2022
Sbobinatori: Federica Ronchini e Maria Parisi
Controllore: Gabriella Massarenti
Docente: Prof. Michelangelo Fiorentino
Argomenti: Tumori del rene
I tumori del rene non sono frequenti rappresentando circa il 2% di tutti i tumori maligni, ma la loro
incidenza è in aumento. Questo aumento di incidenza è legato a due ragioni: sia ad un aumento di
diagnosi incidentali perché si fanno più TC ed ecografie per cui vengono diagnosticati più tumori di
piccole dimensioni, sia ad un vero e proprio aumento di incidenza di tumori diagnosticati già in fase
avanzata e la causa sembrerebbe correlata allo stile di vita e alla sindrome metabolica. Il cancro del
rene, come anche quello della prostata, dell’endometrio e molti altri, è associato allo stile di vita, al
sovrappeso.
Anche la distribuzione geografica è peculiare: sono tumori che prevalgono nelle nazioni sviluppate,
come nei paesi del centro Europa e in particolar modo in Repubblica Ceca. Non si conosce con esattezza
la ragione di ciò, ma è indice del ruolo dei fattori ambientali e dietetici.
La terapia dei tumori del rene è chirurgica, ma da qualche anno per i casi metastatici esistono i farmaci
target e l’immunoterapia, molto efficaci e che stanno migliorando la sopravvivenza.
La tabella mostra un
aumento dell’incidenza dal
2000 in poi, legata ai due
fattori di cui si è parlato, e
una mortalità che circa si è
mantenuta tale, solo in
lieve calo. Questo è dovuto
al fatto che i casi avanzati
lo sono sin dall’inizio,
hanno alta malignità e
cattiva prognosi per
definizione, mentre quelli
con buona prognosi lo
sono a prescindere dal
fatto che vengano operati o meno. Non c’è una sostanziale differenza di mortalità tra il ‘92 dove la
chirurgia era una sola e si asportava tutto il rene ed oggi dove la chirurgia robotica consente di
enucleare piccole lesioni. La chirurgia robotica è quella di elezione per le piccole lesioni renali (sotto i
4cm, pT1).
EPIDEMIOLOGIA MOLECOLARE
L’epidemiologia molecolare vede alcune malattie
autosomiche dominanti in cui si sviluppano
tumori renali, con alla base alterazioni che
possono presentarsi anche nei tumori sporadici
(nds: i geni coinvolti nel tumore del rene
ereditario sono gli stessi coinvolti nel tumore
sporadico). Come succede anche per il colon,
quello che si conosce dei tumori sporadici si
impara dai tumori ereditari: nel colon la via dei
polipi adenomatosi e dei polipi serrati sono state
comprese dalle sindromi FAP e sindrome di
Lynch, nel rene le due sindromi principali sono la malattia di Von Hipple-Lindau e la sclerosi tuberosa.
La malattia di Von Hipple-Lindau è caratterizzata dalla perdita del gene oncosoppressore VHL
coinvolto nella neoangiogenesi e nella risposta all’ipossia (rende le cellule resistenti all’ipossia). Questa
malattia è caratterizzata da emangioblastomi multipli, soprattutto cerebrali, e tumori renali a cellule
chiare, la classificazione nel tempo è cambiata ma questa è ancora la denominazione utilizzata. (Nds:
sarebbe più opportuno chiamarli “tumori a cellule chiare con delezione di VHL”, dato che esistono
tumori a cellule chiare che non hanno la mutazione di VHL).
La sclerosi tuberosa è caratterizzata dalla perdita di due geni oncosoppressori TSC1 e TSC2 e si
presenta con macchie cutanee e tumori cerebrali (tuber tumors), angiomiolipomi e cisti renali con rischio
aumentato di carcinoma renale.
Dalla conoscenza di queste due malattie derivano tumori renali che possono essere ampliamente
classificabili nella classificazione molecolare che usiamo oggi per i tumori del rene, anche se alla fine la
stragrande maggioranza dei tumori vede la distinzione tra tumori a cellule chiare e tumori non a cellule
chiare, a cui si aggiunge una quota di tumori metabolici.
Queste sono le due malattie autosomiche dominanti a cui si associano molti tumori renali, poi ci sono
altre sindromi ereditarie, come quella di Birt-Hogg-Dubè, con perdita del gene della follicolina, o la
Malattia del carcinoma ereditario papillare del rene con mutazione del gene MET. Quindi spesso un
particolare tumore renale è associato ad una determinata malattia genetica, e il tumore stesso è in genere
il primo riscontro da cui poi si risale alla sindrome. Succede che si fa un ECO, una TC, si trova il
tumore, da qui si capisce che si tratta di un tumore particolare, si scopre che il paziente aveva un
familiare con tumore del rene, si trovano folliculomi, emangioblastomi, altre lesioni e si risale alla
sindrome.
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FATTORI DI RISCHIO
I fattori di rischio sono: fattori ereditari e fattori
ambientali tra cui obesità, sindrome metabolica,
ipertensione, fumo di sigarette.
SEGNI E SINTOMI
I sintomi principali sono: dolore al fianco, ematuria, e massa palpabile.
I tumori renali inoltre sono causa di una varietà di sindromi paraneoplastiche che si presentano con
segni e sintomi non correlati all’organo di origine e questo è dovuto ad un’anomala produzione
ormonale. Il tumore renale era chiamato “il grande mimo”, perché le cellule del tumore sono in gran
parte cellule adipose in grado di produrre ormoni steroidei, mimando altre malattie, per cui spesso si può
avere eritrocitosi (il tumore renale produce fattori stimolanti il midollo come EPO), ipercalcemia,
ipertensione, ipercortisolemia.
CLASSIFICAZIONE
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Ci sono poi i tumori oncocitari, che sono tumori orangiofili, di aspetto rosa perché le cellule hanno il
citoplasma ricco di mitocondri e organelli che legano l’ematossilina. I tumori oncocitari non si trovano
solo nel rene, ma anche nella tiroide, nelle ghiandole salivari.
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I tumori papillari hanno polisomie per i cromosomi 7 e 17.
I cromofobi hanno delle monosomie, delle perdite dei cromosomi, del cromosoma 1,2, 6.
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Quella riportata (vedi tabella sopra) è la classificazione che sta uscendo adesso: ci sono tumori a
istologia a cellule chiare, tumori a istologia papillare; poi hanno inserito un’altra classificazione più
confusa chiamata “other renal cell tumors”, che comprende altri tumori renali che vedremo essere tutti
diversi fra loro, poi hanno inserito un gruppo di tumori identificati per caratterizzazione molecolare, che
rientrano tutto sommato ad una delle caratteristiche morfologiche principali.
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rompono. Quindi un tumore renale giallo ed emorragico è nella maggior parte dei casi un tumore a
cellule chiare VHL-relato.
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Anche i tumori a cellule chiare VHL-relati non sono tutti uguali, perché possono avere anche mutazioni
di altri geni, che sono tutti sul braccio corto del cromosoma 3. Quando in un tumore viene perso tutto il
braccio corto del cromosoma 3, si perdono altri geni oltre VHL, che sono SETD2, BAP1 e PBRM1, che
sono geni coinvolti nel rimodellamento della cromatina intorno alle proteine istoniche, per cui con la
loro perdita il DNA non si avvolge correttamente e può trascrivere più facilmente. Per cui se oltre a VHL
è mutato anche BAP1 il tumore è molto più aggressivo, più rispetto alla mutazione di VHL e uno degli
altri due (SETD2/ PBRM1). Quindi sono tutti a cellule chiare e tutti VHL relati, ma diversi come
aggressività. La perdita di BAP1 oltre VHL peggiora la prognosi, quindi dopo la rimozione del tumore
si farà un follow-up “stretto”.
Un’altra lesione a cellule chiare è la Renal neoplasm of low malignant potential, una neoplasia cistica
renale multiloculare a basso grado di malignità, è una lesione cistica al cui interno c’è una proliferazione
di cellule chiare. È un tumore benigno, è una cisti Bosniak IV che una volta asportata ha buona prognosi,
quindi il paziente non deve fare follow- up. Vediamo di nuovo l’importanza della caratterizzazione delle
lesioni: fino a una decina di anni fa questa lesione veniva identificata solo come “carcinoma a cellule
chiare cistico” e faceva follow-up normale con conseguente spesa non necessaria per il SSN. Si tratta
dunque di un’entità cistica a cellule chiare, multiloculare e che ha mediamente una buona prognosi, una
cisti con dentro cellule chiare, che prese da sole sono come quelle del carcinoma a cellule chiare ma che
non hanno le mutazioni di VHL.
TUMORI PAPILLARI
I tumori renali papillari, detti anche cromofili secondo la vecchia nomenclatura, sono due:
- adenoma papillare, è benigno ed è formato da cellule disposte a papille, quindi con un asse
vascolare tappezzato con cellule epiteliali. Nell’immagine le papille sono tagliate in sezione.
Macroscopicamente è un tumore molle,
spesso necrotico, cistico. La diagnosi tra
adenoma papillare e carcinoma papillare si
fa sulla dimensione: se inferiore a 1,5 cm è
un adenoma, se superiore invece è un
carcinoma. La distinzione quindi non si fa
dalla biopsia ma dalla radiologia, anche se a
volte questa ha dei limiti. Il loro riscontro è
in genere occasionale dopo l’asportazione
dei reni per altre cause. È un tumore molto
frequente ma è come non averlo.
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- carcinoma cellulare papillare del rene, è il secondo tumore renale per incidenza. Questo
tumore fino alla classificazione WHO del 2016 veniva distinto in due tipi: tipo 1 che è come
l’adenoma papillare ma più grade e il tipo 2 con caratteristiche papillari diverse. Per la nuova
classificazione il tipo 1 corrisponde al carcinoma papillare basso grado, che ha generalmente
una buona prognosi e che presenta papille ben rappresentate, macrofagi schiumosi, nuclei piccoli
e nucleoli piccoli. Questi tumori sono quelli che se sono meno di 15 mm sono adenoma papillare,
se più di 15 carcinoma papillare pattern classico, con buona prognosi. Il tumore papillare tipo 2
oggi corrisponde al carcinoma papillare ad alto grado, che ha una struttura diversa, sempre più
o meno papillare ma meno definita: più cellulato, più solido, meno spazi bianchi, con cellule più
grandi, più atipiche, ad alto grado con nucleoli più grandi, nuclei più grandi. Questi tumori
spesso danno metastasi e spesso sono maligni, quelli a basso grado invece non sono quasi mai
maligni.
Macroscopicamente sono grigi, perché non ha cellule adipose, è cromofilo, non ha vascolarizzazione
alterata, è spesso necrotico perché le papille si sfaldano.
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TUMORI ONCOCITARI
Ai fini dell’esame è sufficiente che vi ricordiate che ci sono tumori oncocitari, che possono essere
benigni, meligni o indolenti (che è diverso da dire che sono benigni), e che hanno le mutazioni di TSC1
TSC2 o di mTOR (sempre della via della PI3K) e che hanno andamento diverso.
Le mutazioni di TSC1 TSC2 sono spesso correlate alla sclerosi tuberosa, che è una malattia
caratterizzata dai tumori tuber, lesioni tipiche della faccia, fibromi delle unghie, meningiomi, ritardo
mentale ed epilessia, nei soggetti con la malattia autosomica dominante.
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Oncocitoma
Circa l’8-10% dei tumori renali è costituito dagli oncocitomi, variante benigna dei tumori oncocitari.
Questi tumori, a volte, possono essere diagnosticati anche radiologicamente, perché, se presenti da
tempo, hanno una cicatrice centrale. Se questa non è presente, capita che vengano scambiati per tumori
maligni e che vengano tolti (se vicini alla pelvi renale si arriva a fare una nefrectomia totale).
Sono lesioni prive di capsula che spesso si estendono oltre il rene, motivo per il quale vengono tolti
seppure benigni.
Gli oncocitomi sono costituiti dalla proliferazione di cellule oncocitarie arancioni, ricche di mitocondri
che conferiscono l’aspetto macroscopico di lesione marroncina.
All’immunoistochimica hanno un basso indice proliferativo, e sono positivi per CD117/CKIT (come i
GIST e il seminoma).
Inoltre, gli oncocitomi possono avere delle monosomie, spesso del cromosoma Y, ma anche di altri
cromosomi.
Facendo un confronto dal punto di vista istologico tra oncocitoma (immagine in basso a sinistra) e il
tumore a cellule chiare (immagine in basso a destra), si nota come il primo sia costituito da isole di
cellule brown, arancioni, ben coese tra di loro, ed è poco vascolarizzato, mentre il secondo, dato che
nasce da una malattia neoangiogenica, è ipervascolarizzato, con vasi contorti detti a corna di cervo.
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Nel passato i pazienti con questa variante tumorale spesso venivano trattati con nefrectomia radicale da
entrambi i lati e andavano in dialisi. Tutto ciò non è assolutamente necessario in un paziente con
oncocitosi, e si evita facendo una corretta diagnosi, spesso attraverso la biopsia di una delle tante lesioni.
Pazienti di questo tipo vengono solo sottoposti a follow up,
perché si tratta di tumori indolenti. Solo alcuni pazienti
possono sviluppare poi un tumore cromofobo, che è maligno,
ma nella maggior parte dei casi si hanno solo multipli
oncocitomi che vengono tolti uno per volta, evitando la
nefrectomia radicale e la conseguente dialisi per più anni
possibili.
La differenza tra l’oncocitoma e l’HOT è molto sottile, tanto
che la diagnosi si fa ricercando la citocheratina CK7, che ha
diversa positività nei due.
Carcinoma cromofobo
Il carcinoma cromofobo può insorgere da oncocitomi oppure essere indipendente. È la variante maligna
dell’oncocitoma, può infiltrare la pelvi e dare metastasi.
È caratterizzato dalla presenza di monosomie, compresa quella dell’Y, ma le principali sono quelle dei
cromosomi 2 e 6. Quindi si tratta di tumori citogeneticamente diversi sia dal carcinoma papillifero,
caratterizzato da polisomie, sia dal carcinoma a cellule chiare, a cui manca il cromosoma 3.
Il carcinoma cromofobo, macroscopicamente, si presenta di colore grigio.
Dal punto di vista istologico presenta cellule che si colorano poco, come dice il nome stesso, e ha due
caratteristiche peculiari:
- cellule halo, con nucleo circondato da un tipico alone bianco;
- nuclei resin-like, cioè un nucleo accartocciato (come un’uvetta appassita).
Se presenti questi due elementi, teoricamente si può già fare diagnosi, ma, nella pratica, si passa
comunque all’immunoistochimica e alla biologia molecolare.
Il tumore cromofobo ha una variante ossifila, molto più arancione, che spesso presenta mutazioni a
livello del DNA mitocondriale.
Si tratta comunque di tumori che, in genere, hanno una prognosi migliore dei carcinomi a cellule chiare,
ma non sempre, perché sono pur sempre maligni. La prognosi peggiora quando le cellule epiteliali
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assumono caratteristiche mesenchimali, quindi una forma sarcomatoide. Infatti, caratteristica delle
cellule epiteliali quando perdono il loro differenziamento è la transizione epitelio-mesenchimale (EMT),
e quando questo avviene la prognosi di tutti i tipi di tumore, soprattutto di quelli renali, peggiora.
Il tumore ESC, insieme ai tumori EVT e LOT, è stato definito recentemente con la nuova
classificazione della WHO. Questi tre tumori vengono definiti Other oncocytic tumours of the kidney,
perché sono tutti abbastanza indolenti e hanno mutazioni della via di TSC e di mTOR, nonostante siano
differenti tra loro dal punto di vista immunoistochimico.
ESC è un tumore indolente, CD20 e Catepsina K positivo.
È stato differenziato dal carcinoma cromofobo, nonostante la somiglianza, per l’assenza di alcune
caratteristiche. Il carcinoma cromofobo, infatti, è CK7 positivo e presenta monosomie, entrambe
condizioni mancanti nel tumore ESC.
Tramite successive ricerche si è visto che ESC presenta mutazioni di mTOR e della linea di TSC.
Si chiama “eosinofilico solido cistico” perché presenta aree eosinofile alternate ad aree cistiche.
Il fatto che adesso si sappia riconosce da una biopsia l’ESC dal cromofobo è molto importante, dato che
il primo è un tumore indolente e, se piccolo, lo si può lasciare, mentre il secondo va tolto perché
maligno.
Il prof ricapitola i tumori pink, che sono i peggiori tumori del rene. L’oncocitoma (benigno), cromofobo
(maligno), HOT (associato alla sindrome di Birt-Hogg-Dube), gli “altri” (ESC, EVT, LOT, tutti
indolenti con mutazioni di TSC ed mTOR).
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Tumori da traslocazione
I tumori da traslocazione sono i più frequenti tumori epiteliali renali nei bambini e negli adulti sotto i
quarant’anni. In queste fasce d’età sono quindi i primi a dover essere sospettati.
Nelle traslocazioni sono coinvolti un fattore di trascrizione e un gene, che trovandosi vicini danno il via
al processo oncogenico in un determinato tipo di cellula di un determinato organo, in questo caso cellule
epiteliali renali.
La classificazione WHO prevede due tipi di carcinomi da traslocazione, diversi sia per i fattori di
trascrizione e geni coinvolti, che per comportamento biologico:
- TFE3-rearranged renal cell carcinomas;
- TFEB-rearranged renal cell carcinomas.
Entrambi vengono solitamente chiamati con il nome della traslocazione, quindi il primo viene detto “X;1
o Xp11”, con il fattore di trascrizione TFE3 associato al gene PRCC, e il secondo “6;11”, con il fattore
di trascrizione TFEB associato al gene ALPHA.
PRCC e ALPHA sono entrambi coinvolti nella via di VHL/HIF1α (immagine in basso a sinistra).
Le alterazioni della famiglia del TFE sono utili anche per fare diagnosi con immunoistochimica, perché
portano a un cambiamento nell’espressione della proteina catepsina K. Quindi, se si fa
l’immunoistochimica e risulta positiva per la catepsina K, o è un tumore da traslocazione o è uno dei
tumori visti in precedenza (ESC, EVT, LOT).
Dal punto di vista istologico, è tipica in questo tipo di tumori la presenza di calcificazioni (come si vede
nell’immagine in basso a destra), e di zone a diversa morfologia (es: zone papillari e una a cellule
chiare).
Per quanto riguarda l’andamento, il tumore t(X;1) è più aggressivo del tumore a cellule chiare, per cui
necessità di un follow up più stretto, con ecografie e TAC.
I tumori t(6;11), invece, sono meno aggressivi dei t(X;1), dunque richiedono un follow up diverso. Per
diagnosticarli bisogna ricercare, oltre alla catepsina K, i marcatori melanocitari HMB-45 e Melan-A,
che a volte sono positivi, e fare una FISH che permetta di trovare la traslocazione.
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ELOC mutated renal cell carcinoma
Quest’altra tipologia di tumore presenta la mutazione dell’elongina C, che fa parte di un fattore
trascrizionale, e non hanno inattivazione di VHL.
Anch’essi sono simili al clear cell papillary, hanno aspetto papillare, stroma muscolare e sono indolenti.
Le cellule neoplastiche, in generale, devono sopravvivere senza ossigeno, quindi devono eliminare il
ciclo di krebs e deviare il metabolismo verso la glicolisi anaerobica, quindi il piruvato viene trasformato
in lattato, e questo porta l’incorporazione di biomassa, quindi gli acidi grassi aumentano e danno
interazioni post-trascrizionali con le proteine dando come esito finale il cancro.
Moltissimi altri tumori umani, tra cui quelli di prostata, endometrio e mammella, diventano cancro così.
Per questo chi ha un alterazione del metabolismo, in particolare di quello glucidico, come avviene nel
diabete, nell’ipertensione e nella sindrome metabolica, ha maggiore propensione allo sviluppo di tumore
renale. In particolare in questo caso l’alterazione del metabolismo, e dunque la progressione tumorale, è
favorita dalla mutazione della succinato deidrogenasi, che porta il blocco del ciclo di krebs, l’accumulo
di succinato che non si trasforma in fumarato e l’aumento del lattato.
Carcinoma renale da deficit di fumarato idratasi – tumore associato alla leiomiomatosi ereditaria
Il carcinoma renale da deficit di fumarato idratasi condivide la stessa sequenza di eventi vista prima,
perché anche in questo tumore si ha il blocco del ciclo di krebs e l’aumento di acido lattico, causato
questa volta dalla mancata trasformazione del fumarato in malato.
Tale tumore è associato alla leiomiomatosi ereditaria, malattia ginecologica in cui spesso l’intero
addome si presenta pieno di leiomiomi, che sono tumori benigni,
formazioni muscolari lisce scarsamente definibili.
Istologicamente hanno un aspetto papillare (infatti in passato
venivano definiti come tumori papillari), e hanno caratteristici
nucleoli molto grandi che all’ematossilina eosina sembrano delle
ciliegie, mentre all’immunoistochimica si ha negatività per la
fumarato idratasi.
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Purtroppo la maggior parte di questi tumori vengono diagnosticati in stadio avanzato e hanno prognosi
pessima.
Tumori metanefrici
Nella classificazione WHO 2022 sono stati introdotti anche i tumori metanefrici, che derivano da cellule
embrionali. Durante lo sviluppo embrionale delle vie urinarie si hanno, in senso cranio caudale, il
pronefro, il mesonefro e il metanefro. Quest’ultimo è la parte più differenziata del blastema, che è
costituito da una componente epiteliale e una componente mesenchimale.
Il tumore di Wilms, che non verrà trattato, è il tumore renale più frequente nel bambino e nel neonato,
dato dalla proliferazione abnorme delle cellule di entrambe le componenti del blastema.
I tumori metanefrici sono:
- solo epiteliali (adenoma metanefrico);
- solo mesenchimale (tumore stromale metanefrico);
- misti (adenofibroma metanefrico).
La caratteristica comune è la mutazione V600E di BRAF, stesso gene
che muta nel carcinoma papillare della tiroide, nel cancro del colon e
del polmone.
Istologicamente l’adenoma metanefrico è composto da tubuli con
piccole cellule mature che con ematossolina eosina si colorano
principalmente in blu, molto simile ad un adenoma papillare, ma a
differenza di questo non presenta le papille.
Per quanto riguarda il tumore di Wilms, l’istologia è simile, con
cellule maligne di questo tipo inframezzate a componenti
mesenchimali.
Differenziazione
Altro fattore peggiorativo, oltre all’alto grado, è la differenziazione sarcomatoide, quindi di tipo
mesenchimale, con cellule fusate simili a quelle dei sarcomi e spesso con zone di necrosi. Questo può
avvenire in tutti i tipi di tumore renale.
Addirittura si può avere una differenziazione di tipo rabdoide, con caratteristiche di cellule muscolari
striate.
La prognosi cambia completamente, tanto che a cinque anni il 40% dei pazienti che hanno poca
componente sarcomatoide sono ancora vivi, mentre quelli che ne hanno molta sono tutti morti.
La base molecolare di questa differenziazione è la mutazione di p53.
Necrosi
La necrosi di un tumore è un importante fattore che va descritto, perché è anche da questa che dipende la
prognosi. Infatti, a sette anni i tumori senza necrosi hanno una sopravvivenza del 90% , mentre i tumori
necrotici sotto il 40%.
Stadiazione
La stadiazione dei tumori renali è molto importante da
ricordare, soprattutto perché i T1a (<4 cm) e i T1b (<7
cm) vengono trattati chirurgicamente solo tramite
l’enucleazione in robotica, a meno che non siano
attaccati alla pelvi renale.
Anche la stadiazione fa la differenza in termini di
sopravvivenza.
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Angiomiolipoma
L’angiomiolipoma è il più frequente di tutti i tumori renali. Si tratta di un tumore mesenchimale benigno
che ha tre componenti (vascolare, muscolare e lipomatosa), le cui proporzioni possono variare. Sono
tumori che possono essere anche molto grandi, rompersi e, dato che hanno
una componente vascolare, sanguinare, diventando un’urgenza chirurgica
nonostante siano benigni.
In radiologia e alla RM si riconoscono abbastanza bene, mentre
macroscopicamente sono vascolarizzati da vasi abbastanza grandi (visibili
anche alla TAC con mdc), sono molli (a differenza dei carcinomi renali) e
giallastri per via della componente lipomatosa.
Istologicamente può essere principalmente muscolare, oppure può avere pareti
vascolari e cellule mesenchimali.
Quando nell’angiomiolipoma prevalgono delle cellule periendoteliali dette
cellule PEC si parla di PEComa, tumore con caratteristiche meno benigne,
associato alla sclerosi tuberosa. Viene anche detto angiomiolipoma
epitelioide, sottolinenando la somiglianza delle cellule mesenchimali che lo
compongono con le cellule epiteliali.
Le due immagini sulla destra mettono a confronto l’angiomiolipoma
convenzionale e quello epitelioide. Quest’ultimo sembra un cancro devastante,
con nucleoli enormi, ma facendo l’immunoistochimica si vede che non è un carcinoma, perché è
negativo alla cheratina e positivo al marcatore melanocitario HMB-45.
La variante epitelioide è abbastanza rara, associata oltre che alla sclerosi tuberosa, anche alla
linfangioleiomiomatosi, malattia cistica polmonare tipica di donne giovani (40-50 anni) che vanno in
insufficienza respiratoria grave. Questa patologia deriva dalla proliferazione di cellule PEC tra i setti
polmonari, che si rompono dando le formazioni cistiche tipiche.
L’angiomiolipoma epitelioide e la linfangioleiomiomatosi hanno in comune l’alterazione di TSC1 e
TSC2.
Si conclude la lezione facendo un cenno al sottostante spider plot, albero filogenetico. Si tratta di un
vecchio studio che ha evidenziato l’incredibile capacità di cambiare dei tumori renali, che sono sempre
in evoluzione. In più pazienti si fece la valutazione delle alterazioni presenti nel tumore primitivo renale
e in ciascuna delle metastasi, e si vide che le mutazioni comuni a tutte le sedi erano pochissime, mentre
la maggioranza di essere erano proprie della singola sede.
Il tumore renale è quindi un tumore che ha una particolare evoluzione e variabilità, a ragione definito
come “il grande mimo”, perché è in grado di mimare altre patologie.
Il prof suggerisce di ricordare per l’esame le classificazioni dei grandi tipi istologici, qualcosa dei
sottotipi, il grado, lo stadio, la necrosi, la differenziazione sarcomatoide e qualche cenno della parte
molecolare.
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