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I disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici includono la schizofrenia, il disturbo
delirante, il disturbo schizofreniforme, il disturbo schizoaffettivo e il disturbo di personalità schizotipica.
Ciò che accomuna queste patologie sono i deliri, le allucinazioni, il pensiero e l’eloquio disorganizzato, il
comportamento motorio anomalo (inclusa catatonia), i sintomi negativi (anedonia, alogia, asocialità,
ridotta espressione delle emozioni, abulìa).
La schizofrenia è il più importante e grave disturbo psichiatrico. La prevalenza è quasi dell'1%. Tende ad
esordire in età adolescenziale e giovanile e spesso cronicizza, mantenendosi nel tempo. La malattia
danneggia in modo variabile le abilità cognitive, affettive e sociali del soggetto; può compromettere
gravemente l’autonomia del paziente.
Si ritiene che
• I sintomi positivi della schizofrenia siano il risultato dell'iperattività della via dopaminergica
mesolimbica che attiva i recettori D2
• I sintomi negativi sembrerebbero derivare da una diminuita attività della via dopaminergica
mesocorticale dove predominano i recettori D1
Esiste una stretta correlazione tra la potenza degli antipsicotici nel ridurre i sintomi positivi e la loro attività
di blocco dei recettori D2, infatti si è visto che l'effetto terapeutico richiede l'occupazione di circa l'80% dei
recettori D2.
Nei pazienti schizofrenici le altre vie dopaminergiche presenti nel cervello (ossia la via nigrostriatale e la via
tuberoinfundibolare) sembrano funzionare normalmente.
Nuove evidenze riportano che i sintomi della schizofrenia possono essere dovuti a una riduzione della
funzione dei recettori NMDA del glutammato, con effetti complessi:
• Riduzione dell'attività della via mesocorticale (sviluppo di sintomi negativi)
• Aumento dell'attività della via mesolimbica (sviluppo di sintomi positivi)
Diagnosi differenziale
Disturbo schizofreniforme: quadro sintomatologico equivalente, ma durata compresa tra 1 e 6 mesi. Non c’è
deterioramento funzionale. La diagnosi iniziale è sempre di disturbo schizofreniforme; se la patologia persiste oltre i
6 mesi si può fare diagnosi di schizofrenia
Disturbo delirante: presenza di deliri da almeno 1 mese; assenza di altri sintomi della fase attiva della schizofrenia
Disturbo psicotico breve: sintomi psicotici per almeno 1 giorno ma meno di 1 mese; guarisce
Depressione: difficile specialmente all’esordio di una schizofrenia a sintomi negativi
Malattie neurologiche: epilessia, encefaliti, tumori cerebrali, corea di Huntington, malattia di Wilson
La distinzione tra farmaci di prima e di seconda generazione non è chiaramente definita, ma si basa su:
• Profilo recettoriale
• Incidenza degli effetti collaterali extrapiramidali (minori nel gruppo di 2 a generazione)
• Efficacia nei pazienti resistenti al trattamento (specie clozapina)
• Efficacia contro i sintomi negativi (maggiore nel gruppo di 2 a generazione)
EFFICACIA CLINICA
L'efficacia clinica degli antipsicotici nel permettere ai pazienti schizofrenici di condurre vite più normali è
stata dimostrata in molti studi controllati. L'introduzione degli antipsicotici negli anni '50 cambiò
radicalmente la psichiatria e l'atteggiamento pubblico e professionale nei confronti delle malattie mentali.
La clorpromazina fu il primo psicofarmaco per la cura di malattie mentali, entrato in uso nel 1953.
Gli svantaggi degli antipsicotici attualmente utilizzati sono diversi:
• Incompleta risposta terapeutica -> non tutti i pazienti schizofrenici rispondono alla farmacoterapia
• Buon controllo dei sintomi positivi, scarsa efficacia per i sintomi negativi e cognitivi
• Effetti collaterali motori, endocrini e sedativi; possibili effetti proaritmici.
Gli antipsicotici atipici hanno superato tali problemi soltanto in maniera parziale.
Dunque si comprende bene il motivo per cui farmaci antagonisti del recettore 5-HT2A e del recettore D2
come OLANZAPINA e RISPERIDONE risultano efficaci nel ridurre i sintomi positivi, migliorare i sintomi
negativi e dare meno effetti collaterali extrapiramidali, rispetto agli antagonisti del recettore D2.
ASPETTI FARMACOCINETICI
La relazione tra concentrazione plasmatica ed effetto clinico dei farmaci antipsicotici è altamente variabile e
il dosaggio deve essere aggiustato basandosi sull'osservazione del risultato ottenuto.
Ciò viene reso ancora più difficile dal fatto che una grossa fetta dei pazienti psicotici non si attiene allo
schema posologico prescritto.
La maggiorte degli antipsicotici ha emivita compresa tra 15 e 30 ore e il metabolismo dipende interamente
dalla trasformazione epatica (reazioni ossidative e di coniugazione tramite il sistema dei citocromi P450).
Sono disponibili, oltre alle classiche formulazioni per os o IM (in urgenza), formulazioni a lento rilascio, in
cui il farmaco è esterificato con acido eptanoico o decanoico o in olio. Il preparato si somministra per via
intramuscolare e il farmaco agisce per 2-4 settimane. Sono preparazioni ampiamente utilizzate per
minimizzare i problemi legati alla scarsa compliance dei pazienti psichiatrici.