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Recettori Pt. 1
Per qualsiasi dubbio si può contattare la Professoressa ai seguenti recapiti: cristina.perrotta@unimi.it tel: 02
50319686
Di fatto la maggior parte dei farmaci funziona per interazione con un recettore, pur esistendo delle eccezioni
come ad es. il Maalox, un antiacido con effetto tampone. Oggi vedremo una breve introduzione sulle tipolo-
gie di recettori e poi andiamo a vedere più nello specifico le classi di recettore.
Farmaco
- Definizione storica di farmaco: secondo Ippocrate, è definito farmaco qualsiasi molecola in grado di an-
dare a modificare lo stato esistente dell’organismo, cioè andare a causare delle modificazioni funzionali.
In questa definizione non c’è alcuna accezione di cura: il farmaco non è inteso solo come medicamento
ma anche come sostanza tossica. Anche nell’accezione odierna di farmaco come sostanza usata per curare
una patologia o trattarne i sintomi, questi possono diventare delle sostanze tossiche soprattutto quando
somministrati a dosi elevate (vedremo bene questi concetti nella lezione di tossicologia)
- Definizione dell’OMS: qualsiasi sostanza chimica o prodotto utilizzato per modificare funzioni fisiologiche
o stati patologici a beneficio del paziente.
Oggi non abbiamo solo farmaci di sintesi chimica come aspirina o paracetamolo (che sono piccole mole-
cole chimiche prodotte in laboratorio) ma abbiamo anche altri tipi di farmaci: prodotti biologici come
anticorpi, proteine come l’insulina, farmaci biotecnologici che vengono prodotti grazie alla tecnologia del
DNA ricombinante, acidi nucleici (e che quindi possono consistere in piccoli oligonucleotidi), vettori virali
utilizzati nella terapia genica all’interno dei quali si va a inserire il gene che vogliamo sostituire, ma anche
cellule modificate che si utilizzano nelle terapie avanzate. Dunque, si definisce farmaco non solo una
sostanza chimica ma anche biologica che viene utilizzata per modificare le funzioni fisiologiche o stati
patologici: si tratta dunque di una qualsiasi molecola dotata di attività biologica, che espleta andando a
interagire con dei recettori.
Conoscere il meccanismo d’azione dei farmaci, quindi conoscere il bersaglio molecolare, consente di:
1. Definire le basi logiche all’intervento terapeutico secondo lo schema: Conoscenza della causa di malattia
e delle conseguenze sul funzionamento dell’organo/sistema/individuo → Progettare un intervento che sia
diretto a bloccare/limitare/eliminare la causa e/o sollecitare risposte compensatorie e valutare la qualità
della terapia/diagnosi.
2. Prevedere gli effetti indesiderati per monitorarli/evitarli all’interno del processo terapeutico: questo è
importante quando un farmaco ha come target un recettore che è espresso non solo lì dove ci interessa
per il trattamento della patologia, ma anche altrove, così da prevedere l’effetto del farmaco nell’altra
zona. Ad esempio, parlando dell’acido acetilsalicidico, ma anche di un qualsiasi altro FANS (ibuprofene,
ketoprofene, diclofenam… tutti farmaci usati quasi quotidianamente e che non necessitano di prescri-
zione medica a determinati dosaggi), hanno come bersaglio la ciclossigenasi2 COX2 (enzima della cascata
dell’acido arachidonico che catalizza la formazione delle prostaglandine, molecole coinvolte nell’infiam-
mazione, nel dolore…), senza essere per la maggior parte tuttavia selettivi, andando ad agire anche sulla
COX1, che è quella costitutiva e che è espressa anche nella parete gastrica, dove è fondamentale per la
produzione della mucina e dunque per proteggere le cellule dal pH acido. Quindi somministrando un FANS
in maniera cronica ho un’elevata probabilità che quel paziente possa avere problemi di gastrite, fino a
ulcera gastrica e sanguinamento. Prima questa associazione la vedevo tramite la clinica, ora la conosco
tramite il meccanismo molecolare.
3. Associare farmaci in politerapia: come vedremo nella lezione sull’interazione tra farmaci, queste possono
essere positive o negative. Con interazione positiva si intendono quelle situazioni in cui, associando più
farmaci nel trattamento di una patologia, ho una miglior efficacia della terapia stessa; questo permette
spesso di ridurre il dosaggio del singolo farmaco evitando gli effetti avversi. Un esempio classico è il trat-
tamento dell’ipertensione: il pz prende 2/3 pillole diverse, che possono anche essere un’associazione di
più farmaci diversi; i farmaci in questione appartengono a classi diversi e hanno meccanismi d’azione
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diversi, perché in questo modo ho un sinergismo (di solito si usa un farmaco che agisce a livello renale, un
altro che agisce a livello dei vasi o del cuore...). Questo mi è utile anche per evitare di fare delle associa-
zioni che non vanno bene, come farmaci in politerapia che magari hanno lo stesso evento avverso, perché
così aumenta la probabilità che si verifica.
Recettori
Definizione farmacologica di recettore: macromolecola biologica a cui il farmaco si lega in maniera più o
meno specifica (i farmaci non sono poi così selettivi) e di cui modifica la funzione biologica; può agire come:
agonista, antagonista, agonista parziale, agonista inverso ecc.
Classicamente i recettori dei farmaci sono proteine e la maggior parte dei farmaci agisce sui recettori classici
di sostanze endogene: recettori che si trovano sulla membrana cellulare o intracellulari e che rispondono a
segnali extracellulari, ma anche enzimi (FANS e ACE-inibitori), canali ionici, proteine trasportatrici (ad esem-
pio inibitori del reuptake della serotonina che agiscono sul SERT e sono utilizzati nella depressione), acidi
nucleici (chemioterapia classica) o i nucleotidi antisenso (questi vanno a interagire con uno specifico mRNA
per appaiamento della sequenza e ne modificano la traduzione agendo ad es. sul sistema di splicing per mo-
dificare il prodotto proteico o bloccando proprio la produzione della proteina; esempi di questi sono utilizzati
nel trattamento della distrofia di Douchenne dal 2016 in poi per rallentarne la progressione, per questa pa-
tologia si sta anche provando a fare una terapia genica con vettori virali). Un esempio è rappresentato dai
vari livelli della sinapsi.
A livello della sinapsi possiamo infatti agire:
• Sulla sintesi del neurotrasmettitore: un caso in cui aumento la sintesi del neurotrasmettitore è il
Parkinson (in cui sono colpiti i neuroni dopaminergici): somministriamo levodopa per aumentare la
sintesi di dopamina (il motivo per cui somministro L-DOPA e non direttamente la dopamina è che
solo la prima supera la barriera emato-encefalica).
• Inibendo la sintesi del neurotrasmettitore: un esempio è il trattamento del feocromocitoma: usiamo
l’alfametiltirosina in quanto l’adrenalina deriva (tramite la via di sintesi delle catecolamine) dalla ti-
rosina.
• A livello delle vescicole sinaptiche: inibendo il trasportatore che porta il neurotrasmettitore nella
vescicola sinaptica o stimolando il rilascio della dopamina, usando sostanze che stimolano la fusione
della vescicola con la MP e quindi il rilascio di neurotrasmettitore (come con le anfetamine, che sono
degli stimolanti).
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• Sui recettori: nella sinapsi dopaminergica sono presenti dei recettori D2 della dopamina, posso uti-
lizzare dei farmaci che vadano a mimare la dopamina e che quindi agiscono come agonisti (un esem-
pio è l’apomorfina per il trattamento del Parkinson) piuttosto che degli antagonisti che invece bloc-
cano il recettore (come gli antipsicotici di prima generazione ad es. aloperidolo, usato per il tratta-
mento della schizofrenia).
• A livello del trasportatore che porta la dopamina all’interno del neurone dallo spazio intersinaptico.
Un esempio di questo sono gli inibitori del reuptake della dopamina come la cocaina, anfetamine o
il metilfenidato (che è il farmaco di prima scelta per il trattamento dell’ADHD).
• Andando a bloccare la degradazione della molecola della dopamina, così da aumentare il più possi-
bile i suoi livelli. Questo si ottiene inibendo la monoamminossidasi o le catecolmetiltransferasi, che
sono i due enzimi che vanno a degradare le monoammine in generale, andando ad agire su diversi
neurotrasmettitori, come ad es. locoarginina (inibitore di monoamminossidasi di tipo A, che tuttavia
ormai sono utilizzate poco nella depressione ma sono stati i primi farmaci ad essere usati per il suo
trattamento) e selegilina e rasagilina, farmaci inibitori delle monoamminossidasi di tipo B usati per il
trattamento del Parkinson;
Farmacologicamente possiamo quindi agire, perlomeno in teoria, su tutti i livelli (poi non è detto che funzio-
nino realmente in vivo sull’uomo)
Molti dei farmaci agiscono su recettori cellulari, quindi sui recettori classici di sostanze endogene, e da ciò
deriva la definizione biologica di recettore: il recettore è una proteina che si trova a livello della membrana
plasmatica (recettore di membrana nella maggior parte dei casi) o all’interno della cellula (recettore intra-
cellulare), che riconosce una sostanza endogena (che è il ligando) o esogena (ovvero il farmaco), e a seguito
del riconoscimento provoca una risposta biologica all’interno della cellula. Sono quindi quelle proteine che
ci servono per trasdurre il segnale extracellulare all’interno della cellula.
In passato, quando non si avevano gli strumenti per valutare il target molecolare di un farmaco, si andavano
a valutare i suoi effetti in base alle manifestazioni cliniche: ad es. nel caso dei farmaci che funzionavano per
la depressione, questi in origine servivano al trattamento della tubercolosi, e si è visto che i pz che li assume-
vano erano particolarmente contenti, si è quindi provato ad usarli per il trattamento della depressione ed
effettivamente erano efficaci (oggi non si utilizzano più perché hanno un profilo di sicurezza piuttosto com-
plicato). Questi recettori sono già presenti naturalmente nelle cellule dell’organismo e sono il target di molte
sostanze endogene, come fattori di crescita, neurotrasmettitori, ormoni ed altre sostanze di origine endo-
gena.
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Secondi messaggeri
Molti recettori hanno inoltre un meccanismo di trasduzione che implica la formazione di secondi messaggeri,
piccole molecole idro o liposolubili, che vanno ad agire su altre proteine bersaglio modificandole o stimolan-
done/inibendone l’attività. La loro caratteristica è che hanno una vita molto breve, perché la trasduzione del
segnale deve avere una durata limitata nel tempo. Se dei segnali si prolungano nel tempo, spesso queste
attivazioni sono deleterie: l’esempio classico è l’attivazione costitutiva dei fattori di crescita che è alla base
della proliferazione tumorale.
I secondi messaggeri sono pertanto finemente regolati.
Risposta cellulare
Gli stimoli a cui possono rispondere le cellule sono vari, inoltre, le cellule possono rispondere ad essi in vari
modi, in base al ligando, al recettore e alla cellula bersaglio. Abbiamo quindi:
- Eccitamento: es. propagazione dell’impulso nervoso in risposta ai neurotrasmettitori;
- Modificazione del metabolismo: es. alterazione del metabolismo del glicogeno in risposta all’insulina o
del glucagone;
- Modificazione dell’espressione genica: es. sintesi di immunoglobuline in risposta a citochine, che avviene
per interazione citochina-recettore e poi trasduzione del segnale fino alla modificazione dell’espressione
genica;
- Crescita, divisione (mitosi) e differenziamento: in risposta a fattori di crescita, piccole molecole che
vanno a stimolare la proliferazione, il differenziamento;
- Morte cellulare programmata (apoptosi): causata da specifici fattori di morte, che vanno a interagire con
recettori posti sulla membrana plasmatica e scatena una serie di eventi che portano alla morte fisiologica
della cellula, l’apoptosi.
Ci sono poi dei neurotrasmettitori che possono agire sia a livello di recettori canali che di metabotropici,
perciò, in base a dove agiscono, possono dare luogo a risposte più o meno rapide. Ad es. l’acetilcolina, può
agire sia a livello dei recettori canale nicotinici (la nicotina mima l’acetilcolina nel legame al recettore), sia
con recettori metabotropici muscarinici (non bersaglio della muscarina, una tossina che si trova nell’amanita
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muscaria); anche il GABA può legarsi a un recettore ionotropo o metabotropico, possono trovarsi talvolta
anche sulla stessa cellula, ma il più delle volte sono su cellule diverse; stesso discorso per glutammato e
serotonina, che ha un solo tipo di recettore canale (dei 7 in totale), il tipo 3, mentre tutti gli altri sono meta-
botropici.
Ovviamente ci sono anche altri tipi di recettori, meno noti, ma che stanno diventando importanti per la far-
macologia.
Esistono neurotrasmettitori che possono agire sia a livello di recettori canale che a livello di recettori meta-
botropici:
RECETTORI CANALE
I recettori canale (o canali ionici ligando-dipendenti o recettori ionotropi) sono delle grosse macromolecole
di membrana, generalmente glicoproteine, costituite da diverse subunità che si organizzano all’interno della
membrana in modo tale da costituire un canale ionico, attraverso il quale possono passare anioni o cationi,
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sotto stimolo del ligando (di solito neurotrasmettitore) che fa aprire il canale. Sono dei recettori rapidi (1.2
ms) e sono espressi in tutti i tipi cellulari ma soprattutto nelle cellule nervose, dove sono importanti per
regolare la trasmissione dell’impulso nervoso, e si possono trovare sia a livello post-sinaptico nella cellula
bersaglio che a livello presinaptico, dove di solito la funzione è quella di regolare il rilascio del neurotrasmet-
titore prodotto dal neurotrasmettitore (che possono essere gli stessi neurotrasmettitori che si legano al re-
cettore oppure un altro tipo di neurotrasmettitore), spesso si tratta di meccanismi a feed-back negativo.
La maggior parte possono essere definiti dei recettori eccitatori, in quanto facendo passare dei cationi deter-
minano una depolarizzazione della cellula, tuttavia ne sono presenti un paio che sono permeabili agli anioni,
come quello GABAergico e glicinergico, che determinano iperpolarizzazione.
Classificazione
i recettori sono stati classificati in base
alla loro struttura. Generalmente sono
eteropolimeri costituiti da quattro o cin-
que subunità disposte a cerchio, che si
possono presentare in moltissime va-
rianti. L’analisi strutturale permette di
classificarli in quattro famiglie:
A. Famiglia dei recettori Cys-Loop: ha
come prototipo il recettore nicoti-
nico per l’acetilcolina (nAchR) ed il
recettore per il GABAA;
B. Famiglia dei recettori ionotropi per
l’acido glutammico (iGluR);
C. Recettori canale aperti da nucleo-
tidi ciclici (cAMP e cGMP): il ligando
è prodotto all’interno della cellula e
quindi il sito di legame si trova nella
porzione citoplasmatica del recet-
tore;
D. Recettori canale purinergici (P2x): recettori per ATP, ADP e adenosina.
C. e D. non verranno approfonditi, sappiate solo che esistono e che, mentre le prime due classi e la quarta
hanno la porzione di legame posta nel versante extracellulare, quelli per i nucleotidi ciclici hanno il sito di
legame a livello intracellulare. Ha lasciato delle diapositive in più di approfondimento.
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Si distinguono:
• Recettore nicotinico muscolare
- Elevata espressione nella placca neuromuscolare: 50 milioni;
- Pentamero: 2α1, β1, δ, γ o ε (nel muscolo adulto la subunità ε sostituisce la γ);
- Elevata affinità per l’α-bungarotossina, una tossina presente nel veleno del cobra reale, che si va a
legare al recettore muscolare per l’acetilcolina, che in vitro ne ha permesso identificazione, purifica-
zione e isolamento (è probabilmente il recettore più studiato in assoluto);
- Permeabile solo al Na+ : dopo il legame dell’acetilcolina al recettore, il sodio entra all’interno della
cellula e questo determina una serie di eventi che portano al rilascio di Ca2+ dagli store intracellulari,
che poi media la contrazione muscolare.
• Recettore nicotinico neuronale
- Pentameri formati solo da subunità α e β, con diversa stechiometria
- a livello dell’SNC, l’eterodimero più presente è la 2α4 e 3β2, ed è quello su cui agisce prevalente-
mente la nicotina.
- Sono presenti anche delle varianti in cui ad es. è sostituita una beta2 con una alfa5
• Recettore nicotinico gangliare
- La principale isoforma è 2α3, 3β4;
- Permeabile al Na+ o al Ca2+;
- Poco o per niente sensibile alla bungarotossina
• Esiste un recettore particolare, costituito solo da subunità alfa7, che si trova sia a livello centrale che
dei gangli, e che a differenza degli altri ha alta affinità per la bungarotossina.
Le isoforme diverse sono importanti in quanto sono espresse in regioni diverse e hanno funzioni differenti, e
anche a livello farmacologico possiamo avere affinità differenti. Potranno esserci differenze per quanto con-
cerne l’affinità per la bungarotossina piuttosto che differenti permeabilità ioniche (solo Na+, piuttosto che
Na+ e Ca2+).
nAchR muscolare
È una grossa molecola transmembrana (PM circa 280 kDa). Le 5 subunità sono costituite ciascuna da 4 alfa-
eliche (M1 M2 M3 M4), delle sequenze idrofobiche che attraversano il doppio strato fosfolipidico della mem-
brana e sono disposte in modo tale che la sequenza M2 affacci sul canale, andando dunque a rivestire il poro
e risultando fondamentale nel determinare le caratteristiche del canale. Le 5 subunità sono disposte ai vertici
di un pentagono, in cui tra due subunità α è interposta una subunità γ.
Inoltre, sia l’estremità N-terminale, sia quella C-terminale si trovano nel mezzo extracellulare. Le subunità
formano al proprio interno un imbuto che inizia con un diametro di 20-25 Å e poi si restringe progressivamente
fino ad un diametro critico di 9-10 Å, localizzato quasi al centro della membrana. Qui, i domini affacciati delle
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5 subunità (segmenti M2) costituiscono il gate del canale che, aperto dall’Ach, può permettere il passaggio
degli ioni.
Porzione citoplasmatica
Oltre a questa selezione dovuta alla porzione extracellulare, esiste anche un meccanismo sul versante intra-
cellulare: di per sé, infatti, il canale permetterebbe il passaggio anche a cationi un po’ più grossi rispetto a
Na+, Ca2+ in entrata o K+ in uscita. La porzione citoplasmatica del recettore forma una sorta di coperchio,
formato dalle estremità citosoliche delle 5 subunità, che lascia liberi solo due piccoli pori (circa 8x15 Å). Que-
sti non ostacolano il transito degli ioni, ma possono impedire il passaggio a particelle di maggior diametro
cariche positivamente.
Nella porzione citoplasmatica sono inoltre presenti dei residui amminoacidici che possono subire modifica-
zioni post-traduzionali da parte di proteine intracellulari come le kinasi, che modificano la stabilità, la fun-
zione e la sensibilità del canale:
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- Fosforilazione da parte della proteina chinasi A (attivata dal cAMP): è una serina-treonina-chinasi che pro-
duce un aumento delle aperture spontanee del recettore (stimola il recettore all’apertura);
- Fosforilazione da parte della proteina chinasi C: aumenta la velocità con cui il recettore si desensitizza;
- Fosforilazione da parte delle tirosin-chinasi: regola la concentrazione dei recettori nella membrana postsi-
naptica, dunque il trafficking di recettore (se ne ho troppo faccio selezione negativa).
I siti di legame per la molecola del GABA sono due tasche situate
all’interfaccia tra una subunità α e una subunità β. L’attivazione del
canale richiede il legame contemporaneo e cooperativo di due mo-
lecole di GABA.
La caratteristica più rilevante del GABAAR è la selettiva permeabilità
agli ioni Cl- (quindi è un recettore anionico!) e la sua attivazione si
associa quindi a una depressione (iperpolarizzazione della mem-
brana plasmatica e allontanamento dalla soglia per lo sparo del
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potenziale d’azione) dell’SNC. Ad ambedue le aperture del canale,
infatti, sono presenti amminoacidi portatori di cariche positive.
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Struttura molecolare
La struttura molecolare degli iGluR differisce sensibilmente dal “modello” degli nAchR.
La prima differenza è che sono formati dall’assemblaggio di 4 subunità (ciascuna con 4 regioni idrofobiche
M1-M4), anziché 5. In ogni subunità il secondo tratto idrofobico (M2), dopo essere entrato nella membrana
dal versante citoplasmatico, si riflette formando un’ansa (una specie di “regione P”) e ritorna nel citoplasma
senza averla completamente attraversata. Questo mancato attraversamento fa sì che le subunità degli iGluR
possiedano solo 3 segmenti transmembranari e che l’estremità C-terminale dell’intera catena amminoacidica
sia rivolta verso il mezzo intracellulare (e non verso il mezzo extracellulare, com’è di regola per gli altri recet-
tori ionotropi). Le lunghe catene polipeptidiche degli iGluR si sviluppano prevalentemente nel mezzo extra-
cellulare, dove le estremità N-terminali e le anse di collegamento S3-S4 delle quattro subunità s’intrecciano
tra loro a formare un enorme “gomitolo”, all’interno del quale si trova il sito di legame per il neurotrasmetti-
tore.
Classificazione
Tra i diversi tipi di iGluR si distinguono due sottofamiglie, in base alla loro sensibilità a diversi composti mi-
metici o antagonisti del neurotrasmettitore naturale (acido glutammico):
a. Recettori NMDA: così denominati perché attivati dall’acido N-Metil-D-Aspartico.
b. Recettori non-NMDA: insensibili all’NMDA. Tale sottofamiglia è suddivisa ulteriormente in due gruppi:
- Recettori attivati dall’AMPA (acido 6-Amino-3-idrossi-5-metil-4-isossazol-propionico);
- Recettori attivati dall’acido Kainico o kainato (KA).
Spesso, nella stessa sinapsi (eccitatoria) possono essere contemporaneamente presenti sia i recettori NMDA
che gli AMPA e kainato; si dice allora che essi sono “co-localizzati”.
I recettori per l’acido glutammico possono essere formati dall’assemblaggio di molti tipi di subunità, che
possiamo osservare nelle seguenti tabelle.
Recettori non-NMDA
I recettori non-NMDA sono formati da subunità denominate GluA
(AMPA) e GluK (Kainato):
- L’assemblaggio di GluA1, 2, 3 e 4 dà luogo alla sottofamiglia
dei recettori AMPA;
- L’assemblaggio di GluK1, 2, 3, 4 e 5 produce la sottofamiglia
dei recettori kainato. GluK4-5 sono subunità accessorie.
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Recettori NMDA
recettori NMDA sono formati da subunità denominate GluN o
NR (“NMDA Receptor”). Queste possono appartenere a 5 tipi
diversi: NR1, 2A, 2B, 2C e 2D. La molecola del recettore NMDA
contiene sempre almeno un esemplare della subunità NR1, as-
sociata in modo caratteristico, nelle diverse parti del cervello,
con un particolare tipo di subunità NR2.
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droga dissociativa. Deve essere perciò utilizzata in un contesto ospedaliero controllato e il suo utilizzo
è generalmente sconsigliato. Viene usata nelle situazioni estreme;
- Fenciclidina (PCP-angeldust): viene sviluppata anch’essa come anestetico, ma ha grossi effetti a livello
centrale come dissociazione ed allucinazione, pertanto, non è più approvata come farmaco e viene
utilizzata come droga. In generale molte sostanze oggi utilizzate come droghe sono state sviluppate
come farmaci, ad es. l’eroina (si cercava di migliorare la performance della morfina, ma aveva un mag-
gior potenziale d’abuso);
- Destrometorfano (antitussivo): la maggior parte degli sciroppi sedativi della tosse secca venduti senza
prescrizione medica (Bisolvon o Levotuss) sono a base di destrometorfano, una molecola con una strut-
tura simile alla codeina, ma a differenza di questa ha solo effetto antitussivo, non analgesico. Il destro-
metorfano è definito una “dirty drug” poiché ha diversi bersagli molecolari e, dunque, non è molto
specifico. Agisce sul recettore NMDA del glutammato e, ad alte dosi (200 mg), dà effetti dissociativi
simili a quelli della ketamina e della fenciclidina; non è indicato per i bambini al di sotto dei 12 anni
proprio per questo effetto e bisogna fare attenzione perché in alcuni casi viene utilizzato come droga,
data la facile accessibilità; parte poco chiara alla registrazione, riporto da sbobina dello scorso anno:
- Memantina: ha bassa affinità, è usata nel trattamento dell’Alzheimer. Anche per il Parkinson c’è un
farmaco molto simile, l’amantadina, i cui effetti non sono particolarmente sorprendenti; si tratta di
farmaci per il trattamento dei sintomi e non curativi.
b. Antagonisti del recettore AMPA:
- Perampanel (antiepilettico): nell’epilessia ho una disregolazione del sistema a favore della compo-
nente glutammatergica rispetto a quella colinergica, di conseguenza vado ad agire sul recettore del
glutammato con un antagonista. Il farmaco è stato approvato nel 2015, è però stato recentemente
approvato anche nell’epilessia infantile;
c. Agonisti del recettore Kainato:
- Acido domoico (tossina presente in un’alga): nel 1987 ha dato problemi in Canada, Prince Edward,
perché questa diatomea (alga) ha colonizzato delle cozze che venivano pescate determinando una sin-
tomatologia caratterizzata da dolori addominali, diarrea, degenerazione neuronale (amnesia e de-
menze).
Desensitizzazione
Perdita della capacità, da parte del recettore, di rispondere all’agonista, che può essere il ligando endogeno
o il farmaco, nonostante la sua continua presenza.
- Desensitizzazione omologa: nella maggior parte dei canali, il ligando stesso stimola la perdita di sensibilità
all'agonista;
- Desensitizzazione eterologa: l'attivazione prolungata di un sistema recettoriale può indurre la desensitiz-
zazione di un altro sistema recettoriale presente sulla stessa membrana e che utilizza lo stesso meccani-
smo di attivazione del segnale oppure gli stessi effettori (tipica soprattutto dei recettori accoppiati a pro-
teine G).
Alcuni farmaci sfruttano proprio questo meccanismo, come la succinilcolina, per svolgere la propria funzione
di miorilassante
Esempio – Acetilcolina
Per i recettori ionotropi, i possibili stati funzionali in cui il recettore può trovarsi sono in equilibrio tra loro
(dunque possono interconvertirsi) e sono:
- A riposo: chiuso quando l’acetilcolina non è legata;
- Attivo: aperto, permette il passaggio degli ioni quando l’acetilcolina è legata;
- Desensitizzato: l’acetilcolina è legata, ma il canale è chiuso.
È la stessa acetilcolina che sposta l’equilibrio tra le varia forme: quando l’acetilcolina rimane per troppo
tempo a livello della placca neuromuscolare, la molecola stimola il recettore a richiudersi, e resta legata al
canale. Il passaggio da desensitizzato a resting, che permette una nuovo legame all’acetilcolina e la successiva
apertura del canale, è dato dal distacco della molecola dal recettore (legame debole e reversibile).
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Lo stato desensitizzato viene stimolato dallo stesso neurotrasmettitore; in questo stato l’acetilcolina legata
al recettore fa sì che comunque il canale si chiuda. Questo avviene quando l’Ach è molto presente nello
spazio intersinaptico e c’è un continuo legame al recettore. Una volta che questa è stata rimossa, per esempio
grazie all’acetilcolinesterasi, il recettore torna nello stato a riposo chiuso.
L’Ach stabilizza il recettore nello stato desensitizzato. La membrana postsinaptica della giunzione neuromu-
scolare si depolarizza in pochi secondi e poi ritorna al potenziale di riposo, ma non risponde per la presenza
dell’agonista.
La succinilcolina è un miorilassante particolare, in quanto agonista del canale per l’acetilcolina (ne mima gli
effetti). La succinilcolina, dunque, si lega al canale e lo fa aprire spostandolo verso lo stato desensitizzato,
durante il quale ho il rilassamento. Quando si somministra succinilcolina si hanno quindi delle rapide fascico-
lazioni dovute all’apertura del canale, e successivamente il rilassamento muscolare; la succinilcolina rimane
legata più a lungo dell’acetilcolina (che resta per qualche millisecondo), ma comunque si tratta di un breve
lasso di tempo, qualche minuto.
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