Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Per definire correttamente l’eccesso di peso si può fare riferimento al peso relativo, definito
come il rapporto numerico tra peso reale e peso ideale (Ideal Body Weight o IBW, il cui
valore si può ricavare con diverse formule o ricorrendo all’uso di tavole antropometriche che
valutano il peso in funzione di età, sesso, altezza e costituzione scheletrica), oppure al più
noto body mass index BMI, che rappresenta il rapporto tra il peso e il quadrato dell’altezza.
In base al valore del BMI è possibile definire soggetti sottopeso se il valore di BMI è uguale
o inferiore a 18.5, soggetti normopeso se il BMI è compreso tra 18.5 e 25, soggetti
sovrappeso se il BMI è tra 25 kg/m2 e 29.9 e infine soggetti obesi se il BMI è maggiore di 30
kg/m2.
L’obesità, inoltre, viene suddivisa in quattro classi di gravità:.
BMI Kg/m2
Classe I 30-35
Classe II 35-40
Classe III > 40
Classe IV > 50
Tra le formule più utilizzate per il calcolo del peso ideale ricordiamo l’indice di Broca che
permette di calcolare il peso ideale (in Kg) sottraendo all’altezza (in cm) un valore pari a 100
per i maschi adulti e a 105 per le femmine adulte, o la formula di Lorenz: IBW Donne =
altezza (cm)-100-[(altezza (cm)-150/2] e IBW Uomini = altezza (cm)-100-[(altezza
(cm)-150/4].
Si definiscono super-obesi gli individui con un BMI superiore o uguale a 50 Kg/m2 e a questi
pazienti è stata riservata una nuova e distinta classe di obesità (classe IV) mentre individui
con un BMI superiore o uguale a 60 Kg/m2 vengono definiti super-super-obesi.
Oltre al BMI, il paziente obeso deve essere valutato in relazione alla tipologia di obesità,
distinguibile in androide e ginoide.
L’obesità ginoide è caratterizzata da una tipica forma “a pera” e distribuzione del grasso
nella parte inferiore del corpo (fianchi e glutei).
L’obesità androide, detta anche viscerale e caratterizzata da una tipica forma a “mela”, si
associa ad una maggiore distribuzione della massa adiposa nella regione addominale.
Quest’ultima si associa ad un maggiore rischio cardiovascolare.
Per valutare il tipo di obesità è sufficiente misurare la circonferenza vita, che deve essere >
101 nell’uomo e > 88 nella donna. Un dato più preciso si ottiene calcolando il rapporto tra la
circonferenza misurata a livello ombelicale (vita) e quella a livello dei glutei (fianchi), ovvero
il cosiddetto waist to hip ratio WHR: si parla di obesità androide quando tale rapporto è >
0.85 e di obesità ginoide quando è < 0.79. In ogni caso il WHR dovrebbe essere < a 0.95
per gli uomini e < 0.8 per le donne.
Disturbi cardiovascolari
La maggior parte delle patologie cardiache dell’obesità è il risultato dell’adattamento
cardiovascolare a un eccesso di massa corporea e all’aumento della richiesta metabolica.
I fattori all’origine dei disturbi cardiovascolari nell’obeso sono:
● Aumento della pressione arteriosa indotta dall’aumento della massa corporea, dei
tessuti adiposi e muscolari, che provocano sovraccarico volermi o e di conseguenza,
per la legge di Frank-Starling, un aumento della gittata cardiaca.
● Riduzione delle resistenze vascolari periferiche, non in rapporto con una
modificazione del tono simpatico.
● Alterazioni del ventricolo sinistro, conseguenti all’aumento della volemia e alla
poliglobulia da ipossiemia, possono indurre ipertrofia, che può ridurre la compliance
del ventricolo, con modificazioni della frazione di eiezione del ventricolo sinistro.
Il dimagrimento sembra migliorare la performance cardiaca e la frazione di eiezione del
ventricolo sinistro.
● Alterazioni della vascolarizzazione polmonare dovute alla vasocostrizione polmonare
legata all’ipossia e/o all’ipercapnia. Anche la disfunzione ventricolare sinistra con
l’accrescersi delle pressioni di riempimento e della gittata cardiaca partecipa
all’aumento delle pressioni polmonari.
● Alterazioni del ventricolo destro, come conseguenza della ipertensione polmonare e
della lesione ventricolare sinistra, che conducono ad ipertrofia e dilatazione del cuore
destro.
● Ritmo cardiaco e disturbi del ritmo conseguenziali alle modificazioni strutturali
cardiache e all’infiltrato adiposo del nodo del seno e atrio-ventricolare e delle vie di
conduzione dell’impulso elettrico.
● Lesione coronarica dovuta all’aterosclerosi, fattore maggiore di rischio coronarico.
Numerosi studi mostrano una correlazione significativa tra obesità e morte
improvvisa, infarto miocardico e insufficienza coronarica.
● Insufficienza venosa degli arti inferiori, dovuta a ipotonia muscolare, sedentarietà,
cedimento dell’arcata plantare, lesioni articolari, compressione cavale da parte del
tessuto adiposo addominale.
Disturbi respiratori
● Aumento del consumo di ossigeno e della produzione di anidride carbonica: la
richiesta metabolica e la gittata cardiaca nel paziente obeso sono aumentate
proporzionalmente al sovraccarico adiposo. L’ipossiemia è il risultato della differenza
del rapporto ventilazione/perfusione, dell’aumento degli shunt intrapolmonari e
dell’elevata incidenza di patologie respiratorie coesistenti.
● Diminuzione della compliance polmonare: la compliance polmonare è ridotta del 35%
rispetto al valore di riferimento. I depositi adiposi che infiltrano i muscoli intercostali, il
diaframma e l’addome riducono la compliance toracica, parietale e parenchimale.
Questo fenomeno è aggravato dalla limitazione dei movimenti del torace, dalla cifosi
toracica e dall’iperlordosi lombare. La riduzione della compliance polmonare provoca
tipicamente una respirazione rapida e superficiale.
● Aumento del lavoro dei muscoli respiratori come conseguenza dell’aumento delle
pressioni intra- addominali, della minore compliance polmonare e della richiesta
metabolica aumentata. Malgrado l’aumento del lavoro dei muscoli respiratori
l’efficacia della ventilazione è ridotta. L’aumento del lavoro respiratorio nel paziente
obeso è pari al 200%.
● Riduzione della capacità funzionale residua (CFR) provocata dallo squilibrio tra forze
elastiche tissutali polmonari e forze elastiche toraciche. La CFR è ridotta in modo
esponenziale quando il BMI aumenta e tale riduzione avviene a spese del volume di
riserva espiratorio.Nei pazienti normopeso la CFR si riduce del 20% fin dall’induzione
dell’anestesia e non si modifica più nel perioperatorio, mentre nel paziente obeso
anestetizzato, la CFR può essere inferiore al volume di chiusura degli alveoli
portando ad uno squilibrio del rapporto V/Q e ad ipossiemia.
● Danno restrittivo polmonare: le prove di funzionalità respiratoria sono sempre alterate
nel paziente obeso. Lo spazio morto è aumentato e può arrivare fino al 61% del
volume corrente.
● Sindrome da apnea ostruttiva del sonno (OSAS): definita come l’arresto di flusso
aereo durante il sonno per una durata di almeno 10 secondi e con una frequenza
superiore a 5 episodi notturni. La frequenza della SAOS varia dal 40 al 70% con
prevalenza maschile. Il meccanismo delle apnee è essenzialmente ostruttivo o misto
(successione di una apnea di tipo centrale e di una apnea ostruttiva). I fattori
anatomici responsabili sono la diminuzione della superficie faringea per infiltrazione
adiposa della parete faringea, la compressione esterna delle vie aeree superiori
legata all’infiltrato adiposo del collo con restringimento del faringe, della glottide e
della trachea cervicale. Il fattore funzionale essenziale è uno squilibrio tra
l’attivazione dei muscoli dilatatori delle vie aeree superiori e l’attivazione del
diaframma durante il
sonno. L’apnea notturna
comporta episodi di
desaturazione, cui fanno
seguito ipossiemia e
poliglobulia
compensatoria, che a loro
volta sono causa di di
ipertensione arteriosa,
rimodellamento cardiaco e
ipertensione polmonare..
MODIFICAZIONI FARMACOLOGICHE
Farmacocinetica
Nel paziente obeso sono state descritte modificazioni del profilo farmacocinetico dei farmaci
impiegati in anestesia, in relazione alla entità dell’obesità e delle caratteristiche lipofile del
farmaco.
● Volume di distribuzione: in generale i farmaci liposolubili hanno un volume di
distribuzione aumentato, un accumulo nel tessuto adiposo ed una più lunga vita di
eliminazione, anche se i valori di clearance risultano nella norma o aumentati. I
farmaci idrosolubili hanno lo stesso comportamento nei pazienti obesi e in quelli
normali.
● Legame alle proteine plasmatiche: l’aumento della concentrazione sierica
dell’alfa1-glicoproteina acida e l’iperlipidemia modificano il legame proteico dei
farmaci riducendo la loro quota libera.
● Metabolismo: poiché il flusso epatico è moderatamente aumentato, l’eliminazione dei
farmaci flusso-dipendenti non è modificata.
● Eliminazione: la clearance renale è aumentata per effetto dell’aumentato flusso
ematico renale, quindi è aumentata l’eliminazione delle sostanze che non vengono
biotrasformate prima dell’escrezione renale e che sono filtrate dai glomeruli.
Alla luce delle modificazioni fisiopatologiche è evidente che il paziente obeso rappresenti
una notevole sfida per l’anesista. Da un punto di vista anestesiologico, i pazienti obesi
presentano delle caratteristiche che comportano problematiche addizionali rispetto ai
pazienti non obesi: sono potenzialmente a rischio sia per la ventilazione in maschera, sia per
l'intubazione. Inoltre, la meccanica respiratoria di questi pazienti subisce importanti
variazioni, con una riduzione della capacità funzionale residua (CFR), della capacità vitale
(CV) e, di conseguenza, della tolleranza all'apnea, anche per effetto del concomitante
aumentato consumo di O2 dovuto all’iperdinamismo cardiovascolare che li contraddistingue.
Ne deriva, per questi pazienti, un elevato rischio di sviluppare complicanze respiratorie
peri-operatorie (incluso il decesso), nonché cardiovascolari (queste ultime legate anche alle
comorbidità ad essi associate).
In accordo con la più recente letteratura, sarebbe auspicabile la presenza di un team
dedicato e di Centri opportunamente attrezzati dal momento che il paziente obeso non può
essere considerato, sic et simpliciter, come un "adulto di grandi dimensioni" ma rappresenta
una tipologia specifica di paziente, caratterizzata da modificazioni anatomiche,
fisiopatologiche, farmacocinetiche e farmacodinamiche che impongono conoscenza e
formazione specifica al fine di minimizzare morbilità e mortalità.
A tal fine, in accordo con la letteratura, l’adozione dei protocolli ERABS ha consentito una
migliore gestione dei pazienti chirurgici obesi.
Il protocollo di Enhanced Recovery After Surgery applicato alla chirurgia bariatrica (ERABS)
riduce la degenza ospedaliera, è un approccio sicuro al paziente e non aumenta i costi della
chirurgia.
Il protocollo ERABS consta di differenti punti, a seconda delle fasi di gestione preoperatoria,
intraoperatoria e postoperatoria del paziente.
Counseling preoperatorio
Il colloquio con il paziente deve fornire, oltre al consenso chirurgico e anestesiologico,
adeguate aspettative circa gli aspetti inerenti la gestione di dolore, vomito e nausea
postoperatori, precoci mobilizzazione e alimentazione, durata della degenza ecc.
Il counselling può essere svolto o singolarmente o in riunione di gruppo. I congiunti, che nel
periodo postoperatorio a domicilio fungeranno da caregivers, dovrebbero essere presenti.
A proposito della valutazione preoperatoria del paziente obeso, menzione a parte merita la
gestione della patologia da apnee ostruttive del sonno dato l’enorme peso
socio-economico-sanitario che essa comporta.
In alcune categorie di pazienti (STOP-Bang ≥ 3 con BMI > 35kg/m2 e obesità centrale,
SpO2 < 90% in posizione seduta e supina in aria ambiente, o BMI > 50kg/m2), l’aggiunta del
dosaggio dei bicarbonati sierici aumenta la specificità di predizione di un OSA
moderato-severo se HCO3- ≥ 27 mmol/l.
L’evidenza accumulata negli ultimi anni e l’esperienza clinica sottolineano la necessità di
considerare, oltre allo STOP-Bang, anche l’ASA Scoring System per la valutazione
dell’OSA. L’ASA Scoring System è uno schema di valutazione che aggiunge a quello
indicato il rischio correlato al tipo di chirurgia programmata e l’uso/tipo di oppioidi che per
l’intervento previsto si presume verranno utilizzati.
L’integrazione dei suddetti fattori determina tre differenti profili di rischio con conseguente
gestione perioperatoria personalizzata, adeguata alla tipologia di paziente, alla gravità
dell’OSA e alla gestione farmacologica per l’intervento programmato. Il profilo di rischio è
ottenuto dalla somma dei punteggi attribuiti a singoli parametri:
- Rischio postoperatorio MOLTO AUMENTATO→UTI
- Rischio postoperatorio AUMENTATO→RR/PACU (o altro ambiente simile)
- Rischio postoperatorio NON AUMENTATO→REPARTO di degenza con monitoraggio
SpO2 (preferibilmente associato a monitoraggio degli atti respiratori e/o della EtCO2).
L’uso della Continous Positive Airway Pressure (CPAP) domiciliare, purché adeguatamente
adattata e tollerata, migliora le condizioni preoperatorie dei pazienti con OSA; tali benefici si
estendono anche al postoperatorio quando la terapia viene proseguita in RR/PACU e
reparto.
Va inoltre valutato che: la presenza di eventuali comorbidità mal controllate (obesità
patologica, insufficienza respiratoria, cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale o altre
aritmie, ipertensione arteriosa refrattaria, ipertensione polmonare, stroke o TIA) va ad
aumentare il rischio postoperatorio calcolato; la presenza di ipercapnia ≥ 50 mmHg peggiora
il rischio perioperatorio potendo evidenziare una insufficienza respiratoria sottostante o
Obesity Hypoventilation Syndrome (OHS). Un adeguato approfondimento diagnostico e
l’eventuale ottimizzazione preoperatoria sono condizionati dal grado di urgenza
dell’intervento e il percorso andrebbe condiviso con il paziente e il chirurgo: quando lo studio
e l’ottimizzazione preoperatori auspicabili non siano attuabili in tempi utili, il paziente va
informato in modo esaustivo della valutazione rischi-benefici e della strategia terapeutica
indicata e deve esprimere un chiaro consenso informato.
Si consiglia pertanto di riportare in modo chiaro nella cartella anestesiologica il rischio
perioperatorio e le conseguenti strategie da adottare.
Digiuno preoperatorio
Il fulcro della filosofia ERAS è minimizzare lo stress postoperatorio, migliorando la risposta
sistemica ad esso: con il mantenimento dell’omeostasi si evita il catabolismo e la relativa
proteolisi, astenia e disfunzione cellulare. La conseguente riduzione della resistenza
insulinica promuove una adeguata funzione cellulare durante il danno tissutale. La
paradossale elevata prevalenza di sarcopenia nel paziente con grave obesità e la risposta
catabolica alla chirurgia impattano negativamente sulla successiva guarigione delle ferite,
sulla funzione immunitaria e sull’outcome chirurgico.
È prevista la possibilità di assumere liquidi chiari fino a 2 ore prima dell’intervento e cibi
solidi leggeri fino a 6 ore prima dell’induzione dell’anestesia.
Profilassi antibiotica
L’incidenza delle infezioni del sito chirurgico nel paziente obeso varia dall’1% al 21.7%, in
base al tipo di procedura.
La profilassi antibiotica endovenosa preoperatoria è raccomandata, e dovrebbe seguire le
linee guida standard per la profilassi antibiotica perioperatoria.
La molecola più frequentemente utilizzata è la cefazolina (dosaggio da 1 a 4g), con la
clindamicina quale alternativa nei pazienti allergici.
Alcune raccomandazioni consigliano di considerare dosaggi più elevati (cefazolina 3g) per
pazienti di peso > 120 Kg. La preparazione intestinale mediante profilassi antibiotica
(associata o meno a preparazione meccanica) non è raccomandata in chirurgia bariatrica.
La profilassi antibiotica preoperatoria deve essere somministrata per via endovenosa
all’induzione dell’anestesia 30-60 minuti prima dell’incisione chirurgica.
Analgesia multimodale
L’analgesia multimodale è una strategia per il controllo del dolore che prevede il ricorso ad
analgesici (es. antiinfiammatori non steroidei, paracetamolo) in associazione ad adiuvanti
analgesici ed anestetici locali finalizzata ad ottimizzare l’analgesia perioperatoria e a
minimizzare o eliminare il consumo degli oppioidi dopo chirurgia bariatrica.
L’analgesia multimodale ha ridotto gli eventi avversi da oppioidi.
SIAARTI ed ERAS Society concordano sulla necessità dell’approccio multimodale per il
controllo del dolore postoperatorio, in grado di minimizzare il consumo di oppioidi e
promuovere la deambulazione precoce.
● Anestesia locoregionale L’anestesia locoregionale supporta ed integra l’anestesia
generale in ERABS. Essa deve essere finalizzata ad ottimizzare il controllo del
dolore postoperatorio e promuovere un rapido recupero postoperatorio.
L’anestesia locoregionale in aggiunta all’anestesia generale concorre al miglioramento del
decorso postoperatorio. Gli anestetici locali per via intraperitoneale, epidurale o nel contesto
di blocchi di parete o associato ad infiltrazioni delle porte di ingresso, determina un maggiore
controllo del dolore postoperatorio senza influire sulla durata della degenza ospedaliera.
Metanalisi hanno evidenziato la superiorità dell’anestetico locale per via intraperitoneale e
TAP block rispetto ai controlli nel controllo del dolore postoperatorio.
● Analgesia con oppioidi
L’uso degli oppioidi per l’analgesia deve essere limitato in ERABS.
Nella popolazione generale, l’uso di oppioidi è associato ad un aumentato rischio di
PONV nonché di ostruzione delle vie aeree superiori ed ipoventilazione.
Nei pazienti obesi, l’utilizzo di oppioidi intraoperatori è associato ad aumentato rischio di
PONV e di complicanze respiratorie postoperatorie.
Un’anestesia “opioid-sparing” o “opioid-free” è preferibile in ERABS.
L’anestesia opioid-free è risultata associata a minor incidenza di PONV.
Nella popolazione generale, gli oppioidi a rapida cinetica di eliminazione, come il
remifentanil, hanno dimostrato un risveglio ed un recupero della funzione respiratoria
postoperatori più rapidi.
Nei pazienti obesi, il remifentanil ha dimostrato riduzione dei tempi di recupero dall’anestesia
generale, delle complicanze respiratorie, della durata della degenza presso le Unità di Cure
Post-Anestesiologiche (PACU) ed ospedaliera in generale.
Se necessaria, l’analgesia con “Tecnica di Analgesia Controllata dal Paziente”
(Patient-Controlled Analgesia, PCA) è stata usata con successo, ed è preferibile a quella
garantita dall’infusione continua nel periodo postoperatorio.
SIAARTI ed ERAS Society concordano sulla necessità di minimizzare il consumo di oppioidi,
suggerendo quelli a rapida cinetica di eliminazione.
● BLOCCO
NEUROMUSCOLARE
Il Blocco Neuro Muscolare
(NMB) concorre ad ottimizzare la
gestione intraoperatoria in
ERABS. Il completo recupero
della funzione neuromuscolare a
fine intervento, documentato da
monitoraggio quantitativo (Train
Of Four - TOF ratio ≥1.0), è
essenziale. Rispetto agli inibitori
delle colinesterasi, il
sugammadex garantisce un più
rapido e prevedibile recupero del
NMB indotto da rocuronio.
L’impiego del NMB è
raccomandato all’induzione
dell’anestesia generale per facilitare la gestione delle vie aeree e la successiva ventilazione
polmonare.
In corso di chirurgia bariatrica laparoscopica, il NMB profondo, ha mostrato beneficio
nell’ottimizzare la visione del campo operatorio e nel ridurre le complicanze procedurali,
nonché di essere associato a minore dolore postoperatorio.
● MONITORAGGIO
Lo standard per il monitoraggio in anestesia deve essere assicurato per un miglior outcome
del paziente nel periodo perioperatorio.
Nel paziente obeso, il monitoraggio della profondità di anestesia garantisce un’induzione
dell’anestesia con propofol più accurata e riduce il rischio di awareness da suo inadeguato
dosaggio. L’anestesia endovenosa con propofol guidata da monitoraggio della profondità di
anestesia non ha dimostrato differenze nell’incidenza di awareness rispetto all’anestesia
inalatoria.
Il monitoraggio della funzione neuromuscolare concorre a ridurre il rischio di complicanze
respiratorie postoperatorie.
Il monitoraggio della temperatura riduce il rischio di ipotermia che impatta negativamente sul
recupero postoperatorio.
● GESTIONE DELLE VIE AEREE
Nella popolazione di pazienti bariatrici la ventilazione in maschera facciale e L’intubazione
tracheale sono spesso difficoltose.
La difficoltà di ventilazione in maschera facciale è stata riportata nell’8.8% dei pazienti
obesi e nell’ 11% di quelli con obesità patologica ed è correlata alla presenza di OSA. La
difficoltà d’intubazione è riportata con percentuali che variano dal 3.3% al 16.7%.
La previsione di difficoltà di ventilazione ed intubazione nel paziente obeso deve tenere
conto dei criteri predittivi standard, cui vengono aggiunti criteri predittivi specifici quali:
1. l’obesità viscerale espressa da una Waist-to-Hip Ratio >0.8 nelle donne e >0.9 negli
uomini;
2. la circonferenza del collo >41 cm nelle donne e >43 cm negli uomini,
3. il BMI se >50kg/m2;
4. la presenza di sindrome metabolica;
5. la presenza di OSA o uno STOP-BANG ≥5;
6. Il sesso maschile.
Nei pazienti individuati ad alto
rischio di OSA, l’utilizzo della
CPAP nelle 4 settimane
antecedenti l’intervento
chirurgico può migliorare
l’assetto cardio-respiratorio e
metabolico.
L’intubazione tracheale
rimane il gold standard per la
gestione delle vie aree nei
pazienti ERABS.
● PREOSSIGENAZIONE
Il paziente obeso presenta un
elevato rischio di
desaturazione, legato
primariamente alla sua ridotta
capacità funzionale residua,
aggravata dalla possibile
difficoltà nella gestione delle vie aeree.
● INTUBAZIONE TRACHEALE
Nel paziente obeso
l’intubazione endotracheale
deve essere eseguita in ramped
position. L’uso del
videolaringoscopio migliora il
“first pass success” e
rappresenta una alternativa alla
fibroscopia in caso di
intubazione da sveglio nel
paziente con difficoltà prevista. I
presidi extraglottici di seconda
generazione sono consigliati
come rescue devices, per
l’ossigenazione/ventilazione
polmonare in caso di difficoltà di
gestione delle vie aeree e
l’eventuale intubazione guidata dal fibroscopio.
La ventilazione meccanica protettiva è da preferire per i pazienti obesi sottoposti a chirurgica
bariatrica ed è stata associata ad una minore incidenza di complicanze respiratorie
postoperatorie e quindi ad una riduzione dei tempi di degenza e della mortalità nella
popolazione generale e nei pazienti obesi.
Per ventilazione protettiva si intende una strategia che preveda bassi volumi tidal (6-8 ml/kg
calcolati sul peso predetto, Predicted Body Weight), PEEP adeguata (10-15 cmH2O) e
bassa driving pressure (calcolata come pressione di plateau-PEEP).
Le manovre di reclutamento andrebbero riservate alle situazioni di desaturazione; la FiO2
mantenuta sotto 0.8 è importante al fine di limitare fenomeni atelettasici da riassorbimento.
Mantenere livelli di pressione di insufflazione peritoneale sotto i 15 mmHg è consigliabile per
contenere la pressione di picco delle vie aeree; tale strategia associata al contenimento dei
tempi chirurgici aiuta a ridurre il rischio di complicanze respiratorie nel postoperatorio, come
dimostrato da numerosi.
Sondinonasogastrico
Il posizionamento del sondino naso-gastrico (SNG) di routine non diminuisce le complicanze
postoperatorie, al contrario è causa di prolungamento della degenza. Abbandonare l’uso del
SNG nei pazienti sottoposti a chirurgia dell’obesità con protocollo ERABS può contribuire al
migliora- mento della ripresa postoperatoria.
In chirurgia addominale, nella popolazione generale, c’è una forte evidenza che il non
utilizzo di routine del SNG porta ad una più veloce ripresa delle funzioni intestinali, una
diminuzione nelle complicanze polmonari, e ad una degenza di durata inferiore, senza un
aumento delle deiscenze anastomotiche.
Il non utilizzo del SNG riduce il dolore postoperatorio, promuove la mobilizzazione precoce, il
miglioramento della nausea/vomito, la ripresa della dieta liquida e una migliore compliance
alla dimissione.
Drenaggio addominale
Una revisione sistematica sull’utilizzo del drenaggio addominale in chirurgia gastrointestinale
nella popolazione generale non ha dimostrato alcun vantaggio a favore del drenaggio di
routine.
Le linee guida di ERAS Society e un più recente position statement sono concordi
nell’abbandonare l’uso del drenaggio addominale.
Catetere vescicale
L’’uso routinario del catetere vescicale non è raccomandato. L’abbandono dell’utilizzo del CV
favorisce la mobilizzazione precoce e previene l’infezione delle vie urinarie (UTI), eliminando
uno dei fattori di rischio fra le cause delle infezioni postoperatorie.
Dimissione
La dimissione in 1° giornata o in 2° giornata postoperatoria non aumenta il tasso di
complicanze, di riammissioni ospedaliere, di consulti telefonici, in particolare in assenza di
comorbilità significative.
Il dosaggio di markers sierologici (proteina C reattiva, procalcitonina), assieme alla
valutazione delle condizioni cliniche, può rappresentare un ausilio nel predire il rischio della
insorgenza di complicanze postoperatorie.
Tuttavia, alcuni markers non sono dosabili routinariamente presso tutti centri e non c’è
concordanza sul marker e sul timing del dosaggio rispetto alla giornata postoperatoria.
I criteri di dimissibilità dovrebbero comprendere almeno i seguenti:
1. adeguato controllo del dolore mediante farmaci analgesici orali non oppioidi;
2. parametri vitali nella norma (frequenza cardiaca <100 bpm, temperature corporea
<37.6°C, frequenza respiratoria <20 atti/minuto);
3. adeguato introito idrico (>1000-1500 mL di liquidi chiari per os), dieta liquida tollerata;
4. non evidenza di sepsi o segni di complicanza postoperatoria.
Alla dimissione il paziente deve essere istruito sui sintomi di possibile complicanza
post-intervento e deve essere contattato telefonicamente dallo staff per monitorare il suo
stato di salute.