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Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
Lez. 01 urologia
Novara 04/10/19
Revisore: A.Galbiat
Il programma generale del corso e i vari libri di testo consigliati sono presenti nel Syllabus.
Con urologia si intende una branca della medicina e della chirurgia che si occupa delle
patologie dell’apparato urinario femminile e maschile e dell’apparato genitale maschile.
Le malattie dell’apparato genitale femminile, vengono trattate principalmente dai
Ginecologi. Vi è una sub-specialità , definita uro-ginecologia, che rimane una branca di
frontera tra le 2 specialità .
In urologia, l’urologo è al contempo medico e chirurgo, al contrario di altre discipline per le
quali il clinico delega le competenze chirurgiche e viceversa, per esempio:
gastroenterologo e chirurgo generale, neurologo e neurochirurgo.
Un grande numero di malattie ad elevata prevalenza ed elevata incidenza rientra
nell’ambito dell’urologia
L a ne
oplasia prostatica è
la neoplasia più comune negli uomini ; vi sono 35.000 nuovi casi annui.
L a ne
oplasia vescicale è la quarta neoplasia più comune negli uomini e la settimana più comune
nelle donne; in totale ci sono 30.000 casi all’anno.
L a ne
oplasia renale è la settima causa più comune negli uomini e la decima nelle donne , con
12.000 casi annui.
Tre neoplasie, tra le prime dieci neoplasie più comuni nel sesso maschile, sono di pertnenza
urologica.
Ciò a dimostrare che i tumori di interesse urologico rappresentano una percentuale
altamente rilevante delle neoplasie totali.
La neoplasia testicolare che complessivamente è poco diffusa, è la neoplasia più comune
nei giovani con età inferiore ai 50 anni.
L’urologia si occupa anche di malattie benigne. Esempi sono:
-la calcolosi genitourinaria: prevalenza 10%
-disturbi ostruttivi del basso apparato urinario: ne soffre il 26% degli uomini adult e il
19% delle donne,
-l’incontinenza urinaria: colpisce il 5% degli uomini e il 13% delle donne
-la disfunzione erettile: 25-52% degli uomini ultraquarantenni
-cistiti semplici con prevalenza pari al 50% nelle donne.
Sono tutte patologie ad elevata prevalenza.
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Lez. 01 urologia
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Neoplasia della vescica
È una patologia molto diffusa.
I planisferi delle immagini sottostant mostrano l’incidenza mondiale e la mortalità della
neoplasia vescicale nella popolazione maschile (posta nella parte alta del grafico) e
femminile (posta in basso).
Incidenza:
In Italia, la neoplasia rientra nella seconda fascia di incidenza che per gli uomini è 14-20
abitant ogni 100.000 persone, mentre per le donne è 3-5 casi ogni 100.000 abitant.
L’incidenza nel sesso maschile è decisamente più elevata rispetto a quella nel sesso
femminile.
L’Europa mediterranea è considerata tradizionalmente una zona ad alta incidenza.
Mortalità:
Considerando gli uomini, la neoplasia vescicale
rientra nella
terza fascia di mortalità (4-6 casi annui per 100.000
abitant),
mentre tra le donne rientra nella quarta fascia (0,8-1
casi annui per
100.000 abitant).
Dat stmat per l’anno 2019 indicano che, negli USA, la neoplasia vescicale è la quarta
neoplasia più frequente con circa 61.000 nuovi casi tra gli uomini e con
circa 13.000 decessi. Nel sesso femminile, non è tra le prime dieci forme neoplastche più
comuni. Fra le donne, vi sono circa 18.000 nuovi casi e 5.000 decessi.
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In Italia, AIOM (associazione italiana degli oncologici medici) si occupa della pubblicazione
di un volume inttolato “I numeri del cancro in Italia” dove riporta le stme aggiornate
annualmente di incidenza e di mortalità delle varie patologie.
Secondo i dat stmat per l’anno corrente, ci sono 25.000 nuovi casi diagnostcat tra gli uomini
e circa 5.000 tra le donne. I decessi stmat sono circa 6.000, in dettaglio 5.000 tra gli uomini
e 1.300 tra donne.
Incidenza e mortalità sono maggiori nel sesso maschile rispetto al sesso femminile e ciò è
correlato alla diversa abitudine al fumo che sembra essere maggiormente diffusa tra gli
uomini. Tuttavia negli ultmi anni è aumentato il tabagismo nelle donne, riducendo cosi il
divario esistente tra i due sessi che comunque persiste.
La tabella a lato mostra ulteriori dat di prevalenza della malattia in Italia. Nel 2019 ci sono
219.000 uomini e 58.000 donne con neoplasia vescicale, quindi quasi 300.000 persone in
vita con diagnosi di tumore alla vescica.
La neoplasia della vescica è una patologia dell’età adulta e dell’età anziana.
L’incidenza e la mortalità aumentano all’aumentare dell’età . Dal momento che vi è un
invecchiamento
della
popolazione, non vi è alcuna speranza che tali valori si riducano. Bambini con neoplasie
vescicali sono casi rarissimi.
Trend di incidenza per gli uomini (a sinistra) e per le donne (a destra) nel tempo,
stratficato per età .
La linea nera indica l’incidenza della malattia che è costante in entrambi i sessi dal 2003 al
2014 e ciò dimostra che non vi è ancora una prevenzione efficace in grado di ridurre il
numero di casi annui.
L’ incidenza nel sesso maschile e nel sesso femminile non è la medesima; analizzando l’asse
delle ordinate si nota che l’incidenza negli uomini è circa 4 volte superiore a quella
femminile.
Si osserva inoltre che l’incidenza
aumenta con l’età ; è maggiore nell’individuo di 70 anni rispetto alla persona di 50 anni.
I Trend di mortalità per gli uomini
(a sinistra) e per le donne (a
destra) nel tempo, stratficato per
età .
Si nota che nell’ultmo decennio
non c’è stato un miglioramento
della sopravvivenza dei pazient
con il tumore alla vescica, infatti i
decessi sono stabili nel tempo, in
rapporto 4:1 tra uomini e donne.
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Come per l’incidenza, anche per la mortalità i decessi sono maggiori negli ultrasettantenni
rispetto alle persone di 50 anni.
Negli ultmi anni non ci sono stat significatvi progressi relatvi alla prevenzione e al
trattamento delle neoplasie vescicali.
Non sono chiare le
oscillazioni
relatve alla mortalità
negli
ultrasettantenni
dal momento che nei
report precedent
non erano segnalate.
Il professore ipotzza che ciò sia dovuto ad un ampliamento del numero di registri della
popolazione a disposizione. L’integrazione dei registri di popolazione di provenienza
diversa può aver causato queste oscillazioni. Probabilmente il significato non è reale dal
momento che è relatvo solo ad un singolo anno.
Domanda: parlando di mortalità, si intende il numero di decessi riconducibili direttamente
alla neoplasia della vescica?
Risposta: si. Per mortalità si intende mortalità malattia specifica. Spesso nelle fasi avanzate
delle neoplasie, i pazienti muoiono a causa di un arresto cardiorespiratorio, ma il motivo
primario è il tumore.
Il professore riporta l’esempio di un paziente con neoplasia prostatica metastatica all’ottava
linea di trattamento che è stato ricoverato nel reparto di urologia per macroematuria.
L’uomo curato per l’ematuria è morto dopo pochi giorni. Apparentemente il paziente è
deceduto per arresto cardiorespiratorio dovuto ad un probabile scompenso cardiaco o
all’effetto di qualche farmaco, ma la causa principale di decesso è la neoplasia prostatica
metastatica.
Patogenesi
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Il principale fattore di rischio per lo sviluppo della neoplasia vescicale è l’abitudine
al fumo che è responsabile del 50% dei casi tra gli uomini e del 31% dei casi tra le
donne.
Non è possibile indentficare una causa nota e chiara nei restant casi. In generale la causa
principale è il fumo nei pazient fumatori, nelle persone non fumatrici la causa non è nota.
Agent chimici industriali (colorant, gomme, colle), la schistosomiasi e l’esposizione a
radiazioni ionizzant sono responsabili di una ridotta percentuale di neoplasie vescicali.
-Agenti chimici industriali:
la problematca delle industrie è una questone reale tuttavia i lavoratori sono sempre più
protetti sul lavoro e altamente controllat tramite esami periodici; pertanto la percentuale
di pazient in cui, ad oggi, si riscontra una correlazione diretta tra la neoplasia e le sostanze
chimiche è davvero infinitesima.
-Schistosomiasi:
la schistosomiasi è un’infezione tpica dell’Africa e non presente in Italia. È responsabile
dello sviluppo della neoplasia vescicale, in partcolare dell’istotpo squamoso che è una
forma minoritaria in Italia, ma rappresenta il 40% dei tumori alla vescica in Egitto. È una
forma che sta aumentando anche in Italia per via dei migrant.
L’istotpo squamoso può insorgere anche a causa di uno stmolo irritatvo cronico come
quello causato dal catetere a dimora.
Spesso i pazient anziani non sono più in grado di urinare e per risolvere tale problematca si
posiziona un catetere a dimora che viene sosttuito periodicamente. Se il paziente è molto
anziano e con comorbidità , il catetere non è un fattore di rischio dal momento che sono
necessari 10-15 anni di stmolazione cronica per sviluppare la neoplasia. Non tutte le
persone che hanno difficoltà ad urinare, però , sono persone con una ridotta aspettatva di
vita; ad esempio i pazient con danni neurologici che influenzano la minzione possono
essere persone con un’aspettatva di vita elevata e non necessariamente anziane. Per evitare
la stmolazione cronica indotta dal catetere a dimora e quindi per ridurre il rischio di
sviluppare in quest soggetti, dopo un lasso di tempo pari a 10-15 anni, la neoplasia di tpo
squamoso, si preferisce eseguire il cateterismo intermittente. Durante l’arco della giornata,
si posiziona il catetere 5/6 volte per alcuni minut permettendo cosi lo svuotamento della
vescica; in questo caso vi sarà una stmolazione di 10-15
minut al giorno rispetto alla stmolazione di 24 ore tpica del cateterismo a dimora e il
rischio di sviluppare la neoplasia si abbassa drastcamente.
-Radiazioni ionizzanti:
l’esposizione alle radiazioni ionizzant è un’altra possibile causa di sviluppo della neoplasia
vescicale e rappresenta la terapia tpica per alcuni tumori; quelli che interessano
maggiormente l’urologia sono le neoplasie dello scavo pelvico, quindi tumori della cervice
uterina, della prostata e del colon retto. La radioterapia risulta efficace per tali tumori, ma
al contempo è responsabile dell’insorgenza, a distanza di almeno 10 anni, del tumore
vescicale. I tumori radioterapia indotti richiedono almeno un decennio dall’esposizione alle
radiazioni per svilupparsi.
La vescica, contgua agli organi irradiat (prostata, colon retto e cervice uterina), assorbe una
grande quanttà di radiazioni che sono responsabili dello sviluppo della neoplasia vescicale
nel decennio successivo
È una forma poco frequente ed è possibile anche l’esatto opposto, ossia le radiazioni usate
nella cura per il tumore vescicale possono essere responsabili dell’insorgenza a distanza di
tempo di neoplasie dello scavo pelvico. Anche in questo contesto il numero di casi è
estremamente modesto.
Dal punto di vista patologico esistono molte tpologie di neoplasie vescicali.
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presentano
mutazioni di FGFR3, alterat
microRNA della medesima via di
FGFR3 e mutazioni del sistema
HER.
2) Neoplasie basali :
I cluster III e IV presentano alterazioni
genetche different da quelle dei cluster I e II,
ma sono simili a quelle della neoplasia
mammaria basale. Tali cluster comprendono
alterazioni delle citocheratne e di EGFR.
In base alle mutazioni scoperte, le neoplasie vescicali sono state raggruppate in due
categorie: luminale e basale. La prima è simile per mutazioni alla neoplasia mammaria
luminale, la seconda alla neoplasia mammaria basale. I primi presentano mutazioni tpiche
di marker epiteliali, mentre nei carcinomi basali ci sono alterazioni tpiche della patologia
squamosa del polmone, della testa e del collo. Le due tpologie di tumore vescicale sono
classificate dal profilo di mutazioni genetche.
G
razie a tale studio, si ipotzza l’esistenza di d
ue tpologie different di tumore vescicale .
Se il processo neoplastco origina dalle cellule basali, vi sono delle mutazioni tpiche che
porteranno allo sviluppo della neoplasia basale; al contrario quando è inizialmente
coinvolta la componente più 7
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superficiale dell’epitelio di rivestmento, vi è un differente, ma caratteristco pattern di
mutazioni (simile a quello del tumore mammario luminale) responsabile dello sviluppo del
carcinoma luminale.
I tumori basali hanno una prognosi peggiore rispetto a quelli luminali. Ciò è
evidenziabile dai seguent grafici di Kaplan-Meier, dove la linea gialla rappresenta le
persone con tumore luminale, mentre quella grigia indica gli individui con neoplasia
vescicale basale. Il differente profilo genetco corrisponde ad una differente prognosi e
permetterà nel futuro una diversità di trattamento che ad oggi non esiste.
Domanda: i tumori basali originano dalle cellule staminali?
Risposta: si, dalle cellule basali.
Sintomatologia:
Macroematuria (>90%):
Il paziente riferisce urine completamente rosse (dal rosso vivo al color coca-cola o lavatura
di carne).
Il colore dipende dalla quanttà di sangue presente e dal tempo che è trascorso dal
sanguinamento alla minzione. È il sintomo tpico della neoplasia vescicale.
Tutti i pazient (>90%) che hanno neoplasia vescicale hanno ematuria, ma non tutti gli
individui con macroematuria hanno una neoplasia vescicale. In tutti i pazient con ematuria
è importante indagare l’eventuale presenza di tumore vescicale dal momento che è la
prima causa di morte.
Altre cause di ematuria possono essere l’adenoma della prostata, la calcolosi urinaria o il
carcinoma del rene.
Nel sesso maschile, la neoplasia vescicale è la prima causa di ematuria ed è anche la più
grave.
Nella donna, la neoplasia vescicale è la seconda causa di ematuria, la calcolosi urinaria è al
primo posto mentre al terzo posto c’è l’infezione urinaria.
L’ematuria della neoplasia vescicale non è costante; si possono avere lunghi periodi in cui
tale sintomo scompare.
Come visto all’inizio della lezione, il 50% delle donne soffre di cistte che è una possibile
causa di ematuria.
Vista l’alta frequenza di tale patologia, si rischia di trattare con antbiotco la macroematuria
pensando sia dovuta ad una banale cistte quando, in realtà , tale sintomo potrebbe essere
associato ad un tumore vescicale che contnua a svilupparsi. È quindi importante, di fronte a
ematuria, indagare subito 8
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l’eventuale presenza di neoplasia vescicale. In questo modo si evita di ritardare la diagnosi
garantendo una prognosi migliore.
Pollachiuria: aumentata frequenza della minzione. (20%) Dolore pelvico: tpico delle
forme avanzate; non è il sintomo caratteristco ed è presente solo in una parte minoritaria
di individui con neoplasia vescicale. (2%) Iter diagnostico:
-Esame urine standard: permette di verificare la presenza di globuli rossi nelle urine e
quindi di distnguere la vera ematuria dalla falsa ematuria caratterizzata dall’assenza delle
emazie nelle urine.
Quest’ultma può essere causata, per esempio, dal trattamento contro la tubercolosi; uno dei
farmaci utlizzat, la rifampicina, è responsabile del colore rosso/arancione delle urine.
L’esame delle urine consente inoltre di analizzare parametri eventualmente alterat che
sono spie di altre patologie urinarie. L a presenza di cris
è associata a problematche
g lomerulari .
Il test di Farley chiarisce l’origine dell’ematuria tramite l’analisi morfologica dei globuli
rossi.
Se i globuli rossi sono eumorfici (morfologia conservata), la causa è riconducibile ad una
problematca delle vie escetrici (calici, pelvi, uretere, vescica).
Se le emazie sono dismorfiche (morfologia non conservata), l’ematuria è associata a
problematche glomerulari. La causa è a livello del glomerulo renale e i globuli rossi
subiscono, lungo i tubuli renali, uno shock osmotco che è responsabile del cambiamento
della morfologia dei globuli rossi.
-Citologia urinaria:
Vengono centrifugate le seconde urine del mattino (citocentrifuga), raccolte per tre giorni
consecutvi. Il sedimento cellulare viene colorato con la colorazione di Papanicolau.
Le cellule uroteliali fisiologiche e neoplastche esfoliano nelle urine, quindi nelle urine si
possono trovare cellule neoplastche che vengono analizzate dal citologo, in partcolare
vengono analizzate eventuali atipie nucleari.
Se la neoplasia è aggressiva, le cellule neoplastche esfoliate sono present in maggior
quanttà nell’urine e hanno caratteristche citologiche maggiormente riconoscibili.
L’accuratezza diagnostca è discreta per le neoplasie di alto grado. Per le neoplasie di basso
grado, la sensibilità del test è irrilevante.
Si possono ottenere dei falsi positvi, come nel caso di un paziente con calcolosi. Il processo
infiammatorio indotto dal calcolo può dare degli aspetti simili alla neoplasia.
-Imaging e endoscopia
Diagnostica per immagini
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1) Ecografia reno-vescicale,
2) Uro-TC,
3) Urografia (ormai in disuso). Prevede un’iniziale somministrazione del mezzo di
contrasto e una successiva fase in cui vengono eseguite radiografie mirate a distanza di
qualche minuto che permettono di studiare l’anatomia delle vie escretrici man mano che i
reni eliminano il mezzo di contrasto. La Tac è più sensibile e ha sosttuito l’urografia.
Immagine ecografica tpica della neoplasia vescicale che appare solitamente come una
vegetazione papillare iperecogena vascolarizzata e fissa. Facendo girare il paziente a destra
e a sinistra si analizza se la lesione è fissa o mobile. Se è fissa, si tratta di neoplasia
vescicale, se si muove la lesione è un coagulo.
Per ulteriori conferme, si analizza l’eventuale
presenza di flusso ematco all’interno. Il coagulo non
può avere flusso all’interno aspetto invece possibile nel caso di lesione neoplastca.
A lato vi è un’immagine di una vecchia urografia. Nella vescica si nota un difetto di
riempimento, ciò vuol dire che nella vescica vi è qualcosa (neoplasia) che ostacola l’arrivo
del mezzo di contrasto. Si vede in negatvo il difetto di riempimento.
Dall’immagine a lato, si evidenza un profilo
abbastanza
regolare della vescica, che sembra mancare a destra di un pezzo e ciò è indice di un
qualcosa di grossolano che sta crescendo in parete laterale destra della vescica.
Nella TC raffigurata nell’immagine B, si notano le due artcolazioni coxo-femorali. La vescica
appare bianca per via del mezzo di
contrasto, ma non nella sua totalità infatti vi è del
tessuto solido (in basso a
destra) che corrisponde alla
neoplasia e che impedisce
l’arrivo del mezzo di
contrasto. Non è chiaro se
sia infiltrato del tessuto
neoplastco nelle vescicole
seminali.
Nell’immagine A, si notano
il rene di sinistra (stesso lato della neoplasia) e una grossolana dilatazione della via
escretrice. Verosimilmente è una neoplasia del pavimento vescicale a livello del ventricolo
di sinistra che ostacola il passaggio dell’urina nell’osto ventricolare sinistro.
Uretrocistoscopia
Consiste in una valutazione endoscopica unicamente a scopo diagnostco che si esegue
in seguito al percorso fatto finora, sia nel caso in cui non sia stata identficata una
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spesso
sanguinano, ma in tal caso si attiva il pedale del coagulo e si va a coagulare il vaso che
sanguina.
L’obiettivo è quello di portare via TUTTO ciò che si vede e quando poi si è finito
di tagliare la parte esofitca della neoplasia, si estraggono i pezzi attraverso un
evacuatore. A questo punto è necessario fare un prelievo profondo andando coinvolgere il
letto di resezione, perché bisogna sapere se gli strat
più profondi della parete vescicale sono interessat dalla neoplasia o meno. Infine si
coagulano i bordi e il letto di resezione utlizzando la stessa ansa di prima, essendo molto
precisa. Il paziente viene successivamente cateterizzato per 24h.
Il resettore è a corrente elettrica e può essere di due tpologie, a seconda della posizione
del secondo elettrodo: monopolare (utlizzato principalmente per la resezione vescicale) o
bipolare (utlizzato principalmente per la resezione prostatca). Nel caso dello strumento
monopolare il primo elettrodo è situato sull’ansa e il secondo sul gluteo del paziente, quindi
il liquido di lavaggio della vescica deve essere non ionico, quindi non conduttore perché
altriment “arrostrebbe” il paziente. Perciò si usa una soluzione di glicina al 5%. Nel caso
di una resezione prostatca, che è molto più prolungata, utlizzare una 11
avevano
vantaggi di
sopravvivenza
globale (a sinistra nel grafico in
basso) e di sopravvivenza libera
da progressione (a destra).
I pazient in ogni caso non
guariscono e muoiono lo stesso,
però , a circa 2 anni il 40% è in vita contro il 25% di quelli che fanno terapia tradizionale;
quindi si 31
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cronicizza la malattia per un po’ e si aumenta la sopravvivenza del paziente. Si ribadisce
che non si è ancora in grado di guarire un paziente metastatco, quindi si deve fare il
possibile per prevenire la metastatzzazione nei pazient.
D: Il pembrolizumab è un PD-1 o un PD-1 ligando?
R: Anticorpo monoclonale contro PD-1.
D: Nei pazienti a cui viene fatta la cistectomia, poi si somministra il carboplatino o cisplatino
e se questo non funziona…?
R: Al momento funziona. Se uno vuole fare la chemioterapia neo-adiuvante, va fatta a tutti i
platinum fit prima dell’intervento, se non la vuole fare si sceglie a chi farlo in adiuvante in
base ai fattori prognostici postoperatori (ngli stadi pT3a o superiori e nei pN+). Se i fattori
prognostici sono buoni, si fa il follow up e se nel follow up compare la metastasi, il
trattamento da fare è gemcitabina e platino. Chi fallisce il trattamento primario vioè quando
è metastatico farà il trattamento di seconda linea con il pembrolizumab.
Esistono effetti collaterali della terapia, che però non sono tragici in linea generale anche
se si tratta di pazient compromessi perché avevano già fatto la prima linea di
chemioterapia.
Se qualcosa funziona
in oncologia, la si
prova negli stadi
precedent
della
malattia. È stato fatto
uno studio di fase 2
(cioè ancora piccolo)
da Andrea Necchi,
oncologo medico
dell’isttuto
nazionale tumori. In
questo studio è stata
fatta
l’immunoterapia neo-adiuvante alla cistectomia col pembrolizumab, cioè prima della
cistectomia è stato somministrato il pembrolizumab. Si è trovato che il 40% circa dei
pazient 32
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che poi facevano la cistectomia non aveva malattia residua nella vescica; questa situazione
si definisce pT0 e solitamente capita in meno del 10% dai casi. Facendo la chemioterapia
neoadiuvante, l’esito dipenderà parzialmente dalla bravura del chirurgo che fa la resezione
transuretrale ed in parte dall’efficacia del farmaco. In questo studio non ci sono dat di
sopravvivenza, però si sa che la percentuale di pT0 (pazient che hanno una migliore
condizione a seguito dell’operazione) trattata con il pembrolizumab e gli urologi che
l’hanno resecato ( ci si riferisce alla loro abilità e diligenza, che probabilmente dipendono dal
fatto di esser coscienti di prendere parte al trial clinico), è del 40%, che è molto più alto di
quello che si avrebbe tradizionalmente con l’urologo standard e la chemioterapia standard.
Il problema è che non si sa che percentuale di questo successo sia dovuta al farmaco e quale
all’abilità dell’urologo.
Altra problematca sono le complicanze, perché dopo chemioterapia neo-adiuvante e
l’intervento, il 28% aveva complicanze maggiori. Però , lo studio è ancora di piccola enttà
per poter essere cert che i risultat (sia postvi che negatvi) siano dovut effettivamente al
farmaco o meno. La immunoterapia neo-adiuvante è solo a livello di trial clinico. Ad oggi
l’indicazione per il trattamento con il pembrolizumab è la seconda linea, cioè nel
paziente già metastatico che è progredito dopo la chemioterapia con gemcitabina e
cisplatino, non neo-adiuvante.
Al congresso degli oncologi medici europeo (ESMO 2019), finito una settimana fa, hanno
mostrato un trial detto IMvigor 130, e hanno testato in prima linea nel paziente
metastatco:
Arm C: chemioterapia + placebo;
Arm B: immunoterapia con atezolizumab, altro antcorpo monoclonale checkpoint
inhibitor;
Arm A: combinazione tra i due (atezolizumab e gemcitabina/platno).
L’idea deriva dal fatto che i checkpoint inhibitors in prima linea erano già stat provat in
pazient non platnum fit con risultat non eccezionali, perciò si sono studiat metodi
alternatvi (arm A, B, C). Si è osservato che chi fa la combinazione (arm A) rispetto a chi fa
solo la chemioterapia convenzionale (arm C) ha un vantaggio di sopravvivenza libera
dalla progressione di 2 mesi in più. Questo si tramuta in un vantaggio di sopravvivenza
di circa tre mesi per chi fa la terapia combinata rispetto alla sola chemioterapia.
Sembrerebbe che la combinazione sia meglio della chemioterapia tradizionale nel favorire
la sopravvivenza dei pazient anche se la differenza di soli 2 mesi è modesta. Il problema è
che questa terapia costa, quindi bisogna commisurare i 2
mesi di sopravvivenza con il costo del trattamento e, al momento, non è automatco che le
autorità regolatorie (AIFA) approvino questo trattamento.
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Domanda sugli effetti collaterali
R: si, questi pazienti hanno comunque degli effetti collaterali.
NEOPLASIA DELL’ALTA VIA ESCRETRICE
Lo stesso epitelio della vescica lo si ritrova a rivestmento di calici, pelvi e uretra. Per
questo motvo lo stesso tpo di neoplasia si può trovare anche in questa regione, con il nome
di neoplasia uroteliale dell’alta via escretrice. La più comune forma di neoplasia è quella
che origina dal parenchima renale, ma se ne parlerà le prossime lezioni.
Quest sulla destra sono i trend di incidenza e mortalità negli anni nell’uomo e nella donna e,
come per la vescica, è tutto molto stabile, perché non ci sono migliorament nella
prevenzione e nel trattamento.
Il più delle volte il paziente, prima sviluppa la neoplasia vescicale (molto più prevalente) e
poi, durante il follow-up della neoplasia vescicale, si può sviluppare e identficare la 34
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neoplasia dell’alto apparato urinario. Questo capita nel ¾ dei pazient e più raramente
succede il contrario, con pazient che prima sviluppano una neoplasia dell’alta via escretrice
e poi della vescica. Tendenzialmente, questa neoplasia colpisce solo un asse escretore, ma il
9% dei pazient padovani ha malattia bilaterale.
I sintomi principali sono:
ematuria, come anche per la neoplasia vescicale;
colica, perché se una neoplasia sanguina in maniera importante, il sangue può bloccare la
via escretrice, causando la colica.
L’iter diagnostico è uguale a quello della neoplasia vescicale, eccezion fatta per l’imaging
iniziale che prevede l’ecografia per la neoplasia vescicale e la TAC per la neoplasia delle alte
via escretrici. La TAC è preferibile all’ecografia perché, se sono present ematuria e colica, il
paziente può avere una neoplasia della alta via escretrice (la cosa più grave anche se la più
rara), una neoplasia renale parenchimale o calcolosi e in tutti e tre i casi la TAC è
obbligatoria per definire la causa ed il successivo iter.
Nell’immagine sinistra della slide a fianco, si vede
la TAC con in bianco il mezzo di contrasto che riempie l’uretere; il puntno nero al centro è il
difetto di riempimento. Nell’immagine destra
l’uretere si vede male, si notato un’impronta
vascolare e un difetto di riempimento. Vengono
mostrate due immagini dello stesso caso ( slide a
pagina seguente): nella TAC si vede una regione
iperdensa, che quindi capta il mezzo di contrasto,
in pelvi renale; nella fase escretoria c’è un difetto
di riempimento, quindi c’è qualcosa che capta il mezzo di contrasto ed entra nella pelvi
renale. Non
è proprio evidente, infatti radiologi e urologi
devono essere attent e per esserlo devono sostanzialmente essere consapevoli, quindi
devono sapere cosa c’è.
//
Quella sottostante è un ureteropielografia ascendente, una radiografia che prevede
l’inserimento del cistoscopio nell’uretere dell’asse che ci interessa, in questo caso il destro,
e l’iniezione del mezzo di contrasto. Il mezzo di contrasto viene da sotto: si vede che
l’uretere si dilata fino ad uno stop dove verosimilmente c’è un ostacolo e questa può essere
una neoplasia uroteliale ureterale.
/
D: Qual è il corrispettivo della cistoscopia?
R: E’ l’ureteroscopia, prima di cui bisogna fare un’ureterografia per avere un’immagine
anatomica della zona che andrò a valutare. Quindi si può fare l’ureteroscopia con
l’ureteroscopio, che è più sottile e lungo del cistoscopio, per andare a vedere la situazione in
quella regione ureterale.
La neoplasia delle alte vie è il “cugino” meno frequente della neoplasia vescicale. Quello che
si fa nella terapia per la neoplasia della alta via escretrice, è pressoché lo stesso di quello
che si fa nella neoplasia vescicale.
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Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
Lez. 01 urologia
Novara 04/10/19
Revisore: A.Galbiat
Quando la neoplasia è nella pelvi renale:
se è metastatca, si fanno i trattament sistemici (gli stessi della neoplasia vescicale);
se non è metastatca il trattamento standard è la nefroureterectomia, cioè rimozione per
intero del rene e dell’uretere fino allo sbocco nella vescica.
Quando la patologia è nell’uretere la vicenda è la stessa, solo che, in alcuni casi selezionat, si
può fare l’ureterectomia segmentaria, cioè se il paziente ha malattia solo negli ultmi 3 cm
di uretere, piuttosto che togliere tutto il rene e l’uretere, si possono togliere solo gli ultmi 5
cm e riattaccarlo all’uretere che resta in vescica. Questo consente di preservare la
funzione renale di quell’asse, che dovrò seguire attentamente per evitare rischio di
recidiva.
Ricapitolando il trattamento standard dei metastatci è la chemioterapia a cui si può
associare la nefroureterectomia se sanguinano, per palliare i sintomi. Nei non metastatci il
trattamento è quasi sempre l’nefroureterectomia, a meno che non ci si trovi nel caso più
fortunato in cui è presente la patologia solo negli ultmi centmetri dell’uretere, quindi si
reseca quella porzione di uretere e lo si reimpianta in vescica.
/L’immagine mostra un pezzo operatorio con tutto l’uretere e la pastglia di vescica attorno
allo sbocco dell’uretere. Questo si può fare a pancia aperta o in laparoscopia robotca.
La sopravvivenza e i fattori prognostci sono gli stessi della neoplasia vescicale. Il problema
è che se il paziente ha malattia bilaterale o se ha un rene buono con malattia dentro e il
rene controlaterale di funzionalità compromessa, fare la nefroureterectomia comporta un
incrementato rischio di dialisi. Perciò , in quest pazient, si usano gli stessi strument
utlizzat per il trattamento della calcolosi: con l’ureteroscopio si guarda la lesione e con una
pinzetta si preleva un campione per la biopsia e quello che resta si fotocoagula col laser
(fotocoagulare=
cuocere). Il trattamento si fa per via retrograda, si fa la biopsia e si coagula il tutto, in modo
da preservare la funzione renale. La stessa procedura, inizialmente attuata solo su pazient
con funzionalità renale compromessa a rischio di dialisi, si è iniziata a fare in elezione, cioè
in pazient che avevano l’altro rene perfettamente sano. Per pazient in elezione si intende
pazient selezionat in cui la TAC mostra che la neoplasia è piccola, che alla biopsia il tumore
è di basso grado e che abbiano la voglia di fare un follow-up molto stretto, che implica
imaging e ureteroscopia ogni tre mesi. Il fattore limitante è che nella alta via escretrice il
diametro è di 6-7
mm e la pinza è di 2-3mm, quindi il pezzettino di tessuto che si ottiene per la biopsia è
piccolo e le decisioni terapeutche sono decise in base a un piccolo frammento istologico. Se
la neoplasia è di basso grado si può ripetere tale operazione, se la neoplasia è di alto grado
non si deve ripetere. È per questo che i pazient sono selezionat per avere una lesione
piccola e di basso grado su cui poter eseguire il follow-up.
D: se il paziente non si sottopone a follow up, come ci si comporta?
R: al paziente deve essere proposto il trattamento radicale.
A Padova si sono trattat in questa maniera 40 pazient, qualcuno in necessità , la maggior
parte in elezione. Sono state fatte 300 procedure, e tra queste ci sono state solo 16
complicanze. La complicanza peggiore era una stenosi dell’uretere, quindi gestbile.
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Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
Lez. 01 urologia
Novara 04/10/19
Revisore: A.Galbiat
Dal punto di vista del follow-up delle biopsie fatte: la gran parte dei pazient avevano
malattie di basso grado, alcuni malattia di alto grado e altri malattia CIS, cioè con costante
tendenza a recidivare, nonostante fossero pazient selezionat, avent quindi neoplasie di
piccole dimensioni. In partcolare nel 60% dei casi la recidiva è di basso grado, il 10% ha
alto grado e 10% ha carcinoma in situ. Sebbene il 20% dei pazient abbia un rischio di
recidiva per tumore di alto grado, tutti sono a rischio di metastasi perché recidivano anche
tumori di basso stadio e grado, quindi gestbili con trattamento conservatvo. Su 40 pazient
con neoplasia di alto grado sono state fatte solo 6 nefroureterectomie, di cui 4 in pazient
trattat in elezione, e si è riuscit a conservare bene la funzione renale. Dal punto di vista
oncologico, di quelli che hanno fatto la nefroureterectomia 1/3 dei casi aveva un caso
istologico brutto, mentre i 2/3 rimanent non aveva niente, una malattia plausibilmente
guaribile con l’intervento o aveva una malattia di basso grado.
Viene mostrata la sopravvivenza dei reni nell’intera coorte (A), cioè quant pazient si sono
tenut il rene, ed è la stragrande maggioranza; poi vengono mostrat i pazient in elezione (B)
e anche tra quest molt si sono tenut il rene. La sopravvivenza globale a 5 anni è l’80%, con
soli due mort per malattia su 40 pazient (C); mentre per quanto riguarda la sopravvivenza
globale dei pazient trattat in elezione e si ha un solo morto (D).
/
D: Si può utilizzare il rene di un paziente che ha la neoplasia ureterale e che ha subito la
nefroureterectomia per trapiantarlo in un altro soggetto sano che necessita di un rene?
R: Se la patologia è prevalentemente ureterale, si può fare la resezione segmentale e quindi il
rene si lascia al paziente. Utilizzare le unita renali per il trapianto è eticamente inaccettabile,
cioè equivale a tentato omicidio. La patologia uroteliale è multifocale per definizione, per cui
se utilizzassi lo stesso rene asportato con nefroureterectomia in un altro paziente sano dovrei
fare follow-up oncologico perché sono ad altissimo rischio di recidive, in un paziente
immunosoppresso è ancora peggio.
D: Come si tratta una stenosi ureterale?
R: Ci sono quattro possibilità:
1. Dilato la stenosi con un palloncino e lascio uno stent per 3 mesi, anche se poi molto
probabilmente recidivano.
2. Cambio lo stent ogni tre mesi per il resto della sua vita e ciò va bene se il paziente è
anziano;
3. Chirurgia dipendente dalla posizione della stenosi: se la stenosi è distale si reseca e si
sacrifica tutto l’uretere a valle della stenosi e si rimpianta l’uretere buono a monte della
stenosi sulla vescica; mentre se è danneggiato l’uretere intermedio non si può fare per
problemi di vascolarizzazione, dando un rischio di stenosi del 100%.
4. Sperare che il rene non funzioni e fare nefroureterectomia.
(L’argomento verrà ripreso a fine lezione)
La sopravvivenza malattia-specifica è altssima, quindi si può fare però servono dei casi
selezionat e bisogna sorvegliare il paziente in maniera molto stretta.
I pazient che vanno in contro a nefroureterectomia hanno elevato rischio di
metastatzzare e recidivare, e non si è saputo cosa fare fino a due anni fa quando sono uscit i
risultat di un trial di Ellison Birtle. Prima si faceva nefroureterectomia e poi follow-up:
quando c’era la metastasi si vedeva in base alla funzionalità renale e la condizione generale
del paziente se potesse fare la 37
Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
Lez. 01 urologia
Novara 04/10/19
Revisore: A.Galbiat
chemioterapia o meno. L’efficacia della chemioterapia è la stessa della neoplasia vescicale,
ed è bassa (20% di sopravvivenza a 5 anni). Allora sono stat randomizzat i pazient platnum
fit a fare la sorveglianza o una chemioterapia adiuvante con gli stessi farmaci (gemcitabina
e platno) della vescica. Sono randomizzat, in base all’istologico, tutti i pazient che avevano
malattia almeno pT2N0, cioè sono stat esclusi solo i pazient con malattia pTa e pT1.
Il risultato dello studio mostra che ci sono comorbidità ed effetti collaterali della
chemioterapia, ma che questa terapia in questo setting dà un importante vantaggio in
termini di sopravvivenza libera dalla progressione di malattie. Sostanzialmente, la HR dice
che la chemioterapia adiuvante riduce il rischio di metastasi del 50%, e dato che chi
sviluppa metastasi muore sembra un end point non trascurabile. Questo tpo di end point è
definito surrogato, perché quest studi hanno solo 2 anni di follow-up e in questo tempo i
pazient non fanno in tempo a morire per colpa del tumore. Infatti le curve di sopravvivenza
si allargano un po’ a vantaggio della chemioterapia, però la differenza non è ancora
statstcamente significatva ed è per questo che lo studio non è stato ancora pubblicato. Il
vantaggio del 50% di riduzione di recidiva libera da malattia è altamente verosimile che si
tramut in una sopravvivenza più lunga.
Da quando si è diffuso questo trial, si tende ad avviare alla chemioterapia chi ha almeno
pT2N0
quando la funzione renale è consona (il platnum fit ha una GFR>60, ma avendo tolto un
rene non è detto che quest pazient abbiano una GFR adeguata). Il passaggio successivo è
provare ad antcipare la terapia, facendo un trial della chemioterapia neo-adiuvante alla
nefroureterectomia che al momento none esiste. Siccome il principale fattore limitante è la
funzione renale, perché non faccio la terapia prima dell’intervento, sfruttando la funzione
renale del rene sano che poi andrò a togliere? Il problema sono i sintomi, perché il
trattamento dura tre mesi e se c’è tanta ematuria non è facilmente gestbile, quindi fare la
terapia dopo fornisce il vantaggio di non avere i sintomi.
Sostituzioni ureterali
Per rispondere alla domanda posta in precedenza riguardo le sosttuzione ureterali, il prof.
Novara mostra una lezione che fa agli specializzandi di ginecologia. Il ginecologo rischia di
ledere l’uretere perché l’uretere decorre in vicinanza alla cervice uterina e
nell’isterectomia radicale il margine che si ha tra ledere l’uretere e lasciargli malattia
residua non è molto grande. Il problema si risolve isolando l’uretere a livello dell’arteria
iliaca comune, in territorio pelvico.
Per ovviare al problema viene messo un catetere dentro l’uretere la mattina stessa o il
giorno prima dell’intervento, in modo che il ginecologo può palpeggiare il catetere dentro
l’uretere per identficarlo; oppure, chi deve operare chiede l’ausilio di un urologo per isolare
l’uretere.
L’uretere ha un problema di vascolarizzazione dato da una rete sub-avventiziale, motvo
per cui non si può resecare l’uretere in mezzo e fare un’anastomosi termino-terminale (end
to end anastomosis). In realtà tecnicamente è possibile farla, però la probabilità della
stenosi su base ischemica è elevatssima.
I trattament possibili sono vari:
Trattamento standard: quando c’è danneggiamento dell’uretere pelvico, è possibile
resecare l’uretere danneggiato e anastomizzare l’uretere buono a monte con la vescica.
Bladder psoas hitching: quando vengono tolt 10cm di uretere, bisogna colmare questo
gap, perciò si porta la vescica all’uretere, attaccandola al muscolo psoas. Per farlo, si isola la
vescica resecando i peduncoli vascolari controlaterali per guadagnare mobilità (la
vescica possiede due peduncoli vascolari a destra e due a sinistra. Resecando i due 38
Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
Lez. 01 urologia
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peduncoli a sinistra, la vescica guadagna mobilità a destra; ma allo stesso tempo la vescica
non va in necrosi perché mantene la vascolarizzazione da parte dei due peduncoli di
destra). Successivamente si incide orizzontalmente la parete vertcale della vescica e si
spinge un lembo vescicale verso l’alto; si mettono quindi tre punti sul muscolo psoas per
fissare l’uretere al corno della parete vescicale strata fin li. Con questa tecnica si possono
gestre solo lesioni dell’uretere pelvico, perchè se la lesione è più alta, il corno della vescica
fatta in questo modo non ci arriva.
Boari flap: si usa quando la lesione è più alta rispetto alla pelvi. Si pratca un’incisione
rettilinea o a ‘z’, si ribalta verso l’alto il lembo di vescica e si tubularizza. Questo permette di
colmare gap più lunghi. Il problema di questo intervento è che la vescica perde volume e
capacità, quindi la vescica ha una capacità dimezzata (si può fare solo se la capacità iniziale
è grande). Prima di fare questa operazione, infatti, i pazient vengono studiati
endoscopicamente e radiologicamente per calcolare il volume vescicale e per capire a
che livello è la lesione ureterale.
Ansa ileale: se la lesione è ancora più alta, si può interporre un’ansa ileale tra uretere e
vescica colmando difetti più grandi e lunghi. Il problema è che l’ileo si assorbe e serve
una funzionalità vescicale congrua.
L’estrema soluzione è l’autotrapianto, cioè si distacca il rene dall’aorta e dalla cava e si
attacca sui vasi iliaci, avvicinando il rene alla vescica. Si può svolgere questa operazione
anche in caso di uretere assente, anastomizzando la pelvi renale alla vescica.
Se è presente una stenosi dell’uretere a livello lombare basso, si può fare un lembo di boari;
se è lombare alto si può resecare l’uretere e mettere un pezzo di ileo se il rene funziona. Se
il rene non funziona la pratca più facile da svolgere è la nefroureterectomia.
Neoplasia renale
Epidemiologia
L’Italia si trova nella prima fascia sia di incidenza che di mortalità per neoplasia renale per
entrambi i sessi.
L’Europa orientale ha un’incidenza partcolarmente elevata ma il motvo è tuttora ignoto.
Le stime statunitensi per il 2019 prevedono 44.000 nuovi casi tra gli uomini e 29.000 tra
le donne (attenzione! nell’immagine le neoplasie del parenchima renale vengono
considerate insieme alle neoplasie uroteliali, tuttavia la maggior parte di quest numeri fa
riferimento alla neoplasia del parenchima renale perché i tumori uroteliali hanno
un’incidenza inferiore).
Per il 2019 sono stmate circa 10.000 mort tra gli uomini e 5.000 tra le donne, per neoplasie
renali negli USA.
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Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
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Le stime italiane per il 2019 indicano che sono attesi circa 8.000 nuovi casi tra gli uomini e
4.500
tra le donne.
I dat reali di mortalità per il 2016 riportano 2.500 decessi tra gli uomini e 1.200 tra le
donne in Italia.
I dat di prevalenza indicano che al momento in Italia circa 84.000 uomini e 44.000 donne
hanno una diagnosi di neoplasia renale e sono in vita (si considerano sia le nuove diagnosi
che le vecchie in trattamento).
Se i dat vengono stratficat per regione geografica si nota che è una patologia molto più
comune nel nord Italia che nel sud Italia, questo in parte può dipendere da fattori
ambientali e in parte dall’efficacia del sistema sanitario nazionale nella regione (verrà
approfondito in seguito).
Studiando i dati di incidenza della patologia stratficata per fasce d’età troviamo che
l’incidenza
della
patologia
sale
progressivamente con l’età sia per l’uomo che
per la donna pur mantenendo una disparità tra i
due sessi.
L’immagine soprariportata, in cui l’incidenza è
stratficata per età e anno separatamente per i
soggetti di sesso femminile a destra e maschile
a sinistra, indica che non è migliorata la capacità di prevenire la patologia. La curva nera è
stabile perché il numero di nuove diagnosi è rimasto stabile.
Le curve arancioni-rosse indicano l’incidenza per le diverse classi d’età : la curva rossa in
alto indica che l’incidenza è maggiore tra gli ultrasettantenni.
Nell’immagine in basso invece viene analizzata la mortalità con lo stesso tpo di grafico si
può notare che i soggetti che muoiono di più sono i più anziani . La linea nera indica la
mortalità globale negli ultmi 15 anni e si sta mantenendo stabile ciò significa che non ci
sono stat sostanziali migliorament nella capacità di curare questa patologia.
40
parziale
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Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
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Revisore: A.Galbiat
Nella maggior parte dei casi al giorno d’oggi il paziente ha due reni sani e un piccolo nodulo
su uno dei due, quindi eseguire la nefrectomia radicale risulta un overtreatment, un
eccesso. Per questo motvo si esegue la nefrectomia parziale, in cui si toglie solo il tumore. È
più facile togliere tutto il rene rispetto a toglierne solo un pezzo, perché il rene è un organo
molto vascolarizzato. Infatti non si può tagliare il rene senza opportuni accorgiment,
altriment sanguinerebbe moltssimo e si rischierebbe di non vedere il campo operatorio e di
finire dentro la neoplasia.
L’intervento nella maggior parte dei casi prevede innanzitutto l’isolamento dell’arteria
renale, attorno a cui si predispone un tourniquet, e successivamente l’isolamento di tutto il
rene: si apre la fascia di Gerota, si toglie il grasso e si individua la neoplasia. Nel momento
in cui si vuole resecare la neoplasia si occlude l’arteria renale col tourniquet, creando una
situazione di ischemia in cui si riesce a tagliare il rene con un sanguinamento modesto.
Dato che il paziente è a temperatura ambiente si parla di warm ischemia. Si evidenzia il
fatto che ogni minuto di ischemia ha un impatto sulla funzione renale residua del rene che
lascio al paziente, quindi bisogna operare velocemente.
Siccome è molto vascolarizzato può sanguinare anche dopo alcuni giorni dal letto di
resezione: in quest casi il sanguinamento è gestto dal punto di vista diagnostco con un
angioTAC e dal punto di vista terapeutco con un’embolizzazione selettiva. Si fa
l’angioTAC e si occlude il ramo che alimenta lo spandimento: la radiologa interventsta
inserisce il catetere in femorale, dalla femorale all’aorta, dall’aorta alla arteria renale fino
alla branca che alimenta il rametto che provoca il sanguinamento.
Domanda: il paziente dopo l’intervento generalmente non è trattato con anticoagulante che
aggrava ancora di più il sanguinamento?
Risposta: Sì, la tromboprofilassi prevede il rischio di sanguinamento ed è eseguita al 100%
dei pazienti a Padova (non si fa in tutti i centri al 100% dei pazienti). Serve però ad evitare
una patologia mortale, l’embolia polmonare.
Domanda: Perché durante la nefrectomia non si raffredda il rene riducendo la warm
ischemia?
Risposta: La maggior parte delle volte il chirurgo non fa niente; alcune procedure prevedono
l’uso di ghiaccio, oppure in casi estremi si può staccare il rene e procedere con una chirurgia
da banco con rene perfuso che poi si reinserisce; si tratta di casi estremi, procedura
praticamente mai fatta a Padova.
Qual è il confine tra fare una nefrectomia radicale e una nefrectomia parziale, fino a che
punto eseguo una e in quali condizioni eseguo l’altra?
Il problema della nefrectomia parziale è l’ischemia renale, ma bisogna considerare che in
chirurgia d’elezione il rene controlaterale è sano, e in ogni caso è meglio lasciare al paziente
un rene con qualche deficit di funzione renale perché sono trascorsi 3 minut in più di
ischemia rispetto all’ideale piuttosto che rimuovere l’intero rene con la nefrectomia
radicale.
Domanda: Quanto diminuisce la funzionalità renale?
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Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
Lez. 01 urologia
Novara 04/10/19
Revisore: A.Galbiat
Risposta: Solitamente dipende da un milione di fattori, per dare una risposta precisa alla sua
domanda bisognerebbe riferirsi al trattamento fatto a pazienti con rene singolo.
Fino a qualche anno la procedura era la seguente: se la massa è minore di 4 cm e l'altro
rene è sano si esegue la nefrectomia parziale; se la neoplasia supera i 4 cm è meglio fare la
nefrectomia radicale.
Gli studi dicono che l’efficacia oncologica della nefrectomia parziale è uguale alla radicale. Il
vantaggio principale della nefrectomia parziale è che si salva il parenchima, mentre lo
svantaggio è che ci possono essere un po’ più di complicanze peri-operatorie.
Al giorno d’oggi è impossibile definire un cutoff: la tendenza è estendere l’indicazione della
nefrectomia parziale in elezione in tutti i casi in cui è tecnicamente possibile farla, anche
con una massa di 8cm se è tecnicamente gestbile.
Si sceglie non tanto in base al diametro ma in base a quello che è tecnicamente fattibile
considerat il diametro, la posizione e i rapport anatomici con le altre strutture del
parenchima renale.
Chiaramente il confine si sposta ulteriormente se il paziente ha solo un rene funzionante:
per evitare al paziente la dialisi si cerca di fare qualsiasi.
Nefrometry score
Sono stat sviluppat una serie di score chiamat Nefrometry Score, di cui il più utlizzato ed il
primo sviluppato in Europa è il Padua Score. Un altro simile è il Renal score, sviluppato a
Philadelphia con alcune variabili diverse ma il concetto è lo stesso.
Lo score consiste nel dare un punteggio alla neoplasia in base a:
Diametro: che era l’unico fattore considerato in precedenza;
Localizzazione: polare superiore, polare inferiore verso terzo medio;
Percentuale esofitica ed endofitica della lesione: se una lesione al 90% è esofitca è
molto più facile da trattare rispetto ad una
al 90% endofitca, cioè dentro il rene;
Localizzazione mediale-laterale;
Coinvolgimento del seno renale e del
calice della pelvi.
Quindi si guarda la TAC e in base alle
caratteristche si assegna un punteggio, il numero
risultante ci dice se la lesione è “facile” da operare
o se è una lesione estremamente complessa.
Se, a parità di diametro, la massa è al 90%
endofitca polare inferiore è molto facile da
enucleare rispetto ad una lesione al 100%
endofitca coinvolgente il seno renale per cui si eseguirà una nefrectomia radicale. Non si
ragiona
più sul solo diametro ma sull’insieme delle
caratteristche anatomiche della neoplasia.
53
sostanzialmente
identico, ma con un miglior risultato
cosmetico
(minor cicatrici e
recupero più rapido) e leggermente
migliore risultato funzionale in
termini di
sanguinamento e
preservazione della funzionalità
renale. Infatti i pazient sanguinano
di meno, quindi vengano trasfusi
meno e l’intervento è lievemente più
lungo ma con meno complicanze
peri-operatorie.
Inoltre l’ospedalizzazione è più
rapida perché invece di avere
l’incisione i pazient hanno 3 buchi, il
che è più gestbile e il paziente torna alla sua vita più velocemente.
La percentuale di modifica della funzione renale in linea di massima a parità di lesione
dovrebbe essere uguale tra OPN e RAPN: gli studi dicono che è minore nel trattamento
robotco ma tali studi non sono pienamente comparabili per le caratteristche della lesione.
LPN vs RAPN
Bisogna considerare che la nefrectomia parziale è un intervento difficile perché bisogna
resecare e suturare un territorio molto vascolarizzato: se il laparoscopista è sopraffino
l’intervento può essere eseguito anche in laparoscopia, ma il vantaggio che dà la tecnologia
54
soggetti
ultrasettantenni; la curva arancione
rappresenta i pazient affetti tra i 50 e i
70 anni; mentre i casi che riguardano i
pazient che hanno meno di 50 anni
sono veramente pochi (curva rosa).
Quindi fondamentalmente l’incidenza è stabile nel tempo con partcolare rilevanza nei
soggetti over 70, e in secondo luogo in quelli tra i 50 e i 70 anni.
In questa immagine invece sono
riportat i tassi di mortalità nel tempo:
la mortalità totale (curva nera) è
stabile o in lievissimo declino.
Si può notare come la mortalità nei
pazient ultrasettantenni sia in declino
(curva rossa): questo probabilmente
non dipende dal fatto che sono
migliorat i trattament, ma dal fatto
che in passato, attraverso l’utlizzo del
PSA, sono state diagnostcate neoplasie
non significatve, a comportamento
benigno ( overdetection) che non hanno
rappresentato la causa di morte del
paziente.
In questa immagine sono riportat i dati
di sopravvivenza a 5 anni dalla
diagnosi: si evidenzia come il tumore
alla prostata con il 92% di
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sopravvivenza si colloca al secondo posto, a seguito del cancro alla troide che presenta il
93% di sopravvivenza a 5 anni.
Viene quindi riportato un grafico che
mostra le curve di mortalità stratificate a 5
anni dalla diagnosi, per valutare di cosa effettivamente muoiano gli affetti:
L’area rosa rappresenta i pazient
che sopravvivono, che sono la
stragrande maggioranza;
L’area rossa indica che la maggioranza dei
pazient che muore prima dei 5 anni dalla
diagnosi, muore per altre cause.
L’area grigia indica i pochi pazient
che hanno una malattia
estremamente aggressiva e
metastatca al momento della
diagnosi iniziale, e che quindi muore a causa di questa.
La maggior parte dei pazient che moriranno di cancro alla prostata, con o senza i
trattament, morirà dopo un lungo intervallo di tempo. Infatti la storia naturale della
neoplasia prostatca è molto lunga e i pazient che muoiono per neoplasia prostatca sono
pochi e muoiono dopo molto tempo, quindi i 5 anni standard dalla diagnosi sono considerat
un intervallo di tempo insignificante. Questo è un problema rilevante nel fare studi sia sulla
sopravvivenza che sulla valutazione dell’efficacia dei trattament, che quindi non possono
essere valutate sui 5 anni ma sui 15-20 anni di follow-up. Dato che i pazient che si
ammalano di tumore prostatco sono adult o anziani, in un follow up di 15 anni la
competing risk mortality, cioè la morte per altre cause, è un fenomeno estremamente
comune e rilevante.
L’obiettivo del medico in questo caso è quello di far morire il paziente per altro, cercando di
minimizzare l’impatto dei trattament sulla qualità di vita. È un ragionamento strano,
diverso da quello che si fa con altre neoplasie più aggressive, come nel caso della neoplasia
esofagea e pancreatca in cui ci vuole veramente poco tempo per capire se il trattamento
funziona.
Quindi un problema rilevante della neoplasia prostatca è che non si sa quale sia realmente
l’impatto dei trattament e per capirlo ci vorrebbe moltssimo tempo, che però nella maggior
parte dei casi non si ha dato che i pazient muoiono per altre cause.
Patogenesi
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Fondamentalmente non si sa quale sia l’eziologia della neoplasia prostatca: esistono
condizioni indispensabili e fattori di rischio not, ma il reale motvo per cui uno specifico
paziente si ammala e un altro no, non è ancora noto.
La neoplasia necessita di un substrato ormonale, rappresentato dal testosterone: soggetti
con patologie endocrine che non producono testosterone non svilupperanno mai neoplasia
prostatca. Non c’è però correlazione tra il livello di testosterone e chi sviluppa la neoplasia:
ci sono neoplasie prostatche a tutti i livelli di testosterone.
Quindi il testosterone è una condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo della
patologia.
I fattori di rischio sono:
– F attori razziali e geografici : gli Afroamericani hanno un rischio di sviluppare e di morire
per una neoplasia prostatca più elevato rispetto ai soggetti caucasici e asiatci che vivono
nella stessa area geografica. Dato che negli USA la sanità non è gratuita, una possibile
spiegazione potrebbe essere il diverso accesso alle cure, in quanto solitamente i soggetti
afroamericano presentano un reddito minore. In realtà alcuni studi hanno dimostrato che
gli Afroamericani hanno più probabilità di sviluppare la neoplasia indipendentemente dal
reddito.
Occupazionali ( esposizione a cadmio) e socio-economici;
Ormonali (bassa incidenza tra eunuchi)
F amiliarità : nel caso della neoplasia prostatca è necessario avere almeno 3 casi in due
generazioni o casi in tre generazioni per definirne la familiarità , non basta avere un parente
affetto. Nella stessa famiglia i soggetti di sesso femminile hanno una maggiore probabilità
di sviluppare una neoplasia mammaria: sono infatti state identficate delle alterazioni
genetche correlate, come la mutazione del gene BRCA. Solitamente nelle forme familiari la
neoplasia si sviluppa più precocemente, almeno una decade prima rispetto alle forme
sporadiche. I casi familiari sono tuttavia una minoranza.
D
ieta : studiando le migrazioni, come quella dei Giapponesi in America nel secondo
dopoguerra, si è osservato che il rischio di sviluppare una patologia diventa quello della
popolazione locale nel giro di due generazioni, quindi ci sono dei fattori ambientali che
agiscono più dei fattori genetci, in partcolare quelli dietetci.
Quindi la dieta occidentale ricca di grassi e proteine sembrerebbe essere associata ad un
aumentato rischio di neoplasia prostatca, mentre la dieta asiatca, che prevede aliment
come la soia e il riso, sembrerebbe essere associata ad un rischio minore.
D: i pazienti obesi hanno un maggior rischio di sviluppare il carcinoma prostatico?
R: Si. I pazienti obesi hanno un aumentato rischio di sviluppare qualsiasi cosa tra cui anche
l’ipertrofia prostatica.
Topografia
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Lez. 01 urologia
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Secondo i dat riportat bisognerebbe fare la biopsia a qualunque valore di PSA, tuttavia, dato
che la biopsia presenta delle complicanze, tra cui una percentuale di mortalità , se un
paziente ha un valore di PSA pari a 1 e quindi ha una probabilità del 10% di avere un
tumore aggressivo, si evita di farla. Ragionevolmente bisogna confrontarsi con il paziente,
dicendogli ad esempio: “il suo PSA è 2, e il rischio di avere una neoplasia è del 18%, quindi se
noi facciamo la biopsia a 100 pazienti come lei 18
avranno la neoplasia gli altri 82 no. Cosa vuole fare?”
In questo caso, siccome il rischio di non trovare la malattia è 4 volte più alto, si può ripetere
il test più avant e nel frattempo fare qualche altro test collaterale per cercare di stratficare
il rischio: se il rischio è basso si temporeggia e si rimisura il PSA nel tempo; se è alto si
esegue subito la biopsia.
D: Ma quindi ad oggi c’è una soglia decisionale?
R: No, qualche sistema sanitario usa 3. Anche se non è un ottimo compromesso, in quanto la
differenza di probabilità tra 2 e 3(23.9%) e 3 e 4 (26.9%) è a malapena del 3%.
Il passaggio successivo in questo caso è quindi fare un test collaterale basato sul PSA per
stratificare il rischio, tra quest ci sono:
Free-to-total PSA: è il rapporto tra PSA libero e PSA totale, e rappresenta il principale test
collaterale, molto utlizzato nella pratca clinica;
Age-specific PSA (desueto)
PSA velocity (utle ma ci vuole che il paziente abbia fatto in passato multpli dosaggi nel
tempo);
PSA density (efficace ma occorre che sia misurato il volume prostatco con l’ecografia
transrettale o, meglio la rm, per fare il rapporto PSA/volume prostatco;
PSA density della zona di transizione (desueto)
PSA complex (desueto)
Nel siero del paziente c’è una quota di PSA che gira libera e un’altra che è legata ad altre
molecole, sostanzialmente gli inibitori delle proteasi, l’α2-macroglobulina e α1-
antchimotripsina.
La percentuale libera e quella legata non è uguale se il paziente ha un’ipertrofia o se ha un
tumore:
o Nell’ipertrofia prostatica→ la quota di PSA legato è più bassa (rapporto maggiore);
o Nella neoplasia prostatica→ la quota di PSA legato è più alto (rapporto minore).
Quando un paziente ha un PSA tra 2.5 e 10 per prima cosa si rifà nuovamente il PSA totale,
che serve come conferma, e in aggiunta si fa il rapporto libero-totale.
In risposta ad una domanda il professore afferma che il rapporto free-total si utilizza
solamente a livello diagnostico e non in caso di una sospetta recidiva.
71
per
ulteriori
approfondiment:
https://it.wikipedia.org/wiki/Sequenze_di_risonanza_magnetca
Studio “Precision”: biopsia random vs biopsia
target
Gli sperimentatori dell'University College di Londra,
hanno randomizzato i pazient dello studio in due
modi: un gruppo di pazient ha fatto solo la biopsia
random, l'altro gruppo ha fatto la risonanza e solo
se questa era positva, veniva eseguita la biopsia target sul nodulo visibile alla risonanza.
Quindi si effettua una biopsia mirata sulla lesione identficata
dalla risonanza.
Si riportano nell’immagine sottostante i criteri di esclusione ed inclusione: il c riterio di
inclusione maggiore è il no n aver mai subito
precedent biopsie prostatche.
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Lez. 01 urologia
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I pazient presentano le seguent caratteristiche:
PSA mediano circa 7;
Familiarità in una ridotta percentuale di casi;
Età media di circa 65 anni;
Esplorazione rettale positva in una ridotta percentuale di casi.
I risultati dello studio affermano che:
Nei pazient che hanno fatto la biopsia random, con 12 prelievi di media, si identficavano:
22% di neoplasie di Gleason score 6;
26% di neoplasie di Gleason score ≥7, ovvero scarsamente differenziate;
Nei pazient che hanno fatto la biopsie target sul nodulo positvo, si è trovato un numero
totale di tumori uguale, ma si trovano meno neoplasie di basso grado, non significatve e
più neoplasie di grado elevato (38% rispetto al 26%), che sono quelle da identficare perché
possono mettere a rischio la vita del paziente. Le neoplasie di basso grado sono quelle che
nella maggior parte dei casi si cerca di non trattare, se il paziente acconsente, quindi a
livello diagnostco sono irrilevant.
Rispetto all'approccio random si hanno i vantaggi di fare meno prelievi e avere meno
complicanze, trovare più neoplasia di alto grado e meno di basso grado.
Cognitive fusion e biopsia fusion software guidata
Prendendo come riferimento il “Precision study” si è iniziato a fare la biopsia mirata del
nodulo, ma il problema è che il nodulo si vede alla risonanza, mentre la biopsia viene
fatta per guida ecografica transrettale, che non vede il nodulo. Non viene eseguita sotto
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la guida della risonanza perché si avrebbe un costo troppo altro e terrebbe occupata la
risonanza per troppo tempo.
Ci sono quindi due modi di procedere:
Cognitive fusion: l'operatore localizza mentalmente dove si trova il nodulo alla risonanza
e va a fare il prelievo nella regione di prostata corrispondente, visualizzata tramite
ecografia. La fusione delle immagini è "nella testa dell'operatore". Questo è un metodo
grossolano che funziona se il nodulo è molto grande, poiché sarà più facile da colpire, ma
non è lo stesso se il nodulo è piccolo.
Biopsia fusion software guidata: per i noduli più piccoli sono stat sviluppat dei software
in cui sulla metà dello schermo del computer si vede l'immagine della risonanza, sull'altra
metà si vede l'immagine ecografica. Le immagini vengono sincronizzate e il software indica
il punto corrispondente sull'ecografia. È la metodica più comunemente considerata valida.
Un altro problema è il costo delle procedure e il fatto che seguendo questo approccio si
dovrebbe fare la risonanza a tutti. In Italia si fanno circa 37000 diagnosi annue di neoplasia
alla prostata, risultate quindi positve alla biopsia, che sono circa il 48% delle biopsie fatte,
quindi prima bisognerebbe fare circa 75000 risonanze magnetche all'anno. Per ottenere
quest risultat si devono fare risonanze con sequenze mirate, che pretendono radiologi
capaci e macchinari idonei.
Nel caso in cui la risonanza risulti negativa non è ancora assolutamente chiaro cosa è
meglio fare. Alcuni pazient vengono sorvegliati e non si esegue la biopsia, altri fanno la
biopsia lo stesso. Il concetto è che il valore predittivo negatvo della risonanza non è
costante. E’ molto elevato se il rischio del paziente non è elevatssimo: se il paziente non ha
caratteristche cliniche orribili ed una rm negatva si può evitare la biopsia. Se invece il
paziente ha PSA molto alto, reperto rettale molto brutto, il suo rischio di avere una
neoplasia è molto alto per cui in questo caso una rm negatva ha un valore predittivo
negatvo inferiore per cui è meglio biopsiarlo lo stesso.
D: In questo caso quanti campioni si prendono?
R: Il numero non è standardizzato, di solito da 2 a 4.
A Padova non si fa la biopsia solo del nodulo, poiché 3-4 anni fa i risultat di questo studio
non erano ancora not. I pazient con risonanza positva vengono sottopost alla bi
opsia del nodulo visto in RMN e anche alla b
iopsia random concomitante . Si è visto
negli anni che le biopsie random concomitant identficano il 25% in più di neoplasie
significatve, che si sarebbero perse facendo solo biopsia mirata.
Gli svantaggi sono che prendendo più frustoli si hanno più complicanze (ematuria ed
emospermia) e si diagnostcano anche più neoplasie meno significatve, che poi non
dovrebbero essere trattate. Questo approccio è stato recentemente confermato da un trial
randomizzato francese, chiamato MRI-first, in cui i pazient facevano sia la biopsia mirata
che quella random. Il risultato è che le due metodiche hanno un ruolo complementare e la
migliore riuscita diagnostca si ha solo se si fanno entrambe.
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Score PI-RADS
È stato sviluppato uno score chiamato PI-RADS, che si basa prevalentemente sull'immagine
in diffusione in RMN per quanto riguarda la regione periferica della prostata, mentre su
immagini in T2 per la regione di transizione.
I radiologi collocano il nodulo sullo schema a lato e assegnano dei punteggi da 1 a 5:
1 e 2→ reperto insignificante, non sospetto;
3→ intermedio;
4→ abbastanza sospetto;
5→ altamente sospetto per il cancro.
È chiaramente un approccio molto operatore-sensibile.
Vengono mostrat dei casi reali:
In questo caso il nodulo si colloca
nella regione posteriore tra l'apice, la
base e il terzo medio del lobo di
destra.
In questo caso invece il nodulo è nella regione
basale anteriore sinistra.
Nell’immagine a sinistra si vede
la tecnica fusion in cui a sinistra
si
ha la risonanza fatta in precedenza,
mentre a destra l'ecografia fatta per
eseguire la biopsia. Marcando una
82
studio
ha
evidenziato
come la sopravvivenza
globale e la
sopravvivenza malattia
specifica sono
migliori in pazient
sottopost a
terapia
ormonale
immediata rispetto alla non terapia.
Terapia di combinazione con EBRT (External B Radiaton Therapy), e ADT in pazient con
rischio intermedio ed elevato. Due trials randomizzat dimostrano che in pazient high risk
che fanno radioterapia e terapia ormonale per 24-36 mesi la sopravvivenza è migliorata.
Pazient high risk fanno 24-36 mesi di terapia (radio + ormonoterapia), mentre in pazient a
rischio intermedio secondo un altro trial la terapia può durare 6
mesi.
104
di
neoplasia
metastatca fin
da subito
o in cui si trovano
metastasi
nel follow up o
dopo i
trattament.
Tradizionalmente si fa terapia con LHRH agonista senza associare l’antandrogeno nel
primo mese, ma ci sono stat studi comparatvi con terapia solo LHRH analogo e terapia con
LHRH
analogo + antandrogeno periferico (però contnuatvo e non solo nel primo mese) in modo
da 105
la
densità ossea con osteopenia o
osteoporosi franca
effetti cognitvi
Ancora non si riesce a
capire come gli agonist possano
indurre a lungo termine
danni cardiovascolari e gli
antagonist no visto che la
differenza fra i due farmaci sono
solo i livelli di LH e FSH che
con gli agonist aumentano nel
primo mese.
D: Come fa il calo di
testosterone ad influenzare
negativamente
la
funzionalità erettile?
R: Il testosterone agisce a
livello delle fibre muscolari lisce
del pene e anche a livello
centrale sui centri che controllano
la libido.
D: Ci sono studi statistici sull’incidenza di depressione e suicidi nei pazienti trattati con
terapia ormonale, c’è una maggiore incidenza di depressione a causa di tutti i trattamenti a
cui sono sottoposti, dell’impotenza, l’incontinenza, etc.?
R: I pazienti in terapia e post terapia non hanno un tasso di suicidi più elevato del normale,
hanno però effetti cognitivi (sono rimbambiti cit.). Inoltre depressione e ansia sono molto
comuni nei pazienti con neoplasia prostatica indipendentemente dal tipo di terapia a cui si
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sottopongono. L’ansia c’è anche fra chi è semplicemente in sorveglianza attiva perché
comunque il follow-up prevede molti esami, anche ripetuti, per cui il paziente che comprende
in parte qual è il ruolo di ogni esame e la gravità della sua malattia è molto stressato. L’ansia
è più bassa in chi fa una terapia con intento curativo, perché vede il suo PSA dopo l’intervento
tornare a zero e si tranquillizza. La depressione è frequente anche se spesso questi pazienti
hanno un outcome oncologico buono perché gli rimangono problematiche funzionali. La
maggior parte dei pazienti di cui si sta parlando hanno più di 60 anni, non è la disfunzione
erettile la loro preoccupazione perché spesso ce l’hanno anche prima della diagnosi, quanto
piuttosto l’incontinenza, anche se entro un anno comunque la funzionalità torna quasi
normale.
D: Esistono neoplasie ormono resistenti fin dall’inizio, cioè prima della terapia ormonale?
R: Nel 99,99% dei casi le neoplasie metastatiche sono ormono-sensibili ma non è detto che lo
rimangano. Può succedere che a distanza di anni si osservino aumenti dei livelli di PSA
nonostante il testosterone sia circa zero e questo succede perché la neoplasia diventa
castrazione resistente e cresce nonostante l’assenza di testosterone. Non è chiaro perché le
neoplasie diventino castrazione resistenti, vengono selezionati i cloni in cui i recettori degli
androgeni sono costitutivamente attivi anche senza il ligando. Nel caso la neoplasia diventi
castrazione-resistente la sopravvivenza precipita e muoiono entro alcuni mesi, la neoplasia
resistente alla castrazione è letale. Diventa ormone-indipendente dopo il trattamento
ormonale, ma il trattamento ormonale è una terapia necessaria.
D: Dopo quanto tempo le neoplasie diventano ormono-resistenti?
R: La durata mediana della risposta all’ormono-terapia con solo LHRH analogo è tre anni
Trattamento dei pazienti metastatici
La terapia ormonale crea tutti i disturbi metabolici elencat prima, perciò viene da chiedersi
quando vale la pena di trattare i pazient metastatci quando gli effetti collaterali sono così
tant?
Lo si tratta subito appena si trova la metastasi o quando la metastasi diventa sintomatca?
Se viene trattato però aumenta il rischio di morte per altre cause, cardiovascolari e
cerebrovascolari.
Nonostante tutto i metastatci vengono trattat anche se le metanalisi non indichino che ci sia
un vantaggio di sopravvivenza clinicamente significatvo: c’è un piccolo vantaggio malattia-
specifico, ma non globale per cui muoiono di più per altre cause che per la neoplasia. Il
poco vantaggio malattia-specifico viene “perso” in danni vascolari.
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Il motvo per cui vengono trattat lo stesso è che le complicanze delle metastasi sono
molto severe, la maggior parte delle metastasi ossee sono vertebrali e se non sono trattate
con terapia 108
curiosamente
sovrapponibile: è una patologia che si
presenta in ugual modo in maschi e
femmine anche se l’anatomia è molto
diversa. Bisogna infatti considerare che
soprattutto negli uomini di una certa età
(lato destro del grafico) c’è il problema
dell’ipertrofia prostatca concomitante
estremamente prevalente.
La diagnosi della sindrome della vescica
iperattiva viene fatta per esclusione.
Normalmente la vescica si riempie senza contrarsi e si contrae quando si deve svuotare,
mentre le persone affette da questa patologia vanno a urinare così spesso perché ci
possono essere contrazioni del muscolo detrusore durante la fase di riempimento che
vengono avvertite come desiderio impellente di urinare (urgenza) anche a fronte di
una vescica non molto piena.
Il più delle volte la causa di queste contrazioni è ignoto, tuttavia esistono alcune condizioni
che possono determinarle:
Infezioni acute del basso apparato urinario. Dopo una settimana dal trattamento le
contrazioni passano e il sintomo scompare.
Carcinoma in situ della vescica. Importantssimo non mancare questa diagnosi
Calcolosi iuxtavescicale o intravescicale.
Patologie neurologiche: M. di Parkinson, parkinsonismi, esiti di accidenti
cerebrovascolari, lesioni traumatiche della colonna soprasacrale. In tutti quest casi
aumenta l’attività contrattile del muscolo della vescica, dovuto al danno al SNC che
normalmente ha effetto inibitorio sulla contrazione della vescica.
Se si bevono 4 litri di acqua al giorno ma non si fa l’attività fisica del calibro di una
maratona, in cui vengono persi molt liquidi tramite la sudorazione, si tenderà a urinare 4
litri. Siccome la capacità vescicale normale è circa 400-500 ml, se l’introito idrico è
partcolarmente abbondante si avrà un aumento della frequenza minzionale diurna e
notturna. È una condizione simile alla sindrome della vescica iperattiva, ma non lo è perché
la capacità vescicale non è ridotta, bensì perfettamente normale ed è incrementato il
numero delle minzioni perché è aumentata la diuresi.
Assunzione di diuretici.
Diabete mellito scompensato. Ad esempio, se il paziente ha una glicemia di 400 mg/dL
(non è frequente ma può capitare) ci sarà una perdita di glucosio con l’urina (diuresi
osmotca) e avere tutti i sintomi della OAB.
Insufficienza renale.
Diabete insipido.
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Lez. 01 urologia
Novara 04/10/19
Revisore: A.Galbiat
Polidipsia psicogena: è una patologia psichiatrica che porta i pazient a bere in modo
incontrollato. Vengono differenziat dal diabete insipido perché se vengono chiusi in una
stanza senza acqua, la densità delle urine incrementa (test di assetamento).
Quindi esistono anche un serie di condizioni non urologiche in cui c’è un incremento della
diuresi che può simulare la presenza della vescica iperattiva. Devono essere escluse prima
di effettuare diagnosi di vescica iperattiva.
In seguito a una domanda il professore ricorda che l’attività minzionale è di tipo colinergico e
quindi stimolata dal parasimpatico.
Domanda non comprensibile riguardo la vescica neurologica.
Risposta: La vescica iperattiva è di causa idiopatica e per diagnosticarla bisogna prima
aver escluso tutte le cause citate. Se il paziente ha il Parkinson, un parkinsonismo, esiti
ischemici o lesioni traumatiche soprasacrali i sintomi saranno presenti in modo molto
importante e quando si misurerà la funzionalità vescicale le contrazioni del detrusore
saranno molto marcate. In questo caso si avrà sindrome della vescica iperattiva neurogena,
che è una forma di vescica neurologica, però la sindrome da frequenza-urgenza propriamente
detta è idiopatica.
D.: Qual è l’attendibilità del sintomo “aumentata frequenza minzionale”? Non potrebbe essere
anche un fattore psicologico o legato alle abitudini del soggetto?
R.: Sì ma bisogna sempre attenersi alla definizione ufficiale: più di 8 durante il giorno e più di
zero durante la notte. Il motivo per cui il soggetto va per più di 8 volte viene poi indagato
durante la visita, però per definire il sintomo basta andare più di 8 volte.
L’immagine rappresenta le linee guida della Società Europea di Urologia in cui sono
rappresentate tutte le possibili cause di sintomi del basso tratto urinario nel maschio.
Ipertrofia prostatica.
Sindrome della vescica iperattiva.
Poliuria notturna: quando il
paziente urina durante le ore
notturne più di un terzo del volume
giornaliero [definizione ufficiale].
È relatvamente frequente in
moltssime patologie. Ad esempio il
paziente cardiopatco ha i piedi
gonfi (perché fa calcio antagonist o
ha segni di scompenso) e quando si
mette a letto la sera riassorbe tutto
il liquido interstziale in eccesso
come se bevesse una quanttà di
liquido pari a quella che ha
riassorbito dall’interstzio; tutto ciò
gli causa poliuria notturna e
aumentata frequenza minzionale
notturna.
Detrusor underactivity (detrusore ipocontrattile). In fasi tardive di determinate
patologie, ad esempio nell’ipertrofia prostatca, la vescica perde la sua capacità 130
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Lez. 01 urologia
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contrattile (come il ventricolo sinistro nello scompenso cardiaco congestzio) e non è più in
grado di sviluppare una contrazione detrusoriale efficace per la minzione.
Disfunzione vescicale neurologica. (In parte già accennata nella OAB, ma viene aggiunta
una precisazione.) A livello del sacro è presente il nucleo di Onufrowickz (anche detto
nucleo di Onuf), responsabile dello stmolo per la contrazione del detrusore. In caso di
lesione soprasacrale si ha sindrome da vescica iperattiva neurologica: il nucleo è integro e
la vescica si contrae in maniera eccessiva perché si sono interrotte le terminazioni nervose
inibitorie che arrivano dalle vie superiori. Se viene lesionato il sacro e il nucleo di Onuf, a
causa soprattutto da traumi stradali, la vescica sarà completamente incapace di contrarsi.
Quindi si avrà una vescica di aumentata capacità senza nessuna capacità contrattile.
Infezioni del tratto urinario: solitamente avviene un mix di tutti i vari disturbi di cui si è
parlato finora
Corpo estraneo come un calcolo o un catetere. Il prof. racconta di avere tolto pochi giorni
prima una clip che durante una prostatectomia radicale robotica ha eroso la parete ed è
finita in vescica.
Prostatiti. Un capitolo nebuloso di cui il prof. preferisce non parlare e dice di ignorarne la
presenza.
Stenosi dell’uretra. L’uretra può presentare dei restringiment lungo il suo percorso il più
delle volte su base non nota, qualche volta su base infettiva o come esito dei transit del
basso apparato urinario per effettuare cistoscopie, resezioni della prostata, resezioni della
vescica.
Carcinoma in situ della vescica: possono dare disturbi soprattutto in fase di
riempimento.
Calcolo dell’uretere iuxtavescicale: può dare sintomi nella fase di riempimento.
Altro non citato nella slide:
o Nelle donne il prolasso genito-urinario voluminoso può dare dei disturbi del basso
apparato urinario.
o Nelle donne il diverticolo dell’uretra di solito dà sgocciolamento, bruciore o fastdi
durante la minzione e dispareunia (dolore durante il rapporto sessuale).
Diagnosi
Vanno indagate tutte le cause urologiche possibili e soprattutto tutte quelle non urologiche.
Medical history
In primo luogo, serve a capire se il paziente ha una problematca del basso apparato
urinario connessa ad altri sintomi o altre problematche dell’apparato urinario. Si cercano
sintomi associat come l’ematuria; si cercano storie di pregressi trattament del basso
apparato urinario, per esempio, se il paziente ha fatto 72 cistoscopie per una neoplasia
vescicale o se ha fatto la resezione endoscopica della prostata, ha un incrementato rischio
di avere una stenosi dell’uretra. Quindi si cerca di capire se ha una storia di patologie del
basso apparato urinario che mi possa giustficare la vicenda.
Vanno identficate tutte le condizioni non urologiche medico-chirurgiche che possono
determinare sintomi; ad esempio, se ha un’ipertensione per cui fa un trattamento con
diuretci.
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Sbobinatori: S. Mieni, A. Murari
Lez. 01 urologia
Novara 04/10/19
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Se ha diabete in trattamento ed è ben controllato di solito il paziente non dovrebbe avere
sintomi. Questo è vero finché non ha una neuropata periferica, per cui esiste un quadro che
si chiama vescica diabetca che sostanzialmente è una vescica neurologica causata dalla
neuropata diabetca. Se ha altre patologie del SNC come il Parkinson o esit di event
cardiovascolari.
Vanno indagate storie di problematche del basso apparato urinario, quindi sintomi di
ematuria, infezioni, trauma dell’uretra, stenosi dell’uretra ecc.
Qualche volta i pazient psichiatrici sono molto difficili da gestre a causa dei farmaci che
assumono che spesso possono avere un impatto sulla funzione vescicale e in linea di
massima tendono a ridurre la contrattilità del detrusore. Farmaci antdepressivi come i
triciclici possono ridurre la contrazione della vescica e può capitare di vedere pazient con
la vescica sovradistesa e incapaci di urinare.
Come misurare i sintomi?
Un metodo è lasciare parlare il paziente (solitamente anziano) per mezz’ora, poi lasciar
parlare un’altra mezz’ora la moglie e poi anche un quarto d’ora il figlio, “che di solito non sa
niente ma dice cose a caso per partecipare”. In questo modo si perde molto tempo e si ottiene
una valutazione non misurabile e non scientifica della situazione.
Un altro modo è far compilare al paziente un questonario, che è una modalità più scientfica
di misurare i disturbi perchè dà un punteggio che
consente di valutare l’andamento nel tempo e la
risposta alle terapie o alle misure in generale che
io voglio adottare. Il principale questonario è
International Prostate Symptom Score (IPSS) o
AUA Symptom Index (American Urological
Association Symptom Index), si può trovare
facilmente su Google se si ricerca “IPSS prostate
score”.
Si fa riferimento al mese precedente
all’intervento e si chiede:
-
Quante volte ha avuto la sensazione di non
svuotare correttamente la vescica?
-
Quante volte è dovuto tornare a urinare
dopo meno di 2 ore?
-
Quante volte ha avuto un getto
intermittente?
-
Quante volte ha avuto urgenza?
-
Quante volte ha avuto un getto ipovalido?
-
Quante volte ha dovuto spingere per iniziare
a urinare?
-
Quante volte ha urinato per notte?
In base alle risposte si ottiene un punteggio:
132
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IPSS Score
Severità dei sintomi
Descrizione dei sintomi
Poco fastdioso, flusso di urina ragionevole e
0-7
Lieve
basso volume residuo.
Fastdioso, volume residuo ridotto ma nessuna
8-19
Moderato
evidenza di complicanze.
≥20
Severo
Complicazione dell’ostruzione.
Si ottiene una misura rapida e obiettiva dell’enttà dei disturbi del paziente. Dopo il
trattamento gli viene poi rifatto il questonario; gli studi dicono che se la terapia ha
funzionato il paziente se ne accorge e si ottiene una riduzione di almeno 4 punt nello score
rispetto alla volta precedente. Se il farmaco o la scelta terapeutca è inefficace si avrà un
punteggio uguale a quello di prima o anche peggiore. È un metodo rapido, utle, misurabile e
riproducibile per valutare l’efficacia dei trattament.
Questo è uno studio epidemiologico
importantssimo che fa riferimento alla co-
prevalenza dei disturbi del basso apparato
urinario e dei disturbi della sfera sessuale.
Significa che un paziente 50enne (a sinistra del
grafico) che ha disturbi rispetto all’IPSS di
grado SEVERO, avrà il 50% di probabilità di avere un deficit erettile concomitante. Se
invece fosse 60enne con IPSS SEVERO il deficit
erettile concomitante è 60%, mentre se è
70enne diventa un pochettino più basso
perché molt di essi sono completamente
inattivi e non riferiscono mancanza di erezione
perché non pratcano.
Quindi in questa categoria di pazient c’è una
problematca celata ma altamente prevalente che è il deficit erettile concomitante. È
importante perché spesso il paziente arriva con un sintomo e non riferisce altre
problematche ( perché magari c’è la moglie, perché non c’è la moglie, perché ha interesse con
terze persone, perché è timido, perché il medico è donna o per altri motivi), per cui il medico
deve essere bravo a riuscire a trargliele fuori.
Inoltre, è importante perché qualsiasi trattamento farmacologico o chirurgico viene fatto
per i sintomi del basso apparato urinario ha un impatto sulla sfera sessuale del paziente.
Siccome c’è un po’ di margine di scelta nei vari trattament, è importante sapere se il
paziente ha un deficit erettile concomitante e se ha interesse generale nell’attività sessuale.
Se non ha interesse perché è anziano, posso dargli qualsiasi cosa e non ha importanza; se
ha interesse nell’attività sessuale e non ha un deficit erettile non voglio causarglielo io con
le mie terapie; se ce l’ha già voglio dargli un farmaco che può aiutare anche su quel
versante. Ad esempio, l’inibitore del 5-alfa-reduttasi può causare un deficit erettile che se
ce l’ha già potrà peggiorare ulteriormente.
Quindi è importante perché spesso è un problema celato che spesso non riferiscono di
primo acchito e perché impatta sulla funzione erettile anche in chi non ha nulla. Inoltre,
esiste qualche 133
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Lez. 01 urologia
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margine in terapia per eventualmente fare un trattamento che possa avere un impatto
positvo su quella problematca.
Come misurare la funzione erettile?
Si utlizza un altro questonario inttolato
IIEF-5 Score
Severità dei sintomi
International Index of Erectile Function (IIEF-
5), che fa riferimento all’attività sessuale degli
22-25
Funzione erettile normale
ultmi 6 mesi.
17-21
Lieve disfunzione erettile
La logica è sempre la stessa, è rapido e dà un
punteggio che consente di misurare la
12-16
Da lieve a moderata ED
problematca del paziente. Anch’esso è
8-11
Moderata ED
responsivo alla terapia, quindi se la risposta
alla terapia è migliore lo score sarà migliore.
<7
Severa ED
Esame obiettivo
Come è per la neoplasia prostatca, si fa sempre l’esplorazione rettale
che serve per avere
grossolanamente un’idea del volume della prostata.
Se sospetto una patologia neurologica si può fare al maschio il riflesso bulbo-cavernoso e
alla femmina il clitorideo-cavernoso (“prima glielo spiego e poi glielo faccio”). Per valutare
il riflesso bulbo-cavernoso si mette il dito indice nel retto del paziente e l’altra mano strizza
il glande. Se è neurologicamente integro, almeno a livello
134
I vari farmaci differiscono tra loro per gli effetti collaterali, che sono sostanzialmente due:
ꟷ Ipotensione ortostatica, più comune con Alfusosina e Doxazosina. Quest farmaci
potrebbero non essere indicat per il paziente anziano, a cui si somministra piuttosto la
Tamsulosina o ancora meglio Silodosina che è il farmaco più nuovo e più uroselettivo, che
dà ipotensione ortostatca in una percentuale di casi bassissima.
ꟷ Disfunzione eiaculatoria, più comune con Silodosina. Questo farmaco è quindi
sconsigliato per i pazient giovani a cui si preferisce somministrate Alfusosina, che dà il
minor numero di queste disfunzioni.
Perciò si utlizzerà la Silodosina in un paziente anziano, non sessualmente attivo, che quindi
non risentrà dell’effetto della disfunzione eiaculatoria e allo stesso tempo non subirà
l’effetto dell’ipotensione ortostatca. Mentre nel giovane utlizzerò un farmaco che non abbia
l’effetto della disfunzione sessuale. La Tamsulosina è una via di mezzo.
Il professore mostra una metanalisi sull’efficacia comparatva dei diversi alfa-bloccant, in
cui si conferma che la differenza principale sta non nell’efficacia ma negli effetti collaterali.
146
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Quest farmaci sono utlizzabili indipendentemente dal volume della prostata e agiscono
dopo pochissimi giorni: il paziente si accorge del beneficio nel giro di due/tre giorni. Il
professore tratta i pazient quasi sempre in monoterapia con α-bloccant, come da
raccomandazioni di quasi tutte le linee guida.
Inibitori della 5-alpha reduttasi
La 5-α-reduttasi è un enzima che converte il testosterone in diidrotestosterone, la forma
attiva intraprostatca. Esistono due enzimi di questo tpo uno localizzato a livello prostatco e
l’atro è ubiquitario.
Gli inibitori della 5-α reduttasi sono essenzialmente due con efficacia simile: o Finasteride,
che agisce sull’enzima intraprostatco
o Dutasteride che inibisce entrambi gli enzimi.
A differenza degli α–litci, quest farmaci in monoterapia si usano solo in caso di prostate
voluminose, superiori a 40g e per dare beneficio al paziente impiegano mesi.
Per anni ci si è chiesto se la terapia combinata fosse migliore delle monoterapie, poiché
c’erano studi discordant. Il quesito è stato valutato dallo studio MTOPS che ha
randomizzato 3000
pazient in terapia per 4 anni con solo α-litco o con solo inibitore della 5- α reduttasi, con
entrambi o con il placebo. Lo studio ha definito il rischio di progressione con un insieme di
sintomi diversi: i progredit nel 60% dei casi avevano un peggioramento dei sintomi di
almeno 3
punt di IPSS, con necessità di chirurgia, incontnenza, insufficienza renale; mentre la
maggior parte dei pazient ha sviluppato un lieve peggiorament dei sintomi. L’endpoint
primario è quindi rappresentato nel 60% dei casi da un peggioramento di 3 punt dell’IPSS.
Lo studio ha dimostrato che la combinazione dei due farmaci dà un rischio di progressione
degli effetti avversi più basso rispetto alle monoterapie, che a loro volta danno un beneficio
maggiore del placebo. Nonostante questo studio il professore non prescrive la
combinazione dei farmaci perché bisogna considerare un dettaglio importante dello studio,
ovvero la scala. Infatti il rischio di progressione con end-point benigno dei pazient trattat
con placebo è del 20% a 4 anni.
Dando il farmaco dimezzo il rischio, dal 20 al 10%. Dando entrambi i farmaci passo dal 20
al 5%.
Quindi la terapia è efficace nel ridurre un rischio che è tutto sommato banale e poco
frequente.
Cioè, la probabilità basale del paziente di sviluppare il rischio è bassa e quello che prevengo
non è qualcosa di grave o disabilitante ma è un peggioramento del’IPSS di 3 punt.
147
Il numero medio di minzioni di chi assumeva il placebo si riduceva di circa 1 nelle 24h,
mentre con il mirabegron si riduceva di circa 2 nelle 24h.
Da quest studi sembra che la Tolterodina sia meno efficace del Mirabegron . Nella pratca
clinica si osserva l’opposto. Infatti nel trial sono stat arruolat pazient che erano già stat
trattat con farmaci antcolinergici senza benefici. Questo può bastare a fare apparire il
mirabegron più efficace.
Un altro studio ha valutato la preferenza tra antcolinergici e mirabegron di pazient in cross
over, ovvero che passavano da un farmaco all’altro. La sintesi è che i pazient preferiscono il
mirabegron perché gli effetti collaterali sono più ridotti, ma l’efficacia non è così clamorosa.
157
Nell’immagine in alto a destra invece si riporta un caso di calcolosi uretrale, che è molto
rara perché il calcolo si forma nell’alta via escretrice e i punt più ristretti dove si potrebbe
fermare il calcolo sono a monte dell’uretra, e solitamente una volta giunto in vescica viene
espulso spontaneamente. Per verificarsi ci deve essere una patologia ureterale precedente,
come la stenosi uretrale. Dalle slide: è associata a dolore, ematuria e uretrorragia.
È importante ricordare che:
Se il paziente ha prima dolore e dopo macroematuria→ calcolosi urinaria, la
macroematuria è causata dal movimento del calcolo nella via urinaria.
Se il paziente ha prima macroematuria e poi dolore→ può trattarsi di una neoplasia renale
parenchimale o di una neoplasia uroteliale, che ha formato dei coaguli, che ostruiscono la
via escretrice, causando il dolore.
Percorso diagnostico
1. Antidolorifico
In fase acuta il paziente ha talmente tanto dolore da non riuscire neanche a parlare, quindi
prima di ogni cosa si pone una borsa di acqua calda sul fianco e si somministra un
antidolorifico, come il Diclofenac per via parenterale o Toradol, 15 gocce sublinguali.
2. Anamnesi
L’indagine anamnestca si concentra principalmente su queste informazioni:
Se in famiglia c’è una storia di calcolosi, che è presente in una minima percentuale dei casi,
oppure se ci sono malattie renali ereditarie, come l’acidosi tubolare o la cistnuria;
Se il paziente stesso ha già avuto una pregressa calcolosi;
Se il paziente ha un’iperuricemia nota, che potrebbe spiegare i calcoli di acido urico.
Spesso il sospetto insorge quando il paziente è in sovrappeso, plausibilmente affetto da
sindrome metabolica;
Se il paziente ha una malattia infiammatoria intestinale: quest’indagine ha senso in
soggetti resecat perché possono essere a rischio di calcolosi;
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Uso di farmaci;
Abitudini alimentari;
Se il paziente ha entrambi i reni perché esiste un caso su 600 che nasce con un rene solo e
c’è un gran numero di gente che ha subito degli intervent di resezioni di part di questo
organo, in seguito a traumi o neoplasie. A meno che non ci sia una calcolosi bilaterale,
evento raro e molto infausto che può portare velocemente a IRA, solitamente un rene è
affetto da calcolosi renale mentre l’altro funziona correttamente.
3. Esame obiettivo
L’esame obiettivo prevede prevalentemente il segno di Giordano che ha una predittività
molto modesta: si percuote con la superficie ulnare della mano il fianco, e la positvità si ha
quando il paziente percepisce dolore. Si ricorda che la colica renale, manifestazione della
calcolosi, entra in diagnosi differenziale con l’addome acuto.
Per completezza si riporta dalle slide:
In fase acuta: il paziente è agitato e non trova conforto in alcuna posizione, l’addome è
trattabile con Blumberg negativo, dolorabile a livello del fianco interessato e dei punti
ureterali.
Il Giordano è positivo.
In fase non acuta: l’addome è trattabile con Blumberg negativo, si rileva una tumefazione al
fianco interessato che può essere palpabile o meno. Il Giordano può essere positivo o negativo.
D: La terapia antidolorifica può inficiare nel mio esame obiettivo?
R: Sì, però si preferisce non far soffrire ancora di più il paziente. Solitamente si verifica se può
avere peritonismo (segno di Blumberg e tutti gli altri segni) e poi si somministra
immediatamente un FANS.
4. Esami di laboratorio
In fase acuta è necessario valutare:
La funzionalità renale con la creatininemia;
L’eventuale sepsi del paziente con il dosaggio di globuli bianchi, PCR e pro-calcitonina.
La calcolosi infatti può risultare in urosepsi e se il paziente non è adeguatamente trattato,
può morire.
La coagulazione, se si pensa che il paziente abbia bisogno di un intervento immediato, ma
non è indispensabile.
Stick urine in cui si valutano i segni della colica renale, quali la presenza di globuli rossi,
globuli bianchi e cristalli del materiale da cui è formato il calcolo nelle urine.
Stone analysis, viene fatta in elezione quando il calcolo viene espulso.
5. Imaging
RX + ecografia dell’addome
L’RX diretta dell’addome in bianco ha come vantaggio di essere una tecnica poco costosa,
con una esposizione minima del paziente a radiazioni ionizzant rispetto alla TC. È però
meno accurato, sono visibili solo i calcoli radiopachi grandi, perché l’intestno può
nasconderli a causa della presenza delle feci.
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L’ecografia addomino-pelvica consente di vedere solo i calcoli localizzat nel calice e nella
pelvi renale o nell’uretere iuxtavescicale, mentre tutto il tratto ureterale dietro le anse
intestnali non è esplorabile. Si può vedere l’uretereidronefrosi a monte del calcolo, cioè la
dilatazione della via escretrice secondaria alla presenza del calcolo.
Questa è un’immagine tpica iperecogena con cono
d’ombra posteriore, perché il calcolo riflette gli ultrasuoni e dietro si vede nero.
TC spirale in bianco senza mdc
Permette di vedere il 90% dei calcoli con un’ottima accuratezza. L’unico caso in cui si
può incorrere in un errore sono i calcoli dell’uretere pelvico che possono essere confusi con
flebolit, calcificazioni della parete dello scavo pelvico. Il problema principale è che si
espone il paziente a radiazioni ionizzant, e se il calcolo viene visto alla TC la prima volta poi
per i successi controlli bisogna utlizza la stessa tecnica di imaging quindi il problema delle
radiazioni non è trascurabile.
Risonanza magnetica
È utlizzata solamente nelle donne in gravidanza. Spesso la presenza del feto in cavità
addominale può comprimere l’uretere e generare delle coliche, in assenza di calcolo.
L’ecografia ha un’accuratezza molto limitata e per controlli periodici si preferisce la RMN.
Calcolosi urinaria
Terapia
Terapia aspecifica
La terapia della calcolosi urinaria consiste in primo luogo nell’alleviare il dolore provocato
dalla colica renale. Al paziente viene consigliato dunque di:
173
senza
dilatazione
dell’uretere.
Il professore riporta un suo caso clinico di malattia del giunto pieloureterale di
sinistra. Il paziente è un ragazzo giovane trasferitosi in Cina con la famiglia per il lavoro del
padre che vende macchine agricole. In seguito a un episodio di colica il ragazzo venne
sottoposto ad una serie di accertament mediante imaging.
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Idronefrosi all’ecografia. Uretere non visibile
Idronefrosi all’uro-TC: uretere non
dilatato.Sospetta compressione del
giunto da un vaso anomalo.
Ricostruzione 3 d nella stessa TC dell’aorta, in
cui si evidenzia l’albero arterioso che irrora il
rene, in cui si evidenzia con la freccia bianca
l’arteria polare che va a comprimere la pelvi.
Il professore decide infine di far eseguire al paziente una scintgrafia renale in quanto la
presenza di dilatazione non è sinonimo di
ostruzione. Ci sono infatti dei casi di
dilatazione perinatale dove l’ostruzione si
risolve, ma il rene resta dilatato. In questo caso
l’ostruzione era molto probabile perché si era
verificata una colica. Bisogna dunque prescrivere un esame funzionale che garantsca che il
rene sia dilatato ed anche ostruito.
Il paziente esegue una scintgrafia renale con MAG3-Lasix: per prima cosa si somministra un
tracciante endovena (MAG3) che il rene capta, poi si somministra il Lasix (momento
individuato nel grafico dalle linee gialle) che induce il rene all’eliminazione del tracciante.
188
Fattori di rischio
Le cause di sviluppo di neoplasia testcolari sono misconosciute. L’unico fattore di rischio
individuato, che tuttavia coinvolge un numero di casi limitato, è il criptorchidismo.
Il criptorchidismo verrà trattato nelle ultime due lezioni tenute da un chirurgo pediatra che
lavora nel team del professore in quanto questa anomalia è riscontabile nel neonato.
Il criptorchidismo rappresenta la mancata discesa di un testcolo nella borsa scrotale e il
suo blocco lungo il percorso che lo porta dal retroperitoneo a livello renale, sede in cui
origina, fino allo scroto. Nella maggior parte dei casi il testcolo si colloca a livello del canale
inguinale, ma può anche bloccarsi cranialmente all’arteria inguinale interna, solitamente
nell’anello inguinale interno.
Se il testcolo non è presente nella borsa scrotale ci possono essere due cause: l’agenesia in
cui il testcolo non c’è, e il criptorchidismo in cui il testcolo non è sceso completamente.
Questa condizione viene identficata solitamente dal pediatra, che valuterà le due possibili
condizioni attraverso l’imaging.
Quando viene diagnostcato il criptorchidismo, quindi il testcolo è presente ed è normale, si
esegue l’orchidopessi, attraverso cui si riporta il testcolo nello scroto. Questa procedura è
fondamentale per la funzionalità testcolare, infatti a livello scrotale la temperatura è
minore rispetto a quella addominale o del canale inguinale, sedi in cui l’elevata
temperatura indurrebbe disfunzionalità .
Nonostante l’orchidopessi in età molto precoce, il rischio di sviluppare neoplasia testcolare
nei pazient con pregresso criptorchidismo risulta aumentato di 10 volte . Tuttavia il
professore assicura per esperienza che tra i pazient con tumore testcolare da lui trattat
solo una bassissima percentuale aveva avuto criptorchidismo.
195
la
conferma istologica della natura del
teratoma si
asportano le masse residue.
Viene trattata ora la patologia scrotale benigna, in particolare lo scoto acuto e il varicocele.
Scroto acuto
È un’emergenza clinica, corrispondente scrotale dell’addome acuto, si caratterizza per la
presenza di un dolore scrotale che insorge acutamente e può essere molto intenso. Può
essere inoltre accompagnato da sintomi locali come l’aumento delle dimensioni degli
organi scrotali e della loro temperatura; inoltre possono esserci sintomi sistemici
variabilmente present quali nausea, vomito e febbre.
Tra le molte cause sono 3 le principali:
Torsione del funicolo spermatico;
Orchiepididimite acuta;
Torsione dell’idatide del Morgagni, residuo embrionale del dotto di Muller; esso non ha
alcuna funzione fisiologica ed è localizzato al polo superiore del testcolo. Se sottoposto a
torsione può andare in ischemia).
Queste tre cause coprono il 95% dei casi di scroto acuto, mentre altre possono essere
traumi ed ernia inguino-scrotale complicata.
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Torsione del funicolo spermatico
Il testcolo è sorretto e alimentato dal funicolo, il quale contene i vasi ed è sospeso
all’interno della
borsa scrotale. È variabilmente fissato al polo
inferiore dello scroto tramite il gubernaculum tests,
che fissa il polo inferiore del testcolo al fondo della
borsa scrotale. In realtà c’è un grande numero di soggetti con testcoli ipermobili, fattore di
rischio per
la torsione del funicolo. In questa evenienza esso
ruota attorno al proprio asse risalendo leggermente;
nel funicolo i vasi vengono compressi provocando un’ischemia prima venosa e poi
arteriosa. Si tratta di una situazione non rarissima: coinvolge 1/4000 soggetti di età
inferiore ai 25 anni.
Ci sono due picchi di incidenza:
In età neonatale (per immaturità dei sistemi di ancoraggio testcolare);
In giovani adolescenti (per l’incremento volumetrico del testcolo).
Non c’è un fattore precipitante, nella maggior parte dei casi il soggetto va a dormire senza
alcun sintomo e si risveglia la notte con un dolore scrotale acuto. Ci sono comunque casi di
traumatsmi (rari), neoplasia testcolare (raro), storia di precedenti episodi di algia
scrotale autorisoltisi. Quest ultmi casi si manifestano in soggetti con funicolo lungo e un
testcolo ipermobile ma, in genere, si risolvono spontaneamente perché si ha solo una
subtorsione del funicolo.
Ci sono due tipi di torsione:
Extravaginale: la tonaca vaginale copre solo il didimo e l’epididimo ma non il funicolo, il
quale si attorciglia al di fuori della vaginale. In genere quest soggetti hanno più
dolore degli altri. C'è quindi alla base un’anomalia della
costtuzione della vaginale.
Intravaginale (90% dei casi di torsione), più tpica nei neonat, provoca un dolore meno
intenso.
La torsione comporta una stasi venosa che, se non risolta in poche ore, porta ad ischemia
arteriosa. Questo dipende anche da quanto si torce il funicolo: una torsione di 180° porta
ad un’ischemia meno marcata rispetto ad una torsione di 360° (la rotazione può variare da
180° a più di 720°).
La probabilità di salvare la gonade è
sostanzialmente variata a seconda che passino o no
6 ore dall’inizio della comparsa dei sintomi.
Garantre un intervento prima di questo limite di
tempo non è semplice perché è comune che ci sia
un ritardo o nell’arrivo al pronto soccorso da parte
del paziente o nella diagnosi da parte del medico. La torsione può essere infatti confusa con
una epididimite, perciò il rischio è quello di dare al paziente un antbiotco e mandarlo a
casa, 206
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perdendo la finestra di tempo utle al trattamento e trovandosi costretti in seguito ad
un’orchiectomia.
Per questo se arriva all’attenzione un giovane ragazzo con dolore testicolare va sempre
prima
presa in considerazione l’eventualità di una torsione del funicolo e vanno eseguite le
indagini nel più breve tempo possibile (6 ore). Se ritardiamo di 24 ore la probabilità di
salvare la gonade è vicina allo zero.
Nei soggetti giovani con algie addominali vanno sempre ispezionat i testcoli, poiché il
dolore, di solito molto importante e prevalentemente scrotale, potrebbe essere irradiato a
livello dell’addome. Tipicamente il soggetto va a dormire la sera asintomatco e si sveglia col
dolore.
Spesso si tratta di una subtorsione, che può autorisolversi o può risolversi perché il
soggetto toccandosi detorce il funicolo. Anche le subtorsioni tpicamente si verificano di
notte.
Domanda: perché l’insorgenza è notturna?
Risposta: non si sa con certezza, l’ipotesi è che ci sia una violenta contrazione del muscolo
cremastere (che è dipendenza del retto dell’addome) a causare la torsione del funicolo.
Se il paziente si lascia toccare (a volte il dolore può essere così forte che rifiuta di farsi
toccare) si apprezza il testcolo interessato risalito leggermente rispetto al controlaterale,
visivamente congesto e aumentato di dimensione. La cosa più importante all’esame
obiettivo è valutare i rapport anatomici tra didimo ed epididimo: normalmente la testa
dell’epididimo si trova superiormente e il corpo e la coda posteriormente, con testcolo
vertcale. Se vi è una torsione di 180°, il testcolo è orizzontale e il corpo e la coda
dell’epididimo sono anteriori. Se la torsione è di 360° i rapport anatomici sono conservat
ma il testcolo è più sollevato.
Possono esserci bruciori o disturbi minzionali, ma questo potrebbe essere più indicatvo
dell’orchiepididimite. In questo caso riusciamo a distnguere un aumentato volume e
consistenza dell’epipidimo e un dolore epididimale, anche molto intenso. Nell'epididimite
inoltre la cute è localmente arrossata e calda e spesso c’è febbre.
Viceversa, nella torsione dell’idatide si può palpare quest’ultma come un nodulo teso-
elastco di aumentat volume e consistenza al polo superiore del testcolo, con didimo ed
epididimo di normale posizione, consistenza e morfologia.
La
prima immagine è
uno scroto acuto che potrebbe essere qualsiasi cosa
ma spesso questi
quadri cosi macroscopicamente marcati sono
legati
all’orchiepididimite acuta.
Nella
seconda
immagine si vede il blue dot, che si presenta
a livello dell’idatide in caso di torsione
della stessa.
Dopo
l’esame obiettivo si
procede con l’ecocolordoppler (se
disponibile), test ad alte
sensibilità e specificità che può mostrare
tre scenari diversi:
1. Nella torsione del funicolo si ha morfologia del didimo alterata e assenza di flusso al
doppler. Solitamente il flusso intratestcolare è 1-2 ml al minuto e per stabilire l’assenza di
flusso si paragona il testcolo malato con quello sano.
2. Nell'orchiepididimite acuta si ha un flusso marcatamente aumentato e morfologicamente
si vedrà una disomogeineità del testcolo e dell’epididimo.
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3. Nella torsione dell’idatde si vede l’idatde aumentata di volume al polo superiore del
testcolo con flusso conservato.
Nell’immagine si vede a destra un testicolo normale e a
sinistra un’area ipoecogena e disomogenea, con
strutture vascolari ectasiche per la stasi venosa.
Se il doppler non è disponibile o la diagnosi non è chiara, bisogna assolutamente evitare di
mancare la diagnosi di torsione. Quindi tutte le volte in cui c’è un
dubbio diagnostco si esplora chirurgicamente il
paziente: la chirurgia è infatti il trattamento standard della torsione del funicolo. Infatti, se
si esplora un testcolo e poi si appura che è un’epididimite non si crea alcun danno, ma se
non si esplora un testcolo torto si provocano grossi danni.
Nell'immagine si osserva il testicolo che è stato esplorato chirurgicamente: è grigio per
l’ischemia e si osserva il funicolo attorcigliato. In questo caso il paziente era nella finestra di
6 ore utli al trattamento, che consiste nel derotare il testcolo in modo da sbrigliare il
funicolo, per poi applicare una garza calda sopra e sotto. Si aspettano 10 minut e si osserva
se la gonade riprende colore; se ciò avviene, si fissa il testcolo al polo inferiore della borsa
scrotale. Questo processo viene ripetuto per il testicolo controlaterale con lo stesso
taglio sulla borsa scrotale poiché, quasi sicuramente, esso sarà ipermobile e quindi
soggetto a torsione.
Nell'immagine a sinistra il testcolo è nero e
dopo le stesse procedure attuate nel caso precedente esso è rimasto ischemico.
Si è dunque incisa l’albuginea per vedere la polpa testcolare, anch’essa nera, quindi infine
è stata fatta l’orchiectomia. In quest casi il testcolo viene sempre e comunque rimosso
perché, oltre che essere non funzionale, potrebbe dar luogo alla formazione di antcorpi
contro l’altra gonade.
L'immagine a destra presenta una torsione dell’idatide che normalmente non va operata
ma il paziente viene avviato a terapia antbiotca e antinfiammatoria.
Si può anche operare ma l’intervento è inutle perché la struttura è priva di funzione.
Se invece la diagnosi è di orchiepididimite il paziente si sottopone a terapia antbiotca.
Quindi, come regola generale si operano tutti i pazienti con torsione del funicolo e
anche i casi dubbi.
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Riassunto della diagnosi differenziale dello scroto acuto: (Riferito
alla
tabella
sovrastante) Per
quanto riguarda
l’esame delle urine, solo nell’orchiepididimite è positvo perché solo in questo caso si tratta
di un’infezione. Riguardo il dolore, invece, nella torsione dell’idatde esso non è violento
come nel caso della torsione del funicolo.
In linea di massima, dopo la diagnosi di torsione del funicolo, prima di operare il paziente si
può provare la derotazione manuale (successo nel 25% dei casi). Il testcolo quando si
torce gira in senso latero-mediale, quindi il destro gira clockwise (in senso orario) e il
sinistro counterclockwise (antorario). Per derotarli vanno girati nella direzione
opposta e, se la manovra funziona, il paziente sente un immediato sollievo dal dolore, al
doppler si vede una iperemia e l’intervento chirurgico può attendere fino al giorno
successivo. Tuttavia, questa manovra può essere attuata se il tempo passato dalla torsione
è breve e può succedere che una volta detorto si torca di nuovo subito: in questo caso il
paziente va mandato in sala operatoria (non si hanno altre 6 ore di tempo perché il testcolo
è stato rivascolarizzato per poco tempo).
Varicocele
È una condizione patologica caratterizzata da una dilatazione, ectasia e tortuosità delle
vene spermatche che fanno capo al plesso pampiniforme.
Breve ripasso di anatomia (in riferimento all’immagine): A destra la vena gonadica sbocca
nella cava ad angolo acuto. A sinistra la vena gonadica sbocca nella vena renale
perpendicolarmente. Questo significa che le pressioni della renale sinistra si ripercuotono
nella vena
gonadica omolaterale ma questo non avviene a destra perché l’angolo acuto preserva
leggermente la vena gonadica. Ciò vuol dire che quasi sempre il varicocele si presenta a
sinistra.
Questa anatomia in realtà ha una prevalenza del 40% nella popolazione.
A livello testcolare c’è un plesso venoso superficiale e un plesso venoso profondo; in
quest’ultmo la componente anteriore (circa 15 vene), detta plesso pampiniforme, drena
la gonade e in parte la testa dell’epididimo. La componente posteriore consiste in 3-5 vene
che drenano corpo e coda dell’epididimo, le quali confluiscono in vasi che vanno all’iliaca
comune.
La sede preferenziale del varicocele, come detto, riguarda il plesso pampiniforme, ma può
succedere, a causa di comunicazioni tra il sistema anteriore e posteriore, che un grosso
varicocele anteriore vada a coinvolgere il compartmento posteriore. Infine, ci sono
varicoceli che si manifestano per un reflusso dalla vena iliaca, determinando un ritorno di
sangue che passa al sistema posteriore e quindi a quello anteriore.
209
di
studiare l’anatomia della vena di interesse, perché si deve essere cert che la
vena
incanulata sia la corretta. Ci sono stat dei casi, con elevata prevalenza nella regione
Veneto, in cui venivano sclerotzzate le vene senza la flebografia e questo ha avuto come
conseguenza un’emicolectomia sinistra per occlusione delle tributarie delle vene
mesenteriche. Si deve sempre sapere in che vena si sta operando e vedere vene ben dilatate
( come quella nell’immagine) che va verso l’alto, verso la renale o il sistema delle vie
capsulari.
Una volta avuta conferma con la flebografia, si usa la fettuccina per clampare il funicolo
distalmente all’ago cannula, di modo che quando si inietta
lo sclerosante questo non finisca nel testcolo causando un’orchite chimica.
Dopodiché la sclerotzzazione viene eseguita con la tecnica di Air block: si iniettano 1cc di
aria e 4cc di cianoacrilato. Contemporaneamente, il paziente deve ponzare delicatamente,
perché non si vuole fare arrivare la soluzione alla vena 212
i
pazient
guariscono
223
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spontaneamente se le fibre nervose sono solo contuse oppure vi è un miglioramento
dell’incontnenza grazie ad un approccio conservatvo, ossia la riabilitazione del pavimento
pelvico.
Il trattamento chirurgico viene preso in considerazione solo dopo due anni dall’intervento
di prostatectomia radicale, perché in quest casi l’incontnenza è una situazione definitva e
che non presenta margini di miglioramento.
Ricapitolando, nei primi due anni dopo l’intervento si esegue solo la riabilitazione pelvica,
se dopo i due anni la situazione non migliora si può pensare ad un approccio chirurgico.
Il problema di incontnenza in seguito all’intervento dipende da: 1- A
bilità del chirurgo che rappresenta il fattore prognostco principale.
2- E tà . A parità di bravura del chirurgo, più è giovane il paziente più il rischio di
incontnenza è ridotto.
3- Ra
dioterapia . I pazient che richiedono radioterapia in seguito a prostatectomia radicale
hanno un rischio maggiore di sviluppare incontnenza, soprattutto chi sviluppa una stenosi
dell’anastomosi tra vescica e uretra. Quest’ultma è una condizione rara, la cui frequenza
aumenta lievemente nei pazient che devono eseguire radioterapia.
Trattamento:
Come detto precedentemente, inizialmente si attua una terapia conservatva.
È presente uno studio che sostene che la riabilitazione del pavimento pelvico eseguita
prima dell’intervento riduca il rischio di sviluppare incontnenza post-operatorio.
Nella maggior parte dei casi, la riabilitazione del pavimento pelvico si esegue nei mesi
successivi dall’intervento.
Non è una tecnica di efficacia assoluta, ma garantsce un lieve miglioramento anche se
eseguita dopo diversi anni dall’intervento; il prerequisito affinché si possano evidenziare
dei migliorament è che il paziente present un’incontnenza di grado lieve.
Se il paziente richiede un trattamento chirurgico è necessario uno studio dinamico dove si
valuta la funzionalità vescicale perché spesso si tratta di vesciche parzialmente denervate
dall’intervento e non correttamente funzionant.
Sfintere artificiale
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Per anni l’unico strumento utlizzato per l’incontnenza era lo sfintere artficiale.
Il funzionamento è stato visto quando si è
parlato dell’incontnenza femminile, l’unica
differenza è che il comando è localizzato a livello
dell’emi-scroto controlaterale alla
mano
dominante.
L’efficacia è la medesima per entrambi i sessi.
Traggono benefico, da tale procedura, i pazient
con grave incontnenza. Il miglioramento
dell’incontnenza è elevato (fino al 90%), ma il
rischio di complicanze come infezioni, erosioni,
atrofia dell’uretra, malfunzionamento del
sistema, è altrettanto elevato.
Da uno studio è emerso che gli sfinteri
funzionat a 10 anni dall’intervento sono circa la
metà di quelli utlizzat, la restante metà ha
smesso di funzionare per varie problematche.
Lo sfintere artficiale è una strategia estremamente efficacie, ma che presenta gravi
complicanze e un’alta probabilità di ulteriori intervent chirurgici.
Sling Advance
Si tratta di una benderella di polipropilene chiamata Sling Advance, inventata da Christan
Gozzi; è simile al tape trans-otturatoria utlizzato per l’incontnenza femminile.
Si esegue un’incisione perineale e si isola il bulbo dell’uretra.
La logica dello sfintere è quella di riposizionare cranialmente il bulbo dell’uretra offrendo
un supporto posteriore all’uretra.
Una volta isolato il bulbo dell’uretra,
attraverso l’uso di aghi di grandi dimensioni, si
passano le estremità della benderella a livello
dei forami otturatori fino a farle emergere a
livello della loggia degli adduttori. La parte
centrale della benderella, che è la parte più
estesa, viene fissata al bulbo dell’uretra in
modo tale che non si dislochi. È una procedura
che avviene alla cieca.
Una complicanza che il paziente può riferire
dopo l’intervento è il dolore a livello della
loggia degli adduttori.
Il tasso di incontnenza, considerando tutti i vari tpi di benderelle, è circa del 50%, e
l’intervento è utle per le persone con un grado di incontnenza medio-moderato.
Il rischio di complicanze è del 18%, percentuale più bassa rispetto a quella delle
complicanze che insorgono con lo sfintere artficiale, inoltre le complicanze dello Sling
Advance solo lievi.
Le persone che hanno eseguito radioterapia dopo l’intervento, sono pazient che traggono
un ridotto beneficio da tale procedura; in realtà i vantaggi che traggono tali pazient sono
sempre ridotti rispetto a quelli delle persone non trattate con radioterapia,
indipendentemente dalla procedura utlizzata per trattare l’incontnenza.
225
erettile
per
effetto
dell’interruzione
delle
vie
nervose.
2. Il ruolo del sistema circolatorio
L’erezione si verifica perché c’è un iperafflusso arterioso e un rilasciamento delle
strutture muscolari lisce dei corpi cavernosi. Si rilasciano le arterie e aumenta il flusso
arterioso, le lacune vengono inondate di sangue arterioso: aumentano il volume e aumenta
la rigidità . Contemporaneamente si assiste alla compressione delle strutture venose e viene
ostacolato il deflusso venoso. La combinazione di iperafflusso arterioso, dell’ostacolato
deflusso venoso e la dilatazione delle strutture muscolari determina un allagamento
arterioso del tessuto del corpo cavernoso.
Tutte le condizioni di ipoafflusso arterioso (come la sindrome di Leriche oppure
l’aterosclerosi delle arterie elicine) determinano un ridotto afflusso. Tutte le condizioni in
cui il meccanismo occlusivo non funziona (come nella sindrome di La Peyronie) causano un
aumentato deflusso. Quindi l’erezione può essere anormale in quanto si hanno:
Afflusso arterioso ridotto;
Deflusso venoso aumentato (peggiore da trattare).
3. Il ruolo del sistema endocrino
Si descriverà in modo molto rapido: ci deve essere testosterone a sufficienza.
RUOLO DELL’OSSIDO NITRICO NEL PROCESSO DI EREZIONE
Il meccanismo finale ultmo con cui avviene la dilatazione delle strutture muscolari lisce del
corpo cavernoso è il seguente: l’effettore è l’ossido di azoto. Il meccanismo dipende dalla
guanilato ciclasi che mediante la sintesi di cGMP mobilizza il calcio: diminuisce il calcio
libero che viene eliminato all’esterno mediante i canali del calcio o viene accumulato
all’interno della cellula nel retcolo sarcoplasmatco. La 232
via
intracavernosa le prostaglandine E1
(PGE1). Il farmaco si chiama Caverject
o Alprostadil. Si insegna al paziente
come farsi una punturetta all’interno
del corpo cavernoso con una siringa
molto piccola (con un ago da insulina)
in modo da iniettare la PGE1 che va ad
indurre lo stesso meccanismo visto
precedentemente per i PDE5 inibitori.
Qu
esta tecnica funziona i n chiunque abbia un danno nervoso in quanto non fa affidamento
sul rilascio di NO che viene indotto a cascata a partre da messaggi rilasciat dalle fibre
nervose funzionant. La tecnica presenta delle problematcità : è molto più scomoda che
assumere una pastglia per os, il paziente deve imparare a farsi la puntura sul pene, la
puntura è dolorosa e bisogna trovare la dose di farmaco giusta per il singolo paziente. Se si
inietta una dose eccessiva il paziente può sviluppare il così detto
“priapismo”: un’erezione prolungata e dolente non associata al desiderio sessuale, spesso
secondaria all’assunzione di PGE2. La puntura deve essere fatta ogni volta in un posto
diverso sulla superficie laterale del pene in quanto sulla superficie dorsale si ha il fascio
vasculo-nervoso esulla superficie ventrale c’è l’uretra. L’iniezione si fa quindi sulla
superficie laterale cambiando la sede di somministrazione, in quanto se l’iniezione si ripete
più volte nella medesima posizione si può sviluppare fibrosi.
IL PRIAPISMO
D: “Come ci si comporta con un paziente che si presenta con un’erezione dolente?”
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R: “Questa condizione capita periodicamente. Con priapismo si intende un’erezione
prolungata e dolente non associata al desiderio sessuale. Vi sono due tipi di priapismo:
Priapismo venoso a basso flusso
Priapismo arterioso ad alto flusso
Il priapismo causato da una dose eccessiva di PGE2 è a basso flusso. Questa condizione si può
avere anche in pazienti cocainomani, pazienti malati di anemia falciforme e diverse
psicopatologie. I casi causati dall’assunzione di PDE5 inibitori sono invece rarissimi. Il
paziente presenta i corpi cavernosi turgidi e dolenti. Il corpo spongioso dell’uretra di solito
non è in erezione. Il medico deve prendere un ago e fare un prelievo di sangue dal corpo
cavernoso e mandarlo ad analizzare con una emogasanalisi con il fine di misurare pH e pO₂
per distinguere tra sangue arterioso e venoso. Solitamente il pH è molto basso, la pO₂ è molto
bassa e la pCO₂ è molto alta e in questi casi si parla di priapismo venoso o a basso flusso.
Se si fa un controllo con doppler si può attestare l’assenza di flusso. Il problema è che se il
priapismo non
viene trattato entro massimo 6 ore si svilupperà una fibrosi e il paziente non potrà più
avere erezioni
per il resto della vita. L’obiettivo è “tirargli giù il pisello”. La prima cosa da fare per
raggiungere l’obiettivo è un impacco con ghiaccio. La seconda cosa da fare è procurarsi delle
agocannule grandi, conficcarle nei corpi cavernosi di destra e sinistra e svuotare il sangue
venoso contenuto all’interno, il più delle volte coagulato. Se non si riesce si prova con delle
agocannule più grandi e si fanno dei lavaggi con soluzione fisiologica. Quella del priapismo è
un’emergenza che due o tre volte all’anno capita.
Solitamente le manovre risolvono la problematica in 2-3 ore. Se questo non avviene è
necessario
“tirarglielo giù” entro le 6 ore per prevenire la fibrosi generalizzata. Per ottenere il risultato,
o si mettono altri aghi o si fa uno shunt tra il corpo spongioso e il corpo cavernoso. Questa
procedura è chirurgica: si fa uno squarcio per mettere in comunicazione il corpo cavernoso
priapico con il corpo spongioso che non è in erezione, in modo che il sangue defluisca
attraverso il corpo spongioso.
L’altro tipo di priapismo è quello ad alto flusso. Esso solitamente non è associato ad alcuna
delle cose dette fino ad ora, ma è post-traumatico secondario alla formazione di una
fistola artero-venosa. Al prelievo il sangue risulta arterioso e al doppler si vede un
iperafflusso. È necessaria una arteriografia per trovare e chiudere la fistola. Da questo
trattamento può derivare in ogni caso un deficit erettile.
D: “Come viene stabilito il dosaggio delle prostaglandine giusto per il paziente?”
R: “Si comincia con un dosaggio bassissimo fino a raggiungere un dosaggio sufficiente per
garantire un’erezione che non duri per un tempo troppo prolungato.”
DEFICIT ERETTILE DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE
Il deficit erettile dopo prostatectomia radicale è una condizione che capiterà di
vedere nella carriera di medico. La stessa condizione si può avere dopo la resezione
del retto-sigma, in quanto il plesso pelvico viene danneggiato esattamente alla stessa
maniera.
Se non si riesce a fare una chirurgia delicata in cui non si riescono a preservare i nervi, il
90% circa dei pazient sarà impotente in modo definitvo. Per motvi ignot si ha un 10% dei
pazient che rimangono potent, probabilmente per via di decorsi anomali di alcuni nervi che
vengono preservat. In quest pazient non succede nulla anche se si somministrano gli
inibitori della PDE5, in quanto non ha senso inibire le PDE se non si ha nemmeno il rilascio
di NO a monte. Questi pazienti si possono trattare solo mediante le prostaglandine.
Se i nervi sono stat preservat, il più delle volte il paziente avrà alcuni mesi in cui sarà
comunque impotente. Questo deriva dal fatto che essi sono stat preservat in parte e in
parte sono stat danneggiat. Si dice che ci può essere una neuroaprassia, cioè i nervi che
non sono stat bruciat o tagliat possono essere integri ma non perfettamente funzionant. Si
ha quindi un periodo in cui i nervi non funzionano bene e il paziente o non ha erezioni, o ha
erezioni ridotte.
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Per anni, oltre a questo meccanismo, il deficit erettile da prostectomia radicale può
essere dovuto al danneggiamento dell’irrorazione arteriosa del pene, soprattutto nel
caso di arterie pudende accessorie che possono essere tagliate durante l’intervento in
modo accidentale.
Quindi, quand’anche si siano preservate le strutture neurovascolari si avrà un periodo di
neuroaprassia.
Gli studi dicono che i pazient che fanno prostatectomia radicale e non hanno erezione
vanno incontro ad un accorciamento del pisello con lo sviluppo di fibrosi irreversibile.
Questo processo è la conseguenza dell’assenza di erezione ed è sostenuto da alcuni studi
indicat nella presentazione ma non sono approfondit dal Docente.
D: “È possibile confrontare questa condizione all’atrofia muscolare da disuso?”
R: “Si potrebbe dire che il paragone ci sta.”
RIABILITAZIONE DEI CORPI CAVERNOSI: UNA PRATICA ABBANDONATA Quanto detto
poco sopra e convalidato dagli studi accennat ha avuto delle ricadute. Per anni gli urologi si
erano interrogat su come ossigenare i corpi cavernosi nei primi mesi dopo l’intervento in
cui i nervi preservat andavano incontro al processo di neuroaprassia. Si cercava di
prevenire la fibrotzzazione dei corpi cavernosi attraverso la riabilitazione dei corpi
cavernosi. Il primo studio era stato fatto da Francesco Montorsi, ordinario del San Raffaele.
Dimostrava che i pazient randomizzat nel post-operatorio ad iniezione di prostaglandine
avevano una probabilità di erezioni spontanee a distanza superiore di quelli che non
venivano trattat con le prostaglandine. Lo studio pertanto suggeriva che se si faceva
qualcosa subito per migliorare l’ossigenazione dei corpi cavernosi e fargli avere delle
erezioni artficiali, se i nervi erano stat conservat, si aveva un aumento della probabilità che
si recuperasse la capacità di erezione spontanea. Questo studio non è mai stato riprodotto
da nessuno e, ad un’analisi statstca intenton-to-treat, la differenza non è statstcamente
significatva. Questo studio tuttavia è vecchio ed era stato pubblicato e accettato
da tutti gli urologi.
Quando si è fatto questo studio non vi
erano ancora gli inibitori della PDE5 e si
usavano le PGE. Quando sono stat scopert
gli inibitori della fosfodiesterasi si è rifatto
lo studio. È stato dato a tutti l’inibitore
delle fosfodiesterasi per mesi in modo tale
da incrementare la probabilità che i
pazient potessero recuperare la capacità di
avere delle erezioni spontanee e
prevenissero la fibrosi del pene. Alla fine
Francesco Montorsi pubblicò uno studio multcentrico e multnazionale in cui si presero dei
pazient operat e randomizzat alcuni a placebo, alcuni a Vardenafil a bisogno e altri a
Vardenafil tutte le sere. Il trattamento venne seguito per 9 mesi (in quanto entro un anno
chi deve recuperare recupera) e dopo si trattarono tutti con Vardenafil. Quello che emerse
fu che ad un anno dall’intervento, indipendentemente da qualsiasi cosa fatta prima
(placebo o farmaco on demand o
farmaco tutti i giorni) tutti
rispondevano allo stesso modo al
farmaco somministrato on
demand. Questo vuol dire che le
elucubrazioni fatte per anni sulla
riabilitazione dei corpi cavernosi
sono delle fesserie, altriment i
pazient randomizzat a placebo
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(che avrebbero dovuto sviluppare l’atrofia dei corpi cavernosi) non avrebbero risposto al
Vardenafil, o avrebbero dovuto rispondere peggio di colore che avevano fatto il farmaco
attivo in riabilitazione.
Questo studio ha distrutto la riabilitazione dei corpi cavernosi.
Uno studio simile è stato fatto sempre da Francesco Montorsi con un farmaco diverso e
teoricamente migliore (il Tadalafil a lunga durata d’azione) che poteva garantre la massima
ossigenazione possibile del
“pene flaccido” e ha dimostrato esattamente la stessa cosa
(studio REACTT che si può vedere all’ultima slide della presentazione power point). Si è
quindi smesso di dare quest farmaci dopo l’intervento per favorire “qualsiasi bene futuro”.
Essi si danno a scopo sintomatologico quando si sono preservat i nervi. Se i nervi sono stat
preservat il paziente può trarre beneficio già nei primi mesi dopo l’intervento oppure
anche più a distanza, ma comunque se l’innervazione è stata in parte conservata un effetto
ci sarà . Non serve fare dei farmaci “a ponte” nel periodo in cui non vi sono erezioni
completamente spontanee per la neuroaprassia, in quanto l’efficacia a lungo andare è
simile in chi fa e in chi non fa questo tpo di terapia. Il concetto si è trasformato e chi ha la
preservazione dell’innervazione può fare PDE5 inibitori on demand. Chi non
risponde a questo può fare le prostaglandine. e ribadisce tutto quello detto fino ad ora:
“Caro paziente, prenda quello che vuole (se lo vuole), tanto non cambia niente: Lei tra un
anno andrà uguale.”.
VACUUM DEVICE E PROTESI PENIENA
In chi non vuole fare le prostaglandine o in chi non le
può fare in quanto ha già fatto priapismo, un’altra tecnica è quella di usare il vacuum
device. Questo device causa meccanicamente l’afflusso di sangue
arterioso all’interno del pene, ne favorisce la
distensione prevenendone l’accorciamento. Dopo aver
causato l’afflusso di sangue arterioso nel pene si mette
un anellino alla base del corpo cavernoso per
ostacolare il deflusso. La tecnica è discretamente efficace, ma il Professore afferma di non
farlo usare
comunemente ai pazient ma c’è qualcuno che lo usa.
La soluzione più estrema è rappresentata da AMS 700,
ovvero la protesi peniena. Essa è un dispositvo idraulico simile a quello dello sfintere
artficiale,. Il liquido va a riempire dei cilindri di tessuto che vengono impiantat a livello dei
corpi cavernosi.
Quando il sistema è disattivato il liquido è nel serbatoio e il pisello è floscio. Quando il
paziente vuole avere rapport sessuali preme
tre volte un bottoncino, il liquido si sposta dal
serbatoio al corpo cavernoso e avviene
l’erezione. Questo è il sistema più sofisticato,
in quanto è dinamico.
Esistono anche dei sistemi rigidi o semirigidi in
cui pisello è sempre nella stessa maniera. C’è
qualche paziente in giro con questo tpo di
protesi, in quanto a Bassano negli anni passat
erano solit metterle. Essi hanno il così detto
“pene a matita”, un pene sempre nelle
medesima conformazione indipendentemente
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dal volere o non volere rapport sessuali. Questa è la soluzione chirurgicamente più
semplice, ma dal punto di vista funzionale non è molto raffinata.
A Padova di solito non si mettono le protesi rigide o semirigide e quando ci sono pazient
che le vogliono vengono solitamente indirizzat a Trieste. A Trieste si fa tanta chirurgia del
transessualismo (conversioni andro-ginoide e gino-androide). Il problema di quest device è
che costano moltssimo: l’ospedale fa già fatca a comprare qualche protesi per
l’incontnenza. Vi sono tuttavia pochi post in Italia in cui questa chirurgia viene fatta. Si
tratta di Bologna, Bari, Trieste, Torino e Milano, Napoli.
D: “Anche la protesi peniena vede un rischio di infezione?”
R: “Vi è rischio di infezione e di erosione del corpo spongioso e dei corpi cavernosi.”
Urologia pediatrica
L’urologia pediatrica non tratta
patologie dell’adulto “in miniatura”
ma patologie completamente diverse.
Nell’adulto si hanno prevalentemente
patologie degeneratve o legate
all’invecchiamento, in pazient che
hanno comorbidità important e con
una aspettatva di vita mediamente
più breve rispetto a quella del
bambino. In questo contesto la
chirurgia è prevalentemente demolitva, quindi l’organo malato viene rimosso.
Nel bambino al contrario la patologia è prevalentemente congenita e di tpo malformatvo,
si tratta di pazient che sono altriment sani. Alcune patologie possono presentarsi in quadri
sindromici, in cui i pazient sono altamente malformat e quindi presentano difetti in
numerosi organi e apparat.
In genere però , escludendo i quadri sindromici, l’aspettatva di vita è lunga, perciò si cerca
di preservare gli organi con una chirurgia improntata alla ricostruzione funzionale.
Nella patologia pediatrica ci sono moltssime malattie estremamente rare che non verranno
trattate nel corso della lezione, la quale invece si concentrerà principalmente sulle
patologie più comuni, suddivise in:
Patologie dell’alto apparato (pelvi e ureteri)
o Ostruzione del giunto pielo-ureterale
o Ostruzione del giunto uretero-vescicale
o Reflusso vescico-ureterale
Patologie del basso apparato (vescica e uretra)
o Disfunzione vescicale non neurogena
Patologie dei genitali
o Ipospadia
Anatomia
243
Nell’ immagine 1 si vede un reflusso nel distretto inferiore, non facilissimo da definire con
l’aspetto cistografico detto “a fiore appassito”. Si può affermare che il reflusso sia nel
distretto inferiore dato che non è osservabile il calice superiore. L’ureterocele in cistografia
viene invece visto come un minus tondeggiante all’interno della vescica.
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L’ immagine 2 mostra un reflusso a doppio distretto: vi è un uretere che drena il distretto
superiore e uno che drena quello inferiore, a un certo punto i due ureteri si fondono.
L’ immagine 3 invece evidenzia una valvola uretra posteriore in cui a livello dell’uretra
posteriore vi è una grande dilatazione che improvvisamente si restringe.
Sono sottopost a cistografia minzionale solamente i pazient in cui:
A
ll’ecografia post-natale viene visualizzato l’uretere : infatti nelle idronefrosi isolate c’è una
bassa frequenza di reflusso e anche se c’è solitamente non è significatvo e molto
probabilmente non provoca infezione.
Si verificano infezioni delle vie urinarie (IVU).
3. Scintigrafia renale
Questo esame permette di valutare il funzionamento dei reni e quindi l’eventuale danno
renale attraverso la so
mministrazione endovena di un r adiofarmaco m arcato col tecnezio radioattivo,
in modo da essere rilevabile dalla gammacamera, che viene estratto selettivamente dal
rene.
Esistono due tpi di scintgrafia renale, utlizzate in base all’informazione da ricercare:
La scintigrafia renale dinamica, fatta con MAG3 o DTPA che consentono di valutare sia la
funzionalità del rene che l’escrezione dopo somministrazione di Lasix.
La scintigrafia renale statica, fatta con DMSA che permette di valutare in modo più
accurato il danno renale ma non dà alcuna informazione sullo scarico (escrezione).
In soggetti con ostruzione si può avere:
o Danno displasico congenito (iposviluppo), in cui il rene presenta dimensioni ridotte o
Danno acquisito da ostruzione
Entrambi i difetti riguardano in modo uniforme tutto il rene, quindi per indagarli
solitamente si utlizza la scintgrafia dinamica, dato che è più importante valutare la
funzionalità del rene, anche nella sua fase escretva, piuttosto che visualizzare un danno in
modo più accurato.
In soggetti con reflusso si può avere:
o Displasia renale congenita
o Danno acquisito da pielonefrite che è locale e segmentale quindi è necessario utlizzare
un esame che permetta di valutare difetti di captazione più piccoli. Quest’infezione
inizialmente causa un danno acuto, che può guarire oppure evolvere in una cicatrice a
lungo temine, che come vedremo non sono distnguibili in scintgrafia.
Quindi solitamente si utlizza la scintgrafia statca per valutare con più precisione il danno
renale.
Riprendendo l’iter diagnostco, una volta che la dilatazione è stata confermata in epoca post
natale:
Se la cistografia minzionale (CUM) è negatva o non c’è dilatazione ureterale→ si fa una
scintigrafia renale dinamica con test diuretico.
Se la cistografia (CUM) è positva, e quindi c’è reflusso→ si fa la scintigrafia renale statica.
253
gauretere ostruttivo
Con “megauretere” si intende una dilatazione di uno o entrambi gli ureteri, che nei
bambini è una condizione congenita. Se ne distnguono quattro tipi: ostruttivo, refluente,
non ostruttivo e non refluente, ostruttivo e refluente.
Il megauretere ostruttivo primitivo è un' ostruzione congenita della porzione
terminale dell'uretere, causato da un' ostruzione funzionale, dovuta al fatto che quel
segmento di uretere è privo di muscoli (aperistaltco) e non può quindi favorire il deflusso
dell'urina verso la vescica, oppure da un’ostruzione anatomica, una stenosi dell'uretere
in prossimità della vescica.
(Il paragrafo soprastate è stato riportato per chiarezza, la fonte è
www.ospedalebambingesù.it) Lo scopo del trattamento chirurgico in questo caso è risolvere
l’ostruzione al flusso, tuttavia bisogna prestare attenzione durante l’intervento a queste
problematiche:
Bisogna evitare di determinare un’altra ostruzione al deflusso urinario attraverso la
formazione di un inginocchiamento o una stenosi da rivascolarizzazione
È necessario creare un meccanismo ant-reflusso efficiente , che si effettua creando un
tunnel sottomucoso che sia almeno cinque volte più lungo del diametro dell’uretere. È
necessario dunque avere vesciche grandi abbastanza per creare un tunnel di lunghezza
congrua.
Ad esempio nel caso di un uretere con diametro di 1 cm, è necessario infilarlo in vescica per
una lunghezza di 5 cm in modo tale da garantire che l’urina non torni indietro al rene.
B
isogna evitare di danneggiare la funzione vescicale mediante denervazione periferica
mentre si cerca di isolare l’uretere, soprattutto nel bambino molto piccolo (<1 anno di vita).
A causa di queste problematche si evita di intervenire chirurgicamente prima dell’anno di
vita e si procede con una derivazione temporanea dell’urina per procedere solo dopo
anni alla procedura chirurgica. Esistono diversi modi per derivare l’urina ( si rimanda per
una spiegazione più precisa alla lezione 2 di urologia riguardo i tumori vescicali), i più usat
sono:
Uretero-cutaneostomia
L’uretere ostruito viene staccato dalla vescica e attaccato alla cute della parete addominale.
All’interno degli ureteri ostruit vengono inserit dei tubi, che presentano un ricciolo verso il
rene e un ricciolo verso la vescica (double J o double pigtail) in modo tale da rimanere
ancorat in sede, che permettano il flusso d’urina lungo l’uretere, risolvendo in tempi rapidi
l’ostruzione del flusso d’urina.
Uretero-cistostomia
L’uretere viene staccato dove è ostruito e fatto abboccare a pieno canale in vescica. Questa
procedura ha il vantaggio di evitare la de-funzionalizzazione della vescica, che è una
complicanza che si può 262
Acquisizione della continenza urinaria ( toilet trained) Nel passaggio dalla minzione
riflessa a quella volontaria esiste una fase di transizione di immaturità vescicale che può
essere più o meno lunga, infatti l’età di raggiungimento della contnenza varia dai 0,75 ai
5,25 anni. La maggior parte dei bambini acquisisce la contnenza urinaria intorno ai 2,5-3
anni, e le femmine in genere sono più precoci dei maschi (2,25 vs 2,5
anni).
Nella fase di transizione possono insorgere dei quadri di disfunzione vescicale come:
Vescica iperattiva
Vescica ipoattiva
Condizione che prevede un mal svuotamento della vescica che si sviluppa conseguentemente
alla postcipazione della minzione ( Nds: il bambino continua a trattenere l’urina perché non
vuole urinare per molti motivi, ad esempio è impegnato a giocare oppure non vuole andare in
bagno con altre persone e i bagni sono sporchi, e facendo ciò facilità un’ipoattività vescicale).
Minzione disfunzionale
Disfunzione che si sviluppa perché il bambino non impara a controllare la contrazione
detrusoriale e il rilasciamento sfinterico.
Se l’incontnenza è notturna si parla di enuresi e, per essere definita tale, deve avere una
frequenza di almeno 2 volte/settimana per almeno 3 mesi consecutvi in un bambino di età
maggiore di 5 anni.
Essendo l’enuresi l’ultma caratteristca a scomparire nel passaggio da minzione riflessa a
volontaria, nella fase di transizione possono permanere enuresi ( che può essere primaria se
presente da sempre e secondaria) associata a sintomi diurni che si possono combinare in
molt modi.
Disfunzione vescicale non neurogena
Diagnosi
1. Anamnesi
È necessario valutare la storia clinica, indagando principalmente:
F amiliarità del disturbo , dato che il 25-50% di quest soggetti hanno una familiarità per
disfunzioni vescicali;
F requenza e caratteristche degli episodi di incontnenza , quindi se present più volte al
giorno, se solo nelle prime ore del mattino, o solo in determinate situazioni;
Ca
ratteristche del mitto , getto urinario, e dell’alvo;
S toria di IVU o febbri ;
In immagine viene riportata una classica posizione assunta dai soggetti con iperattività
detrusoriale, tanto tipica da essere considerata un segno clinico. Il paziente si inginocchia, in
modo da permettere al tallone di premere sul pavimento pelvico. Questa pressione 272
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imposta dall’esterno sopprime le contrazioni non inibite della vescica mantenendo la
continenza più a lungo.
2. Esame obbiettivo
Durante l’esame obiettivo bisogna porre attenzione alle seguent caratteristche:
D
ifetti dorsali mediani
La presenza di quest difetti suggeriscono una malformazione del midollo (spina bifida
occulta).
In caso di copresenza di sintomi di incontnenza e di quest difetti dorsali bisogna pensare a
una disfunzione vescicale neurogena occulta. Invece per avere il sospetto di una
disfunzione vescicale non neurogena quest difetti non devono essere present all’EO.
S tenosi del meato e
/o fimosi serrata del pene
In quest casi il bambino deve spingere molto per urinare e sviluppa una iperattività
vescicale.
S inechie delle piccole labbra (fusione)
Nell’immagine a lato sono rappresentat quest difetti
osservabili durante l’ispezione dell’esame obiettivo:
Nodulo peloso dorsale sopra le natiche (immagine in
alto a sinistra), indice di spina bifida occulta
Stenosi del meato e fimosi serrata del pene (due immagini in basso)
Sinechie delle piccole labbra (in altro a destra)
3. Diario minzionale
È un diario tenuto dal paziente per 48-72 ore consecutve,
in cui il soggetto deve scrivere a che ora urina, quanto urina, se ha perdite urinarie e quanto
beve. Solitamente infatti quest pazient hanno anche alterazioni del potus durante la
giornata.
Il diario minzionale fornisce diverse informazioni:
Valutazione della capacità vescicale funzionale in modo da distnguere le vesciche
piccole, dalle normali o grandi in base all’età . (Volume teorico atteso per età è
ml=30+30xetà)
Valutazione del volume di urine prodotto durante la notte: solitamente quest pazient
bevono il latte alla sera e presentano di conseguenza un’iperproduzione urinaria notturna
che determina enuresi
Valutazione del potus
4. Esame delle urine
È utle per distnguere le infezioni delle vie urinarie, il diabete mellito e il diabete insipido.
5. Valutazione urodinamica non invasiva
E cografia reno-vescicale pre e post-minzionale che permette la valutazione del ristagno
post-minzionale, dello spessore del detrusore e del diametro del retto
F lussometria
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Trattamento
Molto spesso i soggetti di 3-4 anni che presentano IVU per un reflusso presentano anche
problemi di svuotamento della vescica. Il trattamento di queste patologia non è chirurgico
ma è medico e, in misura maggiore, comportamentale. Questo approccio è motvato dal
fatto che molto spesso i sintomi tendono al miglioramento spontaneo. Il trattamento attivo
viene scelto solitamente dopo i 5-6 anni perché è necessario che il paziente sia molto
collaborante.
I tpi di trattamento utlizzat sono:
1. Terapia comportamentale
È il caposaldo del trattamento e necessita di grande collaborazione da parte del paziente, e
prevede la riabilitazione vescicale per curare l’ipoattività , l’iperattività e
l’incoordinazione detrusoriale. Le indicazioni riguardano l’unico tpo di ginnastca che può
fare il muscolo detrusoriale e prevedono:
A
bituare il bambino a bere e a urinare a intervalli regolari : bere 1-2 bicchieri d’acqua ogni 3
ore e mingere massimo ogni 3 ore;
I n caso di enuresi bisogna bere a
l massimo 1 bicchiere d’acqua nelle 3 ore prima di andare a letto: questo regime si può
mantenere solo se l’idratazione diurna è ben garantta;
M
ingere con uno sgabello sotto i piedi , invece che con le gambe a penzoloni, perché permette
di rilassare il pavimento pelvico, favorendo lo svuotamento vescicale;
A
ssicurare evacuazioni intestnali quotdiane perché quando l’ampolla rettale è piena di feci
comprime l’uretra anteriormente e rende più difficile lo svuotamento vescicale. Inoltre la
stasi fecale predispone allo sviluppo di infezioni;
Ri
muovere il pannolino appena possibile infatti se il bambino ha il pannolino si sente
tranquillo e non si sente motvato nel processo di educazione.
Il trattamento comportamentale ha una durata minima di 6-9 mesi, e data la sua lunghezza
necessita di motvazione e sostegno.
2. Terapia farmacologica
Può affiancare la terapia comportamentale, e i farmaci utlizzabili sono:
A
ntcolinergici che contrastano l’attività del detrusore
L assatvi se la stpsi è molto importante
D
esmopressina (ormone antdiuretco) se si è in presenza di enuresi, a cui si affianca l’allarme
notturno, sistema formato da un sensore, che viene posizionato nelle mutandine del
paziente, e quando rileva la perdita urinaria, comincia a suonare nell’intendo di svegliare il
bambino. Lo scopo del sistema è quello di instaurare nel paziente un riflesso che lo port a
svegliarsi prima di urinare a letto. Il problema di quest soggetti è che hanno un sonno
molto profondo, si ricordi infatti che il problema dell’enuresi è dato dal fatto che il pz non
viene risvegliato dallo stmolo inviato dalla vescica quando questa è piena. Non è
infrequente dunque che l’allarme notturno svegli tutti in casa tranne il bambino che
effettivamente dovrebbe essere svegliato.
È possibile usare terapie di associazione.
L’1% dei casi disfunzionali sono anche resistenti al trattamento , e per quest pazient è
necessario un inquadramento diagnostco con la cistografia, l’urodinamica invasiva o la
cistoscopia e il trattamento diviene iperspecialistco e più complesso. Diviene infatti
necessario usare farmaci intravescicali o procediment di neurostmolazione.
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D: Invece del sistema dell’allarme notturno non sarebbe meglio svegliare il paziente, per
esempio a metà notte, e portarlo a urinare?
R: Anche se dal punto di vista generale questa sembra una buona idea, tuttavia questo è
l’approccio più sbagliato che si possa seguire. Infatti la vescica va educata di giorno, quindi
prima di tutto bisogna far urinare regolarmente il pz durante il giorno.
I genitori di questi pz inoltre riferiscono che i bambini alla mattina non ricordano di essere
stati svegliati e portati a urinare durante la notte. L’arousal, il livello a cui il nostro cervello si
risveglia dal sonno in rapporto allo stimolo, dei soggetti che soffrono di enuresi è molto più
alto di quello della popolazione normale. Inoltre, considerando che i fenomeni di enuresi
avvengono sempre nella fase rem (più profonda) del sonno, svegliare un soggetto enretico
comporta un’alterazione del suo ciclo sonno-veglia e un peggioramento delle sue prestazioni
diurne proprio perché corrisponderebbe a svegliare il pz dal suo sonno più profondo.
Patologie genitali
Le patologie genitali sono molte:
Patologie del dotto peritoneo vaginale, come ernia inguinale, idrocele e cist del funicolo,
che sono le più frequent in assoluto
Criptoorchidismo o testcolo ritenuto
Fimosi
Ipospadia
Anomalie dei genitali femminili (seno-urogenitale, agenesie vaginali) abbastanza rare
Ipospadia
L’ipospadia è una patologia frequente (1:300 neonat maschi) con un’incidenza in contnuo
aumento, tanto che negli ultmi 15 anni infatti è raddoppiata. È in linea con l’aumento di
incidenza di tutte le malformazioni dei genitali maschili, come criptorchidismo e tumori del
testcolo, che si crede sia dovuta all’uso diffuso di alcune sostanze come i diserbant che
hanno un’azione ant-androgenico e/o pro-estrogenico.
L’etmologia del termine “ipospadia” è “buco in basso”, ed è una malformazione congenita
caratterizzata da:
Diversa posizione del meato uretrale esterno
Il meato uretrale esterno, anziché all’apice del pene, si localizza sulla sua superficie
ventrale più o meno distalmente. La posizione del meato ipospadico nell’80% dei casi è in
posizione A, B o C
dell’immagine riportata a pagina seguente.
Per epispadia, fenomeno molto più raro dell’ipospadia, invece si intende una
malformazione congenita del meato che si apre nella superficie dorsale del pene.
Variabile grado di incurvamento penieno ventrale 275
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D: Questo incurvamento si manifesta anche durante l’erezione?
R: Questo incurvamento compare soprattutto durante l’erezione, mentre nella flaccidità
l’incurvamento potrebbe non vedersi. Per valutare l’incurvamento di questi pazienti occorre
fare un test di erezione tramite l’iniezione di acqua nei corpi cavernosi.
Nell’80% dei casi quindi l’ipospadia è distale e presenta le seguent caratteristche:
Meato uretrale esterno in posizione variabile tra l’apice del glande e il solco coronale;
Il pene è solitamente di dimensioni normali, ma nelle ipospadie più gravi può essere ridotto
di dimensioni;
La curvatura in queste forme è assente o molto lieve e, se presente, è facilmente trattabile;
Il prepuzio ipospadico è aperto, non chiuso ventralmente ma tutto dorsale.
In concomitanza all’ipospadia possono essere present altre
anomalie come la torsione del pene.
Nell’immagine a lato si osserva un caso deficit di cute ventrale con torsione peniena, è visibile
come il rafe dello scroto sembra attaccarsi quasi alla base del glande.
È possibile inoltre che siano present delle varianti anatomiche (visibili nell’immagine
sottostante):
P
ene ipospadico stenotco (1° immagine)
A
pparente presenza di due meat uretrale esterni (2° immagine) L’uretra normalmente si
forma da un processo di fusione di due strutture che andranno a formare la fossetta
navicolare ( come mostrato nella 3° immagine): una struttura dorso-ventrale di origine
endodermica che si tubularizza a partre dalla base del pene verso l’apice e una porzione
data dall’introflessione dell’ectoderma. Se i processi originano correttamente ma non si
concludono si potrebbe avere una fossetta più apicale a fondo cieco e una ipospadica che
costtuisce il vero meato uretrale. Per questo motvo si parla di due meat apparent.
M
egameato con prepuzio integro ( 4° immagine)
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In questo caso il meato è allargato ma è circondato da una cute perfettamente normale. Nel
neonato dunque non si vede perché la struttura è coperta dal prepuzio, quindi questo
quadro è diagnostcato quando crescendo il pene ha una pelle che diviene retraibile o
quando viene sottoposto a circoncisione per fimosi.
Dal punto di vista dello sviluppo l’ipospadia è un difetto di tubulizzazione dell’uretra.
L’uretra si forma dalla base verso la punta del pene e la doccia (o piatto) uretrale si va
chiudendo verso il glande. L’ipospadia è un’incompleta chiusura della doccia uretrale,
quindi distalmente all’ipospadia il glande e il prepuzio saranno apert.
In realtà la malformazione comincia più prossimalmente rispetto alla manifestazione
dell’ipospadia, infatti normalmente l’uretra presenta un rivestmento spongioso contnuo,
mentre nel caso dell’ipospadia presenta una biforcazione della spongiosa lasciando prima
del meato ipospadico un segmento di uretra sottilissimo e formato solo da urotelio. Questo
rende molto grave la condizione dell’ipospadia.
Diagnosi
Normalmente l’ipospadia distale è una malformazione isolata, quindi oltre all’esame
clinico non si rendono necessari ulteriori approfondiment diagnostci, come l’ecografia
delle vie urinarie o 277
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valutazioni endocrinologiche e genetche, che invece diventano rilevant in caso di ipospadia
molto grave.
Nel 5-10% dei casi, invece, l’ipospadia può associarsi a criptorchidismo.
Trattamento
L’ipospadia distale non ha alcuna conseguenza funzionale dunque potenzialmente il
paziente può vivere tutta la vita con questa malformazione. Tuttavia esistono delle
indicazioni al trattamento chirurgico per un miglioramento cosmetco che riduca al
minimo l’impatto psicologico. L’impatto psicologico della condizione è sicuramente
presente perché l’ipospadia, che nel bambino sembra minima e impercettibile, con
l’aumentare della dimensioni del pene, diventa molto visibile dell’adulto ( come mostrato
nell’immagine a lato).
L’American academy of Pediatrics, dopo aver analizzato diversi aspetti, quali lo sviluppo
emozionale, sessuale e cognitvo, le conseguenze psicologiche della chirurgia e gli aspetti
anestesiologici, ha dichiarato che l’età consigliata per l’intervento è tra i 6 e i 18 mesi.
Vanno evitat i primi 6 mesi perché difficili da trattare dal punto di vista anestesiologico,
però è consigliato operare il difetto il prima possibile in modo tale che il bambino cresca
con un’immagine del proprio corpo il più definita possibile.
Tuttavia viene ribadito nuovamente come il gruppo anestesiologico raccomandi di evitare
qualsiasi intervento chirurgico troppo precoce e non necessario a causa della
neurotossicità dei farmaci anestetci sul bambino. Per tale motvo alcuni medici sono più
favorevoli a posticipare questo intervento oltre i 5-6 anni.
L’immagine in alto riporta le fasi dell’intervento di tubulizzazione della doccia uretrale
incisa (o tubulizzazione del piatto uretrale TIPU o di Snodgrass), che risolve l’ipospadia: il
segmento tra la punta del pene e il meato ipospadico viene isolato (A) e viene inciso (C) in
modo tale da allargarlo; successivamente questo segmento viene tubularizzato (D) e
ricoperto con tessuto vascolarizzato per evitare la formazione di un fistola uretrale, che è la
complicanza più frequente; infine si chiude il glande al di sopra.
Nell’immagine in basso a sinistra si osserva il pre-operatorio, a destra si osserva il post-
operatorio.
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