ulteriori
benefici in termini di salute (p. es., riduzione del rischio di cancro del colon, probabilmente mediante la stimolazione della peristalsi o la
riduzione del tempo di contatto con i carcinogeni alimentari). Tuttavia, un eccesso di fibre interferisce con l'assorbimento di alcuni
minerali e vitamine. In generale, gli alimenti ricchi di sostanze fitochimiche e di vitamine sono anche ricchi di fibre.
L'alcol aumenta le HDL e possiede proprietà antitrombotiche, antiossidanti e antinfiammatorie poco definite. Questi effetti sembrano
analoghi per vino, birra e liquori ad alto tenore alcolico e compaiono per livelli di consumo moderati; circa 30 mL di etanolo (contenuti
in circa 2 bicchieri di bevande alcoliche abituali) da 5 a 6 volte/settimana protegge contro l'aterosclerosi coronaria. Tuttavia, ad alte
dosi, l'alcol può causare gravi problemi di salute. Pertanto, il rapporto esistente tra alcol e tasso globale di mortalità ha un aspetto a
forma di J; il tasso di mortalità è minimo per gli uomini che consumano < 14 porzioni di alcol/settimana e per le donne che consumano
< 9 porzioni di alcol/settimana. Le persone che consumano una maggiore quantità di alcol devono ridurla. Tuttavia, i medici sono
riluttanti a raccomandare che i non bevitori inizino a consumare alcol sulla base di qualche apparente effetto protettivo.
Vi sono scarse evidenze circa la riduzione del rischio di aterosclerosi mediante l'uso di integratori dietetici a base di vitamine, sostanze
fitochimiche e oligoelementi minerali. La sola eccezione è data dagli integratori di olio di pesce. Sebbene medicine alternative e prodotti
dietetici stiano diventando sempre più popolari e alcuni possano avere effetti secondari sulla pressione arteriosa o il colesterolo, questi
trattamenti non sono sempre stati dimostrati sicuri o efficaci e possono avere interazioni negative con i farmaci verificati. I livelli di
coenzima Q10, che è necessario per il funzionamento di base delle cellule, tendono a diminuire con l'età e possono essere ridotti nei
pazienti con determinate patologie cardiache e altre malattie croniche; pertanto, una supplementazione di coenzima Q10 è stata
utilizzata o raccomandata, ma il suo beneficio terapeutico rimane controverso.

Attività fisica
Un'attività fisica regolare (p. es., 30-45 min di cammino, corsa, nuoto o bicicletta 3-5 volte/settimana) riduce l'incidenza di alcuni fattori
di rischio (ipertensione, dislipidemia, diabete), coronaropatia (p. es., infarto del miocardio), e morte attribuibile all'aterosclerosi in
pazienti con o senza pregressi eventi ischemici. Non è chiaro in che misura l'associazione sia casuale o se indichi solo che i soggetti in
migliori condizioni di salute sono probabilmente quelli che praticano l'attività fisica con maggiore regolarità.
Non sono stati stabiliti l'intensità, la durata, la frequenza e il tipo di esercizio ottimali, ma la maggior parte delle evidenze suggerisce
una relazione lineare inversa tra attività fisica aerobica e il rischio. La marcia aumenta regolarmente la distanza che i pazienti con
arteriopatia periferica possono percorrere senza dolore.
Un programma di esercizio fisico che comprenda un'attività aerobica ha un ruolo certo nella prevenzione dell'aterosclerosi e nel
favorire il dimagrimento. Prima di iniziare un nuovo programma di esercizio fisico, i soggetti anziani e quelli con fattori di rischio per
l'aterosclerosi o che hanno avuto eventi ischemici recenti, devono essere valutati da un medico. La valutazione comprende l'anamnesi,
l'esame obiettivo e la valutazione del controllo dei fattori di rischio.

Farmaci antiaggreganti piastrinici


Gli antiaggreganti orali sono fondamentali perché la maggior parte delle complicanze deriva da fissurazione o rottura della placca,
portando ad attivazione piastrinica e trombosi. I seguenti sono utilizzati:
Aspirina

Farmaci tienopiridinici come il clopidogrel, prasugrel e ticagrelor

L'aspirina è la più utilizzata, ma, nonostante i suoi benefici provati, è sottoutilizzata. È indicata per la prevenzione secondaria e
raccomandata per la prevenzione primaria dell'aterosclerosi coronarica nei pazienti a rischio elevato (p. es., pazienti con diabete con o
senza aterosclerosi, pazienti con un rischio ≥ 20% di eventi cardiaci entro 10 anni in cui il rischio di sanguinamento non è proibitivo, e
pazienti a rischio intermedio che hanno un rischio del 10-20% di eventi cardiaci entro 10 anni e che hanno un basso rischio di
sanguinamento). Non sono note le dosi e la durata ottimali, anche se la dose di 81-325 mg PO per 1 volta/die è generalmente usata per
la prevenzione primaria e secondaria. Tuttavia, 81 mg è preferibile perché questa dose può minimizzare il rischio di sanguinamento, in
particolare quando l'aspirina è usata in combinazione con altri farmaci antitrombotici. Gli eventi ischemici ricorrono circa nel 10-20%
dei pazienti che assumono terapia con aspirina per la prevenzione secondaria. La causa può essere la resistenza all'aspirina; è
attualmente in studio per scopi clinici lil deficit dell'inibizione del trombossano (indicata da elevati livelli urinari di 11-deidro
trombossano B2).
Alcuni dati suggeriscono che l'ibuprofene possa interferire con l'effetto antitrombotico dell'aspirina, per cui nei pazienti in terapia
preventiva con aspirina si consigliano altri FANS. Tuttavia, tutti i FANS, alcuni più di altri tra cui gli inibitori della cicloossigenasi-2
selettivi, sembrano aumentare i rischi cardiovascolari.
Il clopidogrel (generalmente 75 mg PO 1 volta/die) sostituisce l'aspirina quando si verificano nuovi eventi ischemici in pazienti già in
trattamento con aspirina o intolleranti a essa. Il clopidogrel in associazione con aspirina è efficace nel trattamento dell'infarto del
miocardio con ST sopraslivellato e ST non sopraslivellato; questa terapia associativa viene inoltre somministrata per 9-12 mesi dopo
interventi coronarici percutanei al fine di ridurre il rischio di eventi ischemici ricorrenti. Si verifica anche la resistenza a clopidogrel.
Prasugrel e ticagrelor sono farmaci nuovi e più efficaci del clopidogrel nella prevenzione delle malattie coronariche in alcuni gruppi di
pazienti.
La ticlopidina non viene più utilizzata diffusamente, poiché provoca una grave neutropenia nell'1% dei consumatori e si accompagna a
gravi effetti gastrointestinali avversi.

Statine
Le statine riducono principalmente il colesterolo LDL. Altri effetti benefici potenziali comprendono l'aumento della sintesi endoteliale di
ossido nitrico, la stabilizzazione delle placche aterosclerotiche, la riduzione del deposito di lipidi nella parete arteriosa e la regressione
delle placche. Le statine sono raccomandate come terapia preventiva in 4 gruppi di pazienti (1), compresi di quelli con una delle
seguenti:
Malattia cardiovascolare aterosclerotica clinica

Colesterolo LDL ≥ 190 mg/dL Cookies

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Età 40 a 75 anni, con diabete e LDL colesterolo 70 a 189 mg/dL

Età 40-75, con colesterolo LDL 70-189 mg/dL, e stima del rischio a 10 anni di malattia aterosclerotica cardiovascolare ≥ 7,5%

È previsto anche del supporto per l'uso di statine nei pazienti con altri fattori di rischio, tra cui anamnesi familiare di malattia
cardiovascolare arteriosclerotica precoce (ossia, l'età di esordio < 55 nei parenti maschi di 1o grado, o < 65 nei parenti donna di 1o
grado), valori di proteina C-reattiva altamente sensibile ≥ 2 mg/L, score calcico dell'arteria coronarica ≥ 300 unità Agatston (o ≥ 75o
percentile per incidenza demografica), indice caviglia braccio del pressione arteriosa < 0,9.
Il trattamento con statine è classificato come ad alta, a moderata o a bassa intensità ed si somministra in base al gruppo di trattamento
e all'età ( Statine per la prevenzione della malattia aterosclerotica cardiovascolare). Obiettivi specifici per i livelli di colesterolo LDL non
sono più raccomandati per guidare la terapia ipolipemizzante. Invece, la risposta alla terapia è determinata dal fatto che i livelli di
colesterolo LDL diminuiscono come previsto in base all'intensità della terapia (ossia, i pazienti sottoposti a terapia ad alta intensità
devono avere una diminuzione ≥ 50% del colesterolo LDL).

Altri farmaci
Gli ACE-inibitori, gli inibitori dei recettori dell'angiotensina II, ezetimibe, inibitori di PCSK9, e i tiazolidinedioni (p. es., pioglitazone) hanno
proprietà antinfiammatorie che riducono il rischio di aterosclerosi indipendentemente dal loro effetto su pressione arteriosa, lipidi e
glicemia.
Gli ACE-inibitori inibiscono i contributi dell'angiotensina alla disfunzione e all'infiammazione endoteliali.
L'ezetimibe abbassa anche il colesterolo LDL bloccando l'assorbimento del colesterolo dall'intestino tenue attraverso l'inibizione della
proteina Niemann-Pick C1-like 1. L'ezetimibe, aggiunto alla terapia standard con statine, ha dimostrato di ridurre gli eventi
cardiovascolari in pazienti che hanno avuto un precedente evento cardiovascolare e con colesterolo LDL > 1,8 mmol/L.
Gli inibitori del PCSK9 sono una nuova classe di farmaci ipolipemizzanti. Questi farmaci sono anticorpi monoclonali che impediscono al
PCSK9 di legarsi ai recettori LDL, portando a un maggiore riciclaggio di questi recettori nella membrana plasmatica conducendo quindi
a un'ulteriore clearance del colesterolo LDL nel plasma attraverso il fegato. Il colesterolo LDL viene abbassato dal 40 al 70%. Gli studi
clinici a lungo termine hanno dimostrato una riduzione dell'aterosclerosi e degli eventi cardiovascolari. Questi farmaci sono più utili in
pazienti con ipercolesterolemia familiare, pazienti con precedenti eventi cardiovascolari la cui LDL non è nei valori appropriati
nonostante la massima terapia medica con statine e pazienti che richiedono una riduzione dei lipidi, ma hanno documentate prove
obiettive di intolleranza alle statine.
I tiazolidinedioni possono controllare l'espressione di geni pro-infiammatori, sebbene studi recenti suggeriscano che essi possono
aumentare il rischio di eventi coronarici.
Il folato (acido folico) 0,8 mg PO bid è stato in passato utilizzato per il trattamento iperomocisteinemia, ma non sembra ridurre il rischio
di eventi coronarici acuti. Anche le vitamine B6 e B12 riducono i livelli di omocisteina, ma i dati attuali non giustificano il loro utilizzo da
sole o in combinazione con folati.
I macrolidi e altri antibiotici somministrati per trattare le infezioni croniche occulte da C. pneumoniae (e così sopprimere l'infiammazione
e teoricamente alterare il decorso e le manifestazioni dell'aterosclerosi) non si sono dimostrati utili.

Riferimento di trattamento
1. Stone NJ, Robinson J, Lichtenstein AH, et al: 2013 ACC/AHA guideline on the treatment of blood cholesterol to reduce atherosclerotic
cardiovascular risk in adults: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice
Guidelines. J Am Coll Cardiol63:2899–2934, 2014.

Punti chiave

I fattori di rischio comprendono dislipidemia, diabete, fumo di sigaretta, anamnesi familiare, fattori psicosociali, vita
sedentaria, obesità e ipertensione.

Le placche instabili sono spesso causa di < 50% di stenosi, tuttavia sono più facilmente soggette a rottura, a trombosi
acuta o a fenomeni embolici delle placche più grandi ma stabili.

Nei pazienti asintomatici, i test di imaging per rilevare l'aterosclerosi probabilmente non aiutano a predire eventi
ischemici meglio della valutazione standard dei fattori di rischio.

Smettere di fumare, esercizio fisico, una dieta povera di grassi saturi e carboidrati raffinati e ricchi di fibre e,
eventualmente, il consumo di acidi grassi omega-3 e quantità moderate di alcol aiutano nella prevenzione e nel
trattamento.

Sono inoltre utili farmaci antiaggreganti piastrinici e, in base ai fattori di rischio del paziente, statine e/o ACE-inibitori.

© 2019 Merck Sharp & Dohme Corp., una consociata di Merck & Co., Inc., Kenilworth, NJ, USA)

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