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Elena Morselli

STRUTTURA E ATTIVITÀ DEI COMPOSTI BIOATTIVI


Laura Scalvini (laura.scalvini@unipr.it)

Percorso formativo: aderente a quanto riportato sul Syllabus. Non ci sono testi specifici perché il corso è a
metà tra chimica farmaceutica e un corso specifico per noi futuri nutrizionisti. Da recuperare le principali
nozioni di chimica (gruppi funzionali per esempio).

Appelli d’esame: 9 appelli (11/01, 25/01, 14/02, 12/04, 13/06, 28/06, 18/07, 31/08, 19/09)

Materiale del corso: di volta in volta caricherà le slides delle lezioni, seguendo le disposizioni del rettore
caricherà del materiale addizionale (videolezioni registrate dello scorso anno).

Programma del corso:

Parte generale

 Definizione di principio attivo (con richiami di nomenclatura dei principali gruppi funzionali).
 Fasi nell’azione dei principi attivi (fase farmaceutica, fase farmacocinetica, fase farmacodinamica).
 Metabolismo dei principi attivi.
 Bersagli molecolari dei principi attivi (Recettori, Enzimi, Acidi nucleici, Trasportatori di membrana).
 Le interazioni tra principi attivi e loro bersagli molecolari (Affinità ed efficacia, Agonisti, agonisti
parziali e agonisti inversi, Antagonisti, Inibizione enzimatica (inibizione di tipo competitivo / non
competitivo).
 Definizione di medicinale, definizione di nutraceutica/nutraceutico, definizione di alimento
funzionale, integratore alimentare, ingrediente nutraceutico.
 Possibili interferenze tra principi attivi

Parte sistematica

 Struttura e attività di esteri ed ammidi di acidi grassi con attività biologica.


 Struttura e attività composti con attività melatoninergica.
 Struttura e attività di composti per il trattamento delle dislipidemie.
 Struttura e attività di composti con attività antiossidante.

Esame: prova scritta 40/45 minuti (5 domande aperte con soglia di sbarramento→L’accesso alla parte orale
dell’esame dipende dal numero di risposte corrette almeno 3 su 5) + prova orale 20/25 minuti.

INTRODUZIONE:

DEFINIZIONE DI COMPOSTO BIOATTIVO: “Bioactive compounds are a general term for a class of
substances that can cause certain biological effects in the body, which are the main source of small molecule
drugs. These compounds generally penetrate cell membranes, act on specific target proteins in cells, regulate
intracellular signaling pathways, and cause some changes in cell phenotype”

In generale, un composto bioattivo è una sostanza in grado di produrre una determinata risposta, mediata
dall’interazione con un target molecolare specifici (proteine e acidi nucleici), in un sistema biologico.
Elena Morselli

Qualsiasi sostanza introdotta nel nostro corpo può essere pensata


come composto bioattivo: non solo farmaci (es penicillina che è un
antibiotico), ma anche zucchero, caffeina, ecc…

Al di là dei farmaci che acquistiamo ci sono anche composti


bioattivi che producono un effetto nel nostro organismo perché
mediante la loro struttura sono in grado di produrre quello specifico
effetto biologico. Bisogna ricordarsi sempre la correlazione
struttura funzione: lo zucchero è dolce perché interagisce mediante
la sua struttura con recettori specifici del dolce.

Altre sostanze sono considerati veleni (morfina, stricnina, LSD) ma sono sempre composti attivi che con la
loro struttura chimica riescono ad interagire con uno specifico target molecolare per dare l’effetto specifico.

Paracelso ha stabilito una regola fondamentale: non ci sono sostanze con composto bioattivo effettivamente
velenose in natura, è la dose a determinare il suo potenziale effetto terapeutico/letale/piacere; tutto dipende
dalla dose ingerita e dalla capacità di questi di arrivare al target molecolare a dosi e concentrazioni nocive.
Ogni sostanza da sé non ha valenza positiva o negativa.

Ciò permette di introdurre il concetto di INDICE TERAPEUTICO (IT):

­ Rapporto tra la dose letale mediana (dose che esplica l’effetto dannoso) e la dose efficace mediana
(dose necessaria per sviluppare un constante effetto biologico tramite l’attivazione di specifici recettori
molecolari)
­ Un elevato indice terapeutico corrisponde ad un più ampio margine di sicurezza (dose minima
necessaria per dare l’effetto biologico è bassa, quella per dare l’effetto tossico è alta). Se il numeratore
è molto alto (DL50) e il denominatore è molto basso (DE50) siamo sicuri.

Esempi:

• L’arsenico è un noto veleno, ma suoi derivati agiscono da


antiprotozoari. IT molto stretto.

• Il curaro (estratto da parti vegetali) è un potente veleno utilizzato per andare a caccia, ma la
tubocurarina (principale PA) è utilizzato come miorilassante nella pratica anestetica (in
chirurgia). IT molto stretto.

• Gli ACE­inibitori sono stati sviluppati (in parte!) dall’ottimizzazione della struttura
chimica di una tossina di origine animale (nel veleno di alcuni serpenti). Opportunamente
modificata è risultata ottima per abbassare la Psanguigna.

Ecco, quindi, che capiamo la sottile linea di demarcazione tra tossico e terapeutico

TOSSICITÀ SELETTIVA

Molte sostanze utilizzate come farmaci perché in grado di esplicare un’azione tossica nei confronti di un agente
patogeno (es. antibatterici, antifungini e antiprotozoari) o di uno specifico target con alterata attività (es.
antitumorali), sono invece innocui e sicuri per altri organismi. Consideriamo per esempio gli antibiotici che
hanno come target molecolare strutture assenti nell’organismo ospite (uomo) ma presente nell’agente
patogeno. Gli antitumorali sono un altro esempio: anche qui si parla di tossicità selettiva perché si colpiscono
cellule tumorali con un’alterata capacità proliferativa, bloccandola però anche capelli ed epidermide saranno i
tessuti maggiormente colpiti (perdita di ciglia, sopracciglia, capelli, ulcere). Si considera in questo caso il
rapporto costo/beneficio.
Elena Morselli

Ricapitolando:

­ I composti bioattivi sono sostanze in grado di interagire con i sistemi biologici (organismo umano, cellule),
producendo una risposta biologica
­ Nessun composto attivo è sicuro in assoluto (va valutata di volta in volta)
­ La dose cui viene somministrato un composto attivo ne determina l’attività benefica o dannosa
­ Il principio della tossicità selettiva indica il concetto per cui farmaci efficaci (o qualsiasi composto
bioattivo) producono tossicità nei confronti di cellule estranee/anormali ma non verso cellule normali
dell’organismo

Molto spesso consideriamo il composto naturale più sicuro rispetto ad uno sintetizzato in laboratorio, ma così
non è. A livello normativo la differenza è ancora più pregnante, data la grande complicazione destinata all’iter
di produzione e commercializzazione di un farmaco rispetto ad un nutraceutico. (Es: statine e riso rosso
fermentato)

Definizione di composto bioattivo – FARMACI

• ISS, Maggio 2020: “Sostanza (o associazione di sostanze) destinata alla diagnosi, alla cura o alla
prevenzione di una malattia e che può essere utilizzata nell’uomo per ripristinare, correggere o modificare
funzioni fisiologiche, attraverso un’azione farmacologica, immunologica o metabolica.”
• Il farmaco è composto dal principio attivo o combinazioni di principi attivi (agiscono in sinergia), da cui
dipende l’azione curativa vera e propria, e da una o più “sostanze” prive di ogni capacità terapeutica
definite “eccipienti” che hanno la funzione di proteggere il principio attivo da altre sostanze chimiche,
facilitarne l’assorbimento da parte dell’organismo, oppure semplicemente per mascherare eventuali odori
o sapori sgradevoli del farmaco stesso. (es: compressa che può essere ricoperta da un film necessario per
renderla resistente al pH dello stomaco e renderla disponibile solo a livello dell’intestino importante per
veicolare in modo diverso il PA a seconda del distretto in cui ci troviamo).
• Il farmaco può essere classificato in base agli organi su cui agisce o il tipo di azione che svolge (quindi
secondo la classe terapeutica [es: antibiotici, antitumorali]) e in base alle modalità con cui viene prodotto
(industrialmente o preparato in farmacia come prodotto galenico).

Definizione di composto bioattivo – INTEGRATORI ALIMENTARI

• “Integratori alimentari (IA, detti anche complementi alimentari o supplementi alimentari) sono prodotti
alimentari destinati ad integrare la comune dieta.
• Gli IA costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i sali minerali, o di
altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare – ma non in via esclusiva –
amminoacidi, acidi grassi essenziali, microrganismi probiotici, fibre ed estratti di origine vegetale, sia
monocomposti che pluricomposti, in forme predosate.
• Possono contribuire al benessere ottimizzando lo stato di salute o favorendo la normalità delle funzioni
dell’organismo con l’apporto di nutrienti o altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico. Di conseguenza,
gli IA dovrebbero essere assunti qualora ci fosse bisogno di integrare una dieta carente di uno o più
nutrienti a causa di un’assunzione inferiore alle quantità raccomandate o in condizioni di aumentato
fabbisogno (es: anziani, post­intervento chirurgico, per sportivi).
• È necessario sottolineare che gli integratori alimentari sono prodotti alimentari e come tali: non possono
vantare proprietà terapeutiche né capacità di prevenzione e cura di malattie (etichettatura, presentazione e
pubblicità) e sono soggetti alle norme in materia di sicurezza alimentare.”
Sara Gashi

Definizione di composto bioattivo – NUTRACEUTICI

Sono sostanze a metà tra nutrienti e farmaci potenzialmente utili nel trattamento di alcune condizioni
patologiche (es. riso supplementato).

La principale differenza tra gli integratori alimentari e i nutraceutici è che, mentre i primi servono a
supplementare l'organismo con micronutrienti (sali, vitamine, etc.) nel caso esista una loro carenza, i
nutraceutici sono intesi come sostanze in grado esplicare una azione di natura farmacologica. Se anche non si
avesse bisogno, ad esempio, di integrare la scorta di Sali minerali ma lo si fa lo stesso, non succede niente, non
si sposta l’asticella dello stato fisiologico, si arricchisce solo la dieta. Quando invece si assume un nutraceutico,
il quale è stato arricchito di specifici composti bioattivi, di fatto si sta assumendo una sostanza che avrà un
effetto farmacologico. Esempio: se assumo abbastanza riso rosso fermentato, l’equilibrio di colesterolo verrà
alterato; stessa cosa con il consumo eccessivo di melatonina, il ritmo sonno-veglia viene alterato.

BASI DI NOMENCLATURA

Alcuni dei gruppi funzionali di interesse di questo corso (da sapere!):

[Consiglio: recuperare concetti di ossidazione, diluizione e idrolisi, le principali reazioni che si affronteranno]
Sara Gashi

TARGET DEI COMPOSTI ATTIVI

Parliamo di composti chimici dal basso peso molecolare (nella maggior parte dei casi) che sono in grado di
produrre ampi effetti grazie all’interazione con target molecolari. Il target molecolare si trova a livello
cellulare, perciò riprendiamo i punti chiave della cellula:

- Presenza di una membrana cellulare, costituita da un doppio


strato fosfolipidico, che rappresenta la barriera della cellula, ne
separa l’ambiente citosolico (intracellulare) dall’ambiente
extracellulare. Questo punto è importante perché molti dei
target si trovano all’interno della cellula, perciò questa barriera
è da superare.
- Altri target molecolari invece sono rappresentati da numerose
proteine che non si trovano dentro la cellula ma sono elemento
costitutivo della membrana. Parliamo di:
o Proteine parzialmente legate alla membrana
o Proteine integrali di membrana
- Il compartimento citosolico rappresenta un ambiente idrofilo,
in cui sono sospese proteine disperse nel citosol o confinate in
specifici compartimenti (a loro volta costituiti da membrane da superare).
- Il nucleo rappresenta il compartimento in cui è confinato il materiale genetico e costituisce l’ultima
barriera che un farmaco deve superare se ha lo scopo di interagire col nostro materiale genetico.

In generale, possiamo distinguere i target a livello molecolare; quindi i target dei composti attivi sono:

 Proteine (enzimi, recettori, proteine di trasporto)


 Acidi nucleici (DNA, RNA) (che non affronteremo)

Proteine acidi nucleici vengono categorizzati come delle macromolecole, ovvero sistemi con pesi molecolari
nell’ordine delle migliaia di unità di massa atomica. Tuttavia, noi ci soffermeremo sulle small molecules =
entità chimiche dal ridotto peso molecolare, nell’ordine di centinaia di unità di massa atomica.

INTERAZIONI MOLECOLARI

Quando un composto deve agire con una specifica proteina/enzima, la sostanza non si
avvicina semplicemente al target, ma deve individuare specificamente la tasca (o sito) di
legame. L’interazione tra un composto attivo e il suo target prende il nome di interazione
di legame; la regione specifica del target che ospita l’interazione di legame è definita sito
di legame.

L’interazione è garantita dalla complementarità di forma tra composto attivo e sito di


legame, ma è generalmente rafforzata da legami intermolecolari. Complementarità
significa che un composto deve essere caratterizzato da una specifica distribuzione degli
atomi nello spazio tridimensionale per potersi adattare in modo adeguato alla forma della
tasca di legame di una proteina.

I legami intermolecolari sono di natura non covalente: ovvero le due molecole coinvolte
(composto attivo e target) rimangono due unità distinte, non si ha legame diretto e
interatomico, non si modificano a vicenda. Tali legami sono transienti, si formano e si
rompono fino a raggiungere una situazione di equilibrio tra farmaco legato e farmaco in
soluzione.

Quindi abbiamo semplicemente un bacino (sagoma) all’interno della proteina target che
può accogliere un composto attivo che abbia le caratteristiche strutturali adatte per poter entrare in questo sito.
Sara Gashi

Il tempo in cui un composto attivo rimane legato al suo sito di legame dipende dal numero e dalla natura delle
interazioni che si instaurano tra i gruppi di legame e le regioni di legame. Quindi, le interazioni di legame sono
mediate da gruppi di legame (gruppi funzionali) presenti nella struttura del composto attivo e dalla loro
controparte sul target (regioni di legame). I gruppi di legame non possono essere disposti casualmente, ma
seguono una disposizione spaziale coerente con la modalità con cui si inseriscono nella tasca di legame. Per
esempio, ammettiamo che la tasca abbia proprietà idrofile, allora ci aspettiamo di trovare residui
amminoacidici polari, come la serina, cisteina, acidi glutammici e acidi aspartici.

In questo contesto, la FARMACODINAMICA studia le modalità di interazione tra composti attivi e loro target.

L’interazione di legame è mediata anche da legame molto più forti rispetto a quelli intermolecolari, come può
essere un legame covalente. Questo legame prevede una modifica chimica che coinvolge sia il target che la
piccola molecola, che si modificano a vicenda. Si forma un nuovo legame e di fatto si genera una nuova entità
chimica; nella maggior parte dei casi si tratta di modifiche non transienti ma irreversibili. Quando si parla di
irreversibilità di un legame, però, ci si riferisce ad un processo che è irreversibile non in termini assoluti ma
nella scala dei tempi biologici. Ovvero, una proteina non è in grado di ripristinare il proprio assetto precedente
l’interazione in tempi sufficientemente brevi in cui non viene degradata o ripristinata con il turn over cellulare.
Vediamo alcune di queste interazioni molecolari transienti non covalenti, che vengono categorizzate in
funzione della natura dei diversi interratori.

Legami elettrostatici o ionici

Il legame ionico è il più forte tra i legami non covalenti. Si verificano


quando si ha un composto con una carica netta su un composto attivo e
un residuo con carica opposta nel sito di legame. Nell’esempio vediamo
un sito di legame caratterizzato dalla presenza di una lisina (a pH
fisiologico è in forma protonata) che interagisce con un composto attivo
che ha sulla sua superficie ha un composto acido (che a pH fisiologico è generalmente carico negativamente).

Quindi, il legame ionico si instaura tra due gruppi con carica opposta.

La forza dell’interazione non dipende solo dalla differenza di carica ma anche dalla prossimità tra il gruppo
funzionale e quello di legame: la forza dell’interazione è inversamente proporzionale alla distanza. Se il
principio attivo ha una conformazione geometrica che non gli consente di avvicinare il suo gruppo al sito di
legame, la distanza sarà troppo elevata e quindi la forza del legame sarà smorzata: l’effetto di interazione
quindi sarà comunque presente ma sarà meno forte.
Questa tipologia di legame costituisce generalmente la principale interazione nella fase di riconoscimento tra
composto attivo e target (sito di legame).

Legami a idrogeno

Si tratta di un legame con forza variabile e minore del legame ionico.

Si instaura tra due gruppi di cui uno con un eteroatomo (O, N, S)


elettron-ricco e l’altro con un atomo di idrogeno elettron-povero. In
questo caso la complementarità dipende in modo significativo dalla natura dell’eteroatomo e da quello a cui è
legato l’idrogeno.
L’atomo elettron-ricco deve avere un doppietto elettronico (lone pair) disponibile all’interazione; a sua volta
l’atomo di H deve essere legato ad un atomo elettronegativo (O, N), che lo depauperi ulteriormente della sua
nube elettronica affinché acquisisca una parziale carica positiva (δ+). Più è massimizzata questa separazione
parziale di carica più il legame a idrogeno è determinante per la stabilità dell’interazione intermolecolare tra il
composto attivo e la sua proteina.
Sara Gashi

Il gruppo portatore dell’atomo di H viene detto HBD (hydrogen bond donor); il gruppo portatore dell’atomo
elettron-ricco (hydrogen bond acceptor) viene detto HBA.

Si tratta di un’interazione di natura elettrostatica, ma a differenza di altre interazioni elettrostatiche coinvolge


gli orbitali molecolari dei due partner coinvolti. Di conseguenza, implica una componente direzionale
imprescindibile, che le forze puramente elettrostatiche (ioniche) non prevedono.
La variabilità della forza dei legami a idrogeno dipende necessariamente dalla componente direzionale e
geometrica!

La forza dei legami a idrogeno dipende dalla forza dei gruppi donatori e accettori:
- Atomi di N ed O sono gli eteroatomi più frequentemente coinvolti
- S invece è un modesto accettore.

Di seguito vediamo una scala di priorità di gruppi in grado di formare legami a idrogeno stabili.

Verdi: Acido carbossilico (forma carica negativa), gruppi fosfato, acidi carbossilici nella forma neutra;

Gialli: Alcoli, ammine, chetoni, aldeidi, ammidi ed esteri.

Rossi: Gruppi che difficilmente sono coinvolti nei legami idrogeno sono gruppi che prevedono come
eteroatomo lo zolfo, gruppi con alogeni e infine gruppi aromatici.

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