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ANESTETICI LOCALI

Gli anestetici locali bloccano reversibilmente l’insorgenza del potenziale d’azione


responsabile della conduzione nervosa delle fibre nervose. La prima sostanza ad
essere usata come anestetico locale è stata la cocaina.
Gli anestetici locali sono farmaci che, applicati topicamente, inibiscono l’i sporgenza
di una sensazione dolorosa bloccando in maniera limitata è reversibile la conduzione
delle fibre nervose e di altre vie di conduzione come le cellule miocardiche. La
conduzione dell’impulso nervoso avviene per diffusione del PdA che deriva da
modificazioni della permeabilità delle membrane cellulari al Na+ e K+.
Il PdA si genera quando si ha l’afflusso del Na+ nel citoplasma cui consegue
depolarizzazione transitoria e termina con la chiusura dei canali del Na+ e l’apertura
dei canali del K+ che permette la fuoriuscita del K+ dalla cellula e quindi la
ripolarizzazione della membrana.
Gli anestetici locali sono in genere costituiti da:
• Un polo lipofilo, rappresentato da un anello aromatico responsabile della
liposolubilità del prodotto, della diffusione nei tessuti, del fissaggio alle proteine
plasmatiche
• Un polo idrofilo, che conferisce agli anestetici locali il carattere di amine terziarie
e ne determina il carattere di base
• Una catena intermedia, che per la presenza di un legame amidico o estereo,
permette la classificazione degli anestetici locali.

La natura della catena intermedia condiziona il metabolismo di queste sostanze:


- gli anestetici a legame estereo sono rapidamente idrolizzati nel plasma ad opera
delle pseudocolinesterasi
- Gli anestetici amidici vengono catabolizzati a livello dei microsomi epatici

La liposolubilità condiziona la potenza degli anestetici locali. Quelli a maggiore


liposolubilità sono anche i più potenti perché diffondono maggiormente attraverso le
membrane. Il legame con le proteine influisce sulla durata d’azione. Una grossa
percentuale di anestetici locali legata alle proteine è l’espressione di una grande
affinità di legame per le proteine recettoriali. Gli anestetici locali a maggiore potenza
hanno anche maggiore durata d’azione. Il pKa è definito come il pH al quale il 50%
di un anestetico locale è presente in forma ionizzata e il 50% in forma non ionizzata.
Il pKa è importante nel determinare l’insorgenza d’azione. Anestetici con pKa
prossimo al pH fisiologico avranno insorgenza d’azione più rapida perché presenti in
soluzione in maggior parte nella quota non-ionizzata (più liposolubile). Più il pKa si
distanzia dal pH, tanto minore sarà l’insorgenza d’azione.
Gli anestetici locali bloccano i canali del Na+ voltaggio-dipendenti inibendo così
l’afflusso di ioni Na+ fondamentali per l’insorgenza del PdA. La sensibilità delle
fibre nervose al blocco esercitato dagli anestetici locali è inversamente proporzionale
al diametro delle fibre stesse: le fibre sensitive sono più sottili delle fibre motrici e
vengono quindi bloccate per prime (le piccole fibre amieliniche dolorifiche sono
quelle bloccate per prime). La sensibilità delle fibre nervose agli anestetici locali
dipende, oltre che dal diametro, anche dal grado di mielinizzazione. Gli AL subiscono
processi di assorbimento, distribuzione ed eliminazione.
L’assorbimento dipende:
- dal sito di somministrazione: il riassorbimento ematico dipende dalla
vascolarizzazione della regione e dalla presenza di tessuti in grado di fissare
localmente gli AL
- dalla dose somministrata e volume
- Dall’associazione o meno di un vasocostrittore: gli AL sono spesso associati ad un
vasocostrittore (adrenalina, noradrenalina) al fine di mantenere le concentrazioni
locali del farmaco, prolungandone la durata d’azione e limitarne l’assorbimento
sistemico. L’aggiunta del vasocostrittore per ette anche di compensare l’azione
vasodilatatrice di alcuni di esse
- Dalla liposolubilità della molecola
APPLICAZIONI E PREPARAZIONI

Nell’anestesia locale si distinguono varie forme di applicazione:


• Anestesia superficiale: farmaco applicato sulla superficie di cute e mucose e
diffonde ai rami dei nervi producendo l’anestesia degli strati superficiali dei tessuti.
La penetrazione della cute integra è scarsa, mentre l’assorbimento attraverso le
mucose è rapido
• Anestesia per infiltrazione: anestetico iniettato nei tessuti dell’area da anestetizzare
bloccando la conduzione dei nervi che attraversano l’area e anestetizzando la
regione innervata dalle sezioni distali di questi nervi
• Anestesia intra-articolare: anestetico iniettato nell’articolazione; usata a scopo
diagnostico per confermare la presenza di dolore articolare
• Anestesia di conduzione o tronculare: anestetico iniettato intorno al nervo per
desensibilizzare i tessuti innervati. Es.blocco dei nervi paravertebrali prima di una
laparotomia
• Anestesia spinale: o subaracnoidea (intratecale). Anestetico iniettato nel liquido
spinale nella regione lombare
• Anestesia epidurale: anestetico iniettato nello spazio epidurale bloccando la
conduzione dei nervi spinali o dell’intero midollo spinale
ANESTETICI LOCALI DI TIPO AMIDICO

1. Lidocaina: anestetico di superficie, spesso associato con noradrenalina che ne


riduce la velocità di assorbimento, prolungandone la durata d’azione. È
classificata come antiaritmico. Trova largo impiego in oftalmologia veterinaria
per procedure chirurgiche o diagnostiche. L’applicazione topica sotto forma di
creme, unguenti o gel, richiede cautela. I metaboliti mantengono l’attività
anestetica e contribuiscono alla sua tossicità che si può manifestare con
sonnolenza, convulsioni, coma, depressione respiratoria.
2. Mepivacaina: meno irritante per i tessuti rispetto alla lidocaina; usata per
anestesie di conduzione, infiltrazioni, intra-articolari. Usata senza vasocostrittore
associato
3. Bupivacaina: lunga durata d’azione. Usata per anestesie spinali ed epidurali
prevalentemente in ostetricia e in chirurgia ortopedica. Dotata di cardiotossicità.

ANESTETICI LOCALI DI TIPO ESTEREO


1. Cocaina: primo anestetico locale. Uso limitato per la sua elevata tossicità e
problemi di abuso
2. Procaina: bassa potenza, lenta insorgenza, breve durata d’azione. Usata solo nelle
anestesie per infiltrazione e di conduzione
3. Tetracaina: usata solo per le anestesie di superficie (potenziale tossicità)

Ropivacaina: nuovo anestetico locale di tipo amidico con struttura simile a quella
della bupivacaina; dotata di minori effetti negativi sul cuore e sul SNC. Ha minore
proprietà vasodilatatrici rispetto agli altri AL.

Gli effetti collaterali sono la conseguenza dell’azione sistemica (non desiderata) di


queste molecole, e sono legati all’interferenza con i canali del Na+ in organi e tessuti
diversi dalle fibre nervose su cui si intendeva diretta la loro azione.
SNC:
-sintomi iniziali (dose 6mcg/ml)—> testa vuota, vertigini, disturbi visivi e uditivi,
disorientamento, sonnolenza.
-sintomi a dosi più elevate (>10 mcg/ml)—> spesso si verificano dopo una iniziale
eccitazione del SNC rapidamente seguita da depressione. Si hanno spasmi muscolari
e arresto respiratorio, collasso cardiocircolatorio

Sistema cardiovascolare
-effetti cardiaci diretti: depressione miocardica (tetracaina,bupivacaina)
Disturbi del ritmo(bupivacaina),cardiotossicità
-effetti periferici: vasocostrizione a basse dosi
vasodilatazione a dosi maggiori(ipotensione)
-segni e sintomi di tossicità cardiovascolare: dolore toracico, dispnea con respirazione
superficiale, cardiopalmo, ipotensione, sincope

Metemoglobinemia (lidocaina,prilocaina,benzocaina). La O-toluidina, il metabolita


epatico della prilocaina, è un potente ossidante dell’emoglobina a metaemoglobina.
Sintomi: cianosi, discolorazione cutanea (grigia), tachipnea, dispnea, intolleranza
all’esercizio fisico, astenia, sincope.
ANESTETICI GENERALI

Anestesia: stato di incoscienza indotto da farmaci in cui si produce una depressione


controllata e reversibile del SNC, con perdita della risposta a tutti gli stimoli esterni e
annullamento della loro percezione.
Gli anestetici generali inducono in maniera reversibile, analgesia, amnesia, e, in
genere, ipnosi e rilassamento muscolare che permettono il mantenimento della
stabilità fisiologica del paziente e l’attenzione dello stress chirurgico.
La moderna pratica anestetica si basa su un’anestesia bilanciata cioè quella che
permette di raggiungere 3 obiettivi principali: incoscienza, analgesia e rilassamento
muscolare, mediante la combinazione di vari farmaci che interagiscono tra loro
permettendo di minimizzare la dose necessaria di ognuno di essi è quindi di ridurre
anche i loro effetti collaterali.
Gli anestetici generali sono somministrati per inalazione o per iniezione.
I principali anestetici generali per inalazione sono: protossido di azoto, alotano,
metossiflurano, enflurano, isoflurano, sevoflurano, desflurano.
I principali anestetici generali per iniezione sono: barbiturici, ketamina, tiletamina,
propofol, etomidato.
La somministrazione degli anestetici è preceduta da una medicazione pre-anestetica. I
farmaci della premedicazione includono:
-oppioidi somministrati a scopo analgesico
-tranquillanti per ottenere sedazione e amnesia
-anticolinergici (per prevenire salivazione e bradicardia)
-miorilassanti

A livello cellulare, gli anestetici generali iperpolarizzano i neuroni riducendone


l’eccitabilità. Glie anestetici generali possono interferire con la funzione nervosa a
molteplici livelli.
A livello molecolare agiscono su specifici siti di legame, e inducono:
-aumento della sensibilità al GABA del recettore GABAa (—> amnesia, rilassamento
muscolare) [inalatori alogenati(alotano...);
parenterali(barbiturici,etomidato,propofol)]
-potenziamento dei recettori-canali cloro della glicina di midollo spinale e tronco
[tutti eccetto etomidato e ketamina]
-inibizione dei recettori nicotinici-neuronali(—>analgesia,amnesia) [anestetici
inalatori]
-inibizione del recettore NMDA(—>perdita di coscienza) [ketamina, protossido di
azoto,xenon]
-attivazione di canali del K+ [anestetici inalatori alogenati, protossido d’azoto,xenon]

Quindi:
-i parenterali agiscono soprattutto sul recettore GABAa
-gli inalatori alogenati hanno molti bersagli molecolari e producono tutti i
componenti dell’anestesia
-protossido d’azoto,keta e xenon hanno effetto su NMDA e/o canali K+

• Specifici siti d’azione:


-midollo spinale (immobilità). Inalatori
-nucleo tubero-mammillare (sedazione). Barbiturici, propofol
-circuito talamo-corticale (perdita coscienza). Inalatori
-ippocampo (amnesia). Inalatori e parenterali.

Stadi dell’anestesia

1. Primo stadio: di induzione. Dall’inizio fino alla perdita della coscienza. Definito
anche fase dell’analgesia e dell’amnesia
2. Secondo stadio: fase del delirio o dell’eccitazione involontaria. Dalla perdita di
coscienza fino alla comparsa dell’automatismo della respiro.
3. Terzo stadio: fase chirurgica. Distinto in 4 piani (1 per interventi lievi; 2
interventi chirurgici di grado medio; 3 interventi chirurgici invasivi; 4 interventi
chirurgici molto devastanti)
4. Quarto stadio: fase della paralisi respiratoria per eccesso di dosaggio
dell’anestetico.

ANESTETICI INALATORI

Permettono tempi di induzione e risveglio veloci e rapidi aggiustamenti del livello di


anestesia. Sono in genere liquidi, a temperatura ambiente, oppure
gas(protossido,xenon). Raggiunto il polmone, diffondono dagli alveoli al sangue e
poi in tutto il corpo, incluso il SNC.

Solubilità nel sangue—> indica l quantità di anestetico disciolto nel sangue quindi
meno disponibile per agire nel SNC (meno farmaco libero). Maggiore è l solubilità,
minore sarà la velocità di captazione ed eliminazione, quindi il farmaco agirà più
lentamente. La velocità dell’effetto è inversamente proporzionale alla solubilità nel
sangue.

Concentrazione alveolare minima—> è la forma che abbiamo di dosare gli anestetici


inalatori e corrisponde alla percentuale di anestetico inalatorio necessario a livello
alveolare, che permette una “non risposta” da parte dell’animale a uno stimolo
doloroso. È specifica di ogni farmaco.
Gli anestetici sono tanto più potenti quanto più bassa è la loro CAM

L’anestesia inalatoria si produce tramite somministrazione di agenti inalatori


alogenati, che non hanno proprietà analgesiche e che devono essere veicolati in
ossigeno.
ANESTETICI INALATORI VOLATILI

• Alotano. È un idrocarburo alogenato, volatile, fotosensibile, non infiammabile. Ha


elevato coefficiente di ripartizione sangue/gas/sangue. Dopo la sua
somministrazione l’80% viene eliminato immodificato dal polmone, il 20% viene
metabolizzato a livello epatico ed escreto con le urine. È ben tollerato nei neonati.
Induzione e risveglio lenti. Effetti collaterali: riduzione della gittata cardiaca
e della pressione arteriosa; vasodilatazione periferica; sensibilizza il miocardio
all’azione delle catecolamine. Broncodilatatore, riduzione F.R. e del volume
tidalico (respirazione rapida e superficiale). Depressione del SNC, depressione dell
regolazione della temperatura corporea con possibile ipotermia; dilatazione dei vasi
cerebrali con aumento del flusso cerebrale. Riduzione flusso ematico renale, quindi
oliguria. L’alotano è responsabile dell’ipertermia maligna del suino, caratterizzata
da rigidità muscolare, brusca ipertermia, elevazione del consumo di O2 e
iperproduzione di CO2. A volte, l’anestesia con alotano può causare insufficienza
epatica da necrosi epatocellulare acuta. Oggi l’impiego di alotano è limitato.
• Metossiflurano. Etere alogenato, liquido, fotosensibile, non infiammabile. Alta
solubilità nel sangue. Tempi di induzione e risveglio lunghi. Metabolismo epatico e
renale a prodotti potenzialmente tossici. Effetti collaterali: riduzione della
contrattilità del miocardio, riduzione gittata cardiaca, dilatazione vascolare,
riduzione pressione arteriosa. Sensibilizza il miocardio alle catecolamine.
Riduzione F.R. e volume tidalico. Depressione SNC, dilatazione vasi cerebrali e
aumento flusso ematico cerebrale.
• Enflurano. Etere alogenato. Liquido, non infiammabile. Tempi di induzione e
risveglio lunghi. Poco metabolizzato a livello epatico, dà luogo a ioni fluoro la cui
concentrazione ematica può essere nefrotossica. Causa depressione dose-
dipendente della funzione cardiovascolare, con riduzione della pressione arteriosa e
della gittata. Riduce la frequenza respiratoria e volume tidalico, inducendo in
maniera dose-dipendente uno stato di ipoventilazione. Broncodilatazione. Ad alte
concentrazioni induce aumento dell’attività elettrica cerebrale quindi è
controindicato in animali epilettici. Causa rilassamento della muscolatura
scheletrica.
• Isoflurano. Etere alogenato. Liquido, caratteristico odore pungente. Rapidi tempi di
induzione e recupero, permette una veloce modulazione del livello di anestesia.
Scarsamente metabolizzato, quindi può essere usato in pazienti con insufficienza
epatica o renale. Effetti: riduce la funzione cardiaca e la pressione in maniera dose-
dipendente. Gli animali anestetizzati tuttavia mantengono una gittata cardiaca
maggiore rispetto a quelli anestetizzati con alotano. A livello respiratorio
depressione e broncodilatazione.
• Desflurano. Simile all’isoflurano; liquido altamente volatile a temperatura
ambiente, non infiammabile. Coeff di ripartizione sangue/gas molto basso e scarsa
solubilità nei grassi. Tempi di induzione e recupero rapidi. Scarsamente
metabolizzato. Effetti: riduzione dose-dipendente della pressione, modesto effetto
inotropo negativo, causa tachicardia transitoria secondaria a stimolazione
simpatica. È irritante per le vie respiratorie e nei pazienti svegli può provocare
tosse, salivazione, broncospasmo. Per questo è preferibile prima effettuare
l’induzione con un agente iniettabile e poi usare il desflurano per il mantenimento.
È broncodilatatore e causa aumento dose-dipendente della frequenza resp. Causa
rilassamento della muscolatura scheletrica.
• Sevoflurano. Volatile a temperatura ambiente, non infiammabile. Scarsa solubilità
nel sangue, rapidi tempi di induzione e recupero. Scarsamente metabolizzato a
livello epatico. Quando interagisce con la calce sodata si produce una reazione di
degradazione che forma un composto (detto composto A) che è nefrotossico. Causa
riduzione dose-dipendente della pressione e della gittata cardiaca. Causa
broncodilatazione, riduzione del volume tidalico e aumento della frequenza resp,
dose-dipendente. Causa rilassamento della muscolatura scheletrica.
• Protossido d’azoto. Gas inodore, non infiammabile, scarsamente liposolubile.
Tempi di induzione e risveglio molto rapidi. Da solo non è in grado di indurre lo
stadio di anestesia chirurgica. Per questo è usato in associazione ad altri anestetici
generali, inalatori o iniettabili. Ha un forte effetto analgesico, che permette nelle
anestesie di combinazione di ridurre le dosi del secondo anestetico. Eliminato per
via polmonare. Assenza di rilassamento muscolare. Effetti: deprime la funzionalità
cardiaca, tuttavia ha azione di stimolazione diretta del sistema nervoso simpatico
che antagonista questa depressione. Ha bassa tossicità. L’esposizione cronica può
portare ad ossidazione della vit. B12 che comporta un’attivazione della
metioninasintetasi (causa possibile di anemia megaloblastica).
• Xenon. Gas inerte. Antagonista NMDA e inibitore dei canali K+. Estremamente
insolubile nel sangue; tempi di induzione e recupero rapidi, ha effetti collaterali
minimi, non viene metabolizzato. È ben tollerato. L’inconveniente è che essendo un
gas raro, è molto costoso.

ANESTETICI INIETTABILI

Permettono una rapida e facile induzione dell’anestesia.

BARBITURICI

Sono acidi deboli preparati in forma di sali sodici, che disciolti in acqua danno
soluzioni alcaline, instabili alla luce, all’aria e al calore. Derivano dall’acido
barbiturico che si ottiene combinando l’urea con l’acido malico. Possiamo avere
ossibarbiturici e tiobarbiturici (l’atomo di ossigeno è sostituito dallo zolfo).
Sono molto liposolubili e l’assorbimento è buono per tutte le vie di somministrazione.
Tuttavia è sconsigliata la somministrazione i.m. o s.c. in quanto risultano irritanti. La
loro elevata liposolubilità comporta l’accumulo nei grassi dell’organismo da cui
vengono poi lentamente mobilizzati. Somministrazioni ripetute di tiobarbiturici
possono comportare elevate concentrazioni del farmaco nel compartimentò grasso
che possono poi ridistribuirsi al sangue prolungando il mantenimento di
concentrazioni plasmatiche attive e lunghi tempi di recupero. Sono metabolizzati a
livello epatico ed escreti per via renale. La velocità di metabolizzazione è diversa
nelle varie specie: i gatti necessitano di lunghi tempi di metabolizzazione, mentre i
ruminanti e i roditori li metabolizzano molto velocemente.
Il meccanismo d’azione è basato sull’aumento della sensibilità al GABA del recettore
GABAa, sul potenziamento dei recettori-canali del cloro della glicina di midollo
spinale e tronco, attivazione dei canali del K+, inibizione del rilascio di
neurotrasmettitori inclusi noradrenalina e glutammato, e inibizione delle correnti
ioniche di Na+ e Ca2+ e potenzia quelle del K+.
I barbiturici causano depressione del SNC dose-dipendente che si traduce in
inibizione dell’attività motoria e in un effetto anticonvulsivante (solo alcune molecole
esercitano questo effetto anche a dosi basse). A dosi sedative hanno modesto effetto
sulla respirazione; in caso di sovradosaggio si osserva apnea, depressione
cardiovascolare e morte (depressione progressiva del centro respiratorio bulbare). A
dosi sedative hanno effetti modesti sull’apparato cardiovascolare; concentrazioni
elevate inducono tuttavia un effetto inotropo negativo.
A dosi ipnotiche e anestetiche provocano un progressivo abbassamento della
temperatura (ipotermia) per inibizione del centro ipotalamico.
L’azione analgesica compare solo a dosi anestetiche (se somministrati insieme ad altri
analgesici ne potenziano l’azione).
Riducono la sensibilità della placca motrice all’Ach, esercitando attività
miorilassante. Sull’apparato gastrointestinale deprimono la contrattilità della
muscolatura liscia; dopo un’iniziale depressione, tuttavia, si può avere un aumento
del tono e della motilità. Possono provocare riduzione del flusso urinario e aumento
della liberazione di ormone antidiuretico.
Distinguiamo:
Barbiturici ad azione ultra breve
1. Tiopentale sodico e tiamilale. Tiobarbiturici.Altamente liposolubile, a basso
grado di ionizzazione. Diffondono rapidamente nel SNC e inducono rapidamente
(1-2min).Tipentale: Si usa per l’induzione, come anticonvulsivante, come
mantenimento anestetico e in sedazioni corte. Emivita breve (20min). Viene
venduto in fiale da ricostituire, che una volta ricostituite presentano pH molto
alcalino (11-14); se fuori vena produce ustioni e ulcere della pelle. Agisce sui
recettori GABAa. Molto lipofilico (se somministrato in un paziente obeso, il
farmaco si dirigerà dal sangue al grasso e quando il grasso si satura, arriverà al
SNC. Per cui questi animali ci stanno di più per essere anestetizzati e per
recuperare). Si unisce alle proteine plasmatiche, per cui è meglio non usarlo in
pazienti con ipoprotidemia. È metabolizzato a livello epatico ed eliminato con le
urine. Produce depressione e miocardica, vasodilatazione, ipotensione
compensata con aumento della F.C. Sensibilizza il miocardio all’azione delle
catecolamine. Produce bradipnea e apnea da induzione. Diminuisce la pressione
intraoculare. Diminuisce il riflesso laringeo (anche se meno del propofol).
2. Metoesitale sodico. Ossibarbiturico, alta liposolubilità e rapidi tempi di
induzione. Metabolizzato più rapidamente dei tiobarbiturici e anche degli
ossibarbiturici. Può essere usato con sicurezza anche in animali con scarsa massa
grassa.

Barbiturici ad azione breve


1. Pentobarbitale. Ossibarbiturico a minore liposolubilità e maggiore durata
d’azione (30-60min). Uso limitato per l’induzione dell’anestesia e per il controllo
di stati epilettici. Usato anche per indurre l’eutanasia.

Propofol
È un alchilfenolo, liposolubile, non ha effetto analgesico. Somministrato e.v. Viene
iniettato in bolo unico per l’induzione dell’anestesia e per l’esecuzione di procedure
chirurgiche di breve durata o in infusione continua per interventi di lunga durata.
Aumenta l’attività del GABA nel SNC. Dopo la somministrazione si distribuisce nel
SNC in pochi secondi inducendo rapidamente anestesia per poi distribuirsi
rapidamente ad altri tessuti. Ne risulta un’a estesi a di breve durata e un recupero
completo entro 20-30 min. Viene metabolizzato a livello epatico ed escreto per via
renale. Induce depressione dell’attività miocardica e vasodilatazione che comportano
una riduzione della pressione sanguigna e della gittata cardiaca. Nella fase di
induzione la sua somministrazione è anche associata ad ipoventilazione, periodi di
apnea e, nel cane, a mioclonie.
Etomidato
È un anestetico, ipnotico, non-barbiturico. Rapidamente metabolizzato a livello
epatico, durata d’azione ultra rapida. Indicato per somministrazione e.v. per
l’induzione dell’anestesia per procedure chirurgiche di breve durata o prima di
un’anestesia per via inalatoria. Causa effetti depressori minimi sull’apparato
respiratorio e cardiovascolare, con diminuzione de flusso ematico cerebrale. Agisce
sui recettori GABAa. È d’elezione in pazienti con patologie cardiache avanzate e
scompensate in quanto appunto ha minimi effetti a livello emodinamico. Presenta
elevata Unione alle proteine plasmatiche. A volte, se il paziente non è ben sedato, si
possono osservare mioclonie, tosse, può essere mantenuto il riflesso laringeo e il
paziente può vomitare al momento dell’intubazione. Ha attività anticonvulsivante
(ma anche pro-convulsivante in pazienti predisposti a convulsioni). Inibisce la
produzione di cortisolo da parte del surrene (per 2-6h).

ANESTETICI DISSOCIATIVI

Agente dissociativo: dissocia lo stato mentale dal corporeo. Gli impulsi non vengono
percepiti dalle aree corticali del cervello, per cui si produce catalessi (immobilità e
rigidità muscolare, perdita della sensibilità e della capacità di contrarre
volontariamente i muscoli), sedazione, amnesia, immobilità e analgesia.
Gli anestetici dissociativi usati in veterinaria sono la ketamina e la tiletamina
(associata a zolazepam). Sono antagonisti non competitivi con i recettori NMDA.
Questi farmaci deprimono il sistema talamo-neocorticale ed attivano il sistema
limbico, producendo uno stato di incoscienza e di analgesia mentre molto riflessi
sono conservati (palpebrale, laringeo, faringeo, podale). Inducono una buona
analgesia a livello somatico, mentre è scarsa quella a livello viscerale. Gli anestetici
dissociativi non hanno hanno proprietà miorilassanti, causando invece aumento del
tono muscolare. Inducono una depressione diretta del sistema cardiovascolare
compensata dalla simultanea stimolazione del sistema simpatico; ne risulta aumento
della pressione sanguigna, della gittata e della frequenza. Il flusso ematico cerebrale è
aumentato. La funzione respiratoria è depressa, con riduzione della tensione
dell’ossigeno e aumento di quella dell’anidride carbonica. Salivazione e secrezioni
tracheobronchiali sono aumentate.

• Ketamina. Somministrata i.m. o e.v. Metabolizzata a livello epatico ed escreta per


via renale. È un potente inibitore del recettore NMDA. Offre una buona
contenzione chimica nel gatto. Di solito viene associato ad un α2-agonista, per
potenziare l’effetto sedativo. Dà una buona analgesia somatica, ma scarsa a livello
viscerale. Blocca i recettori NMDA. Produce rigidità muscolare, ipersalivazione; il
riflesso laringeo (e altri riflessi) sono mantenuti. Gli occhi restano aperti e centrati
(è bene proteggere la cornea per evitare danni). A dose anestetica aumenta la
pressione intracranica e intraoculare, aumenta la pressione e la F.C. Se usata ad alte
dosi produce recupero con effetti allucinogeni. Può dare depressione respiratoria ad
alte dosi. È controindicata in pazienti con quadri convulsivi o di epilessia. È inclusa
tra le sostanze ad azione stupefacente o psicotropa (DPR 309,19990).
• Tiletamina. Usata per anestesie di breve durata. Usata in associazione ad una
benzodiazepina (zolazepam). Questa combinazione è disponibile in commercio
come specialità medicinale per uso veterinario. L’attività farmacologica di queste
sue molecole è complementare. La tiletamina fornisce l’attività analgesica e
immobilizzante, mentre lo zolazepam apporta la componente tranquillante e
miorilassante.
ANALGESICI OPPIOIDI

Dolore—> spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata ad un potenziale


o effettivo danno tissutale.
Nocicezione—> risposta evocata da una irritazione tissutale dovuta ad una
stimolazione meccanica, termica, chimica di recettori posti sui terminali nervosi
(nocicettori). Questi recettori generano segnali che vengono trasmessi al midollo
spinale lungo fibre nervose mieliniche di piccolo calibro ( Aδ: dolore acuto) e fibre
amieliniche C (dolore crescente, sordo, o sensazione di bruciore). Queste trasportano
il segnale nervoso al SNC, attraverso il fascio spino-talamico laterale per terminare
nei nuclei ventro-posteriori del talamo. Il tratto spino-talamico proietta numerose
collaterali ad altre strutture, come la sostanza grigia periacqueduttale (PAG). La
corteccia svolge un ruolo fondamentale nella percezione del dolore. Il talamo è
implicato nella trasmissione e degli aspetti sensoriali e discriminativi del dolore
(es.intensità), mentre i nuclei intralaminari giocano un ruolo nella risposta affettivo-
emozionale del dolore. Le vie nervose efferenti, implicate nella modulazione del
dolore, percorrono il midollo lungo il funicolo dorso-laterale e terminano a livello
delle corna dorsali.

Dolore nocicettivo—> bastato sull’irritazione dei nocicettori e sulla trasmissione


degli impulsi al SNC (elevata sensibilità al trattamento con FANS ed oppioidi)
Dolore neuropatico—> in seguito a lesioni del sistema nervoso periferico o del SNC
(es.dopo amputazione, paraplegia,infezioni da Herpes, polineuropatia diabetica).
Persiste per periodi prolungati indipendentemente dal processo di guarigione. Non
risponde al trattamento con FANS e oppioidi.

Gli animali comunicano la percezione de dolore attraverso atteggiamenti


comportamentali e modificazioni fisiologiche misurabili che si verificano a carico del
sistema nervoso simpatico e di quello endocrino. Ansietà, cambiamenti di espressione
degli occhi (pupille fosse e dilatate,lacrimazione), irrequietezza, claudicazione,
modificazioni dell’appetito, variazioni della personalità, aumento o riduzione e
dell’attività fisica, auto-mutilazioni e vocalizzazioni. Le risposte del sistema nervoso
al dolore includono ipersensibilità alla palpazione o all stimolazione delle aree dolenti
nonché variazioni neurologiche. Le risposte cardiovascolari comprendono variazioni
della frequenza cardiaca, della pressione, del flusso ematico e della perfusione
tissutale, aritmie. Quelle respiratorie includono alterazioni della frequenza
respiratoria, dell’ampiezza del respiro, del volume tidalico, del contenuto di gas
ematici e del pH. Squilibri idro-elettrolitici, acidosi alterazione del rapporto glucosio/
lattato rappresentano alcune delle modificazioni metaboliche, mentre aumento del
cortisolo, ACTH, adrenalina, noradrenalina, dopamina è l’espressione di alterazioni
endocrine.
Il trattamento del dolore può essere effettuato con molecole in grado di agire in
periferia (a livello dei recettori posti nel sito della lesione), lungo il sentiero afferente,
o nel cervello. I farmaci usati a tale scopo sono rappresentati dai FANS, dagli
oppioidi, dagli α2-adrenergici e dagli anestetici locali.

Recettori specifici per gli oppioidi sono stati identificati nel cervello, nel midollo
spinale, nel SNA, nel plesso mioenterico del tratto gastrointestinale, nel rene, nel
pancreas, nel surrene. Gli oppioidi endogeni sono rappresentati da β-Endorfine,
encefaline, dinorfine, endomorfine.
Ci sono 3 tipi di recettori per gli oppioidi: µ (µι, µ2, µ3), k (Kappa: k1, k2, k3) e δ
(δ1,δ2).
I recettori µ, cui si legano di preferenza le β-Endorfine, sono coinvolti nel
determinare analgesia sopraspinale, depressione respiratoria, ipotermia, bradicardia,
midriasi o miosi, euforia, sedazione e dipendenza fisica.
I recettori k, cui si legano le dinorfine, sono responsabili di analgesia spinale, miosi,
modesto grado di sedazione, effetti stimolanti vasomotori.
L’attivazione dei recettori δ da parte di encefaline produce eccitazione, ipercinesia,
allucinazioni, analgesia periferica, depressione respiratoria, misriasi.
Tutti i recettori per gli oppioidi sono accoppiati alle proteine G. La stimolazione di
questi recettori porta a inibizione dell’adenilato ciclasi, attivazione dei canali per il
K+ e inibizione delle correnti del Ca 2+ voltaggio dipendenti, inibizione presinaptica del
rilascio di neurotrasmettitori coinvolti nella trasmissione del dolore.

OPPIOIDI

Si possono classificare in:


-agonisti puri: (morfina,fentanil,ossimorfone,codeina,metadone) maggiore qualità
analgesica. Si uniscono rapidamente al recettore, ma questa unione è più labile e di
minore durata. Es.un agonista puro può essere spiazzato da un agonista parziale.
-agonisti parziali/ agonisti-antagonisti: maggiore affinità per il recettore, l’Unione
dura di più ma è più tardiva. La qualità analgesica è minore. Composti agonisti-
antagonisti agiscono come agonisti nei confronti dei recettori k e antagonisti dei
recettori µ.
-antagonisti: occupano il recettore ma non attivano la trasduzione del segnale e non
provocano alcun effetto. (Es.naltrexone,naloxone)

AZIONI FARMACOLOGICHE

i principali effetti degli oppioidi sono a carico del SNC. La morfina viene assunta
come farmaco rappresentativo.
-effetti analgesici: inibizione della trasmissione degli impulsi nocicettivi attraverso le
corna dorsali e soppressione dei riflessi nocicettivi spinali, nonché attivazione di vie
inibitorie discendenti che sfruttano i sistemi di neurotrasduzione serotoninergico e
noradrenergico.
-effetti sedativi ed eccitatori: depressione della corteccia (effetto sedativo);
all’aumentare della dose —> perdita di coscienza. In gatto, bovino, maiala, cavallo,
pecora, capra possono aversi effetti di ipereccitabilità.
-effetti su termoregolazione: ipertermia (coniglio, cane, scimmia); ipotermia (gatto,
capra, bovini, cavallo). Gli oppioidi stimolano il rilascio di 5-HT che stimola
interneuroni sensibili al caldo e/o inibisce quelli sensibili al freddo in sede
ipotalamica.
-effetti sull’app respiratorio: depressione resp.
-effetti sul sistema cardiovascolare: vasodilatazione
-effetti sul tratto gastrointestinale: riduzione motilità, rallentamento dello
svuotamento gastrico e del transito intestinale. Questo rallentamento provoca
riassorbimento di liquidi dal materiale fecale(feci difficilmente evacuabili) e nel
cavallo, fenomeni di indigestione che possono complicare o mascherare una sindrome
colica.
-effetti sull’app urinario: azione antidiuretica per stimolo della secrezione di ADH
-soppressione del riflesso della tosse
-miosi (stimolazione dei recettori µ e k. In gatto e cavallo, in cui anche basse dosi
esercitano effetti eccitatori, è più frequente la midriasi
-induzione del vomito
-aumento secrezione prolattina, ADH, riduzione di gonadotropine e ACTH
-effetti immunosoppressivi
-iperglicemia

Gli oppioidi danno fenomeni di tolleranza (necessità di aumentare la dose per


produrre l’effetto). La dipendenza da oppioidi è scarsa negli animali.

Overdose—> miosi, respirazione superficiale (2/3 atti/min),cianosi,ipotermia, riflessi


osteo-tendinei assenti, rabdomiolisi, bradicardia, grave ipotensione, grave
depressione respiratoria, assenza di risposta agli stimoli esterni, anossia cerebrale,
insufficienza cardio-respiratoria, coma, morte.
Terapia overdose—> antagonisti oppiacei. Prevista vie aeree (O2, ventilazione
assistita). Mantenimento circolo. Trattamento convulsioni.
AGONISTI
• Morfina. Agonista puro. Potente analgesico. Buon sedante. Produce nausea e
vomito. Può produrre depressione respiratoria dose-dipendente. Inizio lento
(15/30min), dura 4h. Metabolismo epatico, eliminazione renale. Usata come
preanestetico riduce il dolore e consente di ridurre la dose di anestetico. Utile
anche dopo l’intervento per controllare il dolore. Per la sua azione depressiva
sull’app resp può produrre un miglioramento dei sintomi nelle affezioni
caratterizzate da intensa dispnea (edema polmonare, dispnea da insuff cardiaca).
Dopo la somministrazione nel cane possono comparire ipersalivazione, vomitoc
defecazione. Non va impiegata in caso di convulsioni. La morfina cloridrato trova
impiego contro il dolore anginoso che non si risolve con i nitrati. In casi di
sovradosaggio si può avere morte per paralisi respiratoria e collasso
cardiocircolatorio. In veterinaria, la morfina è in genere somministrata e.v.,
s.c.,i.m.
• Meperidina. Agonista puro. Un decimo dell’attività della morfina. Azione più
breve. Attività spasmolitica nei confronti della muscolatura liscia. Rispetto alla
morfina meno capacità di dare narcosi, vasodepressione, e mesi, depressione
respiratoria, causa meno eccitazione in specie come il gatto. È preferibile rispetto
alla morfina. Trova applicazione nel controllo del dolore associato a spasmi della
muscolatura liscia (coliche del cavallo).
• Fentanil. Agonista puro dei recettori µ. Composto di sintesi, analgesico 50-100
volte più potente della morfina. Scarsi effetti sull’apparato
cardiocircolatorio.durata d’azione breve. Usato nella neuroleptoanalgesia e nella
terapia del dolore cronico. Eff collaterali: nausea, vomito, vertigini, tremori,
mioclonie
• Ossimorfone. Metabolita dell’ossicodone. Derivato semisintetico della morfina.
Eccellente azione analgesica, effetto sedativo, minore depressione respiratoria è
minore depressione del riflesso della tosse. Impiegato nel dolore post operatorio e
nella neuroleptoanalgesia.
• Etorfina. Semisintetico derivato della tebaina.
• Carfentanil. Azione oppiacea potente. Usato per immobilizzare cervidi e altri
selvatici
• Codeina. Usata come analgesico in combinazione con paracetamolo.
Somministrata per os, s.c.,i.m. Azioni simili alla morfina. Usata nel cane come
sedativo della tosse.

AGONISTI-ANTAGONISTI ED AGONISTI PARZIALI

• Pentazocina. Composto di sintesi, azione agonista-antagonista. Analgesico valido


ma breve durata. Scarsa influenza sul sistema cardiovascolare, depressione
respiratoria minima rispetto alla morfina. Usata a volte come preanestetico e come
analgesico, prevalentemente nel cane
• Buprenorfina. Agonista µ parziale. La sua attività analgesica richiede un tempo di
latenza (15 min). Durata d’azione lunga. Usata in pre e post-operatorio. Qualità
analgesica migliore nel gatto.
• Butorfanolo. Agonista puro dei recettori k, blocca i recettori µ. Nel cane può
essere usato come analgesico e come sedativo della tosse non produttiva associata
a tracheobronchiti, tracheiti, tonsilliti, laringiti,faringiti. Nel cavallo è usato per
alleviare il dolore addominale associato a torsione, coliche spasmodiche. Durata
d’azione 4h. Rispetto ad altri oppioidi, qualità analgesica bassa. Si usa per
procedimenti esplorativi, non per chirurgie.

• Tramadolo. Si comporta come un agonista puro del recettore µ. Più potente della
morfina e del metadone. Inibisce la ricaptazione della serotonina e noradrenalina.
Somministrati per os, i.m.,e.v. Emivita plasmatica 6h. Metabolismo epatico,
eliminazione renale. Trova indicazioni nel trattamento del dolore post-operatorio,
nel dolore neoplastico, per l’a analgesia ostetrica. Non è indicato come analgesico
nell’anestesia
• Ossicodone. Semisintetico. Agisce sia sui recettori µ che k. Agonista puro,
appartiene al gruppo dei fenantreni. Metabolismo epatico eliminazione renale.
Indicazioni: trattamento del dolore acuto o cronico, da moderato a grave, in
alternativa ad altri oppioidi per minori effetti indesiderati. Valida alternativa alla
morfina per il dolore oncologico.
• Idromorfone. Potente analgesico; di semisintesi. Metabolismo epatico,
eliminazione renale. Trattamento del dolore da moderato a grave. Eff collat.:
vertigini, nausea, vomito, costipazione, perdita memoria. Ansia, prurito, dolore
addominale, allucinazioni

ANTAGONISTI
• Naloxone. Antagonista puro, soprattutto dei recettori µ; sprovvisto di azione
morfino-simile, in grado di invertire le risposte depressive indotte dai composti
morfino-simili, soprattutto quella del centro respiratorio. Usato per via parenterale,
in caso di intossicazione da oppioidi dovuta a sovradosaggio. Tempo di emivita
ridotto, consigliato l’uso in infusione continua.
• Naltrexone. Antagonista puro di tutti e tre i tipi di recettori oppioidi; buona
biodisponibilità orale. Usato per invertire l’azione immobilizzante indotta da
carfentanil ed etorfina. Usato sperimentalmente per ridurre il ticchio d’appoggio.
TRANQUILLANTI MAGGIORI E FARMACI α2-
ADRENERGICI

Gli effetti neurolettici consistono nella soppressione dei movimenti spontanei e del
comportamento complesso, mentre i riflessi spinali e il comportamento
incondizionato di ricezione ed evitamento degli stimoli nocivi rimangono infatti. In
veterinaria sono usati i neurolettici per il contenimento e per preparare i pazienti
all’anestesia. I neurolettici più usati sono i derivati fenotiazinici e gli α2-adrenergici.

DERIVATI FENOTIAZINICI
fenotiazina—> composto progenitore di clorpromazina, acepromazina, promazina
ecc... l’effetto delle fenotiazine è un effetto sedativo.

I farmaci neurolettici interagiscono con le cellule dopaminergiche innalzandone la


soglia di eccitabilità, inibendo così la risposta elettrica che si dovrebbe verificare in
seguito a stimolazione con dopamina. I farmaci neurolettici si comportano in
particolare come inibitori competitivi a livello dei recettori della dopamina, sia nel
SNC che in periferia. Ci sono 2 tipi di recettori della dopamina: D1 e D2 che
rispettivamente attivano e inibiscono l’adenilato-ciclasi. I neurolettici bloccano i
recettori D2 presenti nelle regioni encefaliche striatali e limbiche del cervello. I
recettori D1 vengono bloccati solo da alte concentrazioni.

Effetti:
-SNC: sedazione, ipnosi, inibizione dei riflessi condizionati, riduzione dell’attività
motoria spontanea, riduzione del comportamento aggressivo, inibizione dei centri del
vomito, inibizione del centro termoregolatore ipotalamico(ipotermia). Non producono
analgesia
-SNA: effetti di tipo α-bloccante. Poiché i recettori α sono bloccati, si attivano i recettori β e
ciò comporta vasodilatazione e/o ipotensione arteriosa. I fenotiazinici esercitano anche debole
azione parasimpaticolitica.
-app.respiratorio: scarsi effetti a dosi terapeutiche; a dosi elevate inibizione respirazione
-app. Cardiovascolare: vasodilatazione, ipotensione, riduzione cronotropismo e inotropismo
-endocrino: inibizione ormoni follicolo-stimolanti e luteinizzante (arresto ovulazione e
interruzione cicli estrali). Inibizione ossitocina, aumento prolattina(comparsa galattorrea)

I derivati fenotiazinici sono bene assorbiti per tutte le vie di somministrazione. Sono
biotrasformati a livello epatico ad opera del citocromo P450 e di monoossigenasi flaviniche.
Secrezione per via renale.

• Acepromazina. Usata in premedicazione, come tranquillante/sedativo. Impedisce il legame


della dopamina al recettore D2. Determina un effetto depressivo del SNC con un’associata
sedazione e tranquillizzazione dose-dipendente. Produce effetto antiemetico e ipotermia a
livello centrale. Produce un blocco dei recettori α1 (Vasodilatazione e aumento della F.C.;
diminuzione delle secrezioni ghiandolari) lieve effetto antistaminico. Non ha effetti
analgesici.

Clorpromazina, acepromazina e promazina vengono principalmente usate nella preanestesia,


poiché gli animali sottoposti alla loro azione sedativa risultano più facilmente manipolabili. Ciò
permette di ridurre la quantità di anestetico necessario del 30-50%. I composti fenotiazinici
possono essere usati anche in caso di gravidanza isterica della cagna, e la promazina viene usata
a volte per controllare il vomito.
In caso di sovradosaggio di questi farmaci, si può osservare la comparsa di collasso
cardiovascolare e depressione respiratoria. Nel cavallo possono provocare prolasso del pene.
FARMACI AGONISTI α2-ADRENERGICI

Rientrano in questo gruppo: clonidina, xilazina, detomidina, romifidina,


medetomidina e desmedetomidina.
I farmaci α2-adrenergici esplicano la loro azione interagendo con i recettori α2
presinaptici presenti a livello di neuroni adrenergici. La funzione di tali recettori è quella di
inibire, una volta stimolati dalla noradrenalina o da composti α2-agonisti, l’ulteriore rilascio
di neurotrasmettitore da parte della fibra presinaptica. L’attivazione dei recettori fa
diminuire la produzione di AMPc con conseguente inibizione dell’ulteriore
liberazione di noradrenalina.
In condizioni normali, lo stato di veglia è determinato dall’attività della sostanza
reticolare del tronco encefalico. La stimolazione di queste aree determina
desincronizzazione dell’attività della corteccia e quindi lo stato di veglia. Viceversa,
l’inibizione del sistema reticolare provoca l’attività sincrona della corteccia quindi
l’insorgenza del sonno. Nella sostanza reticolare sono presenti neuroni noradrenergici
deputati alla modulazione dell’attività. Adrenalina e noradrenalina sono in grado di
esaltare l’attività della sostanza reticolare, rendendo più facilmente evocabile la
reazione di risveglio dell’animale. Viceversa, la carenza di noradrenalina a questo
livello riduce l’abilità di focalizzare l’attenzione su stimoli rilevanti. Tra i nuclei
noradrenergici del tronco encefalico, il più importante è il locus ceruleus; la sua
stimolazione causa il risveglio. La somministrazione di farmaci stimolanti i recettori
α2 (clonidina, xilazina...) diminuisce l’attività dei neuroni del locus ceruleus, inducendo uno
stato di sonnolenza, senza però indurre sonno profondo.
Oltre all’azione sedativa, i farmaci α2-adrenergici possiedono proprietà analgesiche. (La
stimolazione del locus ceruleus inibisce la trasmissione nocicettiva al midollo
spinale). Gli α2-adrenergici inducono anche ipotermia, per attivazione dei recettori α2
localizzati nel centro di termoregolazione. Dopo la somministrazione di α2-adrenergici si
osserva vasocostrizione (seguita da ipertensione), cui fa immediatamente seguito
bradicardia e ipotensione, dovuta ad un riflesso barocettore conseguente
all’ipertensione, ma anche ad un’attivazione dei recettori α2 centrali, con conseguente
depressione del centro cardiocircolatorio. Si ha inoltre riduzione della frequenza respiratoria. A
livello di apparato gastroenterico, esercitano effetti inibitori sulla motilità e sulle secrezioni
digestive. Inducono iperglicemia per mancato rilascio di insulina. Stimolano la muscolatura
uterina, inducono midriasi e riduzione della pressione intraoculare, ridotto rilascio di renina e di
ormone antidiuretico.
Gli effetti dei farmaci α2-agonisti possono essere contrastati dagli α2-antagonisti
(atipemazolo, yoimbina).
Gli α2-agonisti vengono in genere impiegati per indurre ipnosi e analgesia; si usano
in premedicazione anestetica come sedanti.
• Xilazina. Viene usata a dosaggi variabili nelle diverse specie (es.nei cavalli, cani,
gatti 10-20 volte più alto rispetto al bovino). Non viene usata nei suini perché
sarebbero necessari dosaggi troppi alti. Impiegata come come sedativo, analgesico
e rilassante muscolare.
• Detomidina. Effetto sedativo-analgesico. Durata d’azione fino a 4h. Impiegata
soprattutto in premedicazione anestetica per favorire il contenimento degli animali,
e in interventi di breve durata.
• Medetomidina. Usata nei piccoli animali come preanestetico o per interventi di
breve durata. Impiegata per indurre ipnosi, sedazione e analgesia.
• Desmedetomidina. Isomero destrogiro della medetomidina. Concentra tutti gli
effetti desiderati del farmaco. Impiegata nel cane e nel gatto. [l’isomero levogiro è
la levomedetomidina che potenzia gli effetti secondari]. È preferibile usare l
desmedetomidina rispetto alla medetomidina (che contiene anche l’isomero
levogiro).
• Romifidina. Usata per via e.v. in preanestesia nel cavallo.

Questi farmaci presentano una “dose tetto”, cioè a partire da una certa dose, per
quanto la possiamo incrementare, non otteniamo effetti maggiori.
La possibilità di somministrare farmaci α2-antagonisti al termine dell’intervento, con
conseguente rapido recupero dello stato di veglia e delle normali attività motorie e
cognitive, rende tali farmaci privilegiati rispetto ad altre categorie di tranquillanti,
circa il loro impiego in piccoli interventi chirurgici.
Effetti collaterali: ipertensione transitoria seguita da ipotensione, accompagnata da
bradicardia. In caso di sovradosaggio possono comparire blocchi A-V di I,II o III
grado. Altri effetti sono vomito, depressione respiratoria, iperglicemia, contrazioni
uterine. Gli effetti collaterali della xilazina sembrano essere più marcati nel gatto. In
alcune specie, come il cavallo, può comparire sudorazione. La xilazina è
controindicata negli stadi avanzati di gravidanza. Un raro effetto della xilazina nel
cavallo è la comparsa di movimenti compulsivi di galoppo, che possono condurre a
morte l’animale.
Gli effetti collaterali della detomidina nel cavallo includono una leggera ipotermia,
ipertensione seguita da ipotensione, marcata e persistente bradicardia, depressione
respiratoria.

SEDATIVI, IPNOTICI E ANTICONVULSIVANTI

Sedativo—> diminuzione attività motoria, effetti calmanti


Ipnotico—> induce l’insorgenza e il mantenimento del sonno
I farmaci che possono provocare sedazione o ipnosi sono molteplici, es.barbiturici,
bromuri, benzodiazepine.
I barbiturici inducono depressione del SNC in modo dose-dipendente, inducendo
sedazione, ipnosi, narcosi, anestesia, coma e infine depressione dei centri bulbari del
respiro. Alcuni barbiturici vengono impiegati nell’induzione dell’anestesia basale.

BROMURI

proprietà sedative e anticonvulsivanti.


• Bromuro di potassio. Usato come anticonvulsivante nel cane e nel gatto, spesso
associato a fenobarbital. Provoca iperpolarizzazione e potenziamento dell’attività
del GABA. Ha assorbimento intestinale, scarso legame con le proteine plasmatiche,
eliminazione renale. Emivita 15-20 gg. Effetti collaterali: polidipsia, polifagia,
sedazione, atassia, pancreatite, disturbi gastrointestinali.

BARBITURICI

Sono acidi deboli preparati in forma di sali sodici, che disciolti in acqua danno
soluzioni alcaline, instabili alla luce, all’aria e al calore. Derivano dall’acido
barbiturico che si ottiene combinando l’urea con l’acido malico. Possiamo avere
ossibarbiturici e tiobarbiturici (l’atomo di ossigeno è sostituito dallo zolfo).
Sono molto liposolubili e l’assorbimento è buono per tutte le vie di somministrazione.
Tuttavia è sconsigliata la somministrazione i.m. o s.c. in quanto risultano irritanti. La
loro elevata liposolubilità comporta l’accumulo nei grassi dell’organismo da cui
vengono poi lentamente mobilizzati. Somministrazioni ripetute di tiobarbiturici
possono comportare elevate concentrazioni del farmaco nel compartimentò grasso
che possono poi ridistribuirsi al sangue prolungando il mantenimento di
concentrazioni plasmatiche attive e lunghi tempi di recupero. Sono metabolizzati a
livello epatico ed escreti per via renale. La velocità di metabolizzazione è diversa
nelle varie specie: i gatti necessitano di lunghi tempi di metabolizzazione, mentre i
ruminanti e i roditori li metabolizzano molto velocemente.
Il meccanismo d’azione è basato sull’aumento della sensibilità al GABA del recettore
GABAa, sul potenziamento dei recettori-canali del cloro della glicina di midollo
spinale e tronco, attivazione dei canali del K+, inibizione del rilascio di
neurotrasmettitori inclusi noradrenalina e glutammato, e inibizione delle correnti
ioniche di Na+ e Ca2+ e potenzia quelle del K+.
I barbiturici causano depressione del SNC dose-dipendente che si traduce in
inibizione dell’attività motoria e in un effetto anticonvulsivante (solo alcune molecole
esercitano questo effetto anche a dosi basse). A dosi sedative hanno modesto effetto
sulla respirazione; in caso di sovradosaggio si osserva apnea, depressione
cardiovascolare e morte (depressione progressiva del centro respiratorio bulbare). A
dosi sedative hanno effetti modesti sull’apparato cardiovascolare; concentrazioni
elevate inducono tuttavia un effetto inotropo negativo.
A dosi ipnotiche e anestetiche provocano un progressivo abbassamento della
temperatura (ipotermia) per inibizione del centro ipotalamico.
L’azione analgesica compare solo a dosi anestetiche (se somministrati insieme ad altri
analgesici ne potenziano l’azione).
Riducono la sensibilità della placca motrice all’Ach, esercitando attività
miorilassante. Sull’apparato gastrointestinale deprimono la contrattilità della
muscolatura liscia; dopo un’iniziale depressione, tuttavia, si può avere un aumento
del tono e della motilità. Possono provocare riduzione del flusso urinario e aumento
della liberazione di ormone antidiuretico.
Il barbital e il fenobarbital possono essere somministrati a scopo sedativo oppure in
associazione con un analgesico al fine di ridurre la risposta a stimoli di varia natura
(dolore, prurito). Il fenobarbital in virtù della potente azione anticonvulsivante e della
lunga durata d’azione, viene usato nella prevenzione degli attacchi epilettici. I
barbiturici a breve durata d’azione (pentobarbitale) vengono usati in anestesiologia. I
tiobarbiturici trovano ulteriore applicazione nella terapia dei fenomeni convulsivi
acuti (stato epilettico, avvelenamento da stricnina o da altri convulsivanti, eclampsia)
dove è richiesto un intervento d’urgenza.
Effetti collaterali: azione depressiva sul respiro, agendo sul centro respiratorio
bulbare. Mucose cianotiche, diminuzione temperatura corporea.
La terapia dell’intossicazione prevede una lavanda gastrica, impiego di emetici solo
nel caso in cui siano stati ingeriti da poco (altrimenti sono inutili), somministrazione
di analettici respiratori (doxapram, bemegride). Ossigenoterapia, respirazione
artificiale.
I barbiturici sono controindicati in soggetti con lesioni epatiche e renali.

PRIMIDONE

È un deossibarbiturico con attività anticonvulsivante, sia per la sua attività intrinseca,


sia perché metabolizzato a composti attivi, fenobarbital e feniletil malonamide
(PEMA). Viene assorbito per via orale e metabolizzato a livello epatico in composti
attivi. Effetti collaterali simili a quelli dei barbiturici, presenta maggiore tossicità
epatica.

BENZODIAZEPINE (BDZ)

Costituite da un anello benzenico più un anello diazepinico (presenta un sostituente


arilico in posizione 5) . Molteplici sostituzioni—> enorme quantità di molecole.
Agiscono favore di e potenziando l’azione del GABA, interagendo con siti specifici
di legame sul recettore GABAa (situati nella subunità α ). L’interazione delle BDZ sui
siti di legame del recettore GABAa facilita l’interazione del GABA con il proprio sito di legame
il che comporta un aumento della frequenza di apertura del canale del cloro e aumento della
permeabilità di membrana a questo ione, per cui risultato—> iperpolarizzazione che si traduce
in un’azione ansiolitica e/o ipnotica, miorilassante e sedativa.
Hanno minimi effetti sull’apparato respiratorio e cardiovascolare, per cui sono indicati nella
premedicazione di pazienti depressi, pediatrici e geriatrici. Possono provocare disinibizione dei
comportamenti aggressivi, per cui sono sconsigliati in pazienti con dolore cronico o sociopatici.
Non hanno proprietà analgesiche.
Presentano elevata liposolubilità e vengono bene assorbite per tutte le vie di somministrazione.
In veterinaria le più usate sono la via i.m. e la s.c. che però implicano un assorbimento meno
rapido e completo, soprattutto per la via i.m. in quanto le BDZ possono contrarre legami con le
proteine e muscolari. Nelle urgenze (per il controllo delle crisi epilettiche) sono somministrate
e.v. e danno immediata risposta farmacologica.
Sono in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e distribuirai rapidamente al SNC.
Vengono metabolizzate attraverso reazioni di fase I e fase II. Tramite reazioni redox, le BDZ
vengono biotrasformate in metaboliti attivi, che a volte presentano emivita plasmatica superiore
al composto originario. I metaboliti di fase I vengono poi coniugati con acido gli irónico ed
eliminati per via renale con le urine, in minor misura con le feci. Le BDZ possono anche essere
coniugate direttamente con acido glucuronico e formare metaboliti inattivi prontamente
eliminati.
Vengono classificate in:
- a lunga durata d’azione—> clorazepato, diazepam, nordazepam, flurazepan,
clordiazepossido. {emivita >48h} [ usati come miorilassanti in anestesia e nelle convulsioni]
- A media durata d’azione—> clonazepam, ketazolam {emivita 24-48h}
- A breve durata d’azione—> lorazepam, oxazepam, alprazolam, temazepam {emivita<24h}
- A brevissima durata d’azione—> midazolam, triazolam {emivita 1-6h}
L’azione delle BDZ si somma a quella di altri farmaci che deprimono il SNC (es.neurolettici).
Tuttavia l’associazione con altri deprimenti può portare alla comparsa di sovradosaggi che
possono risultare pericolosi.

• Diazepam. (Valium) Molto lipofilico, non si può iniettare i.m. perché irritante e male
assorbito. Usato per il trattamento delle crisi epilettiche. Metabolismo epatico. (Metaboliti
attivi—>oxazepam,nordazepam). Si può anche somministrare in infusione continua come
trattamento anticonvulsivante (proteggere l’infusore dalla luce perché il diazepam è
fotosensibile). Usato come tranquillante, miorilassante, anticonvulsivante, sedativo.
• Midazolam. Insolubile a pH <4. Si può iniettare i.m. Una volta iniettato diventa liposolubile.
Elevata unione alle proteine plasmatiche. Metabolismo epatico. Eliminazione renale. È più
potente del diazepam.

Le BDZ sono in genere ben tollerate e non danno fenomeni di tossicità. Gli effetti collaterali
sono in genere rappresentati da un’accentuazione esagerata dell’azione farmacologica che si
traduce in una eccessiva sedazione, astenia, riduzione dell’attività psicomotoria e cognitiva.

FENITOINA

La fenitoina è un farmaco antiepilettico, della classe delle idantoine. Provoca


depressione dei centri motori corticali, ma non ha effetti depressivi sulle aree
sensitive. Stabilizza le membrane neuronali attraverso una riduzione del flusso di ioni
Na+ nei neuroni, che ne causano la depolarizzazione. In particolare, lega i canali del
Na+ nello stato inattivo, ovvero aumentando il periodo refrattario e quindi
diminuendo la frequenza di scarica. Somministrata per os (nello stato di male
epilettico è preferibile e.v.), la fenitoina viene assorbita lentamente, per poi
distribuirsi rapidamente nell’organismo legata all’albumina, per raggiungere alte
concentrazioni nel SNC. Viene metabolizzata nel fegato, ed eliminata con le urine.
Effetti collaterali: alterazioni cerebellari (nistagmo, atassia), nausea, vomito; anemia
megaloblastica (da interferenza con il metabolismo della vit. B12), sonnolenza,
confusione mentale, allucinazioni.

ALTRI ANTICONVULSIVANTI

• Carbamazepina. Meccanismo d’azione simile a quello della fenitoina.


(Interferisce con i canali del Na+). Metabolizzata a livello epatico in un metabolita
attivo (epossido) che viene escreto per via renale. A causa della breve emivita
plasmatica non viene usata per la prevenzione delle crisi convulsive nel cane.
• Acido valproico. Condivide con fenitoina e carbamazepina il meccanismo
d’azione sui canali de Na+, ma in alcune aree cerebrali è in grado di ridurre la
corrente del Ca2+. Agisce sul GABA aumentandone la concentrazione, sia per
incremento degli enzimi che lo sintetizzano, sia per inibizione degli enzimi che lo
catabolizzano. Viene somministrato per os sotto forma di valproato di sodio,
convertito nello stomaco ad acido valproico e rapidamente assorbito dal tratto
gastroenterico. È metabolizzato a livello epatico ed escreto nel rene. È teratogeno.
In seguito ad assunzione cronica può alterare la circolazione sanguigna. È
potenzialmente epatotossico.
• Felbamato. Blocca l’eccitazione neuronale mediata dai recettori NMDA del
glutammato, potenzia l’inibizione neuronale GABA-mediata e l’inibizione dei
canali ionici del Na+ e del Ca voltaggio-sensibili. Il suo principale vantaggio
rispetto ad altri antiepilettici consiste nel fatto che non causa sedazione nè altri
effetti collaterali. Poiché molto costoso, ha impiego limitato
• Gabapentina. È un analogo strutturale de GABA. Il meccanismo d’azione è legato
ad un aumento della sintesi del GABA e/o al legame con una subunità del canale
del Ca sensibile al voltaggio. Ha metabolismo epatico. È ben tollerato nel cane
dove provoca scarsa sedazione. Ha un costo molto elevato, quindi il suo uso è
limitato.
STIMOLANTI DEL SNC

impiegati principalmente nel trattamento della depressione o dell’arresto respiratorio.


La maggior parte degli altri impieghi di queste sostanza è illegale.
“Analettico respiratorio”—> molecola che stimola il centro respiratorio depresso
2 categorie:
- convulsivanti e stimolanti respiratori: agiscono soprattutto sul cervello e sul midollo
spinale dove determinano ipereccitabilità dei riflessi, aumento dell’attività dei centri
respiratori e vasomotori e, a dosaggi più elevati, convulsioni. (Doxapram, stricnina,
picrotossina)
- stimolanti psicomotori: amfetamine, metilxantine, cocaina; effetti a carico delle
funzioni mentali e del conportamento, determinando eccitazione, ridotta
sensazione di fatica ed aumento dell’attività motoria

Doxapram. Aumenta l’attività del sistema respiratorio stimolando i centri bulbari


e i chemocettori delle regioni aórtica e carotidea. Indicato in cavallo, cane e gatto
per sostenere la respirazione durante e immediatamente dopo l’anestesia, nei
neonati e nei casi di arresto cardiopolmonare. Viene somministrato i.m. o e.v.
attraverso la vena ombelicale dei neonati, oppure 1-2 gocce sotto la lingua. Gli
impieghi più frequenti sono: depressione indotta da barbiturici e da anestetici
inalatori; dopo la nascita: nei neonati di tutte le specie animali; motilità laringea:
nel cavallo per facilitare l’esame endoscopico. Effetti collaterali: ipertensione,
convulsioni (a dosi elevate), iperventilazione.
Metilxantine. Sono alcaloidi contenenti un nucleo xantinico, stimolano
principalmente le aree sensoriali del cervello, combattendo la “fatica mentale”.
Oltre alla stimolazione del SNC (soprattutto la caffeina), questi alcaloidi
promuovono la diuresi, dilatazione dei vasi coronarici e della muscolatura
bronchiale (soprattutto la teofillina). L’effetto diuretico è conseguenza della
vasodilatazione delle arteriole glomerulari afferenti. Il principale effetto è la
riduzione della fatica associato ad un miglioramento delle attività mentali. Le
metilxantine più usate sono caffeina, teofillina, aminofillina. La caffeina stimola i
centri respiratori sensibilizzandoli all’anidride carbonica. Assorbimento nel tratto
digerente; metabolismo epatico; eliminazione renale. Sono raramente usate in
veterinaria

ANTIDEPRESSIVI

1. Antidepressivi triciclici (TCA). Presentano nella loro molecola un anello


triciclico. Quelli più usati sono:
- 1ª generazione: imipramina, amitriptilina, desipramina, doxepina, clomipramina,
nortriptilina
- 2ª generazione: amoxapina, maprotilina
- 3ª generazione: venlafaxina, mirtazapina
In genere, per vedere gli effetti clinici sono necessarie anche alcune settimane di
trattamento, soprattutto nell’uomo e nel cane. Nel gatto gli effetti si osservano molto
più velocemente, determinando l’attenuazione dell’aggressività affettiva in soli 2 gg e
del comportamento eliminatorio in 7 gg. Il meccanismo d’azione consiste nel blocco
delle pompe di ricaptazione di noradrenalina, serotonina e dopamina.
Conseguentemente si ha la riduzione della ricaptazione dei neurotrasmettitori e
quindi l’intensificarsi della loro azione che è alla base dell’effetto antidepressivo dei
TCA. Questi antidepressivi fungono anche da antagonisti dei recettori H1 istaminici,
muscarinici. Sono altamente liposolubili, vengono somministrati per os. Subiscono
metabolismo di primo passaggio. È raccomandato aggiustare il dosaggio in base alla
risposta del paziente. Il picco plasmatico si raggiunge dopo 8-12h e lo steady-state in
5-7 gg. Vengono metabolizzati a livello epatico con sintesi di metaboliti ancora attivi
che, rispetto ai composti di origine, sono in genere più potenti nell’inibire il
riassorbimento della noradrenalina e nel bloccare i recettori H1 istaminici. Vengono
eliminati con le urine. Sono impiegati per lo più in disordini ossessivo-compulsivi e
attacchi di panico e per il trattamento della marcatura urinaria. Effetti collaterali:
secchezza delle fauci, costipazione, ritenzione urinaria (soprattutto nel gatto),
eccessiva sudorazione, tachicardia, ipotensione, stato confusionale, alopecia
localizzata.

2. Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Bloccano la


ricaptazione della serotonina. Si ritiene che i trattamenti diretti ad aumentare l’attività
serotoninergica centrale riducano l’aggressività affettiva probabilmente modificando
la soglia degli stimoli che la innescano o diminuendo la propensione a farsi prendere
da simili accessi. Gli effetti anticompulsivi possono ritardare diverse settimane prima
di manifestarsi, mentre gli effetti antiaggressivi si possono osservare molto prima. I
farmaci SSRI più usati sono: fluoxetina, paroxetina, sertralina. Il meccanismo
d’azione consiste nell’inibizione selettiva del trasportatore della serotonina nelle
membrane delle terminazioni nervose; viene quindi meno il trasporto di serotonina
all’interno della membrana presinaptica. Si osserva anche aumento della sensibilità
postsinaptica dei recettori alla serotonina. Questi farmaci vengono impiegati nei
disordini ossessivo-compulsivi, aggressività, ansia generalizzata, attacchi di panico,
alopecia psicogena.
Effetti collaterali: la fluoxetina è un farmaco relativamente sicuro. La DL50 nel gatto
e nel cane è superiore a, rispettivamente, 50mg/kg e 100mg/kg mentre la dose
terapeutica è 1-1,5mg/kg os sid. All’inizio del trattamento si può osservare
un’accentuazione sei sintomi, si consiglia quindi di iniziare con bassi dosaggi da
aumentare in seguito. Sono segnalati: sedazione (rara), crisi convulsive (solo
fluoxetina nel gatto e per dosaggi elevati), disturbi gastrointestinali (anoressia,
vomito, diarrea(soprattutto con la sertralina nel cane)), costipazione, secchezza delle
fauci (soprattutto paroxetina nel gatto), ansia, agitazione, insonnia.

3. Inibitori delle monoaminoossidasi (MAO). Le MAO attuano la deaminazione


ossidativa delle amine (NA, 5-HT, dopamina). Conseguentemente al blocco, si ha
aumento dei neurotrasmettitori sia nel terminale presinaptico che nello spazio
intersinaptico. Il farmaco MAO più usato è la selegilina.
Ci sono 2 tipi di MAO:
- MAO-A. Ha come substrato serotonina, tiramina, dopamina, noradrenalina; si
trova nel SNC e nell’intestino
- MAO-B. Ha come substrato dopamina e feniletilamina. Presente soprattuto nel
SNC.
La selegilina blocca in modo irreversibile le MAO-B. L’inibizione è dose-dipendente
e riguarda gli enzimi localizzati soprattutto a livello di ippocampo e corteccia. Inoltre
questo farmaco aumenta a livello cerebrale la concentrazione dell’enzima l-
aminoacidodecarbossilasi, deputato alla sintesi della dopamina.
È impiegata nella depressione, disturbi dell’umore, ansia, disordini ossessivo-
compulsivi.
Effetti indesiderati: comportamenti stereotipati (osservati nel cane solo per dosi
elevate), inibizione del sonno paradosso.
FARMACOLOGIA DEL SISTEMA DEGLI
AUTACOIDI

Autacoidi—> sono fattori umorali della comunicazione intercellulare, ma esercitano


la loro azione su bersagli locali, raggiunti per diffusione negli spazi interstiziali e
rappresentati da cellule vicine alla sede di produzione e/o dalle stesse cellule
produttrici.
Gli autacoidi svolgono un ruolo da protagonisti nella reazione infiammatoria e nella
risposta immunitaria. Gran parte di queste sostanze infatti vengono prodotte/rilasciate
in risposta a insulti di varia natura e sono i diretti responsabili del complesso di
fenomeni vascolari e cellulari attraverso cui i tessuti si difendono dall’aggressione.

Gran parte dei farmaci agiscono o sugli enzimi che presiedono alla sintesi di tali
mediatori o sui recettori che mediano gli effetti biologici di queste sostanze..
Nel processo infiammatorio distinguiamo eventi vascolari ed eventi cellulari. Gli
eventi vascolari si manifestano con dilatazione arteriolare, aumento del flusso
ematico distrettuale e successiva stasi, aumento della permeabilità delle venule ed
essudazione. Gli eventi cellulari vedono coinvolte cellule normalmente presenti nel
tessuto sede dell’infiammazione ( cellule endoteliali, mastociti, macrofagi) e cellule
che giungono nella sede del processo flogistico dal sangue ( neutrofili, basofili,
eosinofili, monociti, linfociti, piastrine).
I mediatori che modificano e regolano gli eventi vascolari e cellulari
dell’infiammazione vengono generati sia dal plasma che dalle cellule
dell’infiammazione. I primi sono rappresentati dai componenti che si attivano da 4
sistemi di cascate enzimatiche (della coagulazione, della fibrinolisi, delle chinine, del
complemento). I secondi sono prodotti come conseguenza del danno o
dell’attivazione delle cellule dell’infiammazione e comprendono istamina,
eicosanoidi, fattore di attivazione piastrinica (PAF), citochine, ossido nitrico, radicali
liberi dell’ossigeno (ROS) e dell’azoto (RNS).
L’evoluzione del processo infiammatorio in una risposta immunitaria più specifica e
selettiva (risposta immunitaria adattativa) vede il coinvolgimento di una serie di
cellule, in particolare macrofagi e cellule dendritiche, definite nel loro insieme APC
(antigen presenting cells). Queste processano le macromolecole proteiche di agenti
patogeni e ne espongono i frammenti sulla propria superficie, legati alle proteine del
complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di classe II. Analogamente, le
proteine MHC di classe I, espresse su tutte le cellule nucleate, legano sulla superficie
cellulare antigeni rappresentati da frammenti di proteine citosoliche. Se la cellula
esprime un pattern di proteine fisiologiche non sarà attaccata dal sistema
immunitario; se invece sono esposte proteine estranee, il sistema immunitario sarà in
grado di riconoscere la cellula come malata.
Nella risposta immunitaria adattativa si riconosce un’immunità umorale (produzione
di anticorpi da parte delle plasmacellule differenziatesi dai linfociti B). I linfociti B
vengono a loro volta riconosciuti da linfociti T che rilasciano una serie di citochine
(es.IL-2, IL-4) responsabili dell’espansione clónale del linfocita B e della
differenziazione in plasmacellule.
L’immunità cellulare coinvolge l’attivazione e l’espansione di linfocito T. Tutti i
linfociti T esprimono sulla superficie cellulare un recettore specifico (TCR) che
riconosce selettivamente il complesso MHC-antigene, e un secondo co-recettore che
li differenzia in 2 categorie: Thelper e Tcitotossici.
I Tcitotossici sono CD8+; i Thelper sono CD4+. Il loro legame con l’antigene esposto
dalle proteine MHC di classe II attiva le APC a produrre fattori solubili (citochine,
chemochine) che sono in grado di iniziare, rafforzare e modulare la risposta
immunitaria. Sulla base del tipo di citochine prodotte dall’APC, i linfociti Thelper si
differenziano in Th1 (producono IFN-γ IL-2; influenzano la risposta cellulo-mediata)
e Th2 (producono IL-4, IL-5 e IL-10; stimolano la produzione anticorpale da parte
dei linfociti B).

Gli autacoidi possono essere: amminici, lipidici, peptidici, di altra natura.

AUTACOIDI AMMINICI

Quelli di maggiore interesse sono: Ach, catecolamine, istamina, serotonina.

• ISTAMINA. Presente in quasi tutti i tessuti degli animali; è una componente dei
veleni di alcuni insetti (api), si trova nei peli delle foglie di piante urticanti. Ha un
ruolo funzionale come mediatore chimico dell’infiammazione acuta e delle
tradizioni allergiche di ipersensibilità di tipo I (allergia e anafilassi). Ha anche un
ruolo fisiologico nella regolazione della secrezione acida gastrica e interviene nella
regolazione di fenomeni di accrescimento e riparazione dei tessuti.
Si forma per decarbossilazione dell’aminoacido L-istidina. La principale fonte
cellulare di istamina endogena è rappresentata dai mastociti, particolarmente
abbondanti nella cute, nel tratto gastrointestinale e nell’apparato respiratorio.
Alcune cellule non-mastocitarie contribuiscono alla produzione di istamina,
es.istaminociti nello stomaco. L’istamina è presente anche nel tessuto cerebrale,
nei neuroni istaminergici dell’ipotalamo (nucleo tubero-mammillare). Nel sangue,
la fonte cellulare di istamina è rappresentata dai basofili. Anche cellule in rapida
proliferazione (tessuti embrionali, cellule tumorali) sono in grado di produrre
istamina. Nei mastociti e nei basofili, l’istamina è immagazzinata in
granuli insieme ad altre sostanze (eparina, condroitinsolfato, triptasi e chimasi,
ATP, e in alcune specie come grossi ruminanti, gatto e roditori da
laboratorio,serotonina). Il legame con l’eparina la rende inattiva. Il rilascio di
istamina preformata dai granuli, avviene in risposta a stimoli di varia natura e può
avvenire con diversi meccanismi:
- degranulazione mastocitaria: processo di esocitosi dei granuli; la degranulazione è
alla base del fenomeno di ipersensibilità di tipo I (allergia, anafilassi): il rilascio di
istamina è innescato dal legame dell’allergene con le specifiche IgE fissate sulla
superficie di mastociti e basofili.
- lisi cellulare: è un fenomeno meccanico, che provoca la perdita di integrità delle
membrane del mastocita, il passaggio dei granuli nell’ambiente extra cellulare e la
liberazione di istamina
- Spiazzamento chimico: in questo caso il rilascio di istamina non è associato al
passaggio della stessa dai granuli all’ambiente extracell., ma l’amina viene
direttamente spiazzata dal suo legame con i costituenti acidi del granulo da altri
composti basici che competono per lo stesso sito di legame. Tra questi si
annoverano basi organiche comunemente utilizzate (ad es.tubocurarina, morfina,
alcuni antibiotici). Questo fenomeno è importante in quanto il rilascio di istamina
così provocato è responsabile delle reazione avverse di tipo “pseudo-allergico” o
“anafilattoidi” conseguenti all’uso di questi farmaci.
Libera nell’ambiente extracell., l’istamina viene degradata da due sistemi enzimatici:
istamino-N-metiltransferasi e istaminasi.
L’istamina esercita la propria attività su 4 tipi di recettori istaminergici: H1, H2,H3,
H4. (Recettori accoppiati alle proteine G).
- recettori H1: nel SNC, muscolature lisce vasali ed extravasali, cellule endoteliali,
cuore, terminazioni nervose periferiche. [cuore, cellule endoteliali,SNP, fibre
effettrici parasimpatiche, SNC in sede post-sinaptica, neutrofili, monociti/
macrofagi, linfociti T/B]
- Recettori H2: nello stomaco (cellule parietali delle ghiandole gastriche), dove
mediano gli effetti dell’istamina sulla secrezione acida gastrica. Sono anche
responsabili degli effetti cardiaci diretti dell’istamina. [ cellule parietali stomaco,
muscolature lisce vasali ed extravasali, cuore, SNC in sede post-sinaptica,
mastociti e basofili, eosinofili, linfociti T, monociti/macrofagi]
- Recettori H3: SNC in sede pre-sinaptica, fibre effettrici simpatiche (perivascolari),
istaminociti (stomaco)
- Recettori H4: mastociti, basofili, eosinofili, neutrofili

Effetti dell’istamina:
-sistema cardiovascolare: vasodilatazione periferica (mediata da H1 e H2), aumento
della permeabilità vasale mediato da H1. Sui grossi vasi arteriosi e venosi l’istamina
provoca contrazione (H1). Effetto cronotropo e inotropo negativo ( H2); caduta della
pressione sistemica
- apparato respiratorio: broncocostrizione
- App.genitourinario: contrazione della muscolatura liscia
- Secrezioni esocrine: stimolazione HCl (H2 mediato); a concentrazioni più elevate
stimola anche la produzione di muco e l’attività secretoria di ghiandole lacrimali,
salivari, sudoripare e intestinali.
- SNP: l’istamina stimola le terminazioni nervose sensoriali mediante l’attivazione
dei recettori H1 generando impulsi verso il SNC, dando origine alle sensazioni di
prurito, bruciore o dolore pungente, a seconda della concentrazione locale di
istamina.
- cute [triplice risposta di Lewis—> eritema puntiforme, pomfo, alone
eritematoso periferico]
- L’istamina induce anche il rilascio di neuropeptidi (sostanza P, neurochinina A)
che sono a loro volta potenti sostanze vasoattive (vasodilatazione) e leiomioattive
(effetti spasmogeni diretti sulle muscolature lisce extravasali, sopratutto bronchiale
e gastrointestinale)
- L’istamina prodotta dagli istaminociti ha un ruolo nella regolazione della
secrezione acida gastrica, esercitando una modulazione positiva della secrezione di
HCl da parte delle cellule parietali ( effetto H2-mediato). Tramite la contemporanea
stimolazione dei recettori H3 espressi sugli istaminociti e sulle terminazioni vagali,
l’istamina riduce la sua stessa liberazione (azione autocrina).
- L’istamina è coinvolta nella regolazione del ritmo sonno-veglia, favorendo in
particolare lo stato di veglia. (Mediato dai recettori H1). L’istamina interviene
nell’attivazione del riflesso del vomito. Insieme all’Ach ha un ruolo nella
trasmissione al centro del vomito di stimoli provenienti dagli organi vestibolari
generati da movimenti abnormi che il corpo subisce nello spazio. Riveste quindi
un ruolo importante nell’induzione del vomito associato a cinetosi e a malattie
vestibolari. (Azione mediata dai recettori H1). Ha un ruolo anche nei processi
cognitivi e della memoria (H3-mediati).
La sintesi, il rilascio e l’azione recettoriale dell’istamina possono essere modulati
positivamente e/o negativamente da diversi farmaci. Possiamo avere:
a. Modulazione farmacologica della sintesi. La sintesi di istamina può essere
inibita da analoghi α-idrazinici e α-metilici dell’istidina (es.α-fluoro-
metilistidina) che agiscono da “substrato suicida” per l’istidino-decarbossilasi: da
tale enzima vengono decarbossilati al posto del substrato fisiologico (istidina)
dando luogo alla formazione di prodotti privi di attività farmacologica. Sono solo
a uso sperimentale
b. Modulazione farmacologica del rilascio. La degranulazione dei mastociti
può essere inibita dai cromoni (es.sodio cromoglicato), farmaci antiallergici che
nei mastociti riconoscono il loro bersaglio e agiscono stabilizzandone la
membrana. Anche gli agonisti dei recettori β2-adrenergici
(es.clenbuterolo,salbutamolo) modulano in senso negativo la degradazione di
mastociti e basofili, in quanto l’aumento di AMPc intra cellulare da essi indotto,
riduce la disponibilità di Ca2+ necessaria per il processo di esocitosi. Tale effetto,
anche se secondario, può contribuire all’efficacia clinica di questi farmaci nel
trattamento dell’asma bronchiale (specie se allergica), in cui trovano indicazione
soprattutto per il loro primario effetto broncodilatatore.
c. Modulazione farmacologica dell’azione sui recettori . L’azione dell’istamina a
livello dei suoi recettori può essere mimata o bloccata da agonisti e antagonisti
recettoriali selettivi. Tra questi gli antagonisti dei recettori H1 (es.pirilamina,
difenidramina), e gli antagonisti dei recettori H2(es.ranitidina), indicati più spesso
come antistaminici. Sono usati in veterinaria per la prevenzione e il trattamento
di varie patologie istamino-mediate (malattie allergiche, cinetosi, úlcera péptica).
Gli agonisti H3-selettivi possono essere usati come gastroprotettori (inibizione
della secrezione acida gastrica).

• SEROTONINA. Sintetizzata a partire dall’aa L-triptofano. Viene


degradata ad opera delle MAO. Il prodotto che ne deriva (5-idrossi-
indolacetaldeide) viene ulteriormente ossidato ed escreto con le urine. La
serotonina si trova per il 90% nelle cellule enterocromaffini; nelle piastrine; nel
SNC. Le cellule enterocromaffini rilasciano serotonina in risposta a stimoli
meccanici (distensione della parete intestinale), chimici (presenza di cibo,
iperosmoticità, Rossi e microbiche) e neuronali (stimolazione vagale). Parte della
serotonina agisce localmente, in parte passa in circolo e viene catturata dalle
piastrine che la accumulano nei granuli densi per poi rilasciarla in risposta a danni
della parete vascolare. I neuroni serotoninergici sintetizzano serotonina a partire
dal triptofano, la accumulano nelle vescicole sinaptiche e la rilasciano in seguito a
depolarizzazione. L’interruzione dell’attività della serotonina è dovuta al suo re-
uptake e alla sua un’attivazione ad opera delle MAO. La serotonina endogena su
trova anche nei mastociti (solo in alcune specie animali quali grossi ruminanti,
gatto, roditori da laboratorio).
Sono stati individuati 7 tipi di recettori per la serotonina. I recettori 5-HT1, 5-HT2,
5-HT4 e 5-HT fanno parte della superfamiglia dei recettori accoppiati alle proteine
G. Il recettore 5-HT3, invece, è un recettore-canale che permette il flusso di Na+ e
K+. La serotonina è implicata nella regolazione di varie funzioni cerebrali
(controllo termoregolazione, emesi, percezione dolorifica, ritmo sonno-veglia,
umore, comportamento) e ha un ruolo importante nella patogenesi dei disturbi
psichici e del comportamento. È coinvolta anche nella percezione nocicettiva
periferica, così come nell’attivazione riflessa del centro del vomito, nella
regolazione della persitalsi intestinale, di alcune funzioni cardiovascolari
(vasocostrizione locale; effetto pro-aggregante sulle piastrine). Ha un ruolo nella
genesi dei sintomi nella sindrome carcinoide (crampi addominali, diarrea acquosa,
ipotensione, episodi di broncocostrizione, fibroplasia subendocardica e correlate
valvulopatie) associata ad abnormi quantitativi di serotonina. La modulazione
farmacologica sul sistema serotoninergico può essere:
a. Modulazione farmacologica della sintesi. Es.p-clorofenilalanina, capace di
ridurre la biosintesi di serotonina, può essere utile nella sindrome carcinoide. La
biosintesi di serotonina può essere favorita dalla somministrazione di L-
triptofano. La maggiore disponibilità di questo aa si traduce in maggiori
concentrazioni di serotonina nei tessuti periferici e nel SNC. La
somministrazione di triptofano è usata in umana per disturbi del sonno, sindromi
depressive, bulimia
b. Modulazione farmacologica dell’immagazzinamento vescicolare della serotonina
neuronale. Reserpina e reserpino-simili producono deplezione dei depositi
vescicolari di serotonina, deprimendo la trasmissione serotoninergica
c. Modulazione farmacologica del rilascio di serotonina neuronale.
Amfetamina e composti correlati promuovono il rilascio di serotonina dai
terminali assonici. Anche la fenfluramina (usata come farmaco anoressizante nel
trattamento della obesità) induce il rilascio di serotonina; è stata ritirata dal
commercio per problemi di tossicità.
d. Modulazione farmacologica della ricaptazione della serotonina. Per il
controllo della depressione e in disturbi psichici (comportamentali del cane e del
gatto es, ansia da separazione, comportamento aggressivo). Modulando il re-
uptake si potenzia la trasmissione serotoninergica. In questa categoria rientrano
anche antidepressivi che bloccano il re-uptake della serotonina
es.fluoxetina,paroxetina.
e. Modulazione farmacologica della degradazione. Inibitori delle MAO. Usati
anche questi come antidepressivi.
f. Modulazione farmacologica dell’azione sui recettori specifici. L’azione della
serotonina sui recettori può essere mimata o inibita da agonisti
(buspirone,gepirone usati come ansiolitici in umana, ancora in fase di valutazione
in veterinaria per il trattamento dei disturbi comportamentali del gatto;
sumatriptan,metoclopramide) e antagonisti (es.ketanserina e ritanserina usati nel
trattamento dell’ipertensione e di altre sindromi associate a vasospasmo e
microtrombosi; ondansetron antagonista dei recettori 5-HT3 usato per il controllo
della nausea e del vomito che accompagnano le terapie antitumorali, ancora in
fase di sperimentazione in veterinaria).
AUTACOIDI LIPIDICI

Derivano per lo più da fosfolipidi di membrana. Possono essere raggruppati in 2


categorie:
- prodotti dell’ossidazione di acidi grassi poliinsaturi a lunga catena contenuti nei
fosfolipidi di membrana (eicosanoidi)
- Prodotti della trasformazione di alcuni fosfolipidi che da componenti strutturali
delle membrane diventano composti dotati di attività biologica (es. Fattore di
attivazione piastrinica-PAF)

EICOSANOIDI

Derivano dall’a.arachidonico che si trova nei fosfolipidi di membrana. Affinché abbia


luogo la sintesi degli eicosanoidi, l’a.arachidonico deve essere liberato dai fosfolipidi;
ciò è garantito dalla fosfolipasi A2. Gli stimoli che attivano questo enzima sono di
varia natura, sia fisiologici che patologici.
L’AA liberato viene trasformato in varie classi di eicosanoidi per intervento di
specifici enzimi. Le vie attraverso cui l’AA viene metabolizzato sono:
- via delle cicloossigenasi (COX) che porta alla formazione di prostanoidi. Questi
enzimi sono dotati di attività cicloossigenasica e perossidasica. Nel sito ad attività
cicloossigenasica, l’AA viene trasformato nell’endoperossido ciclico
prostaglandina PGG2. Nel sito ad attività perossidasica, la PGG2 viene trasformata
in PGH2. Questa viene a sua volta trasformata in una serie di prodotti terminali,
noti come prostanoidi, rappresentati da:
- prostaglandine PGD2 , PGE2 , PGF2α
-trombossano A2 (TXA2 )
Le cicloossigenasi sono presenti in 2 forme: COX-1 e COX-2; i due isoenzimi
sono molto simili ma presentano alcune differenze strutturali a carico del sito con
attività cicloossigenasica. Inoltre differiscono per distribuzione cellulare e
meccanismi di regolazione della loro espressione. Infatti, COX-1 è normalmente
presente in quasi tutte le cellule, tranne negli eritrociti maturi (isoforma
costitutiva). COX-2 è presente in maniera costitutiva solo nel cervello, pareti
vasali, rene. In altre cellule ( cellule coinvolte nell’infiammazione quali monociti/
macrofagi, granulociti, mastociti) è presente nell’isoforma inducibile, cioé viene
espressa solo in seguito a determinati stimoli. Le isoforme costitutive garantiscono
una produzione di prostanoidi immediata, entro pochi min., limitata nel tempo, in
risposta a stimoli intermittenti di natura fisiologica o patologica; le isoforme
inducibili assicurano una produzione di prostanoidi un po’ più tardiva ma duratura
e abbondante in risposta a stimoli particolarmente intensi e/o persistenti, fisiologici
o patologici.

- Via delle lipoossigenasi (LOX) che porta alla formazione di leucotrieni.


Le LOX catalizzano l’ossigenazione dell’AA, trasformandolo in un idro-perossi-
acido (acido idro-perossi-eicosa-tetraenoico o HPETE). Si distinguono diversi tipi di
LOX (5, 8, 9, 11, 12 e 15-LOX); le più importanti sono la 5-, la 12-, 3 la 15-LOX che
generano rispettivamente acidi 5-, 12-, e 15-HPETE che possono essere ridotti in
idrossi acidi oppure subire un metabolismo alternativo. In particolare, l’acido 5-
HPETE viene trasformato in leucotriene A4 (LTA4 ), precursore degli altri
leucotrieni. Il viene successivamente trasformato in leucotriene B4 (LTB4 ), oppure
in leucotriene C4 (LTC4 ). I leucotrieni B4 e C4 vengono trasportati al di fuori della
cellula. Nell’ambiente extracellulare, il LTC4 viene trasformato in LTD4 , che a sua
volta da origine al LTE4 . I leucotrieni C4, D4 e E4 , in virtù dell’aminoacido cisterna
(Cys) incorporato nella loro struttura, sono indicati come cisteinil-leucotrieni
(CysLT). Il LTA4 può fungere da precursore delle lipossine LXA4 e LXB4. L’acido
12-HPETE porta alla formazione delle epossiline (A3 e B3).
Nelle cellule a riposo, la 5-LOX è localizzata nel citoplasma in forma inattiva. In
risposta alla stimolazione cellulare si verificano 3 eventi: 1) attivazione del sito
catalitico; 2) traslocazione e aggancio della 5-LOX sulla membrana nucleare; 3)
interazione tra la 5-LOX e una proteina di “attivazione” detta FLAP (five
lipooxygenase activating protein) che favorisce, a livello di membrana nucleare,
l’accesso dell’enzima al proprio substrato (AA)
- Via del citocromo P450 (CYP450) monoossigenasi, che porta alla formazione di
idrossi- ed epossi-acidi

Gli eicosanoidi possono essere sintetizzati in tutti i tessuti dell’organismo.


es. apparato riproduttore —> PGE1 e PGE2 , PGF1α e PGF2α
apparato gastrointestinale—> PGE2 e PGI2
rene—> PGE2 e PGI2 e, in minor misura, PGF2α e TXA2
SNC—> PGE2 e PGD2
milza, polmoni e fegato—> sono in grado di produrre l’intera gamma di
prostanoidi. Il tessuto polmonare inoltre, è particolarmente attivo anche nella
produzione di leucotrieni (soprattutto LTC4).

La capacità di sintetizzare prostanoidi è pressoché generalizzata. L’ampia


distribuzione delle COX rende quasi tutte le cellule dell’organismo capaci di
sintetizzare il precursore PGH2 mentre la distribuzione delle singole sintasi deputate a
trasformare le PGH2 nei diversi prostanoidi mostra una maggiore specificità cellulare.
Le piastrine, per es., producono TXA2 ; le cellule endoteliali PGI2 ;i monociti/
macrofagi PGE2 ; i mastociti PGD2 .
Per quanto riguarda i leucotrieni sono prodotti da una ristretta varietà di cellule, in
particolare leucociti e mastociti. I neutrofili producono LTB4 ; eosinofili e basofili e
mastociti producono in particolare LTC4; monociti/macrofagi entrambi.
Le caratteristiche quali-quantitative della produzione di eicosanoidi da parte di uno
stesso tipo cellulare possono variare in rapporto a:
- natura dello stimolo attivante (es. LTB4 prodotto da monociti/macrofagi è
predominante in infiammazioni di natura batterica, mentre LTC4 in infiammazioni
di natura allergica).
- Sede anatomica
- Condizione ormonale, stadio di differenziazione cellulare, stati patologici
Gli eicosanoidi possono essere inattivati tramite due principali ordini di reazioni,
distinte in rapide e lente. Le reazioni rapide si svolgono nella stessa sede in cui la
molecola viene sintetizzata. Le reazioni lente hanno luogo a livello epatico. I prodotti
terminali di tali processi degradativi sono rappresentati per lo più da composti acidi,
polari e inattivi, escreti in massima parte con le urine.
Gli eicosanoidi esercitano la loro attività biologica attraverso l’interazione con
specifici recettori, per lo più accoppiati a proteine G.
I recettori per i prostanoidi sono distinti in 5 classi (DP, EP, FP, IP, TP) dove “P” sta
per “prostanoide”, mentre la prima lettera si riferisce al prostanoide naturale più
affine per quella classe recettoriale.
I recettori FP sono per la PGF2α , IP per PGI2 , e TP per TXA2 . DP1 e DP2 sono per la
PGD2. I recettori EP sono specifici per la PGE2 e ce ne sono 4 diversi sottotipi (EP1-4 )
che differiscono tra loro per distribuzione tissutale, caratteristiche funzionali e
risposte biologiche evocate.
I recettori per i leucotrieni si distinguono in 2 classi, una per il LTB4 (recettori BLT) e
l’altra per i LTC4 , LTD4 e LTE4 (recettori CysLT).
Gli eicosanoidi agiscono su svariati bersagli cellulari:
• PGE2 —> ipotensione; broncodiltazione; effetti contrattanti sulla muscolatura liscia
intestinale. Rilasciamento della muscolatura uterina. Sull’utero gravido provoca
una serie di contrazioni coordinate del corpo e dei corni uterini, con rilasciamento
della cervice. Inibisce la secrezione acido-peptica per azione diretta sulle cellule
parietali della mucosa gastrica e stimola la secrezione di ioni bicarbonato e di
muco. Sensibilizza le terminazioni nervose nocicettive abbassando la soglia della
loro attivazione in risposta a stimoli di varia natura, e si vengono così ad instaurare
condizioni di iperalgesia e allodinia (vengono percepiti come dolorifici anche
stimoli che normalmente non lo sono); sul SNC mantiene lo stato di veglia e
determina aumento della temperatura corporea. Inibisce la risposta proliferativa dei
linfociti T e la loro capacità di produrre certe citochine (come IL-2 e INF-γ ),
inibisce l’attivazione e la proliferazione dei linfociti B in risposta all’antigene
specifico e la loro differenziazione in plasmacellule. Basse concentrazioni di PGE2
favoriscono l’aggregazione piastrinica, mentre concentrazioni elevate come quelle
raggiunte nel focolaio infiammatorio, la inibiscono. Nell’intestino inibisce
l’assorbimento di NaCl da parte dei villi, e stimola la secrezione di Cl- e il
passaggio di acqua nel lume intestinale. Nel rene inibisce il riassorbimento di Na+
e Cl- e stimola la secrezione di K+ nell’ansa di Henle e/o nel tubulo distale, e
inibisce gli effetti della vasopressina sul riassorbimento di acqua dai dotti collettori
(aumento della diuresi e dell’escrezione di elettroliti). Stimola il rilascio di renina
dalle cellule iuxtaglomerulari con conseguente attivazione del sistema renina-
angiotensina. Nelle ovaie stimola la maturazione dei follicoli pre-ovulatori. Nel
tessuto osseo stimola l’attività funzionale degli osteoclasti e degli osteoblasti
aumentando il turnover di questo tessuto.

• PGF2α —> ipertensione; broncocostrizione; effetti contrattanti sulla muscolatura


liscia intestinale. Contrazione della muscolatura uterina (sull’uterino non gravido),
mentre sull’utero gravido provoca una serie di contrazioni coordinate del corpo e
dei corni uterini, con rilasciamento della cervice. Nell’intestino inibisce
l’assorbimento di NaCl da parte dei villi, e stimola la secrezione di Cl- e il
passaggio di acqua nel lume intestinale.

• PGI2 —> potente vasodilatatore, responsabile di marcata ipotensione;


broncodilatazione; effetti contrattanti sulla muscolatura liscia intestinale. Inibisce la
secrezione acido-peptica per azione diretta sulle cellule parietali della mucosa
gastrica e stimola la secrezione di ioni bicarbonato e di muco. Inibisce
l’aggregazione piastrinica (potente anti-aggregante). Nel rene, stimola il rilascio di
renina dalle cellule iuxtaglomerulari con conseguente attivazione del sistema
renina-angiotensina.

• TXA2 —> vasocostrizione, conseguente ipertensione; broncocostrizione;


Contrazione della muscolatura uterina (sull’uterino non gravido). Ha effetti di tipo
stimolatori sulla risposta immunitaria. Potente mediatore dell’aggregazione
piastrinica (la sintesi del TXA2 da parte delle piastrine dipende dalla COX-1),
potenzia l’azione di altri agenti pro-aggreganti come 5-HT, PAF, collagene e
trombina.

• PGD2 —> ipotensione; broncocostrizione; effetti contrattanti sulla muscolatura


liscia intestinale. Sulla mucosa bronchiale stimola la secrezione di muco per azione
diretta sulle cellule mucipare. Sul SNC induce il sonno e provoca abbassamento
della temperatura corporea. Modula in maniera selettiva la funzionalità di
eosinofili, basofili e linfociti Th2, favorisce la loro adesione all’endotelio vasale e
ne determina l’attivazione funzionale. Inibisce l’aggregazione piastrinica.

• CysLT—> vasocostrizione nel distretto coronarico, polmonare e splancnico, mentre


a livello dei vasi cutanei inducono vasodilatazione. Provocano marcato aumento
della permeabilità dei vasi del microcircolo e conseguente formazione di edema.
Danno effetto inotropo e dromotropo negativo. Boncocostrizione. Effetti
contrattanti sulla muscolatura liscia intestinale. Sulla mucosa bronchiale stimola la
secrezione di muco per azione diretta sulle cellule mucipare. Potenti fattori
chemiotattici e di attivazione funzionale degli eosinofili.

• LTB4 —> è particolarmente attivo su neutrofili e monociti/macrofagi. Favorisce la


marginazione, guida la migrazione verso il sito di infiammazione (potente fattore
chemiotattico), promuove le attività funzionali, stimolando in particolare la
formazione di radicali liberi dell’ossigeno, l’aggregazione e la degranulazione dei
neutrofili, la produzione di citochine nei monociti/macrofagi, con conseguente
potenziamento della capacità di fagocitosi intracellulare dei batteri.

Gran parte dei prostanoidi e dei leucotrieni sono importanti mediatori della reazione
infiammatoria. Tra tutti i prostanoidi, la PGE2 possiede il più spiccato potere
flogogeno, contribuendo all’infiammazione tramite effetti sia diretti
(vasodilatazione), che indiretti attraverso la capacità di potenziare/mediare gli effetti
pro-infiammatori di altri autacoidi. Le proprietà pro-infiammatorie della PGE2 si
estrinsecano soprattutto in condizioni di infiammazione acuta, contribuendo solo in
parte in quella cronica. La PGD2 ha un ruolo di mediatore soprattutto nelle flogosi di
natura allergica. Essa infatti viene rilasciata dai mastociti in risposta all’allergene e
fornisce un attivo contributo allo sviluppo delle manifestazioni caratteristiche delle
reazioni allergico-anafilattiche.
Il LTB4 è spesso presente in focolai infiammatori di varia natura e contribuisce, in
particolare, ai fenomeni di reclutamento ed attivazione dei leucociti. Svolge un ruolo
importante soprattutto nelle infezioni batteriche poiché capace di promuovere la
migrazione, l’attività funzionale e la sopravvivenza dei neutrofili e dei monociti/
macrofagi nel sito di infiammazione.
La presenza di CysLT è stata documentata in corso di malattie allergiche dove
contribuiscono alla broncocostrizione responsabile della sintomatologia acuta, e sono
responsabili del reclutamento e attivazione degli eosinofili.
In base alla capacità di modulare vari aspetti dell’attività funzionale dei linfociti T e
B e dei monociti/macrofagi, prostanoidi e leucotrieni sono coinvolti nella regolazione
della risposta immunitaria, sia cellula-mediata che anticorpale. In generale, il LTB4 e
il TXA2 esercitano un’influenza di tipo stimolatorio, mentre le PGE2 e la PGI2 hanno
effetti complessivi di tipo inibitorio.
La febbre e la trasmissione del dolore sono i processi biologici del SNC nei quali
l’intervento dei prostanoidi è stato finora meglio caratterizzato. L’importanza di
questo coinvolgimento è tale che l’inibizione della sintesi di queste sostanze
rappresenta una valida strategia per il controllo della febbre e del dolore nella pratica
clinica. L’induzione della sintesi di PGE2 nell’ipotalamo è il meccanismo attraverso il
quale i pirogeni endogeni (es. citochine pro-infiammatorie IL-1β e TNF-α) ed esogeni
(es.endotossina batterica) determinano l’insorgenza della febbre, tipica
manifestazione di una reazione infiammatoria che coinvolge l’organismo in maniera
generalizzata. Si ritiene che la PGE2 sia prodotta dalle cellule endoteliali dei vasi
ipotalami in seguito all’induzione di COX-2 da parte dei pirogeni presenti in circolo,
e che interferisca con la funzionalità dei neuroni del centro termoregolatore,
determinando uno spostamento verso l’alto del set point della temperatura corporea.

MODULAZIONE FARMACOLOGICA DEL SISTEMA DEGLI EICOSANOIDI


Il sistema degli eicosanoidi è suscettibile di modulazione negativa o positiva da parte
di numerosi farmaci.
a. Modulazione farmacologica della sintesi. Numerosi farmaci devono le
loro proprietà terapeutiche all’inibizione della sintesi di prostanoidi e/o
leucotrieni. Si ricordano in particolare.
- FANS: inibiscono in maniera non selettiva sia COX-1 che COX-2, riducendo
quindi la sintesi di tutti i prostanoidi. Di più recente sviluppo ci sono gli
inibitori selettivi della COX-2 (es.calecoxib ) e gli inibitori duplici che
inibiscono in maniera più o meno bilanciata le COX e la 5-LOX, determinando la
contemporanea inibizione della sintesi di prostanoidi e leucotrieni.
- inibitori della sintesi dei leucotrieni. Usati soprattutto in umana come
antiasma. Comprendono gli inibitori della 5-LOX ad azione diretta (inibitori
diretti della 5-LOX, es.zileuton), gli inibitori della 5-LOX ad azione indiretta
( inibitori della FLAP), gli inibitori della LTA4 -idrolasi.
- glucocorticoidi: i loro effetti antinfiammatori sono ascrivibili ad una
interferenza indiretta con la sintesi di prostanoidi, leucotrieni ed altri eicosanoidi.
I glucocorticoidi, da un lato inibiscono l’induzione della COX-2 in risposta agli
stimoli pro-infiammatori e, dall’altro, inducono l’espressione di una proteina,
l’annessina-1, che a sua volta inibisce l’attività della PLA2 e riduce, in tal modo,
la disponibilità dell’AA precursore di tutti questi mediatori lipidici.
- inibitori della TXA-sintasi. Inibiscono selettivamente l’enzima che
trasforma la PGH2 in TXA2.
La sintesi degli eicosanoidi è modulata negativamente anche da farmaci che
inducono un’inibizione dell’attivazione cellulare in risposta agli stimoli, in
particolare:
- cromoni che hanno attività stabilizzatrice delle membrane e inibiscono la sintesi
di mediatori che hanno nei lipidi di membrana i loro precursori, inclusi gli
eicosanoidi
- agonisti dei recettori β2-adrenergici che stimolando l’attività dell’adenilato-
ciclasi, conseguente aumento di AMPc e riduzione della concentrazione di calcio,
modulano negativamente l’attività catalitica di molti enzimi coinvolti nella sintesi
degli eicosanoidi
b. Modulazione farmacologica dell’azione sui recettori. Per il trattamento
di alcune patologie è utile mimare gli effetti di alcuni prostanoidi. A tale scopo
sono disponibili analoghi di sintesi delle prostaglandine (es. analoghi della PGE2
o della PGE1 sono utili per indurre il parto a termine, in associazione o in
alternativa all’ossitocina; per facilitare l’espulsione della placenta, per controllare
gravi emorragie post-partem; gli analoghi della PGI2 vengono usati per malattie
vascolari periferiche di tipo ischemico e/o tromboembolico, per la prevenzione
dell’aggregazione piastrinica ecc…). Limitate sono le possibilità di ricorrere ad
un’azione diretta su recettori per ridurre gli effetti indesiderati dei prostanoidi
(eccezione: antagonisti dei recettori TP, come sulotroban, daltroban, che sono
efficaci nell’inibire l’aggregazione piastrinica indotta da TXA2 e nel ridurre la
formazione di trombi artero/venosi e l’estensione degli infarti miocardici). vi
sono anche farmaci antagonisti dei recettori per i Cys-LT (antagonisti selettivi
CysLT1 ad es.montelukast, zafirlukast) la cui principale indicazione terapeutica è
rappresentata dal trattamento dell’asma.

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