letteralmente “indurimento delle arterie”, caratterizzata in
generale da ispessimento della parete delle arterie e da perdita di elasticità. Anatomicamente, la lesione caratteristica dell'aterosclerosi è l'ateroma o placca aterosclerotica, ossia un ispessimento dell'intima (lo strato più interno delle arterie, che è rivestito dall'endotelio ed è in diretto contatto con il sangue) delle arterie dovuto principalmente all'accumulo di materiale lipidico (grasso) e a proliferazione del tessuto connettivo. Ateroscleriosi Più del 50% del totale dei decessi nei paesi sviluppati è dovuta alle sue conseguenze, è strettamente legata alle abitudini alimentari, l’incidenza aumenta con l'età. Aumentata dopo la II° guerra mondiale in parallelo con un miglioramento delle condizioni alimentari e con un allungamento della vita media. Tuttavia, recentemente questo trend sta invertendosi grazie alle modificazioni delle condizioni di vita. Per esempio, è aumentata la pressione sociale per l'eliminazione del fumo, per ridurre il colesterolo dalla dieta, per controllare farmacologicamente l'ipertensione o la trombosi etc. Inoltre, si hanno più strumenti per intervenire sulle patologie cardiovascolari. In particolare, cura dell'infarto acuto attraverso la sostituzione dei tratti vascolari malati con bypass di vasi sani, rimozione dei trombi occlusivi tramite terapia fibrinolitica o meccanica (angioplastica). Ateroscleriosi • L'aterosclerosi colpisce soprattutto le grosse arterie elastiche come l'aorta e le carotidi, mentre è assente nei capillari, nelle vene e nei linfatici. • Comincia molto presto nell'arco della vita. Le osservazioni fatte su bambini tra i 10-14 anni morti per cause accidentali mostrano che nella maggior parte dei casi i vasi erano già compromessi, mostrando i primi infiltrati di grasso nella parete. • Il fenomeno della aterosclerosi prosegue poi nella vita adulta e nella maggior parte dei casi diventa una malattia diffusa tra i 40-60 anni. Le donne sono in generale protette fino alla menopausa, dopo però ne sono soggette quanto gli uomini e spesso la patologia ha effetti più gravi su di esse perché si manifesta in maniera più rapida e non c'è tempo sufficiente a sviluppare un circolo collaterale in grado di supplire i difetti di perfusione. Ateroscleriosi • L'aterosclerosi e le malattie cardiovascolari hanno una distribuzione geografica molto definita. L'incidenza è molto bassa nei paesi orientali come il Giappone, ma anche il Sud America e l’Africa. • Famoso è il caso di alcune tribù di eschimesi dove le malattie cardiovascolari sono praticamente assenti. • La predisposizione ereditaria è importante ma le abitudini alimentari e di vita pesano molto nella diversa distribuzione della malattia. • Per esempio, la dieta degli eschimesi, ma in parte anche quella dei giapponesi, è molto povera di grassi saturi e si basa soprattutto su pesce, ricco di grassi insaturi apparentemente protettivi. • A riprova di questo, gli studi fatti su emigrati giapponesi in Nord America mostrano che, mutando lo stile di vita e l'alimentazione, l'incidenza di patologie vascolari è equivalente a quella delle popolazioni locali. FATTORI DI RISCHIO
• vi sono fattori di rischio di tipo diverso
associati sia alla predisposizione ereditaria che alle abitudini di vita che incidono fortemente sull'instaurarsi della aterosclerosi. Esistono fattori di rischio che non possono essere eliminati ed altri invece che si possono controllare. FATTORI DI RISCHIO • Età (non modificabile): La formazione delle placche aterosclerotiche è un processo lento che prende diversi anni, la loro presenza sarà quindi inevitabilmente più estesa negli individui più anziani. • Sesso (non modificabile): le donne presentano una incidenza inferiore di malattie cardiovascolari fino alla menopausa. Si ritiene che gli estrogeni siano responsabili di questa protezione ma la somministrazione di estrogeni in menopausa non ha sempre mostrato attività protettiva. FATTORI DI RISCHIO • Predisposizione genetica (non modificabile): in molti casi l'ereditarietà è poligenica e legata all'interazione tra diversi fattori di rischio (ad esempio iperlipidemie e ipertensione) noti o ignoti. • In molte condizioni questi parametri sono modificati solo marginalmente e singolarmente avrebbero scarso peso, tuttavia la loro combinazione può essere sinergistica. • Nello stesso tempo anche tra individui con simile predisposizione ereditaria possono esserci forti disparità di manifestazioni cliniche della patologia FATTORI DI RISCHIO • Il diabete (controllabile) è frequentemente associato a ipercolesterolemia e ad un aumento marcato di rischio di aterosclerosi. A parità di altri fattori di rischio i diabetici hanno rischio doppio di subire infarto rispetto ad individui normali e circa 100 volte di più avere gangrena alle estremità periferiche legata ad alterata perfusione. Anche l'incidenza di ischemia cerebrale è fortemente aumentata. FATTORI DI RISCHIO • L'ipertensione (controllabile), è un fattore di rischio importante e, in certe condizioni, anche di più dell’iperlipidemia. Una pressione superiore a 110/70 mm Hg può aumentare il rischio di infarto cardiaco fino a 5 volte. • Sia per ipertensione che per diabete esistono trattamenti farmacologici efficaci al loro controllo che hanno contribuito alla riduzione drastica di incidenza di patologie cardiovascolari. FATTORI DI RISCHIO Il fumo (eliminabile): è un fattore di rischio conclamato sia per gli uomini che per le donne. Il fumare più due pacchetti di sigarette al giorno per diversi anni può aumentare anche del 200% la incidenza di patologie cardiovascolari. Questo aspetto diventa ancora più marcato se associato ad altri fattori come per esempio la menopasusa o l'obesità. Il meccanismo di azione non è ancora completamente chiarito ma è molto probabilmente legato alla formazione di radicali liberi e ad altri composti ossidanti che contribuiscono al danno della parete vascolare IPERLIPIDEMIA (fattore controllabile nelle forme non genetiche)
• Il colesterolo sia endogeno che derivante dalla
dieta viene trasportato nel sangue dalle lipoproteine (trigliceridi occupano la parte centrale circondati da fosfolipidi e colesterolo non esterificato e da proteine dette apolipoproteine o apoproteine). • I chilomicroni trasportano essenzialmente i lipidi di origine alimentare • le VLDL (very low density lipoproteine), LDL (low density liprotein), HDL (high density lipoprotein) trasportano soprattutto i lipidi endogeni. chilomicroni • sono lipoproteine che trasportano triglicerdi e il colesterolo dalle cellule intestinali agli organi dove vengono utilizzati, in particolare ai tessuti muscolare ed adiposo. • I trigliceridi trasportati dai chilomicroni derivano dagli acidi grassi, prodotti nella digestione dei lipidi alimentari, che sono assorbiti dalle cellule intestinali del tenue. Queste, dopo avere trasformato gli acidi grassi in trigliceridi, coniugandoli col glicerolo, li complessano ad alcune apoproteine, da esse stesse sintetizzate. • Si formano così i chilomicroni che vengono secreti nella linfa, che li versa nel sangue. • In vicinanza delle cellule endoteliali, i chilomicroni sono attaccati da una lipoproteinlipasi, espressa sulla superficie delle cellule endoteliali, che idrolizza una aliquota dei trigliceridi liberando acidi grassi, che diffondono nelle cellule dove vengono utilizzati o ritrasformati in trigliceridi. • Inoltre cedono un’altra aliquota di lipidi alle HDL e queste trasferiscono le loro ApoE ai chilomicroni • I residui dei chilomicroni così ottenuti (remnants) vengono captati dagli epatociti che esprimono specifici recettori lipoproteine • Negli epatociti la parte proteica dei "remnants" viene idrolizzata dagli enzimi lisosomiali, mentre i trigliceridi vengono metabolizzati ed il colesterolo viene utilizzato per la sintesi degli acidi biliari o escreto con la bile. • Gli epatociti inoltre ricevono, trasportati dalle albumine plasmatiche, i cosiddetti NEFA (Non Esterified Fatty Acids, cioè acidi grassi non esterificati), che si sono formati nell'organismo, particolarmente nelle cellule del tessuto adiposo, dalla metabolizzazione dei trigliceridi. • Tutti gli ac. grassi che giungono al fegato vengono esterificati col glicerolo e trasformati in trigliceridi, i quali, insieme al colesterolo vengono complessati alle VLDL (lipoproteine a bassissima densità, la cui principale apopoproteina è la B 100), che sono versate nel sangue lipoproteine • Anche in questo caso, in corrispondenza degli endoteli vascolari avviene l'attacco di queste lipoproteine da parte di una lipoproteinlipasi, che rimuove una parte di trigliceridi. In conseguenza di ciò le VLDL si riducono di volume, trasformandosi in IDL (lipoproteine a densità intermedia, contenenti relativamente proporzione maggiore di colesterolo), che vengono captate dagli epatociti. lipoproteine • Le IDL, che non sono state captate dal fegato, rimangono nel sangue e, per azione di una trigliceridolipasi di origine epatica, vengono private di un'altra aliquota di trigliceridi e si trasformano in LDL (lipoteine a bassa densità) che contengono pressoché esclusivamente colesterolo e costituiscono più del 60% delle lipoproteine. • Recettori per le LDL sono espressi prevalentemente dagli epatociti e dalle cellule delle ghiandole endocrine (cortisosirrene e gonadi), che sintetizzano ormoni steroidei a partire dal colesterolo ed anche dai fibroblasti, dai macrofagi e dalle fibrocellule muscolari lisce, cioè da cellule tutte presenti nella parete arteriosa. • L'espressione dei recettori si riduce nell'invecchiamento con la conseguenza che una maggiore quantità di LDL rimane in circolo negli anziani • E’ modulata con un meccanismo a feedback negativo dalla quantità totale di colesterolo (maggiore è la colesterolemia tanto minore è l'espressione di recettori soprattutto da parte degli epatociti). Per questo motivo una maggiore quantità di LDL rimane in circolo. lipoproteine • Al contrario delle LDL (trasporto colesterolo dal fegato ai tessuti periferici, le HDL (lipoproteine ad elevata densità), sono adibite al trasporto diretto di colesterolo e di fosfolipidi dai tessuti periferici al fegato che provvede, come si è detto a metabolizzare i lipidi ed a trasformare il colesterolo in acidi biliari o ad eliminarlo attraverso la bile. • Le HDL prelevano il colesterolo fornitogli dalle LDL e quello che deriva dal turnover delle membrane cellulari, lo esterificano e lo trasportano al fegato ipercolesterolemia familiare idiopatica • è una malattia ereditaria trasmessa con modalità autosomica dominante. • I soggetti affetti presentano un elevato livello ematico di LDL e di colesterolo, causato dall'assenza o da difetti strutturali del recettore epatico per una tipica apoproteina delle LDL, la Apo B 100. • Le LDL, non venendo captate dagli epatociti, si accumulano nel sangue e vengono fagocitate dai monociti delle parete arteriosa che li riversano nel contesto di questa, dove si accumulano. • I soggetti eterozigoti per questo difetto genetico hanno un'elevata incidenza di lesioni aterosclerotiche e muoiono in età adulta per accidenti cardiovascolari • i soggetti omozigoti non superano l'età di 20-30 anni in quanto vanno precocemente incontro a morte sempre a causa di accidenti cardiovascolari, causati dalle lesioni aterosclerotiche. patogenesi Sia la formazione che l'ulteriore evoluzione dell'ateroma sono processi lenti che si svolgono attraverso tappe successive, ognuna delle quali è rappresentata da lesioni ben definite, che schematicamente possono essere suddivise in formative e complicanti. Le lesioni formative (o iniziali) sono le seguenti: 1) Le strie lipidiche (fatty streaks), che sono le manifestazioni più precoci (che possono poi evolvere in ateroma), compaiono verso i 15 anni (aorta) e 20-30 anni nelle coronarie e nelle carotidi. Sono linee rilevate di colore giallo in corrispondenza dell'intima, costituite da macrofagi che riconoscono con i loro recettori ("recettori scavenger“), le Ox-LDL, (lipoproteine LDL ossidate nella loro aliquota lipidica), le inglobano ed assumono l’aspetto di cellule schiumose. Una delle cause scatenanti è l’ossidazione della componente lipidica delle LDL (oxLDL). Sebbene ciò avvenga con meccanismo poco chiaro, le Ox-LDL si accumulano nel sangue perché non vengono identificate dai recettori epatici per LDL (poiche ox) ma dai macrofagi e dalle cellule muscolari della media che le riconoscono tramite i loro recettori ("recettori scavenger”). Normalmente nel plasma le LDL sono protette dall’OX ma se si ha un minimo aumento di permeabilità endoteliale si infiltrano e si legano alle proteine della matrice dove vengono OX e modificate dalle cellule endoteliali e dai macrofagi. patogenesi
• Le OxLDL possono a questo punto esercitare una serie
di attività proinfiammatorie e trombotiche che portano prima all’instaurarsi e poi all’estensione del danno. • Le OxLDL aumentano infatti l’espressione di molecole di adesione per i monociti sulla superficie endoteliale ovvero risposte comparabili a quelle dell’infiammazione cronica (adesione ed infiltrazione di monociti). L’infiltrazione di monociti sebbene sia il meccanismo che porterà all’evoluzione della malattia è di tipo difensivo, avendo lo scopo di eliminare le OxLDL prima che possano danneggiare la parete vascolare. • I macrofagi localizzati a livello della parete possono indurre il reclutamento delle cellule muscolari lisce della media attraverso la produzione di fattori di crescita e chemotattici per queste cellule. patogenesi
• I monociti infiltrati diventano macrofagi e
fagocitano le OxLDL, caricandosi di lipidi e trasformandosi in “cellule schiumose”. • Dopo fagocitosi il colesterolo contenuto nei lipidi può essere esterificato e accumulato sotto forma di inclusi lipidici che conferiscono alle cellule l’aspetto caratteristico schiumoso patogenesi
• I macrofagi però hanno dei meccanismi
con cui possono far fuoriuscire colesterolo per evitare un suo accumulo eccessivo. • Uno dei più importanti è attraverso le HDL. Il colesterolo esce dalle cellule tramite trasportatori di membrana, si lega alle HDL e viene trasportato in circolo patogenesi
• I macrofagi contribuiscono alla migrazione di
cellule muscolari lisce nell’intima e negli strati sottoendoteliali. • Le cellule muscolari lisce possono proliferare ma anche legare ed internalizzare le OxLDL (scavanger receptor) diventando anch’esse cellule schiumose che producono molecole che innescano i processi di riparazione del danno, responsabili dell’evoluzione fibrosa della placca. patogenesi
2) Le placche fibrose costituiscono una struttura rilevata in
corrispondenza del lume arterioso e risultano costituite da: • ammassi di fibrocellule muscolari lisce proliferanti • macrofagi con citoplasma turgido di materiale fagocitato (colesterolo e suoi esteri) • spesso anche da linfociti nel tessuto connettivo neoformato, nel cui contesto sono presenti molti lipidi. • In conseguenza di questi fenomeni, le placche assumono una consistenza friabile che può essere responsabile della loro rottura patogenesi
3) L'ateroma rappresenta l'ulteriore evoluzione della
placca fibrosa e si distingue da questa per la presenza di aree di necrosi contenenti detriti cellulari, che incrementano il rischio di rottura. lesioni complicanti
Traggono origine dal diminuito apporto di 02 e di
nutrienti alle cellule presenti nell' ateroma e sono rappresentate da: 1)Deposizione di sali di calcio 2)Emorragia, causata prevalentemente dalla rottura della placca o da lesioni della parete dei numerosi vasi neoformati, che prendono origine dagli endoteliociti stimolati alla proliferazione da fattori di crescita lesioni complicanti 3) Ulcerazione (formazione di una erosione circoscritta dei tessuti di rivestimento esterni o interni che non tende a cicatrizzare ma ad allargarsi ed incavarsi), causata dalla insufficiente apporto di sostanze nutritizie. 4)Formazione di trombi, causata dalla scomparsa per necrosi o morte programmata degli endoteliociti, che determina la presa di contatto diretto delle piastrine col collageno, con conseguente aggregazione ed adesione di esse ed innesco dei fenomeni coagulativi, facilitati anche dalla liberazione da parte degli endoteliociti danneggiati di alcuni fattori e dalla mancata liberazione da parte degli stessi della prostaciclina 5)Embolia, causata dalla dissoluzione di uno o più trombi, con liberazione di frammenti, che circolando, possono arrestarsi in corrispondenza di piccoli vasi, determinandone l'occlusione. lesioni complicanti
6)Indebolimento della parete vasale e
formazione di un aneurisma: gli ateromi gravi dell’intima finiscono con il provocare un assottigliamento della media, con perdita di cellule muscolari lisce e fibre elastiche che vengono sostituite con collagene, non elastico, non contrattile. La media diviene funzionalmente incompetente e ciò porta ad una dilatazione generalizzata dell’arteria che nel corso degli anni porterà alla formazione di un aneurisma. • l'ateroma è destinato ad aumentare di dimensioni protrudendo nel lume vascolare di cui induce una riduzione del calibro, che può culminare nell'occlusione. Questa, oltre che dalla presenza di un trombo, può essere provocata dal vasospasmo, indotto dalla liberazione da parte degli endoteliociti delle endoteline, che sono peptidi forniti non solo di azione vasocostrittoria, ma anche di azione stimolante la proliferazione delle fibrocellule muscolari lisce. • La presenza di ateromi è frequente nelle arterie coronariche (per lo più coronaria sin) delle quali determina un progressivo restringimento del lume, che è responsabile della comparsa di una sintomatologia dolorosa, definita angina pectoris. Le crisi dolorose sono scatenate dall’ischemia nell'area di miocardio irrorata dall'arteria compromessa quando questa riduce temporaneamente il suo calibro per contrazione spastica delle fibrocellule muscolari lisce della sua parete. Col passare del tempo l'ischemia determina atrofia delle fibre miocardiche e formazione di fibrosi (miocardiosclerosi). • Se, invece, interviene una occlusione brusca e persistente dell'arteria coronarica o di un suo ramo, a causa dell'immediata anossia (assenza di 02) che si determina, si ha la necrosi ischemica della area miocardia da essa irrorata (infarto del miocardio), la cui gravità dipende dall'estensione e dalla sede dell'area ischemica. L'occlusione coronaria può anche essere seguita da grave insufficienza cardiaca acuta, che determina morte improvvisa. L'infarto cerebrale si forma in conseguenza dell'occlusione di un ramo delle arterie cerebrali (per lo più cerebrale media). Oltre che dalla placca arterioscleotica e dal vasospasmo l'occlusione può derivare da un embolo, che origina dalla frammentazione di un trombo localizzato su di una lesione aterosclerotica distante. Un'altra grave complicanza dell' aterosclerosi dei vasi cerebrali è data dalla rottura, che provoca un infarcimento ematico più o meno esteso. Anche la carotide interna è frequentemente sede di ateromi. Il progressivo restringimento delle principali arterie degli arti inferiori causa ipossia tissutale che produce una sintomatologia dolorosa sia a riposo sia soprattutto dopo sforzo muscolare, nota col termine di claudicatio intermittens (zoppicchio intermittente). Negli arti l'occlusione totale di un grosso vaso arterioso diventa responsabile della gangrena. Ruolo della parete arteriosa nella patogenesi Tra i fattori che coinvolgono in prima istanza la parete arteriosa, l'ipertensione è stata la prima ad essere individuata: il suo ruolo di fattore di rischio è documentato da numerose indagini epidemiologiche, che hanno messo in luce una stretta correlazione tra i due fenomeni. a) Gli ateromi sono preferenzialmente localizzati in corrispondenza delle arterie di maggior calibro ed in particolare in quei siti dove la turbolenza del flusso ematico è maggiore. b) Le arterie polmonari in cui la pressione sanguigna è inferiore di almeno un terzo a quella presente nell'aorta non vanno incontro a lesioni aterosclerotiche, salvo che nei pazienti affetti da ipertensione polmonare c) Le lesioni dell'intima arteriosa provocate negli animali da esperimento con traumi inferti a mezzo di cateteri endovascolari sono molto frequentemente seguite dalla comparsa di lesioni ateroscleotiche. Nelle vene non si manifestano alterazioni aterosclerotiche; la loro comparsa, tuttavia, è stata osservata nella safena autotrapiantata tra l'aorta ed una arteria coronaria ("by pass aorto-coronarico"), cioè quando essa è sottoposta ad una pressione eccessiva in confronto a quella presente nella sua sede naturale. Ruolo della parete arteriosa nella patogenesi Il ruolo esercitato dalla parete arteriosa nella patogenesi dell' aterosclerosi assunto un maggiore rilievo da quando l'endotelio non è più considerato soltanto una semplice barriera meccanica di separazione tra il sangue circolante e le strutture della parete vascolare, poiché è conosciuto che le cellule endoteliali sintetizzano e rilasciano molecole che regolano: • l'aggregazione piastrinica (ad esempio, prostaciclina), • i meccanismi della coagulazione (ad esempio, trombomodulina, molecole eparino-simili, attivatori del plasminogeno, inibitori degli attivatori del plasminogeno, fattore di von Willebrand) e • il tono vascolare (ad esempio, endoteline e ossido nitrico). L'influenza di alcune molecole rilasciate dalle cellule endoteliali è differente a seconda dello stato funzionale dell’ endotelio: in condizioni fisiologiche gli endoteliociti esercitano un'attività anticoagulante e fibrinolitica (il sangue si mantiene liquido), mentre quando essi sono alterati manifestano proprietà opposte. L’ateroscerosi potrebbe quindi rappresentare una forma di reattività dell’endotelio a stimoli di varia natura responsabili, tra l’altro di reazioni infiammatorie localizzate che spigano la distrettualità delle placche ateroscerotiche.