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La maggior parte dei farmaci agiscono tramite effetti sulla trasmissione sinaptica:
sono detti antagonisti i farmaci che inibiscono gli effetti post-sinaptici e agonisti
quelli che lo facilitano.I neurotrasmettitori sono sintetizzati e immagazzinati nelle
vescicole sinaptiche che si agganciano alla membrana pre-sinaptica.Quando l’assone
scarica i canali voltaggio-dipendenti del calcio si aprono e fanno entrare gli ioni
calcio.Questi danno inizio al rilascio dei neurotrasmettitori che si legano ai recettori
postsinaptici causando l’apertura di canali ionici che possono produrre potenziali
post-sinaptici eccitatori o inibitori.Gli effetti dei neurotrasmettitori terminano con la
loro ricaptazione da parte delle molecole trasportatrici nella membrana presinaptica o
della sua distruzione da parte degli enzimi.
Questi farmaci hanno effetti:
-nella produzione dei neurotrasmettitori, se la frequenza di sintesi e rilascio del
neurotrasmettitore è aumentata dalla somministrazione di un precursore, questo funge
da antagonista; se un farmaco inattiva gli enzimi responsabili della sintesi del
neurotrasmettitore impedendo la sua produzione funge da antagonista
-nell’immaganizzamento dei neurotrasmettitori, che avviene grazie a molecole
trasportatrici che si trovano nella membrana delle vescicole sinaptiche dove pompano
le molecole del neurotrasmettitore attraverso la membrana riempiendo le
vescicole.Alcuni farmaci funzionano da antagonisti, bloccano le molecole
trasportatrici legandosi ad un sito di esse ed inattivandole, le vescicole rimangono
vuote e rompendosi contro la membrana presinaptica non rilasciano niente.
-nel rilascio dei neurotrasmettitori, alcuni farmaci agiscono da antagonisti
disattivando le proteine che permettono alle vescicole sinaptiche di fondersi con la
membrana presinaptica ed espellere il loro contenuto nella fessura sinaptica
impedendo il rilascio del neurotrasmettitore; altri funzionano in modo opposto
agendo da agonisti e legandosi con questa proteine e scatenando direttamente il
rilascio del neurotrasmettitore.
-sui recettori, alcuni farmaci si legano ai recettori postsinaptici e fungono da agonisti
diretti legandosi al sito dove normalmente si attacca il neurotrasmettitore e inducendo
l’apertura dei canali ionici, gli ioni passano e producono i potenziali post-
sinaptici.Altri farmaci fungono da bloccanti del recettore o antagonisti diretti
legandosi con i recettori ma occupando il posto del neurotrasmettitore impediscono
l’apertura del canale ionico.Alcuni recettori hanno siti di legame multipli, il
neurotrasmettitore si lega ad uno ed i farmaci si possono legare ad altri, si parla di
legame non competitivo.Se un farmaco si lega ad uno di questi siti alternativi e
impedisce l’apertura dei canali ionici è detto antagonista indiretto, se ne facilita
l’apertura è detto agonista diretto.Dato che gli autorecettori presinaptici, invece,
causano una diminuzione del rilascio del neurotrasmettitore, i farmaci che li attivano
fungono da antagonisti, quelli che li bloccano da agonisti.Alcuni bottoni terminali
formano sinapsi con degli altri (sinapsi asso-assoniche), l’attivazione del primo
bottone può attivare o disattivare il secondo, che contiene eterorecettori presinaptici,
sensibili al neurotrasmettitore rilasciato dal primo.I farmaci possono bloccare o
attivare gli eterorecettori presinaptici che a loro volta possono inibire o facilitare il
rilascio del neurotrasmettitore.Gli autorecettori presinaptici sono localizzati anche
nelle membrane dei dendriti di alcuni neuroni che, quando sono attivi, rilasciano il
neurotrasmettitore.Questo a sua volta stimola gli autorecettori che fanno diminuire la
scarica neurale con l’iperpolarizzazione, impedendo che i neuroni diventino troppo
attivi.I farmaci che si legano ad un autorecettore dendritico attivandolo funzionano da
antagonisti e bloccandolo come agonisti.
-sulla ricaptazione dei neurotrasmettitori, il potenziale post-sinaptico viene riassorbito
nel bottone terminale, alcuni farmaci si legano alle molecole trasportatrici
responsabili del processo e le inattivano bloccandolo.
-sulla distruzione dei neurotrasmettitori, alcuni farmaci si legano agli enzimi
responsabili del processo e ne impediscono il funzionamento
2)la noreprinefina o adrenalina si trova nei neuroni del sistema nervoso autonomo. La
maggior parte dei neurotrasmettitori è sintetizzata nel citoplasma del bottone
terminale e poi immagazzinata in vescicole sinaptiche di nuove formazione. Il
passaggio finale della sintesi della norepinefrina avviene all’interno delle vescicole
stesse, in quanto le vescicole sono prima riempite dalla dopamina, la quale poi si
converte in norepinefrina attraverso l’azione dell’enzima dopamina beta- idrossilasi.
Il farmaco acido fusarico inibisce l’attività dell’enzima dopamina beta-idrossilasi e
perciò blocca la produzione di norepinefrina. Inoltre la norepinefrina in eccesso nei
bottoni terminali è distrutta dal MAO A, ma il farmaco moclobemide blocca il MAO
A e quindi agisce come agonista noreadrenergico. I neuroni sono localizzati in sette
regioni del ponte e del midollo, ma quella più importante è il locus coeruleus, un
nucleo che si trova nel ponte dorsale. L’effetto primario dell’attivazione di questi
neuroni è l’aumento della vigilanza e dell’attenzione agli eventi nell’ambiente. La
maggior parte dei neuroni che rilasciano norepinefrina non la fa attraverso i bottoni
terminali, ma tramite varicosità assonali, rigonfiamenti delle branche assonali. I
neuroni del sistema nervoso contengono recettori adrenergici beta1 e beta2 e
recettori adrenergici alfa1 e alfa2, che sono tutti metabotropici, accoppiati alle
proteine G che controllano la produzione dei secondi messaggeri. I recettori
adrenergici producono effetti sia eccitatori sia inibitori. Nel cervello, i recettori alfa1
producono un effetto di lenta depolarizzazione (eccitazione) della membrana
postsinpatica, mentre i recettori alfa 2 inducono una lenta iperpolarizzazione.
Entrambi i tipi di recettori beta aumentano la responsività del neurone postsinaptico
ai suoi input eccitatori, correlato al ruolo di veglia. I neuroni noradrenergici, in
particolari i recettori alfa2, sono anche coinvolti nel comportamento sessuale e nel
controllo dell’appetito.
-I nucleosidi sono composti da una molecola di zucchero con una base purinica o
pirimidinica.Ne fa parte l’adenosina (una combinazione di ribosio e adenina) che
serve da neuro modulatore nel cervello.Il rilascio di adenosina attiva i recettori sui
vasi sanguigni vicini e ne causa la dilatazione, aumentando il flusso di sangue e
aiutando il trasporto di maggiori quantità delle sostanza necessarie in quella
regione. L’adenosina si comporta anche da neuromodulatore, agendo almeno su
tre tipi diversi di recettore.I recettori dell’adenosina sono accoppiati alle proteine
G e il loro effetto è quello di aprire i canali del potassio, producendo potenziali
postsinaptici inibitori.Inoltre l’adenosina e gli alti agonisti del suo recettore hanno
effetti generalmente inibitori sul comportamento ed infatti i recettori
dell’adenosina sono coinvolti nel controllo del sonno.Un farmaco molto comune,
la caffeina, blocca i recettori dell’adenosina e quindi produce effetti eccitatori.
Cap 5
METODI E STRATEGIE DI RICERCA
Uno dei più importanti metodi di ricerca utilizzati nello studio delle funzioni cerebrali
è ablazione sperimentale che prevede la distruzione di una parte del cervello e la
valutazione del successivo comportamento dell’animale. Valutazione degli effetti
comportamentali del danno cerebrale: per lesione si intende una ferita o un danno, e
un ricercatore che distrugge una parte del cervello definisce il danno prodotto come
lesione cerebrale. Gli esperimenti in cui si danneggia una parte del cervello e si
osserva successivamente il comportamento dell’animale sono chiamati studi di
lesione. La funzione della regione cerebrale in questione può essere inferita dai
comportamenti che l’animale non riesce più a mettere in atto, dopo la lesione. Infatti,
l’obiettivo è scoprire le funzioni associate a diverse regioni cerebrali e quindi
comprendere il modo in cui tali funzioni si combinano per produrre particolari
comportamenti. La distinzione tra funzione cerebrale e comportamento è molto
importante: ciascuna regione esegue una funzione che contribuisce alla messa in atto
del comportamento in questione. L’obiettivo del ricercatore consiste nel comprendere
e funzioni necessarie a eseguire un particolare comportamento e determinare quali
circuiti neurali cerebrali sono responsabili di ciascuna di queste funzioni.
L’interpretazione degli studi di lesione è complicata dal fatto che tutte le regioni
cerebrali sono interconnesse.
L’atlante sterotassico: il cervello di due animali della stessa specie non è mai
completamente identico e l’atlante sterotassico fornisce localizzazioni
approssimative. Il cranio è costituito da diverse ossa, che crescono insieme e formano
suture (giunture). Quando l’intervallo tra le suture si richiude, il punto d’intersezione
è denominato bregma, il quale è utilizzato come punto di riferimento. L’atlante
sterotassico contiene fotografie o disegni che corrispondono alle sezioni frontali prese
a varie distanze, rostrali e caudali, dal bregma. Se si desidera posizionare la punta di
un elettrodo a livello di una struttura, è necessario eseguire un foro con il trapano al
di sopra di essa. Poi, individuando la struttura neurale sulle pagine di un atlante
stereotassico, è possibile determinarne la localizzazione rispetto al bregma.
L’apparato stereotassico: include un fermatesta, che mantiene il cranio dell’animale
nella posizione adeguata, un reggielettrodo e un meccanismo calibrato che muove il
reggielettrodo secondo distanze misurate lungo i tre assi: anteriore-posteriore,
dorsale-ventrale e laterale-mediale. Una volta trovate le coordinate su un atlante
stereotassico, si anestetizza l’animale, si posiziona l’apparato e si incide lo scalpo.
Dopo la localizzazione del bregma, si riportano i numeri appropriati sull’apparato
stereotassico, si perfora il cranio con il trapano e si inserisce il reggielettrodo nel
cervello ala corretta profondità. In questo modo, la punta dell’elettrodo o della
cannula è portata esattamente nell’area desiderata e si può procedere con la lesione. Il
posizionamento di elettrodi nel cervello può servire a stimolare determinati neuroni
così come a distruggerli. Dopo il completamento della chirurgia, si chiude la ferita
con suture, si rimuove l’animale dall’apparato stereotassico e si attende che si
riprenda dall’anestesia. Esistono anche apparati stereotassici da utilizzare sull’uomo
Studio delle strutture del cervello umano in vivo: negli anni passati, un ricercatore
poteva studiare il comportamento di individui cerebrolesi senza scoprire mai
esattamente dove fosse la lesione. L’unico modo per saperlo con sicurezza era
aspettare che il paziente morisse, per esaminare al microscopio le sezioni del sul
cervello. I recenti sviluppi delle tecniche radiografiche e computerizzate hanno
portato all’introduzione di diversi metodi di studio dell’anatomia del cervello in
vivo. Questi progressi consentono ai ricercatori di esaminare la localizzazione e
l’estensione del danno cerebrale quando il paziente è ancora vivo. La prima
modalità sviluppata è quella della tomografia assiale computerizzata (TAC),
durante la quale si posiziona la testa del paziente in un grande anello cilindrico,
che contiene un tubo a raggi X e dall’altra parte, un rilevatore di raggi X. Il fascio
di raggi X attraversa la testa del paziente e il rivelatore misura la radioattività che
non viene assorbita. Il fascio scansiona la testa da tutte le angolature e un
computer traduce i dati inviati dal rivelatore in immagini del cranio e dei suoi
contenuti. Un quadro più dettagliato del contenuto della testa di una persona è
fornito da una procedura denominata risonanza magnetica (RM). La macchina per
la RM somiglia a quella per la TAC, ma non utilizza i raggi X in quanto induce il
passaggio di un campo magnetico estremamente forte attraverso la testa del
paziente. Quando si posiziona la testa di una persona all’interno di un forte campo
magnetico, i nuclei degli atomi di idrogeno rotanti si allineano al campo magnetico
in questione. Se si passa un’onda di radiofrequenza attraverso il cervello, questi
nuclei assumono una posizione angolata rispetto al campo magnetico e quindi
ritornano nella loro posizione originale, alla fine dell’onda. Nel fare questo,
rilasciano l’energia che avevano assorbito e questa energia rilasciata è captata da
una bobina che serve da rilevatore. Poiché tessuti diversi contengono differenti
quantità di acqua, ciascuno emette differenti quantità di energia. Il computer
associato allo scanner di RM analizza il segnale e prepara le fotografie delle
sezioni cerebrali. Inoltre, la risonanza magnetica con tensore di diffusione (DTI)
sfrutta il fatto che il movimento delle molecole d’acqua nei fasci di sostanza
bianca non è causale, ma tende ad essere in parallelo alla direzione degli assoni
che costituiscono il fascio in questione. Gli scanner di RM utilizzano le
informazioni sul movimento delle molecole d’acqua per determinare la
localizzazione e l’orientamento dei fasci di assoni nella sostanza bianca.
Metodi optogenetici: possono essere utilizzati per stimolare o inibire particolari tipi di
neuroni, in particolari regioni del cervello. In molti organismi si sono evolute
proteine fotosensibili e una di queste è la Channelrhodopsin-2 (ChR2), la quale
controlla i canali ionici che, quando di aprono, permettono il flusso di ioni sodio,
potassio e calcio. Quando la luce blu colpisce un canale ionico ChR2, il canale si apre
e l’intenso lusso di ioni calcio e sodio carichi positivamente depolarizza la
membrana, con effetti eccitatori. Una seconda proteina fotosensibile, la
Natronomonas pharaonis halorhodopsin (NpHR), la quale controlla un trasportatore
che sposta il cloruro nella cellula quand’è attivato da una luce gialla. Questo afflusso
di ioni carichi negativamente iperpolarizza la membrana, causano inibizione. La
ChR2 e la NpHR possono essere introdotte nei neuroni inserendo i geni che le
codificano nel materiale genetico di virus innocui. I virus sono poi iniettati nel
cervello, dove infettano i neuroni e iniziano a esprimere le proteine in questione, che
vengono inserite nella membrana cellulare. I geni possono essere modificati in modo
che le proteine si esprimano solo in particolari tipi di neuroni. I ricercatori possono
osservare gli effetti dell’attivazione o disattivazione di particolari tipi di neuroni in
particolari regione del cervello. Poiché la ChR2 la NpHR sono attivate dalla luce, i
ricercatori devono essere in grado di garantire la stimolazione luminosa del cervello.
Se i neuroni che esprimono queste proteine fotosensibili sono localizzati nella
corteccia cerebrale, si può produrre un piccolo foro nel cranio con un trapano, per poi
attaccare dei diodi a emissione luminosa direttamente sopra il foro. Per attivare le
proteine fotosensibili nelle membrana di neuroni localizzai nelle profondità del
cervello, si possono impiantare delle fibre ottiche per mezzo di chirurgia stereotassica
al fine di trasmettere la luce attraverso queste fibre.
Metodi neurochimici: sono utili per la localizzazione dei neuroni che possiedono
particolari tipi di recettori o producono determinanti tipi di neurotrasmettitori o
neuromodulatori.
Individuazione di neuroni che producono particolari sostanze neurochimiche:
esistono due modi per localizzare particolari sostanze neurochimiche: localizzare le
sostanze stesse oppure gli enzimi che le producono. Il primo metodo è quello che
riguarda i peptidi (o le proteine), le quali possono essere localizzate direttamente per
mezzo dei metodi immunocitochimici: si espongono sezioni di tessuto cerebrale agli
anticorpi specifici del peptide, legati ad un colorante fluorescente, e poi le sezioni
sono esaminate al microscopio, utilizzando una luce di particolare lunghezza d’onda.
Il secondo metodo è quello che riguarda l’acetilcolina: la sintesi dell’ACh è resa
possibile dall’enzima colina acetiltransferasi (ChAT). I neuroni acetilcolinergici sono
identificati a livello del ponte, per mezzo dell’immunocitochimica; mentre il tessuto
cerebrale era stato esposto ad un anticorpo per il ChAT legato a un colorante
fluorescente.
Localizzazione di recettori specifici: questa localizzazione è determinata con due
procedure diverse. La prima utilizza l’autoradiografia. Esponiamo sezioni di tessuto
cerebrale ad una soluzione contenente un ligando radioattivo di un particolare
recettore. Di seguito, sciacquiamo le sezioni, in modo che la radioattività residua sia
solo quella delle molecole di ligando attaccate ai recettori. Infine, utilizziamo un
metodo autoradiografico per localizzare il ligando radioattivo, e quindi i recettori. La
seconda procedura utilizza l’immunocitochimica. I recettori sono proteine e perciò
possiamo produrre anticorpi contro di essi. Esponiamo sezioni di tessuto cerebrale
agli anticorpi (marcati con un colorante fluorescente) e le esaminiamo al
microscopio, con una luce di particolare lunghezza d’onda.
Misurazione delle secrezioni cerebrali: la cocaina blocca la ricaptazione di dopamina
e, quindi, quando si assume cocaina, la concentrazione extracellulare di dopamina
aumenta in alcune parti del cervello. Per misurare la quantità di dopamina in
particolari regioni cerebrali si utilizza una procedura denominata microdialisi. La
dialisi è un processo in cui si separano le sostanze per mezzo di una membrana
artificiale a permeabilità selettiva. Una sonda da microdialisi consiste in un tubicino
di metallo che immette una soluzione nella porzione terminale del tubo di dialisi e un
altro tubicino metallico di piccolo calibro aspira la soluzione che circola nella tasca.
Utilizziamo la chirurgia stereotassica per inserire una sonda da microdialisi nel
cervello di ratto e poi pompiamo all’interno del tubo di dialisi una piccola quantità di
soluzione simile al liquido extracellulare. Il liquido circola nel tubo di dialisi e passa
al secondo tubicino metallico, da cui è aspirato e analizzato. Il passaggio della
soluzione nel tubo di dialisi permette la raccolta di molecole del liquido extracellulare
cerebrale, che sono spinte attraverso la membrana dalla forza di diffusione.
Esaminiamo i contenuti del liquido passato attraverso il tubo di dialisi con un metodo
analitico estremamente sensibile. Poi rileviamo che la quantità di acetilcolina
presente nel liquido extracellulare del nucleo bulbare oggetto di studio effettivamente
aumenta, quando somministriamo a un ratto un’iniezione di cocaina.
Metodi genetici: i fattori genetici possono giocare un ruolo nello sviluppo delle
differenze fisiologiche: infatti un gene difettoso interferisce con lo sviluppo cerebrale
e l’anomalia neurologica causa deficit comportamentali; oppure i legami tra l’eredità
e il comportamento sono molto più sfumati, ed è necessario applicare speciali metodi
genetici per evidenziarli.
Studi sul genoma: il genoma umano è costituito dal DNA che codifica le nostre
informazioni genetiche e la forma particolare di un gene individuale è detta allele. Gli
studi sul genoma tentano di determinare la localizzazione dei geni responsabili di vari
tratti fisici e comportamentali. Gli studi di linkage identificano famiglie i cui membri
variano rispetto a un tratto particolare: per esempio, la presenza o l’assenza di una
determinata malattia ereditaria. Si paragona una varietà di maker, sequenza di DNA
le cui localizzazioni sono già note, con la natura di un singolo tratto individuale. Gli
studi di associazione genetica permettono ai ricercatori di comparare il genoma, o
porzioni di esso, di diversi individui, per determinare se le differenze del genoma
individuale sono correlate con la presenza o l’assenza di malattie (o altri tratti).
La ricerca più attendibile sul sonno negli esseri umani si conduce nei “LABORATORI DEL SONNO”, ospitato in
un centro medico o universitario, consiste in una o più piccole camere da letto adiacenti ad una stanza di
osservazione, dove il ricercatore passa la notte (NATHANIEL KLEITMAN-> inventore del primo laboratorio
del sonno).
Il sonno può essere diviso in differenti stadi analizzando il pattern, la frequenza e l’ampiezza delle
rilevazioni elettroencefalografiche dell’attività cerebrale tramite elettroencefalografia (EEG), tono
muscolare tramite elettromiografia (EMG) ed attività oculari tramite elettro-oculo grafia (EOG).
NB: da circa 15 anni l’American Academy of Sleep Medicine (2004) ha abolito la distinzione tra lo stadio 3 e
4, accorpandoli in un unico stadio di sonno profondo, denominato N3.
Lezione 12 aprile 2022
Durante una notte di riposo un soggetto alterna periodi di sonno REM e NREM. Ciascun ciclo dura
approssimativamente 90 minuti e contiene da 20 a 30 minuti di sonno REM. La maggior parte del sonno ad
onde lente si verifica durante la prima metà della notte. I successivi periodi di sonno NREM sono sempre
più caratterizzati dallo stadio 2, mentre si prolunga progressivamente la durata del sonno REM. In una tipica
registrazione di sonno, della durata di 7-8 ore, il sonno NREM occupa circa il 70-80% del totale del sonno,
mentre il restante è occupato dal sonno REM, strettamente associato all’attività onirica; infatti, circa l’80%
dei soggetti svegliati in corso di sonno REM è in grado di riferire dei sogni, comparati al 7 % di quelli svegliati
nel sonno NREM. Le fasi REM e NREM durante la notte si alternano ogni circa 80-120 minuti, con un
aumento della frequenza e della durata del REM man mano che si procede nel sonno.
VEGLIA: gli stadi VV sono presenti nel periodo che precede l’apprendimento ed in seguito a risvegli
sono caratterizzati da:
o L’ATTIVITà ALFA consiste in onde regolari, di frequenza media, tra 8 e 12/13 Hz. Il cervello
produce queste onde quando una persona giace a riposo, senza essere particolarmente
impegnata o attivata da compiti mentali difficili (prevalentemente a carico degli elettrodi
occipitali e parietali).
o Blink oculari con frequenza di 0,5-2 Hz
o Invece l’ATTIVITà BETA consiste in onde irregolari, di ampiezza elevata, tra i 15 e 30 Hz.
Questa attività mostra una DESINCRONIZZAZIONE, cioè riflette il fatto che molti circuiti
neuronali diversi del cervello stanno attivamente elaborando le informazioni-> succede
quando una persona è vigile e attenta agli eventi ambientali, oppure è impegnata in
compiti cognitivi.
o Tono muscolare elevato registrato all’elettrodo mentoniero.
LA DISTINZIONE TRA STADIO III E IV NON è NETTA: LO STADIO III CONTIENE DAL 20% AL 50% DI
ATTIVITà DELTA, MENTRE LO STADIO IV NE CONTIENE Più DEL 50%. Poiché l’attività EEG a onde delta
predomina lo stadio III e IV del sonno, questi stadi si definiscono collettivamente SONNO AD ONDE LENTE.
o Presenza di movimenti oculari coniugati, rapidi, irregolari con una deflazione iniziale
o L’EEG più desincronizzato (attività beta come nella veglia e per questo chiamato “paradosso”), brevi
sequenza di onde alfa
o Ipotonia muscolare rilevata dall’elettrodo elettromiografico mentoniero - nella fase REM la maggior
parte dei motoneuroni centrali e spinali è fortemente inibita. - Bursts di attività muscolare di
durata inferiore a 0,25 secondi (“TWITCH”), rilevabili nella derivazioni EMG, EEG e EOG,
prevalentemente associate ai movimenti oculari.
CHARACTERISTICS OF REM AND NREM:
CEREBRAL O2 METABOLISM AND CEREBRAL BLOOD FLOW DURING DEEP AND RAPID-EYE-
MOVEMENT SLEEP:
o Nel sonno REM il flusso incrementa del 30-40% rispetto ai valori del sonno NREM.
o Sonno NREM -> metabolismo ridotto del 75% rispetto ai livelli di veglia. Le regioni più attive durante
la veglia sono quelle che presentano più onde delta durante il sonno e livelli minori di attività
metabolica.
Attività ONIRICA -> sogni correlati a quello che è successo nei giorni prima e li rielabori in maniera
diversa, contenuto emotivo.
o Le parti attive sono le seguenti (nella fase REM) -> cingolo anteriore, amigdala, tegmento pontino,
corteccia paraippocampale.
o Le parti disattive sono le seguenti (nella fase REM) -> corteccia pre-frontale dorsolaterale e cingolo
posteriore.
DISSONIE PARASONNIE
Insonnia Parasonnie del sonno REM
Ipersonnia Parasonnie nel sonno NREM
Narcolessia
Disturbi del sonno correlato alla respirazione
Disturbo del ritmo cardiaco del sonno
DISSONNIE:
INSONNIA: partiamo dicendo che l’insonnia è un problema occasionale per circa il 25% della
popolazione e persiste solo nel 9% dei casi.
Viene descritta come la difficoltà ad addormentarsi dopo esseri andati a letto o a seguito di un
risveglio durante la notte. Esiste una particolare forma di insonnia che è causata dall’incapacità di
dormire e respirare nel contempo -> APNEA MORFEICA, si addormentano e quindi smettono di
respirare. Quando succede il livello ematico di anidride carbonica stimola i chemiorecettori
(recettori che rilevano la presenza di alcune sostanze chimiche), la persona si sveglia annaspando in
cerca di aria. Il livello ematico di aria torna normale e la persona torna a dormire. Le persona con
questo problema tipicamente si sentono sonnolente e intontite durante il giorno.
Questo problema è causato da un’ostruzione delle vie aeree che può essere corretta
chirurgicamente o ridotta con una maschera da portare sul viso durante il sonno, che fornisce aria
pressurizzata in grado di mantenere pervie le vie aeree.
CRITERI DIAGNOSTICI:
(A) Viene riferita una predominante insoddisfazione riguardo la quantità o la qualità del sonno,
associata a uno (o più) dei seguenti sintomi:
1. Difficoltà a iniziare il sonno (nei bambini, questa può manifestarsi come difficoltà a iniziare
il sonno senza l’intervento della persona che se ne prende cura)
2. Difficoltà a mantenere il sonno, caratterizzata da frequenti risvegli o problemi a
riaddormentarsi dopo essersi svegliati (nei bambini, questa può manifestarsi come
difficoltà di riaddormentarsi senza l’intervento della persona che se ne prende cura)
3. Risveglio precoce al mattino con incapacità di riaddormentarsi
(B) L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o compromissione del
funzionamento in ambito sociale, lavorativo, scolastico, universitario, comportamentale o in
altre aree importanti.
(C) La difficoltà del sonno si verifica almeno 3 volte a settimana.
(D) La difficoltà del sonno persiste almeno 3 mesi.
(E) La difficoltà del sonno si verifica nonostante adeguate condizioni per dormire.
(F) L’insonnia non è meglio spiegata da, e non si verifica esclusivamente durante il decorso di, un
altro disturbo del sonno-veglia (per esempio; narcolessia, un disturbo del sonno correlato alla
respirazione, un disturbo circadiano del ritmo sonno-veglia, una parasonnia)
(G) L’insonnia non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (sostanza di abuso, farmaco)
(H) Disturbi mentali e condizioni mediche coesistenti non spiegano adeguatamente il disturbo
predominante di insonnia.
SPECIFICARE SE:
o Comorbilità con un disturbo mentale non correlato al sonno, compresi i disturbi da uso di
sostanze
o Comorbilità con un’altra condizione medica
o Comrbilità con un altro disturbo del sonno
SPECIFICARE SE:
OSAS: episodi ripetitivi di ostruzione parziale o totale delle vie aeree durante il sonno.
Un’interruzione del respiro superiore ai 10 secondi, in cui il passaggio dell’aria è ostacolato o si
compiono sforzi meccanici respiratori per vincere questa resistenza, nonostante i comandi nervosi
e l’attività dei muscoli respiratori siano presenti. Si parla di OSAS quando si verificano più di cinque
apnee PER OGNI ORA di sonno. Il continuo reiterarsi delle apnee delle apnee induce una serie di
MICRO o MACRO risvegli.
NARCOLESSIA: disturbo neurologico caratterizzato da sonno in momenti inadeguati che ha come
sintomo più evidente l’attacco di sonno – bisogno incontrovertibile di dormire che si verifica
frequentemente in condizioni monotone e noiose-
Il sonno dura circa 2-5 minuti e la persona si sente riposata.
La cataplessia è l’improvvisa perdita del tono muscolare, la persona cade a terra come un sacco di
patate completamente cosciente, periodo di pochi secondi o di diversi minuti. Spesso provocata da
improvvise emozioni, particolarmente il riso. Coscienza conservata durante l’attacco. Durata tra
pochi secondi fino a molti minuti; ripresa completa senza deficit.
La perdita del tono varia del collasso completo con caduta fino al modesto della testa, faccia,
mandibola o cedimento delle ginocchia.
Muscoli respiratori ed oculomotori risparmiati. La paralisi del sonno transitoria e generalizzata
incapacità di muoversi e a parlare alla transizione tra sonno e veglia. Invece le allucinazioni
ipnagogiche allucinazioni visive vivide, all’inizio del sonno, spesso associate a paura.
Per finire abbiamo la orexina che consiste nel recettore di un neurotrasmettitore peptidico recentemente
scoperto, denominato “ipocretina” da alcuni ricercatori, invece da altri orexina.
Il nome “ipocretina” deriva dal fatto che l’ipotalamo laterale contiene i corpi cellulari di tutti i
neuroni che secernano questo peptide. Invece “orexina” è dovuto al ruolo giocato da questo
peptide nel controllo dell’alimentazione e del metabolismo, ha anche un ruolo cruciale negli effetti
fisiologici e comportamentali delle sostanze che provocano dipendenza (orexina A e B).
PARASSONNIE:
DISTURBI DELL’AROUSAL:
o Confusional arousal (“eccitazione confusa”)
o Sleepwalking (“sonnambulismo”)
o Sleep terrors (“i terrori del sonno”)
PARASSONNIE DEL SONNO REM:
o REM sleep behavior disorders (“Disturbi del comportamento del sonno REM”)
o Nightmare Disorders (“disturbi da incubo”)
o Recurrent isolated slepp paralysis (“ricorrente o isolata paralisi del sonno”)
ALTRE PARASONNIE:
o Sleep related dissociative disorders (“disturbi dissociativi legati al sonno”)
o Enuresi notturna
o Sleep related Groaning (catathrenia) (“gemiti legati al sonno”)
o Sleep related eating disorders (“allucinazioni legate al sonno”)
o Parasomnias due to drung or medical condition (“parasonnie dovute alla droga o
condizioni mediche”)
Perché dormiamo?
“If sleep does not serve an abosolutely vital function, the nit is the biggest mistake the evolutionary
process ever made”-“se il sonno non serve assolutamente per le funzioni vitali, allora è il più
grande sbaglio mai fatto dal processo evolutivo dell’uomo”- Allan Rechtschaffen
SONNO AD ONDE LENTE ED ESERCIZIO FISICO: cambiamenti nel livello individuale di esercizio
fisico non alterano in modo significativo la qualità di sonno in maniera eccessiva.
SONNO AD ONDE LENTE ED ATTIVITà MENTALE: una giornata impegnativa dal punto vista
mentale si associa con maggiore quantità di sonno profondo.
Le regioni più attive durante la veglia sono quelle che presentano più onde delta durante il sonno e
livelli minori di attività metabolica. Quindi la presenza di onde delta in quella regione può indicare
che quell’area sta riposando.
È stato ipotizzato che uno dei prodotti di rifiuto conseguenti all’elevato tasso metabolico associato
all’attività di veglia del cervello sia costituito dai radicali liberi, sostanze chimiche che possono
danneggiare le cellule nervose. I radicali liberi sono molecole molto reattive e ossidanti prodotte
dal metabolismo dell'ossigeno. I radicali liberi hanno uno o più elettroni spaiati, quindi liberi, e
questa caratteristica li rende altamente reattivi, poiché instabili. Per raggiungere la stabilità, infatti,
i radicali liberi sottraggono un elettrone da altre molecole, ossidandole (“stress ossidativo”). In
questo modo il radicale ottiene un numero di elettroni pari e non più spaiati, il che lo rende stabile.
Il problema è che la molecola da cui il radicale ha sottratto un elettrone, diventa a sua volta
instabile, dunque il processo attivato dal radicale continua.
Esiste un disturbo neurologico ereditario, insonnia familiare fatale che causa il danneggiamento di
porzioni telematiche. I sintomi di questa condizione che è correlata alla malattia di Creuzfeldt-Jacob
e all’encefalopatia spongiforme bovina, includono deficit di attenzione e memoria, stati
confusionali e sognante, perdita di controllo nervoso autonomo e del sistema endocrino, aumento
della temperatura corporea e insonnia.
SONNO E APPRENDIMENTO
La memoria a lungo termine:
memoria semantica
Memoria
Dichiarativa
(ESPLICITA )
memoria episodica
MLT
condizionamento
classico
Memoria NON
Dichiarativa priming
(IMPLICITA)
memoria
procedurale
Si può notare un
miglioramento di
prestazioni dei
soggetti, in un
compito di
discriminazione
visiva non
dichiarativa, si
osserva solo
dopo un pisolino
di 90 minuti che
includeva sia il
sonno ad onde
lente sia il sonno REM.
Sonno come uno stato che svolge molteplici funzioni, alcune delle quali sarebbero più importanti in alcune
fasi della vita rispetto ad altre
Esiste un meccanismo
fisiologico che controlla la
quantità di sonno totale in
organismo -> tiene il conto
del debito di sonno che
contraiamo durante le ore di
veglia.
Arousal -> sono i circuiti di neuroni che secernano almeno cinque differenti neurotrasmettitori giocano un
ruolo in alcuni aspetti del livello di vigilanza e veglia dell’animale. E sono le seguenti.
ACETILCOLINA (ACh): sono due gruppi di neuroni acetilcolinergici, uno a livello del ponte e un
altro localizzato nel proencefalo basale (nucleo basale e ponte dorsolaterale), producono
attivazione e desincronizzazione corticali, solo se stimolati. Un terzo gruppo situato a livello del
setto mediale, controlla l’attività dell’ippocampo.
Gli antagonisti acetilcolinergici riducono i segnali EEG dell’arousal corticale, mentre gli agonisti
acetilcolinergici li aumentano.
Hanno usato anche la microdialisi per misurare il rilascio di acetilcolinha nell’ippocampo e nella
neocorteccia, due regioni le cui attività è strettamente correlata alla vigilanza all’arousal
comportamentale dell’animale. I ricercatori hanno rilevato che i livelli di acetilcolina in queste
regioni sono elevati in stato di veglia sia durante il sonno REM, periodi in cui l’EEG mostra attività
desincronizzate, al contrario sono bassi durante il sonno ad onde lente.
o OMEOSTATICO: stessi principi che regolano assunzione di cibo e liquidi (ADENOSINA – che si
accumula durante il giorno, quindi durante la veglia, e viene distrutta durante il sonno ad onde
lente)
o ALLOSTATICO: situazioni ambientali legate allo stress (OREXINA – risposte ormonali o neurali a
situazioni stressanti e dei neuropeptidi implicati nei meccanismi della fame della sete)
o CIRCADIANO: relativi al momento del giorno (LUCE/BUIO)
SLD: nucleo
sottolaterodorsale
PAGvl: sostanza
grigia
pariacquedottale
ventrolaterale
Alcuni di questi ritmi circadiani consistono in risposte passive alle variazioni di luminosità. Altri sono
controllati dagli orologi biologici del cervello. Il principale orologio biologico è localizzato nei nuclei
sovrachiasmatici (NSCs) dell’ipotalamo. La luce, rilevata da speciali cellule retiniche non coinvolte nelle
percezione visiva, funziona da zeitgeber (“datore di tempo”, “sincronizzatore”) per la maggioranza dei ritmi
circadiani.
Dal momento che l’ambiente non forniva cicli di luce e buio, la fonte
di tale ritmicità deve essere localizzata all’interno dell’animale ->
OROLOGIO BIOLOGICO INTERNO.
Questo orologio biologico
interno non è regolato
precisamente sulle 24 ore, ma
è leggermente più lento ->
l’animale inizia il ciclo di
attività almeno un’ora dopo,
ogni giorno. Orologio interno
basato su un CICLO DI 25 ORE
(free running).
Il TRATTO RETINO-IPOTALAMICO-> è responsabile della sincronizzazione dei ritmi circadiani sono delle
cellule gangliari retiniche che contengono una sostanza fotochimica detta, MELANOPSINA. Le cellule
gangliari che contengono questa sostanza sono sensibili alla luce e i loro assoni terminano nel SNC.
PROKINETICINA (PK2): diverse prove suggeriscono che sebbene queste connessioni giochino un
ruolo critico nel controllo del ritmo sonno-veglia, anche la secrezione di sostanze chimiche prodotte
direttamente dal NCS (nucleo sovrachiasmatico) risulta essere importante.
Come fa il NCS ha controllare i cicli di sonno e veglia? Gli assoni efferenti del NCS responsabili
dell’organizzazione dei cicli di sonno e di veglia nella zona sottoparaventricolare (ZSP), una regione
appena dorsale al NSC. Le lesioni eccito tossiche della porzione ventrale della ZSP, aboliscono i ritmi
circadiani di sonno e veglia. La ZSP invia proiezioni al nucleo dorsomediale dell’ipotalamo (IDM), che
a sua volta è connesso con diverse regioni del cervello, incluse due che giocano un ruolo critico del
controllo del sonno e della veglia: l’APVL e i neuroni orexinergici dell’ipotalamo laterale. Queste
proiezioni all’APVL sono inibitorie e quini inibiscono il sonno, mentre le proiezioni ai neuroni
orexinergici sono eccitatorie e dunque promuovono la veglia L’attività di queste connessioni
varia nel corso del ciclo sonno/veglia.
Sebbene le connessioni dei neuroni del NSC con la ZSP giochino un ruolo critico nel controllo
circadiano del sonno e della veglia, diversi esperimenti suggeriscono che parte del controllo
funzionale esercitato dal NSC può essere mediato dalla secrezione di segnali chimici, che si
diffondono attraverso il liquor.
Quando una persona modifica bruscamente i ritmi circadiani interni (controllati dal NSC) si desincronizzano
rispetto a quelli dell’ambiente esterno, e i ritmi giornalieri di attività si possono verificare due casi:
1. La sindrome del jet lag, che solitamente dura all’incirca un paio di giorni, dopo di che il corpo si
abitua al nuovo ciclo sonno/veglia
2. La sindrome del turista, invece, si tratta sempre della desincronizzazione tra i ritmi interni e quelli
esterni, ma è più persistente se il cambiamento è più frequente
La soluzione per queste due sindromi è di sincronizzare i ritmi interni con quelli esterni nel modo più veloce
possibile. Il modo più ovvio per cominciare consiste nell’esposizione dell’individuo a intesi zeigeber al
momento giusto -> questa esposizione alla luce intensa prima del raggiungimento del livello minimo nel
ritmo giornaliero della temperatura corporea, ritarda il ritmo circadiano, invece quando l’esposizione
avviene dopo il raggiungimento del livello minimo nel rimo giornaliero della temperatura corpora, il
risultato è un avanzamento di fase. Se avviene al momento giusto facilita la transizione.
La stessa cosa vale per l’assunzione della melatonina, cioè se si assume al momento adeguato la melatonina
riduce significativamente gli effetti collaterali sia del jet lag sia della sindrome del turista.
Le persone non vedenti mostrano i ritmi circadiani desincronizzati free-running, in questo caso la
somministrazione della melatonina prima di dormire aiuta a sincronizzare i ritmi circadiani e si è dimostrato
in grado di migliorare i cicli del sonno.
Cap 11
LE EMOZIONI, il termine emozione può assumere significati diversi. Innanzitutto si
riferisce a sensazioni, positive o negative, generate da particolari situazioni, ma
l’emozione può essere anche definita come modelli di comportamento fisiologici
associati a particolari comportamenti e queste risposte sono accompagnate da
sensazioni
emotive. Il
comportamento
determina
importanti
conseguenze per
la sopravvivenza e
la riproduzione, e sono le funzioni adattive assolte dai comportamenti emozionali che
hanno guidato l’evoluzione del nostro cervello. L’emozione può essere definita come
la disposizione a rispondere a stimoli esterni o interni che comprende almeno 3
componenti: quella comportamentale, quella vegetativa e quella ormonale. Le
emozioni di base sono 6: gioia, paura, rabbia, tristezza, sorpresa e disgusto.
Le ragazze con iperplasia surrenale congenita (ISC) sono esposte a livelli elevati
in modo anomalo di androgeni, prodotti dalle loro surrenali, durante lo sviluppo
prenatale. Gli effetti di questa esposizione includono una preferenza per i ragazzi
come compagni di gioco, l’attrazione sessuale nei confronti di altre donne e livelli
di aggressività più alti.
Alcuni tipi di aggressività sono stati trattati con steroidi di sinesi, che inibiscono la
produzione di androgeni da parte dei testicoli e alcuni farmaci riducono le
aggressioni a scopo sessuale, ma non hanno effetto su altre forme di aggressione.
Un altro modo per stabilire se gli androgeni influiscono sull’aggressività umana
consiste nel rilevare il tasso di testosterone in persone che mostrano vari livelli di
comportamento aggressivo ma questo approccio comporta problemi etici e
metodologici.
Una serie di esprimenti condotti su altre specie di primati può fornire dati rilevanti
per la comprensione dell’aggressività umana. Alcuni risultati indicano che gli
effetti dell’alcol possono interagire con quelli degli androgeni. Winslow e Miczek
hanno riscontrato, nelle scimmie, che l’alcol aumenta l’aggressività nei soggetti
dominanti, ma solo nella stagione degli accoppiamenti, quando il livello ematico
di testosterone è più alto. Questi studi suggeriscono che gli effetti dell’alcol
interagiscono sia con il rango sociale sia con il testosterone. Winslow, Ellingoe e
Miczek hanno testato le scimmie durante le stagioni non interessate
dall’accoppiamento. I ricercatori hanno riscontrati che l’alcol aumentava il
comportamento aggressivo delle scimmie dominanti; ma questi trattamenti erano
inefficaci nelle scimmie subordinate.
Diversi studi di imaging funzionale hanno confermato questi risultati. George et al.
hanno misurato il flusso ematico cerebrale, mentre i soggetti erano impegnati
nell’ascolto di alcuni frasi per identificarne il contenuto emotivo. In una
condizione sperimentale, ai soggetti era richiesto di ascoltare il singificato delle
parole e stabilire lo stato d’animo dei personaggi. In un’altra condizione
sperimentale, i soggetti dovevano giudicare lo stato emotivo in base al tono della
voce. I ricercatori hanno rilevato che il compito di interpretazione dell’emozione
in base al significato delle parole aumentava l’attivazione di entrambi i lobi
frontali, con un’attivazione più marcata del sinistro rispetto al destro, mentre la
comprensione dell’emozione dal tono della voce aumentava l’attivazione della
sola corteccia prefrontale destra.
Tuttavia Cannon, mosse delle critiche alla teoria di James, obiettando che gli
organi interni sono insensibili
e non hanno la capacità di rispondere tanto rapidamente e quindi il feedback
sensoriale a partenza da essi non può rendere conto delle nostre sensazioni
emotive. Inoltre, osservò che a sezione dai visceri al cervello non altera il
comportamento emozionale. Ma le critiche di Cannon non erano del tutto
pertinenti.
È difficile verificare sperimentalmente la teoria di James-Lange, poiché il suo
intendo è quello di spiegare le sensazioni emotive e le sensazioni sono eventi
privati.
Inoltre, Holman ha raccolto dati su persone colpite da lesioni del midollo spinale,
chiedendo loro di riferire l’intensità delle sensazioni emotive provate. Se il
feedback sensoriale fosse importante, sarebbe logico supporre che i vissuti
emozionali siano tanto meno intensi quanto più è rostrale la lesione (cioè, vicino al
cervello), in quanto una lesione spinale alta genera una mancanza di sensibilità in
un’area del copro più ampia. Quindi, più alta era la lesione, meno intense erano le
sensazioni.
Feedback da emozioni simulate: James evidenziò l’importanza di due aspetti
delle risposte emozionali: i comportamenti emozionali e le risposte vegetative.
Diversi esperimenti indicano che il feedback sensoriale dalla contrazione dei
muscoli facciali può influenzare l’umore delle persone e perfino alterare l’attività
del sistema nervoso autonomo.
Le espressione simulate effettivamente alteravano l’attività del sistema nervoso
autonomo (per esempio, la rabbia aumentava la frequenza cardiaca e la
temperatura cutanea).
Come può una particolare configurazione di movimenti dei muscoli facciali
provoca cambiamenti dell’umore o dell’attività del sistema nervoso autonomo?
Potrebbe essere frutto dell’esperienza: può darsi che l’esecuzione di particolare
movimenti facciali, insieme ai corrispondenti cambiamenti nel sistema nervoso
autonomo, conduca ad una forma di condizionamento classico, così che il
feedback dai movimenti facciali diviene capace di evocare le risposte vegetative,
insieme ad un cambiamento nell’emozione percepita. Oppure potrebbe essere che
la connessione è innata: infatti l’imitazione inconscia è uno dei modi con cui
comunichiamo le nostre emozioni.
Uno studio di imaging funionale chiedeva alle persone di ricordare episodi passati
della loro vita che evocavano sentimenti di tristezza, felicità, rabbia e paura. I
ricercatori hanno rilevato che il ricordo di queste emozioni attiva la corteccia
somatosensoriale e i nuclei della porzione superiore del tronco dell’encefalo,
coinvolti nel controllo degli organi interni e nel rilevamento delle sensazioni da
essi afferanti. Queste risposte sono certamente compatibili con la teoria di James-
Lange.Inoltre l’imitazione sembra essere innata ed infatti persino i neonati tendono
ad imitare le espressioni viste. L’imitazione costituisce uno dei canali attraverso i
quali gli organismi comunicano le proprie emozioni, evocando sentimenti di
empatia.
CAPITOLO 16->
DESCRIZIONE
La schizofrenia è un grave disturbo che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale. Il termine
“Schizofrenico” è usato in maniera inadeguata, poiché la parola significa letteralmente “mente scissa”,
benché non implichi una personalità dissociata o multipla. Molte volte le persone affermano di “sentirsi
schizofreniche” quando intendono in realtà la presenza di sentimenti contraddittori.
L’uomo che coniò questo termine in realtà si riferiva alla rottura con la realtà, causata dalla
disorganizzazione di varie funzioni mentali, come cognizione ed emozione che non funzionano più insieme,
nel modo normale.
SINTOMI PRODROMICI
I sintomi della schizofrenia tipicamente si sviluppano in maniera graduale e insidioso, in un periodo di 3-5
anni. I sintomi negativi sono i primi ad emergere, poi a seguito quelli cognitivi e a distanza di anni emergono
quelli positivi. Questa progressività dei sintomi permette di ipotizzare la natura delle anomalie cerebrali
sottostanti.
Qui sotto elencati sono i sintomi più frequanti in 768 pazienti schizofrenici cronici:
L’età paterna fornisce un’ulteriore conferma sul fatto che le mutazioni genetiche possono influenzare
l’incidenza della schizofrenia. Questa incidenza è dovuta alla mutazione dei spermatozoi o meglio le cellule
che producono gli spermatozoi. Dopo la pubertà queste cellule si dividono ogni 16 giorni, cosicché all’età di
35 anni si sono già divise 540 volte, invece per le donne gli oociti femminili si dividono solo 23 volte prima
della nascita e solo una volta in seguito. Più ci sono suddivisioni cellulari più aumenta il rischio di errori di
trascrizione del DNA e può causare un accumulo di mutazioni, con conseguente aumento di incidenza della
schizofrenia.
Diverse ricerche indicano i meccanismi epigenetici, cosi come le mutazioni, possono contribuire allo
sviluppo della schizofrenia -> controllano i geni. Le lunghe catene di DNA si avvolgono intorno ad una serie
di proteine -> ISTONI – che si attaccano agli amminoacidi delle proteine istoniche e modificare le loro
caratteristiche.
Molte modificazioni epigenetiche sono indotte da eventi ambientali, come l’esposizione a tossine, e alcune
di esse possono essere trasmesse alla prole.
Effetti di agonisti e antagonisti della dopamina: verso la metà del XX secolo un chirurgo
francese, Henri Laborit, scoprì un farmaco che preveniva lo shock chirurgico era anche in grado di
ridurre l’ansia. -> CLOPROMAZINA che sembrava persino più efficace, fu sperimentata sui pazienti
con diversi disturbi mentali: mania, depressione, ansia, nevrosi e schizofrenia. Il farmaco non risultò
molto efficace per la nevrosi o delle psicosi affettive, ma per la schizofrenia risultò notevole.
Questa scoperta modificò profondamente l’approccio terapeutico ai pazienti schizofrenici, per
molti dei quali l’ospedalizzazione prolungata non era più necessaria.
Queste sostanze riescono effettivamente ad eliminare o almeno ridurre i sintomi -> le allucinazioni
e i deliri scompaiono, o almeno diventano meno gravi. Oltra a questo farmaco ne hanno individuati
altri in grado di ridurre i sintomi positivi -> le proprietà in comune sono quelle di bloccare i recettori
dopaminergici D2 e D3.
Un’altra categoria di sostanze è quella di produrre i sintomi positivi della schizofrenia -> agiscono
da AGONISTI della dopamina –amfetamina, cocaina, metilfenidato (blocca la ricaptazione della
dopamina) e L-DOPA (stimola la sintesi della dopamina). -> farmaci antipsicotici bloccano i recettori
dopaminergici.
La lobotomia era un
intervento di
psicochirurgia conosciuto
anche come leucotomia.
Consisteva nel recidere le
connessioni della corteccia
prefrontale dell’encefalo. Il
risultato più riscontrato era il cambiamento radicale della personalità. La lobotomia era usato in
passato per trattare una vasta gamma di malattie psichiatriche come la schizofrenia, la depressione,
la psicosi maniaco-depressivo o disturbi derivati dall’ansia.
Le persone che si sottoponevano alla lobotomia manifestavano una riduzione della spontaneatà,
della reattività, della consapevolezza di sé e dell’autocontrollo, una spiccata tendenza all’inerzia, un
assopimento dell’emotività e una restrizione delle capacità intellettive (pianificazione, problem
solving).
Ricerca di anomalie della trasmissione dopaminergica nel cervello di pazienti schizofrenici:
degli studi hanno dimostrato che i neuroni dopaminergici possono realmente rilasciare una
quantità maggiore di dopamina. Uno studio di imaging funzionale misurava il rilascio di dopamina
dei pazienti schizofrenici dopo un’iniezione endovenosa di amfetamina -> inibisce la ricaptazione
del neurotrasmettitore.
Questa sostanza era la causa di incremento del rilascio di dopamina nello striato dei pazienti
schizofrenici e a causa di ciò i sintomi positivi erano più intensi.
Hanno eseguito due tipi di analisi; l misurazione post mortem, nel cervello dei pazienti deceduti, e
la scansione PET, dopo il trattamento con lì - grandi radioattivi dei recettori dopaminergici -> hanno
concluso che nel cervello degli schizofrenici potrebbero esserci modesti incrementi del numero di
recettori D2 -> è del tutto improbabile che questo sia la causa principale della malattia.
Ipotesi dopaminergica
Evidenze empiriche favorevoli all’ipotesi dopaminergica della schizofrenia: aumento dei recettori
D3 e D4 nella schizofrenia.
Acuti Cronici
Distonia acuta Discinesia tardiva
Acatisia
Parkinsonismo (tremore, bradicinesia e rigidità)
Sindrome maligna da neuroclettico
Sintomi principali Sintomi secondari
Ipertermia Tachicardia
Rigidità Anomalie della
pressione arteriosa
Creatin Fosfokinasi Tachipnea
aumentata (CPK)
Coscienza alterata
Diaforesi
Leucositosi
Conseguenze della terapia farmacologica a lungo termine per la schizofrenia: ai tempi tutte
le sostanze comunemente utilizzate per trattare la schizofrenia causavano almeno alcuni sintomi
simili a quelli del morbo di Parkinson: lentezza dei movimenti, assenza di espressioni facciali e
debolezza generale, per la maggior parte dei casi sono dei sintomi temporanei. Invece per periodi
prolungati il paziente finiva per sviluppare un effetto collaterale più grave.
Un paziente schizofrenico (Larry: paziente affetto da schizofrenia grave, episodi di paranoia, voci,
pensava e credeva che i genitori lo volessero avvelenare -> SCGIZOFRENIA DI TIPO PARANOIDE,
terapia con clorpromazina. Nelle settimane successive sviluppo i sintomi del Parkinson, deliri
paranoide erano rimasti nonostante la terapia, sviluppò sintomi neurologici gravi) che assume
antipsicotici può sviluppare un disturbo neurologico -> DISCINESIA TARDIVA, “tardus” significa
“lento”, mentre “discinesia” si intende come “movimento sbagliato” -> sembra essere l’opposto del
morbo di Parkinson.
L’ipersensibilità, cioè un meccanismo compensatorio in alcuni tipi di recettori divengono più
sensibili se sono inibiti per un certo periodo di tempo da un farmaco che li blocca, se ciò avviene
per un tempo troppo prolungato può causare lo sviluppo di sintomi neurologici.
Sono riusciti a trovare dei farmaci che si aiutano i pazienti schizofrenici senza causare altri sintomi,
sono detti antipsicotici atipici, cioè riducono sia i sintomi positivi sia quelli negativi, e sono efficaci
persino per molti pazienti che non erano significativamente aiutati dai vecchi farmaci antipsicotici.
La CLOZAPINA è il primo antipsicotico atipico, poi affiancato da altre sostanze: risperidone,
olanzapina, ziprasidone e aripiprazolo.
Numerosi studi indicano che i sintomi negativi e cognitivi sono effettivamente risultati di anomalie
cerebrali, specie a livello della corteccia prefrontale. Sembrano esistere 3 possibilità: i fattori
predisponenti (genetici e/o ambientali) danno origine:
1. Anomalie sia nella trasmissione dopaminergica sia a livello della corteccia prefrontale;
2. Anomalie nella trasmissione dopaminergica prefrontale;
3. Anomalie nella corteccia prefrontale che causano anomalie nella trasmissione dopaminergica
Prove di anomalie cerebrali nella schizofrenia: la schizofrenia può essere associata a qualche
forma di danno celebrale. La TAC e la RM hanno frequentemente rilevato la perdita di tessuto
cerebrale nei pazienti schizofrenici.
Questo grafico sta a indicare uno studio fatto su pazienti di 29 anni sia schizofrenici sia non
schizofrenici. Gli sperimentatori hanno fatto la TAC su 80 pazienti schizofrenici e 66 controlli
normali.
Si può evincere che le dimensioni ventricolari dei pazienti schizofrenici sono di sue volte maggiori di
quelle dei soggetti di controllo normale. La causa più probabile di allargamento del ventricolo è la
perdita del tessuto cerebrale -> schizofrenia cronica associata ad anomalie del cervello.
Localizzazione Descrizione
Testa o Due o più vertigini nel cuoio
capelluto
o Circonferenza cranica al di fuori
dell’intervallo normale di variabilità
Occhi o Piega cutanea nell’angolo interno
degli occhi
o Occhi molto distanziati
Orecchie Attaccatura bassa delle orecchie
Bocca o Palato a volta molto arcuata
o Lingua corrugata
Mani o Mignolo ricurvo
o Singola piega trasversale nel palmo
Piedi o Terzo dito più lungo del secondo
o Terzo e quarto dito parzialmente
palmati
A seconda del tipo di feto uno dei due gemelli ha più o meno la possibilità di sviluppare poi
la schizofrenia. Hanno anche dimostrato una differenza nel cervello dei due gemelli ->
l’ippocampo anteriore risultava più piccolo nel gemello affetto, con una riduzione anche del
volume totale di sostanza grigia a livello del lobo temporale. Si può bene vedere nella RM
del cervello dei gemelli chi è affetto o no della schizofrenia, il gemello sano si trova sulla
sinistra in alto, invece quello schizofrenico sempre in alto ma a destra.
Si può ben vedere da queste scansioni quali e dove le regioni della corteccia cerebrale risultano più
piccole nel cervello di soggetti schizofrenici rispetto ai loro gemelli normali, il che indica quali
regioni sono più colpite dalla malattia. I colori “più caldi” del
blu indicano le regioni in cui la differenza media tra i due
gruppi di gemelli è risultata statisticamente significativa.
I sintomi positivi possono essere causati dall’iperattività delle
sinapsi dopaminergiche, mentre quelli negativi e cognitivi dalle
modificazioni evolutive e degenerative del cervello. Esiste una
relazione tra questi sintomi schizofrenici? -> Sì, perché la
schizofrenia presenta anomalie nella corteccia prefrontale. I
sintomi negativi sono causati principalmente dall’iperfrontalità, cioè la ridotta attività dei lobi
frontali, in particolare della corteccia prefrontale dorsolaterale.
Ci sono delle prove empiriche per dimostrare l’iperfrontalità (sintomi negativi e neurologici) -> al
soggetto viene consegnato un mazzo di 64 carte-risposta da abbinare a quelle stimolo, seguendo il
criterio che ritiene più opportuno. Ogni carta-risposta può essere abbinata a una carta-stimolo
soltanto per un parametro o per una combinazione dei tre parametri; tramite il feedback da parte
dell’esaminatore sulla sua correttezza il soggetto deve scoprire il criterio di classificazione corretto.
Durante la prova, il criterio verrà modificato senza avvertimento, richiedendo di sviluppare una
nuova strategia di classificazione.
LEZIONE 09 MAGGIO
2022
DISTURBI AFFETTIVI MAGGIORI E DISTURBI DELL’UMORE
Prima di parlare dei disturbi affettivi facciamo un rapido focus sull’UMORE, o meglio sullo stato
basale della
affettività. Tonalità,
colorito affettivo che
condiziona
permantemente
secondo la polarità
antitetica piacere-
dispiacere.
Atmosfera durevole
e pervasiva che
colora la percezione
del mondo e della
quale fanno parte la:
depressione,
esaltazione, rabbia e
ansia.
Dall’incrocio
derivante dalla
quantità di energia vitale e della valenza emotiva percepita, positiva o negativa, si organizza il
continuum della polarità umore euforico-triste
Umore normale -> depressione (umore basso, triste astenia, disinteresse, coercizione di attività e
contatti) -> mania (umore elevato, euforico, loquacità, aumento dell’attività, eccessivo
coinvolgimento)
Descrizione: I sentimenti e le emozioni sono parti essenziali dell’esistenza umana, rappresentano la
nostra valutazione degli eventi della vita. In alcune persone l’affetto si distacca dalla realtà, questi
individui provano un’estrema euforia – mania – o disperazione – depressione – non giustificabili
dagli eventi della loro vita.
Esistono due tipi principali di disturbo affettivo maggiore:
Disturbo Bipolare: caratterizzato da periodi alterni di mania e depressione. Colpisce sia
uomini che donne in proporzioni approssimativamente uguali.
Ereditarietà: Le evidenze empiriche hanno dimostrato che i parenti stretti di individui con psicosi
affettive hanno una probabilità di dieci volte maggiore di sviluppare gli stessi disturbi, rispetto alla
popolazione generale.
L’ereditarietà dei disturbi affettivi implica presenza di una base fisiologica ->
o Il gene RORA è implicato nel controllo dei ritmi circadiani, è quello più fortemente associato
allo sviluppo di un disturbo depressivo maggiore
o GRM8 che codifica la produzione di un recettore metabolico per il glutammato
o RORB altro gene clock, si associa al disturbo bipolare a ciclo rapido osservato nei bambini
Stagione di nascita: Le persone nate tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera hanno maggiori
probabilità di sviluppare schizofrenia delle persone nate in altri periodi dell’anno. Una possibile
spiegazione è il fatto che il secondo trimestre – periodo critico per lo sviluppo del feto - coincide
con la stagionale invernale dell’influenza.
Terapie biologiche: esistono diversi trattamenti biologici efficaci contro la depressione unipolare:
Agonisti monoaminergici:
1. MAO -> inibitori delle monoamino-ossidai -> (fine anni ’40, da anti tubercolotici) ->
l’IPRONIAZIDE inibisce l’attività delle MAO, che distruggono l’eccesso di neurotrasmettitori
mono aminici all’interno dei bottoni terminali. La sostanza aumenta il rilascio di dopamina,
norepinefrina e serotonina -> effetti collaterali, quindi devono essere utilizzati con molta
cautela
2. Farmaci che inibiscono la ricaptazione della norepinefrina o serotonina (TRICICLICI), o che
interferiscono con i recettori NMDA
3. Inibitori specifici della serotonina (FLUOXETINA)
4. TEC -> terapia elettroconvulsiva
5. Stimolazione magnetica trans cranica
6. Stimolazione cranica profonda
7. Stimolazione del nervo vago
8. Terapia con luce intensa (fototerapia)
9. Deprivazione del sonno
1. Litio
2. Anti-convulsivanti o anti-epilettici
3. La stimolazione cerebrale profonda
4. La stimolazione magnetica transcranica
Essendo che rispondono d una terapia farmacologica significa che hanno una base fisiologica,
questa è una dimostrazione in più.
La Terapia Elettro-Conculsiva (Ugo Cerletti, 1937) -> nasce dall’osservazione di von Meduna che
i pazienti psicotici soggetti a crisi epilettiche miglioravano subito dopo un attacco:
1. Anestesia
2. Paralisi muscolare
3. Respirazione artificiale
4. Elettrodi posizionati sull’emisfero destro, per non danneggiare la memoria verbale
5. Scarica (e volte a settimana) -> efficacia rapida (pochi giorni) – remissione dei sintomi >
50%
Impatto sulle monoamine
o L’impianto di elettrodi in una particolare regione del cervello –> SCP (CCA – corteccia
cingolata anteriore - subgenuale). I fili vengono fatti passare sotto la cute fino al dispositivo
di stimolazione (generatore d’impulsi simile a un pacemaker), impianto vicino alla clavicola.
o È una forma indiretta di stimolazione cerebrale. È stato sviluppato per prevenire le crisi
epilettiche. Consiste nell’impianto chirurgico sottocutaneo di un piccolo generatore
d’impulsi che viene posizionato bella parte sinistra dell’alto torace. Alcuni fili sottili e
flessibili vengono fatti passare sottopelle fino al collo ed erogano impulsi moderati ed
intermittenti al nervo vago sinistro.
La SNV esercita il suo effetto anti-depressivo grazie alle estese connessioni del nervo Vago
con strutture troncoencefaliche e dienecefaliche (es. locus Coeruleus e diversi altri nuclei
con proiezioni al talamo ed a diverse strutture corticali). Attraverso varie fibre il Vago arriva
poi a circuiti limbici e paralimbici. Quindi la stimolazione elettrica di questo nervo attiva
diverse regioni del tronco dell’encefalo.
Il grafico mostra l’autovalutazione dello stato depressivo di individui che rispondono o meno alla
deprivazione di sonno totale.
Perche questa depriovazione ha effeti solo su alcuni pazienti e non su tutti?
Non è stata ancora data una risposta,
anche se gli studi hanno dimostrato che è
possibile prevedere quali sono i soggetti
che rispondono bene alla deprivazione di
sonno.
L’esposizione al sole quotidiani di 30 minuti, per tutti i mesi in cui è presente la sintomologia
depressiva, ad un fonte di luminosità artificiale d’intensità pari a 10.000 lux (20 volte superior3e
all’intensità media della luce in una stanza) prodotta con apposite lampade dotate di filtri per raggi
ultravioletti. Luce al mattino in combinazione con somministrazione di melatonina nel tardo
pomeriggio rie-equilibra i ritmi dei soggetti con SAD (disturbo affettivo stagionale)
Cap 17
Un esperimento condotto su degli scimpanzé evidenziò come la rimozione in questi dei lobi frontali
portassero alla scomparsa di comportamenti aggressivi in essi, senza evidenti danni intellettivi.Moniz
basandosi su questi studi elaborò la lobotomia, si introducevano strumenti taglienti all’interno dei lobi
frontali per reciderne la sostanza bianca, fasci di assoni.Questa procedura, per cui il Moniz vinse anche
il premio Nobel, era in realtà responsabile di moltissimi effetti collaterali quali mutamenti nella
personalità, incapacità di elaborare piani d’azione o di lavorare, venivano eliminate non solo le reazioni
emotive patologiche ma anche quelle normali.Oggi si prediligono interventi più limitati o una terapia
farmacologica efficiente.
DISTURBI D’ANSIA, disturbo psicologico caratterizzato da ansia e paura infondate ed irrealistiche, le tre
tipologie che sembrano avere cause biologiche sono:
-disturbo di panico, gli individui che ne soffrono sviluppano attacchi episodici di ansia acuta, periodi di
terrore intenso con sintomi fisici quali dispnea, sudorazione, irregolarità del battito cardiaco, vertigini,
svenimento e derealizzazione.Molti individui sviluppano anche ansia anticipatoria, paura di essere
sopraffatti da un nuovo attacco di panico o agorafobia, paura di allontanarsi da luoghi chiusi e protetti
come la propria casa.
-disturbo d’ansia generalizzato, disturbo caratterizzato da ansia e preoccupazioni eccessive gravi tanto
da compromettere la qualità di vita della persona
-disturbo d’ansia sociale, paura persistente di essere esposti al giudizio degli altri che porta ad evitare le
situazioni sociali di tipo prestazionale, dove il soggetto proverebbe ansia e disagio
Cause: -Hanno tutti una causa ereditaria. -gli attacchi di panico possono
essere generati da sostanze che attivano il sistema nervoso autonomo come l’acido lattico; ioimbina;
doxapram; anidride carbonica -La proteina BDNF
regola la sopravvivenza, la specializzazione e il potenziamento a lungo termine dei neuroni; la memoria
ed è associata ad ansia e depressione.Un allele del gene BDNF, chiamato Val66Met, causa l’attività
atipica del circuito corteccia frontale-amigdala e compromette l’estinzione della memoria di paura
condizionata. -Studi di imaging hanno dimostrato l’implicazione delle
cortecce cingolata, prefrontale e temporale anteriore negli attacchi di panico a discapito della riduzione
dell’attività della corteccia orbitofrontale destra e cingolata anteriore e dell’incremento dell’attività
dell’amigdala.L’attivazione della corteccia prefrontale ventromediale sopprime l’attivazione
dell’amigdala nei soggetti sani e non in quelli con disturbo d’ansia.
Trattamento: -I disturbi d’ansia vengono trattati principalmente con le benzodiazepine che hanno per
bersaglio i recettori GABA A presenti nell’amigdala causando una riduzione di attivazione di questa e
dell’insula.Le benzodiazepine hanno un effetto immediato molto rapido ma a lungo termine causano
sedazione, inducono a tolleranza e astinenza, possono quindi dare dipendenza.
-Un nuovo farmaco che viene usato è l’XBD173 che facilita la sintesi di neurosteroidi che incrementano
l’attività del recettore GABA A, che negli attacchi di panico è inattivo.Questo farmaco riduce il panico
senza sedazione e senza creare dipendenza.
-Anche la serotonina è implicata nei disturbi d’ansia, pertanto altri farmaci sono gli inibitori della
ricaptazione della serotonina (SSRI), agonisti della serotonina di cui fa parte la fluovoxamina.
-Un altro farmaco usato è la D-cicloserina (DCS), che funge da agonista indiretto del recettore NMDA,
alleviando l’ansia sociale e il disturbo da panico.Accompagnato ad una terapia cognitivo-
comportamentale facilita l’estinzione di risposte emozionali condizionate.
Cause: -Sono parzialmente dovuti a fattori ereditari e alcuni studi hanno notato molte analogie con un
disturbo da tic, la sindrome di Tourette, caratterizzata da tic vocali e muscolari.Infatti molti pazienti con
disturbo DOC hanno tic, così come molti pazienti con sindrome di Tourette hanno ossessioni e
compulsiomi, sembra quindi che entrambi i disturbi siano prodotti da uno stesso genotipo che poi
sfocia in uno dei due disturbi.
-Possono essere legati da encefalite, trauma cranico, da lesioni i gangli della base, al giro cingolato o
alla corteccia prefrontale.Un’altra causa può essere l’infezione da streptococco B-emolitico di gruppo A
in cui il sistema immunitario del paziente danneggia diversi tessuti del suo stesso corpo, tra cui i gangli
della base.
-Studi di imaging hanno dimostrato l’incremento dell’attività a livello dei lobi frontali, del nucleo
caudato e della corteccia orbitofrontale nel disturbo DOC.
Trattamento: -Alcuni pazienti con DOC grave vengono trattati con la cingolotomia, distruzione
chirurgica di specifici fasci fibrosi nel lobo frontale sottocorticale.
-Altra procedura è la capsulotomia, distruzione di una regione del fascio fibroso (la capsula interna) che
connette il nucleo caudale con la corteccia prefrontale mediale.
-La stimolazione cerebrale profonda (SCP) viene usata correggere anomalie dei gangli della base (anche
nel morbo di Parkinson) e riduce i sintomi del DOC in 4 pazienti su .Il vantaggio di questo trattamento
rispetto agli altri è che è reversibile.
-I gangli della base, il nucleo caudato e il putamen ricevono informazioni dalla corteccia cerebrale,
quando l’informazione è elaborata dai gangli della base passa attraverso 2 vie: diretta, eccitatori ed
indiretta, inibitoria.Nel DOC la via diretta, responsabile del controllo delle sequenze comportamentali
apprese divenute automatiche per svolgerle con rapidità, è iperattiva a discapito della via indiretta, che
sopprime questi comportamenti automatici.
-Le tre sostanze usate attualmente per ridurre i sintomi del DOC sono la cromipramina, la fluoxetina e la
fluvoxamina, sono bloccanti della ricaptazione della serotonina, perché una delle regioni cerebrali
implicate nel DOC sono le terminazioni serotoninergiche.Questi farmaci hanno particolare efficacia con
la tricotillomania, strapparsi i capelli compulsivamente; l’onicofagia, mordersi le unghie; la dermatite
acrale da leccate, cani che si leccano compulsivamente nello stesso punto.
-La D-cicloserina è un agonista del recettore NMDA utile nei pazienti con DOC per ridurre le ossessioni e
i comportamenti disadattati che ne conseguono, soprattutto se accompagnata a sedute di terapia
comportamentale.
Cause: In passato si credeva che l’autismo derivasse da famiglie poco affettuose che spesso abusavano
dei bambini, oggi si crede che si debba a cause genetiche.Infatti si tratta di un disturbo fortemente
ereditario, la concordanza nei gemelli omozigoti è del 70%, può essere causato da numerose mutazioni
genetiche che interferiscono con la comunicazione tra neuroni.L’autismo si deve anche ad anomalie
strutturali del cervello: -Ploeger ipotizza che l’interferenza di farmaci durante l’organogenesi,
stadio embrionale in cui si formano i principali organi, possa generare autismo, in particolare la
talidomide (un farmaco usato negli anni 60’ per ridurre il vomito).
-Courchesne nota che il cervello degli autistici è alla nascita leggermente più piccolo del normale,
cresce poi in modo anomalo fino ai 3 anni per poi rallentare notevolmente, le regioni maggiormente
compromesse dall’autismo come la corteccia frontale, quella temporale e l’amigdala sono quelle che
hanno la crescita più rapida per poi fermarsi. -Herbert nota che gli autistici hanno anomalie nella
sostanza bianca, crescono numerosi assoni corti a discapito di quelli lunghi che sono molto meno del
normale.
-Tecniche di imaging sono state condotte per vedere le basi neurali delle 3 categorie di sintomi
autistici.La difficoltà nel comprendere ciò che specimen tano gli altri si deve alla scarsa attivazione del
solco temporale superiore e della corteccia prefrontale mediale, mentre la corteccia visiva di
associazione ha livelli di attivazione normali.La mancanza di interesse verso gli altri si deve
all’attivazione scarsa o assente dell’area fusiforme della faccia (FFA) che si trova nell’area della
corteccia visiva ed è implicata nel riconoscimento dei singoli volti.E’ possibile che questo si debba al
fatto che gli autistici passano una quantità di tempo molto limitata nell’osservare i volti delle persone.Il
fatto che gli autistici abbiano difficoltà nel guardare negli occhi le persone si deve allo sviluppo anomalo
dell’amigdala.Si è notato che l’ossitocina, un ormone poco presente negli autistici, se somministrata a
questi ultimi migliora la socializzazione in quanto aumenta la fiducia e l’intimità con gli altri.La difficoltà
nell’empatizzare si deve alla riduzione dello spessore della corteccia cerebrale a livello dei neuroni
specchio.Baron e Cohen hanno notato che l’autismo, molto più presente nei maschi, sembra appunto
un’esagerazione di tratti tipicamente maschili, questo si deve a livelli fetali particolarmente alti di
androgeni e testosterone.Infine l’autismo sembra essere correlato anche all’incremento dell’attività del
nucleo caudato, responsabile anche del disturbo DOC.
DISTURBI DA STRESS, con il termine stress ci si in modo generico alla risposta da stress o ad uno
stressor (evento stressante).Con il termine risposta di stress ci si riferisce alla reazione fisiologica
causata dalla percezione di situazioni avverse o minacciose.Invece per reazione di attacco o fuga si
intendono le risposte fisiologiche che ci preparano agli sforzi intensi necessari per combattere o
scappare in presenza di uno stressor.Al termine della situazione stressante la condizione fisiologica
torna normale, a meno che le situazioni minacciose non siano continue.
Le situazioni di stress prolungato hanno effetti nocivi sulla salute, Selye crede che questo si debba alla
secrezione prolungata di glucocorticoidi che causano ipertensione, danneggiamento del tessuto
muscolare, diabete da steroidi, infertilità…
Inoltre lo stress prolungato aumenta i tempi di guarigione, Kiecolt-Glaser induce biopsie con ago
aspirato nell’avambraccio di due gruppi di soggetti, quello sottoposto a stress (familiari di persone con
Alzhameir) ci mettevano più tempo a guarire.
Lo stress ha effetti a lungo termine anche a livello cerebrale dove deteriora la formazione ippocampale ,
i glucocorticoidi riducono l’ingresso del glucosio e aumentano quello di calcio nei neuroni
dell’ippocampo, rendendoli più esposti a danni.Gli stressor possono causare problemi di memoria, lo
stress prenatale problemi nell’apprendimento, anche una breve esposizione a stress acuto può
generare effetti negativi sull’apprendimento e può far incorrere in depressione.Salm dimostra che lo
stress prenatale causa l’aumento delle dimensioni dell’amigdala e la conseguente risposta di paura
negli ambienti nuovi e Barbazanges scopre che lo stress prenatale causa la prolungata produzione di
glucocorticoidi nel corso della vita; Fenoglio dimostra che esperienze stressanti in età precoce riducono
la reattività a situazioni stressanti future.Lo stress gran e negli esseri umani causa la riduzione del
volume della corteccia prefrontale dorsomediale e la perdita di sostanza grigia nella corteccia
cerebrale.
I trattamenti più comuni per questo disturbo sono la terapia cognitivo-comportamentale; la terapia di
gruppo, la somministrazione di SNRI e la stimolazione magnetica transcranica.
Il SISTEMA IMMUNITARIO ha la funzione di proteggerci dalle infezioni, deriva dai leucociti che si
sviluppano nel midollo osseo e nel timo.Quando il nostro organismo è invaso da corpi estranei di
possono v verificare due tipologie di risposte immunitarie specifiche:
-immunità a mediazione chimica, prevede l’azione degli anticorpi, i microrganismi infettivi presentano
delle proteine particolari dette antigeni che permettono al sistema immunitario di riconoscerli.Si
producono anticorpi specifici che riconoscono l’antigene e uccidono l’organismo invasore.Un tipo di
anticorpi è messo in circolo dai linfociti B, le immunoglobuline catene profetiche uguali tra loro tranne
che per un’estremità, dove c’è un recettore che le distingue le une dalle altre.Quando i linfociti B
rilevano la presenza di batteri rilasciano gli anticorpi che si legano all’antigene e uccidono gli invasori.
-immunità cellulo-mediata, legata ai linfociti T che producono anticorpi che restano attaccati all’esterno
della loro membrana, sono deputati alla difesa da organismi pluricellulari, quando gli antigeni si legano
agli anticorpi di superficie, le cellule uccidono gli invasori.
La comunicazione tra queste cellule è garantita dalle citochine, sostanze chimiche che stimolammo la
divisione cellulare, in presenza dell’invasore inducono la proliferazione di globuli bianchi.