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FARMACOLOGIA

Disciplina sperimentale delle scienze biomediche volta allo studio delle azioni
reciproche che si instaurano tra qualsiasi sostanza e l’organismo.
FARMACO: qualsiasi sostanza esogena naturale (vegetale, minerale, animale), di
sintesi o semisintesi, che presenta proprietà fisiche, chimiche, fisico-chimiche o
chimiche, e che, somministrata nell’organismo evoca una modificazione funzionale
reversibile o irreversibile definita “risposta o attività farmacologica”.

Il farmaco, nelle sue interazioni con l’organismo, non crea nuove funzioni, ma
modifica quali/quantitativemente processi biologici già esistenti.
Un farmaco può avere uno scopo:
- Curativo
- Sintomatico
- Profilattico
- Diagnostico
- Ricreazionale (da abuso)
- Auxinico (frode)

COMPITI DELLA FARMACOLOGIA

• Studio delle modificazioni funzionali prodotte da qualunque sostanza attiva


• Individuazione delle leggi che regolano gli effetti funzionali e biochimici dei
farmaci anche a livello ultrastrutturale, le loro eventuali azioni associate e la
risposta dell’organismo nelle diverse condizioni fisiologiche, patologiche,
ambientali e sperimentali
• Esame delle modalità di assorbimento, metabolismo ed eliminazione dei farmaci
introdotti per le diverse vie naturali o artificiali (farmacocinetica)
• Determinazione delle dosi terapeuticamente utili e dei loro più razionali modi di
impiego (posologia)

• Segnalazione delle forme di abnorme suscettibilità o modificata tolleranza ai


farmaci (idiosincrasia, allergie, abitudine, tachifilassi, resistenza)
• Studio delle risposte farmacologiche in funzione di varianti genetiche degli
organismi (farmacogenetica)
• Regolamentazione della sperimentazione pre-clinica e clinica dei farmaci

Farmacologia:
• Generale :
- farmacodinamica—> studia le relazioni che si instaurano tra le concentrazioni
del farmaco nel sito d’azione e la misura quali-quantitativa degli effetti indotti
(relazione dose-effetto). Considera anche lo studio del meccanismo d’azione del
farmaco.
-farmacocinetica—> studia le relazioni che intercorrono tra la dose di farmaco
somministrata e le concentrazioni raggiunte da questo nel sito d’azione in funzione
del tempo e definisce i fattori che possono condizionarli. Questa correlazione
dipende dalle caratteristiche d’assorbimento, distribuzione, metabolismo,
eliminazione.
• Speciale: analizza in un contesto più ampio l’azione del farmaco

Dose attiva: quantità di farmaco necessaria per produrre una determinata risposta
farmacologica
Dose inattiva: quantità di farmaco che non determina alcuna risposta farmacologica

CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI

1. IN BASE ALL’ORIGINE DEL FARMACO


• Farmaci naturali —> di origine animale, vegetale o minerale
• Farmaci di sintesi —> preparati in laboratorio
• Farmaci di semisintesi —> per metà naturali, per metà di sintesi
2. IN BASE ALL’USO TERAPEUTICO (TIPO DI AZIONE FARMACOLOGICA)
• Etiologici o causali —> agiscono sulla causa della malattia. es. antibiotici
• Patogenetici —> agiscono sui meccanismi della malattia es. antiepilettici,
antipertensivi ecc…
• Sintomatici —> agiscono sui sintomi es. antipiretici
• Sostitutivi —> ripristinano funzioni dell’organismo alterate dalla malattia es.
insulina
3. IN BASE ALL’ATTIVITA’ BIOLOGICA (EFFETTO ATTESO)
• Antibatterici, antimicotici
• Antinfiammatori
• Antidolorifici
• Anticoagulanti
• Antiaritmici, antipertensivi
• Antiemetici
4. IN BASE ALLA PREPARAZIONE
• Galenici: divisi in:
- officinali —> preparati dal farmacista secondo le ricette ufficiale
- magistrali —> richiesti dal medico, preparati dal farmacista per quello specifico
paziente
• Specialità: sono il risultato di ricerche condotte dalle case farmaceutiche finalizzate
alla commercializzazione dei farmaci, venduti poi con nomi di fantasia (nomi
commerciali)
• Farmaci generici: sono farmaci il cui brevetto è scaduto, immessi in commercio con
la denominazione comune internazionale (D.C.I.) del principio attivo, seguita dal
nome del produttore. I farmaci generici sono bioequivalenti (con uguale

composizione in principio attivo) alle specialità medicinali da cui derivano e quindi


perfettamente intercambiabili.

Principio attivo: sostanza che presenta una caratteristica struttura chimica


responsabile di una certa azione farmacologica
Eccipiente: è un componente inattivo del farmaco, privo di azione farmacologica,
quindi innocuo. Ogni medicinale può contenerne più di uno (es. amido, cellulosa,
talco, magnesio sterrato…). Proteggono il principio attivo dalle aggressioni esterne,
ne aumentano il volume per consentire la preparazione di compresse (o qualsiasi
altra forma) di dimensioni accettabili, rendono stabili soluzioni e sospensioni
evitando che il principio attivo precipiti sul fondo, facilitano l’assorbimento del
principio attivo, correggono il sapore sgradevole
Dosaggio: quantità di principio attivo presente
Posologia: numero di dosi che il paziente deve assumere nelle 24h per ottenere
l’effetto terapeutico desiderato

Foglietto illustrativo:
- Composizione del prodotto
- Categoria farmaco-terapeutica
- Indicazioni
- Controindicazioni
- Precauzioni d’uso
- Interazioni
- Avvertenze speciali
- Uso e dosi
- Sovradosaggi
- Effetti collaterali
- Condizioni di conservazione

Sedi di azione dei farmaci:


- locale —> sulla zona di applicazione
- Regionale —> su un’intera regione, in connessione nervosa o vascolare
- Generale/sistemica

PROPRIETA’ CHIMICO-FISICHE DEI FARMACI:


- stato di aggregazione: il grado di assorbimento dei farmaci da parte degli organi
dipende dallo stato di aggregazione dei farmaci stessi. Vengono meglio assorbiti i
gas, poi i liquidi, infine i solidi.
- Tipi di dispersione: la capacità dei farmaci di indurre una certa attività
farmacologica è legata al tipo di dispersione in cui si trova.
Es. soluzioni —> soluti in solventi
sospensioni —> particelle più grandi che galleggiano in un liquido detto veicolo
emulsioni —> dispersioni di liquidi
colloidi —> dispersioni di proteine in liquidi veicolanti
- Solubilità: capacità di un farmaco di essere liposolubile o idrosolubile
- Grado di dissociazione elettrica: capacità del farmaco di dissociarsi in ioni. Un
farmaco, per essere assorbito deve essere solubile e non ionizzato; viceversa, per
essere escreto deve essere idrosolubile e ionizzato

La solubilità nei lipidi è indicata come coefficiente di ripartizione (più è elevato, più
rapidamente la molecola può diffondere attraverso le membrane). Molti fattori,
chimici, fisici, disio-patologici possono influenzare l’assorbimento dei farmaci, tra
cui la capacità del farmaco di oltrepassare le membrane biologiche, che dipende dalle
sue caratteristiche intrinseche (liposolubili, P.M., stato di interazione). Per la maggior
parte dei farmaci il passaggio attraverso le membrane avviene per diffusione passiva,
a condizione che essi, oltre che liposolubili, siano apolari, cioè privi di carica
elettrica. Poiché i farmaci sono per lo più acidi o basi deboli, il pH dell’ambiente in
cui si trovano disciolti determinerà la frazione non ionizzata che può diffondere
attraverso le membrane. Questa frazione dipenderà dalla costante di dissociazione

(pKa) del farmaco. Quindi gli acidi saranno prevalentemente indissociati (non
ionizzati) a pH acido e saranno perciò facilmente assorbibili in quanto capaci di
diffondere attraverso le membrane, mentre le basi passeranno facilmente le
membrane se si trovano in ambiente a pH basico.
I farmaci liposolubili o polari passano per trasporto attivo operato da specifici
carriers. I farmaci con P.M.>1000 vengono assorbiti solo per pinocitosi.
I farmaci altamente idrofili e con P.M.<200 possono superare le membrane per
filtrazione.

FARMACOCINETICA: studia l’evoluzione temporale delle concentrazioni di un


farmaco e dei suoi metaboliti nei diversi fluidi e tessuti dell’organismo mediante
l’analisi dei processi che regolano. Studia:
• Assorbimento: passaggio del farmaco dall’ambiente esterno all’ambiente interno,
quindi sangue o linfa, fino all’interno della cellula dove evocherà la risposta
farmacologica.
- esterno —> dall’ambiente esterno al sangue
- interno —> dal sangue alla cellula
per giungere alla cellula i farmaco deve superare le membrane biologiche, che
possono essere semplici (es. barriera cutanea) o complesse (es barriera
ematoencefalica, ematoplacentare, ematomammaria)
• Distribuzione: ai diversi compartimenti dell’organismo
• Metabolismo
• Eliminazione

VIE DI SOMMINISTRAZIONE

NATURALI
1. Via gastroenterica (o via enterale; per os): molto usata in ambito veterinario in
quanto possiamo servirci dell’acqua di bevanda o dell’alimento per
somministrare il farmaco. L’assorbimento può avvenire in diversi tratti e in base
ad essi avremo una risposta farmacologica più o meno pronta. La velocità o
l’entità dell’assorbimento dipendono dalle caratteristiche chimico-fisiche del
composto, dalla formulazione farmaceutica, dalle condizioni ambientali del tubo
gastroenterico. Nella maggior parte dei casi il farmaco da somministrare si
presenta in forma farmaceutica solida (compresse, polveri, confetti) ma anche
liquida. L’assorbimento avviene principalmente per diffusione passiva ed è
direttamente proporzionale alla liposolubili.
- Tratto sublinguale —> in questo tratto c’è una ricca rete vascolare.
L’assorbimento del farmaco attraverso i vasi sublinguali evita la sua esposizione
al tratto gastroenterico e al fegato in quanto il circolo venoso sublinguale è
tributario della vena cava superiore e ciò consente di saltare il circolo entero-
epatico. Questa via è utile per farmaci instabili a pH gastrico o che vengono
rapidamente metabolizzati a livello epatico. Inoltre la via sublinguale assicura un
rapido e pressoché completo assorbimento del farmaco per cui esso giunge agli
organi bersaglio dando una pronta risposta; infatti questa via è detta anche “via
d’emergenza”. È poco usata in veterinaria per la scarsa collaborazione del
paziente.
- Tratto gastroenterico —> la regione anatomica del tratto gastroenterico dove
viene assorbita la maggior parte del farmaco è il piccolo intestino perché dotato
di ampia superficie assorbente e ricca vascolarizzazione. Il farmaco però deve
essere liposolubile e non ionizzato. Lo stomaco ha superficie assorbente più
limitata e il suo pH acido favorisce l’assorbimento di molecole a carattere acido.
Il tempo di svuotamento gastrico influisce sulle velocità di assorbimento

(soprattutto nel cane, gatto e suino, in cui l’intestino tenue rappresenta la


principale sede di assorbimento). Il tempo di svuotamento gastrico dei liquidi e
quindi di eventuali farmaci in essi disciolti, è relativamente rapido a digiuno; è
maggiore per i farmaci somministrati in forma solida e ancora più elevato in
presenza di cibo che rallenta il passaggio dei farmaci al piccolo intestino. La
presenza di cibo e i processi gastrici possono modificare il pH gastrico e quindi
interferire con l’assorbimento dei farmaci. Anche la natura dell’alimento
influenza l’assorbimento: un pasto con elevata concentrazione di grassi aumenta
l’assorbimento di farmaci molto liposolubili. Un farmaco somministrato per os,
prima di giungere al circolo sistemico e l’eventuale sito d’azione può essere del
tutto o in parte biotrasformato ad opera di enzimi presenti nel lume intestinale
oppure, raggiunto il fegato, tramite il sistema portale, ad opera di enzimi epatici.
Tale fenomeno noto come effetto di primo passaggio o biotrasformazione pre-
ssitemica, può comportare la riduzione o la perdita dell’effetto farmacologico nel
caso in cui i metaboliti siano inattivi o con aumento dell’effetto se il farmaco
viene trasformato in metaboliti attivi.
- Tratto rettale —> i farmaci possono essere assunti per questa via allo scopo di
ottenere effetti sistemici o solo locali. Questa via può essere usata in pazienti non
collaborativi, o in presenza di vomito. In questa via si deve considerare la
presenza del plesso emorroidale [inferiore (o posteriore) e superiore (o
anteriore)]. I farmaci assorbiti dal plesso emorroidale inferiore (tributario
dell’iliaca interna -> vena cava inferiore) vengono immessi nella vena cava
bypassando così il fegato, quindi il circolo entero-epatico, per cui si avrà una
risposta migliore e più rapida (si evita l’effetto di 1° passaggio). Il plesso
emorroidale anteriore invece, è tributario della vena mesenterica inferiore che
affluisce alla vena porta, quindi al fegato, per cui i farmaci che vengono assorbiti
a questo livello presenteranno assorbimento più lento e minore risposta.
Vantaggi della via gastroenterica:
non necessita di personale specializzato
possibilità di modulare la risposta farmacologica sfruttando i diversi tratti
regolazione dell’assorbimento in base a “stomaco pieno”-“stomaco vuoto”
risposta prolungata nel tempo
Svantaggi:
tardività
non si può somministrare in caso di diarrea/vomito o se il paziente non collabora
2. Via cutanea: non permette l’assorbimento del farmaco ma assicura un’azione
efficace a livello degli strati più superficiali, garantendone invece un uso topico o
locale. Un farmaco, per essere utilizzabile per via cutanea, deve essere poco
liposolubile e usato solo in superfici prive di soluzioni di continuo, per evitare
che lo stesso vada in circolo determinando fenomeni di tossicità. Farmaci usati
per via cutanea sono: antinfiammatori, antibatterici, antimicotici, anestetici. La
presenza di flogosi o condizioni che aumentano la vascolarizzazione locale
possono aumentare l’assorbimento per via percutanea. Eccezionalmente questa
via può essere usata per la somministrazione sistemica di farmaci soprattutto
quando si vuole trattare l’animale con molecole che sottostanno ad intenso effetto
di primo passaggio.Es.cerotti a base di nitroglicerina applicati a livello del
padiglione auricolare dove la cute è sottile e l’assorbimento avviene più
agevolmente.
3. Via respiratoria o inalatoria (aerogena): permette l’assorbimento di farmaci sotto
forma di vapori, aerosol o polveri. Ha 2 finalità: trattare affezioni a carico del
tratto respiratorio (azione locale); somministrare gas anestetici, terapeutici oppure
O2. L’assorbimento dei farmaci inalatori dipenderà da:
-flusso ematico polmonare
- tensione superficiale del farmaco
-% di farmaco nell’aria inspirata
-solubilità del farmaco nel sangue
I farmaci somministrati per aerosol sono in genere destinati alla terapia di
affezioni bronchiali o polmonari e comprendono broncodilatatori, cortisonici,
mucolitici, antibiotici. Possono essere in forma di solida (fumi) o liquida (nebbie)
e vengono prodotti con un nebulizzatore in grado di micronizzare soluzioni o
sospensioni contenenti il farmaco. Le particelle più grosse tendono a depositarsi
nelle vie aeree superiori, mentre quelle più piccole possono giungere alle

ramificazioni bronchiali più sottili. In veterinaria tale somministrazione è poco


agevole data la scarsa collaborazione del paziente.
4. Vie delle mucose accessibili:
- Via vaginale e via endouterina: in genere vengono applicate preparazioni
farmaceutiche solide (supposte, ovuli, candelette) che rammollendosi e
sciogliendosi esplicano azione terapeutica. A livello uterino si possono effettuare
infusioni di chemioantibiotici o antisettici e si possono somministrare spray,
ovuli.. l’assorbimento avviene per diffusione passiva e dipende dalle
caratteristiche del farmaco e del veicolo usato.
- Via oftalmica: farmaci applicati sulla congiuntiva (colliri, unguenti oftalmici).
L’assorbimento è rapido ma limitato alla parte anteriore dell’occhio.
- Via endomammaria: nel bovino e nei piccoli ruminanti si possono usare
preparazioni farmaceutiche che possono essere introdotte nella mammella in
quanto queste specie presentano un dotto papillare del capezzolo unico e di
dimensioni tali da consentire il sondaggio. Tali preparazioni possono presentare
veicolo acquoso o oleoso e contengono in genere chemioantibiotici e/o
antinfiammatori utilizzati per la terapia delle mastiti.
VIE ARTIFICIALI
1. Via intramuscolare: usata per inoculare farmaci in sospensione, in soluzione
oleosa o per i quali l’assorbimento per via s.c. è inadeguato. La velocità di
assorbimento è direttamente proporzionale al flusso sanguigno e linfatico
presente nella massa muscolare. L’assorbimento è rapido qualora i farmaci siano
veicolati in soluzioni acquose a pH fisiologico, in questo caso il picco di
concentrazione plasmatica compare entro 15-30 min. I farmaci somministrati i.m.
devono essere:
-liposolubili.
-non ionizzati.
-non istoirritativi
-apirogeni
-sterili
Svantaggi: scarsa tollerabilità locale, impossibilità di somministrare grandi

volumi, eventuale comparsa di reazioni locali (lesioni vascolari, ascessi,


necrosi).
Siti di inoculo:
muscoli glutei e della coscia —> piccoli animali
muscoli del collo —> cavallo, bovino, suino
muscoli dello sterno —> volatili
2. Via endovenosa: consente di ottenere concentrazioni plasmatiche costanti di
farmaco e un effetto immediato. La somministrazione può avvenire in forma di
bolo unico o per infusione continua a velocità controllata (utile per farmaci con
emivita breve e in corso di anestesia generale). Offre la possibilità di
somministrare grandi volumi di soluzioni di farmaci o elettroliti per lunghi
periodi di tempo, e di somministrare soluzioni ipertoniche, acide, alcaline o
comunque irritanti e/o istolesive non tollerabili per via s.c. o i.m. Ciò è reso
possibile grazie al fatto che la somministrazione intravasale lenta comporta
un’efficiente diluizione dei farmaci. I farmaci somministrati per questa via
assicurano una risposta immediata in quanto bypassano l’assorbimento intestinale
o muscolare. I farmaci somministrati e.v. devono essere:
-idrosolubili
-ionizzabili
-isotonici
-pH fisiologico
-apirogeni
-sterili
!! Non somministrare farmaci in veicolo oleoso!!Pericolo embolia!!
!! Biodisponibilità 100%!!
É utile per:
-composti irritanti per i tessuti
-farmaci rapidamente metabolizzati prima o durante l’assorbimento.
-terapia d’urgenza
Svantaggi: possibilità di embolia, infezioni iatrogene, velocità di comparsa
dell’effetto

Siti di inoculo:
vena giugulare —> cavallo, bovino, piccoli ruminanti
vena auricolare —> suino
vena cefalica —> cane, gatto
vena ascellare —> volatili
vena caudale laterale —> gerbillo e altre specie non convenzionali
3. Via sottocutanea: il farmaco viene iniettato nel tessuto sottocutaneo.
L’assorbimento è più lento in quanto l’irrorazione sanguina è minore, rispetto ad
es. a quella del muscolo. È importante utilizzare soluzioni isotoniche, con pH
fisiologico. I farmaci devono essere dapprima liposolubili, non ionizzati per poter
attraversare i diversi strati sottocutanei. Una volta giunti ai capillari, devono
essere idrosolubili e ionizzati affinché avvenga l’assorbimento esterno. I fattori
che condizionano l’assorbimento per questa via sono soprattutto il grado di
irrorazione sanguigna e l’area totale di contatto della soluzione iniettata.
Complicazioni: comprarsa di dolore, ascessi, necrosi
Vantaggio: iniezione può essere praticata in qualsiasi parte del corpo in cui la
pelle sia sufficientemente rilassata e scorrevole (dorso—> piccoli animali;
giogaia—> bovino)
4. Via delle sierose-Via endoperitoneale: non è una via di prima scelta. Può essere
usata nei grossi animali per la somministrazione di grandi volumi di fluidi in
quanto il peritoneo presenta ampia superficie di assorbimento e ricca
vascolarizzazione. Il sangue presente a questo livello viene drenato dalla vena
porta per cui i farmaci somministrati per questa via subiscono intenso effetto di
primo passaggio. Nei grossi animali l’iniezione viene applicata nella fossa del
fianco.
Svantaggio —> rischio di sepsi, eventuale comparsa di aderenze peritoneali
5. Via intraparenchimale- intracardiaca, intratoracica: usate occasionalmente per
l’eutanasia dei piccoli animali. L’intracardiaca può essere usata per somministrare
adrenalina nella terapia d’urgenza dello shock, o in caso di arresto cardiaco.
6. Via intradermica: iniezione tra il derma e l’epidermide, con aghi sottili, corti
oppure con uno strumento che inietta il liquido a grande velocità (dermo-jet).

Viene utilizzata in genere a scopo diagnostico (intradermoreazione), ad es prova


della tubercolina, o a scopo vaccinale
7. Via intratecale: serve per assicurare un’azione locale dei farmaci a livello di
meningi o radici posteriori dei nervi. In veterinaria può essere usata
occasionalmente per scopi diagnostici radiografici. L’iniezione può essere
effettuata nello spazio subaracnoideo spinale, nelle cisterne o nei ventricoli.
Prima di iniettare il farmaco si deve aspirare una quantità equivalente di liquor.
8. Via epidurale: usata per l’induzione dell’anestesia locale, ad es a carico del treno
posteriore. L’anestetico viene iniettato nello spazio epidurale. L’epidurale può
essere:
-craniale —> a livello lombare, lombo-sacrale
-caudale —> tra gli spazi intervertebrali coccigei; anestetizza la regione della
coda, ano, vulva, perineo, regione medio-sacrale
9. Via intraarticolare: all’interno della capsula articolare, usata per il trattamento
delle forme infiammatorie e/o degenerative che interessano solo alcune
articolazioni. Si iniettano in genere antinfiammatori quali corticosteroidi.
Rischi: sepsi; lesioni a carico della capsula articolare

MECCANISMI DI TRASPORTO DEI FARMACI


ATTRAVERSO LE MEMBRANE BIOLOGICHE

L’assorbimento è il fenomeno cinetico rappresentato dal passaggio del farmaco dal


sito di somministrazione o di assunzione, al circolo ematico. La diffusione del
farmaco nell’organismo presuppone il suo passaggio attraverso le membrane
cellulari, che può avvenire secondo meccanismi passivi o attivi e dipende dalle sue
caratteristiche chimico-fisiche.

MECCANISMI DI TRASPORTO PASSIVO:


• Diffusione passiva semplice
Consente alla forma liposolubile, apolare o indissociata dei farmaci di attraversare
le membrane. Consiste nel passaggio del farmaco da una zona a più alta
concentrazione ad una a più bassa concentrazione, in modo da eguagliare il
potenziale elettrochimico della sostanza ai due lati della membrana (gradiente di
concentrazione). Non richiede ATP. È influenzata dalle caratteristiche chimico-
fisiche del farmaco e dal
far m aconella faseoleosa
Coefficiente di ripartizione =
far m aconella faseacquosa

Se >1 il farmaco è molto lipofilo e diffonde facilmente; se <1 il farmaco è molto


idrofilo e non diffonde facilmente. Non è un parametro fisso ma varia in base a
diverse situazioni, es. per metabolismo del farmaco, in base al pH, all’ambiente in
cui si trova il farmaco. La diffusione passiva semplice è possibile per i farmaci
liposolubili in grado di solubilizzarsi nel doppio strato fosfolipidico. L’entità
dell’assorbimento di un farmaco dipende dal suo pKa, dalla sua lipofilia, dal pH del
mezzo. Questi 3 parametri sono tra loro correlati nella cosiddetta “ipotesi di
ripartizione in funzione del pH”. I farmaci sono per lo più acidi o basi deboli per
cui il pH dell’ambiente in cui si trovano determinerà la frazione non ionizzata che
può diffondere attraverso le membrane. Il grado di dissociazione dipende anche dal

pKa della sostanza. Quando il pH eguaglia il pKa, il farmaco è per metà in forma
ionizzata. Tenuto conto che la forma indissociata è più liposolubile (apolare), in
genere gli acidi saranno prevalentemente indissociati (non ionizzati) a pH acido e
saranno perciò facilmente assorbibili in quanto capaci di diffondere attraverso le
membrane, mentre le basi vengono meglio assorbite in ambiente basico. Ci sono
delle eccezioni a questa regola, es alcuni aminoglicosidi, pur essendo basici, hanno
pKa elevato e tendono a restare dissociati in tutti i distretti dell’organismo. Nel
tubulo renale, la reazione acida dell’urina dei carnivori facilita il riassorbimento dei
farmaci debolmente acidi perché a questo pH prevale la forma indissociata, mentre
alcalinizzando le urine se ne favorisce la dissociazione, quindi l’eliminazione.
Negli erbivori il pH urinario è alcalino quindi si ha la situazione opposta. Infine,
poiché la diffusione di un farmaco attraverso una membrana è regolata dalla legge
di Fick secondo cui:
Flusso molare = (C1-C2) D x A/d dove:
C1-C2 = concentrazione del farmaco nei 2 comparti
Flusso molare = velocità di passaggio dal comparto 1 al comparto 2
D = coefficiente di diffusione che dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche del
farmaco
A = area della membrana che il farmaco deve attraversare
d = spessore della membrana
è evidente che la velocità di attraversamento è direttamente proporzionale alla
differenza di concentrazione ai due lati della membrana; che i farmaci presentano
velocità di passaggio diverse a seconda del coefficiente di ripartizione; che il flusso
è tanto maggiore quanto maggiore è l’estensione della membrana ed è inversamente
proporzionale allo spessore della membrana.
• Filtrazione
Consiste nel passaggio di molecole con basso P.M., polari e non, attraverso i pori
della membrana sotto la spinta di una differente pressione osmotica e idrostatica
che sfrutta il normale flusso acqua tra interno ed esterno delle cellule. I pori sono
canali proteici la cui disposizione determina la formazione di canali idrofili carichi
che collegano i due lati della membrana. I soluti attraversano la membrana con una

velocità proporzionale al coefficiente di diffusione e seguono il gradiente


elettrochimico.
• Diffusione passiva facilitata
Passaggio di molecole superiori a 4nm, non liposolubili, attraverso la membrana
senza dispendio energetico, tramite legame con specifici carriers, cioè proteine di
membrana che legano il farmaco con il lato esterno e lo portano all’interno della
cellula, facendogli attraversare la membrana secondo un gradiente di
concentrazione favorevole. Il numero dei siti di legame presenti per unità di
superficie di membrana è limitato e raggiunta la concentrazione critica di farmaco,
il passaggio non dipende più dalla concentrazione ai due lati della membrana ma
diventa costante.

TRASPORTO ATTIVO
Mediato da carrier. È un processo saturabile, richiede ATP. Il flusso attraverso le
membrane avviene contro gradiente e dipende dalla densità dei trasportatori e dal
numero massimo di cicli di trasporto per molecola al secondo. Il Carrier per poter
trasportare la sostanza deve prima riconoscerla , quindi legarsi specificatamente alla
sostanza che deve trasportare; poi deve effettuare: traslocazione, cioè spostare la
sostanza da un lato all’altro; rilascio della sostanza, rapido ritorno alla configurazione
iniziale.
Uniporto —> passa 1 molecola
Simporto —> 2 o più molecole nella stessa direzione
Antiporto —> 2 molecole in direzione opposta
- Traslocazione di gruppo: viene trasportata una sostanza che al contempo viene
modificata dal punto di vista chimico (es traporto degli zuccheri che vengono
fosforilati)
- Trasporto attivo propriamente detto: mediante pompa energia-dipendente
- Doppio scambio: il Carrier preleva il farmaco e lo introduce nella cellula mentre
ne assume i cataboliti tossici e li porta fuori

- Endocitosi: consente il trasporto di farmaci idrofili; il farmaco viene inglobato in


vescicole che si formano per invalidazione della membrana che possono poi
scaricare il loro contenuto sul versante cellulare opposto

FATTORI CHE CONDIZIONANO L’ASSORBIMENTO


- Caratteristiche fisico-chimiche del farmaco (natura chimica, solubilità, P.M.,
coefficiente di ripartizione)
- Tempo di svuotamento gastrico e presenza di cibo nello stomaco
- Caratteristiche anatomiche e fisiologiche del sito di assorbimento. (Flusso ematico,
pH)
- Area della superficie di assorbimento
- Specie animale, eventuali patologie
- Posologia: dose, via e ritmo di somministrazione

BARRIERE CELLULARI

• Barriera emato-encefalica. Formata da: plesso corioideo, plesso endoteliale,


nevroglia. Ha il compito di impedire il passaggio solo dei farmaci dotati di alta
liposolubilità. I composti idrosolubili non sono normalmente in grado di
raggiungere il SNC a meno che non ci siano stati infiammatori. Tuttavia, nei
neonati (non è ancora completamente formata), in soggetti che hanno subito traumi
cranici, in soggetti affetti da meningiti e tumori, il rischio di passaggio dei farmaci
attraverso la BEE è aumentato
• Barriera emato-placentare. Formata dalle cellule epiteliali dei villi coriali e
dalle cellule epiteliali dei vasi. In condizioni normali impedisce il passaggio di
sostanze tossiche e farmaci, tuttavia con un elevato dosaggio farmacologico non si
riesce a preservare il feto. È bene non trattare la madre con farmaci preferibilmente
fino a 3 mesi di gestazione.
• Barriera emato-mammaria. Formata dalle cellule epiteliali delle ghiandole
mammarie e dalle cellule epiteliali dei vasi. I farmaci liposolubili possono superare
questa barriera e passare nel latte. È importante il rispetto del tempo di sospensione.

DISTRIBUZIONE TISSUTALE DEI FARMACI

Processo cinetico di trasferimento reversibile di un farmaco da un tessuto all’altro


dell’organismo. In seguito alla somministrazione e dopo essere stato assorbito, il
farmaco, attraverso la circolazione sanguigna o la via linfatica, si distribuisce nei
diversi comparti dell’organismo, passando dapprima nei liquidi extra- e intercellulari
e poi, tramite le membrane, nei liquidi intracellulari per essere poi metabolizzato ed
escreto. La distribuzione è il processo attraverso cui un farmaco lascia il circolo
(compartimento intravasale) e diffonde nell’organismo entrando nell’interstizio
(compartimento extracellulare) e nelle cellule dei vari tessuti (compartimento
intracellulare). La velocità e l’entità della distribuzione dipendono dal flusso ematico,
dal volume di ciascun compartimento, dalla capacità del farmaco di attraversare le
membrane o di legarsi alle proteine plasmatiche o tessutali.

LEGAME FARMACO-PROTEICO

I farmaci nel sangue possono essere in forma libera o legati alle proteine plasmatiche,
in particolare albumina (lega farmaci a carattere acido), le α-glicoproteine e le
globuline (α1,α2,β1,β2,γ) (legano farmaci a carattere basico). Il farmaco legato non è in
grado di passare nei tessuti ed essere metabolizzato o escreto. Tra farmaco e proteine
si instaurano diversi tipi di legame: covalente, ionico, idrogeno, forze di Van Der
Waals.
La forma legata è farmacologicamente inattiva, incapace di raggiungere il sito
d’azione, non può essere metabolizzata ed eliminata.
La forma libera è farmacologicamente attiva, in grado di diffondere ai tessuti, essere
metabolizzata ed eliminata.
Ogni farmaco si lega alle proteine plasmatiche in quantità specifica. Alcuni farmaci
sono dotati di scarsa capacità di legame, altri invece possono anche legarsi con
legami irreversibili (sono tossici!!).
A livello delle proteine plasmatiche esistono degli appositi siti di legame, detti
“binding sites”, che differiscono dai classici siti recettoriali, in quanto hanno la

capacità di legare il farmaco, ma non danno luogo ad una risposta farmacologica. In


considerazione di ciò distinguiamo:
- Recettore primario (o attivo) capace di legare il farmaco e di indurre una risposta
farmacologica
- Recettore secondario o accettore: dotato di esclusiva affinità per il farmaco, ma
incapace di determinare una riposta farmacologica
In base al modo con cui il farmaco si lega ai recettori secondari o accettori,
distingueremo:
- farmaci con elevata affinità per l’accettore: sono legati all’accettore con solide
forze di legame; presentano una risposta farmacologica ritardata e un’azione
farmacologica meno intensa ma più duratura
- Farmaci con bassa affinità per l’accettore: sono legati con deboli forze di legame,
presentano una risposta farmacologica immediata e azione farmacologica più
intensa ma meno duratura
In base all’affinità e alla forza di legame con l’accettore, possiamo introdurre il
concetto di spiazzamento farmaco-proteico: è la capacità per cui un farmaco che ha
maggiore affinità e maggiore forza di legame con l’accettore (farmaco spiazzante) è
in grado di spiazzare dall'accettore un secondo farmaco, precedentemente legato
all’accettore, detto spiazzato, occupandone il posto nell’accettare. Ciò comporta che i
farmaci presenti in maggiore concentrazione (in condizioni di pari affinità) o dotati di
maggiore affinità, si leghino con le proteine plasmatiche spiazzando altri farmaci,
presenti in minore concentrazione o dotati di minore affinità, inducendo un aumento
della quota libera di quest’ultimi. Come conseguenza, i farmaci spiazzati, quindi in
forma libera, raggiungendo prima la loro sede d’azione, danno risposta farmacologica
più rapida e intensa ma meno duratura. È possibile modulare l’effetto “farmaco
spiazzante-farmaco spiazzato”, ad es riducendo la quantità di farmaco spiazzato, che
sarà però sufficiente ad assicurare un’efficace azione farmacologia, grazie alla
contemporanea somministrazione del farmaco spiazzante, che, a sua volta, per
garantire la sua efficacia farmacologica deve essere somministrato alla sua dose
massima.

VOLUME APPARENTE DI DISTRIBUZIONE (VAD)

Per VAD si considera il volume teorico di acqua corporea in cui il farmaco sarebbe in
grado di distribuirsi qualora si considerasse l’organismo animale come un unico
comparto e quindi il composto mantenesse nei tessuti in cui distribuisce la stessa
concentrazione raggiunta nel plasma.
dosesomministratamg/kg
VAD =
concentrazioneplasm aticamg/l

Il VAD è importante perché conoscendolo e conoscendo la concentrazione


plasmatica, possiamo trovare la
VAD
Dose di farmaco specifica =
percentualeplasm aticadel far m aco

Oppure conoscendo la dose somministrata e il VAD possiamo conoscere la


dosesomministrata
Concentrazione plasmatica =
VAD
Il farmaco legato alle proteine proteine plasmatiche viene veicolato nei vari comparti
dell’organismo ma solo la forma libera raggiunge e penetra organi e tessuti. Il
farmaco si distribuisce più velocemente negli organi a più rapida perfusione e più
lentamente in quelli a perfusione più lenta (muscoli, cute, tessuto adiposo, ossa).
Alcuni farmaci si possono accumulare preferenzialmente in particolari distretti
dell’organismo. Es. nel tessuto osseo (compresi i denti) si accumulano le tetracicline.
Nel tessuto adiposo si depositano barbiturici, chetamina, ivermectine. Nella tiroide si
concentra lo iodio.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA DISTRIBUZIONE


- legame con le proteine plasmatiche
- Affinità chimica con i componenti cellulari del tessuto
- pH
- Grado di ionizzazione
- Coefficiente di ripartizione
- Flusso ematico, vascolarizzazione tessutale, permeabilità dei capillari

RIDISTRIBUZIONE

È un fenomeno cinetico cui vanno incontro i farmaci dotati di elevata liposolubilità


ed è strettamente correlata al fatto che nell’organismo animale i tessuti sono dotati di
velocità ed entità di perfusione sanguigna diverse. I farmaci molto liposolubili, dopo
una prima e più rapida distribuzione negli organi più riccamente vascolarizzati e con
più elevata velocità di perfusione possono accumularsi nelle sedi dell’organismo a
più lenta perfusione e da qui essere nuovamente e più lentamente rimessi in circolo.
Per ridistribuzione, quindi, si intende il fenomeno attraverso cui i farmaci, in
successive fasi temporali, vengono trasferiti da un distretto all’altro dell’organismo,
per passare nuovamente in circolo ed essere lentamente eliminati. Pertanto, la fine
dell’effetto farmacologico, oltre ad essere dovuta ai processi di biotrasformazione e di
escrezione, può anche essere correlato alla ridistribuzione del farmaco dalla sua sede
di azione in altri tessuti o siti dell’organismo.

BIOTRASFORMAZIONE DEI FARMACI


Anche definita metabolizzazione farmacologica, in quanto i farmaci devono essere
convertiti in metaboliti più o meno attivi per poi essere eliminati. Le reazioni di
biotrasformazione avvengono principalmente nel fegato e, in minor misura, nel rene,
polmone, intestino.
In seguito alla biotrasformazione si formeranno metaboliti ionizzati che verranno
escreti facilmente. Rispetto al farmaco originario, i metaboliti potranno essere:
- meno attivi
- Ugualmente attivi
- Più attivi
- Inattivi
Le reazioni di biotrasformazione sono catalizzate da enzimi biotrasformativi:
- di fase I —> famiglia dei citocromi P450 (CYP) e Monoossigenasi flaviniche
(FMO). Si trovano principalmente nella membrana del reticolo endoplasmatico
liscio, dette microsomi
- Di fase II —> transferasi; si trovano nel citosol (tranne la glucuroniltransferasi che
si trova nei microsomi).

FMO—> 5 famiglie, presenti anche nei tessuti extraepatici; FMO1 (maggiormente


espressa nel fegato di maiale, coniglio, cane), FMO2 , FMO3, FMO4, FMO5.

REAZIONI DI FASE I
A. Ossidazioni
- Non microsomiali: possono riguardare amine primarie endogene come le amine
simpaticomimetiche oppure alcoli e aldeidi. Nel primo caso gli enzimi coinvolti
sono le monoaminoossidasi (MAO) a localizzazione mitocondriale; nel secondo
caso, le reazioni che, in presenza di NAD, determinano dapprima la formazione
di aldeidi e quindi quella di acidi sono catalizzate rispettivamente dall’alcool- e
dall’aldeide-deidrogenasi presenti nella fase solubile.
- Microsomiali: operate da emoproteine (CYP) e flavoproteine (FMO). Sono
anche reazioni catalizzate da idrossi-steroidodeidrogenasi (HSD) presenti anche
nella fase citologica. Le reazioni avvengono in presenza di NADPH. Le più
importanti reazioni di ossidazione microsomiale sono:
• Idrossilazione aromatica: i metaboliti prodotti sono in maggioranza fenoli; possono
risultare meno attivi
• Idrossilazione alifatica
• Epossidazione di composti policiclici e alifatici insaturi: reazione di interesse
prevalentemente tossicologico in quanto i metaboliti (epossidi) hanno spesso
carattere di instabilità e reattività e tendono a reagire con le macromolecole
cellulari formando complessi stabili detti “addotti” e determinando alterazioni
potenzialmente gravi
• N-, O-, e S-dealchilazione: i metaboliti derivati hanno in genere minore attività
farmacologica
• N- e S-ossidazione
• Desulfurazione ossidativa
B. Riduzioni: catalizzate da enzimi a localizzazione microsomiale e/o citosolica che
utilizzano quali fonti di elettroni il NADPH e il NADH
C. Idrolisi: catalizzate da esterasi e amidasi a localizzazione microsomiale. In
alcuni casi si possono generare metaboliti più attivi (es. idrolisi dell’acido
acetilsalicilico ad acido salicilico); più spesso si ha la riduzione dell’attività
farmacologica e la rapida escrezione, prevalentemente come metaboliti di fase II.

REAZIONI DI FASE II

Nella maggior parte dei casi, il meccanismo è il seguente:


A. Agente coniugante endogeno + energia —> agente coniugante attivato
B. Agente coniugante attivato + farmaco —> farmaco coniugato
Più raramente l’agente coniugante non necessita di energia e si lega al farmaco come
tale oppure la farmaco attivato (coniugazione con aminoacidi):
• Farmaco + energia —> farmaco attivato
• Farmaco attivato + agente coniugante —> farmaco coniugato

- Coniugazione glucuronica: converte molecole lipofile e i loro metaboliti di fase I,


in derivati molto più polari e quindi facilmente eliminabili. Affinché una molecola
possa subire tale reazione è sufficiente che contenga i seguenti gruppi funzionali:
-OH; -COOH; -SH; -NH2. L’agente coniugante endogeno è l’acido
uridindifosfoglucuronico (UDPGA).
- Coniugazione con i solfati: coniugazione con un gruppo solfonino. L’agente
coniugante è il 31-fosfoadenosin-51- fosfosolfato (PAPs).
- Coniugazione con il glutatione: reazione inattivante e/o detossificante
- Acetilazione: i derivati N-acetilati sono composti meno attivi e vengono escreti per
via urinaria
- Reazioni di metilazione: i metaboliti sono più liposolubili rispetto alla molecola
parente
- Coniugazione con aminoacidi

FATTORI CONDIZIONANTI LA BIOTRASFORMAZIONE

Induzione enzimatica

Inibizione enzimatica

Dieta ESTERNI

Specie Condizioni
INTERNI
Sesso

Razza
Condizioni

Polimorfismi

Lo stesso farmaco è metabolizzato diversamente in ogni specie animale, in quanto


ognuna possiede un proprio corredo enzimatico.
I giovani hanno un sistema enzimatico ancora immaturo, gli anziani poco efficiente.
Un buono stato nutrizionale assicura un efficiente funzionamento enzimatico.

INDUZIONE ENZIMATICA

Consiste nell’aumento del numero di molecole di un determinato enzima


biotrasformativo in risposta all’esposizione ripetuta e prolungata, ad un composto
definito “induttore” che, di norma, è anche substrato dell’enzima indotto. L’induzione
può avvenire in due modi:
- Autoinduzione: il farmaco induce gli enzimi a degradare se stesso
- Eteroinduzione: il farmaco induce gli enzimi a degradare un altro farmaco
associato al primo

Tra i farmaci autoinduttori ricordiamo: barbiturici, psicofarmaci, dicumarinici,


tolbutamide, corticosteroidi. Dopo ripetute somministrazioni, inducono gli enzimi a
degradare se stessi; ciò darà luogo a fenomeni di tolleranza o assuefazione che
indurranno un mancato effetto farmacologico. Inoltre l’autoinduzione si verifica in
caso di monoterapia.
L’eteroinduzione invece si può manifestare solo in corso di terapia con associazione
farmacologia.
Farmaco induttore —> induce la degradazione da parte degli enzimi
Farmaco indotto —> sottoposto a degradazione enzimatica indotta da un altro
farmaco
Il tempo di latenza dell’induzione determinata da un farmaco è in genere 5-7gg; al
cessare dell’esposizione il fenomeno induttivo regredisce.

INIBIZIONE FARMACO-METABOLICA (ENZIMATICA)

Processo attraverso il quale un farmaco riesce a bloccare gli enzimi deputati alla
biotrasformazione di altri farmaci. In questo caso avremo una risposta farmacologica
in eccesso dei farmaci inibiti. L’inibizione è caratterizzata da un tempo di latenza
molto minore e può manifestarsi anche dopo un’unica esposizione. Affinché non si
verifichi l’inconveniente di una risposta farmacologica eccessiva data dai farmaci
inibiti, occorre ridurre la dose di farmaco inibitore.
Conseguenze dell’inibizione enzimatica —> nel caso che il farmaco, il cui
metabolismo risulta rallentato, sia attivo come tale si osserverà generalmente un
rallentamento della cinetica con un aumento della biodisponibilità e del picco ematico
ed un prolungamento dei valori dell’emivita plasmatica. Risulta pertanto possibile un
accumulo tessutale e, nel caso di farmaci con basso indice terapeutico, la comparsa di
fenomeni di tossicità anche gravi.

REAZIONI DI FASE III ED EFFETTO DI PRIMO PASSAGGIO

I glucuronidi e i solfoderivati originati dalle reazioni di fase II ed escreti per via


biliare possono subire reazioni di idrolisi operate da β-glucuronidasi o arilsulfatasi
presenti nella flora batterica intestinale, liberando composti che riacquistano
caratteristiche di liposolubilità e che possono essere nuovamente riassorbiti. Tale
processo, noto come circolo entero-epatico o fase III, è molto importante in quanto
prolunga la persistenza nell’organismo e quindi la durata di azione di molti farmaci.
L’entità del riassorbimento varia in rapporto a vari fattori quali l’attitudine di una
determinata specie ad eliminare i coniugati per via biliare e il grado di liposolubilità
del composto che viene liberato. Tra i farmaci maggiormente soggetti al circolo
entero-epatico ricordiamo la morfina, il cloramfenicolo, l’oxazepam, alcuni FANS
(paracetamolo), oltre agli steroidi sessuali naturali e i corticosteroidi. Prima di
raggiungere la circolazione sistemica, un farmaco somministrato per os può andare
incontro a reazioni di biotrasformazione operate da enzimi localizzati nella mucosa
del tratto gastroenterico, dalla flora batterica, e dal fegato stesso, note come effetto di
primo passaggio. Tali reazioni possono diminuire la biodisponibilità del farmaco.
Patologie enteriche che richiedono una prolungata terapia con antibiotici possono
determinare un depauperamento della flora batterica e di conseguenza, una
diminuzione dell’entità del circolo entero-epatico. Le conseguenze possono
comportare l’inefficacia dell’azione farmacologica.

ELIMINAZIONE DEI FARMACI

Dopo aver svolto la loro azione, i farmaci vengono escreti come tali o, dopo
biotrasformazione, sotto forma di metaboliti, attraverso gli emuntori naturali. Le vie
di eliminazione dei farmaci sono distinte in:
- Vie principali: via urinaria o renale, via epato-intestinale
- Vie secondarie: via polmonare, via ghiandolare (sudore, lacrime, saliva), via
cutanea, via mammaria
La predilezione di una rispetto ad un’altra, dipende dalle caratteristiche fisico-
chimiche del farmaco. I farmaci ionizzati, idrosolubili e metaboliti idrosolubili
vengono escreti principalmente per via renale. I farmaci voltili vengono eliminati
preferenzialmente per via polmonare. I farmaci e relativi metaboliti liposolubili e non
ionizzati escreti con la bile, la saliva, il succo gastrointestinale e pancreatico, non
riassorbiti a livello intestinale, vengono eliminati attraverso la via epato-intestinale,
mediante le feci.
1. Via renale: principale via di eliminazione dei farmaci e dei loro metaboliti,
prevalentemente ionizzati ai valori di pH fisiologici e scarsamente liposolubili, e
sfrutta i meccanismi di regolazione per il mantenimento della corretta
composizione chimica dell’organismo animale. Le molecole a bassa
liposolubilità e ionizzate nel plasma vengono escrete rapidamente, invece gli
elettroliti deboli, liposolubili e scarsamente ionizzati vengono eliminati molto
lentamente. I processi che si verificano sono:
- Filtrazione glomerulare: consente la produzione di pre-urina per filtrazione di
molecole idrosolubili, libere (non legate alle proteine plasmatiche) e ionizzate; tale
processo è regolato oltre che dalla pressione idrostatica, dalla permeabilità dei
capillari glomerulari e dalla capsula di Bowman, che permettono solo il passaggio
di molecole in soluzione. Inoltre la velocità di filtrazione di un farmaco è
proporzionale al flusso ematico renale, alla sua concentrazione plasmatica e al suo
grado di legame con le proteine ematiche. I farmaci legati alle proteine rimangono
in circolo e non passano nell’ultrafiltrato glomerulare in quanto non riescono ad
attraversare i pori della parete vasale

- Riassorbimento tubulare: determina il passaggio di molecole, liposolubili e


indissociate dal lume del tubulo prossimale ai capillari sanguigni, per diffusione
passiva, secondo gradiente di concentrazione. Tale processo è unidirezionale,
dall’ultrafiltrato al plasma. Il riassorbimento dipende anche dal pKa della molecola
e dal pH delle urine, oltre che dalla concentrazione e liposolubilità della molecola.
Se l’urina è acida (cane, gatto), i farmaci basici sono maggiormente ionizzati e
saranno meno assorbiti e quindi escreti più velocemente; il contrario si verifica in
presenza di farmaci acidi.
- Secrezione tubolare: consente il passaggio di composti organici, altamente polari,
dal plasma dei capillari al lume tubulare, mediante diffusione facilitata operata da
carrier o per trasporto attivo, contro gradiente di concentrazione. Esistono 2
sistemi di trasportatori, uno specializzato per le sostanze acide (penicilline,
glucuro-coniugati), l’altro per quelle basiche, sempre in forma ionizzata. Si può
avere una certa competizione tra molecole aventi affinità per lo stesso trasportatore
che può influenzare l’escrezione delle molecole. Questo può essere sfruttato per
modulare (aumentare o diminuire) l’azione farmacologia interferendo sulla
secrezione tubulare, o anche per favorire l’eliminazione di sostanze dannose per
l’organismo. È possibile influenzare l’eliminazione dei farmaci anche modificando
il pH delle urine. Es. intossicazione da barbiturici e salicilati (acidi) si può dare
bicarbonato di sodio per alcalinizzare l’urina facilitando così la dissociazione di
tali farmaci e quindi la loro eliminazione.
2. Via epatica e gastro-intestinale: molti farmaci si ritrovano in notevole quantità
nelle feci, essendo eliminati dall’organismo attraverso la via epatica o biliare
(cosiddetta primaria) e la via castro-intestinale (ritenuta secondaria). I meccanismi
responsabili dell’eliminazione sono:
- diffusione passiva secondo gradiente di concentrazione del farmaco, presente nelle
cellule dell’epitelio e nel lume intestinale
- Trasporto specializzato, a livello epatico, coinvolto nella formazione della bile e
nel trasporto di sostanze non liposolubili o fortemente polari e nell’eliminazione
biliare dei farmaci

Un composto per essere escreto per via biliare deve avere P.M. maggiore di 300
Dalton.
Un fattore condizionante l’escrezione biliare è la coniugazione con acido
glucuronico. In base alla capacità di eliminare i farmaci per via biliare, gli animali
vengono distinti in:
• Escretori biliari efficienti (ratto, cane, pollo)
• Escretori moderatamente efficienti (gatto, ovino)
• Escretori scarsamente efficaci (cavia, coniglio, scimmia, uomo)
L’eliminazione per via biliare è molto lenta in quanto i farmaci pervenuti nel piccolo
intestino possono essere riassorbiti e ritornare al fegato per via portale. I metaboliti
glucuronati possono essere idrolizzati dalla flora batterica intestinale e, riacquistando
l’originale liposolubilità, essere riassorbiti. L’escrezione biliare seguita da
riassorbimento intestinale, nota come circolo entero-epatico, ritarda l’eliminazione di
molti composti, aumentandone la concentrazione nella bile e prolungando la durata
d’azione. I farmaci eliminati con le feci possono essere escreti dalla via castro-
intestinale prima di essere assorbiti, oppure essere escreti attraverso saliva, succo
gastrico, enterico e pancreatico nel tubo digerente. Con la saliva vengono di norma
eliminati cianuri, bromuri, ioduri, Pb, Ba, Hg, che però, dopo la deglutizione della
saliva, attraverso il circolo gastro-salivare e il circolo entero-salivare, sono
nuovamente assorbiti. Il circolo gastro-salivare è tipico di alcuni antibiotici, es
spiramicina, che possono essere utili in caso di affezioni del cavo orale. Con il succo
gastrico e intestinale vengono eliminati la maggior parte degli alcaloidi, in particolare
i derivati dell’oppio, i veleni ofidici, la ricina…inoltre, molti purganti sono eliminati
attraverso il tenue; tuttavia, tali composti vengono in parte riassorbiti lungo il tubo
digerente, attraverso il circolo gastroenterico e il circolo entero-enterico.
3. Via polmonare: le sostanze allo stato gassoso o volatili alla temperatura
corporea vengono eliminate con l’aria espirata, attraverso gli alveoli. Es. anestetici
inalatori (etere dietilico, protossido di N, alotano), oli essenziali, acetone, acido
cianidrico. Alcuni farmaci, dopo metabolizzazione, cambiano caratteristiche e
vengono eliminati per via extrapolmonare. I fattori che influenzano l’eliminazione dei
farmaci gassosi o volatili sono:

- ventilazione polmonare (frequenza e ampiezza degli atti respiratori)


- Flusso ematico polmonare
- Solubilità del composto nel sangue e nei tessuti
Questi farmaci diffondono attraverso l’epitelio alveolare in base al gradiente di
concentrazione (sospeso l’anestetico—>eliminazione rapida perché la concentrazione
è elevata nel sangue e nulla nell’aria alveolare). La velocità di eliminazione degli
anestetici e di altre sostanze gassose è inversamente proporzionale alla loro solubilità
nel sangue e nei tessuti.
4. Via cutanea: scarsa escrezione dei farmaci per questa via. Tuttavia, in caso di
scarsa funzionalità renale, la cute può assumente funzione vicariante. L’escrezione
può avvenire per diffusione semplice delle sostanze in forma non ionizzata, attraverso
le cellule epiteliali ghiandolari, e per filtrazione dei composti idrosolubili (come
l’urea) mediante i pori acquosi della membrana. I principali fattori che regolano
l’eliminazione dei farmaci attraverso la cute sono il pKa e il pH. In genere attraverso
la cute possono essere escrete sostanze gassose e volatili.
5. Via lacrimale e congiuntivale: possono essere eliminate modeste quantità di
farmaci. I farmaci escreti per questa via possono dare effetti a livello gastrico, in
quanto, attraverso il canale naso-lacrimale possono raggiungere le fosse nasali,
passare nel rinofaringe, essere deglutiti e arrivare allo stomaco, da cui, in casi
particolari, possono essere riassorbiti ed essere nuovamente escreti attraverso le
ghiandole lacrimali (circolo gastro-lacrimale).
6. Via mammaria: l’escrezione per questa via dipende dalle caratteristiche fisico-
chimiche, dalla posologia, dal grado di ionizzazione, liposolubilità, legame con le
proteine plasmatiche. Questa via può essere utilizzata per indurre un effetto
terapeutico nel neonato. È importante, comunque, rispettare i tempi di sospensione,
per evitare che l’uomo ingerisca latte con residui farmacologici. Passano nel latte i
farmaci liposolubili (la maggior parte dei chemioantibiotici supera la barriera
mammaria). Oltre ai farmaci, nel latte, si possono trovare anche contaminanti
ambientali (es pesticidi).

BIODISPONIBILITA’

È la capacità di un farmaco di raggiungere il suo sito d’azione; considera sia la


velocità sia l’entità con cui il fenomeno si verifica. Se il farmaco è somministrato e.v.
la sua biodisponibilità è =100%. Ogni fattore in grado di influenzare l’assorbimento
di un farmaco ne modifica la biodisponibilità.
Biodisponibilità e.v.>i.m.>s.c.>os
In caso di somministrazione per os, la quantità di farmaco biodisponibile dipende
dell’entità del metabolismo epatico e gastrointestinale. La biodisponibilità è
rappresentata matematicamente dall’Area Sotto la Curva (AUC) delle concentrazioni
plasmatiche di farmaco contro il tempo ed è espressa in percentuale.

Didascalia

AUCorale, i . m . , s . c .
Biodisponibilità F = x100
AUCe . v .

Fattori che regolano la biodisponibilità:


- metabolismo epatico o di primo passaggio
- Solubilità del farmaco
- Instabilità chimica
- Natura della forma farmaceutica

CLEARANCE

Volume di sangue depurato dal farmaco per unità di tempo (espressa in ml/min).
velocita′dieliminazionedel far m aco
Clearance =
concentrazioneplasm aticadel far m aco

La clearance totale di un farmaco è la somma delle clearance di ciascun organo che


contribuisce all’eliminazione del farmaco.
La clearance è importante per stabilire, in caso di trattamenti ripetuti, la posologia
corretta (dose e frequenza di somministrazione) necessaria per produrre
concentrazioni plasmatiche desiderate allo stato stazionario (steady state). Lo stato
stazionario delle concentrazioni plasmatiche si ottiene quando la velocità di
somministrazione è uguale alla clearance del farmaco, pertanto:
clearance
Frequenza di somministrazione =
concentrazioneallosteadystate

La clearance di un farmaco si mantiene costante per quello’intervallo di dosi che non


saturano i sistemi di assorbimento ed eliminazione.

STATO STAZIONARIO

Stato di equilibrio. Quando si somministra un farmaco, la concentrazione plasmatica


dello stesso, nel tempo, subisce oscillazioni che diventano minime dopo un certo
periodo di assunzione. Dopo un certo numero di somministrazioni la quantità di
farmaco eliminata corrisponde a quella introdotta per ogni somministrazione: a
questo punto il sistema è appunto in steady-state. Questa situazione si raggiunge dopo
un tempo pari a 4 volte l’emivita del farmaco (es. un farmaco che ha un’emivita di
20h arriverà allo steady-state dopo 100h a seguito di 4-5 somministrazioni ripetute).
La concentrazione plasmatica allo stato stazionario (Css) è la concentrazione che
raggiunge un farmaco nel sangue quando viene somministrato in dosi ripetute,
distanziate tra loro, da un tempo che corrisponde al T1/2.
dose
Css =
f requenzadisomministrazione ⋅ clearance
dose
Frequenza di somministrazione =
Css ⋅ Clearance
Quando l’intervallo di somministrazione è inferiore alT1/2, il farmaco si accumula
nell’organismo con eventuali problemi di tossicità, a differenza di quanto succede se
la frequenza di trattamento è molto superiore al T1/2. Per ottenere concentrazioni
medie allo stato stazionario equivalenti alla dose somministrata, l’intervallo ideale di
somministrazione è 1,44 x T1/2. Poiché il tempo necessario per ottenere
concentrazioni allo stato stazionario tramite somministrazioni ripetute è pari a 4 volte
il T1/2, per raggiungerle più velocemente si può somministrare all’inizio una “dose di
attacco”. Ciò può essere utile in caso di farmaci che hanno un T1/2 molto lungo.
Css
Dose di attacco =
Vd
F(biodisp) ⋅ dose
Intervallo di somministrazione =
Css ⋅ Clearance

Tempo di emivita: T1/2 plasmatico; è il tempo necessario perché la concentrazione del


farmaco nel plasma diminuisca del 50%. È una stima della durata degli effetti del
0,693Vd
farmaco ed è correlata alla clearance e al Vd: T1/2 =
Clearance

MECCANISMO D’AZIONE DEI FARMACI


Farmacodinamica
Studia il meccanismo d’azione dei farmaci.
Generalmente un farmaco non crea un effetto, bensì stimola o inibisce funzioni
preesistenti, e per poter fare ciò deve interagire con recettori, che comprendono:
- recettori “classici” o propriamente detti: sono in genere i recettori per i composti
endogeni (neurotrasmettitori, ormoni ecc..)
- Enzimi (es l’azione dei FANS si esplica inibendo l’enzima cicloossigenasi)
- Canali ionici
- Acidi nucleici (bersaglio di chemioantibiotici, antivirali, antitumorali)
- Carrier (es la digossina inibisce la ATPasi Na+/k+ dipendente)
- Proteine strutturali
Non tutti i farmaci però agiscono necessariamente interferendo direttamente con un
recettore.
Recettore: macromolecola o insieme di macromolecole cellulari (generalmente di
natura proteica) direttamente e specificatamente deputate alla trasmissione di un
segnale chimico tra l’interno delle cellule. Il recettore rappresenta la macromolecola a
cui il farmaco si lega e di cui modifica la funzione.
La maggior parte dei farmaci si lega al recettore in maniera reversibile e
stechiometrica: R+F ⇄ RF

Il complesso farmaco-recettore (RF) va incontro ad un cambiamento conformazionale


(RF*) che poi si traduce (tramite l’attivazione di secondi messaggeri o variazioni di
concentrazioni ioniche) in una risposta cellulare.
RF→ (RF*)→→evento biochimico→→→effetto finale
Ipotesi classica: il complesso RF è l’unica entità in grado di iniziare la serie di eventi
che porta all’effetto finale, mentre R o F, di per sé, sono inattivi.
La reversibilità della formazione del complesso RF viene assicurata dall’instaurarsi di
legami chimici deboli (ionici, idrogeno, Van der Waals), che si formano solamente se
gli atomi coinvolti giungono in stretta vicinanza; questo evento si verifica solo nel

caso in cui la molecola di farmaco e il sito di legame siano stericamente


complementari. Questa complementarietà sta alla base della specificità
dell’interazione.
[RF ]
Ka = dove: Ka è la costante di associazione o di affinità
[R] ⋅ [F ]
[RF] è la concentrazione del complesso farmaco-recettore
[ R ]è la concentrazione di recettori liberi
[F] è la concentrazione di farmaco libero
Ka è una misura di quanto la reazione sia spostata verso la formazione del complesso
ed è correlata alla forza del legame chimico instauratosi
[R] ⋅ [F ] 1
Kd = = dove: Kd è la costante di dissociazione ed è
[RF ] Ka
inversamente correlata alla Ka. Minore è il valore della Kd e più il farmaco è affine
per il recettore. Rappresenta la concentrazione di farmaco in cui la metà dei recettori
risulta occupata.
Se due farmaci si trovano vicino un recettore solo uno di essi potrà legarsi. Nel tempo
rimarrà maggiormente legato il farmaco con maggiore affinità. Aumentando la
concentrazione del farmaco meno affine, sarà possibile aumentare la probabilità che
questo incontri il recettore e, di conseguenza, ridurre il tempo di legame del farmaco
più affine. Questo è noto come competizione e si verifica unicamente nel caso in cui
il legame farmaco-recettore sia reversibile.
Il recettore deve possedere due proprietà fondamentali:
• affinità recettoriale: permette al recettore di:
- riconoscere il farmaco
- realizzare il legame farmaco-recettore
• Attività o efficacia recettoriale: è la capacità del recettore di
- trasmettere l’informazione alle strutture biologiche
- evocare una variazione funzionale che darà
l’effetto farmacologico

La relazione esistente tra una certa concentrazione di un farmaco e il grado di risposta


ottenuta viene rappresentata graficamente dalla curva dose-risposta.
L’analisi di tali curve consente di confrontare farmaci ad azione qualitativamente
uguale, ma diversa dal punto di vista quantitativo, o l’esistenza di agonisti,
antagonisti e antagonisti parziali.

Da tali curve è possibile desumere:


- la potenza di un farmaco che viene individuata dalla posizione della curva sull’asse
delle ascisse; in altri termini più una curva si trova a sinistra sull’asse delle ascisse
e maggiore è la potenza del farmaco. La potenza è una misura della dose
necessaria per ottenere un determinato effetto e viene espressa dalla EC50
(concentrazione efficace 50) cioè dalla concentrazione necessaria ad ottenere il
50% dell’effetto massimo
- l’efficacia di un farmaco esprime l’entità massima dell’effetto da esso prodotto
L’occupare un recettore da parte di un farmaco non è sinonimo di attivazione del
recettore stesso. Il recettore è attivato quando il legame con il farmaco è in grado di
innescare una serie di eventi cellulari che portano ad una risposta. Ciò consente di
suddividere i farmaci in:

- Agonisti: sostanze dotate di affinità per il recettore e in grado di suscitare una


risposta, dotate cioè anche di efficacia
- Antagonisti: sostanze dotate di affinità ma non di efficacia
- Agonisti parziale: farmaci che a parità di occupazione recettoriale rispetto ad un
agonista generano una risposta di minore intensità

RECETTORI

In base alla loro struttura molecolare e al meccanismo di trasduzione del segnale


possiamo distinguere le superfamiglie di recettori:
- Canali ionici ligando-dipendenti
- Recettori accoppiati alle proteine G
- Recettori con attività chinasica
- Recettori intracellulari

CANALI IONICI
Sono macromolecole proteiche complesse, spesso costituite da più subunità che
attraversano la membrana plasmatica. Le subunità sono riunite in modo da formare
un canale idrofilo la cui apertura dipende dall’instaurarsi del legame farmaco-
recettore. I canali ionici sono selettivi per una o poche specie ioniche. A parte alcuni
canali che sono costantemente aperti, i canali sono di norma in modalità chiusa e si
aprono solo in presenza di uno stimolo appropriato, rimanendo aperti per pochi msec.
Possiamo avere:
• Canali ionici voltaggio-dipendenti: si aprono in seguito ad una depolarizzazione
della membrana. Hanno alto livello di selettività per il Na+, K+, Cl-, Ca2+.
• Canali ionici attivati da ligando (ionotropi): vengono suddivisi in 3 principali
raggruppamenti:
- Recettori pentamerici —> 5 subunità che circoscrivono un canale attraverso il
quale avviene il flusso di ioni. Il flusso può essere di :
→ cationi (recettore nicotinico; recettore serotoninergico)
→ anioni (recettore GABAergico; recettore della glicina)
- Recettori tetramerici —> recettore del glutammato, tra i quali:
→recettori NMDA
→recettore AMPA
→recettori del Kainato
- Recettori trimerici —> recettore per le purine

Recettore Nicotinico Ach


Costituito da 5 subunità disposte simmetricamente in modo da circoscrivere un poro
attraverso il quale avviene il flusso ionico. Ciascuna delle subunità è formata da 4
domini transmembrana (M1,M2,M3,M4 ) uniti tra di loro a 3 anse, delle quali due
intracellulari e una extracellulare. I domini M2 di ogni subunità sono quelli che
circoscrivono il poro. I recettori nicotinismi sono classificati grossolanamente in 2
sottotipi:
- Recettori di tipo muscolare (α1, β1, δ,ε , in rapporto 2:1:1:1)
- Recettori di tipo neuronale (con subunità α e β)
Indipendentemente dalle strutture recettoriali, l’unica subunità in grado di legare
l’acetilcolina è la subunità α, che presenta la specifica tasca all’interno della quale il
ligiando si può collocare. Ciò significa che, per essere attivato, il recettore della
placca neuromuscolare (che presenta 2 subunità α), deve legare contemporaneamente
2 molecole di Ach. Per il recettore del SNC, che invece presenta 5 subunità di tipo α7,
sono necessarie 5 molecole di Ach per poter trasdurre il segnale. A seguito
dell’interazione con l’Ach, il recettore cambia conformazione, permettendo l’apertura
del canale.

Recettore Serotoninergico 5-HT3


È attivato dalla serotonina, permette il flusso di Na+e K+ ed ha una struttura simile a
quella del recettore colinergico nicotinico. È un pentamero e ciascuna delle 5 catene
polipeptidiche attraversa 4 volte la membrana plasmatica. Il legame della serotonina
su due siti recettoriali determina l’apertura di un canale permeabile ai cationi Na+, K+,
Ca2+ con conseguente depolarizzazione desensibilizzante. Questi recettori sono
localizzati sulle terminazioni parasimpatiche nel tratto gastrointestinale e anche nelle
afferente vagali spleniche. Nel SNC si trovano in maggior quantità nel nucleo del
tratto solitario e nell’area postrema (dove c’è il centro del vomito). I recettori 5-HT3
presenti nel canale gastroenterico e nel SNC sono coinvolti nella risposta emetica e
costituiscono la base anatomica per le proprietà antiemetiche degli antagonisti
recettoriali 5-HT3.

Recettore GABAergico
Il recettore GABAA (ionotropo) è uno dei due recettori per il GABA, presenti. nel
SNC, insieme al recettore GABAB(metabotropo). È un canale per il cloro presente a
livello post-sinaptico. Il canale è formato da diverse subunità, leggermente diverse a
seconda del distretto nervoso in cui si trova, distinte in α, β, γ, δ, ε. L’associazione più
comune è:
- 2 subunità α
- 2 subunità β
- 1 subunità γ
Il GABA è agonista endogeno del recettore. Esistono molti agonisti e antagonisti del
GABAA, che si legano alle diverse subunità.

Benzodiazepine
Agonisti Antagonista sub. α
Ciclopirroloni
sub. α

Agonista sub.β Antagonista sub.β

Ad altri siti, presenti nella struttura del recettore, si legano:


- Barbiturici
- Neurosteroidi
- Anestetici generali
- Etanolo

Recettore della Glicina


È un canale del cloro molto simile al recettore del GABAA. In fase embrionale è
composto da 5 subunità α; in fase adulta è composto da 3 subunità α e 2 subunità β. È
presente un canale centrale permeabile al Cl- e una proteina periferica, detta Gefirina,
che favorisce l’ancoraggio del recettore sulla struttura del citoscheletro. Tale tipo di
recettore, sito all’interno di interneuroni brevi nella sinapsi laterale simmetrica a
livello del midollo spinale, controlla la scarica dei motoneuroni delle corna anteriori

del midollo spinale. Quando il recettore è costituito da subunità α1, il recettore è


attivato da glicina, taurina, β alanina, mentre è bloccato da stricnina e picrotossina.
Quando è costituito da subunità α2 e α3, non è attivato da taurina e β alanina.

Recettore del glutammato


Sono tetrameri costituiti da 4-5 subunità che partecipano a formare un canale ionico
transmembrana aperto dall’interazione del glutammato. Le subunità sono proteine
glicosilate, con siti di fosforilazione nella porzione intracellulare; in particolare si
compongono di un dominio aminoacidico terminale (ATD), 3 segmenti
transmembrana (M1,M2,M3), un core, sito di legame (S1 -S2) tra i segmenti M2 e M3,
un canale rientrante (P) e una coda terminale intracellulare carbossilica. Il sito di
legame per gli agonisti è localizzato tra i semgmenti M2 e M3; il legame degli agonisti
a questi siti produce modificazioni conformazionali che permettono ai cationi di
entrare nella cellula. Il legame di più agonisti allo stesso complesso recettoriale
produce una maggiore conduttanza. In base all’agonista selettivo, alle cinetiche di
attivazione/inattivazione e di desensitizzazione, oltre che alle differenze di
permeabilità e di conduttanza ionica, essi sono distinti in tre sottogruppi:
- AMPA (trasferiscono ioni Na+) (acido alpha-amino-3-idrossi-5metil-ossazal-4-
propionato)
- Kainato (acido kainico)
- NMDA (trasferiscono ioni Ca++) (N-metil-D-aspartato)

Gli AMPA sono i recettori più presenti nel cervello e i principali mediatori della
trasmissione eccitatoria veloce.Sono recettori postsinaptici e mediano una risposta
eccitatoria rapidissima; il loro legame con il ligando induce una depolarizzazione
dovuta all’ingresso di ioni Na+ e Ca2+. Sono composti da 4 subunità (GluR1-4).
I recettori Ka sono sia post-sinaptici che pre-sinaptici. I pre-sinaptici modulano la
liberazione del neurotrasmettitore con un meccanismo a feed-back positivo, cioè
l’attivazione del recettore pre-sinaptico da parte del glutammato induce la liberazione
del neurotrasmettitore. I recettori post-sinaptici sono molto permeabili al Na+. Sono
formati da subunità Ka1-2 e GluR5-7 che si combinano tra loro. Questi recettori sono

prevalentemente espressi nello striato, nei nuclei reticolari del talamo, nell’ipotalamo,
negli strati profondi della corteccia cerebrale, nell’ippocampo. Svolgono un ruolo
importante nello sviluppo e nella plasticità del SNC in quanto alla nascita variano in
numero e nell’espressione delle diverse subunità. Hanno come agonista selettivo
l’acido kainico.
I recettori NMDA sono post-sinaptici, altamente permeabili al Ca2+ . Sono composti
dalle subunità NR1, NR2A-D, NR3A-B. La particolarità della subunità NR1 è data dalla
sequenza di aminoacidi che delimita la parete del poro-canale, ove sono presenti dei
siti di asparagina che rendono questo recettore altamente permeabile al Ca2+, e
conferiscono a questo recettore altre proprietà come quella di legare il magnesio. Tale
peculiarità è utile perché è necessaria una depolarizzazione di membrana che spiazzi
gli ioni magnesio dal canale occupato dal Ca2+. Affinché ci sia la depolarizzazione è
necessario che il Ca2+ entri; per far questo, oltre il ligando, il recettore NMDA deve
legare un’altra sostanza su un sito allosterico. Questa sostanza è la glicina. Per
l’attivazione del canale è necessario:
- legame del ligando al recettore
- legame della glicina al sito allosterico
- rimozione degli ioni Mg2+
I recettori NMDA legano i ligandi endogeni L-glutammato, L-aspartato, L-
omocistinato e chinolinato. All’interno del canale c’è un sito per il legame degli ioni
magnesio. Un quarto sito di legame lega gli antagonisti non competitivi. Un quinto
sito lega lo zinco che media il blocco del canale voltaggio-dipendente; un sesto sito
lega le poliamine (spermina, spermidina e putrescina). Un ulteriore sito lega i protoni
il cui legame determina un blocco allosterico del recettore. L’attivazione del recettore
NMDA può avvenire solo se contemporaneamente sia il glutammato che la glicina
interagiscono su di esso nei loro siti di legame. L’attivazione dei recettori NMDA
determina l’ingresso di Ca2+ a cui segue:
• Attivazione della fosfolipasi A2 che determina un potenziamento del rilascio
presinaptico e un’inibizione della captazione gliale del glutammato.

• Attivazione nitrossido-sintetasi che genera ossido nitrico che, a sua volta, attiva
la sintesi di GMP-ciclico nelle terminazioni nervose e stimola la captazione del
gluatammato.
• Attivazione dell’ornitina-decarbossilasi che porta alla sintesi di poliamine con
il risultato finale di potenziare l’influsso di Ca++.
• Attivazione protein-chinasi C che fosforila il recettore e regola il blocco del
magnesio.
Più in generale, gli effetti finali sono di tipo trofico (durante la formazione di contatti
sinaptici), di tipo regolatorio della trasmissione sinaptica (nei processi di
apprendimento e memorizzazione, potenziamento e depressione sinaptica di lunga
durata) ed, infine, di tipo tossico che possono produrre necrosi neuronale.

Recettori di nucleotidi ciclici


I canali ionici regolati da nucleotidi ciclici sono canali ionici dipendenti da GMPc e
AMPc e hanno un ruolo fondamentale in alcuni tipi di trasduzione sensoriale e nello
sviluppo cellulare. Hanno struttura tetramerica. Le estremità N-terminale e C-
terminale sono intracellulari. Questi recettori sono formati da 6 eliche transmembrana
che la attraversano a tutto spessore. C’è una sequenza aminoacidica che entra dal lato
extracitoplasmatico, attraversa in parte la membrana, e fuoriesce dallo stesso lato.
Questa sequenza, con l’elica M6 partecipa alla formazione della parete del poro-
canale. Il legame dei ligandi avviene sul versante intracellulare.
I canali CNG hanno funzioni importanti nella trasduzione del segnale nei fotocettori
retinici e nei neuroni recettori olfattivi. Questi canali sono attivati direttamente da una
combinazione del legame di nucleotidi ciclici e di un evento di depolarizzazione o
iperpolarizzazione. Sono necessari circa 4 nucleotidi ciclici per attivare ogni canale. I
canali CNG non sono selettivi e permettono una libera circolazione di ioni positivi tra
l'interno e l'esterno della cellula che esprime canali CNG sulla sua membrana. I canali
CNG sono attivati esclusivamente da cAMP o cGMP o da una combinazione di
entrambi. Il calcio, la calmodulina e i processi di fosforilazione sono in grado di
modulare l’apertura dei canali.

I recettori HCN sono anche particolarmente importanti per la regolazione del battito
cardiaco.

Recettori ionotropi regolati dal Ca2+


Si tratta di un gruppo eterogeneo di recettori ionotropi il cui poro acquoso è selettivo
per il K+ e si apre quando il sito di legame intracellulare lega uno ione Ca++. La loro
struttura molecolare è simile a quella di canali regolati da voltaggio, sono quindi
formati da complessi tetramerici con 6 domini transmembrana. Nella subunità α1 si
trovano il poro e il sensore del voltaggio. Esistono 9 isoforme della subunità α1, da
cui derivano diversi tipi di canali per il calcio. È interessante notare che rispondendo
all’ingresso di Ca++ all’interno dell’ambiente citoplasmatico, questi recettori
costituiscono importanti sistemi di risposta (effettori) all’attivazione dei recettori
metabotropi che hanno il Ca++ come secondo messaggero. I recettori regolati dal
Ca2+, vengono di norma classificati in base alla loro permeabilità agli ioni K+.
Abbiamo:
- elevata permeabilità (recettori Bk)
- Intermedia permeabilità (recettori iK)
- Bassa permeabilità (recettori Sk)

RECETTORI METABOTROPI
Sono recettori che rispondono all’arrivo di ligandi extracellulari e danno il via ad una
cascata di processi metabolici all’interno del citoplasma. Possono essere costituiti da
una singola catena polipeptidica, o da 2 diverse subunità, che in presenza del ligando
si uniscono tra di loro. Dal punto di vista funzionale possiamo classificarli in 2 grandi
famiglie:
- recettori ad attività enzimatica
- Recettori legati alle proteine G

Recettori legati ad attività enzimatica


I più noti sono costituiti da 2 catene polipeptidiche che a seguito del legame con il
ligando uniscono le loro zone nel dominio extracellulare in un dimero. I ligandi in
genere comprendono i fattori di crescita e gli ormone. La formazione del dimero
extra-recettoriale consente alle porzioni proteiche intracellulari di dare inizio ad
un’attività enzimatica, che nella maggioranza dei casi è una proteinchinasi. A seconda
dell’aminoacido che viene fosforilato cambia la denominazione dei recettori:
- Tirosin-chinasi
- Istidina-chinasi
- Serina/treonina chinasi
La chinasi in questi casi generalmente consiste:
- nell’autofosforilazione del recettore: residui autofosforilati servono poi come sito
di legame per altre proteine intracellulari
- Nella fosforilazione di altre proteine

Recettori legati alle proteine G


Rappresenta la famiglia più numerosa di recettori e costituisce il bersaglio della
maggior parte dei farmaci. Le sostanze in grado di attivarli sono numerose e la
risposta cellulare che ne consegue prevede sia la formazione di AMPc, sia l’idrolisi
dei fosfoinositoli, sia la modulazione dei canali ionici specifici. Sono costituiti da
un’unica catena polipeptidica che attraversa 7 volte la membrana plasmatica e che
presenta l’estremità aminoterminale rivolta verso lo spazio extracellulare e l’estremità
C-terminale all’interno. In seguito all’interazione si assiste ad un cambiamento
conformazionale della porzione intracellulare del recettore che a sua volta viene
trasmesso alla proteina G.
Le proteine G sono eterodimeri costituiti da 3 subunità: α, β, γ. I nucleotidi guanilici
si legano alla subunità α. Le subunità βγ sono unite a formare un unico complesso.
Allo stato di riposo, la proteina G si trova libera in forma di trimero αβγ e con il GDP
legato alla subunità α. In seguito al legame con un ligando si ha un cambiamento
conformazionale che consente alla subunità α di sostituire il GDP con il GTP. Ciò
causa un ulteriore cambiamento che provoca la separazione della subunità α dal
complesso βγ che consente a entrambi di interagire con gli effettori, regolandone
l’attività. Il processo termina con l’idrolisi del GTP a GDP da parte della subunità α,
che possiede attività GTPasica. La subunità α si riassocia al dimero βγ. Il complesso
βγ è fondamentale per l’interazione della proteina G con il recettore, ma è anche
importante nella regolazione di alcuni enzimi (es stimola alcune fosfolipasi C,
stimola o inibisce alcuni tipi di adenilato ciclasi e attiva la fosfatidilinositolo-3-
chinasi; attiva inoltre canali ionici per il K+ e inibisce canali del Ca2+). I principali
effettori delle proteine G sono:
- adenilato ciclasi, la cui attività esita nella sintesi di AMPc
- Fosfolipasi C che genera i secondi messaggeri IP3 e DAG
- Canali ionici per il K+e per il Ca2+.
L’adenilato ciclasi catalizza la formazione di AMPc a partire da ATP. L’AMPc regola
l’attività di proteinchinasi AMPc dipendenti o proteinchinasi A (PKA), che sono
costituite da 2 subunità, una catalitica e una regolatoria. In assenza di AMPc le 2
subunità costituiscono un complesso inattivo, l’AMPc si lega alla subunità regolatoria

causandone il distacco da quella catalitica che diviene così in grado di fosforilare


altre proteine specifiche. L’AMPc viene poi rapidamente idrolizzato, ad opera di
fosfodiesterasi specifiche, a 51-AMP.
L’azione della fosfolipasi C (PLC) si esplica tramite l’idrolisi di un fosfolipide di
membrana, il fosfatidilinositolo 4,5-difosfato (PIP2), dando origine a due secondi
messaggeri, il IP3 e il DAG. Il DAG attiva la proteinchinasi C (PKC) che catalizza la
fosforilazione di una proteina bersaglio attivatrice della risposta cellulare. L’ IP3 è in
grado di diffondere a livello citoplasmatico e di legarsi a specifici recettori presenti su
vescicole a livello del reticolo endoplasmatico. Questi ultimi sono canali ionici che,
in seguito alla loro apertura favorita dal legame con IP3, lasciano fuoriuscire nel
citoplasma il Ca2+. Il Ca2+ a sua volta, rappresenta un terzo messaggero intracellulare,
il quale provvede ad attivare varie proteine bersaglio.

Recettori intracellulari
Appartengono a questa famiglia i recettori per gli ormoni steroidei, per la tiroxina,
per le vitamine liposolubili (A e D), per gli acidi retinoici. Sono proteine
citoplasmatiche o nucleari, costituiti da una singola catena polipeptidica in cui sono
presenti 3 regioni:
- il terminale carbossilico in cui si riconosce il sito di legame per l’ormone
- il terminale amminico
- una regione centrale dove è presente il sito per il riconoscimento di regioni
specifiche sul DNA
Il recettore è inattivo quando non è presente il ligando specifico e questo stato di
quiescenza è assicurato dall’interazione con proteine specifiche definite “heat shock
proteins (HSP)”. In seguito al legame con l’ormone si ha un cambiamento
conformazionale che permette la dissociazione delle HSP cui segue la dimerizzazione
del recettore, che si associano a sequenze specifiche dette “hormone responsive
elements (HRE)” localizzate in corrispondenza di promotori dei geni la cui
traslocazione viene stimolata dall’ormone. Vengono così sintetizzati RNAm specifici
che promuovono la sintesi di proteine a livello cellulare.

MECCANISMI DI MODULAZIONE DELLE RISPOSTE RECETTORIALI


La modulazione della risposta ai farmaci può avvenire attraverso diversi meccanismi
tra cui:
- modificazioni strutturali del recettore
- Riduzione o aumento del numero dei recettori
- Esaurimento dei ligandi specifici
- Aumento o riduzione delle reazioni di biotrasformazione
- Adattamento fisiologico
- Comparsa di fenomeni di tolleranza
Sottoponendo un sistema recettoriale ad una stimolazione continua con un agonista si
può verificare una riduzione della risposta, mediata sia dalla modificazione strutturale
del recettore che lo rende meno affine per l’agonista stesso, sia da una riduzione del
numero di recettori esposti all’agonista. Questi due meccanismi si traducono nella
cosiddetta desensitizzazione. Al contrario, un’esposizione prolungata con una
sostanza ad azione antagonista conduce spesso ad una sovraespressione delle
molecole recettoriali, si parla di “up-regulation” recettoriale.
Desensitizzazione e down-regulation
Si distinguono 2 tipi di desensitizzazione:
- desensitizzazione omologa: la mancata risposta di una sistema recettoriale è
direttamente imputabile alla stimolazione prolungata con un agonista specifico per
il sistema recettoriale stesso
- Desensitizzazione eterologa: la stimolazione prolungata da parte di un agonista
specifico per un sistema recettoriale provoca una riduzione nella risposta di altri
sistemi che utilizzano vie di trasduzione comuni
I meccanismi attraverso cui si realizza la desensitizzazione comprendono:
- minore affinità del recettore per l’agonista
- Inibizione o blocco della trasduzione del segnale generato dal legame dell’agonista
con il recettore
- Riduzione della concentrazione di recettori o down-regulation

Per quanto riguarda i recettori accoppiati alle proteine G, la desensitizzazione si può


attivare attraverso tutti e tre i meccanismi sopracitati ed è sempre mediata
dall’intervento di particolari chinasi che operano la fosforilazione del recettore.
Il fenomeno della down-regulation prevede la rimozione del recettore dalla superficie
cellulare (down-regulation a rapida insorgenza) o addirittura distruzione da parte
degli enzimi lisosomiali (down-regulation tardiva). La rimozione del recettore dalla
superficie cellulare avviene in seguito alla fosforilazione e all’associazione con la β-
arrestina (down-regulation a rapida insorgenza). In seguito, all’interno
dell’endosoma, il recettore può subire una defosforilazione, che porta alla
dissociazione dalla β-arrestina e al conseguente ritorno sulla membrana cellulare.
Nella down-regulation tardiva i recettori inglobati negli endosomi vengono trasferiti
all’interno dei lisosomi e degradati. Può anche avvenire per riduzione della sintesi di
RNAm che codificano per il recettore stesso.

AZIONE FARMACOLOGICA

È il risultato dell’interazione farmaco-recettore, che porta ad una variazione


funzionale dell’organo bersaglio. L’azione farmacologica ha un caratteristico
andamento nel tempo: inizia dopo un determinato intervallo di tempo dalla
somministrazione, detto tempo di latenza [(a) tempo necessario affinché il farmaco
raggiunga una % ottimale a livello della zona recettoriale], si accresce
progressivamente [(b) incremento o pendenza; fase di incremento dell’intensità
farmacologica], fino a raggiungere un massimo [(c) acme; valore massimo
dell’intensità farmacologica], infine decresce progressivamente [(d) decremento;
diminuzione della risposta farmacologica fino al ritorno a valori normali].

Il tipo di azione può essere:


- Stimolante, quando il farmaco aumenta la normale attività funzionale
- Inibente, quando riduce, o cessa, la normale attività funzionale

• Monofasica, quando il farmaco produce solo un effetto stimolante o solo inibente


• Bifasica, quando produce prima un effetto stimolante e poi inibente (o viceversa)
La comparsa d’azione può essere:
Immediata
Ritardata; intercorre un periodo di tempo, più o meno lungo, dalla
somministrazione del farmaco
La durata d’azione può essere:
- Di breve durata
- Di media durata
- Protratta
La sede d’azione può essere:
I. Locale
II. Regionale
III. Sistemica
La modalità d’azione può essere:
1. Diretta; il farmaco stesso è responsabile dell’azione farmacologica
2. Indiretta; quando l’effetto è esplicato per interazione con altre sostanze
Il meccanismo d’azione può essere:
A. Specifico; quando il farmaco agisce su un recettore specifico
B. Aspecifico; quando il farmaco agisce su più tipi di recettori
La dose è il più importante tra i fattori che possono condizionare la natura, l’intensità,
la durata, la latenza, la costanza e la reversibilità dell’azione farmacologica. Il
rapporto dose-effetto di un farmaco si basa su due leggi:
- la prima riguarda il tipo di azione e afferma che, in generale con il crescere della
dose compare dapprima, alle dosi più basse, un effetto di tipo stimolante e poi, alle
dosi più alte, un effetto inibente
- La seconda afferma che al crescere della dose corrisponde anche l’aumento
dell’intensità, della durata e della frequenza dell’effetto farmacologico, ma con
andamento diverso, mentre il tempo di latenza si riduce

Considerando un sistema di assi cartesiani con la dose in ascisse e l’intensità, la


durata o la frequenza d’azione in ordinata, si hanno 3 possibili andamenti della
relazione dose-effetto, graficamente caratterizzati da particolari Curve Dose-Effetto:

L’andamento più frequente è


quello a “S italica” (c); esso
prevede l’esistenza di una prima
serie di dosi per le quali ad
aumenti anche elevati corrisponde
solo un aumento relativamente
piccolo dell’effetto. A questa
prima serie segue una seconda
parte della curva in cui a
incrementi anche minimi della
dose fanno seguito grandi
aumenti dell’effetto. La parte
conclusiva della curva è simile
alla prima in cui a grandi aumenti della dose corrispondono piccoli aumenti,
progressivamente decrescenti, dell’effetto.
L’andamento parabolico (b) è meno frequente e prevede l’esistenza di una prima serie
di dosi per le quali ad aumenti anche piccoli corrispondono grandi aumenti
dell’effetto. Segue una seconda serie nella quale, anche per grandi aumenti di dose, si
hanno aumenti sempre più piccoli dell’effetto farmacologico.
L’andamento rettilineo (a), più raro, è caratterizzato da un aumento continuo
dell’effetto farmacologico all’aumentare della dose assunta.
Dose : quantità di sostanza espressa in unità di peso o di volume per unità di peso
corporeo (ml/kg o mg/kg)
DL50 (dose letale 50): definita come quella dose che somministrata in una
determinata specie per una determinata via è in grado di determinare la morte del
50% degli animali trattati.
Quoziente o indice terapeutico (Q.T o I.T.): è dato dal rapporto tra la DL50 e la DE50.

DL50
Q.T =
DE50
Tale indice rende l’idea della maneggevolezza del farmaco: se per es per una
sostanza DL50 =10 e la DE50 =5, l’I.T. =2; ciò significa che raddoppiando la dose
efficace di quel farmaco si avrà una quantità che porta a morte, quindi tale farmaco
è molto pericoloso. Se DL50 =1000 e DE50 =5, l’ I.T. =200 quindi bisognerebbe
aumentare di 200 volte la dose efficace prima di raggiungere la dose che porterebbe
a morte.
Se I.T=1 la sostanza è veleno in quanto DL50 = DE50
Se I.T.=10 la sostanza potrebbe causare qualche reazione avversa
Se I.T.=1000 il farmaco non desta preoccupazioni
Di conseguenza sono migliori i farmaci ad alto indice terapeutico.

Margine di sicurezza (MS): indica il rapporto tra le dosi che inducono


rispettivamente l’1% dell’effetto tossico e il 99% dell’effetto terapeutico
MS= DT 1% /DE 99%
Maggiore è la differenza tra I.T. e M.S. più il farmaco è sicuro?!?
Considerando due farmaci che abbiano lo stesso effetto e paragonando la loro DE50
, è possibile capire qual è il farmaco più potente. Il farmaco che a minor quantità di
dose raggiungerà prima uno stesso effetto è il più potente.

INTERAZIONE TRA FARMACI


Un’interazione farmacologica può essere definita come la proprietà di un farmaco di
influenzare in modo significativo gli effetti biologici di un’altra molecola ad azione
farmacologica interagendo dal punto di vista farmacodinamico o farmacocinetico.
• Interazioni farmacologiche su base cinetica
Le principali forme di interazione su base cinetica sono spiegabili attraverso i
seguenti meccanismi:
- alterazioni dell’assorbimento gastroenterico: es. farmaci che promuovono lo
svuotamento gastrico come la metoclopramide possono incrementare
l’assorbimento dei FANS, oppure gli oppiacei o i parasimpaticolitici avranno
effetto opposto in virtù della loro azione negativa sulla motilità del tratto
gastroenterico
- Interazioni con le P-glicoproteine di trasporto: l’entità dell’assorbimento e
dell’escrezione degli xenobiotici è regolata da proteine di membrana funzionanti
come pompe di efflusso ATP-dipendenti dette P-glicoproteine (P-gp). Le P-gp
sono caratterizzate da scarsa specificità di substrato e vari xenobiotici sono in
grado di modulare, in senso induttivo o inibitorio, l’espressione di tali proteine.
- Spiazzamento del legame con le proteine plasmatiche e i recettori tissutali: tale
fenomeno assume rilevanza sul piano clinico particolarmente nel caso di principi
attivi dotati di un elevato tenore di legame farmaco-proteico (>90%) e di un basso
volume apparente di distribuzione, tra i quali ricordiamo ketoprofene,
fenilbutazone, furosemide, acido valproico, warfarin. La somministrazione
contemporanea e ripetuta di due farmaci sopra elencati, determina un aumento
della quota libera del principio attivo “spiazzato” e dell’attività farmacologica di
quest’ultimo
- Interazioni con gli enzimi farmaco-metabolizzanti: ci sono farmaci in grado di
modulare l’espressione e l’attività degli enzimi, soprattutto di fase I e in minor
misura anche di alcuni enzimi di fase II.

• Interazioni farmacologiche su base dinamica


- Sommazione: quando due farmaci, che agiscono con meccanismi diversi ma dotati
di una stessa azione, se combinati tra loro producono un effetto che è la somma
algebrica dei loro singoli effetti. Es. aspirina+codeina (effetto antidolorifico)
- Effetto additivo: quando somministrando due farmaci con lo stesso meccanismo di
azione, l’effetto complessivo è rappresentato dalla sommazione dei due singoli
effetti. Es. asprina+paracetamolo (FANS; agiscono con lo stesso meccanismo
d’azione)
- Sinergismo: quando l’effetto di due farmaci è maggiore della somma algebrica dei
singoli effetti. Es.trimethoprim+sulfamidico inibiscono la sintesi di acido eolico da
parte delle cellule batteriche, ma intervengono in due tappe sequenziali del
percorso metabolico trasformando l’effetto batteriostatico in battericida
- Antagonismo: quando l’effetto risultante dalla somministrazione di due farmaci è
minore della somma algebrica dei singoli effetti. L’antagonismo può essere:
- Recettoriale: quando l’antagonista si lega al recettore impedendo all’agonista di
produrre i propri effetti. Es. atropina (antagonista colinergico) si lega al recettore
muscarinico impedendo il legame dell’Ach. L’antagonismo recettoriale, inoltre,
può essere competitivo (cioè dipendente dalle concentrazioni di agonista e
antagonista) o non competitivo (quando uno dei due farmaci è dotato di affinità
decisamente maggiore rispetto all’altro per il recettore o è in grado di instaurare un
legame più potente. Non dipende dalle concentrazioni).
- Fisiologico o funzionale: quando due farmaci, agendo su siti differenti,
determinano effetti opposti nei confronti di una certa funzione fisiologica. Es.
l’effetto irritante sulla mucosa gastrica dell’ibuprofene può essere ridotto da un
farmaco H2 antagonista (ranitidina), in grado di antagonizzare l’azione
dell’istamina a livello gastrico

FARMACO-TOLLERANZA (O FARMACO-ABITUDINE)

È quel fenomeno che causa una riduzione dell’intensità dell’effetto a seguito di


ripetute somministrazioni. Si stabilisce in proporzione alle dosi somministrate, al
numero delle somministrazioni e, soprattutto, alla brevità dell’intervallo intercorso tra
queste. Poiché la tolleranza si stabilisce verso la dose e non verso il farmaco, è
sufficiente aumentare la dose per ristabilire l’azione farmacologica.
La farmaco-tolleranza può essere:
• Innata o congenita: è dovuta al corredo genetico del paziente, che determina un
minore effetto del farmaco; si manifesta sin dalla prima volta che il farmaco viene
assunto
• Acquisita: distinta a sua volta in:
- Tolleranza farmacodinamica: si basa sul fatto che i recettori possono andare
incontro a variazioni (riduzione della densità recettoriale o dell’efficienza
dell’accoppiamento del recettore al proprio sistema di trasduzione del segnale). Si
ha una diminuzione dell’effetto farmacologico
- Tolleranza farmacocinetica: si basa sulla riduzione della biodisponibilità del
farmaco a seguito di cambiamenti della distribuzione o del suo metabolismo, dopo
somministrazione ripetuta di modo che concentrazioni ridotte siano presenti nel
sangue e di conseguenza anche nei siti d’azione. Tutto ciò si manifesta con la
diminuzione dei livelli plasmatici e quindi degli effetti terapeutici
- Tolleranza appresa: distinta in
- comportamentale: descrive le strategie attraverso cui l’individuo consapevole di
un proprio deficit impara a mantenere la funzione deficitaria tramite tentativi
ripetuti (es alcolista impara a camminare lungo una linea retta)
- condizionata: è un meccanismo di apprendimento che si sviluppa quando un
farmaco viene sempre assunto in presenza di dati riferimenti ambientali (odore
associato al farmaco, visione della siringa); questi possono anticipare la presenza
del farmaco e dare origine a fenomeni di adattamento ancora prima che il farmaco
raggiunga il sito d’azione

Tolleranza inversa: causa ipersensibilizzazione ad una determinata sostanza (es.


cocaina: più è somministrata più gli effetti aumentano)
Tolleranza crociata: l’uso ripetuto di un farmaco di una certa categoria conferisce
tolleranza non solo al farmaco usato, ma anche ad altri farmaci dotati di simile
struttura e meccanismo d’azione

INTOLLERANZA FARMACOLOGICA
Fenomeno che si rileva in quegli organismi in cui riscontriamo una risposta
esagerata, anomala, rispetto a quella osservata, con lo stesso farmaco usato alla dose
terapeutica, in un organismo che risponde in maniera normale. L’intolleranza
farmacologica non è dose-dipendente, in quanto si realizza già alla prima
somministrazione. I fenomeni di intolleranza sono essenzialmente 2:
- idiosincrasia dovuta in genere a carenze enzimatiche
- Allergia su base immunologica

Allergia
Risposta abnorme alla dose terapeutica di un farmaco su base immunitaria. Affinché
avvenga una risposta allergica, deve esserci stata una precedente sensibilizzazione. In
seguito, la riewsposizione al farmaco può scatenare la risposta allergica.
Alcuni farmaci costituiti da proteine e da grandi polipeptidi possono stimolare
direttamente la produzione di anticorpi. Tuttavia, la maggior parte dei farmaci agisce
da aptene (molecola che di per sé non induce risposta anticorpale, cioè non ha
proprietà immunogeniche, ma se legata ad un carrier è in grado di stimolare la
formazione di anticorpi) legandosi a proteine sieriche o cellulari, compresi i peptidi
legati alle molecole del complesso maggiore di istocompatibilità. Il legame rende la
proteina immunogena stimolando, la produzione di anticorpi antifarmaco, la risposta
delle cellule T contro il farmaco, oppure entrambi. Gli apteni possono anche legarsi
direttamente alle molecole del complesso maggiore di istocompatibilità di classe II,
attivando direttamente le cellule T.
Alcuni farmaci agiscono come proapteni, diventando apteni una volta metabolizzati.

Alcuni farmaci si legano e stimolano direttamente i recettori delle cellule T.

Sensibilizzazione—>produzione anticorpi—>reazione Ag-Ac—>attivazione enzimi


cellulari—>liberazione mediatori—>fenomeni allergici (immediati; o tardivi)

Le reazioni allergiche possono essere:


- Immediate: si sviluppano come conseguenza della produzione di IgE da parte dei
linfociti B dopo la sensibilizzazione. A seguito di una successiva esposizione al
farmaco, l’antigene si lega alle IgE legate ai mastociti e ai basofili, stimolando il
rilascio di mediatori preformati (istamina, triptasi, alcune citochine come TNF-α)
che a loro volta provocano danni tissutali
- Ritardate: sono più frequentemente mediate da meccanismi che coinvolgono i
linfociti T
Le reazioni immediate tipicamente si associano a comparsa di orticaria, angioedema,
rinite, broncospasmo, sintomi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea), fino a
coinvolgimento cardiovascolare e shock anafilattico. Quelle tardive possono
manifestarsi con sintomi cutanei variabili, come orticaria a comparsa ritardata,
eruzioni maculo-papulari, eritema, vasculite. Possono essere colpiti altri organi e si
possono avere quadri di epatite, insufficienza renale, anemia, neutropenia,
piastrinopenia, polmoniti.

Idiosincrasia
Risposta abnorme, non derivata dal sistema immunitario, ma su base genetica,
dipendente dalla presenza di enzimi alterati o dalla loro assenza, che modificando il
farmaco possono portare a intermedi tossici e dannosi. A differenza delle allergie non
è necessaria una sensibilizzazione; inoltre più grande è la dose più è facile che alla
prima somministrazione si possa avere un fenomeno di tipo idiosincrasico.
Le reazioni idiosincrasiche possono essere distinte in:
- reazioni indotte da ridotta sintesi di enzimi
- Reazioni indotte da sintesi di enzimi alterati
- Reazioni indotte da proteine trasportatrici alterate

Un esempio di reazione idiosincrasica indotta da ridotta sintesi di enzimi è


rappresentato dai sulfamidici—> si può avere anemia emolitica in seguito a
somministrazione di di sulfamidici per carenza di glucosio-6-fostato deidrogenasi
Un es di reazione dovuta a sintesi di enzimi alterati è l’apnea causata dalla
somministrazione di succinil-colina in soggetti con la succinilcolina-esterasi alterata.
La succinilcolina blocca la placca neuromuscolare; se l’enzima è alterato, la
succinilcolina non viene metabolizzata per cui la muscolatura rimane bloccata
(diaframma compreso).
es. di reazione indotta da proteine trasportatrici alterate è l’emocromatosi primitiva,
causata da alterazione a carico della transferrina.

FORME FARMACEUTICHE

• Polveri. Ottenute polverizzando omogeneamente sostanze di natura


vegetale (radici, foglie) o minerale, o prodotti di sintesi cui vengono aggiunti i
principi attivi in forma polverulenta. Si aggiungono gli eccipienti (saccarosio,
sorbitolo anidro, inosite, mannite o caolino). Possono essere poi aggiunti degli
additivi allo scopo di facilitare la dispersione del preparato nell’acqua o nel mezzo
scelto per la somministrazione. I contenitori devono proteggere il preparato
dall’umidità. Si possono addizionare come diluenti sostanze con scarsa affinità per
l’acqua quali il fosfato tricalcico e il calcio silicato idrato. Sono di facile
somministrazione perché si possono mescolare con il cibo o con l’acqua e sono a
rapido assorbimento.
• Compresse. Hanno consistenza solida. Possono essere:
- discoidi (forma rotonda)
- tavolette (forma quadrata, rettangolare o rotonda a facce piane)
Si ottengono mediante compressione meccanica del principio attivo,
precedentemente miscelata con eccipienti, necessari per ottenere una massa
sufficiente per la compressione. I passaggi effettuati sono:
- polverizzazione del principio attivo
- miscelazione con l’eccipiente il quale può possedere proprietà adesive (che
facilitano l’adesione dei diversi componenti), disgreganti (in grado di assorbire
acqua e provocare la rapida disgregazione della compressa a livello
gastroenterico), lubrificanti, coloranti, aromatizzanti
-granulazione della massa allo scopo di facilitare la compressione. La polvere
viene bagnata in acqua e la pasta ottenuta viene passata in filiere di diametro
variabile. Si formano così dei cilindri che poi vengono tagliati ed essiccati
- compressione della miscela o dei granuli fino ad ottenere le compresse della
forma e dimensione desiderata. Per agevolare la compressione si possono usare
sostanze aggreganti quali amido, stearato di alluminio, lecitine, zuccheri

-rivestimento con cheratina o altri polimeri resistenti agli acidi per conferire
gastroresistenza
• Confetti. Sono compresse sottoposte ad un processo di rivestimento detto
confettura, le cui finalità possono essere:
-proteggere il principio attivo da possibili alterazioni
-nascondere odori e sapori sgradevoli
-associare tra loro sostanze incompatibili, ponendole una nel nucleo e una nel
rivestimento, oppure due sostanze di cui una deve agire a livello gastrico (nel
rivestimento) e una a livello enterico (nel nucleo)
-allestire preparazioni long-acting utilizzando lo stesso principio attivo sia
all’esterno (rilascio rapido) che nel nucleo (rilascio più lento)
-conferire aspetto gradevole
I passaggi effettuati sono:
-gommatura: aumenta la resistenza meccanica del nucleo e impedisce all’umidità
di danneggiare il principio attivo. Si usano a questo scopo miscele di gomma
arabica e zucchero a velo, talco, ossido di magnesio, amido
-ingrossamento: bagnando con sciroppo caldo le compresse e spolverizzandole con
zucchero a velo addizionato di talco e/o caolino, ripetendo l’operazione fino a
raggiungere lo spessore voluto
-colorazione e lucidatura
Lo svantaggio è che i confetti non si possono dividere
• Capsule. Costituite da un involucro di gelatina solubile nel cui interno
c’è il principio attivo. Ce ne sono di due tipi:
-capsule opercolate: sono rigide e cilindriche, costituite da due emicilindri
incastrati uno nell’altro che racchiudono all’interno il principio attivo miscelato
con gli eccipienti
-capsule non opercolate o gelatinose: dette anche ovuli (sezione ovalare) o perle
(sezione sferica). Hanno consistenza morbida, il principio attivo è in genere in
forma liquida.
L’involucro gelatinoso permette di mascherare odori e sapori sgradevoli.

• Gocce. Contengono un veicolo acquoso cui vengono aggiunti zuccheri,


tensioattivi, conservanti, eventuali coloranti e aromatizzanti. Il principio attivo può
essere in soluzione o in sospensione nel veicolo acquoso o, più raramente, oleoso.
Sono usate soprattutto nei piccoli animali per la somministrazione di digitale,
antibiotici, vitamine.
• Sospensioni per uso orale. Consentono la realizzazione di preparati liquidi con
principi attivi insolubili o scarsamente solubili nei comuni veicoli. Generalmente
al veicolo acquoso o oleoso, vengono aggiunti sorbitolo, glicerina e sostanze
sospendenti il cui compito è facilitare la sospensione ed evitare una
sedimentazione repentina. (Agitare il flacone prima dell’uso)
• Emulsioni per uso orale. Ottenute miscelando acqua e olio in quantità
variabili a cui vengono aggiunte sostanze emulsionanti allo scopo di impedire la
separazione repentina per sedimentazione delle due frazioni. Questa forma è
vantaggiosa quando si vogliono somministrare contemporaneamente due principi
attivi, di cui uno idrosolubile e l’altro liposolubile.
• Sciroppi. Il principio attivo è contenuto in preparazioni costituite da una
soluzione satura di zucchero in acqua. La principale proprietà è quella di
mascherare i cattivi sapori e assicurare una buona conservazione del prodotto
• Forme farmaceutiche iniettabili. Devono essere: sterili, apirogene, pH vicino a
quello dei liquidi organici (e.v.è possibile somministrare soluz. Acide o basiche,
lentamente), non istolesive. I veicoli utilizzati sono: acqua, solventi non acquosi
(se il principio attivo non è idrosolubile), e devono essere: atossici, inerti,
compatibili con il principio attivo, non irritanti, miscibili con il sangue, con buone
proprietà solventi. Possiamo avere
-solventi acquosi idromiscibili: alcoli (etanolo, propilico, isopropilico, benzilico);
polialcoli (usati in preparazioni a base di sulfamidici, antibiotici, barbiturici,
conferiscono stabilità alle preparazioni. Es glicole propilenico,
esametilenglicole(solvente per il cortisone)); polimeri (es polivinilpirrolidone
usato per preparazioni long-acting in quanto ritardano l’assorbimento)
-solventi non idromiscibili: idrocarburi (olio di vaselina); esteri (oleato di
etile(veicola desossicorticosterone, menadione, progesterone); oli (usati per

veicolare vitamine e ormoni e sostanze liposolubili; in genere si usano oli vegetali


con acidità non superiore a 2. !! NO e.v.!!)
• Forme farmaceutiche per uso oftalmico.
- Colliri. Contengono il principio attivo in soluzione o sospensione nel solvente
che in genere è acqua o solventi idromiscibili. Si addizionano sostanze conservanti
(es. sali organici di ammonio quaternario, clorexidina). L’instillazione di un
collirio provoca irritazione, con conseguente aumento della lacrimazione e rapida
eliminazione del farmaco (non resiste più di 5 min). Ciò spiega perché il collirio si
deve mettere più volte al giorno. I colliri devono avere NaCl che varia da 0,6%
all’1,5%, pH tra 5 e 9; devono essere sterili.
-Unguenti oftalmici. Rappresentano un corpo estraneo per l’animale che
tenderà a grattarsi e quindi aggravare le lesioni o il processo infiammatorio. Il
principio attivo può essere in soluzione o in sospensione nell’eccipiente. È
importante che tutti i composti siano amalgamati bene
• Forme farmaceutiche per uso rinologico. Gocce e spray nasali contenenti
principi attivi ad azione decongestionante, antisecretiva, antisettica. Non devono
inibire i movimenti delle ciglia vibratili della mucosa nasale. pH tra 6,4 e 9.
Isotoniche. È tollerata una leggera ipertonia. Veicolo più frequente —> acqua a cui
vengono aggiunti cellulosa e polivinilpirrolidone ai fini di prolungare il tempo di
contatto del principio attivo con la mucosa. I veicoli oleosi assicurano azione più
duratura ma inibiscono il movimento delle ciglia.
• Forme farmaceutiche per uso otologico. Gocce e unguenti contenenti veicoli
quali acqua, glicerina, glicoli, oli vegetali. pH 5-6. Si possono veicolare antibiotici,
antinfiammatori, antifungini
• Forme farmaceutiche per uso rettale, vaginale e uterino.
-Supposte: scarso impiego in veterinaria. Gli eccipienti che veicolano il principio
attivo possono essere liposolubili (burro di cacao e gliceridi) con punto di fusione
non superiore alla temperatura corporea e punto di solidificazione tale da garantire
buona maneggiabilità a temperatura ambiente, oppure idrosolubili (glicerina,
gelatina, polietilenglicole)
-Candelette. Solide, forma cilindrica, consistenza gelatinosa. Introdotte in

vagina o in utero. Il veicolo è gelatina glicerinata. Svolgono azione antisettica e


disinfettante.
-Ovuli e pessari: il principio attivo, rappresentato generalmente da disinfettanti,
antibiotci e ormoni, è veicolato in gelatina glicerinata. I pessari sono delle vere e
proprie compresse destinate a disgregarsi lentamente una volta introdotta nella
cavità uterina.
-Capsule secondative. Sono capsule gelatinose percolate, simili a quelle per uso
orale, ma di dimensioni maggiori, che contengono i principi attivi (chemioterapici)
in forma polverulenta e che vengono introdotte in utero per svolgere azione
disinfettante e facilitare il secondamento.
-Spray. Preparazioni monouso che contengono circa 10-20ml di soluzione e si
somministrano mediante catetere raccordabile al flacone. Il propellente schiumoso
aumenta notevolmente il volume della soluzione che si distribuisce in modo
uniforme all’interno dell’utero
• Forme farmaceutiche per uso endomammario. Introdotti nella mammella
attraverso il dotto papillare. Impiegati per la terapia delle mastiti della bovina.
Contengono veicoli acquosi; la diffusione avviene per capillarità. Le forme
farmaceutiche in veicolo acquoso vengono preparate estemporaneamente diluendo
o sospendendo in soluzione fisiologica o in acqua bidistillata il principio attivo ed
effettuano la somministrazione con l’ausilio di un deflussore e di aghi da
capezzolo. L’utilizzo di un veicolo oleoso garantisce una durata d’azione protratta
nel tempo e una maggiore diffusione verso le parti alte della mammella perché il
veicolo tenderà a galleggiare sullo strato di latte. Le forme con veicolo oleoso sono
disponibili pronte all’uso, confezionate in siringhe monodose. Ci sono prodotti a
lento rilascio da somministrare solo in asciutta. L’uso di questi preparati fa sì che il
latte non possa essere destinato al consumo umano. I principi attivi contenuti nei
prodotti per uso endomammario sono essenzialmente chemioantibiotici e
antinfiammatori
• Forme farmaceutiche per uso dermatologico. Il grado di assorbimento varia
a seconda della natura chimico-fisica e della concentrazione del farmaco, delle
condizioni della cute, dell’area di applicazione, del tempo di contatto e dalle

caratteristiche del veicolo.


-Prodotti epidermici: svolgono la loro azione negli strati più profondi della cute.
L’assorbimento è condizionato sia dalle caratteristiche chimiche del principio
attivo sia dai veicoli usati. Il massaggio e la presenza di processi infiammatori
possono favorire la penetrazione del farmaco
-Prodotti diadermici: sono in grado di attraversare la cute, giungere nel sottocute,
passare in circolo e svolgere azione sistemica. Sia le caratteristiche chimiche del
farmaco sia quelle del veicolo possono influenzare l’assorbimento. Si utilizzano in
genere solventi organici quali etere, cloroformio, benzolo, isopropanolo. I prodotti
diadermici vengono in genere usati in preparazioni spot-on.
• Principali forme farmacologiche per uso epidermico.
-Polveri aspersorie: svolgono azione assorbente e protettiva. Il veicolo può essere
rappresentato da caolino, talco e altre sostanze inerti. Sono indicate nel trattamento
delle infezioni acute sierose o purulente (lesioni umide). Tra i principi attivi più
usati rientrano gli antisettici, antifungini, chemioantibiotici, astringenti.
- Forme acquose:
Lozioni—> soluzioni o sospensioni liquide con veicolo acquoso o idroalcolico.
L’evaporazione del veicolo provoca effetto rinfrescante. Il principio attivo rimane
concentrato sulla superficie cutanea. Penetrano scarsamente.
Bagni, spugnature, shampoo —> si usano in caso di lesioni acute a scopo
detergente o in caso di ingestione da parassiti o miceti
Spray—> il principio attivo si trova in soluzione o sospensione contenuto in
bombolette sotto pressione. Dopo l’applicazione i veicoli e i propellenti evaporano,
lasciando il principio attivo ben distribuito sulla cute
- Unguenti o pomate: il veicolo è grasso (acidi grassi, lanolina) o olio (vegetale,
vaselina). Svolgono azione idratante, emolliente, ammorbidente e lubrificante
formando una pellicola protettiva e impermeabilizzante sulla cute, che impedisce
l’evaporazione di acqua. Sono utili nel trattamento di lesioni secche, squamose, e
quando si deve migliorare l’idratazione e l’elasticità della cute. Non si devono
applicare su lesioni umide poiché non consentono il drenaggio di essudati. La
presenza di veicoli grassi favorisce la penetrazione del prodotto ma trattiene anche

sporcizia. I principi attivi più comunemente usati sono: cortisonici, antistaminici,


antibiotici, antifungini.
-Creme. Sono unguenti contenenti quantità variabili di acqua; sono miscele
di grasso e acqua. Il veicolo è quindi un’emulsione e a seconda della % di acqua si
ottiene una diversa consistenza. Le creme riassumono le caratteristiche degli
unguenti (idratanti) e delle lozioni (rinfrescanti). Sono meno untuose delle pomate,
imbrattano meno. I principi attivi veicolati sono gli stessi degli unguenti e delle
lozioni
- Paste dermiche. Contengono un’alta percentuale di sostanze polverulente.
Riassumono le caratteristiche degli unguenti e delle pomate.
-Gel. La base è costituita da polimeri sintetici che formano meglio
tridimensionali in cui è contenuta un’elevata % di acqua che, evaporando,
favorisce la formazione di una pellicola in cui il principio attivo risulta
concentrato. Esistono gel contenenti microgranuli che assicurano una maggiore
persistenza del principio attivo.
-Cerotti. Sono forme farmaceutiche a lento rilascio. Il principio attivo può
essere rappresentato da farmaci vasodilatatori (nitroglicerina) e antiaritmici. In
veterinaria sono poco usati per via del pelo. Nel cane possono essere applicati sulla
faccia interna del padiglione auricolare.

FARMACOVIGILANZA

La farmacovigilanza comprende tutte quelle attività utili allo studio dei rischi e degli
ulteriori benefici che derivano dall’uso terapeutico di farmaci impiegati nella pratica
clinica, non ha limiti di tempo e corrisponde alla vita commerciale del farmaco.
“Insieme delle attività il cui obiettivo è quello di definire, in modo continuativo, le
migliori informazioni possibili sulla sicurezza dei farmaci permettendo così
l’adozione delle misure opportune e in tal modo assicurare che i farmaci disponibili
sul mercato presentino, nelle condizioni di utilizzo autorizzate, un rapporto rischio-
beneficio favorevole per la popolazione”

Farmacovigilanza:
- passiva —> raccoglie eventi spontaneamente segnalati
- Attiva —> raccoglie eventi attivamente indagati
Gli obiettivi della farmacovigilanza veterinaria sono:
- studio degli effetti indesiderati negativi da medicinali veterinari sugli animali
- studio degli effetti indesiderati negativi da medicinali veterinari sull’uomo che ne
viene accidentalmente in contatto
- Studio dei fenomeni di scarsa efficacia dei medicinali
- Verifica della validità dei tempi di sospensione
- Studio degli eventuali problemi relativi all’ambiente correlati all’uso dei
medicinali
- Raccolta di informazioni sulle modalità di prescrizione e l’uso di farmaci
(farmacosorveglianza)
- Nuove indicazioni terapeutiche
- Identificare le reazioni avverse dei farmaci (ADR) non note e stimare la loro
incidenza
- Migliorare e aumentare le informazioni sulle ADR note, quantificando l’incidenza
sia delle gravi che delle non gravi

- Confrontare il rapporto rischio-beneficio del farmaco rispetto ad altri per la stessa


indicazione o rispetto ad altri trattamenti
- Comunicare il rischio in modo da migliorare la pratica terapeutica

Reazione avversa a un farmaco


Qualsiasi risposta nociva e non voluta ad un farmaco che si verifichi a dosi
normalmente somministrate, nei casi di sovradosaggio, uso al di fuori delle
indicazioni, abuso e errori nella gestione del medicinale stesso in fase di prescrizione
o di assunzione, inclusi gli insuccessi terapeutici.
Definizione dell’OMS—> risposta ad un farmaco che procuri danno e che sia non
intenzionale e che si verifichi alle dosi normalmente utilizzate nell’uomo per
profilassi, diagnosi o terapia
Comprendono:
- effetti collaterali: accompagnano l’azione terapeutica del farmaco e si verificano in
organi o distretti diversi da quelli desiderati. Sono dovuti essenzialmente alla sua
distribuzione distribuzione in tutto l’organismo
- Effetti tossici: sono espressione della tossicità del farmaco e si possono verificare
anche a dosi terapeutiche in particolari pazienti o in determinate condizioni
cliniche.
- Effetto immuno-mediati: allergie
- Idiosincrasia
- Farmacodipendenza: si instaura dopo un tempo variabile a seconda del tipo di
droga e della dose. È accompagnata dal fenomeno on della tolleranza, cioè della
necessità di aumentare la dose della droga per ottenere l’effetto desiderato
- Teratogenesi
In Italia il sistema nazionale di farmacovigilanza fa capo all’AIFA. L’AIFA adotta,
coadiuvata dalle regioni, tutte le misure per:
- facilitare le segnalazioni dei pazienti fornendo formati alternativi di segnalazione
oltre a quello elettronico
- Per raggiungere questo obiettivo possono essere coinvolte le organizzazioni che
rappresentano i consumatori, i pazienti e gli operatori sanitari

- Maggiore coinvolgimento nella farmacovigilanza delle figure interessate


- Garantisce che al pubblico vengano fornite tempestivamente le informazioni
importanti sui problemi di farmacovigilanza
Sistema di farmacovigilanza —> costituito dal Ministero della salute e dei Centri
Regionali di farmacovigilanza
Il ministero della salute:
- promuove e coordina, anche in collaborazione con l’Istituito Superiore di Sanità,
studi e ricerche sull’uso di medicinali, sull’epidemiologia, e predispone piani di
prelievo dal circuito distributivo di campioni già registrati
- Adotta, coordinato dalle regioni e province autonome, provvedimenti atti a
promuovere le segnalazioni spontanee da operatori sanitari
- Mantiene rapporti con l’agenzia, i centri regionali (anche degli altri stati membri),
con organismi internazionali
I centri regionali:
- esaminano le schede di segnalazione
- Predispongono ed eseguono eventuali esami di laboratorio, clinici, anatomo-
istologici utili alla valutazione casualità
- Effettuano la valutazione casualità
- Aggiornano il ministero della salute sull’attività svolta, e trasmettono segnalazioni
validate
- Sviluppano e mantengono un apposito archivio informatico per la
farmacovigilanza
La farmacovigilanza in veterinaria è l’insieme delle attività di verifica volte a
monitorare, valutare, migliorare la sicurezza e l’efficacia del medicinale veterinario,
dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio, durante l’impiego nella pratica
clinica.
Medicinale Veterinario. D.lvo 193/2006 Art.1
Ogni sostanza o associazione di sostanze presentate come aventi proprietà curative e
profilattiche delle malattie animali oppure ogni sostanza o associazione di sostanze
che può essere usata sull’animale o somministrata all’animale allo scopo di

ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche mediante un’azione


farmacologica, immunologica o metabolica oppure di stabilire una diagnosi medica.

Il farmaco veterinario deve avere i seguenti requisiti:


- Qualità
- Efficacia
- Sicurezza
Sicurezza riferita a:
- all’animale sottoposto al trattamento (tossicità, teratogenesi, mutagenesi,
cancerogenesi)
- all’uomo che manipola il medicinale veterinario per somministrarlo all’animale
- al consumatore di alimenti di origine animale (tossicità, teratogenesi, mutagenesi,
cancerogenesi)
- all’ambiente (piante e animali non sottoposti al trattamento, flora e fauna
acquatica)
Efficacia —> azione terapeutica, profilattica, diagnostica e/o in generale tutte le
prerogative cliniche vantate dal farmaco riportate nel foglietto illustrativo e sul
sommario delle caratteristiche del prodotto in modo definito e preciso

Segnalazione spontanea
Un metodo per controllare il comportamento dei farmaci nella pratica clinica è
rappresentato dalla raccolta e studio dei dati provenienti dalle segnalazioni spontanee
inviate dai sanitari (veterinari, farmacisti) e dai proprietari degli animali ad un centro
di raccolta. Si utilizzano apposite schede di segnalazione, che sono costituite da 3
parti: una parte dedicata ai dati anagrafici del segnalatore, una dove si raccolgono i
dati relativi all’animale trattato, una sul farmaco somministrato, la descrizione della
sintomatologia manifestatasi in seguito a somministrazione e l’eventuale terapia
eseguita per contrastare la reazione avversa.
La segnalazione ricevuta viene studiata e classificata. Si cerca di stabilire se esiste
una relazione causa-effetto tra la somministrazione del farmaco e i sintomi descritti.
Si tratta di effettuare una diagnosi differenziale per escludere altre possibili cause in

grado di spiegare la reazione avversa segnalata. Le sospette reazioni avverse (SARs)


vengono classificate mediante l’ABON-system, in 4 categorie:
- categoria A-probabile
- Categoria B-possibile
- Categoria O-non classificabile
- Categoria N-improbabile
Per includere una SAR in una di queste categorie è necessario valutare 6 punti
principali:
1. Associazione temporale e anatomica: verificare l’esistenza di un’associazione
temporale plausibile tra l’assunzione del farmaco e la comparsa dei sintomi e tra
la sintomatologia e i siti anatomici coinvolti. Riscontrare la presenza di:
- dechallange: quando, sospeso il trattamento, entro un lasso di tempo plausibile,
i sintomi regrediscono o sono meno gravi
-rechallange: quando dopo nuova somministrazione ricompare la stessa
sintomatologia
2. Possibili spiegazioni farmacologiche e/o immunologiche della SAR. Verificare
se la reazione avversa è compatibile con le conoscenze farmacologiche
(meccanismo d’azione), tossicologiche (reazioni avverse conosciute) e
immunologiche (potenziale allergico) a disposizione sul farmaco in oggetto e su
altri farmaci con stesso meccanismo d’azione. Quando possibile osservare il
rapporto “dose-risposta” controllando se l’aumento della dose o la sua riduzione
determina aumento/scomparsa dell’evento avverso
3. Presenza di fenomeni clinici e/o patologici caratteristici. Analizzare i sintomi
descritti
4. Sintomatologia precedentemente descritta: verificare se la reazione avversa
osservata è conosciuta, attraverso la lettura del riassunto delle caratteristiche del
prodotto allegato all’AIC
5. Esclusione di altre cause
6. Completezza e attendibilità della segnalazione: verificare se le informazioni
contenute nella segnalazione sono complete e se la fonte è attendibile

Una volta esaminate e classificate le segnalazioni, deve essere calcolata l’incidenza


delle stesse, che si ottiene dal rapporto tra numero di segnalazioni pervenute e
numero di dosi vendute. Il calcolo dell’incidenza viene di norma effettuato per ogni
principio attivo tenendo conto delle sole segnalazioni classificate come probabili e
possibili. Tale numero indica approssimativamente la frequenza con la quale
determinate reazioni avverse avvengono.

Lo scopo della farmacovigilanza è quello di individuare un problema di sicurezza e/o


di efficacia relativo ai farmaci in commercio non emerso durante gli studi precedenti
la commercializzazione. Per arrivare ad associare con certezza un rischio con l’uso di
un determinato farmaco, è necessario in primo luogo individuare un possibile
problema tramite la generazione di un segnale o allarme.
Il segnale coincide con la generazione di un’ipotesi di rischio riguardante la sicurezza
e/o efficacia di un farmaco e può provenire da qualsiasi fonte e non solo dalle
segnalazioni spontanee (es.studi epidemiologici, trial clinici). Una volta generato il
segnale, il rischio ipotizzato verrà ulteriormente studiato con ricerche mirate che
dovrebbero portare ad una sua più precisa determinazione.

Provvedimenti
- archiviazione della segnalazione: sempre adottato (informatizzato o in cartaceo); i
dati raccolti serviranno per studi di farmacoepidemiologia e per la valutazione
dell’incidenza delle SAR. Consente la valutazione del bilancio rischio/beneficio
relativo all’impiego del farmaco
- Eventuali misure restrittive: sospensione o revoca all’immissione in commercio;
introduzione di avvertenze, reazioni avverse, controindicazioni o limitazioni delle
indicazioni modifica incidenza; introduzione nel foglietto illustrativo, nonché di
appositi riferimenti in etichetta, di una specifica avvertenza
- Attivazione del sistema di Allerta Rapida: è una condizione di emergenza sanitaria
nazionale o comunitaria conseguente ad una variazione del rapporto rischio/
beneficio relativa all’efficacia e alla sicurezza d’impiego di un medicinale

veterinario.
Scopi: - richiamo e/o sequestro immediato dal mercato di uno o più farmaci o lotti
- sospensione e/o revoca della commercializzazione di uno o più medicinali
veterinari o lotti

Normativa
La farmacovigilanza veterinaria è regolata dal D.lo 193/2006 dove sia tabilisce
l’obbligatorietà per i medici veterinari e i farmacisti della segnalazione dei possibili
effetti collaterali e delle sospette diminuzioni di efficacia legate all’uso di farmaci
veterinari, di cui vengono a conoscenza. La segnalazione deve essere effettuata entro
6 giorni lavorativi, tranne in caso di effetti collaterali negativi sugli animali e
sull’uomo, nei quali casi deve essere effettuata entro 3 giorni lavorativi.

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