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Lezione 10

ATEROSCLEROSI

L’aterosclerosi è un esempio di infezione cronica, difficile da eradicare. Come visto


precedentemente, il mycobacterium tuberculosis resiste nei macrofagi, anche se
all’interno si tenta di fagocitarli, essi superano le capacità del macrofago di
distruggere.

FISIOLOGIA DELLE ARTERIE:

L’aterosclerosi è un processo infiammatorio che riguarda le arterie; esse sono dei


vasi di grosso calibro, avente una caratteristica particolare, ovvero quella di avere,
tra tonaca media ed endotelio, uno strato aggiuntivo di fibrille elastiche. Questo
perché le arterie di grosso calibro sono quelle che ricevono la pulsazione
cardiaca(pressione massima), quindi ricevono un’alta pressione data dal sangue, per
cui esse si dilatano. Dopo di che, per effetto dell’elasticità, ritornano alla loro
dimensione originale: questo è il concetto di pressione arteriosa sistolica e
diastolica. Le arterie, tagliate trasversalmente, sono composte da: strato
endoteliale, fibre di tipo elastico (collagene e proteoglicani), cellule muscolari lisce,
ed infine l’avventizia (separa il vaso dal resto dei tessuti).

L’aterosclerosi è una malattia multifattoriale; per malattia igienica multifattoriale, si


intende una malattia alla cui predisposizione contribuiscono una serie di varianti
genetiche che, messe insieme, danno il rischio di sviluppare la malattia. Dopo di che,
tale rischio sviluppatosi, si imbatte in alcuni fattori come l’ambiente. È una malattia
che ha una base genetica, ma non abbastanza da fare delle stime (come nella
malattia mendeliana) su chi, della progenie, svilupperà un certo tratto patologico.

L’organo bersaglio della condizione patologica sono le arterie di medio e grosso


calibro (es: aorta, carotide, coronarie). L’aterosclerosi è un processo infiammatorio
cronico, ovvero ha una durata di decenni e può accompagnare l’uomo per tutta la
durata della sua vita. L’infiammazione si localizza a livello della tonaca intima, sotto
l’endotelio (rivestimento importante delle superfici dei vasi). Dato che si parla di
infiammazione, è presente un agente flogogeno, ovvero un agente che stimola
continuamente l’infiammazione; se così non fosse, non ci sarebbe la situazione di
cronicità. L’agente in questione è endogeno(proviene dall’interno dell’individuo
stesso), ed è rappresentato dal colesterolo LDL (low density lipoproteins) o,
volgarmente chiamato colesterolo cattivo.
MORFOLOGIA 1:

L’evoluzione del processo patologico parte dalla stria lipidica: Lesione precoce,
indolore, senza nessun significato clinico o sintomatologia che possa fare capire la
presenza di un processo in atto, dove l’arteria funziona normalmente. Il colesterolo
cattivo non è fondamentalmente portato da una dieta aberrante; è vero che la dieta
riesce a modificare i valori basali di un individuo, ma del 10/15 %. La soglia del
colesterolo cattivo, che non dovrebbe essere superata è di 200 mg x 200 ml, e una
dieta mal fatta potrebbe portare a valori di 220/230 ma, seguendo una dieta idonea,
si potrebbe tornare al valore soglia. Però, se si avesse un valore del colesterolo LDL
di 270, anche se si seguisse una dieta idonea, si scenderebbe del 10%, ma
comunque non abbastanza per ritornare al valore soglia.

La base genetica governa l’ipercolesterolemia; si parla principalmente di


ipercolesterolemia familiare, dove i due alleli che governano il metabolismo de LDL,
possono essere alterati in singola copia e in duplice copia; nel primo caso, i livelli di
colesterolo passano da 200 a 400 mg x 200 ml di sangue, nel secondo caso
(omozigosi), passa da 200 ad 800 mg x 200 ml di sangue. Ciò significa che individui di
vent’anni rischiano già l’infarto. In questo caso è imperativo attuare una terapia,
liberando il sangue con emodialisi. Questa situazione espone a rischio di infarto gli
eterozigoti a 40 anni, con 400 mg, e a vent’anni con 800 mg. Per livelli di colesterolo
che superano i 200 mg, ma sono in un range non drammatico come
l’ipercolesterolemia, il rischio di infarto interviene dopo i 60 anni.

L’aterosclerosi, nella forma di stria lipidica, è identificabile già in arterie di grosso o


medio calibro, nei reperti autoptici di bambini di due anni: è un riscontro anatomo-
patologico precoce nella vita di un individuo. La stria lipidica è composta da
lipidi(LDL) e macrofagi; se si parla di infiammazione cronica, di fatto ci devono
essere le cellule appartenenti ad essa, ovvero i macrofagi, che provengono dai
monociti circolanti i quali, uscendo dal sangue, vanno nei tessuti e si differenziano in
cellule fagocitarie professionali.

MORFOLOGIA 2:

La malattia evolve, lentamente e in maniera silente, arrivando a costituire


l’ateroma; ha una struttura più complessa della stria lipidica, perché oltre a lipidi e
macrofagi, contribuiscono cellule muscolari lisce, che produrranno collagene e
proteoglicani, con l’aggiunta di nuova vascolatura (si crea un vero e proprio tessuto
patologico supportato da nuovi vasi). Il lume è occupato per più del 70% dalla placca
ateromasica (patologia ancora asintomatica). Per evolversi, il processo prevede una
suscettibilità genetica che vede un elevato livello di colesterolo, ed un elevata
disfunzione endoteliale, che determina un aumento della permeabilità della tonaca
intima. Questo porterà ad un accumulo di LDL, che verranno ossidate ad opera di
radicali liberi(ROS) prodotti dalle cellule endoteliali. Tutto ciò comincia a provocare,
localmente, irritazione, cominciando con il rilascio di citochine(molecole che
mediano l’infiammazione). Il rilascio di queste molecole permette di richiamare nella
sede dell’iniziale irritazione i monociti, che diventeranno poi macrofagi. Questo
sistema amplifica, a sua volta, il rilascio di citochine (auto-amplificazione che
peggiora lo stato di infiammazione). I macrofagi arrivano dove è presente un agente
flogogeno che, in quanto tale, dev’essere eliminato; infatti i macrofagi sono dei
fagociti che, giunti in sede, ingurgita molecole di LDL (agente flogogeno), al punto
tale da apparire alla microscopia come una cellula schiumosa (foam cells), tanto è il
materiale lipidico contenuto nel suo citoplasma. La fagocitosi di LDL determinerà il
rilascio di glow factors (GF) che, insieme alle citochine, richiameranno dalla
sottostante tonaca media, le cellule muscolari lisce che contribuiranno alla
strutturazione dell’ateroma, delimitato da un cappuccio derivante da collagene,
fibroblasti che sono prodotti dalle cellule muscolari lisce stesse. Se LDL superano di
3:1 l’HDL (colesterolo buono), vi è un aumento di rischio di aterosclerosi. L’LDL
presentano recettori sulla superficie delle cellule endoteliali, che lo recepiscono e lo
tirano dentro, cominciando a determinare un danno, con passaggio di LDL nello
strato sottostante delle cellule endoteliali; ciò determina uno stato di danno nella
cellula endoteliale che produrrà un anione superossido rilasciato, il quale
determinerà la presenza di LDL ossidato. Questa situazione pre-infiammatoria
attiverà molecole di superficie; i monociti cominciano a ruotare attraverso le
selectine sulla cellula endoteliale, fino a quando non incontreranno le DICAM, che
daranno luogo all’adesione sulla superficie endoteliale. Dopo di che, il monocita
passa all’interno della lesione, si differenzia in cellula specializzata macrofago che
fagociterà le LDL ossidate. Se lo stimolo non viene rimosso, si auto-amplificherà e
richiamerà altre cellule linfocitarie (linfociti T) che, come già visto nel granuloma
tubercolare, contribuiscono a rinforzare l’attività macrofagica, sintetizzando
l’interferone gamma (rende più attiva la fagocitosi). I macrofagi cominceranno a
produrre i fattori di crescita che, recepiti dallo strato sottostante di cellule muscolari
lisce, determineranno la migrazione di queste cellule dalla tonaca media all’intima e
cominceranno a proliferare e a sminuzzarsi, così da definire la struttura a
‘’cappuccio’’ (che rende la struttura più solida, altrimenti molto friabile).

Andando avanti con il processo, l’ateroma cresce all’interno del nucleo in modo
significativo. Il vaso, essendo sempre tessuto avente bisogno di nutrirsi e composto
di cellule, attraverso l’angiogenesi richiamerà la generazione di nuovi vasi in quella
sede (azione di riparo). Nel momento in cui si crea una lesione ai tessuti, essi si
potrebbero riparare con una riparazione per prima intenzione o per seconda
intenzione; la riparazione di prima intenzione avviene quando è presente una
lesione netta , dato dal taglio accidentale di un coltello o taglio operatorio da bisturi;
si procede accostando i lembi, vengono aggiustati in modo tale da lasciare segni il
meno possibile. Se il tessuto viene perso, viene a crearsi un tessuto di granulazione,
nuovo ma pur sempre vitale che, in quanto tale ha bisogno di respirare e di nutrirsi.
Se così non fosse, si verrebbe a creare tessuti necrotici e ischemici.

COMPLICAZIONI:

L’aterosclerosi è la prima causa di morte nella società industrializzata (incidenti


cardiovascolari). Per arrivare alla morte, l’aterosclerosi si ulcera: Si staccano dei
frammenti dalla placca. Basti pensare alle turbolenze del sangue; all’interno dei vasi
sono presenti delle forze meccaniche e pressione impressionanti, infatti se il flusso
non è libero, si creano dei vortici che tendono a dare insulti alla placca, inducendo la
possibilità di sbriciolamento ovvero, liberazione di corpuscoli che rientrano nel
contesto dell’embolia. Gli emboli si possono creare nell’anemia falciforme, dove
non ci sono dei globuli rossi elastici che passano attraverso i capillari, ma sono
presenti elementi falciformi che si possono legare fra di loro, arrivando a formare
dei corpuscoli che si bloccano nel microcircolo e danno dei micro-infarti (succede
molto spesso nella milza). Il processo di embolia porta ad ischemia.

Nella placca aterosclerotica ci sono dei vasi che, con una lesione, cominciano a
sanguinare(emorragia) e bisogna che si crei una coagulazione; quest’ultima porterà
ad un possibile sviluppo del trombo che, entrando in circolo, non riesce a passare
più attraverso un vaso, portando ischemia. Oppure il trombo può crescere al punto
tale da occludere un vaso ma, dato che avviene gradualmente, in linea di principio si
possono sviluppare dei circoli alternativi, che tendono a vicariare la mancanza di
rifornimento ematico in quel distretto. Anche nel caso dell’occlusione si arriva
all’ischemia.
La quarta complicazione è il possibile sviluppo di una necrosi all’interno della placca;
in questo caso verrà totalmente eliminata la struttura elastica del vaso, portando ad
aneurisma; è una dilatazione sacciforme del vaso. Questa dilatazione è anche
anaelastica perché il tessuto normale del vaso è stato sostituito dal tessuto fibrotico
(cicatriziale), che non ha la capacità di espandersi sulla base, dove si ha necessità. In
questo caso il soggetto è in continuo rischio di vita e, nel momento in cui
l’aneurisma si dovesse rompere, il soggetto sopravvive per non più di un minuto e
mezzo. Un esempio è l’aorta che si rompe; essa, quando si rompe, non da più di un e
mezzo di vita all’individuo. Nonostante il poco tempo a disposizione, nel momento
della rottura si dovrebbe intervenire con intervento che prevede il taglio del tubo
non elastico che, al cambio pressorio si spacca, e sostituirlo con un manicotto
sintetico.

FATTORI DI RISCHIO:

Che cosa modifica l’aterosclerosi in quelle che sono le sue complicanze?:

NON MODIFICABILI (MAGGIORI):

● Età; più si va avanti con l’età, e più la placca ha avuto modo di accrescersi.
● Sesso maschile; i maschi hanno un’età media di morte di 81 anni, invece le
femmine di 85 anni; questo è riferibile alla presenza di ormoni sessuali
femminili che, rispetto al testosterone maschile, ha una maggiore attività
antinfiammatoria. Non è un caso che, quando viene meno la quantità di
steroidi ed estrogeni a causa della menopausa, i soggetti anziani di sesso
femminile incominciano ad avvertire dolori alle articolazioni; e non è un caso
che gli inibitori delle aromatasi che vengono usati per bloccare il pathways di
generazione degli estrogeni, nei tumori mammari, che risultano in dolori
articolari e mialgie.
● Familiarità; referto genetico alla base dell’ipercolesterolemia familiare.
● Difetti genetici

MODIFICABILI (MAGGIORI):

● Iperlipidemia; nel momento in cui si accerta un livello di colesterolo


elevato rispetto alla dieta che si conduce, bisogna abbassarlo. Per fare ciò,
esistono dei farmaci, anche se danno rabdomiolisi (danno al muscolo
scheletrico che causa debolezza e astemia), ma si cerca di trovare un
compromesso che abbassi i livelli di colesterolo e non porti ai problemi di
tipo muscolare.
● Ipertensione; (fattore ben controllabile) riprendendo le strutture ematiche
precedenti, se vengono ‘’colpiti’’ da una pressione di 160 mmHg, si
destabilizza la placca aterosclerotica; invece, abbassando la pressione di
livello, si abbassa il rischio degli effetti collaterali.
● Fumo di sigaretta; è un fattore facilmente eliminabile.
● Diabete; contribuisce al danno endoteliale. Esistono farmaci per tenerlo
sotto controllo.

FATTORI DI RISCHIO MINORI:

Non sono sufficienti da soli:

● Obesità;
● Attività fisica
● Stress
● Alcohol

LA FEBBRE:

Il fenomeno della febbre è strettamente associato alla termoregolazione:

Processo che fa in modo che la temperatura venga mantenuta costante,


indipendentemente dalle condizioni ambientali. La termoregolazione viene
comandata da un centro termoregolatorio ovvero l’ipotalamo: Dispositivo vascolare
contenuto a livello cerebrale, che si trova a monte dell’ipofisi. L’azione della stessa
ipofisi, master glande all’interno dell’organismo, viene gestita dal rilascio di ormoni.
Sono presenti dei neuroni appartenenti sia all’ipotalamo anteriore, sia all’ipotalamo
posteriore. L’organismo produce continuamente calore, attraverso l’attività
metabolica dei muscoli scheletrici e del fegato; tale attività, alcune volte, eccede
producendo calore più del necessario; quindi il corpo disperde il calore in più
attraverso la respirazione, tramite cute, che diventa calda ed umida per effetto della
vasodilatazione periferica e sudorazione, e polmoni. L’ipotalamo gestisce la
temperatura raccogliendo stimoli mediante due modalità; il primo stimolo è quello
dei recettori caldo-freddo, contenuti nelle terminazioni nervose a livello periferico.
Tali recettori inviano il segnale di caldo e freddo a seconda dell’interfaccia della
temperatura corporea; il sangue proveniente dalla periferia ha una certa
temperatura: se la temperatura esterna è bassa, il sangue che bagnerà l’ipotalamo
avrà una temperatura più bassa, quindi l’ipotalamo recepisce che deve compensare
tale temperatura. Entrambi i segnali verranno integrati nei centri termoregolatori,
che avranno lo scopo di garantire una temperatura nella norma. Nel momento in cui
vi è un’alta temperatura, l’ipotalamo sfrutta i neuroni simpatici colinergici per cui,
alla fine, verranno interessate le ghiandole sudoripare (per la sudorazione) e
vasodilatazione cutanea. Come già riportato, uno dei componenti di capillari e vasi è
la tonaca media, composta da cellule endoteliali lisce che si possono dilatare o
contrarre; quando si deve disperdere calore bisogna mandare quanto più sangue
possibile in periferia così da dilatare il vaso; tutto ciò avviene grazie ai neuroni
colinergici gestiti dall’ipotalamo. Viceversa, se la temperatura esterna è bassa,
l’ipotalamo reagisce sapendo che deve mantenere quella data temperatura,
attraverso neuroni simpatici adrenergici con vasocostrizione cutanea, per fare in
modo che il sangue rimanga a livello splancnico oppure, svolge tale funzione
attraverso neuroni motori somatici con brivido. Quest’ultimo, anche se si tratta di
muscolo scheletrico volontario, il brivido è un movimento involontario, poiché
partono gli impulsi dall’ipotalamo che determinano una rapida contrazione delle
cellule muscolari striate, per produrre calore in breve tempo ed a livello locale. I
muscoli, sottoposti ad attività fisica intensa (soprattutto i muscoli della coscia,
poiché vi è maggiore massa muscolare utilizzata durante l’attività) possono arrivare
a 40/42 gradi di temperatura.

A 37 gradi di temperatura corporea(TC) ci sarà un equilibrio tra termodispersione e


termoproduzione; con una TC>37 gradi centigradi la termodispersione sarà
maggiore; quando la TC<37 gradi ci sarà un’elevata termoproduzione.

ENERGIA INPUT ED ENERGIA OUTPUT:

L’INPUT è tutto ciò che viene dall’esterno ed è capace di generare energia: appetito,
sazietà, fattori sociali e psicologici; tutto questo converge nella dieta, ovvero quello
di cui l’organismo si nutre per avere l’energia necessaria per sostenere le attività
vitali e lavoro.

OUTPUT: Con la termoregolazione si rilascia il 50% della temperatura, il rimanente


50% viene trasformato in lavoro ( effettuato dalla pompa Na-K, che sfrutta l’energia
derivante da ATP, proveniente da glucosio metabolizzato dalla fosforilazione
ossidativa).
Il calore che arriva all’organismo non proviene solo dalla dieta ma anche da
situazioni ambientali (es: esposizione al sole). Nel momento in cui bisogna
mantenere l’equilibrio, ci si appoggerà su fenomeni che prevedono la cessione di
calore: evaporazione, radiazione, conduzione e convezione.

Conduzione; processo che avviene quando vi è un contatto fisico tra due corpi, dove
il corpo a più alta temperatura cederà calore al corpo con più bassa temperatura.

Convezione; fenomeno in cui vi è un movimento diretto, naturale o forzato di


particelle avente temperature diverse.

Irraggiamento; processo dato da produzione di infrarossi che tendono ad abbassare


l’energia (es: termografia).

Evaporazione; classica sudorazione.

VALORI NORMALI DI TEMPERATURA:

La temperatura corporea è di 37° C. Per stabilire a quale temperatura si possa


definire febbre, si parla di range. Questi ultimi vengono stabiliti attraverso lo studio
di molti soggetti sani tra i 18 e i 90 anni, da cui vengono recuperate informazioni al
fine di stabilire i criteri di normalità. La media temperatura orale normale è: 36,8 °C
+/- 0,4°C; da ciò si deduce che la temperatura normale minima è 36,4°C e la
temperatura normale massima è 37,2°C; queste misure sono precise al 99°
percentile, ma vi sarà quell’1° percentile che avrà una minima temperatura
maggiore o minore. La temperatura normale è coinvolta in un ritmo circadiano: vi
sono variazioni fisiologiche durante la giornata per le quali la temperatura massima
è a 37,2° ( Nadir 6 a.m.); al mattino vi è la più bassa situazione termica del nostro
organismo. Invece, la temperatura normale al pomeriggio è di 37,7°C (Zenith 4
p.m.).

La febbre è considerata un campanello d’allarme per le infezioni batteriche; un


soggetto sottoposto ad un intervento chirurgico, dev’essere monitorato molto
attentamente per capire se l’antibiotico somministrato per copertura, dopo
l’intervento, sia efficace. Bisogna fare molta attenzione all’uso di antipiretici, poiché
essi, somministrati, tendono a mantenere la temperatura bassa con un processo di
infezione batterica che ha la possibilità di continuare.

Nelle donne fertili, con l’ovulazione, la temperatura corporea aumenta di 0,6°C, e


questa si mantiene tale per la seconda metà del ciclo. L’ovulazione è il rilascio
dell’ovocita, reso disponibile per la fecondazione. La temperatura rettale(0,4°C) è
più bassa di quella orale, innalzata dal fiato. Anticamente, la febbre veniva misurata
con il termometro a Mercurio, ma sono pericolosi perché il mercurio, se si rompesse
il termometro, è tossico quindi, si crearono dei termometri digitali usati a livello
ascellare. L’importante è, quando si misura la febbre, non cambiare il luogo del
corpo in cui viene misurata. La temperatura può essere misurata anche attraverso i
termometri della membrana timpanica; misurano il calore radiante originato da
tale membrana; quest’ultima dà valori più bassi 0,8°C rispetto alle temperature
rettali. Se la temperatura rettale supera lo 0,4 °C, allora la temperatura boccale sarà
una via di mezzo tra la temperatura rettale e quella della membrana timpanica.

DEFINIZIONE DI FEBBRE:

Con la febbre si verifica l’elevazione del set point ipotalamico; la febbre è un


aumento della temperatura corporea che eccede alla normale variazione
quotidiana: è febbre quando la temperatura sarà maggiore di 37,2 °C al mattino
(misurazione antimeridiana), e quando sarà maggiore di 37,7°C nel pomeriggio. Gli
anziani hanno una ridotta capacità di sviluppare la febbre, nonostante la presenza di
infezioni molto severe. Nella febbre si attiva il vaso centro motorio, avviene la
vasocostrizione di mani e piedi (le estremità corporali) affinché si disperda meno
calore possibile; questo riduce la perdita di calore ma aumenta la sensazione di
freddo. Durante la febbre si avvertono i brividi, che portano la generazione di calore
nel muscolo scheletrico; si manifesta anche la cosiddetta ‘’pelle d’oca’’ perché,
essendo sempre inerente all’attività muscolare, vi sono i muscoli reattori del pelo
che, contraendosi, determinano il fenomeno della orripilazione (produzione di
calore). Un’altrettanta produzione di calore deriva dall’attività metabolica del fegato
(temperatura interna) e da modifiche comportamentali: rannicchiarsi, aggiungere
indumenti e coperte. Grazie a tutte queste attività finalizzate alla produzione di
calore, si arriva ad un equilibrio del set point ipotalamico in cui non si sente più
freddo (parziale benessere a livello di sintomatologia). L’ipotalamo manterrà lo stato
febbrile fino a quando è necessario: la febbre non ha più ragion d’essere e vi è un
reset del set point ipotalamico ( ritorno allo stato normale di temperatura).
L’eliminazione dell’eccesso di temperatura caratteristico dello stato febbrile avviene
attraverso vasodilatazione che porta in periferia una quantità di sangue tenuta ad
un livello termico molto alto(mani e piedi bollenti), abbondante sudorazione e
cambiamenti comportamentali.
I TRE STATI DELLA FEBBRE:

1) Insorgenza (brivido);
2) Fastigio (la temperatura si mantiene tale per un certo tempo);
3) Defervescenza (ritorno allo stato normale attraverso la sudorazione);

IPERPIRESSIA: E’ un tipo di febbre che si ha quando la temperatura supera i 41,5 °C


a causa di infezioni molto severe oppure per emorragie del SNC.

FEBBRE IPOTALAMICA: Avviene a causa del mancato funzionamento dell’ipotalamo,


e quindi la normalità non viene più gestita né in basso né in alto; quando non
gestisce più in alto si ha la febbre ipotalamica causata da un trauma locale,
emorragia, tumore o malfunzione ipotalamica intrinseca. Ma di solito, quando
insorge un problema a livello ipotalamico, la temperatura tende ad abbassarsi ( a
livello subnormale, piuttosto che sopranormale).

IPERTERMIA: Sta per head stroke, ovvero ‘’botta di caldo’’; è un aumento


incontrollato della temperatura corporea, a volte fatale, che eccede all’abilità del
corpo di disperdere calore. È un aumento incontrollato perché manca la possibilità
di eliminare il calore, oppure la generazione di esso è talmente alta da non poter
essere disperso. I meccanismi di ipertermia sono la esposizione a calore esogeno o
produzione di calore endogeno; nel primo meccanismo vi è una esagerata
esposizione del corpo a calore ( es: troppo sole). Il setting è normotermico, ovvero
mantiene valori normali di temperatura; se si trattasse un paziente affetto da
ipertermia con antipiretici, non si avrebbe successo; perché, dato che l’elevazione
del stepoint ipotalamico dipende dalle prostaglandine, non è un caso di setpoint
ipotalamico che cambia ma è un caso di esposizione a calore esogeno e produzione
di calore endogeno. Infatti, dalla attenta misurazione della temperatura, bisogna
capire se si tratta di febbre o di ipertermia. L’ipertermia si distingue dalla febbre per:
anamnesi (es. esposizione al calore ed assunzione di farmaci), blocco della
sudorazione, cute calda ed asciutta (nella febbre la cute è fredda per effetto della
vasocostrizione), ed inefficacia degli antipiretici.

Le cause dell’ipertermia sono:

1) Colpo di calore; proviene da un esercizio estenuo, sostenuto ad alte


temperature e in ambienti molto umidi ( non si riesce a trasferire energia
termica dal corpo all’ambiente) o non esercizio (assunzione abbondante di
ormoni tiroidei che sono termogenetici ed inducono un aumento della
temperatura).
2) Assunzione di farmaci/droghe; amfetamine, cocaina, LSD, antidepressivi
inducono ipertermia.
3) Ipertermia maligna; avviene per inalazione di anestetici e acetilcolina;
4) Endocrinopatie; (tireotossicosi, feocromocitoma) producono una grande
quantità di ormoni tiroidei (tireotossicosi) e catecolamina adrenergica
(feocromocitoma) ed entrambe inducono un metabolismo molto alto

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