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MALATTIE CRONICO-DEGENERATIVE

2° PARTE

Dott.ssa Michela Iosue


Michela.iosue@uniroma1.it
MALATTIE METABOLICHE
manifestazioni morbose che sono la conseguenza
diretta dell’alterazione di una o più reazioni
metaboliche dell’organismo.

Possono dipendere da:

• Cause strettamente genetiche: errori congeniti del


metabolismo;
• Base genetica e fattori ambientali: in cui la componente
genetica riguarda più geni. Appartengono a questo gruppo
il diabete mellito e le forme più comuni di gotta;
• Disturbi della nutrizione.
SINDROME METABOLICA

Nuova entità di diagnosi clinica delle patologie


cardiache, che cerca di individuare i soggetti che
presentano un rischio particolarmente aumentato di
sviluppare malattie cardiovascolari.
Caratterizzata da una serie di fattori di rischio metabolici, che
comprendono:
• obesità addominale;
• dislipidemia aterogenica;
• elevata pressione sanguigna;
• resistenza all’insulina o intolleranza al glucosio;
• stato protrombotico;
• stato proinfiammatorio.

Secondo l’American Heart Association (AHA) uno degli obiettivi


da perseguire nel management della sindrome metabolica è quello di
ridurre il rischio di malattia cardiovascolare, attraverso cambiamenti
dello stile di vita (perdita di peso, aumento dell’attività fisica,
riduzione dell’assunzione di grassi saturi, grassi trans- e di colesterolo),
ed eventuale trattamento farmacologico.
DIABETE MELLITO

Tipo 1 Tipo 2

• 10% della popolazione • 90% della popolazione


• Giovane età • Generalmente soggetti adulti
• Insulino-dipendente • Non insulino-dipendente
• Legato all’eccesso di peso

Cause genetiche Età, familiarità, stili di vita non


salutari

Se non correttamente curato, il diabete determina complicanze


vascolari, aumenta il rischio di aterosclerosi, favorisce l’ipertensione
arteriosa e l’ipercolesterolemia e riduce i livelli di HDL. Inoltre, può
causare danni a occhi, reni e sistema nervoso.
Sono le malattie sulle quali si conosce di più in termini
reversibilità del rischio, cosa che le rende, quindi,
prevenibili.

Cardiovascolari Cerebrovascolari
• Angina pectoris • Ischemia cerebrale
• Infarto Miocardico Acuto (Ictus ischemico)
• Emorragia cerebrale
Sindromi coronariche
MALATTIE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO

Le malattie del sistema circolatorio rappresentano la


principale causa di morte in Italia e nei paesi dell’UE.
Sono tipiche delle età adulte e senili.

Ogni anno le malattie cardiovascolari uccidono più di Anno 2009 (per


10.000 abitanti)
4,3 milioni di persone in Europa e sono causa del 48%
di tutti i decessi (54% per le donne, 43% per gli
uomini). Le principali forme di malattie
cardiovascolari sono le malattie cardiache
coronariche e l’ictus. Nei Paesi membri dell’Unione
Europea i morti per malattie cardiovascolari sono
ogni anno 2 milioni e rappresentano il 42% del totale
dei decessi.
Mentre nella regione Oms Europa sono le donne le
più colpite, mentre se ci si restringe alla sola Unione
Europea sono più colpiti gli uomini, a eccezione di
Francia, Paesi Bassi e Spagna.
ATEROSCLEROSI

Malattia che colpisce la parete delle arterie, causandone un


restringimento fino all’occlusione.

Le stenosi possono ostacolare il


flusso ematico agli organi,
soprattutto in condizioni in cui ne
è richiesto un aumento.
Possono, inoltre, complicarsi
improvvisamente con la
formazione di TROMBI, che
occludono rapidamente il vaso,
determinando l’interruzione
completa del flusso.
ANGINA PECTORIS
Sindrome caratterizzata da dolore in regione
retrosternale, talvolta irradiato o accompagnato da
altri segni e sintomi.
I sintomi compaiono in seguito ad una ischemia
miocardica, generalmente su base aterosclerotica.
Hanno una durata limitata nel tempo.

Le cellule cardiache soffrono, ma non muoiono.


INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA)
E’ la necrosi (morte) del tessuto muscolare cardiaco a
causa dell’insufficiente apporto di ossigeno (ischemia).

Non è reversibile.
ISCHEMIA CEREBRALE
(ICTUS)

O infarto cerebrale.
E’ dovuto alla riduzione del flusso sanguigno per
occlusione di un'arteria che irrora il cervello.

La chiusura di un'arteria può avvenire in modo improvviso


(es. embolo, trombo, ecc.) oppure può avvenire in modo
graduale, per il progressivo restringimento del vaso dovuto
all'ispessimento delle pareti (aterosclerosi, trombosi sulla
placca, ecc.).

TIA (attacco ischemico transitorio): l’ischemia è transitoria; i sintomi


scompaiono.
ICTUS EMORRAGICO

E' dovuto alla rottura di un'arteria cerebrale.


Può verificarsi a causa di:

brusco aumento della pressione arteriosa;

rottura di un aneurisma, cioè di una porzione della parete di


un'arteria malformata;

alterazione della coagulazione del sangue, per esempio in


seguito a trattamento con farmaci anticoagulanti.
TUMORI
Il TUMORE o NEOPLASIA o CANCRO è una malattia caratterizzata
dall’anomala crescita cellulare, che diventa eccessiva e non viene più
regolata dall’organismo.

Il processo di trasformazione di una cellula normale in cellula


neoplastica avviene attraverso varie tappe, con accumulo di anomalie
genetiche, funzionali e morfologiche.

Le mutazioni del DNA che conducono al cancro portano alla


distruzione dei processi fisiologici di regolazione di proliferazione ed
apoptosi (morte cellulare programmata), con risultato di una
incontrollata divisione cellulare.
La perdita del controllo della proliferazione ha luogo solo in seguito a
mutazioni nei geni che controllano la divisione cellulare, la morte
cellulare e i processi di riparazione del DNA.

Ecco perché l’assetto molecolare dei tumori rappresenta il terreno di


ricerca in cui si ripongono le maggiori speranze per le future ricadute
cliniche.
Affinchè si sviluppi un tumore, sono necessarie più mutazioni a carico di
diverse classi di geni, perché l’organismo umano è in grado di contrastare i
processi di trasformazione mediante processi di riparazione e attivazione del
sistema immunitario.
Quando questa capacità viene meno (per motivi vari), la cellula si trasforma,
attraverso varie tappe, in cellula tumorale.

Sono necessarie quindi sia l’attivazione dei geni che promuovono la crescita
(oncogèni) sia l’inattivazione dei geni che inibiscono la crescita
(oncosoppressori).

CANCEROGENESI
La cancerogenesi è un processo lungo e complesso: raramente una
singola alterazione genetica è sufficiente per lo sviluppo del tumore. In
genere un agente cancerogeno agisce sul DNA cellulare e provoca un
processo di INIZIAZIONE (rapido e irreversibile), seguito da una fase di
PROMOZIONE della crescita neoplastica (lenta e irreversibile).

Altri fattori devono intervenire per favorire la PROGRESSIONE della


malattia: nella maggior parte dei casi questi processi richiedono diversi
anni.

Altri meccanismi sono essenziali per la crescita tumorale, uno è


rappresentato dal cosiddetto microambiente (cioè tutto ciò che ruota
attorno al tumore): cellule favorenti, fattori di crescita, ma anche cellule
che combattono o uccidono la cellula tumorale.

Un altro meccanismo necessario alla progressione della malattia è il


cosiddetto SWITCH ANGIOGENICO, cioè la capacità del tumore di
costruire i propri vasi sanguigni e poter crescere.
L’ultimo evento che modifica la cellula neoplastica, è la
perdita dell’adesione al tessuto di cui fa parte e
l’acquisizione della capacità di spostarsi e riprodursi in
altri tessuti (metastasi).
Nel 2018 oltre 373.000 nuovi casi di tumori maligni
(incidenza).

Negli ultimi decenni, l'incidenza del cancro ha subito un incremento.

Le ragioni della crescita sono legate all'allungamento della vita media e a un


sensibile cambiamento negli stili di vita. L'aumento dei casi di tumore al
polmone nelle donne, per esempio, è una diretta conseguenza dell'incremento
del numero di fumatori di sesso femminile.

Maggiore importanza alla prevenzione.

Si passa da approccio curativo a preventivo


1981: Richard Doll e Richard Peto, epidemiologi, pubblicano
il primo elenco scientificamente controllato dei principali
fattori di rischio che determinano la comparsa di un cancro.
Tra i fattori individuati nello studio compaiono il fumo di
sigaretta, l'alimentazione e altre cause come virus, ormoni e
radiazioni.

Oggi l'approccio è di tipo multifattoriale, cioè il rischio reale


per un individuo di contrarre la malattia è dato dalla
combinazione dei diversi fattori di rischio.
Inoltre, si è capito che le misure di prevenzione non sono
limitate solo alle fasi che precedono l'insorgenza della
malattia (prevenzione primaria), ma possono essere applicate
anche quando la malattia è già presente (prevenzione
secondaria e terziaria).
«La prevenzione è la migliore arma per vincere il cancro ed è
a nostra portata, ogni giorno a cominciare dalla tavola,
seguendo le regole della corretta alimentazione, per finire ai
controlli medici periodici.»

Dal sito AIRC


«Per quanto riguarda la prevalenza sono circa 3.400.000
le persone vive nel 2018 in Italia con una pregressa
diagnosi di tumore: in un terzo degli uomini la pregressa
diagnosi è stata di tumore prostatico, nella metà delle
donne di tumore mammario. Questi numeri sono in
continua crescita e richiedono un’attenta valutazione per
l’impatto sanitario e sociale in termini di programmazione
del follow-up e della riabilitazione.»

Da «I numeri del Cancro in Italia, 2018»


La sopravvivenza (in genere a 5 anni) è il principale outcome in
campo oncologico e permette, attraverso la misura del tempo
dalla diagnosi, di valutare l’efficacia del sistema sanitario nel
suo complesso nei confronti della patologia tumorale.
La sopravvivenza, infatti, è condizionata da due aspetti:
1. la fase nella quale viene diagnosticata la malattia;
2. l’efficacia delle terapie intraprese.

Sulla sopravvivenza influiscono quindi sia gli interventi di


prevenzione secondaria sia la disponibilità e l’accesso a terapie
efficaci.
Nel 2018, gli italiani che vivono dopo una diagnosi di tumore sono
3.368.569, che rappresentano il 6% dell’intera popolazione italiana
(uno su 19). 45% del totale sono maschi (1.531.157, pari al 5% della
popolazione maschile), e 1.837.412 femmine (55% dei casi prevalenti
e 6% della popolazione femminile).
Nei maschi, la diagnosi pregressa più frequente riguarda il tumore
della prostata (457.902), seguito da quelli del colon-retto (244.046) e
della vescica (212.326). Questi tre tipi di tumore hanno rappresentato
quasi i 2/3 (60%) di tutti i casi prevalenti.
La diagnosi di tumore della mammella è di gran lunga la più frequente
nelle donne prevalenti: sono 799.198 ad aver avuto questa esperienza,
quasi la metà (43%) del totale. Gli altri tipi di tumore più frequenti
nelle donne sono il tumore del colon-retto (226.652), della tiroide
(155.995) e dell’endometrio (corpo dell’utero, 114.485). I primi
quattro tipi di tumore rappresentano il 70% di tutte le diagnosi
registrate nelle donne in Italia.
Prevenzione primaria

SCOPO: ridurre l'incidenza del cancro tenendo sotto controllo i fattori di


rischio modificabili e aumentando la resistenza individuale a tali fattori;
ovvero ridurre la probabilità che compaia un tumore.

Due tipi di fattori di rischio per l'insorgenza del cancro:


• Fattori non modificabili: sesso, assetto genetico, età;
• Fattori modificabili: stili di vita (fumo, alcol, alimentazione, attività fisica,
ecc.).
Non è sufficiente identificare i fattori di rischio; è
necessario valutare di quanto l'intera popolazione o il
singolo individuo siano esposti a tali fattori.

I consigli di prevenzione possono essere diretti a tutta


la popolazione (per esempio quelli che riguardano il
modo corretto di alimentarsi o di fare attività fisica) o a
particolari categorie di persone considerate “ad alto
rischio” (per esempio i fumatori).
Rientrano negli strumenti della prevenzione primaria
anche i vaccini contro specifici agenti infettivi che
aumentano il rischio di cancro, quali il virus dell'epatite
B (tumore del fegato) o il Papilloma virus umano
(HPV, responsabile del cancro della cervice uterina).
Prevenzione secondaria

SCOPO: individuare il tumore in uno stadio molto


precoce in modo che sia possibile trattarlo in maniera
efficace e ottenere di conseguenza un maggior numero di
guarigioni e una riduzione del tasso di mortalità; coincide
quindi con le misure di diagnosi precoce.
In genere riguarda il periodo tra l'insorgenza biologica della
malattia e la manifestazione dei primi sintomi.
Per alcuni tipi di tumore esistono anche in Italia dei
programmi nazionali di prevenzione secondaria (es.
mammografia ogni due anni per le donne dai 50 anni
in su o con cadenza diversa a seconda delle
considerazioni del medico sulla storia personale di
ogni donna).

SCREENING
OBIETTIVI DELLA PREVENZIONE

Prevenzione primaria:
• Ridurre l’incidenza
• Diminuire la mortalità
• Migliorare la qualità della vita

Prevenzione secondaria:
✓ Anticipazione diagnostica
✓ Più efficacia terapeutica
✓ Terapie meno aggressive
(Localizzazione di lesioni allo stadio iniziale,
chirurgia conservativa, migliore qualità di vita,
aumentata guaribilità)
Per fare prevenzione sono necessari:

• Ruolo delle Istituzioni (ricerca, sanità, comunicazione,


educazione, ecc.);
• Sensibilizzazione e informazione;
• Implementazione di campagne di screening ;
• Strumenti diagnostici all’ avanguardia;
• Facile accesso ai trattamenti e alle cure.
SCREENING

• Insieme di attività organizzate, rivolte a un’ampia quota della


popolazione, per individuare precocemente la presenza di
malattia in persone che non ne presentano ancora i sintomi;
• La malattia da individuare con lo screening deve
essere curabile o, comunque, il suo decorso deve poter
essere alterato grazie alla diagnosi precoce;
• I programmi di screening devono essere sostenibili e,
quindi, impiegare oculatamente le risorse disponibili.
Nel 1968 l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS)
ha stabilito i criteri universali in base ai quali una
malattia che interessa un'ampia fetta della
popolazione è idonea a essere oggetto di screening
preventivi:
• la malattia deve essere un reale problema di salute;
• deve esistere un trattamento idoneo a curare la
malattia diagnosticata;
• deve essere riconosciuto uno stadio latente o
devono essere riconoscibili i primi sintomi della
malattia;
• lo screening deve essere universalmente accettato
dalla popolazione.
Gli esami di screening devono essere:
• sicuri: la maggior parte delle persone che si sottopongono
ai test di screening è sana, perciò è fondamentale che gli
esami abbiano il più basso livello possibile di effetti
collaterali e rischi;
• accettabili: è difficile che una persona che ritiene di essere
sana si sottoponga a esami fastidiosi o complessi;
all’interno degli screening è, dunque, necessario scegliere
test che siano quanto più accettabili per i cittadini;
• attendibili: devono permettere di identificare le persone
malate con la maggiore precisione possibile ma,
rivolgendosi a persone quasi certamente sane, soprattutto
non devono diagnosticare erroneamente una malattia in
chi non ne è affetto.
Per rispettare questi principi, i programmi di screening:
1. Si rivolgono alle persone a maggior rischio di sviluppare
una determinata patologia. Sia dal punto di vista
economico generale sia in termini di costi personali, non è
sostenibile, sottoporre a screening le persone con
possibilità bassissime di sviluppare una patologia.
2. Sono effettuati a intervalli regolari. Perché una malattia
possa essere diagnosticata in modo precoce è
fondamentale che gli screening siano riproposti per tutto
l’arco di tempo in cui:
• la malattia ha maggiori probabilità di svilupparsi;
• un eventuale intervento terapeutico dia effettivi
vantaggi in termini di guadagno di tempo e/o di qualità
di vita.
3. sono articolati in più livelli. I test impiegati negli screening
hanno caratteristiche tali che una eventuale positività
all’esame non equivale a una diagnosi certa di malattia.
Per questo, in caso di positività, tutti gli screening
prevedono specifici esami di approfondimento che diano
una diagnosi definitiva. Inoltre, in caso di ulteriore
conferma, prevedono un preciso iter terapeutico che
garantisca omogeneità di trattamento a tutti i cittadini.
4. rispettano le prove scientifiche. Tutti i passaggi all’interno
degli screening sono effettuati secondo le indicazioni della
ricerca scientifica, in base alla quale si determinano:
• la popolazione su cui eseguire gli esami
• gli esami da effettuare e gli iter terapeutici in caso di
positività
• l’intervallo tra due round successivi di screening.
È opportuno ricordare che alcune lesioni identificate dagli
screening possono non dare origine a una vera e propria
malattia, perché in alcuni casi la progressione è molto lenta o
addirittura si arresta (es. soggetti anziani, lesioni cervice
uterina).

Non è facile, però, scoprire in quali casi ciò avviene.


Per questo motivo in alcuni casi non si procede con interventi
attivi, ma ci si limita a effettuare esami diagnostici con
maggiore frequenza per tenere sotto controllo l'evoluzione
della malattia: è ciò che accade, per esempio, nei pazienti
anziani con tumori caratterizzati da una fase preclinica molto
lunga, come il cancro della prostata.

Viceversa, non è detto che un risultato negativo allo sceening


equivalga a richio zero di sviluppare un tumore in futuro.
Prevenzione terziaria
SCOPO: prevenzione delle cosiddette recidive (o
ricadute) o di eventuali metastasi dopo che la
malattia è stata curata con la chirurgia, la
radioterapia o la chemioterapia (o tutte e tre
insieme).

Essa abbraccia anche il campo della terapia


adiuvante (chemioterapia, radioterapia e trattamenti
ormonali), che prolunga gli intervalli di tempo senza
malattia e aumenta la sopravvivenza in molti tipi di
tumore come quello dei testicoli, del seno, del colon
e molti altri.
SCREENING PER IL TUMORE DEL SENO
L’attivazione dei programmi di screening per il tumore della mammella è
raccomandata in Italia con programmi organizzati basati su invito attivo ed è
richiesta nell’ambito dei LEA.
Rivolto a donne tra 50 e 69 anni.

1. Visita senologica
2. Ecografia mammaria
3. Mammografia/mammografia digitale
4. Eventuale risonanza magnetica

Dati statistici dimostrano che nelle popolazioni sottoposte a screening, la mortalità


per tumore della mammella diminuisce, i trattamenti chirurgici sono più limitati ed i
risultati a lungo termine del trattamento sono migliori.
Dai dati disponibili si rileva la
persistenza di una diffusione
non uniforme dei programmi
di screening, con evidenti
differenze tra il Nord e il Sud.
Tre quarti delle donne
italiane di 50-69 anni
risiedono in zone in cui è
attivo lo screening
mammografico, tuttavia
l’adesione al Centro-Nord
supera il 90%, mentre al Sud
si attesta intorno al 40%.
SCREENING PER IL CARCINOMA CERVICO-UTERINO

Rivolto a donne di età compresa fra i 25 e i 64 anni.

1) Pap-test e HPV Test


2) Visita ginecologica
3) Ecografia transvaginale

Prevenzione Primaria Vaccino


L’adesione al programma di screening appare in tendenziale aumento in
tutte le aree geografiche nazionali, tranne nel Sud dove la % delle
invitate è pari al 27%, mentre al Centro è del 40% e al Nord del 47%.
SCREENING PER IL CARCINOMA DEL COLON-RETTO

Nel corso degli ultimi anni sono state avviate in Italia


varie iniziative di screening del carcinoma del colon-
retto. Alla fine del 2004 risultavano attivi in Italia 18
programmi, saliti a 72 alla fine del 2007.

Test di I livello:
➢ Sangue occulto nelle feci
➢ Colonscopia
SCREENING DEL TUMORE AL POLMONE

Screening:
1) Rx torace
2) Tc volumetrica
3) Tc spirale

Altri esami utili: Broncoscopia, PET, Agobiopsia,


Mediastinoscopia, eventuale RMN.
Nei fumatori il rischio di sviluppare un tumore al polmone
è 20 volte maggiore rispetto ai non fumatori.
L’unica azione di prevenzione primaria efficace per
ridurre l'incidenza del tumore al polmone è l’abolizione
del fumo di tabacco.
Per i tumori si riconoscono 4 fondamentali fattori di
rischio:
1. consumo di tabacco,
2. dieta non sana,
3. inattività fisica,
4. consumo dannoso di alcol.

Sono considerati a parte i fattori di rischio occupazionali


(agenti fisici, chimici e biologici) che però possono aumentare
la probabilità di sviluppare un tumore, anche come concause.
ALTRE PATOLOGIE
CRONICO-DEGENERATIVE
ARTROSI

Malattia cronico-evolutiva delle articolazioni, che


consiste in alterazioni di tipo degenerativo-regressivo
della cartilagine articolare.

➢ anca
Sedi maggiormente
➢ colonna vertebrale
interessate
➢ ginocchia
➢ Età
➢ Ereditarietà
➢ Squilibrio ormonale (estrogeni)

Fattori generali ➢ Obesità


➢ Alterazioni metaboliche
(calcio, fosforo,…)
➢ Ambiente

➢ Sollecitazioni meccaniche
➢ Infiammazioni
Fattori locali ➢ Traumi
➢ Displasie
Prevenzione
primaria Eliminare i fattori di rischio

Prevenzione Diagnosi precoce e terapia delle


secondaria alterazioni funzionali già insorte
DISTURBI MENTALI

Costituiscono un’importante causa di morbilità e contribuiscono al


carico globale delle malattie non trasmissibili.
È quindi necessario un accesso equo a programmi e interventi
efficaci di assistenza sanitaria.
I disturbi mentali influenzano le altre malattie non trasmissibili e ne
sono a loro volta influenzati: possono essere precursori o
conseguenze di una malattia non trasmissibile, oppure risultare da
un’interazione. Ad esempio, esistono evidenze scientifiche sul fatto
che la depressione predispone le persone agli infarti e, viceversa,
che gli infarti aumentano la probabilità di depressione.

Inoltre, fattori di rischio delle malattie non trasmissibili quali le


abitudini sedentarie e il consumo dannoso di alcol collegano le
malattie non trasmissibili ai disturbi mentali.

I disturbi mentali e le malattie non trasmissibili presentano entrambi


strette connessioni con le caratteristiche tipiche delle fasce di
popolazione economicamente svantaggiate, quali il basso livello di
istruzione e di condizione socio-economica, lo stress e la
disoccupazione.
Malgrado queste strette connessioni, le evidenze scientifiche
indicano che i disturbi mentali nei pazienti affetti da malattie
non trasmissibili vengono spesso trascurati.

Il piano d’azione globale sulla salute mentale dovrebbe essere


attuato in stretto coordinamento con il piano d’azione per la
prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili, ad
ogni livello.
Torniamo a parlare di AGENTI INFETTIVI…
AGENTI INFETTIVI

Negli ultimi anni il ruolo degli agenti infettivi nella patogenesi


delle malattie non trasmissibili, sia da soli sia in combinazione
con influenze genetiche e ambientali, è stato sempre più
riconosciuto.

Molte malattie non trasmissibili, incluse le malattie


cardiovascolari e le patologie respiratorie croniche, presentano
connessioni con le malattie trasmissibili per quanto concerne
l’eziologia o il rischio di esiti sfavorevoli.
Per un numero crescente di tumori, inclusi alcuni che hanno un
impatto mondiale come i tumori della cervice, del fegato, della
cavità orale e dello stomaco, è stata dimostrata l’eziologia
infettiva.
Nei paesi in via di sviluppo, le infezioni sono la causa di un
quinto dei tumori.
Infezioni o infestazioni collegate a tassi elevati di tumori nei
paesi in via di sviluppo includono il virus dell’herpes e l’HIV
per il sarcoma di Karposi, la fasciola hepatica per il
colangiocarcinoma.
Alcune disabilità importanti, quali la cecità, la sordità, i difetti
cardiaci e i deficit intellettivi possono derivare da cause
infettive prevenibili.
Il rafforzamento del controllo delle malattie infettive
attraverso strategie di prevenzione, inclusa l’immunizzazione
(ad esempio vaccini contro l’epatite B, il papillomavirus
umano, il morbillo, la rosolia, l’influenza, la pertosse e la
poliomielite), la diagnosi, il trattamento e il controllo
ridurranno sia il carico delle malattie non trasmissibili che il
loro impatto.
Inoltre, le persone già affette da malattie non trasmissibili
presentano un rischio elevato di contrarre malattie infettive e
un’alta vulnerabilità ad esse.
Tener conto di questa interazione permetterebbe di
massimizzare le opportunità di diagnosi e trattamento, sia per le
malattie infettive che per quelle non trasmissibili, attraverso
servizi di assistenza sanitaria primaria e di livello più specialistico
preparati.

Ad esempio, i fumatori, i diabetici, le persone con disturbi legati


al consumo di alcol, i soggetti immunodepressi e gli individui
esposti al fumo passivo presentano un rischio maggiore di
contrarre la tubercolosi.
VIOLENZA E TRAUMATISMI NON INTENZIONALI

L’esposizione ai maltrattamenti infantili (che includono l’abuso fisico,


sessuale ed emotivo, nonché la negligenza e la deprivazione) è un fattore
di rischio riconosciuto per la successiva adozione di comportamenti ad
alto rischio quali il fumo, il consumo dannoso di alcol, l’abuso di droghe e
i disordini alimentari, che a loro volta predispongono l’individuo alle
malattie non trasmissibili.
Le evidenze scientifiche dimostrano che le malattie cardiache
ischemiche, i tumori e le patologie polmonari croniche sono correlate ad
esperienze di abuso durante l’infanzia. Allo stesso modo, è stata
osservata un’associazione tra le violenze subite dal partner e il consumo
dannoso di alcol, l’abuso di droga, il fumo e i disordini alimentari.
I programmi per la prevenzione dei maltrattamenti infantili e della
violenza da parte del partner possono quindi contribuire in maniera
significativa alla prevenzione delle malattie non trasmissibili, riducendo
la probabilità del consumo di tabacco, di una dieta non sana e del
consumo dannoso di alcol.
La mancanza di infrastrutture che permettano alle persone di spostarsi a
piedi e in bicicletta in sicurezza è un fattore di inibizione dell’esercizio
fisico. Pertanto, strategie per la prevenzione dei traumatismi dovuti alla
circolazione stradale, quali un’adeguata legislazione in materia di
sicurezza stradale e la relativa attuazione, nonché la pianificazione del
buon uso del territorio e infrastrutture che rendano sicuri gli spostamenti
a piedi o in bicicletta, possono contribuire alla prevenzione delle malattie
non trasmissibili e alla riduzione dei traumatismi.

I problemi dovuti all’alcol sono un fattore importante che influisce sia sul
rischio relativo a tutti i traumatismi non intenzionali - che includono gli
incidenti stradali, le cadute, gli annegamenti, le ustioni e ogni forma di
violenza - sia sulla loro gravità.
Pertanto, intervenire sul consumo dannoso di alcol porterà benefici per la
prevenzione delle malattie non trasmissibili come anche per quella dei
traumatismi.

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