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Il dolore è un'esperienza sensoriale percepita a livello del sistema nervoso centrale come un'emozione
sgradevole.
Con il termine nocicezione si intendono tutti quei meccanismi di trasmissione dello stimolo doloroso
dalla periferia al sistema nervoso centrale. L’interazione delle diverse aree cerebrali che elaborano il
segnale nocicettivo, ne consente la presa di coscienza, così si ha la percezione del dolore.
Tale percezione dolorifica può essere suddivisa in diverse componenti:
- una componente sensitivo-discriminativa che consente di localizzare lo stimolo e di
quantificarne qualità ed intensità;
- una componente affettivo-emozionale che consente all'individuo di reagire al dolore
affettivamente parlando;
- una componente cognitivo-valutativa che consta nella capacità di valutazione del dolore a
seconda dell'educazione ricevuta e del contesto sociale.
Il dolore viene distinto in dolore acuto, conseguente ad un processo infiammatorio, e dolore cronico.
Quest’ultimo perdura per lungo tempo ed è causato da un'alterazione del nervo, che se prolungata ne
modifica la stessa struttura fisiologica.
Analizzando nel dettaglio il percorso dello stimolo doloroso dalla periferia al sistema nervoso
centrale, vengono coinvolti
i nocicettori che sono i rivelatori dello stimolo doloroso a diversi livelli. La natura dello stimolo può
essere di tipo chimico, meccanico-fisico o termico.
Lo stimolo viene poi condotto lungo le fibre nocicettive, successivamente al nervo sensitivo e dopo
al nervo spinale. Le fibre nocicettive possono essere amieliniche, in tal caso trasmettono lo stimolo
lentamente e sono responsabili del dolore tedioso, oppure mieliniche, ovvero possono trasmettere lo
stimolo più velocemente e sono responsabili del dolore puntorio.
Il nervo spinale giunge fino alla materia grigia del midollo spinale, dove a livello delle corna spinali
forma due fasci: il fascio spinotalamico, che trasmette stimoli di tipo cutaneo, somatico e viscerale,
risalendo il midollo fino al talamo ed il fascio spino reticolare, che trasmette stimoli di tipo somatico
e viscerale.
Giunti al SNC lo stimolo viene analizzato ed integrato in diversi livelli.
- A livello bulbare vengono coinvolti alcuni nuclei per l'analisi dello stimolo, da qui si
dipartono le vie discendenti in grado di modulare la percezione dolorosa, mediante
neurotrasmettitori, altre fibre che giungono fino ai muscoli per permettere la reazione motoria
allo stimolo doloroso ed altre fibre ancora che giungono al sistema cardiovascolare e
respiratorio.
- A livello mesencefalico si hanno le reazioni emozionali al dolore, da qui si dipartono le fibre
che regolano la reazione neuroendocrina.
- A livello talamico (corteccia cerebrale) si ha la percezione sensitivo-discriminatoria del
dolore, ovvero si localizza la provenienza dello stimolo, la qualità e quantità, cui
corrisponderanno reazioni motorie e sensoriali.
Tali livelli rappresentano le vie discendenti del dolore, le quali ne modulano la percezione a livello
sovra spinale, nella sostanza grigia periacqueduttale e nella regione ventro-mediale del bulbo. La
modulazione del dolore avviene mediante la liberazione di neurotrasmettitori, soprattutto oppioidi
endogeni, la loro produzione varia da individuo ad individuo, perciò, si parla di “soglia del dolore”.
Le vie discendenti hanno come bersagli i neuroni nocicettivi spinali e gli interneuroni (inibitori o
eccitatori), gli stessi neuroni delle vie ascendenti spino-talamiche.
Concludendo, potremmo riassumere dicendo che le vie ascendenti trasmettono lo stimolo dalla
periferia al SNC, mentre le vie discendenti riducono lo stimolo dolorifico e lo riconducono a livello
centrale.Le malattie caratterizzate da dolore sono migliaia ma, al di là del numero di malattie, i
meccanismi patogenetici che stanno alla base del dolore si contano sulle dita di una mano.
Se riconosco questi tipi diversi di dolore e la clinica di questi tipi diversi di dolore posso anche
impostare una terapia fondata sui meccanismi patogenetici principali.
Ad esempio, un dolore infiammatorio viscerale come l’appendicite ha meccanismi patogenetici di
base simili a quelli di una osteoartrosi infiammata quindi dovrò utilizzare lo stesso tipo di farmaco
pur esistendo delle differenze e delle peculiarità tra dolore viscerale e dolore osteoarticolare.
Quindi è importante andare a riconoscere i diversi tipi di dolore che sono il dolore infiammatorio,
quello neuropatico, quello meccanico strutturale, il dolore disfunzionale come la fibromialgia e
talvolta delle combinazioni di queste differenti tipologie.
Una tipologia di dolore che può creare qualche problema al medico è il dolore misto in cui coesistono
esattamente nella stessa localizzazione un dolore che sta iniziando che è un dolore di natura
neuropatica e un processo infiammatorio che funge da meccanismo scatenante, per cui ancora la
lesione neuropatica non è particolarmente pronunciata ma comunque il sito ectopico viene stimolato
da un processo infiammatorio.
Tenendo conto dei diversi meccanismi patogenetici, i diversi farmaci devono essere classificati
seguendo questo meccanismo patogenetico quindi per un dolore infiammatorio userò farmaci
antinfiammatori come fans, corticosteroidi, mentre per il dolore neuropatico userò farmaci che
bloccano la conduzione dolorosa.
Poi ci sono farmaci che agiscono anche a livello della sinapsi spinale dove sia il dolore infiammatorio
che neuropatico convergono e converge anche il dolore misto che ha due meccanismi diversi. I
farmaci che agiscono a livello della sinapsi spinale sono molteplici a partire dal paracetamolo, gli
oppiacei, i gaba pentinoidi e anche molecole non nuove ma che da qualche anno emergono in quanto
presentano un meccanismo d'azione che si sta rivelando utile per il dolore neuropatico ma anche per
il dolore misto. Ad esempio, una di queste molecole è la L-acetilcarnitina che lavora appunto inibendo
il rilascio del glutammato a livello della sinapsi spinale e siccome a livello di questa sinapsi passa sia
il dolore infiammatorio che neuropatico quindi questa molecola spicca in un contesto di terapia di
combinazione cioè in cui il dolore si cura combinando da subito farmaci coinvolti nel trattamento del
dolore stesso. Quindi questa molecola trova spazio in combinazione con altri farmaci nel trattamento
del dolore sia infiammatorio che neuropatico che soprattutto nel dolore misto.
Il fatto di combinare i farmaci ci offre la possibilità di usare ogni singolo principio attivo a dosaggio
più basso, non bassissimo ma più basso rispetto che se lo utilizzassimo da solo. Molti di questi farmaci
come la L-acetilcarnitina, sono farmaci sicuri e lo stesso possiamo dire di farmaci come il
paracetamolo e le sue combinazioni. Quindi salvo specifiche interazioni farmacologiche che
ovviamente vanno evitate, la combinazione di farmaci analgesici a basso dosaggio può offrire un
maggiore profilo di sicurezza.
Il paziente che assume oppiacei per il trattamento del dolore cronico corre il rischio di sviluppare una
dipendenza. Sia il mondo della tossicodipendenza che il mondo del dolore sono uniti in un unico
calderone. L’elevato consumo negli Stati Uniti di oppiacei, sia da un punto di vista terapeutico che
da un punto di vista dell’abuso, ha generato numerose morti negli ultimi anni per cui c'è un allarme
negli Stati Uniti ma si tratta di una situazione diversa rispetto a quella italiana. In Italia, prima di tutto,
il consumo di oppiacei è svariate volte inferiore rispetto a quello degli Stati Uniti dove non c'è la
percezione della dipendenza e c'è un abuso di prescrizione di oppiacei per il dolore che è molto forte
mentre questo da noi è ridotto.
Questi farmaci hanno un’importante azione a livello del Sistema Nervoso Centrale. L'epidemiologia
e la neurologia dimostrano che il paziente con il dolore cronico è un paziente che con molta difficoltà
svilupperà una dipendenza. Esiste questo rischio, che si aggira intorno al 3% ma si tratta di pazienti
che hanno dei fattori di rischio che possono essere riconosciuti come le malattie psichiatriche, l'abuso
di sostanze, la marginalità sociale. Pazienti che non hanno questi fattori di rischio difficilmente
svilupperanno una vera e propria tossicodipendenza. Quindi è giusto vigilare su questo problema
senza cadere nell’oppioidofobia.
A differenza del dolore acuto, quindi, non costituisce un segnale della presenza di stimoli nocivi o di
danno ai tessuti, ma può determinare pesanti conseguenze sulla vita di relazione e sugli aspetti
psicologici e sociali della persona, come: riduzione dell’attività fisica fino alla immobilità, nutrizione
inadeguata con calo ponderale, disturbi del sonno, dipendenza dai farmaci, isolamento sociale. Il
dolore è perciò molto più di un sintomo. Può essere considerato una malattia che va controllata perché
può creare un circolo vizioso che prolunga e peggiora il dolore stesso.
Le categorie del dolore cronico.
Come già specificato, il dolore può essere classificato in 3 categorie, che richiedono interventi e
trattamenti diversi:
- dolore nocicettivo (risposta fisiologica ad un impulso esterno). Può essere di origine
muscolare o di tipo meccanico compressivo (post traumatico, tumorale);
- dolore neuropatico (causato da un danno o disfunzione del Sistema nervoso, come la
sciatalgia, la neuropatia diabetica, le nevralgie post erpetiche);
- dolore idiopatico (di origine non nota).
Il dolore cronico è un dolore misto, bisogna quindi fare riferimento alle 3 componenti. Il trattamento
del dolore cronico può prevedere diversi approcci, ma è sempre consigliabile un piano
multidisciplinare che preveda l’associazione di più interventi, farmacologici e non (chirurgia,
fisioterapia). L’anestesista che si occupa di terapia del dolore è il consulente di prima scelta, lo
specialista che coordinerà le varie branche chirurgiche e non per l’impostazione della terapia
adeguata.
Gli effetti collaterali più comuni associati all'uso terapeutico dei farmaci oppiacei sono:
- a carico del sistema nervoso centrale: è comune inizialmente un po' di sonnolenza, che di
solito si risolve in pochi giorni; confusione, vertigini, allucinazioni e altri disturbi si possono
controllare aggiustando la dose;
- a carico dell'apparato gastroenterico: circa la metà dei pazienti trattati con oppiacei va
incontro a stitichezza, un sintomo che non sembra correlato alla dose del farmaco e va
prevenuto con lassativi o trattato con altri farmaci. La somministrazione per via transdermica,
con appositi cerotti medicati applicati sulla pelle, incide meno sulla motilità intestinale. Tra il
20% e il 40% dei pazienti in cura va inoltre incontro a nausea e vomito, ma anche questi
sintomi possono essere adeguatamente controllati con l'aggiunta di farmaci specifici;
- a carico del sistema neurovegetativo: la stimolazione di particolari vie nervose da parte degli
oppiacei può seccare la bocca, ostacolare l'evacuazione di urina e abbassare la pressione
arteriosa quando ci si alza bruscamente;
- a carico della cute: questi farmaci possono provocare anche prurito e aumentare la
sudorazione.
Tutti questi effetti collaterali si possono ridurre con altri rimedi oppure modificando il tipo di farmaco,
la sua dose, la via di somministrazione e migliorando l'idratazione del paziente per facilitare
l'eliminazione della sostanza da parte dei reni.
Oltre che con i farmaci analgesici, il dolore può essere controllato in molti altri modi:
Le stesse terapie anticancro (chirurgia, chemioterapia e altri farmaci, radioterapia) possono essere
sfruttate per ridurre la dimensione della massa e quindi ridurre il dolore. Si dice in questo caso che si
utilizzano a scopo palliativo;
Farmaci analgesici possono essere somministrati anche tramite cateteri inseriti da un anestesista nello
spazio che circonda il midollo spinale. Questo metodo viene utilizzato per controllare il dolore dopo
importanti interventi chirurgici, ma talvolta anche quando non si riesce a controllare il dolore cronico
in altro modo. Richiede tuttavia l'assistenza di personale specializzato;
Blocchi nervosi possono essere effettuati devitalizzando nervi specifici responsabili della
trasmissione del dolore da una determinata zona;
Interventi di immobilizzazione delle ossa colpite da metastasi (cementoplastica e vertebroplastica)
servono a ridurre il dolore e il rischio di fratture patologiche;
Piccoli accorgimenti della vita quotidiana possono contribuire a dare sollievo. Per esempio, cambiare
posizione nel letto ogni due ore aiuta a prevenire rigidità e piaghe da decubito. Beneficio si può trarre
anche da massaggi, impacchi caldi o freddi, esercizi di rilassamento e di respirazione. Infine, cercare
di distrarsi chiacchierando, leggendo o guardando la televisione può aiutare a distogliere l'attenzione
dal dolore;
Altri metodi, di cui non è stata ancora dimostrata scientificamente l'efficacia, possono tuttavia
risultare utili per alcuni pazienti: tra questi la stimolazione elettrica transcutanea (TENS),
l'agopuntura o altre forme di medicina complementare di cui comunque il medico deve essere sempre
informato per essere sicuri che non siano dannose e non interferiscano con le altre cure.
Non esiste un esame strumentale che consenta di misurare il dolore che, come si è già detto, è
un'esperienza del tutto soggettiva. Tuttavia, è molto importante per i medici conoscere bene le
caratteristiche del sintomo, attraverso una serie di domande rivolte al paziente, per cercare di capire
quali ne potrebbero essere le cause, ed eventualmente, se possibile, rimuoverle.
Occorre anche una valutazione quantitativa, cioè stabilire l'intensità del dolore avvertito dal paziente,
per capire se la cura funziona e quando eventualmente occorre cambiarla. Per questo si usano in
genere delle scale di diverso tipo, che possono essere verbali (da "nessun dolore" a "insopportabile"),
numeriche (da 0 a 10) o analogiche visive, attraverso disegni, utili soprattutto con i bambini.
Molto importante è il rapporto stretto medico-paziente e la modulazione del trattamento
farmacologico. Nel paziente affetto da cancro bisogna valutare l’aspettativa di vita, la visione del
futuro, la presenza di un dolore che rende la vita impossibile. Tutto ciò giustifica la complessità della
malattia. Bisogna sempre informare il paziente. Oggi chi soffre di cancro ha buone possibilità di
guarire o aumentare la propria sopravvivenza. Non sempre il sintomo dolore vuol dire che la malattia
progredisce, questo bisogna specificarlo al paziente. Bisogna informarlo sulla terapia, sul
miglioramento che ci aspettiamo, le complicanze e gli effetti collaterali che derivano dalla terapia.
Faccende di vita normali nell’ oncologico possono creare problemi, il paziente allettato per andare in
bagno fa movimenti che possono essere dolorosi, bisogna modificare lo stile di vita, supportare queste
problematiche, programmare interventi con la famiglia o in collaborazione con il sistema sanitario
nazionale. La malattia va affrontata e va curata valutando trattamenti sistemici e localizzati. Ad
esempio, se abbiamo una localizzazione ossea della malattia, un trattamento radioterapico risolve
quel tipo di problema oppure un intervento ortopedico può risolvere il problema. Il trattamento deve
essere mirato al sintomo dolore con farmaci che agiscono su recettori responsabili della genesi della
trasmissione del dolore stesso. Ad esempio, antinfiammatori o oppiacei deboli o forti o tramite
tecniche o farmaci adiuvanti. Possiamo anche eseguire i blocchi della trasmissione del dolore se tutto
questo fallisce, tramite i blocchi nervosi che possono essere temporanei usando l'anestetico locale o
lo steroide oppure prolungati nel tempo come tecniche di radiofrequenza o di crioablazione o tramite
uso di sistemi impiantati all’ interno del snc. Ciò può rappresentare un contributo importante nel
paziente terminale a completamento di un approccio terapeutico. Per esempio, il blocco dei nervi
intercostali per dolori della parete toracica o il blocco del nervo celiaco o per il dolore pelvico cronico
non solo neoplastico ma in donne con dolori ginecologici. Il dolore pelvico cronico non oncologico
è complesso a livello patogenetico, è una sindrome che spesso parte da una patologia d’organo, ad
esempio, una cistite o una endometriosi o patologie vulvari trascurate o misconosciute che danno un
allargamento della sintomatologia. A volte si individua e cura la causa ma resta il dolore. Ciò preclude
scene di vita quotidiana come ad esempio funzioni fisiologiche, il movimento o l'attività sessuale.
Anche qui assistiamo a un processo di sensibilizzazione centrale cioè gli stimoli dalla periferia
giungono al snc e ne modificano le caratteristiche quindi il snc diventa più sensibile alla percezione
del dolore. Andare in bagno diventa doloroso anche in assenza di una stimolazione dolorosa. In questi
pazienti c'è anche una problematica di carattere sociale ed emotivo, spesso sono pazienti che hanno
subito abusi nell’ infanzia, quindi, c'è una componente emozionale e un substrato organico. È
importante un approccio multidisciplinare quindi l'approccio deve essere più strutturato con la figura
del terapista del dolore, del ginecologo, dell’internista, dello psicologo. Il dolore neuropatico che
coinvolge la componente centrale spesso è il più difficile da controllare. Spesso non risponde alle
terapie farmacologiche. Ci sono dei farmaci che abbassano la soglia di stimolazione nocicettiva e
approcci di carattere neurochirurgico. Usare la neurostimolazione centrale a livello del midollo può
essere fondamentale come avviene tramite la somministrazione di farmaci per via centrale o allo
stesso modo intervenire dal punto di vista neurochirurgico tramite interventi mirati. È un diritto del
paziente essere curato per il dolore e il dolore deve essere rilevato e registrato. Da ciò deriva
l’importanza di una organizzazione dal punto di vista strutturale, una rete territoriale e ospedaliera di
terapia del dolore per terapie di livello superiore. Fa paura del dolore la non conoscenza dello stesso.
Per controllare la componente emotiva, la reattività personale, bisogna informare il paziente e
associare il dolore a una lesione, una patologia. Il dolore per molti pazienti rappresenta un modo per
manifestare un disagio personale, familiare, una componente emotiva, sociale. Un disagio nascosto
può essere palesato in questo modo. La soglia del dolore però cambia anche in maniera fisiologica.
Non tutti reagiamo allo stesso modo a uno stimolo. Per molti lo stimolo doloroso significa
semplicemente essere avvisati di una componente nociva, per altri no. Anche durante la gravidanza
la soglia del dolore è diversa. Col progredire della gravidanza la soglia del dolore cambia. La donna
si prepara al parto e la soglia del dolore aumenta. L'ultima settimana della gravidanza il dolore viene
avvertito di meno rispetto all'inizio della gravidanza. Quindi cambia la fisiologia ma cambia anche il
contesto. Il dolore cronico può portare a malumore, depressione quindi è importante il supporto
psicologico. È un circolo vizioso perché c'è una connessione tra i centri del dolore e quelli che
controllano l'umore, c'è un problema di carattere neurofisiologico. La depressione influisce
positivamente sull’eccitazione nella trasmissione del dolore per cui chi è depresso soffre di più. Tutto
ciò che può interrompere questo circolo vizioso va adottato sia per quanto riguarda il dolore benigno
che per quello maligno.
“Io non conosco nessuna preghiera più bella di quella che concludeva gli antichi spettacoli teatrali
dell’India. Dice: Possano tutti gli esseri viventi restare liberi dal dolore!”
(Arthur Schopenhauer)