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CIANURO ED ORGANISMI VIVENTI

quattro vie:
 respiratoria,
 dermica,
 congiuntivale
 digestiva.

I sintomi

a) irritazione delle mucose, bruciore alla bocca ed alla faringe


b) mal di testa, nausea, stato confusionale, ansietà
c) nausea, vomito, convulsioni
d) tachicardia, edema polmonare, tensione pettorale
e) alternanza della respirazione veloce con quella lenta e affannosa

Tra queste la STRICNINA, estratta dalla nux vomica, che blocca a


livello spinale l'inibizione del muscolo, aumentando il tono
muscolare. Il superdosaggio può portare convulsioni, e dopo 3-4
crisi convulsive, durante le quali il soggetto è sempre allertato e
supercosciente, sopraggiunge la morte per mancanza di ossigeno a
livello del bulbo (una parte dell'encefalo).

AMFETAMINE ED AMFETAMINO-SIMILI

Nelle sinapsi neuronali, ossia nei punti di contatto fra una cellula
nervosa e un'altra, lungo la trasmissione dell'impulso, troviamo
delle vescicole, nelle quali sono depositate dopamina, adrenalina e
noradrenalina che, liberandosi nella sinapsi, stabiliscono il contatto
fra le cellule nervose. Le sostanze amfetamino-simili stimolano il
rilascio da queste vescicole delle sostanze suddette, per cui all'esame
antidoping si rinvengono nelle urine sia la sostanza assunta
(amfetamina) che quelle liberate, o i loro derivati ( acido
vanilmandelico, metanefrina, normetanefrina) in quantità superiori
a quelle fisiologiche. La cocaina ha effetti analoghi, tanto che le due
sostanze vengono a volte sostituite fra loro dai tossicodipendenti.
L'efedrina, contenuta in molti prodotti da banco per il raffreddore,
se assunta per bocca ha una lunga durata d'azione e produce effetti
sul sistema nervoso centrale (ossia sul cervello) praticamente simili.

Il nocciolo dell'azione di questi farmaci, quello che viene ricercato


da dopati e dopatori, è la liberazione in circolo della dopamina, che
possiede fortissimi effetti psicotici, ossia di alterazione dell'umore,
della personalità e delle capacità di relazione con l'ambiente, al
punto da essere chiamata "l'amina della follia". Il che significa che
possono produrre ( e producono…) stati allucinatori con
comportamento schizofrenico.

Si pensi che le dosi terapeutiche (in passato, dato che al giorno


d'oggi in neuropsichiatria le amfetamine sono sostituite da farmaci
più affidabili) sono di 5-10 mg, in soggetti con il tono dell'umore
depresso. Per un effetto dopante occorrono dosi 10-20 volte
maggiori (fino a 100 mg), su soggetti con tono dell'umore, di
partenza, niente affatto depresso.

Si cominciò ad impiegarla perché produceva uno stati di


iperattività, con aumento delle capacità ideative, miglioramento
del tono dell'umore, riduzione della percezione della stanchezza
(pericolosissimo!): il soggetto diviene capace di un lavoro
quantitativamente molto maggiore, anche se spesso questo lavoro
qualitativamente è più scadente. Ma questo al soggetto non
importa, dato che è di ottimo umore (all'inizio), ed è quindi
soddisfatto anche di risultati mediocri.

Ma vediamo quali altri inconvenienti può portare l'assunzione di


amfetaminosimili:

 aumento della frequenza cardiaca, con possibili aritmie


 aumento del tono vescicale
 aumento dello stato di vigilanza, minor senso della fatica,
maggior sicurezza, euforia che però può sconfinare in stati di
panico
 aumento della temperatura corporea per liberazione di
ormone tiroideo
 diminuzione drastica dell'appetito
 aumento (transitorio) delle prestazioni sessuali, poi impotenza

sonno dilazionato e non ristoratore, perché manca la fase REM


(come noto, il sonno è composto dall'alternarsi di fasi REM e Non-
REM, ossia fasi in cui c'è una attività cerebrale viva, perché si
sogna, e fasi di rilassamento più profondo)

Una intossicazione acuta causa aggressività, panico, spinte suicide,


fibrillazione ventricolare (mortale, per chi non lo sapesse …),
emorragie cerebrali da aumento della pressione arteriosa, con
conseguenze letali, ma anche invalidità permanenti (paralisi).
Ma le amfetamine causano anche dipendenza, e si può giungere
all'intossicazione cronica, divenendo paranoici, con uno stato
psicotico simil-schizofrenico. Si muore per mancanza di sonno,
denutrizione, con sintomi opposti a quelli provocati in un primo
momento dal farmaco: depressione, astenia, impotenza sessuale,
inappetenza.

Elenchiamo le amfetamine di uso più comune:

 Destro-amfetamina
 Metil-amfetamina
 Dimetil-amfetamina
 Etilam-fetamina
 Fenmetrazina (Preludin)
 Fendimetrazina (Plegine)
 Propil-esedrina (Benzedrex)
 Ciclopentamina

Già tra questi farmaci probabilmente qualche nome non risulterà


sconosciuto agli amici sportivi: chi non ha mai sentito di qualche
amico che ha impiegato qualcuno di questi prodotti?

Ma ci sono anche molecole amfetaminosimili: tra queste, molte sono


state impiegate per il loro effetto anoressante (ossia perché
riducono l'appetito, e possono rendere meno difficile seguire una
dieta dimagrante). Per la loro pericolosità , e per la dipendenza che
producono, alcune sono state ritirate dal commercio. Altre le
troviamo associate a farmaci contro il raffreddore, per contrastare
l'effetto sedativo degli antistaminici o per dare vasocostrizione
locale. Attenti, perciò, perché ci si può dopare inconsapevolmente,
anche prendendo per il raffreddore un farmaco per bambini.
Vediamone alcuni:

 Fenfluramina (Ponderal)
 Norfenfluramina
 Benzfetamina (Didrex)
 Metossifenamina (Orthoxine)
 Fentermina (Adipex)
 Mefentermina (Wyamina)
 Efedrina
 Norefedrina (Baby-rinolo, Triaminic)
 Benzefedrina (Novafed)

Come si è detto, l'azione delle amfetamine è una liberazione di


dopamina e di serotonina, contenute nelle cellule nervose, con
effetto psicotomimetico (stato allucinatorio con sindrome
schizofrenica), ma determinano anche una impermeabilizzazione
delle membrane delle cellule nervose, che in tal modo non possono
più riassorbire la noradrenalina, che resta in circolo quindi molto
più del dovuto.

Per capire la potenza di tali farmaci, che per lungo tempo sono
stati assunti in modo incredibilmente incosciente, basti dire che
una "sniffata" di 16 mg di cocaina cloridrato produce un effetto
dell'ordine di durata di minuti; 10 mg di amfetamina danno gli
stessi effetti per ore!!!

Stupefacenti analoghi

Dal corno d'Africa (Somalia, Etiopia) e dal Kenia proviene lo chat,


sotto forma di foglie da masticare fresche.
Il crak invece è cocaina base, non cloridrato; ha un effetto
immediato per via orale, rapido quanto l'iniezione endovena.

FARMACI e PSICOFARMACI
Gli psicofarmaci si distinguono in alcune grandi
categorie  : ansiolitici e ipnoinducenti,
antidepressivi, neurolettici.
I farmaci ansiolitici e ipnoinducenti
La storia

        L’introduzione in terapia delle


benzodiazepine (BDZ) all’inizio degli anni '70
ha portato ben presto ad un progressivo
aumento delle prescrizioni ad uso sanitario di
tali sostanze, sia da parte del medico
generico che dello specialista psichiatra.
L’efficacia delle BDZ nelle più varie condizioni
di ansia, il loro buon effetto ipnoinducente, la
buona tollerabilità, la bassa tossicità e la
scarsa interazione con altri farmaci sono,
indubbiamente i motivi principali di questo
successo clinico e commerciale. A partire
dalla metà degli anni '70, una serie di studi,
stimolati dalla diffusione del consumo di
queste sostanze, hanno incominciato a
valutare sistematicamente le conseguenze
cliniche dell’abuso, dell’uso scorretto, della
dipendenza farmacologica e dei problemi
connessi alla sospensione del trattamento.
           L’assunzione di BDZ, se necessaria,
deve essere fatta sotto controllo medico.
L’uso di tali farmaci deve essere
accompagnato da un adeguato sostegno
morale e/o amicale, dal supporto sociale e
familiare. E’ sempre importante non
miscelare BDZ con altre sostanze o alcol,
perché gli effetti dei primi vengono
potenziati. Se si usano BDZ e poi si vuole
interrompere, è necessario farlo con
gradualità, la temporanea sostituzione può
essere fatta con basse dosi di neurolettici
sedativi, o, in casi particolari, con dosi
inferiori di BDZ la cui emivita sia più lunga.
        Le BDZ hanno sostituito i barbiturici
nella terapia della sintomatologia d'ansia nei
primi anni '60. Oggi infatti i barbuiturici non
sono più usati a questi fini terapeutici,
mentre ancora se ne fa uso nella terapia
dell'epilessia (Gardenale) e nell'induzione
dell'anestesia (Pentothal). I barbiturici e il
relativo abuso costituisce un pericolo molto
grande. Fortunatamente la prescrizione e la
disponibilità dei barbiturici sono oggi molto
più limitate rispetto alla prima metà del
nostro secolo.

 Aspetti clinici (BDZ, barbiturici)

        La classe dei sedativi ipnotici


comprende oltre gli ansiolitici
(benzodiazepine, BDZ) anche i barbiturici.
Alcune di queste sostanze sono inserite in
Italia nelle tabelle ministeriali III e IV (legge
309/90, disciplina delle sostanze
stupefacenti) e richiedono una ricettazione
medica particolare.

classe farmacologica 
principio attivo
barbiturici
(roipnol)
sedativi ipnotici
secobarbital, pentobarbital, amobarbital
benzodiazepine
(tavor, valium, minias, ecc.)
sedativi ipnotici
lorazepam, clorazepato, diazepam, e altri
        I sedativi ipnotici sono utilizzati
terapeuticamente nel trattamento di:
ansia e depressione (BDZ)
ipertensione (BDZ)
epilessia (barbiturici, in particolare
Gardenale)
insonnia (BDZ)
tensione muscolare (BDZ)

      Sono utilizzati anche in pre-anestesia e


in anestesia, possono ritrovarsi associati con
altri farmaci come gli analgesici. La
somministrazione avviene usualmente per via
orale, in forma di compresse, alcuni sono
assunti sotto forma di sospensione liquida.
Sono inoltre disponibili anche forme
iniettabili. Gli effetti dei sedativi ipnotici
consistono in una generale depressione del
SNC, del sistema respiratorio e del sistema
cardio-vascolare. In alcuni casi tali sostanze
inducono una reazione d’ira, durante la quale
la persona diventa violenta e imprevedibile.
Per quanto riguarda il problema dell’abuso e
del cattivo uso delle BDZ è opportuno
sottolineare che il concetto di abuso di un
farmaco è essenzialmente legato atre
situazioni:
il suo utilizzo al di fuori di situazioni
terapeutiche il suo utilizzo a dosi nettamente
superiori a quelle prescritte o
terapeuticamente necessarie il suo utilizzo
per periodi di tempo indefiniti e comunque
non rapportati alle necessità terapeutiche.
        Queste tre condizioni possono
verificarsi nel caso del BDZ con diversa
incidenza. La prima possibilità è molto rara e
si osserva generalmente in un contesto di
abuso di più sostanze. Più frequente, ma
moderatamente, è il verificarsi della seconda
possibilità; la terza possibilità avviene più
frequentemente quale conseguenza di
interventi terapeutici mal programmati.
                La loro capacità di diminuire
l’attività del SNC, accompagnata da un
effetto depressore dell'attività respiratoria, è
dipendente dalla dose assunta. La tolleranza
ai sedativi ipnotici si sviluppa dopo un
prolungato uso quotidiano; la tolleranza agli
effetti psicoattivi si sviluppa più rapidamente
rispetto a quella verso gli effetti depressivi,
tanto che gli abusatori cronici possono
ingerire una dose letale, nel tentativo di
ripetere gli effetti gratificanti della sostanza.
        Il danno prodotto da queste sostanze
viene notevolmente aumentato se sono
assunte da soggetti con una cronica
intossicazione da alcol o da altri sedativi
ipnotici. Queste sostanze potenziano gli effetti
di altre sostanze depressogene in particolare
l’alcol. Dosi individuali non letali di queste
sostanze e alcol possono dare , quando
combinate, una depressione respiratoria
fatale. 

Gli effetti fisiologici dei farmaci sedativo-


ipnotici

I sedativi ipnotici
diminuiscono la trasmissione degli impulsi
nervosi
diminuiscono il tempo di addormentamento
e il sonno REM
diminuiscono la pressione sanguigna e la
frequenza cardiaca
diminuiscono l’ampiezza e il tono delle
contrazioni gastro-intestinali
Gli effetti psicologici dei farmaci sedativi-
ipnotici

        Gli effetti soggettivi di queste sostanze


variano considerevolmente con la dose,
l’ambiente e i tratti di personalità dei
soggetti che le usano. A basse dosi producono
disinibizione, euforia, diminuzione dell’ansia,
visione meno pressante, angosciante e
immediata dei propri problemi. L’assunzione
per via venosa di BDZ, accompagnata da
alcol può produrre uno stato nel quale tutto
passa e il soggetto non si accorge di niente,
non si ha coscienza, non si sa che cosa
succederà e qualsiasi cosa accadrà attorno al
soggetto non verrà vissuta e percepita. 

I segni dell'assunzione di farmaci sedativo-


ipnotici

rallentamento dell’attività mentale e psichica


impossibilità a concentrarsi, confusione
mentale
pesantezza degli arti e instabilità
nell’andatura
stanchezza, difficoltà a parlare
sonnolenza e torpore
rilassamento muscolare
L'intossicazione acuta da farmaci sedativo-
ipnotici

E’ caratterizzata dal recente uso


accompagnato dai seguenti sintomi:
instabilità dell’umore, irritabilità
disinibizione sessuale e aggressività
linguaggio con pronuncia indistinta, loquacità
mancanza di coordinazione motoria
deficit della memoria, dell’attenzione, della
capacità criticacompromissione delle attività
sociali e lavorative 

L'astinenza da farmaci sedativo-ipnotici

        L’astinenza si verifica dopo


l’interruzione di un uso prolungato e massivo
degli ipnotici (barbiturici), o un uso più
prolungato di BDZ. I sintomi d’astinenza
possono apparire in pazienti mantenuti con
dosi terapeutiche di BDZ, dovuti allo sviluppo
di tolleranza alla dose efficace iniziale. La
dipendenza farmacologica è stata
documentata in soggetti trattati con basse
dosi di BDZ per sole sei settimane. Tali effetti
sono aumentati in soggetti con un
compresente alcolismo. L’inizio dell’astinenza
alle BDZ può avere una durata che va dalle
12 alle 14 ore per le BDZ con vita breve, a
3-10 giorni per quelle a lunga durata
d’azione.
        In relazione all’importanza degli eventi
che si hanno con l’assunzione e quando
compaiono convulsione, delirium, psicosi, si
parla di astinenza maggiore, la quale
comporta:
nausea
malessere o debolezza
tachicardia e ipertensione
sudorazione e ipertermia
tremori grossolani delle mani, lingua e
palpebre
ansia diffusa e insonnia iniziale
        L’astinenza può anche essere
complicata da:
dispercezioni o ipersensibilità a stimolazioni
sensoriali (visive, olfattive, acustiche)
da deficit della memoria a breve e a lungo
termine
agitazione psicomotoria
desiderio di assunzione.
        Il principio basilare dell’interruzione
dell’assunzione è sottrarre lentamente il
soggetto al sedativo ipnotico, controllando
attentamente i segni e i sintomi per
assicurare una lenta graduale astinenza.
Bisogna fare anche attenzione alla possibilità
di insorgenza di convulsioni dovuta ad
un’astinenza troppo rapida. Le strategie da
utilizzare sono:
lento scalare della sostanza che da
dipendenza
sostituzione con un agente a lunga durata
d’azione e successiva graduale riduzione. 

I sintomi specifici dell’astinenza da barbiturici

aumento del tono muscolare e contrazione


riflessi tendinei rapidi
anoressia
crampi addominali
pupille dilatate
convulsioni e possibile stato epilettico
psicosi con allucinazioni visive e, meno
frequentemente, uditive
confusione e ideazione paranoica
delirium (specialmente di notte, con
disorientamento spazio-temporale) 

La dipendenza da BDZ

        La dipendenza psicologica è la spinta a


ripetere l’assunzione di una sostanza, a
prescindere dalla sua azione farmacologica
reale e specifica, per rivivere le esperienze e
le sensazioni legate al passato uso della
sostanza e per soddisfare le aspettative legate
alla già sperimentata azione della sostanza
stessa.
        La dipendenza da BDZ è difficile da
quantificare poiché i soggetti possono non
conoscere o non voler ammettere la quantità
di farmaci che stanno assumendo. Inoltre i
soggetti possono diventarne dipendenti e
sviluppare gravi sintomi d’astinenza, anche
dopo un periodo d’uso quotidiano di dosi
terapeutiche di alcune settimane. Nel caso
delle BDZ il fenomeno della dipendenza può
essere così definito: moderata dipendenza
fisica e moderati fenomeni da sospensione
dell’uso, scarsa tolleranza, tendenza ad
un’elevata dipendenza psicologica. Nel
trattamento con BDZ per dosi terapeutiche
si osservano evidenti ma non gravi fenomeni
da sospensioni, non vi è tendenza all’aumento
dei dosaggi, mentre vi è una tendenza a
protrarre il trattamento anche quando non
vi sono ragioni cliniche evidenti che ne
consiglino la prosecuzione.
        Il trattamento della dipendenza da
BDZ dovrebbe essere sempre individualizzato.
Gli effetti sul SNC variano con: dosaggio,
durata d’uso, stato nutrizionale, livello di
dipendenza. Una completa disintossicazione
dalle BDZ può richiedere fino a sei settimane
e i pazienti possono provare: ansia
transitoria, attacchi di panico, desiderio
verso la sostanza fino a sei mesi. In questa
fase possono essere utili sedute di
rilassamento o biofeedback. 

Sindrome da sospensione di BDZ

        E’ il fenomeno più evidente e tende ad


essere maggiore e intenso con la brusca
sospensione, può manifestarsi in forma
attenuata anche nel corso di riduzione
programmata del dosaggio. Si manifesta più
facilmente in seguito a trattamenti
prolungati, oltre i quattro-sei mesi, se sono
state usate dosi mediamente più elevate delle
normali dosi terapeutiche e se vi sono
caratteristiche di personalità del soggetto che
lo predispongano all’assunzione di sostanze
senza indicazione terapeutica.
        La sindrome da sospensione può fare la
sua comparsa non solo in condizioni di abuso
o di cattivo uso di BDZ, ma anche in alcune
condizioni di normale uso terapeutico. Nella
grande maggioranza dei casi l’assunzione di
BDZ a dosi terapeutiche può essere sospesa o
spontaneamente dal paziente o su
indicazione medica con uno scalaggio breve e
senza particolari fenomeni di rimbalzo. Per
quanto riguarda la sintomatologia psicofisica
essa fa in genere la sua comparsa da uno a
sette giorni dopo la sospensione, in rapporto
alla durata di azione della BDZ usata. La
durata della sintomatologia può variare da
una a quattro settimane in rapporto alla sua
intensità e al quadro clinico; i sintomi più
frequenti sono l’insonnia e l’ansia di rimbalzo.
Altri sintomi possono essere: irritabilità,
ipersensibilità sensoriale, palpitazioni, cefalea
e dolori muscolari, sensazioni di caldo e di
freddo. In casi molto rari sono state descritte
crisi di tipo convulsivo, ma solo in seguito alla
brusca interruzione di dosaggi molto elevati. 

Le complicanze generali legate all'assunzione


di BDZ

        Le benzodiazepine possono intervenire


sul normale livello di attenzione e di capacità
di percepire i pericoli e di attivare le difese.
Possono compromettere o eliminare la
capacità di critica e di indirizzo della propria
vita. Le BDZ danno forte dipendenza fisica e
psicologica, sono difficili da scalare, poiché
riaffiorerebbero tutti i problemi per le quali
sono state assunte. Possono dare sonnolenza,
scadimento delle prestazioni psicointelletive,
difficoltà di coordinazione motoria, minor
rendimento nelle attività quotidiane, maggior
rischio di infortuni o incidenti se associate ad
alcol e accentuazione di problemi al fegato.
        L’overdose da benzodiazepine consiste
in coma con depressione respiratoria.
Complicazioni frequenti dell’overdose
comprendono lo shock e aritmie cardiache. 

Gli antidepressivi

La storia

        Agli inizi degli anni ’50, furono


descritte casualmente le proprietà
euforizzanti del iproniazide, principio usato
nella terapia della tubercolosi il quale risultò
poi efficace in pazienti depressi. Dal
iproniazide è derivata una delle principali
classi di antidepressivi: gli inibitorio delle
monoammino ossidasi (IMAO). Poi qualche
anno più tardi Kuhn riconobbe le proprietà
antidepressive dell’imipramina, sintetizzata
da Thile e Holzinger alla fine del XIX secolo e
introdotta all’inizio in terapia psichiatrica
come antipsicotico. Proprio dall’imipramina è
derivata l’altra classe di farmaci
antidepressivi, i triciclici (TCA), così chiamati
per la loro struttura molecolare. Ancora più
di recente, con il progressivo
approfondimento delle conoscenze sul
meccanismo d’azione degli antidepressivi e sui
correlati biologici dei disturbi dell’umore, ai
due raggruppamenti iniziali si sono aggiunte
sostanze a struttura chimica eterogenea,
definiti antidepressivi atipici o di seconda
generazione. Il più noto di questi ultimi è il
Prozac.

 Aspetti clinici

        In generale i cosiddetti antidepressivi


sono psicofarmaci utili nel trattamento della
sintomatologia depressiva. In soggetti che non
presentano disturbi di questo tipo, i farmaci
antidepressivi generalmente non danno alcun
effetto psicologico desiderabile, mentre
possono comportare una generale sensazione
di fatica e alcuni sgradevoli effetti collaterali.
Per questo i farmaci antidepressivi non sono
oggetto di abuso tossicomanico.
        In persone depresse, invece, gli
antidepressivi si dimostrano spesso capaci di
migliorare il tono dell’umore, di sbloccare
l’inibizione psicomotoria tipica del depresso,
di attivare l’appetito e, in qualche caso, di
moderare l’ansia del soggetto.

 Gli antidepressivi triciclici (TCA)

        Questa classe di antidepressivi ha


sostituito quasi per intero gli antidepressivi
IMAO. I TCA sono senza dubbio i farmaci
antidepressivi più usati. L’efficacia
antidepressiva di questi farmaci è stata
ampiamente dimostrata da una serie di studi
clinici effettuati negli ultimi 25 anni. Alcuni
TCA come l’amitriptilina e la doxepina
possiedono una maggiore attività sedativa
rispetto ad altri TCA, infatti vengono
impiegati specialmente negli episodi
depressivi in cui è notevole la componente
ansiosa e/o l’insonnia.
    Nella pratica clinica gli antidepressivi
triciclici più usati sono i seguenti:

 principio attivo
preparati commerciali
amitriptilina
Adepril, Laroxyl, Tripitizol
clorimipramina
Anafranil
desipramina
Nortimil
dotiepina
Protiaden
imipramina
Surplix, Tofranil
maprotilina
Ludiomil
nortriptilina
Noritren, Vividyl 

        Gli antidepressivi triciclici vengono


usualmente utilizzati nella terapia della
depressione, a fronte di una sintomatologia
di questo tipo:
disinteresse, stanchezza, difficoltà a
concentrarsi, pensieri tristi, voglia di
piangere, sensi di colpa
insonnia
perdita dell’appetito
perdita del senso del valore di sé e della
propria autostima, idee di suicidio
        Non si riscontrano significativi
fenomeni d’abuso di questi farmaci, perché il
loro uso massiccio non comporta effetti
psicologici e fisiologici appetibili,
comportando al contrario effetti collaterali
spiacevoli. 

L'intossicazione acuta da antidepressivi


triciclici
        I casi di sovradosaggio di antidepressivi
triciclici possono sfociare in un’intossicazione
acuta, che può essere valutata sulla base della
quantità di farmaco assunta e dei livelli
plasmatici di principio attivo. L’ingestione di
alte dosi di antidepressivi triciclici provoca
una sintomatologia da intossicazione acuta
(vedi sotto) e in alcuni casi anche la morte
(Surplix e Tofranil).

        L’intossicazione acuta da TCA interessa


in particolare il cuore e il SNC, i sintomi
tipici sono:
dilatazione pupillare
agitazione psicomotoria e stato confusionale
disartria e convulsioni
paralisi respiratoria e intestinale
cute secca e arrossata, 
diminuzioni delle secrezione mucosa
gravi aritmie cardiache
coma

        Le interazioni farmacologiche dei TCA


con altri psicofarmaci sono molto pericolose.
In particolare l’interazione fra TCA e
antidepressivi IMAO deve essere evitata per
la possibile insorgenza di convulsioni,
ipertensione arteriosa, colassi cardio-
circolatori, morte improvvisa. Anche
l’associazione di TCA con antiparkinsoniani,
antistaminici, alcuni antispastici, deve essere
evitata. I TCA aumentano inoltre l’effetto
sedativo sul SNC di alcol, barbiturici, BDZ, e
altre sostanze che deprimono il SNC. I TCA
possono anche potenziare gli effetti
farmacologici delle amfetamine e di farmaci
ad attività amfetamino-simile. Sono stati
riportati casi di crisi ipertensiva ed
emorragie cerebrali talvolta fatali nei casi
documentati di tali interazioni
farmacologiche.
        Il trattamento dell’intossicazione acuta
da TCA deve essere sempre effettuato in
un’unità di terapia intensiva, il soggetto
intossicato deve essere quindi accompagnato
il più possibile rapidamente in ospedale.

 Gli antidepressivi di seconda generazione


(atipici)

        Vengono inclusi in questa classe i


farmaci antidepressivi che presentano le
seguenti caratteristiche:

introduzione sul mercato farmaceutico più


recente e in ogni caso successivo a quello della
maggior parte dei TCA più classici
profilo farmacologico, clinico e tossicologico
differente rispetto ai TCA.
Questa categoria di antidepressivi atipici
(eterocicli) raccoglie un gran numero di
molecole, con effetti anche molto diversi.
Come abbiamo già detto, il Prozac è forse
l'antidepressivo atipico più noto. 

Gli inibitori delle monoammineossidasi


(IMAO)

        Gli IMAO sono considerati farmaci


antidepressivi ormai obsoleti, sia perché la
loro efficacia non si è mai dimostrata
superiore a quella dei TCA più conosciuti, sia
perché la loro maneggevolezza e tollerabilità
è decisamente inferiore a quella di altri
farmaci antidepressivi. Questi farmaci, un
tempo largamente utilizzati nel trattamento
della depressione, agiscono con un
meccanismo diverso da quello dei TCA e degli
altri antidepressivi. In Italia è al momento
presente sul mercato soltanto un IMAO, la
tranilcipromina.

 I neurolettici (o antipsicotici)

La storia

        Nei primi decenni del 900 la nascente


ricerca farmacologica individuò un colorante
usato in biologia per colorare le cellule:
l’anilina. Così si trovò che un suo derivato, la
prometazina, possedeva interessanti
proprietà sedative e antiallergiche. La
cloropromazina, derivata dalla prometazina
fu il primo prodotto decisamente efficace nel
trattamento delle psicosi. Henry Laborit
scoprì che questa molecola, inizialmente
usata come sedativo, non era solamente
sedativa (come il Fargan), ma era in grado di
indurre una specie di particolare indifferenza
agli stimoli ambientali senza peraltro alterare
lo stato di vigilanza. Proseguendo nelle
ricerche Delay e Deniker scoprirono come
questo farmaco fosse in grado di migliorare
le condizioni dei pazienti psicotici.
        Oltre all’effetto antipsicotico già a bassi
dosaggi, la cloropromazina (componente dei
neurolettici) è stata a lungo utilizzata per i
suoi effetti antinausea, antivomito,
antivertigine, alcuni tipi di somatizzazione e
di cefalea.
        Grazie all’enorme successo commerciale
della clorpromazina la ricerca dei nuovi
neurolettici era comunque avviata, infatti nel
giro di una decina di anni si giunse
all’individuazione e alla messa a punto di
quasi tutte le maggiori classi di prodotti
antipsicotici di cui disponiamo attualmente.
        La ricerca ci ha portato ora a disporre
di una ventina di diverse fenotiazine,
prodotti assai simili strutturalmente alla
clorpomazina. Oltre alle fenotiazine troviamo
quindi tioxanteni, le dibenzazepine,
butirrofenone, difenilbutilpiperidine ed altre
ancora. Tutti questi farmaci possono
produrre effetti collaterali articolari costituiti
da tremori, rigidità, riduzione della mimica
facciale.

Aspetti clinici

        Gli antipsicotici presentano un’azione


prevalentemente antidelirante e
antiallucinatoria e non sono dei tranquillanti
maggiori "supersedativi", come alcuni
credono. Vengono impiegati prevalentemente
per la terapia della schizofrenia e di altre
manifestazioni psicotiche. Possono essere
somministrati per via orale, intramuscolare,
e per via venosa. Alcuni tra i farmaci più
diffusi in questa categoria sono:

Serenase
Haldol
Largagtil
Moditen
Melleril
Nozinan
Orap

        Assunti a dosaggi adeguati riducono il


delirio, le allucinazioni (le voci), i
comportamenti devianti degli psicotici,
favorendone il reinserimento sociale. Assunti
da un soggetto non psicotico, non producono
uno stato di sedazione quanto piuttosto una
estrema indifferenza agli stimoli ambientali e
un fortissimo appiattimento emotivo. Non
inducono né assuefazione né dipendenza, non
sono particolarmente tossici, ma possono
produrre però importanti e consistenti effetti
collaterali: riduzione della mimica facciale,
rigidità e tremori muscolari simili al morbo
di Parkinson.

 Gli effetti collaterali e tossici dei neurolettici

        L’indice terapeutico dei farmaci


antipsicotici (il rapporto tra la dose
sicuramente tossica o letale e la dose
impiegabile a scopo terapeutico) è in genere
estremamente elevato. Quindi quasi
impossibile che un paziente in buona salute,
possa riuscire a suicidarsi utilizzando
unicamente queste sostanze. L’intento suicida
si realizza quando i soggetti assumono grandi
quantità di farmaci diversi: barbiturici,
antidepressivi, sali di litio, alcool. In tal caso è
utile portare il soggetto in ospedale.
        Gli effetti collaterali, tranne quelli
extrapiramidali sono in genere più fastidiosi
che pericolosi. Gli effetti collaterali più
frequentemente osservati sono: pesantezza
del capo, torpore, debolezza, senso di
svenimento, secchezza della bocca e difficoltà
di accomodazione visiva, impotenza,
stitichezza, difficoltà urinarie,
sensibilizzazione della pelle (alterazione del
colorito e comparsa di eruzioni cutanee),
alterazione del ciclo mestruale, tendenza
all’ingrassamento, aumento della
temperatura corporea, sbalzi di pressione
sanguigna, drammatico calo di globuli
bianchi. Possono accentuare la tendenza alle
convulsioni i pazienti epilettici.
        Si nota un potenziamento reciproco
dell’effetto negativo, quando i neurolettici
vengono amministrati in associazioni con
altri farmaci come gli ansiolitici, gli ipnotici,
droghe come gli oppiacei e l’alcool. Alcuni
antiacidi,, i succhi di frutta, il tea e il caffè
possono ridurre l’assorbimento di molti
neurolettici. Molti neurolettici possono d’altra
parte ridurre l’effetto di alcuni prodotti
anticoagulanti. 

Gli effetti extrapiramidali

        Rigidità dei muscoli e dei movimenti,


mancanza di espressività del volto,
irrequietezza motoria, lentezza o blocco dei
movimenti, movimenti involontari o
semivolontari rapidi simili a tic, lente
contorsioni muscolari della lingua, volto,
collo, il tronco, muscoli della deglutizione e
della respirazione, rallentamento della
ideazione e dei riflessi.

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