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ZORZI ALESSANDRO

UNIVERSITA DI PADOVA LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA A.A. 2004/2005

APPUNTI DI PATOLOGIA GENERALE


Morte cellulare, infiammazione, patologia da stress ossidativo e ambientale, patologia genetica, esotossine batteriche ed oncologia

appunti del corso tenuto dai prof. Bernardi, Chieco Bianchi, Colonna e Pozzan e dalla dott.ssa Rossetto

Ai miei colleghi studenti: Questi sono gli appunti che ho preso nel corso delle lezioni di patologia generale svolte nel corso del primo semestre dellanno accademico 2004/2005. Tengo a precisare che questi appunti non sono stati in alcun modo visionati dai professori, e che quindi contengono sicuramente errori o inesattezze. E questo il motivo principale per cui non ho voluto utilizzare questi appunti per fini di lucro: perch non si possono considerare un prodotto di qualit. Possono essere utili per integrare i propri appunti, per leggere le stesse cose scritte d a una mano diversa, ma non potranno mai essere paragonati o sostituire gli appunti ufficiali forniti dai professori n soprattutto il libro di testo. Sar grato a chiunque vorr segnalarmi gli errori che ha trovato in questa dispensa, anche quelli di ortografia. Alessandro Zorzi

APPUNTI DI PATOLOGIA GENERALE


La patologia generale ha lo scopo di scoprire i processi elementari operanti nelle malattie. Essi sono raggruppabili in pochi grandi capitoli: patologia cellulare, immunopatologia, infiammazione e tumori. La patologia generale si interroga sul come e sul perch hanno origine le malattie: y Patogenesi: meccanismi molecolari e biochimici che sono alla base della comparsa di fatti patogeni; y Etiologia: ricerca le cause che sono alla base della comparsa di malattia.

ONCOLOGIA (Chieco Bianchi)


Introduzione Importanza delloncologia: y 1 individuo su 3 o 4 si ammala di tumore nel corso della propria vita; y 1 individuo su 4 o 5 muore di tumore; y in Italia pi di 250.000 morti allanno si registrano per questa patologia; y il tumore la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari. La causa principale dellaumento delle morti per neoplasia probabilmente linvecchiamento generale della popolazione. In realt le cause esogene di tumore rappresentano solo una piccola percentuale che si va ad aggiungere alla quota dovuta a cause endogene. I 5 momenti fondamentali per affrontare il problema neoplastico sono: 1. prevenzione: y primaria: prima dello sviluppo della malattia; y secondaria: diagnosi precoce, cio durante il periodo pre-clinico; 2. Diagnosi; 3. Terapia: y Chirurgica; y Radioterapica; y Chemioterapia. 4. Riabilitazione; 5. Assistenza domiciliare. Definizioni Cancro: crescita cellulare (relativamente) autonoma, non (abitualmente) causata da alcuno stimolo fisiologico e progressiva. Ne esistono circa 100 forme diverse. Ipertrofia: aumento del volume di un tessuto per aumentato volume cellulare; Iperplasia: aumento del volume di un tessuto per aumentato numero di cellule; Metaplasia: sostituzione di un tipo di cellule con una determinata differenziazione con altre di un diverso tipo cellulare. Essa dovuta alla riprogrammazione dellespressione genica, generalmente nellambito consentito dalle potenzialit differenziative del foglietto embrionale da cui quella cellula deriva. Displasia: alterata differenziazione cellulare. Alterata architettura tessutale. E ancora reversibile. Anaplasia: scarsa o assente differenziazione cellulare. Alterata organizzazione cellulare. Dalla displasia che ancora reversibile si pu passare allo stato di carcinoma in situ, irreversibile (cio autonomo). Lespressione in situ indica che la neoformazione non ha ancora oltrepassato la membrana basale. Dal carcinoma in situ si passa a carcinoma invasivo. Per alcuni organi, per es. nella cervice uterina, si usa fare delle distinzion i in gradi: y Displasia lieve (CIN I): lesioni intraepiteliali pavimentose di basso grado (reversibile); y Displasia moderata (CIN II): lesioni intraepiteliali pavimentose di alto grado (reversibile); y Displasia grave con carcinoma in situ (CIN III): (irreversibile); y Carcinoma invasivo. Lesioni precancerose: uno stato di lesione tissutale che ha un elevato rischio di evolvere in cancro. Oggi un concetto statistico. Un discorso particolare pu essere fatto sul polipo: una neoformazione benigna che sorge a carico di un tessuto epiteliale con un asse di connettivo e vasi, rivestito da epitelio. I polipi dellintestino sono abbastanza frequenti e se sono sporadici sono benigni. Ma se sono multipli (poliposi del colon) allora si tratta di una situazione congenita con alta probabilit di trasformazione neoplastica. Le cellule tumorali: y Possono svilupparsi in ogni tessuto dellorganismo dove vi sono cellule in grado di replicarsi; y La loro velocit di replicazione , di solito, maggiore di quella che caratterizza le corrispondenti cellule normali. Vi sono per frequenti eccezioni, ad es. nelle leucemie. Difatti il midollo leucemico ha una cinetica replicativa pi lenta rispetto a quella di un midollo normale;

Ai fini della diagnosi importante distinguere tra tumori benigni e tumori maligni anche se non spesso facile perch i parametri sono spesso sfumati. I criteri di distinzione sono i seguenti: TUMORI BENIGNI TUMORI MALIGNI Velocit di crescita Lenta Rapida Tipo di crescita Espansiva (a scapito dei tessuti Invasiva circostanti) Metastasi No Si (possibile) Anaplasia (grado di differenziazione) No Si (possibile) (morfologia) Segni e sintomi generali No Si

Criteri di classificazione dei tumori: y Sede anatomica: importante per la sintomatologia, levoluzione ed il trattamento; y Criterio morfologico: aspetto macroscopico: colloide, midollare, scirroso (non molto usato). aspetto microscopico e classificazione istogenica (tessuto di provenienza). y Grado istologico di malignit; y Classificazione in stadi (stadiazione): indica lestensione della malattia. CLASSIFICAZIONE ISTOGENETICA Neoplasie epiteliali: benigne: epitelioma; maligne: carcinoma o adenocarcinoma se di origine ghiandolare; Neoplasie del connettivo: benigne: -oma maligne: -sarcoma Neoplasie dei sistemi ematopoietico: tessuti solidi: linfomi e linfatico sangue: leucemia GRADI ISTOLOGICI DI MALIGNITA (grading) A seconda della differenziazione cellulare riconoscibile: I differenziazione cellulare nel 75-100 % della popolazione cellulare; II 50-75% III 25-50% IV 0 -25% (Tanto meno il tumore differenziato tanto pi invasivo) Altri esami sono tesi a riconoscere: y Lattivit mitotica; y Lo stroma; y Lo stato della membrana basale; y Linfiltrazione della capsula; y Linvasione vascolare: essa un segno di inizio di metastasi. Stessa cosa dicasi per linvasione delle guaine perineuronali; y Filamenti intermedi (cheratine); y Molecole superficiali di differenziazione (CD). STADIAZIONE DELLE NEOPLASIE E importante per standardizzare il trattamento, valutare la prognosi e rendere omogenee le osservazioni e le verifiche sui risultati della terapia. Il sistema pi usato il TNM: T- tumore primitivo: T0 : non vi sono segni del tumore primitivo; Tis : carcinoma in situ; T 1-4: grado progressivo delle dimensioni e/o dellestensione del tumore primitivo; Tx: non vi sono dati sufficienti per definire il tumore primitivo (il 10% dei casi clinici col tumore gi in fase avanzata hanno metastasi ma non si riesce a stabilire la sede primaria. Allora si deve fare trattamento basandosi sul tipo di cellula). N- linfonodi regionali: N0: non vi sono segni di interessamento dei linfonodi regionali; N1-3: grado progressivo di interessamento dei linfonodi regionali (trattasi dei livelli linfonodali); Nx: non ci sono dati sullo stato dei linfonodi. M - metastasi a distanza M0: non vi sono segni di metastasi a distanza M1: presenza di metastasi a distanza Mx: non ci sono dati per stabilire la presenza di metastasi.

Dogmi delloncologia y La neoplasia una malattia multifattoriale nella cui genesi concorrono pi fattori; y La neoplasia una malattia multifasica. Dal punto di vista del fattore tempo vi una lunga fase silente (o preclinica) non diagnosticabile nemmeno con i migliori metodi di indagine. Questo fase pu durare mesi, anni o addirittura decenni. Ma quando il tumore diventa visibile esso porta alla morte, se non trattato, nel giro al massimo di pochi anni. Questo perch: 1 cellula ---) 30 divisioni ---) 10^9 cellule =1 g di tessuto (minima massa di tessuto rilevabile) ----) 10 divisioni ---) 10^12 cellule = 1 kg di tessuto (massima massa compatibile con la vita) Tuttavia nelle fasi finali del tumore si ha un accrescimento pi rallentato. La curva Gomperziana descrive landamento dei tumori nella specie umana. Da essa si pu evincere che definiti: Tc = tempo del ciclo cellulare Td = tempo reale di raddoppio della massa neoplastica Tpot = tempo teorico di raddoppio della massa neoplastica Allora: Td " Tpot = perch una perdita cellulare si verifica in tutti i tumori. Ci avviene sia naturalmente per apoptosi o . . . . . . . ischemia sia per questioni terapeutiche; Tc Tpot = perch non tutte le cellule si replicano spontaneamente. Immortalizzazione Una cellula immortalizzata se in grado di replicarsi per un lungo periodo di tempo in condizioni adeguate di cultura. Si tratta tuttavia del passo iniziale nel cammino che porta al tumore poich una cellula immortalizzata non ancora una cellula trasformata dal momento che comunque presenta unautonomia di crescita relativa. Perch diventi immortalizzata una cellula deve: y Perdere il controllo del ciclo cellulare; y Resistere allapoptosi; y Presentare un blocco differenziativo; y Esprimere la telomerasi. CICLO CELLULARE: E un momento biologico estremamente complesso e regolato. Il periodo G1 seguito dalla fase S di sintesi del DNA, quindi da una fase G2 e dalla mitosi. Con G0 si indicano quelle cellule che sono fuori dal ciclo: per esempio gli epatociti nel fegato adulto. Questi ultimi per, se sottoposti ad uno stimolo (es. parziale epatectomia) possono rientrare nel ciclo per rigenerare il parenchima. Il passaggio da G0 a G1 legato ai fattori di competenza, rappresentati di solito da fattori di crescita. In G1 esiste un sistema di controllo che la cellula deve oltrepassare per entrare in fase S (check point 1). L intervengono fattori di crescita, come IGF1 e IGF2, che permettono alla cellula di oltrepassare il check point, o fattori come lIFN o il TGF , che hanno invece effetto opposto. A livello di G2, prima della fase di mitosi, esiste un altro check point. Il sistema di progressione e di attivazione del ciclo basato sul sistema di cicline e CDK (chinasi ciclina dipendente). Checkpoint 1: ciclina D + CDK4 o CDK6 Pi avanti in fase G2: ciclina E + CDK2, ciclina A + CDK2 Checkpoint 2: ciclina A e ciclina B + CDK1 (MPF: maturation promoting factor) Il sistema delle cicline/CDKs agisce soprattutto a livello del checkpoint 1 dove c la proteina RB. Nella forma ipofosforilata RB impedisce alla cellula di progredire poich lega a s il fattore di trascrizione E2F. Se invece fosforilata si dissocia dal fattore da E2F e permette alla cellula di progredire. Il sistema di regolazione dei complessi ciclina/CDK articolato. In particolare esistono degli inibitori: P16-P15-P18-P19 agiscono a livello del checkpoint 1 e sono detti INK4 (inibitori della chinasi 4); P57-P27-P21 agiscono su tutte le CDK e sono detti CIP (inibitori proteici della CDK). In molte neoplasie vi lalterazione di P16 che permette alla cellula di progredire lungo il ciclo. La terapia dei tumori sarebbe molto pi efficace se si riuscisse a colpire tutte le cellule in fase S. Purtroppo per tra cellule appartenenti alla stessa massa neoplastica si verifica un notevole sfasamento del ciclo tanto che solo circa il 20% delle cellule si trovano contemporaneamente in fase S. Una coltura di cellule normali si replica una ventina di volte e poi degenera e muore. Una coltura di cellule immortalizzate invece oltrepassa questo limite. TELOMERASI E un enzima deputato al ripristino di sequenze nucleotidiche allestremit dei telomeri. Si visto che durante la divisione delle cellule normali queste sequenze si usurano ad un punto tale che la cellula non pu pi dividersi. Questo processo, in coltura, porta alla crisi e alla senescenza della coltura stessa. Tuttavia se vi una telomerasi attiva che ripristina le sequenze allora la cellula pu continuare a moltiplicarsi. Ci non avviene solo nelle cellule neoplastiche ma anche in quelle germinative. L85-95% delle cellule cancerose mostra unalta attivit telomerasica. BLOCCO DIFFERENZIATIVO Una cellula attraversa tre fasi: staminale, proliferativa e di cellula matura.

Le cellule staminali possono dividersi dando origine ad altre cellule staminali oppure a cellule un po pi differenziate ma con ancora la capacit replicativa (fase proliferativa). I fattori di crescita agiscono su entrambi i tipi di cellule. Se a questo punto subentrano dei blocchi nella capacit di espressione di geni che codificano per proteine funzionali vi un blocco della differenziazione, cio le cellule non percorrono pi la strada verso la maturit. Ci succede in molti tumori: laumento della massa neoplastica dovuto allaccumulo di cellule che non si differenziano e non raggiungono la maturit. Il blocco spesso dovuto a metilazione di alcuni siti del DNA. Clonalit dei tumori Il tumore origina da una singola cellula: vi sono perci dei marcatori che identificano ogni cellula appartenente al clone. Questi marcatori devono essere indelebili e si trovano soprattutto nel DNA. Ad esempio nelle cellule linfoidi questo marcatore pu essere il tipo di riarrangiamento del DNA. Altri marcatori di clonalit sono dei cromosomi alterati, come il cromosoma Philadelphia. Un concetto importante che la clonalit e leterogeneit di un tumore non sono concetti contrapposti perch una porzione della massa tumorale pu avere altre mutazioni che la diversificano dal resto. Per la mutazione iniziale sar sempre presente. Fenotipo della cellula neoplastica Nessun carattere preso singolarmente ci consente di distinguere una cellula neoplastica rispetto ad una normale. Difatti la diagnosi si basa su un insieme di caratteri: y Modificazioni cellulari: sia in senso molecolare che morfologico che possono interessare sia il nucleo, che il citoplasma, che la membrana (volume cellulare, forma della cellula, rapporto nucleo/citoplasma che di solito spostato verso il nucleo). y Alterazione delle funzioni cellulari; y Modificazione dellinterazione intra od extracellulare: inibizione da contatto, locomozione cellulare, adesivit intercellulare; y Alterazioni del citoscheletro; y Rigonfiamento mitocondriale ad indicare un maggior consumo energetico. Per quanto concerne il nucleo: y Numero: spesso presente pi di un nucleo; y Dimensioni: di solito maggiori del normale; y Colorabilit: un nucleo ipercromatico implica un maggiore contenuto di acidi nucleici; y Membrana nucleare: pi o meno fenestrata; y Cariotipo: frequentemente aneuploide con cromosomi in pi o in meno o con cromosomi alterati: y Aumento del numero di cromosomi; y Rotture dei cromosomi soprattutto a livello dei siti fragili; y Traslocazioni, inversioni e delezioni: bilanciata se due pezzi di cromosomi si spostano reciprocamente. Nella leucemia mieloide cronica c una traslocazione 9-22 con formazione di un cromosoma 9 con pi geni e un piccolo 22 detto cromosoma Philadelphia. La formazione del cromosoma Philadelphia amplifica a dismisura lattivazione di una tirosin-chinasi presente nel cromosoma 22. Altre alterazioni cromosomiche vengono dette random per distinguerle da quelle, come la 9-22, che sono specifiche per un particolare tipo di tumore. Inoltre bisogna distinguere tra alterazioni primitive a quelle sovrapposte successivamente e che si trovano solo in alcuni gruppi cellulari. BCR = breackpoint cluster region: non esiste un singolo punto di rottura ma una regione in cui possono verificarsi delle rotture. Ci succede per es. nel cromosoma 22. y Amplificazione genica (un gene replicato 20-30-40 volte implica anche una maggiore espressione del suo prodotto). HSR = homogeneus staining region: sono regioni di amplificazione genica evidenziabili col metodo di Giemsa.

Nella cellula normale: y La crescita cellulare dipendente dalla densit; y La cellula ancorata a superficie inerte (in coltura); y Vi una dipendenza da siero o da fattori di crescita; y presente il fenomeno dellinibizione da contatto. Invece in una cellula neoplastica si verifica: y Perdita di ancoraggio della cellula alla propria superficie di crescita (in coltura). Ci mima il fenomeno che si riscontra in vivo, quando le cellule non sono pi ancorate alla matrice. Lancoraggio della cellula alla matrice dovuto a integrine che possono contrarre rapporto soprattutto con la fibronectina. Il sito di legame della fibronectina per lintegrina un dominio R-G-D (arginina, glicina, aspartico). Nella trasformazione questo legame inibito o a causa della diminuzione della fibronectina o per alterazione delle integrine. In particolare in alcuni

y y

tumori si verifica lalterazione della proteina catenina che media il legame tra integrine e fibronectine o ancora della proteina APC, un gene oncosoppressore che in alcune cellule media il legame tra integrine e fibronectine. Oltre alle integrine esistono altri tre tipi di citoadesine: le caderine che mediano il rapporto tra cellule omeotipiche, le selectine che mediano ladesione eterotipica (ad esempio tra lendotelio e le cellule del sangue) e le Ig come le ICAM; Perdita della inibizione da contatto (mezzo solido) o della capacit di crescere in modo dipendente dalla densit (mezzo liquido). Questo fenomeno dipende verosimilmente dal fatto che le cellule neoplastiche richiedono meno fattori di crescita e sostanze nutritive rispetto alle cellule normali; Capacit di crescita in terreni semisolidi (un ambiente non naturale per cellule normali); Inversione di polarit, capacit invasiva e capacit metastatizzante (grado esasperato di autonomia neoplastica).

La metastasi La capacit di dare origine a metastasi legata alla capacit delle cellule tumorali di dare origine a cloni (capacit clonogenica). Normalmente non tutte le cellule della massa tumorale hanno capacit glomogenica ma soltanto una piccola frazione di esse e ci dovuto ad uneterogeneit nella popolazione neoplastica: dalla massa prende origine una nuova linea cellulare a causa di una mutazione che gli conferisce capacit metastizzanti. Propriet delle metastasi: 1. le metastasi costituiscono una caratteristica peculiare dei tumori maligni; 2. nell80-90 % dei casi, se non proprio nel 100%, una persona con tumore muore a causa delle metastasi; 3. circa il 30% dei pazienti a cui viene diagnosticato per la prima volta un tumore solido maligno (eccezion fatta per gli epiteliomi cutanei) presenta metastasi; 4. nel 5-10% dei pazienti con metastasi diffuse non si riesce a diagnosticare la sede del tumore primitivo; 5. la diffusione metastica riduce fortemente la possibilit di cura del tumore. La disseminazione delle cellule metastiche pu avvenire: 1. per via ematica; 2. per via linfatica; 3. in cavit (peritoneale, pleurica). Il tumore pu infatti esfoliare: carcinomi pleurici possono per esempio erodere la pleura viscerale e riversarsi nella cavit pleurica. Nel peritoneo possono riversarsi cellule tumorali dellovaio o del crasso. I motivi che determinano il distacco delle cellule tumorali dalla sede del tumore primitivo sono essenzialmente due: 1. per pressione meccanica; 2. per alterazione del sistema ligamentoso cellulare. I vasi che irrorano i tumori presentano grosse fenestrazioni che le cellule possono attraversare agevolmente. Il problema piuttosto quello di uscire dal circolo nellorgano bersaglio. Innanzitutto si verifica ladesione della cellula al lato luminale della cellula endoteliale. Si forma quindi un piccolo coagulo che coinvolge anche la stessa cellula tumorale. Lendotelio danneggiato e le cellule neoplastiche possono cos attraversarlo. Si calcola che solo una cellula su mille immessa nel sangue dia origine a metastasi. Organotropismo delle metastasi: Alcuni tumori primitivi metastatizzano in alcune sedi in maniera preferenziale. Ci dipende dalla sede anatomica, dallisotipo e da altri fattori. Se ad esempio un tumore colpisce lintestino, il c ui sangue refluo drenato per via portale, chiaro che la sede della metastasi primaria sar il fegato. Se invece il tumore in una sede drenata dalla cava la metastasi primaria sar probabilmente nei polmoni (cava ---) cuore ---) arteria polmonare). Casi particolari riguardano per esempio il tumore della prostata o della mammella dove si verificano spesso metastasi ossee perch c una stretta correlazione tra il sistema venoso vertebrale di Botson e questi organi. Ci sono per cellule che, a causa del tipo di recettori che esprimono, presentano predisposizione a provocare metastasi in alcune specifiche sedi. Esistono inoltre le metastasi da metastasi: dalla sede della metastasi primaria possono partire gruppi cellulari che creano metastasi secondarie. Importante per la crescita neoplastica sono i fattori neoangiogenetici: un tumore difatti scarsamente irrorato. Lipossia fa liberare un fattore trascrizionale, lHIF, che attiva la trascrizione di geni come il VEFG (fattore di crescita endoteliale), la NO sintetasi, proteine anti apoptotiche Geni coinvolti nella oncogenesi Lo sviluppo del tumore favorito dalla mutazione di tre categorie di geni: 1. Protooncogeni (che vengono trasformati in oncogeni): sono geni che promuovono la crescita cellulare. Le forme alterate (oncogeni) esplicano un effetto dominante, con guadagno di funzione; 2. Geni oncosopressori: inibiscono la crescita cellulare. Le forme mutate esplicano un effetto recessivo, con perdita di funzione. 3. Geni coinvolti nella stabilit del DNA. Si noti che non solo mutazioni del DNA possono provocare questi effetti ma anche modificazioni epigenetiche. Un esempio lipermetilazione del promotore di un gene. Oncogeni: Gli oncogeni sono forme alterate di geni chiamati proto-oncogeni. I proto-oncogeni, le cui forme mutate sono coinvolte nella genesi dei tumori umani, sono spesso localizzati in vicinanza di punti in cui si verificano frequentemente rotture

cromosomiche o in siti che rappresentano un bersaglio elettivo di mutazioni. Studi su traslocazione cromosomiche non random hanno reso possibile la scoperta di oncogeni attivati in seguito a queste traslocazione. Ad esempio nel linfoma di Burkitt si verifica una traslocazione 8-14 e il gene myc viene sovra espresso. I proto-oncogeni sono trasmessi come caratteri mendeliani classici (ma le forme mutate, gli oncogeni, non sono trasmissibili), sono conservati filogeneticamente, sono circa un centinaio e il loro prodotto proteico funzionale alla proliferazione ed alla differenziazione cellulare. Le proteine codificate dai proto-oncogeni possono essere: y fattori di crescita; y recettori per fattori di crescita; y fattori di trascrizione; y proteine pro o anti apoptotiche. Alcuni proto-oncogeni: BCL-1 = ciclina D1; BCL-2 = proteina anti-apoptotica; BCR = fattore attivante la funzione GTPasica delle proteine G; MET = recettore per il fattore di crescita degli epatociti. I meccanismi che portano alla trasformazione dei proto-oncogeni in oncogeni possono essere molteplici: y Amplificazione del gene, fino ad aversi anche 100 copie dello stesso gene; y Traslocazione: si formano dei geni chimerici (A----B traslocazione ---AB---) che danno vita a proteine di fusione con significato oncogeno; y Mutazioni puntiformi: il caso del gene RAS; y Traduzione in retrovirus acuti (solo in modelli sperimentali, nelluomo non sono mai stati riscontrati); y Attivazione in CIS o in TRANS: sequenze retrovirali con capacit di amplificazione trascrizionale possono attivare a distanza le sequenze dei proto-oncogeni. RAS E una proteina monomerica molto importante localizzata di solito nel foglietto interno della membrana citoplasmatica. Quando un fattore di crescita raggiunge il recettore esso dimerizza e trasferisce il segnale mediante proteine adattatrici. La Farnesil Transferasi , fosforilata dal recettore attivo, lega la Farnesil Transferasi che a sua volta lega p21 attaccandola alla membrana e attivandola. Lattivazione modifica RAS che, in forma natia, lega il GDP mentre in forma attiva lega GTP. La forma attiva di RAS fosforila unaltra proteina, RAF, dando avvio ad una cascata di segnali che portano alla trascrizione di geni importanti per la crescita cellulare. Il RAS torna in stato inattivo perch possiede unattivit GTPasica. Per questa attivit molto scarsa e necessit a delle proteine GAP perch questa essa sia potenziata. RAS mutata (o meglio se muta la parte di RAS, chiamata p21, che idrolizza GTP) perde la capacit GTPasica e la capacit di essere riconosciuta dalla proteina GAP: RAS cos costitutivamente attiva. Nota: non sufficiente lattivazione di un singolo oncogene perch la cellula sia trasformata. Oncosoppressore Nelle cellule neoplastiche le mutazioni a carico dei geni oncosoppressori devono sempre colpire entrambi gli alleli. La mutazione di uno solo dei due alleli difatti normalmente non d origine a tumori, anche se non sempre passa inosservata. Ci dovuto al fatto che la mutazione di un oncosoppressore provoca perdita di funzione la quale pu essere compensata dallespressione dellaltro allele. Si parla perci di mutazione con effetto recessivo. La mutazione di un solo oncogene invece sufficiente per rappresentare un guadagno di funzione: si parla allora di mutazione con effetto dominante. Le mutazioni possono essere qualitative (puntiformi) o quantitative (perdita di materiale genetico o inattivazione dei prodotti proteici). Un esempio di mutazione quantitativa la LOH (loss of eterozigosity) A differenza di quanto avviene per gli oncogeni la mutazione degli oncosoppressore pu colpire le cellule germinali ed essere trasmessa alla prole. I figli saranno maggiormente esposti al rischio di sviluppare tumore essendo sufficiente una singola mutazione (sullallele sano). Alcuni oncogeni possono essere trasmessi per via ereditaria: met: provoca carcinoma papillare del rene; ret: sindrome da neoplasia endocrina multipla (MEN tipo 2); carcinoma midollare familiare della tiroide; morbo di Hirschspring (o mega-colon congenito). Alcuni oncosoppressori, contravvenendo alla regola, hanno invece effetto dominante. Un esempio P53 che deve formare degli omotetrameri per funzionare. Se solo uno dei 4 monomeri alterato lintero tetramero non funziona pi. Ci sono tre osservazioni che giustificano quanto detto in precedenza: y Osservazione sperimentale: se si crea un ibrido dalla fusione di una cellula tumorale (due alleli malati) con una cellula sana (due alleli sani) la cellula risultante non avr fenotipo tumorale perch i prodotti dei geni sani sono in grado di compensare. Se per uno dei cromosomi sani viene eliminato allora la cellula assume fenotipo neoplastico.

Questo fenomeno detto aploinsufficienza: il prodotto di un singolo allele sano a volte non sufficiente per ripristinare la normale funzionalit cellulare; Osservazione clinica: nel retinoblastoma familiare c un gene, chiamato RB, che subisce la mutazione in uno dei due alleli gi in fase pre-zigotica. Ne consegue che tutte le cellule somatiche hanno un allele RB mutato ed uno normale. Se per cause successive si verificano altre mutazioni anche laltro gene RB pu essere alterato. La cellula assume cos fenotipo neoplastico. Nel retinoblastoma sporadico lipotesi che lo zigote sia normale ma che una stessa linea cellulare subisca due successive mutazioni (teoria dei 2 hits). La teoria stata convalidata da studi clinici. La forma ereditaria colpisce bambini molto piccoli. E spesso bilaterale e multifocale. La forma sporadica invece si sviluppa in bambini a partire dai 6/7 anni, monolaterale e monofocale. Osservazioni genetiche: se i geni mutati vengono trasmessi in linkage con marcatori (es. microsatelliti) si pu studiare la relazione tra malattia e presenza del marcatore associato al gene malato. Analizzando il sangue periferico si nota nelle forme familiari la presenza dellallele malato. Poi, chiaramente, perch si sviluppi il tumore necessaria unulteriore mutazione. La penetranza di una malattia indica la percentuale di individui con lallele mutato che prima o poi sviluppano tumore.

RB RB una proteina implicata nel primo check point, quello cio che blocca la cellula in fase G1. Se la proteina ipofosforilata il ciclo non va avanti poich RB forma un complesso con il fattore trascrizionale E2F che viene inattivato. Se RB fosforilato dal complesso CDK/ciclica esso si stacca da E2F che pu cos fungere da fattore trascrizionale. Questo evento consente alla cellula di superare il primo check point. La proteina RB pu non essere presente se sono presenti mutazioni geniche ma pu anche essere inattivata se forma complessi con proteine virali, spiegando lazione cancerogenica di queste proteine virali: E7 dellHPV E1a delladenovirus LT dellSV40 Anche P53 inattivata se complessata con proteine virali. P53 E un fattore trascrizionale. Ha un dominio che lega il DNA e media l attivit di regolazione della trascrizione mentre con un altro dominio lega altre proteine per formare omotetrameri. Quando si verifica un danno non letale al Dna cellulare P53 si attiva e stimola la trascrizione di geni come p21 cip (inibitori delle CDK) che arresta la cellula in fase G 1 o GADD45 che ripara il DNA. Se il danno viene riparato riprende il ciclo, se esso invece troppo grave allora unaltra possibilit che P53 ha quella di attivare dei circuiti apoptotici mediando lespressione di BAX ed inibendo la trascrizione della proteina antiapoptotica BCL-2. Quando si verifica un danno al DNA si attivano per due circuiti che fosforilano in due posizioni tipiche P53 rendendola resistente allubiquitinazione (proteolisi). Altrimenti lemivita di P53 sarebbe bassissima. P53 mutata (e inattiva) pi stabile della forma normale e di conseguenza pu essere messa in evidenza con metodi immunoistochimici. MDM2 una proteina che blocca lattivit di P53 con meccanismo a feedback negativo: la sua espressione mediata da P53 e il suo effetto quello di inibire P53 stessa. P19ARP lega MDM2 sottraendola al legame con P53. Se P19 non funzionante la P53 rimane inattiva e perde la sua funzionalit. La perdita di funzione di P53 molto grave perch pu originare un clone di cellule con mutazioni successive a danno del DNA che per non vengono riparate. Quasi il 50% dei tumori sporadici presentano una mutazione che interessa p53. Lalterazione di p53 in cellule della linea germinale provoca nella prole la sindrome di LI -FRAUMENI caratterizzata da tumori alle ossa e dei tessuti molli in genere. APC E il gene responsabile della poliposi adenomatosa del colon (FAP). Questa proteina contrae rapporti con la catenina favorendone la degradazione. In questa maniera la catenina non pu pi svolgere il suo ruolo di fattore trascrizionale nei confronti di geni coinvolti nella replicazione cellulare. Ovviamente se APC inattiva o malfunzionante la replicazione cellulare avverr pi facilmente. Segni associati alla poliposi del colon sono lipertrofia dellepitelio pavimentose della mandibola ed osteomi multipli della mandibola. Ci sono inoltre alcune varianti della FAP come la sindrome di Torcout nella quale compaiono tumori cerebrali. Lalterazione dellAPC un evento precoce tanto che questa alterazione si rivela gi allo stato di adenoma. Tuttavia questa alterazione non di per s sufficiente allo sviluppo del tumore ma deve essere seguito questo percorso: Epitelio normale Alterazione di APC Displasia a livello dellepitelio ghiandolare Demetilazione del DNA (evento epigenetico che riguarda alcuni promotori) Adenoma precoce Alterazione di RAS Adenoma intermedio

Alterazione DCC (deleto nel cancro del colon): un gene che codifica una proteina simile a N-CAM che . . . . . . serve per lancoraggio e la trasmissione dei segnali. Adenoma tardivo Alterazione p53 Carcinoma Altro? Metastasi Proteine deputate alla stabilit genomica La gran parte dei tumori umani sono sporadici, compaiono cio in un nucleo familiare senza che vi siano stati altri casi. Esiste per una quota di tumori con una base genetica: esempi sono la sindrome adenopoliposa del colon (FAP), il retinoblastoma, la sindrome da neoplasia endocrina multipla, che hanno tutte specifiche alterazioni geniche recessive alla loro base. Una quota pi grossa di tumori si sviluppano per in persone le quali hanno alterazioni geniche che le predispongono a sviluppare una neoplasia in senso generico: ne sono un esempio una quota delle persone colpite dal cancro non poliposico del colon (HNPCC), dal tumore della mammella o dellovaio. La penetranza della malattia nei primi casi del 95 %, nei secondi solo del 60%. Le principali caratteristiche delle sindromi tumorali ereditarie sono: y Lesordio della malattia tumorale in et precoce rispetto a quelli che manifestano il tumore di tipo sporadico; y Storia familiare di neoplasie; y Tumori primitivi multipli di diverso isotipo nello stesso paziente (sindrome di Li Fraumeni); y Origine multifocale di un determinato tumore. I geni predisposti alla stabilit del genoma sono i responsabili di quella fetta di alterazione che predispongono genericamente al tumore. Questi geni, detti caretaker, sono recessivi ma se anche entrambi gli alleli sono mutati lindividuo solo predisposto a sviluppare alterazioni della crescita cellulare. Sono necessarie infatti almeno altre due mutazioni perch si sviluppi neoplasia. Ci diverso da quello che succede per i geni oncosoppressori, detti anche gatekeeper, dove la delezione di entrambi gli alleli d inizio al processo neoplastico. I geni caretaker sono predisposti alla stabilit del genoma e la loro alterazione comporta una instabilit genetica generale. Linstabilit genetica di una cellula viene messa in evidenza mediante lo studio di marcatori microsatelliti particolarmente conservati: se la lunghezza di questi marcatori cambia a causa di delezioni o inserzioni siamo di fronte a instabilit genomica. Si suole considerare presente: y Alta instabilit, se 2 o pi microsatelliti su 5 sono alterati (o > 30/40% dei marcatori analizzati); y Bassa instabilit, se 1 microsatellite su 5 alterato (o < 30/40 % dei marcat ori analizzati). Quando si sviluppa un tumore come lHNPCC non c in realt modo di stabilire se esso sia sporadico o se invece la persona ne fosse geneticamente disposta a causa di una alterazione di un gene caretaker. Generalmente si tende a considerare quella un tumore originato per predisposizione genetica quando: 1. almeno tre parenti hanno sviluppato un cancro del colon, uno di questi deve essere parente di 1 grado degli altri due; 2. sono affette due generazioni successive; 3. a uno dei parenti stato diagnosticato il tumore prima dei 50 anni. I geni caretaker entrano in gioco nei meccanismi di riparazione del DNA, come per esempio il mismatch repair (la rimozione dalle catene di nuova sintesi del DNA di segmenti nucleotidici contenenti basi non complementari inserite erroneamente). I geni coinvolti in questo processo sono almeno sei, i pi importanti dei quali sono hHSH2, hHSH6 e hPHS2. La perdita di funzione di uno o pi di questi geni provoca instabilit genomica. Dopo lalterazione dei geni per la riparazione perch si sviluppi tumore devono essere colpiti altri geni come il recettore per il TGF (quindi non oncogeni o oncosopressori in senso stretto). Si noti comunque che un tumore che presenta lalterazione dei geni caretaker di solito si localizza in sede prossimale ed accompagnato da una prognosi favorevole. BRCA1 e BRCA2 Il fattore genetico pu essere importante per la predisposizione al tumore mammario e a quello dellovaio. Allinterno dellinsieme delle forme familiari ce n una fetta di origi ne ereditaria, di cui sappiamo cio il preciso difetto genico che ne ha portato allo sviluppo: due di questi difetti genetici possono essere lalterazione dei geni BRCA1 e BRCA2. I membri di famiglie ad alto rischio hanno circa il 40% di probabilit di sviluppare tumore entro i 70 anni e quelli sicuramente portatori di mutazione addirittura il 70/80 % contro il 10/15 % della popolazione normale. Un fenomeno non ancora spiegato che un tumore con caratteristiche ereditarie tende a comparire sempre pi precocemente nelle generazioni successive. Fattori esterni implicati nella cancerogenesi (cancerogenesi chimica) Saggi di cancerogenicit Stabilire se un prodotto possa o meno avere capacit cancerogena importante perch ogni anno 2/3000 sostanze chimiche vengono immesse nel mercato. Fino a poco tempo fa la metodica prediletta era il bioessay: si facevano cio esperimenti su piccoli animali, soprattutto topi e ratti, studiando leventuale sviluppo di tumori. Come variante si pu usare lanimale neonato che particolarmente sensibile ai fattori cancerogeni poich le sue difese immunitarie ed i processi di detossificazione non sono ben sviluppati. Ancora si pu somministrare ad un animale gravido il possibile cancerogeno valutando se il

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neonato, che ha assorbito queste sostanze per via transplacentare (o attraverso il latte), sviluppi tumori con pi alta frequenza. Nella graduatoria delle sostanze cancerogene una delle pi potenti laflotossina B, una tossina prodotta da un fungo che se somministrata a dosi giornaliere di 0,001 mg nel ratto provoca un aumento del 50% delle possibilit che lanimale sviluppi tumore nel corso della sua vita. Allaltro estremo troviamo il dolcificante saccarina che produce gli stessi effetti con una dose giornaliera di 10g (dose troppo alta per poter considerare la sostanza pericolosa). Queste metodiche sono ormai quasi del tutto abbandonate a causa dei limiti che presentano, tra i quali: 1. tempi di esecuzione lunghi (almeno due anni, cio la vita media di un ratto); 2. costo elevato per comprare e mantenere un animale tanto che per ogni sostanza questi studi possono costare 6/700.000 euro; 3. bassa sensibilit; 4. limitata applicabilit per molti prodotti; 5. risposta influenzabile dallassetto genico dellanimale; 6. variabilit nellincidenza di tumori che non dipendono dalla sostanza. Oggi si preferisce fare altri saggi e solo quando vi un forte dubbio si torna alla sperimentazione animale. Tra i saggi ora pi usati ci sono quelli in vitro volti a stabilire il potere mutageno di una sostanza (tenendo per in considerazione che solo l85% delle sostanze in grado di provocare mutazioni sul DNA sono anche cancerogene). Test di Ames: Si prende un ceppo di Salmonella che ha perso la capacit di sintetizzare istidina ed perci incapace di crescere in un mezzo di coltura (a meno che la sostanza non sia addizionata). Si seminano i batteri su un terreno agar privo di istidina ma addizionato della sostanza che si vuole testare e di un omogeneizzato di fegato (difatti spesso le sostanze non sono cancerogene di per s ma dopo aver subito trasformazione ad opera di enzimi, di cui il fegato particolarmente ricco). Se crescono delle colonie significa che si verificata una retromutazione, ovvero una nuova mutazione che ha permesso al batterio di riacquistare la sua capacit di sintetizzare istidina. Dal numero delle colonie e dalla concentrazione della sostanza utilizzata si pu risalire alla sua cancerogenicit. Esiste un istituto, lo IARC, che ha avuto un ruolo nel classificare varie sostanze. Losserva zione, basata su dati clinici, epidemiologici e sperimentali, permette di inquadrare la sostanza in una di queste categorie: 1. GRUPPO 1: cancerogeno accertato per luomo. Sufficienti evidenze permetto di escludere il ruolo del caso, del confondimento e della distorsione dei dati sperimentali; 2. GRUPPO 2A: probabile cancerogeno; 3. GRUPPO 2B: possibile cancerogeno; 4. GRUPPO 3: evidenze inadeguate per procedere alla classificazione; 5. GRUPPO 4: probabile sostanza non cancerogena. Ai fini della prevenzione primaria il gr uppo 1 ed il 2A devono essere considerati alla stessa maniera. NOTA: i cancerogeni chimici appartengono ad alcune categorie di composti organici ma possono anche essere sostanze inorganiche come il PVC (cloruro di vinile). Attivazione dei cancerogeni Una sostanza chimica, perch acquisti azione cancerogena, deve spesso subire un processo di attivazione ad opera di enzimi cellulari. Dal procancerogeno si passa cos a cancerogeno prossimale e con ulteriori trasformazioni a cancerogeno terminale. Tuttavia i prodotti intermedi possono essere detossificati mediante coniugazione con altre sostanze ed escreti. Dal bilancio tra i due processi risulta se la sostanza avr effetto cancerogeno ed in quale misura. Il cancerogeno terminale un prodotto altamente instabile dal punto di vista chimico, dotato spesso di cariche positive: per questo tende a combinarsi con siti nucleofili presenti sia su DNA che su proteine. I composti che si formano vengono definiti addotti (composti di addizione). Anche cancerogeni diretti, che non richiedono attivazione, possono formare addotti come per esempio gli alchilanti del DNA. Ma si tratta comunque di una minoranza allinterno del gruppo dei cancerogeni. Riconoscendo la presenza nelle cellule di un individuo di addotti, magari mediante luso di specifici anticorpi monoclonali, si pu capire se c stata unesposizione al rischio. Esistono notevoli polimorfismi negli enzimi implicati nella attivazione dei procancerogeni. Questi polimorfismi fanno s, almeno per quanto riguarda gli enzimi inducibili, che alcune persone ne producano in grandi quantit e altri meno. Se una persona ha un assetto genico che implica una alta inducibilit allora metabolizzer rapidamente certe sostanze (ad esempio i prodotti del fumo) mentre altri, con bass a inducibilit, sono molto meno sensibili. La famiglia di enzimi maggiormente implicati in questi processi detta CYP. Ecco un esempio di come la trascrizione di questi enzimi possa essere indotta: esistono dei geni che codificano per un recettore, chiamato AMR, il quale forma nel citoplasma complessi con proteine heat -shock e p56. Se arriva dallesterno un idrocarburo esso si lega al complesso. Le heat-shock proteins e p56 si dissociano e al complesso idrocarburo-AMR si lega una proteina trasportatrice nucleare che media il suo trasporto nel nucleo. L il complesso pu agire su elementi responsivi con attivazione della trascrizione di enzimi CYP. Questi attivano lidrocarburo trasformandolo in epossido che ha azione mutagena sul DNA.

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Riassumendo: PROCANCEROGENO

Intermedi

Detossificazione ed escrezione (citP

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CANGEROGENO: legame al DNA, RNA, proteine

Riparazione: cellula normale

Replicazione DNA

Apoptosi

Lesione permanente del DNA (evento relativamente raro perch normalmente non si arriva a questo punto)

Cellula neoplastica Alcuni cancerogeni chimici alterano specificatamente alcuni punti del DNA: dalla presenza di una determinata mutazione si pu determinare quale sostanza abbia scatenato il processo neoplastico agevolando cos il compimento di studi epidemiologici. E questo lesempio dellaflotossina B la quale altera specificatament e uno specifico codone del gene per p53. Agenti promoventi Si tratta di sostanze che se somministrate a dosi ripetute dopo (non prima!) ad unaltra sostanza detta iniziatrice, anche a distanza di tempo, provocano lo sviluppo di tumore. Il solo iniziatore ed il solo promovente, oppure la somministrazione di promovente prima e di iniziatore poi non determinano lo sviluppo del cancro. Questo perch la sostanza iniziatrice un cancerogeno che produce una lesione sul DNA. Le cellule sono poi spinte alla proliferazione dalla sostanza promovente. Ad esempio il benzopirene a dosi basse da solo non produce alcun effetto. Ma se ad esso segue lolio di croton, un classico promovente, allora si sviluppa tumore. Un cancerogeno incompleto un promovente mentre un cancerogeno completo di per s in grado di sviluppare tumore. Anticancerogenesi Si tratta di una serie di misure atte a ridurre il rischio di sviluppo di tumori dovuti a sostanze cancerogene: 1. prevenzione della formazione di cancerogeni endogeni con antiossidanti come la vitamina E; 2. inattivazione dei mutageni con sostanze coniuganti; 3. induzione di enzimi che trasformano il procancerogeno in metabolita inattivo. Da qui si capisce il ruolo di una corretta alimentazione nella prevenzione del cancro. Cancerogenesi fisica Per cancerogenesi fisica si intende la cancerogenesi da stato solido (o da corpo estraneo) oppure la cancerogenesi da radiazioni. Cancerogenesi da stato solido La cancerogenesi da stato solido provocata da sostanze chimicamente inerti o non biodegradabili che, se inserite nel corpo, possono alla lunga favorire la crescita di tumori intorno ad esse. Ci che provoca leffetto cancerogeno non la costituzione chimica delloggetto ma il suo stato fisico: uno stesso oggetto pu non avere alcun effetto cancerogeno se intero ma averlo se frammentato. Non si conosce il motivo di questo fenomeno. Tumori possono essere causati da microtraumi provocati da protesi imperfette, per esempio nel caso delle protesi odontoiatriche. Per fortuna ad oggi le protesi chirurgiche non hanno mai determinato linsorgenza di tumori. Un altro strano fenomeno si osserva nel caso degli scar cancer, cio di tumori, spesso carcinomi, che si sviluppano a livello dei tessuti cicatriziali. I calcoli biliari o quelli urin ari possono provocare tumori. Lo stesso pu fare un calore cronicamente applicato ad un tessuto. I casi pi frequenti di tumori da stato solido sono quelli provocati dallinalazione di asbesto. Si tratta di fibre di silica ti idrati derivate dal processo estrattivo e di lavorazione dei minerali. Le fibre di asbesto possono essere di due tipi: arricciate oppure strette e sottili. Questultime sono le pi pericolose. Lasbesto ha avuto una larga applicazione nellindustria poich costituisce lamianto. Il problema che queste fibre, pur non rappresentando un problema dal punto di vista chimico, possono essere inalate e penetrare in piccole ramificazioni bronchiali provocando tumori: lasbesto (classe I IARC) provoca mesoteliomi pleurici (tumore molto resistente alla terapia e poco aggredibile dal punto di vista chirurgico) e carcinomi polmonari. Cancerogenesi da radiazioni Le radiazioni dannose possono essere: Elettromagnetiche: ionizzanti (X e ) o semplicemente eccitanti (UV) Corpuscolate: raggi e , entrambe ionizzanti Unit di misura: Bequerel (Bq) = disintegrazioni per secondo 3,7 * 10 10 Bq = 1 Curie Gray = dose assorbita = J/Kg LET (linear energy transfert) = energia trasferita dalla radiazione al bersaglio per micron di cammino percorso

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X e = hanno basso LET e sono in grado di compiere un percorso maggiore; e = hanno alto LET e si arrestano prima. EBR = danno biologico relativo, a parit di energia assorbita. X = 0,3 =1 = 10/20 La radiazione ha un effetto diretto sulla molecola colpita oppure indiretto se provoca idrolisi e formazione di radicali dellossigeno. Una lesione pu essere letale ad alte dosi di radiazioni oppure, a dosi pi basse, produrre mutazioni che possono portare a tumori. I tessuti umani non sono ugualmente sensibili al cancro radio-indotto: Sensibilit elevata = tessuto mielopoietico e tiroide; Sensibilit media = mammella, polmone e ghiandola salivare; Sensibilit bassa = cute, osso, stomaco e altri. Nei bambini di Chernobyl si sono registrati molto carcinomi della tiroide per riarrangiamenti degli oncogeni RET/PTC (PTC = carcinoma papillare della tiroide). Nelleffetto cancerogeno delle radiazioni ha una grossa importanza lefficacia dei meccanismi di riparazione del DNA. Questi sistemi possono essere alterati in tutta un serie di malattie (es xeroderma pigmentoso e sue varianti). Il problema per queste persone non sono solo le radiazioni ionizzanti ma anche quelle non-ionizzanti, come le radiazioni solari, che possono per esempio determinare nei bambini affetti da xeroderma pigmentoso linsorgenza di tumori cutanei. Le radiazioni solari, in base alla loro frequenza, vengono distinte in: UVC: vengono di solito trattenute dallo strato di ozono; UVA e UVB: sono pi pericolose e penetranti. Le UVB possono raggiungere lo strato basale dellepidermide dove si trovano anche i melanociti. Gli UVA possono essere ancora pi penetranti e raggiungere il connettivo sottocutaneo. Le UV possono provocare danni al DNA non sono alterando le basi, per esempio per deamminazione, ma possono anche portare alla formazione di dimeri pirimidinici. La formazione di dimeri di timina richiede una riparazione attraverso NER (escissione e risintesi). Se il sistema funziona male il danno non viene riparato e lalterazione pu essere trasmessa alla progenie cellulare. Pi della met delle radiazioni a cui si sottoposti dovuta al radon: y un gas insapore, inodore e invisibile; y la sorgente maggiore il suolo. Il radon, essendo un gas pesante, ristagna al pian terreno e negli scantinati. Altre sorgenti possono essere rappresentate dallacqua e da materiali impiegati nelledilizia ricavati dalle case; y emette soprattutto particelle e raggi ; y pu essere dannoso se inalato e determina laumento del rischio relativo soprattutto di contrarre carcinoma polmonare. Cancerogenesi virale Il 15% delle neoplasie umane associato ad infezione con virus oncogeni. Lincidenza di tali neoplasie potrebbe essere marcatamente ridotta attraverso vaccinazioni su larga scala, realizzando cos un intervento di prevenzione primaria. Ad esempio la vaccinazione contro lHBV ha ridotto sensibilmente lincidenza degli epatocarcinomi. Lo studio dei virus oncogeni ha chiarito molti dei meccanismi alla base della trasformazione cellulare n eoplastica. Linfezione di alcuni tipi di virus oncogeni, come lEBV, molto diffusa nella popolazione. Tuttavia solo in un caso su 1000 i portatori sviluppano un tumore dovuto al virus. Anche in questi rari casi inoltre il periodo di latenza tra infezion e e sviluppo del tumore molto lungo: si parla di parecchi anni. La cancerogenesi virale pu essere: y Diretta: il virus infetta una cellula progenitrice della popolazione clonale del tumore. Prendendo in esame le cellule possibile evidenziare le sequenze nucleotidiche virali; y Indiretta: il virus non infetta necessariamente una cellula progenitrice del tumore e non quindi dimostrabile nelle cellule neoplastiche. Tuttavia esso esplica un effetto indiretto sulla replicazione cellulare e sulla iperplasia dei tessuti oppure sulla funzione immunitaria determinando cos una predisposizione allo sviluppo del tumore. Lesempio pi classico di questultimo tipo rappresentato dai tumori che insorgono nei soggetti sieropositivi per HIV. La conseguente immunodepressione predispone classicamente allo sviluppo di linfomi, sarcoma di Kaposi e cancro della cervice uterina. Questi sono tutti tumori che necessitano di una super-infezione di un altro tipo di virus. Se ne deduce quindi che la sorveglianza immunologica ha una sua importanza solo nei tumori associati ad infezione virale (o che, almeno, solo in questi casi efficiente) Ci sono dei fattori generali che possono rendere una persona colpita da uninfezione virale predisposta a sviluppare cancro: 1. Compromissione della reattivit immunitaria; 2. Condizioni fisiologiche o patologiche di accelerata replicazione cellulare; 3. Alterazioni geniche che predispongono al tumore (ad es. alterazione nei meccanismi di riparazione del DNA. Le persone con xeroderma pigmentoso sono predisposti a sviluppare papillomi cutanei o addirittura carcinomi spinocellulari dovuti ad infezioni virali). I pi importanti agenti infettivi correlati a tumore nelluomo sono: HBV, HCV: carcinoma epatico;

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HPV: carcinomi delle mucose genito-urinarie e prime vie digestive; EBV: linfomi e carcinoma nasofaringeo; HV8 (herpes tipo 8): sarcoma di Kaposi, particolari linfomi e malattie delle plasmacellule; HIV: linfomi, sarcoma di Kaposi e carcinoma della cervice. Non solamente i virus ma anche altri agenti infettivi possono essere responsabili, con meccanismi necessariamente indiretti, dello sviluppo di tumore: un esempio lHelicobacter Pilori, associato al carcinoma gastrico, o la Clamidia. In seguito a infezione di un virus a DNA esso pu compiere un ciclo litico che porta eventualmente allaccelerazione del ciclo cellulare (es. verruca) ma comunque, alla fine, alla lisi della cellula. Alternativamente, se il virus infetta una cellula non permissiva, sono espressi solo i geni precoci ed il genoma virale rimane nella cellula o sotto forma di episoma oppure integrato nel DNA (ciclo latente). HPV Questo virus ha un tropismo spiccatamente epiteliotropo (infetta sia gli epiteli mucosi che quelli di rivestimento). Linfezione pi frequente quella a livello del distretto genitale. Esistono molti sottotipi di HPV ma due di essi determinano uninfezione che associato ad alto rischio di sviluppo di un tumore maligno: sono i sottotipi 16, 18, 31 e 45. Altri sottotipi sono invece associati a forme benigne che scompaiono spontaneamente. I coliociti (cellule grandi con molto citoplasma) sono indicativi di infezione da HPV. Due dei geni precoci di HPV sono particolarmente importanti nella sua azione cancerogena: E6 ed E7. E7 lega RB. Leliminazione di questo freno fa s che le cellule iperproliferino. E6 invece lega p53. Questultima proteina non solo controlla il ciclo cellulare ma ha anche facolt di determinare lapoptosi della cellula legando la proteina BAX. Nei sottotipi ad alto rischio E6 ed E7 hanno molta affinit per RB e P53. Gli altri tipi hanno bassa affinit e perci le cellule non perdono completamente la funzione di RB e p53. (ndr: la proliferazione della cellula funzionale al normale ciclo litico del virus: esso infetta le cellule negli strati ba sali, ne determina la proliferazione e la lisi avviene negli strati superiori. Tuttavia pu succedere che qualche cellula non permetta lespressione dei geni tardivi: in questo caso se la cellula affetta da un sottotipo ad alto rischio ha pi probabilit di andare incontro a trasformazione neoplastica). EBV LEpstain-Barr un virus a dsDna lineare che appartiene alla famiglia dei virus erpetici. Lo spettro dospite molto ampio cos pure la prevalenza (> 90% negli adulti). Il tipo cellulare prediletto dal virus p er la latenza il linfocita B. Linfezione primaria avviene a livello della mucosa e dello strato linfoepiteliale. Il virus poi infetta le cellule B perch espongono un tipico recettore: il CD21. Nelle cellule B il genoma del virus EBV pu esprimere i gen i tardivi e determinare il tipico ciclo litico. Le cellule del linfocita TCTL combattono linfezione ma anche dopo che la mononucleosi guarita un certo numero di cellule B continua ad essere infettata dal virus in fase latente: si calcola che esse siano circa 1 su milione. In tutte le situazioni in cui c unespansione policlonale B la carica virale aumenta e linfezione pu riattivarsi. Su sangue periferico di una persona infettata coltivato in vitro si vede lo sviluppo di linee di cellule linfoblastoidi: si tratta di linfociti B immortalizzati, ma che se trasfusi in un animale normale non si dimostrano essere neoplastiche. Tuttavia, se queste stesse cellule sono trasfuse in un animale fortemente immunodepresso, allora esse possono provocare linsorgenza di tumore. Lo stesso pu succedere anche in un uomo. I geni precoci pi importanti dellEBV sono gli EBNA (Epstain Barr nuclear antigen) e i geni LMP che sono espressi sulla membrana del linfocita infettato. EBNA1: serve per il mantenimento dellepisoma; EBNA2 : ha funzione transattivante su geni cellulari; LMP1: ha azione immortalizzante. E molto simile al recettore per il TNF e provoca una iperproduzione della proteina anti-apoptotica BC2-L Un gene litico invece analogo allIL10 e determina una proliferazione policlonale dei linfociti B. I linfociti B che contengono EBV in fase latente possono trovarsi in tre situazioni: y Latenza di tipo I: tipico del linfoma di Burkitt. E caratterizzata dallespressione esclusiva di EBNA 1. Il sistema immunitario non riconosce le cellule trasformate. Nel linfoma di Burkitt riconosciamo una forma endemica (il 100% dei linfomi di Burkitt conseguente ad infezione di EBV) ed una forma sporadica (solo alcune di queste persone sono infette da EBV); y Latenza di tipo II: esprime EBNA I, LMP 1 e LMP2. E associata con linfomi di Hodgkin e con il carcinoma indifferenziato del nasofaringe. Sono tumori molto frequenti tra le popolazioni asiatiche; y Latenza di tipo III: il linfocita B esprime sia LMP1 che LMP2 e tutti e 6 gli EBNA. Sono associati con le linee linfoblastoidi, coi linfomi immunoblastici che si possono avere in persone immunodepresse e con forme proliferative policlonali di linfociti B che si verificano dopo un trapianto. In questultimo caso sufficien te ridurre limmunodepressione per arrestare le forme proliferative. RETROVIRUS I retrovirus, a seconda della complessit del loro genoma, possono essere distinti in semplici o complessi. I semplici possono essere a loro volta distinti in cronici o acuti a seconda della velocit con cui provocano tumori. Il prototipo del virus acuto il virus del sarcoma di Raus. I retrovirus acuti sono comunque artefatti di laboratorio, e non sono presenti in natura. I retrovirus complessi, dal punto di vista oncologico, sono detti transattivanti.

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I virus acuti provocano tumore in pochi giorni ed esso policlonale (sarebbe impossibile avere una massa sufficiente di cellule in pochi giorni se esse derivassero dallespansione di ununica cellula). Nei virus acuti vi una perdita di geni virali e acquisizione di proto-oncogeni cellulari costitutivamente attivi. Il tipo di c-onc integrato determiner il tipo di tumore che il virus sar in grado di provocare. I virus acuti sono difettivi: hanno bisogno di un virus helper per la loro replicazione. I virus cronici provocano tumore perch, integrandosi random, possono capitare vicino ad un oncogene ed attivarlo con le loro sequenze LTR. I virus transattivanti invece esprimono una proteina transattivante virale che attiva a distanza lespressione di protooncogeni cellulari, di geni per fattori di crescita o di loro recettori. HLTV-1 LHLTV-1, un deltaretrovirus, il primo retrovirus umano ad essere stato documentato. Esso un retrovirus complesso che oltre a gag, pol ed env codifica per proteine regolatrici e proteine accessorie. Esso endemico in Giappone ma presente anche nei Carabi e nel Sud America. In Europa si registrato solo qualche caso sporadico. Questo un virus transattivante che causa leucemia caratterizzata da linfociti con nucleo a forma di fiore (flower cells). Frequentemente questi soggetti presentano anche ipercalcemia con nefropatie causate da depositi calcifici nei nefroni. TAX una proteina virale che interagisce con fattori trascrizionali i quali, a loro volta, possono attivare sequenze promotrici di numerosi geni cellulari come recettori per fattori di crescita, c -onc, citochine. Sembra inoltre che il virus provochi una down-regulation della DNA pol. , un enzima coinvolto nella riparazione del DNA: ci contribuisce allinstabilit del genoma. A breve termine lHTLV-1 in grado di immortalizzare le cellule ed indurne una proliferazione (ad esempio perch producono molta IL1). In vitro cellule T infettate dallHTLV-1 producono linee linfoblastoidi simili alle B infettate dallEBV. La proliferazione policlonale. Successivamente, nel giro di numerosi anni (anche decenni), il virus pu portare ad alterazioni cromosomiche o eventi mutageni a carico di una cellula che cos passa da iperproliferativa a tumorale: si sviluppa perci una leucemia con crescita questa volta monoclonale. Cancerogenesi mammaria Si trova solo nei topi ed causata dallinfezione del virus MMTV (mouse mammary tumor virus). Esso produce una proteina (SAg) che funge da superantigene, provocando un attivazione policlonale dei linfociti T che, analogamente a quanto avviene per le infezioni da HLTV-1, predispone al tumore. Il virus ha una peculiarit: infetta le cellule delle mammelle e, trasmesso col latte, infetta i linfociti B appa rtenenti al tessuto linfoide annesso al sistema digerente del neonato. La produzione di SAg determina una iperproliferazione di linfociti T i quali, a loro volta, inducono una proliferazione di linfociti B con leffetto di aumentare la carica virale. Cancerogenesi da ormoni Un determinato ormone, se prodotto in maniera squilibrata, pu provocare a livello dellorgano bersaglio una iperproliferazione prima iperplastica e poi, eventualmente, tumorale. Squilibrio endocrino non necessariamente sinonimo di iperproduzione ma sullargomento se ne sa comunque poco. Per quanto riguarda lormone tiroideo particolarmente grave lassenza di feedback negativo a livello ipotalamico. Lo stesso pu avvenire per esempio nellovaio se gli ormoni da esso prodotti sono anomali e non in grado di inibire la produzione di gonadotropine ipotalamiche. Questo pu portare allo sviluppo di tumori della granulosa ovarica. Per quanto riguarda gli ormoni steroidei, come i glicocorticoidi, il loro recettore normalmente inattivo perch legato ad una heat shock protein. Quando lormone si lega al recettore la HSP si slega e il complesso recettore + ormone pu diffondere nel nucleo e funzionare da agente trascrizionale. Quando uno di questi sistemi alterato si verifica uno squilibrio che pu comportare la comparsa di tumori ormoneresponsivi. I tumori ormone-responsivi sono tumori costituiti da cellule che sintetizzano recettori per determinati ormoni i quali ne inducono la proliferazione. Esistono dei farmaci, come il tomoxifen, che inibiscono competitivamente gli estrogeni: essi si usano nella prevenzione di una recidiva nelle donne che hanno gi avuto un tumore al seno. Ma bisogna anche bloccare, con un altro farmaco, il processo di conversione del testosterone in estradiolo. A livello della prostata il testosterone, o meglio il diidrotestosterone, a provocare lo squilibrio che porta alla iperproliferazione. Si pu intervenire allora con il finasteride, un inibitore della 5 -reduttasi. Tuttavia questo spesso non sufficiente perch prima o poi le cellule iperproliferanti perdono la dipendenza dallormone mediante diversi meccanismi come il blocco dellespressione dei recettori, il metabolismo dei farmaci competitivi, anomalie nelle sequenze responsive agli ormoni Ancora ormone-indipendenza si pu avere se le cellule iper-esprimono geni come myc o Erb2 oppure se hanno mutato il geneRAS. Sindromi paraneoplastiche: alcune neoplasie umane provocano la comparsa di condizione morbose che non dipendono direttamente dalle lesioni causate dallespansione della massa neoplastica. Un esempio un tumore secernente ormone (che non necessariamente un tumore di una ghiandola endocrina). Un altro esempio sono le ripetute tromboflebiti (coagulazioni intravasali) dovute a fattori prodott i dalle cellule tumorali. Marcatori bio-umorali

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Sono marcatori di tumore usati normalmente. Per esempio un marcatore del tumore della prostata il PSA (antigene prostatico specifico). Si dosa nel sangue. Pi che per la diagnosi esso importante per il monitoraggio contro le recidive. Un altro marcatore importante lantigene carcinoembrionario (CEA) che si trova iper-espresso nei tumori del colon. Anche in questo caso per serve soprattutto per il monitoraggio terapeutico mentre assai meno sensibile per la diagnosi perch ci sono condizioni, come la colite, che possono portare ad un aumento del CEA. L -fetoproteina (AFP) prodotta dal fegato fetale o da quello adulto quando sono in atto processi proliferativi. Terapia antitumorale Le terapie per i tumori maligni possono essere chirurgiche, farmacologiche o radianti. Questi sono i tre pilastri su cui si fonda attualmente la terapia antitumorale. A questi si aggiungono, in alcuni casi particolari, terapie ormonali (nei tumori ormone-responsivi), immunitarie (con cellule o anticorpi), biologiche (es. trapianto di midollo ematopoietico o somministrazione di immunomodulanti, cio sostanze che modulano la risposta immunitaria. Vi sono anche alcune forme di terapia genica del tutto sperimentali). Le terapie biologiche acquistano oggi sempre maggiore importanza perch con i tre pilastri si raggiunto un plateau di successi terapeutici. Allora si cercano nuove strade. Frequentemente si fa uso di associazioni terapeutiche anche perch si interviene con la terapia quando la neoplasia gi un po avanzata. Nella fase in cui il tumore piccolo ma diagnosticabile (1-8 cm3) si pu quasi sempre intervenire chirurgicamente e lintervento chirurgico risolutivo. Nelle fasi successive lintervento chirurgico non da solo sufficiente e ad esso bisogna associare una terapia. Una forma particolare di terapia la terapia neoadiuvante: prima dellintervento chirurgico, per migliorarne lefficacia, si interviene spesso per ridurre la massa neoplastica. Chemioterapia: Esistono delle neoplasie che rispondono molto bene alla chemioterapia (gruppo I): y Un gruppo di leucemie; y Malattia di Hodgkin; y Alcuni tumori pediatrici; y Carcinomi a piccole cellule del testicolo. Ci sono per delle neoplasia che rispondono malissimo (gruppo IV), alcune delle quali sono molto diffuse: y Carcinomi del rene, del colon-retto, della cervice e del pancreas; y Adenocarcinoma del polmone; y Melanoma maligno. Per inciso il cancro della mammella e della prostata appartengono al gruppo II. I farmaci agiscono su diversi siti della cellula in modo che essa sia attaccata su diversi fronti: esistono degli alchilanti del DNA, degli antimetaboliti etc Malgrado ci non si riesce ad ottenere un farmaco selettivo per lelemento neoplastico: in sostanza i chemioterapici sono tossici. A breve termine la chemioterapia provoca nausea, vomito, brividi, febbre ed eruzione cutanea. Precocemente possono comparire leucopenia, plastrinopenia (che la causa pi importante che limita la progressione della terapia), mucosite nella bocca e nellesofago, caduta dei capelli A lungo termine si pu riscontrare anemia, neurotossicit periferica, azospermia e amenorrea, danni epatocellulari Infine tardivamente possono comparire leucemie o tumori solidi causati da un meccanismo di cancerogenesi iatrogena: tutti i farmaci chemioterapici sono essi stessi dei cancerogeni. Risposta alla terapia e resistenza La risposta che si pu ottenere alla terapia : y Remissione completa: regressione completa di tutti i segni ed i sintomi di neoplasia per la durata minima di un mese; y Regressione parziale: regressione di pi del 50% della somma del prodotto dei due diametri di tutte le lesioni misurabili per la durata minima di un mese; y Miglioramento obiettivo: regressione del 25-50%, non influisce sulla sopravvivenza; y Progressione: aumento del 25% del volume della massa neoplastica oppure comparsa di nuove metastasi; y Ricaduta: comparsa di nuove lesioni oppure aumento del 50% rispetto ai valori preterapeutici dopo un periodo di remissione completa o parziale. I motivi per cui, nonostante la terapia, avviene progressione o ricaduta che si sviluppano a livello di popolazione neoplastica dei meccanismi di resistenza. I tipi di resistenza sono essenzialmente due: 1. Temporanea: y se ci sono componenti cellulari inaccessibili (santuari farmacologici), per esempio a causa della barriera ematoencefalica; y diminuita vascolarizzazione o limitata diffusione dei farmaci; y alterata cinetica cellulare: ad esempio bassa frazione di crescita.

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Permanente: y Presenza, in elevata proporzione, di fenotipi cellulari geneticamente resistenti ad uno o pi farmaci. Un esempio di resistenza la resistenza pleiotropica o MDR (multiple drug resistance): la cellula diventa resistente a farmaci diversi. Ci pu essere dovuto alla glicoproteina di membrana p170: una pompa che cerca di allontanare dalla cellula sostanze estranee. Se questo meccanismo efficiente, magari per amplificazione genica, allora il farmaco non riesce a raggiungere in concentrazioni sufficienti il suo bersaglio molecolare. Per ovviare a questo problema oggi si fa polichemioterapia, in modo da aggredire la cellula su pi fronti. Nuovi tentativi terapeutici 2. Uso di oligoantisenso per bloccare la trascrizione di particolari geni alterati (es. RAS). Il problema che difficile veicolare queste molecole allinterno delle cellule; 3. nel cromosoma Philadelphia si produce una tirosin chinasi BCR-ABL. E stata messa a punto una molecola, surrogato dellATP (necessaria per lattivit chinasica), specificatamente selettiva per questa proteina. In questa maniera forme di leucemia mieloide cronica sono curate molto bene; 4. inibizione della tirosin chinasi responsiva a fattori di crescita con particolari farmaci. Purtroppo solo nel 20% dei casi si pu applicare la terapia e solo per la durata di sei mesi prima che intervengano meccanismi di resistenza. Per questa terapia priva di effetti collaterali; 5. uso, contro alcuni tipi di tumori, di anticorpi monoclonali. Il Cd20 una molecola che si trova nelle cellule dei linfomi non-Hodgkin. Il legame Ag-Ac sulla superficie provoca apoptosi diretta; 6. Radioimmunoterapia: uso di un anticorpo monoclonale che veicola una sostanza radioattiva. La tossicit per i tessuti normali ridotta.

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LA MORTE CELLULARE (Bernardi)


Apoptosi e necrosi La morte cellulare ha tradizionalmente un connotato negativo ma lapoptosi un processo fisiologico importante in tessuti molto variabili come il sistema gastrointestinale (meno in tessuti perenni come il SNC). NECROSI: E la morte cellulare accidentale ad opera di acidi forti, di calore eccessivo o di qualsiasi altra perturbazione insostenibile per le strutture cellulari. Un aspetto comune della necrosi la deregolazione della concentrazione di calcio nel citoplasma a causa di un danno alla membrana che ne determina entrata massiva per gradiente di concentrazione. Il calcio provoca dei danni agli organuli come mitocondri e lisosomi. Unaltra caratteristica costante il rigonfiamento cellulare che si accompagna poi a lisi vera e propria con innesco della risposta flogistica. APOPTOSI: Lapoptosi, o morte cellulare programmata, molto diversa dalla necrosi anche sotto laspetto della morfologia della cellula. Il processo inizia con lattivazione degli enzimi della famiglia delle caspasi. Successivamente il nucleo viene frammentato da endonucleasi e vengono esposte sulla membrana molecole di fosfatidilserina. Queste molecole sono normalmente relegate al foglietto interno della membrana citoplasmatica dalle flippasi. Questi enzimi vengono per inattivati durante il processo apoptotico e la concentrazione di fosfatidilserine nei due foglietti della membrana raggiungono lequilibrio. Infine la membrana plasmatica si estroflette e poco alla volta la cellula si frammenta (ma senza lisi). I macrofagi riconoscono le fosfatidilserina e fagocitano i frammenti apoptotici. In realt si possono riconoscere anche degli stati intermedi: 1. Apoptosi: serie di modificazioni stereotipiche (cio sempre uguali) specialmente evidenti nel nucleo dove la cromatina si condensa in forme semplici (globuli o semilune). Si nota inoltre la formazione dei corpi apoptotici. 2. Morte programmata apoptosi-simile: la condensazione della cromatina meno completa rispetto a quella che avviene nellapoptosi classica e la fosfatidilserina pu essere esposta prima della lisi della membrana. 3. Morte programmata simil-necrosi: non si verifica condensazione della cromatina ma vi esposizione di fosfatidilserina. 4. Necrosi: un processo accidentale che si blocca soltanto se viene rimosso lo stimolo che la innesca. Meccanismi biochimici dellapoptosi Gli enzimi principalmente implicati nel processo apoptotico sono le CASPASI (cystenyl aspartate-specific proteinase): sono proteasi che contengono cisteina e che tagliano a livello dei residui di aspartato. Le caspasi sono anche coinvolte nellinfiammazione e trasformano alcune interleuchine dalla forma inattiva a quella attiva. La grande famiglia delle caspasi coinvolte nellapoptosi si divide in caspasi effettrici (2;3;6;7) ed iniziatrici (8;9;10;12). Tutte le caspasi esistono in una proforma non attiva che contiene acido aspartico. Le caspasi iniziatrici sono attivate mediante un processo di prossimit: se esse vengono concentrate una vicina allaltra la debole attivit proteolitica che possiede la forma inattiva sufficiente perch gli enzimi si clivino e attivino a vicenda. Ci non vero per le caspasi effettrici che vengono attivate soltanto per proteolisi da parte di altri enzimi. Una volta che ci avvenuto esse dimerizzano ed espongono i siti attivi. Le caspasi sono molto selettive: effettuano tagli solo su particolari sequenze tetrapeptidiche e solo se esse sono esposte. Si ritiene che nella cellula ci siano soltanto circa 300 sequenze che posseggono con queste caratteristiche. Poich lapoptosi un processo molto delicato esso finemente controllato. Per quanto riguarda specificatamente le caspasi il metodo di controllo rappresentato dalla proteina IAP (proteine che inibiscono lapoptosi) la quale, legando le caspasi, le inattivano. Via estrinseca: Il processo dellapoptosi comincia col legame da parte di un recettore di morte trimerico (il prototipo il recettore per il TNF o per FAS). Il recettore quindi recluta delle proteine adattatrici dimeriche: esse contengono due domini, uno che lega il recettore, laltro che lega le caspasi 8. Le caspasi 8 quindi si attivano per prossimit. Le caspasi iniziatrici, una volta attivate, clivano e attivano le caspasi effettrici: le caspasi 3. Via intrinseca: La caspasi iniziatrice la caspasi 9 e quella effettrice la caspasi 3. La caspasi 9, pur essendo uniniziatrice, non si attiva per prossimit attivata da un complesso composto da CARD, APAF1 e CARD+PROTEASI 9. Questa piattaforma, normalmente inattiva, attivata dal citocromo C e dalla dATP (oppure semplice ATP ma in concentrazioni maggiori). I mitocondri, oltre al citocromo C, rilasciano anche altri composti come la proteina SMAC che inattiva IAP e rende disponibili sia la procaspasi 3 che la 9. Un altro fattore importante il fatto che i mitocondri, attraverso la produzione di ATP, influenzano il pattern della morte cellulare: difatti se c abbastanza ATP la cellula va in apoptosi ma se non ce n abbastanza per attivare la piattaforma per la conversione della caspasi 9 allora la cellula va in necrosi perch i mitocondri danneggiati non forniscono pi energia alla cellula. Un meccanismo di controllo della via intrinseca costituito dalle proteine Bax e Bcl-2. La proteina Bcl-2 (B cell linfoma 2) una proteina in grado di immortalizzare le cellule perch, posizionandosi sulla membrana mitocondriale

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esterna rende difficoltoso il rilascio del citocromo C. Effetto opposto ha invece la prot eina Bax che favorisce il rilascio. Dal rapporto reciproco tra le due proteine dipende se la cellula potr andare in apoptosi o meno. Collegamento tra via intrinseca ed estrinseca: Le due vie, intrinseca ed estrinseca, comunicano attraverso la proteina BID, anchessa appartenente alla famiglia di Bcl 2. BID un substrato della caspasi 8: BID, clivata dalla caspasi 8 si trasforma in t-BID che trasloca nella membrana esterna dei mitocondri e favorisce il rilascio del citocromo C. Ci sono dei tessuti in cui non possibile attivare la caspasi 3 se non viene coinvolta la via intrinseca attraverso la proteina BID. Attivazione della via mitocondriale: 1. VIA DI BID: la caspasi 8 cliva BID. tBID va nei mitocondri e nella membrana esterna si formano tetrameri di BID e BAX. Ci provoca la formazione di fori sufficientemente grandi per il passaggio del citocromo C. Tuttavia i fori potrebbero non essere sufficientemente grandi da permettere il passaggio di SMAC e quindi la sola via di Bid potrebbe non essere sufficiente a determinare lapoptosi (difatti la ciclosporina non blocca la via di BID ma tuttavia previene lapoptosi. Vedi oltre). 2. VIA DELLA PERMEABILIZZAZIONE DELLA MEMBRANA ESTERNA o TRANSIZIONE DI PERMEABILITA DI QUELLA INTERNA. Il citocromo C lunico componente della catena respiratoria solubile: la membrana esterna ha il compito di contenerlo dentro il mitocondrio. La membrana interna invece come un piccolo condensatore perch riesce a separare le cariche positive da quelle negative. Quando la catena respiratoria non funziona lATP sintetasi agisce al contrario: idrolizza ATP e pompa protoni contro gradiente. Se la respirazione si arresta in presenza di ATP (proveniente dalla glicolisi) la ATPasi mitocondriale idrolizza l'ATP e pompa i protoni dalla matrice allo spazio intermembrana. Se la permeabilit della membrana interna rimane bassa, si ristabilisce una differenza di potenziale elettrochimico protonico. In queste condizioni basta l'idrolisi di poco ATP per mantenere la differenza di potenziale elettrochimico protonico necessaria al funzionamento mitocondriale. Se la permeabilit di membrana invece aumenta (per esempio per l'apertura del poro di transizione della permeabilit o PTP) il mitocondrio non riesce a mantenere la differenza di potenziale elettrochimico protonico nonostante l'idrolisi di ATP, che diventa massimale. In questo senso l'apertura del poro precipita la crisi energetica perch fa consumare pi ATP. L'evento rilevante per l'apoptosi perch se la cellula carente di ATP esso viene utilizzato dalla ATP sintetasi e non ce n abbastanza per attivare lapopotosoma: ci fa abortire la risposta apoptotica e devia la morte cellulare verso la necrosi. La natura molecolare del poro non nota anche se ci sono molte ipotesi e qualcuno ha proposto che la ATP sintetasi abbia un ruolo. Diverse sostanze determinano lapertura del PTP: calcio, acido arachidonico Altre sostanze, come Bax o BCL-2, influenzano la sensibilit del poro rendendone lapertura pi facile o pi difficoltosa. Se la membrana interna non pi impermeabile perch si aperto il poro il mitocondrio tende a rigonfiarsi per lentrata di proteine diffusibili e acqua. Per gradi estremi questo rigonfiamento provoca la rottura della membrana esterna e la fuoriuscita del cit C e di SMAC. Il poro stesso pu inoltre essere importante per il rilascio di proteine apoptogeniche dallo spazio intermembrana. Il fenomeno di rigonfiamento prevenuto dalla ciclosporina A che desensibilizza i pori della transizione della . . .. permeabilit (PTP) Lapoptosi non di esclusiva competenza delle caspasi ma altri enzimi possono essere attivati e provocare questo processo: calpaine, proteasi attivate dal calcio, catepsine Alcuni bersagli delle caspasi effettrici sono: y PARP (poli adipil ribosio polimerasi): un enzima importante per la riparazione del DNA; y Lamina: una proteina di membrana nucleare. Il suo taglio rende pi accessibile il nucleo alle endonucleasi; y Flippasi; y Endonucleasi: vengono attivate dal clivaggio e la loro azione si esplica sul DNA, in particolare nelle sequenze tra i nucleosomi. Mitocondri come bersaglio terapeutico delle epatiti tossinfettive: Lepatite unaffezione del fegato che pu essere virale, tossica o autoimmune. In particolare lepatite fulminante una forma abbastanza rara per la quale per non esiste terapia. Nel topo la somministrazione di LPS non induce normalmente epatite fulminante. Difatti la risposta infiammatoria allLPS stimola la liberazione da parte dei macrofagi di TNF . Questa citochina attiva la via dell NFK che stimola la trascrizione di geni che favoriscono la sopravvivenza della cellula. Per se per qualche motivo questa via preclusa allora il TNF pu indurre lapoptosi legandosi a recettori di morte. In pratica il TNF pu essere interpretato come un segnale apoptotico oppure anti-apoptotico. Dal fatto che prevalga la risposta epatoprotettrice o quella epatotossica dipende se lepatocita rimarr sano o meno. Nella cavia si pu sensibilizzare il fegato agli effetti tossici del TNF iniettando D-Galattosammina. Il galattosio metabolizzato dal fegato e il primo passo della via : UTP + Galattosio = UDP + Galattosio -P. Se c molto galattosio tutto lUTP della cellula viene utilizzato nel metabolismo di q uesto composto e la sintesi dellRNA, solo negli epatociti, bloccata. Leffetto epatoprotettore del TNF perci precluso. Se si fa una sezione istologica di un fegato dopo somministrazione di galattosammina e di LPS si osserva che non tutte le cellule muoiono per apoptosi: alcune muoiono per necrosi e si osservano anche infiltrati infiammatori.

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La coesistenza di apoptosi e necrosi nell'epatite fulminante sperimentale (ovviamente in cellule diverse) pu essere legata a molti fattori, in particolare ai li velli di ATP. Ad esempio gli epatociti perivenulari hanno una tensione di ossigeno pi bassa di quelli periportali e vanno incontro pi facilmente ad ipossia. Se nelle cellule del fegato non esistesse un collegamento diretto tra caspasi 8 e caspasi 3 ma la via estrinseca si realizzasse mediante la via di BID e si bloccasse il PTP in teoria il danno apoptotic o dovrebbe essere prevenuto. La ciclosporina, un inibitore del PTP, potrebbe prevenire entrambe le vie di apoptosi nel caso il poro fosse determinante in entrambi i casi. In effetti il quadro istologico dopo trattamento con ciclosporina di molto migliore. Il metodo Tunnel Staning evidenzia in sezioni istologiche le cellule nei cui nuclei vi attivit delle endonucleasi. Negli animali trattati con ciclosporina non ve n nemmeno uno. Vi per anche il problema della necrosi. Negli animali trattati con ciclosporina dopo al massimo 3 ore dalla somministrazione di LPS-galattosammina si registra un picco di ALT/AST (segno di necrosi) dopo 8 ore dalla somministrazione di ciclosporina, cio quando svanisce leffetto del farmaco. Di conseguenza il farmaco in grado di bloccare anche la necrosi. Si inoltre dimostrato che negli epatociti la via estrinseca per funzionare coinvolge la via intrinseca perch l e caspasi 8 sono attivate anche in presenza di ciclosporina ma non le caspasi 3 (non vi perci collegamento diretto). Lesperimento produce gli stessi effetti anche se la necrosi provocata con la somministrazione di Lfas, un composto che ha il vantaggio di non attivare la flogosi ed i macrofagi. Considerazione: a) Alcuni pazienti possono essere sensibili alle epatiti fulminanti: ad es. se vi un blocco trascrizionale per altri motivi; b) Via della sfingomielinasi neutra: questo enzima attiva la ceramide che a sua volta precursore del ganglioside GD3 e della ceramide cer 1-P. La cer 1-P attiva la fosfolipasi A 2 che produce acido arachidonico. Sia GD3 che lacido arachidonico potrebbero attivare il PTP. Lacido arachidonico inoltre, con meccanismo a feedback positivo, stimola una maggiore produzione di GD3. Nel fegato c unulteriore via della sfingomielinasi acida che a sua volta attiva il PTP. Linattesa patogenesi mitocondriale di una malattia della matrice extracellulare: la carenza di collagene VI Il collagene VI, codificato da tre geni distinti (COL6A1; COL6A2; COL6A3), una proteina che arricchisce la matrice pericellulare, in particolare nellendomisio del muscolo scheletrico. Mutazioni del collagene VI sono legate a tre malattie. Il tipo e la gravit della malattia dipende dal sito di lesione genica, tuttavia non affatto chiaro nelluomo la corrispondenza tra genotipo e fenotipo. Le tre malattie sono: a) Miopatia di Bethem, AD: caratterizzata dalla retrazione a livello delle articolazioni interfala ngee delle ultime 4 dita accompagnata da debolezza muscolare con perdita progressiva di forza; b) Malattia di Ullrich sclerotonica, AR: caratterizzata da retrazioni accompagnate da lassit delle articolazioni. Questa malattia pu portare a morte per insufficienza diaframmatica; c) Miosclerosi di Bradley: le retrazioni dominano il quadro della malattia e i pazienti non riescono quasi a muoversi. Istologicamente si nota mionecrosi: i nuclei residui appaiono raggruppati. Si notano inoltre fenomeni rigenerativi caratterizzati dalla presenza di nuclei in posizione centrale. Il quadro di necrosi non coinvolge solo il muscolo ma tutti i tessuti in cui il collagene VI importante. La rigenerazione ha pi o meno effetto a seconda del potenziale del tessuto. Esperimenti su cavie con mutazioni del collagene VI hanno evidenziato che isolando le fibre muscolari, 7 su 10 si contraevano in maniera regolare ma le restanti apparivano corrotte e si contrevano con forza molto minore rispetto al normale. Nelle fibre alterate i mit ocondri apparivano alterati con inclusi densi. Il sarcolemma invece non aveva invece alcuna alterazione e questo sorprendente se si considera che il collagene VI una proteina extracellulare. Ad unosservazione pi approfondita si nota che vi un disturbo del reticolo sarcoplasmatico e che i nuclei hanno la classica morfologia dei nuclei di cellule in apoptosi. La separazione delle cariche nei mitocondri fondamentale per la loro struttura. Esistono dei composti lipofili e fluorescenti con carica positiva (TMRM+) che si concentrano nei mitocondri, avendo questi una carica di -180 mV, molto maggiore di quella del citoplasma che di circa -60mV. I protonofori e i disaccoppianti disaccopiano la respirazione abbassando il potenziale elettrico. In questo caso il TMRM+ esce dai mitocondri e dalle cellule. La fibra va inoltre in contrattura per carenza energetica (simil rigor -mortis). Le fibre dei topi geneticamente modificati (KO) rispetto a quelli WT mostravano gli stessi valori di fluorescenza nei mitocondri. Tuttavia bloccando lATP sintetasi di un mitocondrio WT esso non si depolarizza mentre ci succede nei mitocondri dei topi KO. Il quadro tornava normale se le fibre prevelate dai topi KO corrotte venivano piastrate sul collagene VI. Spiegazione: I muscoli dei topi malati non si contraggono con difficolt ma faticano a rilasciarsi poich vi un problema energetico che preclude il riaccumulo di calcio nel reticolo sarcoplasmatico. Probabilmente una deficienza di collagene VI altera un segnale (probabilmente via integrine) provocando una disfunzione mitocondriale: aumento graduale del poro PTP, si verifica perdita di metaboliti e graduale perdita della funzione ATP sintetasica a favore di quella ATP litica. Molto ATP viene perci consumato per mantenere intatti i potenziali di membrana. La carenza energetica preclude la possibilit al reticolo sarcoplasmatico di riaccumulare calcio.

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Come in un circolo vizioso laumentata concentrazione di calcio citoplasmatico aumenta il tempo di apertura del PTP, peggiorando la situazione. La ciclosporina A, rimediando la disfunzione mitocondriale, riesce a guarire i topi.

LINFIAMMAZIONE (Pozzan)
Caratteristiche generali dellinfiammazione Linfiammazione la condizione patologica pi comune. In realt il fenomeno infiammatorio sta al limite tra patologia e fisiologia. Esso una risposta stereotipata con modificazioni quantitative pi che qualitative allesposizione ad agenti esterni (biologici, fisici, chimici). Questa risposta pu causare patologia ma di per s fisiologica. Il principio base dellimmunit acquisita la specificit. Nel caso del fenomeno infiammatorio invece la risposta aspecifica e uguale per ogni agente che lha provocata. Linfiammazione locale descritta con questi segni e sintomi: y RUBOR (rossore); y TUMOR (tumefazione); y CALOR (lieve aumento di temperatura locale); y DOLOR Ci possono essere inoltre altri segni nellinfiammazione generale, come la febbre. Esistono infiammazioni acute e croniche riferendosi alla modalit di insorgenza e alla durata (anche se ovviamente impossibile una separazione netta). Questi due tipi di infiammazioni sono abbastanza diversi anche dal punto di vista qualitativo poich il processo cronico dominato dalla partecipazione di cellule della classe linfocitaria e monocitomacrofagica mentre lacuto dominato dalla presenza di granulociti. Comportamento dei vasi sanguigni nellinfiammazione: richiami biochimici Il colore della pelle dipende dalla melanina e dal sangue: tanto pi superficiali sono vasi e tanto meno melanina abbiamo tanto pi imponente sar il contributo del sangue al colore della pelle. In particolare il rossore indica che in quella zona la quantit di sangue pi elevata che in altre situazioni. Il flusso ematico locale aumenta perch si verifica vasodilatazione e vengono percorsi quei capillari cutanei dove in condizioni di riposo non fluisce il sangue. Ci dovuto al fatto che durante il processo infiammatorio si aprono gli sfinteri pre-capillari. Tra muscolo liscio e scheletrico la grande differenza il tempo di contrazione (nello scheletrico al max 0,5-1 secondo) e i meccanismi biochimici che ne sono alla base. Nel muscolo liscio la contrazione innescata fondamentalmente dallenzima MLCK (chinasi della catena leggera della miosina). Ci sono poi delle fosfatasi che inducono il rilasciamento del muscolo. Nellinfiammazione lenzima MLCK devessere inibito perch devono invece prevalere le fosfatasi cos che gli sfinteri, che sono tonicamente ristretti, si rilasciano. Se il sistema in equilibrio dinamico, cio se sono attivate sia le MLCK che le fosfatasi, noi possiamo ottenere leffetto di decontrazione sia riducendo lattivit delle chinasi che aumentando quello delle fosfatasi. Di fatto si verifica inibizione delle chinasi. Per inibire le MLCK si possono usare due meccanismi: 1. attivit della PKA che fosforila MLCK con effetto inibitorio; 2. attivit della PKG che fosforila MLCK con analogo effetto inibitorio. Lattivazione della PKA e della PKG avviene in seguito ad un aumento del cAMP o del cGMP citoplasmatico. Perch ci avvenga devono essere attivati gli enzimi adenilato ciclasi e guanilato ciclasi. Questi enzimi, presenti nella membrana citoplasmatica, sono attivati da recettori di membrana a 7 domini transmembrana dopo legame con lo specifico ligando. Lazione dei recettori di attivare le ciclasi si esplica mediante lausilio delle proteine G. Il loro nome deriva dal fatto c he queste proteine sono in grado di legare guanosin nucletodi: GTP quando attivate, GDP quando non attivate. Le G proteine esistono sia in forma monomerica che in forma trimerica. Le trimeriche sono costituite dalle subunit e . Quando il recettore lega il suo ligando si verifica un cambiamento conformazionale che si riflette sulla proteina G la quale espelle GDP e legando GTP si attiva. Lattivazione induce la separazione della subunit dalle subunit . Uno di questi due pezzi va ad agire su un bersaglio a valle. La famiglia dei recettori a 7 domini transmembrana va divisa in due gruppi: 1. il gruppo che attiva o inibisce il rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico attraverso la via che presuppone lattivazione della fosfolipasi C (produzione di IP3 che a sua volta provoca rilascio di calcio); 2. il gruppo che attiva o inibisce le adenilato ciclasi. Di guanilato ciclasi ne esistono di due gruppi: 1. proteine di membrana, attivabili dal NAF (fattore natriuretico atriale); 2. solubili e attivate dal radicale NO. PI3K: un enzima che sembra abbia un ruolo molto importante in molte risposte biologiche. Esso una chinasi lipidica che ha come substrato il fosfatidilinositolo bis-P. Esso trasforma il PIP2 in PIP3

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NOTA: Meccanismi di trasduzione dei recettori accoppiati alle proteine G: 1. attraverso G proteine tetrameriche con subunit a s: attivazione delladenilato ciclasi; 2. attraverso G proteine tetrameriche con subunit a i: inibizione delladenilato ciclasi; 3. attraverso G proteine tetrameriche con subunit a q e a11-15: attivazione della fosfolipasi C. 4. attraverso le subunit e delle proteine G tetrameriche vengono espletate altre funzioni: y attivazione della fosfolipasi C nei leucociti; y modulazione di canali ionici; y attivazione della PI3K con formazione di PIP3 sul foglietto interno della membrana. Con una serie complessa di reazioni a cascata questo composto provoca un processo di riorganizzazione del citoscheletro che provoca una contrazione della cellula. Questo il meccanismo biochimico attraverso il quale si realizza la contrazione endoteliale responsabile dellaumento della permeabilit alle proterine (vedi oltre). Comportamento dei vasi sanguigni nellinfiammazione: il meccanismo biochimico della vasodilatazione 1. Attivazione di recettori da parte di agenti come listamina (recettori H1) accoppiati a G proteine con subunit aq nelle cellule endoteliali. Di recettori per listamina ce ne sono di diversi tipi. Gli H2 sono espressi nella mucosa gastrica. Inibitori selettivi del recettore H2 sono usati nel trattamento delle gastriti o delle ulcere della mucosa gastrica e duodenale; 2. si attiva la fosfolipasi C che idrolizza il PIP2, con produzione di IP3 e DAG; 3. lIP3 induce il rilascio di calcio dal reticolo endoplasmatico; 4. aumenta la concentrazione di calcio nel citoplasma; 5. A) In alcune cellule: o il calcio si lega alla calmodulina ed il complesso Ca-Calmodulina attiva la NO sintetasi di tipo costitutivo. Di NO sintetasi ne esistono varie isoforme. Quella di tipo endoteliale simile a quella neuronale (molto importante perch si ritiene sia implicata nei meccanismi della memoria). Una terza famiglia la NO sintetasi inducibile (ovvero la cui espressione genica, pi che lattivit, modulata) che presente per esempio nei macrofagi; o produzione di NO (messaggero 1); o lNO, diffuso verso le cellule muscolari liscie sottostanti, si lega alla guanilato ciclasi NO dipendente con produzione di cGMP; 5. B) In altre cellule: o si ha attivazione da parte del complesso Ca-Calmodulina della fosfolipasi A 2 con produzione di acido arachidonico; o sintesi a partire dallacido arachidonico, ad opera delle cicloossigenasi, di prostacicline, di prostaglandine e di trombossani e, ad opera delle lipoossigenasi, di leucotrieni (messaggeri 2); o i messaggeri 2, diffusi verso le cellule muscolari liscie sottostanti, si legano ad uno specifico recettore associato ad una proteina Gs con conseguente attivazione delladenilato ciclasi; o lattivazione delladenilato ciclasi porta alla produzione di cAMP; 6. il cAMP (o il cGMP in alcuni tessuti) attiva la PKA (o PKG) che fosforila la chinasi della catena leggera della miosina inattivandola. I due meccanismi (quello che coinvolge il messaggero 1 e quello che invece coinvolge i messaggeri 2) sono in alternativa e avvengono in cellule diverse. Comportamento dei vasi sanguigni nellinfiammazione: ledema Perch non si modifichi il volume del liquido extracellulare ci devessere un equilibrio tra entrata ed uscita di liquido nei capillari. I parametri che regolano questo processo sono le pressioni idrostatiche e colloido-osmotiche di sangue e liquido extracellulare. La pressione idrostatica nelle arteriole si aggira intorno ai 30 mmHg mentre nelle venule essa di circa 8/10 mmHg. La pressione osmotica invece determinata dalle proteine del plasma che si oppongono alluscita di plasma. La differenza di pressione colloido-osmotica tra interno ed esterno di circa 18/20 mmHg. Nella parte arteriolare la pressione idrostatica maggiore di 18 mmHg e perci lacqua tende ad uscire. Il contrario avviene nella parte venulare. Al netto vi una piccola parte di liquido che esce in eccesso ma esso drenato dal sistema linfatico. Nellinfiammazione acuta si verificano due eventi: 1. aumento di flusso con conseguente aumento della pressione idrostatica. Questo si verifica anche in caso di un arrossamento non infiammatorio ed in questo caso il sistema linfatico sarebbe perfettamente in grado di drenare il liquido extravasato; 2. la permeabilit alle proteine si modifica. Le giunzioni tra le cellule endoteliali si allentano lasciando passare proteine plasmatiche: cos anche la differenza di pressione colloido-osmotica tra capillari ed interstizio si affievolisce Ledema non un evento esclusivo del processo infiammatorio ma si caratterizza per la ricchezza in proteine del liquido extravasato perch linfiammazione varia la permeabilit dei capillari alle proteine plasmatiche. Ledema ha una funzione importante nel processo della guarigione perch: y laumento di liquido nella zona extracellulare tende a diluire qualsiasi sostanza tossica ivi presente;

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laumento di permeabilit alle proteine permette ad alcune di queste, come le Ig o le proteine del complemento, di raggiungere il sito di infiammazione; y laumento di flusso permette che nella zona arrivi una maggiore quantit di sostanze utili per rigenerare i tessuti danneggiati; y aumento di flusso attraverso i vasi linfatici fa s che pi facilmente gli antigeni provenienti dalle zone infiammate raggiungano i linfonodi. Si pu valutare il processo infiammatorio dal tipo di proteine che extravasano: tanto maggiore linsulto infiammatorio tanto pi marcata sar la contrazione delle cellule endoteliali e tanto pi grandi sono le proteine che raggiungono il liquido interstiziale. Oltre alla contrazione pu darsi che un ruolo nelledema possa essere ricoperto dallaumento della transcitosi. Se lendotelio viene danneggiato tanto che anche eritrociti possono passare nel liquido interstiziale allora si parla di infiammazione emorragica.

I leucociti e linfiammazione Luscita delle cellule bianche un processo attivo e complesso che avviene in stadi successivi e che richiede lattivazione dellendotelio in seguito a legame di particolari sostanze. Nel processo infiammatorio la viscosit del sangue aumenta per sottrazione di plasma. Si osserva che in questa situazione le cellule bianche, che normalmente scorrono al centro della colonna di fluido, tendono a marginare. Quello della marginazione un processo altamente complesso e selettivo. I globuli bianchi, in particolare i granulociti neutrofili, si spostano in periferia e rotolano lentamente lungo lepitelio. Questo rotolamento non un fenomeno prettamente idrodinamico ma prevede linterazione del leucocita con alcune molecole espresse sulla cellula endoteliale. Lo stadio successivo quello dell adesione ferma durante il quale la cellula aderisce tenacemente allendotelio e comincia a cambiare forma. Infine si passa al fenomeno della diapedesi che consiste nel passaggio attraverso la parete endoteliale: lendotelio contratto presenta delle piccole finestrazioni che per non sono abbastanza larghe perch possa passare una cellula. Tuttavia le cellule bianche sono estremamente mobili: la membrana del leucocita comincia ad infilarsi tra due cellule endoteliali e piano piano forzano una separazione maggiore tra di esse in maniera da crearsi un passaggio abbastanza ampio. Nella membrana basale poi cerca delle fenestrature pre-esistenti attraverso le quali possa passare. Infine comincia un viaggio lungo anche parecchi mm per raggiungere il sito infiammato. Un endotelio normale ha pochissima tendenza a legare i leucociti perch il numero di recettori per le molecole adesive dei leucociti (e laffinit di queste nei leucociti) molto bassa. Questi recettori sono le P-selectine, normalmente presenti nellendotelio in granulazioni dette corpi di Weibel-Palade ma espresse solo sulle membrane degli endoteli attivati. Le P-selectine sono molecole di adesione poco efficaci che permettono solo il rotolamento delle cellule. Per cui devono essere sintetizzate (questa volta ex-novo) altre molecole di adesione. Il processo di neosintesi richiede 1-2 ore. La fase di aderenza stretta dipende: 1. dalla sintesi di molecole di adesione tipo ICAM e VCAM nelle cellule endoteliali attivate; 2. aumento dellavidit di legame delle integrine (es. LFA1) espresse sulla superficie dei leucociti. Questo processo stimolato da agenti chemotattici I leucociti si muovono per chemotassi. Le sostanze chemotattiche possono essere di natura esogena (soprattutto batteriche), prodotte dai leucociti stessi o prodotte da altre cellule endogene. y Sostanze chemotattiche di origine batterica: c un elemento comune a tutti i procarioti ma non agli eucarioti: la formil-metionina, laminoacido portato dal tRna che riconosce il codone iniziatore degli mRna procarioti. Le proteine mature vengono modificate post-traduzionalmente ed una delle modificazioni pi comuni il taglio proteolitico del frammento N-terminale, in particolare dei primi 3-4 AA. I leucociti hanno un recettore che riconosce selettivamente piccoli peptidi contenenti formil-metionina allN-terminale; y Sostanze chemotattiche di origine endogena: sono prodotte a partire da precursori inattivi presenti nel sangue. Di particolare importanza sono i fattori che si producono dallattivazione del complemento. Questi fattori devono essere prodotti a partire da C3 o successivi in maniera da coinvolgere sia la via classica che quella alternativa. Infatti i componenti del complemento con maggiore efficacia chemotattica sono C3A e C5A. In particolare C5A il pi potente agente chemotattico essendo infatti attivo anche a concentrazioni di 10 -12/-13 M; y Prodotti leucocitari: si tratta di un circuito amplificativo: le stesse cellule che si stanno muovendo in senso chemotattico sono stimolate a rilasciare ulteriori agenti chemotattici. In particolare, altamente potenti sono il leucotriene B4 (anche altri leucotrieni sono chemotattici ma lo sono a concentrazioni molto pi alte ed in pratica non hanno significato dal punto di vista fisiologico) e il PAF (o fattore attivante le piastrine. E un prodotto del metabolismo fosfolipidico ed ha unazione molo potente sulle piastrine). La produzione di LTB4 e PAF sono la conseguenza dellattivazione di altri recettori per agenti chemotattici. y Chemochine: fino a qualche anno fa questo gruppo era considerato di secondaria importanza. Man mano che la ricerca in questo campo andata avanti si per scoperto che le chemochine sono unampia famiglia e che svolgono un ruolo importante non solo nellinfiammazione ma anche in molti altri processi (per es. nellHoming dei linfociti). Le chemochine sono dei peptidi che vengono prodotti da molti tipi di cellule e hanno bersagli diversi. Esse sono raggruppabili in quattro famiglie che hanno in comune dei dettagli strutturali riguardanti lorganizzazione delle cisteine in esse comprese: a. Famiglia CC: due coppie di cisteine, due cisteine adiacenti, formano due ponti disolfuro per molecola;

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Famiglia CXC: due coppie di cisteine, due cisteine separate da un aminoacido qualsiasi, formano due ponti disolfuri per molecola; c. Famiglia C: due sole cisteine e un solo ponte disolfuro per molecola; d. Famiglia C3XC: due coppie di cisteine, due cisteine separate da tre aminoacidi qualsiasi, formano due ponti disolfuro per molecola. Si conosce un solo membro di ciascuna delle due ultime famiglie. Esiste inolte un gruppo di chemochine costituitive che presiede alla normale e fisiologica distribuzione dei leucociti nellorganismo; un altro gruppo delle chemochine inducibili coinvolte nellinfiammazione e, infine un gruppo di chemochine a cavallo tra i due precedenti gruppi coinvolte nel processo neoplastico. I recettori per le chemochine sono chiamati semplicemente CCR se il loro ligando CC e via dicendo. Pi chemochine interagiscono con uno stesso recettore: non vi assoluta specificit anche se laffinit di legame sar diversa. La sensibilit di una cellula per una chemochina variabile e dipende dai recettori espressi. Quindi una combinazione di chemochine richiamer preferenzialmente un tipo di leucociti rispetto ad un altro. Di conseguenza la tempistica di produzione delle diverse citochine nel corso di un processo infiammatorio sar diversa poich prima devono interevenire i granulociti neutrofili e, solo in un secondo momento, i monociti e i linfociti. La chemotassi I recettori per le chemochine sono dei classici recettori a 7 domini tr ansmembrana associati a proteine G trimeriche. Le proteine G possiedono delle subunit i e q. Le i, normalmente funzionanti come inibitrici della adenilato ciclasi, svolgono in questo caso attivit identica a quella delle q (attivazione della fosfolipasi C) con conseguente produzione di DAG e IP3. Questultimo composto determina laumento della concentrazione di calcio intracellulare. Le subunit attivano la PI3K con produzione di PIP3. Se delle cellule si muovono in senso preciso e orientato ci deve per forza essere un gradiente chimico dellagente chemotattico allesterno della cellula e un conseguente gradiente allinterno della cellula. La concentrazione del ligando nel liquido extracellulare tra un capo e laltro di una cellula differisce solo dell1-2% quando essa molto distante dalla fonte mentre quando essa vicina questa differenza in pratica nulla. Evidentemente ci sar una parte della cellula, quella rivolta verso la fonte, che presenter una frazione maggiore di recettori saturati dal ligando ma la differenza comunque davvero esigua e non si ancora riusciti a dimostrare questa differenza di saturazione. Forse pi che una questione di saturazione un problema temporale: la parte della cellula che ha per primo presentato il legame ligando/recettore sar quella dove si sviluppa il lamellipodio (la testa). Ma questa ipotesi non spiega come mai, spostando la fonte della chemochina, le cellule comincino a spostarsi verso la nuova sorgente cambiando il lamellipodio. Misurando la concentrazione di calcio allinterno della cellula si verificato inaspettatamente che essa pi bassa dalla parte verso la quale la cellula si muove. Ma ancora pi inaspettato che anche senza questo gradiente di calcio le cellule si muovono lo stesso. Quindi il problema della chemotassi non risolvibile considerando solo il calcio. Nemmeno il cAMP sembra esserne implicato, o meglio, sembra avere un ruolo inibitorio nel processo chemotattico. Allora si presa in considerazione laltra via che porta alla produzi one di PIP3. In effetti si scoperto che in una cellula che si sta muovendo si trova molto IP3K attivata nel lamellipodio. La produzione di PIP3 provoca il reclutamento di proteine G monomeriche le quali a loro volta possono indurre modificazioni nel citoscheletro. Quando le cellule sono arrivate in prossimit della fonte della sostanza chemotattica non viene pi avvertita unapprezzabile differenza tra la testa e la coda della cellula. Essa perci si ferma. Come si spiega la distribuzione del calcio? LIP3, prodotto dalla fosfolipasi C, diffonde in tutta la cellula in ms. Di conseguenza la distribuzione del calcio dipende dalla distribuzione del reticolo endoplasmatico allinterno della cellula. e nelle cellule che si muovono il reticolo situato prevalen temente nelluropodio (in coda). Inoltre c da considerare un altro fattore: lespulsione del calcio dalla cellula. Questo processo dipende dallattivit di una pompa specifica attivata dal DAG. Esso, molto meno diffusibile, prodotto prevalentemente nel lamellipodio. Di conseguenza questa pompa sar molto pi attiva in testa, pompando esternamente maggiori concentrazioni di calcio. La combinazioni di questi due eventi (reticolo e espulsione) unipotesi plausibile per spiegare il gradiente. Endocitosi e fagocitosi Esistono due tipi di endocitosi: y endocitosi recettore-dipendente: un esempio lendocitosi delle LDL; y costitutiva o pinocitosi: che siano presenti o meno sostanze in superficie, porzioni di membrana sono continuamente endocitate. Il processo dellendocitosi molto attivo tanto che in alcune cellule tutta la membrana rinnovata ogni mezzora. La fagocitosi un processo altamente specializzato e assomiglia in larga misura allendocitosi distinguendosi per da esso per una particolarit: le dimensioni delle porzioni di membrana coinvolte. Difatti una vescicola di endocitosi raggiunge al massimo le dimensioni di 1 m mentre i fagosomi hanno dimensioni superiori a questa misura. Il processo di fagocitosi pu interessare particelle cos grandi da portare alla cosiddetta fagocitosi frustrata nella quale le cellule tentano, senza successo, di fagocitare particelle pi grandi di loro. La fagocitosi riguarda in generale strutture corpuscolari come cellule, batteri, particelle estranee di grandi dimensioni mentre per i virus, le proteine e altre sostanze si parla di endocitosi.

b.

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La fagocitosi deve essere per forza un processo finemente regolato poich i fagociti professionali devono saper discernere non solo tra il self ed il non-self ma anche tra le cellule del nostro organismo che devono essere eliminate e quelle da salvaguardare. La fagocitosi un processo tipico dei fagociti professionisti (macrofagi, eosinofili e neutrofili) ma essa pu essere messa in atto anche da altri tipi di cellule: ad e sempio se una cellula va in apoptosi spetta alle cellule vicine eliminare, fagocitandoli, i corpi apoptotici. Si tratta, comunque, di uneccezione alla regola. Un batterio allo stato naturale fagocitato malvolentieri e con pochissima efficienza. Tuttavia i batteri sono fagocitati con alta efficienza se ricoperti da opsonine, cio anticorpi o fattori del complemento. Per quanto concerne le Ig i fagociti posseggono dei recettori per i Fc delle Ig. Essi per si attivano solo quando le Ig hanno legato qualcosa, e si trovano perci raggruppate. Tuttavia perch si sviluppi una risposta anticorpale efficiente sono necessari parecchi giorni. Si sono sviluppate cos delle opsonine che non richiedono memoria immunologica e che sono efficaci subito: esse sono in particolare C3b e C3bi. Queste due componenti vengono prodotte sia dalla via classica che dalla via alternativa. C3b e C3bi svolgono due funzioni diverse: C3b una molecola che favorisce solo ladesione della particella alla cellula fagocitica mentre il C3bi stimola specificatamente la fagocitosi. I recettori che riconoscono C3b e C3bi sono detti CR1; CR3 e CR4. CR1 in particolare riconosce C3b e non attiva di per s la fagocitosi mentre CR3 e Cr4 legano C3bi attivano la fagocitosi. Perch avvenga la fagocitosi necessario che tutta la particella da fagocitare sia ricoperta da opsonine poich recettore e opsonina devono formare un meccanismo simile ad una cerniera lampo. Cos se solo una parte della particella opsonizzata la fagocitosi si arresta. Il vacuolo intracellulare che si forma detto fagosoma. Nel vacuolo devono avvenire altri eventi molecolari per portare alla digestione di ci che stato fagocitato. Essi sono fondamentalmente tre: 1. sulla membrana citoplasmatica dei fagociti, e quindi anche in quella del fagosoma, presente lenzima NADPH ossidasi. LNADPH uno dei composti implicati nelle reazioni redox, in particolare nella via dei pentoso fosfati. Nei fagociti professionali presente un particolare tipo di catena respiratoria in cui il donatore di elettroni lNADPH anzich lNADH e che porta alla produzione ad opera della NADPH ossidasi non di acqua bens di radicale superossido (O2-) poich lossigeno viene ridotto in maniera monoelettronica e non bielettronica. Questo meccanismo avviene sulla membrana del fagosoma. I radicali dellossigeno sono particolarmente tossici per ogni tipo di cellula. I fagociti per possiedono lenzima superossido dismutasi che li protegge dal radicale superossido. Inoltre i recettori che attivano la NADPH ossidasi sono gli stessi che legano le opsonine: di conseguenza la produzione di superossido avviene solo quando si forma un fagosoma. Infine il substrato riducente si trova nel citoplasma mentre il superossido prodotto allesterno della membrana (e quindi allinterno del fagosoma). Il sistema di controllo tuttavia imperfetto e linfiammazione, soprattutto se intervengono i neutrofili, provoca dei danni da radicali liberi anche al tessuto circostante. 2. sfrutta la NO sintetasi inducibile (la cui trascrizione controllata ma che poi costitutivamente attiva). La NO sintetasi in grado di apportare modifiche alle proteine, in particolare nitrosilazione, con danneggiamento delle stesse. Il ruolo della NO sintetasi inducibile tuttavia meno chiaro nel pro cesso di uccisione dei batteri. LNO un gas e quindi potrebbe diffondere allesterno del fagosoma e dannegiare i tessuti circostanti. Tuttavia esso dotato di un campo di azione molto limitato, dellordine di pochi micron. 3. la distruzione completa della particella fagocitata avviene ad opera di tutta una serie di enzimi litici. I granuli dei granulociti sono difatti dei lisosomi specializzati che contengono tutti questi enzimi litici e le vescicole si riversano nel fagosoma formando il fagolisosoma. Recettori per la fagocitosi Ci sono alcuni recettori che agiscono senza il bisogno di opsonizzazione (efficienza da 10 a 100 volte minore): 1. Mannose Receptors (simili alle lectine): riconoscono genericamente glicoproteine che hanno mannosio le quali non sono normalmente presenti sulle cellule eucariotiche; 2. Scavenger Receptorsi (simili alle lectine) Altri invece promuovono la fagocitosi di particelle opsonizzate: 1. FC RI: recettore per il frammento costante delle IgG. Questi recettori riconoscono le Ig aggregate; 2. CR1: riconosce Cb3 e come detto precedentemente un recettore di adesione pi che di vera e propria fagocitosi; 3. CR3 e CR4: riconoscono soprattutto Cb3I anche se CR4 un po pi promiscuo; 4. C1q: riconosce particelle ricoperte da una proteina sierica, la MBL (lectina legante il mannosio). Le lectine sono proteine che riconoscono alcune particolari specie di glicolipidi o glicoproteine. I granulociti neutrofili I neutrofili sono cellule funzionalmente differenziate a vita breve (la loro vita media in circol o di sole 12/16 ore). Essi presentano un nucleo polilobato con cromatina molto addensata ed una sintesi proteica ridotta bench non assente (per esempio producono citochine). Allinterno del citoplasma queste cellule sono ricche di granuli: delle vescicole che altro non sono che particolari lisosomi, alcuni di essi particolarmente elettrondensi ed altri pi chiari. Le granulazioni pi scure sono detti granuli primari mentre gli altri sono stati definiti granuli secondari o specifici. I granuli primari son o classici lisosomi, i granuli secondari invece sono tipici dei neutrofili: hanno un basso ph (4, contro 6 dei primari) e contengono proteine abbastanza

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inusuali per i lisosomi come la proteina legante la vitamina B12 che in effetti un agente batteriostatico. E stata ipotizzata infine lesistenza dei granuli terziari che per non sono distinguibili al microscopio. Una volta formatosi il fagosoma i granuli si fondono con la sua membrana. Oltre a riversare allinterno del fagosoma gli enzimi contenuti nei granuli essi arricchiscono la membrana del fagosoma stesso di componenti della particolare catena respiratoria che permette il burst respiratorio. Questo meccanismo fa s che il radicale superossido venga prodotto solo dopo la formazione del fagolisosoma. La fusione dei granuli coi fagosomi (o, per errore, con la membrana citoplasmatica) non avviene sempre ma solo quando la cellula attivata da particolari stimoli. Inoltre lattivazione degli enzimi lisosomiali avviene nel fagosoma a causa dei valori di ph bassi: se fossero sempre attivi gli enzimi lisosomiali potrebbero digerire il lisosoma stesso. I neutrofili per non sono cellule cos precise tanto che a volte i granuli si fondono con la membrana citoplasmatica provocando cos il versamento di enzimi litici e la produzione di superossido allesterno. Sembra per esempio che in caso di ischemia il danno maggiore non sia provocato dallischemia stessa, che porta alla necrosi solo di un nucleo centrale, ma dalla risposta infiammatoria che coinvolge i tes suti circostanti che lischemia provoca per tutta una serie di fattori (come per es lattivazione del complemento da parte di fattori di necrosi). Questo danno probabilmente dovuto allazione dei neutrofili. Gli enzimi lisosomiali per, anche se rilasciati allesterno, non dovrebbero provocare dei danni poich per la loro attivazione necessitano di un ph acido. Tuttavia lambiente di una zona infiammata tende ad essere acido perch: y ricco di cellule e quindi il metabolismo elevato. I neutrofili hanno in particolare un metabolismo prevalentemente anaerobico che porta alla produzione di acido lattico. In una zona infiammata ricca di neutrofili il pH anche di 6; y I vasi possono essere danneggiati: la pCO2 aumenta e di conseguenza il pH diminuisce. Tra macrofagi e neutrofili esistono delle differenze: y I neutrofili sono disponibili alla fagocitosi in ogni momento. I macrofagi invece hanno bisogno di un periodo di successiva maturazione tanto che prima che un monocita diventi un macrofago vero e proprio ci vogliono dalle 12 alle 24 ore. Il processo maturativo scatenato dallazione di citochine, la principale delle quali lIFN . Cos nelle prime ore dellinfiammazione agiscono solo i granulociti mentre macrofagi e linfociti sono attivati solo in un secondo momento; y I neutrofili hanno vita breve e la loro vita si riduce ulteriormente per i danni da loro stessi prodotti. Se non riesce ad uccidere la particella fagocitata esso, quando muore, la rilascia allesterno eventualmente ancora viva assieme agli enzimi litici. Per evitare che ci accada i macrofagi di solito fagocitano i neutrofili. Se ci avviene linfiammazione si risolve senza alcun danno ai tessuti circostanti. Se per i granulociti sono molti inevitabile che si verifichi un danno massiccio al tessuto circostante con conseguente lisi e formazione di pus (questultimo composto di liquido edematoso, neutrofili e tessuto lisato). Se la zona dellinfiammazione vasta si forma un ascesso. La fagocitosi (secondo Colonna) La fagocitosi operata dai fagociti professionali, delle cellule caratterizzate dal fatto che tentano di ingoiare qualsiasi cosa incontrino ad eccezion fatta dei microrganismi o delle cellule morte per la cui fagocitosi necessaria una preventiva opsonizzazione con Ig o frammenti del complemento. Essa per definizione linternalizzazione, dipendente da recettori ed operata grazie ai filamenti di actina, di grosse particelle e di microrganismi mediante la formazione di grandi vacuoli (fagosomi) di diametro > 0,5 nm. Questi fagosomi maturano successivamente in fagolisosomi che sono acidi e ricchi di enzimi idrolitici. Il meccanismo ha tre eventi critici: 1. riconoscimento della particella da ingerire mediante interazione col leucocita; 2. internalizzazione e formazione del vacuolo fagocitico; 3. uccisione e digestione del materiale fagocitato nel fagolisosoma. Se non si riesce a chiudere la vescicola gli enzimi litici sono riversati allesterno: si parla in questo caso di fagocitosi frustrata. Analogamente per errore le sostanze possono essere riversate prima che la vescicola si sia chiusa completamente. Fagocitosi ed endocitosi sono processi diversi perch: y la fagocitosi implica lestroflessione della membrana, lendocitosi lintroflessione; y lendocitosi operata dalla clatrina, la fagocitosi dallactina; y la fagocitosi permette di internalizzare molecole pi grandi. Nei neutrofili ci sono almeno due o tre tipi di granuli. Lenergia per la fagocitosi proviene dalla glicolisi anaerobia ma le cellule consumano comunque ossigeno per produrre radicali. I ROS vengono prodotti dalla NADPH ossidasi e dalla mieloperossidasi. Oltre a radicali dellossigeno contro i batteri vengono prodotti anche radicali dellazoto ad opera della NO sintetasi. I componenti citoplasmatici della catena che permette il burst sono sette e si assemblano solo nel momento del bisogno. Questo sistema pu essere alterato geneticamente se uno dei componenti alterato oppure so lo il processo di assemblaggio. La complessit di questo meccanismo un modo per evitare che la produzione di radicali si attivi quando non necessaria. Si noti inoltre che:

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i radicali prodotti nel fagosoma, in presenza di ferro (e un batterio in effetti ne possiede in abbondanza), scatenano la reazione di Haber-Weiss e la produzione di OH; y lH2O2 che si forma substrato della mieloperossidasi, contenuta nei granuli primari, che forma lo ione ipoclorito ClO- (la varechina) che ha unazione potente come quella dei radicali dellossigeno. Esso agisce su gruppi amminici e proteine con formazione di cloramine tossiche per i batteri; Questo tuttavia un meccanismo aggiuntivo, il cui deficit non provoca disturbi. Ma come possibile luccisione dei batteri in zone poco irrorate e quindi povere di ossigeno?. Lorganismo riesce comunque a difendersi perch, a causa della degranulazione, si verifica una diminuzione di pH, una scarica di proteine cationiche con attivit battericida, lattoferrina per sottrarre il ferro, idrolasi acide con azione digestiva e una proteina che lega e sottrae la vitamina B 12. Alla fine della fagocitosi i neutrofili subiscono morte apoptotica e sono a loro volta ingeriti dai macrofagi. Dal punto di vista molecolare la fagocitosi innescata dal legame recettore-particella opsonizzata che provoca un aumento della concentrazione di calcio citoplasmatico con attivazione della PKC e avvio del processo di degranulazione e della catena della NADPH ossidasi. Se vengono prodotti radicali, perch essi non distruggono anche il fagosoma? La risposta che i granuli secondari contengono lattoferrina che oltre a rivestire internamente le membrane sequestra il ferro (impedendo lHaber -Weiss). Nel fagosoma attivata una pompa protonica che provoca lacidificazione del fagosoma stesso e attiva gli enzimi lisosomiali. Il basso ph stesso ha unazione batteriostatica. Nel corso di uninfiammazione si pu verificare un danno tessutale perch parte dei prodotti ad azione microbicida vengono rilasciati nello spazio extracellulare. I motivi sono essenzialmente tre: 1. anticipato rilascio dei prodotti prima della completa chiusura del fagolisosoma; 2. fagocitosi frustrata se le membrane non riescono a fondersi; 3. danni alla membrana del fagolisosoma.

PAMPs (pathogen-associated molecular patterns) Le PAMPs sono molecole prodotte esclusivamente dai batteri e ricoprono funzioni uniche ed insostituibili nelle cellule che le producono. Sono quindi marcatori inequivocabili di invasione batterica. Esse sono altamente conservate allinterno di una particolare specie microbica perch il loro ruolo indispensabile per la sopravvivenza. Non sono PAMPs per esempio le tossine perch se anche un batterio non le produce comunque perfettamente in grado di sopravvivere. Un esempio di PAMPs lLPS. Gli eucarioti hanno sviluppato recettori per i PAMPs, di solito abbreviati in PRR (pattern recognition receptors). Esse sono un componente dellimmunit innata, cio di quella branca del sistema immunitario che reagisce in maniera rapida ed aspecifica. Le caratteristiche dei PAMPs possono cos essere riassunte: 1. sono prodotti solo dai procarioti e non dagli eucarioti: un esempio sono le proteine formilate; 2. sono sostanzialmente identici nei microrganismi della stessa specie; 3. sono essenziali per la sopravvivenza delle cellule microbiche e quindi non possono mutare; 4. a differenza dei fattori di virulenza sono prodotti sia da batteri patogeni che da saprofiti. Ci testimonia il fatto che queste sostanze identificano una invasione batterica in generale. I sistemi specifici di riconoscimento dei PAMPs sono definiti TLRs (toll-like receptors). Sono recettori di membrana identificati per la prima volta pochi anni fa in Drosophila e caratterizzati da: 1. dominio extracellulare ricco in leucine (leucine rich region: LRR); 2. dominio intracellulare caratteristico detto TIR (toll -IL1 receptor) perch simile a quello presente nel recettore per lIL1. Nelluomo ne esistono dieci, forse undici e legano diverse sostanze: per esempio il TLR4 lega lLPS, un componente della membrana esterna dei Gram negativi. Il TLR2 lega lacido lipoteicoico, sostanza presente sulla parete dei gram positivi. Il TLR3 riconosce il dsRNA, patrimonio generico di alcuni virus (quindi non solo batteri!). Questi recettori sono abbastanza promiscui poich riconoscono molti ligandi alcuni dei quali sono prodotti del nostro organismo: si tratta forse di un sistema di difesa contro cellule alterate. Essi sono espressi su leucociti, sulle cellule endoteliali e su altre cellule coinvolte nellinfiammazione come per esempio la microglia. Un sinonimo di PAMPs endotossina: elementi strutturali di batteri non disegnati per essere tossici ma che producono tossicit. Esistono invece degli elementi che favoriscono la proliferazione dei batteri perch danneggiano lospite ed i suoi sistemi di difesa: sono queste le esotossine. Di gran lunga la pi importante endotossina lLPS. La sintomatologia da infezione da Gram non dovuta tanto allLPS in quanto tale ma dalla risposta infiammatoria eccessiva che si scatena nellospite. LLPS costituito da due parti: una prima parte oligosaccaridica, estremamente variabile, riconosciuta dagli anticorpi clone-specifici e da una seconda parte che un core lipidico costante che viene riconosciuto dai TLRs. Essendo un componente strutturale della parete dei batteri questo composto non viene normalmente rilasciato se non in seguito a due eventi: la lisi del batterio o la sua attiva moltiplicazione (in questultimo caso viene prodotto troppo LPS e la parte in eccesso rilasciata nellambiente). LLPS che dovesse venire rilasciato nel sangue, ad esempio in seguito a sepsi, riconosciuto dalla proteina epatica LBP (LPS binding protein) ed da essa legato con grande affinit. LLBP a sua volta si lega ad una proteina estrinseca presente sul foglietto esterno della membrana delle cellule monocito-macrofagiche chiamata CD14 o GPI anchored proteins (essendo esse ancorate al fosfatidilinositolo).

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Se nellambiente sono presenti lipasi, e molti batteri sono in grado di liberarne, il complesso CD14-LBP si libera e viene riconosciuto dai TLR4 espressi sulle cellule endoteliali. TLR4 attiva una cascata di segnali in parte simili a quella promossa dallIL1 che porta alla trascrizione di una serie di geni. Questi sono moltissimi ma i pi rilevanti sono IL1; TNF; IL6; NO sintetasi inducibile e COX2. IL1 e TNF sono potenti pirogeni endogeni e nei casi di setticemia esse sono prodotte in grandi quantit: si verifica febbre altissima resistente agli antipiretici. La NO sintetasi inducibile produce in maniera massiccia e sregolata NO. COX2 una isoforma di cicloossigenasi espressa soprattutto sui leucociti e sulle piastrine. NO sintetasi e COX2 producono una serie di vasodilatatori: NO, prostacicline e prostaglandine. Se questi elementi sono prodotti nel sangue vengono attivate le cellule endoteliali di tutto lorganismo: ci porta allo shock settico. LLPS provoca inoltre lattivazione di altre vie metaboliche nei leucociti con produzione di radicali dellossigeno che danneggiano le cellule, tanto pi se sono riversati in circolo. Ancora lLPS sia direttamente, sia attraverso le citochine, pu indurre un aumento di adesivit dei leucociti alle cellule endoteliali: si verificano ulteriori danni. Non ultimo lLPS stesso in grado di attivare la cascata coagulativa poich attiva il fattore XII della coagulazione. Se ci si verifica si pu avere una coagulazione intravascolare con formazione di microtrombi diffusi. Il sistema di difesa stato progettato per agire in loco senza produzione di gravi danni: il problema si verifica solo se lLPS viene rilasciato in circolo. Topi Knock-Out per il gene del TLR4 a cui vengono iniettate dosi di LPS dieci volte maggiori di quella letale sopravvivono perfettamente. Negli uomini la mortalit da sepsi da Gram del 50% ed la maggior causa di morte nei reparti di terapia intensiva. Principali mediatori dellinfiammazione acuta I mediatori dellinfiammazione possono avere due origini: y possono avere origine cellulare, essere cio prodotte da cellule locali direttamente implicate nel processo infiammatorio; y possono invece essere prodotte da altri tessuti, primo fra tutti il fegato, ed essere riversate nel sangue sotto forma di precursori inattivi. Alla categoria dei mediatori di origine locale appartengono: y Istamina: deriva dalla decarbossilazione dellistidina. E accumulata nei granuli dei basofili o dei mastociti ed rilasciata da queste cellule quando sono stimolate; y Serotonina (5 OH-Triptamina): ha un ruolo molto modesto nellinfiammazione; y ATP e ADP: possono funzionare da mediatori cellulari. LADP per esempio un attivatore piastrinico. LATP ancora pi importante. Esso pu costituire un segnale di morte cellulare: quando una cellula lisa difatti libera grandi quantit di ATP. Si scoperto inoltre che in molte vescicole secretorie ci sono carriers che trasportano ATP dentro le vescicole. I recettori per ATP e ADP sono di diversi tipi e possono mediare risposte molto diverse. Alcuni di questi recettori possono provocare la formazione di canali molto grandi che da una parte hanno significato citotossico e dallaltra possono portare alla formazione di cellule giganti originate da fusione cellulari promossa proprio da questi recettori; y Prostaglandine/Prostacicline/Trombossani: sono prodotti dal metabolismo dellacido arachidonico grazie allazione della fosfolipasi A 2 Ca++ dipendente e poi da COX 1 o COX2. I trombossani sono potenti aggreganti piastrinici (laspirina previene la formazione di trombi inibendo le COX); y Leucotrieni: il leucotriene B4 prodotto dai granulociti stessi e funziona da agente chemotattico amplificante mentre altri leucotrieni hanno altre funzioni (as esempio il D4 coinvolto nellasma); y PAF (fattore attivante le piastrine): nellinfiammazione funziona come listamina; y Chemochine: modulano il movimento orientato dei leucociti. In particolare sono importanti per lhoming dei linfociti. Chemochine sono anche coinvolte nei processi metastatici; y Citochine: modulano le risposte immunitarie. Nellinfiammazione sono coinvolte in alcuni fenomeni. Per esempio la febbre da gram- dovuta alla produzione di TNF, IL1 e IL6; y Sostanza P: un neuromediatore coinvolto nella trasmissione degli stimoli dolorifici. Tra i mediatori di origine plasmatica un importante ruolo r ivestito dalle chinine come la bradichinina. La bradichinina un peptide presente nel siero come precursore inattivo: il chininogeno. Quando si attiva il fattore XII della coagulazione il fattore XIIa proteolizza lenzima precallicreina trasformandolo in callicreina che a sua volta trasforma per proteolisi il chininogeno in bradichinina. La cascata enzimatica implicata nella coagulazione porta alla produzione di trombina, unimportante mitogeno dei fibroblasti o di plasmina, un attivatore del complemento. Riassumendo oltre alle chinine i fattori di origine plasmatica sono C3a e C5a del complemento, la fibrina e i prodotti della sua lisi (fibrinopeptidi) e la trombina. Difetti genetici delle funzioni leucocitarie LAD1/2 (deficienza di adesione dei leucociti): AR; queste malattie sono responsabili di difetti di adesivit dei leucociti nellendotelio. Nella LAD1 mutata la catena delle integrine ed una malattia grave. Nella LAD2 invece presente

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una mutazione nella fucosil-transferasi, un enzima coinvolto nella glicosilazione del recettore leucocitario per le selectine. I difetti di adesione sono in questo caso meno gravi. SINDROME DI CHEDIAK-HIGASHI: i granulociti, ma anche le mastcellule, presentano in questa malattia solamente due o tre grandi granuli, derivati dalla fusione delle migliaia di piccoli granuli normalmente presenti in queste cellule. Essi non fondono con il fagosoma ed quindi preclusa la formazione del fagolisosoma. MALATTIA GRANULOMATOSA CRONICA: Ne esistono due forme: y La pi frequente forma legata al cromosoma X. E un difetto di gp21, una proteina di membrana che costituisce un componente fondamentale della catena respiratoria che consente il burst respiratorio. y La forma meno frequente invece AR. Essa risulta dalla mutazione di p47 e p67. Queste sono proteine citoplasmatiche che si legano alla NADPH ossidasi attivandola. Le persone affette da questa malattia vanno continuamente incontro ad infezioni poich i granulociti non riescono ad uccidere i microrganismi fagocitati. DEFICIENZA DI MIELOPEROSSIDASI: la mieloperossidasi lenzima che utilizza H 2O2 per produrre altri metaboliti tossici dellossigeno coinvolti nelluccisione dei patogeni. Infiammazione cronica Genericamente uninfiammazione acuta, a differenza di quella cronica, compare in pochi minuti e si risolve nel giro di pochi giorni. Ma non una definizione accurata. Linfiammazione acuta stata allora chiamata angioflogosi mentre quella cronica istoflogosi poich in questultimo caso la partecipazione vascolare minore e sono presenti infiltrati linfocitari e monocito-macrofagici piuttosto che granulocitici. Tuttavia esistono dei casi in cui non vi corrispondenza tra aspetto istologico e aspetto temporale dellinfiammazione: una polmonite virale, un processo infiammatorio acuto, non presenta uninfiammazione con coinvolgimento vascolare ma assomiglia istologicamente ad una malattia cronica con infiltrato linfocitario e macrofagico. Per questo si preferisce ancora usare i termini, seppur vaghi, di infiammazione acuta e cronica. Una infiammazione cronica pu nascere come evoluzione di un processo acuto o come Infiammazione Cronica Primaria. Ci sono alcuni agenti infiammatori che hanno sviluppato la capacit di resistere ai meccanismi di uccisione. Questa resistenza provoca lo sviluppo di uninfiammazione cronica poich poco alla volta, non essendo i granulociti riusciti ad assolvere il proprio compito, subentrano i macrofagi (fagociti ad attivazione pi lenta ma molto pi potenti) ed i linfociti. Ci sono tuttavia delle infiammazioni che nascono come croniche fin dallinizio senza che si riscontri una apprezzabile fase acuta. Ad esempio alcune forme autoimmuni ma anche la tubercolosi. Ci dipende dalle caratteristiche molecolari e dallintensit dello stimolo. C poi una serie di processi, come le infezioni virali, che hanno caratteristiche a s stanti. Le cause di infiammazione cronica possono essere: y Batteri: i batteri possono in generale indurre linstaurarsi di una infiammazione acuta. Ma se, data la carica batterica, la sede, le condizioni generali, questa infiammazione non si risolve in qualche giorno si pu passare ad infiammazione cronica. Ci sono poi alcune specie batteriche le quali sono incapaci di indurre una risposta infiammatoria acuta e questa assume laspetto di infiammazione di tipo cronico fin dallinizio; y Virus: molti tipi di virus inducono infezioni di tipo cronico, come ad esempio il virus dellepatite C e B; y Parassiti: le parassitosi sono un altro tipo di patologia ad agente eziologico biologico che spesso causano infiammazioni di tipo cronico; y Malattie autoimmuni; y Sostanze inerti: i corpi inerti capaci di indurre infiammazione inducono praticamente sempre infiammazioni di tipo cronico. Le infiammazioni di tipo cronico si possono distinguere in due categorie: y Tipo cronico diffuso; y Tipo cronico localizzato: sono localizzate in punti precisi e costituiscono delle masse di tessuto infiammato caratterizzato dalla presenza di linfociti e di tessuto necrotico: si parla di granuloma. Le infiammazioni localizzate possono essere distinte in base al fatto che ci sia unimportante risposta immunitaria o se questa risposta assente. Si possono allora avere granulomi immunologici (es. nella tubercolosi, lebbra, sifilide, sarcoidosi) o granulomi non immunologici (sostanze estranee come carbone, talco, asbesto). Lesempio meglio conosciuto di granuloma di tipo immunologico quello tubercolare. Esso dovuto al fatto che il bacillo tubercolare riesce a sopravvivere allinterno del macrofago non attivato. Si forma cos un piccolo granuloma soprattutto a livello dei linfonodi ilari. Spesso il granuloma calcifica. Nella stragrande maggioranza dei casi il problema si risolve con questa situazione in cui i batteri sono in un certo senso murati vivi. La comparsa della malattia conclamata dovuta allinstaurarsi del soggetto di condizioni particolari come limmunodepressione e pu essere causata da una nuova infezione o dalla riattivazione del focolaio congelato. Ci perch la formazione del granuloma e il contenimento della malattia richiede una risposta immunitaria efficace. Gli esecutori della risposta immunitaria contro la TBC sono i macrofagi attivati, ma se lattivazione non pronta il micobatterio pu diffondersi. Dal punto di vista macroscopico il granuloma si distingue per il fatto di essere localizzato. A livello microscop ico pu assumere le pi svariate forme. Si distinguono alcuni tipi di cellule peculiari. Le pi caratteristiche sono delle cellule giganti, risultato di svariate fusioni, con 50-100 nuclei disposti in periferia: esse sono chiamate cellule di Langhans.

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Queste derivano dalla fusione di altre cellule: le cellule epitelioidi, che non sono altro che macrofagi attivati giustapposti. In periferia si osservano linfociti T e, ancora pi esternamente, la proliferazione dei fibroblasti forma una sorta di capsula. Nella zona centrale non sono presenti cellule: si parla di necrosi caseosa. La necrosi caseosa una necrosi coagulativa, senza una componente vascolare intensa. Le cellule di Langhans sono quasi esclusivamente tipiche della TBC. Il granuloma luetico, dovuto alla sifilide, ha caratteristiche diverse: per esempio tende ad essere localizzato intorno a piccoli vasi arteriolari. A differenza del granuloma tubercolare c una componente di linfociti B piuttosto vistosa tanto che tra i linfociti molto frequente osservare delle plasmacellule. In aggiunta a ci la necrosi diversa e peculiare. Sintomi di tipo generale che accompagnano i fenomeni infiammatori Febbre: la dimostrazione che in qualche modo lomeostasi termica dellorganismo stata alterata. La differenza tra la febbre e unipertermia fisiologica (es. nellesercizio fisico) che in questultimo caso lorganismo mette in moto tutta una serie di meccanismi per disperdere il calore. Nel caso del fenomeno febbrile invece questi meccanismi non sono messi in atto: anzi, il pallore tipico della febbre, legato al fatto che si ha una vasocostrizione cutanea proprio per evitare una termodispersione. I recettori termici della cute sono caratterizzati dalla presenza di canali ionici la cui attivit strettamente dipendente dalla temperatura. Anche neuroni del centro termoregolatore ipotalamico hanno dei meccanismi per misurare la temperatura dei capillari che li perfondono. Essi sono sensibili a variazioni dellordine dei decimi di grado. Ci sono sia neuroni sensibili al caldo che neuroni sensibili al freddo. Il centro termoregolatore ha poi connessioni con molte altre zone del cervello: la modificazione della frequenza di scarica dei termoregolatori non influisce solo sul sistema para/ortosimpatico ma anche sulla corteccia motoria per innescare il brivido (contrazione involontaria della muscolatura volontaria col fine di produrre calore). Nellinfiammazione sono prodotti pirogeni endogeni, i quali sono in grado di ritarare il punto di lavoro del centro termoregolatore. Non si sa bene come questo precesso avvenga: in parte ci sicuramente dovuto al fatto che si verifica una produzione locale, da parte probabilmente delle cellule endoteliali poste in vicinanza dei centri termoregolatori in risposta ai pirogeni, di prodotti del metabolismo dellacido arachidonico via ciclossigenasi (ci giustifica lazione antipiretica dellaspirina). La produzione deve necessariamente essere locale perch le prostaglandine prodotte in periferia sono immediatamente inattivate e non potrebbero raggiungere i centri ipotalamici. Come poi i metaboliti dellacido arachidonico riescano a modificare la frequenza di scarica dei neuroni ipotalamici rimane da stabilire. Nella defervescenza lipotalamo torna ad essere tarato sui 37 C e, in seguito alla messa in atto dei meccanismi di termodispersione, la febbre cala. Le connessioni del centro termoregolatore sono cos complesse che la febbre modifica anche atteggiamenti comportamentali. Dopo 100 anni di terapia antipiretica si visto che combattere la febbre non porta alcuno svantaggio allorganismo nel combattere le infezioni. Probabilmente la febbre stata conservata nella filogenesi perch essa esalta molte funzioni, come la fagocitosi. Leucocitosi: linfiammazione porta ad una leucocitosi che costituisce il maggiore tra gli effetti metabolici ed endocrini. A seconda del tipo di leucocitosi si pu indirizzare la diagnosi: una neutrofilia porta a propendere per uninfezione acuta di tipo batterico, una linfocitosi per una forma virale o uninfiammazione cronica, una eosinofilia per una parassitosi o una forma allergica. La prima diagnosi differenziale da fare, quando si parla di linfocitosi, capire se si tratta di una linfocitosi infiammatoria o leucemica anche se non tutte le leucemie si accompagnano a leucocitosi perch alcune forme sono caratterizzate da una crescita a livello midollare. Ci causa linfocitopenia dal momento che le cellule staminali sane sono distrutte da quelle neoplastiche. La differenza che in una leucemia aumenta solo ed esclusivamente una categoria di cellule mentre, di solito, in una forma infiammatoria la linfocitosi si accompagna tipicamente a monocitosi. Inoltre la presenza di elementi immaturi nel sangue un indice di patologia neoplastica. La semplice infiammazione non giustifica la leucocitosi: casomai dovrebbe verificarsi il contrario. Tuttavia dal sito infiammatorio vengono prodotte citochine (CSF: colony stimulating factor) che giungono nel midollo osseo e favoriscono da una parte il rilascio di leucociti nel sangue e dallaltra la produzione di cellule mature. Lintensit della leucocitosi correlata allintensit dello stimolo infiammatorio: tanto pi ampio il fenomeno infiammatorio tanto maggiore la produzione di citochine. Alcune citochine non agiscono solo sul midollo osseo ma anche a livello delle stazioni linfatiche periferiche. Queste citochine sono lIL1, lIL2 (classica IL che induce proliferazione e maturazione dei linfociti T), IL5, IL7, IL3 ( un fattore di crescita aspecifico), GSF (fattore di crescita dei granulociti) e MSF (fattore di crescita dei monociti). Queste ultime tre citochine sono usati come coadiuvanti nella chemoterapia per ovviare alla leucopenia che si verifica nei soggetti trattati dal momento che i precursori delle cellule bianche sono molto sensibili a qualsiasi fattore antimitotico, ivi comprese le radiazioni. Altri effetti generali: y Produzione di proteine di fase acuta come la proteina C-reattiva e le serum amiloidi A e P. Queste proteine sono prodotte dal fegato in risposta a citochine come lIL-1. Le proteine di fase acuta possono portare a conseguenze molto gravi (amiloidosi); y Aumento della produzione di glicocorticoidi;

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Aumento delle -globuline se il fenomeno infiammatorio comporta lattivazione dei linfociti.

LE AMILOIDOSI Con lallungamento dellaspettativa di vita le patologie degenerative ed in particolare la forma di amiloidosi che si ha a carico del SNC (morbo di Alzheimer) sono diventate una grave malattia sociale. Lamiloidosi pu essere la conseguenza di uninfiammazione cronica ed dovuta alla deposizione di materiale amorfo di natura proteica in sede extracellulare. Lorgano prevalentemente colpito dipende dal tipo di amiloidosi. Il termine amiloidosi deriva da amido perch i patologi della II met dell800 notarono che cerano delle condizioni morbose in cui si notava una sostanza in sede extracellulare con propriet simili a quelle dellamido (metacramasia). Trattando il tessuto con un particolare tipo di colorante, il rosso Congo, si colora questa sostanza in maniera selettiva. Il colorante pu essere iniettato in un paziente e si pu poi misurarne la clearance: se ci sono depositi amiloidi u na parte di questo indicatore viene sequestrato e la clearance diminuisce. Su base clinica le amiloidosi possono essere distinte in primarie o secondarie a seconda che la malattia sia senza cause apparenti o se, viceversa, accompagni altre patologie. Questi depositi possono provocare danni funzionali. Per quando riguarda la natura dellamiloide, i depositi sono da un punto di vista della loro componente molecolare cos formati: y Circa il 90% costituito da una componente proteica specifica che tende a depositarsi in forma di fibrille. Questa componente varia a seconda del tipo di amiloidosi ed la responsabile delle propriet tintoriali; y Circa il 10% costituito da una componente costante P (serum amyloid P component, SAP): una proteina sierica appartenente al gruppo delle pentrassine. Si lega alle fibrille in tutte le forme di amiloidosi, ad eccezione dellAlzheimer; y Una piccola quantit costituita da glicosaminoglicani. Per molti anni si classificato le amiloidosi come malattie primarie. Poi ci si resi conto che il fenomeno complesso e si cominciato a classificare le amiloidosi in base al tipo di proteina specifica che si deposita. Le principali amiloidosi sono: 1. AL: legata a proliferazione monoclonale dei linfociti B. Colpisce in stragrande maggioranza pazienti affetti da mieloma multiplo. E causata da uniperproduzione di catene leggere, soprattutto di tipo , rispetto a quelle pesanti. Ci da una parte provoca proteinuria e dallaltra porta alla creazione di depositi amiloidi; 2. AA: sono conseguenza di malattie croniche. Si depositano proteine dette SAA, appartenenti alle proteine di fase acuta; 3. compare in pazienti dializzati ed dovuta al fatto che un componente dellHMC, la 2 microglobulina, tende a depositarsi; 4. di tipo genetico legata a mutazioni puntiformi della prealbumina, porta ad una certa facilit di aggregazione e di deposito nei tessuti; 5. forme endocrine: particolarmente nota lamiloidosi che si accompagna al diabete di tipo II dove si ritrovano depositi amiloidi allinterno delle isole pancreatiche. Questi depositi dipendono dalla secrezione da parte del pancreas di un piccolo peptide, lamilina, co-secreto con linsulina. Si scoperto che lamilina una proteina che in vitro ha effetti anti-insulinici: si perci pensato che il diabete di tipo II potesse essere dovuto ad uniperproduzione di amilina. Oggi lipotesi tramontata e il ruolo biologico di questo peptide resta ancora da definire; 6. MALATTIA DI ALZHEIMER: si tratta di una malattia di lunga durata che compare allinizio con dei sintomi molto vari (disturbi dellumore, perdita di memoria, disorientamento temporale e spaziale) e perci per la diagnosi sono necessari almeno 1/2 anni dallinsorgenza. Con laggravarsi della malattia si notano segni caratteristici: - amnesia anterograda; - disturbi del comportamento; - col progredire della malattia si arriva alla demenza completa. Tra un cervello di un paziente normale e quello di uno affetto le differenze sono notevoli: vi una forte atrofia corticale con ingrandimento dei ventricoli conseguentemente alla perdita di parenchima (neuroni colinergici). Alla PET si vede chiaramente che un cervello di un paziente Alzheimer pi piccolo e lutilizzazione del glucosio fortemente ridotta. In diverse zone cerebrali vi la deposizione di materiale amorfo con una particolare struttura: un core centrale che sembra essere lamiloide circondato da filamenti a raggio risultato della degenerazione degli assoni e dei dendriti dei neuroni circostanti. I depositi sono dovuti ad un piccolo peptide di 42 AA, detto 42, il quale contenuto normalmente su una proteina di superficie dei neuroni (APP: amyloid precursor protein). La proteina tagliata da un gruppo di proteasi e solo questo prodotto responsabile della malattia. Pu succedere che la proteina APP normale vada incontro a proteolisi selettiva da parte delle , , e secretasi. A seconda della via di taglio pu o meno instaurarsi la malattia: se la proteina tagliata dalle secretasi non si verifica malattia, ma se essa tagliata prima dalle e poi dalle si verifica malattia. Circa il 5% dei pazienti affetti da Alzheimer hanno una predisposizione familiare: evidentemente ci sono delle alterazioni genetiche dellAPP oppure nei geni modulatori della funzione secretasica.

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Le forme familiari sono caratterizzate da una precoce et di insorgenza (prima dei 65 anni) e da unereditariet autosomica dominante. Nel resto dei casi si parla di Alzheimer sporadico e non si in grado di capire la patogenesi.

STRESS OSSIDATIVO, MALATTIE E INVECCHIAMENTO (Colonna)


Lo stress ossidativo Lossigeno caratterizzato da un paradosso: essenziale per la nostra vita ma anche un elemento tossico se ad alte dosi. La fisiologia e la patologia non relativa allO 2, che di per s un elemento inerte, ma alla sue forme reattive (ROS). I sistemi biologici, difatti, hanno imparato a rendere reattivo un elemento come lossigeno che di natura non lo . I ROS possono essere i radicali oppure altri elementi come lacqua ossigenata che sono reattivi pur non essendo radicali. Oltre ai ROS esistono anche le specie reattive dellazoto (RNS) come lossido nitrico che unimportante molecola segnale. La vita aerobia caratterizzata da una situazione persistente di attacchi ossidativi. Lo stress ossidativo dovuto a tutte le manifestazioni conseguenti allesposizione ad un eccesso di ossidanti. Ci si verifica in seguito a sbilanciamento tra i sistemi che producono ROS e quelli che li eliminano. Lo sbilanciamento si pu realizzare o per iperproduzione di ROS o per deficit dei sistemi di detossificazione. Un esempio tipico di questultimo caso la carenza di vitamina E. Le conseguenze dello stress ossidativo sono: y Patologie neurodegenerative (Alzheimer e Parkinson); y Patologie cardiovascolari; y Diabete; y Tumori. La patologia associata allo stress ossidativo dovuta a danni al Dna a cui si aggiungono i danni alle proteine e ai lipidi. In topi da laboratorio lo stress ossidativo conseguente ad irradiazione ha comportato un invecchiamento precoce. Gli stessi effetti ha prodotto una dieta priva di vitamina E. I ROS si producono in misura di circa il 4% dellO 2 consumato dai mitocondri. In virt del sito di sintesi dei ROS il loro bersaglio prediletto il mtDNA, meno il DNA nucleare. Il mtDNA viene riparato ma comunque col tempo esso si usura ed i mitocondri diventano meno efficienti: questo uno dei meccanismi dellinvecchiamento. I sistemi viventi non hanno tuttavia inventato dei sistemi per eliminare totalmente i ROS perch essi sono comunque importanti come segnali o in altri processi. Di conseguenza vi devessere unomeostasi tra produzione e eliminazione. Una quantit troppo bassa di ROS provoca un deficit nella risposta proliferativa e nei meccanismi di difesa (burst respiratorio). Un eccesso di ROS al contrario non provoca solo danni da stress ossidativo ma anche causa di unalterazione delle vie di segnale: ad esempio essi possono essere interpretati come segnali di apoptosi perch agiscono su fattori trascrizionali, come p53, che sono in grado di stimolare lapopt osi. Quindi i ROS non producono solo danni ma sono anche essenziali in alcune funzioni importanti, come quella battericida. Anche in questo caso per c un aspetto positivo ed uno negativo: infiammazioni prolungate con grande produzione di ROS espongono al rischio dello stress ossidativo. La superossido dismutasi ci difende dallanione superossido. Questo enzima stato trovato in tutti gli organismi viventi: ci sta a testimoniare che in tutte le cellule sono presenti radicali dellossigeno. In generale, oltre ai mitocondri, le principali sorgenti di radicali sono tutti quei siti in cui avvengono reazioni redox. Questo dovuto al fatto che, essendo lossigeno ubiquitario (in particolare nelle membrane solubile 6 volte pi che nellacqua), dove ci sono transizioni di elettroni liberi essi possono essere captati dallossigeno. Ogni volta che si produce anione superossido si crea anche acqua ossigenata che molto tossica. Le sorgenti principali di radicali sono i mitocondri, il REL dove avvengono i processi di detossificazione, nei leucociti per il burst respiratorio e negli eritrociti per i processi redox a carico dellemoglobina. I siti in cui gli attacchi ossidativi sono pi pesanti sono le membrane, i mitocondri, il nucleo e le varie proteine. Meccanismi di difesa anti-ossidanti I livelli di difesa sono essenzialmente tre: 1. Inibizione della produzione di ROS; 2. Cattura e neutralizzazione del radicale, che non si pu agevolmente distruggere come se si trattasse di una proteina; 3. Riparazione dei danni procurati dai ROS mediante riparazione del Dna e sostituzione di molecole danneggiate. I meccanismi di difesa sono costituiti da tre barriere: 1. Barriera enzimatica: la pi importante perch gli enzimi non sono monouso. Il primo evento, dopo la formazione di superossido, la sua conversione in ossigeno ed acqua ossigenata ad opera della superossido dismutasi. E questo un enzima inducibile in caso la produzione di anione superossido sia massiccia. Esso ha inoltre unaltissima stabilit, funziona in una ampia finestra di ph (4,5 9,5), si trova a tutti i livelli nella cellula e in tutti i tipi di cellule. Lacqua ossigenata comunque un ossidante. Allora subentra lenzima catalasi che trasforma lacqua ossigenata in acqua e ossigeno. Questo enzima si trova nei perossisomi, nei mitocondri degli epatociti e nel citoplasma degli eritrociti;

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Barriera vitaminica: le vitamine A, C, E ma anche lacido urico e il glutatione sono tutti riducenti e quindi neutralizzano i radicali. La vitamina E, essendo idrofobica, protegge dai danni ossidativi in particolare a carico della membrana. Queste sono particolarmente pericolose perch una reazione ossidativa a carico di un fosfolipide si diffonde a catena su tutta la membrana. La vitamina E, intercalandosi tra i fosfolipidi, a ssume su di s gli elettroni ed interrompe la catena di reazioni. Anche il colesterolo un agente che protegge dallossidazione lipidica. I carotenoidi sono importanti antiossidanti e sono gli unici agenti che proteggono dai processi di foto-ossidazione; 3. Barriera dei chelanti del ferro e del rame: Reazione di Fenton: H2O + Fe2+ (Cu+) = Fe3+ (Cu2+ ) + OH- + OH* Il radicale idrossile il pi reattivo tra i ROS ed pericolosissimo perch contro di esso non abbiamo difese. Un sovraccarico di ferro e rame produce danni gravissimi tanto pi che il ferro e il rame ossidati poi si riducono di nuovo: la reazione completa, o reazione di Haber Weiss, vede il rame ed il ferro funzionare da catalizzatori: H2O2 + O2- --- (Cu/Fe) ---) OH* + OH- + O2 I processi ossidativi avvengono sia allinterno della cellula sia nel sangue. In esso i pi importanti meccanismi di difesa sono le vitamine A, C, E ma, soprattutto, i chelanti del ferro e del rame. Patologia associata al ferro e al rame Tutte le cellule di tutti i tessuti necessitano di ferro e di rame per i citocromi, per la citocromo ossidasi e per la superossido dismutasi nonch per leme dellemoglobina. Cos come avviene per lossigeno anche in questo caso si crea un paradosso perch essi se si trovano allo stato libero sono altamente tossici perch catalizzano la reazione di Haber Weiss. Questi ioni possono arrivare ad essere presenti liberi nel sangue quando vi un sovraccarico e quindi una saturazione dei sistemi chelanti. In particolare associate a queste condizioni ci sono due patologie gravissime: lemocromatosi (eccesso di Fe) e la malattia di Wilson (eccesso di Cu). I sistemi chelanti sono rappresentati dalla transferrina, dalla ferritina (ogni molecola di ferritina pu contenere 4000 molecole di ossido di ferro), aptoglobulina, emopexina e albumina. La transferrina ha due funzioni fondamentali: trasporta il ferro e lo lega impedendogli di catalizzare la reazione di Haber Weiss. Questa molecola nel sangue saturata mediamente per solo un terzo in modo da poter ovviare ad un eccesso di ferro. La transferrina ha inoltre azione batteriostatica perch non rende disponibile il ferro che serve ai procarioti per crescere. Infine la transferrina opera il trasporto del ferro nelle cellule: y La transferrina con il ferro legato legata a sua volta dalla apotransferrina; y Il complesso apotransferrina + transferrina legato da un recettore cellulare e trasportato nei lisosomi; y Lacidificazione dei lisosomi provoca il distacco della transferrina dal complesso apotransferrina + recettore; y Il complesso apotransferrina + recettore torna sulla membrana e, a pH neutro, lapotransferrina senza transferrina legata si dissocia; y Il ferro che entrato nellorganismo va ad alimentare i depositi cellulari affidati alla ferritina, una protei na che viene digerita quando vi sono richieste di ferro da parte della cellula per la sintesi di eme oppure perch deve essere immesso in circolo. Su 5 g di ferro presente nellorganismo solo 1mg/l di esso si trova allo stato libero. Sia ferritina che transferrina hanno altissima velocit di sintesi cos se il sovraccarico grande i depositi aumentano. Queste due proteine tuttavia non sono sufficienti: ci sono altre proteine che legano il ferro come lemosiderina e la lattoferrina. Un altro problema legato alleme quello che si libera in seguito a lisi dei globuli rossi: il ferro legato alleme infatti ancora in grado di catalizzare la reazione di Haber Weiss. In particolare questa reazione danneggerebbe il rene. Provvedono allora aptoglobina ed emopexina che legano emoglobina ed eme. Appena avvenuto il legame la loro emivita scende di tantissimo poich vengono portate al fegato ed eliminate. La ceruloplasmina ossida il ferro ed il rame (altro modo per impedire la reazione di Haber Weiss) e svolge il principale ruolo antiossidante nel sangue. Patologia: Il ferro presenta un problema: non viene mai escreto e tutto ci che assorbito si accumula nellorganismo. Il ferro assunto a livello intestinale e l avviene il controllo dellassunzione. Per il rame invece la situazione opposta: esso pu entrare tranquillamente nellorganismo ma non pu uscire liberamente. Lemocromatosi ereditaria dovuta ad unalterazione genetica che provoca un eccessivo assorbimento intestinale di ferro (circa 4 volte le dosi normali). A 40 anni una persona malata ha 20 g di ferro depositati nellorganismo, contro 1 g delle persone normali. Esiste anche una condizione che si chiama sovraccarico secondario di ferro che si verifica per esempio a causa delle trasfusioni in seguito alle emazie lisate. La malattia di Wilson invece dovuta ad un difetto nella secrezione biliare di rame. Provoca danni gravi al fegato e al cervello (epatiti acute o fulminanti ed anemie emolitiche). Danni da agenti chimici esogeni Le sostanze chimiche esogene sono assorbite per ingestione, inalazione o contatto cutaneo.

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Tali sostanze sono spesso metabolizzate, attraverso percorsi multipli, con il risultato spesso di detossificare la sostanza in maniera che possa essere eliminata ma a volte di rendere una sostanza di per s innocua una sostanza tossica. Ci avviene soprattutto nel fegato, che la sede principale di trasformazione enzimatica delle sostanze esogene. Questi processi avvengono ad opera di enzimi microsomiali presenti nel REL per ossidazione, riduzione, coniugazione Come detto le conseguenze di questi processi possono essere: y Inattivazione della sostanze esogena; y Modificazione dellattivit; y Attivazione metabolica: sostanze inerti sono trasformate in agenti reattivi. Un processo importante di attivazione metabolica una reazione redox che porta alla trasformazione di una sostanza inerte in un radicale, mediante lintervento di un coenzima che pu essere: y Un agente citostatico antitumorale (in questo caso la sostanza radicalizzata lossigeno). Le sostanze citostatiche anticancro hanno la caratteristica di intercalarsi tra le basi e di produrre in quella posizione radicale superossido. In sostanza si tratta di una terapia basata sui ROS. Tuttavia ci sono delle cellule che reagiscono ai danni da ROS, invece che con lapoptosi, proliferando ancora di pi ed altre che possiedono una pompa che espelle attivamente il farmaco; y Il citocromo B, nella catena che permette il burst respiratorio (ancora la sostanza radicalizzata lossigeno); y Il citocromo P450, coinvolto nei processi epatici di trasformazione metabolica delle sostanze esogene (in questo caso la sostanza radicalizzata un composto chimico esogeno). Il citocromo P450 costituisce una famiglia numerosa dal momento che ogni essere vivente possiede geni che codificano per un gruppo di citocromi. Il citocromo P450 una proteina inducibile la cui sintesi pu essere stimolata da diversi tipi di composti (es. etanolo). La variabilit individuale nella presenza e nel sottotipo del citocromo P450 determina, per esempio, la sensibilit individuale ai farmaci: un farmaco trasformato pu essere eliminato, e quindi a parit di dose una persona pu avere effetti inferiori; allo stesso modo un farmaco pu essere trasformato in una sostanza che provoca effetti collaterali cui una persona pu essere pi sensibile che altre. Analogamente un procancerogeno pu essere trasformato in cancerogeno e produrre effetti tossici: ci dipende dalla variabilit individuale nei processi di trasformazione metabolica. Detossificazione mediata dal citocromo P 450: Il processo di detossificazione mediato dal citocromo P 450 si svolge attraverso la seguente reazione: NADPH + O2 + RH ---(cat: NADPH cit P 450 reduttasi + cit P 450) ---) NADP+ + H2O + ROH In pratica stato aggiunto alla sostanza R un gruppo idrossile, rendendola pi solubile. Il ciclo continua finch tutta la sostanza non resa solubile ed eliminata attraverso le urine. Se questo il risultato del ciclo (e non , per esempio, un radicale) la sostanze correttamente eliminata dallorganismo. Questo sistema detto MEOS (sistema microsomiale di ossidazione delletanolo) Tossicit del CCl 4 Nei topi la somministrazione di tetracloruro di carbonio produce nella prima ora dopo la somministrazione statosi (accumulo abnorme di trigliceridi nelle cellule parenchimali, in particolare negli epatociti) mentre dopo 5/6 ore compaiono fibrosi, cirrosi e tumori epatici. Il CCl 4, che di per s un solvente assolutamente inerte, produce disorganizzazione strutturale e funzionale delle membrane del reticolo endoplasmatico degli epatociti con conseguente blocco della produzione di proteine. Il fegato lepicentro del metabolismo lipidico: i lipidi trasportati dal sangue (come chilomicroni o acidi grassi liberi) sono captati dal fegato, trasformati e rilasciati sotto forma di VLDL. Ma se la sintesi proteica alterata non si pu produrre la componente proteica delle lipoproteine e i lipidi rimangono negli epatociti. La tossicit del tetracloruro di carbonio dovuta al fatto che il processo di detossificazione mediata dal citocromo P 450, invece di produrre una sostanza solubile ed eliminabile, produce radicale tricloro metile. Questo radicale in grado di indurre perossidazione lipidica e quindi di creare danni alla membrana del reticolo. Alcool Lassunzione cronica di alcool causa di statosi epatica, epatite acuta e cirrosi. Analogamente anche i farmaci possono produrre epatopatie. I danni epatici da assunzione di alcool derivano principalmente dal suo metabolismo. Letanolo assunto viene trasformato in acetaldeide e poi in acetato. Questa reazione pu seguire due vie: o richiedere lattivazione del MEOS oppure avvenire attraverso lenzima alcool deidrogenasi (ADH). Nei soggetti non etilisti un assunzione normale di alcool metabolizzata per il 90% dalla via dellalcool deidrogenasi e solo per il 10% dal MEOS. Se invece il carico di etanolo pesante lalcool deidrogenasi non riesce a farvi completamente fronte e il 25 % dellalcool ingerito metabolizzato via MEOS. Addirittura negli etilisti, in cui lalcool ha indotto una imponente produzione dei citocromo P450, anche in caso di assunzione moderata di alcolici il 50% delletanolo metabolizzato via MEOS. In particolare letanolo induce la sintesi di isoforme del citocromo P molto pi efficienti di quelle normalmente espresse: ecco perch anche se lADH disponibile una buona parte delletanolo non segue quella via. Ciclo normale: Etanolo + NAD+ ---(ADH)---) Acetaldeide + NADH Acetaldeide + NAD+ ----(acetaldeide ossidasi) ---) acetato + NADH Se invece coinvolto il MEOS: Etanolo + NADP + + O2 ----(meos)---) Acetaldeide + O2- + H2O2

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Acetaldeide + O2 + AcOx ---) Acetato + O2- + XaOx La presenza di radicale pu comportare ossidazione lipidica. Si lisano perci epatociti e si libera ferro dai depositi epatici. La presenza di ferro e di radicali innesca la reazione Haber -Weiss che accentua il danno epatico. Inoltre, gli acidi grassi liberi che si accumulano nel fegato alterano le membrane provocando anchessi necrosi degli epatociti. Farmaci Un farmaco come il paracetamolo pu essere metabolizzato dal MEOS con la produzione di un metabolita tossico. Normalmente ci provoca solo lievi danni ma se il MEOS fortemente attivo perch stato indotto da un altro composto, come lalcool ,allora i danni possono essere pi seri. Normalmente questo metabolita tossico neutralizzato dal glutatione ma negli alcolisti, che normalmente sono anche malnutriti, esso scarso. Il binomio alcool e paracetamolo frequente perch spesso dopo una bevuta compare il mal di testa. Unaltra considerazione da fare che in un non-etilista, siccome il citocromo P 450 molto pi affine per lalcool che per le altre sostanze, se si assume alcool insieme a farmaci essi sono detossificati con pi difficolt e la dose circolante superiore di quella che si avrebbe in un individuo normale. Al contrario un etilista ha una maggiore disponibilit di MEOS che comunque in grado di far fronte sia allalcool che ai farmaci: addirittura la clearance del farmaco aumentata e sono necessarie dosi maggiori. Dopo il cessato abuso cronico di etanolo lalcool ritorna ad essere in gran parte metabolizzato dalla via dellalcool deidrogenasi ma laumentata clearance dei farmaci persiste per vari anni.

DANNI DA RADIAZIONI
Cause fisiche di malattia Tutte le cause fisiche di malattia hanno una base comune: c un trasferimento di energia dellambiente dallambiente allorganismo (radiazioni) o viceversa (ipotermia). Due parametri fondamentali sono lintensit e la durata di questo processo. Per quanto riguarda le radiazioni esse sono un fattore patogeno perch sono diffuse a livello ambientale. La patogenesi si attua mediante cessione dellenergia da esse posseduta al materiale biologico. Tale energia viene ceduta in modo non uniforme. Gli effetti delle radiazioni sono di tre tipi: termico, eccitante e ionizzante. Le radiazioni infrarosse producono solo effetti termici, le UV producono solo effetti termici e eccitanti mentre le radiazioni ionizzanti producono tutti e tre gli effetti. Radiazioni ionizzanti Una radiazione ionizzante se in grado di liberare gli elettroni dagli atomi. Di per s la ionizzazione non produce effetti patologici ma causa tuttavia danni con effetto: y Diretto: se causa alterazioni biologiche a livello della molecola colpita. Gli effetti sono probabilistici e generali (quindi non ci sar un sito pi colpito di un altro); y Indiretto: produce radicali a scapito dellacqua. Questo leffetto che causa la maggior parte dei danni da radiazioni dato il grande contenuto di acqua nelle cellule. Quando una radiazione colpisce un materiale biologico gli eventi chimico-fisici avvengono in tempi rapidissimi ma gli effetti biologici possono presentarsi anche dopo molto tempo. In particolare: y Danni biomolecolari: si manifestano dopo ms-ore; y Effetti biologici precoci (morte cellulare, morte dellindividuo): ore -settimane; y Effetti biologici tardivi (induzione di neoplasie, effetti genetici): anni -secoli. In questultimo caso non si parla solo di effetti sul singolo, ma di effetti sulla popolazione. La radiosensibilit cellulare in generale : y Direttamente proporzionale alla capacit riproduttiva, espressa come indice mitotico; y Inversamente proporzionale al grado di differenziamento cellulare. Si definisce bersaglio critico in una cellula larea in cui la produzione di agenti ionizzazioni comporta il danneggiamento di strutture molecolari fondamentali per la vita della cellula. Il sito pi critico in una cellula probabilmente il DNA nucleare. I danni prodotti da radiazioni e sono massicci ma limitati nello spazio essendo il LET alto. Invece i raggi hanno un LET pi basso ma penetranza maggiore: provocano danni di intensit inferiore ma diffusi nello spazio. Per unificare gli effetti delle radiazioni si introdotto un parametro di confronto che tiene conto sia del tipo di radiazioni che lenergia da esse trasportata: lefficacia biologica relativa. Essa definita come il rapporto tra il LET della radiazione in esame ed il LET dei raggi x a 250kEv. In effetti un LET uguale a 1 indica la dose di una certa radiazione necessaria per produrre lo stesso effetto biologico di una dose di raggi X a 250kEv. Danni alle cellule delle radiazioni ionizzanti Sul Dna le radiazioni ionizzanti producono i seguenti effetti: y Formazione di dimeri di timina: sono spesso causa di comparsa di tumori;

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Rottura a singola o a doppia catena: le singole rotture sono molto comuni e facilmente riparabili. Le rotture doppie, correlate nel tempo e nello spazio, non sono riparabili perch si verificano immediatamente processi di riaggregazione che comportano aberrazioni cromosomiche (formazione di anelli + frammenti acentrici; frammenti dicentrici + frammenti acentrici; traslocazione). y Rottura di legami a idrogeno; y Alterazione degli zuccheri. Si noti che lazione diretta rappresenta solo 1/3 dei meccanismi di danno totali mentre il resto rappresentato dai meccanismi indiretti. Gli effetti acuti delle radiazioni ionizzanti dipendono dalla dose: > 10 Gy: necrosi 1-2 Gy: uccisione delle cellule proliferanti < 0,5 Gy: nessun effetto istopatologico. Tuttavia si producono danni a livello subcellulare ed il DNA il bersaglio primario. Cellule geneticamente danneggiate possono evolvere in cellule neoplastiche. A causa del fatto che la radiosensibilit diversa da tessuto a tessuto gli effetti dellirradiazione dellorganismo in toto sono caratterizzati da un quadro complesso. Particolarmente sensibili sono le cellule dellepitelio intestinale e quelle del sistema immunitario. La radiosensibilit delle cellule si misura con le curve di sopravvivenza cellulare. Per morte cellulare in radiologia si intende la perdita della capacit riproduttiva, anche se la respirazione cellulare e la sintesi proteica possono protrarsi pe r ore. Le radiazioni ionizzanti obbediscono a leggi probabilistiche: la percentuale di cellule uccise non aumenta linearmente con la dose ma con andamento logaritmico (allinizio piccole dose uccidono molte cellule, dal momento che la densit dei bersagli grande; diminuendo poi la densit ci vogliono dosi pi grandi. Ci ha unimportante implicazione in radioterapia: non si riesce ad uccidere tutte le cellule). Le cellule in fase M sono le pi radiosensibili, meno in G 1, in G2 ed in fase S. Questo perch una cellula in fase M ha il massimo volume cellulare ed il Dna esposto. Fattori che influiscono sulle curve di sopravvivenza di un determinato tipo di cellule sono il LET; il momento del ciclo cellulare, lossigeno, i tioli come il glutatione (composti antiossidanti), la velocit di somministrazione della dose ed il frazionamento della dose. Per quanto riguarda lossigeno, le cellule pi ossigenate sono pi radiosensibili di quelle ipossiche (come lo sono quelle al centro di un tumore). Questo perch lossigeno implicato nelleffetto indiretto da radiazioni. Per quanto riguarda invece il frazionamento della dose, se una stessa dose somministrata a frazioni intervallate da giorni, gli effetti sono minori perch nel frattempo esse possono riparare i danni. Questo effetto particolarmente marcato nei tessuti ad alto indice mitotico, meno in quelli a basso indice mitotico. y Risposta cellulare allirradiamento La cellula risponde alle radiazioni bloccando il ciclo cellulare in fase G 1 per azione della p53 (se per p53 stesso stato danneggiato o geneticamente alterato questo non possibile). Questo avviene affinch lenergia sia dirottata dal ciclo cellulare ai processi riparativi. La cellula quindi ripara le lesioni ma il processo non esente da errori con conseguenti mutazioni. Se i danni non vengono riparati entrano in azione i meccanismi di morte apoptotica. Un p53 alterato comporta lincapacit della cellula di morire per apoptosi in caso di danni estesi: in questo caso o la cellula muore per necrosi oppure diventa iperproliferativa. Danni da radiazioni ionizzanti a livello tessutale Il danno in un tessuto irradiato compare dopo un tempo che dipende dalla cinetica cellulare di quel tessuto. Per esempio nelle cripte intestinali (tessuto a rapida crescita) la desquamazione e la perdita dellepitelio si verifica entr o la prima settimana dallirradiazione. Le conseguenze non si limitano solo ai processi digestivi ma si verifica anche setticemia. Nel sangue crollano subito i linfociti, seguiti dai granulociti entro pochi giorni e dalle piastrine nel giro di una settimana. Gli eritrociti invece hanno una sopravvivenza maggiore. Poich un certo organo del corpo umano ha differenti linee cellulari la cui sensibilit pu differire notevolmente le alterazioni si possono manifestare dopo solo pochi giorni (intestino) oppure dopo mesi (fegato, polmoni e cuore).

Fotopatologia Le radiazioni UV sono le radiazioni eccitanti pi pericolose: esse si dividono, in base alla frequenza, in UVA (abbronzanti), UVB (cancerogene) e UVC (filtrate dallozono). Esistono sostanze chimiche (fotosensibilizzanti), come certi coloranti o le tetracicline, che assorbendo la luce si eccitano e possono causare modificazioni chimiche nelle strutture biologiche vicine. In particolare se i fotoni hanno energia sufficiente inducono la trasformazione dei fotosensibilizzanti in sostanze eccitate che possono trasferire la loro energia allossigeno e trasformarlo in ossigeno di singoletto, un radicale. In tal senso anche i danni fotochimici sono causati dai ROS.

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Le porfirie sono malattie causate da unalterazione genetica che porta alla formazione di porfirine che non si trasformano in eme ma che, assorbendo radiazioni luminose, possono portare alla formazione di ROS. I danni pi frequenti causati dai raggi UV sono le perossidazioni lipidiche, ossidazione di aminoacidi, ossidazione della guanina e formazione di dimeri di timina (predispongono ai melanomi). Il carotene ha la caratteristica di contrastare leffetto dei fotosensibilizzanti riaccoppiando lossigeno.

PATOLOGIA GENETICA (Rossetto)


Malattie genetiche: Sono malattie in cui lapparato genetico totalmente o parzialmente (nel caso delle malattie multifattoriali) coinvolto nellinsorgenza della malattia. Le malattie genetiche possono essere catalogate come: y Malattie monogeniche o mendeliane. Esse sono le pi diffuse. Ci sono alcune malattie monogeniche, quelle dovute ad espansione di triplette, la cui trasmissione discosta leggermente dalla legge di Mendel; y Malattie citogenetiche: sono dovute ad alterazione grossolana del patrimonio genetico; Malattie poligeniche multifattoriali: oltre alle mutazioni a carico dei geni anche i fattori ambientali sono implicati nella patogenesi. Tra le malattie genetiche si possono includere le malattie come il tumore o le malattie cardiovascolari, anche se i fattori ambientali giocano un ruolo importante; y Malattie genetiche mitocondriali. Malattie monogeniche: sono le pi numerose tra le malattie genetiche tanto che ne sono state catalogate circa 5000. Seguono delle modalit di trasmissione che le portano ad essere catalogate come AD, AR, dominanti legate allX oppure recessive legate allX. Poche sono le malattie legate allY. Le malattie genetiche dominanti legate allX sono molto rare, un esempio il rachitismo resistente alla vitamina D. Molto pi diffuse sono invece le malattie recessive legate allX. Esse colpiscono quasi esclusivamente soggetti maschi, anche se una certa percentuale di femmine possono ammalarsi per il fenomeno della Lyonizzazione. In questultimo caso la femmina sar caratterizzata dalla presenza di mosaicismo: alcune cellule manifestano il fenotipo alterato e, se esse sono in percentuale rilevante, si pu assistere alla manifestazione clinica della malattia. Le mutazioni implicate nelle malattie monogeniche sono dette submicroscopiche e possono comportare: y Delezione parziale o completa del gene; y Mutazione puntiforme con sostituzione di una singola base; y Mutazione frameshift con inserzione di una o due basi e conseguente slittamento del codice di lettura. La mutazione pu essere sia a carico della regione codificante (mutazione senso: sostituzione di un aminoacido con un altro; mutazione nonsenso: codone di stop) oppure a carico di regioni non codificanti. Le mutazioni che riguardano le regioni non codificanti influenzano la trascrizione o la maturazione del trascritto. Se esse riguardano il promotore o lenhancer si pu avere riduzione o blocco della trascrizione, se invece riguardano gli introni possono essere alterati i siti di splicing con maturazione anormale dellmRNA. Malattie citogenetiche: si distinguono le anomalie strutturali, in cui si ha alterazione della struttura dei cromosomi (traslocazioni, delezioni e inserzioni), e le anomalie numeriche, che riguardano il numero dei cromosomi (aneuploidia). Per quanto riguarda le alterazioni strutturali, una persona portatrice di una traslocazione bilanciata pu essere fenotipicamente normale. I problemi si pongono se queste aberrazioni coinvolgono cellule germinali perch in questo caso lembrione che da esse si genera pu essere parzialmente trisomico e/o parzialmente unisomico. Allinterno delle traslocazioni un gruppo particolare rappresentato dalle traslocazioni pericentriche o robertsoniane. Esse avvengono solitamente a carico di cromosomi acrocentrici e comportanto la rottura a livello dei centromeri e la formazione di un cromosoma con due braccia lunghe ed un piccolo cromosoma con due braccia corte che di solito viene perso. In questo caso, quindi, non si pu parlare di traslocazione bilanciata. La delezione pu essere singola, con perdita di un pezzo terminale di un cromosoma, oppure interna se si verificano due rotture successive. Nella maggior parte dei casi il pezzo deleto per rottura interna perso, altre volte risaldato in maniera invertita: si parla di inversione. Un caso particolare di delezione porta alla formazione di un cromosoma ad anello: ci succede se vengono perse entrambe le estremit di un cromosoma e successivamente vi un risaldamento reciproco dei due monconi con formazione di un anello. Per quanto riguarda le anomalie numeriche, le pi importanti sono le trisomie e la pi frequente la sindrome di Down. Pi rare, ma ancora compatibili con la vita fetale, sono le trisomie 13 e 18. Esistono anche alterazioni numeriche dei cromosomi sessuali. Le altre anomalie numeriche, compresa la trisomia dellintero cariotipo, non sono compatibili con la vita e si verifica aborto spontaneo. Le anomalie numeriche derivano normalmente da una non disgiunzione durante le divisioni meiotiche nel corso della gametogenesi. La maggior parte delle aberrazioni cromosomiche non arrivano a manifestarsi perch sono incompatibili con la vita. Almeno il 50% degli aborti spontanei che avvengono nei primi mesi dello sviluppo embrionale sono dovuti ad alterazioni citogenetiche. Anomalie numeriche di importanza clinica Trisomia 21: sindrome di Down (colpisce circa 1/700 nati vivi). Essa la causa pi freque nte di ritardo mentale.

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Nella maggior parte dei casi (95% circa) questi soggetti hanno 47 cromosomi e la trisomia deriva da una non disgiunzione durante loogenesi. La frequenza degli eventi di non disgiunzione aumenta moltissimo con let materna. Nel 4% dei soggetti invece la malattia deriva da una traslocazione che pu essere ereditata da ambedue i genitori. Nel rimanente 1% dei casi si visto che i soggetti presentano un mosaicismo: una mutazione dovuta ad una non disgiunzione mitotica a carico di una cellula nei primi stadi di vita embrionale determina la presenza di alcune cellule normali e di altre con 47 cromosomi. Le manifestazioni cliniche sono evidenti fin dalla nascita perch vi sono dei segni particolari. Tra i vari problemi che queste persone hanno, esse soffrono di cardiopatie congenite che ne determinano una drastica riduzione delle aspettative di vita, anche se la maggior parte supera almeno i 30 anni. Tuttavia le persone che arrivano a 40 anni manifestano spesso malattie neurodegenerative simili al morbo di Alzheimer. Le altre trisomie autosomiche o non sono compatibili con la vita oppure determinano la morte del bambino nelle prime fasi della vita. Per quanto riguarda le anomalie numeriche dei cromosomi sessuali si tratta sempre di non disgiunzione meiotica. Sindrome di Klinefelter, XXY: anche in questo caso la non disgiunzione si verifica durante loogenesi. E considerata la causa pi frequente di ipogonadismo maschile, cio di sviluppo insufficiente delle gonadi maschili. Come le altre sindromi legate ad aneuploidia dei cromosomi sessuali, la sindrome di Klinefelter diventa evidente solo durante la pubert con lo sviluppo sessuale (ginecomastia, testicoli e pene pi piccoli della norma, voce sottile ed acuta). I soggetti possono presentare ritardo mentale ma ci avviene comunque raramente. Sindrome di Turner XO: il soggetto fenotipicamente femmina ma sterile, con genitali infantili, amenorrea primaria e caratteri corporei particolari: capezzoli molto distanti, statura bassa, orecchie prominenti Si associano spesso anormalit congenite a carico dei reni e dellaorta (in particolare restringimento dellarco aortico). Malattie da espansione di triplette nucleotidiche Queste malattie riguardano lamplificazione di DNA genico a causa della ripetizione di 3 basi. Recentemente stata scoperta una malattia che mostra una ripetizione di 12 basi, ma si tratta dellunico caso conosciuto. In totale le malattie causate da questo genotipo sono una ventina e sono tutte caratterizzate da un fenotipo neurodegenerativo. Gli esempi pi comuni sono: y Distrofia miotonica; y Sindrome dellX fragile; y Atrofia muscolare spinobulbare; y Malattia di Huntington. Ognuno di noi possiede, a livello delle porzioni geniche implicate nelle malattie sopraelencate, un numero di triplette ripetute fisiologicamente. Esiste un range di normalit: nel caso del gene dellX fragile questo range di 6-55. Se il numero di triplette pi alto (55-200 sempre nel gene dellX fragile) vi una situazione di pre-mutazione in cui il soggetto definito portatore sano mentre infine, con pi di 200 ripetizioni, si manifesta la malattia. Sindrome dellX fragile E stata la prima sindrome, nel 1991, ad essere riconosciuta come malattia da espansione di triplette. Ha una frequenza piuttosto alta: 1/1250 colpito e, dopo la sindrome di Down, la seconda causa di ritardo mentale di origine genetica. La sindrome dellX fragile sempre associata a ritardo mentale e, assieme ad esso, vi sono altre caratteristiche fenotipiche che vengono identificate fin dalla nascita (orecchie grandi, mandibola pronunciata, lassit articolare e macroorchidismo). Le malattie da espansione di triplette sono caratterizzate da una modalit di trasmissione piuttosto peculiare: si verifica per esempio il fenomeno dellanticipazione, che comporta che con il passare delle generazioni la gravit della malattia aumenta e linsorgenza sempre pi precoce. Ci dovuto al fatto che queste triplette si amplificano durante la gametogenesi: nella sindrome dellX fragile dura nte loogenesi, ma nella malattia di Huntington durante la spermatogenesi. Quindi una mamma premutata (portatrice sana) nel gene dellX fragile generer molto probabilmente figli maschi malati e femmine che possono essere malate o meno a seconda dello lyonizzazione ma, comunque, in forma lieve. A livello molecolare, a causa dellespansione di triplette poste al 5 del gene, si verifica una metilazione inappropriata che si estende fino alla zona promotoriale. La conseguenza il silenziamento della trasmissi one del gene, che in questo caso si chiama FMR-1. La proteina FMR-1 ubiquitaria ma particolarmente espressa nel SNC e nei testicoli. La funzione della proteina non del tutto chiara. Ultimamente si scoperto che essa presenta omologia di sequenza con proteine leganti lRNA. In effetti essa lega specificatamente il 4% degli mRNA delle cellule neuronali. Probabilmente essa ha funzione di regolazione della traduzione di alcuni geni.

Distrofia miotonica E la pi comune distrofia ad insorgenza in et adulta. I meccanismi patogenetici sono molto diversi rispetto alla distrofia di Duchenne, che invece la pi comune distrofia infantile. La distrofia miotonica difatti dovuta ad amplificazione di triplette del gene per la miotonina chinasi, situato nel cromosoma XIX. Questa malattia a trasmissione dominante.

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Il quadro clinico caratterizzato da debolezza muscolare e da miotonia, cio dalla difficolt di rilasciare determinati muscoli dopo averli contratti. Ma oltre ai segni a carico dellapparato muscolare, la malattia colpisce anche lapparato scheletrico, lapparato cardiovascolare e gli occhi (caratteristica la cataratta). Si associano molto spesso deficit dellapprendimento. Anche nel caso di questa malattia presente il fenomeno dellanticipazione e, analogamente a quanto accade per la sindrome dellX fragile, linsorgenza della malattia dovuta ad amplificazione durante loogenesi. Il gene coinvolto il DM-1, che codifica per la miotonina chinasi, espressa in particolar modo nel cervello, nel cuore ed a livello muscolare. Le triplette che vengono amplificate si trovano questa volta al 3 e la loro espansione causa unalterata emivita dellmRNA: nel muscolo la proteina poco espressa mentre nel cervello sovraespressa. Atrofia muscolare spinobulbare Degenerazione dei motoneuroni con associato ritardo mentale e insensibilit agli androgeni. La mutazione localizzata allinterno del gene che codifica per il recettore degli androgeni nel cromosoma X. Lamplificazione porta alla trascrizione di un prodotto genico alterato perch contiene uno stretch di poli-glutammato. Malattia di Huntington E una malattia autosomica. Il gene interessato localizzato nel cromosoma 4. La trasmissione di tipo dominante e let di insorgenza normalmente superiore ai trentanni, tuttavia a causa del fenomeno dellanticipazione essa pu comparire anche pi precocemente. Lamplificazione avviene nel corso della spermatogenesi. I soggetti affetti manifestano ad un certo punto della loro vita movimenti involontari degl i arti superiori ed inferiori che provocano un tipo di deambulazione che ricorda una danza: da ci deriva il nome Korea. Essi manifestano inoltre deficit di memoria ed alri disturbi comuni alle malattie neurodegenerative. La mutazione implicata nella patogenesi della malattia di Huntington a carico del gene IT15 ed essa porta alla neurodegenerazione dello striato, in particolare del nucleo caudato e del putamen. La proteina anomala sembra difatti avere propriet tossiche (vi un acquisto di funzione che giustifica la trasmissione di tipo dominante). Sembra che fisiologicamente IT15 sia un neuroprotettore, proteggendo il neurone dalla morte per apoptosi. Il contrario fa la proteina mutata che trasloca nel nucleo, vi si deposita e determina lapoptosi dei n euroni. Disordini genetici dellemoglobina Sono malattie molto rilevanti e frequenti nelluomo. Molto di ci che conosciamo sulla correlazione tra genotipo e fenotipo nelle malattie genetiche dovuto proprio allo studio dei disordini genetici dellemoglobina, essendo essi svariati e peculiari. I geni per le catene si trovano nel cromosoma 16 mentre i geni per le catene , , e si trovano nel cromosoma 11. Esistono diversi tipi di emoglobina espressi nelle diversi fasi dello sviluppo: emoglobine embrionali, 2 2 e 2 2; emolgobina fetale 2 2; emoglobina adulta maggiore 2 2 e minore 2 2 (circa 3% del totale). In un soggetto adulto residua circa un 1% di emoglobina fetale. Esistono diverse centinaia di difetti genetici a carico dellemoglobina. Questi disordini portano ad una produzione di emoglobina anomala con alterazione di funzione e conseguente anemia. Riconosciamo: y Anomalie strutturali dellemoglobina (emoglobinopatie), spesso dovute a mutazioni di senso; y Difetti di sintesi di una o pi catene dellemoglobina (talassemie): sono spesso dovute a mutazioni non senso, splicing o frameshift. Le emoglobine mutate pi frequenti sono: - HbS (falco) : responsabile dellanemia falciforme; - HbC: responsabile di una lieve anemia emolitica frequente in Africa occidentale; - HbE: sintesi inefficiente di globina , frequente in Asia; - HbM: non lega lossigeno perch leme fissato nella forma ferrica, ridotta, e non si trasforma nella forma ossidata. - Hb chesapeake: un emoglobina con elevata affinit per lossigeno. Alcune rare mutazioni possono alterare la stabilit dellemoglobina modificandone la struttura terziaria, quaternaria oppure alterando il sito di legame. Anemia falciforme una malattia autosomica recessiva: l8% dei neri americani eterozigote (portatori del tratto falcemico) e 1/700 neri americani sono affetti. Nei paesi dove la malaria endemica fino al 30 % dei neri eterozigote perch questa condizione conferisce resistenza al plasmodio (polimorfismo bilanciato). Il difetto a livello genico dovuto ad una sostituzione, per mutazione puntiforme, di un residuo di acido glutammico con una valina. Ci provoca alterazione delle propriet chimico-fisiche dellemoglobina. Difatti laminoacido idrofobico valina si mette al posto dellaminoacido idrofilo acido glutammico. La valina, quando lemoglobina deossigenata, esposta in superficie e crea una zona adesiva idrofobica che interagisce con una tasca idrofobica presente normalmente nelle catene di emoglobina deossigenata. Il legame comporta una polimerizzazione delle catene di emoglobina le quali a loro volta si uniscono a formare delle fibre, genericamente composte ciascuna di 14 catene.

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La deposizione di queste fibre cambia la struttura degli eritrociti che da disco biconcavo diventano a forma di falce. In condizione di pO2 = 0 il globulo rosso a forma di falce ma quando la saturazione cresce il globulo rosso riassume gradualmente la sua forma normale. Dopo un certo numero di cicli, per, si verificano alterazioni a livello della membrana delleritrocita il quale non torna pi alla sua struttura originaria e si presenta sempre a forma di falce. Ci comporta: - Emolisi a livello splenico, a causa della fagocitosi; - Occlusione di piccoli vasi con eventi ischemici e macro e micro infarti. A livello ren ale locclusione pu avvenire anche quando il globulo rosso non ha la forma a falce perch le emazie con HbS hanno maggiori capacit adesive. La sintomatologia clinica riflette il meccanismo di polimerizzazione e la velocit di polimerizzazione. I parametri che la influenzano sono: y Bassa tensione di O2; y Quantit di HbS: o Negli eterozigoti la quantit di HbS circa il 40%. Sono individui normalmente asintomatici a meno che non vengano esposti ad ipossia spinta; o La presenza di HbF previene la polimerizzazione di HbS: difatti nel neonato la malattia non si manifesta fino al 5-6 mese di vita. Per la terapia si utilizza un chemioterapico che induce la trascrizione per il gene HbF. y Doppi eterozigoti HbS/HbC presentano una malattia pi grave rispetto agli eterozi goti Hbs/HbA; y Concentrazione cellulare di emoglobina: o Omozigoti in cui coesiste -talassemia hanno una forma pi lieve; o Lambiente ipertonico della midollare del rene favorisce la disidratazione e facilita la falcizzazione. Lostruzione dei capillari diminuisce la PO2 e quindi aumenta ulteriormente la falcizzazione e peggiora il quadro. y La diminuzione del pH riduce laffinit per lossigeno e quindi aumenta il grado di falcizzazione. Definizione di anemia emolitica: E una condizione caratterizzata da unemivita media del globulo rosso inferiore al normale. In questo caso si verifica emolisi a livello dei capillari splenici ed unaumentata eritrofagocitosi a carico dei fagociti dei cordoni splenici. Quadro clinico dellanemia falciforme: o Anemia emolitica cronica; o Complicazioni vasoocclusive a carico del microcircolo della milza, dei reni, del fegato o Iperbilirubinemia dovuta al catabolismo delleme; o Maggior suscettibilit alle infezioni, in particolari a quelle causat e da pneumococchi e da emophilus (meningite); o Epatosplenomegalia: causata da una parte dal fatto che questi sono organi afferenti al sistema reticoloendoteliale e, dallaltra, al fatto che in queste condizioni ci pu essere eritropoiesi extramidollare. Dal la splenomegalia si passa ad una splenoatrofia per danneggiamento dellorgano a seguito delle occlusioni vasali. Diagnosi: Striscio di sangue ed elettroforesi: il numero di globuli rossi a falce pu essere enfatizzato trattando il campione di sangue con sostanze che favoriscono la polimerizzazione abbasando il pH (es metilsolfito). Prognosi: Il 90% degli affetti raggiunge i 20 anni, il 50% di essi supera i 50 anni. Talassemie Talassemia :
+

: ridotta sintesi delle catena dellemoglobina; : assente sintesi della catena dellemoglobina; Talassemia : +: ridotta sintesi delle catena dellemoglobina; 0 : assente sintesi della catena dellemoglobina;
0

Su scala mondiale le talassemie sono le pi frequenti malattie geneticamente determinate, frequente nei paesi mediterranei nonch in altri paesi tra cui quelli in cui la malaria endemica. La malattia porta sia ad un basso livello di emogobina ma anche ad un relativo eccesso di una delle du e catene. Talassemie Dal punto di vista dei difetti molecolari nella maggior parte dei casi il problema la delezione di uno o pi de i 4 geni (2 per ogni cromosoma 16, ognuno che contribuisce per il 25%) che codificano per la globina . Esistono anche mutazioni pi rare, che non sono delezioni: o Mutazioni del codone dinizio o della sequenza immediatamente a monte; o Mutazioni non senso che inseriscono un codone di STOP; o Mutazioni nel sito di poliadenilazione. Per quanto riguarda le delezioni, esse avvengono solitamente per crossing over ineguale poich i due geni ripetuti possono, nel corso della meiosi, appaiarsi in maniera diseguale. Si ottiene cos un cromosoma con tre geni ed uno con un solo gene. Pi geni sono presenti, meno grave la malattia. Difatti: o Tre geni (eterozigote / -): lindividuo portatore silente, asintomatico e privo di anomalie strutturali nel sangue;

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Due geni (--/ oppure /- ): asintomatico ma con lieve anemia emolitica e con alcune cellule microcitiche. Si parla di tratto -talassemico. o Un gene (--/- ): moderata anemia emolitica con ipocromia e microcitosi. Il problema maggiore in questo caso leccesso di catene : si forma difatti la cosiddetta emoglobina H, formata da quattro catene , che per le sue caratteristiche precipita nei globuli rossi diminuendone lemivita e accelerandone lemolisi. HbH ha inoltre alta affinit per lossigeno; o Assenza di geni: la condizione detta idrope fetale e non compatibile con lo sviluppo intrauterino del feto in quanto si formano tetrameri di catene (Hb di Bart) la quale ha altissima affinit per lossigeno. Talassemie A livello molecolare questa malattia raramente causata da delezioni mentre molto pi frequenti sono le mutazioni puntiformi. In particolare questultimo tipo di mutazione possono modificare: o La trascrizione (mutazione del TATA box oppure in una sequenza importante per la trascrizione situata 90 basi a monte del sito dinizio); + o Il significato dellRNA: mutazioni non senso o frameshift; 0 o Lo splicing: o Mutazione di una base nel sito di splicing nella giunzione tra esone ed introne. La mutazione annulla completamente la sintesi della globina; 0 o Creazione di un sito di splicing alternativo; + o Mutazione nei siti di poli adenilazione. + Anche se rare vanno comunque citate le delezioni. La pi frequente di esse dovuta ad un appaiamento anomalo nella meiosi tra i geni per le globine e e formazione di un gene di fusione / (Hb lepore). Il promotore del gene della globina molto debole e lespressione bassa. Le conseguenze dellalterata sintesi delle catene sono: o Insufficiente produzione di HbA con globuli rossi microcitici ed ipocromici; o Squilibrio tra la sintesi delle globine e : le catene in eccesso si aggregano e precipitano nei globuli rossi determinandone la morte per apoptosi gi allo stadio di eritroblasti (eritropoiesi inefficiacie). Gli eritrociti che sopravvivono vengono comunque eliminati nella milza; Anche nel caso delle talassemie , il quadro clinico dipende da quanti e come i geni sono colpiti. Si distinguono: o Talassemia maior (omozigosi 0/ 0 o +/ +): provoca anemia microcitica ipocromica, emolisi gravi, epatosplenomegalia, iperplasia midollare (a causa dellaumentata eritropoiesi) che provoca deformit dello scheletro. A causa delle ripetute trasfusioni si determina sovraccarico di ferro, che la causa maggiore di danno soprattutto a carico di reni e milza. La mancanza di catene non comunque incompatibile con la vita. o Talassemia minor (eterozigosi 0/ o +/ ): si verifica modesta riduzione di HbA, aumento di HbA2 ( 2 2), lieve anemia con ipocromie. o Fibrosi cistica E la pi comune malattia autosomica recessiva nella popolazione caucasica: 1 persona su 25 eterozigote e lincidenza della malattia di 1/2500. Leterozigote una persona del tutto normale. La malattia monogenica: nel 1980 stato dimostrato che il tessuto epiteliale negli organi colpiti dalla malattia impermeabile al cloro e nel 1989 stato isolato il gene per la fibrosi cistica, chiamato CFTR (regolatore di conduttanza transmembrana della FC) mentre nel 1991 si scoperto che la proteina prodotta da CFTR un canale che trasporta lo ione cloro. CFTR E una proteina transmembrana, localizzata nella porzione apicale delle cellule epiteliali, appartenente alla superfamiglia dei trasportatori ABC (ATP binding casset). La proteina costituita da due domini transmembrana che definiscono la selettivit del canale e da due domini NBD che idrolizzano ATP. Infine presente un dominio R, regolatorio, che quando viene fosforilato da una PkA apre il canale. CFTR subisce una maturazione post-traduzionale nel Golgi che consiste in una glicosilazione e nel controllo qualit. Esistono numerose diverse mutazioni a carico del gene CFTR. Sebbene ne siano state individuate centinaia esse possono essere raggruppate in 4 classi: 1. alterata produzione della proteina a causa di mutazioni geniche di svariati tipi; 2. alterazione del processo di maturazione post-traduzionale (es. per anomala glicosilazione); 3. alterazione dei domini regolatori: in genere sono mutazioni a carico dei siti di legame per lATP o a livello dei siti regolatori; 4. mutazioni nei domini transmembrana che determinano unalterata conduttanza del canale. Nei primi due casi la proteina viene degradata e di fatto viene a mancare la proteina canale a livello apicale. La mutazione di gran lunga pi frequente (66%) una delezione di tre basi (detta F508, dove F sta per fenilalanina). La delezione porta, come risultato finale, alla mancanza di una fenilalanina in posizione 508. In alcune zone questa mutazione rappresenta la causa del 90% dei casi di fibrosi cistica, mentre in Italia la percentuale scende al 52%. La mutazione causa una glicosilazione anomala e comporta un anomalo ripiegamento. Il sistema controllo qualit riconosce lanomalia e induce la degradazione della proteina nel proteosoma. Il risultato finale la mancanza del canale del cloro.

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Patologia La secrezione del cloro fondamentale per garantire ladeguata idratazione delle mucose. Gli organi pi colpiti sono i polmoni, il pancreas, lapparato gastroenterico, lapparato genito-urinario e le ghiandole sudoripare. La sintomatologia molto variabile: pu essere piuttosto lieve oppure grave e pu insorgere alla nascita (5-10% dei casi) o anni dopo. Questa variabilit presente anche allinterno di uno stesso genotipo ma non si sa bene perch. Se manca FCTR vi assorbimento di sodio a livello delle mucose ma non secrezione di cloro con una conseguente disidratazione per effetto osmotico. Nelle ghiandole sudoripare vi riassorbimento simporto Na/Cl. Se manca il trasportatore per il cloro il sudore molto pi ricco di ioni. Se infatti si dosano gli elettroliti nel sudore si osserva che la concentrazione di 40-50 mEq/l nei soggetti normali mentre essa sale a 70 mEq/l nei soggetti affetti da fibrosi cistica. Segni clinici y Vie aeree: presenza di muco denso e viscoso che provoca ostruzione e inibisce il movimento cigliare dellepitelio polmonare. Ci provoca difficolt respiratorie e predisposizione a infezioni che sono la causa della gran parte delle morti da FC (streptococcus aureus e pseudomonas aeruginosa, questultimo trova un ambiente di crescita ideale nel muco viscoso presente in questi pazienti). Le infezioni portano a distruzione del parenchima e conseguente fibrosi; y Fegato: il blocco dei dotti biliari compromette la digestione e la funzionalit ridotta. Questo succede per solo nel 5% dei casi; y Pancreas: locclusione dei dotti, nell85% dei pazienti, impedisce al pancreas di liberare enzimi nel tubo d igerente e causa atrofia e fibrosi del pancreas esocrino; y Intestino tenue: locclusione del canale intestinale da parte di feci compatte richiede lintervento chirurgico in circa il 10% dei neonati (ilo da meconio); y Apparato riproduttivo: lassenza dei dotti deferenti (causa sconosciuta) rende sterile il 95% dei maschi. Anche le donne possono essere sterili in seguito alla formazione di un tappo mucoso che impedisce lingresso del liquido seminale nellutero; y Cute: alte concentrazioni di elettroliti nel sud ore. Terapia La terapia genica, ad oggi, per questa malattia non ha avuto successo perch non si sono trovati vettori adeguati. Sono in corso di studio dei farmaci che scortino le proteine canale che, anche se glicosilate in maniera anomala, sarebbero funzionali. Unaltra strategia terapeutica quella di potenziare altre classi di canali del cloro. I pazienti devono essere sempre tenuti sotto controllo perch vanno spesso incontro ad infezioni e luso di antibiotici ed anti-infiammatori quasi costitutivo. Ipertermia maligna E una malattia neuromuscolare autosomica dominante. E piuttosto rara ma molto subdola, in quanto soggetti che hanno una vita normale possono manifestare la malattia in seguito alla somministrazione di anestetici fluorurati o miorilassanti. Incidenza: 1/40.000 anestesie negli adulti e 1/12000 nei bambini (probabilmente per il maggior uso di miorilassanti). Segni clinici: y Rigidit muscolare. E un segno patognomico in quanto in sede chirurgica si pu avere difficolt ad in tubare; y Ipertermia (crescita di temperatura rapida, circa 1 C ogni 5 minuti); y Squilibri del metabolismo (tachicardia, acidosi, tachipnea, cianosi, ipotensione); y Squilibri elettrolitici (iperpotassemia, ipercalcemia); y Aritmie; y Edema polmonare; y Discoagulopatie. Patologia In modelli animali si scoperto che vi unanomalia nella regolazione del calcio intracellulare, in particolare nelle cellule muscolari. Il difetto genetico consiste nella mutazione a livello di un canale del calcio nel reticolo sarcoplasmatico. Questo canale, detto recettore della rianodina in quanto ha alta affinit per questa sostanza che funge da inibitore del canale stesso, il canale voltaggio-dipendente la cui apertura in seguito allinstaurarsi del potenziale dazione comporta la contrazione muscolare. La mutazione comporta una probabilit di apertura del canale 20-30 volte superiore al normale. Il canale anche presente nei tubuli T. Nelluomo il difetto genico si trova nel cromosoma 19. La malattia si manifesta in anestesia perch i n queste condizioni vi un aumento del potenziale di membrana dovuto allanestetico. Mutazione e anestetico agiscono in sinergia aumentando la probabilit di apertura del canale. Terapia La somministrazione di dantrolene ha ridotto la mortalit dall80 al 7%. Distrofie muscolari Le distrofie muscolari sono un gruppo eterogeneo di malattie ereditarie, tutte caratterizzate da progressiva degenerazione muscolare. In tutte le distrofie muscolari lanalisi istologica rivela: y Variazione delle dimensioni delle fibre muscolari; y Presenza di aree di necrosi a livello muscolare;

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Sostituzione di aree di necrosi con tessuti fibroso e adiposo.

DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE (DMD) E la forma pi comune di distrofia muscolare. Insorge gi in et infantile ed una malattia genetica recessiva legata allX con unincidenza di 1/3500 maschi nati vivi. Il 30 % dei casi ha una storia familiare negativa. Segni clinici y Prime manifestazioni intorno ai 3-5 anni con difficolt a deambulare e ad alzarsi da terra; y Degenerazione progressiva dei muscoli prossimali della coscia e del bacino; y Perdita progressiva dei muscoli prossimali della coscia e del bacino; y Elevata concentrazione sierica di creatinina fosfochinasi che rispecchia degenerazione muscolare. La maggior parte muore intorno ai 20 anni per indebolimento della muscolatura cardiaca e polmonare. DISTROFIA MUSCOLARE DI BECKER (BMD) E una forma lieve di distrofia muscolare di Duchenne, lincidenza di 1/20000, la comparsa pi tardiva (adolescenza a 20 anni) e laspettiva di vita pi lunga. Patologia Il gene mutato in entrambi i casi la distrofina, il gene pi grande finora associato a malattia. La proteina espressa nellapparato muscolare ma anche a livello del cervello. Essa una proteina che si localizza sul foglietto interno della membrana sarcoplasmatica ( una proteina estrinseca di membrana). I domini importanti per la funzionalit della distrofina sono: y Actin binding domain, dominio legante i filamenti di actina del citoscheletro; y Serie di domini ripetuti con caratteristiche comuni alla spectrina; y Dominio ricco di cisteine che contiene due siti di legame per il calcio; y Un dominio C-terminale che conferisce la tessuto-specificit per il legame alle glicoproteine di membrana. La distrofina e le proteine ad essa associate formano un ponte tra citoscheletro interno e matrice extracellulare per impedire fratture del sarcolemma indotte da sforzo meccanico durante le contrazioni muscolari. Il complesso formato dalla distrofina che fa da ponte tra lactina e i sarcogli cani transmembrana, uno dei quali il distroglicano. Sul lato esterno della membrana l -distroglicano fa da ponte tra il -distroglicano e la laminina, una proteina della matrice extra-cellulare. Basta che un elemento del complesso non sia funzionale, in particolare la distrofina, affinch le cellule vengano lese durante i cicli di contrazione-rilasciamento. La lesione porta allentrata di calcio e necrosi. Mutazioni in DMD e BMD y Il 65% dei maschi affetti da distrofia di Duchenne presentano una delezione pi o meno estesa nel gene per la distrofina che pu coprire uno o pi esoni. La delezione frameshift causa la produzione di una proteina pi corta e alterata che viene degradata (fenotipo grave); y Il 5% dei casi sono dovuti a duplicazione di uno o pi esoni; y Le rimanenti mutazioni sono puntiformi; y Delezioni in frame producono una proteina parzialmente funzionale, priva di un segmento interno (fenotipo lieve, BMD); y Un certo numero di casi, scoperti perch alcune femmine mostravano il fenotipo DMD, sono portatori di una traslocazione X, 21. La traslocazione taglia a met il gene per la distrofina. Terapia genica della DMD Successo in topi transegnici ma la sperimentazione clinica sulluomo non ancora iniziata perch: y Si devono trovare mezzi efficaci di accesso alle cellule muscolari; y Il gene troppo grande per essere incorporato in adenovirus; y Sono stati usati anche retrovirus ma essi infettano solo cellule in attiva proliferazione. Il gene stato introdotto in mioblasti embrionali i quali per, se reimpiantati, esprimono la distrofina solo transitoriamente. ALTRE DISTROFIE MUSCOLARI Altre distrofie muscolari sono dovute a difetti nella proteine del complesso costituito dai sarcoglicani e distroglicani (es. la deficienza di -distroglicano o -distroglicani causa ARMD: autosomal recessive muscolar disease). Fisiologicamente dopo una serie di cicli/rilassamento il sarcolemma viene danneggiato. Per la cellula in grado di innescare i processi di riparazione. In alcuni casi di distrofia muscolare il problema sta nella disferlina, una proteina cruciale nel processo di riparazione. Essa mutata in due tipi di distrofia: la miopatia di Hiyoshi e la distrofia muscolare dei cingoli tipo 2b. Patologie genetiche della trasduzione del segnale Sono malattie associate a difetti in geni che codificano proteine che trasmettono segnali dallesterno allinterno delle cellule. Ad ogni ligando corrisponde un recettore. Per esempio i recettori per fattori di crescita sono tirosin chinasi. Altr i tipici recettori sono quelli a 7 domini transmembrana (es. recettori per ormoni), altri ancora quando legano il ligando reclutano una tirosin chinasi citosolica (es. recettori per citochine).

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Le proteine di trasduzione, attivate dai recettori, innescano una serie di reazioni a cascata che portano per esempio ad attivazione dei fattori di trascrizione. Numerose malattie genetiche sono dovute a difetti nelle vie di trasduzione del segnale. Vie dei fattori di crescita I recettori sono delle tirosin chinasi i cui domini extracitoplasmatici possono essere di diverso tipo (domini ricchi di cisteine, domini Ig-simili). In seguito al legame del fattore di crescita epiteliale (EGF) al recettore questo dimerizza e ciascuna subunit fosforila laltra. In seguito allautofosforilazione si ha reclutamento di proteine adattatrici. Una di esse GRR2, che ha due domini: uno SM2 che interagisce coi siti fosforilati e un altro, SM3, che lega SOS. La proteina SOS a sua volta lega RAS. La SOS fa parte della famiglia GEF (GDP exchanging factor). Es sa fa s che RAS, normalmente inattiva e legante GDP, si attivi liberando il GDP e legando GTP. Questo un processo fondamentale per la successiva trasmissione del segnale. Difatti RAS attiva RAF, una proteina che fa parte delle MAP-chinasi (attivatore delle capacit mitogeniche). Le MAP-chinasi sono enzimi in grado di fosforilare residui di serina/tiroxina. Le MAP-chinasi sono tre ed ognuna fosforila la successiva. Lultima trasloca nel nucleo ed induce lattivazione di fattori di trascrizione con sintesi di proteine che portano alla progressione del ciclo cellulare e lentrata della cellula in mitosi. Nella cellula la disattivazione di RAS effettuata ad opera della famiglia delle proteine citosoliche GAP (GTPase activating protein) che amplificano la debole attivit GTPasica di RAS. Sono state identificate numerose mutazioni che portano ad una attivazione costitutiva di RAS, la quale comporta proliferazione neoplastica. Si pu avere proliferazione neoplastica anche per difetti genici di GAP, i quali determinano la mancata inattivazione di RAS. Neurofibromatosi La neurofibromatosi di tipo I, una malattia AD con unincidenza di 1/3500 tanto da essere considerata la pi frequente malattia neurologica genetica. E una malattia a penetranza completa ma ad espressione variabile, 1/3 dei casi deriva da nuove mutazioni. Il gene NF1 localizzato nel cromosoma 17 e codifica per la neurofibrosina. Essa trascritta in tutte le cellule ma lespressione avviene soprattutto nel SNC e nelle cellule cromaffini del surrene. Il risultato finale della mutazione una perdita di funzione. Linattivazione della proteina porta allalterazione delle vie di trasmissione del segnale regolata dalle G proteine RAS like. Difatti la neurofibrosina non altro che un tipo di proteina GAP e pu essere classificata come un oncosopressore essendo essa un interruttore molecolare che spegne RAS. In assenza della proteina si assiste ad una proliferazione cellulare sregolata. Questa malattia genetica caratterizzata dalla comparsa di vari tumori, soprattutto originati da cellule del neuroectoderma: y Neurofibromi (tumori benigni dei nervi periferici dovuti a proliferazione sregolata delle cellule di Schwann e dei fibroblasti perineuronali ed endoneuronali); y Amartomi delliride; y Macchie cutanee (macchie dette a caff-latte per il loro colore); y Ritardo mentale (non sempre e non comunque un segno patognomico); y Aumentato rischio di insorgenza di alcuni tumori maligni (neurofibrosarcomi, astrocitomi, rabdomiosarcomi). La sintomatologia insorge in et adolescenziale o anche pi tardi. Retinite pigmentosa Con il termine di retinite pigmentosa (RP) si descrive un gruppo di malattie in quanto pi difetti genici possono portare allo sviluppo dello stesso fenotipo anche se il gruppo geneticamente e clinicamente eterogeneo. I difetti genici sono tutti a carico di proteine della via di trasduzione del segnale e possono essere AD, AR e legate allX. Le malattie sono caratterizzate da degenerazione retinica con perdita di recettori visivi con proliferazioni focali dellepitelio retinico pigmentato. La rodopsina ha la struttura tipica dei recettori a 7 domini transmembrana ed legata ad una proteina G trimerica. Sui dischi dei bastoncelli ci sono numerosi canali per il sodio cGMP dipendenti. La membrana quindi, normalmente, depolarizzata. I recettori a 7 domini transmembrana sono sempre associati a proteine G trimeriche. In assenza di segnale la proteina G lega il GDP. Quando il recettore si lega al ligando avviene unattivazione della proteina G che ri lascia il GDP e lega il GTP. Questo fa s che la subunit si stacchi da e vada ad agire a livello di un effettore, diverso a seconda della via di trasduzione. Nel caso della via di traduzione del segnale luminoso il ligando un fotone, il recettore la rodopsina e la proteina G trimerica detta transducina (G T). Leffettore che viene attivato in seguito al legame con la subunit G la fosfodiesterasi. Ci determina la chiusura del canale del sodio e una conseguente iperpolarizzazione. Alcune forme di RP autosomiche dominanti sono dovute ad un difetto nel gene della rodopsina nel cromosoma 3. Nell80% dei casi si tratta di mutazioni puntiformi. La rodopsina mutata non viene trasportata nella membrana dopo la traduzione. Alcune forme mutate vengono trasportate ma destabilizzano la membrana portando cos a morte i bastoncelli: ci causa deposizione di pigmento e perdita di visibilit notturna. La morte dei bastoncelli pu provocare degenerazione della retina con coinvolgimento anche dei coni e perdita anche della visibilit diurna. Altri casi derivano da mutazioni della fosfodiesterasi o dei canali del sodio.

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ESOTOSSINE BATTERICHE (Rossetto)


Introduzione Le esotossine possono essere definite come armi che il batterio patogeno ha sviluppato per riuscire a proliferare allinterno degli organismi animali. Fattori di virulenza: y Flagelli: aiutano la penetrazione negli strati mucosi e dentro i tessuti; y Enzimi: degradano componenti dello strato mucoso; y Fimbrie ed adesine: mediano il legame del batterio alle cellule e alla matrice extracellulare; y Tossine proteiche: causano alterazioni della fisiologia dellospite e/o dei suoi meccanismi difensivi. Tra le esotossine distinguiamo le: y Tossine che agiscono sulla superficie della cellula eucariotica; y Tossine che vengono endocitate e agiscono su un bersaglio intracellulare; y Tossine che vengono iniettate dal batterio il quale in grado di sintetizzare un complesso proteico di iniezione. Tossine che agiscono in superficie a) Tossine che agiscono a livello dei recettori di superficie e che sono dette superantigeni. Appartengono a questa categoria alcune enterotossine dello streptococcus e la tossina associata allo shock tossico (TSST-1) di staphylococcus aeureus. Esse inducono la proliferazione cellulare e la produzione di citochine. Una eccessiva sintesi di interleuchine deleteria per lorganismo ospite b) Tossine che agiscono sulla membrana: o Formando pori (emolisine e leucotossine): le tossine formanti pori sono prodotte dai batteri per attaccare i leucociti dellorganismo. Esse causano un danno grave alla membrana e possono causare morte. Pi monomeri, dopo il legame alla cellula bersaglio, polimerizzano. Ciascun monomero inserisce sulla membrana la propria porzione idrofobica formando dei pori che comportano il venir meno dellequilibrio elettrolitico della cellula; o Causando danno attraverso unattivit enzimatica: l -tossina di Clostridium perfringens una fosfolipasi C con azione dermonecrotica ed emolitica. Questa tossine causa la gangrena gassosa; o Con effetto detergente sul doppio strato lipidico: la -lisina di S.Aeureus citolitica per molte cellule se presente ad alte concentrazioni perch agisce da detergente, cio fa della membrana delle micelle lipidiche. Tossine batteriche con bersagli intracellulari Queste tossine sono costituite da una parte B (binding) deputata al legame alla cellula e da una parte A che agisce attraverso unattivit enzimatica che si esplica su un target intracellulare. Ci sono tossine che si legano a tutte le cellule dellospite ed altre che invece sono pi specifiche (es. neurotossine del tetano e del botulismo). Nella maggior parte dei casi soltanto la porzione catalitica passa nel citoplasma mentre la porzione B resta attaccata alla vescicola di endocitosi con la quale la tossina stata internalizzata. Le tossine possono entrare nella cellula con modalit di internalizzazione diversa (es. con vescicole rivestite da clatrina oppure nude) e ci dipende dai recettori. Queste tossine possono essere classificate in base allattivit enzimatica del loro protomero A: 1. ADP ribosiltransferasi: la tossina prende il NAD, stacca lADP ribosio e l o lega ad una proteina bersaglio. Leffetto dipende dalla tipo di proteina colpita; 2. la tossina di Shiga una adenina glicoidrolasi: lenzima in grado di staccare una adenina a livello dellrRNA 28S della cellula ospite col risultato di interrompere la tradu zione e di bloccare cos la sintesi proteica; 3. Endopeptidasi: tagliano degli specifici legami interni delle proteine bersaglio. A questo gruppo appartengono la tossina tetanica, le tossine botuliniche (neurotossine clostridiali) ma anche il fattore letale del bacillus antracis ; 4. Adenilato ciclasi: es. fattore edematoso del bacillus antracis. La difterite causata soltanto dallattivit della tossina difterica cos come la tossina tetanica e botulinica. Ci agevola lo sviluppo dei vaccini. Altri batteri invece producono pi fattori di virulenza. Tossine con attivit ADP-ribosil transferasica TOSSINA DIFTERICA La tossina difterica prodotta dal Corynebacterium diptheriae, un microorganismo che si moltiplica sulla superficie delle cellule epiteliali del corpo e non penetra nei tessuti circostanti. La tossina causa necrosi delle cellule della mucosa con formazione di essudato infiammatorio e pseudomembrane ma pu anche diffondere e colpire altri tessuti, soprattutto quelli del cuore e del SNC. Il gene che codifica per la tossina portato da un fago lisogenico che rende il batterio tossigenico. E espressa in presenza di basse concentrazioni di ferro (perch al gene legato un repressore genico che a sua volta lega il ferro e che si stacca dal gene, permettendo la trascrizione, solo quando il ferro non presente). Si tratta quindi di una strategia del batterio per la sua sopravvivenza perch uccidendo la cellula esso ricava il ferro.

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La tossina prodotta come pre-protossina e viene poi clivata in due frammenti A e B (la B conten ente un sito di legame ai recettori) legati da un ponte disolfuro. Meccanismo dazione Il recettore per la tossina il precursore dellEGF, che prima di essere liberato presente come proteina di membrana. Al legame segue linternalizzazione. Lendosoma ha al suo interno pH acido, fondamentale per lattivit tossica della tossina in quanto i bassi valori di pH determinano un cambiamento conformazionale di B che la rende capace di inserirsi nella membrana dellendosoma. Poi si verifica un meccanismo di flip-flap che espone la subunit A allesterno. Infine si rompe il ponte disolfuro e la subunit A rimane libera, nel citoplasma, di legarsi alla sua proteina bersaglio. Il bersaglio molecolare della tossina difterica lEF -2, il fattore di elongazione 2, una proteina deputata allallungamento della catena polipeptidica nascente. LEF-2 contiene nella sua struttura un aminoacido modificato, derivato dallistidina (diftamide), che lo specifico bersaglio del trasferimento dellADP -ribosio. Il risultato finale il blocco della sintesi proteica e la morte della cellula. La tossina difterica estremamente potente: sufficiente una sola subunit A per uccidere una cellula in quanto da sola capace di modificare tutti gli EF-2. TOSSINA COLERICA La tossina colerica non in grado da sola di indurre la sintomatologia clinica del colera ma vi partecipa insieme ad altri fattori di virulenza. E prodotta da Vibrio Cholerae e la malattia insorge in seguito allintroduzione di acqua o cibi contaminati. Il batterio aderisce attraverso pili e fimbrie ai microvilli dellepitelio intestinale. A questo livello il batterio produce i vari fattori d i virulenza. Il colera una malattia epidemica caratterizzata da diarrea massiva per alterazione dei meccanismi fisiologici dellassorbimento intestinale di acqua e ioni. La perdita di molti litri di liquido al giorno comporta: y Perdita di coscienza per minor irrorazione sanguigna cerebrale; y Ipoglicemia; y Ipocalcemia; y Acidosi; y Se non trattato con soluzioni glicosilate sopraggiunge morte per shock ipovolemico. Meccanismo dazione La tossina colerica caratterizzata dalla presenza di un protomero B costituito da 5 monomeri identici. I l fatto di avere 5 subunit comporta un notevole aumento dellaffinit di legame per i recettori cellulari. In particolare essa lega 5 gangliosidi GM1 sulla membrana apicale degli enterociti. Il protomero A agisce sul suo bersaglio che una proteina G trimerica (GS = azione stimolatoria) la quale media i segnali stimolatori portati a livello delle cellule epiteliali da parte di agonisti. Nel caso specifico si attiva una adenilato ciclasi. La subunit A trasferisce un ADP ribosio del NAD alla subunit della proteina G su un arginina che si trova su un sito fondamentale per lattivit GTPasica di G . In questo modo G non pi in grado di idrolizzare il GTP e rimane costitutivamente attiva: la concentrazione di cAMP rimane costantemente elevata. Leffetto del cAMP linibizione del riassorbimento di sodio e cloro e laumento della secrezione di cloro e bicarbonato con conseguente perdita dacqua. Lattivit tossica della subunit A della tossina assicurata dal legame ad una proteina intracellulare: ARF. TOSSINA DELLA PERTOSSE Da sola non provoca la sintomatologia classica. La tossina prodotta da Bordetella Pertussis, un batterio G- che causa la patologia della pertosse trasmessa per contatto diretto mediante goccie di saliva. Il batterio aderisce alle cellule epiteliali delle alte vie respiratorie tramite adesine o fimbrie e qui produce le tossine. Meccanismo dazione La tossina della pertosse fatta come la tossina colerica perch la subunit B composta da 5 monomeri, in maniera da aumentare laffinit di legame. La tossina agisce ADP ribosilando la subunit di una proteina GI (inibitoria). Anche in questo caso il risultato un aumento di cAMP perch in questo caso il trasferimento avviene nel dominio coinvolto nel legame della G al recettore. La conseguenza che non c pi interazione tra la proteina G e il recettore: ladenilato ciclasi non pu cos essere down-regolata. Le neurotossine clostridiali: tossine ad attivit endopeptidasiche TETANO E prodotta da Cl. Tetani, lagente eziologico del tetano. La tossina unica. Questi batteri sono strettamente anaerobi e a contatto con condizioni avverse, come per esempio il contatto con laria ambiente, sporulano. Il tetano un malattia conosciuta da moltissimo tempo perch i sintomi sono molto eclatanti: contrattura muscolare sporadica e generalmente a partire dai muscoli del viso (risus sardonicus) e poi del collo, del tronco e degli arti. La morte insorge per blocco dei muscoli respiratori.

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Il tetano una malattia molto frequente nei paesi in via di sviluppo. In particolare diffuso il tetano neonatale a causa della recessione del cordone ombelicale con strumenti non sterili. Il tetano , in quei paesi, la prima causa di morte nel 1 anno di vita. Il vaccino non conferisce un immunit permanente ma indicato un richiamo ogni 10/15 anni. Il c. tetani viene solitamente introdotto con una ferita. Se la ferita poco irrorata e necrotica essa permette la desporulazione e la produzione della tossina. Linfezione molto piccola e non causa una risposta infiammatoria evidente. La tossina prodotta diffonde e si lega ai terminali dei motoneuroni delle giunzioni neuromuscolari. La tossina tetanica poi viene trasportata attraverso lassone del motoneurone fino al midollo spinale. L entra negli interneuroni inibitori del midollo spinale bl occando il rilascio di glicina e GABA. Viene cos a mancare il feedback che impedisce la contemporanea contrazione dei muscoli agonisti ed antagonisti. Il risultato una paralisi spastica. BOTULISMO E stato descritto per la prima volta nel 700. Al contr ario del tetano si verifica rilassamento generalizzato dei muscoli con vari sintomi tra cui difficolt a deglutire. La morte sopraggiunge generalmente per blocco dei muscoli respiratori. La mortalit minore di quella del tetano e se il paziente supera l a crisi respiratoria poi guarisce senza conseguenze. Il C botulinum produce sette sottotipi di tossine, nominate con le lettere da A a G. Il batterio generalmente introdotto con cibi contaminati ma il soggetto adulto normalmente non si ammala se nel cibo non gi presente tossina preformata perch i batteri non riescono a causare infezione nellintestino. I bambini invece possono essere sensibili anche alle spore. La tossina, assorbita a livello gastrointestinale, possiede tropismo per i terminali dei motoneuroni a livello delle giunzioni neuromuscolari. La tossina rimane a questo livello e agisce bloccando il rilascio di acetilcolina: conseguentemente si verifica un blocco del segnale di contrazione muscolare. Il risultato una paralisi flaccida. STRUTTURA E AZIONE DELLE DUE TOSSINE La tossina attiva costituita da una catena pesante di legame (H) e da una catena leggera (L) enzimatica. Le due catene sono tenute insieme da un ponte disolfuro. Caratteristiche di queste tossine di necessitare di un lega me con un atomo di zinco. Il meccanismo dazione si basa sul fatto che le vescicole, per rilasciare il loro contenuto di neurotrasmettitori, devono fondere con la membrana presinaptica. La fusione regolata da un complesso di proteine, tre delle quali si sono dimostrate fondamentali: - VAMP: proteina delle vescicole sinaptiche; - Sintaxina e SNAP25: proteine della membrana sinaptica. Queste tre proteine, in seguito allinnalzamento dei livelli intracitoplasmatici di calcio, formano un complesso multiproteico che permette la neuroesocitosi. Le proteine sono i bersagli molecolari dellazione delle tossine tetaniche e botuliniche. Difatti le tossine proteolizzano un legame specifico di una delle tre proteine. I diversi sierotipi di tossina botulinica e la tossina tetanica agiscono in maniera molto specifica: VAMP proteolizzata dalla tossina tetanica e da 4 diverse tossine botuliniche, SNAP25 da 3 tossine botuliniche e la sintaxina dalla tossina botulinica C (che proteolizza anche SNAP25). Queste tossine, a differenza della tossina difterica, non uccidono la cellula anche se sono i pi potenti veleni naturali (sono sufficienti miliardesimi di grammo). A livello ultramicroscopico si nota un accumulo di vescicole. APPLICAZIONI CLINICHE DELLA TOSSINA BOTULINIC A Le caratteristiche di reversibilit ha portato allutilizzo delle neurotossine botuliniche nella terapia di patologie come lo strabismo, il blefarospasmo (contrattura del muscolo della palpebra) e lemispasmo facciale. Ultimamente la tossina botulinica utilizzata per il trattamento delliperattivit colinergica anche in terminali che innervano ghiandole o comunque in terminali acetilcolinergici del parasimpatico. Il beneficio terapeutico limitato nel tempo perch comunque dopo un certo periodo la tossina perde il suo effetto. Un altro limite che nel tempo si pu sviluppare una risposta immunitaria contro la tossina, soprattutto se usata nel trattamento di grandi muscoli. Per c sempre la possibilit di cambiare sierotipo.

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