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Autori e revisori
1. INFORMAZIONI GENERALI
1.1 Incidenza
1.1.1 Incidenza e mortalit
Ogni anno in Europa vengono diagnosticati circa 63.000 nuovi casi di melanoma, circa il 2% di tutti i
tumori. Il tasso di incidenza maggiore nel nord Europa e nellEst Europa. Nel nord Europa, in
Asutralia ed in Nuova Zelanda lincidenza di melanoma cutaneo ancora piu alta, rispevamente al 14
e 34 (figura 1). Piu del 50% di pazienti con diagnosi di melanoma cutaneo hanno tra i 20 e i 59 anni,
ed estremamente raro che si presenti in pubert. In Europa lincidenza maggiore nelle donne
piuttosto che negli uomini: rispettivamente circa 8 e 6 su 100.000 ogni anno Al contrario in America,
Asustralia e Nuova Zelanda la popolazione maschile ha un rischio dirca 1.5 volte maggiore di
sviluppare un melanoma rispetto alle donne (Ferlay 2004).
Figura 1 Tasso di incidenza di melanoma nel mondo (Ferlay
2004)
Il tasso di melanoma aggiustato per et in crescita. I tassi sono raddoppiati dalla met degli anni 50
in tutti i paesi sviluppati, in particolare modo in quelli dove erano gi elevati i tassi. Questo trend in
particolare modo accentuato in quei paesi dove alta la percentuale di popolazione con fenotipo
chiaro. Il melanoma della cute rapidamente incrementato di incidenza in Inghilterra dal 1960, come
in molti altri paesi (Coleman 1999). Lindenza aumentata del 30-50% ogni 5 anni, piu rapidamente
nelle donne piuttosto che negli uomini; il numero di pazienti si piu che raddoppiato dal 1971 al 1990.
Laumento di incidenza si visto a tutte le et e non legato a variazioni diagnostiche (Van der Esh
1991). Negli Stati Uniti lincidenza di tumore malino incrementata del 270% dal 1973 al 2002
(Markovic 2007). In Italia tra 1988 e il 2002, lincidenza di melanoma raddoppiata ma rimasta
stabile la mortalit (Figura 2) (AWG 2007). La differenza tra incidenza e mortalit si spiega
sostanzialmente con un incrmento della sopravvivenza a lungo termine (Coleman 1999). Lincidenza di
melanoma 3 volte maggiore nella popolazione piu agiata rispetto ai ceti piu poveri (MacKie 1996).
Figura 2 Trend di incidenza del melanoma cutaneo in Italia, popolazione
maschile (AWG 2007)
1.1.2 Sopravvivenza
In europa per i pazienti con
diagnosi di melanoma tra il 2000 e
il 2002 la sopravvivenza stata
del 86%. E segnalato un lieve
miglioramento di sopravvivenza a
5 e 10 anni per i pazienti con
diagnosi di melanoma tra il 1991 e
il 2002. Il profilo di sopravvivenza
a 5 e 10 anni simile, anche se a
10 anni un poco inferiore.. La
sopravvivenza a 10 anni molto simile a quella a 5 anni, indicando quindi che il decesso avviene
solitamente entro 5 anni dalla diagnosi (Verdecchia 2007). La sopravvivenza relative a 5 anni
diminuisce con let dall88% al 74% peri piu giovani (15-45 anni) ripsetto ai piu anziani (con piu di 75
anni). C una maggior differenza di sopravvivenza tra paese e paese europeo: la sopravvivenza
maggiore per il Nord-Ovest Europa, dove anche lincidenza maggiore. Questo pu essere dovuto ad
un maggior numero di diagnosi di melanomi superficiali. LA sopravvivenza maggiore in Scozia, si per
gli uomini che per donne, in quanto attivo un programma di screening precoce (MacKie 2003), ed
minore in quei paesi Europei, come quelli del Mediterraneo, dove si d poca attenzione alla diagnosi
precoce. I melanomi che insorgono sulla cute degli arti tendono ad avere una migliore prognosi,(a 5
anni sopravvivenza relativa 85%) rispetto a quelli che insorgono sul tronco, alla testa o al collo (a 5
anni sopravvivenza dell86%) . A 5 anni la sopravvivenza per le alter sedi ancora piu bassa (61%)
(Dickman 1999). Unassociazione tra stato di indigenza e sopravvivenza segnalato (Coleman 1999).
In Inghilterra e nel Gelles, vi una differenza di sopravvivenza a 5 anni tra popolazione piu e meno
abbiente del 13%. Una diagnosi precoce avviene quindi piu precocemente nei ceti sociali piu ricchi e
questo influisce sulla sopravvivenza. In uno studio sulla popolazione della Scozia occidentale, i
melanomi cutanei erano piu frequenti nella popolazione piu ricca, e la sopravvivenza era peggiore nei
gruppi piu poveri anche aggiustando i tassi in base allo spessore della lesione (MacKie 1992).
1.1.3 Prevalenza
La prevalenza di melanoma. il numero di persone viventi con diagnosi di melanoma. In Europa per
entrambi i sessi la prevalenza di melanoma rappresenta il 4% della prevalenza di tutti i tumori (Micheli
2002)., con una proporzione di 81 per 100,000. C una grande differenza di prevalenza allinterno dei
paesi europei; con un tasso di prevalenza da 31 casi in Polonia a 230 in Svezia per 100.000.
come ad esempio bagni di sole intensi, specialmente per coloro che hanno una cute chiara
rappresentano il fattore di rischio maggiore nello sviluppare un melanoma. Il rischio di sviluppare un
melanoma in quella popolazione abituata ai bagni di sole doppio rispetto alla popolazione che non
ne ha mai fatti. Inoltre, sembra anche che let in cui una persona stata esposta a questo tipo di
eccesso di raggi solari , sia importante: in particolare se questi avvengono in et infantile sono
associati ad un rischio maggiore. Vi anche levidenza del ruolo degli UVR da studi eseguiti su
popolazioni immigrate provenienti dallAustralia, il rischio infatti proporzionale alla durata della
permanenza ed inversamente proporzionale allet di arrivo (Markovic 2007; Veierd 2003). Luso dei
raggi PUVA come fotochemioterapia nella psoriasi anche associato ad un aumento del rischio di
melanoma (Stern 2001). Una recente metanalisi di 13 studi ha suggerito che docce o lettini solari
potrebbero incrementare leggermente il rischio di melanoma e questo maggiore tanto pi precoce
let di inizio e la durata (Gallagher 2005). Luso di schermi solari ad ampio spettro di protezione solare
ha dimostrato di ridurre il numero di nevi secondari nei bambini dal 30% al 40%. Poich i nevi
secondari sono un segno di esposizione solare un sistema di prevenzione del melanoma lutilizzo
appunto di schermi solari ad ampio spettro (Gallagher 2000).
Occupazione
Ci sono diverse pubblicazioni che hanno riportato unassociazione tra esposizione occupazionale e
melanoma cutaneo. Un grande studio di coorte eseguito sui piloti Nordici ha dimostrato un notevole
incremento del rischio di sviluppare un melanoma (Pukkala 2003). Una metanalisi effettuata sul
personale di volo (servizio di assistenza, piloti civili o militari) hanno confermato esservi un
incrementato rischio di sviluppare un melanoma (Buja 2005). stato anche analizzato su una grande
coorte lutilizzo di pesticidi sia in agricoltura che in ambito commerciale (Agricultural Health Study).
Relativamente a coloro che non ne hanno mai fatto uso, si segnala un incremento del rischio di
sviluppare melanoma di 4-5.5 volte, in base al periodo di esposizione. Il rischio calcolato ed
aggiustato in base anche allesposizione solare (Mahajan 2007). Recenti studi hanno dimostrato un
rischio aumentato nelle infermiere (Lie 2007) in scrittori e giornalisti (Band 2001), impiegati nelle
manifatture dei semicondutture (Nichols 2005), e in lavoratori del petrolio ( Gun 2006; Sorahan 2007).
Fattori riproduttivi
Una recente analisi di 10 studi caso-controllo suggeriscono che le donne con una et giovane alla
prima gravidanza (5) hanno un minore rischio di melanoma rispetto a donne con la prima gravidanza
in et pi avanzata e minor numero di figli (odds ratio, 0.33) (Karagas 2002).
E stato supposto che estrogeni e progesterone incrementino il rischio di melanoma stimolando la
proliferazione dei melanociti (Markovic 2007). La gravidanza e lutilizzo di contraccettivi orali non
influenzano il rischio di sviluppare un melanoma (Wiggins 2005; Karagas 2002).
Dieta e obesit
Si ipotizza che lobesit possa aumentare il rischio id sviluppare un melanoma, probabilmente legato
ad un incremento della superficie esposta al sole e a profili ormonali differenti (Markovic 2007). Una
recente ampia meta-analisi ha dimostrato una debole associazione (RR<1.2) tra BMI e melanoma
maligno nelluomo (Renehan 2008). Il World Cancer Research Fund e l American Institute for Cancer
Research (AICR) (WCRF 2007) in una loro estesa relazione sulla letteratura scientifica in ambito di
diete, attivit fisica e prevenzione del cancro, hanno pubblicato importanti conclusioni dopo aver rivisto
167 pubblicazioni specifiche. Il pannello di esperti ha concluso che:
- la presenza di arsenico nellacqua utilizzata per uso domestico una causa probabile di tumore della
cute
- che vi una debole evidenza che il selenio invece ne possa essere una causa.
Altri fattori legati alla dieta, quali le patate, le verdure senza amido, la frutta, il pesce, le uova, il latte,il
caff,il the, lalcool, I grassi, il colesterolo, le proteine, la vitamina A,il retinolo nei cibi, il beta-carotene, l
alpha-carotene, il carotene, il licofene, la vit C,i folati, la vit D, la vit E, i multivitaminici, lattivit fisica, le
calorie sono stati valutati ma sono tutti risultati essere cosi inconsistenti, e con un numero di studi cosi
misero che non possibile trarre delle conclusioni
Fattori legati allospite
Nevi melanotici. Il rischio di melanoma direttamente correlato al numero totale di nevi benigni (sia
displatici che non) su tutto il corpo. Il rischio approssimativamente di 1.5 maggiore per quei soggetti
con 11-25 nevi (rispetto a<10 nevi) e sembra raddoppiarsi se il numero di nevi maggiore di 25
(Markovic 2007). Ugualmente , nevi di grandi dimensioni (>5mm) sono associati a un rischio maggiore
di melanoma. I melanomi che si sviluppano allinterno di un precedente nevo pi frequentemente si
presentano al tronco, insorgono in persone giovani e appartengono ad una variet con diffusione a
crescita superficiale.
Storia famigliare. Pazienti con una storia famigliare di melanoma allinterno dei parenti di primo grado
hanno un rischio raddoppiato di sviluppare un melanoma rispetto a coloro che hanno una storia
famigliare silente, il rischio aumenta se sono presenti altri fattori di rischio(Cho, 2005). Il melanoma
famigliare rappresenta il 10% dei melanomi. Infatti il melanoma noto insorgere in quelle famiglie con
sindromi famigliari quali il retinoblastoma, la sindrome di Li-Fraumeni e la sindrome di Lynch tipo II.
L Immunosoppressione. Pazienti che sono stati trattati con agenti immunosoppressivi dopo un
trapianto di organo, o per sindrome da immunodeficienza acquisita o per tumori ematologici hanno un
rischio aumentato di sviluppare un melanoma (Hollenbeak 2005; Euvrard 2003; Markovic 2007).
maggior parte dei melanomi diagnosticati erano localizzati, con uno spessore mediano di 0.3 mm, e
che quasi la met dei pazienti nei quali si era riscontrata la neoplasia non sarebbe ricorsa
spontaneamente ad un medico (Koh 1996). Tuttavia, levidenza del vantaggio dei programmi di
controllo e screening pi forte per le popolazioni ad alto rischio, in cui diversi studi hanno confermato
che la diagnosi di melanomi primitivi stata possibile in stadi iniziali, quando il tumore aveva
dimensioni e spessore pi ridotti (Wolfe 1999). Per le ragioni fin qui elencate, lo screening deve
ritenersi appropriato per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza di tipo R, ed
raccomandato con un livello di evidenza di tipo C (Wolfe 1999) per tutti gli individui ad alto rischio.
Questi ultimi andrebbero individuati e incoraggiati ad effettuare lautoesame della propria superficie
cutanea, come programma di screening e misura preventiva.
1.4 Riferimento
1.4.1 Il riferimento ad Istituti specializzati
Il riferimento del paziente con melanoma cutaneo ad un centro specializzato generalmente non
raccomandato. Tuttavia, per quei pazienti che rientrano nei criteri di eleggibilit per studi prospettici,
secondo le condizioni dettagliate di seguito, questa opportunit potrebbe essere presa in
considerazione:
a) Pazienti con melanoma primitivo operabile: studi sui margini di escissione o sulla biopsia del
linfonodo sentinella
b) Individui ad alto rischio di sviluppare un melanoma primario e pazienti con metastasi linfonodali, nei
casi in cui un trattamento adiuvante sia da prendersi in considerazione
c) Pazienti con metastasi a distanza: possono essere arruolati in studi mirati a chiarire il ruolo di nuove
opzioni di terapia sistemica
Il riferimento a centri specializzati deve essere raccomandato per i pazienti che, dopo la resezione
della lesione primitiva, o necessitino della biopsia del linfonodo sentinella, o che debbano essere
sottoposti a svuotamento linfonodale del collo o dellinguine, oppure che necessitino di un intervento
chirurgico specialistico. Ci vale anche per la procedura di perfusione regionale isolata degli arti o di
localizzazioni rare, quali i melanomi della vulva o del retto o, ancora, per nei casi in cui il paziente
esprima la volont di essere arruolato in uno studio clinico sperimentale (per esempio un protocollo
per la sperimentazione di un vaccino, etc). Per quanto attiene al trattamento palliativo, il riferimento
deve essere preso in considerazione nei casi in cui si renda necessario un trattamento radioterapico,
oppure quando deve essere effettuata una metastasectomia polmonare o cerebrale.
Tsao H, Atkins MB, Sober AJ. Management of cutaneous melanoma. N Engl J Med 2004; 351: 9981012
Rosso S, Budroni M. Skin cancers: melanoma, non-melanoma cancers and Kaposis sarcoma. In
Crocetti E et al Cancer trends in Italy: figures from the Cancer registries (1986-97). Epidemiologia e
Prevenzione, Marzo-aprile, 2004.
2. PATOLOGIA E BIOLOGIA
2.1 Dati di biologia
Il melanoma un tumore maligno che origina dalla trasformazione e proliferazione dei melanociti, che
normalmente risiedono nello strato cellulare basale dellepidermide. Il melanoma cutaneo primario pu
insorgere su una lesione preesistente precursore del melanoma (per es., il lentigo maligna, un nevo
displastico o congenito), oppure direttamente su una zona di pelle normale (Reed 1985). Le cellule del
melanoma sono caratterizzate da una relativa autonomia di crescita in coltura. stato, pertanto,
suggerito un meccanismo autocrino di stimolazione della crescita, che agisce attraverso la secrezione
di fattori di crescita peptidici endogeni, quali il fattore di crescita dei fibroblasti (bFGF), il fattore di
crescita delle piastrine (PDGF), il fattore di crescita trasformante alpha (TGF-alpha), il TGF-b o
interleukina -1 (IL-1) (Herlyn 1992).
entrambi gli omologhi. Mutazioni della sequenza codificante di p16INK4a e delle giunzioni
esone/introne fiancheggianti sono state identificate in 33/36 casi di melanoma in 9 famiglie, mentre 2
sono state riscontrate in controlli normali e non sono correlati alla malattia. Lanalisi di queste
mutazioni ha dimostrato che il 92% dei casi di melanoma (30% dei nevi displastici e 15% degli individui
sani), presentavano una delle mutazioni. Dei 48 individui nei quali era stata riscontrata una mutazione
di p16, soltanto 15 (31%) non erano affetti da melanoma. La mutazione non senso (Arg50Ter), la
mutazione del sito di splicing (sito donatore) (IVS2+1 [G-T]), e 3 delle mutazioni missense specifiche di
melanoma (Val118Asp, Gly93Trp, and Arg79Pro) sono strettamente correlate con il melanoma in
queste famiglie, e non sono state riscontrate nellanalisi dei controlli. Salvo alcune eccezioni, la
distribuzione di mutazioni patogenetiche in molte famiglie sembra confermare la tesi che p16 in 9p21
sia un gene responsabile del melanoma familiare (Goldstein 1998; Pollock 1996).
melanoma tipo lentigo maligna (5%) e il melanoma tipo acrale lentigginoso (5%). Il melanoma a
diffusione superficiale, il melanoma tipo lentigo maligna e il melanoma tipo acrale lentigginoso sono poi
classificati come tumori con modalit di crescita radiale, mentre il melanoma nodulare presenta una
modalit di crescita meramente verticale. Altre varianti della fase di crescita verticale sono
rappresentate dal melanoma desmoplastico e dal melanoma tipo a deviazioni minime (Barnhill 1992).
una degenerazione del lentigo maligna. La fase di crescita verticale consiste solitamente in cellule
fusate che invadono spesso il derma reticolare, contornato da stroma fibrotico (desmoplastico), oppure
possono infiltrare i nervi e le strutture perineuronali della cute.
3. DIAGNOSI
premaligna di Dubreuilh o lentigo maligna di Hutchinson). Si tratta di una lesione tipicamente sita in
aree esposte ai raggi solari, come il volto e gli avambracci negli individui pi anziani. Si stima che
questo tipo di melanoma comprenda il 15% di tutti i melanomi di testa e collo. Inizialmente appare
come una efelide solare dai bordi irregolari (Clark 1969b). Successivamente, il colore diventa pi
scuro, variegato nei toni del marrone-nero e la lesione si ingrandisce. Dopo una fase di crescita
orizzontale non-invasiva, che dura fino a 20 anni, pu aver luogo una fase di crescita verticale, in cui la
lesione si presenta come un nodulo pigmentato: il melanoma tipo lentigo maligna. Uno studio recente
ha stimato in 2.2% il rischio di sviluppare, nellintero arco della vita, un melanoma invasivo in pazienti
affetti da lentigo maligna, la cui che il rischio di sviluppare, durante lintero arco della vita, un melanoma
invasivo in pazienti affetti da lentigo maligna, la cui aspettativa di vita di 11 anni. La percentuale sale
a 4.7% in pazienti con unattesa di vita di 33 anni (Weinstock 1987). Ad oggi mancano studi di followup a lungo termine per pazienti con lentigo maligna.
3.3.1 La biopsia
La biopsia escissionale lopzione standard con un livello di evidenza di tipo C; da considerarsi una
procedura diagnostica appropriata per indagare lesioni sospette, a patto che ci siano tutti i presupposti
di natura anatomica, funzionale ed anche estetica (NIH 1992). La punch biopsy, la biopsia incisionale o
la shave biopsy, lenucleazione, seguite o meno da elettrocoagulazione o crioterapia, vanno invece
scoraggiate. Solo lesame dellintera lesione pu garantire un accertamento istologico corretto e
affidabile. E inoltre importante sottolineare che le procedure diagnostiche devono in ogni caso
salvaguardare gli aspetti funzionali e quelli estetici. Lago aspirato per la diagnosi citologica di una
lesione primaria non ritenuta affidabilee non , pertanto, raccomandata con un livello di evidenza di
tipo C (NIH 1992). Unaccurata misurazione dello spessore del melanoma, attualmente il pi
importante parametro prognostico, garantita soltanto se lintera lesione viene escissa. Campioni
parziali rischiano di risultare poco rappresentativi. Inoltre, la microstadiazione pu essere
compromessa dal rischio di intrappolamento tangenziale del campione. Anche prescindendo dalla
microstadiazione di Breslow in base allo spessore del tumore, una biopsia parziale potrebbe inficiare
lindagine di altri parametri istologici, quali il tipo istogenetico del melanoma, la presenza o assenza di
ulcerazione e il livello di invasione secondo la classificazione di Clark. Lesame di campioni allestiti
alloncotomo congelatore non attendibile (Nield 1988) ed da ritenersi, pertanto, non raccomandato
con un livello di evidenza di tipo C.
4. STADIAZIONE
4.1 Classificazione della stadiazione
Nuovo sistema di
stadiazione
T2
A: Senza ulcerazione
B: Con ulcerazione
T3
A: Con ulcerazione
B: Senza ulcerazione
T4
A: Senza ulcerazione
B: Con ulcerazione
1 linfonodo
A: Micrometastasi
B: Macrometastasi
N2
2-3 linfonodi
A: Micrometastasi
B: Macrometastasi
C: metastasi in-transit/satellite(s)
senza
linfonodi metastatici
N3
Metastasi a distanza
M1a Metastasi a distanza cutanee, sottocutanee o linfonodali
LDH = Normale
LDH = Normale
M1c
LDH = Elevata
Metastasi viscerali
Qualsiasi metastasi a distanza
Stadi
Stadiazione Clinica
Stadiazione Patologica
Tis N0 M0
Tis N0 M0
IA
T1a N0 M0
T1a N0 M0
IB
T1b N0 M0
T1b N0 M0
T2a N0 M0
T2a N0 M0
T2b N0 M0
T2b N0 M0
T3a N0 M0
T3a N0 M0
T3b N0 M0
T3b N0 M0
T4a N0 M0
T4a N0 M0
IIC
T4b N0 M0
T4b N0 M0
III
Qualsiasi T N1 M0
IIA
IIB
N2
N3
IIIA
T1-4a N1-2a M0
IIIB
T1-4b N1-2a M0
T1-4a N1-2b M0
T1-4a/b N2c M0
IIIC
T1-4b N1-2b M0
T1-4b N2b M0
Qualsiasi T N3 M0
IV
Qualsiasi T, qualsiasi N, M1
FATTORE
SISTEMA VECCHIO
SISTEMA NUOVO
COMMENTI
Livello di
invasione
Utilizzato unicamente
per definire i melanomi
T1
Spessore
Secondo fattore
prognostico della
stadiazione di T, limiti
di 0.75, 1.50, 4.0 mm
Ulcerazione
Non inclusa
Metastasi
satellite
Nella categoria T
Nella categoria N
Melanomi
spessi, > 4.0
mm
Dimensioni
delle
metastasi
linfonodali
Non utilizzato
Num. di
metastasi
linfonodali
Non incluso
Carico
tumorale
metastatico
Non incluso
Metastasi
polmonari
Raggruppate insieme
a tutte le altre
metastasi viscerali
Categoria separata
come M1b
Stadiazione
Clinica vs
Stadiazione
Patologica
Il linfonodo sentinella
integrato nella
definizione della
stadiazione patologica
IA
IB
IIA*
IIB*
IIIA
IIIB
IIIAB
IV
Metastasi a distanza
* Il sistema di
stadiazione M.D.
Anderson originale
adottato secondo
Klaase (Klaase
1994), con la
suddivisione dello
Stadio II in Stadio
IIA e Stadio IIB.
unampia escissione del tumore primitivo e quindi sono stati posti sotto osservazione postoperatoria
per quei linfonodi regionali che verrebbero asportati con linfadenectomia nel caso di recidiva
linfonodale, o ad ampia escissione locale e biopsia del linfonodo sentinella con linfadenectomia
immediate nei casi di micrometastasi linfonodali; tra i due gruppi non si avuta una differenza in
sopravvivenza globale, ma allinterno del gruppo di pazienti con metastasi linfonodali la sopravvivenza
a 5 anni superiore in quei pazienti trattati subito con linfadenectomia locoregionale rispetto al gruppo
di pazienti in cui la dissezione linfonodale stata ritardata. (72.34.6% vs. 52.45.9%; hazard ratio per
il rischio di morte di 0.51; 95% CI, 0.32 a 0.81; P = 0.004) (Morton 2006).Uno studio randomizzato per
valutare se una linfadenectomia eseguita in seguito al riscontro di linfonodo sentinella positivo sia
necessaria per aumentare il controllo locale o la sopravvivenza in corso. Si eseguita una
metanalisi su 22 studi in cui erano stati arruolati 4.019 pazienti che erano stati sottoposti a biopsia del
linfonodo sentinella in stadio clinico I o II, correlando la presenza della PCR di cellule da melanoma nei
linfonodi sentinella con la stadiazione TNM, il tasso di recidiva e la sopravvivenza; dai dati analizzati
sembra che lo stato della PCR si correli sia al TNM (stadio I o II vs III; PCR positiva; 95.1% vs
46.6%;p<.0001) che alla recidiva di malattia (PCR positiva vs PCR negativa; rischio di recidiva, 16.8 %
vs 8.7 %;p<.0001). La positivit della PCR anche associata ad una prognosi peggiore (hazard ratio
[HR], 5.08; 95% CI, 1.83 to 14.08; P < .002) e ad un inferiore tempo libero da malattia (HR, 3.41; 95%
CI, 1.86 to 6.24; P < .0001)(Mocellin 2007). Poich vi una eterogeneit statistica rilevante, occorrono
nuovi e pi forti riscontri in grado di supportare queste supposizioni.
5. PROGNOSI
5.1 Considerazioni generali
5.1.0 Sesso
Il sesso maschile associato ad una maggior incidenza di tumore primario sfavorevole senza per un
aumentato rischio di metastasi linfonodali. Tuttavia , il sesso un fattore indipendente.5.1.1 La storia
naturale
Il corso clinico del melanoma determinata dalla sua disseminazione e dipende dal tipo, dallo
spessore, dalla localizzazione, dalla modalit di crescita e dallistologia del tumore primitivo.
Localmente il melanoma cresce maggiormente in diametro e soprattutto in spessore, dando origine a
lesioni ulceranti. La modalit di disseminazione non prevedibile: pu avere periodi di rapida crescita,
cos come sono anche possibili regressioni spontanee. La diffusione regionale locale consiste in
metastasi satelliti e in-transit con metastasi linfonodali.
Le metastasi linfonodali sono riscontrate nel 20% dei pazienti affetti da melanoma, e spesso
precedono le metastasi per via ematica. Nel 5% dei casi linfonodi metastatici sono riscontrabili al
momento della diagnosi iniziale. Le metastasi linfonodali sono, per lo pi, intracapsulari. La crescita
extra-capsulare e, soprattutto, la diffusione per via linfatica, sono fattori associati a una prognosi
sfavorevole.
maligna (LMM) associato ad una prognosi pi favorevole, mentre la prognosi peggiore correlata al
Melanoma Nodulare. Altre tipologie istologiche, quali il Melanoma desmoplastico e il Melanoma
Polipoide , saranno trattate pi avanti. Altri fattori prognostici istologici sono: il numero di mitosi, i
linfociti infiltranti il tumore (TIL), linvasione vascolare, la presenza di micrometastasi e lamelanosi.
stesse sedi anatomiche, in donne non gravide. Tale risultato trova spiegazione nella convinzione che la
gravidanza comporti modificazioni nella dimensione di nevi melanocitici o anche la formazione di nuovi
nevi, a cui sarebbero imputabili errori nella fase delle diagnosi precoce di melanoma. Nonostante
manchino ulteriori studi a supporto di questa tesi, in un suo lavoro (Pennoyer 1997) Pennoyer riporta
solo un 6.2% di modificazioni relativamente alla distribuzione e alle dimensioni dei nevi, allinterno di
una ristretta casistica di donne in stato di gravidanza. E pertanto raccomandato con un livello di
evidenza di tipo C, che lindicazione ad intraprendere una gravidanza dopo un trattamento per
melanoma maligno, sia basata sui criteri prognostici gi noti, di cui lo spessore e lo stadio di malattia
sono i pi importanti (MacKie 1991; OMeara 2005). Minima o nulla sembra essere, allo stato attuale,
linfluenza di contraccettivi orali, anche assunti per lunghi periodi, sullincidenza e gli esiti del
melanoma (Slingluff 1993a). Lo stesso vale per la terapia ormonale sostitutiva (Armstrong 1992)
6. TRATTAMENTO
6.1 La strategia terapeutica alla diagnosi clinica
6.1.1 Dati generali
La chirurgia costituisce lopzione standard con un livello di evidenza di tipo C per il melanoma primitivo
localizzato. Lampiezza dei margini di resezione varia, a seconda della profondit della lesione, fino ad
un massimo di 2 cm per lesioni, la cui profondit non supera i 2 mm. Le lesioni con spessore inferiore
a 2 mm possono essere escisse con un margine di 1 cm. La tendenza a mantenere margini di
Lescissione lungo la fascia muscolare viene solitamente eseguita perpendicolarmente alla superficie
(Kenady 1982). Lasciare intatta la fascia costituisce una procedura standard con un livello di evidenza
di tipo C. Laddove possibile, la cicatrizzazione per prima intenzione costituisce lopzione standard con
un llivello di evidenza di tipo C. Le escissioni terapeutiche, cos come le escissioni diagnostiche,
possono essere effettuate anche in regime ambulatoriale, senza ricovero.
6.3 Il trattamento nello stadio I (AJCC) di malattia (IA: pT1a, N0, M0; IB: pT1b, T2a,
N0, M0)
6.3.1 Strategia terapeutica generale
La chirurgia costituisce lopzione terapeutica standard con un livello di evidenza di tipo C per il
trattamento del melanoma localizzato. Nei pazienti con linfonodi clinicamente negativi, lindicazione ad
una linfadenectomia elettiva tuttora controversa e tale procedura , pertanto, da ritenersi non
raccomandata con un livello di evidenza 1 (Balch 2000; Balch 1988). La biopsia del linfonodo
sentinella costituisce unopzione sperimentale promettente che con ogni probabilit costituir in futuro
la soluzione a tale controversia (Balch 1999a; Cascinelli 1998).
Questo tipo di approccio terapeutico non , pertanto raccomandato. I pazienti con stadio clinico I,
successivamente sovrastadiati dalla biopsia del linfonodo sentinella allo stadio III sono candidati ad
entrare in studi relativi a trattamenti adiuvanti con IFN, vaccini, etc. Il ruolo della radioterapia dopo
linfadenectomia attualmente in stato di rivalutazione. Essa pu essere impiegata come trattamento
appropriato per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza di tipo R, con lintento di
massimizzare il controllo locale quando, pur in presenza di un residuo di malattia in situ, microscopico
o macroscopico, un secondo intervento sia reso impossibile dal rischio di morbidit, per ragioni cliniche
o a causa degli effetti sfiguranti (Bastiaannet 2005).
6.4 Stage II (AJCC) disease (IIA: pT2b, T3a, N0, M0; IIB: pT3b, T4a, N0, M0; IIC:
T4b, N0, M0)
6.4.1 Strategia terapeutica generale
La chirurgia costituisce lopzione terapeutica standard nel trattamento del melanoma primitivo
localizzato. Per le lesioni di spessore compreso tra 2 e 4 mm, un margine di 2 cm ritenuto standard
con un livello di evidenza 1 (Balch 1993). Riguardo ai margini di resezione per il melanoma
desmoplastico e il melanoma tipo lentigo maligna si vedano anche le sezioni 5.4.1 e 6.3.2. Nei pazienti
con linfonodi clinicamente negativi, lindicazione ad una linfadenectomia elettiva tuttora controversa e
tale procedura , pertanto, da ritenersi non raccomandata con un livello di evidenza 1 (Balch 2000;
Balch 1988). La biopsia del linfonodo sentinella, promettente approccio sperimentale, potrebbe
dirimere tale controversia. Non esiste, invece, alcuna evidenza dei possibili benefici di una
chemioterapia adiuvante o di una radioterapia post-operatoria della stazione di drenaggio linfatico.
Questultima risultata molto efficace nel trattamento dei melanomi del distretto cervico-facciale o ai
fini di un miglior controllo loco-regionale (Bastiaannet 2005) e deve essere considerata unopzione
appropriata per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza di tipo R. Soltanto due studi
randomizzati hanno confermato lefficacia dellinterferone- a nellaumentare lintervallo libero da
malattia e del tasso di sopravvivenza nei pazienti con malattia di stadio IIIC (Kirkwood 1996; Kirkwood
2001), nonostante altri 4 studi randomizzati abbiano riportato un vantaggio in termini solo di intervallo
libero di malattia (Creagan 1995; Grob 1998; Kirkwood 1996; Pehamberger 1998). Lefficacia
dellinterferone-a, riportata dallo Studio dellECOG 1964 (Eastern Cooperative Oncology Group) sul
trattamento ad alte dosi, non stata, tuttavia, riprodotta nel successivo studio di Intergruppo (Kirkwood
2000). Pertanto, il trattamento adiuvante con IFN-a nello stadio II del melanoma, deve essere
considerato non raccomandato con un livello di evidenza 1. I pazienti in stadio II, che sono stati
sovrastadiati a stadio III con biopsia del linfonodo sentinella, sono eleggibili per larruolamento in studi
randomizzati relativi a trattamenti adiuvanti con INF, vaccini ecc.
Il trattamento adiuvante di perfusione regionale nel melanoma primario non di alcun beneficio.I
risultati del grande trial EORTC/WHO su questo quesito sono risultati negativi, sia nellimpatto di
sopravvivenza globale, che sulla riduzione di recidive locali nellarto trattato (Koops 1998).
6.4.7 La radioterapia
Lirradiazione post-operatoria di lesioni primarie profonde considerata in fase sperimentale o
appropriata per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza di tipo R (Cooper 1998; Geara
1996; Storper 1993). Il ruolo dei trattamenti radioterapici post-operatori attualmente al vaglio. Una
radioterapia post-operatoria pu essere somministrata per massimizzare il controllo locale nelle
seguenti situazioni:
a) in presenza di un residuo si malattia in situ, microscopico o macroscopico, quando un secondo
intervento sia reso impossibile da un rischio troppo alto di morbilit, oppure qualora la chirurgia potesse
risultare mutilante per il paziente (Garbe 2008);
b) in lesioni localizzate nel distretto cervico-facciale, in cui c un alto rischio di recidiva a causa della
profondit dellinvasione, indicato irradiare il campo chirurgico e/o larea linfonodale regionale (Ang
1994);
c) Fattori associati ad un elevato rischio di recidiva del tumore primitivo, quali il sottotipo
desmoplastico, margini microscopici positivi, malattia recidivante e lesioni primitive di spessore
importante, con ulceraziioni o presenza di lesioni satelliti (Ballo 2004a).
Nei casi di lesioni del capo e del collo, in cui il melanoma pu essere considerato unentit a s, con
una propria evoluzione biologica, si pu ricorrere ad unirradiazione elettiva post-operatoria (Cooper
1998; Geara 1996; Storper 1993). Lirradiazione elettiva una possibile alternativa alla
linfadenectomia elettiva e, in alcuni casi, anche alla biopsia del linfonodo sentinella (Bonnen 2004). In
generale, la radioterapia pu essere considerata una procedura appropriata per uso clinico
individualizzato con un livello di evidenza 3. A seconda dellestensione della malattia, della sede e del
rischio di effetti collaterali, possono essere impiegati diversi programmi di ipofrazionamento, quali, per
esempio, 3 Gy x 18, 4.5 Gy x 10, 6 Gy x 5, 7-8 Gy x 3 (schemi di 0-7-21 giorni).
6.5 Il trattamento dello Stadio III (AJCC) di malattia (qualsiasi T, N 1-3, M0)
6.5.1 Strategia terapeutica generale
La chirurgia costituisce lopzione terapeutica standard con un livello di evidenza di tipo C nel
trattamento del melanoma primitivo avanzato. Per lesioni di spessore superiore a 2 mm, i margini di
resezione devono essere pi ampi, a seconda della profondit del melanoma, fino ad un massimo di 2
cm (vedi sezioni 6.3.1 e 6.4.1). La linfadenectomia terapeutica costituisce il trattamento standard con
un livello di evidenza di tipo C; lasportazione di un unico linfonodo ritenuta inappropriata. Non esiste,
alcuna evidenza dei possibili benefici di una chemioterapia adiuvante per lo stadio III (Nathan 1995). Il
ruolo dellInterferone alpha (IFN-alpha) stato indagato allinterno di pochi studi randomizzati
(Cascinelli 2001; Nathanson 1996) e lunico beneficio provato da tali studi stato ottenuto con alte dosi
di IFN-alpha (20 MU/m2/giorno iv x 5 giorni a settimana x 4 settimane, seguito da 10 MU/m2 3 volte
alla settimana x 48 settimane) somministrate ad un sottogruppo di pazienti selezionati, che hanno
riportato, per, importanti effetti tossici (Kirkwood 2000; Kirkwood 2001; Kirkwood 1996). Una recente
revisione di tutti gli studi randomizzati sul trattamento adiuvante con Interferone alpha (a basse, alte o
medie dosi), ha concluso che, secondo gli studi non evidente alcun beneficio dellimpiego di IFNalpha a basse dosi con dati maturi sullintervallo libero da malattia e sulla sopravvivenza complessiva,
mentre alte dosi di IFN- alpha potrebbero avere vantaggi sullintervallo libero da malattia, ma a costo di
rilevanti effetti tossici sui pazienti (Punt 2001). Persino i dati dello studio ECOG 16964 (Eastern
cooperative Oncology Group), che riportavano un beneficio in termini di sopravvivenza, sembrano
ridimensionati dal follow-up a lungo termine (dati non ancora pubblicati). Alla luce di quanto detto,
possiamo concludere che, con un livello di evidenza 2, non esiste alcuna prova del possibile ruolo
dellIFN-alpha a basse dosi nel trattamento adiuvante dello stadio III del melanoma, mentre limpiego di
alte dosi di IFN-alpha deve essere considerato appropriato per uso clinico individualizzato con un
livello di evidenza 2.
Un totale di 444 pazienti con melanoma in stadio III provenienti da 42 centri German Dermatologic
Cooperative Oncology Group che hanno beneficiato di una dissezione linfonodale completa sono stati
randomizzati a ricevere o 3MU di IFNa2a 3 volte a settimana per 2 anni (braccio A) sia a ricevere, oltre
allinterferon, anche DTIC 850mg/mq ogni 4-8 settimane per 2 anni (braccio B) o solo osservazione
(braccio C). Il trattamento stato interrotto non appena si riscontrata una recidiva. 3MU di interferon
?2a date s.c. 3 volte la settimana per 2 anni hanno significativamente migliorato la sopravvivenza
globale e libera di malattia in quei pazienti sottoposti a dssezione dei linfonodi ascellari. Interessante
come laggiunta di DTIC alla terapia con interferon sia risultata dannosa. (Garbe 2008). Sicuramente
questi risultati dimostrano un beneficio dato dalla terapia a basse dosi con Interferon per due anni in
pazienti con melanoma in stadio III rispetto alla sola osservazione, ma non ci dicono nulla rispetto ad
una terapia con iFN ad alte dosi. Gli studi che confrontino la fase di induzione con IFN iv ad alte dosi
rispetto a IFN ad alte dosi per un anno sono in corso in Grecia, Germania e Italia; ma ognuno di essi
deficitario di un braccio di controllo, pertanto i risultati risultano non definitivi, LA tossicit del regime di
induzione rispetto al classico regime di Kirkwood stata pubblicata dal gruppo italiano (Chiarion-Sileni
2006).
Gogas e colleghi hanno riportato all Hellenic Melanoma group trial all ASCO 2007, come un mese di
induzione di IFN ad alte dosi simile come efficacia ad un anno di terapia ad alte dosi per un anno, ed
chiaramente meno tossica (Gogas 2007).
Il pi recente trial riportato di melanoma in stadio III stato quello dellEORTC 18991 in 1256 pazienti,
che hanno confrontato una terapia a lungo termine (5 anni) con IFNa2b peghilato rispetto alla sola
osservazione. C stata un significativo e sostanziale impatto di riduzione della recidiva sulla
popolazione trattata. Limpatto sul DMFS e sull OS non per stato significativo. Comunque i pazienti
in stadio III-N1, definiti come pazienti con linfonodo sentinella positivo, hanno avuto un significativo
aumento di RFS e DMFS se trattati nel braccio di terapia con IFN (Eggermont 2008).
Gli ultimi risultati di una metanalisi che ha incluso I dati di 13 trial clinici stata riportata allASCO 2007
da Wheately et al allinterno del International Malignant Melanoma Collaborative Group.
Dati riguardanti pi di 6000 pazienti sono stati analizzati con eventi riguardanti la DFS (3700 eventi) e
lOS (3000 eventi).Dati di pazienti individuali sono stati raccolti in 11 dei 13 trials dove lIFN era stato
comparato a sola osservazione (87% delle serie complete di casi) e i dati pubblicati sono stati usati per
i restanti 2 trials. Si visto un beneficio statisticamente significativo per i pazienti trattati con IFN (p
=0.00004) per la DFS: e questo beneficio indipendente dal dosaggio di IFN usato (p=0.2) o dalla
durata (p=0.5). Le meta-analisi hanno dimostrato un beneficio statisticamente significativo in OS
(p=0.008); non c evidenza di variazioni di beneficio per differenti dosi di IFN (p=0.8 o durata di
IFN(p=0.9). Un beneficio in termini di sopravvivenza stato di circa il 3% per pazienti trattati con IFN,
con un intervallo di confidenza tra l1% e il 5%.Leffetto di IFN non era legato allet, alla sede del
tumore, al Breslow, allo stadio di malattia o al numero di linfonodi interessati. I pazienti con melanoma
ulcerato hanno avuto un maggior beneficio dalla tp con IFN. Gli autori concludono che questa
metanalisi fornisce levidenza che IFN in fase adiuvante riduca significativamente il rischio di recidiva e
aumenti la sopravvivenza globale, nonostante il beneficio in termini di sopravvivenza sia comunque
relativamente piccolo (Wheatley 2007). La questione che nonostante il beneficio sia statisticamente
significativo, questo consiste solo in un 1-5% di beneficio, e questi valori sembra non siano sufficienti
per dare un trattamento adiuvante con consistenti tossicit come quelle associate a IFN ad alte dosi.
Se quindi si deve prendere in considerazione un trattamento adiuvante questo deve essere quello con
IFN a basse dosi, la cui tossicit veramente minima.
2001). Tuttavia, il il breve follow-up relativo a questo studio (meno di due anni) non consente ancora di
trarre conclusioni definitive. Dati definitivi non sono stati prodotti neppure dallo Studio condotto
dallEORTC (European Organization for Research and Treatment of Cancer) 18952, realizzato su
1418 pazienti. Una recente revisione di tutti gli studi randomizzati sul trattamento adiuvante con
Interferone a (a basse, alte o medie dosi), ha concluso che, secondo gli studi con dati maturi
sullintervallo libero da malattia e sulla sopravvivenza complessiva, non evidente alcun beneficio
dellimpiego di IFN-a a basse dosi, mentre alte dosi di IFN-alpha potrebbero avere vantaggi
sullintervallo libero da malattia, ma a costo di rilevanti effetti tossici sui pazienti (Punt 2001).
Una metanalisi di studi condotti con un follow-up mediano di 2.1-12.6 anni ha dimostrato un
miglioramento significativo, di circa il 10% a 5 anni, in termini di intervallo libero da ripresa di malattia
nei pazienti trattati con IFN-alpha ad alte dosi, senza, tuttavia, evidenziare chiari benefici in termini di
sopravvivenza globale, rispetto ai pazienti randomizzati per osservazione o terapia con vaccino
(Kirkwood 2004). La tossicit asscociata a IFN-alpha alta (Kirkwood 2002) e, alla luce della
mancanza di evidenza di un beneficio in termini di sopravvivenza globale, tale terapia non pu essere
indicata come terapia adiuvante standard. Invece da un recente studio eseguito in pazienti con stadio
III di malattia (Garbe 2008) si evidenziato con un livello 2 di evidenza il possibile ruolo dellutilizzo di
IFN a basse dosi per 2 anni di trattamento in fase adiuvante, mentre lIFN ad alte dosi potrebbe essere
considerato appropriato per utilizzo clinico individualizzato con un livello di evidenza 2. Un grande
studio randomizzato, lEORTC 18952, con un braccio di controllo ancora presente, ha confrontato
lutilizzo di IFN a dosi intermedie s.c. (5 UM 3 volte a settimana per 2 anni) dimostrando un ritardo nella
comparsa di metastasi , ma senza un vantaggio in sopravvivenza (Eggermont 2005). Un particolare
riguardo suggerito nei riguardi dell utilizzo di radioterapia concomitante, in quanto noto il rischio di
un incremento della tossicit indotta dalla radioterapia (Conill 2007).
Un recente metanalisi su 12 trials con IFN adiuvante in pazienti con melanoma ad alto rischio hanno
dimostrato come lIFN sia in grado di incrementare il tempo libero da recidiva in un particolare gruppo
di pazienti. Una riduzione del 17% del rischio di recidiva stata infatti calcolata. Comunque gli effetti
su un eventuale aumento della sopravvivenza sono di un impatto inferiore con un 7% di riduzione del
rischio di morte (Wheatley 2002; Wheatley 2003). La maggior parte dei trials clinici eseguiti per
valutare lefficacia della terapia adiuvante sono stati in realt in grado di dimostrare solo differenze
statistiche minime. Anche se in un grande studio EORTC su 1388 pazienti con solo un grosso tumore
primario o solo metastasi linfonodali regionali, stato riscontrato un piccolo incremento (7.2%)
nellintervallo libero da metastasi e un 5.4% di vantaggio di sopravvivenza dopo un follow up mediano
di 4.65 anni con una dose intermedia di IFN sc (5 MU 3 volte a settimana per 2 anni) rispetto alla sola
osservazione.
Le differenze non sono state statisticamente significative (Eggermont 2005). E necessaria una pi
attenta selezione di pazienti che possano beneficiare della terapia con IFNa, ma non eseguibile in
assenza di fattori predittivi. Un totale di 444 pazienti con melanoma in stadio III provenienti da 42 centri
German Dermatologic Cooperative Oncology Group che hanno beneficiato di una dissezione
linfonodale completa sono stati randomizzati a ricevere o 3MU di IFNa2a 3 volte a settimana per 2
anni (braccio A) o a ricevere oltre allinterferon anche DTIC 850mg/mq ogni 4-8 settimane per 2 anni
(braccio B) o solo osservazione (braccio C). Il trattamento stato interrotto non appena si riscontrava
una recidiva. 3MU di interferon ?2a date s.c. 3 volte la settimana per 2 anni hanno significativamente
migliorato la sopravvivenza globale e libera di malattia in quei pazienti sottoposti a dssezione dei
linfonodi ascellari. Interessante come laggiunta di DTIC alla terapia con interferon si a risultata
dannosa. (Garbe 2008). Sicuramente questi risultati dimostrano un beneficio dato dalla terapia a basse
dosi con Interferon per due anni in pazienti con melanoma in stadio III rispetto alla sola osservazione,
ma non ci dicono nulla rispetto ad una terapia con iFN ad alte dosi. Gogas e colleghi hanno riportato
all Hellenic Melanoma group trial all ASCO 2007, che un mese di induzione di IFN ad alte dosi simile
come efficacia ad un anno di terapia ad alte dosi per un anno, ed chiaramente meno tossica. (Gogas
2007). Il pi recente trial riportato di melanoma in stadio III stato quello dellEORTC 18991 in 1256
pazienti, che hanno confrontato una terapia a lungo termine (5 anni) con IFNa2b peghilato rispetto alla
sola osservazione. C stata una significativa e sostanziale impatto di riduzione della recidiva sulla
popolazione trattata. Limpatto sul DMFS e sullOS non per stato significativo. Comunque i pazienti
in stadio III-N1, definiti come pazitni con linfonodo sentinella positivo, hanno avuto un significativo
aumento di RFS e DMFS se trattati nel braccio di terapia con IFN. (Eggermont 2008).
La perfusione regionale pu essere considerata investigazionale o appropriato di uso clinico
individualizzato con un livello 2 di evidenza come unaggiunta allescissione locale a scopo di
aumentare il controllo locale in presenza di metastasi in transit (Hafstrom 1991; Vrouenraets 1996)
anche se non risultata evidente nessun incremento di sopravvivenza.
6.5.5 La radioterapia
Lirradiazione post-operatoria di lesioni primarie profonde considerata in fase sperimentale o
appropriata per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza di tipo R (Ballo 2003; Cooper
1998; Elsmann 1991; Geara 1996). Il ruolo dei trattamenti radioterapici post-operatori attualmente al
vaglio. Una chemioterapia post-operatoria pu essere somministrata per massimizzare il controllo
locale nelle seguenti situazioni:
a) in presenza di un residuo si malattia in situ, microscopico o macroscopico, quando un secondo
intervento sia reso impossibile da un rischio troppo alto di morbilit, oppure qualora la chirurgia potesse
risultare mutilante per il paziente oppure per ragioni cliniche (Cooper 1998; Elsmann 1991; Geara
1996);
b) in lesioni localizzate nel distretto cervico-facciale, in cui c un alto rischio di recidiva a causa della
profondit dellinvasione, indicato irradiare il campo chirurgico e/o larea linfonodale regionale (Ang
1994; Ballo 2003; Storper 1993);
c) dopo una linfadenectomia terapeutica a fronte di metastasi linfonodali, in presenza di margini
ristretti e di diffusione linfonodale multipla e/o extra-nodale della malattia (Ballo 2002; Ballo 2003;
Creagan 1978; Hansson 1993; OBrien 1995; Ballo 2006; Mendenhall 2008; Burmeister 2006).
Il trattamento dei noduli inguinali pu talvolta comportare recidive cutanee allinterno del campo di
irradiazione o un linfedema correlato al trattamento (Ballo 2004 b). Il ruolo della radioterapia post.operatoria per il trattamento delle metastasi linfonodali stato indagato nellambito di due studi
randomizzati, utilizzando o uno schema di ipofrazionamento 7 frazionamenti a settimana di 6 Gy,
oppure uno schema di frazionamento convenzionale 50 Gy in 25 frazioni. Rispetto alla
sopravvivenza globale o al tasso di mortalit non si sono notate differenze tra i due schemi, mentre
una ridotta percentuale di recidiva stata ottenuta nei pazienti trattati con gli schemi di
ipofrazionamento. Questo tipo di trattamento pu, pertanto, essere considerato appropriato per uso
clinico individualizzato con un livello di evidenza 2 (Ballo 2002; Ballo 2003; Creagan 1978; Hansson
1993; Ross 1994; Burmeister 2006). Nei casi di lesioni del capo e del collo, quando il melanoma pu
considerarsi unentit a s, con una propria evoluzione biologica, si pu ricorrere ad unirradiazione
elettiva post-operatoria (Ballo 2005). In generale, la radioterapia pu essere considerata una
procedura appropriata per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza 3. A seconda
dellestensione della malattia, della sede, del rischio di effetti collaterali, e della presenza o meno di
linfonodi regionali, possono essere impiegati diversi programmi di ipofrazionamento, quali, per
esempio 2.4 Gy x30, 3 Gy x 18, 4.5 Gy x 10, 6 Gy x 5, 7-8 Gy x 3 (schemi di 0-7-21 giorni) (Ang 1994;
Cooper 1998; Geara 1996; Storper 1993; Burmeister 2006).
6.6.3.1 La metastasectomia
In alcuni pazienti con metastasi ematogene la metastasectomia appropriato per uso clinico
individualizzato con un livello di evidenza di tipo R (Balch 1999b). Tale approccio chirurgico risulta
spesso un trattamento palliativo veloce ed efficace. Lindicazione per una metastasectomia piuttosto
forte in caso di metastasi solitarie, tanto pi dal momento che altri trattamenti citostatici sistemici o di
immunoterapia si sono rivelati quasi del tutto inefficaci. La metastasectomia particolarmente indicata
in caso di metastasi cutanee o sottocutanee. Il ricorso alla metastasectomia anche suggerito per
quei pazienti con malattia e/o complicanze da melanoma metastatico gastrointestinale, quali
sanguinamento acuto o cronico, ileo (invaginazione) o perforazione (Klaase 1990). Lescissione di
ununica metastasi cerebrale risulta, a volte, una buona terapia palliativa. In un vasto studio
retrospettivo, i fattori associati in modo significativo ad un incremento della sopravvivenza, nellambito
di unanalisi multivariata, sono stati i seguenti: il trattamento chirurgico, lassenza di metastasi extracerebrali concomitanti, la giovane et del paziente, e un lungo intervallo libero da malattia (Fife 2004).
In caso di metastasi polmonari, la palliazione non costituisce lo scopo terapeutico principale, anche se
a fronte di ununica metastasi polmonare, si pu ottenere un prolungamento della sopravvivenza.
6.6.3.2 La radioterapia
La radioterapia pu essere considerato un trattamento palliativo appropriato per uso clinico
individualizzato per i casi di compressione midollare, di metastasi cerebrali, linfonodali, polmonari e
osse, per le metastasi cerebrali dopo lintervento chirurgico e, da ultimo, per il controllo del dolore
(Buchsbaum 2002; Cooper 1998; Ewend 1996; Geara 1996; Gerosa 2002; Jenrette 1996; Olivier
2007). Il suo ruolo dopo una linfadenectomia terapeutica considerato appropriato per uso clinico
individualizzato in pazienti selezionati, con un livello di evidenza 3 (Ang 1994; Cooper 1998; Creagan
1978; Elsmann 1991; Geara 1996; Hansson 1993; Storper 1993). I dati radio-biologici e clinici
disponibili non indicano pi una radioresistenza del melanoma (Overgaard 1995; Perchel 1994;
Rounsaville 1988; Sause 1991). La radiosensibilit intrinseca appare eterogenea, ma entro la gamma
di valori osservati nella grande maggioranza delle linee cellulari tumorali il melanoma si dimostra
altamente responsivo a diversi regimi radioterapici frazionati. Le cellule del melanoma hanno la
capacit di riparare efficacemente sia il danno subletale, sia il danno potenzialmente letale (Konefal
1988; Overgaard 1985; Rofstad 1994). I dati clinici concludono che con frazionamenti ad alte dosi si
possa ottenere una percentuale pi elevata di remissioni complete (Overgaard 1985), anche se uno
studio randomizzato, in cui sono state comparate alte dosi (8 Gy x 4) e basse dosi (2.5 x 20) per
frazionamento, ha ottenuto risultati sostanzialmente uguali per entrambi gli schemi (range 23-72%;
controllo locale a 2 anni: 48-82%). Entrambi gli schemi possono, pertanto, essere considerati opzioni
standard con un livello di evidenza 2 (Cooper 1998; Geara 1996; Sause 1991). Maggiori dosi totali
sono suggerite come metodo per offire una prolungata palliazione (Olivier 2007). La scelta del regime
radioterapico pi appropriato dettata dallaspettativa di vita del paziente, dalla sua qualit di vita o
dalla comparsa di sequele tardive: tale procedura da considerare appropriata per uso clinico
individualizzato con un livello di evidenza di tipo R.
6.6.3.3 La chemioterapia
La chemioterapia sistemica non ha dimostrato unattivit significativa nel trattamento del melanoma. Gli
agenti chemioterapici pi efficaci sono: dacarbazina (DTIC), nitrosuree cisplatino (CDDP), e gli
alcaloidi della Vinca. La dacarbazina considerata il pi attivo degli agenti singoli, con una risposta che
si attesta tra il 12 e il 20%. Tuttavia, studi recenti rilevano un tasso di risposta inferiore al 10% nei
pazienti trattati con sola DTIC. Risposte in siti viscerali sono rare mentre aneddotica la risposta su
metastasi cerebrali (Balch 1989). Inoltre, tassi di risposta pi elevati, riportati in studi su protocolli di
polichemioterapia, non si sono tradotti in beneficio in termini sopravvivenza, bens soltanto in un
incremento significativo della tossicit (Jungnelius 1998; Jelic 2002; Bafaloukos 2005). Sinora, n la
polichemioterapia, n laggiunta di tamoxifen, interferone, interleukina-2, hanno prodotto, allinterno di
27 studi randomizzati, un miglioramento della sopravvivenza. Il temozolomide un profarmaco della
dacarbazina, che pu essere somministrato per via orale e viene meglio distribuito nel liquido
cerebrospinale. Si tratta di un nuovo farmaco molto promettente, sia per la possibilit di essere
somministrato per via orale, sia perch il tasso di risposta simile a quello ottenuto con la dacarbazina
(21% CR + PR in uno studio di fase III) (Middleton 2000b). La risposta ottenuta con la fotemustina,
farmaco non ancora disponibile in tutto il mondo, nel melanoma metastatico si attesta intorno al 24%,
con un 20-25% di risposte per quanto riguarda le metastasi cerebrali. La tossicit solitamente
accettabile e include soprattutto neutropenia e trombocitopenia (Jacquillat 1990). In un recente studio
clinico randomizzato, la fotemustina ha ottenuto un tasso di risposta complessiva del 15%, che non si
, tuttavia, tradotto in un effettivo vantaggio in termini di sopravvivenza, rispetto ai pazienti trattati con
DTIC (Avril 2004). Per tutti questi farmaci, la risposta completa corrisponde a meno del 10% dei casi,
e la durata mediana della risposta tra 4 e 6 mesi. Diversi regimi chemioterapici con 2, 3 o 4 agenti
sono stati testati.
I pi comuni sono CVD (Cisplatino, Vinblastina, dacarbazina) o la combinazione di Cisplatino (CDDP)
e Dacarbazina (DTIC). La risposta completa riscontrata con questi schemi chemioterapici si aggira
intorno al 30-45%. La durata mediana della risposta e le percentuali di risposta completa non si
discostano in modo significativo dai risultati ottenuti con la fotemustina o la dacarbazina utilizzate
come agenti unici (Luikart 1984). Nonostante sia preferibile arruolare pazienti con melanoma
metastatico in studi di fase III, la scelta tra monochemioterapia e polichemioterapia viene considerata
appropriata per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza di tipo R, poich non esistono dati
a supporto di un vantaggio sulla sopravvivenza con trattamenti indipendenti da altri fattori prognostici.
La combinazione di DTIC con altri singoli agenti attivi e/o composti immuno-terapeutici non dimostra un
incremento clinico significativo della sopravvivenza, oltre a determinare un potenziale incremento della
tossicit, rispetto alla somministrazione della DTIC come singolo agente (850-1000 mg/m2) una volta
ogni 3 settimane (Eggermont 2004).
Laggiunta di oblimersen alla dacarbazina, con lintento di bypassare leventuale resistenza alla
chemioterapia, ha significativamente incrementato il tempo di progressione libera da malattia (mediana
di 2.6 mesi vs 1.6 mesi;p<001), la sopravvivenza globale (13.5% vs 7.5%;p<.007),le risposte complete
(2.8% vs 0.8%) e la durata della risposta (7.3%vs 3.6%;p<.03) in circa 771 pazienti con melanoma
avanzato sottoposti a ricevere o solo dacarbazina o dacarbazina in combinazione con il farmaco
precedentemente menzionato. Si osservata una significativa variazione tra il valore di LDH basale ed
il trattamento.Oblimersen ha incrementato significativamente la sopravvivenza in quei pazienti in cui il
valore base di LDH non era elevato (sopravvivenza mediana 11.4 vs 9.7 mesi;p<.02) (Bedikian 2006).
Nonostante i valori riportati siano statisticamente significativi, il loro significato clinico rimane ancora
irrilevante.
6.7.2 Melanomi delle unghie delle mani e delle unghie dei piedi
Per questi melanomi, lamputazione spesso considerata la migliore opzione terapeutica.
Lamputazione nei melanomi subunguali delle dita dei piedi pu essere operata a livello della giuntura
metatarsofalangea, mentre per i melanomi subungueali delle dita delle mani, il livello dellamputazione
pu essere la giuntura falagea prossimale. In caso di melanomi subungueali sottili, lamputazione deve
avvenire a livello pi distale. Per i melanomi subunguale del pollice, il trattamento standard con un
livello di evidenza di tipo R lamputazione distale allarticolazione metacarpofalangea, laddove
possibile, onde preservare qualche funzione al moncone del pollice.
Meno del 20% dei pazienti sviluppa un melanoma nellarea cervico-facciale. Si considera che tali
pazienti abbiano una prognosi piuttosto sfavorevole, nonostante manchino dati conclusivi in tal senso.
Molto probabilmente, un melanoma localizzato sul cuoio capelluto ha una prognosi sfavorevole, perch
al momento della diagnosi ha uno spessore maggiore rispetto ad altri tipi di melanoma. In tali
occasioni, il chirurgo deve fare appello al proprio giudizio, soppesando da una parte, gli aspetti
funzionali ed estetici, e dallaltra, laumento del rischio di recidiva locale, legato alla scelta di restringere
i margini di resezione rispetto agli standard. Non ci sono dati a supporto dellipotesi che margini meno
ampi in questarea comportino un incremento del rischio di recidive locali. Il ricorso a lembi cutanei nel
distretto cervico-facciale, soprattutto sul volto, raramente indicato. Per il trattamento di alcuni tipi e in
alcuni stadi del melanoma, una radioterapia post-operatoria e adiuvante pu essere appropriata (Ang
1994; Cooper 1998; Geara 1996; Morton 1991; Burmeister 2006). La radioterapia considerata
appropriata per uso clinico individualizzato con un livello di evidenza 3. Diversi sono gli schemi di
ipofrazionamento impiegabili, quali 3Gy x 18, 4.5 Gy x 10, 6 Gy x 5, 7-8 Gy x 3 (schemi in 0-7-21
giorni), a seconda dellestensione della malattia, della sede delle lesioni, del rischio di effetti collaterali,
della presenza o meno di linfonodi regionali coinvolti (Ang 1994; Storper 1993).
7. LE SEQUELE TARDIVE
7.1 Il trattamento delle sequele tardive correlate al trattamento
Ferite sfiguranti e cicatrici sono le sequele pi frequenti dovute al trattamento chirurgico di un
melanoma. In tali casi pu essere necessario un intervento di chirurgia plastica.
8. FOLLOW-UP
8.1 Scopi generali del follow-upIl follow-up post-operatorio lo stesso per tutti Ii pazienti operati per un
melanoma, a prescindere dalla sede del tumore. Lo scopo principale del follow-up lindividuazione di
uneventuale ripresa di malattia locoregionale e linfonodale, poich le metastasi a distanza sono
incurabili e tutti gli esami di laboratorio e imaging non hanno rivelato alcuna utilit. La valenza del
(potenziale) marcatore tumorale nel sangue, la proteina S-100, attualmente oggetto di indagine.
Alcuni rapporti hanno indicato che questo marcatore pu essere utilizzato nellindividuazione di
recidive locali, prima che queste diventino manifeste (Bonfrer 1998). Tutti i pazienti vengono invitati ad
eseguire un autoesame cutaneo periodico. Non ci sono studi sulla frequenza delle visite di follow-up. In
un ampio studio effettuato su 602 pazienti con melanomi con spessore minimo (< 0.75 mm), sono stati
riscontrati, a 5 anni, soltanto 24 casi (4%) di recidive, e tra questi soltanto 5 (1%) erano recidive
operabili (Moloney 1996).
Lunico studio prospettico sul follow up stato condotto in Germania su 2008 pazienti consecutivi con
melanoma in stadio I-IV.Il protocollo di follow up stato portato avanti sulle linee guida stabilite nel
1994 da German Society of Dermatology, che raccomandava visite di follow up ogni 3 mesi per I primi
5 anni, poi ogni sei mesi sino al raggiungimento del 10 anno dopo lasportazione del melanoma. I
risultati di questo studio suggeriscono che una schedula di follow up elaborata sia in grado di
riscontrare precocemente melanomi secondari o di riscontrare piu precocemente le recidive (Garbe
2003).
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Tradotto da:
Dr. Maria Teresa Giannelli
Redazione START Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori Milan, Italy
mail: start@istitutotumori.mi.it
Dr.ssa Chiara Rossini
mail: chiara.rossini@virgilio.it