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Oncologia medica

L'obiettivo dell'epidemiologia mira a prevenire le patologie neoplastiche attraverso lo studio di


come sono rappresentate a livello geografico e di come cambiano nel tempo, le cause eziologiche e
in ultimo il mantenimento dello stato di salute all'interno della comunità.
La base per la programmazione di interventi di prevenzione permette di fare una programmazione
attenta e relazionale dell'assistenza sanitaria ed eseguire previsioni sull'andamento delle malattie nel
futuro e non solo, anche quella che sarà l'assistenza in funzione dell'andamento della malattia per il
futuro (efficacia di un test di screening).
In ultimo bisogna poi valutare l'efficacia degli interventi che sono stati adottati.

ISTAT → Censimento, anagrafe; è la “Bibbia” di tutti i clinici, tutti i dati vengono da qui.
La Rete Ospedaliera, invece, ci dà i dati sui tumori grazie alla scheda di dimissione del paziente
(SDO) oppure alla cartella infermieristica; sono importanti inoltre gli studi epidemiologici.
I registri dei tumori nel nostro Paese sono distribuiti in modo differente; nel Nord Italia sono
presenti nel 42,5% dei casi, al Centro Italia il 25,5% e nel Sud Italia e Isole il 16,5%.
In Europa, però, l'Italia è al secondo posto dopo il Regno Unito come organizzazione di registri di
tumori e raccolta dati.

Gli indicatori utilizzati in epidemiologia sono:


• l' INCIDENZA
• la PREVALENZA
• la SOPRAVVIVENZA
• la MORTALITA'
1. L'incidenza, per quanto riguarda l'oncologia, è il numero di nuovi casi, le nuove diagnosi, in
un periodo di tempo che è definito annuale.
→ n° di nuovi casi in 1 anno/ popolazione a metà anno x 1000
2. La prevalenza è il numero di tutti i malati (i nuovi malati del 2013 ma anche quelli che erano
già malati nel 2012, 2011...) fotografati in un certo istante.
→ n° di malati al tempo t / popolazione al tempo t x 1000
3. La sopravvivenza è il numero di persone vive che sono state affette dalla malattia (in questo
caso il tumore).
→ n° di pazienti vivi dopo x anni / n° vivi + n° di morti x 100
4. La mortalità è il n° di morti per una malattia (in questo caso il tumore) su tutti i malati.
→ n° di morti per il tumore / n° malati di questa malattia x 1000

USA, Australia e Europa sono i Paesi a più alta incidenza neoplastica, l'industrializzazione spesso
incide sul numero di nuovi casi, però questi dati non sono certi poiché in molti paesi sottosviluppato
non vi è una raccolta dati adeguata.
E' fondamentale la registrazione dei tumori all'interno delle strutture per avere dei dati di
certezza e chiarezza; in alcune zone dell'Africa i registri non saranno sicuramente precisi soprattutto
per il fatto che spesso non si conosca bene la diagnosi della malattia che ha portato l'individuo alla
morte.

Un ulteriore fattore epidemiologico da considerare è la differenza tra incidenza e prevalenza (per


tipologia di tumore) tra i vari Paesi mondiali e la sede di primitività.
Non tutte le zone geografiche hanno lo stesso dato d'incidenza, ad esempio:
Asia: 1° posto tumore allo stomaco (1° posto in Giappone); 2° tumore alla mammella;
3° tumore al polmone.
Africa: le donne vengono affette soprattutto dal tumore alla cervice uterina. Diffuso è anche il
tumore della vescica che trova i suoi agenti patogenetici ed eziopatogenetici in un parassita,
il schistosoma che si trova principalmente nell'acqua non depurata dei torrenti africani.
SITUAZIONE ITALIANA
• Tumore collo dell'utero = Italia tra le ultime posizioni della classifica mondiale, 11° posto.
• Tumore alla prostata = l'Italia ha una posizione intermedia, 7° posto.
• Tumore colon-retto = l'Italia è a circa metà classifica mondiale, al 5° posto.
• Tumore della mammella = 5° posto
• Tumore del fegato = discreta incidenza in Italia, 4° posto.
• Tumore al polmone = piuttosto rappresentato in Italia, 3° posto.
• Mesotelioma (tumore che va ad intaccare tutte le sierose in particolar modo la pleura ciò
dovuto dall'amianto; alta incidenza nelle zone di Casale Monferrato, Genova, Trieste a causa
delle vecchie industri navali) = 3° posto.
• Tumore della vescica = l'Italia ha la più elevata incidenza, 1° posto.

Dato di incidenza in Italia → 366.000 NUOVI CASI ALL'ANNO di cui il 54% nel sesso
maschile e il 46% nel sesso femminile --> 100 nuovi casi al giorno.
Questo vuol dire 7 casi ogni 1000 uomini e 5,5 casi ogni 1000 donne, con una media totale di circa
6 casi ogni 1000 persone.

Il tumore più frequente per dati di incidenza, senza distinzione di sesso è il tumore alla
mammella, a seguire poi il colon retto e poi il polmone.

Se dividiamo la popolazione per sesso, invece:

Maschi 1° posto Tumore alla prostata Donne 1° posto Tumore alla mammella
2° posto Tumore al polmone 2° posto Tumore al colon-retto
3° posto Tumore al colon-retto 3° posto Tumore a polmone
4° posto Tumore alla vescica 4° posto Tumore al corpo dell'utero
5° posto Tumore allo stomaco 5° posto Tumore allo stomaco

Se però si va a suddividere per fasce d'età, si troveranno ancora altre differenze; ad esempio il
tumore prostatico tende ad avere più picco nell'età avanzata, nella fascia d'età tra gli 0 e i 49 anni il
tumore più rappresentato è quello al testicolo. Per la donna, in ogni caso e fascia d'età, il tumore più
frequente rimane quello mammario.

Dato di mortalità in Italia → 176.000 DECESSI.

Questo significa 3,5 decessi ogni 1.000 uomini e 2,5 decessi ogni 1.000 donne, con una media
totale di circa 3 decessi ogni 1.000 persone.

Il dato più forte è che in Italia a circa 1000 persone al giorno viene diagnosticato un tumore ma,
peggio ancora, muoiono circa 500 persone al giorno per tumore.

I dati di mortalità non è detto che corrispondano ai dati di incidenza o di prevalenza. Tanta più
differenza c'è tra un dato di incidenza e un dato di prevalenza, tanto maggiore è la sopravvivenza
per quel tipo di tumore. [Incidenza (nuovi casi), prevalenza (tutti i casi sia nuovi che vecchi) → se
c'è molta differenza tra incidenza e prevalenza vuol dire che ci sono tanti casi di tumori che non
sono nuovi e che la malattia non ha un'elevata mortalità, quindi tende a dare dati di sopravvivenza
più alti!].
Dati di mortalità in Italia:

Maschi 1° posto Tumore al polmone Donne 1° posto Tumore alla mammella


2° posto Tumore al colon-retto 2° posto Tumore al colon-retto
3° posto Tumore alla prostata 3° posto Tumore a polmone
4° posto Tumore allo stomaco 4° posto Tumore al pancreas
5° posto Tumore al fegato 5° posto Tumore allo stomaco

Il dato di incidenza non traspone immediatamente in un dato di mortalità!

Se andiamo a suddividere per fasce d'età, i dati di mortalità sono differenti da quelli di incidenza =
tumore al testicolo (1° posto per incidenza) non è nemmeno presente nei dati di mortalità in quanto
è l'unico tumore guaribile, in ambito oncologico, con i farmaci (ossia a prescindere dalla chirurgia).
Non vuole comunque dire che nessuno muoia per il tumore al testicolo, però i casi sono pochi
perché è facilmente guaribile.

Nella situazione italiana, un altro dato


importante da considerare è il fatto che
abbiamo “due leoni”, due patologie che
prevalgono sulle altre, cioè i tumori e le
malattie del sistema cardiocircolatorio.
C'è una differenza però, i tumori sono
aumentati negli anni a differenza delle
malattia cardiocircolatorie che, invece,
sono diminuite.

La sopravvivenza, con un confronto tra l'Italia e l'Europa, è sempre maggiore in Italia tranne in tre
casi: il tumore al pancreas, il melanoma e il tumore al testicolo.

INCIDENZA E MORTALITA' IN ITALIA PER FASCE D'ETA':

Sia i tassi di incidenza che quelli di mortalità hanno il picco più altro intorno ai 70/80 anni.
INCIDENZA E MORTALITA' IN ITALIA PER SESSO:
Nonostante i dati siano inferiori per quanto riguarda le donne
(Ricordiamo:
– incidenza donne = 5,5 casi su 1.000 donne; incidenza uomini = 7 casi su 1.000 uomini
– mortalità donne = 2,5 morte su 1.000 donne; mortalità uomini = 3,5 morti su 1.000 uomini)
parrebbe che tutto sommato ci sia un trend in decremento sia per l'incidenza che per la mortalità
nell'uomo, comportamento completamente diverso nella donna, essendoci appunto un incremento.

INCIDENZA E MORTALITA' IN ITALIA IN BASE ALLA SEDE IN CUI SI VIVE:


Sia per il sesso maschile che per quello femminile, l'incidenza tende a decrescere partendo dal
Nord, al Centro per passare poi al Sud.
La mortalità decresce nel Nord mentre, invece, cresce nel Sud.

Tanto minore è la differenza del dato tra incidenza e prevalenza e tanto più è aggressivo/drammatico
l'andamento della malattia in questione.
Percentuale di SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI per alcune sedi tumorali:

• Pancreas: 5,2%
• Mesotelioma: 7,6%
• Fegato: 10%
• Esofago: 11,9%
• Colecisti: 12,2%
• Polmone: 12,6%
• Cervello: 15,4%

Questi tumori sono


decisamente inferiori rispetto
alla somma, alla media di
tutti gli altri (sopra il 60%).

Dagli anni '90 al 2000 è cambiato l'andamento di alcuni tumori:


– Stomaco: ha avuto un decremento sia uomini che donne
– Polmone: decremento per i uomini, incremento per le donne
– VADS (vie aerodigestive superiori): decremento uomini, incremento donne
– Esofago = decremento uomini, incremento donne

In generale hanno avuto un incremento i seguenti tumori:


 Tumore al Sistema Nervoso Centrale
 Tumore al colon-retto
 Linfomi di Hodgkin
 Melanomi
 Tumore al testicolo
 Tumore alla prostata
 Tumore alla tiroide

Ha invece avuto un decremento il tumore alla cervice uterina, grazie alla prevenzione e ai test di
screening.

Probabilità di ammalarsi di tumore

→ da quanto si nasce al compimento dell'84° anno di età.


Italia = 1 maschio su 8 USA = 1 maschio su 9
1 donna su 36 tumore al polmone 1 donna su 13 tumore al polmone

cioé in Italia, prima di compiere 84 anni, un uomo su 8 si vede diagnosticare un cancro al polmone
(1 su 9 negli USA). La stessa neoplasia viene diagnosticata nel nostro Paese a una donna su 36
(1 su 13 negli USA).
Tumori: la loro diffusione, l'incidenza e la mortalità.

• TUMORI DELLO STOMACO: tendono ad essere fortemente rappresentati nel nostro


Paese e grossomodo nell'Italia centro-meridionale (Massima incidenza → Giappone).
• TUMORI DELL'ESOFAGO: per lo più diffusi in Veneto; sono molto frequenti nelle
popolazioni nere e asiatiche, mentre per i bianchi europei, americani e australiani, il rischio
appare omogeneamente più basso. Per quanto riguarda l'Italia, il carico di questo tumore
tende ad essere attribuibile al Nord-Est (soprattutto a Trieste).
• TUMORI DEL COLON-RETTO: la loro incidenza sembrerebbe aver avuto un
incremento laddove la mortalità sembrerebbe più o meno stabile per gli uomini; discorso
analogo per il sesso femminile, incidenza tendenzialmente in incremento. (A livello
internazionale, l'Italia ha una posizione intermedia nella classifica, senza differenza tra
popolazioni bianche o nere)
• TUMORI AL POLMONE: incidenza maggiore nei Paesi industrializzati. C'è un
decremento dell'incidenza e della mortalità nel sesso maschile; al contrario per il sesso
femminile.
Frequenza elevata negli uomini: la scala è 10 volte superiore per i maschi rispetto alle
femmine, sebbene il trend sia in decremento.
• MESOTELIOMA: l'Italia appare fra i Paesi a maggior rischio su scala mondiale con
massimi tassi di frequenza a Trieste e Genova.
• TUMORE DELLA MAMMELLA: più rappresentato nei Paesi ad elevata
industrializzazione e sviluppo (Nord America, Australia e Europa occidentale. Nel Centro e
Sud America, nell'Europa dell'Est, in Asia e in Africa, in ordine, i tassi passano da valori più
elevati a inferiori); incidenza con trend in aumento e mortalità stabile.
• TUMORE DELL'UTERO: meno rappresentato grazie alla prevenzione; incidenza con
trend in aumento e mortalità in diminuzione.
• TUMORE DELLA PROSTATA: massima incidenza nel Nord America e nel Canada
(incremento); incidenza in forte aumento, mortalità stabile. In Italia ha tassi più bassi di
quelli osservati nel resto dell'Europa occidentale o in Nord America.
• TUMORE DELLA VESCICA: massima incidenza nel Nord Est dell'Italia.
Maschi → incidenza e mortalità in diminuzione.
Femmine → incidenza in aumento, mortalità in diminuzione.
Insieme agli altri Paesi dell'Europa meridionale è in testa alla graduatoria mondiale del
rischio.
• TUMORE DEL FEGATO: agenti eziopatogenetici → Alcool ed epatite.
In Italia ha una frequenza piuttosto elevata. C'è un progressivo incremento dell'incidenza
con una stabilizzazione, e una mortalità in diminuzione.
Andamento sovrapponibile anche nel sesso femminile.
• TUMORE DEL PANCREAS: incidenza e mortalità in aumento.

Curve di sopravvivenza

1. TUMORI AD ALTA LETALITA' = ESOFAGO, STOMACO, FEGATO e POLMONE.


La curva è in rapida discesa subito dopo la diagnosi, con sopravviventi bassi o molto bassi al
secondo o terzo anno.
2. TUMORI A MEDIA LETALITA' = COLON-RETTO, PROSTATA e LINFOMI NON
HODGKIN. La curva ha una discesa meno drammatica con sopravvivenza al 50% a 5 anni.
3. TUMORI A BASSA LETARLITA' = MELANOMA, CERVICE UTERINA, TESTICOLO e
TIROIDE. La curva scende brevemente e poi si stabilizza su valori di sopravvivenza molto
alti.
SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI

Le donne sopravvivono più degli uomini per la maggiore curabilità delle forme che colpiscono
maggiormente le donne.
La sopravvivenza da un tumore dipende da:
– diagnosi in fase pre-sintomatica (test di screening)
– diagnosi in fase sintomatica precoce
– efficacia degli specifici trattamenti

I tumori del colon-retto, del polmone e della mammella sono frequenti al Nord e al Centro Italia,
meno frequenti al Sud; le cause sono le seguenti:
• Dieta ricca di grassi → tumore del colon-retto
• Diffusione del fumo di tabacco → tumore del polmone
• Profili produttivi tipici della società (no figli,più probabilità di t.) → tumore della mammella

Oncologia in Piemonte

Mortalità → tra i residenti ogni anno muoiono per tumore maligno circa 7'500 maschi e 5'700
femmine.
Incidenza → 14'400 maschi e 11'800 femmine.
In età pediatrica dal 1999 al 2001 → 205 casi ogni milione di bambini.
I tumori più diffusi tra i bambini sono: leucemie, linfomi, tumori all'encefalo, tumori al rene, tumori
ossei, neuroblastoma, retinoblastoma.
L'incidenza dei mesoteliomi maligni è di 693 casi tra il 1990 e il 1998, circa 80 casi all'anno.
Tra il 1999 e il 2001 sono 308 casi di mesotelioma maligno a localizzazione pleurica.
La sopravvivenza relativa a Torino a 5 anni dalla diagnosi (per i casi diagnosticati tra il 1995 e il
1998) è pari al 45% degli uomini affetti e del 57% delle donne.
L'incidenza dei tumori aumenta con l'aumentare dell'età media.

Incidenza e Prevalenza costituiscono i principali indicatori di domanda dei servizi sanitari. La


sopravvivenza migliora per una diagnosi più precoce e per migliori trattamenti.
In base all'incidenza ed alla prevalenza si organizzano:
• Servizi diagnostici e terapeutici
• Servizi di follow-up
• Servizi assistenziali (infermieristici, ecc)
• Servizi sociali
• Servizi di recupero e reinserimento lavorativo

Eziologia
La IARC (Internetional Agency for Research on Cancer) è l'associazione internazionale per la
ricerca sul cancro che suddivide le sostanze con le quali viene a contatto l'uomo in 3 gruppi:
Gruppo 1 : sicuramente cancerogene
Gruppo 2 A : sostanze probabilmente cancerogene
Gruppo 2 B : sostanze possibilmente cancerogene
Gruppo 3 : sostanze senza evidenza di cancerogenità
1. Gruppo 1
Radiazioni X e gamma, fumo attivo e passivo, arsenico nell'acqua, vapori del legno,
Helicobapter Pylori, Virus EBV, lettini abbronzanti, Papilloma Virus.
2. Gruppo 2A
Sostanze probabilmente cancerogene come piombo inorganico, formaldeide, herpes virus B,
Papilloma Virus
Gruppo 2B
Sostanze possibilmente cancerogene come acido dicloroacetico, cobalto, Papilloma Virus,
azitotimidina (AZT), campi magnetici ad alta intensità
3. Gruppo 3
Cloramina nell'acqua, processi di stampa, inchiostri, silicone per protesi, impianti dentari,
campi magnetici.

Tumori professionali dati da sostanze, quali: amianto (es. Eternit a Casale Monferrato), Coloranti
nell'anilina (IPCA a Ciriè) e Monovinilcloruro (VCM, Petrolchimica)

TABACCO
Non è cancerogeno solo per chi fuma ma anche per chi è esposto al fumo passivo. E' responsabile
del tumore al polmone (30% morti per questo tipo di cancro) e del tratto urinario ma anche della
gola, del fegato, dello stomaco, della lingua e dei reni.
DIETA
Il sovrappeso e l'obesità sono associati ai tumori del colon, della mammella, dell'utero, dell'esofago
e dei reni. In oltre un consumo eccessivo di alcolici e superalcolici incrementa il rischio di tumori
alla cavità orale, della faringe, della laringe, dell'esofago, del fegato e della mammella.
INFEZIONI
Agenti che incentivano la comparsa di tumori. Schistosoma Haematolium = tumore vescica
Papilloma Virus = tumore cervice uterina / Helicobapter Pylori = tumore stomaco
Epatiti = tumori fegato / HIV = sarcoma di Kaposi
STORIA NATURALE DELLE NEOPLASIE

Storia naturale delle neoplasie


Evoluzione propria del tumore, indipendentemente da qualsiasi
terapia e le conseguenze di tale evoluzione sul paziente.
Conoscere la storia naturale delle neoplasie facilita le decisioni diagnostiche e terapeutiche:
• Conoscere le prime alterazioni rilevabili obiettivamente associate ad uno stadio precoce di
malattia permette di formulare programmi di screening e di rimuovere il tumore
Conoscere la storia naturale di un tumore facilita alcune decisioni
precocemente.
diagnostiche
• Conosceree terapeutiche:
quali sedi siano tipicamente coinvolte consente un loro controllo nel tempo.
• Conoscere come determinati interventi abbiano effetto per stabilire se sono efficaci o meno.
• Conoscere come un tumore causi la morte aiuta l'oncologo a predisporre una terapia
palliativa.
 Conoscere le prime alterazioni rilevabili obiettivamente associate a uno
stadio precoce
Fisiopatologia dei di malattia permette di formulare programmi di
tumori
Una cellula normale
screening è l'unità funzionale
e di rimuovere e strutturale
il tumore di base di tutti gli organismi. I tessuti sono
precocemente
costituiti da cellule che si rinnovano continuamente → si riproducono e si differenziano assumendo
Conoscere
le caratteristichequali sedi siano tipicamente
morfologico-funzionali coinvolte
delle cellule mature e perdonodalametastasi consente
capacità di moltiplicarsi
un poi
per loro controllo
andare incontro anel tempo
processi di apoptosi (morte cellulare programmata).
 Conoscere come interventi terapeutici influiscano sulla storia naturale
Le neoplasie sono il risultato dello sviluppo di cloni cellulari mutati che traggono origine da una
consente
singola celluladi evitare
mutata terapie
a seguito che determinatesi
di mutazioni non offrono vantaggi
a livello genetico →rispetto
ONCOGENI. al non
trattamento
Tutti i giorni nel nostro corpo avvengono creazioni di cellule potenzialmente tumorali, ma ci sono
dei sistemi
 Conoscere che lecome
distruggono; le cellule che sfuggono
un determinato tumore a questi sistemisintomi
causa danno poi eorigine ai tumori.
conduce a
Gli oncogeni si dividono in:
morte aiuta l'oncologo
• Dominanti: è più facile cheadiano
predisporre
origine ad unaforme
patologiaottimali
neoplasticadi unaè necessaria
poiché terapia
palliativa
l'alterazione di un solo allele per promuovere la trasformazione neoplastica.
• Recessivi: sono geni per i quali è necessaria l'alterazione di entrambi gli alleli presenti per
promuovere la formazione neoplastica.

CANCEROGENESI: processo attraverso il quale le normali cellule si trasformano in cellule


tumorali. È un processo a più stadi: iniziazione, promozione e progressione.
1. Iniziazione: evento primario, fase precoce nella quale avvengono alterazioni irreversibili a
carico del patrimonio genetico.
2. Promozione: qui avvengono cambiamenti nel regolamento della proliferazione cellulare,
può avere tempi variabili, può essere accelerata da una sostanza promuovente.
3. Progressione: il tumore acquisisce caratteristiche di malignità, diventa invasivo,
metastatizza ed interferisce con il metabolismo dell'ospite fino alla cachessia
(complesso multifattoriale, deperimento organico → fase avanzata nei
pazienti oncologici).
Nella crescita cellulare possono avvenire anomalie di tipo:
• QUALITATIVO
Displasia = modificazione della cellula matura in dimensioni, aspetto e organizzazione
cellulare, provocata da stimolo esterno; può essere reversibile o irreversibile.
Metaplasia = può essere reversibile se la causa viene meno, può progredire fino alla
displasia se la causa persiste.
• QUANTITATIVO
Ipertrofia = aumento del volume di un tessuto o organo per ingrandimento volumetrico
della cellula.
Iperplasia = non sono presenti alterazioni morfo-funzionali con aumento reversibile del
numero di cellule.
Qualitativo e Quantitativo → NEOPLASIE.

Aspetti della crescita neoplastica:


• ANAPLASIA: la cellula acquisisce caratteristiche morfologiche più immature; le cellule
tumorali hanno caratteristiche così modificate che è pressoché impossibile riconoscere da
che tessuto hanno origine.
• NEOPLASIA: neoformazione di tessuto caratterizzato dalla presenza di cellule atipiche
(atipie differenziative, morfologiche e biochimiche) con accrescimento autonomo, continuo
e progressivo.

Tumori maligni
TUMORI BENIGNI TUMORI MALIGNI
Crescita veloce, periferica,
Crescita lenta, centrale, espansiva
infiltrativa
Struttura e morfologia molto simile Struttura e morfologia molto diversa
al tessuto di origine al tessuto di origine
Il metabolismo del tumore non Il metabolismo del tumore
interferisce con il metabolismo interferisce con il metabolismo
dell'ospite dell'ospite (cachessia neoplastica)
Non dà metastasi Dà metastasi
Recidiva quando asportato

CARATTERISTICHE DELLA CELLULA NEOPLASTICA

Aspetti microscopici
1. Pleomorfismo (cellule diverse in dimensioni e aspetto all'interno della
stessa neoplasia)
2. Ipercromatismo
3. Polimorfismo (nuclei più grandi e diversi tra loro)
4. Aneuploidia (numero di cromosomi variabile)
5. Anomalie cromosomiche (traslocazioni, addizioni, delezioni, siti fragili)
6. Perdita della capacità di differenziazione

Alterazioni delle caratteristiche biochimiche


 Produzione di antigeni associati al tumore
 Produzione di ormoni o sostanze simil-ormonali
 Produzione di peptidi ad azione regolatoria
 Aumento della glicolisi anaerobia
 Perdita di adesività e coesività

Instabilità cromosomica
Facilità di andare incontro a ulteriori mutazioni del DNA

Capacità di metastatizzare
CRESCITA NEOPLASTICA

Il ciclo cellulare
Fase G0: fase di riposo
Fase G1: la cellula produce RNA, proteine e enzimi (da ore a giorni)
Fase S: sintesi di DNA e componenti cellulari (da 10 a 20 ore)
Fase G2: sintesi completa di RNA e altre proteine (da 2 a 10 ore)
Fase M: avviene la mitosi in sequenza (profase, metafase, anafase e
telofase) (da 30 minuti a 1 ora)

Caratteristiche della crescita tumorale


1. Immortalità delle cellule trasformate (perdita della sensibilità
all'apoptosi)
2. Riduzione dell'inibizione da contatto
3. Ridotta inibizione da contatto sulla divisione cellulare
4. Perdita della necessità di ancoraggio

La crescita tumorale è un bilancio tra processi attivi legati alla frazione di


cellule proliferanti (frazione di crescita) e alla capacità di moltiplicazione
cellulare da una parte e processi passivi di perdita cellulare per
esfoliazione e morte dall'altra.

Nei tumori solidi il ritmo di crescita non è esponenziale


bensì è gompertziano.

Infatti solo inizialmente la crescita è esponenziale.


Successivamente, nelle fasi avanzate, parallelamente
alla comparsa di segni e sintomi clinici, la velocità
di crescita si riduce per aumento della durata del
ciclo cellulare, diminuzione della frazione di crescita
e aumento della perdita cellulare.

Condizione base per la crescita del tessuto neoplastico è la possibilità di nutrizione del tessuto
Nei tumori solidi il ritmo di crescita non è esponenziale bensì è
stesso. gompertziano. Infatti solo inizialmente la crescita è esponenziale;
successivamente, nelle fasi avanzate, parallelamente alla comparsa di segni
ANGIOGENESI → il tumore necessita di approvvigionamentie sintomi nutritiviclinici, che implicano
la velocità la per aumento della durata
di crescita si riduce
formazione di nuovi vasi. Le cellule neoplastiche producono fattori che sono direttamente
del ciclo cellulare, diminuzione della frazione di crescita e aumento della
perdita cellulare.
angiogenetici (VEGF = molecola circolante, Avastin / bFGF.

IL PROCESSO DI METASTATIZZAZIONE
Si intende la migrazione dalla sede di origine a strutture più o meno vicine al tumore.

Ci sono due teorie diverse che spiegano il processo:


1. Teoria stocastica = ci sono dei fattori meccanici che determinano la metastatizzazione
2. Teoria del “seme e del suolo fertile” = la propensione a dare metastasi è determinata
da fattori non causali, legati alla capacità della cellula neoplastica di impiantarsi e crescere
in un determinato contesto tissutale.

Ci sono diverse fasi nel processo di metastatizzazione:


1. FASE 1
Distacco della cellula tumorale dal tessuto di appartenenza
2. FASE 2
Degradazione della matrice extracellulare attraverso enzimi proteolitici e migrazione fino ai
vasi
3. FASE 3
Arresto della cellula neoplastica nel letto capillare dell'organo bersaglio attraverso molecole
come integrine, molecole adesive leucocitaria.
4. FASE 4
Crescita delle cellule neoplastiche nell'organo bersaglio.

Come si diffondono i tumori?


Le cellule neoplastiche si diffondo a distanza attraverso le seguenti vie:
• Via ematica
• Via linfatica
• Via endocavitaria (come gli organi che disseminano all'interno della cavità addominale)
Ci sono dei fattori che influenzano le sedi di diffusione:
– sede della neoplasia
– istologia del tumore
Esempi:
carcinomi spinocellulari linfonodi regionali
adenocarcinomi linfonodi regionali e metastasi a distanza
sarcomi metastasi a distanza
– reattività immunitaria dell'ospite

Diffusione locale
Il tumore si propaga localmente mediante uno sviluppo che parte dal focolaio microscopico iniziale.
Le cellule alla periferia della localizzazione neoplastica sono dotate di metabolismo e proliferazione
più attivi rispetto a quelle situate al centro. Questo perché esiste un gradiente di concentrazione
dall'esterno all'interno di ossigeno e metaboliti.
Per estendersi il tumore necessita di essere vascolarizzato da vasi neoformati, cioè di angiogenesi.
La neoplasia si estende localmente secondo direttrici. Sono importanti direttrici di diffusione di
piani di clivaggio, il tessuto adiposo, la guaina dei nervi, le fibre muscolari, la cavità midollare
ossea; la neoplasia trova barriera invece nelle meningi, nella cartilagine, nella capsula degli organi,
nel sistema fasciale e nel periostio.
Metastasi linfonodali
Caratteristica dei carcinomi. Le cellule giungono al seno marginale di un linfonodo attraverso i
linfatici afferenti seguendo la corrente della linfa. La tendenza al superamento della capsula
linfonodale dipende dall'isotipo tumorale.
All'interno di una stazione linfonodale l'invasione neoplastica avviene in modo ordinato da un
linfonodo all'altro.
Metastasi a distanza
Per ogni tipo di tumore può essere identificato un quadro di sedi di elezione della metastasi.
Prevenzione
La prevenzione può essere:
1. Prevenzione primaria
La rimozione all'esposizione a fattori o situazioni considerati cancerogeni (es. limitare
l'esposizione a fumo, alimenti errati, infezioni, ambienti lavorativi, inquinamento
ambientale).
2. Prevenzione secondaria
Fare in modo di avere una diagnosi precoce dei tumori in modo da permettere la guarigione
della persona tramite interventi terapeutici mentre il tumore è ancora asintomatico →
Screening (es. il pap-test) e Chirurgia preventiva (es. poliposi familiare congenita o colite
ulcerosa).
3. Prevenzione terziaria
Limitare i danni che il tumore ha determinato.

Lo screening ha come obiettivo la riduzione della mortalità di una neoplasia attraverso


l'identificazione di tumori non sintomatici. Si cerca di modificare la storia naturale di un tumore
grazie all'anticipato riconoscimento dello stato di malattia.
Lo screening viene fatto su patologie con un impatto sociale notevole (ossia dev'essere fortemente
rappresentata nella popolazione, sia in termini di incidenza che di mortalità).
Ci devono, però, essere dei benefici e dei costi attesi:
– Benefici = * riduzione della mortalità e dei costi per trattare la malattia in stadi precoci
* riduzione dell'invasività degli interventi terapeutici.
– Costi = * aumento dell'incidenza della malattia
* aumento dell'ansia
* costi organizzativi
* allungamento del periodo di malattia per alcune persone grazie allo screening
precoce.
Lead time → si ha quando la diagnosi precoce non modifica la storia della malattia.
(uno screening sbagliato, che non si deve fare).

Prevenzione serena
E' il programma di diagnosi precoce dei tumori della mammella e del collo dell'utero → pap-test
ogni 3 anni tra i 25 e i 64 anni; mammografia ogni 2 anni tra i 50 e i 75 anni.

Altri test da fare:


Sangue occulto nelle feci ogni 2 anni tra i 59 e i 69 anni.
Sigmoidoscopia almeno 1 volta nelle persone sopra i 50 anni.

La diagnosi
Malattia
Disordine anatomico, biochimico, psicologico di cui conosciamo la fisiopatologia, la presentazione,
la prognosi e la condotta terapeutica.
Infermità
Insieme dei sintomi (percepiti dal paziente) e dei segni (percepiti dal clinico e/o dal paziente) come
conseguenza della presenza di malattia.
Situazione ambientale
Situazione ambientale, sociale, famigliare, psicologica ed economica in cui si trova il malato.
In campo oncologico ci sono dei contesti particolari riguardo la diagnosi:
– le persone “non malate” (screening) o meglio i potenzialmente malati
– stigma della malattia, ossia la malattia connessa alla morte, al dolore, all'incurabilità
Il processo diagnostico comprende tutti gli atti compiuti per individuare la classe o il gruppo della
malattia del paziente in modo che i provvedimenti clinici, che siamo in grado di eseguire e che il
paziente è disposto ad accettare, che facciano migliorare la salute del paziente.
Devono essere definiti tipo e estensione tumorale.

Tipi di tumore
Il tumore si classifica in base alla classificazione istologica, cioè in base alle caratteristiche
molecolari e genetiche; per capire questo analizziamo un frammento di tessuto ricavato tramite
biopsia.
TNM è la classificazione più diffusa in assoluto dei tumori solidi.
T = Tumor
Valuta il tumore nella sua forma più primitiva, vengono valutate l'estensione e le caratteristiche
generali.
N = Nodal status
Valuta la presenza o meno di linfonodi regionali o di nodi.
M = Mestastasis
Valuta la presenza o meno di metastasi.

Per valutare un TNM si usano i seguenti strumenti:


• valutazione degli effetti clinici (es. palpazione di un linfonodo)
• la chirurgia
• raggi X, RMN, eco, medicina nucleare, endoscopia

La scelta del tipo di indagine, della sequenza delle indagini e delle modalità di esecuzione va
concordata tra il medico clinico e lo specialista esperto del mezzo diagnostico che si vuole
utilizzare. Spesso, in campo oncologico, il processo diagnostico e gli interventi terapeutici si
intersecano. E' indispensabile che ogni professionista collabori con l'altro al fine di garantire
accuratezza diagnostica e correttezza terapeutica.
I ruoli dell'infermiere nel processo diagnostico sono:
✔ preparare il paziente all'esame
✔ assistenza pre, intra e post esame
✔ somministrare farmaci
✔ accertarsi che avvenga il digiuno
✔ applicare accessi venosi
✔ ritirare protesi, gioielli, vestiti ecc...
✔ controllo del dolore e dell'ansia
✔ preparare la documentazione necessaria all'esame

Ogni metodica diagnostica è caratterizzata, rispetto ad ogni specifica situazione clinica da un


determinato rapporto tra costi e benefici.
I costi si differenziano in:
Costi biologici
Comprendono in primo luogo il rischio legato alle energie impiegate ed assorbite dal paziente per
ottenere le immagini utilizzate ai fini diagnostici. Gli effetti sono molti diversi, a seconda che si
tratti di ultrasuoni, di campi elettromagnetici, di raggi X.
Il rischio è praticamente nullo per l'ecografia; è trascurabile per la risonanza magnetica; esiste nella
radiodiagnostica (radiografia tradizionale, digitale, tomografia computerizzata). Perché si
manifestino effetti biologici deleteri non esiste una soglia di dose: ogni irradiazione per quanto
piccola può indurre un cancro o provocare, attraverso mutazioni cromosomiche, disordini ereditari
nei discendenti.
La probabilità del verificarsi dell'effetto dipende dalla dose assorbita; la gravità dell'effetto è
indipendente dalla dose.
L'altra componente del costo biologico è rappresentata dall'invasività che comprende il disagio per
il paziente e le complicazioni che possono intervenire in conseguenza della somministrazione di
messi di contrasto o di farmaci o dell'effettuazione di manovre operative.
Costi economici-organizzativi
Si dividono in costi economici che pesano sul paziente (ossia a costi diretti quali ticket e costi
dell'esame e costi indiretti, assenza del lavoro, trasporti, assistenza dei famigliari) e costi economici
che pesano sul Servizio Sanitario.

Per beneficio, invece, si intende che per ogni esame diagnostico distinguiamo dei parametri che
stabiliscono l'accuratezza diagnostica, cioè quanto è importante il risultato dell'esame nel processo
diagnostico.
I due parametri più importanti sono la specificità e la stabilità.

Gli esami più utilizzati sono:


• Raggi X che possono essere:
Radiologia convenzionale (mammografia, urografia, Rx)
TAC, tomografia (mezzi di contrasto, protocolli di esecuzione, software di ricostruzione
delle immagini)
• Risonanza magnetica (RMN) che non usa radiazioni ionizzanti ma impiega campi
magnetici; evidenzia le differenze tra i diversi tipi di tessuti molli; ha limitazioni per la
presenza di dispositivi elettronici, di sostanze paramagnetiche o metalliche.
• Ecografia, facilmente eseguibile e ripetibile, non determina danni all'organismo; permette
l'esecuzione di biopsie mirate o altri interventi terapeutici (alcolizzazione, radiofrequenza).
Ecografia trans-cutanea ed endocavitaria (endoscopica, rettale, vaginale)
Recentemente sono stati introdotti mezzi di contrasto anche per l'ecografia che permettono
una migliore caratterizzazioni delle immagini.
Diagnostica radioisotopica
Vengono utilizzate sostanze radioattive che emettono radiazioni con apparecchiature che ricevono
queste emissioni → vengono poi ricostruite delle immagini che hanno significato anatomico e
funzionale. Ogni radiofarmaco va a legarsi a particolari strutture anatomiche.
• PET = viene somministrato FDG (fluorodeossiglucosio) che è un emettitore di positroni.
Quando un positrone incontra un elettrone emette energia sotto forma di due fotoni con
direzione opposta. Il detector considera solo i fotoni che arrivano contemporaneamente e
costruisce un'immagine di dove si è localizzato il farmaco somministrato.
• ENDOSCOPIA = eseguita con strumenti a fibre ottiche in cui si possono visualizzare
organi interni, oltre a visualizzare le lesioni, si possono visualizzare prelievi bioptici o
ecografie (es. broncoscopia, colonscopia, laparoscopia...)

Markers neoplastici
I markers neoplastici sono una molecola o un profilo molecolare rilevabile a livello dei liquidi
biologici o dei tessuti in grado di segnalare la presenza, lo sviluppo o l'evoluzione di una neoplasia.
Ecco i più comuni:
CEA = antigene carcinoembrionario
CA 125 = antigene che marca i tumori ovarici
CA 19,9 = antigene che marca i tumori intestinali, pancreas e stomaco
CA 15,3 = antigene che marca i tumori della mammella
PSA = antigene prostatico specifico
aFP = positivizza nei tumori di fegato e testicolo
CYFRA 21-1 = marca i tumori del polmone
NSE = marca i tumori neuro-endocrini
Ormoni come HCG che marca i tumori del testicolo e la calcitonina che marca i tumori della
tiroide.

Oggi, comunque, nessun marker può essere considerato diagnostico di presenza di tumore.
I markers neoplastici esprimono solo una probabilità della presenza di una neoplasia.
Importante oltre che il valore è l'andamento temporale. Un valore negativo non esprime la “non
presenza” di un tumore.
L'utilità dei markers tumorali è il monitoraggio della malattia durante il trattamento (questi valori
saliranno se la malattia peggiora e scenderanno, per esempio, durante la chemioterapia).
I fattori prognostici sono l'insieme di caratteristiche, presenti fin dall'inizio o che compaiono nel
corso della malattia, condizionano il trattamento, la storia clinica o la prognosi.
Questi fattori possono essere legati alla neoplasia, ai pazienti, al trattamento e alla possibilità di
controllo dopo il trattamento primario.

I fattori legati alla neoplasia che controllano sono:


• L'istopatologia, ossia il grado di atipia e di indice proliferativo
• La patologia molecolare cioè l'identificazione di alterazioni geniche e cromosomiche
associate con una determinata neoplasia.
• Lo studio clinico cioè la sede e la localizzazione e il numero di cellule presenti.
• L'evoluzione prima del trattamento ossia l'intervallo di tempo che trascorre tra il primo
sintomo e la diagnosi, e tra il primo sintomo e l'inizio del trattamento.
• Il trattamento primario cioè il tempo che intercorre tra il trattamento primario e la ricaduta
della malattia.
• Il trattamento precedente; il tumore reagisce meglio al primo trattamento rispetto ai
seguenti.
• Lo stadio patologico cioè l'evoluzione del tumore.
• I segni e i sintomi cioè la loro manifestazione.
La classificazione in stadi del tumore è utile per descrivere lo stato di un tumore in vari momenti
temporali e permette:
 la descrizione precisa dell'estensione di malattia
 un aiuto al clinico nella pianificazione terapeutica
 fornisce indicazioni prognostiche
 assiste nella valutazione dei risultati terapeutici
 facilita lo scambio di informazioni tra centri
 per descrivere le neoplasia → isotipo del tumore, grado morfo-patologico (il Grading) e la
sua estensione (lo Staging).

I parametri analizzati per la formulazione del Grading sono molteplici:


– Abilità del tumore a svilupparsi riproducendo un'architettura istologica simile a quella del
tessuto normale
– Valutazione delle atipie cellulari
– Valutazione del numero delle cellule
– Valutazione del numero delle mitosi e della loro atipia
– Presenza di necrosi nel contesto del tumore
– Presenza di flogosi
– Valutazione della modalità di crescita

Il Grading è la gradazione morfo-patologica di un tumore ed è espressa in 3 gradi:


G1 = neoplasia ben differenziata (differenziato = simile)
G2 = neoplasia moderatamente differenziata
G3 = neoplasia scarsamente differenziata
Il cardine fondamentale di ogni classificazione in stadi rimane la descrizione dell'estensione
anatomia iniziale in quanto in tutti i casi di tumore la sopravvivenza globale e la percentuale di
guarigione sono inversamente proporzionali al grado di diffusione iniziale.
Altri elementi importanti sono il sottogruppo istopatologico, il grado di malignità e i biomarcatori
(circolanti e genetici).
L'estensione della malattia si definisce in base a 4 “gradini”.
1. Stadiazione clinica: è l'insieme di esame obiettivo, esami di laboratorio, radiografici e
endoscopici.
2. Stadiazione radiologica: esami radiologici sofisticati come TAC e RM
3. Stadiazione chirurgica o patologica: risultati di interventi esplorativi per esempio prelievi
bioptici per valutare la profondità dell'invasione tumorale, il quadro patologico, presenza o
assenza di infiltrazione linfonodale...
La stadiazione di una neoplasia non è una scienza esatta e deve sempre essere posta a revisione in
base all'emergere di nuove conoscenze.
E' oggi unanimamente accettato il criterio di valutare l'estensione della neoplasia sulla base dei
parametri “TNM”.

Il sistema TNM però non è applicato a tutte le forme neoplastiche per scarsa applicabilità ad alcune
determinate neoplasie come le leucemie, i linfomi e i mielomi, per presenza di un'altra
classificazione più utile per lo specialista clinico e per mancato accordo tra gli oncologi clinici.
TNM → classificazione basata sull'evidenza clinica che anticipa le decisioni terapeutiche
pTNM → classificazione post-chirurgica basata sui dati obiettivi prima del trattamento
Altre classificazioni → scarsa applicabilità a una determinata neoplasia (leucemie, linfomi,
mielomi); presenza di altra classificazione più utile per il clinico (es. carcinoma ovarico,
neuroblastoma); mancato accordo tra gli oncologi clinici, tumori rari (tumori delle ghiandole
endocrine, rabdomiosarcoma).
In conclusione i dati clinici, radiologici, endoscopici e di laboratorio servono per:
– Programmare gli interventi terapeutici
– Definire una prognosi
– Controllare l'efficacia delle cure
– Valutare l'evoluzione della malattia.

La terapia dei tumori


Le terapie in ambito oncologico possono essere:
• Terapie locali: chirurgia, radioterapia, ablazione.
La chirurgia ha come obiettivi: - l'acquisizione di un tessuto per fare diagnosi di tipo
istologico; - il trattamento primario da attuarsi con intento guaritivo; - la riduzione di un
tumore e il trattamento delle emergenze oncologiche; - la palliazione di sintomi legati al
tumore; - la chirurgia ricostruttiva e profilattica (nei pazienti ad alto rischio).
• Terapie sistemiche: chemioterapie, farmaci biologici, ormoni ed immunoterapie.
• Programmi terapeutici: sequenza della terapia, terapia adiuvante e neo-adiuvante.

La terapia adiuvante è eseguita dopo un intervento terapeutico che si ritiene radicale, lo scopo è
quello di ridurre statisticamente l'incidenza delle recidive di malattia. L'altro scopo è, ovviamente,
quello della guarigione del paziente.
La terapia neo-adiuvante è eseguita prima di un intervento terapeutico che si ritiene possa essere
radicale. Lo scopo è quello di permettere un intervento più conservativo; permette di osservare la
sensibilità di un tumore ai farmaci, di migliorare la penetrazione di farmaci, di prevenire lo sviluppo
di micrometastasi.
La terapia nella malattia avanzata può avere lo scopo di ottenere “una remissione completa”.
Spesso ha lo scopo di aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita (es. radioterapia
su metastasi ossea).

La chemioterapia
I farmaci usati nella chemioterapia dei tumori sono farmaci antiproliferativi cioè che impediscono al
tumore di estendersi. Agiscono sulla cellula impedendo o alterando il suo normale ciclo
proliferativo; agiscono sia sulle cellule neoplastiche che sulle cellule dell'organismo. Le
caratteristiche della chemioterapia sono queste; per superare questi problemi è stata sviluppata la
Polichemioterapia il cui scopo è quello di aumentare l'efficacia, mantenere le tossicità entro i limiti
accettabili e ridurre la resistenza ai farmaci.
Per la chemioterapia vanno valutate la sua efficacia, la sua tossicità nei confronti dell'organismo e
la resistenza che l'organismo effettua nei confronti della chemioterapia.
Per l'uso di un nuovo chemioterapico bisogna passare attraverso quattro passaggi:
– identificazione di nuovi farmaci (principi attivi)
– studi in vitro
– sperimentazione su modelli animali
– uso nell'uomo (4 fasi → Fase 1. preclinica per valutare la tossicità su pazienti sani nella
popolazione generale. Fase 2. → si valuta l'efficacia del farmaco. Fase 3 → comparazione
con altri farmaci, si valuta se è più o meno efficace, si studiano le dosi ecc... Fase 4 →
sorveglianza dopo il commercio del farmaco).
La resistenza al farmaco può essere una resistenza naturale o una resistenza acquisita.
Altri sottogruppi sono la resistenza legata alla cinetica cellulare; la resistenza da cause
biochimiche [*attivazione/disattivazione di un farmaco, *meccanismi di trasporto nella cellula,
meccanismi di trasporto dalla cellula (MDR)]; resistenza da cause farmacologiche (alterato
assorbimento o escrezione, *aumentato catabolismo).
La resistenza ad un singolo farmaco è dovuta alla presenza di:
• Enzimi catabolici
L'esposizione a un farmaco può indurre la produzione di enzimi catabolici, che conferiscono
una farmaco-resistenza. Il farmaco viene catabolizzato più rapidamente all'interno della
cellula, grazie all'amplificazione genica di specifici enzimi catabolici.
• Il glutatione (GSH)
E' essenziale per la sintesi dei precursori del DNA. Il GSH e i suoi enzimi reagiscono con i
radicali liberi detossificandoli e sembrano svolgere un ruolo nell'inattivazione dei farmaci
alchilanti attraverso un legame diretto, l'aumentato catabolismo, la detossificazione o
riparazione dei danni indotti a livello del DNA.
• DNA topoisomerasi
Le topoisomerasi partecipano alla separazione e al ricongiungimento delle molecole di DNA
durante la divisione cellulare. Si ritiene che la topoisomerasi II sia in grado di promuovere la
rottura della catena del DNA in presenza di antracicline ed epipodofillotossine.
• Proteine di trasporto
L'esposizione ai farmaci può indurre la produzione di proteine di trasporto che rendono le
cellule farmaco-resistenti. Esempi sono il trasporto del methetrexate e il gene della
resistenza pleiotropica (cioè una resistenza a molteplici farmaci, soprattutto gli
antimetaboliti; può dipendere da mutazioni; questo processo sembra essere dovuto
all'induzione o amplificazione del gene mdr-1. Il prodotto di questo gene è una glicoproteina
di membrana prodotta dalle cellule caratterizzate da una resistenza intrinseca ai farmaci
chemioterapici).
La Polichemioterapia è l'uso di più farmaci che si sono dimostrati efficaci per quella neoplasia
benchè essi abbiamo diversi meccanismi d'azione (farmaci, dosaggi, sequenza di somministrazione,
schedula...).

Classi di chemioterapici:
➢ Agenti alchilanti
➢ Antimetaboliti
➢ Analoghi del platino
➢ Antibiotici
➢ Agenti antimicrotubuli
➢ Inibitori della topoisomerasi 1
➢ Inibitori della topoisomerasi 2
➢ Miscellanea
Possono essere anche classificati in:
– Ciclo-specifici (G1, S, G2, M) : antimetaboliti e alcaloidi di origine vegetale
– Non ciclo-specifici (G0) : alchilanti, analoghi del Platino, alcuni antibiotici.

Agenti alchilanti
Si legano al DNA o ad altre molecole biologiche alterandone la funzione; sono agenti citotossici,
mutageni e cancerogeni.
Gli alchilanti vengono divisi in 5 gruppi: mostarde azotate (mecloretamina, ciclofosfamide,
ifosfamide, melfalan, clorambucil), gli alcansulfonati (busulfan), i nitrosouree (carmustina BCNU,
lomustina CCNU, streptozotocina), le aziridine (tio-tepa) e gli alchilanti non classici (procarbazina
e decarbazina).
Questi farmaci tendono a formale legami covalenti con strutture nucleofile (che sono ricche di
elettroni). Per il 90% questi farmaci reagiscono con l'N in posizione 7 della guaina. L'alchilazione
delle basi del DNA comporta l'impossibilità di lettura del DNA e la sua rottura e riparazione ad
opera di enzimi (ligasi).
Agiscono su tutte le cellule in tutte le fasi del ciclo (radiomimetici), sono mutageni e cancerogeni.
Antimetaboliti
Per la loro analogia strutturale con metaboliti normali della cellula, si sostituiscono a quest'ultimi e
bloccano le reazioni chimiche in cui sono coinvolti.
Essi sono: metrotrexate, raltitrexed, pemetrexed, 5-FU, capecitabin, ara-C, gemcitabina,
fludarabina, pentostatina.
Analoghi del Platino
Agiscono sostanzialmente come gli alchilanti. Si legano a macromolecole come DNA ma anche
RNA impedendo la duplicazione cellulare, la sintesi proteinca e altre funzioni vitali per la cellula.
Essi sono: Cis-PLatino, carboplatino, oxaliplatino.
Antibiotici
La loro caratteristica comune è quella di essere prodotti da funghi come gli antibiotici classici.
Utilizzato con elevata frequenza è il gruppo delle antracicline.
Essi sono: adriamicina, adiramicina Lip., epirubicina, idarubicina, daunomicina, mitoxantrone,
bleomicina, actinomicina D, mitomicina C.
Agenti Anti-microtubuli
Sono farmaci prevalentemente fase specifici che agiscono al momento della mitosi bloccando
l'azione dei microtubuli sul fuso mitotico e impedendo la replicazione della cellula.
Essi sono: vincristina, vinblastina, vinorelbina, paclitaxel, docetaxel.
Inibitori topoisomerasi 1
La topoisomerasi 1 è un'enzima che permette “lo svolgimento” del filamento di DNA per essere
copiato. L'alterazione di questo enzima da parte della camptotecina determina la rottura del
filamento del DNA
Essi sono: irinotecan (CPT 11), topotecan (TPT).
Inibitori topoisomerasi 2
La topoisomerasi 2 permette lo srotolamento del DNA tagliandone entrambi i filamenti
Essi sono: etoposide (VP-16), teniposide (VM-26), amsacrina.
Miscellanea
Mitotane, idrossiurea, L-Aspariginasi, suramina.

I citoprotettori sono farmaci il cui scopo è quello di ridurre alcuni effetti tossici di altri
chemioterapici. Essi sono: Mesna, dexrazoxane, acido folico.

Terapia ormonale
Gli ormoni esercitano un controllo sulla replicazione cellulare di alcuni tessuti. Perché questo
effetto si verifichi ci devono essere dei recettori ormonali sulle cellule di quei tessuti.
Bloccando l'azione o la produzione di ormoni si ottiene un effetto anche sulla cellule neoplastiche
che hanno mantenuto la presenza di recettori ormonali.

Determinazione dei recettori ormonali:


– Raccolta dei campioni → il tessuto deve essere fissato quanto prima
– Dosaggio dei recettori → tecniche biochimiche; tecniche immunoistochimiche

Non somministrare terapia ormonale se sul tumore non ci sono recettori ormonali.

Endocrino resistenza
Assenza o mutazioni del recettore; stimolazione del recettore da parte di altri fattori di crescita
(EGF, insulina ecc...)
Agenti biologici
Citochine (es. interleukina-2, interferone alpha)
Agenti immunomodulanti (es. bacillus Calmette-Guèrin)
Octapeptidi (es. octreotide)
Agenti a bersaglio molecolare
Tutti i farmaci hanno un bersaglio molecolare.
Spesso prima si usava il farmaco e successivamente si capiva il meccanismo d’azione e il bersaglio
molecolare
Target therapy: sono farmaci studiati per andare a colpire delle molecole di cui si conosce
l’attività recettoriale o biochimica

Beraglio Farmaco
EGFR • Cetuximab
• Erlotinib
• Gefitinib
Her-2 • Trastuzumab
BCR ABL • Imatinib
VEGFA • Bevacizumab

• Trastuzumab (Herceptin)
La principale tossicità del Trastuzumab è la cardiotossicità. [Contro k mammella]
Attenzione al trattamento delle pazienti precedentemente trattate con farmaci citostatici
cardiotossici (es. antracicline)!
• Cetuximab (Erbitux)
E' un farmaco ben tollerato; è un anticorpo monoclonale (gli effetti collaterali più rilevanti
sono le reazioni allergiche e acne/follicolite).
• Bevacizumab (Avastin)
Importanti safety signals sono gli eventi emorragici e gli eventi tromboembolici.
Problemi comuni della chemioterapia:
– Mielosoppressione: riduzione di tutte le linee cellulari del sangue (maggior parte dei
farmaci citotossici).
– Nausea e vomito: adriamicina, carboplatino, cis-platino, ciclofosfamide, dacarbazina,
Mecloretamina, BCNU (frequente) → trattamento con steroidi + antiemetici (Plasil,
ondansetron, granisetron)
– Alopecia: alopecizzanti sono le antracicline, che sono cardiotossici, come adriamicina,
epirubicina, taxolo, cis-platino, ciclofosfamide, dacarbazina, etoposide, topotecan
(frequente). 5-fu, bleomicina, methotrexate (usato anche per l'artrite reumatoide),
mitomicina e mitoxantrone (poco frequente).
– Mucositi e stomatiti: la chemioterapia può dare stomatiti di vario grado, più raramente
mucositi del tratto gastrointestinale, che oltre a impedire una corretta alimentazione può
favorire l'insorgenza di complicanze settiche in pazienti immunosoppressi. La stomatite può
essere dovuta ad azione lesiva diretta dei farmaci soprattutto sulle mucose (methotrexate) o
indirettamente da infezioni. Essa insorge generalmente 12-14 giorni dopo l'inizio del
trattamento chemioterapico. Per quanto riguarda la cavità orale, la rimozione di possibili
foci infettivi e un'attenta igiene orale prima e durante e durante il trattamento possono
ridurre l'incidenza e la gravità della stomatite. Il trattamento è sintomatico (alcalinizzazione
della cavità orale, anestetici topici) e di profilassi delle infezioni fungine (antimicotici),
soprattutto nei pazienti mielodepressi (numero assoluto di granulociti inferiore a 500/mm³).
– Tossicità epatica: un aumento delle transaminasi epatiche, con o senza iperbilirubinemia, è
frequente durante il trattamento con farmaci citotossici. La trombosi delle vene epatiche è
una grave complicanza secondaria all'uso di ciclofosfamide, decorbazina ecc...
Tale sindrome ha esordio improvviso (aumenta enzimi epatici, epatomegalia, ascite e
morte). Incremento transaminasi → trattamento con taxani.
– Nefrotossicità e danno vescicale: l'escrezione renale è la via di eliminazione di molti
farmaci antineoplastici. Alcuni di questi, largamente utilizzati in clinica, possono causare, in
particolari condizioni e con meccanismi diversi (cis-platino, methatrexane, ifosfamide...)
danni tubulari, necrosi tubulare e danno glomerulare del tubulo distale. Per alcuni farmaci
(come il methotrexate) il meccanismo alla base del danno renale è la precipitazione del
farmaco a livello tubulare in ambiente acido. Il trattamento con ciclofosfamide ad alte dosi e
con isofosfamide può provocare una cistite di tipo emorragico dovuta all'escrezione di
metaboliti tossici nelle urine e susseguente irritazione diretta della mucosa vescicale.
Trattamento con MESNA → uroprotettore.
– Tossicità cardiaca: alcuni farmaci citotossici sono responsabili di effetti collaterali a carico
del cuore. In alcuni casi tale effetto iatrogeno costituisce la tossicità dose-limitante. I
farmaci cardiotossici più importanti, sopratutto per il loro impiego nelle associazioni
polichemioterapiche, sono le antracicline. Tali farmaci possono indurre una miocardiopatia
irreversibile quando la dose cumulativa somministrata eccede i 550 mg/m² (> 15% dei
soggetti) → fondamentale è la tossicità dose-dipendente.
– Tossicità polmonare: il tipo di danno riscontrabile a livello polmonare può andare dal
danno microvascolare, accompagnato dalla presenza di essudato a livello interstiziale, fino a
un infiltrato infiammatorio (mononucleati-eosinofili) seguito da proliferazione dei
fibroblasti con deposizione di collageno e da fibrosi polmonare irreversibile. I tre agenti più
frequentemente associati a danno polmonare sono la bleomicina, la mitomicina C e il
methotrexate. La presentazione clinica comprende dispnea, tosse non produttiva, malessere,
astenia e iperpiressia persistente di modico grado. Ad esempio nel tumore del testicolo, il
paziente viene trattato chemioterapicamente con danno polmonare come ad esempio la
fibrosi polmonare che è permanente, da trattare con farmaci steroidiei.
– Tossicità gonadica: la maggior parte dei farmaci citotossici ha effetti negativi sulla funzione
gonadica
– Neurotossicità: nella maggior parte dei casi è di tipo periferico. Deficit sensitivi e motori
sono di frequente riscontro durante il trattamento con farmaci appartenenti alla classe degli
alcaloidi della vinca. Tali farmaci interagiscono con proteine dell'assone (tubulina)
provocando degenerazione assonica e, quindi, neuronale. Il Taxani porta a neuropatia
periferica cioè parestesie “a guanto”; l'oxaliplatino invece provoca neuropatia periferica
scatenata dal freddo. La vincristina è l'unico agente citotossico per il quale la tossicità dose-
limitante è di tipo neurologico che può interessare il sistema nervoso autonomo causando
sindromi da diminuita peristalsi e atonia vescicale. Altro farmaco citotossico è il cis-platino
che provoca degenerazione assonica e demielizzazione. Ototossicità: forma di tossicità
neuronale a carico del VII paio di nervi cranici.
– Tossicità midollare: in diversa misura la maggior parte dei farmaci citotossici può indurre
mielosoppressione. Il midollo emopoietico è un compartimento cellulare a rapida
proliferazione, particolarmente sensibile all'azione dei farmaci citotossici. Il grado, il
momento d'insorgenza e la durata della mielosoppressione sono variabili e dipendono dal
tipo di farmaco.

Il trattamento della mielodepressione è basato su un'adeguata terapia di supporto (emotrasfusioni,


infusione di piastrine, controllo delle complicanze infettive), sulla sospensione del trattamento fino
a normalizzazione dell'emocromo e sull'uso di fattori di crescita emopoietici. Questi ultimi sono
glicoproteine di natura ormonale in grado di regolare, attraverso l'interazione con speicifici
recettori, la proliferazione e la maturazione dei progenitori ematopoietici. Attualmente in clinica
sono utilizzati fattori di crescita emopoietici ricombinati in grado di stimolare la proliferazione e la
differenziazione dei progenitori granulocitari (G-CSF, filgrastim e lenograstim), dei progenitori
mieloidi, eritroidi (eritropoietina).
Il loro impiego trova indicazione:
a) per diminuire l'incidenza della neutropenia febbrile nei pazienti sottoposti a trattamenti
chemioterapici gravati da un'alta incidenza di tale complicanza (> 40%) o in pazienti ad alto rischio
di sviluppare infezioni in seguito al trattamento chemioterapico. I principali fattori di rischio sono i
seguenti:
– preesistente neutropenia dovuta alla patologia neoplastica
– pazienti lungamente pretrattati
– precedente irradiazione della pelvi o di altri distretti ricchi di midollo emopoietico
– immunosoppressione
– processi infettivi in atto
b) in quei pazienti in cui si verifichi una neutropenia duratura, tale da imporre una riduzione delle
dosi dei farmaci citotossici o da ritardare eccessivamente l'attuazione del ciclo successivo di
chemioterapia. In entrambi i casi si eviterà, con l'uso dei fattori di crescita, la diminuzione
dell'intensità di dose del farmaco.
Performance Status
Definisce il livello di attività di cui una persona è capace. Non dipende dal tumore specifico o dalla
malattia specifica da cui il malato è affetto. E' un indice della malattia, delle co-morbilità, dell'età, in
cui il paziente si trova.
Strumenti:
1. indice di Karnofsky
2. ECOG Scale
3. CGA, IADL, ADL, MMS, GDS (pz. anziani).

Karnofsky Performance Status Scale


K: 100%: paziente senza segni nè sintomi
K: 90%: paziente con segni minori
K: 80%: paziente svolge attività normale con fatica
K: 70%: paziente incapace di lavorare, può badare a se stesso
K: 60%: paziente incapace di lavorare, richiede assistenza occasionale
K: 50%: paziente richiede frequenti cure mediche e spesso assistenza
K: 40-30%: paziente inabile; richiede cure continue
K: 20%: paziente sempre ricoverato;supporto
K: 10%: paziente moribondo

E.C.O.G. Performance Status Scale (la chemioterapia si fa a pz. che non superano il 2)

Ruolo dell'infermiere
• Valutazione generale
- Performance Status
- Situazione sociale (ruolid, reddito, lavoro, cultura), psicologica (emozioni, reazioni a crisi
precedenti, informazione, religione), relazionale-sessuale (relazioni sessuali, attività
sessuali, contraccezione, fertilità.
• Valutazioni specifiche
- Tossicità da terapie (anoressia, disgeusia, nausea, vomito, stomatite, diarrea, stipsi,
mielodepressione, anemia, alopecia, neuropatia...)
- Sintomatologia della malattia (tosse, dispnea, dolore ecc...)
• Preparazione dei farmaci
- Manipolazione - Attrezzatura - Formazione
• Somministrazione dei farmaci
- Dose
- Tempi e sequenza
- Vie di somministrazione
- Documentazione

L'organizzazione dei servizi finalizzata ad ottenere un miglior approccio terapeutico possibile


prevede il ricorso a:
 Gruppi multidisciplinari di cure (GIC): ossia un gruppo di specialisti che si riuniscono per
scegliere il piano terapeutico migliore per il malato.
 Centro Accoglienza Servizi (CAS): struttura amministrativa che organizza il percorso
preferenziale del paziente oncologico (si occupa della parte burocratica)
 Gestione del malato [ruolo infermiere → valutare l'ammalato e somministrare la terapia].

Il piano terapeutico
Il paziente ha sintomi clinici:
1. Inviato a fare accertamenti radiologici, strumentali e cito-istologici
2. Diagnosi di cancro
3. Stadiazione del tumore (Grading)
4. Piano terapeutico adeguato
5. Dopo aver trovato l'estensione (Staging) si scopre se è:
Malattia metastatica → rivalutazione dell'estensione del tumore → chemioterapia
radioterapia
immunoterapia
cure palliative
terapia ormonale
Malattia localizzata, che si può dividere a sua volta in:
Resecabile (asportabile) → Operabile = chirurgia sulla base della valutazione sul
tessuto asportato si effettua radioterapia, chemioterapia...
Non operabile = a causa del quadro clinico (gravi
cardiopatici, broncopatici...)
→ radioterapia, chemioterapia
Non resecabile (non asportabile) → Radioterapia, chemioterapia

L'equipe oncologica è costituita da oncologo, radioterapista, chirurgo, infermiere, fisiatra,


psicologo, medico per le cure palliative, medico di medicina generale e altri.

Risposta al trattamento
L'attività e l'efficacia dei trattamenti vengono valutati rispetto a 4 parametri:
1. Risposta
2. Sopravvivenza globale
3. Sopravvivenza libera da malattia
4. Qualità della vita

1. Risposta
E' espressione dell'attività (azione diretta del farmaco sulla malattia) delle cure sulla malattia,
presupposto necessario, ma non sufficiente al conseguimento di reali benefici per il paziente. E'
determinata secondo criteri quantitativi mediante il confronto tra la massa neoplastica totale
misurata prima e dopo il trattamento. L'efficacia delle cure, ovvero l'effettivo giovamento ottenuto
dal paziente, è misurata dalla sopravvivenza globale e libera da malattia e dalla qualità di vita.
Tipi di lesioni.
Ai fini della valutazione della risposta le localizzazioni di malattia possono essere suddivise in:
misurabili, valutabili e non valutabili. Sono pertanto possibili alcune differenti situazioni cliniche:
• Malattia misurabile bidimensionale. Le lesioni misurabili consentono la determinazione
in centimetri dei due diametri maggiori. Il loro prodotto fornisce la superficie massima della
malattia. Le misurazioni successive verranno espresse in termini di variazione percentuale
rispetto all'area iniziale.
• Malattia misurabile unidimensionale. Qualora sia misurabile un solo diametro della
neoplasia possono essere utilizzati dei parametri di riferimento. Nelle adenopatie
mediastiniche vengono definite “bulky” le lesioni il cui diametro sia superiore ad un terzo
del diametro del torace a livello di D5-D6. Nelle adenopatie addominali vengono definite
“bulky” le masse superiori a 10 cm. Nella definizione di epatomegalia viene fissato a 5 cm
dall'ultima costa il limite inferiore del margine epatico misurato lungo la linea emiclaveare
destra al di sotto del processo xifoideo.
• Malattia non misurabile, valutabile. Nel caso in cui la malattia, benché clinicamente o
radiologicamente evidente, non sia misurabile in centimetri (asciti, versamenti pleurici,
linfagiti polmonari, metastasi cutanee, masse a bordi radiologicamente mal definibili)
possono essere di aiuto altri metodi valutativi come la fotografia delle lesioni cutanee o di
una massa neoplastica, la misurazione della circonferenza dell'addome in caso di ascite, la
linfografia, la determinazione di alcuni marcatori.

Criteri di valutazione della risposta obiettiva


 Risposta completa (RC). Corrisponde alla regressione di tutti i sintomi e i segno della
neoplasia per la durata minima di un mese. E' espressione dell'attività di un trattamento ed è
tra gli obiettivi primari degli studi clinici di fase II. Nel casi in cui la RC sia confermata da
una valutazione patologica si parla di risposta completa patologica. La relazione tra attività
ed efficacia è spesso complessa e difficile da definire nella valutazione dei dati ottenuti da
uno studio non randomizzato. I pazienti responsivi ad un determinato trattamento non
necessariamente hanno un beneficio in termini di sopravvivenza: viceversa un
miglioramento della sopravvivenza dei pazienti responsivi non necessariamente è
espressione dell'efficacia del trattamento, Scopo di uno studio controllato di fase III sarà
proprio quello di chiarire l'effettivo rapporto attività/efficacia.
 Risposta parziale (RP). Corrisponde ad una diminuzione > o = al 50% della massa
tumorale globale (data dalla somma delle superfici di tutte le lesioni misurabili) per almeno
un mese.
 Stazionarietà. Regressione < 50% oppure incremento < 25% della massa tumorale globale.
 Progressione (PD). Corrisponde ad un aumento > o = al 25% della superficie di una o più
lesioni o alla comparsa di nuove lesioni.
 Ricaduta. Comparsa di nuove lesioni o aumento > o = al 50% rispetto alla misurazione pre-
terapia delle stesse, dopo un periodo di RC o RP.

2. Sopravvivenza
• Sopravvivenza mediana: è il lasso di tempo in cui il 50% dei pazienti è già deceduto e il
50% è ancora vivente.
• Sopravvivenza libera da malattia: sopravvivenza senza evidenza di malattia, indice diretto
dell'efficacia di un trattamento; viene misurata dal conseguimento della RC fino alla prima
evidenza di recidiva.
• Sopravvivenza globale: corrisponde alla durata della sopravvivenza libera da malattia e
della sopravvivenza dalla prima ricaduta alla morte (o al momento della valutazione).
3. Qualità di vita
Si sente l'esigenza di misurare non solo l'attività e l'efficacia di un trattamento, ma anche il prezzo
pagato dal paziente in termini di tossicità, inabilità fisica, capacità lavorativa, limitazioni della sua
vita sociale, relazionale e psichica. Si tratta di elementi riguardanti sia il benessere fisico, e pertanto
più facilmente valutabili (Performance Status), che sfere di estrema soggettività e pertanto di
difficile definizione e misurazione. La qualità di vita viene valutata mediante questionari
somministrati al paziente prima, durante e dopo il trattamento, comprendenti quesiti a cui egli deve
rispondere con un voto (scala categorica) o un'indicazione in linea continua (scala analogica).

Il carcinoma della mammella


I fattori di rischio sono:
– L'età: è più rappresentato nell'età non giovanile → importante lo screening!
– La familiarità: chi ha avuto un tumore è probabile trasmette il gene alla prole.
– Una precedente neoplasia mammaria: è molto probabile che si riscontri un altro tumore.
– L'esposizione prolungata agli estrogeni: si ha in caso di menarca precoce o di menopausa
tardiva (cioè con l'aumento del periodo fertile).
– La nulliparità: non aver mai avuto figli.
– Avere la prima gravidanza dopo i 30 anni.
– La dieta e lo stile di vita: obesità ed eccessivo consumo di alcool sono fattori di rischio.
– L'esposizione a radiazione prima dei 40 anni (es. bambine affette da linfomi anni fa).
– Precedenti patologie benigne o precancerosa come una neoplasia “in situ” (che rimane nella
sede) o di iperplasie atipiche.

La mammografia visualizza un nodulo che può essere:


• palpabile → e si può effettuare una biopsia con agoaspirato*
• non palpabile → è, quindi, necessario trovare un punto di repere
• cisti → può essere visualizzato con l'aspirazione
Se invece la mammografia è negativa la donna continua il suo screening.

*la biopsia con agoaspirato può visualizzare malattia duttale “in situ” (DCIS), carcinoma lobulare
“in situ” (ICIS), carcinoma invasivo, lesione benigna come noduli fibromatosi. Oppure il materiale
può non essere sufficiente ed è necessario ripetere la biopsia.

INDICAZOIONE CISTI NEGATIVA


ALLA BIOPSIA

NODO NODO NON


PALPABILE PALPABILE

ASPIRAZIONE

BIOPSIA CON AGO PUNTO DI STRETTO


FOLLOW-UP
ASPIRATO REPERE CHIRURGICO,
SE SI RIFORMA

MATERIALE CARCINOM
PROSEGUE
LESIONE
INSUFF: DCIS A INVASIVO LCIS CON
RIPETERE BENIGNA
SCREENING
Segni e sintomi all'esordio
Possiamo rilevare:
Massa palpabile
Ispessimento
(Dolore)

Massa o dolore
ascellare

Secrezione dal capezzolo


Retrazione capezzolo

Edema, eritema o
ulcerazione cutanea

La diagnosi strumentale può essere effettuata tramite:


– mammografia (in ambito dello screening)
– prelievo con ago (al fine di una valutazione citologica o istologica)
– ecografia mammaria
– risonanza (nelle donne portatrici di protesi per l'ineseguibilità della mammografia).
– esami strumentali tipo quelli radiologici, ecografici e scintografici che costituiscono un
mezzo diagnostico per lo studio delle metastasi.

I carcinomi della mammella possono essere:


➔ Carcinomi “in situ” non invasivi → duttali (DCIS) o lobulari (LCIS) in base alla struttura
da cui originano
➔ Carcinomi infiltranti → duttali (80%), lobulari (10%), midollari (5%) o
mucinoso/tubulare.
➔ Carcinomi non comuni → linfomi e sarcomi

Per stadiazione si intende la valutazione della malattia all'interno dell'organismo.


Le indagini da fare sono:
• Radiografia del torace
• Ecografia del torace
• Scintigrafia ossea (nel caso in cui il tumore sia T3 o T4)
• Prelievo epatico per la valutazione della fosfatasi alcalina, LDH e indici di funzione epatica.
• Determinazione dei marcatori tumorali (CEA ; Ca 15,3)

STADIO I DI MALATTIA
Coinvolge tutte le donne che hanno un T1
con le rispettive dimensioni:
T1
- T1a: T < 0.5 cm
- T1b: 0.5 cm <T <1 cm
T < 2 cm
- T1c: 1 cm < T < 2 cm

T1 N0 M0
localizzazione primaria a livello della mammella e
assenza di linfonodi regionali metastatici e di
metastasi.
N0 =non linfonodi regionali
metastatici
STADIO II A DI MALATTIA
Riguarda donne malate che hanno un N1, ossia una positività ai linfonodi; queste donne possono
avere un T0 o un T1.

T0
T1
} N1 M0
N1 M0
T2 N0 M0

T0 Non
evidenza di T2
tumore 2 cm < T < 5 cm
T1 T<2
cm

N1 = metastasi in linfonodi omolaterali mobili

T0 N1 M0 = assenza della patologia ma con solo presenza di metastasi linfonodali


T1 N1 M0 = presenza di tumore fra i 2 e i 5 cm di dimensione
T2 N0 MO = tumore compreso tra i 2 e i 5 cm senza linfonodi né metastasi

STADIO II B DI MALATTIA

Riguarda pazienti che hanno


metastasi linfonodali a livello
di N1 (cioè ascellari omolaterali T2 N1 M0 T3 N0 M0
mobili) e tumore T2 (ossia
tra i 2 e i 5 cm).

T2 N1 M0 = presenza di
tumore fra i 2 e i 5 cm T2
T3
e di metastasi linfonodali
2 cm < T < 5 T>5
cm cm
T3 N0 M0 = presenza di
tumore superiore ai 5 cm di
dimensione e assenza di metastasi
linfonodali.
N1 = metastasi in linfonodi
omolaterali mobili
STADIO III A DI MALATTIA
T0
T1 N2
T3 N1 M0 T2 M0
T3
T0
Non evidenza di tumore

T1
T3
T < 2 cm
T > 5 cm
T2

2 cm < T < 5 cm
T3

Metastasi in linfonodi omolaterali T > 5 cm


N1 = mobili / N2 = fissi o mammari int

T3 N1 M0 = presenza di tumore superiore a 5 cm e presenza di metastasi linfonodali


da T0 a T3 N2 M0= presenza di tumore (con dimensioni variabili dai pochi mm a 5 cm e più) e
presenza di metastasi linfonodali fisse o mammarie interne (N2).

STADIO III B DI MALATTIA


T4 ogni N M0 ogni T N3 M0

T4
Tumore di qualsiasi dimensione
con estensione diretta a parete
toracica o cute

T4 d = carcinoma
infiammatorio

N3 = metastasi in linfonodi sotto/sovraclaveari omolaterali ,


mammari interni + ascellari

Riguarda qualsiasi tumore T4, ossia un tumore che ha estensione diretta alla parete del torace o alla
cute, oppure un carcinoma infiammatorio.
T4 N0-N2 M0 = tumore di qualsiasi dimensione con estensione diretta a parete toracica o cute
T0-T3 N3 M0 = tumore primitivo con dimensioni variabili, presenza di metastasi linfonodali sotto
e sovra-claveari e/o a livello dei linfonodi ascellari e mammari interni (N3).
T4 d = presentazione a livello cutaneo per più di un terzo della superficie.
STADIO IV DI MALATTIA
ogni T ogni N M1 Può comprendere qualsiasi T e qualsiasi
N, ma M e M1, ossia presenza di
metastasi a distanza.

M1 = metastasi a distanza

Fattori prognostici del carcinoma della mammella


I fattori prognostici influenzano enormemente la prognosi a prescindere dai trattamenti. Essi sono:
• Numero di linfonodi positivi coinvolti
• Dimensione del tumore nella sua primitività
• Presenza o meno di invasione linfatica o vascolare
• Tipo istologico
• Grading: indice di aggressività della malattia
• Presenza di recettori per ormoni steroidei (estrogeni/progesterone)
• Overespressione di Her2/neu detta anche iperespressione
• Elevato indice micotico (Ki67)

Le sedi più frequenti di localizzazione di metastasi di tumore alla mammella sono:


– Ossa – Cute – Fegato
– Encefalo – Polmoni – Linfonodi

Il trattamento può essere costituito da vari tipi di terapia, quali:


1. Terapia chirurgica
2. Terapia medica [chemioterapia, ormonoterapia]
3. Terapia radioterapia

1. Terapia chirurgica
- Mastectomia radicale (Halsted) → non si vedono più! (causa diagnosi precoce migliore)
Mammella, mm grande e piccolo pettorale, linfoadenectomia ascellare
- Mastectomia radicale modificata (Patey) → non si vedono più! (causa diagnosi precoce migliore)
Asportazione di mammella, mm piccolo pettorale, linfoadenectomia ascellare
- Mastectomia semplice
Asportazione della ghiandola mammaria con cute e fascia muscolare
- Mastectomia sottocutanea
Asportazione di ghiandola mammaria preservando il sottocute
- Chirurgia conservativa
Quadrantectomia (+ linfoadenectomia ascellare + Radioterapia) = QuART
- Tecnica del linfonodo sentinella
Biopsia guidata da coloranti o sostanze radioimmuni del primo linfonodo ascellare
(predittivo della positività dell’ascella: >97%)

2. Terapia medica
Chemioterapia che può essere:
- Primaria (primo approccio terapeutico): Neo-adiuvante in neoplasie operabili per portare ad
operabilità con chirurgia conservativa (Primaria come nel
caso della mastite carcinomatosa, cioè un T4 d).
- Adiuvante: eseguita in pazienti a rischio maggiore (positività linfonodale).
- Palliativa: nella malattia metastatica per migliorare prognosi e qualità di vita.

I farmaci più utilizzati sono:


Antracicline Taxani Ciclofosfamide
Methotrexate 5Fluorouracile Vinorelbina
Gemcitabina Cis-platino

Ormonoterapia, utilizzata nelle pazienti che esprimono recettori ormonali positivi (RE Rpg) e anche
come terapia adiuvante dopo la chirurgia per ridurre il rischio che la malattia si ripresenti.
Adiuvante → Gruppi a rischio, R+ (recettori positivi)
Palliativa → Malattia metastatica

I farmaci più utilizzati sono:


Tamoxifene (blocco del recettore estrogenico)
Antiaromatasici (inibizione della produzione ormonale)
Analoghi LHRH (inibizione produzione ormonale)
Progestinici (blocco del recettore e inibizione produzione)

Chemioterapia o ormonoterapia?

Ormonoterapia: Chemioterapia:
Malattia a lenta crescita Malattia a rapida crescita
Metastasi ossee Metastasi agli organi parenchimali
Lungo DFI (ricaduta dopo i 2 anni) Breve DFI (ricaduta prima di 2 anni)
Età > 35 anni Tutte le età
Buona risposta a prima linea endocrina Risposta negativa a prima linea endocrina
R + (donne che esprimono il recettore per gli estrogeni) R+ e R – (esprimono o no il recettore)

3. Radioterapia
• Non di uso routinario dopo chirurgia tradizionale
• Possibile in stadi III (N+ cioè linfonodi positivi, T “bulky”)
• Indispensabile nella QuART
• Radioterapia palliativa
• Comuni indicazioni in oncologia (ex: metastasi ossee dolorose, cerebrali)
Iperespressione o overespressione HER2/neu - Trastuzumab
E' un fattore prognostico negativo e le donne che hanno un'elevata espressione rispetto a quelli che
non ce l'hanno a livello del loro tumore hanno una prognosi peggiore con riduzione della
sopravvivenza a 5 anni sia nei casi N+ che N-. Il gene overespresso nel 25% - 30% dei casi.
Viene dosato come recettore (per EGF); se i dosaggi sono elevati può essere indicata terapia con
Trastuzumab (Herceptin), anticorpo monoclonale specifico anti recettore.

Trattamenti in base allo stadio

FOLLOW-UP del carcinoma mammario


Il carcinoma del colon-retto
E' la seconda causa di morte sia tra gli uomini, sia tra le donne.
Si stima che ogni anno in Piemonte si ammalino circa 2'700 persone, che il numero di soggetti
malati sia circa 20'000 e che muoiano circa 1'400 persone
I fattori di rischio sono:
• Eccesso di grassi e calorie
• Alcool
• Fumo
• Scarso consumo di fibre

Segni e sintomi
Dipendono essenzialmente dall'estensione e dalla localizzazione della malattia:
– Nello stadio precoce della patologia i sintomi sono assenti, sono presenti dolore addominale,
flatulenze, alterazioni dell'alvo modeste, sanguinamento rettale e leggera anemia.
– Nello stadio avanzato della patologia del colon sinistro sono presenti stipsi o diarrea, dolore
addominale e sintomi di occlusione (nausea e vomito)
– Nello stadio avanzato della patologia del colon destro sono presenti dolore addominale,
anemia, astenia e calo ponderale
– Nello stadio avanzato della patologia al retto sono presenti alterazioni dell'alvo, urgenza,
dolore pelvico, sanguinamento e tenesmo, ossia la costante necessità di dover defecare.

Percorso diagnostico della neoplasia colica e rettale


Per avere un corretto percorso diagnostico di una neoplasia al colon è necessaria la ricerca di sangue
occulto nelle feci, un accurato esame obiettivo e l'esplorazione rettale.
Gli esami strumentali sono la pancolonscopia e la biopsia: attendibilità diagnostica del 94% (se
impossibile, anche in narcosi, effettuabile il clisma a doppio contrasto con attendibilità diagnostica
inferiore e la colonscopia virtuale).

Per quanto riguarda invece il percorso diagnostico di una neoplasia rettale è identico al primo:
ricerca di sangue occulto nelle feci, accurato esame obiettivo ed esplorazione rettale. Cambiano, in
questo caso, gli esami strumentali: oltre alla pancolonscopia e la biopsia, in caso di non
eseguibilità abbiamo la colonscopia parziale + il clisma + la biopsia, l'ecoendoscopia e la RMN.

Classificazione istologica
La stragrande maggioranza dei tumori del colon-retto sono ADENOCARCINOMI (90-95%) che
possono essere mucisoni o a cellule ad anello con castone. Altri tipi di tumori sono il carcinoma
squamoso, il carcinoma adenosquamoso e il carcinoma indifferenziato.
I carcinoidi, i sarcomi (leiomlosarcoma) e i tumori emo-linfoproliferativi sono rari.

Classificazione TNM
TX Tumore primitivo non valutabile
T0 Tumore primitivo non evidenziabile
Tis Carcinoma in situ
T1 Tumore che invade la sottomucosa
T2 Tumore che invade la muscolare propria
T3 Tumore con invasione attraverso la muscolare propria nella
sottosierosa o nei tessuti pericolici o perirettali non ricoperti dal
peritoneo
T4 Tumore che invade direttamente altri organi o strutture e/o
perfora il peritoneo viscerale
Tis T1 T2 T3 T4

Mucosa Muscularis
mucosae

Classificazione TNM Sottomucosa


Tumore primario
Muscolare propria

Sottosierosa

Sierosa

Definizione N (linfonodi) e M (metastasi)

NX Linfonodi regionali non valutabili


N0 Linfonodi regionali liberi da metastasi
N1 1-3 linfonodi positivi
N2 4 o più linfonodi positivi

MX Metastasi a distanza non accertabili


M0 Metastasi a distanza assenti
M1 Metastasi a distanza presenti

Correlazione tra TNM ed altri sistemi di stadiazione

TNM Tumore Metastasi Metastasi Dukes


Dukes Astler-
Stadio primario linfonodali a distanza Coller

Stadio 0 Tis N0 M0 A A
Stadio I T1 N0 M0 A A1

T2 N0 M0 A B1
Stadio II T3 N0 M0 B B2
T4 N0 M0 B B2
Stadio III
A tutti T N1 M0 C C1/C2
B tutti T N2, N3 M0 C C1/C2
Stadio IV tutti T any N M1 D D
La stadiazione
• La stadiazione del tumore del colon viene eseguita in seguito all'esecuzione di ecografia e/o
TAC addome, una lastra del torace, esami ematochimici, CEA e CA 19,9.
• La stadiazione del carcinoma del retto viene eseguita in seguito all'esecuzione di una TAC
addome, di un'ecoendoscopia, una risonanza magnetica, esami ematochimici e CEA.

I trattamenti
Carcinoma del colon
Malattia non metastatica → se l'intervento chirurgico è stato radicale e la malattia non risulta essere
metastatica, alcuni pazienti sono comunque candidabili ad un trattamento chemioterapico sistemico.
La terapia chemioterapica post-chirurgica viene considerata terapia di elezione nello stadio C,
mentre negli stadi B2 è tutt'ora oggetto di valutazione (viene effettuata in tumori presenti a livello
linfonodale e talvolta in casi di perforazione dell'intestino).
I farmaci chemioterapici utilizzati sono il 5-fluorouracile insieme all'acido folinico e
all'oxaliplatino ciclicamente per 6 mesi.
La terapia adiuvante riduce il rischio di recidive (33%) e di mortalità (41%).
La tossicità dei trattamenti adiuvanti può variare a seconda degli schemi e delle dosi e provocano
più frequentemente i seguenti effetti collaterali: mucosite, nausea, vomito, diarrea e neutropenia.
Il carcinoma del colon metastatizza soprattutto in alcuni sedi quali: fegato, linfonodi addominali,
polmoni, peritoneo, ovaio, surreni, pleura, encefalo e ossa.

Malattia metastatica → è un trattamento a base di 5-fluorouracile, oxaliplatino e l'irinotecan


(quest'ultimo farmaco ha come tossicità le alterazioni dell'alvo).
Solitamente vengono riproposte diverse linee di chemioterapia.
Altri due farmaci chemioterapici biologici, sono anticorpo monoclonali, sono il Bevacizumab
(Avastin) e il Cetuximab (Erbitux).

Carcinoma del retto


Viene utilizzata, oltre alla chirurgia e alla chemioterapia, la radioterapia.
I farmaci sono gli stessi che vengono usati nel carcinoma del colon (5-fluorouracile, oxaliplatino e
l'irinotecan, Bevacizumab (Avastin) e il Cetuximab (Erbitux)).
Nella malattia non metastatica il trattamento elettivo è la resezione chirurgica. In base alla distanza
del tumore dallo sfintere anali si può decidere se preservarlo o meno.
La chemioterapia e la radioterapia possono essere somministrate in diversi modi:
– singolarmente → o solo radioterapia o solo chemioterapia (CT+RT+CT con infusione
continua di 5FU)
– insieme → mantenere un'infusione di chemioterapia durante la radioterapia (aumento
tossicità)
Il carcinoma del polmone
Il fumo è la principale causa (85-90%) dei tumori al polmone, il tutto è dimostrato dal rapporto
dose-effetto. Effetto combinato tra:
– azione cancerogena diretta (idrocarburi, nitrosamine)
– azione promuovente (fenoli e aldeidi)
– dipendenza (nicotina)
La cancerogenesi richiede almeno 20 anni, ossia un forte fumatore che smette di fumare, ha lo
stesso rischio di contrarre questo tumore dopo 15-20 anni che ha smesso di fumare.
Gli agenti eziopatogenetici possono essere molteplici e si dividono in cancerogeni diretti e
cancerogeni promuoventi. I cancerogeni ambientali/professionali sono, ad esempio, il catrame, il
cromo e così via...
I fattori predisponenti sono le situazioni patologiche che coesistono o precedono il tumore (es.TBC)

Anatomia patologica
Il 90% dei tumori ha origine endobronchiale. Gli istotipi sono:
NSCLC (75-80%): Carcinoma squamoso (33%), adenocarcinoma (25%) e
carcinoma a grandi cellule (16%)
SCLC (20-25%): Microcitoma (25%) (tumore a piccole cellule) [altri 1%]

Il carcinoma squamoso ed il carcinoma a piccole cellule (SCLC) hanno manifestazione


prevalentemente centrale (70-75%); l'adenocarcinoma ed il carcinoma a grandi cellule si collocano
prevalentemente in sede periferica (25-30%).
Per quanto riguarda la sopravvivenza essa è migliore nel carcinoma squamoso e si riduce
nell'adenocarcinoma e ancora di più nel microcitoma.

Segni e sintomi alla diagnosi:


- Tosse - dispnea - dolore toracico - emottisi - polmonite
- calo ponderale - astenia - anoressia - febbre - anemia

Diagnosi
In sospetto di tumore del polmone (età > 40-45 anni; fumatore, emottisi, tosse, dolore toracico, calo
ponderale, febbricola...) bisogna effettuare un Rx torace in 2 posizioni (frontale e laterale sinistra) e
se la radiografia pone il sospetto pone il sospetto di lesione polmonare procedere con gli
accertamenti → esami ematochimici, TAC torace e addome superiore con mezzo di contrasto.

Diagnosi citologica
• Lesione centrale: raggiungibile per via endobronchiale con broncoscopia;
citologico su escreato e broncoscopia
• Lesione periferica: necessita di agobiopsia transtoracica TAC-guidata

Per poter definire la stadiazione del tumore si esegue:


TAC : - definisce l’estensione del tumore (T)
- definisce il coinvolgimento linfonodale (> 1 cm) (N)
- definisce eventuali mts a polmone, fegato, surrene, encefalo (M)

RMN : utile per valutare le strutture di confine (parete toracica)

PET : - noduli polmonari isolati


- coinvolgimento mediastinico
- mts occulte
- recidive locali post-radioterapiche (SE: 97% SP: 78% FP: 8% FN :8%)
- non rileva l’attività dei carcinoidi e dei tumori bronchioloalveolari
- falsamente positiva nei processi infiammatori

SCINTIGRAFIA OSSEA TB : - poco specifica (Rx mirate)


- indicata se dolore e ipercalcemia
- aumento ALP

MARCATORI SIERICI : - scarsa SE ed SP


- utili nel monitorare la malattia
- CEA adenocarcinoma
- NSE sclc (enolasi neurono specifica)
(CYFRA21.1 ca squamoso)

STADIO I DI MALATTIA
Comprende i T1 e i T2 con assenza di > 2 cm
malattia a livello dei linfonodi regionali
T2N0M0
T1N0M0 T 3
3 cm
T  3 cm OR

T +coinv.
Non
pleura
coinvolgimento
bronco lobare viscerale
OR

T+
atelettasia
(collasso di
N0: non metastasi linfonodali parti di
polmone)

STADIO II DI MALATTIA

T1 > 2 cm T2 Coinvolge i T1 e i T2 e coinvolge


N1
i linfonodi peribronchiali
N1

M0 M0
T  3 cm T 3
3 cm
OR
Non
coinvolgimento T + coinv.
bronco lobare pleura
viscerale
OR

T + atelettasia

N1:metastasi in linfonodi peribronchiali e/o ilari monolaterali


STADIO III A DI MALATTIA
< 2 cm >2
T3 N0 M0 cm T1 N2 M0
T3 N1 M0 OR T2 N2 M0
T3 N2 M0
T2
T  parete
toracica (o T  3 cm
diaframma) OR
OR
T
+coinvolgimento
T pleura pleura viscerale
mediastinica (o
pericardio) OR

T → atelettasia T1 T + atelettasia
Polmone in
toto T  3 cm
N1: peribronchiali o ilari omolaterali Non coinvolgimento
N2: mediastinici e sottocarinali bronco lobare
Comprende i T1 e T2 con coinvolgimento di linfonodi N2 (linfonodi mediastinici omolaterali, ossia
dalla stessa parte del tumore primitivo) e linfonodi sottocarinali.
Può anche essere presente un T3: tumore che può essere distante dalla carena bronchiale di 2 cm,
che può coinvolgere la parete toracica o il diaframma, la pleura mediastinica o il pericardio.

STADIO III B DI MALATTIA


Comprende i T4 e gli N3.
T4: tumori che coinvolgono il mediastino o la carena bronchiale che danno un versamento maligno
cioè un essudato con presenza di cellule tumorali
N3: coinvolgimento di linfonodi mediastinici o dell'ilo; controlaterali ossia dalla parte opposta del
tumore primitivo.

ogni T, N3, M0 ogni N, T4, M0

Scalenici
Sovraclaveari ogni
N

ogni T
T4
STADIO IV DI MALATTIA Encefalo
Comprende M1 cioè presenza di metastasi in →

Polmone
ogni T, ogni N, M1 Fegato
Surrene

Ossa

Riassumendo : stadiazione TNM

Stadio 0 Tis N0 M0

Stadio I T1 N0 M0
T2 N0 M0
Stadio II T1 N1 M0
T2 N1 M0
Stadio III A T1 N2 M0
T2 N2 M0
T3 N0 M0
T3 N1 M0
T3 N2 M0
Stadio III B Ogni T N3 M0
T4 Ogni N M0
Stadio IV Ogni T Ogni N M1

Trattamento NSCLC (Non Small Cell Lung Cancer)


• Stadio I : T1 N0 M0 / T2 N0 MO → CHIRURGIA
• Stadio II : T1-T2 N1 M0 / T3 N0 M0 → CHIRURGIA + RADIOTERAPIA
• Stadio III A con N2 minimo → CHIRURGIA
N2 clinico → t. neo-adiuvante: CHEMIOTERAPIA + RADIOTERAPIA
• Stadio III B → CHEMIOTERAPIA + RADIOTERAPIA
• Stadio IV → CHEMIOTERAPIA ed eventualmente RADIOTERAPIA PALLIATIVA

Gli interventi di chirurgia sono:


Pneumonectomia
– pneumonectomia Lobectomia
– lobectomia Segmentectomia
Tumorectomia
– segmentectomia
– tumorectomia

Il trattamento combinato Radioterapia + Chemioterapia sembra la scelta migliore nei tumori non
microcitomi perché aumenta la sopravvivenza e migliora il controllo locale dei sintomi ma porta ad
esofagite e tossicità ematologica. Nei tumori metastatici, invece, viene utilizzato per aumentare
soprattutto la sopravvivenza e la qualità della vita. La chemioterapia è utile nell'aumento della
sopravvivenza ma soprattutto nel controllo del sintomi.
La chemioterapia utilizza queste associazioni farmacologiche:
– Cis-platino + Vinorelbina
– Cis-platino + Gemcitabina
– Carboplatino + Taxolo inoltre: Gefitinib e altri inibitori di TK

Trattamento SCLC (Small Cell Lung Cancer)


I microcitomi polmonari sono tumori aggressivi sono chemio e radio sensibili ma quelli con
prognosi peggiore sono il 20-25% dei tumori polmonari.
40% malattia limitata : malattia confinata ad un emitorace compreso coinvolgimento dei linfonodi
ilari, mediastinici e sovraclaveari omo e controlaterali.
60% malattia diffusa : localizzazione centrale (citologico su escreato e broncoscopia).

Stadiazione del microcitoma polmonare


• TAC torace e addome superiore con MDC
• Esami ematochimici + NSE
• TAC cranio
• Scintigrafia ossea
• Rx mirate

Fattori prognostici di questi tumori sono:


– PS (Performance Status, attività effettuate dal paziente)
– Calo ponderale
– Estensione della malattia
– Livelli di LDH

Trattamento malattia limitata


La chemioterapia migliora la sopravvivenza e i sintomi rispetto a una terapia conservativa (BSC).
Combinazione chemioterapia e agente singolo → discreta tolleranza, tossicità accettabile,
sopravvivenza aumentata, miglioramento sintomi.
Nei soggetti anziani o con basso PS => agente singolo e sostituire il cis-platino con il carbonplatino
che ha inferiore tossicità.
* Si somministrato massimo 6 cicli; non esiste un mantenimento.
* Associare la radioterapia alla chemioterapia migliora i risultati
* L'ideale sarebbe la radioterapia concomitante
* Nelle risposte complete dopo chemioterapia/radioterapia la radioterapia cranica profilattica (PCI)
aumenta del 5,4% la sopravvivenza a 3 anni.
La chemioterapia permette un incremento della sopravvivenza mediana e un miglioramento
significativo nel controllo dei sintomi migliorano la qualità di vita.
Lo standard chemioterapico è Cisplatino + Etoposide.
E' possibile una II linea di chemioterapia in base al PS ed alla risposta ottenuta allo schema
precedente; si possono alternare EP (estroprogestinici), CAV (ciclofosfamide + adriamicina +
vincristina) e CDE (Crono-Dose-Eritrema..?). Non indicazioni alla TRT se non in casi limitati in cui
vi sia stata una risposta completa anche sulle metastasi.

Sindromi paraneoplastiche
➢ IPERINCREZIONE ADH: ossia un eccesso di produzione di ADH che non risponde a
nessun tipo di feedback → astenia, nausea, vomito, confusione mentale, incoordinazione...
➢ PRODUZIONE ECTOPICA DI ACTH: sintomi da ipocorticosurrenalismo.
➢ SINDROME DI EATON LAMBERT: sindrome miastenica con alterazione della
trasmissione neuromuscolare con debolezza e facile stancabilità.
Metastasi cerebrali
Rappresentano nell'adulto la più comune tipologia di processo occupante spazio endocranico. Si
sviluppano nel 10-30% dei pazienti adulti e nel 6-10% dei bambini con neoplasia maligna.
Nel 40% dei casi i sintomi cerebrali precedono la diagnosi del tumore primitivo.
La valutazione cito-istopatologica distingue facilmente una metastasi da un tumore cerebrale
primitivo. Il riconoscimento del sito primario di una metastasi solitaria può essere invece molto
arduo.
La percentuale delle metastasi cerebrali è in aumento:
– incremento sopravvivenza dei pazienti con malattia avanzata
– incremento carcinomi polmonari e melanomi
L'interessamento secondario del SNC spesso non ha una rappresentazione epidemiologica chiara a
causa della diversità dell'approccio della raccolta dati: autoptica, clinico-epidemiologica e
chirurgica.
Melanoma, tumore alla mammella, polmone e rene sono quelli che danno più metastasi cerebrali.

Diffusione
La principale via di accesso al parenchima cerebrale ed alle strutture meningee è quella ematogena
arterioso-capillare attraverso il sistema venoso e la circolazione polmonare.
Il plesso venoso spinale epidurale vertebrale e paravertebrale (plesso di Batson), connesso con il
plesso venoso sacrale, sistema delle vene azigos e seni della dura madre, può rappresentare la via di
accesso delle metastasi pelviche ed addominali. Meno frequente la via linfatica e quella nervosa.

Localizzazione
• Parenchima cerebrale: sede sovratentoriale, area cortico-midollare, centro semiovale,
talamo, gangli della base, ipotalamo (porzioni più centrali).
• Sede lepto-meningea: più frequente nei linfomi, leucemie e melanomi.
• Ossa e duramadre: in genere dalla prostata, polmone e mammella.
• Rare nel cervelletto e nel tronco cerebrale.

Sintomatologia
Si impone il sospetto di metastasi cerebrali ogniqualvolta compaiono “ex novo” sintomi di tipo
neurologico in un malato oncologico: in più dei 2/3 dei pazienti con metastasi cerebrali si sviluppa
sintomatologia neurologica.
Il 40-50% dei pazienti con metastasi cerebrali hanno come sintomo neurologico principale la
cefalea (costante, non pulsante, dallo stesso lato della lesione, esacerbata dagli aumenti della
pressione endocranica, spesso accompagnata da nausea, vomito e deficit visivi).
Altri sintomi sono, ad esempio, deficit neurologici focali (20-40%), crisi epilettiche (10-20%),
deficit cognitivi (30%) tipo amnesia, variazioni del tono dell'umore o della personalità.

Diagnosi – imaging –
Gli esami neuroradiologici di routine sono:
• TAC con mdc: le lesioni del parenchima cerebrale possono essere iper-iso-ipodense (iper =
presenza di emorragia, aspetto disomogeneo = necrosi...), valutazione erosioni ossee.
• RMN: componente emorragica ben distinguibile; metodica molto sensibile per piccole
lesioni in fossa posteriore e teca cranica, metastasi lepto-meningee.

Diagnosi differenziale
Possiamo confondere i seguenti tumori con delle metastasi cerebrali: Tumori primitivi dell'encefalo
(compresi i linfomi), meningiomi (mammella), ascessi, s. demielinizzanti, emorragie cerebrali,
leucoencefalopatia multifocale progressiva, meningiti infettive e sarcoidosi nelle lesioni lepto-
meningee e lesioni iatrogene (raramente).
Aspetto microscopico
L'aspetto microscopico delle metastasi è facilmente riconoscibile, anche nella diagnostica
intraoperatoria per striscio:
– aspetto epiteliale delle cellule
– nucleoli evidenti
– alto indice mitotico, necrosi, infiltrato linfo-monocitario
– neoformazioni vasali, gliosi, edema
– immunopositività per citocheratina, vimentina, Ag comune linfocitario

Immunoistochimica
L'indagine immunoistochimica non consente sempre di identificare l'origine di una metastasi
cerebrale solitaria:
• PAS + e HMB45 + indicano in modi specifico l'origine prostatica e dal melanoma
• Cg A può essere positiva nelle metastasi da SCLC e da tumori neuroendocrini
• B72.3, recettori ormonali e CK 13 per l'origine mammaria
• Ca 19-9 e CEA per i tumori gastroenterici
• b-HCG, a-FP per i tumori germinali
• Tireoglobulina nelle lesioni a partenza tiroidea
• Ca 125 per i tumori ovarici e uterini

Terapia sintomatica
1. Corticosteroidi (effetto antiedemigeno)
2. Mannitolo (effetto antiedemigeno)
3. Anticonvulsivanti (indicati nei pazienti che hanno già avuto manifestazioni comiziali)

Terapia
✗ Chirurgia
✗ Radioterapia
✗ Radiochirurgia stereotassica
✗ Chemioterapia

Ruolo della chirurgia nella metastasi unica


La rimozione chirurgica della lesione metastatica singola resecabile con intento radicale trova
indicazioni elettive:
• possibilità di controllo della malattia
• rapida rimozione della causa della sintomatologia neurologica focale o dell'ipertensione
endocranica
• diagnosi

E' fondamentale nella scelta terapeutica chirurgica la valutazione della condizione sistemica della
neoplasia. Il 70% dei pazienti sottoposti a chirurgia giunge a morte per progressione sistemica della
malattia; la prognosi è > a 4-6 mesi; valutare il PS e DFS; la sede e l'accessibilità della lesione (no
nuclei della base, talamo, tronco encefalico); eventuale chemio-radiosensibilità/resistenza; risposta
al trattamento antiedemigeno.
La rimozione di una lesione metastatica non offre abitualmente particolari difficoltà. La mortalità
operatoria è inferiore al 3%, le complicanze operatorie inferiori al 10%, è possibile re-intervenire in
casi selezionati, è fondamentale la localizzazione intra-operatoria mediante l'Eco intra-operatoria
(margini e presenza di ulteriori lesioni)
Metastasi cerebrali multiple
Tradizionalmente considerate controindicazione al trattamento chirurgico; attualmente la chirurgia
può essere considerata quando:
– C'è la presenza di non più di 3-4 lesioni tutte suscettibili di asportazione radicale
– C'è l'assenza di rilevanti rischi operatori o peri-operatori
– Malattia sistemica assente o controllata
– Giovane età e buon PS

Radiochirurgia stereotassica
Il trattamento radioterapico per fasci esterni in condizioni di stereotassi permette di ottenere
condizioni ottimali di localizzazione di volume, bersaglio e somministrazione della dose:
* perfetta e riproducibile fissazione del capo
* precisa localizzazione delle lesioni intracraniche
* somministrazione della dose per mezzo di fasci multipli non complanari convergenti su di un
isocentro comune determinato per via stereotassica
* possibilità di erogare dosi assai elevate in sedute anche singole
Indicazioni alla radiochirurgia stereotassica : assenza di rilevanti deficit neurologici (effetto
terapeutico in 6-8 settimane); progressivo deterioramento clinico; possibile in progrosi inferiore ai 3
mesi; possibilità di ritrattamento sulle lesioni poco responsive o su nuove lesioni; trattamento di
lesioni in sedi critiche; evitare radioterapia (non indicata) dopo radiochirurgia stereotassica.

Chirurgia VS radiochirurgica stereotassica


La radiochirurgica stereotassica permette di trattare piccole lesioni (diametro < ai 3 cm) nelle
seguenti condizioni:
• metodica scarsamente invasiva
• non necessaria prolungata ospedalizzazione
• non anestesia generale
• pazienti anziani con patologie associate
• trattamento di lesioni in sedi critiche

Radioterapia
Poiché la maggior parte dei pazienti con metastasi encefaliche ha una malattia disseminata, il fine di
ogni trattamento consiste nell'ottenimento di una palliazione immediata a breve termina ed una
remissione clinica quanto più durevole. La radioterapia (esclusiva o successiva alla chirurgia) è in
grado di incrementare la sopravvivenza e di migliorare la qualità di vita.
Essa può avvenire con dosi e frazionamenti variabili, su volume limitato o estensione a tutto
l'encefalo: prevalgono gli iperfrazionamenti con dose per seduta media/elevata (30 Gy in 10 frazioni
di 3 Gy in due settimane); risposte cliniche del 50-90%; mediana del T di miglioramento di 1-2
settimane; mediana del TTP di 2-3 mesi; ipofrazionamento più spinto aumenta la tossicità (edema,
erniazione cerebrale, coma, morte) senza beneficio clinico.

Prognosi
Una volta che la neoplasia sistemica abbia metastatizzato al SNC la prognosi è abitualmente
rapidamente fatale. La sopravvivenza mediana di pazienti non trattati è di circa 1 mese, la terapia
steroidea da sola raddoppia la sopravvivenza, la radioterapia “whole-brain” + steroidi aumenta la
sopravvivenza a 3-6 mesi. La valutazione della prognosi è legata a diversi fattori:
• Varietà istologica del tumore e sua velocità di crescita
• lesione multipla/unica ed interessamento meningeo
• intervallo tra comparsa di metastasi cerebrali e lesione primitiva
• età e PS
• presenza di metastasi sistemiche
Metastasi ossee
L'osso è un tessuto connettivale: contiene sostanza intracellulare organica composta da fibre
connettivali e sostanza fondamentale anista. Alla componente organica si aggiunge la componente
minerale.
– Fibre connettivali
– Sostanza fondamentale anista: proteoglicani, glicoproteine, sialoproteine e proteine con
acido gamma carbossiglutammico
– Componente minerale: cristalli di sali di calcio
La componente cellulare è formata da cellule osteoprogenitrici (preosteoblasti), da osteoblasti, da
osteociti e da osteoclasti.
Le cellule osteoprogenitrici hanno forma fusata o ovalare, sono collocate sulle superfici libere e
sullo strato più interno del periostio apposto all'osso. Sono localizzate anche a livello del tessuto
connettivale lasso che riveste le cavità dell'osso in vicinanza dei capillari sanguigni; sono dotate di
capacità proliferativa che manifestano durante l'accrescimento corporeo. Esse imboccano la via
della differenziazione e si trasformano in osteoblasti.
Gli osteoblasti sono i responsabili della sintesi di sostanza intracellulare dell'osso e della sua
mineralizzazione. Sono uniti tra loro e con gli osteociti tramite giunzioni serrate, con le quali le
cellule si scambiano molecole segnale per la coordinazione dell'attività metabolica e di deposizione
della matrice ossea. Innescano il riassorbimento della matrice ossea sia indirettamente, con fattori
solubili che attivano osteoclasti, che direttamente, con enzimi proteolitici.
Gli osteociti sono le cellule tipiche dell'osso maturo, responsabili del suo mantenimento e capaci di
attivare il rimaneggiamento osseo; sono cellule terminali non proliferante. Essi presentano dei
prolungamenti citoplasmatici ed al termine del loro ciclo vitale ritraggono tali prolungamenti e
degenerano; tale morte è responsabile di un “mini-rimaneggiamento” mediante la liberazione di
acidi organici ed enzimi lisosomali.
Gli osteoclasti sono cellule preposte al riassorbimento osseo. Le funzioni di tali cellule è finalmente
regolata da fattori ormonali e locali; possiedono i recettori per la calcitonina che inibisce il
riassorbimento osseo ma non possiedono i recettori per il paratormone. L'azione osteolitica di tale
ormone si esplica agendo sugli osteoblasti che liberano un fattore attivante gli osteoclasti.

NORMALE RIMANEGGIAMENTO OSSEO

Gli osteoclasti attivati, rimuovono


la matrice ossea creando una
nicchia (Lacuna di Howship)
Le cellule mononucleate
preparano la superficie per gli
osteoblasti per iniziare a costruire
nuovo osso
Gli osteoblasti sintetizzano
matrice organica e riempiono la
cavità con nuovo osso
La superficie ossea viene
ricoperta da cellule di rivestimanto
appiattite

Il metabolismo osseo è estremamente complesso; la regolazione può essere endocrina, autocrina o


paracrina. Il ruolo centrale è svolto dagli osteoblasti che esprimono i recettori per gli ormoni e i
fattori della crescita.
Epidemiologia
L'incidenza è elevata nei carcinomi della mammella (73%), della prostata (68%) e del polmone
(36%). Tali neoplasie da sole interessano l'80% dei pazienti con secondarismi ossei.
Il mieloma multiplo, i carcinomi renali e tiroidei sono dotati di particolare affinità per l'osso
(osteotropismo). Le metastasi ossee sono generalmente multiple, sono rare invece quelle solitarie
(spesso associate a tumori renali).
I siti più frequentemente interessati sono nell'ordine:
• vertebre
• pelvi
• coste e sterno
• femore
• cranio
Metastatizzazione ossea
Meccanismo vascolare.
Ridotta velocità del sangue a livello dei sinusoidi del tessuto osseo; la presenza di connessioni
venose tra lesione neoplastica primitiva e v. vertebrali toraciche e della pelvi sembrerebbe spiegare
il frequente interessamento vertebrale.
Meccanismo chimico-fisico.
Rilascio durante il rimodellamento osseo di sostanze ad azione chemiotattica sulle cellule tumorali.
Raggiunto il tessuto osseo, le cellule neoplastiche producono sostanze attivanti gli osteoclasti
favorenti l'osteolisi o l'osteosclerosi.

Ruolo degli osteoclasti


Il tumore produce fattori locali che stimolano gli osteoclasti, responsabile del riassorbimento osseo.
Gli studi di microscopia elettronica hanno rilevato la presenza di osteoclasti lungo i depositi
tumorali. I farmaci che inibiscono l'attività degli osteoclasti (bisfosfonati) hanno un ruolo
nell'ipercalcemia secondaria al tumore dovuta principalmente all'aumentato riassorbimento osseo.
→ gli osteoclasti sono i principali mediatori della distruzione ossea ←

Patogenesi delle metastasi osteolitiche


Il tumore produce sostanze che stimolano gli osteoclasti che, a loro volta, iniziano a distruggere
l'osso. Quando l'osso è distrutto rilascia fattori che stimolano la crescita del tumore. Esso,
crescendo, continua a produrre sostanze che attivano gli osteoclasti...

Patogenesi delle metastasi osteoaddensanti


I fattori rilasciati dalle cellule tumorali stimolano sia gli osteoclasto che gli osteoblasti; ne consegue
eccessiva formazione di tessuto osseo attorno ai depositi di cellule tumorali e diminuzione della
resistenza dell'osso.
Gli osteoclasti e gli osteoblasti rilasciano fattori di crescita che stimolano la crescita tumorale.

NEOPLASIA INCIDENZA
Mieloma 70-95% OSTEOLISI
Renale 20-25%
Melanoma 14-45%
Vescica 40%
Tiroide 60%
Polmone 30-40%
Mammella 65-75%
6-75% OSTEOSCLEROSI
Prostata
Complicanze delle metastasi ossee
L'importanza clinica delle metastasi ossee è legata a:
• dolore, con conseguente riduzione della possibilità di deambulazione
• fratture patologiche
• comparsa di deficit neurologici (compressione midollare, compressione di nervi periferici)
• ipercalcemia
• rilevante impatto sulla qualità di vita dei pazienti

Fratture patologiche
Le fratture patologiche compaiono nell'8-30% dei pazienti, specie in quelli affetti da mieloma o
carcinoma della mammella. La riduzione della percentuale delle fratture patologiche nel paziente
neoplastico rappresenta uno degli obiettivi principali nel trattamento multidisciplinare delle
metastasi ossee. Per alcuni tumori (mammella, polmone, mieloma) può rappresentare il primo segno
clinico di malattia.
Il management delle fratture patologiche è diverso dal trattamento delle fratture standard → I
pazienti a rischio di frattura patologica vanno trattati conservativamente fino alla definizione di un
iter terapeutico preciso da parte del gruppo interdisciplinare di cura → necessita di interazione tra
oncologo e ortopedico.
Il trattamento convenzionale richiede l'impiego di “terapie multidisciplinari” quali:
– chirurgia ortopedica
– radioterapia/radioterapia metabolica
– difosfonati
– terapia antalgica
– ormonoterapia e chemioterapia
– rieducazione funzionale
Le scelte terapeutiche dipendono dalle condizioni del paziente, dalla neoplasia primitiva, dal
numero e dalla sede delle lesioni e dal quadro sintomatologico.
Non esiste alcuna evidenza scientifica che traumi e fratture ossee (o i processi riparativi che ne
conseguono) possano rappresentare l'evento scatenante all'origine della metastatizzazione o
dell'insorgenza di un tumore primitivo nella sede del traumatismo, della frattura.

Sopravvivenza
La sopravvivenza dei pazienti con sole metastasi ossee è superiore a quella dei pazienti con
metastasi viscerali.
Un paziente deambulante con dolore localizzato, con meno di 4 siti metastatici comunque non
viscerali, senza ipercalcemia può beneficiare di una palliazione a lungo termine.

Versamenti maligni
Nell'organismo umano ci sono tre importanti sierose, esse sono:
• pleura
• pericardio
• peritoneo
e sono costituite da una sottile membrana che riveste da un lato la parete (foglietto parietale) e
dall'altro ricopre gli organi contenuti in cavità (foglietto viscerale).
I foglietti delimitano uno spazio chiuso non comunicante con l'esterno che in condizioni
fisiologiche è virtuale. In tale spazio virtuale è contenuta una piccola quantità di liquido (0,1/0,2
ml/Kg di peso corporeo) a basso contenuto proteico che consente lo scorrimento dei foglietti
assicurando la mobilità degli organi da essi rivestiti.
I versamenti possono essere benigni (cellule neoplastiche negative) e maligni (cellule neoplastiche
positive). A sua volta il versamento si può differenziare ancora in trasudato ed essudato.
L'essudato ha una maggiore quantità di cellule e di proteine rispetto al trasudato.
Trasudati: cardiopatie, nefropatie, cirrosi epatica.
Essudati: malattie infettive, neoplasie, molteplici malattie sistemiche.
Sono possibili inoltre:
– versamenti emorragici
– versamenti chilosi (ostruzione/compromissione di grossi vasi linfatici. Di aspetto lattescente
per presenza di grassi emulsionati normali componenti della linfa).

Versamenti sierosi neoplastici: meccanismi patogenetici


 Impianto metastatico sulla superficie sierosa.
 Obliterazione da parte di emboli neoplastici dei capillari e dei linfatici.
 Blocco delle vie di drenaggio linfatico.
 Presenza di cellule neoplastiche nel liquido senza segni apparenti di impianto metastatico
sulla sierosa.
Le neoplasie che maggiormente metastatizzano alle sierose sono quelle mammarie, quelle
polmonari, quelle ovariche, i linfomi sia non-Hodgkin che Hodgkin.
Sede metastatica elettiva di alcune neoplasie:
• Pleura: carcinoma mammario, polmonare, ovarico, gastrico, uterino, renale, sarcomi,
linfomi, leucemie
• Peritoneo: carcinoma ovarico, gastrico, intestinale, renale, mammario, pancreatico,
epatocarcinoma, linfomi, leucemie, sarcomi
• Pericardio: carcinoma polmonare, esofageo, leucemie, linfomi, sarcomi, melanomi

1 . Versamento pleurico
Patogenesi
Può avvenire un'infiltrazione neoplastica secondaria ad invasione diretta della parete da parte di
carcinomi polmonari periferici.
Può avvenire un'invasione neoplastica linfatica (si genera un'alterata permeabilità capillare → è un
versamento maligno) o un'invasione vascolare metastatica.
Può esserci presenza di un versamento maligno con aumento della concentrazione proteica del
liquido pleurico.
Occlusione bronchiale neoplastica → broncopolmonite secondaria, fenomeni pleuritici. Alterata
permeabilità capillare; versamento negativo per cellule neoplastiche con aumento della
concentrazione proteica del liquido pleurico.

Segni e sintomi
I principali segni e sintomi sono: dispnea, tosse ed astenia.

Diagnosi
Obiettività: ipofonesi, ridotta trasmissione tattile (ottusità alla percussione)
ridotta trasmissione FVT
riduzione/assenza di mormore vescicolare

Esami strumentali
Rx torace, TAC (ECT distinzione tra ispessimento pleurico e falda liquida, identificazione punto
ideale per esecuzione toracentesi). Citologia positiva nel 40-96% dei versamenti in pazienti
oncologici, falsi positivi nell'ordine dello 0-3%.

Terapia medica
Corticosteroidi e trattamento specifico antineoplastico
Terapia
Toracentesi evacuativa
Per poterla eseguire sono necessari:
• Test emocoagulativi
• Accesso venoso
• Valutazione di presenza di masse e cicatrici
• Il paziente dev'essere seduto che abbraccia 2-3 cuscini sulle ginocchia
• Si deve operare in modo asettico
• Anestesia locale
• Effettuare la manovra lontani dai vasi superficiali e profondi
• Prendere le precauzioni per eventuali infezioni degli operatori (DPI)
Modalità di esecuzione: inserimento di grosso ago al VII-IX spazio
intercostale sull'ascellare posteriore o all'angolo della scapola, previa
anestesia locale di cute e piani sottostanti. Al fine di evitare lesioni
di nervo e/o vasi intercostali (decorrenti sul bordo inferiore delle
coste) l'ago dev'essere infisso subito sopra la costa sottostante.
Complicanze della toracentesi
Pneumotorace, tosse, dolore toracico, febbre, formazione di versamento
saccato, empiema e formazione di un seno di drenaggio pleuro-cutaneo, embolia, emotorace,
collasso cardiocircolatorio, edema polmonare acuto, ematoma della parete (coagulopatie).

Se non ci sono sintomi astenersi da qualsiasi intervento.


Nel 10% dei pazienti il versamento non si riforma dopo essere stato drenato.
In caso di versamento pleurico plurirecidivante: valutare tempo al riformarsi del versamento,
sintomi, caratteristiche, sopravvivenza prevista, Performance Status → eventuale indicazione a
posizionamento di drenaggio e successiva pleurodesi (provocare l'adesione dei foglietti pleurici
viscerale e parietale attraverso l'instillazione nel cavo pleurico di sostanze come il talco, le
tetracicline o la bleomicina, capaci di causare una pleurite adesiva sterile).
Risposta al trattamento e sopravvivenza in pazienti oncologici con versamento pleurico: con i mezzi
terapeutici disponibili la durata mediana della risposta oscilla tra i 6 e i 9 mesi senza significativo
impatto sulla sopravvivenza.

2 . Versamento pericardico
Patogenesi
Può avvenire un'estensione diretta di neoplasie delle zone adiacenti che, infiltrando la sierosa,
portano a raccolte siero-fibrinose o siero-ematiche. Può esserci una diffusione retrograda per via
linfatica dai linfonodi tracheo-bronchiali o una diffusione ematogena o linfatica con infiltrazione ed
ispissimento pericardico. Può avvenire un blocco del flusso linfatico.
La quantità “critica” di versamento pericardico (cioè potenzialmente a rischio di tamponamento
cardiaco) è 200-250 ml quando si instaura rapidamente e 1000 ml se si sviluppa lentamente.

Segni e sintomi
Di solito il versamento pericardico si sviluppa lentamente e i sintomi sono simili a quelli di uno
scompenso cardiaco congestizio ingravescente. Segni di tamponamento:
✔ Turgore delle vene del collo che aumenta in inspirazione
✔ Dispnea
✔ Caduta della pressione sistolica > 10 mmHg alla fine dell'inspirazione
✔ Toni cardiaci parafonici all'auscultazione, aritmia
✔ Ottusità percussoria e soffio bronchiale a livello dell'angolo della scapola sinistra (da
compressione del polmone sinistro)
✔ Possibili rantoli polmonari, epatomegalia, ascite
Esami strumentali
Ecocardiografia, TAC e Rx torace (possibile ingrandimento ombra cardiaca).
ECG per anomalie non specifiche

Terapia
Pericardiocentesi
Per effettuarla bisogna avere:
• Via venosa per eventuali complicanze
• Monitoraggio ECG
• Paziente sdraiato con parte superiore del
letto sollevata a 60°
• Asepsi
• Test emocoagulativi recenti (emocromo, PT, PTT) nella norma
• Anestesia locale
→ inserire un ago cannula penetrando alla sinistra dell'apofisi xifoide,
dirigendosi verso la spalla destra, formando un angolo di 45° tra ago
e cute.
Complicanze della pericardiocentesi
Pneumotorace, lacerazione vasi mammari interni, lacerazione coronarica, lacerazione cardiaca,
lacerazione gastrica, febbre e dolore.

Se non ci sono sintomi astenersi da qualsiasi intervento.


In caso di recidiva valutare il posizionamento di catetere di drenaggio e successiva eventuale
instillazione di citostatici o creazione di una finestrella pericardio-pleurica.
Terapia medica: trattamento specifico antineoplastico.
Sopravvivenza e prognosi
Il trattamento adeguato del versamento pericardico, anche in presenza di rischio di tamponamento
all'esordio, è compatibile con mediane di sopravvivenza variabili tra i 9 e i 18 mesi.

Ascite
Patogenesi: meccanismo
E' causata da un aumento della produzione di liquido e da una diminuzione di drenaggio.
– Aumento della produzione di liquido
1)Distruzione membrana basale e neoangiogenesi con vasi anomali; meccanismo cirrosi-
like; 2) VEFG (vascular endothelial Growth Factor o fattore di permeabilità vascolare) una
delle molecole (prodotte dalle cellule neoplastiche o da altre cellule reattive) maggiormente
studiate (studi sul pancreas) nella patogenesi dell'ascite maligna.
– Diminuzione di drenaggio
Alterazione del drenaggio linfatico-venoso per ostruzione neoplastica

Ascite non neoplastica nei pazienti neoplastici.


Forme di ascite maligna
• Forma “centrale” da metastatizzazione massiva del fegato (cirrosi-like): 15%
• Forma periferica dei carcinosi peritoneale con blocco peritoneale dei linfatici e vene: 50%
• Forma mista: 15%
• Ascite maligna chilosa

Segni e sintomi
Distensione addominale, sazietà precoce, nausea e vomito, astenia, dolore da distensione, dispnea,
diminuzione della sudorazione, versamento pleurico associato, edemi periferici da ipoproteinemia e
ostacolo al flusso in VC.
Obiettività
Distensione addominale, ottusità alla percussione, segno del fiotto.

Esami strumentali
Rx addome in bianco, ECT, TAC (ECT è più sensibile nella diagnosi di ascite).
Citologia positiva nel 50-75% delle asciti neoplastiche (nell'80-100% se si considerano solo forme
periferiche e non chilose e inviando 1 litro di ascite per la valutazione.

L'ascite maligna è spesso una complicanza della carcinosi peritoneale: nel 50-60% delle carcinosi
peritoneali c'è ascite. Essa è il segno più frequente (74%) di carcinosi peritoneali alla TAC.
Circa un terzo dei pazienti con tumore ha un'ascite non neoplastica. Il 20% delle asciti neoplastiche
non ha causa evidente. Nelle donne il 75% ha causa ginecologica mentre negli uomini la maggior
parte ha una causa gastro-enterica.
Terapia medica
– Diuretici al dosaggio più basso in grado di controllare i sintomi (la mobilizzazione
dell'ascite neoplastica con diuretici si ha nei pazienti con metastatizzazione massiva epatica
ma non con ascite chilosa maligna e carcinosi peritoneale).
– Correzione degli squilibri elettrolitici
– Albumina
– Corticosteroidi (?)
– Octreotide (?)
– Trattamento specifico antineoplastico
Terapia
Paracentesi evacuativa
Per effettuarla bisogna:
• Avere una via venosa per eventuali complicanze
• Avere i test emocoagulativi recenti (emocromo, PT,
PTT) nella norma
• Far svuotare la vescica prima della manovra
• Valutare la presenza di masse e cicatrici
• Posizionare il paziente
• Operare in modo asettico
• Effettuare l'anestesia locale
• Effettuare la manovra lontani dai vasi superficiali e profondi
• Prendere le precauzioni per eventuali infezioni degli operatori
• Valutare la necessità di somministrazione di albumina se paracentesi > 4-6 litri
Controindicazioni relative a:
Gravidanza, anse intestinali distese, possibile eseguire la manovra anche con 40'000 piastrine, in
corso TAO sospendere o fare Konakion per os manovra, in caso di EBPM aspettare 12 ore almeno,
l'esperienza nei cirrotici (gravi coagulopatie, piastrinopenia) evidenzia che esistono vere
controindicazioni assolute.
Complicanze
Infezioni dell'operatore, gemizio di liquidi dal tragitto dell'ago, ematoma della parete
(coagulopatie), perforazione di viscere cavo, emorragia intraddominale, peritonite, collasso
cardiocircolatorio per rimozione rapida.
[Di solito di effettua a sinistra poiché c'è più spazio, a destra è presente il fegato].

Se non ci sono sintomi, astenersi da qualsiasi intervento.


In caso di tentativi infruttuosi di paracentesi, valutare necessità di paracentesi ecoguidata.
Valutare tempo al riformarsi dell'ascite, sintomi, caratteristiche, sopravvivenza prevista, PS:
→ eventuale indicazione a posizionamento di shunt peritoneo-venoso.
Sopravvivenza
La sopravvivenza globale in pazienti con ascite è di circa 20 settimane ma varia notevolmente a
seconda dell'organo di origine. La sopravvivenza media è:
• carcinoma all'ovaio → 30-35 settimane
• linfoma → 58-78 settimane
• carcinoma gastrointestinale → 12-20 settimane
• carcinoma occulto → 7,5 giorni-12 settimane

Ipercalcemia
L'omeostasi del calcio è mantenuta da due ormoni, il paratormone (PTH) e il calcitriolo (1,25-
diidrossi vitamina D).
La secrezione del PTH è stimolata da un decremento sierico del calcio ionizzato.
Il PTH: - incrementa il riassorbimento tubulare del calcio
- stimola il riassorbimento del calcio dall'osso
- la conversione della vitamina D nella sua forma attiva, il calcitriolo, che incrementa
l'assorbimento del calcio e del fosforo soprattutto a livello intestinale.
La calcitonina ha azione antagonista al PTH abbassando il calcio ed il fosforo sierico ed inibendo il
riassorbimento osseo.

Nel giovane adulto sano la formazione ed il riassorbimento osseo sono in equilibrio dinamico
dovuto innanzitutto all'attività degli osteoblasti e degli osteoclasti.
Sebbene più del 99% del calcio totale sia a livello osseo, l'osso sembra avere una funzione minore
nel mantenimento quotidiano dei livelli plasmatici di calcio. Il normale scambio giornaliero tra osso
e liquidi extracellulari è piuttosto piccolo.

Patogenesi
I tumori possono produrre una sostanza simile al PTH, il PTH-related peptide (PTHrP), che
incrementa il riassorbimento di calcio.
PTHrP → ipercalcemia e alta concentrazione urinaria di calcio
→ diminuzione del riassorbimento di acqua e di sodio
→ poliuria con perdita di volume circolatorio (disidratazione)
→ diminuzione del flusso ematico renale, diminuzione del filtrato glomerulare
→ aumento del riassorbimento tubulare di sodio e di calcio
→ ulteriore aumento della calcemia
Il PTHrP è sintetizzato dalle cellule tumorali; esso lega gli stessi recettori del PTH regolando così
l'omeostasi del calcio e dei fosfati.
I livelli ematici aumentati di PTHrP sono comuni nei pazienti con tumori solidi, ed in particolare nei
portatori di carcinomi squamosi. Alti livelli sierici di PTHrP sono ad esempio presenti nel 30-50%
dei pazienti ipercalcemini con tumore della mammella. Le donne affette da neoplasia mammaria
con un livello basale alto di PTHrP a livello del tumore primitivo sembrano avere maggiore
probabilità di sviluppare metastasi ossee piuttosto che nei tessuti molli.
La concentrazione sierica assoluta di PTHrP non è ingluenzata dall'utilizzo di trattamenti
ipocalcemizzanti.

Calcitriolo
Livelli elevati di calcitriolo sono stati osservati in pazienti con linfomi Hodgkin, non-Hodgkin,
mielomi ed occasionalmente tumori solidi (incremento dell'attività dell'1-α-vit. D-idrossilasi). Tali
livelli sono generalmente inferiori a quelli di soggetti sani che hanno ingerito calcitriolo e che sono
comunque normocalcemici. I valori sierici di calcitriolo non possono essere adeguatamente
soppressi nei pazienti ipercalcemici con valori elevati di PTHrP.
Prostaglandine
Per lungo tempo sono state considerate mediatori dell'ipercalcemia neoplastica, in particolare quella
della serie E che in vitro hanno una potente attività di riassorbimento osseo; però solo assai
raramente si hanno risposte cliniche al trattamento con gli inibitori della cicloossigenasi.
I livelli circolanti di PgE nei pazienti ipercalcemici sono ben lontani dal giustificare un incremento
del riassorbimento osseo, quindi l'attività osteolitica delle Pg può avere un ruolo soltanto
temporaneo ed a livello locale.

Citochine
Il TGFα è un potente induttore del riassorbimento osseo in vitro sia solo, sia in combinazione con il
PTHrP.
Il TGFβ è secreto dagli osteoblasti e ne regola la crescita e la differenziazione.
→ un'anomalia nelle secrezione dei TGFs può quindi portare ad un disaccoppiamento dei nromali
processi ossei di formazione e riassorbimento e può favorire, a livello dei siti metastatici ossei,
l'assunzione dei aspetti marcamente litici oppure blastici.
L'IL-6 nel mieloma agisce come fattore di crescita autocrino che incrementa il riassorbimento
osseo.
IL-1, CSFs, TNFs (soprattutto TNFβ) sono potenti induttori del riassorbimento osseo in vitro,
tuttavia la somministrazione clinica di citochine non è associata ad ipercalcemia.
Mentre l'interazione di questi fattori a livello dei siti ossei in vivo può essere complessa, non c'è
grande evidenza che le citochine circolanti siano importanti mediatori dell'ipercaclemia neoplastica.

Anoressia, nausea e vomito che si associano alla riduzione del volume circolante peggiorano la
disidratazione. L'immobilizzazione, causata dalla debolezza e dalla letargia, può esacerbare il
riassorbimento di calcio dall'osso. I reni possono essere irrimediabilmente compromessi se la
concentrazione del calcio nel filtrato glomerulare supera il livello di solubilità portando a precipitati
a livello dei tubuli renali (nefrocalcinosi).

Meccanismi di ipercalcemia associata a tumore


Una causa fondamentale è l'incremento del riassorbimento osseo con aumento del calcio nei liquidi
extracellulari e secondariamente un'inadeguata clearence renale del calcio.
Ci sono due tipi di ipercalcemia indotta da tumore:
– Osteolitica: è legata alla distruzione diretta dell'osso da parte del tumore primitivo o
metastatico.
– Umorale: è invece mediata da fattori umorali secreti dalle cellule maligne senza evidenza di
malattia ossea che in ultima istanza possono anche causare riassorbimento osseo (ex PTHrP)

   % DI PAZIENTI CHE
TIPO DI TUMORE SVILUPPANO IPERCALCEMIA
 
Polmone 27.3%
Mammella 25.7%
Mieloma multiplo 7.3%
Testa e collo 6.9%
A localizzazione primitiva 4.7%
sconosciuta
Linfoma, leucemia 4.3%
Rene 4.3%
Stomaco, intestino 4.1%
Malattie associate ad ipercalcemia
➢ Malattie endocrine e del metabolismo: iperparatiroidismo primario, ipertiroidismo,
feocromocitoma, osteoporodi, ipercalcemia idiopatica dell'infanzia, ipercalcemia familiare
con ipercalciuria.
➢ Neoplasie
➢ Infezioni: tubercolosi, coccidioidomicosi, HIV
➢ Insufficienza renale
➢ Malattia granulomatose: sarcoidosi, berilliosi
➢ Dieta ed intossicazioni: intossicazione da vit.D, A e retinoidi, eccessiva assunzione di
calcio, sindrome da latte e alcali, litio, intossicazione da alluminio, diuretici tiazidici.

Manifestazioni
Una rapida diagnosi di ipercalcemia può essere difficile perchè i sintomi associati sono tipicamente
aspecifici e facilmente attribuibili alla malattia cronica o terminale.
Sono generalmente sintomatici i pazienti con una concentrazione sierica di calcio superiore a 14
mg/dl (> 7.0 mEq/l o 3.49 mmol/l). Le manifestazioni cliniche sono direttamente correlate alla
rapidità con cui si instaura l'ipercalcemia.
Le manifestazioni neuromuscolari sono generalmente più marcate nelle persone più anziane mentre
i sintomi di presentazione più comuni sono: malessere generale ed astenia seguiti da letargia,
anoressia, dolore, poliuria-polidipsia, stipsi, nausea e vomito.
Sintomi neurologici
Un incremento del calcio sierico diminuisce l'eccitabilità muscolare che porta ad ipotonicità della
muscolatura liscia e striata. La gravità dei sintomi è direttamente correlata con l'eccesso di
concentrazione sierica degli ioni calcio ed inversamente correlata con la velocità d'insorgenza.
Sintomi neuromuscolari sono: debolezza, diminuzione dei riflessi tendinei, riduzione della forza
muscolare, possibile riduzione della capacità muscolare respiratoria.
A livello di SNC: possibile delirio, cambiamenti della personalità, alterazioni della funzione
cognitiva, disorientamento, eloquio incoerente, sintomi psicotici come allucinazioni.
L'obnubilazione progredisce con l'incremento della concentrazione sierica di calcio sino ad arrivare
allo stupore e al coma.
La letargia può essere sintomo di presentazione. I pazienti letargici possono essere erroneamente
valutati come depressi sino a che l'eziologia non diviene evidente a causa dell'aggravamento della
sintomatologia neurologica. I segni neurologici locali non sono comuni, è comunque documentato
che l'ipercalcemia può incrementare le proteine nel liquido cerebrospinale e causare cefalea
(aggravata da vomito e disidratazione). Nei pazienti con ipercalcemia marcata possono essere
presenti tracciati EEG anormali (non si effettuano quasi mai gli elettroencefalogrammi).
Sintomi cardiaci
L'ipercalcemia è associata ad un incremento della contrattilità e dell'eccitabilità miocardica.
Le alterazioni dell'ECG sono caratterizzate dal rallentamento della conduzione (allungamento P-Q,
allargamento QRS, accorciamento Q-T). Quando la calcemia è > 16 mg/dl (8.0 mEq/l o 3.99
mmol/l) le onde T si allargano e secondariamente aumenta l'intervallo Q-T. All'ulteriore incremento
della calcemia sono associati bradiaritmie e blocchi di branca. Un blocco AV di I, II o III grado si
può sviluppare a valori di calcemia di 18 mg/dl (0.0 mEq/l o 4.49 mmol/l) e può evolvere in
asistolia ed arresto cardiaco. L'ipercalcemia aumenta la sensibilità dei pazienti agli effetti
farmacologici dei glicosidi della digitale.
Sintomi gastrointestinali
Sono probabilmente correlati all'azione depressiva dell'ipercalcemia sul sistema nervoso autonomo
risultante in ipotonicità della muscolatura liscia. L'ipercalcemia è spesso accompagnata da un
incremento della secrezione acida gastrica. La stipsi è aggravata dalla disidratazione che
accompagna l'ipercalcemia. Il dolore addominale può essere confuso con quello dell'addome acuto
da occlusione intestinale.
Sintomi renali
L'ipercalcemia causa un difetto tubulare reversibile che porta alla perdita della capacità di
concentrre le urine e a poliuria. La disidratazione che ne consegue porta a sintomi come sete,
secchezza delle mucose, ridotta o assente sudorazione, riduzione del turgore cutaneo,
concentrazione delle urine.
La riduzione del riassorbimento prossimale del sodio, magnesio e potassio porta alla perdita di sali
ed acqua, causa di ipotensione e di disidratazione cellulare.
L'insufficienza renale può essere il risultato della riduzione del filtrato glomerulare, una
complicanza osservata più spesso nei pazienti con il mieloma.
Possibili, ma poco frequenti, nefrolitiasi o nefrocalcinosi.
Sintomi ossei
L'ipercalcemia neoplastica può originare da metastasi osteolitiche o dal riassorbimento osseo
indotto da fattori umorali con conseguenti fratture secondari, deformità scheletriche e dolore.

Trattamento dell'ipercalcemia
• Trattamento della neoplasia primitiva.
• Idratazione endovenosa e ripristino di volemia e diuresi adeguata (generalmente indicata
soluzione fisiologica 125-200 cc/h).
• Aumento dell'escrezione urinaria di calcio mediante diuretici → furosemide (fino a dosaggio
di 40 mg ogni 2h solo dopo che la volemia è stata ripristinata!).
• Riduzione del riassorbimento osseo → DIFOSFONATI ev. (pamidronato, zoledronato).
• Altre misure: calcitonina, corticosteridi, gallio nitrato, mitramicina, fosfati, emodialisi.
• Mobilizzazione, se possibile.

Alterazioni idroelettrolitiche

Ipernatriemia (> 150 mEq/l)


Eziopatogenesi
Perdite di acqua eccedenti quelle di sodio. Ogni perdita di liquidi ipotonici (sudore,
iperventilazione, febbre) può causare ipernatriemia.
Aumenti importanti della concentrazione plasmatica di sodio (>160 mEq/l) possono essere dovuti
alle seguenti situazioni:
• Mancata o ridotta assunzione di liquidi
• Diabete insipido (insufficiente produzione di ADH): neoplasie ipofisarie o ipotalamiche
primitive e secondarie, idropatico, raramente paraneoplastico.
• Insensibilità renale all'ADH (prodotto in quantità normale)
• Diuresi osmotica: frequente nei pazienti con compressione dello stato di coscienza alimenti
tramite SNG con preparati ad alto contenuto proteico → progressiva disidratazione (ma la
diuresi osmotica mantiene il volume urinario apparentemente normale).
Segni e sintomi
Molti pazienti con ipernatriemia marcata sono già gravemente compromessi e spesso risulta difficile
stabilire in che misura l'ipertonicità contribuisca effettivamente al deterioramento delle condizioni
cliniche:
– poliuria
– spasmi muscolari
– l'ipernatriemia acuta grave (Na>160 mmol/l) disidrata le cellule cerebrali e può causare
rottura dei vasi provocando sequele neurologiche irreversibili.
– crisi convulsive
– coma
La diagnosi di diabete insipido viene esclusa se l'osmolarità urinaria dopo assetamento è >
600mOsm/Kg (in assenza di glicosuria o di recente somministrazione di mdc).
Un'osmolarità urinaria tra 200 e 600 mOsm/Kg suggerisce l'esistenza di diabete insipido parziale. E'
fondamentale distinguere il diabete insipido centrale da quello nefrogenico: valutare la capacità del
rene di rispondere all'ADH (test desmopressina).
Terapia
Una correzione troppo rapida dell'iperatriemia grave può determinare l'insorgenza di edema
cerebrale potenzialmente fatale: la sodiemia dev'essere ridotta con un ritmo non superiore a 2-4
mEq/h. Terapia in stato di shock: espansione del volume plasmatico con soluzione fisiologica finchè
la pressione sistolica non supera i 90 mmHg (stimolo della natriuresi → riduzione della sodiemia).
A condizioni stabilizzante del paziente: glucosat 5% con volume calcolato secondo la formula:
[Na+] attuale - 140
Vol. tot. Giornaliero = ----------------------------------- (0.6 x peso in Kg)
140
Per la carenza cronica di ADH:
• Clorpropamide per os (?)
• Desmopressina per insufflazione nasale

Patogenesi
L'ADH viene normalmente rilasciato dall'ipofisi posteriore in risposta all'aumento dell'osmolarità o
alla contrazione del volume plasmatico, il suo rilascio viene inibito alla riduzione dell'osmolalità e
dall'espansione del volume plasmatico.
L'ADH agisce aumentando il riassorbimento di acqua libera a livello dei tubuli collettori renali.
**Sindrome da inappropriata secrezione di ADH: la produzione di ADH da parte del tumore sfugge
ai normali meccanismi di regolazione determinando aumento del riassorbimento renali di acqua,
aumento del contenuto idrico corporeo totale, moderata espansione del volume plasmatico; la
risultante ipotonicità plasmatica non è in grado di inibire la produzione di ADH dal tumore. Si
manifestano pertanto iponatriemia, ipoosmolalità plasmatica, incapacità di diluire le urine con
ipernatriuresi.
→ la produzione ectopica di ADH si può riscontrare in ogni tipo di tumore. E' più frequente nel
tumore polmonare (soprattutto microcitoma) e nel mesotelioma.
1. Circa metà dei pazienti con microcitoma sono incapaci di eliminare normalmente un carico
idrico, nonostante ciò solo una piccola percentuale di tali pazienti sviluppa una grave iponatriemia
(< 120 mEq/l)
2. Nella SIADH non si riscontrano alterazioni degli elettroliti oltre all'iponatriemia e
occasionalmente all'ipouricemia. Alcuni tumori però producono diversi ormoni ectopici: una
concomitante ipokaliemia suggerisce una sindrome da produzione di ACTH ectopico, una
concomitante ipercalcemia la presenza di unalterazione paraneoplastica del metabolismo del calcio.
**Malattie del SNC (neoplasie, traumi, emorragie, meningiti, ictus) → eccessivo o rilascio di ADH
dalla neuroipofisi.
**Pneumopatie (polmonite, ascessi, TBC, BPCO) → eccessivo rilascio di ADH dalla neuroipofisi.
**Farmaci che possono dare iponatriemia: ciclofosfamide, vinblastina, vincristina, cisplatino,
carbamazepina, clorpropamide, amitriptilina, narcotici per via endovenosa → possono causare
SIADH. Diuretici.

Segni e sintomi
Letargia, nausea, anoressia, astenia, confusione, convulsioni, coma.

Esami di laboratorio
In tutti i pazienti con iponatriemia → prelievo ematico per: elettroliti, creatininemia, calcemia,
azotemia, fosfatemia, glicemia. Concentrazione urinaria del sodio.
Criteri diagnostici per la SIADH
Iponatriemia (con azotemia bassa), assenza di contrazione del volume intravascolare, assenza di
anomala ritenzione di liquidi (ascite, edemi periferici), normale funzione renale, ipotonicità sierica
con urine non massimamente diluite (osmolalità urinaria > 75-100 mOsm/Kg, peso specifico
urinario > 1.003 e osmolalità plasmatica < 260 mOsm/Kg).
Deficit di sodio = (Na normale – Na attuale) x Kg peso x 0,6

Terapia
• Iponatriemia grave (< 110 mEq/l): soluzione ipertonica NaCl (al 3%), 1 l ogni 8 h
furosemide 40-80 mg ev ogni 8 h
Fino a natriemia 110 mEq/l, le successive correzioni devono avvenire più lentamente per
evitare mielinolisi del ponte cerebrale ed erniazioni.
• Iponatriemia moderata (> 110 mEq/l): riduzione dell'apporto idrico (500-700 ml/die) in
funzione di natriemia) + eventuale soluzione ipertonica NaCl come descritto.
• Nella SIADH; demeclociclina

Iperkaliemia (> 5.5 mEq/l)


Patogenesi
Sia nei pazienti oncologici, sia in quelli non neoplastici, la causa più frequente di iperkaliemia è
l'insufficienza renale. L'iperkaliemia può anche essere causata da una sindrome da lisi tumorale
scatenata dalla terapia (linfomi di Burkitt).
Cause
✔ iposurrenalismo (raramente da metastasi surrenaliche)
✔ lesioni tissutali (schiacciamento muscolare, emolisi, emorragie interne)
✔ farmaci: diuretici risparmiatori di potassio, succinilcolina, arginina, intossicazione da
digitale, beta-antagonisti
✔ acidosi ed iperosmolarità
✔ pseudoiperkaliemia: trombocitosi, leucocitosi, prelievo poco accurato, emolisi in vitro

Segni e sintomi
Astenia, debolezza muscolare ascendente, aritmie cardiache

Esami di laboratorio e strumentali


Monitoraggio concentrazione sierica elettroliti e calcemia.
ECG: alterazioni tanto più marcate quanto più grave è l'iperkaliemia: onde T alte e appuntite, onde
R di ampiezza ridotta, onde S di ampiezza aumentata, allungamento intervallo PR, allargamento
QRS fino a tracciato “senza onde” che esita in asistolia o in tachiaritmia ventricolare.

Terapia
• 50-100 ml glucosata al 20%-50% contentente insulina pronta (somministrare lentamente)
• se acidosi bicarbonato di sodio
• resine a scambio cationico (Keyexalate)
• dialisi

Ipokaliemia (< 3.5 mEq/l)


In molti tumori è osservabile una produzione ectopica di ACTH responsabile di una sindrome di
Cushing.
Tumori comunemente associati a produzione ectopica di ACTH: microcitoma polmonare, carcinoma
timico, neoplasia pancreatica (soprattutto tumori delle cellule insulari), carcinoidi.
Tumori raramente associati a produzione ectopica di ACTH: carcinoma ovarico, carcinoma
tiroideo, feocromocitoma, carcinoma prostatico, carcinoma renale, sarcomi, neoplasia
ematologiche.
Cause
– Perdite gastrointestinali associate ad alcalosi (vomito, aspirazione nasogastrica prolungata,
neoplasie coliche, adenomi villosi, abuso di lassativi).
– Perdite gastrointestinali associate ad acidosi (diarrea cronica, ureterosigmoidostomia,
sindrome di Zollinger-Ellison cioè ulcerazioni di mucosa gastrica e duodenale).
– Farmaci che determinano deplezione di potassio (diuretici, cisplatino, corticosteroidi).
– Iperaldosteronismo
– Ipercortisolismo
– Assunzione di liquirizia
– Ipercalcemia, ipomagnesiemia
– Ipofosfatemia negli stati anabolici (rapida crescita tumorale)

Terapia
• Dieta
• Potassio per os (aspartato di potassio)
• Kcl ev abitualmente a velocità < 20 mEq/l e dosaggi < 40 mEq/l
• Diuretici risparmiatori di potassio
• (eventualmente soppressori della funzione surrenalica)

Iperfosfatemia (> 6 mg/dl)


Patogenesi
Rara complicanza del trattamento di alcuni tumori, in particolare leucemie e linfomi (Burkitt). Una
rapida lisi tumorale comporta il rilascio di grandi quantità di acido urico, potassio e fosfato.
L'aumento della fosfatemia può non essere osservato fino a due giorni dall'inizio della terapia
antitumorale, può persistere per 4-5 giorni e superare i 20 mg/dl.
Cause
– Ipoparatiroidismo
– Insufficienza renale
– Distruzione di tessuti conseguente a traumi muscolari o ustioni
– Sindrome da lisi tumorale
– Somministrazione di eccessive quantità di fosfati

Aspetti clinici
L'aumento della fosfatemia di per sé non comporta manifestazioni cliniche. La precipitazione di
cristalli di fosfato di calcio può danneggiare il rene fino all'insorgenza di insufficienza renale acuta.
Si può avere tetania se la concentrazione di calcio ionizzato si riduce in modo eccessivo (ad
esempio nei casi di alcalosi da eccessiva somministrazione di bicarbonato o da vomito abbondante).

Esami di laboratorio
Nei pazienti a rischio di sindrome da lisi tumorale → controllo regolare di calcemia, fosfatemia ed
elettroliti

Terapia
• Glucosata 20% + insulina pronta
• Soluzione ipotonica (NaCl 0,45%)
• Idratazione orale
• Chelanti (Sevelamer)
• Se necessario dialisi
Ipofosfatemia (< 2.5 mg/dl)
Patogenesi e aspetti clinici
Si associa talvolta a tumori a rapida crescita (leucemie acute) probabilmente per effetto del
consumo di fosfati da parte delle cellule tumorali.
Un'ipofosfatemia grave (< 1 mg/dl) può causare rabdomiolisi o emolisi.
L'ipokaliemia può essere associata all'ipofosfatemia (ragioni non chiaramente note)
Nei pazienti neoplastici l'ipofosfatemia è generalmente legata a carenza nutrizionali o cachessia
Cause
– Terapie con antiacidi in grado di legare il fosfato
– Malnutrizione o malassorbimento
– Cachessia
– Alcolismo
– Scorretta terapia nutrizionale
– Rapida e massiva crescita tumorale
– Alcalosi
– Chetoacidosi diabetica

Terapia
Nelle forme lievi → fosforo per os
Nelle forme più gravi (fosfatemia < 1 mg/dl) → fosfato di potassio ev

Cure palliative
Quando le terapia oncologiche specifiche non offrono più risultati concreti, è il momento in cui
sopravviene quella sensazione di sconfitta che può portare all'accanimento terapeutico o
all'abbandono del malato perché “non c'è più niente da fare”. E' il momento in cui il paziente si
avvicina a una morte inevitabile e la famiglia si trova sola ad affrontare il dolore, la paura, la
depressione e la sensazione angosciante di abbandono. Questa è la fase delle cure palliative.

Cure palliative: cura globale ed attiva destinata a pazienti affetti da una malattia irreversibile di cui
la morte è diretta conseguenza, quando le cure per prolungare la vita non sono più efficaci.
Le cure palliative affermano la vita e considerano la morte come un processo naturale; non la
anticipano né la posticipano. Offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a vivere il più
attivamente possibile fino alla morte nell'ambiente a lui più congeniale e aiutare la famiglia a
convivere al meglio con la malattia del paziente e con il lutto. Le cure palliative si occupano del
paziente, della famiglia e della comunità

Capacità di gestire in modo olistico un paziente che presenta un insieme complesso di sintomi fisici
e psichici. → Sensibilità verso gli aspetti spirituali della sofferenza.
Squisita attenzione ai problemi della comunicazione nei confronti del malato e della sua famiglia,
con una adeguata abilità alle modalità non verbali della stessa.

Occorre instaurare un rapporto di collaborazione, di fiducia con il paziente. Lo si deve conoscere,


capire la sua personalità, intelligenza, cultura, emotività e conoscere qual è il grado di informazione
che ha rispetto alla sua malattia.

LEGGE N° 38 15 marzo 2010


→ Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.
Articolo 1
La precedente Legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del
dolore. E' tutelato e garantito, in particolare l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da
parte del malato al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il
bisogno di salute, l'equità nell'accesso dell'assistenza, la qualità delle cure e la loro appopriatezza
riguardo alle specifiche esigenze. Le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del
dolore assicurano un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto
dei seguenti principi fondamentali:
a) tutela della dignità e dell'autonomia del malato, senza alcuna discriminazione
b) tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine
c) adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia.

Le indagini diagnostiche sono ridotte al minimo e i trattamenti sono diretti al controllo dei sintomi e
al supporto psicologico, non alla malattia.
La radioterapia, la chemioterapia e la chirurgia hanno un posto nelle cure palliative: esse vengono
usate per garantire benefici sintomatici in assenza di svantaggi che abbiano un peso sulla buona
qualità di vita.

Al medico e all'infermiere non è richiesto solo di individuare ed offrire strumenti di cura adeguati e
tecnicamente corretti ma anche di aiutare a capire quali sono le potenzialità residue, come
valorizzarle per raggiungere uno scopo non oggettivamente individuabile, ma quello più
rispondente alle soggettive necessità ed aspirazioni del paziente. Questo tipo di rapporto richiede
una grande e profonda reciproca conoscenza.

All'oggettività della cura volta a guarire che misura la sua efficacia su dato obiettivi, si sostituisce la
soggettività delle cure palliative che hanno nella valutazione del paziente il loro unico riferimento di
efficacia.
Le scelte devono tendere in cure palliative a questi risultati:
• Qualità di vita
• Benessere fisico e funzionale
• Benessere psicologico
• Benessere spirituale
• Soddisfazione della cura da parte del malato
• Soddisfazione della cura da parte della famiglia
La qualità dell'assistenza è raggiunta dunque con l'attenzione ai piccoli dettagli che non sono
facilmente definibili e quantificabili.

Sintomi
– Fatigue, astenia
– Nausea e vomito
– Singhiozzo
Cause: distensione gastrica, RGE, tumori epatici, occlusione intestinale. Coinvolgimento
diaframmatico e mediastinico (interessamento nervo frenico e vago)
– Prurito
Cause: cutanee (cute umida o macerata, dermatite); da farmaci (allergenici); malattia
sistemiche (insufficienza renale, colestasi); correlato a . . .

La sindrome cachettica, le insufficienze multiple d'organo, epatiche e renali in particolare, le


alterazioni dell'assorbimento intestinale, le alterazioni metaboliche e l'immunodeficienza sono
fattori che interferiscono notevolmente con la qualità di vita del paziente e possono comportare
interferenze nell'assunzione, nella biodisponibilità e nel catabolismo di diversi farmaci, tra cui gli
analgesici.
Gli obiettivi sono:
– Mantenere attive e stimolare le potenzialità del paziente rendendolo il soggetto principale
del processo decisionale
– Rispettare le sue abitudini, i suoi tempi, la sua volontà
– Avere a cuore i suoi bisogni reali
– Aiutarlo con il minimo di “intrusività” nella sua vita
– Accompagnarlo con una presenza continua e discreta

Circa la metà dei pazienti oncologici presenta dolori mal controllati, essenzialmente per:
➢ Mancanza di istruzione sistemica del personale sanitario a livello universitario e
specialistico.
➢ Scarsa conoscenza e/o considerazione dei diversi meccanismi e tipi di dolore oncologico e
delle risposte fisiologiche, emozionali e comportamentali.
➢ Mancanza di personale sanitario motivato nella ricerca di metodiche atte a controllare il
dolore.
➢ Scarse conoscenze inerenti la farmacologia applicata degli analgesici.

Aspetti fisici del dolore


Il dolore è un fenomeno duplice: la percezione di una sensazione e la relazione emozionale che ne
deriva.
L'interpretazione e la risposta che il nostro sistema nervoso dà uno stimolo variano con l'umore, la
morale e le precedenti esperienze del dolore.
Anche il contesto clinico e il significato attribuito al dolore sono importanti: quello post-operatorio
ha un peso emozionale differente da un dolore legato a un possibile recidiva o a metastasi del
tumore già trattato. Per sottolineare tale complessità è stato coniato il termine di “dolore totale”, in
cui confluiscono aspetti fisici, psicologici, sociali, spirituali ed etici.
Dolore totale
Sorgente somatica: debolezza, effetti collaterali delle terapie, patologia non oncologica, cancro.
Ansia: paura dell'ospedale o del ricovero, preoccupazione per la famiglia, paura della morte,
inquietudine spirituale, paura del dolore, problemi finanziari, perdita della dignità e del
controllo del proprio corpo.
Rabbia: difficoltà burocratiche, mancanza di visite da parte di amici, ritardi nelle diagnosi,
irreperibilità dei medici, irritabilità, fallimento terapeutico.
Depressione: perdita della posizione sociale, perdita di prestigio sul lavoro e di guadagno, perdita
del ruolo in famiglia, stanchezza cronica ed insonnia, senso di abbandono, alterazioni
somatiche.
La componente organica del dolore è modulata da numerosi fattori di tipo emotivo, interpersonale,
sociale, finanziario e spirituale. Per conoscere questo “dolore totale” occorre:
1) Credere nel paziente e in ciò che dice: il dolore è quello che egli dichiara di avere, non quello
che noi pensiamo possa o debba avere.
2) Raccogliere un'accurata anamnesi algologica:
– Sede del dolore registrandola, se possibile, su di una mappa corporea.
– Caratteristiche temporali
– Qualità
– Circostanze di insorgenza e di estinzione
– Fattori allevianti ed aggravanti

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