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Oncologia clinica:
E’ una branca specialistica della medicina che riguarda lo studio, la diagnosi e il trattamento dei
tumori.
Comprende l’oncologia medica (trattamento medico dei tumori), la radioterapia oncologica
(trattamento radiante dei tumori) e l’oncologia chirurgica (trattamento chirurgico dei tumori).
L’etimologia del termine oncologia è la parola greca ὄνκος (ónkos) che significa massa
Oncologia medica:
È una disciplina che deriva dalla medicina interna e dall’oncologia medica.
Studia l’epidemiologia, i fattori di rischio, la patogenesi dei tumori e si occupa di prevenzione
diagnosi e terapia dei tumori.
È una specializzazione nata negli stati uniti a metà degli anni ’60 e diffusa poi in tutto il mondo.
Le cellule per funzionare nel tempo devono replicarsi. Durante la loro vita si replicano, invecchiano
e muoiono. Alcune di queste cellule sviluppano però delle mutazione genetiche che le portano a
replicarsi in maniera continuativa senza svolgere la loro azione. A replicazione è via via più
importante da generare cellule più aggressive invadendo organi lontani dall’organo in cui è insorto
il tumore.
Il minimo comune denominatore del tumore è la capacità di proliferazione autonoma e illimitata,
con perdita di meccanismi di controllo moltiplicazione -> accrescimento irreversibile.
Un corredo genetico normale è fatto di protooncogeni (servono per far replicare le nostre cellule).
Le proteine create dai protooncogeni regolano il ciclo cellulare e il differenziamento. Possono
essere coinvolti anche nella trasduzione del segnale.
In una persona normale un organo che non si ammala di tumore è fatto all’interno da geni che lo
fanno replicare e da geni che fermano la replicazione. Questo è in equilibrio all’interno di un
organo normale. Quando per qualche motivo mutazioni vanno a colpire il DNA questo equilibrio si
scompensa, si sviluppano maggiormente i geni oncogeni e vengono meno gli oncosoppressori (che
sarebbero quelli che bloccano il ciclo cellulare).
Quello che in una persona normale è un normale equilibrio tra oncogeni e oncosoppressori si
altera.
Oncogeni:
Possono essere geni che codificano per certe proteine, danno uno stimolo alle proteine pe
accrescere. In un tumore queste proteine saranno molto attivate, causando una iper-replicazione
e si attivano anche senza segnale da parte del gene.
Esempi di oncosoppressori (geni che codificano per proteine che bloccano il ciclo cellulare):
- P53: inibisce la proliferazione cellulare, promuove la riparazione del DNA, induce l’apoptosi
e promuove il differenziamento
- RB
Se P53 non funziona queste cellule saranno cellule che hanno diversi errori nel DNA e non
andranno incontro a normale apoptosi. Saranno cellule più soggette a sviluppare mutazioni che le
fanno diventare tumorali.
Il processo che riguarda la mutazione della singola cellula è chiamato iniziazione cellulare.
Il tumore si genera quando a questa cellula arriva un segnale di promozione cellulare, cioè gli
arriva un segnale che li fa mutare e replicare ulteriormente, facendole diventare quindi cellule
tumorali.
Gli agenti promotori stimolano la proliferazione cellulare dando danni ossidativi al livello del DNA,
generando poi tumore.
Epidemiologia
A livello mondiale ogni anno circa 17.5 milioni di persone si ammalano di cancro e circa 8.7 milioni
di persone muoiono per cancro.
I tumori sono la seconda causa di morte a livello globale e sanitario (la prima sono le malattie
cardiovascolari).
I tumori principalmente responsabili di morte per cancro (i cosiddetti big killers) sono:
Tumore del polmone
Tumore della prostata (nei maschi) e della mammella (nelle femmine)
Tumore del colon retto
Tumore del pancreas
Tumore del fegato e delle vie biliari
I tumori stanno avendo una diminuzione grazie alla prevenzione primaria portando una
diminuzione all’esposizione ai fattori di rischio (campagne contro il fumo).
Vengono fatti anche degli screening (Paptest – tumore della cervice uterina; colonscopia –
carcinoma colorettale; mammografia – carcinoma mammario) e c’è stato un miglioramento delle
terapie antitumorali come radio, chemio e chirurgiche.
Fattori di rischio
Fattori di rischio generali:
o Età (il rischio aumenta con l’età)
o Etnia
o Sesso
o Ambiente (rurale/urbano)
o Familiarità (genetici)
o Alimentazione
o Geografia
Fattori di rischio specifici:
o Obesità e scarsa attività fisica
o Alcol
o Fumo (tabacco)
o Agenti fisici (es: radiazioni ionizzanti)
o Agenti infettivi (virus e batteri)
o Ormoni
o Composti chimici cancerogeni
I tumori vengono anche in base all’età, poiché durante la replicazione c’è più probabilità di
sviluppare una mutazione a livello genetico e dunque sviluppare un tumore.
Gli errori e le mutazioni genetiche sono più comuni negli uomini che nelle donne.
Incidenza:
I paesi industrializzati hanno più incidenza. La mortalità è maggiore nei paesi dell’est poiché
cambia l’accesso alle cure, se ci sono cure migliori si guariscono meglio.
Alcuni tumori, come ad esempio quello allo stomaco, è più frequente nei paesi orientali e meno
frequente nell’America.
Le abitudini di vita influiscono molto nello sviluppo dei tumori e sottopongono dunque l’intera
popolazione.
Una delle cause di tumore è legata alle mutazioni genetiche, cioè dei geni BRCA1 e BRCA2 che
predispongono ai tumori della mammella e dell’ovario.
L’APC predispone ai tumori del colon retto.
Dunque questi geni predispongono la persona ad avere un certo tumore.
La diagnosi di sindrome genetica permette la prevenzione nei confronti di figli o fratelli per una
diagnosi precoce.
Gli stili di vita partecipano nella possibilità di sviluppare un tumore come una dieta ricca di grassi e
povera di fibre può portare un tumore a livello gastroenterico.
I cibi ricchi di fibre diminuiscono i tumori del tratto gastroenterico. I cibi grassi transitano per
molto tempo nel colon, provocando maggiori insulti e così si potrebbero formare cellule
neoplastiche.
La carne rossa e la carne conservata possono provocare tumore al colon retto.
Altri tumori possono essere dovuti alla sottoposizione di ormoni (tumore alla mammella dovuto
all’esposizione di estrogeni).
Gli ormoni hanno un ruolo. Es tumore alla mammella: cellule sottoposte a molti estrogeni per cui
si può sviluppare.
I contraccettivi orali hanno però un effetto protettivo al tumore della mammella. In menopausa
prendere una terapia sostitutiva ormonale predispone ancora di più perché la finestra ormonale di
esposizione viene prolungata.
Gli estrogeni possono causare anche tumori dell’endometrio.
L’inattività fisica e l’obesità giocano un ruolo importante nello sviluppo dei tumori.
Epstein barr -> patogeni che causano mononucleosi e che danno predisposizione ai linfomi.
L’epatite B e C predispongono all’epatocarcinoma.
L’HPV predispone e al carcinoma della cervice uterina e si previene con PAP-TEST e con il vaccino
(tumori da agenti infettivi).
Prevenzione oncologica
La conoscenza dei fattori implicati nei processi di cancerogenesi ha portato a sviluppare il concetto
di prevenzione.
Si distingue una prevenzione primaria, una prevenzione secondaria e una terziaria
Prevenzione primaria:
Con il termine prevenzione primaria si intende l'identificazione dei fattori genetici, biologici e
ambientali implicati come fattori causali nella cancerogenesi e la loro eventuale manipolazione al
fine di minimizzare l'esposizione ad agenti riconosciuti o sospettati come cancerogeni.
L’attuazione delle misure che prevengono la carcinogenesi si indirizza a individui sani e si avvale di
strategie diverse.
L'importanza cancerogenetica del fumo di sigaretta è sottolineata dal fatto che, anche se le misure
di prevenzione fossero efficacemente operanti e potessero in breve tempo abbattere il tabagismo,
il carcinoma polmonare continuerebbe a rappresentare un importante problema sanitario per
molto tempo.
Infatti, i soggetti che smettono di fumare oltre i 55 anni di età continuano a presentare un
persistente aumento di rischio per i successivi 15-20 anni.
Queste considerazioni costituiscono la base per interventi di prevenzione secondaria nei confronti
sia dei fumatori sia degli ex fumatori.
Il fumo di sigaretta predispone a tutti i tumori. La prevenzione si fa evitando l’esposizione ad
asbesto, amianto cioè agenti inquinanti, attraverso la dieta e attraverso i vaccini (i tumori possono
essere causati anche dai virus).
Codice europeo:
- Non fumare. Fumatori, smettete il più pesto possibile e non fumate in presenza d'altri. Se
non fumi non provare a farlo
- Se bevi alcolici, vino o liquori, modera il tuo consumo
- Aumenta il tuo consumo quotidiano di verdure e frutta fresca. Mangia spesso cereali ad
alto contenuto di fibre
- Evita l'eccesso di peso, aumenta I'attività fisica e limita il consumo di alimenti grassi
- Evita I'esposizione eccessiva al sole ed evita le scottature, soprattutto nell'infanzia
- Attieniti strettamente alle norme di prevenzione alle esposizioni delle sostanze conosciute
come cancerogene
- Rispetta le condizioni di igiene e sicurezza per le sostanze cancerogene
Prevenzione secondaria:
Con prevenzione secondaria si intende l'identificazione precoce di lesioni neoplastiche
asintomatiche combinata con una terapia efficace allo scopo di diminuirne la morbilità e mortalità.
Ci sono due possibili forme di prevenzione secondaria:
Diagnosi precoce: vigile attenzione ai sintomi iniziali della malattia
Screening: ricerca della malattia in pazienti asintomatici
La diagnosi precoce è rivolta al singolo paziente sintomatico o asintomatico che si rivolge
spontaneamente al medico.
Il programma di screening è un intervento di sanità pubblica destinato ad una definita popolazione
asintomatica che per le sue caratteristiche di rischio è in grado di beneficiarne.
Per essere valido un programma di screening deve essere in grado di diagnosticare il tumore
precocemente.
I test di screening non sono diagnostici per la presenza di un tumore, ma indicano, con una
probabilità ragionevolmente elevata, che il particolare tipo di tumore ricercato può essere
presente e dettano la necessità di un approfondimento diagnostico che includa un accertamento
bioptico.
La neoplasia in questione deve essere causa di morbilità e mortalità sufficienti a giustificare i rischi
e i costi delle procedure di screening.
Deve esistere un trattamento che applicato nella fase preclinica sia più efficace di qualunque altro
applicato durante la fase sintomatica.
Deve essere possibile identificare in modo chiaro la popolazione a rischio da sottoporre a
screening.
Devono essere disponibili test di screening semplici, innocui, accurati in termini di sensibilità e
specificità e relativamente economici
Mammografia:
Screening per il tumore alla mammella. Si fa dai 50 anni. La mammografia non si fa a 20 anni
perché non fa vedere niente, si
preferisce un’ecografia. Non si fanno
alle ventenni perché non si sviluppa in
giovane età, mentre coloro che hanno
una predisposizione genetica sono
inserite in particolari programma di
cura e prevenzione.
HPV test:
Determina la presenza del
cancro alla cervice, causato da
alcuni tipi di papilloma virus
umano.
Vaccinazioni:
Nel campo della chemioprevenzione si considerano anche gli interventi di vaccinazione verso
specifici virus oncogeni.
Vaccinazione contro I'epatite B, principale responsabile dell'insorgenza del carcinoma primitivo del
fegato (epatocarcinoma), che, essendo diventata obbligatoria nel nostro paese, impedendo
I'insorgenza dell'infezione, dovrebbe portare nei prossimi anni a un abbattimento notevole
dell'incidenza di questa neoplasia.
Recentemente è stato introdotto un vaccino contro i virus Papilloma in grado di prevenire
I'insorgenza del carcinoma della cervice uterina.
Quasi tutti i casi di cancro del collo dell'utero sono, infatti, causati da forme specifiche del virus del
papilloma umano (human papilloma virus, HPV). Quelle più frequenti sono l'HPV 16 e I'HPV 18, che
si riscontrano in circa il 70% delle donne affette da cancro del collo dell'utero. Si presume che circa
I'80% delle donne e degli uomini attivi sessualmente venga contagiato almeno una volta nella vita
da HPV.
Di solito I'infezione guarisce senza conseguenze, diventando cronica soltanto nel 2-3% dei casi.
Prevenzione terziaria:
Attuazione di misure che promuovono l’aumento della sopravvivenza nei pazienti affetti da
neoplasie.
Gli interventi diagnostico-terapeutici che sono attuati con questo obiettivo comprendono pratiche
per la prevenzione delle complicanze e delle recidive di malattia e per il miglioramento della
qualità di vita.
Da un punto di vista infermieristico non daremo prognosi e non ci occuperemo di fare stadiazione.
Diagnosi:
Al momento della diagnosi noi ci appelliamo ad alcune procedure mediche:
o Anamnesi
o Esame obiettivo cioè la visita del paziente
o Risultati degli esami bioumorali e strumentali.
In oncologia la diagnosi è fatta grazie all’aiuto dell’anatomia-patologica (guarda un pezzo di un
organo malato al microscopio), perché ci aiuta a capire che tipo di tumore è, se è una metastasi, se
è un tessuto primitivo, ecc…
L’anatomia patologica si può ottenere grazie alla biopsia, agoaspirato, versamento, ecc…
Tutto questo per avere una giusta diagnosi clinico patologica.
Anamnesi:
L’anamnesi consiste nella raccolta dei dati riguardanti il paziente e la sua malattia; comprende:
L’anamnesi familiare (se ci sono stati familiari soprattutto di primo grado che hanno avuto
patologia oncologica)
L’anamnesi fisiologica (è l’abitudine di vita del paziente, ma anche l’attività lavorativa;
spesso si chiede se il paziente fuma, perché ci correla alcune diagnosi; si chiede se il
paziente beve)
L’anamnesi patologica remota (si vedono se ci sono state altre malattie, per sapere se il
paziente può sostenere un certo tipo di chemioterapia)
L’anamnesi patologica prossima: per capire che tipo di storia ha avuto il paziente prima di
arrivare da noi e prima di fare diagnosi.
I segni da tenere sotto controllo sono fondamentalmente:
- Ematuria
- Emoftoe e tosse persistente
- Presenza di sangue nelle feci
- Presenza di linfonodi che rimangono grosse, non dolenti, non si muovono e si
associano a febbre, sudorazione e perdita di peso
Un'anamnesi correttamente condotta può in molti casi fornire un orientamento diagnostico
fondato e indirizzare i successivi esami diagnostici strumentali e di laboratorio e deve, comunque,
sempre precedere l'esame fisico
L’esame obiettivo:
Rappresenta il momento centrale del procedimento diagnostico e deve essere condotto in
maniera accurata e sistemica, seguendo le procedure della metodologia clinica, al fine di:
- Valutare in che condizioni è il paziente
- Misurarne lo stato di validità o performance status
- Rilevare tutte le obiettività patologiche
L’esame obiettivo ci consente anche di evidenziare eventuali obiettività patologiche, quali:
o Versamento pleurico
o Presenza di ascite e/o di masse addominali
o Presenza di epatomegalia, di splenomegalia o di linfoadenopatie
Inoltre si fa sempre l’esame senologico (può consentire di rilevare la presenza di noduli mammari
sospetti) ed esplorazione rettale (può consentire di evidenziare la presenza di una neoformazione
del retto o di un nodulo prostatico).
Esami bioumorali:
Gli esami bioumorali possono fornire informazioni su:
Condizioni di funzionalità di vari organi e apparati
Equilibrio metabolico
Consentono di apportare opportuni correttivi terapeutici in condizioni ad esempio di ipercalcemia,
ipercreatininemia, iperuricemia, anemia.
Consentono in alcuni casi di indirizzare da soli l’orientamento diagnostico e i successivi esami
strumentali da effettuare:
- Rilievo di panctiopenia (riduzione del numero di tutte le cellule presenti nel sangue),
sospetto di patologie midollare primitiva e secondaria
- Presenza di anemia (valori normale di emoglobina tra 12 e 15, mentre anemia < 10),
sospetto di sanguinamento occulta dal canale gastrointestinale
- Scoperta di un picco monoclonale al quadro proteico elettroforetico, sospetto di mieloma
multiplo
Esami strumentali:
Ci servono per 2 motivi:
L’effettuazione di un’anamnesi e un esame clinico accurati e di esami bioumorali completi
consente di giungere a un sospetto diagnostico fondato e di programmare in maniera mirata i
successivi esami strumentali nel sospetto clinico di:
o Neoplasia dello stomaco o del colon, effettuare una gastroscopia o una colonscopia
o Neoplasia polmonare, effettuare un esame radiologico e una TAC del torace ed
eventualmente una broncoscopia
o Malattia midollare, effettuare un mieloaspirato e/o una biopsia ossea
o Lesioni ossee, effettuare una scintigrafia ossea e quindi radiografie delle zone di
iperaccumulo del tracciante scintigrafico
In presenza di una massa addominale effettuare un'ecografia addominale e quindi una TAC.
Alcuni esami strumentali come la gastroscopia, broncoscopia, ecc… non servono solo per vedere
se ci sono tumori ma anche per fare un prelievo dell’organo se è possibile. Il prelievo viene
portato all’anatomia patologica per capire se quello che si è visto all’esame è un tumore o meno.
Servono anche per escludere la presenza di metastasi.
Diagnosi anatomo-patologica:
Il sospetto clinico-strumentale di neoplasia deve essere sempre confermato dalla diagnosi
istopatologica, che è il risultato dell’analisi citoistologica del campione prelevato attraverso
agoaspirato o biopsia escissionale.
L’esame citologico (la biopsia prende un pezzettino e lo esamina al microscopico, quello citologico
serve per analizzare le cellule) mediante agoaspirato, di estrema rapidità e semplicità di
esecuzione, consente di valutare la natura neoplastica di una lesione e di orientare la diagnosi
verso un tipo cellulare.
Biopsia:
La scelta del prelievo bioptico è di solito determinata in base alla facilità di accesso e al grado di
estensione
In presenza di una linfoadenopatia viene in genere effettuata una biopsia ad ago sottile o con ago
di calibro maggiore; se non diagnostica, una biopsia a cielo aperto.
Altre vie comprendono:
- L’endoscopia:
-Broncoscopia per i tumori mediastinici facilmente accessibili o i tumori polmonari in
posizione centrale
-Esofagogastroduodenoscopia per i tumori dell’apparato digerente superiore
-Colonscopia per i tumori intestinali
- L’agobiopsia epatica percutanea eco-guidata in presenza di lesioni epatiche
- L’agobiopsia transtoracica TC- o eco-guidata in presenza di lesioni polmonari
Qualora tali procedure non siano adeguate, può essere necessaria una biopsia a cielo aperto.
L’esame istologico del campione tissutale prelevato alla biopsia consente di determinare I'istotipo
secondo la classificazione istopatologica proposta dall'OMS.
L’esame istologico del campione consente anche di valutare il grado di differenziazione della
neoplasia o grading (fattore prognostico indipendente nella maggior parte delle neoplasie e, in
alcuni casi, utile per la decisione terapeutica).
È necessario che il campione da esaminare sia adeguato e che venga mantenuta una stretta
collaborazione tra clinico e patologo, al fine di integrare i dati anatomo-patologici con quelli clinici.
Tale collaborazione risulta particolarmente importante nei casi in cui la diagnosi patologica sia
dubbia o discordante con i dati clinici
Stadiazione:
La stadiazione è un insieme di manovre diagnostiche, clinico-strumentali e/o anatomopatologiche
il cui obiettivo è quello di definire l’estensione della malattia, cioè lo stadio.
La stadiazione deve essere sempre preceduta da una precisa diagnosi, possibilmente
istopatologica, della malattia.
La definizione dello stadio ha due implicazioni importanti:
- Consente di emettere un giudizio prognostico
- È indispensabile per la corretta impostazione terapeutica
Sistema TNM:
Il sistema TNM soddisfa questi requisiti e descrive l'estensione anatomica della malattia attraverso
la valutazione di tre parametri:
T = grandezza del tumore
N = interessamento dei linfonodi intorno al tumore
M = presenza di metastasi a distanza
È un sistema internazionale che ci serve per capire di che tipo di tumore stiamo parlando.
L'aggiunta di suffissi a queste tre componenti indica l'estensione della malattia.
I principi di base della classificazione TNM sono applicabili a tutte le sedi anatomiche.
Si può avere:
TNM clinico (cTNM) pre-trattramento: che si basa sui dati acquisiti con Ia stadiazione
clinico-strumentale (esame obiettivo, tecniche di immagine, endoscopie, biopsia,
esplorazione chirurgica, altri esami rilevanti) ed è essenziale per la programmazione
terapeutica. Quindisi basa sui risultati degli esami ottenuti;
In seguito ad una revisione che ha uniformato i criteri dell'UICC (Unione Internazionale Contro il
Cancro) e dell'AJCC (American Joint Committee on Cancer):
- La categoria N viene definita dal numero dei linfonodi metastatici
- La categoria T per le neoplasie del tratto gastrointestinale viene definita dalla profondità
dell'invasione della parete del viscere cavo
Nella classificazione TNM vengono inoltre impiegate anche descrizioni facoltative che definiscono
situazioni particolari:
o L: infiltrazione linfatica
o V: invasione venosa
o R: residuo tumorale post-chirurgico
In questi casi si scrive:
- RX: la presenza di residuo tumorale non può essere accertata
- R0: se non c’ residuo tumorale
- R1: se il residuo è microscopico
- R2: se il residuo è macroscopico.
Il TNM, diversamente da altre classificazioni che si basano soltanto su gruppi sintetici, è in grado di
classificare separatamente le singole categorie T, N, e M (e pT, pN, pM).
Le categorie cliniche o patologiche del TNM possono poi essere raggruppate in stadi clinici e
patologici che si caratterizzano per l'omogeneità della prognosi dei pazienti con una stessa
neoplasia.
La definizione dello stadio secondo sistemi di stadiazione codificati:
- Agevola lo scambio di informazioni e di esperienze tra i diversi centri oncologici
- Costituisce uno strumento importante per la scelta di una terapia adeguata per la
formulazione di un giudizio prognostico e nel processo di valutazione della risposta al
trattamento e nella ricerca clinica
Fattori prognostici:
I fattori prognostici sono caratteristiche legate alla neoplasia e al paziente in grado di condizionare
l’evoluzione di una malattia o da influenzare l’esito di un trattamento.
Legati alla malattia:
- Istologia
- Stadio clinico
- Stadio anatomopatologico
- Grading
- Sede
- Evoluzione pre-trattamento
- Semeiotica
Legati al paziente:
- Età
- Sesso
- Stato generale di validità (performance status
- Stato nutrizionale
- Malattie concomitanti
Chirurgia oncologica
La chirurgia è la più antica arma terapeutica nella lotta al cancro.
La terapia del cancro è multidisciplinare con stretta collaborazione tra il chirurgo, l’oncologo, il
radioterapista e il patologo.
Esiste un piccolo gruppo di pazienti in cui fare la chirurgia ci fa capire quanto il tumore è esteso,
questo si fa per esempio in tumori dell’ovaio, perché spesso con gli esami non si vede bene.
Una precisa stadiazione è importante per impostare un corretto trattamento: una cattiva
pianificazione terapeutica compromette spesso le possibilità di cure definitive.
Il chirurgo oncologo può essere chiamato in causa in alcuni interventi a scopo stadiativo.
Chirurgia ricostruttiva:
Impiego di protesi, espansione tissutale o trasportazione di lembi miocutanei per la ricostruzione
della mammella dopo mastectomia radicale modificata.
Radioterapia:
Utilizzo delle radiazioni ionizzanti a scopo terapeutico.
Si tratta di radiazioni di tipo elettromagnetico o fotoniche (raggi X e gamm) o di radiazioni
corpuscolari (raggi beta, adroni, neutroni).
Si può fare:
- Pre-intervento
- Durante l’intervento (non viene quasi mai fatta)
- Post-intervento
La RT è una disciplina medica specialistica, il cui obiettivo principale è la terapia loco-regionale dei
tumori e/o dei sintomi ad essi correlati.
Al momento della diagnosi circa il 70% dei pazienti non ha evidenza di metastasi a distanza e viene
quindi trattato con modalità terapeutiche loco-regionali: chirurgia e/o RT.
Attualmente il 50% di tutti i pazienti affetti da neoplasia maligna viene trattato con RT o come
parte integrante del trattamento primario o in relazione a recidive, o in fase palliativa.
Si prevede che la RT avrà in futuro un ruolo sempre + importante, in relazione all’incremento di
trattamenti adiuvanti e in alternativa alla CH demolitiva (es: neoplasie ORL, k canale anale...).
RT radicale:
L’obiettivo è ottenere l’eradicazione del tumore: richiede l’utilizzo a tal fine di tutti i sussidi tecnici
disponibili per una adeguata personalizzazione del trattamento radiante.
Nella scelta della RT in alternativa a CH o CHT, a parità di indicazioni e risultati, prevarranno
considerazioni di natura estetica, psicologica e funzionale.
Es: paziente anziano con tumore al polmone localizzato senza metastasi. Si evia di operare ma si
usa la radioterapia in modo da eliminarlo in modo radicale senza operarlo.
RT adiuvante e neoadiuvante.
- Trattamento adiuvante: viene fatta dopo un intervento radicale. Vado a bruciare una zona
già eradicata, perché spesso il chirurgo toglie il tumore ma non è sicuro di aver tolto tutte
le cellule, e quindi si può fare radioterapia a livello locale in modo da abbattere le cellule
per non avere delle recidive. ES: tumore alla mammella.
- Trattamento neoadiuvante: fatta prima dell’intervento. Viene fatto perché in alcuni casi la
massa è troppo grande o ci sono dei linfonodi e non siamo sicuri di togliere tutta la massa,
quindi viene fatta per ridurre la massa e facilitare l’intervento del chirurgo, che farà un
intervento più sicuro e meno demolitivo.
RT palliativa:
In alcuni casi, soprattutto nelle neoplasie metastatiche ossee, si può andare a colpire le metastasi
in modo da ridurre il dolore, ma non togliere la metastasi.
Pur non avendo intento di radicalità, consente un approccio sintomatico e funzionale che consente
al paziente una migliore qualità di vita.
Nell maggior parte dei casi la radioterpia viene fatta con intento radicale.
Ci sono degli organi in cui faccio più volentieri la radioterapia, come la cute, il cavo orale, la
mammella.
Ci sono degli organi più sensibile alla radioterapia.
Una radioterapia preoperatoria riduce a massa, e quindi la possibilità che le cellule si disseminino
durante l’intervento.
Il concetto è fare la radio prima per aiutare il chirurgo che farà l’intervento dopo.
La radioterapia può essere fatta anche durante l’intervento, quindi intraoperatoria, ma sono casi
veramente rari.
Irradiazione del letto operatorio previo isolamento degli organi circostanti ottimizzando la
distribuzione della dose all’interno del volume tumorale.
In molti casi viene fatta invece post-operatoria, riducendo il rischio di recidiva, perché va a trattare
tutte le cellule che il chirurgo nell’intervento non ha tolto (es: mammella, polmone, ecc…)
Può essere un utile complemento della chirurgia nella sterilizzazione locoregionale o delle
metastasi linfonodali contigue.
Brachiterapia:
La brachiterapia ( interstiziale, endocavitaria, endoluminale) è una tecnica chirurgica che permette
di mettere direttamente a contatto neoplasia e sorgente radioattiva; ciò permette di irradiare in
maniera selettiva e con dosi elevate i tessuti posti in prossimità delle sorgenti, riducendo la dose
alle strutture sane adiacenti (neoplasie ginecologiche).
Sterotassi:
Tecnica che permette di somministrare un’elevata dose di radiazioni, di solito in una singola
seduta, ad un piccolo volume intracranico, con risparmio del tessuto cerebrale circostante:
numerosi piccoli fasci di radiazioni convergenti vengono indirizzati verso il bersaglio (es. gamma
knyfe per secondarismi cerebrali da k mammario, prostatico, ecc...).
Il target ideale per la stereotassi sono lesioni singole (massimo 3) e di piccole dimensioni.
Vantaggi -> rispetto alla chirurgia: minor traumatismo per il paziente, possibilità di intervenire su
lesioni inaccessibili alla chirurgia.
Chemioterapia:
Il primo obiettivo è la cura del paziente. Questo però non è sempre possibile perché magari ci sono
già metastasi.
Il trattamento può servire a fermare la malattia e a migliorare la qualità di vita del paziente.
Serve anche per evitare in un paziente che ritorni il tumore.
Se non possiamo guarire un paziente (metastatici), i trattamenti servono per prolungare la
sopravvivenza garantendo però la qualità di vita.
In alcuni casi i trattamenti oncologici possono servire a ridurre i sintomi legati alla malattia, questo
vale soprattutto per i pazienti a cui non possiamo offrire un trattamento curativo o allungargli la
vita, in questo caso si parla di trattamento palliativo che cura il sintomo ma non la malattia.
La terapia del pazienti oncologico, o la modalità del trattamento, deve sempre bilanciarsi con delle
caratteristiche legate alla malattia e al paziente:
- Tipo ed estensione del tumore
- Performance status (capacità di vivere nell’attività quotidiana)
- Età
- Patologie concomitanti
- Molti pazienti devono ricevere 2 o 3 trattamenti insieme
Terapia adiuvante:
Si tratta di radio- o chemioterapia che può essere fatta dopo un intervento radicale, o solo a scopo
radicale.
Questa terapia serve anche al chirurgo, nel caso in cui non abbia tolto tutta la malattia a livello
regionale, con un trattamento sistemico proviamo a debellarla.
Terapia neoadiuvante:
Si trattano dei tumori che inizialmente non sono approcciabili in modo radicale dal chirurgo o dal
trattamento radioterapico, e quindi si fa un trattamento per ridurre questa massa, in modo che sia
più facile per il chirurgo rimuoverla e che non rimangono delle cellule tumorali.
In questo caso si parla di tumori T.
In alcuni casi questo trattamento serve per rendere operabili dei tumori che altrimenti non
sarebbero operabili.
Un altro motivo per cui si fa questa terapia è quello di verificare se il tumore risponde. Ci sono
infatti alcuni tumori che non rispondono alla chemioterapia, anzi crescono. In questo caso se
facciamo un trattamento prima ci accorgiamo di questa possibilità. In questo caso raramente si
farà l’intervento. Quelli più tipici sono i sarcomi.
In alcuni casi lo stadio della malattia può modificare (se ho un T4 che risponde bene diventa un T1,
e quindi si può operare eliminandolo. Però vale sempre il T4 iniziale, così succede che si sottostadi
la malattia).
In alcuni casi invece la terapia neoadiuvante non viene vista con intento curativo ma serve solo per
garantire un intervento un po’ meno radicale e preservare l’organo il più possibile.
I tumori più frequenti che si trattano con una terapia neoadiuvante e molti usano anche un
trattamento chemioterapico neoadiuvante (chemio che agisce su tutto l’organismo e radio che
agisce solo sul tumore), sono:
o Carcinoma mammario
o Carcinoma dell’ano + RT
o Carcinoma del retto + RT
o Carcinoma della laringe + RT
o Carcinoma dell’esofago + RT
o Carcinoma dello stomaco
o Carcinoma della vescica
o Carcinoma della cervice uterina
o Sarcomi dei tessuti molli
o Osteosarcoma + RT
Neoplasie in fase avanzata potenzialmente suscettibili di guarigione con la sola terapia medica:
o Leucemia linfatica acuta
o Leucemia mieloide acuta
o Linfoma di Hodgkin ad alto grado
o Linfoma di Burkitt
o Gestocoriocarcinoma
o Neoplasie germinali del testicolo (uno dei pochi tumori che presi anche in stadi metastatici
può guarire)
o Tumore di Wilms
o Rabdomiosarcoma embrionale
o Sarcoma di Ewing
Neoplasie in fase di metastatizzazione con percentuale di risposta moderata o elevata (>30%) alla
terapia medica, ma non guariscono:
o Carcinoma vescicale
o Carcinoma della mammella
o Carcinoma endometriale
o Carcinoma della cervice uterina
o Leucemia mieloide cronica
o Leucemia linfatica cronica
o Carcinoma del colon
o Carcinoma dell’esofago
o Carcinoma della testa-collo
o Mieloma multipli
o Linfoma non di Hogking (la maggior parte dei sottotipi)
o Carcinoma polmonare non a piccole cellule
o Carcinoma ovarico
o Carcinoma prostatico (ormonoterapia)
Neoplasie non suscettibili di guarigione e con percentuali basse di risposta alla terapia medica
(<30%):
o Carcinoma corticosurrenalico
o Sarcomi dell’adulto
o Quasi tutte le neoplasie in pazienti con scarso performance status (ECOG 3 e 4)
o Tumori carcinoidi
o Carcinoma gastrico
o Epatocarcinoma / carcinomi del tratto biliare
o Carcinoma renale
o Mesotelioma
o La maggior parte delle neoplasie precedentemente trattate
o Carcinoma prostatico (ormonoresistente)
o Carcinoma tiroideo
Agenti alchilanti:
Citofosfamide, Cisplatino, Termozolamide, ecc….
Vengono usati per un sottogruppo di tumori.
Quando facciamo la chemioterapia possiamo avere delle ottime risposte, però non tutti i pazienti,
anche se hanno una remissione completa, non vivono oltre i 5 anni. Infatti se andiamo a vedere
solo il 70% è vivo a 5 anni. Il resto dei pazienti sono morti per complicanze o perché la malattia è
tornata (es: linfoma di Hodgking).
- Carcinoma del polmone a piccole cellule il 50% ha remissione completa ma solo il 10% a 5
anni è vivo
- Carcinoma della mammella il 25% ha remissione completa ma <5% è vivo a 5 anni
Questo succede perché il tumore ha una resistenza intrinseca, cioè non risponde a nessun
farmaco, perché ha sviluppato un aggressività nel suo percorso, che se si fa la chemioterapia in
quel paziente non funziona, perché magari riusciamo a distruggere delle cellule ma quelle più
aggressive vanno avanti e non si distruggono in nessun modo.
In genere ci accorgiamo di questa resistenza alla prima TC, perché si vede che il tumore è cresciuto
(la prima TC si fa dopo 3-4 mesi).
In alcuni casi ci può essere anche una resistenza acquisita, cioè inizialmente il paziente risponde, il
tumore regredisce. Quindi continuiamo il trattamento, alle altre TC si vede che va bene, però poi
magari dopo 9 mesi si vede che non va più bene, questo perché c’è una coda di cellule che non
risponde al trattamento. Questo avviene in modo silente e queste cellule vanno avanti a
proliferare.
Il tumore è una patologia che si replica, per replicarsi attiva dei geni che servono per la
replicazione cellulare, cioè li tiene sempre attivati. Se riusciamo a capire come si spengono questi
geni, quindi a scovare delle mutazioni, possiamo dare dei farmaci appositi.
La maggior parte dei bersagli di questi farmaci sono bersagli molecolari, perché all’interno di una
cellula neoplastica ci sono delle mutazioni che favoriscono la capacità di replicarsi.
Abbiamo alcuni tumori dove possiamo trovare dei target molto chiari (una proteina che nasce da
una mutazione che fa venire un determinato tumore. Se so come spegnere questa proteina che è
responsabile del tumore io avrò curato il tumore).
I tumori del sangue in genere hanno pochi target.
Con il farmaco biologico vado a spegnere l’attivazione che è responsabile della proliferazione
cellulare, in questo modo la cellula non si replica e il tumore non va avanti.
Questo farmaco colpirà solo questo bersaglio, non tutte le cellule che si replicano.
L’esempio caratteristico è l’Imatinib.
Nella chemio si deve fare una premedicazione, mentre spesso nella terapia biologica no.
Un altro gruppo di farmaci biologici sono gli anticorpi monoclonali, che sono gli stessi anticorpi
dell’individuo.
Con le loro porzioni si vanno a legare al sito che è responsabile della mutazione, che è
responsabile dello sviluppo del tumore.
Alcuni di questi anticorpi sono umanizzati altri sono chimerici. In quelli umanizzati non si fa la
premedicazione per un rischio di reazione allergica, mentre per alcuni non umanizzati si deve fare
antistaminici, cortisone, ecc… per evitare reazioni allergiche.
Immunoterapia
Il tumore per fare quello che fa, non lo fa liberamente.
In un individuo in teoria il sistema immunitario bloccherebbe queste cellule, quindi il tumore
tende a bloccare il sistema immunitario per andare avanti e progredire.
La ricerca ha scoperto dei farmaci che sbloccano il sistema immunitario contro il tumore.
Quindi dare un immunoterapia significa sbloccare il sistema immunitario per andare contro il
tumore. Si potenzia il sistema immunitario contro il tumore, che lo bloccherà.
Ne esistono 2 tipi:
- Anti PD1
- Anti PD-L1
Ormonoterapia
Diamo una terapia ormonale per bloccare la sintesi dell’ormone.
Alcune cellule e soprattutto alcuni tumori hanno cellule sensibili agli estrogeni e testosterone
(mammella e prostata).
Quindi si da la terapia ormonale che blocca la sintesi degli estrogeni e del testosterone.
Riassumendo…
Fatta diagnosi del tumore va stadiato (con la stadiazione TNM).
A seconda delle caratteristiche del tumore e del paziente vengono offerte delle modalità
terapeutiche:
- Malattia localizzata (stadio I-II): trattamento locoregionale + trattamento adiuvante per
eventuali micrometastasi
- Malattia localmente avanzata (stadio III): trattamento locoregionale + trattamento
sistemico + eventuali complicanze
- Malattia avanzata metastatica (stadio IV): trattamento sistemico + palliativo oppure
trattamento palliativo e delle complicanze
Per i criteri RECIST esistono 4 tipi di risposte ad un trattamento oncologico per i criteri metastatici:
- Risposta completa (RC o CR): abbiamo delle lesioni target che possiamo misurare, alla TC
non c’è più niente, le lesioni sono scomparse (alcune però poi possono tornare perché
sviluppano resistenza). Qualsiasi linfonodo patologico deve avere il diametro minore che si
è ridotto a una lunghezza < 10 mm;
- Risposta parziale (RP o PR): diminuzione del 30% della lesione, è una risposta ma non è
completa;
- Progressione di malattia (P o PD): la lesione che conosciamo aumenta almeno del 20%, o
c’è la comparsa di nuove lesioni che prima non c’erano;
- Malattia stabile (S o SD): la malattia rimane stabile, anche se aumenta del 20% o si riduce
del 30%. Non si dice progressione se non cresce più del 20% perché potrebbe anche essere
una necrosi del tumore, uguale per la risposta perché se non diminuisce meno del 30% non
siamo sicuri che sia il tumore diminuito o una precedente necrosi che è scomparsa;
L’altro parametro che abbiamo per capire se il tumore sta rispondendo è la qualità di vita del
paziente.
La qualità di vita è un termine complesso che comprende più definizioni.
Alcune la identificano nella definizione di salute: “la salute non è solo l'assenza di infermità e
malattia ma anche uno stato di benessere fisico, psichico e sociale”.
Si salvaguarda la qualità della vita che nasce da un benessere fisico, psichico e sociale.
II dominio fisico comprende i sintomi, le funzioni e le attività del corpo; il dominio psichico i
sintomi emozionali (ansia, paura, incertezza per il futuro ecc…); il dominio sociale il rapporto con il
medico e con altro personale sanitario, con la famiglia, con la società in genere.
Questo dipende da:
- Sintomi legati alla malattia
- I sintomi emozionali
- Proteggere anche il suo dominio sociale
I trial clinici sono fatti da medici e da professionisti, e vengono fatti sui pazienti.
C’è una fase che prevede che il farmaco o il device non sia studiato sul paziente, quindi si ha un
fase pre-clinica.
È importante perché alla base del trial clinico c’è la possibilità di migliorare le cure, la sicurezza e
per migliorare programmi di prevenzioni e metodi per fare diagnosi.
Senza il trial clinico non possiamo pensare di portare qualcosa di nuovo. Si fa perché tutto deve
essere regolamentato.
Tutto questo si basa sul metodo scientifico. Si parte da una domanda e si cerca di avere una
risposta. Tra domanda e risposta ci sono degli esperimenti.
Questo però è un processo complicato, perché più o meno, di 10.000 molecole testate in fase
clinica solo una di queste viene approvata.
La sperimentazione clinica deve richiedere l’approvazione del comitato etico e delle autorità
competenti (AIFA).
Protocollo:
- Revisione sistemica/metanalisi
- Obiettivo
- Trattamenti
- Inclusione ed esclusione dei farmaci
- Randomizzazione e cecità
- End-points (surrogati terapeutici)
- Reazioni avverse
- Calcolo della numerosità
- Analisi statistica
Se si fa un trial clinico il paziente deve firmare un consenso informato, che viene raccolto dal
medico.
Esistono delle capacità di trattare dei farmaci, chiamato uso compassionevole, cioè di utilizza un
prodotto con documentata efficacia, ma non ancora autorizzato alla commercializzazione.
Il trattamento compassionevole non è sperimentazione clinica.
Trattamento off-label:
Viene eseguito utilizzando un prodotto in commercio per una indicazione terapeutica non
approvata, ma per cui esiste una documentazione di efficacia.
Viene utilizzato quando non vi siano valide alternative.
La chemio ha lo scopo di distruggere i tessuti proliferanti, però alcuni appartengono alla nostra
vita quotidiana come il midollo osseo, annessi cutanei, cellule germinali dell’ovaio o del testicolo
(vale per i pz giovani). Questo rientra negli effetti collaterali del chemioterapico perché può
intaccare le cellule proliferante buone. Ci sono dei tessuti che proliferano un po meno e questi
saranno meno soggetti ad eventi collaterali della chemioterapia ma non è detto che non li abbiano
(es. polmone, fegato).
agenti che danno problemi a livello delle piastrine, globuli bianchi e rossi:
- agenti alchilanti
- analoghi del platino
- antimetaboliti
- antibiotici
- agenti antimicrotubulari
- inibitori delle tropoisomerasi
La neutropenia ovvero abbassamento dei neutrofili si può associare ad una febbre detta
neutropenia febbrile. Si definisce quando:
- La conta dei neutrofili è sotto 1000
- Tc sopra 38,5
- Tc 38 in 2 misurazioni.
Succede molto spesso nei pz trattati con chemio, e succede spesso in ematologia.
La durata e il grado della neutropenia condizioneranno il rischio, maggiore sarà il grado e la durata
maggiore sarà il rischio di infettarsi. Molto pericoloso è l’infezione di miceti. La neutropenia
influenza la prognosi perché si riduce la dose di chemioterapici.
La febbre richiede:
- Se rischio è basso antibiotici orali
- Se rischio alto, antibiotici in vena.
Questi pz devono essere stimolati con i g-csf per stimolare il midollo osseo a produrre i globuli
bianchi. I g-csf stimolano il midollo osseo a produrre i globuli bianchi, sono delle punture, ci sono
di vari tipi come glicosilato e non glicosilato. Queste punture somministrate intramuscolo o
sottocute hanno come effetto collaterale frequente quello del dolore osseo perché stimolano il
midollo, soprattutto quello dello sterno, bacino, midollo spinale.
Il dolore si tratta con antidolorifici e tachipirina.
Ci sono dei deficit enzimatici (enzima dpd) che non degradano bene il farmaco e i soggetti possono
avere una tossicità molto alta.
Un altro evento importante è la diarrea, le cellule sono infiammate e non compiono l’azione di
assorbimento dei liquidi.
Ci sono i 5 gradi. Si valuta il numero di scariche al giorno, nei casi più gravi si hanno 7-8 scariche al
giorno che causano disidratazione e squilibrio idro-elettrolitico.
Non tutti i chemioterapici sono in grado di dare emesi. Abbiamo un gruppo di farmaci che non
danno nausea e vomito come il bevacizumab (farmaco biologico).
Trattamenti antiemetici.
Ci sono diversi farmaci, molto sono inibitori del recettore della serotonina. Si danno insieme al
desametasone che potenzia l’effetto dell’antiemetico.
Alcuni farmaci sono nefrotossici, il cisplatino da un danno del tubulo perché passa la barriera
glomerulare e quindi si da insieme a tanti liquidi e con diuretici. Si deve valutare l’idratazione pre e
post somministrazione, mantenere la diuresi maggiore a 100, iniziare prima la terapia diuretica.
Altri farmaci sono cardiotossici, come le antracicline e il fluorouracile il quale da infarto e angina.
Un altro gruppo di farmaci cardiotossici sono i taxani.
Il tessuto nervoso può dare una neuropatia periferica ovvero degenerazione dei nervi periferici. Il
pz avrà parestesie ovvero formicolii dettati dalla perdita di sensibilità. Le parestesie peggiorano
quando si toccano cose ghiacciate. Si valuta la capacità dell’individuo nelle ADL, perché in alcuni
casi la neuropatia è grave e il pz non riesce a svolgere azioni di vita quotidiana.
Oxaliplatino da neuropatia periferica.
Possibilità di alcuni chemioterapici di sviluppare tumori, fa parte della tossicità ritardata. Riguarda
pz giovani che hanno avuto tumore ematologico i quali fanno chemioterapia ma il chemioterapico
procura un danno che in futura porta a sviluppo di tumore.
un esempio è la leucemia mieloide acuta, sarcomi dell’osso, tumore della vescica, polmone ecc
Dolore oncologico.
Problema importante. Nelle fasi più gravi coinvolge il 60-70% dei pz.
I tumori che danno dolore sono:
- Testa-collo
- Ginecologici
- Gastrointestinali
- Broncopolmonari
- Mammari
- Urogenitali
pz con malnutrizione sono pz con tumore al pancreas, stomaco, testa-collo, esofago, polmone
(dovuto ai linfonodi ingrossati), colon/retto, ginecologici, urologici.
La perdita di peso e malnutrizione sono correlati alla presenza della neoplasia e questo di solito
precede la diagnosi.
Il quadro si aggrava quando si arriva alla cachessia neoplastica caratterizzata dalla progressiva
perdita di massa muscolare che non può essere corretta con supporto nutrizionale e che porta ad
un progressivo danno funzionale.
La cachessia passa attraverso dei gradi che vanno da una pre-cachessia, ad una forma refrattaria in
cui non si può fare più niente e che porta a morte precoce.
Il pz può avere la digeusia ovvero alterazione del senso del gusto e si presenta con:
- Avversione per carni rosse e caffè
L’infermiere deve:
- Dare consigli per rendere i cibi più appetibili
- Cibi non troppo caldi, evitare stress
- Limone essendo forte da gusto a ciò che si mangia
- Coinvolgere la famiglia e la dietista
- Individuare le modificazioni giornaliere dell’appetito
Il pz può avere nausea e vomito che sono legati ai trattamenti ma anche alla patologia stessa e in
questo caso il problema è più meccanico.
L’infermiere:
- Dice al pz di evitare cibi troppo dolci
- Pasti piccoli e frequenti per non riempire in maniera precoce lo stomaco che potrebbe
portare a una dilatazione di esso e favorire lo stimolo del vomito
- Meglio cibi solidi
- Favorire l’alimentazione nel pasto preferito dal pz
- Introdurre modifiche se diarrea o stipsi
- Eventuale uso di integratori liquidi, nutrizione parenterale o enterale
Un altro porblema dei pz oncologici sono le infezioni che sono la principale causa di morte nei
malati di cancro. Le infezioni sono legate ad un abbassamento delle difese immunitarie legate alla
terapia e alla malattia stessa.
I segni classici sono edema, calore, rossore e dolore. la febbre come segno di infezione è molto
pericolosa in oncologia perché significa che c’è rischio di neutropenia.
Prevenzione e terapia.
- Preservare i meccanismi di difesa: istruire pz e famiglia a riconoscere segni e sintomi,
riposo adeguato
- Evitare il fumo
- Preservare l’integrità delle barriere meccaniche ovvero curare igiene orale, cute e mucose,
evitare le lesioni, attrito, limitare infusioni, iniezioni e cateterismi.
- Eliminare le fonti di infezione dall’ambiente ospedaliere e dal personale con lavaggio
frequente delle mani, evitare fiori o umidificatori
- Controllo frequente della temperatura, stato generale, punti di inserzioni di cateteri che
sono fonte di infezione
- Isolamenti per pz con grave neutropenia o aplasia
- Terapia: csf fattori stimolanti la crescita, ormoni che stimolano il midollo osseo a produrre
cellule. Si può avere dolore osseo antiinfiammatorio.
Controlli diagnostici.
Possono essere durante il trattamento o a fine trattamento.
I pz che fanno i controlli durante la terapia sono i peggiori perché aspettano un verdetto.
Quelli a fine trattamento sono pz adiuvanti che devono fare controlli diagnostici per verificare che
non ci siano recidive. Accertarsi sempre che i pz abbiano appuntamenti per il follow-up.
I pz in follow-up sono pz che hanno avuto un tumore e hanno fatto la chemio e continuano a
venire in day hospital per fare dei controlli periodici.
Alcuni farmaci sono fotosensibili ovvero sensibili all’esposizione della luce e quindi vanno
riscoperti ed evitare che siano esposti alla luce. Questi farmaci hanno una pellicola protettiva.
Alcuni pz hanno un elastomero che è dotato di una pompa e il farmaco va in continuo. Viene
utilizzato soprattutto per il 5-flurouracile.