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ONCOLOGIA MEDICA – D2

Oncologia clinica:
E’ una branca specialistica della medicina che riguarda lo studio, la diagnosi e il trattamento dei
tumori.
Comprende l’oncologia medica (trattamento medico dei tumori), la radioterapia oncologica
(trattamento radiante dei tumori) e l’oncologia chirurgica (trattamento chirurgico dei tumori).
L’etimologia del termine oncologia è la parola greca ὄνκος (ónkos) che significa massa

Oncologia medica:
È una disciplina che deriva dalla medicina interna e dall’oncologia medica.
Studia l’epidemiologia, i fattori di rischio, la patogenesi dei tumori e si occupa di prevenzione
diagnosi e terapia dei tumori.
È una specializzazione nata negli stati uniti a metà degli anni ’60 e diffusa poi in tutto il mondo.

Approccio al trattamento dei tumori:


I tumori sono curati in maniera integrata mediante la discussione dei casi nell’ambito di un gruppo
oncologico multidisciplinare dove un oncologo medico, un chirurgo oncologo, un radioterapista,
un anatomo-patologo, un radiologo ed altri specialisti esperti per le specifiche patologie
partecipano alla definizione e all’attuazione di percorsi diagnostico-terapeutici per i singoli
pazienti.
L’aggiornamento medico continuo in oncologia è molto importante in quanto miglioramenti
nell’approccio diagnostico-terapeutico sono frequenti.
Tutti i pazienti in buone condizioni generali che mostrano progressione di malattia e per i quali non
sono disponibili opzioni terapeutiche standard dovrebbero essere indirizzati ad uno studio clinico.

GOM= gruppo oncologico multidisciplinare


Al centro di questi gruppi oncologici c’è sempre il paziente, che viene visto da vari medici (anche
dietista, psicologo, chirurgo, riabilitatore, anestesista, curante, radioterapista).
È importante anche l’infermiere perché è a stretto contatto con il malato e deve essere in grado di
capire i bisogni e deve sapere riconoscere le criticità.

Principi generali di oncologia medica:


Il cancro non è una malattia, ma una costellazione di oltre un centinaio di malattie clinicamente
diverse, caratterizzate da meccanismi patogenetici comuni le cui dinamiche stanno gradualmente
venendo alla luce.
Il cancro deriva dall’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali e rappresenta il risultato
finale di una progressiva e multifasica serie di eventi molecolari che danneggiano il DNA.
Non tutti i tipi cellulari presenti nel nostro organismo sono ugualmente sensibili ai meccanismi di
trasformazione neoplastica.
Il cancro si sviluppa più facilmente nei tessuti attivamente proliferati, soprattutto se esposti a
cancerogeni ambientali.

Le cellule per funzionare nel tempo devono replicarsi. Durante la loro vita si replicano, invecchiano
e muoiono. Alcune di queste cellule sviluppano però delle mutazione genetiche che le portano a
replicarsi in maniera continuativa senza svolgere la loro azione. A replicazione è via via più
importante da generare cellule più aggressive invadendo organi lontani dall’organo in cui è insorto
il tumore.
Il minimo comune denominatore del tumore è la capacità di proliferazione autonoma e illimitata,
con perdita di meccanismi di controllo moltiplicazione -> accrescimento irreversibile.

Un corredo genetico normale è fatto di protooncogeni (servono per far replicare le nostre cellule).
Le proteine create dai protooncogeni regolano il ciclo cellulare e il differenziamento. Possono
essere coinvolti anche nella trasduzione del segnale.

In una persona normale un organo che non si ammala di tumore è fatto all’interno da geni che lo
fanno replicare e da geni che fermano la replicazione. Questo è in equilibrio all’interno di un
organo normale. Quando per qualche motivo mutazioni vanno a colpire il DNA questo equilibrio si
scompensa, si sviluppano maggiormente i geni oncogeni e vengono meno gli oncosoppressori (che
sarebbero quelli che bloccano il ciclo cellulare).
Quello che in una persona normale è un normale equilibrio tra oncogeni e oncosoppressori si
altera.

Oncogeni:
Possono essere geni che codificano per certe proteine, danno uno stimolo alle proteine pe
accrescere. In un tumore queste proteine saranno molto attivate, causando una iper-replicazione
e si attivano anche senza segnale da parte del gene.

Esempi di oncosoppressori (geni che codificano per proteine che bloccano il ciclo cellulare):
- P53: inibisce la proliferazione cellulare, promuove la riparazione del DNA, induce l’apoptosi
e promuove il differenziamento
- RB
Se P53 non funziona queste cellule saranno cellule che hanno diversi errori nel DNA e non
andranno incontro a normale apoptosi. Saranno cellule più soggette a sviluppare mutazioni che le
fanno diventare tumorali.

Il processo che riguarda la mutazione della singola cellula è chiamato iniziazione cellulare.
Il tumore si genera quando a questa cellula arriva un segnale di promozione cellulare, cioè gli
arriva un segnale che li fa mutare e replicare ulteriormente, facendole diventare quindi cellule
tumorali.
Gli agenti promotori stimolano la proliferazione cellulare dando danni ossidativi al livello del DNA,
generando poi tumore.

All’interno di un organismo normale questo processo è in equilibrio. Quando questo equilibrio si


rompe è chiaro che si può sviluppare la malattia tumorale. Spesso ci deve essere anche un
ulteriore stimolo per farla diventare tumorale, perché solitamente una cellula sbagliata va
incontro ad apoptosi.

I tumori sono caratterizzai da avere un autonomia proliferativa (si replicano in maniera


autonoma), da avere un apoptosi che è bloccata.
La cellula tumorale è in grado di sfruttare tutto quello che la circonda per sopravvivere quindi
diventa sempre più aggressiva ed è in grado di colonizzare gli altri tessuti e quindi dare le
metastasi.
Avere delle metastasi significa avere una malattia aggressiva da passare da un organo ad altri
organi (non rispondono alle terapie e se si operano ritornano).
Il tumore ha una serie di capacità che gli permette di crescere in maniera indefinita, invadere i
tessuti circostanti, di mangiare creando altri vasi sanguigni (angiogenesi) in modo da portare
nutrimento ad un altro tessuto che sta crescendo.
Può accadere che un organo abbia due tipi di tumore, uno completamente diverso dall’altro.

I tumori si dividono in:


 Tumori benigni: riproduzione cellulare abnorme, con caratteristiche morfologiche simili
alle cellule normali del tessuto di origine. Il tumore è generalmente circondato da una
capsula fibrosa.
Si sviluppano in maniera non invasiva ma espansiva, le cellule cresceranno di grandezza ma
non invaderanno gli organi circostanti diventando aggressive.
Le cellule sono all’interno della capsula tumorale, tendono ad espandersi e quindi potranno
dare sintomi ma non diventeranno mai maligne.
Il problema di questi tumori è che danno la compressione meccanica.
Se asportati questi tumori non sono recidivanti. La prognosi è dunque buona.
 Tumori maligni: riproduzione cellulare abnorme e le cellule sono molto aggressive, con
caratteristiche di differenziamento diverse dalle cellule normali del tessuto di origine.
Assenza di capsula, crescita per invasione dei tessuti circostanti e per colonizzazione a
distanza (metastasi).
Sono cellule poco differenziate detti anaplasti. Hanno un’architettura cellulare particolare e
non rispettano la barriera costituita dalla membrana basale, si infiltrano per forzatura nelle
cellule endoteliali e arrivano nel sangue e nella linfa finendo il circolo. Possono sia creare
per angiogenesi dei vasi, oppure essere abbastanza maligno da entrare nel circolo. La
produzione cellulare è abnorme e le cellule sono molto aggressive.
Esempi tumori benigni:
o Lipomi
o Angiomi
o Meningiomi
o Neurinomi del nervo acustico
o Adenomi dell’ipofisi
o Fibromi uterini
o Cisti ovariche
o Polipi intestinali
o Adenomi tiroidei
o Insulinomi

 Tessuti epiteliali  carcinomi


 Tessuto ghiandolare  adenocarcinomi
 Tessuti mesenchimali  sarcomi
 Sistema linfoemopoietico  linfomi (quando hanno la prevalente tendenza a crescere
come masse solide tissutali negli organi linfoidi periferici) e leucemie (quando hanno la
prevalente tendenza a invadere il midollo osseo e il torrente circolatorio).

Epidemiologia
A livello mondiale ogni anno circa 17.5 milioni di persone si ammalano di cancro e circa 8.7 milioni
di persone muoiono per cancro.
I tumori sono la seconda causa di morte a livello globale e sanitario (la prima sono le malattie
cardiovascolari).
I tumori principalmente responsabili di morte per cancro (i cosiddetti big killers) sono:
 Tumore del polmone
 Tumore della prostata (nei maschi) e della mammella (nelle femmine)
 Tumore del colon retto
 Tumore del pancreas
 Tumore del fegato e delle vie biliari

L’epidemiologia è la scienza che studia la distribuzione e i determinanti delle patologie dell’uomo e


comprende l’applicazione di queste conoscenze alla prevenzione delle malattie e delle loro cause.
L’epidemiologia dei tumori si concentra sulle patologie neoplastiche, ma include a questo fine
anche lo studio della distribuzione delle condizioni pre-neoplastiche (fattori di rischio) dei tumori.

Principali indicatori nell’epidemiologia dei tumori:


- Incidenza = n° di nuovi casi di tumore in un determinato periodo di tempo (es: un anno) /
n° di persone a rischio nello stesso periodo
- Mortalità = n° di decessi per tumore in un determinato periodo di tempo (es: un anno) / n°
di persone a rischio nello stesso periodo
- Prevalenza = n° di casi di tumore presenti in una popolazione in un dato momento / n° di
individui presenti nella stessa popolazione nello stesso momento
- Sopravvivenza = n° di casi di tumore sopravviventi dopo un certo numero di anni (di solito
5) / numeri di casi di tumori

Maggior incidenza di tumore nell’uomo -> prostata.


Maggior incidenza di tumore nella donna -> mammella.
Il tumore del polmone è la prima causa di morte tumorale poiché questo carcinoma è molto
aggressivo e le cure rispondono peggio rispetto al tumore alla prostata che risponde molto bene
alle cure e che è meno aggressivo (+ malati ma + cure).

I tumori stanno avendo una diminuzione grazie alla prevenzione primaria portando una
diminuzione all’esposizione ai fattori di rischio (campagne contro il fumo).
Vengono fatti anche degli screening (Paptest – tumore della cervice uterina; colonscopia –
carcinoma colorettale; mammografia – carcinoma mammario) e c’è stato un miglioramento delle
terapie antitumorali come radio, chemio e chirurgiche.

Fattori di rischio
Fattori di rischio generali:
o Età (il rischio aumenta con l’età)
o Etnia
o Sesso
o Ambiente (rurale/urbano)
o Familiarità (genetici)
o Alimentazione
o Geografia
Fattori di rischio specifici:
o Obesità e scarsa attività fisica
o Alcol
o Fumo (tabacco)
o Agenti fisici (es: radiazioni ionizzanti)
o Agenti infettivi (virus e batteri)
o Ormoni
o Composti chimici cancerogeni

I tumori vengono anche in base all’età, poiché durante la replicazione c’è più probabilità di
sviluppare una mutazione a livello genetico e dunque sviluppare un tumore.
Gli errori e le mutazioni genetiche sono più comuni negli uomini che nelle donne.

Tumori sotto i 50 anni uomini  tumore al testicolo.


Tumori sotto i 50 anni nella donna  mammella.

Incidenza:
I paesi industrializzati hanno più incidenza. La mortalità è maggiore nei paesi dell’est poiché
cambia l’accesso alle cure, se ci sono cure migliori si guariscono meglio.
Alcuni tumori, come ad esempio quello allo stomaco, è più frequente nei paesi orientali e meno
frequente nell’America.

Le abitudini di vita influiscono molto nello sviluppo dei tumori e sottopongono dunque l’intera
popolazione.

Una delle cause di tumore è legata alle mutazioni genetiche, cioè dei geni BRCA1 e BRCA2 che
predispongono ai tumori della mammella e dell’ovario.
L’APC predispone ai tumori del colon retto.
Dunque questi geni predispongono la persona ad avere un certo tumore.
La diagnosi di sindrome genetica permette la prevenzione nei confronti di figli o fratelli per una
diagnosi precoce.

Gli stili di vita partecipano nella possibilità di sviluppare un tumore come una dieta ricca di grassi e
povera di fibre può portare un tumore a livello gastroenterico.

I cibi ricchi di fibre diminuiscono i tumori del tratto gastroenterico. I cibi grassi transitano per
molto tempo nel colon, provocando maggiori insulti e così si potrebbero formare cellule
neoplastiche.
La carne rossa e la carne conservata possono provocare tumore al colon retto.

Altri tumori possono essere dovuti alla sottoposizione di ormoni (tumore alla mammella dovuto
all’esposizione di estrogeni).
Gli ormoni hanno un ruolo. Es tumore alla mammella: cellule sottoposte a molti estrogeni per cui
si può sviluppare.
I contraccettivi orali hanno però un effetto protettivo al tumore della mammella. In menopausa
prendere una terapia sostitutiva ormonale predispone ancora di più perché la finestra ormonale di
esposizione viene prolungata.
Gli estrogeni possono causare anche tumori dell’endometrio.
L’inattività fisica e l’obesità giocano un ruolo importante nello sviluppo dei tumori.

L’alcol può provocare tumore al fegato, mammella e al cavo orale.


Alcol + fumo= tumori del cavo orale e dell’esofago, dello stomaco.
Poiché sono i primi punti di contatto con l’alcol. Provocano dei danni alle pareti di questi organi
che portano alle mutazioni delle cellule.
Il fumo predispone ai tumori del polmone, a neoplasie ematologiche, tumori alla vescica, tumori
alle ovaie, all’utero, al tratto digestivo, alla porzione testa collo.
Il fumo porta al tumore per flogosi cronica, proliferazione cellulare, aumento della produzione di
radicali liberi.

Epstein barr -> patogeni che causano mononucleosi e che danno predisposizione ai linfomi.
L’epatite B e C predispongono all’epatocarcinoma.
L’HPV predispone e al carcinoma della cervice uterina e si previene con PAP-TEST e con il vaccino
(tumori da agenti infettivi).

Tumori dovuti a cause ambientali -> es: asbestosi


Campi elettromagnetici -> non si sa se provoca la comparsa di tumori. Giocano sicuramente un
ruolo nei tumori, però non si sa quale.
Radiazioni ionizzanti -> queste sono usate anche in medicina per curare alcuni tumori. Però
possono causarne alcuni.

Prevenzione oncologica
La conoscenza dei fattori implicati nei processi di cancerogenesi ha portato a sviluppare il concetto
di prevenzione.
Si distingue una prevenzione primaria, una prevenzione secondaria e una terziaria

Prevenzione primaria:
Con il termine prevenzione primaria si intende l'identificazione dei fattori genetici, biologici e
ambientali implicati come fattori causali nella cancerogenesi e la loro eventuale manipolazione al
fine di minimizzare l'esposizione ad agenti riconosciuti o sospettati come cancerogeni.
L’attuazione delle misure che prevengono la carcinogenesi si indirizza a individui sani e si avvale di
strategie diverse.

Controllo del fattori di rischio insiti nell'ambiente di vita e di lavoro:


- Applicazione delle opportune disposizioni di legge
Cancerogeni legati allo stile di vita e a comportamenti individuali (ad es: fumo di tabacco, dieta,
abitudine alla eccessiva esposizione al sole): si fa educazione sanitaria

L'importanza cancerogenetica del fumo di sigaretta è sottolineata dal fatto che, anche se le misure
di prevenzione fossero efficacemente operanti e potessero in breve tempo abbattere il tabagismo,
il carcinoma polmonare continuerebbe a rappresentare un importante problema sanitario per
molto tempo.
Infatti, i soggetti che smettono di fumare oltre i 55 anni di età continuano a presentare un
persistente aumento di rischio per i successivi 15-20 anni.
Queste considerazioni costituiscono la base per interventi di prevenzione secondaria nei confronti
sia dei fumatori sia degli ex fumatori.
Il fumo di sigaretta predispone a tutti i tumori. La prevenzione si fa evitando l’esposizione ad
asbesto, amianto cioè agenti inquinanti, attraverso la dieta e attraverso i vaccini (i tumori possono
essere causati anche dai virus).

Tumori oggetto di prevenzione primaria:

Codice europeo:
- Non fumare. Fumatori, smettete il più pesto possibile e non fumate in presenza d'altri. Se
non fumi non provare a farlo
- Se bevi alcolici, vino o liquori, modera il tuo consumo
- Aumenta il tuo consumo quotidiano di verdure e frutta fresca. Mangia spesso cereali ad
alto contenuto di fibre
- Evita l'eccesso di peso, aumenta I'attività fisica e limita il consumo di alimenti grassi
- Evita I'esposizione eccessiva al sole ed evita le scottature, soprattutto nell'infanzia
- Attieniti strettamente alle norme di prevenzione alle esposizioni delle sostanze conosciute
come cancerogene
- Rispetta le condizioni di igiene e sicurezza per le sostanze cancerogene

Prevenzione secondaria:
Con prevenzione secondaria si intende l'identificazione precoce di lesioni neoplastiche
asintomatiche combinata con una terapia efficace allo scopo di diminuirne la morbilità e mortalità.
Ci sono due possibili forme di prevenzione secondaria:
 Diagnosi precoce: vigile attenzione ai sintomi iniziali della malattia
 Screening: ricerca della malattia in pazienti asintomatici
La diagnosi precoce è rivolta al singolo paziente sintomatico o asintomatico che si rivolge
spontaneamente al medico.
Il programma di screening è un intervento di sanità pubblica destinato ad una definita popolazione
asintomatica che per le sue caratteristiche di rischio è in grado di beneficiarne.

Per essere valido un programma di screening deve essere in grado di diagnosticare il tumore
precocemente.
I test di screening non sono diagnostici per la presenza di un tumore, ma indicano, con una
probabilità ragionevolmente elevata, che il particolare tipo di tumore ricercato può essere
presente e dettano la necessità di un approfondimento diagnostico che includa un accertamento
bioptico.
La neoplasia in questione deve essere causa di morbilità e mortalità sufficienti a giustificare i rischi
e i costi delle procedure di screening.
Deve esistere un trattamento che applicato nella fase preclinica sia più efficace di qualunque altro
applicato durante la fase sintomatica.
Deve essere possibile identificare in modo chiaro la popolazione a rischio da sottoporre a
screening.
Devono essere disponibili test di screening semplici, innocui, accurati in termini di sensibilità e
specificità e relativamente economici

L'accuratezza di uno screening è definita da quattro parametri:


- Sensibilità: capacità del test di identificare il tumore
- Specificità: capacità del test di affermare che il tumore non c’è
- Valore predittivo positivo: percentuale di persone positive al test che realmente hanno il
tumore
- Valore predittivo negativo: percentuale di pazienti negativi al test che effettivamente non
hanno il tumore

Mammografia:
Screening per il tumore alla mammella. Si fa dai 50 anni. La mammografia non si fa a 20 anni
perché non fa vedere niente, si
preferisce un’ecografia. Non si fanno
alle ventenni perché non si sviluppa in
giovane età, mentre coloro che hanno
una predisposizione genetica sono
inserite in particolari programma di
cura e prevenzione.

PAP test: si fa per vedere se ci sono


delle lesioni precancerose e la
presenza di HPV. Si ha anche il vaccino
per prevenirlo.

HPV test:
Determina la presenza del
cancro alla cervice, causato da
alcuni tipi di papilloma virus
umano.

Per il tumore del colon retto si


fa l’esame del sangue occulto
nelle feci. Ha un’alta
sensibilità per scovare i
pazienti che hanno dei
problemi. Chi è positivo fa poi
la colonscopia.
Per il tumore del polmone non esiste uno screening validato.
Per il tumore alla prostata viene usato il PSA per lo screening mediante esame ematico.
Chemioprevenzione: in alcuni pazienti si possono assumere dei farmaci come oncoestrogeni che
riducono la comparsa di tumore.

Vaccinazioni:
Nel campo della chemioprevenzione si considerano anche gli interventi di vaccinazione verso
specifici virus oncogeni.
Vaccinazione contro I'epatite B, principale responsabile dell'insorgenza del carcinoma primitivo del
fegato (epatocarcinoma), che, essendo diventata obbligatoria nel nostro paese, impedendo
I'insorgenza dell'infezione, dovrebbe portare nei prossimi anni a un abbattimento notevole
dell'incidenza di questa neoplasia.
Recentemente è stato introdotto un vaccino contro i virus Papilloma in grado di prevenire
I'insorgenza del carcinoma della cervice uterina.
Quasi tutti i casi di cancro del collo dell'utero sono, infatti, causati da forme specifiche del virus del
papilloma umano (human papilloma virus, HPV). Quelle più frequenti sono l'HPV 16 e I'HPV 18, che
si riscontrano in circa il 70% delle donne affette da cancro del collo dell'utero. Si presume che circa
I'80% delle donne e degli uomini attivi sessualmente venga contagiato almeno una volta nella vita
da HPV.
Di solito I'infezione guarisce senza conseguenze, diventando cronica soltanto nel 2-3% dei casi.

Prevenzione terziaria:
Attuazione di misure che promuovono l’aumento della sopravvivenza nei pazienti affetti da
neoplasie.
Gli interventi diagnostico-terapeutici che sono attuati con questo obiettivo comprendono pratiche
per la prevenzione delle complicanze e delle recidive di malattia e per il miglioramento della
qualità di vita.

Diagnosi, stadiazione e prognosi dei tumori


La diagnosi è il processo inziale che serve per dare una terapia a un malato, ma dalla diagnosi e
dalla risposta alla terapia si può ricavare la prognosi.
In oncologica c’è un processo aggiuntivo che riguarda la stadiazione, che è la parte di approccio
medico e chirurgico, che ci serve per capire il tumore quanto è avanzato.
Ci sono dei metodi per quantificare la stadiazione.
La stadiazione ci dice un tumore quanto e come è avanzato, che approccio avere nei confronti del
tumore, e ci aiuta a capire che tipo di prognosi ha il malato.
La prognosi qualifica guarigione o non guarigione (alcuni tumori possono guarire; altri possono
avere una buona risposta ai trattamenti farmacologici e prolungare la vita senza effetti collaterali).
In alcuni pazienti, di stadio 4 (mestasti), non si parla quasi mai di guarigione. La prognosi dipende
molto dal tipo di tumore.

Da un punto di vista infermieristico non daremo prognosi e non ci occuperemo di fare stadiazione.
Diagnosi:
Al momento della diagnosi noi ci appelliamo ad alcune procedure mediche:
o Anamnesi
o Esame obiettivo cioè la visita del paziente
o Risultati degli esami bioumorali e strumentali.
In oncologia la diagnosi è fatta grazie all’aiuto dell’anatomia-patologica (guarda un pezzo di un
organo malato al microscopio), perché ci aiuta a capire che tipo di tumore è, se è una metastasi, se
è un tessuto primitivo, ecc…
L’anatomia patologica si può ottenere grazie alla biopsia, agoaspirato, versamento, ecc…
Tutto questo per avere una giusta diagnosi clinico patologica.

Anamnesi:
L’anamnesi consiste nella raccolta dei dati riguardanti il paziente e la sua malattia; comprende:
 L’anamnesi familiare (se ci sono stati familiari soprattutto di primo grado che hanno avuto
patologia oncologica)
 L’anamnesi fisiologica (è l’abitudine di vita del paziente, ma anche l’attività lavorativa;
spesso si chiede se il paziente fuma, perché ci correla alcune diagnosi; si chiede se il
paziente beve)
 L’anamnesi patologica remota (si vedono se ci sono state altre malattie, per sapere se il
paziente può sostenere un certo tipo di chemioterapia)
 L’anamnesi patologica prossima: per capire che tipo di storia ha avuto il paziente prima di
arrivare da noi e prima di fare diagnosi.
I segni da tenere sotto controllo sono fondamentalmente:
- Ematuria
- Emoftoe e tosse persistente
- Presenza di sangue nelle feci
- Presenza di linfonodi che rimangono grosse, non dolenti, non si muovono e si
associano a febbre, sudorazione e perdita di peso
Un'anamnesi correttamente condotta può in molti casi fornire un orientamento diagnostico
fondato e indirizzare i successivi esami diagnostici strumentali e di laboratorio e deve, comunque,
sempre precedere l'esame fisico

L’esame obiettivo:
Rappresenta il momento centrale del procedimento diagnostico e deve essere condotto in
maniera accurata e sistemica, seguendo le procedure della metodologia clinica, al fine di:
- Valutare in che condizioni è il paziente
- Misurarne lo stato di validità o performance status
- Rilevare tutte le obiettività patologiche
L’esame obiettivo ci consente anche di evidenziare eventuali obiettività patologiche, quali:
o Versamento pleurico
o Presenza di ascite e/o di masse addominali
o Presenza di epatomegalia, di splenomegalia o di linfoadenopatie
Inoltre si fa sempre l’esame senologico (può consentire di rilevare la presenza di noduli mammari
sospetti) ed esplorazione rettale (può consentire di evidenziare la presenza di una neoformazione
del retto o di un nodulo prostatico).

Esami bioumorali:
Gli esami bioumorali possono fornire informazioni su:
 Condizioni di funzionalità di vari organi e apparati
 Equilibrio metabolico
Consentono di apportare opportuni correttivi terapeutici in condizioni ad esempio di ipercalcemia,
ipercreatininemia, iperuricemia, anemia.
Consentono in alcuni casi di indirizzare da soli l’orientamento diagnostico e i successivi esami
strumentali da effettuare:
- Rilievo di panctiopenia (riduzione del numero di tutte le cellule presenti nel sangue),
sospetto di patologie midollare primitiva e secondaria
- Presenza di anemia (valori normale di emoglobina tra 12 e 15, mentre anemia < 10),
sospetto di sanguinamento occulta dal canale gastrointestinale
- Scoperta di un picco monoclonale al quadro proteico elettroforetico, sospetto di mieloma
multiplo

Esami strumentali:
Ci servono per 2 motivi:
L’effettuazione di un’anamnesi e un esame clinico accurati e di esami bioumorali completi
consente di giungere a un sospetto diagnostico fondato e di programmare in maniera mirata i
successivi esami strumentali nel sospetto clinico di:
o Neoplasia dello stomaco o del colon, effettuare una gastroscopia o una colonscopia
o Neoplasia polmonare, effettuare un esame radiologico e una TAC del torace ed
eventualmente una broncoscopia
o Malattia midollare, effettuare un mieloaspirato e/o una biopsia ossea
o Lesioni ossee, effettuare una scintigrafia ossea e quindi radiografie delle zone di
iperaccumulo del tracciante scintigrafico
In presenza di una massa addominale effettuare un'ecografia addominale e quindi una TAC.
Alcuni esami strumentali come la gastroscopia, broncoscopia, ecc… non servono solo per vedere
se ci sono tumori ma anche per fare un prelievo dell’organo se è possibile. Il prelievo viene
portato all’anatomia patologica per capire se quello che si è visto all’esame è un tumore o meno.
Servono anche per escludere la presenza di metastasi.

Diagnostica per immagini:


- Radiografia standard
- Ecografia
- Tomografia computerizzata
- Risonanza magnetica
- Medicina nucleare (tomografia ad emissione di positroni/tomografia computerizzata
PET/TC)
- Scintigrafia ossea total body
Endoscopia: ci servirà per valutare oltre al discorso diagnostico anche quello bioptico che si
manderà ad analizzare all’anatomia patologica:
- Del tratto gastrointestinale (esofagogastroduodenoscopia, colonscopia, endoscopia
intestinale con videocapsula)
- Del tratto respiratorio (broncoscopia)
- Del tratto genitourinario (cistoscopia, isteroscopia)

Diagnosi anatomo-patologica:
Il sospetto clinico-strumentale di neoplasia deve essere sempre confermato dalla diagnosi
istopatologica, che è il risultato dell’analisi citoistologica del campione prelevato attraverso
agoaspirato o biopsia escissionale.
L’esame citologico (la biopsia prende un pezzettino e lo esamina al microscopico, quello citologico
serve per analizzare le cellule) mediante agoaspirato, di estrema rapidità e semplicità di
esecuzione, consente di valutare la natura neoplastica di una lesione e di orientare la diagnosi
verso un tipo cellulare.

Biopsia:
La scelta del prelievo bioptico è di solito determinata in base alla facilità di accesso e al grado di
estensione
In presenza di una linfoadenopatia viene in genere effettuata una biopsia ad ago sottile o con ago
di calibro maggiore; se non diagnostica, una biopsia a cielo aperto.
Altre vie comprendono:
- L’endoscopia:
-Broncoscopia per i tumori mediastinici facilmente accessibili o i tumori polmonari in
posizione centrale
-Esofagogastroduodenoscopia per i tumori dell’apparato digerente superiore
-Colonscopia per i tumori intestinali
- L’agobiopsia epatica percutanea eco-guidata in presenza di lesioni epatiche
- L’agobiopsia transtoracica TC- o eco-guidata in presenza di lesioni polmonari
Qualora tali procedure non siano adeguate, può essere necessaria una biopsia a cielo aperto.

L’esame istologico del campione tissutale prelevato alla biopsia consente di determinare I'istotipo
secondo la classificazione istopatologica proposta dall'OMS.
L’esame istologico del campione consente anche di valutare il grado di differenziazione della
neoplasia o grading (fattore prognostico indipendente nella maggior parte delle neoplasie e, in
alcuni casi, utile per la decisione terapeutica).
È necessario che il campione da esaminare sia adeguato e che venga mantenuta una stretta
collaborazione tra clinico e patologo, al fine di integrare i dati anatomo-patologici con quelli clinici.
Tale collaborazione risulta particolarmente importante nei casi in cui la diagnosi patologica sia
dubbia o discordante con i dati clinici

Stadiazione:
La stadiazione è un insieme di manovre diagnostiche, clinico-strumentali e/o anatomopatologiche
il cui obiettivo è quello di definire l’estensione della malattia, cioè lo stadio.
La stadiazione deve essere sempre preceduta da una precisa diagnosi, possibilmente
istopatologica, della malattia.
La definizione dello stadio ha due implicazioni importanti:
- Consente di emettere un giudizio prognostico
- È indispensabile per la corretta impostazione terapeutica

Si distinguono una stadiazione clinico-strumentale ed una stadiazione anatomo-patologica.


La stadiazione clinico-strumentale è basata sulla valutazione clinica, di laboratorio e strumentale
dell'estensione della neoplasia.
Si basa sull'effettuazione dell'esame clinico, di esami bioumorali (emocromo, esami ematochimici,
marcatori tumorali) e strumentali (radiografie, ecografie, scintigrafie, TAC, RMN, PET)
La stadiazione patologica (tumori che vengono stadiati dopo l’intervento) richiede informazioni
chirurgiche e patologiche, implica l’asportazione completa della neoplasia, del suo organo di
insorgenza e dei linfonodi regionali, e consente di definire:
- Le reali dimensioni del tumore primitivo
- La sua estensione locale
- Il grado di malignità
- L’eventuale interessamento linfonodale

L'estensione della malattia dovrebbe poter essere descritta:


- Con un sistema di stadiazione applicabile a neoplasie che insorgano in qualunque distretto
anatomico
- Con possibilità di successive modifiche in rapporto alle ulteriori informazioni derivanti dallo
studio istopatologico del campione e dall'intervento chirurgico

Sistema TNM:
Il sistema TNM soddisfa questi requisiti e descrive l'estensione anatomica della malattia attraverso
la valutazione di tre parametri:
 T = grandezza del tumore
 N = interessamento dei linfonodi intorno al tumore
 M = presenza di metastasi a distanza
È un sistema internazionale che ci serve per capire di che tipo di tumore stiamo parlando.
L'aggiunta di suffissi a queste tre componenti indica l'estensione della malattia.
I principi di base della classificazione TNM sono applicabili a tutte le sedi anatomiche.

Si può avere:
 TNM clinico (cTNM) pre-trattramento: che si basa sui dati acquisiti con Ia stadiazione
clinico-strumentale (esame obiettivo, tecniche di immagine, endoscopie, biopsia,
esplorazione chirurgica, altri esami rilevanti) ed è essenziale per la programmazione
terapeutica. Quindisi basa sui risultati degli esami ottenuti;

 TNM patologico (pTNM) post-chirurgico: si ottiene con i dati derivati dall’intervento


chirurgico e dall’esame istopatologico e fornisce ulteriori informazioni per stimare la
prognosi e valutare i risultati del trattamento.
La valutazione patologica del tumore primitivo (pT) implica l'asportazione del tumore
primitivo o una biopsia tale da consentire la determinazione della più alta categoria pT.
La valutazione patologica dei linfonodi regionali (pN) richiede la rimozione e l’esame di un
numero adeguato di linfonodi per definire l’assenza di metastasi linfonodali regionali (pN0)
e sufficiente per determinare correttamente la più alta categoria pN.
L'accertamento patologico di metastasi a distanza (pM) implica l'esame microscopico.
Spesso succede che alcuni tumori sono più grandi di quello che pensavamo o meno grandi.
Inoltre alla tc vediamo linfonodi sospetti ma all’esame istologico non sono stati coinvolti la
prognosi cambia, è migliore.

In seguito ad una revisione che ha uniformato i criteri dell'UICC (Unione Internazionale Contro il
Cancro) e dell'AJCC (American Joint Committee on Cancer):
- La categoria N viene definita dal numero dei linfonodi metastatici
- La categoria T per le neoplasie del tratto gastrointestinale viene definita dalla profondità
dell'invasione della parete del viscere cavo

La stadiazione patologica non sostituisce la stadiazione clinica ma la integra.


La classificazione TNM è un sistema duale che consiste in una stadiazione clinica (pre-trattamento,
cTNM) e una stadiazione patologica (post-chirurgica, o pTNM).
Entrambe le classificazioni devono essere riportate nella scheda del paziente.
La stadiazione clinica è utile per definire le indicazioni al trattamento primario (chirurgia,
radioterapia, chemioterapia). La stadiazione patologica è utile per avere informazioni sulla
prognosi e può essere anche utilizzata in alcuni casi per decidere l’impiego di una terapia
adiuvante.

Grading o grado istopatologico:


Alla descrizione dell'estensione della malattia con il sistema TNM si aggiunge in genere anche
l'indicazione del grading o grado istologico di malignità.
Il grading è una misura istologica dell’aggressività tumorale.
Viene determinato sul materiale ottenuto dagli espianti chirurgici sulla base delle caratteristiche di
differenziazione citologica delle cellule tumorali, con particolare riferimento alle atipie nucleari e
del numero di mitosi.
II grading ha un valore prognostico indipendente nella maggior parte delle neoplasie, per cui la sua
esatta determinazione riveste una notevole importanza.
Tipi di grading che possiamo osservare:
 GX = il grado del tumore non può essere definito
 G1 = tumore ben differenziato
 G2 = tumore moderatamente differenziato
 G3 = tumore scarsamente differenziato
 G4 = tumore indifferenziato

Nella classificazione TNM vengono inoltre impiegate anche descrizioni facoltative che definiscono
situazioni particolari:
o L: infiltrazione linfatica
o V: invasione venosa
o R: residuo tumorale post-chirurgico
In questi casi si scrive:
- RX: la presenza di residuo tumorale non può essere accertata
- R0: se non c’ residuo tumorale
- R1: se il residuo è microscopico
- R2: se il residuo è macroscopico.

Il TNM, diversamente da altre classificazioni che si basano soltanto su gruppi sintetici, è in grado di
classificare separatamente le singole categorie T, N, e M (e pT, pN, pM).
Le categorie cliniche o patologiche del TNM possono poi essere raggruppate in stadi clinici e
patologici che si caratterizzano per l'omogeneità della prognosi dei pazienti con una stessa
neoplasia.
La definizione dello stadio secondo sistemi di stadiazione codificati:
- Agevola lo scambio di informazioni e di esperienze tra i diversi centri oncologici
- Costituisce uno strumento importante per la scelta di una terapia adeguata per la
formulazione di un giudizio prognostico e nel processo di valutazione della risposta al
trattamento e nella ricerca clinica

I pazienti con malattia localizzata


tendono a vivere molto di più.
I pazienti con tumore con metastasi
in genere non si operano, perché la
malattia è già generalizzata e non ha
senso togliere solo il primitivo.
Una malattia localizzata si può
togliere e il 90% dei pazienti è vivo a
5 anni. I pazienti con metastasi non
si operano.
Il paziente che ha la malattia che dall’organo è andata ai linfonodi si opera, togliendolo, in modo
tale che poi non torni.

Fattori prognostici:
I fattori prognostici sono caratteristiche legate alla neoplasia e al paziente in grado di condizionare
l’evoluzione di una malattia o da influenzare l’esito di un trattamento.
Legati alla malattia:
- Istologia
- Stadio clinico
- Stadio anatomopatologico
- Grading
- Sede
- Evoluzione pre-trattamento
- Semeiotica
Legati al paziente:
- Età
- Sesso
- Stato generale di validità (performance status
- Stato nutrizionale
- Malattie concomitanti

Valutazione del performance status:


 Scala di Karnofsky
 Scala di ECOG: scala che va da 0
a 5 e identifica il paziente
completamente sano dal
paziente morto (paziente con
ecog da 3-4 non si fa la
chemioterpia)

Ci sono dei fattori prognostici legati al


trattamento:
- Centro ospedaliero
- Esperienza del personale medico-sanitario
- Responsabilità alla chemioterapia
- Precedente chemioterapia
Legati alla possibilità di controllo dopo il trattamento:
- Follow-up

Chirurgia oncologica
La chirurgia è la più antica arma terapeutica nella lotta al cancro.
La terapia del cancro è multidisciplinare con stretta collaborazione tra il chirurgo, l’oncologo, il
radioterapista e il patologo.

 Chirurgia con intento radicale:


Lo scopo è quello di asportare completamente la neoplasia; la sezione chirurgica avviene su
tessuto sano. E’ necessario che non vi siano MTS a distanza né linfonodali eccetto quelle
limitate alla regione sede del tumore
 Chirurgia palliativa:
Lo scopo è quello di eliminare o correggere complicazioni della neoplasia (occlusioni
intestinali..) e controllare la sintomatologia
 Chirurgia riduttiva:
Lo scopo è quello di ridurre al minimo il volume della neoplasia per facilitare l’azione di altri
trattamenti (es: sarcomi, R0, R1, R2)
 Ormono-chirurgia ablativa:
Modificare lo stato endocrino del paziente (es: ovariectomia per k mammario o
orchiectomia nel carcinoma della prostata)

Esempi di chirurgia oncologica con intento di radicalità:


- Quadrantectomia mammaria e linfoadenectomia
- Emicolectomia e linfoadenoctomia
- Resezione parenchima polmonare
Un intervento troppo esteso può rappresentare un errore, ma un intervento insufficiente può
risolversi in una tragedia.

Esempi di chirurgia oncologica palliativa:


- Laminectomia decompressiva
- Derivazione intestinale (se c’è un occlusione intestinale in paziente con metastasi non
toglie il tumore ma risolve solo l’occlusione)
- Posizionamento stent bronchiali

Esiste un piccolo gruppo di pazienti in cui fare la chirurgia ci fa capire quanto il tumore è esteso,
questo si fa per esempio in tumori dell’ovaio, perché spesso con gli esami non si vede bene.
Una precisa stadiazione è importante per impostare un corretto trattamento: una cattiva
pianificazione terapeutica compromette spesso le possibilità di cure definitive.
Il chirurgo oncologo può essere chiamato in causa in alcuni interventi a scopo stadiativo.

Terapia della lesione primaria:


a. Intento curativo
b. Intento palliativo
Una chirurgia che non si preoccupasse di prolungare a vita, sarebbe un atto terapeutico
deontologicamente scorretto.

Terapia delle recidive:


È indicata nelle neoplasie a basso grado di malignità e a lenta crescita.
Quando la malattia operata ritorna. La recidiva può essere locale o una metastasi a distanza. La
metastasi a distanza può comparire anche molti anni dopo.

Terapia delle metastasi:


Ci sono dei casi selezionati in cui il chirurgo può operare le metastasi però questo deve avere un
senso.
In un paziente giovane si tenta di toglierla, in un paziente anziano ci pensiamo più di una volta
prima di sottoporlo ad intervento chirurgico. Di norma però una malattia metastatica non ha senso
operarla a meno che non sia una complicanza.

Chirurgia ricostruttiva:
Impiego di protesi, espansione tissutale o trasportazione di lembi miocutanei per la ricostruzione
della mammella dopo mastectomia radicale modificata.
Radioterapia:
Utilizzo delle radiazioni ionizzanti a scopo terapeutico.
Si tratta di radiazioni di tipo elettromagnetico o fotoniche (raggi X e gamm) o di radiazioni
corpuscolari (raggi beta, adroni, neutroni).
Si può fare:
- Pre-intervento
- Durante l’intervento (non viene quasi mai fatta)
- Post-intervento

La RT è una disciplina medica specialistica, il cui obiettivo principale è la terapia loco-regionale dei
tumori e/o dei sintomi ad essi correlati.
Al momento della diagnosi circa il 70% dei pazienti non ha evidenza di metastasi a distanza e viene
quindi trattato con modalità terapeutiche loco-regionali: chirurgia e/o RT.
Attualmente il 50% di tutti i pazienti affetti da neoplasia maligna viene trattato con RT o come
parte integrante del trattamento primario o in relazione a recidive, o in fase palliativa.
Si prevede che la RT avrà in futuro un ruolo sempre + importante, in relazione all’incremento di
trattamenti adiuvanti e in alternativa alla CH demolitiva (es: neoplasie ORL, k canale anale...).

RT radicale:
L’obiettivo è ottenere l’eradicazione del tumore: richiede l’utilizzo a tal fine di tutti i sussidi tecnici
disponibili per una adeguata personalizzazione del trattamento radiante.
Nella scelta della RT in alternativa a CH o CHT, a parità di indicazioni e risultati, prevarranno
considerazioni di natura estetica, psicologica e funzionale.
Es: paziente anziano con tumore al polmone localizzato senza metastasi. Si evia di operare ma si
usa la radioterapia in modo da eliminarlo in modo radicale senza operarlo.

RT adiuvante e neoadiuvante.
- Trattamento adiuvante: viene fatta dopo un intervento radicale. Vado a bruciare una zona
già eradicata, perché spesso il chirurgo toglie il tumore ma non è sicuro di aver tolto tutte
le cellule, e quindi si può fare radioterapia a livello locale in modo da abbattere le cellule
per non avere delle recidive. ES: tumore alla mammella.
- Trattamento neoadiuvante: fatta prima dell’intervento. Viene fatto perché in alcuni casi la
massa è troppo grande o ci sono dei linfonodi e non siamo sicuri di togliere tutta la massa,
quindi viene fatta per ridurre la massa e facilitare l’intervento del chirurgo, che farà un
intervento più sicuro e meno demolitivo.

RT palliativa:
In alcuni casi, soprattutto nelle neoplasie metastatiche ossee, si può andare a colpire le metastasi
in modo da ridurre il dolore, ma non togliere la metastasi.
Pur non avendo intento di radicalità, consente un approccio sintomatico e funzionale che consente
al paziente una migliore qualità di vita.

Nell maggior parte dei casi la radioterpia viene fatta con intento radicale.
Ci sono degli organi in cui faccio più volentieri la radioterapia, come la cute, il cavo orale, la
mammella.
Ci sono degli organi più sensibile alla radioterapia.
Una radioterapia preoperatoria riduce a massa, e quindi la possibilità che le cellule si disseminino
durante l’intervento.
Il concetto è fare la radio prima per aiutare il chirurgo che farà l’intervento dopo.

La radioterapia può essere fatta anche durante l’intervento, quindi intraoperatoria, ma sono casi
veramente rari.
Irradiazione del letto operatorio previo isolamento degli organi circostanti ottimizzando la
distribuzione della dose all’interno del volume tumorale.

In molti casi viene fatta invece post-operatoria, riducendo il rischio di recidiva, perché va a trattare
tutte le cellule che il chirurgo nell’intervento non ha tolto (es: mammella, polmone, ecc…)
Può essere un utile complemento della chirurgia nella sterilizzazione locoregionale o delle
metastasi linfonodali contigue.

In alcuni casi si fa una radioterapia associata a una chemioterapia.


Il paziente fa tutti i giorni la sua radioterapia (solitamente per 15-21 giorni consecutivi) in più
associa il trattamento chemioterapico in vena. Questo perché la radio agisce a livello locale,
mentre la chemio da un trattamento sistemico.
In alcuni casi i farmaci possono essere usati per far funzionare meglio la radioterapia.

Brachiterapia:
La brachiterapia ( interstiziale, endocavitaria, endoluminale) è una tecnica chirurgica che permette
di mettere direttamente a contatto neoplasia e sorgente radioattiva; ciò permette di irradiare in
maniera selettiva e con dosi elevate i tessuti posti in prossimità delle sorgenti, riducendo la dose
alle strutture sane adiacenti (neoplasie ginecologiche).

Sterotassi:
Tecnica che permette di somministrare un’elevata dose di radiazioni, di solito in una singola
seduta, ad un piccolo volume intracranico, con risparmio del tessuto cerebrale circostante:
numerosi piccoli fasci di radiazioni convergenti vengono indirizzati verso il bersaglio (es. gamma
knyfe per secondarismi cerebrali da k mammario, prostatico, ecc...).
Il target ideale per la stereotassi sono lesioni singole (massimo 3) e di piccole dimensioni.
Vantaggi -> rispetto alla chirurgia: minor traumatismo per il paziente, possibilità di intervenire su
lesioni inaccessibili alla chirurgia.

Modalità di trattamento in oncologia


Locoregionali:
 Chirurgia
 Radioterapia
Sistemiche:
 Terapia medica
- Chemioterapia
- Terapia biologica
- Ormonoterapia
- Immunoterapia

Chemioterapia:
Il primo obiettivo è la cura del paziente. Questo però non è sempre possibile perché magari ci sono
già metastasi.
Il trattamento può servire a fermare la malattia e a migliorare la qualità di vita del paziente.
Serve anche per evitare in un paziente che ritorni il tumore.
Se non possiamo guarire un paziente (metastatici), i trattamenti servono per prolungare la
sopravvivenza garantendo però la qualità di vita.
In alcuni casi i trattamenti oncologici possono servire a ridurre i sintomi legati alla malattia, questo
vale soprattutto per i pazienti a cui non possiamo offrire un trattamento curativo o allungargli la
vita, in questo caso si parla di trattamento palliativo che cura il sintomo ma non la malattia.

La terapia del pazienti oncologico, o la modalità del trattamento, deve sempre bilanciarsi con delle
caratteristiche legate alla malattia e al paziente:
- Tipo ed estensione del tumore
- Performance status (capacità di vivere nell’attività quotidiana)
- Età
- Patologie concomitanti
- Molti pazienti devono ricevere 2 o 3 trattamenti insieme

La terapia medica dei tumori consiste in:


 Adiuvante
 Neoadiuvante
 Terapia medica della malattia metastatica (primaria/palliativa) . Quella primaria è quando
facciamo dei trattamenti dal quale ci aspettiamo una risposta, mentre quella palliativa è
quando sappiamo che non ci sarà una grande risposta, quindi serve per alleviare sintomi o
problematiche

Terapia adiuvante:
Si tratta di radio- o chemioterapia che può essere fatta dopo un intervento radicale, o solo a scopo
radicale.

Questa terapia serve anche al chirurgo, nel caso in cui non abbia tolto tutta la malattia a livello
regionale, con un trattamento sistemico proviamo a debellarla.

Prima di fare un trattamento adiuvante guardiamo il referto anatomo-patologico, che ci dice


quanto è il rischio che il tumore ritorni e quanto è grande (T4 è grande e prende tutto l’organo
quindi è più probabile che torni, mentre un T1 è più superficiale; uguale chi ha i linfonodi coinvolti
è più probabile che torni).

Carcinomi per cui pensiamo un approccio adiuvante:


o Carcinoma mammario
o Carcinoma colorettale
o Carcinoma ovarico
o Carcinoma polmonare
o Sarcomi
Si trattano con farmaci e chemioterapia a scopo adiuvante, è quindi una terapia preventiva.

Terapia neoadiuvante:
Si trattano dei tumori che inizialmente non sono approcciabili in modo radicale dal chirurgo o dal
trattamento radioterapico, e quindi si fa un trattamento per ridurre questa massa, in modo che sia
più facile per il chirurgo rimuoverla e che non rimangono delle cellule tumorali.
In questo caso si parla di tumori T.

In alcuni casi questo trattamento serve per rendere operabili dei tumori che altrimenti non
sarebbero operabili.
Un altro motivo per cui si fa questa terapia è quello di verificare se il tumore risponde. Ci sono
infatti alcuni tumori che non rispondono alla chemioterapia, anzi crescono. In questo caso se
facciamo un trattamento prima ci accorgiamo di questa possibilità. In questo caso raramente si
farà l’intervento. Quelli più tipici sono i sarcomi.

I principali vantaggi sono:


- Vantaggi chirurgici (perché si è ridotto il tumore primitivo e si riesce a fare un intervento
più conservativo)
- Valutare in tempi più o meno brevi l’efficacia di un trattamento e capire che tipo di risposta
può avere questa patologia
Lo svantaggio è che durante la terapia il tumore può progredire, e sta ad indicare che la terapia è
aggressiva.

In alcuni casi lo stadio della malattia può modificare (se ho un T4 che risponde bene diventa un T1,
e quindi si può operare eliminandolo. Però vale sempre il T4 iniziale, così succede che si sottostadi
la malattia).
In alcuni casi invece la terapia neoadiuvante non viene vista con intento curativo ma serve solo per
garantire un intervento un po’ meno radicale e preservare l’organo il più possibile.

I tumori più frequenti che si trattano con una terapia neoadiuvante e molti usano anche un
trattamento chemioterapico neoadiuvante (chemio che agisce su tutto l’organismo e radio che
agisce solo sul tumore), sono:
o Carcinoma mammario
o Carcinoma dell’ano + RT
o Carcinoma del retto + RT
o Carcinoma della laringe + RT
o Carcinoma dell’esofago + RT
o Carcinoma dello stomaco
o Carcinoma della vescica
o Carcinoma della cervice uterina
o Sarcomi dei tessuti molli
o Osteosarcoma + RT

Terapia della malattia metastatica:


La malattia metastatica corrisponde allo stadio numero 4.
Solitamente viene fatta dall’oncologo.
Un paziente con una malattia metastatica è un paziente che non guarirà, lo tratteremo cercando di
bloccare la malattia, avvolte anche con un discreto margine di successo.
Cercheremo di prolungare la sopravvivenza e bloccare i sintomi legati alla malattia.
Avvolte la terapia può essere in grado di guarire pazienti con alcuni tipi di tumore in fase avanzata.

I tipi di trattamenti a disposizione sono:


- Chemioterapia
- Trattamenti ormonali
- Farmaci bersaglio-specifici (terapie target e immunoterapia)

Neoplasie in fase avanzata potenzialmente suscettibili di guarigione con la sola terapia medica:
o Leucemia linfatica acuta
o Leucemia mieloide acuta
o Linfoma di Hodgkin ad alto grado
o Linfoma di Burkitt
o Gestocoriocarcinoma
o Neoplasie germinali del testicolo (uno dei pochi tumori che presi anche in stadi metastatici
può guarire)
o Tumore di Wilms
o Rabdomiosarcoma embrionale
o Sarcoma di Ewing

Neoplasie in fase di metastatizzazione con percentuale di risposta moderata o elevata (>30%) alla
terapia medica, ma non guariscono:
o Carcinoma vescicale
o Carcinoma della mammella
o Carcinoma endometriale
o Carcinoma della cervice uterina
o Leucemia mieloide cronica
o Leucemia linfatica cronica
o Carcinoma del colon
o Carcinoma dell’esofago
o Carcinoma della testa-collo
o Mieloma multipli
o Linfoma non di Hogking (la maggior parte dei sottotipi)
o Carcinoma polmonare non a piccole cellule
o Carcinoma ovarico
o Carcinoma prostatico (ormonoterapia)

Neoplasie non suscettibili di guarigione e con percentuali basse di risposta alla terapia medica
(<30%):
o Carcinoma corticosurrenalico
o Sarcomi dell’adulto
o Quasi tutte le neoplasie in pazienti con scarso performance status (ECOG 3 e 4)
o Tumori carcinoidi
o Carcinoma gastrico
o Epatocarcinoma / carcinomi del tratto biliare
o Carcinoma renale
o Mesotelioma
o La maggior parte delle neoplasie precedentemente trattate
o Carcinoma prostatico (ormonoresistente)
o Carcinoma tiroideo

Chemioterapia antitumorale classica


La chemioterapia ha lo scopo di distruggere le cellule che si replicano; viene quindi dato un
farmaco che ha lo scopo di fermare la proliferazione delle cellule.
La maggior parte di questi farmaci sono:
- DNA
- RNA
- Proteine della replicazione cellulare

Agenti alchilanti:
Citofosfamide, Cisplatino, Termozolamide, ecc….
Vengono usati per un sottogruppo di tumori.

Quando facciamo la chemioterapia possiamo avere delle ottime risposte, però non tutti i pazienti,
anche se hanno una remissione completa, non vivono oltre i 5 anni. Infatti se andiamo a vedere
solo il 70% è vivo a 5 anni. Il resto dei pazienti sono morti per complicanze o perché la malattia è
tornata (es: linfoma di Hodgking).
- Carcinoma del polmone a piccole cellule il 50% ha remissione completa ma solo il 10% a 5
anni è vivo
- Carcinoma della mammella il 25% ha remissione completa ma <5% è vivo a 5 anni

Questo succede perché il tumore ha una resistenza intrinseca, cioè non risponde a nessun
farmaco, perché ha sviluppato un aggressività nel suo percorso, che se si fa la chemioterapia in
quel paziente non funziona, perché magari riusciamo a distruggere delle cellule ma quelle più
aggressive vanno avanti e non si distruggono in nessun modo.
In genere ci accorgiamo di questa resistenza alla prima TC, perché si vede che il tumore è cresciuto
(la prima TC si fa dopo 3-4 mesi).

In alcuni casi ci può essere anche una resistenza acquisita, cioè inizialmente il paziente risponde, il
tumore regredisce. Quindi continuiamo il trattamento, alle altre TC si vede che va bene, però poi
magari dopo 9 mesi si vede che non va più bene, questo perché c’è una coda di cellule che non
risponde al trattamento. Questo avviene in modo silente e queste cellule vanno avanti a
proliferare.

Meccanismi della resistenza ai farmaci antitumorali:


 Farmacologici: il farmaco viene assorbito meno, può essere escreto di più a livello epatico,
la dose è inadeguata o lo schema di trattamento è errato
 Citocinetici: le cellule che noi colpiamo sono in diverse fasi del ciclo cellulare. Questo è il
motivo per cui più spesso si sviluppa la resistenza. Ogni chemioterapico agisce su una fase
diversa del ciclo cellulare. Nel tumore non tutte le cellule sono alla stessa fase, quindi se do
un chemioterapico blocco solo alcune cellule in un determinato ciclo cellulare, mentre altre
no perché non sono alla stessa fase.
Come si può fare per far fronte a questo problema?
o Intermittenza: somministrazione dei farmaci chemioterapici alla dose massima
tollerata ad intervalli ottimali; l’intervallo tra i cicli viene stabilito in base al tempo di
recupero dalla tossicità dei tessuti normali più sensibili all’azione citotossica dei
farmaci, in genere il midollo osseo
o Polichemioterapia: vengono dati più farmaci chemioterapici insieme
o Intensificazione della dose: (aumenta le percentuali di risposte complete e
guarigioni in tumori chemiosensibili; si ottiene aumentando la dose dei farmaci o
abbreviando l’intervallo di tempo tra un ciclo e l’altro, ricorrendo a fattori di
crescita delle cellule emopoietiche, specifici regimi di rescue, trapianto di midollo
osseo o cellule staminali periferiche

Perché si sceglie la polichemioterapia:


- Efficacia in monochemioterapia dei singoli farmaci
- Diversità nei meccanismi di azione dei farmaci selezionati
- Assenza di resistenza crociata
- Non sovrapponibilità degli effetti tossici
- Impiego di dosi e tempi di somministrazione ottimali per ciascun farmaco
- Impiego di intervalli adeguati tra i cicli (per consentire il recupero dei tessuti normali)

Un paziente si valuta dopo 3-4 mesi o dopo 3-4 cicli.


Il ciclo di un trattamento è costituito sempre dalla somministrazione di uno o più farmaci. Per un
motivo di farmacocinetica essi vengono somministrati ogni tot tempo.
Alcuni cicli prevedono più farmaci, per esempio uno lo faccio il primo giorno, l’altro il secondo, e
poi ne faccio uno dei due dopo la settimana.
Il ciclo quindi è tutte le volte che rinizio il giro, non tutte le volte che viene il paziente.

Terapia bersaglio-specifica (biologica)


La chemioterapia non ha un bersaglio specifico, quindi colpisce tutte le cellule che si replicano, sia
quelle del tumore sia quelle di tutto l’organismo, quindi ha una tossicità importante.

La terapia biologica o bersaglio-specifica viene definita targeted therapy.


Noi abbiamo la possibilità di dare dei farmaci per alcuni target presenti e caratterizzanti il tumore.

Il tumore è una patologia che si replica, per replicarsi attiva dei geni che servono per la
replicazione cellulare, cioè li tiene sempre attivati. Se riusciamo a capire come si spengono questi
geni, quindi a scovare delle mutazioni, possiamo dare dei farmaci appositi.

La maggior parte dei bersagli di questi farmaci sono bersagli molecolari, perché all’interno di una
cellula neoplastica ci sono delle mutazioni che favoriscono la capacità di replicarsi.

Abbiamo alcuni tumori dove possiamo trovare dei target molto chiari (una proteina che nasce da
una mutazione che fa venire un determinato tumore. Se so come spegnere questa proteina che è
responsabile del tumore io avrò curato il tumore).
I tumori del sangue in genere hanno pochi target.
Con il farmaco biologico vado a spegnere l’attivazione che è responsabile della proliferazione
cellulare, in questo modo la cellula non si replica e il tumore non va avanti.
Questo farmaco colpirà solo questo bersaglio, non tutte le cellule che si replicano.
L’esempio caratteristico è l’Imatinib.

La leucemia mieloide cronica si cura molto bene.


Nel tumore del polmone (tumore non a piccole cellule) con mutazione del EGFR, si usano Erlotinib,
Gefitinib, Afatinib, Dacomitinib, Neratinib (compresse che si possono prendere a casa).
Osimertinib è il più efficace.
Per alcune patologie, come il tumore renale a cellule chiare, si sa che funzionerà la terapia
biologica (non viene mai trattato con la chemio).
Questi farmaci sono piccole molecole che entrano dentro le cellule e vanno a spengere le
proteine.

Nella chemio si deve fare una premedicazione, mentre spesso nella terapia biologica no.

Un altro gruppo di farmaci biologici sono gli anticorpi monoclonali, che sono gli stessi anticorpi
dell’individuo.
Con le loro porzioni si vanno a legare al sito che è responsabile della mutazione, che è
responsabile dello sviluppo del tumore.
Alcuni di questi anticorpi sono umanizzati altri sono chimerici. In quelli umanizzati non si fa la
premedicazione per un rischio di reazione allergica, mentre per alcuni non umanizzati si deve fare
antistaminici, cortisone, ecc… per evitare reazioni allergiche.

*suffisso –mab = anticorpo.


Gli anticorpi colpiscono il target al di fuori della cellula perché sono grandi e non riescono ad
entrare.

In ematologia si usa il Rituximab.

Immunoterapia
Il tumore per fare quello che fa, non lo fa liberamente.
In un individuo in teoria il sistema immunitario bloccherebbe queste cellule, quindi il tumore
tende a bloccare il sistema immunitario per andare avanti e progredire.
La ricerca ha scoperto dei farmaci che sbloccano il sistema immunitario contro il tumore.
Quindi dare un immunoterapia significa sbloccare il sistema immunitario per andare contro il
tumore. Si potenzia il sistema immunitario contro il tumore, che lo bloccherà.
Ne esistono 2 tipi:
- Anti PD1
- Anti PD-L1

Il PD-L1 (fa parte del tumore) stimola il PD1 (sistema


immunitario) e addormenta il sistema immunitario.
Con l’immunoterapia si blocca il PDL1 in modo che
esso non si leghi al PD1 e quindi il sistema immunitario
non si addormenti (cioè rimanga attivo).
L’immunoterapia si usa per:
- Melanomi
- Tumori del rene
- Tumori del polmone
- Tumori della vescica
Soprattutto nel rene e nel melanoma perché rispondevano all’interleuchina-2 che però dava molti
problemi.

Ormonoterapia
Diamo una terapia ormonale per bloccare la sintesi dell’ormone.

Alcune cellule e soprattutto alcuni tumori hanno cellule sensibili agli estrogeni e testosterone
(mammella e prostata).
Quindi si da la terapia ormonale che blocca la sintesi degli estrogeni e del testosterone.

Alcune terapie ormonali sono:


- Prednisone
- Medrossiprogesterone, ecc…
Si prendono spesso in compresse.

Gli analoghi agonisti bloccano la produzione a livello centrale.


Per questi tipi di farmaci si fanno delle punture intramuscolo o sottocute.

Riassumendo…
Fatta diagnosi del tumore va stadiato (con la stadiazione TNM).
A seconda delle caratteristiche del tumore e del paziente vengono offerte delle modalità
terapeutiche:
- Malattia localizzata (stadio I-II): trattamento locoregionale + trattamento adiuvante per
eventuali micrometastasi
- Malattia localmente avanzata (stadio III): trattamento locoregionale + trattamento
sistemico + eventuali complicanze
- Malattia avanzata metastatica (stadio IV): trattamento sistemico + palliativo oppure
trattamento palliativo e delle complicanze

Valutazione dell’attività ed efficacia della terapia medica in oncologia


Parametri di valutazione:
Per valutare l’efficacia di un trattamento oncologico dobbiamo avere dei parametri obiettivi che
misurano l’efficacia o meno del trattamento che stiamo facendo.
Per esempio: in un tumore metastatico faccio un TC, il tumore prima era grande 10 cm, se rimane
10 cm o se diminuisce va bene, ma anche se diventa 11 cm, se raddoppia no.
Altri indicatori dell’efficacia sono la qualità della vita e il miglioramento dei sintomi legati alla
malattia.
L’OMS ci dice cosa dobbiamo fare, e per valutare come sta andando la malattia ci da dei criteri che
si chiamano criteri RECIST (criteri di valutazione di risposta in tumori solidi).
Secondo i criteri RECIST abbiamo 2 tipi di lesione:
o Lesioni misurabili
o Lesioni non misurabili

Per i criteri RECIST esistono 4 tipi di risposte ad un trattamento oncologico per i criteri metastatici:
- Risposta completa (RC o CR): abbiamo delle lesioni target che possiamo misurare, alla TC
non c’è più niente, le lesioni sono scomparse (alcune però poi possono tornare perché
sviluppano resistenza). Qualsiasi linfonodo patologico deve avere il diametro minore che si
è ridotto a una lunghezza < 10 mm;
- Risposta parziale (RP o PR): diminuzione del 30% della lesione, è una risposta ma non è
completa;
- Progressione di malattia (P o PD): la lesione che conosciamo aumenta almeno del 20%, o
c’è la comparsa di nuove lesioni che prima non c’erano;
- Malattia stabile (S o SD): la malattia rimane stabile, anche se aumenta del 20% o si riduce
del 30%. Non si dice progressione se non cresce più del 20% perché potrebbe anche essere
una necrosi del tumore, uguale per la risposta perché se non diminuisce meno del 30% non
siamo sicuri che sia il tumore diminuito o una precedente necrosi che è scomparsa;

L’altro parametro che abbiamo per capire se il tumore sta rispondendo è la qualità di vita del
paziente.
La qualità di vita è un termine complesso che comprende più definizioni.
Alcune la identificano nella definizione di salute: “la salute non è solo l'assenza di infermità e
malattia ma anche uno stato di benessere fisico, psichico e sociale”.
Si salvaguarda la qualità della vita che nasce da un benessere fisico, psichico e sociale.
II dominio fisico comprende i sintomi, le funzioni e le attività del corpo; il dominio psichico i
sintomi emozionali (ansia, paura, incertezza per il futuro ecc…); il dominio sociale il rapporto con il
medico e con altro personale sanitario, con la famiglia, con la società in genere.
Questo dipende da:
- Sintomi legati alla malattia
- I sintomi emozionali
- Proteggere anche il suo dominio sociale

In un trattamento adiuvante post intervento il parametro sarà l’assenza di malattia o la sua


ripresa.
In una terapia neoadiuvante i parametri sono le dimensione del tumore primitivo (valutazione
anatomo-patologica).
Nella terapia della malattia metastatica/palliativa, i parametri sono le lesioni misurabili o valutabili
(valutazione clinico-strumentale).

Sperimentazione clinica in oncologia


I protocolli sperimentali nascono per definire se una farmaco funziona e se è sicuro.
Il concetto vale per tutte le discipline mediche e chirurgiche.

I trial clinici sono fatti da medici e da professionisti, e vengono fatti sui pazienti.
C’è una fase che prevede che il farmaco o il device non sia studiato sul paziente, quindi si ha un
fase pre-clinica.

È importante perché alla base del trial clinico c’è la possibilità di migliorare le cure, la sicurezza e
per migliorare programmi di prevenzioni e metodi per fare diagnosi.
Senza il trial clinico non possiamo pensare di portare qualcosa di nuovo. Si fa perché tutto deve
essere regolamentato.

Tutto questo si basa sul metodo scientifico. Si parte da una domanda e si cerca di avere una
risposta. Tra domanda e risposta ci sono degli esperimenti.

Ci sono vari tipi di trial:


 Trattamenti
 Prevenzione
 Diagnostica
 Screening
 Qualità della vita

I trial vengono fatti con varie fasi:


 Fase pre-clinica: non lo vediamo da un punto di vista medico, si fa solo in laboratorio.
Il trial viene fatto per esempio sui topi, sulle culture cellulari, ecc… ma mai sull’uomo.
In oncologia per esempio si crea una nuova molecola e si testa per vedere se funziona.
Abbiamo quindi un’ipotesi sul fatto che la molecola sia utile;
 Fase 1: riguarda l’esposizione di questa nuova molecola che siamo arrivati a produrre, in un
minimo gruppo di pazienti per verificare la sua tossicità.
Si vede la massima dose che un paziente riesce a tollerare.
Non avremo mai una risposta di efficacia.
Si fa su pazienti pluritrattati ovvero che non hanno una terapia farmacologica adatta, che
funzioni per loro;
 Fase 2: se la molecola è sicura e non ci sono effetti collaterali pericolosi, si testa l’efficacia
rispetto a quella dose che abbiamo trovato.
In genere sono pochi pazienti ed è in questo caso che vediamo se c’è una certa attività
della molecola, del farmaco che stiamo usando.
Quindi la dose massima che possiamo utilizzare ce lo dice il trial di fase 1 e in questa fase
ne misuriamo l’efficacia;
 Fase 3: è un grosso trial, si prende un gruppo di tanti pazienti (300-3000 pz).
Sappiamo che una certa dose è sicura e ci aspettiamo quindi che funzioni in un certo modo.
Lo andiamo a testare su un sottogruppo di pazienti per vedere se è efficace e se ha effetti
collaterali. Per arrivare all’approvazione in commercio si deve verificare se quel farmaco
funziona meglio dello standard terapeutico di un sottogruppo di pazienti.
Questo avviene tramite un processo di randomizzazione, cioè io prendo il paziente, lo
arruolo, e mi dice se questo paziente fa il farmaco da testare oppure la sua terapia.
In oncologia non c’è uno standard terapeutico perché non ci sono farmaci che funzionano,
quindi il farmaco da testare viene testato tramite un placebo. Ne il medico ne il paziente
sanno se gli viene dato il placebo o il farmaco nuovo. Questo è utile perché il paziente non
sa che farmaco sta assumendo, così non è influenzabile. Questo metodo si chiama metodo
a doppio ceco.
I pazienti sono assegnati in modo casuale.
Dimostrato che questo farmaco è efficace, inizia un processo in America, che porta
all’approvazione del farmaco.
 Fase 4: alcune volte viene fatta la fase 4, in cui viene testato il farmaco su un gruppo di
persone più grande per verificare se il farmaco funziona solo in alcune situazioni

Questo però è un processo complicato, perché più o meno, di 10.000 molecole testate in fase
clinica solo una di queste viene approvata.

Questi trial durano tantissimi anni:


- Fase pre-clinica: 4,5 anni
- Fase da 1 a 3: 8,5 anni
- Approvazione: 1,5 anni

La sperimentazione clinica deve richiedere l’approvazione del comitato etico e delle autorità
competenti (AIFA).

Protocollo:
- Revisione sistemica/metanalisi
- Obiettivo
- Trattamenti
- Inclusione ed esclusione dei farmaci
- Randomizzazione e cecità
- End-points (surrogati terapeutici)
- Reazioni avverse
- Calcolo della numerosità
- Analisi statistica

Se si fa un trial clinico il paziente deve firmare un consenso informato, che viene raccolto dal
medico.

Esistono delle capacità di trattare dei farmaci, chiamato uso compassionevole, cioè di utilizza un
prodotto con documentata efficacia, ma non ancora autorizzato alla commercializzazione.
Il trattamento compassionevole non è sperimentazione clinica.

Trattamento off-label:
Viene eseguito utilizzando un prodotto in commercio per una indicazione terapeutica non
approvata, ma per cui esiste una documentazione di efficacia.
Viene utilizzato quando non vi siano valide alternative.

Tossicità dei chemioterapici citotossici.


C’è una classificazione che ci indica quanto è tossico un farmaco, è utile nel rapporto infermiere-
medico.
Esiste una scala che si chiama CTCAE che si rinnova ogni anno e ci sono 4 gradi di tossicità.
Il 4° grado mette in pericolo la vita del pz e necessita di un intervento di emergenza.
Il 5° stadio equivale a morte.
Più urgente e rapido è l’intervento tanto più grave è l’intervento avverso.
Si valuta il parametro delle ADL. È un linguaggio comune internazionale.
4 forme di tossicità:
- Immediata entro 24-48h, tra cui reazioni allergiche, nausea e vomito, flebite e necrosi,
iperuricemia.
- Precoce: entro la settimana
- Ritardati: dopo 9 settimane……
- Tardiva: dopo mesi o anni dalla chemio…..

Si possono trovare 2 tipi di tossicità poiché siamo lì quando si somministra il farmaco.

La chemio ha lo scopo di distruggere i tessuti proliferanti, però alcuni appartengono alla nostra
vita quotidiana come il midollo osseo, annessi cutanei, cellule germinali dell’ovaio o del testicolo
(vale per i pz giovani). Questo rientra negli effetti collaterali del chemioterapico perché può
intaccare le cellule proliferante buone. Ci sono dei tessuti che proliferano un po meno e questi
saranno meno soggetti ad eventi collaterali della chemioterapia ma non è detto che non li abbiano
(es. polmone, fegato).

La tossicità a livello del midollo osseo può portare a:


- Neutropenia (riguarda i neutrofili)
- trombocitopenia (riguarda le piastrine)
- anemia (riguarda l’emoglobina)

agenti che danno problemi a livello delle piastrine, globuli bianchi e rossi:
- agenti alchilanti
- analoghi del platino
- antimetaboliti
- antibiotici
- agenti antimicrotubulari
- inibitori delle tropoisomerasi

Trattamento tossicità midollare.


- Supporto: per anemia facciamo trasfusioni. Per le piastrine si infonde se scendono sotto
10.000.
- Controllo delle infezioni: diamo fattori di crescita come l’eritropoietina.
- Interruzione o sospensione del trattamento fino alla normalizzazione dell’emocromo.
Alcune volte questo accade altre volte no. Nel caso si riprenda si abbassa la dose.

La neutropenia ovvero abbassamento dei neutrofili si può associare ad una febbre detta
neutropenia febbrile. Si definisce quando:
- La conta dei neutrofili è sotto 1000
- Tc sopra 38,5
- Tc 38 in 2 misurazioni.
Succede molto spesso nei pz trattati con chemio, e succede spesso in ematologia.
La durata e il grado della neutropenia condizioneranno il rischio, maggiore sarà il grado e la durata
maggiore sarà il rischio di infettarsi. Molto pericoloso è l’infezione di miceti. La neutropenia
influenza la prognosi perché si riduce la dose di chemioterapici.

La febbre richiede:
- Se rischio è basso antibiotici orali
- Se rischio alto, antibiotici in vena.
Questi pz devono essere stimolati con i g-csf per stimolare il midollo osseo a produrre i globuli
bianchi. I g-csf stimolano il midollo osseo a produrre i globuli bianchi, sono delle punture, ci sono
di vari tipi come glicosilato e non glicosilato. Queste punture somministrate intramuscolo o
sottocute hanno come effetto collaterale frequente quello del dolore osseo perché stimolano il
midollo, soprattutto quello dello sterno, bacino, midollo spinale.
Il dolore si tratta con antidolorifici e tachipirina.

La neutropenia febbrile è un grosso problema e si risolve con la stimolazione g-csf dopo la


chemioterapia. Il g-csf è utilizzato:
- Profilassi primaria
- Profilassi secondaria
- Terapia della neutropenia

Un altro problema sono i disordini gastrointestinali perché i chemioterapici distruggono le cellule


che si replicano come quelle della mucosa intestinale.
Si può avere la mucosite ovvero un’infiammazione della mucosa orale.
Nei primi gradi il pz è asintomatico, nel terzo e quarto la situazione diventa più grave.
I farmaci che danno mucosite sono:
- 5-fluorouracile/ capecitabina (orale)
- Metotrexato
- Carmustina
- Adriamicina

Ci sono dei deficit enzimatici (enzima dpd) che non degradano bene il farmaco e i soggetti possono
avere una tossicità molto alta.
Un altro evento importante è la diarrea, le cellule sono infiammate e non compiono l’azione di
assorbimento dei liquidi.
Ci sono i 5 gradi. Si valuta il numero di scariche al giorno, nei casi più gravi si hanno 7-8 scariche al
giorno che causano disidratazione e squilibrio idro-elettrolitico.

Altro problema è nausea e vomito.


La nausea non esiste di grado 4 o 5 perché rimane un sintomo non legato ad un effetto collaterale
evidente, perché è un problema soggettivo che non mette il pz in pericolo di vita.
Può succedere invece quando si ha molto vomito perché si associa ad acidosi metabolica, perdita
di elettroliti.
Il problema della nausea da chemioterapici si collega ad un problema centrale, il farmaco arriva
nel centro del vomito e lo attiva. Un altro problema è a livello periferico dovuto all’eliminazione
delle cellule eterocromaffini che liberano serotonina che agisce sul centro del vomito.

Altro problema è l’alopecia e dipende dai farmaci che prendiamo.


Si può avere 2-3 giorni dopo la chemio. Non si ha pericolo di vita ma complicanze a livello
psicologico della pz.

Tipi di emesi in relazione al tempo di insorgenza:


- Emesi acuta. All’inizio della somministrazione
- Emesi ritardata: dopo 24 ore e dura per 5 giorni
- Emesi anticipatoria: insorge prima della somministrazione del farmaco. In questo caso la
componente non è il farmaco o tumore ma è psicologica del pz
- Emesi breakthrough

Non tutti i chemioterapici sono in grado di dare emesi. Abbiamo un gruppo di farmaci che non
danno nausea e vomito come il bevacizumab (farmaco biologico).

Trattamenti antiemetici.
Ci sono diversi farmaci, molto sono inibitori del recettore della serotonina. Si danno insieme al
desametasone che potenzia l’effetto dell’antiemetico.

Alcuni farmaci sono nefrotossici, il cisplatino da un danno del tubulo perché passa la barriera
glomerulare e quindi si da insieme a tanti liquidi e con diuretici. Si deve valutare l’idratazione pre e
post somministrazione, mantenere la diuresi maggiore a 100, iniziare prima la terapia diuretica.

Altri farmaci sono cardiotossici, come le antracicline e il fluorouracile il quale da infarto e angina.
Un altro gruppo di farmaci cardiotossici sono i taxani.

Il tessuto nervoso può dare una neuropatia periferica ovvero degenerazione dei nervi periferici. Il
pz avrà parestesie ovvero formicolii dettati dalla perdita di sensibilità. Le parestesie peggiorano
quando si toccano cose ghiacciate. Si valuta la capacità dell’individuo nelle ADL, perché in alcuni
casi la neuropatia è grave e il pz non riesce a svolgere azioni di vita quotidiana.
Oxaliplatino da neuropatia periferica.

Possibilità di alcuni chemioterapici di sviluppare tumori, fa parte della tossicità ritardata. Riguarda
pz giovani che hanno avuto tumore ematologico i quali fanno chemioterapia ma il chemioterapico
procura un danno che in futura porta a sviluppo di tumore.
un esempio è la leucemia mieloide acuta, sarcomi dell’osso, tumore della vescica, polmone ecc

farmaci bersaglio specifici.


Usati nei tumori che hanno una determinata mutazione e si può spengere il gene specifico.
Possono dare effetti collaterali come:
- Ipertensione
- Rush acneiformi
- Trombosi
- Proteinuria.

Tra questi farmaci abbiamo:


- Anticorpi monoclonali EGFR: gli effetti che danno sono diarrea, rush aracneiformi. Un
esempio di questi è il bevacizumab che può dare perforazione gastrointestinale ma nello
0.9%, da ipertensione arteriosa, emorragia.
- Anticorpi contro erbB2

Terapia di supporto e cure palliative.


Supportare lo stato del pz oncologico con terapie di supporto che possono rientrare nelle cure
palliative ovvero si cerca di curare un sintomo grave.
Lo scopo non è curare il tumore ma migliorare la qualità di vita del pz.
Problemi a cui il pz può andare incontro:
- Dolore
- Supporto nutrizionale
- Supporto trasfusionale
- Supporto psicologico del pz e dei familiari

Dolore oncologico.
Problema importante. Nelle fasi più gravi coinvolge il 60-70% dei pz.
I tumori che danno dolore sono:
- Testa-collo
- Ginecologici
- Gastrointestinali
- Broncopolmonari
- Mammari
- Urogenitali

Il dolore deve essere riconosciuto. Esiste:


- Dolore somatico
- Dolore viscerale
- Dolore neuropatico
Ciascun tipo è dovuto all’attivazione e stimolazione dei nocicettori periferici.

Le sindromi dolorose associate al tumore sono:


- Metastasi ossee
- Metastasi al sistema nervoso
- Metastasi viscerale

Il dolore può essere:


- Post-chirurgico
- Post-chemioterapia: mucosi viscerale, spasmi vescicali
- Post-radioterapia

il dolore si tratta con farmaci:


- non oppioidi: infiammatori classici. Si parte sempre con il paracetamolo
- oppioidi deboli: codeina
- oppioidi forti

Abbiamo una scala per valutare il dolore che va da 1 a 10.

Farmaci adiuvanti per il dolore.


Incrementano l’effetto dell’antidolorifico. Sono:
- antiepilettici: per dolori neuropatici
- antidepressivi
- antiemetici
- corticosteroidi
- benzodiazepine

Malnutrizione e cachessia neoplastica.


Lo stato nutrizionale è fondamentale per andare avanti. Dipende dalla capacità di assumere cibo,
di assorbire e utilizzare i nutrienti.
La determinazione dello stato nutrizionale include valutazione del peso, misure antropometriche,
storia clinica, esame obiettivo.

In un pz oncologico l’introduzione di cibo può essere un problema ad es. in un tumore gastrico o


delle vie aeree. Può essere bloccato l’assorbimento che avviene nell’intestino e magari questo è
soggetto a diarrea. Si può bloccare l’utilizzazione del cibo a causa del tumore.

Malnutrizione= squilibrio di apporto di nutrienti e di energia.


È valutata attraverso:
- calo ponderale lieve tra 5-10% del peso
- modesto
- grave

pz con malnutrizione sono pz con tumore al pancreas, stomaco, testa-collo, esofago, polmone
(dovuto ai linfonodi ingrossati), colon/retto, ginecologici, urologici.

La perdita di peso e malnutrizione sono correlati alla presenza della neoplasia e questo di solito
precede la diagnosi.
Il quadro si aggrava quando si arriva alla cachessia neoplastica caratterizzata dalla progressiva
perdita di massa muscolare che non può essere corretta con supporto nutrizionale e che porta ad
un progressivo danno funzionale.

La cachessia passa attraverso dei gradi che vanno da una pre-cachessia, ad una forma refrattaria in
cui non si può fare più niente e che porta a morte precoce.

Il problema della malnutrizione nasce da:


- ospite
- tumore
- terapie
portano ad alterazioni del metabolismo, secrezione di cachessine ecc.

il problema nasce però dal tumore che porta ad:


- anoressia
- alterazioni del gusto
- disfagia
- sazietà precoce
- ostruzione intestinale
- malassorbimento
- alterazioni metaboliche nell’omeostasi glucidica e proteica
conseguenze malnutrizione:
- amento morbilità: infezioni, ritardata guarigione delle ferite, aumentata incidenza di
tossicità da chemio e radio
- riduzione qualità di vita
- riduzione risposta al trattamento
- aumento durata in ospedale
lo stato nutrizionale viene valutato con l’esame anamnestico e clinico, pesando il pz e misurano
l’altezza. Si valuta il BMI.

Terapia di supporto nutrizionale.


- Trattamenti dietetici di tipo classico
- Nutrizionale artificiale di tipo enterale e parenterale
Nello stesso pz si possono utilizzare tutte le diverse modalità in tempi diversi a seconda delle
necessità.

L’assistenza infermieristica alla persona con patologia oncologica.


Problemi malato oncologico:
- Bisogno di informazioni
- Bisogno nutrizionale (cachessia, senso di sazietà, inappetenza, alterazioni del gusto)
- Sintomi gastrointestinali (esofagiti, stipsi, diarrea, nausea e vomito)
- Infezioni, mucositi e stomatiti

In che modo comunicare la diagnosi di cancro?


Nessuna informazione verrà data al pz in merito alla diagnosi di cancro sino a che l’esito degli
esami eseguiti non sia certezza.
Attenzione al contenuto, il messaggio deve essere chiaro, completo e comprensibile, poche parole
ma dirette; lo stile del discorso non deve essere rigido ma interattivo, rispondere ad ogni dubbio,
attenzione al vissuto del malato, attenzione a non creare sensi di colpi, verificare la comprensione.

Aspetti affettivi ed emotivi.


- Non lasciarsi travolgere dai sentimenti
- Dimostrare rispetto per le reazioni
- Comportamento amichevole e premuroso
- Comunicazione verbale deve essere coerente con quella non verbale
- Rimanere naturali
- Accettare tutte le reazioni tra cui, per difesa, anche la presa di distanza.

L’atteggiamento dell’infermiere in oncologia deve essere empatico, cioè di comprensione e di


partecipazione ai problemi del malato mantenendo un distacco emotivo.

Il pz oncologico può avere problemi legati all’alimentazione:


- Problemi comuni: malnutrizione e perdita di peso fino alla cachessia.
Abbiamo la possibilità di un supporto nutrizionale per via artificiale che può essere enterale e
parenterale. Questo ha contribuito a migliorare le cure.
Se il pz ha una possibilità di mangiare qualcosa c’è un passaggio iniziale con l’utilizzo di brik o
nutridrink che valgono in senso di calorie un pasto completo.

Il pz può avere la digeusia ovvero alterazione del senso del gusto e si presenta con:
- Avversione per carni rosse e caffè
L’infermiere deve:
- Dare consigli per rendere i cibi più appetibili
- Cibi non troppo caldi, evitare stress
- Limone essendo forte da gusto a ciò che si mangia
- Coinvolgere la famiglia e la dietista
- Individuare le modificazioni giornaliere dell’appetito

Il pz può avere nausea e vomito che sono legati ai trattamenti ma anche alla patologia stessa e in
questo caso il problema è più meccanico.
L’infermiere:
- Dice al pz di evitare cibi troppo dolci
- Pasti piccoli e frequenti per non riempire in maniera precoce lo stomaco che potrebbe
portare a una dilatazione di esso e favorire lo stimolo del vomito
- Meglio cibi solidi
- Favorire l’alimentazione nel pasto preferito dal pz
- Introdurre modifiche se diarrea o stipsi
- Eventuale uso di integratori liquidi, nutrizione parenterale o enterale

Il pz può avere mucosite come stomatite, esofagite e cistite. Problema frequente in pz


chemioterapici o per chi fa radioterapia (distretto testa-collo).
L’infermiere:
- Osservare presenza di eritema, ulcerazione, edema
- Osservare complicanze come infezione
- Educare il pz e i familiari
- Prevenire mantenendo le mucose idratate ed igiene del cavo orale
- Nutrizione adeguata, evitare cibi salati, speziati e caldi
- Una scrupolosa igiene del cavo orale prima e dopo dei trattamenti evita l’insorgenza di
mucosite

Il pz può avere cachessia-anoressia.


Anoressia è perdita di appetito e contribuisce allo sviluppo di cachessia. Può avvenire in una fase
avanzata.
Valutazione e piano nutrizionale.
- Valutare all’ingresso peso, sintomi, eventuale inabilità, anamnesi e abitudini alimentari,
variazioni di peso e appetito
- Durante la degenza valutare il bilancio idrico, peso, alimentazione
- Pianificare intervento dietetico, posturale, pasti piccoli e frequenti, idratazione
- Prima della dimissione valutare l’ambiente familiare, educare il pz e la famiglia

Un altro porblema dei pz oncologici sono le infezioni che sono la principale causa di morte nei
malati di cancro. Le infezioni sono legate ad un abbassamento delle difese immunitarie legate alla
terapia e alla malattia stessa.
I segni classici sono edema, calore, rossore e dolore. la febbre come segno di infezione è molto
pericolosa in oncologia perché significa che c’è rischio di neutropenia.

Prevenzione e terapia.
- Preservare i meccanismi di difesa: istruire pz e famiglia a riconoscere segni e sintomi,
riposo adeguato
- Evitare il fumo
- Preservare l’integrità delle barriere meccaniche ovvero curare igiene orale, cute e mucose,
evitare le lesioni, attrito, limitare infusioni, iniezioni e cateterismi.
- Eliminare le fonti di infezione dall’ambiente ospedaliere e dal personale con lavaggio
frequente delle mani, evitare fiori o umidificatori
- Controllo frequente della temperatura, stato generale, punti di inserzioni di cateteri che
sono fonte di infezione
- Isolamenti per pz con grave neutropenia o aplasia
- Terapia: csf fattori stimolanti la crescita, ormoni che stimolano il midollo osseo a produrre
cellule. Si può avere dolore osseo antiinfiammatorio.

Fasi dell’assistenza al pz.


1. Accoglienza che può essere in reparto o in day hospital. Se l’accoglienza è in reparto si deve
illustrare l’equipe, le regole del reparto
2. Trattamento: se è la prima volta fare attenzione a reazioni allergiche; chiarire il protocollo
della chemioterapia, supporto del pz in caso di insorgenza di effetti collaterali, supporto
psicologico al pz, chiarimenti sulle attività quotidiane. Nei cicli successivi di chemio
possiamo incontrare pz che hanno già fatto il trattamento quindi bisogna controllare e
gestire gli effetti collaterali, supporto morale, aiutare il pz a gestire il port a cath. Il pz
dovrebbe avere un foglio con gli effetti collaterali più comuni di chemio in cui per ogni
effetto si ha un farmaco da prendere.

Controlli diagnostici.
Possono essere durante il trattamento o a fine trattamento.
I pz che fanno i controlli durante la terapia sono i peggiori perché aspettano un verdetto.
Quelli a fine trattamento sono pz adiuvanti che devono fare controlli diagnostici per verificare che
non ci siano recidive. Accertarsi sempre che i pz abbiano appuntamenti per il follow-up.

I pz in follow-up sono pz che hanno avuto un tumore e hanno fatto la chemio e continuano a
venire in day hospital per fare dei controlli periodici.

Fasi del processo terapeutico.


1. Prescrizione: la fa il medico dopo aver inquadrato il pz.
2. Allestimento: il farmaco viene allestito nel centro ufa (unità farmaci antiblastici). Il centro
ufa permette di allestire in maniera centralizzata su prescrizione medica le terapie, avviene
in maniera più sicura possibile per valutare la qualità di ciò che si fa. Le misure di
portezione riguardano una centralizzazione dell’attività, si può lavorare in una cappa a
flusso verticale con filtro, ci sono aree idonee per la produzione di questi farmaci.
3. Ricezione
4. Verifica: riguarda gli infermieri. Bisogna verificare che il pz a cui la farmacia manda il
farmaco sia proprio quello che deve ricevere il farmaco.
5. Somministrazione: abbiamo delle sacche di chemioterapia, porre attenzione a non bucarle
il farmaco deve uscire in maniera protetta all’interno di vassoi o buste di plastica, ci devono
essere contenitori adatti per trasportarlo. Attenzione a dispostivi individuali quando si
fanno alcuni chemioterapici ed evitare manovre a ischio che porta ad espulsione di aria
dalla siringa, perdite di farmaco dalla sacca o dal deflussore.

Alcuni farmaci sono fotosensibili ovvero sensibili all’esposizione della luce e quindi vanno
riscoperti ed evitare che siano esposti alla luce. Questi farmaci hanno una pellicola protettiva.
Alcuni pz hanno un elastomero che è dotato di una pompa e il farmaco va in continuo. Viene
utilizzato soprattutto per il 5-flurouracile.

Gestione di stravaso di chemioterapici.


Mettere accessi venosi centrali.
Lo stravaso è l’infiltrazione di un farmaco nei tessuti per fuoriuscita dello stesso dal vaso
sanguigno.
Il grado del danno dipende dal farmaco che può essere vescicante o irritante. Quelli irritanti hanno
un effetto sulla vena con o senza reazioni cutanee.
Farmaci irritanti: carboplatino, cisplatino o fluorouracile. Quando si ha stravaso si applica
l’antidoto sulla zona stravasata e gli antidoti sono sodio tiosolfato o sodio bicarbonato in acqua
distillata sterile somministrati praticando sottocutanee multiple di 5 ml attorno alla sede.

Nel sospetto di stravaso:


- Interrompere l’infusione
- Aspirare la maggior quantità possibile di farmaco, rimuovere l’ago
- Sollevare l’arto per favorire il deflusso venoso
- Usare l’antidoto
- …

Un altro problema è lo smaltimento dei farmaci chemioterapici.


- Usare dispostivi di protezione individuale
- Gli escreti dei pz trattati vanno raccolti in modo differenziato e decontaminati con antidoti
alcool o ipoclorito di sodio poi smaltiti. La raccolta delle urine va fatta in recipienti chiusi
con coperchio a vite. Anche i servizi contaminati da feci, urine o vomito vanno trattati con
antidoti

Gli accessi venosi a lungo termine.


Garantiscono che l’esecuzione del chemioterapico finisca in vene di grosso calibro.
In un pz oncologico che non mangia facilitano una nutrizione parenterale.
Si dividono:
- Tunnellizzati esterni: sono a lume singolo o doppio o a punta aperta o chiusa. La
tunnellizzazione verso l’esterno permettono di far uscire il catetere in modo comodo al di
fuori della medicazione, proteggono il catetere da infezioni. Si usa una puntura percutanea,
la vena prescelta è la giugulare o la succlavia e la fuoriuscita del catetere è nella regione
sottoclaveare
- Sistemi impiantabili o port: sono connessi ad una piccola scatola sottocute che serve per la
somministrazione in quanto viene bucata volta per volta con un ago di uber.

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